Liturgia delle Ore - Letture
Martedi della 2° settimana del Tempo di Pasqua (Santa Caterina da Siena)
Vangelo secondo Matteo 22
1Gesù riprese a parlar loro in parabole e disse:2"Il regno dei cieli è simile a un re che fece un banchetto di nozze per suo figlio.3Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non vollero venire.4Di nuovo mandò altri servi a dire: Ecco ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e i miei animali ingrassati sono già macellati e tutto è pronto; venite alle nozze.5Ma costoro non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari;6altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero.
7Allora il re si indignò e, mandate le sue truppe, uccise quegli assassini e diede alle fiamme la loro città.8Poi disse ai suoi servi: Il banchetto nuziale è pronto, ma gli invitati non ne erano degni;9andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze.10Usciti nelle strade, quei servi raccolsero quanti ne trovarono, buoni e cattivi, e la sala si riempì di commensali.11Il re entrò per vedere i commensali e, scorto un tale che non indossava l'abito nuziale,12gli disse: Amico, come hai potuto entrare qui senz'abito nuziale? Ed egli ammutolì.13Allora il re ordinò ai servi: Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti.14Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti".
15Allora i farisei, ritiratisi, tennero consiglio per vedere di coglierlo in fallo nei suoi discorsi.16Mandarono dunque a lui i propri discepoli, con gli erodiani, a dirgli: "Maestro, sappiamo che sei veritiero e insegni la via di Dio secondo verità e non hai soggezione di nessuno perché non guardi in faccia ad alcuno.17Dicci dunque il tuo parere: È lecito o no pagare il tributo a Cesare?".18Ma Gesù, conoscendo la loro malizia, rispose: "Ipocriti, perché mi tentate?19Mostratemi la moneta del tributo". Ed essi gli presentarono un denaro.20Egli domandò loro: "Di chi è questa immagine e l'iscrizione?".21Gli risposero: "Di Cesare". Allora disse loro: "Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio".22A queste parole rimasero sorpresi e, lasciatolo, se ne andarono.
23In quello stesso giorno vennero a lui dei sadducei, i quali affermano che non c'è risurrezione, e lo interrogarono:24"Maestro, Mosè ha detto: 'Se qualcuno muore senza figli, il fratello ne sposerà la vedova e così susciterà una discendenza al suo fratello'.25Ora, c'erano tra noi sette fratelli; il primo appena sposato morì e, non avendo discendenza, lasciò la moglie a suo fratello.26Così anche il secondo, e il terzo, fino al settimo.27Alla fine, dopo tutti, morì anche la donna.28Alla risurrezione, di quale dei sette essa sarà moglie? Poiché tutti l'hanno avuta".29E Gesù rispose loro: "Voi vi ingannate, non conoscendo né le Scritture né la potenza di Dio.30Alla risurrezione infatti non si prende né moglie né marito, ma si è come angeli nel cielo.31Quanto poi alla risurrezione dei morti, non avete letto quello che vi è stato detto da Dio:32'Io sono il Dio di Abramo e il Dio di Isacco e il Dio di Giacobbe?' Ora, non è Dio dei morti, ma dei vivi".33Udendo ciò, la folla era sbalordita per la sua dottrina.
34Allora i farisei, udito che egli aveva chiuso la bocca ai sadducei, si riunirono insieme35e uno di loro, un dottore della legge, lo interrogò per metterlo alla prova:36"Maestro, qual è il più grande comandamento della legge?".37Gli rispose: "'Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta la tua anima' e con tutta la tua mente.38Questo è il più grande e il primo dei comandamenti.39E il secondo è simile al primo: 'Amerai il prossimo tuo come te stesso'.40Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti".
41Trovandosi i farisei riuniti insieme, Gesù chiese loro:42"Che ne pensate del Messia? Di chi è figlio?". Gli risposero: "Di Davide".43Ed egli a loro: "Come mai allora Davide, sotto ispirazione, lo chiama Signore, dicendo:
44'Ha detto il Signore al mio Signore: Siedi alla mia destra,
finché io non abbia posto i tuoi nemici sotto i tuoi piedi?'
45Se dunque Davide lo chiama Signore, come può essere suo figlio?".46Nessuno era in grado di rispondergli nulla; e nessuno, da quel giorno in poi, osò interrogarlo.
Giudici 4
1Eud era morto e gli Israeliti tornarono a fare ciò che è male agli occhi del Signore.2Il Signore li mise nelle mani di Iabin re di Canaan, che regnava in Cazor. Il capo del suo esercito era Sisara che abitava a Aroset-Goim.3Gli Israeliti gridarono al Signore, perché Iabin aveva novecento carri di ferro e già da venti anni opprimeva duramente gli Israeliti.
4In quel tempo era giudice d'Israele una profetessa, Debora, moglie di Lappidot.5Essa sedeva sotto la palma di Debora, tra Rama e Betel, sulle montagne di Efraim, e gli Israeliti venivano a lei per le vertenze giudiziarie.6Essa mandò a chiamare Barak, figlio di Abinoam, da Kades di Nèftali, e gli disse: "Il Signore, Dio d'Israele, ti dà quest'ordine: Va', marcia sul monte Tabor e prendi con te diecimila figli di Nèftali e figli di Zàbulon.7Io attirerò verso di te al torrente Kison Sisara, capo dell'esercito di Iabin, con i suoi carri e la sua numerosa gente, e lo metterò nelle tue mani".8Barak le rispose: "Se vieni anche tu con me, andrò; ma se non vieni, non andrò".9Rispose: "Bene, verrò con te; però non sarà tua la gloria sulla via per cui cammini; ma il Signore metterà Sisara nelle mani di una donna". Debora si alzò e andò con Barak a Kades.10Barak convocò Zàbulon e Nèftali a Kades; diecimila uomini si misero al suo seguito e Debora andò con lui.
11Ora Eber, il Kenita, si era separato dai Keniti, discendenti di Obab, suocero di Mosè, e aveva piantato le tende alla Quercia di Saannaim che è presso Kades.
12Fu riferito a Sisara che Barak, figlio di Abinoam, era salito sul monte Tabor.13Allora Sisara radunò tutti i suoi carri, novecento carri di ferro, e tutta la gente che era con lui da Aroset-Goim fino al torrente Kison.
14Debora disse a Barak: "Alzati, perché questo è il giorno in cui il Signore ha messo Sisara nelle tue mani. Il Signore non esce forse in campo davanti a te?". Allora Barak scese dal monte Tabor, seguito da diecimila uomini.15Il Signore sconfisse, davanti a Barak, Sisara con tutti i suoi carri e con tutto il suo esercito; Sisara scese dal carro e fuggì a piedi.16Barak inseguì i carri e l'esercito fino ad Aroset-Goim; tutto l'esercito di Sisara cadde a fil di spada e non ne scampò neppure uno.
17Intanto Sisara era fuggito a piedi verso la tenda di Giaele, moglie di Eber il Kenita, perché vi era pace fra Iabin, re di Cazor, e la casa di Eber il Kenita.18Giaele uscì incontro a Sisara e gli disse: "Fermati, mio signore, fermati da me: non temere". Egli entrò da lei nella sua tenda ed essa lo nascose con una coperta.19Egli le disse: "Dammi un po' d'acqua da bere perché ho sete". Essa aprì l'otre del latte, gli diede da bere e poi lo ricoprì.20Egli le disse: "Sta' all'ingresso della tenda; se viene qualcuno a interrogarti dicendo: C'è qui un uomo?, dirai: Nessuno".21Ma Giaele, moglie di Eber, prese un picchetto della tenda, prese in mano il martello, venne pian piano a lui e gli conficcò il picchetto nella tempia, fino a farlo penetrare in terra. Egli era profondamente addormentato e sfinito; così morì.22Ed ecco Barak inseguiva Sisara; Giaele gli uscì incontro e gli disse: "Vieni e ti mostrerò l'uomo che cerchi". Egli entrò da lei ed ecco Sisara era steso morto con il picchetto nella tempia.
23Così Dio umiliò quel giorno Iabin, re di Canaan, davanti agli Israeliti.24La mano degli Israeliti si fece sempre più pesante su Iabin, re di Canaan, finché ebbero sterminato Iabin re di Canaan.
Siracide 23
1Signore, padre e padrone della mia vita,
non abbandonarmi al loro volere,
non lasciarmi cadere a causa loro.
2Chi applicherà la frusta ai miei pensieri,
al mio cuore la disciplina della sapienza?
Perché non siano risparmiati i miei errori
e i miei peccati non restino impuniti,
3perché non si moltiplichino i miei errori
e non aumentino di numero i miei peccati,
io non cada davanti ai miei avversari
e il nemico non gioisca sul mio conto.
4Signore, padre e Dio della mia vita,
non mettermi in balìa di sguardi sfrontati
5e allontana da me la concupiscenza.
6Sensualità e libidine non s'impadroniscano di me;
a desideri vergognosi non mi abbandonare.
7Figli, ascoltate l'educazione della bocca,
chi l'osserva non si perderà.
8Il peccatore è vittima delle proprie labbra,
il maldicente e il superbo vi trovano inciampo.
9Non abituare la bocca al giuramento,
non abituarti a nominare il nome del Santo.
10Come uno schiavo interrogato di continuo
non sarà senza lividure,
così chi giura e ha sempre in bocca Dio
non sarà esente da peccato.
11Un uomo dai molti giuramenti si riempie di iniquità;
il flagello non si allontanerà dalla sua casa.
Se cade in fallo, il suo peccato è su di lui;
se non ne tiene conto, pecca due volte.
Se giura il falso non sarà giustificato,
la sua casa si riempirà di sventure.
12C'è un modo di parlare che si può paragonare alla
morte;
non si trovi nella discendenza di Giacobbe.
Dagli uomini pii tutto ciò sia respinto,
così non si rotoleranno nei peccati.
13La tua bocca non si abitui a volgarità grossolane,
in esse infatti c'è motivo di peccato.
14Ricorda tuo padre e tua madre, quando siedi tra i
grandi,
non dimenticarli mai davanti a costoro,
e per abitudine non dire sciocchezze;
potresti desiderare di non essere nato
e maledire il giorno della tua nascita.
15Un uomo abituato a discorsi ingiuriosi
non si correggerà in tutta la sua vita.
16Due specie di colpe moltiplicano i peccati,
la terza provoca l'ira:
17una passione ardente come fuoco acceso
non si calmerà finché non sarà consumata;
un uomo impudico nel suo corpo
non smetterà finché non lo divori il fuoco;
per l'uomo impuro ogni pane è appetitoso,
non si stancherà finché non muoia.
18L'uomo infedele al proprio letto
dice fra sé: "Chi mi vede?
Tenebra intorno a me e le mura mi nascondono;
nessuno mi vede, che devo temere?
Dei miei peccati non si ricorderà l'Altissimo".
19Il suo timore riguarda solo gli occhi degli uomini;
non sa che gli occhi del Signore
sono miriadi di volte più luminosi del sole;
essi vedono tutte le azioni degli uomini
e penetrano fin nei luoghi più segreti.
20Tutte le cose, prima che fossero create, gli erano
note;
allo stesso modo anche dopo la creazione.
21Quest'uomo sarà punito nelle piazze della città,
sarà preso dove meno se l'aspetta.
22Così della donna che abbandona suo marito,
e gli presenta eredi avuti da un estraneo.
23Prima di tutto ha disobbedito alle leggi
dell'Altissimo,
in secondo luogo ha commesso un torto verso il marito,
in terzo luogo si è macchiata di adulterio
e ha introdotto in casa figli di un estraneo.
24Costei sarà trascinata davanti all'assemblea
e si procederà a un'inchiesta sui suoi figli.
25I suoi figli non avranno radici,
i suoi rami non porteranno frutto.
26Lascerà il suo ricordo in maledizione,
la sua infamia non sarà cancellata.
27I superstiti sapranno
che nulla è meglio del timore del Signore,
nulla più dolce dell'osservare i suoi comandamenti.
Salmi 139
1'Al maestro del coro. Di Davide. Salmo.'
Signore, tu mi scruti e mi conosci,
2tu sai quando seggo e quando mi alzo.
Penetri da lontano i miei pensieri,
3mi scruti quando cammino e quando riposo.
Ti sono note tutte le mie vie;
4la mia parola non è ancora sulla lingua
e tu, Signore, già la conosci tutta.
5Alle spalle e di fronte mi circondi
e poni su di me la tua mano.
6Stupenda per me la tua saggezza,
troppo alta, e io non la comprendo.
7Dove andare lontano dal tuo spirito,
dove fuggire dalla tua presenza?
8Se salgo in cielo, là tu sei,
se scendo negli inferi, eccoti.
9Se prendo le ali dell'aurora
per abitare all'estremità del mare,
10anche là mi guida la tua mano
e mi afferra la tua destra.
11Se dico: "Almeno l'oscurità mi copra
e intorno a me sia la notte";
12nemmeno le tenebre per te sono oscure,
e la notte è chiara come il giorno;
per te le tenebre sono come luce.
13Sei tu che hai creato le mie viscere
e mi hai tessuto nel seno di mia madre.
14Ti lodo, perché mi hai fatto come un prodigio;
sono stupende le tue opere,
tu mi conosci fino in fondo.
15Non ti erano nascoste le mie ossa
quando venivo formato nel segreto,
intessuto nelle profondità della terra.
16Ancora informe mi hanno visto i tuoi occhi
e tutto era scritto nel tuo libro;
i miei giorni erano fissati,
quando ancora non ne esisteva uno.
17Quanto profondi per me i tuoi pensieri,
quanto grande il loro numero, o Dio;
18se li conto sono più della sabbia,
se li credo finiti, con te sono ancora.
19Se Dio sopprimesse i peccatori!
Allontanatevi da me, uomini sanguinari.
20Essi parlano contro di te con inganno:
contro di te insorgono con frode.
21Non odio, forse, Signore, quelli che ti odiano
e non detesto i tuoi nemici?
22Li detesto con odio implacabile
come se fossero miei nemici.
23Scrutami, Dio, e conosci il mio cuore,
provami e conosci i miei pensieri:
24vedi se percorro una via di menzogna
e guidami sulla via della vita.
Lamentazioni 3
1Io sono l'uomo che ha provato la miseria
sotto la sferza della sua ira.
2Egli mi ha guidato, mi ha fatto camminare
nelle tenebre e non nella luce.
3Solo contro di me egli ha volto e rivolto
la sua mano tutto il giorno.
4Egli ha consumato la mia carne e la mia pelle,
ha rotto le mie ossa.
5Ha costruito sopra di me, mi ha circondato
di veleno e di affanno.
6Mi ha fatto abitare in luoghi tenebrosi
come i morti da lungo tempo.
7Mi ha costruito un muro tutt'intorno,
perché non potessi più uscire;
ha reso pesanti le mie catene.
8Anche se grido e invoco aiuto,
egli soffoca la mia preghiera.
9Ha sbarrato le mie vie con blocchi di pietra,
ha ostruito i miei sentieri.
10Egli era per me un orso in agguato,
un leone in luoghi nascosti.
11Seminando di spine la mia via, mi ha lacerato,
mi ha reso desolato.
12Ha teso l'arco, mi ha posto
come bersaglio alle sue saette.
13Ha conficcato nei miei fianchi
le frecce della sua faretra.
14Son diventato lo scherno di tutti i popoli,
la loro canzone d'ogni giorno.
15Mi ha saziato con erbe amare,
mi ha dissetato con assenzio.
16Mi ha spezzato con la sabbia i denti,
mi ha steso nella polvere.
17Son rimasto lontano dalla pace,
ho dimenticato il benessere.
18E dico: "È sparita la mia gloria,
la speranza che mi veniva dal Signore".
19Il ricordo della mia miseria e del mio vagare
è come assenzio e veleno.
20Ben se ne ricorda e si accascia
dentro di me la mia anima.
21Questo intendo richiamare alla mia mente,
e per questo voglio riprendere speranza.
22Le misericordie del Signore non sono finite,
non è esaurita la sua compassione;
23esse son rinnovate ogni mattina,
grande è la sua fedeltà.
24"Mia parte è il Signore - io esclamo -
per questo in lui voglio sperare".
25Buono è il Signore con chi spera in lui,
con l'anima che lo cerca.
26È bene aspettare in silenzio
la salvezza del Signore.
27È bene per l'uomo portare
il giogo fin dalla giovinezza.
28Sieda costui solitario e resti in silenzio,
poiché egli glielo ha imposto;
29cacci nella polvere la bocca,
forse c'è ancora speranza;
30porga a chi lo percuote la sua guancia,
si sazi di umiliazioni.
31Poiché il Signore non rigetta mai...
32Ma, se affligge, avrà anche pietà
secondo la sua grande misericordia.
33Poiché contro il suo desiderio egli umilia
e affligge i figli dell'uomo.
34Quando schiacciano sotto i loro piedi
tutti i prigionieri del paese,
35quando falsano i diritti di un uomo
in presenza dell'Altissimo,
36quando fan torto a un altro in una causa,
forse non vede il Signore tutto ciò?
37Chi mai ha parlato e la sua parola si è avverata,
senza che il Signore lo avesse comandato?
38Dalla bocca dell'Altissimo non procedono forse
le sventure e il bene?
39Perché si rammarica un essere vivente,
un uomo, per i castighi dei suoi peccati?
40"Esaminiamo la nostra condotta e scrutiamola,
ritorniamo al Signore.
41Innalziamo i nostri cuori al di sopra delle mani,
verso Dio nei cieli.
42Abbiamo peccato e siamo stati ribelli;
tu non ci hai perdonato.
43Ti sei avvolto nell'ira e ci hai perseguitati,
hai ucciso senza pietà.
44Ti sei avvolto in una nube,
così che la supplica non giungesse fino a te.
45Ci hai ridotti a spazzatura e rifiuto
in mezzo ai popoli.
46Han spalancato la bocca contro di noi
tutti i nostri nemici.
47Terrore e trabocchetto sono la nostra sorte,
desolazione e rovina".
48Rivoli di lacrime scorrono dai miei occhi,
per la rovina della figlia del mio popolo.
49Il mio occhio piange senza sosta
perché non ha pace
50finché non guardi e non veda il Signore dal cielo.
51Il mio occhio mi tormenta
per tutte le figlie della mia città.
52Mi han dato la caccia come a un passero
coloro che mi son nemici senza ragione.
53Mi han chiuso vivo nella fossa
e han gettato pietre su di me.
54Son salite le acque fin sopra il mio capo;
io dissi: "È finita per me".
55Ho invocato il tuo nome, o Signore,
dalla fossa profonda.
56Tu hai udito la mia voce: "Non chiudere
l'orecchio al mio sfogo".
57Tu eri vicino quando ti invocavo,
hai detto: "Non temere!".
58Tu hai difeso, Signore, la mia causa,
hai riscattato la mia vita.
59Hai visto, o Signore, il torto che ho patito,
difendi il mio diritto!
60Hai visto tutte le loro vendette,
tutte le loro trame contro di me.
61Hai udito, Signore, i loro insulti,
tutte le loro trame contro di me,
62i discorsi dei miei oppositori e le loro ostilità
contro di me tutto il giorno.
63Osserva quando siedono e quando si alzano;
io sono la loro beffarda canzone.
64Rendi loro il contraccambio, o Signore,
secondo l'opera delle loro mani.
65Rendili duri di cuore,
la tua maledizione su di loro!
66Perseguitali nell'ira e distruggili
sotto il cielo, Signore.
Prima lettera ai Corinzi 15
1Vi rendo noto, fratelli, il vangelo che vi ho annunziato e che voi avete ricevuto, nel quale restate saldi,2e dal quale anche ricevete la salvezza, se lo mantenete in quella forma in cui ve l'ho annunziato. Altrimenti, avreste creduto invano!
3Vi ho trasmesso dunque, anzitutto, quello che anch'io ho ricevuto: che cioè Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture,4fu sepolto ed è risuscitato il terzo giorno secondo le Scritture,5e che apparve a Cefa e quindi ai Dodici.6In seguito apparve a più di cinquecento fratelli in una sola volta: la maggior parte di essi vive ancora, mentre alcuni sono morti.7Inoltre apparve a Giacomo, e quindi a tutti gli apostoli.8Ultimo fra tutti apparve anche a me come a un aborto.9Io infatti sono l'infimo degli apostoli, e non sono degno neppure di essere chiamato apostolo, perché ho perseguitato la Chiesa di Dio.10Per grazia di Dio però sono quello che sono, e la sua grazia in me non è stata vana; anzi ho faticato più di tutti loro, non io però, ma la grazia di Dio che è con me.11Pertanto, sia io che loro, così predichiamo e così avete creduto.
12Ora, se si predica che Cristo è risuscitato dai morti, come possono dire alcuni tra voi che non esiste risurrezione dei morti?13Se non esiste risurrezione dai morti, neanche Cristo è risuscitato!14Ma se Cristo non è risuscitato, allora è vana la nostra predicazione ed è vana anche la vostra fede.15Noi, poi, risultiamo falsi testimoni di Dio, perché contro Dio abbiamo testimoniato che egli ha risuscitato Cristo, mentre non lo ha risuscitato, se è vero che i morti non risorgono.16Se infatti i morti non risorgono, neanche Cristo è risorto;17ma se Cristo non è risorto, è vana la vostra fede e voi siete ancora nei vostri peccati.18E anche quelli che sono morti in Cristo sono perduti.19Se poi noi abbiamo avuto speranza in Cristo soltanto in questa vita, siamo da compiangere più di tutti gli uomini.
20Ora, invece, Cristo è risuscitato dai morti, primizia di coloro che sono morti.21Poiché se a causa di un uomo venne la morte, a causa di un uomo verrà anche la risurrezione dei morti;22e come tutti muoiono in Adamo, così tutti riceveranno la vita in Cristo.23Ciascuno però nel suo ordine: prima Cristo, che è la primizia; poi, alla sua venuta, quelli che sono di Cristo;24poi sarà la fine, quando egli consegnerà il regno a Dio Padre, dopo aver ridotto al nulla ogni principato e ogni potestà e potenza.25Bisogna infatti che egli regni finché non abbia posto tutti i nemici sotto i suoi piedi.26L'ultimo nemico ad essere annientato sarà la morte,27perché 'ogni cosa ha posto sotto i suoi piedi'. Però quando dice che ogni cosa è stata sottoposta, è chiaro che si deve eccettuare Colui che gli ha sottomesso ogni cosa.28E quando tutto gli sarà stato sottomesso, anche lui, il Figlio, sarà sottomesso a Colui che gli ha sottomesso ogni cosa, perché Dio sia tutto in tutti.
29Altrimenti, che cosa farebbero quelli che vengono battezzati per i morti? Se davvero i morti non risorgono, perché si fanno battezzare per loro?30E perché noi ci esponiamo al pericolo continuamente?31Ogni giorno io affronto la morte, come è vero che voi siete il mio vanto, fratelli, in Cristo Gesù nostro Signore!32Se soltanto per ragioni umane io avessi combattuto a Èfeso contro le belve, a che mi gioverebbe? Se i morti non risorgono, 'mangiamo e beviamo, perché domani moriremo'.33Non lasciatevi ingannare: "Le cattive compagnie corrompono i buoni costumi".34Ritornate in voi, come conviene, e non peccate! Alcuni infatti dimostrano di non conoscere Dio; ve lo dico a vostra vergogna.
35Ma qualcuno dirà: "Come risuscitano i morti? Con quale corpo verranno?".36Stolto! Ciò che tu semini non prende vita, se prima non muore;37e quello che semini non è il corpo che nascerà, ma un semplice chicco, di grano per esempio o di altro genere.38E Dio gli dà un corpo come ha stabilito, e a ciascun seme il proprio corpo.39Non ogni carne è la medesima carne; altra è la carne di uomini e altra quella di animali; altra quella di uccelli e altra quella di pesci.40Vi sono corpi celesti e corpi terrestri, ma altro è lo splendore dei corpi celesti, e altro quello dei corpi terrestri.41Altro è lo splendore del sole, altro lo splendore della luna e altro lo splendore delle stelle: ogni stella infatti differisce da un'altra nello splendore.42Così anche la risurrezione dei morti: si semina corruttibile e risorge incorruttibile;43si semina ignobile e risorge glorioso, si semina debole e risorge pieno di forza;44si semina un corpo animale, risorge un corpo spirituale.
Se c'è un corpo animale, vi è anche un corpo spirituale, poiché sta scritto che45il primo 'uomo', Adamo, 'divenne un essere vivente', ma l'ultimo Adamo divenne spirito datore di vita.46Non vi fu prima il corpo spirituale, ma quello animale, e poi lo spirituale.47Il primo uomo tratto dalla terra è di terra, il secondo uomo viene dal cielo.48Quale è l'uomo fatto di terra, così sono quelli di terra; ma quale il celeste, così anche i celesti.49E come abbiamo portato l'immagine dell'uomo di terra, così porteremo l'immagine dell'uomo celeste.50Questo vi dico, o fratelli: la carne e il sangue non possono ereditare il regno di Dio, né ciò che è corruttibile può ereditare l'incorruttibilità.
51Ecco io vi annunzio un mistero: non tutti, certo, moriremo, ma tutti saremo trasformati,52in un istante, in un batter d'occhio, al suono dell'ultima tromba; suonerà infatti la tromba e i morti risorgeranno incorrotti e noi saremo trasformati.53È necessario infatti che questo corpo corruttibile si vesta di incorruttibilità e questo corpo mortale si vesta di immortalità.
54Quando poi questo corpo corruttibile si sarà vestito d'incorruttibilità e questo corpo mortale d'immortalità, si compirà la parola della Scrittura:
'La morte è stata ingoiata per la vittoria.'
55'Dov'è, o morte, la tua vittoria?
Dov'è, o morte, il tuo pungiglione'?
56Il pungiglione della morte è il peccato e la forza del peccato è la legge.57Siano rese grazie a Dio che ci dà la vittoria per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo!58Perciò, fratelli miei carissimi, rimanete saldi e irremovibili, prodigandovi sempre nell'opera del Signore, sapendo che la vostra fatica non è vana nel Signore.
Capitolo XIII: Mettersi al di sotto di tutti in umile obbedienza, sull’esempio di Gesù Cristo
Leggilo nella Biblioteca1. Figlio, colui che tenta di sottrarsi all'obbedienza si sottrae anche alla grazia. Colui che cerca il bene suo personale perde anche il bene che è proprio del vivere in comune. Colui che non si sottopone lietamente e spontaneamente al suo superiore, dimostra che la carne non gli obbedisce ancora perfettamente, ma spesso recalcitra e mormora. Impara dunque a sottometterti prontamente al tuo superiore, se vuoi soggiogare la tua carne. Infatti, il nemico di fuori lo si vincerà più presto, se sarà stato sconfitto l'uomo interiore. Non c'è peggiore e più insidioso nemico dell'anima tua, di te stesso, quando il corpo non si accorda con lo spirito. Per avere vittoria sulla carne e sul sangue, devi assumere un totale e vero disprezzo di te. Tu hai ancora invece un eccessivo e disordinato amore di te stesso; per questo sei tanto esitante a rimetterti interamente alla volontà degli altri.
2. Ma che c'è di strano, se tu, polvere e nulla, ti sottoponi a un uomo, per amore di Dio, quando io, onnipotente ed altissimo, che dal nulla ho creato tutte le cose per amor tuo, mi feci piccolo fino a sottopormi all'uomo? Mi sono fatto l'ultimo e il più piccolo di tutti, proprio perché, per questo mio abbassarmi, tu potessi vincere la tua superbia. Impara ad obbedire, tu che sei polvere; impara ad umiliarti, tu che sei terra e fango; impara a piegarti sotto i piedi di tutti, a disprezzare i tuoi desideri e a metterti in totale sottomissione. Insorgi infiammato contro te stesso, e non permettere che in te si annidi la tumefazione della superbia. Dimostrati così basso e così piccolo che tutti possano camminare sopra di te e possano calpestarti come il fango della strada. Che hai da lamentare tu, uomo da nulla. Che hai tu, immondo peccatore, da contrapporre a coloro che ti accusano; tu, che tante volte hai offeso Dio, meritando assai spesso l'inferno? Ma, ecco, apparve preziosa al mio sguardo l'anima tua; ecco il mio occhio ebbe compassione di te, così che, conoscendo il mio amore, tu avessi continua gratitudine per i miei benefici ed abbracciassi, senza esitare, un'umile sottomissione, nella paziente sopportazione dell'altrui disprezzo.
DISCORSO 211 QUARESIMA
Discorsi - Sant'Agostino
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La trave dell'odio.
1. Questi giorni sacri, che trascorriamo nell'osservanza quaresimale, ci invitano a parlarvi della concordia fraterna: chiunque abbia di che lagnarsi contro qualcuno, se la finisca, se non vuol finir male lui stesso. Non prendete alla leggera queste cose, fratelli miei. Infatti questa vita mortale e fragile è esposta a pericoli fra tante tentazioni terrene: e anche se prega per non essere sommersa, tuttavia in nessun giusto può essere libera da qualunque peccato. Uno solo è il rimedio grazie al quale possiamo vivere: Dio, nostro maestro, ci ha insegnato a dire nella preghiera: Rimetti a noi i nostri debiti come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori 1. Abbiamo stipulato con Dio un patto, abbiamo accettato la ricetta, abbiamo sottoscritto la condizione di essere liberati dal nostro debito dietro cauzione. Possiamo chiedere con piena fiducia: Rimetti a noi a condizione che anche noi rimettiamo. Altrimenti non illudiamoci che vengano rimessi i nostri peccati. Non inganniamoci da soli, l'uomo cerchi di non ingannarsi; e Dio da parte sua non inganna nessuno. È umano adirarsi - magari potessimo non farlo! -, è umano adirarsi: ma la tua ira, che all'inizio è come un piccolo fuscello, non deve essere alimentata da sospetti fino ad arrivare alla trave dell'odio 2. Una cosa infatti è l'ira, altra è l'odio. Spesso anche il padre si adira contro il figlio senza per questo odiare il figlio; si adira contro di lui per correggerlo. E se si adira per correggerlo, si adira per amore. Perciò è stato detto: Vedi il fuscello nell'occhio di tuo fratello e non vedi la trave che è nel tuo occhio 3. Biasimi nell'altro l'ira e tu covi odio dentro te stesso! Rispetto all'odio l'ira è come una pagliuzza. Ma la pagliuzza, se viene alimentata, diventa trave; se invece la togli da te e la getti via, si disperde.
Chi odia il proprio fratello è omicida.
2. Se avete posto attenzione... che cosa avete capito? Quando vi è stata letta la lettera di S. Giovanni, una sua espressione dovrebbe avervi incusso timore. Ha detto: Si dissipano le tenebre e splende già la luce vera; aggiungendo poi: chi dice d'essere nella luce e odia il proprio fratello è ancora nelle tenebre 4. Forse qualcuno penserà che le tenebre di cui si parla qui siano come quelle che debbono subire quelli che sono chiusi nelle carceri. Magari fossero come quelle! E pur tuttavia nessuno vorrebbe vivere neanche in quelle. Nelle tenebre delle carceri possono essere rinchiusi anche degli innocenti; in tali tenebre sono stati rinchiusi infatti anche i martiri. Le tenebre li avvolgevano da ogni parte ma la luce rifulgeva nei loro cuori. Nelle tenebre del loro carcere non vedevano niente con gli occhi ma potevano vedere Dio grazie all'amore fraterno. Volete sapere quali siano quelle tenebre di cui è scritto: Chi odia il proprio fratello è ancora nelle tenebre? In un altro passo lo stesso Giovanni dice: Chi odia il proprio fratello è omicida 5. Chi odia il proprio fratello può camminare, uscire, entrare, andare avanti, non è appesantito da alcuna catena, non è chiuso in nessun carcere: tuttavia rimane legato dalla colpa. Non pensare che non si trovi in carcere: il suo carcere è il suo cuore. Quando senti che chi odia il proprio fratello è ancora nelle tenebre, perché tu non minimizzi sul significato di tali tenebre, aggiunge: chi odia il proprio fratello è omicida. Porti odio al tuo fratello e cammini con tanta sicurezza? E non vuoi metterti d'accordo finché Dio te ne dà il tempo 6? Ecco: sei omicida e continui a vivere. Se avessi a che fare con un Dio irascibile in un batter d'occhio saresti strappato via da questa vita con l'odio per il tuo fratello nel cuore. Il Signore ti risparmia, risparmiati anche tu, mettiti d'accordo con il tuo fratello. O forse tu vorresti ma non vuole lui? Ti basti questo. Hai motivo di compiangerlo, ma tu hai saldato il tuo debito. E se tu vuoi metterti d'accordo ma non lo vuole lui, dì pure tranquillo: Rimetti a noi i nostri debiti, come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori 7.
Perdona l'offesa del fratello.
3. Supponiamo che tu l'abbia offeso, vuoi ritornare in pace con lui, vuoi dirgli: "Fratello, perdonami, ti ho offeso". Ma lui non vuol perdonare, non vuol rimettere il debito, non vuol rimetterti quanto tu hai nei suoi confronti. Ebbene, sia lui a stare attento quando va a pregare. Quando verrà a pregare colui che non vuol perdonare il peccato che, mettiamo, hai commesso contro di lui, che cosa farà? Dica: Padre nostro che sei nei cieli. Aggiunga: sia santificato il tuo nome. Dì ancora: venga il tuo regno. Continua: sia fatta la tua volontà come in cielo cosi in terra. Va' avanti: dacci oggi il nostro pane quotidiano 8. Hai detto fin qui. Vedi di non saltare la frase che segue per continuare poi con le altre parole. Non hai la possibilità di passare oltre, sei bloccato da quelle parole. Su, dille; oppure, se non hai motivo per dire: Rimetti a noi i nostri debiti, non dire niente. Ma allora dove va a finire quanto dice l'apostolo Giovanni: Se dicessimo che non abbiamo alcun peccato inganneremmo noi stessi e la verità non sarebbe in noi 9? Se invece ti rimorde la coscienza delle tue fragilità, se in questo mondo ovunque si trova abbondanza di male, dì pure: rimetti a noi i nostri debiti. Ma sta' attento a quanto segue. Non hai voluto perdonare il torto del tuo fratello e dirai: come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori 10? Oppure non lo dirai? Se non lo dirai, non riceverai niente; e se lo dirai, dirai il falso. Dillo dunque ma dì la verità. E come potrai dire la verità se non hai voluto perdonare il peccato al tuo fratello?.
Chiedi perdono al fratello che hai offeso.
4. Egli è stato ammonito. Ora voglio fare animo a te, chiunque tu sia - se ce n'è qualcuno tra di voi - che hai detto al tuo fratello: Perdonami il peccato che ho commesso contro di te. Se questo l'hai detto di tutto cuore, se l'hai detto con vera umiltà e non con falsa carità - così come Dio vede nel tuo cuore donde hai espresso il tuo sentimento - non stare in angustia qualora il tuo fratello non abbia voluto perdonarti. Siete ambedue servi, ambedue avete uno stesso Signore. Tu sei debitore del tuo conservo e lui non ha voluto perdonarti: appellati al Signore di ambedue. Esiga pure quel servo, se può, quanto il Signore ti ha già condonato 11. Un'altra cosa ancora. Ho avvertito colui che non vuol perdonare al proprio fratello che gli chiede perdono: faccia quel che non aveva voglia di fare se, quando prega, vuol ricevere quanto desidera. Ho avvertito anche colui che ha chiesto perdono del suo peccato al proprio fratello e non l'ha ottenuto: ciò che non è riuscito ad ottenere dal suo fratello stia sicuro che l'otterrà dal suo Signore. Debbo dare un terzo ammonimento. Che cosa fare se un tuo fratello ha peccato contro di te e non vuol dirti: Perdonami il torto che ti ho fatto? Quest'erba cattiva è purtroppo abbondante; voglia il Signore sradicarla dal suo campo 12, cioè dai vostri cuori! Quanti sono infatti coloro che sanno bene di aver peccato contro i loro fratelli e non vogliono dire: Perdonami! Non arrossirono nel fare il male e arrossiscono nel chiedere perdono; non si vergognarono dell'iniquità e si vergognano dell'umiltà. Ammonisco particolarmente costoro. Voi che siete in lite con i vostri fratelli, che rientrate in voi stessi, che riflettete su di voi, che riuscite a dare un giusto giudizio su di voi, nell'intimo dei vostri cuori; che riconoscete che non avreste dovuto fare quanto avete fatto, che non avreste dovuto dire quanto avete detto, chiedete perdono da fratelli ai vostri fratelli, fate come dice l'Apostolo: perdonandovi a vicenda come anche Dio in Cristo ha perdonato a voi 13. Fate così, non vergognatevi di chiedere perdono. Lo dico a tutti nello stesso modo: uomini e donne, piccoli e grandi, laici e chierici; lo dico anche a me stesso. Tutti dobbiamo ascoltare, tutti dobbiamo aver timore se abbiamo peccato contro i nostri fratelli. Abbiamo ricevuto ancora una dilazione nella vita, non è ora di morire. Se pertanto ancora siamo in vita, non ancora siamo stati condannati; finché viviamo compiamo la volontà del Padre che sarà anche giudice e chiediamo perdono ai nostri fratelli che forse, facendo loro torto, abbiamo qualche volta offeso, qualche volta oltraggiato. Ci sono persone di umile condizione - secondo la stima di questo mondo - che montano in superbia se domandi loro perdono. Mi spiego. A volte un padrone compie un'ingiustizia nei confronti del proprio servo. Anche se l'uno è padrone e l'altro è servo, ambedue tuttavia sono servi di un altro, perché ambedue sono stati redenti dal sangue di Cristo. Sembra tuttavia troppo severo che s'imponga, che si comandi che, se per caso il padrone commette un'ingiustizia nei confronti del proprio servo riprendendolo ingiustamente o percuotendolo ingiustamente, gli debba dire: Perdonami, concedimi il perdono. Non perché non lo debba fare, ma perché l'altro non cominci a diventare superbo. Che cosa dire? Si penta davanti a Dio, castighi il suo cuore alla presenza di Dio; e se non può dire al servo, perché non lo ritiene opportuno: Perdonami, gli parli con parole dolci. Rivolgersi infatti ad uno con parole dolci è come chiedergli perdono.
Costituire pacieri per comporre discordie.
5. Mi rimane di parlare a coloro che sono stati offesi da altri, nel caso che costoro - che hanno offeso i primi - non vogliano chiedere perdono. Ho già parlato a coloro che non vogliono concedere il perdono ai fratelli che lo chiedono. Ora dunque, mentre mi rivolgo a tutti voi perché, trovandoci in questi giorni sacri, non rimangano in piedi le vostre discordie, credo che vi sarete dati pensiero nei vostri cuori voi che siete consapevoli di avere alcune questioni in sospeso con i vostri fratelli ma trovate che non voi avete mancato nei loro confronti bensì essi nei vostri confronti. Anche se ora non mi interpellate con la voce - perché in questo luogo è compito mio parlare, compito vostro invece è tacere e ascoltare - tuttavia forse state parlando nella vostra mente e vi state dicendo: Vorrei mettermi d'accordo, ma è lui che mi ha offeso, è lui che ha mancato nei miei confronti, e tuttavia non vuol chiedermi perdono. Che cosa dirò a costui? Dirò: Va' da lui e chiedigli perdono tu? Assolutamente no. Non voglio che tu mentisca, non voglio che tu dica: Perdonami, quando sai bene di non aver mancato contro tuo fratello. A che cosa ti serve accusare te stesso? Come puoi aspettarti che ti perdoni colui che non hai offeso e nei cui confronti non hai mancato? Non ti serve a nulla, non voglio che lo faccia. Conosci i fatti, hai ben ponderato le cose, sei certo che lui ha mancato nei tuoi confronti e non tu nei suoi confronti? Lo so, dice. Fatto assicurato, sentenza emanata! Non andare dal tuo fratello che ha mancato contro di te e tanto meno per chiedergli perdono. Bisogna stabilire tra di voi alcuni pacieri che lo convincano anzitutto a chiedere perdono a te. Tu devi semplicemente essere pronto a perdonargli, proprio pronto a perdonargli con tutto il cuore. Se sei disposto a perdonare, hai già perdonato. Ma hai ancora una cosa che puoi fare: pregare; prega per lui, perché ti chieda perdono; poiché sai che va a suo danno se non lo chiede, prega per lui affinché lo chieda. Dì al Signore nella tua preghiera: Signore, sai che non ho fatto niente contro quel mio fratello, che lui ha mancato contro di me e che il suo peccato nei miei confronti danneggerebbe lui se non mi chiede perdono. Quanto a me ti chiedo di cuore di perdonargli.
A Pasqua almeno cessino le liti.
6. Ecco, vi ho detto che... - soprattutto in questi giorni nei quali praticate i digiuni, gli esercizi di pietà, la continenza - ciò che dovete fare per essere in pace con i vostri fratelli. Possa gioire della vostra pace ritrovata anch'io che mi rammarico per le vostre liti: affinché, perdonandovi a vicenda se qualcuno ha delle liti contro qualcun altro 14, tutti possiamo far Pasqua con coscienza tranquilla, possiamo celebrare serenamente la passione di colui che, pur non dovendo niente a nessuno, ha saldato il debito al posto dei debitori; parlo del Signore Gesù Cristo il quale non ha fatto torto a nessuno eppure, per così dire, il mondo intero si è scagliato contro di lui. E invece di esigere gravi punizioni ha promesso dei premi. Di conseguenza abbiamo lui come testimone nei nostri cuori: se abbiamo mancato contro qualcuno, chiediamogli perdono con cuore sincero; se un altro ha mancato nei nostri confronti, siamo pronti a concedere perdono e preghiamo per i nostri nemici 15. Allontaniamo da noi il desiderio della vendetta, fratelli. Che cosa è vendicarsi se non nutrirsi del male altrui? So che ogni giorno vengono qui delle persone, s'inginocchiano, chinano la fronte fino a terra, a volte rigano il volto di lacrime; e in tanta umiltà e turbamento d'animo dicono: Signore, vendicami, uccidi il mio nemico. Sì, prega il Signore che uccida in lui il tuo nemico e salvi in lui il tuo fratello: uccida la sua inimicizia e salvi la sua persona. Prega così nel chiedere a Dio che ti vendichi: perisca in lui colui che ti perseguitava ma rimanga e ti sia restituito colui che è tuo fratello.
1 - Mt 6, 12.
2 - Cf. Mt 7, 3-5.
3 - Mt 7, 3.
4 - 1 Gv 2, 8-9.
5 - 1 Gv 3, 15.
6 - Cf. Mt 5, 25.
7 - Mt 6, 12.
8 - Mt 6, 9-11.
9 - 1 Gv 1, 8.
10 - Mt 6, 12.
11 - Cf. Mt 18, 23 ss.
12 - Cf. 1 Cor 3, 9.
13 - Ef 4, 32.
14 - Col 3, 13.
15 - Cf. Mt 5, 44.
5 - La conoscenza che l'Altissimo mi diede della sacra Scrittura.
La mistica Città di Dio - Libro primo - Suor Maria d'Agreda
Leggilo nella Biblioteca52. Parlerò, o Signore, con la tua grande Maestà, poiché sei il Dio della misericordia, sebbene io sia polvere e cenere, e supplicherò la tua incomprensibile grandezza affinché dal tuo trono altissimo tu guardi a questa vilissima e inutilissima creatura, e affinché tu mi sia propizio, continuando a darmi la tua luce per illuminare il mio intelletto. Parla, o Signore, la tua serva ascolta. Parlò dunque l'Altissimo che corregge i saggi e, rimandandomi al capitolo ottavo dei Proverbi, mi illuminò su questo mistero, come è lì contenuto, e innanzi tutto me ne rivelò il senso letterale, che è il seguente:
53. Il Signore mi possedette nel principio delle sue vie, prima che facesse cosa alcuna, dal principio. Fui ordinata dall'eternità e dalle cose antiche, prima che fosse fatta la terra. Ancora non esistevano gli abissi e già io ero concepita; ancora non erano scaturite le sorgenti delle acque, né i monti si erano stabiliti col loro greve peso; prima dei colli io venivo generata, prima che facesse la terra, i fiumi e i cardini del mondo; quando preparava i cieli, io ero presente; quando con legge certa e tracciando un cerchio arginava gli abissi, quando nell'alto dava consistenza ai cieli e pesava le fonti delle acque; quando circondava il mare col suo confine e dava ordine alle acque perché non uscissero dai loro confini; quando poneva le fondamenta della terra, io ero con lui, disponendo tutte le cose, ogni giorno mi dilettavo, scherzando continuamente dinanzi a lui, scherzando sul globo terrestre, e la mia delizia era stare con i figli degli uomini.
54. Sin qui è il passo dei Proverbi su cui l'Altissimo mi illuminò. Anzitutto intesi che tratta delle idee e dei decreti presenti nella sua mente divina prima di creare il mondo; compresi che letteralmente parla della Persona del Verbo incarnato e della sua Madre santissima e misticamente dei santi angeli e profeti; poiché prima di fissare e formare le idee per creare il resto delle creature materiali, ideò e determinò l'umanità santissima di Gesù Cristo e della sua purissima Madre: questo significano le prime parole.
55. Il Signore mi possedette nel principio delle sue vie. In Dio non vi furono vie, né la sua divinità ne aveva bisogno, eppure le fece, perché per queste vie tutte le creature capaci di conoscerlo io conoscessero e si recassero a lui. In questo principio, prima che nella sua idea creasse qualunque altra cosa, e quando voleva fare sentieri ed aprire cammini nella sua mente divina per comunicare la sua divinità e per dare inizio a tutto, dapprima stabilì di creare l'umanità del Verbo, che doveva essere la via per cui gli altri sarebbero andati al Padre. Insieme a questo decreto vi fu quello relativo alla sua santissima Madre, per mezzo della quale la Divinità doveva venire nel mondo, formandosi e nascendo da lei come Dio e come uomo. Perciò dice: «Dio mi possedette». Infatti la Maestà divina li possedette ambedue. Possedette il Figlio in quanto Dio, perché come tale già era possesso, proprietà e tesoro del Padre, senza potersene separare, dato che sono una stessa sostanza divina con lo Spirito Santo. Non meno lo possedette in quanto uomo, per la conoscenza e il decreto della pienezza di grazia e di gloria che gli avrebbe elargito fin dalla sua creazione ed unione ipostatica. Ma poiché tale decreto e possesso non si doveva eseguire se non per mezzo della Madre, che avrebbe generato e partorito il Verbo, giacché non stabilì di crearne il corpo dal niente, né da altra materia, era conseguente che egli possedesse colei che doveva dargli forma umana. E così la possedette e la riservò per sé in quello stesso istante, volendo efficacemente che in nessun tempo e momento avesse diritto o parte in lei, per quanto spetta alla grazia, il genere umano, né alcun altro, ma solamente lui, il Signore. Egli si impadronì di questa proprietà come di parte unicamente sua, come doveva essere per dargli forma umana della sua stessa sostanza; solo lei poteva chiamarlo figlio ed egli poteva chiamare solo lei madre, e madre degna di avere un Dio per figlio, volendosi Dio fare uomo. Ora, come tutto questo precedeva in dignità tutto il creato, così dovette anche precedere nella volontà e mente del supremo Creatore. Perciò dice:
56. Prima che facesse cosa alcuna, dal principio. Fui ordinata dall'eternità e dalle cose antiche. In questa eternità di Dio, che noi concepiamo ora come rappresentandoci un tempo interminabile, quali erano le cose antiche, se non ve n'era ancora nessuna creata? È' chiaro che egli parla delle tre Persone divine e vuol dire che dalla sua divinità senza principio e da quelle cose che solo sono antiche, cioè la Trinità indivisa - poiché il resto, che ha principio, è tutto nuovo - l'unione del Verbo eterno con l'umanità per mezzo della santissima Vergine fu ordinata quando solo esistere l'antico Increato e prima che s'immaginasse il futuro da crearsi. Entro questi due estremi si pose al centro l'unione ipostatica, con l'intervento di Maria santissima, cosicché entrambi, Cristo e Maria, furono ordinati immediatamente dopo Dio e prima di ogni altra creatura. Tale ordine fu il più ammirabile che mai si fece e che mai si farà. Così la prima e più stupenda immagine della mente di Dio, dopo l'eterna generazione, fu quella di Cristo, e subito dopo quella della sua Madre.
57. Di fatto, quale altro, se non questo, può essere stato l'ordine che qui si pone in Dio: in lui l'ordine consiste nell'essere tutto unito ciò che ha in se stesso, senza bisogno che una cosa tenga dietro all'altra, né che alcuna si perfezioni aspettando le perfezioni dell'altra, succedendosi tra loro stesse. Tutto fu ordinatissimo nella sua eterna natura, lo è e sempre lo sarà. Quello che ordinò fu che la persona del Figlio s'incarnasse e da questa umanità divinizzata cominciasse l'ordine del volere divino e dei suoi decreti, che fosse il capo e l'esempio di tutti gli altri uomini e di tutte le altre creature, al quale tutti fossero ordinati e subordinati. Questo infatti era il più perfetto ordine ed accordo nell'armonia delle creature: che uno fosse primo e superiore e da lui avesse inizio l'ordine di tutta la natura, specialmente quella dei mortali. Ma tra questi la prima era la Madre dell'uomo-Dio, come la suprema tra le semplici creature umane, la più vicina a Cristo e, per mezzo di lui, alla Divinità. Con tale ordine cominciò a sgorgare dal trono di Dio l'acqua di fonte cristallina, in maniera che scorresse prima verso l'umanità del Verbo, e subito dopo verso la sua santissima Madre nel grado e nel modo possibile ad una semplice creatura, ma altresì adeguato ad una creatura che fosse Madre dello stesso creatore. Ora, era opportuno che tutti gli attributi divini si effondessero in lei e che non gliene fosse negato alcuno, per quanto fosse capace di riceverne, essendo inferiore unicamente a Cristo nostro Signore, ma incomparabilmente superiore in gradi di grazia a tutte le altre creature capaci di grazia e di doni. Questo fu l'ordine disposto dalla Sapienza: incominciare da Cristo e dalla Madre sua; per questo il testo aggiunge:
58. Prima che fosse fatta la terra. Ancora non esistevano gli abissi e già io ero concepita. La terra di cui qui si parla è quella del primo Adamo. Prima che si decidesse la sua formazione e che nella mente divina si formassero gli abissi delle idee ad extra, Cristo e la Madre sua erano già ideati e formati. Si chiamano abissi perché tra l'essere di Dio increato e quello delle creature vi è una distanza infinita e questa, a nostro modo d'intendere, fu misurata solo quando le creature furono ideate e formate, poiché proprio allora furono nel loro modo quegli abissi di distanza immensa. Ma prima di tutto questo il Verbo era già concepito: non solo per la generazione eterna del Padre, ma anche perché era stabilita e concepita nella mente divina la sua generazione temporale da Madre vergine piena di grazia, mentre senza la madre, e tale madre, non si poteva determinare questa generazione temporale con efficace e compiuto decreto. Qui dunque, in quella immensità beatifica fu concepita, allora, Maria santissima e la sua memoria eterna fu scritta nel seno di Dio, affinché per tutti i secoli e l'eternità non fosse mai cancellata. Così restò impressa e disegnata dal supremo Artefice nella sua mente divina e posseduta dal suo amore con inseparabile amplesso.
59. Ancora non erano scaturite le sorgenti delle acque. Ancora le immagini e le idee delle creature non erano uscite dall'origine e dal principio loro, dato che non erano ancora sgorgate le fonti della Divinità, per mezzo dei canali della bontà e della misericordia affinché la volontà divina decidesse l'universale creazione e la comunicazione dei suoi attributi e delle sue perfezioni. Infatti, rispetto a tutto il resto dell'universo, queste acque e queste sorgenti erano ancora trattenute e racchiuse nell'immenso pelago della Divinità, non avendo nel loro stesso essere scaturigini né correnti per manifestarsi e non essendo state inviate agli uomini; ma appena cominciarono ad esistere, furono indirizzate a Cristo e alla sua Madre vergine. Quindi si aggiunge:
60. Né i monti si erano stabiliti col loro greve peso: perché fino ad allora Dio non aveva ancora deciso neppure la creazione degli alti monti, vale a dire dei Patriarchì, dei Profeti, degli Apostoli, dei Martiri e degli altri Santi di maggiore perfezione, né ancora era stato stabilito il decreto di così importante decisione col suo greve peso e con la sua equità, in quel modo forte e soave che ha Dio nei suoi consigli e nelle sue grandi opere. Inoltre ella fu generata non solamente prima dei monti, che sono i grandi santi, ma prima delle colline, che sono gli ordini dei santi angeli, prima dei quali fu formata nella mente divina sia l'umanità santissima di Gesù Cristo unita ipostaticamente al Verbo divino, sia la Madre che la generò. Questo Figlio e questa Madre furono prima di tutti gli ordini angelici, per cui, se Davide disse nel salmo 8: Che cosa è l'uomo perché te ne ricordi e il figlio dell'uomo perché te ne curi? Eppure l'hai fatto poco meno degli angeli, tutti devono intendere e conoscere che Cristo è insieme uomo e Dio, e che appunto perché è Dio, e ad un tempo uomo superiore, sta al di sopra di tutti gli uomini e di tutti gli angeli, e tutti sono inferiori e servi suoi. Ne consegue che egli è primo nella mente e nella volontà divina e, unitamente e inseparabilmente con lui, vi è una Donna e vergine purissima, perché madre sua e quindi superiora e regina di ogni altra creatura.
61. Intanto se l'uomo - come dice lo stesso salmo - fu coronato di onore e di gloria e costituito sopra tutte le opere delle mani del Signore, questo fu perché l'uomo-Dio suo capo gli meritò tale corona, come meritò quella che ebbero gli angeli. Di conseguenza, lo stesso salmo, dopo aver detto che l'uomo fu abbassato ad essere inferiore agli angeli, aggiunge che lo costituì sopra le opere delle sue mani, cioè anche sopra gli angeli, perché anch'essi sono opera delle sue mani. E così Davide comprese tutto dicendo che Dio fece gli uomini poco inferiori agli angeli, ma che, se erano inferiori nella natura, doveva pure esservene uno che fosse superiore e costituito sopra gli stessi angeli perché anch'essi opera delle mani di Dio. Questa superiorità aveva origine dall'essere della grazia, cioè non derivava solo dalla divinità unita all'umanità, ma anche dall'umanità stessa, in virtù della grazia che dall'unione ipostatica sarebbe risultata in essa e poi nella sua Madre santissima. Non solo, ma persino alcuni dei santi, in virtù dello stesso Signore incarnato, possono conseguire un grado ed un seggio superiore agli stessi angeli. Ora, dice:
62. Io venivo generata ed è più che dire concepita. Infatti, l'essere concepita si riferisce all'intelletto divino della beatissima Trinità quando fu conosciuta e quando fu come discussa l'opportunità dell'incarnazione, mentre l'essere generata si riferisce alla volontà che decise quest'opera perché fosse eseguita efficacemente, poiché la santissima Trinità nel suo divino concistoro stabilì e in un certo senso eseguì prima di tutto in se stessa quest'opera meravigliosa dell'unione ipostatica e dell'essere di Maria santissima. Perciò, in questo capitolo, prima dice che fu concepita e poi che fu generata, ossia costituita, perché dapprima fu conosciuta e subito dopo determinata e voluta.
63. Prima che facesse la terra, i fiumi e i cardini del mondo. Prima di formare un'altra terra - perciò ripete due volte terra - cioè quella del paradiso terrestre, dove il primo uomo fu trasportato dopo essere stato creato dalla prima terra, dalla polvere (dal campo di Damasco), prima di questa seconda terra in cui l'uomo peccò, fu stabilito di creare l'umanità del Verbo, nonché la materia da cui doveva essere formato, che era la Vergine, dato che Dio doveva prevenirla affinché non avesse parte nel peccato, né fosse ad esso soggetta. I fiumi e i cardini del mondo sono la Chiesa militante e i tesori della grazia e dei doni che con impeto dovevano sgorgare dalla sorgente della Divinità, raggiungendo tutti, e, in modo particolarmente efficace, i santi e gli eletti. Essi appunto come cardini si muovono in Dio, rimanendo dipendenti dal suo volere attraverso le virtù della fede, della speranza e della carità, mediante le quali si sorreggono, si animano e si regolano, muovendosi verso il sommo bene ed ultimo fine, nonché verso le relazioni con gli uomini, senza perdere i cardini a cui si appoggiano. Ancora qui si comprendono i sacramenti e l'ordinamento della Chiesa, la sua protezione ed invincibile fermezza, la sua bellezza e santità senza macchia né ruga perché appunto ciò significano questo «mondo» e questi «fiumi» della grazia. Ora, prima che l'Altissimo preparasse tutto ciò, ordinasse questo «mondo» e corpo mistico di cui Cristo nostro bene doveva essere capo, decise l'unione del Verbo con la natura umana e ne stabilì la Madre, per mezzo ed intervento della quale avrebbe operato queste meraviglie nel mondo.
64. Quando preparava i cieli, io ero presente. Quando preparava e predisponeva il cielo e il premio che voleva elargire ai giusti figli di questa Chiesa dopo il loro esilio, era lì presente l'umanità unita col Verbo, meritando loro come capo la grazia, e con lui era presente altresì la sua Madre santissima. Dio, avendo preparato al Figlio e alla Madre la maggior parte di tale gloria, sul loro esempio, preparava e predisponeva quella che voleva dare agli altri santi.
65. Quando con legge certa e tracciando un cerchio arginava gli abissi... Questo versetto sta a significare che Dio decideva di cingere gli abissi della sua divinità nella Persona del Figlio, con legge e confine certi, che nessun vivente avrebbe potuto vedere né comprendere, quando faceva questo cerchio e questa specie di argine. In esso nessuno mai poté, né può, penetrare fuorché il solo Verbo - dato che egli solo può comprendere se stesso - per umiliarsi e racchiudere la divinità nell'umanità, la divinità ed umanità insieme prima nel ventre di Maria santissima e poi nella piccola quantità e nelle specie del pane e del vino, e infine con esse nell'angusto petto di un uomo peccatore e mortale. Tutto questo indicavano quegli abissi, quella legge, quel cerchio o confine, che chiama legge certa sia per il molto che comprende, sia per segnare la certezza di questo fatto, che pareva impossibile ad essere quanto malagevole a spiegarsi. Invero, non pare che Dio potesse sottostare a una legge, né chiudersi entro limiti determinati, eppure tanto poté fare e rese possibile la sapienza e la potenza del Signore stesso, nascondendosi in una cosa limitata.
66. Quando nell'alto dava consistenza ai cieli e pesava le fonti delle acque; quando circondava il mare col suo confine e dava ordine alle acque perché non uscissero dai loro confini. Qui ai giusti dà il nome di cieli, perché lo sono, poiché Dio ha in loro la sua dimora per mezzo della grazia, per la quale dà ad essi sede e fermezza, sollevandoli - quantunque viatori - al di sopra della terra, secondo le disposizioni di ciascuno, e poi, nella Gerusalemme celeste, dà loro luogo e sede, secondo i loro meriti. Per essi soppesa le fonti delle acque e le divide, distribuendo a ciascuno con equità e peso i doni della grazia e della gloria, le virtù, gli aiuti e le perfezioni, secondo quello che la divina sapienza dispone. Quando fu deciso di fare questa divisione delle acque, fu stabilito di dare all'umanità unita al Verbo tutto il mare della grazia e dei doni che gli derivava dalla divinità in quanto Unigenito del Padre. Ora, benché questo mare fosse infinito, gli si pose un confine, che fu l'umanità in cui abita la pienezza della divinità. In questo confine rimase nascosta trentatré anni, per poter abitare con gli uomini, e perché non accadesse a tutti come ai tre Apostoli sul Tabor. Nello stesso istante in cui tutto questo mare e queste fonti della grazia giunsero a Cristo Signore nostro, come immediato alla Divinita, ridondarono anche nella sua Madre santissima come immediata al suo Figlio unigenito. Infatti senza la Madre, e tale madre, non sarebbero stati disposti ordinatamente, con tutta perfezione, i doni del suo Figlio, né poteva cominciare con altro fondamento l'ammirabile armonia della creazione celeste e spirituale, nonché la distribuzione dei doni nella Chiesa militante e in quella trionfante.
67. Quando poneva le fondamenta della terra, io ero con lui, disponendo tutte le cose. Le opere ad extra sono comuni a tutte e tre le Persone divine, perché tutte sono un solo Dio, una sola sapienza, un solo potere, cosicché era necessario e inevitabile che il Verbo, in cui secondo la Divinità furono fatte tutte le cose, fosse col Padre per farle. Ma qui dice di più, perché anche in quanto uomo il Verbo era già presente nella volontà divina con la sua Madre santissima, dato che, come per mezzo del Verbo in quanto Dio furono fatte tutte le cose, così in primo luogo per lui, come il fine più nobile e degno, furono create le fondamenta della terra e tutto quanto è contenuto in essa. Per questo dice:
68. Ogni giorno mi dilettavo, scherzando continuamente dinanzi a lui, scherzando sul globo terrestre. Il Verbo incarnato gioiva tutti i giorni, perché conosceva tutti i giorni dei secoli e le vite dei mortali che, confrontate con l'eternità, sono un breve giorno. Di questo gioiva: che la successione dei secoli avrebbe avuto un termine, affinché, compiuto l'ultimo giorno in tutta perfezione, gli uomini godessero della grazia e corona di gloria. Gioiva, come enumerando i giorni in cui sarebbe disceso dal cielo in terra ad assumere la natura umana. Sapeva che i pensieri e le opere degli uomini erano come uno scherzo e che tutti erano burla ed inganno. Guardava ai giusti, che, comunque deboli e limitati, erano tuttavia adatti a ricevere la comunicazione e manifestazione della sua gloria e delle sue perfezioni. Guardava il suo stesso essere immutabile, la pochezza degli uomini e come doveva incarnarsi tra loro; si dilettava nelle sue stesse opere, particolarmente in quelle che disponeva per la sua Madre santissima, dalla quale gli era tanto gradito prendere forma d'uomo, facendola degna di un'opera così ammirabile. Erano questi i giorni nei qua-li il Verbo incarnato si deliziava. E siccome al concepire e ideare tutte queste opere e alla decisione efficace della divina volontà, doveva seguire l'esecuzione di tutte, il Verbo divino aggiunse:
69. La mia delizia era stare con i figli degli uomini. La mia delizia è patire per loro e favorirli, il mio piacere è morire per loro, la mia letizia essere loro maestro e riparatore. La mia delizia è sollevare il povero dalla polvere e unirmi all'umile, per questo abbassare la mia divinità, coprendola e nascondendola con la loro natura: annichilirmi e umiliarmi, sospendendo la gloria del mio corpo per farmi passibile e meritare loro l'amicizia del Padre mio, divenire mediatore tra la sua giustissima indignazione e la malizia degli uomini ed essere loro esempio e capo, che possano imitare e seguire. Queste sono le delizie del Verbo incarnato.
70. O Bontà incomprensibile ed eterna, quanto ammirata e sospesa io rimango, vedendo le immensità del vostro essere immutabile a confronto con la piccolezza dell'uomo! E quanto ancora vedendo il vostro amore farsi mediatore tra due estremi di tanto incomparabile distanza, amore infinito per una creatura non solamente piccola, ma anche ingrata! Oh, su quale oggetto basso e vile voi ponete, o Signore, i vostri occhi, e su quanto nobile oggetto poteva e doveva l'uomo porre gli occhi e gli affetti suoi, in vista di un così grande mistero! Sospesa nella meraviglia e nella tenerezza del mio cuore, lamento la sventura dei mortali, le tenebre e la cecità loro, perché non si dispongono a conoscere quanto presto la vostra Maestà cominciò a guardarli e a preparare loro la vera felicità, con tanta cura e con tanto amore, come se nella loro consistesse la vostra.
71. Fin da principio, ab initio, il Signore ebbe presente nella sua mente tutte le opere e il loro ordinamento, così come le doveva creare: le numerò e pesò con la sua equità e rettitudine. E come sta scritto nella Sapienza, conobbe la disposizione del mondo prima di crearlo, il principio, il mezzo e la fine dei tempi, i loro mutamenti, il ciclo degli anni, la disposizione delle stelle, la forza degli elementi, la natura degli animali, l'istinto delle bestie, la forza dei venti, le differenze delle piante, le virtù delle radici e i pensieri degli uomini. Tutto soppesò e numerò, e non solamente le creature materiali e razionali, come suona alla lettera, ma tutte lé altre che misticamente sono da queste significate e che tralascio, perché ora non è questo il mio intento.
30-13 Gennaio 12, 1932 Modi dominanti, parlanti e felicitanti della Divina Volontà. Come il cielo resta dietro. Vittoria di Dio e vincita della creatura. La Divina Volontà raccoglitrice delle opere sue. Esempio d’una madre che rimpiange il suo figlio storpio.
Luisa Piccarreta (Libro di Cielo)
(1) La mia piccola anima continua a valicare il mare interminabile del Fiat Divino, ed oh! come resto sorpresa ché mentre mi sembra che ho fatto una lunga via, faccio per guardare, non trovo altro che pochi passi a confronto di quelli che mi resta da fare. L’interminabilità è tanta, che ancorché dovessi camminare secoli mi troverei sempre al principio, e c’è tanto da conoscere del Voler Divino che trovandomi nel suo mare mi sento sempre la piccola ignorantella, che appena ho imparato le vocali della Divina Volontà, e forse le consonante le andrò ad imparare nella patria celeste, che spero di raggiungere subito. Oh! come vorrei modi di muovere a pietà tutto il Cielo perché finisse il mio lungo esilio; ma del resto Fiat! Fiat! Fiat! Ed il mio sempre amabile Gesù, avendo di me compassione, mi ha stretto fra le sue braccia dicendomi:
(2) “Figlia benedetta, coraggio, non ti affliggere troppo, per ora voglio che il tuo Cielo sia la mia Divina Volontà. Essa ti sarà patria celeste in terra, e non mancherà di felicitarti e di darti le pure gioie di lassù, perciò dove Essa regna tiene tanti molteplici modi per dare nuove sorprese di gioie, di contenti per fare che l’anima che la possiede possa godere il suo paradiso in terra, e perciò, ora prende modi dominante ed il suo dominio si stende nella mente, nella parola, nel cuore, in tutto l’essere della creatura, fin nel più piccolo moto, ed oh! com’è dolce il suo dominio, è dominio e vita, è dominio e forza, è dominio e luce che si fa via, e la sua luce fuga le tenebre, toglie le sbarre che possono impedire il bene, ed il suo dominio mette in fuga i nemici, insomma, la creatura si sente portata dal dominio della Divina Volontà, e mentre è dominata resta dominatrice di sé stessa, dei suoi atti, e della stessa Divina Volontà, che mentre domina ed impera, è tanta la sua soavità, fortezza e dolcezza, che s’immedesima con la creatura e vuole che domini insieme, perché il suo dominio è pacifico, e a tutti gli atti che fa la creatura dà il suo bacio di pace dominante. Questo bacio, soavità e dolcezza rapisce la volontà umana nella Divina, e stendono il dominio insieme per formare il regno divino nel fondo dell’anima. Non vi è cosa più bella, più cara, più grande, più santa, che sentirsi scorrere il dominio della mia Volontà in tutti gli atti, ed in tutto l’assieme della creatura, potrei dire che il Cielo resta dietro innanzi al dominio della mia Volontà nel cuore della creatura viatrice, perché nei santi non ha che aggiungere, non rest’altro che felicitarli continuamente; invece nell’anima viatrice ci sono opere che può fare, nuova vita che può infondere, nuove conquiste che può acquistare per allargare e stendere maggiormente il suo dominio. Il dominio totale della mia Volontà Divina nella creatura è la nostra vittoria continuata, ogni suo atto che fa in essa col suo dominio, tante vittorie facciamo, e la creatura resta vincitrice della mia Divina Volontà negli atti suoi; invece in Cielo non abbiamo che vincere, perché tutto è nostro, e ciascun beato compisce il suo lavoro nell’atto di spirare, perciò la nostra opera conquistatrice è sulla terra nelle anime viatrice, non nel Cielo; in Cielo non abbiamo né che perdere né che acquistare.
(3) Ora, quando la mia Divina Volontà si ha assicurato il suo totale dominio nella creatura, prende il suo modo parlante, tu devi sapere che ogni sua parola è una creazione, dove Essa regna non sa stare oziosa, e siccome possiede la virtù creatrice non sa parlare se non crea, ma che cosa crea? Vuol creare Sé stessa nella creatura, vuol far sfoggio delle sue qualità divine, e lo fa parola per parola, quasi come fece nella creazione dell’universo, che non disse una sola parola, ma tante parole per quante cose distinti volle creare. L’anima ci costa più di tutto l’universo, e quando è sicura del suo dominio non risparmia le sue parole, anzi, come essa riceve l’atto della sua parola creatrice, così allarga la sua capacità e ne prepara un’altra. Sicché parla e crea la luce, parla e crea la dolcezza, parla e crea la fortezza divina, parla e vi crea il suo giorno di pace, parla e crea le sue conoscenze, ogni sua parola è portatrice di creazione del bene che Essa possiede e rivela; la sua parola si fa annunciatrice del bene che vuole creare nell’anima. Chi può dirti il valore che possiede una sola parola della mia Divina Volontà? E quanti cieli, mari di ricchezze, varietà di bellezza vi mette nella fortunata creatura che possiede il suo dolce e felice dominio?
(4) Ora, dopo il lavoro sorge la gioia, la felicità. La mia Volontà per sua natura è pregna di gioie innumerevole, Essa guarda la creatura che si ha prestato a ricevere la creazione delle sue parole, ed oh! come si sente felice, perché vede che ogni creazione ricevuta partorisce una gioia e felicità senza fine, ed Essa passa dal modo parlante al modo felicitante, e per fare che la creatura goda di più, non si mette da parte, no, ma si felicita insieme, e per farle più gioire, le va spiegando la natura e diversità delle gioie che ha creato nell’anima sua solo perché l’ama e vuol vederla felice, e siccome le gioie, la felicità da sola non è piena, pare che muoia, perciò mi lascia insieme con te, per poterti felicitarti sempre e preparare le nuove gioie col lavoro della mia parola creatrice. Perciò l’unica nostra festa e felicità che teniamo sulla terra, è l’anima che si fa possedere dal dominio della mia Suprema Volontà, in essa trova posto la nostra parola, la nostra Vita, le nostre gioie, si può dire che l’opera delle nostre mani creatrice sta nell’ordine dove fu stabilito dalla nostra sapienza infinita, cioè nella nostra Divina Volontà, sta al suo posto d’onore. Invece chi si fa dominare dalla volontà umana, sta nel disordine ed è il nostro continuo smarco della nostra opera creatrice. Quindi sii attenta figlia mia, e rendi felice chi vuol renderti felice nel tempo e nell’eternità”.
(5) Dopo di ciò continuavo a nuotare nel mare di luce del Fiat Divino, mi sentivo affogare di luce, ed erano tante le sue conoscenze, che io non sapevo a quali di esse appigliarmi, data la mia piccolezza non sapevo dove metterle, quindi si sperdevano nella sua stessa luce ed io restavo sorpresa senza saper dir nulla, ed il mio dolce maestro Gesù ha soggiunto:
(6) “Figlia mia, la mia Volontà è la raccoglitrice di tutte le opere sue, nella sua luce tutto nasconde, con la sua luce le difende e mette in salvo tutte le opere sue, questa luce, quanto non fa per mettere in salvo la creatura? L’opera più bella delle nostre mani creatrice, e per farla ritornare bella, speciosa come la uscimmo? La raccoglie nel suo grembo di luce, e vi getta tanta luce sopra, per farle scomparire tutti i mali: Se è cieca, a via di luce le dà la vista; se è muta, a via di luce le vuol dare la parola; la luce la prende da tutti i lati, e le dà l’udito se è sorda; se zoppa, la raddrizza; se è brutta, a via di luce la renda bella. Una madre non fa quanto fa la mia Divina Volontà per rendere bella e ripristinata la sua creatura; le sue armi sono di luce, perché non vi è potenza che la luce non nasconda e bene che non possieda. Che non farebbe una madre che avendo dato alla luce un bel bambino, che la rapiva con la sua bellezza, e la madre si sentiva felice nella beltà del figlio, ma una sventura lo colpisce e diventa cieco, muto, sordo, zoppo; povera madre, guarda suo figlio e non lo riconosce più, l’occhio spento che non più la guarda, la sua voce argentina che la faceva trasalire di gioia nel sentirsi chiamare mamma, non più l’ascolta; i suoi piedini che scorrevano per mettersi nel suo grembo, a stento si trascinano. Questo figlio è l dolore più trafiggente per un povera madre, e che non farebbe se sapesse che suo figlio potesse ritornare di nuovo alle sue fattezze primiere? Girerebbe tutto il mondo se potesse ciò ottenere, e le sarebbe dolce mettere la propria vita, purché potesse veder suo figlio bello come lo diede alla luce; ma povera madre, non sta in suo potere restituire la bellezza primiera al suo caro figlio, e sarà sempre il suo dolore e la spina più trafiggente del suo cuore materno. Tale si è resa la creatura col fare la sua volontà: Cieca, muta, zoppa, la nostra Volontà la rimpiange con lacrime di luce ardente del nostro amore, ma ciò che non può fare la madre per il suo figlio storpio, la mia Volontà Divina non le manca il potere, Essa più che madre, metterà a disposizione i suoi capitali di luce, che possegono virtù di restituire tutti i beni e bellezza della creatura. Essa, Madre tenera, amante e vigilante dell’opera delle sue mani, che più che figlio carissimo lo uscì alla luce, girerà non tutto il mondo, ma tutti i secoli, per preparare e dare i rimedi potenti di luce, che vivifica, trasforma, raddrizza ed abbellisce, ed allora si fermerà quando si vedrà nel suo grembo materno, bella come la uscì, l’opera delle sue mani creatrice, per rifarsi dai tanti dolori e godersela per sempre. Non sono forse rimedi le tante conoscenze sulla mia Volontà? Ogni manifestazione e parola che dico, è una fortezza che metto intorno alla debolezza della volontà umana, è un alimento che preparo, è un’esca, un gusto, una luce, per farle riacquistare la vista perduta. Perciò sii attenta e non perdere nulla di ciò che la mia Volontà ti manifesta, perché a suo tempo tutto servirà, nulla andrà perduto. Credi tu che Essa non tiene conto anche d’una sola parola di quello che dice? Tutto numera e nulla perde, e se nell’anima tua ha formato la sua cattedra per deporre le sue verità, però la cattedra primaria la tiene riservata in Sé stessa, come il più grande tesoro che l’appartiene, in modo che se tu sperdi qualche parola o manifestazione che l’appartiene, già conserva in Sé l’originale, perché ciò che riguarda la mia Divina Volontà è di valore infinito, e l’infinito non può, né è soggetto a sperdersi; anzi, gelosa conserva negli archivi divini le sue verità. Perciò impara anche tu, ad essere gelosa e vigilante, ed ad apprezzare le sue sante lezioni”.