Liturgia delle Ore - Letture
Lunedi della 2° settimana del Tempo di Pasqua
Vangelo secondo Luca 24
1Il primo giorno dopo il sabato, di buon mattino, si recarono alla tomba, portando con sé gli aromi che avevano preparato.2Trovarono la pietra rotolata via dal sepolcro;3ma, entrate, non trovarono il corpo del Signore Gesù.4Mentre erano ancora incerte, ecco due uomini apparire vicino a loro in vesti sfolgoranti.5Essendosi le donne impaurite e avendo chinato il volto a terra, essi dissero loro: "Perché cercate tra i morti colui che è vivo?6Non è qui, è risuscitato. Ricordatevi come vi parlò quando era ancora in Galilea,7dicendo che bisognava che il Figlio dell'uomo fosse consegnato in mano ai peccatori, che fosse crocifisso e risuscitasse il terzo giorno".8Ed esse si ricordarono delle sue parole.
9E, tornate dal sepolcro, annunziarono tutto questo agli Undici e a tutti gli altri.10Erano Maria di Màgdala, Giovanna e Maria di Giacomo. Anche le altre che erano insieme lo raccontarono agli apostoli.11Quelle parole parvero loro come un vaneggiamento e non credettero ad esse.
12Pietro tuttavia corse al sepolcro e chinatosi vide solo le bende. E tornò a casa pieno di stupore per l'accaduto.
13Ed ecco in quello stesso giorno due di loro erano in cammino per un villaggio distante circa sette miglia da Gerusalemme, di nome Èmmaus,14e conversavano di tutto quello che era accaduto.15Mentre discorrevano e discutevano insieme, Gesù in persona si accostò e camminava con loro.16Ma i loro occhi erano incapaci di riconoscerlo.17Ed egli disse loro: "Che sono questi discorsi che state facendo fra voi durante il cammino?". Si fermarono, col volto triste;18uno di loro, di nome Clèopa, gli disse: "Tu solo sei così forestiero in Gerusalemme da non sapere ciò che vi è accaduto in questi giorni?".19Domandò: "Che cosa?". Gli risposero: "Tutto ciò che riguarda Gesù Nazareno, che fu profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo;20come i sommi sacerdoti e i nostri capi lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e poi l'hanno crocifisso.21Noi speravamo che fosse lui a liberare Israele; con tutto ciò son passati tre giorni da quando queste cose sono accadute.22Ma alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti; recatesi al mattino al sepolcro23e non avendo trovato il suo corpo, son venute a dirci di aver avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo.24Alcuni dei nostri sono andati al sepolcro e hanno trovato come avevan detto le donne, ma lui non l'hanno visto".
25Ed egli disse loro: "Sciocchi e tardi di cuore nel credere alla parola dei profeti!26Non bisognava che il Cristo sopportasse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?".27E cominciando da Mosè e da tutti i profeti spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui.28Quando furon vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano.29Ma essi insistettero: "Resta con noi perché si fa sera e il giorno già volge al declino". Egli entrò per rimanere con loro.30Quando fu a tavola con loro, prese il pane, disse la benedizione, lo spezzò e lo diede loro.31Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma lui sparì dalla loro vista.32Ed essi si dissero l'un l'altro: "Non ci ardeva forse il cuore nel petto mentre conversava con noi lungo il cammino, quando ci spiegava le Scritture?".33E partirono senz'indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro,34i quali dicevano: "Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone".35Essi poi riferirono ciò che era accaduto lungo la via e come l'avevano riconosciuto nello spezzare il pane.
36Mentre essi parlavano di queste cose, Gesù in persona apparve in mezzo a loro e disse: "Pace a voi!".37Stupiti e spaventati credevano di vedere un fantasma.38Ma egli disse: "Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore?39Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa come vedete che io ho".40Dicendo questo, mostrò loro le mani e i piedi.41Ma poiché per la grande gioia ancora non credevano ed erano stupefatti, disse: "Avete qui qualche cosa da mangiare?".42Gli offrirono una porzione di pesce arrostito;43egli lo prese e lo mangiò davanti a loro.
44Poi disse: "Sono queste le parole che vi dicevo quando ero ancora con voi: bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella Legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi".45Allora aprì loro la mente all'intelligenza delle Scritture e disse:46"Così sta scritto: il Cristo dovrà patire e risuscitare dai morti il terzo giorno47e nel suo nome saranno predicati a tutte le genti la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme.48Di questo voi siete testimoni.49E io manderò su di voi quello che il Padre mio ha promesso; ma voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall'alto".
50Poi li condusse fuori verso Betània e, alzate le mani, li benedisse.51Mentre li benediceva, si staccò da loro e fu portato verso il cielo.52Ed essi, dopo averlo adorato, tornarono a Gerusalemme con grande gioia;53e stavano sempre nel tempio lodando Dio.
Numeri 1
1Il Signore parlò a Mosè, nel deserto del Sinai, nella tenda del convegno, il primo giorno del secondo mese, il secondo anno dell'uscita dal paese d'Egitto, e disse:2"Fate il censimento di tutta la comunità degli Israeliti, secondo le loro famiglie, secondo il casato dei loro padri, contando i nomi di tutti i maschi, testa per testa,3dall'età di venti anni in su, quanti in Israele possono andare in guerra; tu e Aronne ne farete il censimento, schiera per schiera.4A voi si associerà un uomo per ciascuna tribù, un uomo che sia capo del casato dei suoi padri.
5Questi sono i nomi degli uomini che vi assisteranno. Di Ruben: Elisur, figlio di Sedeur;6di Simeone: Selumiel, figlio di Surisaddai;7di Giuda: Nacason, figlio di Amminadab;8di Issacar: Netanaeel, figlio di Suar;9di Zàbulon: Eliab, figlio di Chelon;10dei figli di Giuseppe, per Efraim: Elisama, figlio di Ammiud; per Manasse: Gamliel, figlio di Pedasur;11di Beniamino: Abidan, figlio di Ghideoni;12di Dan: Achiezer, figlio di Ammisaddai;13di Aser: Paghiel, figlio di Ocran;14di Gad: Eliasaf, figlio di Deuel;15di Nèftali: Achira, figlio di Enan".16Questi furono i prescelti della comunità, erano i capi delle loro tribù paterne, i capi delle migliaia d'Israele.17Mosè e Aronne presero questi uomini che erano stati designati per nome18e convocarono tutta la comunità, il primo giorno del secondo mese; furono registrati secondo le famiglie, secondo i loro casati paterni, contando il numero delle persone dai venti anni in su, uno per uno.19Come il Signore gli aveva ordinato, Mosè ne fece il censimento nel deserto del Sinai.
20Figli di Ruben, primogenito d'Israele, loro discendenti secondo le loro famiglie, secondo i loro casati paterni, contando i nomi di tutti i maschi, uno per uno, dall'età di vent'anni in su, quanti potevano andare in guerra:21i registrati della tribù di Ruben risultarono quarantaseimilacinquecento.
22Figli di Simeone, loro discendenti secondo le loro famiglie, secondo i loro casati paterni, contando i nomi di tutti i maschi, uno per uno, dall'età di vent'anni in su, quanti potevano andare in guerra:23i registrati della tribù di Simeone risultarono cinquantanovemilatrecento.
24Figli di Gad, loro discendenti secondo le loro famiglie, secondo i loro casati paterni, contando i nomi di quelli dall'età di vent'anni in su, quanti potevano andare in guerra:25i registrati della tribù di Gad risultarono quarantacinquemilaseicentocinquanta.
26Figli di Giuda, loro discendenti secondo le loro famiglie, secondo i loro casati paterni, contando i nomi di quelli dall'età di vent'anni in su, quanti potevano andare in guerra:27i registrati della tribù di Giuda risultarono settantaquattromilaseicento.
28Figli di Issacar, loro discendenti secondo le loro famiglie, secondo i loro casati paterni, contando i nomi di quelli dall'età di vent'anni in su, quanti potevano andare in guerra:29i registrati della tribù di Issacar risultarono cinquantaquattromilaquattrocento.
30Figli di Zàbulon, loro discendenti secondo le loro famiglie, secondo i loro casati paterni, contando i nomi di quelli dall'età di vent'anni in su, quanti potevano andare in guerra:31i registrati della tribù di Zàbulon risultarono cinquantasettemilaquattrocento.
32Figli di Giuseppe: figli di Efraim, loro discendenti secondo le loro famiglie, secondo i loro casati paterni, contando i nomi di quelli dall'età di vent'anni in su, quanti potevano andare in guerra:33i registrati della tribù di Efraim risultarono quarantamilacinquecento.
34Figli di Manasse, loro discendenti secondo le loro famiglie, secondo i loro casati paterni, contando i nomi di quelli dall'età di vent'anni in su, quanti potevano andare in guerra:35della tribù di Manasse i registrati risultarono trentaduemiladuecento.
36Figli di Beniamino, loro discendenti secondo le loro famiglie, secondo i loro casati paterni, contando i nomi di quelli dall'età di vent'anni in su, quanti potevano andare in guerra:37i registrati della tribù di Beniamino risultarono trentacinquemilaquattrocento.
38Figli di Dan, loro discendenti secondo le loro famiglie, secondo i loro casati paterni, contando i nomi di quelli dall'età di vent'anni in su, quanti potevano andare in guerra:39i registrati della tribù di Dan risultarono sessantaduemilasettecento.
40Figli di Aser, loro discendenti secondo le loro famiglie, secondo i loro casati paterni, contando i nomi di quelli dall'età di vent'anni in su, quanti potevano andare in guerra:41i registrati della tribù di Aser risultarono quarantunmilacinquecento.
42Figli di Nèftali, loro discendenti secondo le loro famiglie, secondo i loro casati paterni, contando i nomi di quelli dall'età di vent'anni in su, quanti potevano andare in guerra:43i registrati della tribù di Nèftali risultarono cinquantatremilaquattrocento.
44Di quelli Mosè e Aronne fecero il censimento, con i dodici uomini capi d'Israele: ce n'era uno per ciascuno dei loro casati paterni.45Tutti gli Israeliti dei quali fu fatto il censimento secondo i loro casati paterni, dall'età di vent'anni in su, cioè tutti gli uomini che in Israele potevano andare in guerra,46quanti furono registrati risultarono seicentotremilacinquecentocinquanta.47Ma quanti erano leviti, secondo la loro tribù paterna, non furono registrati insieme con gli altri.
48Il Signore disse a Mosè:49"Della tribù di Levi non farai il censimento e non unirai la somma a quella degli Israeliti;50ma incarica tu stesso i leviti del servizio della Dimora della testimonianza, di tutti i suoi accessori e di quanto le appartiene. Essi porteranno la Dimora e tutti i suoi accessori, vi presteranno servizio e staranno accampati attorno alla Dimora.51Quando la Dimora dovrà partire, i leviti la smonteranno; quando la Dimora dovrà accamparsi in qualche luogo, i leviti la erigeranno; ogni estraneo che si avvicinerà sarà messo a morte.52Gli Israeliti pianteranno le tende ognuno nel suo campo, ognuno vicino alla sua insegna, secondo le loro schiere.53Ma i leviti pianteranno le tende attorno alla Dimora della testimonianza; così la mia ira non si accenderà contro la comunità degli Israeliti. I leviti avranno la cura della Dimora".54Gli Israeliti si conformarono in tutto agli ordini che il Signore aveva dato a Mosè e così fecero.
Salmi 109
1'Al maestro del coro. Di Davide. Salmo.'
Dio della mia lode, non tacere,
2poiché contro di me si sono aperte
la bocca dell'empio e dell'uomo di frode;
parlano di me con lingua di menzogna.
3Mi investono con parole di odio,
mi combattono senza motivo.
4In cambio del mio amore mi muovono accuse,
mentre io sono in preghiera.
5Mi rendono male per bene
e odio in cambio di amore.
6Suscita un empio contro di lui
e un accusatore stia alla sua destra.
7Citato in giudizio, risulti colpevole
e il suo appello si risolva in condanna.
8Pochi siano i suoi giorni
e il suo posto l'occupi un altro.
9I suoi figli rimangano orfani
e vedova sua moglie.
10Vadano raminghi i suoi figli, mendicando,
siano espulsi dalle loro case in rovina.
11L'usuraio divori tutti i suoi averi
e gli estranei faccian preda del suo lavoro.
12Nessuno gli usi misericordia,
nessuno abbia pietà dei suoi orfani.
13La sua discendenza sia votata allo sterminio,
nella generazione che segue sia cancellato il suo nome.
14L'iniquità dei suoi padri sia ricordata al Signore,
il peccato di sua madre non sia mai cancellato.
15Siano davanti al Signore sempre
ed egli disperda dalla terra il loro ricordo.
16Perché ha rifiutato di usare misericordia
e ha perseguitato il misero e l'indigente,
per far morire chi è affranto di cuore.
17Ha amato la maledizione: ricada su di lui!
Non ha voluto la benedizione: da lui si allontani!
18Si è avvolto di maledizione come di un mantello:
è penetrata come acqua nel suo intimo
e come olio nelle sue ossa.
19Sia per lui come vestito che lo avvolge,
come cintura che sempre lo cinge.
20Sia questa da parte del Signore
la ricompensa per chi mi accusa,
per chi dice male contro la mia vita.
21Ma tu, Signore Dio,
agisci con me secondo il tuo nome:
salvami, perché buona è la tua grazia.
22Io sono povero e infelice
e il mio cuore è ferito nell'intimo.
23Scompaio come l'ombra che declina,
sono sbattuto come una locusta.
24Le mie ginocchia vacillano per il digiuno,
il mio corpo è scarno e deperisce.
25Sono diventato loro oggetto di scherno,
quando mi vedono scuotono il capo.
26Aiutami, Signore mio Dio,
salvami per il tuo amore.
27Sappiano che qui c'è la tua mano:
tu, Signore, tu hai fatto questo.
28Maledicano essi, ma tu benedicimi;
insorgano quelli e arrossiscano,
ma il tuo servo sia nella gioia.
29Sia coperto di infamia chi mi accusa
e sia avvolto di vergogna come d'un mantello.
30Alta risuoni sulle mie labbra la lode del Signore,
lo esalterò in una grande assemblea;
31poiché si è messo alla destra del povero
per salvare dai giudici la sua vita.
Salmi 136
1Alleluia.
Lodate il Signore perché è buono:
perché eterna è la sua misericordia.
2Lodate il Dio degli dèi:
perché eterna è la sua misericordia.
3Lodate il Signore dei signori:
perché eterna è la sua misericordia.
4Egli solo ha compiuto meraviglie:
perché eterna è la sua misericordia.
5Ha creato i cieli con sapienza:
perché eterna è la sua misericordia.
6Ha stabilito la terra sulle acque:
perché eterna è la sua misericordia.
7Ha fatto i grandi luminari:
perché eterna è la sua misericordia.
8Il sole per regolare il giorno:
perché eterna è la sua misericordia;
9la luna e le stelle per regolare la notte:
perché eterna è la sua misericordia.
10Percosse l'Egitto nei suoi primogeniti:
perché eterna è la sua misericordia.
11Da loro liberò Israele:
perché eterna è la sua misericordia;
12con mano potente e braccio teso:
perché eterna è la sua misericordia.
13Divise il mar Rosso in due parti:
perché eterna è la sua misericordia.
14In mezzo fece passare Israele:
perché eterna è la sua misericordia.
15Travolse il faraone e il suo esercito nel mar Rosso:
perché eterna è la sua misericordia.
16Guidò il suo popolo nel deserto:
perché eterna è la sua misericordia.
17Percosse grandi sovrani
perché eterna è la sua misericordia;
18uccise re potenti:
perché eterna è la sua misericordia.
19Seon, re degli Amorrei:
perché eterna è la sua misericordia.
20Og, re di Basan:
perché eterna è la sua misericordia.
21Diede in eredità il loro paese;
perché eterna è la sua misericordia;
22in eredità a Israele suo servo:
perché eterna è la sua misericordia.
23Nella nostra umiliazione si è ricordato di noi:
perché eterna è la sua misericordia;
24ci ha liberati dai nostri nemici:
perché eterna è la sua misericordia.
25Egli dà il cibo ad ogni vivente:
perché eterna è la sua misericordia.
26Lodate il Dio del cielo:
perché eterna è la sua misericordia.
Gioele 2
1Suonate la tromba in Sion
e date l'allarme sul mio santo monte!
Tremino tutti gli abitanti della regione
perché viene il giorno del Signore,
perché è vicino,
2giorno di tenebra e di caligine,
giorno di nube e di oscurità.
Come l'aurora, si spande sui monti
un popolo grande e forte;
come questo non ce n'è stato mai
e non ce ne sarà dopo,
per gli anni futuri di età in età.
3Davanti a lui un fuoco divora
e dietro a lui brucia una fiamma.
Come il giardino dell'Eden è la terra davanti a lui
e dietro a lui è un deserto desolato,
non resta alcun avanzo.
4Il loro aspetto è aspetto di cavalli,
come destrieri essi corrono.
5Come fragore di carri
che balzano sulla cima dei monti,
come crepitìo di fiamma avvampante
che brucia la stoppia, come un popolo forte
schierato a battaglia.
6Davanti a loro tremano i popoli,
tutti i volti impallidiscono.
7Corrono come prodi,
come guerrieri che scalano le mura;
ognuno procede per la strada,
nessuno smarrisce la via.
8L'uno non incalza l'altro,
ognuno va per il suo sentiero.
Si gettano fra i dardi, ma non rompono le file.
9Piombano sulla città, si precipitano sulle mura,
salgono sulle case, entrano dalle finestre come ladri.
10Davanti a loro la terra trema,
il cielo si scuote,
il sole, la luna si oscurano
e le stelle cessano di brillare.
11Il Signore fa udire il tuono dinanzi alla sua schiera,
perché molto grande è il suo esercito,
perché potente è l'esecutore della sua parola,
perché grande è il giorno del Signore
e molto terribile: chi potrà sostenerlo?
12"Or dunque - parola del Signore -
ritornate a me con tutto il cuore,
con digiuni, con pianti e lamenti".
13Laceratevi il cuore e non le vesti,
ritornate al Signore vostro Dio,
perché egli è misericordioso e benigno,
tardo all'ira e ricco di benevolenza
e si impietosisce riguardo alla sventura.
14Chi sa che non cambi e si plachi
e lasci dietro a sé una benedizione?
Offerta e libazione per il Signore vostro Dio.
15Suonate la tromba in Sion,
proclamate un digiuno,
convocate un'adunanza solenne.
16Radunate il popolo, indite un'assemblea,
chiamate i vecchi,
riunite i fanciulli, i bambini lattanti;
esca lo sposo dalla sua camera
e la sposa dal suo talamo.
17Tra il vestibolo e l'altare piangano
i sacerdoti, ministri del Signore, e dicano:
"Perdona, Signore, al tuo popolo
e non esporre la tua eredità al vituperio
e alla derisione delle genti".
Perché si dovrebbe dire fra i popoli:
"Dov'è il loro Dio?".
18Il Signore si mostri geloso per la sua terra
e si muova a compassione del suo popolo.
19Il Signore ha risposto al suo popolo:
"Ecco, io vi mando il grano, il vino nuovo e l'olio
e ne avrete a sazietà;
non farò più di voi il ludibrio delle genti.
20Allontanerò da voi quello che viene dal settentrione
e lo spingerò verso una terra arida e desolata:
spingerò la sua avanguardia verso il mare d'oriente
e la sua retroguardia verso il mare occidentale.
Esalerà il suo lezzo, salirà il suo fetore,
perché ha fatto molto male.
21Non temere, terra,
ma rallegrati e gioisci,
poiché cose grandi ha fatto il Signore.
22Non temete, animali della campagna,
perché i pascoli del deserto hanno germogliato,
perché gli alberi producono i frutti,
la vite e il fico danno il loro vigore.
23Voi, figli di Sion, rallegratevi,
gioite nel Signore vostro Dio,
perché vi da' la pioggia in giusta misura,
per voi fa scendere l'acqua,
la pioggia d'autunno e di primavera, come in passato.
24Le aie si riempiranno di grano
e i tini traboccheranno di mosto e d'olio.
25"Vi compenserò delle annate
che hanno divorate la locusta e il bruco,
il grillo e le cavallette,
quel grande esercito
che ho mandato contro di voi.
26Mangerete in abbondanza, a sazietà,
e loderete il nome del Signore vostro Dio,
che in mezzo a voi ha fatto meraviglie.
27Voi riconoscerete che io sono in mezzo ad Israele,
e che sono io il Signore vostro Dio,
e non ce ne sono altri:
mai più vergogna per il mio popolo.
Prima lettera ai Corinzi 3
1Io, fratelli, sinora non ho potuto parlare a voi come a uomini spirituali, ma come ad esseri carnali, come a neonati in Cristo.2Vi ho dato da bere latte, non un nutrimento solido, perché non ne eravate capaci. E neanche ora lo siete;3perché siete ancora carnali: dal momento che c'è tra voi invidia e discordia, non siete forse carnali e non vi comportate in maniera tutta umana?
4Quando uno dice: "Io sono di Paolo", e un altro: "Io sono di Apollo", non vi dimostrate semplicemente uomini?
5Ma che cosa è mai Apollo? Cosa è Paolo? Ministri attraverso i quali siete venuti alla fede e ciascuno secondo che il Signore gli ha concesso.6Io ho piantato, Apollo ha irrigato, ma è Dio che ha fatto crescere.7Ora né chi pianta, né chi irrìga è qualche cosa, ma Dio che fa crescere.8Non c'è differenza tra chi pianta e chi irrìga, ma ciascuno riceverà la sua mercede secondo il proprio lavoro.9Siamo infatti collaboratori di Dio, e voi siete il campo di Dio, l'edificio di Dio.
10Secondo la grazia di Dio che mi è stata data, come un sapiente architetto io ho posto il fondamento; un altro poi vi costruisce sopra. Ma ciascuno stia attento come costruisce.11Infatti nessuno può porre un fondamento diverso da quello che già vi si trova, che è Gesù Cristo.12E se, sopra questo fondamento, si costruisce con oro, argento, pietre preziose, legno, fieno, paglia,13l'opera di ciascuno sarà ben visibile: la farà conoscere quel giorno che si manifesterà col fuoco, e il fuoco proverà la qualità dell'opera di ciascuno.14Se l'opera che uno costruì sul fondamento resisterà, costui ne riceverà una ricompensa;15ma se l'opera finirà bruciata, sarà punito: tuttavia egli si salverà, però come attraverso il fuoco.16Non sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi?17Se uno distrugge il tempio di Dio, Dio distruggerà lui. Perché santo è il tempio di Dio, che siete voi.
18Nessuno si illuda. Se qualcuno tra voi si crede un sapiente in questo mondo, si faccia stolto per diventare sapiente;19perché la sapienza di questo mondo è stoltezza davanti a Dio. Sta scritto infatti:
'Egli prende i sapienti per mezzo della loro astuzia'.
20E ancora:
'Il Signore sa che i disegni dei sapienti sono vani'.
21Quindi nessuno ponga la sua gloria negli uomini, perché tutto è vostro:22Paolo, Apollo, Cefa, il mondo, la vita, la morte, il presente, il futuro: tutto è vostro!23Ma voi siete di Cristo e Cristo è di Dio.
Capitolo XIV: Evitare i giudizi temerari
Leggilo nella Biblioteca1. Rivolgi gli occhi a te stesso e stai attento a non giudicare quel che fanno gli altri. In tale giudizio si lavora senza frutto; frequentemente ci si sbaglia e facilmente si cade in peccato. Invece, nel giudizio e nel vaglio di se stessi, si opera sempre fruttuosamente. Spesso giudichiamo secondo un nostro preconcetto; e così, per un nostro atteggiamento personale, perdiamo il criterio della verità. Se il nostro desiderio fosse diretto soltanto a Dio, non ci lasceremmo turbare così facilmente dalla resistenza opposta dal nostro senso umano. Di più, spesso, c'è qualcosa, già nascosto, latente in noi, o sopravveniente dall'esterno, che ci tira di qua o di là. Molti, in tutto ciò che fanno, cercano se stessi, senza neppure accorgersene. Sembrano essere in perfetta pace quando le cose vanno secondo i loro desideri e i loro gusti; se, invece, vanno diversamente, subito si agitano e si rattristano.
2. Avviene di frequente che nascono divergenze tra amici e concittadini, persino tra persone pie e devote, per diversità nel modo di sentire e di pensare. Giacché è difficile liberarsi da vecchi posizioni abituali, e nessuno si lascia tirare facilmente fuori dal proprio modo di vedere. Così, se ti baserai sui tuoi ragionamenti e sulla tua esperienza, più che sulla forza propria di Gesù Cristo, raramente e stentatamente riuscirai ad essere un uomo illuminato; Dio vuole, infatti, che noi ci sottomettiamo perfettamente a lui, e che trascendiamo ogni nostro ragionamento grazie ad un fiammeggiante amore.
DISCORSO 274 NEL NATALE DEL MARTIRE VINCENZO
Discorsi - Sant'Agostino
Leggilo nella BibliotecaVincenzo è sempre vincitore. Chi è redento dal sangue di Cristo non muore. La pazienza è dono di Dio. Piena vittoria su ogni macchinazione ostile.
1. Con gli occhi della fede abbiamo ammirato un magnifico spettacolo: il martire Vincenzo vincitore sempre. Vince a parole, vince nei tormenti, vince nella confessione, vince nella tribolazione, vince quando è arso dal fuoco, vince quando è sommerso nelle acque; vince infine nella tortura, vince da morto. Quando il suo corpo segnato dal trofeo di Cristo vincitore, dalla piccola imbarcazione veniva gettato in mare, diceva mormorando: Siamo scagliati via, ma non è la fine per noi 1. Chi ha donato una tale pazienza al suo soldato se non Colui che per primo ha dato il suo sangue per lui? A Cristo si dice nel Salmo: Poiché tu, Signore, sei la mia pazienza, Signore, tu la mia speranza fin dalla mia giovinezza 2. Un combattimento molto duro procura molta gloria, non umana né transitoria, ma divina ed eterna. È la fede a combattere e, quando è la fede a condurre la lotta, nessuno riesce ad averla vinta sul corpo. Infatti, anche se straziato, anche se lacerato, come può finire chi è stato redento dal sangue di Cristo? Un uomo potente non può perdere quanto ha comprato con il suo oro e Cristo perde quanto ha comprato con il suo sangue? Però tutto questo torna a gloria di Dio non dell'uomo. Veramente, da parte sua, l'uomo è paziente, della vera pazienza, della santa pazienza, della religiosa pazienza, della retta pazienza; la pazienza cristiana è dono di Dio. Infatti, perfino molti briganti subiscono la tortura con pazienza assai grande e, senza cedere, superano la tortura ma in seguito sono puniti con il fuoco eterno. È la causa che distingue il martire dalla pazienza, anzi, dall'ostinazione degli scellerati. La pena è la stessa, però la causa è diversa. Abbiamo cantato con la voce dei martiri (queste parole infatti aveva detto Vincenzo nelle sue preghiere): Sii tu il mio giudice, o Dio, distingui la mia causa da quella di gente non santa 3. Tutt'altra è stata riconosciuta la sua causa: evidentemente ha lottato per la verità, per la giustizia, per Dio, per Cristo, per la fede, per l'unità della Chiesa, per l'universalità dell'amore. Chi gli ha dato tale forza? Chi? Ce lo mostrerà il Salmo. È qui che vi si legge, qui che vi si canta: L'anima mia non sarà forse nelle mani di Dio? Viene da lui la mia forza 4. Chiunque è convinto che Vincenzo sia riuscito a tanto con le proprie forze sbaglia assai. Infatti, chiunque avrà avuto la presunzione di essere in grado di tanto con le proprie forze, per quanto sembri vincitore con la pazienza, è la superbia a riportare vittoria su di lui. Vincere bene vuol dire riportare vittoria su tutte le insidie. Si eccita alla concupiscenza, si vince per la continenza; si infliggono pene e tormenti, si vince con la pazienza; si insinuano errori, si vince con la sapienza. Alla fine, dopo che tutti questi incentivi saranno stati superati, ecco la provocazione per l'anima: Bene, bene, quanta forza hai mostrato? che lotta hai sostenuto? Chi può reggere nei tuoi confronti? Non è una bella vittoria? Risponda l'anima santa: Siano confusi e nel timore quanti mi dicono: Bene, bene! 5 Dunque, non vince finché non giunge a dire: La mia anima esulta nel Signore, ascoltino gli umili e si rallegrino 6. Gli umili sanno quel che dico; perché in essi abita la parola, in essi l'esempio. Chi non è umile infatti non sa che voglia dire quel che è stato detto: L'anima mia esulta nel Signore. Poiché chi non è umile, il superbo, il duro, l'arrogante vuole la lode per sé, non nel Signore. Chi poi dice: L'anima mia esulta nel Signore, non aggiunge: Ascoltino i popoli e si rallegrino; ascoltino gli uomini e si rallegrino, ma: ascoltino gli umili e si rallegrino. Ascoltino quanti ne colgono il senso. Cristo, infatti, era umile: Come una pecora fu condotto all'immolazione 7. Umile per il fatto che come una pecora fu condotto all'immolazione. Ascoltino gli umili e si rallegrino. Perché intendano quel che è stato detto: Gustate e vedete quant'è buono il Signore; beato l'uomo che spera in lui 8. Abbiamo ascoltato una lunga lettura, il giorno si è fatto breve: anche da parte nostra non dobbiamo abusare della vostra pazienza con un prolungato discorso. Abbiamo notato che avete ascoltato con sopportazione e, stando a lungo in piedi nell'ascolto, avete quasi sofferto insieme al martire. Colui che vi ascolta vi sia propizio e vi conceda il premio.
1 - 2 Cor 4, 9.
2 - Sal 70, 5.
3 - Sal 42, 1.
4 - Sal 61, 2.
5 - Sal 69, 4.
6 - Sal 33, 3.
7 - Is 53, 7.
8 - Sal 33, 3. 9.
23 - Maria e Giuseppe continuano il viaggio dalla città di Gaza fino a Eliopoli in Egitto.
La mistica Città di Dio - Libro quarto - Suor Maria d'Agreda
Leggilo nella Biblioteca630. I nostri pellegrini, nel terzo giorno da quando erano giunti a Gaza, partirono da quella città per l'Egitto. Lasciando subito i luoghi popolati della Palestina entrarono nei deserti sabbiosi di Bersabea, e si misero in cammino per più di sessanta leghe in terra disabitata, per giungere nella città di Eliopoli, l'attuale Cairo. In questo deserto peregrinarono più giorni, perché potevano procedere poco in ciascuna giornata di viaggio, sia per il disagio di una via così sabbiosa, sia per la sofferenza patita a causa della mancanza di un tetto e di sostentamento. In questa solitudine avvennero loro molte cose; poiché non è necessario riferirle tutte, ne dirò alcune, dalle quali potranno intendersi le altre. Per conoscere quanto soffrirono Maria e Giuseppe ed anche il bambino Gesù in questo pellegrinaggio, occorre premettere che l'Altissimo dispose che il suo Unigenito fatto uomo con la sua santissima Madre e san Giuseppe sentissero i disagi di questo esilio. La divina Signora non perse mai la pace, pur patendo ed addolorandosi molto a causa di essi; così fu anche per il suo fedelissimo sposo. Entrambi soffrirono molti disagi e fastidi nel loro corpo e pene anche maggiori nei loro cuori: la Madre per quelle del suo Figlio e di Giuseppe, ed egli per quelle del bambino e della sposa, perché non poteva dar loro sollievo con la sua premura e la sua fatica.
631. Bisognava passare le notti all'aperto, senza alcun riparo per tutte le sessanta leghe di cammino, poiché quella terra era disabitata. Ed era inverno, perché il viaggio avvenne in febbraio e iniziò pochi giorni dopo la purificazione, come si può dedurre da ciò che dissi nel capitolo precedente. La prima notte in cui si ritrovarono soli in quei campi, si riposarono alle falde di una collinetta che fu il solo rifugio che ebbero. La Regina del cielo col suo bambino nelle braccia si sedette sulla nuda terra e qui si ristorarono un po', cenando con parte del cibo che avevano portato da Gaza. Ella allattò il bambino Gesù, che con il suo dolce viso consolò la divina Madre ed il suo sposo. Giuseppe, con premura, costruì con il suo mantello e con dei pali una specie di nicchia, affinché il Verbo incarnato e Maria santissima potessero proteggersi dal freddo della notte con quella tenda improvvisata, tanto umile e stretta. Nella medesima notte, i diecimila angeli, che con ammirazione assistevano i pellegrini del mondo, formarono un corpo di guardia al loro Re e a sua Madre, circondandoli con i corpi umani visibili con cui apparivano. La gran Signora intuì che il santissimo Figlio offriva all'eterno Padre quella desolazione e quelle fatiche, come anche le sue e quelle di san Giuseppe. Ella accompagnò per la maggior parte della notte, in questa e nelle altre orazioni, l'anima divina di suo Figlio. Il bambino Dio dormì un poco nelle sue braccia, ma ella rimase sempre sveglia ed in divini colloqui con l'Altissimo e con gli angeli. San Giuseppe si mise a riposare sulla terra, appoggiando il capo sopra la cassettina, in cui si conservavano i pannicelli e la povera roba che portavano.
632. Il giorno seguente continuarono il loro cammino, ma ben presto si esaurì la provvista del pane e della frutta, per cui la Signora del cielo e della terra ed il suo santo sposo arrivarono a mancare anche del necessario ed a soffrire la fame, soprattutto san Giuseppe. In uno dei primi giorni accadde che oltrepassarono le nove della notte senza aver preso nessun tipo di cibo, sia pure quel povero ed ordinario sostentamento che erano soliti mangiare dopo la fatica ed i disagi del cammino, quando la natura aveva più bisogno di essere sostenuta. Dato che non poteva rimediare a questa necessità con alcun impegno umano, la divina Signora, rivolta all'Altissimo, disse: «Dio eterno, grande ed onnipotente, io vi ringrazio e benedico per le magnifiche opere della vostra volontà e soprattutto perché, senza mio merito, per la vostra benevolenza mi deste l'essere e la vita, ed in questa mi avete conservata ed innalzata pur essendo polvere ed inutile creatura. Non avendovi per tutti questi benefici degnamente corrisposto, come potrò domandare per me ciò che non posso contraccambiare? Però, Signore e Padre mio, guardate il vostro Unigenito e concedetemi il sostentamento per la sua vita, come anche per quella del mio sposo, affinché egli possa servire la Maestà vostra ed io serva alla vostra parola fatta carne per la salvezza umana».
633. Affinché queste suppliche della dolcissima Madre provenissero da una maggiore tribolazione, l'Altissimo permise che oltre la fame, la stanchezza e la solitudine li affliggesse l'inclemenza del tempo. Si levò dunque un grave temporale, con un vento impetuoso che, accecandoli, li tormentava molto. Questo disagio addolorò ancora di più la Madre, amorosa e compassionevole per riguardo al bambino Gesù, che era tanto tenero e delicato, e non aveva ancora cinquanta giorni. Ella lo coprì e riparò per quanto poteva, ma questo non fu sufficiente a far sì che come vero uomo non sentisse l'inclemenza ed il rigore del tempo, e lo mostrò piangendo e tremando di freddo, come avrebbero fatto tutti gli altri bambini. Allora la madre premurosa, usando del potere di Regina e signora delle creature, comandò con autorità agli elementi che non nuocessero al loro medesimo Creatore, ma gli servissero di difesa e sollievo, esercitando la loro asprezza solo su di lei. Subito, così come era avvenuto in precedenza a proposito della nascita e nel corso del viaggio a Gerusalemme, il vento si mitigò e si fermò la pioggia senza raggiungere il Figlio e la Madre. Quale ricompensa di questa cura amorosa, il bambino Gesù ordinò agli angeli che assistessero sua Madre, e fossero per lei come una tenda per ripararla dal rigore degli elementi. Essi ubbidirono immediatamente e, formando un globo bellissimo e di fitto splendore, vi racchiusero il loro Dio fatto uomo, la Madre e lo sposo, facendoli rimanere più difesi che se fossero stati nei palazzi e nei ricchi panni dei potenti del mondo. Altre volte in quel deserto fecero la medesima cosa.
634. Mancava loro, però, il sostentamento e li affliggeva il bisogno, non certo risolvibile con operosità umana. Il Signore prima permise che giungessero a tanto estremo, poi, propenso alle giuste domande della sua sposa, li provvide per mano dei medesimi angeli. Questi subito portarono loro pane delicatissimo e frutti molto belli e maturi; inoltre, un liquore dolcissimo che gli stessi angeli versarono servirono loro. Dopo tutti insieme facevano cantici di ringraziamento e di lode al Signore, che dà l'alimento ad ogni essere vivente nel tempo opportuno, affinché i poveri mangino e siano saziati, poiché i loro occhi e le loro speranze sono posti nella sua regale provvidenza e generosità. Queste furono le delicate vivande che il Signore, dalla sua mensa, regalò ai tre pellegrini, esuli nel deserto di Bersabea. Questo fu lo stesso deserto in cui Elia, fuggendo da Gezabele, fu confortato con un pane che si scioglieva in bocca, datogli dall'angelo del Signore per farlo giungere al monte Oreb. Né questo pane, però, né quello che prima gli avevano somministrato miracolosamente i corvi insieme alle carni per cibarsi la mattina e la sera sul torrente Cherit; né la manna che piovve dal cielo per gli Israeliti, benché si chiamasse pane degli angeli e fosse piovuto dal cielo; né le quaglie che portò ad essi il vento africano; né la cortina di nuvole, con la quale venivano difesi dai calori del sole; niente di tutto ciò uguagliò i benefici ricevuti dai nostri pellegrini. Infatti, nessuno di tali alimenti e favori si può paragonare con quello che fece il Signore in questo viaggio per il suo Unigenito fatto uomo, per la divina Madre e per il suo insigne sposo. Non servivano, ora, per alimentare un profeta o un popolo ingrato e così poco ragionevole, ma per dare vita e nutrimento al medesimo Dio fatto uomo e alla sua vera Madre, e per conservare tale vita naturale, dalla quale dipendeva quella eterna di tutto il genere umano. Come questo cibo divino era adeguato alla superiorità dei convitati, così la loro riconoscenza e il loro contraccambio erano in tutto proporzionati alla grandezza del beneficio. Ma, affinché tutto avvenisse con maggior vantaggio, il Signore permetteva sempre che la necessità giungesse all'estremo e che essa stessa richiedesse il soccorso del cielo.
635. Si rallegrino con questo esempio i poveri, e non si abbattano gli affamati, sperino gli abbandonati, e nessuno si lamenti della divina provvidenza, per quanto sia bisognoso ed afflitto. Quando mai si allontanò il Signore da chi spera in lui? Quando nascose il suo volto paterno ai figli poveri e tribolati? Siamo fratelli del suo Unigenito fatto uomo, figli di Dio ed eredi dei suoi beni, ed anche figli della sua Madre colma di misericordia. Dunque, o figli di Dio e di Maria santissima, come diffidate di tale Padre e di tale Madre nella vostra povertà? Perché negate questa gloria a loro e a voi il diritto che vi alimentino e soccorrano? Avvicinatevi, avvicinatevi con umiltà e confidenza, perché gli occhi di vostro Padre e di vostra Madre vi guardano, le loro orecchie ascoltano il grido della vostra necessità; le mani di questa Signora sono distese al povero e le sue palme aperte al bisognoso. E voi, ricchi di questo mondo, come potete confidare solo nelle vostre incerte ricchezze, con il rischio di venire meno nella fede e meritarvi immediatamente gravissimi affanni e dolori, come vi minaccia l'Apostolo? Voi non confessate né professate, nella vostra avidità, di essere figli di Dio e di sua Madre. Lo negate, anzi, con le vostre opere, e vi fate stimare impuri, o figli di altri padri; il vero e legittimo figlio infatti sa confidare solamente nella cura e nell'amore del suo vero Padre e della sua vera Madre, e reca loro oltraggio se pone la sua speranza in altri che non sono solo estranei, ma anche nemici. È la divina luce che m'insegna questa verità e la carità mi costringe a dirla.
636. L'altissimo Padre si dava pensiero non solo di alimentare i nostri pellegrini, ma anche di ristorarli visibilmente per dar loro sollievo dal tormento del cammino e della lunga solitudine. A volte accadeva che, disponendosi la divina Madre a riposare un po', sedendosi al suolo con il bambino Gesù, venissero vicino a lei, dalle montagne, come dissi in un'altra occasione, un gran numero di uccelli. Essi per diletto le si posavano sulle spalle e sulle mani, ricreandola con la soavità del loro canto e la varietà delle loro piume. Ella li accoglieva e li invitava a conoscere il loro Creatore e a cantare a lui con devozione e riconoscenza per averli creati così belli e vestiti di piume, per far godere loro dell'aria e della terra, e perché, con i frutti di questa, dava loro ogni giorno la vita e il sostentamento. Gli uccelli ubbidivano a tutto questo con movimenti e cantici dolcissimi. La Madre amorosa parlava al bambino con altri cantici per lui ben più dolci e armoniosi, lodandolo, benedicendolo e riconoscendolo per suo Dio, per suo figlio ed autore di tutte le meraviglie. Anche i santi angeli accompagnavano questi colloqui pieni di soavità, cantando con la gran Signora o con quei semplici uccelletti. Tutto questo creava un'armonia, più spirituale che sensibile, di ammirabile corrispondenza per le creature razionali.
637. Altre volte la divina Principessa parlava col bambino e gli diceva: «Amore mio, e luce della mia anima, come potrò alleggerire la vostra fatica? Come farò perché non sia tanto penoso per voi questo cammino così disagiato? Oh, vi potessi portare non solo nelle braccia, ma dentro al mio petto come in un soffice letto in cui stare sdraiato senza alcuna molestia!». Il dolcissimo Gesù le rispondeva: «Madre mia diletta, molto sollievo trovo nelle vostre braccia, dolce riposo sul vostro petto, grande piacere nel vostro amore e soave gioia nelle vostre parole». Altre volte il Figlio e la Madre si parlavano e si rispondevano interiormente, e questi colloqui erano così sublimi e divini che non possono essere raccontati con le nostre parole. Il santo sposo Giuseppe partecipava a molti di questi misteri e consolazioni che gli rendevano più facile il cammino, facendogli dimenticare le sue fatiche; lo rapiva la soavità e la dolcezza della sua invidiabile compagnia, benché non sapesse né udisse che il bambino parlava sensibilmente con la sua santissima Madre. Questo favore era per lei sola in quel tempo, come dissi in precedenza. In questo modo i nostri esuli proseguirono il loro cammino per l'Egitto.
Insegnamento che mi diede la Regina del cielo
638. Figlia mia, come quelli che conoscono il Signore sanno sperare in lui, così quelli che non confidano nella sua bontà e nel suo amore immenso non hanno perfetta conoscenza della sua grandezza. Al difetto della fede e della speranza segue il non amarlo e il porre direttamente il cuore dove pongono la loro fiducia, cioè in quello che apprezzano e stimano di più. In questo errore consiste tutto il danno e la rovina dei mortali. Essi, infatti, credono tanto poco all'infinita bontà che diede loro l'essere e che li mantiene in vita, da non riuscire a riporre in Dio tutta la loro fiducia. Mancando questa, l'amore, invece che verso di lui, viene rivolto alle creature, nelle quali valutano e sperano di trovare ciò che desiderano, cioè il potere, le ricchezze, lo sfarzo e la vanità. I fedeli, pur potendo ovviare a questo danno con la fede e la speranza infuse, lasciano queste virtù inutilizzate e inoperose e, senza servirsene, si rivolgono a cose più basse. Così gli uni, se le hanno, sperano nelle ricchezze; gli altri, se non le posseggono, le desiderano avidamente; alcuni se le procurano per vie e con mezzi molto perversi; altri confidano nei potenti, li adulano e li applaudono. Così risultano essere molto pochi quelli che restano fedeli al Signore: essi siano meritevoli di provare la sua vigile provvidenza, si fidino di essa e lo riconoscano come Padre che ha cura dei suoi figli, li alimenta e conserva, senza abbandonare alcuno nella necessità.
639. Questo tenebroso inganno ha dato al mondo tanti amanti; lo ha riempito di avarizia e di concupiscenza contro la volontà e il desiderio del Creatore, ed ha imbrogliato gli uomini in quelle stesse cose che desiderano o che dovrebbero desiderare. Tutti, in genere, assicurano che bramano le ricchezze e i beni temporali solo per sovvenire alle loro necessità, riconoscendo così che non dovrebbero desiderare di più. In verità, molti mentono, perché bramano non già il necessario, ma il superfluo, affinché serva non al naturale bisogno, ma alla superbia del mondo. Se anche, però, gli uomini desiderassero solo quello di cui veramente hanno necessità, sarebbe comunque follia riporre la loro sicurezza nelle creature e non in Dio, il quale con ineffabile provvidenza si prende cura perfino dei piccoli del corvo, come se il loro gracchiare fosse una supplica al loro creatore. Con questa sicurezza, io non potevo temere nel mio esilio e lungo pellegrinaggio. Inoltre, poiché confidavo nel Signore, la sua provvidenza mi sostenne nel tempo della penuria. Ora tu, figlia mia, che conosci questa provvidenza, non ti affliggere troppo, non mancare ai tuoi doveri per cercare di porvi rimedio, e non confidare nella coscienziosità umana e nelle altre creature. Infatti, dopo aver fatto quanto ti spetta, il mezzo efficace è confidare nel Signore, senza turbarti né alterarti minimamente, e sperare con pazienza, anche se l'aiuto dovesse tardare, perché questo giungerà sempre in tempo giusto ed opportuno, quando maggiormente servirà a manifestare l'amore paterno del Signore. Così accadde a me ed al mio sposo nella nostra povertà e necessità.
640. Quelli che non soffrono con pazienza e non vogliono patire indigenza; quelli che si rivolgono alle cisterne screpolate, confidando nella menzogna e nei potenti; quelli che non si accontentano di ciò che è giusto e desiderano con ardente avidità ciò che non è necessario per la vita; quelli che tenacemente custodiscono ciò che posseggono, perché non manchi loro, negando ai poveri l'elemosina dovuta: tutti questi possono temere, con ragione, che mancherà loro quello che non potrebbero aspettarsi dalla Provvidenza divina, se questa fosse tanto scarsa nel dare, come lo sono essi nello sperare in lei e nel dare per suo amore al bisognoso. Il Padre vero, che sta nei cieli, fa nascere il sole sopra i giusti e sopra gli ingiusti, manda la pioggia sopra i buoni e sopra i cattivi` e soccorre tutti, dando ad ognuno vita ed alimento. Se i benefici, però, sono comuni ai buoni ed ai cattivi, il dare maggiori beni temporali ad alcuni e negarli ad altri non è modello dell'amore di Dio. Egli, anzi, vuole poveri gli eletti e i predestinati: primo, perché acquistino maggiori meriti e premi, secondo, perché non si lascino invischiare dall'amore dei beni temporali, essendo assai pochi coloro che ne sanno fare buon uso e li posseggono senza sregolata cupidigia. Perciò, sebbene il mio santissimo Figlio ed io non corressimo questo pericolo, Dio volle insegnare agli uomini, con l'esempio, questa scienza divina dalla quale dipende per loro la vita eterna.
8-11 Settembre, 1907 Quanto più l’anima è uguale in tutto, tanto più si avvicina alla perfezione divina.
Luisa Piccarreta (Libro di Cielo)
(1) Vi passo giorni amarissimi, con continue privazioni, al più ad ombra ed a lampo, e quasi con continue minacce di mandare castighi. Oh! Dio, che parapiglia, pare il mondo sconvolto, tutti sono in attitudine di far rivoluzione, di uccidersi; il Signore pare che ritira la sua Grazia e gli uomini divengono tante belve feroci, del resto è meglio tacere di queste cose, perché il parlarne amareggia troppo la povera anima, bastantemente satolla di amarezze. Onde, questa mattina quando appena è venuto il benedetto Gesù, e mi ha detto:
(2) “Tutte le opere di Dio sono perfette, e la loro perfezione si conosce dall’essere tonde o al più quadre, tanto che nessuna pietra viene messa nella Gerusalemme Celeste, che non sia tonda o quadra”.
(3) Io non capivo niente di ciò; solo che facevo per guardare nella volta dei cieli e vedevo le stelle, il sole, la luna, ed anche la stessa forma della terra, tutti tondi; ma del resto non capivo il significato di ciò, ed il Signore ha soggiunto:
(4) “La rotondità è uguale in tutte le parti, sicché l’anima per essere perfetta, dev’essere uguale in tutti gli stati, in tutti gli accidenti, siano prosperi o avversi, dolci o amari. L’uguaglianza deve circondarla in tutto, da formarla a modo di un oggetto rotondo; altrimenti se non è uguale in tutte le cose, non potrà entrare bella e liscia dalla parte della Gerusalemme Celeste, e non potrà ornare a modo di stella la patria dei beati, sicché quanto più l’anima è uguale in tutto, tanto più si avvicina alla perfezione divina”.