Sotto il Tuo Manto

Martedi, 9 settembre 2025 - San Pietro Claver Sacerdote (Letture di oggi)

Gesù, che ti sei degnato d'unire il mio cuore pieno di miseria al tuo cuore che trabocca di misericordia, è proprio attraverso questo tuo stesso cuore che io adoro Dio e lo chiamo «Padre nostro». O Dio, ricco di misericordia, diffondi questa tua misericordia su tutto il mondo che hai creato e il culto verso questo tuo divino attributo salga come una lode perenne fino a te. Dio eterno, ardentemente desidero adorare la tua misericordia, che è il massimo di tutti i tuoi attributi. Vedo la mia incapacità  e non pretendo di uguagliare gli abitatori del tuo paradiso, ma anch'io quaggiù ho ricevuto da te un modo di dare all'infinita tua misericordia quel culto che le devo e che, grazie ad essa, mi eleva fino a te. (Santa Faustina Kowalska)

Liturgia delle Ore - Letture

Lunedi della 2° settimana del Tempo di Pasqua

Questa sezione contiene delle letture scelte a caso, provenienti dalle varie sezioni del sito (Sacra Bibbia e la sezione Biblioteca Cristiana), mentre l'ultimo tab Apparizioni, contiene messaggi di apparizioni a mistici o loro scritti. Sono presenti testi della Valtorta, Luisa Piccarreta, don Stefano Gobbi e testimonianze di apparizioni mariane riconosciute.

Vangelo secondo Giovanni 1

1In principio era il Verbo,
il Verbo era presso Dio
e il Verbo era Dio.
2Egli era in principio presso Dio:
3tutto è stato fatto per mezzo di lui,
e senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che
esiste.
4In lui era la vita
e la vita era la luce degli uomini;
5la luce splende nelle tenebre,
ma le tenebre non l'hanno accolta.
6Venne un uomo mandato da Dio
e il suo nome era Giovanni.
7Egli venne come testimone
per rendere testimonianza alla luce,
perché tutti credessero per mezzo di lui.
8Egli non era la luce,
ma doveva render testimonianza alla luce.
9Veniva nel mondo
la luce vera,
quella che illumina ogni uomo.
10Egli era nel mondo,
e il mondo fu fatto per mezzo di lui,
eppure il mondo non lo riconobbe.
11Venne fra la sua gente,
ma i suoi non l'hanno accolto.
12A quanti però l'hanno accolto,
ha dato potere di diventare figli di Dio:
a quelli che credono nel suo nome,
13i quali non da sangue,
né da volere di carne,
né da volere di uomo,
ma da Dio sono stati generati.
14E il Verbo si fece carne
e venne ad abitare in mezzo a noi;
e noi vedemmo la sua gloria,
gloria come di unigenito dal Padre,
pieno di grazia e di verità.
15Giovanni gli rende testimonianza
e grida: "Ecco l'uomo di cui io dissi:
Colui che viene dopo di me
mi è passato avanti,
perché era prima di me".
16Dalla sua pienezza
noi tutti abbiamo ricevuto
e grazia su grazia.
17Perché la legge fu data per mezzo di Mosè,
la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo.
18Dio nessuno l'ha mai visto:
proprio il Figlio unigenito,
che è nel seno del Padre,
lui lo ha rivelato.

19E questa è la testimonianza di Giovanni, quando i Giudei gli inviarono da Gerusalemme sacerdoti e leviti a interrogarlo: "Chi sei tu?".20Egli confessò e non negò, e confessò: "Io non sono il Cristo".21Allora gli chiesero: "Che cosa dunque? Sei Elia?". Rispose: "Non lo sono". "Sei tu il profeta?". Rispose: "No".22Gli dissero dunque: "Chi sei? Perché possiamo dare una risposta a coloro che ci hanno mandato. Che cosa dici di te stesso?".23Rispose:

"Io sono 'voce di uno che grida nel deserto:
Preparate la via del Signore',

come disse il profeta Isaia".24Essi erano stati mandati da parte dei farisei.25Lo interrogarono e gli dissero: "Perché dunque battezzi se tu non sei il Cristo, né Elia, né il profeta?".26Giovanni rispose loro: "Io battezzo con acqua, ma in mezzo a voi sta uno che voi non conoscete,27uno che viene dopo di me, al quale io non son degno di sciogliere il legaccio del sandalo".28Questo avvenne in Betània, al di là del Giordano, dove Giovanni stava battezzando.
29Il giorno dopo, Giovanni vedendo Gesù venire verso di lui disse: "Ecco l'agnello di Dio, ecco colui che toglie il peccato del mondo!30Ecco colui del quale io dissi: Dopo di me viene un uomo che mi è passato avanti, perché era prima di me.31Io non lo conoscevo, ma sono venuto a battezzare con acqua perché egli fosse fatto conoscere a Israele".32Giovanni rese testimonianza dicendo: "Ho visto lo Spirito scendere come una colomba dal cielo e posarsi su di lui.33Io non lo conoscevo, ma chi mi ha inviato a battezzare con acqua mi aveva detto: L'uomo sul quale vedrai scendere e rimanere lo Spirito è colui che battezza in Spirito Santo.34E io ho visto e ho reso testimonianza che questi è il Figlio di Dio".

35Il giorno dopo Giovanni stava ancora là con due dei suoi discepoli36e, fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: "Ecco l'agnello di Dio!".37E i due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù.38Gesù allora si voltò e, vedendo che lo seguivano, disse: "Che cercate?". Gli risposero: "Rabbì (che significa maestro), dove abiti?".39Disse loro: "Venite e vedrete". Andarono dunque e videro dove abitava e quel giorno si fermarono presso di lui; erano circa le quattro del pomeriggio.
40Uno dei due che avevano udito le parole di Giovanni e lo avevano seguito, era Andrea, fratello di Simon Pietro.41Egli incontrò per primo suo fratello Simone, e gli disse: "Abbiamo trovato il Messia (che significa il Cristo)"42e lo condusse da Gesù. Gesù, fissando lo sguardo su di lui, disse: "Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; ti chiamerai Cefa (che vuol dire Pietro)".
43Il giorno dopo Gesù aveva stabilito di partire per la Galilea; incontrò Filippo e gli disse: "Seguimi".44Filippo era di Betsàida, la città di Andrea e di Pietro.45Filippo incontrò Natanaèle e gli disse: "Abbiamo trovato colui del quale hanno scritto Mosè nella Legge e i Profeti, Gesù, figlio di Giuseppe di Nàzaret".46Natanaèle esclamò: "Da Nàzaret può mai venire qualcosa di buono?". Filippo gli rispose: "Vieni e vedi".47Gesù intanto, visto Natanaèle che gli veniva incontro, disse di lui: "Ecco davvero un Israelita in cui non c'è falsità".48Natanaèle gli domandò: "Come mi conosci?". Gli rispose Gesù: "Prima che Filippo ti chiamasse, io ti ho visto quando eri sotto il fico".49Gli replicò Natanaèle: "Rabbì, tu sei il Figlio di Dio, tu sei il re d'Israele!".50Gli rispose Gesù: "Perché ti ho detto che ti avevo visto sotto il fico, credi? Vedrai cose maggiori di queste!".51Poi gli disse: "In verità, in verità vi dico: vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sul Figlio dell'uomo".


Primo libro di Samuele 18

1Quando Davide ebbe finito di parlare con Saul, l'anima di Giònata s'era già talmente legata all'anima di Davide, che Giònata lo amò come se stesso.2Saul in quel giorno lo prese con sé e non lo lasciò tornare a casa di suo padre.3Giònata strinse con Davide un patto, perché lo amava come se stesso.4Giònata si tolse il mantello che indossava e lo diede a Davide e vi aggiunse i suoi abiti, la sua spada, il suo arco e la cintura.5Davide riusciva in tutti gli incarichi che Saul gli affidava, così che Saul lo pose al comando dei guerrieri ed era gradito a tutto il popolo e anche ai ministri di Saul.
6Al loro rientrare, mentre Davide tornava dall'uccisione del Filisteo, uscirono le donne da tutte le città d'Israele a cantare e a danzare incontro al re Saul, accompagnandosi con i timpani, con grida di gioia e con sistri.7Le donne danzavano e cantavano alternandosi:

"Saul ha ucciso i suoi mille,
Davide i suoi diecimila".

8Saul ne fu molto irritato e gli parvero cattive quelle parole. Diceva: "Hanno dato a Davide diecimila, a me ne hanno dato mille. Non gli manca altro che il regno".9Così da quel giorno in poi Saul si ingelosì di Davide.10Il giorno dopo, un cattivo spirito sovrumano s'impossessò di Saul, il quale si mise a delirare in casa. Davide suonava la cetra come i giorni precedenti e Saul teneva in mano la lancia.11Saul impugnò la lancia, pensando: "Inchioderò Davide al muro!". Ma Davide gli sfuggì davanti per due volte.12Saul cominciò a sentir timore di fronte a Davide, perché il Signore era con lui, mentre si era ritirato da Saul.13Saul lo allontanò da sé e lo fece capo di migliaia e Davide andava e veniva alla testa del suo gruppo.14Davide riusciva in tutte le sue imprese, poiché il Signore era con lui.15Saul, vedendo che riusciva proprio sempre, aveva timore di lui.16Ma tutto Israele e Giuda amavano Davide, perché egli si muoveva alla loro testa.
17Ora Saul disse a Davide: "Ecco Merab, mia figlia maggiore. La dò in moglie a te. Tu dovrai essere il mio guerriero e combatterai le battaglie del Signore". Saul pensava: "Non sia contro di lui la mia mano, ma contro di lui sia la mano dei Filistei".18Davide rispose a Saul: "Chi sono io e che importanza ha la famiglia di mio padre in Israele, perché io possa diventare genero del re?".19Ma ecco, quando venne il tempo di dare Merab, figlia di Saul, a Davide, fu data invece in moglie ad Adriel di Mecola.
20Intanto Mikal, l'altra figlia di Saul, s'invaghì di Davide; ne riferirono a Saul e la cosa gli piacque.21Saul diceva: "Gliela darò, ma sarà per lui una trappola e la mano dei Filistei cadrà su di lui". E Saul disse a Davide: "Oggi hai una seconda occasione per diventare mio genero".22Quindi Saul ordinò ai suoi ministri: "Dite di nascosto a Davide: Ecco, tu piaci al re e i suoi ministri ti amano. Su, dunque, diventa genero del re".23I ministri di Saul sussurrarono all'orecchio di Davide queste parole e Davide rispose: "Vi pare piccola cosa divenir genero del re? Io sono povero e uomo di bassa condizione".24I ministri di Saul gli riferirono: "Davide ha risposto in questo modo".25Allora Saul disse: "Riferite a Davide: Il re non pretende il prezzo nuziale, ma solo cento prepuzi di Filistei, perché sia fatta vendetta dei nemici del re". Saul pensava di far cadere Davide in mano ai Filistei.26I ministri di lui riferirono a Davide queste parole e piacque a Davide tale condizione per diventare genero del re. Non erano ancora passati i giorni fissati,27quando Davide si alzò, partì con i suoi uomini e uccise tra i Filistei duecento uomini. Davide riportò i loro prepuzi e li contò davanti al re per diventare genero del re. Saul gli diede in moglie la figlia Mikal.28Saul si accorse che il Signore era con Davide e che Mikal figlia di Saul lo amava.29Saul ebbe ancor più paura nei riguardi di Davide; Saul fu nemico di Davide per tutti i suoi giorni.30I capi dei Filistei facevano sortite, ma Davide, ogni volta che uscivano, riportava successi maggiori di tutti i ministri di Saul e in tal modo si acquistò grande fama.


Proverbi 15

1Una risposta gentile calma la collera,
una parola pungente eccita l'ira.
2La lingua dei saggi fa gustare la scienza,
la bocca degli stolti esprime sciocchezze.
3In ogni luogo sono gli occhi del Signore,
scrutano i malvagi e i buoni.
4Una lingua dolce è un albero di vita,
quella malevola è una ferita al cuore.
5Lo stolto disprezza la correzione paterna;
chi tiene conto dell'ammonizione diventa prudente.
6Nella casa del giusto c'è abbondanza di beni,
sulla rendita dell'empio incombe il dissesto.
7Le labbra dei saggi diffondono la scienza,
non così il cuore degli stolti.
8Il sacrificio degli empi è in abominio al Signore,
la supplica degli uomini retti gli è gradita.
9La condotta perversa è in abominio al Signore;
egli ama chi pratica la giustizia.
10Punizione severa per chi abbandona il retto sentiero,
chi odia la correzione morirà.
11Gl'inferi e l'abisso sono davanti al Signore,
tanto più i cuori dei figli dell'uomo.
12Lo spavaldo non vuol essere corretto,
egli non si accompagna con i saggi.
13Un cuore lieto rende ilare il volto,
ma, quando il cuore è triste, lo spirito è depresso.
14Una mente retta ricerca il sapere,
la bocca degli stolti si pasce di stoltezza.
15Tutti i giorni son brutti per l'afflitto,
per un cuore felice è sempre festa.
16Poco con il timore di Dio
è meglio di un gran tesoro con l'inquietudine.
17Un piatto di verdura con l'amore
è meglio di un bue grasso con l'odio.
18L'uomo collerico suscita litigi,
il lento all'ira seda le contese.
19La via del pigro è come una siepe di spine,
la strada degli uomini retti è una strada appianata.
20Il figlio saggio allieta il padre,
l'uomo stolto disprezza la madre.
21La stoltezza è una gioia per chi è privo di senno;
l'uomo prudente cammina diritto.
22Falliscono le decisioni prese senza consultazione,
riescono quelle prese da molti consiglieri.
23È una gioia per l'uomo saper dare una risposta;
quanto è gradita una parola detta a suo tempo!
24Per l'uomo assennato la strada della vita è verso l'alto,
per salvarlo dagli inferni che sono in basso.
25Il Signore abbatte la casa dei superbi
e rende saldi i confini della vedova.
26Sono in abominio al Signore i pensieri malvagi,
ma gli sono gradite le parole benevole.
27Sconvolge la sua casa chi è avido di guadagni disonesti;
ma chi detesta i regali vivrà.
28La mente del giusto medita prima di rispondere,
la bocca degli empi esprime malvagità.
29Il Signore è lontano dagli empi,
ma egli ascolta la preghiera dei giusti.
30Uno sguardo luminoso allieta il cuore;
una notizia lieta rianima le ossa.
31L'orecchio che ascolta un rimprovero salutare
avrà la dimora in mezzo ai saggi.
32Chi rifiuta la correzione disprezza se stesso,
chi ascolta il rimprovero acquista senno.
33Il timore di Dio è una scuola di sapienza,
prima della gloria c'è l'umiltà.


Salmi 140

1'Al maestro del coro. Salmo. Di Davide.'
2Salvami, Signore, dal malvagio,
proteggimi dall'uomo violento,
3da quelli che tramano sventure nel cuore
e ogni giorno scatenano guerre.
4Aguzzano la lingua come serpenti;
veleno d'aspide è sotto le loro labbra.

5Proteggimi, Signore, dalle mani degli empi,
salvami dall'uomo violento:
essi tramano per farmi cadere.
6I superbi mi tendono lacci
e stendono funi come una rete,
pongono agguati sul mio cammino.

7Io dico al Signore: "Tu sei il mio Dio;
ascolta, Signore, la voce della mia preghiera".
8Signore, mio Dio, forza della mia salvezza,
proteggi il mio capo nel giorno della lotta.

9Signore, non soddisfare i desideri degli empi,
non favorire le loro trame.
10Alzano la testa quelli che mi circondano,
ma la malizia delle loro labbra li sommerge.
11Fa' piovere su di loro carboni ardenti,
gettali nel bàratro e più non si rialzino.
12Il maldicente non duri sulla terra,
il male spinga il violento alla rovina.

13So che il Signore difende la causa dei miseri,
il diritto dei poveri.
14Sì, i giusti loderanno il tuo nome,
i retti abiteranno alla tua presenza.


Daniele 3

1Il re Nabucodònosor aveva fatto costruire una statua d'oro, alta sessanta cubiti e larga sei, e l'aveva fatta erigere nella pianura di Dura, nella provincia di Babilonia.
2Quindi il re Nabucodònosor aveva convocato i sàtrapi, i prefetti, i governatori, i consiglieri, i tesorieri, i giudici, i questori e tutte le alte autorità delle province, perché presenziassero all'inaugurazione della statua che il re Nabucodònosor aveva fatto erigere.
3I sàtrapi, i prefetti, i governatori, i consiglieri, i tesorieri, i giudici, i questori e tutte le alte autorità delle province vennero all'inaugurazione della statua. Essi si disposero davanti alla statua fatta erigere dal re.
4Un banditore gridò ad alta voce: "Popoli, nazioni e lingue, a voi è rivolto questo proclama:
5Quando voi udirete il suono del corno, del flauto, della cetra, dell'arpicordo, del salterio, della zampogna, e d'ogni specie di strumenti musicali, vi prostrerete e adorerete la statua d'oro, che il re Nabucodònosor ha fatto innalzare.6Chiunque non si prostrerà alla statua, in quel medesimo istante sarà gettato in mezzo ad una fornace di fuoco ardente".
7Perciò tutti i popoli, nazioni e lingue, in quell'istante che ebbero udito il suono del corno, del flauto, dell'arpicordo, del salterio e di ogni specie di strumenti musicali, si prostrarono e adorarono la statua d'oro, che il re Nabucodònosor aveva fatto innalzare.

8Però in quel momento alcuni Caldei si fecero avanti per accusare i Giudei9e andarono a dire al re Nabucodònosor: "Re, vivi per sempre!10Tu hai decretato, o re, che chiunque avrà udito il suono del corno, del flauto, della cetra, dell'arpicordo, del salterio, della zampogna e d'ogni specie di strumenti musicali, si deve prostrare e adorare la statua d'oro:11chiunque non si prostrerà per adorarla, sia gettato in mezzo ad una fornace con il fuoco acceso.
12Ora, ci sono alcuni Giudei, ai quali hai affidato gli affari della provincia di Babilonia, cioè Sadràch, Mesàch e Abdènego, che non ti obbediscono, re: non servono i tuoi dèi e non adorano la statua d'oro che tu hai fatto innalzare".
13Allora Nabucodònosor, sdegnato, comandò che gli si conducessero Sadràch, Mesàch e Abdènego, e questi comparvero alla presenza del re.14Nabucodònosor disse loro: "È vero, Sadràch, Mesàch e Abdènego, che voi non servite i miei dèi e non adorate la statua d'oro che io ho fatto innalzare?15Ora, se voi sarete pronti, quando udirete il suono del corno, del flauto, della cetra, dell'arpicordo, del salterio, della zampogna e d'ogni specie di strumenti musicali, a prostrarvi e adorare la statua che io ho fatta, bene; altrimenti in quel medesimo istante sarete gettati in mezzo ad una fornace dal fuoco ardente. Qual Dio vi potrà liberare dalla mia mano?".
16Ma Sadràch, Mesàch e Abdènego risposero al re Nabucodònosor: "Re, noi non abbiamo bisogno di darti alcuna risposta in proposito;17sappi però che il nostro Dio, che serviamo, può liberarci dalla fornace con il fuoco acceso e dalla tua mano, o re.18Ma anche se non ci liberasse, sappi, o re, che noi non serviremo mai i tuoi dèi e non adoreremo la statua d'oro che tu hai eretto".19Allora Nabucodònosor, acceso d'ira e con aspetto minaccioso contro Sadràch, Mesàch e Abdènego, ordinò che si aumentasse il fuoco della fornace sette volte più del solito.20Poi, ad alcuni uomini fra i più forti del suo esercito, comandò di legare Sadràch, Mesàch e Abdènego e gettarli nella fornace con il fuoco acceso.21Furono infatti legati, vestiti come erano, con i mantelli, calzari, turbanti e tutti i loro abiti e gettati in mezzo alla fornace con il fuoco acceso.
22Ma quegli uomini, che dietro il severo comando del re avevano acceso al massimo la fornace per gettarvi Sadràch, Mesàch e Abdènego, rimasero uccisi dalle fiamme,23nel momento stesso che i tre giovani Sadràch, Mesàch e Abdènego cadevano legati nella fornace con il fuoco acceso.

24Essi passeggiavano in mezzo alle fiamme, lodavano Dio e benedicevano il Signore.
25Azaria, alzatosi, fece questa preghiera in mezzo al fuoco e aprendo la bocca disse:

26"Benedetto sei tu, Signore Dio dei nostri padri;
degno di lode e glorioso è il tuo nome per sempre.
27Tu sei giusto in tutto ciò che hai fatto;
tutte le tue opere sono vere,
rette le tue vie e giusti tutti i tuoi giudizi.
28Giusto è stato il tuo giudizio
per quanto hai fatto ricadere su di noi
e sulla città santa dei nostri padri, Gerusalemme.
Con verità e giustizia tu ci hai inflitto tutto questo
a causa dei nostri peccati,
29poiché noi abbiamo peccato, abbiamo agito da iniqui,
allontanandoci da te, abbiamo mancato in ogni modo.
Non abbiamo obbedito ai tuoi comandamenti,
30non li abbiamo osservati, non abbiamo fatto
quanto ci avevi ordinato per il nostro bene.
31Ora quanto hai fatto ricadere su di noi,
tutto ciò che ci hai fatto, l'hai fatto con retto giudizio:
32ci hai dato in potere dei nostri nemici,
ingiusti, i peggiori fra gli empi,
e di un re iniquo, il più malvagio su tutta la terra.
33Ora non osiamo aprire la bocca:
disonore e disprezzo sono toccati ai tuoi servi,
ai tuoi adoratori.
34Non ci abbandonare fino in fondo,
per amore del tuo nome, non rompere la tua alleanza;
35non ritirare da noi la tua misericordia,
per amore di Abramo tuo amico,
di Isacco tuo servo, d'Israele tuo santo,
36ai quali hai parlato, promettendo di moltiplicare
la loro stirpe come le stelle del cielo,
come la sabbia sulla spiaggia del mare.
37Ora invece, Signore,
noi siamo diventati più piccoli
di qualunque altra nazione,
ora siamo umiliati per tutta la terra
a causa dei nostri peccati.
38Ora non abbiamo più né principe,
né capo, né profeta, né olocausto,
né sacrificio, né oblazione, né incenso,
né luogo per presentarti le primiziee trovar misericordia.
39Potessimo esser accolti con il cuore contrito
e con lo spirito umiliato,
come olocausti di montoni e di tori,
come migliaia di grassi agnelli.
40Tale sia oggi il nostro sacrificio davanti a te
e ti sia gradito,
perché non c'è confusione per coloro che confidano in te.
41Ora ti seguiamo con tutto il cuore,
ti temiamo e cerchiamo il tuo volto.
42Fa' con noi secondo la tua clemenza,
trattaci secondo la tua benevolenza,
secondo la grandezza della tua misericordia.
43Salvaci con i tuoi prodigi,
da' gloria, Signore, al tuo nome.
44Siano invece confusi quanti fanno il male ai tuoi servi,
siano coperti di vergogna con tutta la loro potenza;
e sia infranta la loro forza!
45Sappiano che tu sei il Signore,
il Dio unico e glorioso su tutta la terra".

46I servi del re, che li avevano gettati dentro, non cessarono di aumentare il fuoco nella fornace, con bitume, stoppa, pece e sarmenti.47La fiamma si alzava quarantanove cubiti sopra la fornace48e uscendo bruciò quei Caldei che si trovavano vicino alla fornace.49Ma l'angelo del Signore, che era sceso con Azaria e con i suoi compagni nella fornace, allontanò da loro la fiamma del fuoco50e rese l'interno della fornace come un luogo dove soffiasse un vento pieno di rugiada. Così il fuoco non li toccò affatto, non fece loro alcun male, non diede loro alcuna molestia.

51Allora quei tre giovani, a una sola voce, si misero a lodare, a glorificare, a benedire Dio nella fornace dicendo:

52"Benedetto sei tu, Signore, Dio dei padri nostri,
degno di lode e di gloria nei secoli.
Benedetto il tuo nome glorioso e santo,
degno di lode e di gloria nei secoli.
53Benedetto sei tu nel tuo tempio santo glorioso,
degno di lode e di gloria nei secoli.
54Benedetto sei tu nel trono del tuo regno,
degno di lode e di gloria nei secoli.
55Benedetto sei tu che penetri con lo sguardo gli abissi
e siedi sui cherubini,
degno di lode e di gloria nei secoli.
56Benedetto sei tu nel firmamento del cielo,
degno di lode e di gloria nei secoli.
57Benedite, opere tutte del Signore, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
58Benedite, angeli del Signore, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
59Benedite, cieli, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
60Benedite, acque tutte, che siete sopra i cieli, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
61Benedite, potenze tutte del Signore, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
62Benedite, sole e luna, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
63Benedite, stelle del cielo, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
64Benedite, piogge e rugiade, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
65Benedite, o venti tutti, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
66Benedite, fuoco e calore, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
67Benedite, freddo e caldo, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
68Benedite, rugiada e brina, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
69Benedite, gelo e freddo, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
70Benedite, ghiacci e nevi, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
71Benedite, notti e giorni, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
72Benedite, luce e tenebre, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
73Benedite, folgori e nubi, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
74Benedica la terra il Signore,
lo lodi e lo esalti nei secoli.
75Benedite, monti e colline, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
76Benedite, creature tutte
che germinate sulla terra, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
77Benedite, sorgenti, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
78Benedite, mari e fiumi, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
79Benedite, mostri marini
e quanto si muove nell'acqua, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
80Benedite, uccelli tutti dell'aria, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
81Benedite, animali tutti, selvaggi e domestici, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
82Benedite, figli dell'uomo, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
83Benedica Israele il Signore,
lo lodi e lo esalti nei secoli.
84Benedite, sacerdoti del Signore, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
85Benedite, o servi del Signore, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
86Benedite, spiriti e anime dei giusti, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
87Benedite, pii e umili di cuore, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
88Benedite, Anania, Azaria e Misaele, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli,
perché ci ha liberati dagl'inferi,
e salvati dalla mano della morte,
ci ha scampati di mezzo alla fiamma ardente,
ci ha liberati dal fuoco.
89Lodate il Signore, perché egli è buono,
perché la sua grazia dura sempre.
90Benedite, fedeli tutti, il Dio degli dèi,
lodatelo e celebratelo, perché la sua grazia dura sempre".

91Allora il re Nabucodònosor rimase stupito e alzatosi in fretta si rivolse ai suoi ministri: "Non abbiamo noi gettato tre uomini legati in mezzo al fuoco?". "Certo, o re", risposero.
92Egli soggiunse: "Ecco, io vedo quattro uomini sciolti, i quali camminano in mezzo al fuoco, senza subirne alcun danno; anzi il quarto è simile nell'aspetto a un figlio di dèi".
93Allora Nabucodònosor si accostò alla bocca della fornace con il fuoco acceso e prese a dire: "Sadràch, Mesàch, Abdènego, servi del Dio altissimo, uscite, venite fuori". Allora Sadràch, Mesàch e Abdènego uscirono dal fuoco.
94Quindi i satrapi, i prefetti, i governatori e i ministri del re si radunarono e, guardando quegli uomini, videro che sopra i loro corpi il fuoco non aveva avuto nessun potere; che neppure un capello del loro capo era stato bruciato e i loro mantelli non erano stati toccati e neppure l'odore del fuoco era penetrato in essi.
95Nabucodònosor prese a dire: "Benedetto il Dio di Sadràch, Mesàch e Abdènego, il quale ha mandato il suo angelo e ha liberato i servi che hanno confidato in lui; hanno trasgredito il comando del re e hanno esposto i loro corpi per non servire e per non adorare alcun altro dio che il loro Dio.
96Perciò io decreto che chiunque, a qualsiasi popolo, nazione o lingua appartenga, proferirà offesa contro il Dio di Sadràch, Mesàch e Abdènego, sia tagliato a pezzi e la sua casa sia ridotta a un mucchio di rovine, poiché nessun altro dio può in tal maniera liberare".
97Da allora il re promosse Sadràch, Mesàch e Abdènego a cariche pubbliche nella provincia di Babilonia.

98Il re Nabucodònosor a tutti i popoli, nazioni e lingue, che abitano in tutta la terra: Pace e prosperità!99M'è parso opportuno rendervi noti i prodigi e le meraviglie che il Dio altissimo ha fatto per me.

100Quanto sono grandi i suoi prodigi
e quanto straordinarie le sue meraviglie!
Il suo regno è un regno eterno
e il suo dominio di generazione in generazione.


Atti degli Apostoli 8

1Saulo era fra coloro che approvarono la sua uccisione. In quel giorno scoppiò una violenta persecuzione contro la Chiesa di Gerusalemme e tutti, ad eccezione degli apostoli, furono dispersi nelle regioni della Giudea e della Samarìa.2Persone pie seppellirono Stefano e fecero un grande lutto per lui.3Saulo intanto infuriava contro la Chiesa ed entrando nelle case prendeva uomini e donne e li faceva mettere in prigione.
4Quelli però che erano stati dispersi andavano per il paese e diffondevano la parola di Dio.

5Filippo, sceso in una città della Samarìa, cominciò a predicare loro il Cristo.6E le folle prestavano ascolto unanimi alle parole di Filippo sentendolo parlare e vedendo i miracoli che egli compiva.7Da molti indemoniati uscivano spiriti immondi, emettendo alte grida e molti paralitici e storpi furono risanati.8E vi fu grande gioia in quella città.

9V'era da tempo in città un tale di nome Simone, dedito alla magia, il quale mandava in visibilio la popolazione di Samarìa, spacciandosi per un gran personaggio.10A lui aderivano tutti, piccoli e grandi, esclamando: "Questi è la potenza di Dio, quella che è chiamata Grande".11Gli davano ascolto, perché per molto tempo li aveva fatti strabiliare con le sue magie.12Ma quando cominciarono a credere a Filippo, che recava la buona novella del regno di Dio e del nome di Gesù Cristo, uomini e donne si facevano battezzare.13Anche Simone credette, fu battezzato e non si staccava più da Filippo. Era fuori di sé nel vedere i segni e i grandi prodigi che avvenivano.
14Frattanto gli apostoli, a Gerusalemme, seppero che la Samarìa aveva accolto la parola di Dio e vi inviarono Pietro e Giovanni.
15Essi discesero e pregarono per loro perché ricevessero lo Spirito Santo;16non era infatti ancora sceso sopra nessuno di loro, ma erano stati soltanto battezzati nel nome del Signore Gesù.17Allora imponevano loro le mani e quelli ricevevano lo Spirito Santo.
18Simone, vedendo che lo Spirito veniva conferito con l'imposizione delle mani degli apostoli, offrì loro del denaro19dicendo: "Date anche a me questo potere perché a chiunque io imponga le mani, egli riceva lo Spirito Santo".20Ma Pietro gli rispose: "Il tuo denaro vada con te in perdizione, perché hai osato pensare di acquistare con denaro il dono di Dio.21Non v'è parte né sorte alcuna per te in questa cosa, perché 'il tuo cuore non è retto davanti a Dio'.22Pèntiti dunque di questa tua iniquità e prega il Signore che ti sia perdonato questo pensiero.23Ti vedo infatti chiuso 'in fiele amaro e in lacci d'iniquità'".24Rispose Simone: "Pregate voi per me il Signore, perché non mi accada nulla di ciò che avete detto".25Essi poi, dopo aver testimoniato e annunziato la parola di Dio, ritornavano a Gerusalemme ed evangelizzavano molti villaggi della Samarìa.

26Un angelo del Signore parlò intanto a Filippo: "Alzati, e va' verso il mezzogiorno, sulla strada che discende da Gerusalemme a Gaza; essa è deserta".27Egli si alzò e si mise in cammino, quand'ecco un Etìope, un eunuco, funzionario di Candràce, regina di Etiopia, sovrintendente a tutti i suoi tesori, venuto per il culto a Gerusalemme,28se ne ritornava, seduto sul suo carro da viaggio, leggendo il profeta Isaia.29Disse allora lo Spirito a Filippo: "Va' avanti, e raggiungi quel carro".30Filippo corse innanzi e, udito che leggeva il profeta Isaia, gli disse: "Capisci quello che stai leggendo?".31Quegli rispose: "E come lo potrei, se nessuno mi istruisce?". E invitò Filippo a salire e a sedere accanto a lui.32Il passo della Scrittura che stava leggendo era questo:

'Come una pecora fu condotto al macello
e come un agnello senza voce innanzi a chi lo tosa,
così egli non apre la sua bocca.'
33'Nella sua umiliazione il giudizio gli è stato
negato,
ma la sua posterità chi potrà mai descriverla?
Poiché è stata recisa dalla terra la sua vita.'

34E rivoltosi a Filippo l'eunuco disse: "Ti prego, di quale persona il profeta dice questo? Di se stesso o di qualcun altro?".35Filippo, prendendo a parlare e partendo da quel passo della Scrittura, gli annunziò la buona novella di Gesù.36Proseguendo lungo la strada, giunsero a un luogo dove c'era acqua e l'eunuco disse: "Ecco qui c'è acqua; che cosa mi impedisce di essere battezzato?".37.38Fece fermare il carro e discesero tutti e due nell'acqua, Filippo e l'eunuco, ed egli lo battezzò.39Quando furono usciti dall'acqua, lo Spirito del Signore rapì Filippo e l'eunuco non lo vide più e proseguì pieno di gioia il suo cammino.40Quanto a Filippo, si trovò ad Azoto e, proseguendo, predicava il vangelo a tutte le città, finché giunse a Cesarèa.


Capitolo XVI: Manifestare a Cristo le nostre manchevolezze e chiedere la sua grazia

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Parola del discepolo

O dolcissimo e amorosissimo Signore, che ora desidero devotamente ricevere, tu conosci la mia debolezza e la miseria che mi affligge; sai quanto siano grandi il male e i vizi in cui giaccio e come io sia frequentemente oppresso, provato, sconvolto e pieno di corruzione. Io vengo a te per essere aiutato, consolato e sollevato. Parlo a colui che tutto sa e conosce ogni mio pensiero; a colui che solo mi può pienamente confortare e soccorrere. Tu ben sai di quali beni io ho massimamente bisogno e quanto io sono povero di virtù. Ecco che io mi metto dinanzi a te, povero e nudo, chiedendo grazia e implorando misericordia. Ristora questo tuo misero affamato; riscalda la mia freddezza con il fuoco del tuo amore; rischiara la mia cecità con la luce della tua presenza. Muta per me in amarezza tutto ciò che è terreno; trasforma in occasione di pazienza tutto ciò che mi pesa e mi ostacola; muta in oggetto di disprezzo e di oblio ciò che è bassa creatura. Innalza il mio cuore verso il cielo, a te, e non lasciare che mi perda, vagando su questa terra. Sii tu solo, da questo momento e per sempre, la mia dolce attrazione, ché tu solo sei mio cibo e mia bevanda, mio amore e mia gioia, mia dolcezza e sommo mio bene. Potessi io infiammarmi tutto, dinanzi a te, consumarmi e trasmutare in te, così da diventare un solo spirito con te, per grazia di intima unione, in struggimento di ardente amore. Non permettere che io mi allontani da te digiuno e languente, ma usa misericordia verso di me, come tante volte l'hai usata mirabilmente con i tuoi santi. Qual meraviglia se da te io prendessi fuoco interamente, venendo meno in me stesso, poiché tu sei fiamma sempre viva, che mai si spegne, amore che purifica i cuori e illumina le menti?


Omelia 56: La lavanda dei piedi.

Commento al Vangelo di San Giovanni - Sant'Agostino d'Ippona

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1. Essendosi messo a lavare i piedi dei discepoli, il Signore venne a Simon Pietro, il quale gli dice: Signore, tu lavare i piedi a me? (Gv 13, 6). Chi non si spaventerebbe nel vedersi lavare i piedi dal Figlio di Dio? Sebbene sia segno di temeraria audacia per il servo contraddire il Signore, per l'uomo opporsi a Dio, tuttavia Pietro preferì questo piuttosto che lasciarsi lavare i piedi dal suo Signore e Dio. Né dobbiamo credere che Pietro sia stato il solo a spaventarsi e a rifiutare il gesto del Signore, quasi che gli altri, prima di lui, avessero accettato volentieri e senza scomporsi quel servizio. Le parole del Vangelo, veramente, si lascerebbero più facilmente intendere nel senso che Gesù comincia a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli col panno di cui si era cinto, e subito dopo viene a Simon Pietro, facendo supporre che il Signore avesse già lavato i piedi a qualcuno, e che, dopo, fosse arrivato al "primo" degli Apostoli. Chi non sa infatti che il beatissimo Pietro era il primo degli Apostoli? In realtà non è da pensare che sia arrivato a lui dopo aver lavato i piedi ad altri, ma che abbia cominciato da lui. Quando, dunque, cominciò a lavare i piedi dei discepoli, si appressò a colui dal quale doveva cominciare, cioè a Pietro; e allora Pietro rimase senza fiato, come sarebbe rimasto senza fiato qualsiasi altro di loro, e disse: Signore, tu lavare i piedi a me? Tu? A me? E' meglio meditare che tentare di spiegare queste parole, nel timore che la lingua sia incapace di esprimere quanto l'anima è riuscita a concepire.

[La protesta di Pietro.]

2. Ma Gesù risponde, e gli dice: Ciò che io faccio, tu adesso non lo comprendi: lo comprenderai dopo. E tuttavia, sgomento per l'altezza di quel gesto del Signore, Pietro non lascia fare ciò di cui ancora non comprende il motivo: ancora non accetta, ancora non tollera che Cristo si umili ai suoi piedi. Non mi laverai - gli dice - i piedi in eterno. Che significa in eterno? Significa: mai accetterò, mai sopporterò, mai permetterò una cosa simile. Si dice infatti che una cosa non accadrà in eterno se non accadrà mai. Allora il Salvatore vince la riluttanza del malato spaventandolo col pericolo che corre la sua salute. Gli risponde: Se non ti laverò, non avrai parte con me. Gli dice: Se non ti laverò, pur trattandosi soltanto dei piedi, così come si usa dire: "mi calpesti", quando soltanto i piedi vengono calpestati. Ma Pietro combattuto fra l'amore e il timore, spaventato più all'idea di perdere Cristo che di vederselo umiliato ai suoi piedi, Signore - dice - non soltanto i piedi, ma anche le mani e il capo! (Gv 13, 7-9). Cioè, davanti a questa minaccia, io ti do da lavare tutte le mie membra; non solo non ti sottraggo più quelle inferiori, ma ti presento altresì quelle superiori. Purché tu non mi rifiuti di aver parte con te, non ti rifiuto nessuna parte del mio corpo che tu voglia lavare.

3. Gli risponde Gesù: Chi si è lavato, non ha bisogno che di lavarsi i piedi; ed è tutto mondo (Gv 13, 10). Può darsi che qualcuno colpito, si domandi: Se è del tutto mondo, che bisogno ha di lavarsi i piedi? Il Signore però sapeva quel che diceva, anche se la nostra debolezza non riesce a penetrare i suoi segreti. Tuttavia, nella misura che egli si degna istruirci ed educarci con la sua legge, per quel poco che mi è dato di capire e di esprimere, tenterò con il suo aiuto, di dare una risposta a questo problema profondo. Anzitutto non mi è difficile dimostrare che nelle parole del Signore non vi sono contraddizioni. Non si può forse dire, parlando correttamente, che uno è del tutto mondo eccetto che nei piedi? Sarebbe più elegante dire: è del tutto mondo, ma non i piedi; il che è lo stesso. E' questo che il Signore dice: Non ha bisogno che di lavarsi i piedi, perché è del tutto mondo. Vale a dire: è interamente pulito, eccetto i piedi, oppure: ha bisogno di lavarsi soltanto i piedi.

4. Ma perché questa frase? che vuol dire? e perché è necessario ricercarne il significato? E' il Signore che così si esprime, è la verità che parla: anche chi è pulito ha bisogno di lavarsi i piedi. A che cosa vi fa pensare, fratelli miei? A che cosa se non a questo, che l'uomo nel santo battesimo è lavato tutto intero compresi i piedi, tutto completamente; ma siccome poi deve vivere nella condizione umana, non può fare a meno di calcare con i piedi la terra? Gli stessi affetti umani, di cui non si può fare a meno in questa vita mortale, sono come i piedi con cui ci mescoliamo alle cose terrene; talmente che, se ci dicessimo immuni dal peccato, inganneremmo noi stessi e la verità non sarebbe in noi (cf. 1 Io 1, 8). Ogni giorno ci lava i piedi colui che intercede per noi (cf. Rm 8, 34); e ogni giorno noi abbiamo bisogno di lavarci i piedi, cioè di raddrizzare i nostri passi sulla via dello spirito, come confessiamo quando nell'orazione del Signore diciamo: Rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori (Mt 6, 12). Se infatti - come sta scritto - confessiamo i nostri peccati, colui che lavò i piedi ai suoi discepoli senza dubbio è fedele e giusto da rimetterceli e purificarci da ogni iniquità (1 Io 1, 9), cioè da purificarci anche i piedi con cui camminiamo sulla terra.

[Cristo purifica la sua Chiesa.]

5. La Chiesa dunque, che Cristo purifica con il lavacro dell'acqua mediante la parola, è senza macchia e senza rughe (cf. Ef 5, 26-27) in coloro che subito dopo il lavacro di rigenerazione vengono sottratti al contagio di questa vita, cosicché, non calpestando la terra, non hanno bisogno di lavarsi i piedi; non solo: lo è pure in coloro ai quali la misericordia del Signore ha concesso di emigrare da questo mondo anche con i piedi lavati. Ma anche ammesso che la Chiesa sia pura in coloro che dimorando in terra vivono degnamente, questi tuttavia hanno bisogno di lavarsi i piedi, non essendo del tutto senza peccato. Perciò il Cantico dei Cantici dice: Mi son lavati i piedi; dovrò ancora sporcarmeli? (Ct 5, 3). La Sposa dice così in quanto, per raggiungere Cristo, deve camminare sulla terra. Si presenta qui un'altra difficoltà. Cristo non è forse lassù in alto? Non è forse asceso in cielo, dove siede alla destra del Padre? Non esclama l'Apostolo: Se siete risuscitati con Cristo, cercate le cose che stanno in alto, dove si trova Cristo assiso alla destra di Dio; abbiate la mente alle cose dell'alto, non a quelle della terra (Col 3, 1-2)? Come mai allora, per raggiungere Cristo, siamo costretti a camminare coi piedi in terra, dal momento che occorre piuttosto avere il cuore in alto verso il Signore, per poter essere sempre con lui? Vedete bene, o fratelli, che oggi non abbiamo il tempo per affrontare con calma una tale questione. Anche se voi non ve ne rendete conto, io vedo che occorre un serio approfondimento. Perciò vi chiedo di rimandarla piuttosto che trattare la questione con fretta e superficialmente, non defraudando ma rinviando la vostra attesa. Il Signore, che oggi ci fa vostri debitori, ci concederà di pagare il debito.


Viaggio alla città del fuoco

I sogni di don Bosco - San Giovanni Bosco

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La sera del 3 maggio 1868 Don Bosco ripigliò il racconto di quanto aveva visto nei sogni di quei giorni.
S’introdusse così: « Debbo raccontarvi un altro sogno che si può dire conseguenza dei precedenti. Questi sogni mi lasciarono affranto in modo da non poter più reggere. Vi ho detto di un rospo spaventevole che nella notte del 17 aprile minacciava di ingoiarmi e che, al suo scomparire, udii questa voce: “Perché non parli?”. Io mi volsi dalla parte donde era partita la voce e vidi a fianco del mio letto un personaggio distinto (la Guida).
— E che cosa devo dire? — gli chiesi.
— Ciò che hai visto e ti fu detto negli ultimi sogni e quel di più che ti sarà svelato la notte ventura».
Don Bosco continua dicendo che lo riempiva di terrore l’idea di dover vedere ancora altri spettacoli paurosi e che non si decise di andare a letto se non dopo la mezzanotte. Ed ecco che, appena addormentato, la solita Guida si avvicina al suo letto e gli intima:
— Alzati e vieni con me.
Lo condusse in una pianura vastissima e arida, un vero deserto senza un filo d’acqua. Fu un viaggio lungo e triste, anche se la strada per cui si inoltrarono era bella, larga, spaziosa e ben selciata. La fiancheggiavano due magnifiche siepi verdi coperte di bellissimi fiori. A prima vista sembrava una strada pianeggiante, ma in realtà scendeva; e Don Bosco e la Guida camminavano con una rapidità tale che sembrava loro di volare.
«Dietro di noi — racconta Don Bosco — vidi tutti i giovani del l’Oratorio con moltissimi compagni da me mai veduti. Mentre avanzavano, vidi che or l’uno or l’altro cadevano ed erano immediatamente trascinati da una forza invisibile verso una paurosa discesa, che s’intravedeva in lontananza. Domandai alla mia Guida:
— Che cosa è che fa cadere questi giovani?
— Avvicinati un po’ di più.

Vidi allora che i giovani passavano fra molti lacci, alcuni stesi rasente a terra, altri sospesi in aria all’altezza del capo. Erano quasi invisibili, perciò molti giovani restavano presi a quei lacci: chi per la testa, chi per il collo, chi per le mani, chi per un braccio, chi per una gamba, chi per i fianchi. Non appena si stringeva il laccio, venivano all’istante trascinati giù.
Volli esaminarne uno e lo tirai verso di me; ma non potendo smuoverlo, decisi di seguire il filo fino al capo legato in qualche posto o tenuto da qualcuno. Giunsi così sulla soglia di una orribile caverna e avendo ancora dato uno strattone al filo, vidi uscire un brutto e grande mostro che faceva ribrezzo. Con i suoi unghioni teneva l’estremità di una fune, alla quale erano legati tutti quei lacci.
Impressionato da quella visione, ritornai presso la mia Guida, la quale mi disse:
— Ora sai chi è che trascina i giovani nel precipizio.
— Oh, sì che lo so! È il demonio che tende quei lacci per far cadere i miei giovani nell’inferno.
Mi accorsi allora che ogni laccio portava una scritta: superbia, disubbidienza, invidia, impurità, furto, gola, accidia, ira, ecc. Notai pure che i lacci che facevano maggiori vittime erano quelli dell’impurità, della disubbidienza e della superbia. A quest’ultimo erano legati gli altri due.
Molti giovani sapevano però fortunatamente evitare la presa del laccio; altri poi se ne liberavano passando accanto a coltelli infissi nel terreno, che tagliavano o rompevano il laccio. Erano simbolo della Confessione, della preghiera e di altre virtù o devozioni. Due grandi spade rappresentavano la devozione a Gesù Sacramentato e a Maria Santissima».
A questo punto Don Bosco racconta che proseguì il cammino, sempre più aspro, per una via che scendeva sempre più ripida e scoscesa, sparsa di buche, di ciottoli e di macigni. Ed ecco comparire in fondo un edificio immenso e tenebroso. Sopra una porta altissima c’era una scritta spaventosa: «Qui non c’è redenzione». Erano giunti alle porte dell’inferno.
— Guarda! — gli gridò a un tratto la Guida afferrandolo per un braccio.
«Tremante — afferma il Santo —, volsi gli occhi in su e vidi a gran distanza uno che scendeva precipitosamente. Di mano in mano che scendeva, riuscivo a distinguerne la fisionomia; era uno dei miei giovani. I capelli scarmigliati, parte ritti sul capo, parte svolazzanti indietro; le braccia tese in avanti, come per proteggersi nella caduta. Voleva fermarsi e non poteva. Io volevo correre ad aiutarlo, a porgergli una mano salvatrice, ma la Guida non me lo permise:
— Credi — mi disse — di poter fermare uno che fugge dall’ira di Dio?
Intanto quel giovane, guardando indietro con occhi folli di terrore, andò a sbattere contro la porta di bronzo, che si spalancò. Dietro di essa se ne aprirono contemporaneamente, con un lungo boato assordante, due, dieci, cento, mille altre, spinte dall’urto del giovane, trasportato come da un turbine invisibile, irresistibile, velocissimo. Tutte quelle porte di bronzo per un istante rimasero aperte, e io vidi in fondo, lontanissimo, come una bocca di fornace, e da quella voragine, mentre il giovane sprofondava, sollevarsi globi di fuoco. Le porte tornarono a chiudersi con la stessa rapidità con la quale si erano aperte. Ed ecco precipitare altri tre giovani delle nostre case, che rotolavano rapidissimi come tre macigni, uno dietro l’altro. Avevano le braccia aperte e urlavano per lo spavento. Giunsero in fondo e andarono a sbattere contro la prima porta che si aperse, e dietro di essa le altre mille.
Molti altri caddero. Un poveretto venne spinto a urtoni da un perfido compagno. Io li chiamavo affannosamente, ma essi non mi udivano. — Ecco una causa principale di tante dannazioni! — esclamò la mia Guida —. I compagni, i libri cattivi, le abitudini perverse.
Vedendone cadere tanti, esclamai con accento disperato:
— Ma dunque è inutile che noi lavoriamo nei nostri collegi, se tanti giovani fanno questa fine!
La Guida rispose:
— Questo è il loro stato attuale e se morissero verrebbero senz’altro qui».
In quel momento Don Bosco vide precipitare un altro gruppo di giovani e quelle porte restarono aperte per un istante. — Vieni dentro anche tu — gli disse la Guida —; imparerai tante cose.
Entrarono in quello stretto e orribile corridoio e giunsero a un tetro e brutto sportello sul quale era scritto: «Ibuni impii in ignem aeternum» (gli empi andranno al fuoco eterno).

La Guida prese per mano Don Bosco, aperse lo sportello e lo introdusse. «Lo spettacolo che mi si offerse — racconta Don Bosco — mi gettò in preda a un terrore indescrivibile. Una specie di immensa caverna andava perdendosi in anfrattuosità incavate nelle viscere dei monti, tutte piene di fuoco, non già come noi lo vediamo sulla terra con le fiamme guizzanti, ma tale che tutto là dentro era arroventato e bianco per il grande calore. Mura, volta, pavimento, ferro, pietre, legno, carbone, tutto era bianco e smagliante. Certo quel fuoco sorpassava mille e mille gradi di calore; e non inceneriva nulla, non consumava nulla. Mi mancano le parole per descrivervi quella spelonca in tutta la sua spaventosa realtà.
Mentre guardavo atterrito, ecco da un varco venire a tutta furia un giovane che, mandando un urlo acutissimo, precipita nel mezzo, si fa bianco come tutta la caverna, e resta immobile, mentre risuona ancora per un istante l’eco della sua voce morente. Pieno di orrore guardai quel giovane e mi parve uno dell’Oratorio, uno dei miei figliuoli.
— Ma costui non è uno dei miei giovani, non è il tale? — chiesi alla Guida.
— Purtroppo sì — mi rispose.
Dopo questo arrivarono altri, e il loro numero aumentava sempre più, e tutti mandavano lo stesso grido e diventavano immobili, arroventati, come coloro che li avevano preceduti.
Cresceva in me lo spavento e chiesi alla mia Guida:
— Ma costoro non lo sanno che vengono qui?
— Oh, sì che lo sanno di andare al fuoco eterno; furono avvisati mille volte, ma cadono qui, e volontariamente, per il peccato che non vollero abbandonare. Essi disprezzarono e respinsero la misericordia di Dio, che li chiamava incessantemente a pentimento.
— Quale deve essere la disperazione di questi disgraziati che non hanno più speranza di uscirne! — esclamai.
Allora la Guida mi ordinò:
— Ora bisogna che vada anche tu in mezzo a quella regione di fuoco che hai visto!
— No, no! — risposi esterrefatto —. Per andare all’inferno bisogna prima andare al giudizio di Dio, e io non fui ancora giudicato. Dunque non voglio andare all’inferno!
— Dimmi — osservò la Guida —: ti pare meglio andare all’inferno e liberare i tuoi giovani, oppure startene fuori e lasciarli tra tanti strazi?
Sbalordito a questa proposta, risposi:
— Oh, i miei giovani io li amo molto e li voglio tutti salvi. Ma non potremmo fare in modo da non andare là dentro, né io né gli altri?
— Eh — mi rispose la Guida —, sei ancora in tempo, e lo sono essi pure, purché tu faccia tutto quello che puoi.
Il mio cuore si allargò e dissi subito:
— Poco importa il lavorare, purché io possa liberare da quei tormenti questi miei cari figliuoli.
— Dunque vieni dentro — proseguì la Guida.
Mi prese per mano per introdurmi nella caverna. Mi trovai subito in una grande sala con porte di cristallo. Su queste pendevano larghi veli, i quali coprivano altrettanti vani comunicanti con la caverna. La Guida mi indicò uno di quei veli sul quale era scritto: “Sesto Comandamento”, ed esclamò:
— La trasgressione di questo: ecco la causa della rovina eterna di tanti giovani.
— Ma non si sono confessati?
— Si sono confessati, ma le colpe contro la purezza le hanno confessate male o le hanno taciute affatto. Vi sono di quelli che ne hanno commesso una nella fanciullezza ed ebbero sempre vergogna a confessarla; altri non ebbero il dolore e il proponimento. Anzi taluni, invece di far l’esame, studiavano il modo di ingannare il confessore. E ora vuoi vedere perché la misericordia di Dio ti ha condotto qui?
Alzò il velo e io vidi un gruppo di giovani dell’Oratorio che conoscevo, condannati per quella colpa. Fra essi ce n’erano di quelli che ora tengono buona condotta.
— Che cosa devo dir loro per aiutarli a salvarsi?
— Predica dappertutto contro l’impurità.
Vedemmo allo stesso modo altri giovani condannati per altri peccati. Poi la Guida mi fece uscire da quella sala. Attraversato in un attimo quel lungo corridoio d’entrata, prima di lasciare la soglia dell’ultima porta di bronzo, si volse di nuovo a me ed esclamò:
— Adesso che hai veduto i tormenti degli altri, bisogna che anche tu provi un poco l’inferno. Prova a toccare questa muraglia.
Io non ne avevo il coraggio e volevo allontanarmi, ma egli mi trattenne dicendo:
— Eppure bisogna che tu provi!
Mi afferrò risolutamente il braccio e mi trasse vicino al muro continuando a dire:
— Una volta sola toccala, almeno per poter capire che cosa sarà dell’ultima muraglia, se così terribile è la prima. Vedi questo muro? È il millesimo prima di giungere dov’è il vero fuoco dell’inferno. Sono mille i muri che lo circondano. Ogni muro è di mille misure di spessore e distano l’uno dall’altro mille miglia; è distante quindi un milione di miglia dal vero fuoco dell’inferno, e per ciò è un minimo principio dell’inferno stesso.
Ciò detto, afferrò la mia mano, l’aperse per forza e me la fece battere sulla pietra di quest’ultimo millesimo muro. In quell’istante sentii un bruciore così intenso e doloroso che, balzando indietro e mandando un fortissimo grido, mi svegliai.
Mi trovai seduto sul letto, e sembrandomi che la mia mano mi bruciasse, la stropicciavo con l’altra per far passare quella sensazione. Fattosi giorno, osservai che la mano era realmente gonfia e in seguito la pelle della palma della mano si staccò e si cambiò».

Don Bosco concluse: «Notate che io non vi ho detto queste cose in tutto il loro orrore, nel modo come le vidi e come mi fecero impressione, per non spaventarvi troppo. Per più notti in appresso non ho più potuto addormentarmi a causa dello spavento pro vato».
C’è chi, per non urtare la sensibilità moderna, fa del Vangelo un ‘antologia dolciastra, scegliendo i passi da cui risulta la bontà infinita di Dio ed eliminando quelli che parlano della sua giustizia, pure infinita. Ma « Cristo ieri, oggi e nei secoli». E Gesù non ha fatto così; la Madonna a Fatima non ha fatto così; Don Bosco non ha fatto così. Lo Spirito Santo presenta i «Novissimi» come efficace antidoto contro il peccato: «Ricorda le tue ultime realtà (morte, giudizio, inferno, paradiso), e non peccherai in eterno » (Siracide 7,36).


4 dicembre 1945

Maria Valtorta

 [Precede il capitolo 350 dell'opera L'EVANGELO]
 

   Santa Martina.
   Sono le ore 20. Vengo invasa da una letizia soprannaturale talmente viva che ha già sapore d'estasi. Non so da che provenga perché non ne ho nessun motivo. Sono stanca, piena di dolori, sbalordita perché ho dovuto parlare molto e sentire anche cose tutt'altro che letificanti: rovine di spiriti… Figurarsi se ne ho sofferto. Eppure viene questa gioia così viva… così viva.
   Poi ecco apparirmi un luogo in muratura: grosse muraglie oscure, umide mi pare, sono color caffè molto chiaro o mota molto scura. Il luogo è come una rotonda dalla quale partono corridoi. Dico corridoi perché non si vede il cielo, c'è un soffitto alto e scuro come le muraglie a larghe pietre squadrate come erano al Tullianum1.
   Proprio al centro della rotonda mi appare una creatura. Una poco più che fanciulla. Avrà un 12 anni al massimo, ed è anche meno sviluppata, nel corpo, di S. Agnese, dalla quale differisce anche perché è, oltre che più piccola, bruna di capelli e dalla epidermide pure di un bianco brunetto. Ha due larghi e dolcissimi occhi neri, un poco tristi, come stanchi, quasi avessero molto sofferto, o appartenessero a chi ha molto sofferto. Ed ha un mite sorriso, dolcissimo, e anche esso un po' triste. Ha una veste tutta bianca, di lino, molto sciolta, senza cintura, le maniche fino al gomito, e ne escono due ben torniti avambracci terminanti in due mani piccole, brunette, incrociate sul petto. La figura è luminosa ma non troppo. Non è una fulgida figura di beata. È una mite apparizione, eppure è luminosa, di una luce di stella dentro ad un leggero velo di nebbia. Ma mi attira perché è una luce di una soavità pura che dà pace e letizia. Il contrasto con le muraglie oscure è vivissimo. Mi guarda e sorride.
   Dietro alle sue spalle, corrono via degli uomini in corte vesti gial­lo bigie. Quattro vanno verso nord, verso una luce appena visibile e lontana come se l'alto corridoio finisse in un luogo aperto, gli altri vanno verso sud in una tenebra più fitta, tanto che non comprendo esattamente quanti sono. Comprendo invece che la fanciulla è una martire, perché ha una piccola palma stretta sul petto, fra le brac­cia incrociate, una palma bianca, oso dire spiritualizzata, così come lo è il lino della tunica che è più immateriale e splendido del lino an­che più bello.
   Ma non so chi sia e le chiedo: "Chi sei?". Mi risponde: "Martina. E questo è il luogo dove molto ho sofferto. Uno dei luoghi. Perché ho sofferto molto. Tanti martirii prima della spada. E quelli che fuggono sono coloro che mi hanno martirizzata. Chi va verso la luce sono coloro che ho salvato col mio dolore e battezzato col mio sangue. Gli altri quelli che non si sono voluti convertire a Gesù. Ma ora io sono felice. Non è più il dolore. Per venire alla gloria occorre tutto soffrire. Ricòrdati: sono Martina… e vengo chiamata anche particolarmente nelle invocazioni della Chiesa. Oh! che Gesù è buono! E per poco dolore dà tanta gioia e tanto potere! Addio. Ti sono amica. Tu non ti ricordi di me. Eppure mi hai conosciuta e amata quando eri fanciulla della mia età. Io, però, ti ho sempre amata, insieme ad Agnese. La luce del Paradiso splenda sempre in te e ti aiuti a portare alla Luce tante anime. Addio. Tieni. Ti aspergo dei miei balsami".
   E agita la palma verso di me, poi rinchiude sul petto le braccia e mi svanisce con un canto soave, immateriale, non ripetibile, e tutto sfolgora del tetro luogo mentre essa se ne va lasciando solo per ricordo di lei un gran profumo inqualificabile.
   Prendo il Messale: 4 righe su S. Martina2 al 30 gennaio. Guardo un vecchio libro di preghiere. Non è neppure nominata. Cerco nella memoria… nulla. Buio storico completo. Mi resta però la sua amicizia, il suo sguardo, il suo sorriso, il profumo dei suoi balsami. E la letizia di prima dura e mi porta in su, molto in su…
 

   [Seguono, in data 5 e 6 dicembre 1945, il capitolo 351 e alcune parti (brani da 1 a 4 e da 10 a 17) del capitolo 352 dell'opera L'EVANGELO]
           


   1 Tullianum, "visto" il 29 febbraio 1944.
           
   2 S. Martina, che si commemora il 30 gennaio, è una martire di Roma di cui si hanno scarse e insicure notizie, anche se le fu dedicata una chiesa edificata tra le rovine del Foro romano. Per S. Agnese, menzionata sopra, rimandiamo alle "visioni" del 13 e 20 gennaio 1944.