Liturgia delle Ore - Letture
Lunedi della 2° settimana del Tempo di Pasqua
Vangelo secondo Marco 3
1Entrò di nuovo nella sinagoga. C'era un uomo che aveva una mano inaridita,2e lo osservavano per vedere se lo guariva in giorno di sabato per poi accusarlo.3Egli disse all'uomo che aveva la mano inaridita: "Mettiti nel mezzo!".4Poi domandò loro: "È lecito in giorno di sabato fare il bene o il male, salvare una vita o toglierla?".5Ma essi tacevano. E guardandoli tutt'intorno con indignazione, rattristato per la durezza dei loro cuori, disse a quell'uomo: "Stendi la mano!". La stese e la sua mano fu risanata.6E i farisei uscirono subito con gli erodiani e tennero consiglio contro di lui per farlo morire.
7Gesù intanto si ritirò presso il mare con i suoi discepoli e lo seguì molta folla dalla Galilea.8Dalla Giudea e da Gerusalemme e dall'Idumea e dalla Transgiordania e dalle parti di Tiro e Sidone una gran folla, sentendo ciò che faceva, si recò da lui.9Allora egli pregò i suoi discepoli che gli mettessero a disposizione una barca, a causa della folla, perché non lo schiacciassero.10Infatti ne aveva guariti molti, così che quanti avevano qualche male gli si gettavano addosso per toccarlo.
11Gli spiriti immondi, quando lo vedevano, gli si gettavano ai piedi gridando: "Tu sei il Figlio di Dio!".12Ma egli li sgridava severamente perché non lo manifestassero.
13Salì poi sul monte, chiamò a sé quelli che egli volle ed essi andarono da lui.14Ne costituì Dodici che stessero con lui15e anche per mandarli a predicare e perché avessero il potere di scacciare i demòni.
16Costituì dunque i Dodici: Simone, al quale impose il nome di Pietro;17poi Giacomo di Zebedèo e Giovanni fratello di Giacomo, ai quali diede il nome di Boanèrghes, cioè figli del tuono;18e Andrea, Filippo, Bartolomeo, Matteo, Tommaso, Giacomo di Alfeo, Taddeo, Simone il Cananèo19e Giuda Iscariota, quello che poi lo tradì.
20Entrò in una casa e si radunò di nuovo attorno a lui molta folla, al punto che non potevano neppure prendere cibo.21Allora i suoi, sentito questo, uscirono per andare a prenderlo; poiché dicevano: "È fuori di sé".
22Ma gli scribi, che erano discesi da Gerusalemme, dicevano: "Costui è posseduto da Beelzebùl e scaccia i demòni per mezzo del principe dei demòni".23Ma egli, chiamatili, diceva loro in parabole: "Come può satana scacciare satana?24Se un regno è diviso in se stesso, quel regno non può reggersi;25se una casa è divisa in se stessa, quella casa non può reggersi.26Alla stessa maniera, se satana si ribella contro se stesso ed è diviso, non può resistere, ma sta per finire.27Nessuno può entrare nella casa di un uomo forte e rapire le sue cose se prima non avrà legato l'uomo forte; allora ne saccheggerà la casa.28In verità vi dico: tutti i peccati saranno perdonati ai figli degli uomini e anche tutte le bestemmie che diranno;29ma chi avrà bestemmiato contro lo Spirito santo, non avrà perdono in eterno: sarà reo di colpa eterna".30Poiché dicevano: "È posseduto da uno spirito immondo".
31Giunsero sua madre e i suoi fratelli e, stando fuori, lo mandarono a chiamare.32Tutto attorno era seduta la folla e gli dissero: "Ecco tua madre, i tuoi fratelli e le tue sorelle sono fuori e ti cercano".33Ma egli rispose loro: "Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?".34Girando lo sguardo su quelli che gli stavano seduti attorno, disse: "Ecco mia madre e i miei fratelli!35Chi compie la volontà di Dio, costui è mio fratello, sorella e madre".
Secondo libro dei Re 7
1Ma Eliseo disse: "Ascolta la parola del Signore: Dice il Signore: A quest'ora, domani, alla porta di Samaria una 'sea' di farina costerà un siclo e anche due 'sea' di orzo costeranno un siclo".2Ma lo scudiero, al cui braccio il re si appoggiava, rispose all'uomo di Dio: "Già, il Signore apre le finestre in cielo! Avverrà mai una cosa simile?". Quegli disse: "Ecco, tu lo vedrai con gli occhi, ma non ne mangerai".
3Ora c'erano quattro lebbrosi davanti alla porta. Essi dicevano fra di loro: "Perché stiamo seduti qui ad attendere la morte?4Se risolviamo di andare in città, in città c'è la fame e vi moriremo. Se stiamo qui, moriremo ugualmente. Ora, su, andiamo all'accampamento degli Aramei; se ci lasceranno in vita, vivremo; se ci uccideranno, moriremo".5Si alzarono al crepuscolo per andare all'accampamento degli Aramei e giunsero fino al limite del loro campo. Ebbene, là non c'era nessuno.6Il Signore aveva fatto udire nell'accampamento degli Aramei rumore di carri, scalpitio di cavalli e chiasso di un grande esercito. Essi si erano detti l'un l'altro: "Ecco, il re di Israele ha assoldato contro di noi i re degli Hittiti e i re dell'Egitto per assalirci".7Alzatisi all'imbrunire, erano fuggiti, lasciando le loro tende, i loro cavalli e i loro asini e il campo come si trovava; erano fuggiti per mettersi in salvo.8Quei lebbrosi, giunti al limite del campo, entrarono in una tenda e, dopo aver mangiato e bevuto, portarono via argento, oro e vesti, che andarono a nascondere. Ritornati, entrarono in un'altra tenda; portarono via tutto e andarono a nasconderlo.
9Si dissero: "Non è giusto quello che facciamo; oggi è giorno di buone notizie, mentre noi ce ne stiamo zitti. Se attendiamo fino all'alba di domani, potrebbe sopraggiungerci un castigo. Andiamo ora, entriamo in città e annunziamolo alla reggia".10Vi andarono; chiamarono le guardie della città e riferirono loro: "Siamo andati nel campo degli Aramei; ecco, non c'era nessuno né si sentiva voce umana. C'erano cavalli e asini legati e le tende intatte".11Le guardie allora gridarono e la notizia fu portata dentro la reggia.
12Il re si alzò di notte e disse ai suoi ufficiali: "Vi dirò quello che hanno fatto con noi gli Aramei. Sapendo che siamo affamati, hanno abbandonato il campo per nascondersi in campagna, dicendo: Appena usciranno dalla città, li prenderemo vivi e poi entreremo in città".13Uno dei suoi ufficiali rispose: "Si prendano i cinque cavalli che sono rimasti in questa città, caso mai capiterà loro come alla moltitudine di Israele, e mandiamo a vedere".14Presero allora due carri con i cavalli; il re li mandò a seguire l'esercito degli Aramei, dicendo: "Andate e vedete".15Li seguirono fino al Giordano; ecco tutta la strada era piena di abiti e di oggetti che gli Aramei avevano gettato via nella fretta. I messaggeri tornarono e riferirono al re.
16Allora uscirono tutti e saccheggiarono il campo degli Aramei. Una 'sea' di farina si vendette per un siclo, così pure due 'sea' di orzo si vendettero per un siclo, secondo la parola del Signore.17Il re aveva messo a guardia della porta lo scudiero, al cui braccio egli si appoggiava. Calpestato dalla folla presso la porta, quegli morì come aveva predetto l'uomo di Dio quando parlò al re che era sceso da lui.18Difatti, dopo che l'uomo di Dio aveva detto al re: "A quest'ora, domani, alla porta di Samaria due 'sea' di orzo costeranno un siclo e anche una 'sea' di farina costerà un siclo",19lo scudiero aveva risposto all'uomo di Dio: "Già, Dio apre le finestre in cielo! Avverrà mai una cosa simile?". E quegli aveva detto: "Ecco, tu lo vedrai con gli occhi, ma non ne mangerai".20A lui capitò proprio questo: lo calpestò la folla alla porta ed egli morì.
Salmi 89
1'Maskil. Di Etan l'Ezraita.'
2Canterò senza fine le grazie del Signore,
con la mia bocca annunzierò la tua fedeltà nei secoli,
3perché hai detto: "La mia grazia rimane per sempre";
la tua fedeltà è fondata nei cieli.
4"Ho stretto un'alleanza con il mio eletto,
ho giurato a Davide mio servo:
5stabilirò per sempre la tua discendenza,
ti darò un trono che duri nei secoli".
6I cieli cantano le tue meraviglie, Signore,
la tua fedeltà nell'assemblea dei santi.
7Chi sulle nubi è uguale al Signore,
chi è simile al Signore tra gli angeli di Dio?
8Dio è tremendo nell'assemblea dei santi,
grande e terribile tra quanti lo circondano.
9Chi è uguale a te, Signore, Dio degli eserciti?
Sei potente, Signore, e la tua fedeltà ti fa corona.
10Tu domini l'orgoglio del mare,
tu plachi il tumulto dei suoi flutti.
11Tu hai calpestato Raab come un vinto,
con braccio potente hai disperso i tuoi nemici.
12Tuoi sono i cieli, tua è la terra,
tu hai fondato il mondo e quanto contiene;
13il settentrione e il mezzogiorno tu li hai creati,
il Tabor e l'Ermon cantano il tuo nome.
14È potente il tuo braccio,
forte la tua mano, alta la tua destra.
15Giustizia e diritto sono la base del tuo trono,
grazia e fedeltà precedono il tuo volto.
16Beato il popolo che ti sa acclamare
e cammina, o Signore, alla luce del tuo volto:
17esulta tutto il giorno nel tuo nome,
nella tua giustizia trova la sua gloria.
18Perché tu sei il vanto della sua forza
e con il tuo favore innalzi la nostra potenza.
19Perché del Signore è il nostro scudo,
il nostro re, del Santo d'Israele.
20Un tempo parlasti in visione ai tuoi santi dicendo:
"Ho portato aiuto a un prode,
ho innalzato un eletto tra il mio popolo.
21Ho trovato Davide, mio servo,
con il mio santo olio l'ho consacrato;
22la mia mano è il suo sostegno,
il mio braccio è la sua forza.
23Su di lui non trionferà il nemico,
né l'opprimerà l'iniquo.
24Annienterò davanti a lui i suoi nemici
e colpirò quelli che lo odiano.
25La mia fedeltà e la mia grazia saranno con lui
e nel mio nome si innalzerà la sua potenza.
26Stenderò sul mare la sua mano
e sui fiumi la sua destra.
27Egli mi invocherà: Tu sei mio padre,
mio Dio e roccia della mia salvezza.
28Io lo costituirò mio primogenito,
il più alto tra i re della terra.
29Gli conserverò sempre la mia grazia,
la mia alleanza gli sarà fedele.
30Stabilirò per sempre la sua discendenza,
il suo trono come i giorni del cielo.
31Se i suoi figli abbandoneranno la mia legge
e non seguiranno i miei decreti,
32se violeranno i miei statuti
e non osserveranno i miei comandi,
33punirò con la verga il loro peccato
e con flagelli la loro colpa.
34Ma non gli toglierò la mia grazia
e alla mia fedeltà non verrò mai meno.
35Non violerò la mia alleanza,
non muterò la mia promessa.
36Sulla mia santità ho giurato una volta per sempre:
certo non mentirò a Davide.
37In eterno durerà la sua discendenza,
il suo trono davanti a me quanto il sole,
38sempre saldo come la luna,
testimone fedele nel cielo".
39Ma tu lo hai respinto e ripudiato,
ti sei adirato contro il tuo consacrato;
40hai rotto l'alleanza con il tuo servo,
hai profanato nel fango la sua corona.
41Hai abbattuto tutte le sue mura
e diroccato le sue fortezze;
42tutti i passanti lo hanno depredato,
è divenuto lo scherno dei suoi vicini.
43Hai fatto trionfare la destra dei suoi rivali,
hai fatto gioire tutti i suoi nemici.
44Hai smussato il filo della sua spada
e non l'hai sostenuto nella battaglia.
45Hai posto fine al suo splendore,
hai rovesciato a terra il suo trono.
46Hai abbreviato i giorni della sua giovinezza
e lo hai coperto di vergogna.
47Fino a quando, Signore,
continuerai a tenerti nascosto,
arderà come fuoco la tua ira?
48Ricorda quant'è breve la mia vita.
Perché quasi un nulla hai creato ogni uomo?
49Quale vivente non vedrà la morte,
sfuggirà al potere degli inferi?
50Dove sono, Signore, le tue grazie di un tempo,
che per la tua fedeltà hai giurato a Davide?
51Ricorda, Signore, l'oltraggio dei tuoi servi:
porto nel cuore le ingiurie di molti popoli,
52con le quali, Signore, i tuoi nemici insultano,
insultano i passi del tuo consacrato.
53Benedetto il Signore in eterno.
Amen, amen.
Salmi 9
1'Al maestro del coro. In sordina. Salmo. Di Davide.'
2Loderò il Signore con tutto il cuore
e annunzierò tutte le tue meraviglie.
3Gioisco in te ed esulto,
canto inni al tuo nome, o Altissimo.
4Mentre i miei nemici retrocedono,
davanti a te inciampano e periscono,
5perché hai sostenuto il mio diritto e la mia causa;
siedi in trono giudice giusto.
6Hai minacciato le nazioni, hai sterminato l'empio,
il loro nome hai cancellato in eterno, per sempre.
7Per sempre sono abbattute le fortezze del nemico,
è scomparso il ricordo delle città che hai distrutte.
8Ma il Signore sta assiso in eterno;
erige per il giudizio il suo trono:
9giudicherà il mondo con giustizia,
con rettitudine deciderà le cause dei popoli.
10Il Signore sarà un riparo per l'oppresso,
in tempo di angoscia un rifugio sicuro.
11Confidino in te quanti conoscono il tuo nome,
perché non abbandoni chi ti cerca, Signore.
12Cantate inni al Signore, che abita in Sion,
narrate tra i popoli le sue opere.
13Vindice del sangue, egli ricorda,
non dimentica il grido degli afflitti.
14Abbi pietà di me, Signore,
vedi la mia miseria, opera dei miei nemici,
tu che mi strappi dalle soglie della morte,
15perché possa annunziare le tue lodi,
esultare per la tua salvezza
alle porte della città di Sion.
16Sprofondano i popoli nella fossa che hanno scavata,
nella rete che hanno teso si impiglia il loro piede.
17Il Signore si è manifestato, ha fatto giustizia;
l'empio è caduto nella rete, opera delle sue mani.
18Tornino gli empi negli inferi,
tutti i popoli che dimenticano Dio.
19Perché il povero non sarà dimenticato,
la speranza degli afflitti non resterà delusa.
20Sorgi, Signore, non prevalga l'uomo:
davanti a te siano giudicate le genti.
21Riempile di spavento, Signore,
sappiano le genti che sono mortali.22Perché, Signore, stai lontano,
nel tempo dell'angoscia ti nascondi?
23Il misero soccombe all'orgoglio dell'empio
e cade nelle insidie tramate.
24L'empio si vanta delle sue brame,
l'avaro maledice, disprezza Dio.
25L'empio insolente disprezza il Signore:
"Dio non se ne cura: Dio non esiste";
questo è il suo pensiero.
26Le sue imprese riescono sempre.
Son troppo in alto per lui i tuoi giudizi:
disprezza tutti i suoi avversari.
27Egli pensa: "Non sarò mai scosso,
vivrò sempre senza sventure".
28Di spergiuri, di frodi e d'inganni ha piena la bocca,
sotto la sua lingua sono iniquità e sopruso.
29Sta in agguato dietro le siepi,
dai nascondigli uccide l'innocente.
30I suoi occhi spiano l'infelice,
sta in agguato nell'ombra come un leone nel covo.
Sta in agguato per ghermire il misero,
ghermisce il misero attirandolo nella rete.
31Infierisce di colpo sull'oppresso,
cadono gl'infelici sotto la sua violenza.
32Egli pensa: "Dio dimentica,
nasconde il volto, non vede più nulla".
33Sorgi, Signore, alza la tua mano,
non dimenticare i miseri.
34Perché l'empio disprezza Dio
e pensa: "Non ne chiederà conto"?
35Eppure tu vedi l'affanno e il dolore,
tutto tu guardi e prendi nelle tue mani.
A te si abbandona il misero,
dell'orfano tu sei il sostegno.
Spezza il braccio dell'empio e del malvagio;
36Punisci il suo peccato e più non lo trovi.
37Il Signore è re in eterno, per sempre:
dalla sua terra sono scomparse le genti.
38Tu accogli, Signore, il desiderio dei miseri,
rafforzi i loro cuori, porgi l'orecchio
39per far giustizia all'orfano e all'oppresso;
e non incuta più terrore l'uomo fatto di terra.
Daniele 13
1Abitava in Babilonia un uomo chiamato Ioakìm,2il quale aveva sposato una donna chiamata Susanna, figlia di Chelkìa, di rara bellezza e timorata di Dio.3I suoi genitori, che erano giusti, avevano educato la figlia secondo la legge di Mosè.4Ioakìm era molto ricco e possedeva un giardino vicino a casa ed essendo stimato più di ogni altro i Giudei andavano da lui.5In quell'anno erano stati eletti giudici del popolo due anziani: erano di quelli di cui il Signore ha detto: "L'iniquità è uscita da Babilonia per opera di anziani e di giudici, che solo in apparenza sono guide del popolo".6Questi frequentavano la casa di Ioakìm e tutti quelli che avevano qualche lite da risolvere si recavano da loro.7Quando il popolo, verso il mezzogiorno, se ne andava, Susanna era solita recarsi a passeggiare nel giardino del marito.8I due anziani che ogni giorno la vedevano andare a passeggiare, furono presi da un'ardente passione per lei:9persero il lume della ragione, distolsero gli occhi per non vedere il Cielo e non ricordare i giusti giudizi.10Eran colpiti tutt'e due dalla passione per lei,11ma l'uno nascondeva all'altro la sua pena, perché si vergognavano di rivelare la brama che avevano di unirsi a lei.12Ogni giorno con maggior desiderio cercavano di vederla. Un giorno uno disse all'altro:13"Andiamo pure a casa: è l'ora di desinare" e usciti se ne andarono.14Ma ritornati indietro, si ritrovarono di nuovo insieme e, domandandosi a vicenda il motivo, confessarono la propria passione. Allora studiarono il momento opportuno di poterla sorprendere sola.
15Mentre aspettavano l'occasione favorevole, Susanna entrò, come al solito, con due sole ancelle, nel giardino per fare il bagno, poiché faceva caldo.16Non c'era nessun altro al di fuori dei due anziani nascosti a spiarla.17Susanna disse alle ancelle: "Portatemi l'unguento e i profumi, poi chiudete la porta, perché voglio fare il bagno".18Esse fecero come aveva ordinato: chiusero le porte del giardino ed entrarono in casa dalla porta laterale per portare ciò che Susanna chiedeva, senza accorgersi degli anziani poiché si erano nascosti.19Appena partite le ancelle, i due anziani uscirono dal nascondiglio, corsero da lei e le dissero:20"Ecco, le porte del giardino sono chiuse, nessuno ci vede e noi bruciamo di passione per te; acconsenti e datti a noi.21In caso contrario ti accuseremo; diremo che un giovane era con te e perciò hai fatto uscire le ancelle".22Susanna, piangendo, esclamò: "Sono alle strette da ogni parte. Se cedo, è la morte per me; se rifiuto, non potrò scampare dalle vostre mani.23Meglio però per me cadere innocente nelle vostre mani che peccare davanti al Signore!".24Susanna gridò a gran voce. Anche i due anziani gridarono contro di lei25e uno di loro corse alle porte del giardino e le aprì.
26I servi di casa, all'udire tale rumore in giardino, si precipitarono dalla porta laterale per vedere che cosa stava accadendo.27Quando gli anziani ebbero fatto il loro racconto, i servi si sentirono molto confusi, perché mai era stata detta una simile cosa di Susanna.
28Il giorno dopo, tutto il popolo si adunò nella casa di Ioakìm, suo marito e andarono là anche i due anziani pieni di perverse intenzioni per condannare a morte Susanna.29Rivolti al popolo dissero: "Si faccia venire Susanna figlia di Chelkìa, moglie di Ioakìm". Mandarono a chiamarla30ed essa venne con i genitori, i figli e tutti i suoi parenti.31Susanna era assai delicata d'aspetto e molto bella di forme;32aveva il velo e quei perversi ordinarono che le fosse tolto per godere almeno così della sua bellezza.33Tutti i suoi familiari e amici piangevano.
34I due anziani si alzarono in mezzo al popolo e posero le mani sulla sua testa.35Essa piangendo alzò gli occhi al cielo, con il cuore pieno di fiducia nel Signore.36Gli anziani dissero: "Mentre noi stavamo passeggiando soli nel giardino, è venuta con due ancelle, ha chiuse le porte del giardino e poi ha licenziato le ancelle.37Quindi è entrato da lei un giovane che era nascosto, e si è unito a lei.38Noi che eravamo in un angolo del giardino, vedendo una tale nefandezza, ci siamo precipitati su di loro e li abbiamo sorpresi insieme.39Non abbiamo potuto prendere il giovane perché, più forte di noi, ha aperto la porta ed è fuggito.40Abbiamo preso lei e le abbiamo domandato chi era quel giovane, ma lei non ce l'ha voluto dire. Di questo noi siamo testimoni".41La moltitudine prestò loro fede poiché erano anziani e giudici del popolo e la condannò a morte.42Allora Susanna ad alta voce esclamò: "Dio eterno, che conosci i segreti, che conosci le cose prima che accadano,43tu lo sai che hanno deposto il falso contro di me! Io muoio innocente di quanto essi iniquamente hanno tramato contro di me".44E il Signore ascoltò la sua voce.
45Mentre Susanna era condotta a morte, il Signore suscitò il santo spirito di un giovanetto, chiamato Daniele,46il quale si mise a gridare: "Io sono innocente del sangue di lei!".
47Tutti si voltarono verso di lui dicendo: "Che vuoi dire con le tue parole?".48Allora Daniele, stando in mezzo a loro, disse: "Siete così stolti, Israeliti? Avete condannato a morte una figlia d'Israele senza indagare la verità!49Tornate al tribunale, perché costoro hanno deposto il falso contro di lei".
50Il popolo tornò subito indietro e gli anziani dissero a Daniele: "Vieni, siedi in mezzo a noi e facci da maestro, poiché Dio ti ha dato il dono dell'anzianità".51Daniele esclamò: "Separateli bene l'uno dall'altro e io li giudicherò".52Separati che furono, Daniele disse al primo: "O invecchiato nel male! Ecco, i tuoi peccati commessi in passato vengono alla luce,53quando davi sentenze ingiuste opprimendo gli innocenti e assolvendo i malvagi, mentre il Signore ha detto: Non ucciderai il giusto e l'innocente.54Ora dunque, se tu hai visto costei, di': sotto quale albero tu li hai visti stare insieme?". Rispose: "Sotto un lentisco".55Disse Daniele: "In verità, la tua menzogna ricadrà sulla tua testa. Già l'angelo di Dio ha ricevuto da Dio la sentenza e ti spaccherà in due".56Allontanato questo, fece venire l'altro e gli disse: "Razza di Canaan e non di Giuda, la bellezza ti ha sedotto, la passione ti ha pervertito il cuore!57Così facevate con le donne d'Israele ed esse per paura si univano a voi. Ma una figlia di Giuda non ha potuto sopportare la vostra iniquità.58Dimmi dunque, sotto quale albero li hai trovati insieme?". Rispose: "Sotto un leccio".59Disse Daniele: "In verità anche la tua menzogna ti ricadrà sulla testa. Ecco l'angelo di Dio ti aspetta con la spada in mano per spaccarti in due e così farti morire".
60Allora tutta l'assemblea diede in grida di gioia e benedisse Dio che salva coloro che sperano in lui.61Poi insorgendo contro i due anziani, ai quali Daniele aveva fatto confessare con la loro bocca di aver deposto il falso, fece loro subire la medesima pena alla quale volevano assoggettare il prossimo62e applicando la legge di Mosè li fece morire. In quel giorno fu salvato il sangue innocente.63Chelkìa e sua moglie resero grazie a Dio per la figlia Susanna insieme con il marito Ioakìm e tutti i suoi parenti, per non aver trovato in lei nulla di men che onesto.64Da quel giorno in poi Daniele divenne grande di fronte al popolo.
Prima lettera ai Corinzi 8
1Quanto poi alle carni immolate agli idoli, sappiamo di averne tutti scienza.2Ma la scienza gonfia, mentre la carità edifica. Se alcuno crede di sapere qualche cosa, non ha ancora imparato come bisogna sapere.3Chi invece ama Dio, è da lui conosciuto.4Quanto dunque al mangiare le carni immolate agli idoli, noi sappiamo che non esiste alcun idolo al mondo e che non c'è che un Dio solo.5E in realtà, anche se vi sono cosiddetti dèi sia nel cielo sia sulla terra, e difatti ci sono molti dèi e molti signori,6per noi c'è un solo Dio, il Padre, dal quale tutto proviene e noi siamo per lui; e un solo Signore Gesù Cristo, in virtù del quale esistono tutte le cose e noi esistiamo per lui.
7Ma non tutti hanno questa scienza; alcuni, per la consuetudine avuta fino al presente con gli idoli, mangiano le carni come se fossero davvero immolate agli idoli, e così la loro coscienza, debole com'è, resta contaminata.8Non sarà certo un alimento ad avvicinarci a Dio; né, se non ne mangiamo, veniamo a mancare di qualche cosa, né mangiandone ne abbiamo un vantaggio.9Badate però che questa vostra libertà non divenga occasione di caduta per i deboli.10Se uno infatti vede te, che hai la scienza, stare a convito in un tempio di idoli, la coscienza di quest'uomo debole non sarà forse spinta a mangiare le carni immolate agli idoli?11Ed ecco, per la tua scienza, va in rovina il debole, un fratello per il quale Cristo è morto!12Peccando così contro i fratelli e ferendo la loro coscienza debole, voi peccate contro Cristo.13Per questo, se un cibo scandalizza il mio fratello, non mangerò mai più carne, per non dare scandalo al mio fratello.
Capitolo XIX: Come si deve addestrare colui che si e' dato a Dio
Leggilo nella Biblioteca 1. La vita di colui che si è dato a Dio deve essere rigogliosa di ogni virtù, cosicché, quale egli appare esteriormente alla gente, tale sia anche interiormente. Anzi, e a ragione, di dentro vi deve essere molto più di quanto appare di fuori; giacché noi siamo sotto gli occhi di Dio, e a lui dobbiamo sommo rispetto, ovunque ci troviamo; Dio, dinanzi al quale dobbiamo camminare puri come angeli. Ogni giorno dobbiamo rinnovare il nostro proposito e spronare noi stessi al fervore, come fossimo appena venuti, oggi, alla vita del monastero. Dobbiamo dire: aiutami, Signore Iddio, nel mio buon proposito e nel santo servizio che ti è dovuto; concedimi di ricominciare oggi radicalmente, perché quel che ho fatto fin qui è nulla. Il nostro progresso spirituale procede di pari passo con il nostro proposito. Grande vigilanza occorre per chi vuol avanzare nel bene; ché, se cade spesso colui che ha forti propositi, che cosa sarà di colui che soltanto di rado si propone alcunché, e con poca fermezza? Svariati sono i modi nei quali ci accade di abbandonare il nostro proposito; anche la semplice omissione di un solo esercizio di pietà porta quasi sempre qualche guasto. In verità, la fermezza di proposito dei giusti dipende, più che dalla loro saggezza, dalla grazia di Dio, nel quale essi ripongono la loro fiducia, qualunque meta riescano a raggiungere, giacché l'uomo propone ma chi dispone è Dio, le cui vie noi non conosciamo. Se talvolta, per fare del bene o per essere utili ai fratelli, si omette un abituale esercizio di pietà, esso potrà facilmente essere recuperato più tardi; che se, invece, quasi senza badare, lo si tralascia per malavoglia o negligenza, ciò costituisce già una colpa, e deve essere sentito come una perdita.
2. Per quanto ci mettiamo tutto l'impegno possibile, sarà facile che abbiamo a cadere ancora, in varie occasioni. Tuttavia dobbiamo fare continuamente qualche proponimento preciso, specialmente in contrapposto a ciò che maggiormente impedisce il nostro profitto spirituale. Cose esterne e cose interiori sono necessarie al nostro progresso spirituale, perciò, le une come le altre, dobbiamo esaminarle attentamente e metterle nel giusto ordine. Se non riesci a stare sempre concentrato in te stesso, raccogliti di tempo in tempo, almeno una volta al giorno, la mattina o la sera: la mattina per fare i tuoi propositi, la sera per esaminare come ti sei comportato, cioè come sei stato, nelle parole, nonché nei pensieri, con i quali forse hai più spesso offeso Dio o il prossimo. Armati, come un soldato, contro le perversità del diavolo. Tieni a freno la gola; così terrai più facilmente a freno ogni altra cattiva tendenza del corpo. Non stare mai senza far nulla: sii occupato sempre, a leggero o a scrivere, a pregare o a meditare, o a fare qualche lavoro utile per tutti. Gli esercizi corporali di ciascuno siano compiuti separatamente; né tutti possono assumersene ugualmente. Se non sono esercizi di tutta la comunità, non devono essere palesati a tutti, giacché ciò che è personale si fa con maggior profitto nel segreto. Tuttavia guarda di non essere tardo alle pratiche comunitarie; più pronto, invece, a quelle tue proprie. Che, compiuto disciplinatamente e interamente il dovere imposto, se avanza tempo, ritornerai a te stesso, come vuole la tua devozione personale. Non è possibile che tutti abbiano a fare il medesimo esercizio, giacché a ciascuno giova qualcosa di particolare. E poi si amano esercizi diversi secondo i momenti: alcuni ci sono più graditi nei giorni di festa, altri nei giorni comuni. Inoltre, nel momento della tentazione e nel momento della pacifica tranquillità, abbiamo bisogno di esercizi ben diversi. Infine quando siamo nella tristezza ci piace pensare a certe cose; ad, invece quando siamo nella Letizia del Signore.
3. Nelle feste più solenni dobbiamo rinnovare gli esercizi di pietà ed implorare con fervore più grande l'aiuto dei santi. I nostri proponimenti devono andare da una ad altra festività, come se in quel punto dovessimo lasciare questo mondo e giungere alla festa eterna. Per questo, nei periodi di particolare devozione, dobbiamo prepararci con cura, e mantenerci in più grande pietà, attenendoci più rigorosamente ai nostri doveri, quasi stessimo per ricevere da Dio il premio delle nostre fatiche. Che se tale premio sarà rimandato, dobbiamo convincerci che non eravamo pienamente preparati e che non eravamo ancora degni della immensa gloria, che ci sarà rivelata (Rm 8,18) nel tempo stabilito; e dobbiamo fare in modo di prepararci meglio alla morte. "Beato quel servo - dice Luca evangelista - che il padrone, al suo arrivo, avrà trovato sveglio e pronto. In verità vi dico che gli darà da amministrare tutti i suoi beni" (Lc 12,44; cfr. Lc 12,37).
L'anima e la sua origine - Libro terzo
L'anima e la sua origine - Sant'Agostino d'Ippona
Leggilo nella BibliotecaA VINCENZO VITTORE
La stima di Agostino per Vincenzo Vittore.
1. 1. Il fatto stesso che ho ritenuto mio dovere scriverti voglio che prima di tutto ti porti a riflettere, o mio dilettissimo figlio Vittore, che non ti avrei assolutamente scritto, se ti disprezzassi. Né tuttavia devi per questo abusare della nostra umiltà così da stimarti approvato perché ti vedi non disprezzato. Io non ti amo infatti come uno da imitare, ma come uno da emendare, e poiché non dispero nemmeno della tua possibilità ad essere emendato, non voglio che ti sorprenda la mia impossibilità a disprezzare chi amo. Se infatti ti dovevo amare prima che tu fossi in comunione con noi perché tu fossi cattolico, quanto più ti devo amare adesso che sei già in comunione con noi perché tu non sia un nuovo eretico e sia un tal cattolico a cui non possa resistere nessun eretico! Per quanto infatti appare dai doni d'ingegno che il Signore ti ha già elargiti, tu sarai senza dubbio sapiente, se crederai di non esserlo, e se per esserlo lo chiederai piamente, supplichevolmente, insistentemente a colui che rende sapienti gli uomini, e se preferirai di non essere ingannato dall'errore piuttosto che onorato dalle lodi di coloro che sono nell'errore.
Agostino contesta a Vittore il soprannome di Vincenzo.
2. 2. La prima cosa che mi ha preoccupato nei tuoi riguardi è stato l'appellativo aggiunto al tuo nome nei tuoi libri. Avendo io domandato chi fosse Vincenzo Vittore a coloro che ti conoscevano e che forse erano stati presenti [alla lettura dei tuoi libri], mi sentii dire che eri stato donatista o meglio rogatista e che da poco tempo eri entrato nella comunione della Cattolica. E mentre me ne rallegravo, quanto siamo soliti rallegrarci per coloro che conosciamo liberati da quell'errore (e anzi anche molto di più, perché vedevo che il tuo ingegno, fonte di gioia per me nei tuoi scritti, non era rimasto a servizio degli avversari della verità), fu aggiunto dagli informatori un particolare che in mezzo a quei motivi di letizia mi rattristò: la ragione per cui tu avevi voluto esser soprannominato Vincenzo è che ritieni ancora con intima convinzione il successore di Rogato, chiamato Vincenzo, come un personaggio grande e santo, e per questo hai voluto fare del suo nome il tuo cognome. Né mancarono persone che ti attribuivano d'esserti anche vantato che Vincenzo stesso ti era apparso non so in qual genere di visione e ti aveva così aiutato nella composizione dei libri - dei quali prendo a trattare con te in questo nostro lavoretto - da dettarteli egli stesso, per quanto concerne temi e argomentazioni. Se questo è vero, non mi meraviglio più che tu possa aver detto tali spropositi che ti pentirai senz'altro d'aver detti, se darai pazientemente ascolto ai miei richiami e se considererai ed esaminerai quei libri con la mentalità cattolica. Evidentemente colui che si maschera da angelo di luce 1, come lo smaschera l'Apostolo, si è mascherato per te nella figura di colui che tu credi sia stato o sia una specie d'angelo di luce. E certamente riesce meno ad ingannare i cattolici con questo suo metodo di mascherarsi, non in angeli di luce, ma in eretici: non vorrei però che con te ormai cattolico egli riuscisse nell'inganno. Lo roda dunque la rabbia che tu abbia imparato la verità, quanto più l'aveva preso la gioia d'averti persuaso alla falsità. Perché poi tu non ami un morto, senza che il tuo amore possa giovare a lui, mentre può nuocere a te, ti esorto a riflettere su questa breve osservazione: sicuramente non è santo e giusto Vincenzo, se tu sei sfuggito ai lacci degli eretici donatisti o rogatisti; se viceversa lo stimi santo e giusto ti sei rovinato mettendoti in comunione con i cattolici. È certo infatti che ti fingi cattolico, se sei nell'animo quello che era Vincenzo che ami. E tu sai quanto sia terribile la dichiarazione della Scrittura: Il santo spirito della scienza rifugge dalla finzione 2. Se invece non ti fingi cattolico, comunicando sinceramente con i cattolici, per quale ragione nutri ancora tanto amore per un eretico morto da volerti gloriare ancora del nome di chi non ti tiene più con il suo errore? Non vogliamo che tu porti tale complemento del tuo nome, come se tu fossi il monumento funebre d'un eretico morto. Non vogliamo che il tuo libro porti un appellativo che diremmo falso, se lo leggessimo sul sepolcro di Vincenzo. Sappiamo infatti che Vincenzo non è un vincitore ma un vinto, e magari fosse fruttuosamente vinto, come vogliamo che sia vinto tu dalla verità! Si pensa poi che tu, dando il nome di Vincenzo Vittore ai tuoi libri, che desideri far passare come dettati a te da Vincenzo in rivelazione, hai voluto astutamente e scaltramente, non tanto chiamarti Vincenzo, quanto chiamare lui Vittore, come se lui fosse stato vincitore dell'errore rivelandoti le verità da scrivere. Che ti giova questo, o figlio? Sii piuttosto un cattolico vero e non finto, perché lo Spirito Santo non ti sfugga e non ti possa aiutare per nulla quel Vincenzo nel quale per ingannarti si è mascherato lo spirito più maligno che esista: sono appunto del diavolo tutte quelle falsità, qualunque sia stata la sua frode per convincerti. Se dopo il mio avvertimento correggerai questi errori con pia umiltà e pace cattolica, essi saranno giudicati come errori d'un giovane molto avido di sapere e più desideroso d'emendarsi che di adagiarsi nell'errore. Se al contrario, e Dio te ne guardi, il diavolo ti convincerà pure ad una lotta pervicace in difesa dei tuoi errori, allora sarà necessario che essi siano condannati come eresie insieme al loro autore, evidentemente per un dovere pastorale e medicinale, prima che in mezzo al popolo incauto comincino a serpeggiare contagi rovinosi, se, con un amore solo di nome e non di fatto, si trascura d'applicare la disciplina salutare.
Il primo errore di Vittore: l'anima non creata dal nulla, ma dalla stessa essenza di Dio.
3. 3. Se cerchi di sapere quali siano quegli errori, potrai leggere i miei libri indirizzati ai nostri fratelli, il servo di Dio Renato e il presbitero Pietro, al quale ultimo hai stimato di dover scrivere i tuoi medesimi libri dei quali trattiamo, " obbedendo ", come asserisci, " alla volontà di lui che te li ha chiesti ". Te li daranno senza dubbio a leggere, se li vorrai, e te li suggeriranno anche se non li chiederai. Ma tuttavia non tacerò nemmeno qui gli errori dei quali mi preme soprattutto la correzione nei tuoi medesimi libri e nella tua fede. Il primo è questo: " Tu non vuoi che Dio abbia fatto l'anima così da averla fatta dal nulla, ma l'abbia fatta da se stesso ". E qui tu non vai a pensare che ne viene di conseguenza che l'anima sarebbe della stessa natura di Dio, perché conosci anche tu da te stesso quanto ciò sia empio. Per non cadere in tale empietà bisogna che tu dica che Dio è autore dell'anima così che essa sia stata fatta da lui, ma non tratta da lui. Quello che procede dall'essenza di Dio, come il Figlio unigenito, è della stessa natura di Dio. Perché l'anima non sia della medesima natura di Dio, essa è stata fatta, sì, da Dio, ma non tratta da Dio. Dunque o spiega donde sia stata fatta o confessa che è stata fatta dal nulla. Che significano mai le tue parole: " È una specie di particella dell'alito della natura di Dio "? Neghi forse che l'alito della natura di Dio sia della medesima natura di Dio, del quale alito l'anima sarebbe cotesta particella? Se lo neghi, logicamente Dio ha fatto dal nulla anche quest'alito, del quale tu vuoi che l'anima sia una particella. Oppure se Dio non l'ha fatto dal nulla, spiega donde l'abbia fatto. Se da se stesso, allora egli stesso sarebbe, e non sia mai, la materia della propria opera. Ma tu dici: " Quando Dio fa l'alito o il fiato da se stesso, Dio rimane integro in se stesso ", come se non rimanesse integra anche la fiamma d'una lucerna, quando da quella fiamma si accende un'altra lucerna, pur essendo della stessa natura e non di natura diversa.
Una similitudine sballata di Vittore.
4. 4. Tu dici: " Ma quando noi gonfiamo un otre non è che vi mettiamo dentro una qualche parte della nostra natura o della nostra qualità, perché il fiato che riempie e dilata l'otre viene emesso senza nessuna diminuzione di noi stessi ". A queste tue parole aggiungi ancora un paragone, ti ci fermi e ci insisti, come se fosse senza scampo, per farci capire in che modo Dio senza nessun detrimento della propria natura e faccia l'anima traendola da se stesso, e l'anima fatta e tratta da Dio non sia ciò che è Dio. Dici infatti: " È forse una parte della nostra anima il fiato spinto in un otre, o formiamo degli uomini quando gonfiamo degli otri, o subiamo un danno di noi stessi quando distribuiamo in direzioni diverse il nostro alito? Ma nessun danno soffriamo quando trasmettiamo il fiato da noi in direzione di qualcosa e, rimanendo piena in noi la qualità e integra la quantità del nostro fiato, non ricordiamo d'avvertire nessun danno dal gonfiamento d'un otre ". Considera quanto tu sia ingannato da questa similitudine che ti sembra abbastanza elegante e appropriata. Tu dici appunto che l'incorporeo Dio non ha fatto l'anima dal nulla, ma servendosi di se stesso alita un'anima corporea, mentre noi emettiamo un alito che, sebbene corporeo, è tuttavia più sottile dei nostri corpi, e non lo esaliamo dall'anima nostra, ma da quest'aria per mezzo di organi interni del nostro corpo. L'anima appunto, al cui cenno si muovono anche le altre membra del corpo, muove i polmoni come mantici a prendere e a rendere l'aria circostante. Oltre infatti agli alimenti solidi e liquidi, come le vivande e le bevande, Dio ha diffuso intorno a noi questo terzo elemento dell'aria. Noi ce ne appropriamo così necessariamente che senza mangiare e senza bere possiamo resistere a lungo, senza invece questo terzo alimento, che l'aria presente in ogni parte offre a noi che aspiriamo ed espiriamo, non possiamo vivere nemmeno per breve tempo. Come poi le vivande e le bevande non si devono soltanto immettere, ma anche emettere attraverso gli organi destinati a queste funzioni, perché non rechino danno né in un modo né in un altro, cioè o non entrando o non uscendo, così questo terzo alimento respirabile, poiché non lo si lascia rimanere a lungo dentro di noi e non si corrompe nel breve periodo che ci rimane, ma si emette appena si immette, non ebbe assegnati orifizi diversi, ma i medesimi, ossia la bocca o le narici o entrambe, e per entrare e per uscire.
L'errore di quella similitudine.
4. 5. Prova per te in te stesso quello che dico: emetti il fiato espirando e vedi se duri a non immetterlo, immettilo aspirando e vedi come ti senti a disagio se non torni ad emetterlo. Quando dunque gonfiamo un otre, come dici, facciamo precisamente quello che facciamo per vivere. La sola differenza è che allora tiriamo un po' più di fiato per emetterne un po' più e costringere, non con il quieto ritmo dell'aspirare e dell'espirare ma con lo sforzo di soffiare, l'aria respirata, cioè il vento, dentro l'otre da riempire e da dilatare. Perché allora dici: " Nessun danno soffriamo, quando trasmettiamo il fiato da noi in direzione di qualcosa e, rimanendo piena in noi la qualità e integra la quantità del nostro fiato, non ricordiamo d'avvertire nessun danno dal gonfiamento d'un otre "? Sembra proprio che tu, o figlio, se qualche volta hai gonfiato un otre, non ti sia accorto di quello che facevi. Di ciò che perdi soffiando non ti avvedi, perché lo riprendi subito. Ma lo puoi imparare con molta facilità, se è questo che vuoi e se non vuoi piuttosto difendere - essendo tu stesso gonfiato invece che gonfiare un otre - ciò che hai detto solo perché tu l'hai detto, e gonfiare con il vano strepito del tuo ventoso parlare i tuoi uditori, che dovresti edificare con insegnamenti veraci. In questa causa non ti rimando ad altro maestro che a te stesso. Spingi il fiato in un otre, chiudi subito la bocca, stringiti le narici e sperimenta almeno in questo modo la verità di quello che dico. Quando comincerai a soffrire un disagio insopportabile, che cosa desidererai di riavere con la bocca aperta e con le narici, se non credi d'aver perduto nulla quando hai soffiato? Sta' attento in quale sofferenza ti vieni a trovare, se non riprendi aspirando ciò che avevi emesso soffiando. Sta' attento a quali danni e perdite avrebbe provocato quel soffiare, se l'aspirazione non fosse intervenuta a ripararli. Se quanto hai speso nell'empire l'otre non ritornerà ad alimentarti attraverso gli aditi spalancati, che ti rimarrà, non dico per poter gonfiare un otre, ma per poter vivere?
La differenza tra noi e Dio.
4. 6. Tutto questo avresti dovuto considerare, quando scrivevi, e non valerti di cotesta similitudine di otri gonfiati o gonfiandi per presentarci un Dio che o ispira le anime servendosi di un'altra natura che esisteva già, come noi produciamo il fiato con quest'aria che ci avvolge, oppure presentarci, ma ciò e urta con la tua similitudine e gronda d'empietà, un Dio che certamente senza nessun danno di se stesso, ma tuttavia dalla sua propria natura o tira fuori qualcosa di mutevole o, ancora peggio, lo fa, come se egli stesso fosse la materia di ciò che fa. Per prendere dunque una qualche similitudine su questo argomento dal nostro fiato, ecco ciò che si deve piuttosto credere: come noi, non dalla nostra natura ma, poiché non siamo onnipotenti, da quest'aria nella quale siamo immersi e che prendiamo e rendiamo aspirando ed espirando, quando soffiamo facciamo un alito non vivente e non senziente, benché noi viviamo e sentiamo, proporzionalmente Dio, non dalla sua natura ma (poiché è tanto onnipotente da poter creare ciò che vuole) anche da ciò che non esiste affatto, ossia dal nulla, può fare un alito vivente e senziente, benché indiscutibilmente mutevole, mentre Dio non è mutevole in se stesso.
La risuscitazione del figlio della donna di Sunnem.
5. 7. Per quale scopo hai voluto aggiungere come esempio a questa similitudine il fatto del beato Eliseo, che risuscitò un morto alitandogli in faccia 3? Credi forse che l'alito di Eliseo si sia convertito nell'anima di quel ragazzo? Non potrei credere che tu esorbiti dalla verità fino a tal punto. Se dunque l'anima, che era stata tolta a quel fanciullo vivente perché morisse, gli fu restituita tale e quale perché rivivesse, com'è pertinente al nostro caso quello che dici tu: " Nulla fu tolto ad Eliseo ", quasi che si creda passato qualcosa dal profeta nel fanciullo che lo facesse vivere? Se l'hai detto perché Eliseo soffiò e rimase integro, che bisogno c'era che tu dicessi di Eliseo risuscitante un morto ciò che ugualmente potresti dire di qualsiasi persona respirante e non risuscitante nessuno? Hai parlato proprio incautamente - non essendo ammissibile che tu creda convertito nell'anima di quel ragazzo risuscitato il fiato di Eliseo - nel voler riporre la differenza tra il primo operato di Dio e l'operato di questo profeta nel fatto che Dio alitò una volta sola e il profeta tre volte. Ecco appunto quello che dici tu: " Eliseo, ad imitazione della prima origine, alitò sulla faccia del figlio morto di quella Sunamite. E benché una potenza divina riaccendesse per mezzo dell'alito del profeta le membra già morte e le rianimasse del vigore di prima, nulla fu diminuito ad Eliseo, per il cui alito quel cadavere riebbe rediviva l'anima e riebbe lo spirito. La sola differenza è che il Signore soffiò una volta sola sulla faccia d'Adamo ed egli fu vivo, tre volte soffiò Eliseo sulla faccia del morto ed egli fu redivivo ". Suonano così le tue parole, quasi che il divario sia soltanto nel numero dei soffi per non credere che il profeta abbia fatto lui pure quello che fece Dio. È dunque anche questo un punto che dev'essere corretto. Tra quell'opera di Dio e quest'opera di Eliseo ci corre così tanto! Dio soffiò l'alito della vita perché l'uomo diventasse un essere vivente 4. Eliseo soffiò invece un alito né senziente né vivente, ma raffigurante a scopo di significare qualcosa. Il profeta inoltre non fece rivivere quel ragazzo animandolo, ma amandolo impetrò che lo facesse rivivere Dio. Quanto poi alla tua affermazione che soffiò tre volte, o ti ha tradito la memoria, come suole accadere, o la mendosità d'un codice. A che servirebbe dire ancora di più? Per dimostrare questa verità non hai bisogno di cercare esempi e argomenti, ma piuttosto d'emendare e cambiare sentenza. Non voler dunque credere, non voler dunque dire, non voler insegnare che " Dio non fece l'anima dal nulla, ma dalla sua natura ", se vuoi essere cattolico.
Il secondo errore di Vittore.
6. 8. Non voler credere, né dire, né insegnare che " Dio per un tempo infinito dà le anime, e così sempre, come sempre è colui che le dà ", se vuoi esser cattolico. Ci sarà infatti un tempo che Dio non darà più le anime, pur non cessando egli d'esistere. Avrebbe potuto intendersi il tuo " sempre dà " nel senso di dare incessantemente, fin tanto che gli uomini generano e sono generati 5, come di certe donne è detto: Stanno sempre li ad imparare, senza riuscire mai a giungere alla conoscenza della verità 6. Qui con il " sempre " non si intende dire che non cesseranno mai di stare ad imparare, perché senza dubbio non ci staranno più quando avranno smesso di vivere in questo corpo o quando avranno cominciato ad ardere nel supplizio del fuoco della geenna. Tu invece non permetti d'intendere così la tua espressione " Sempre dà ", perché hai creduto di doverla riferire a un tempo infinito. E questo è poco. Ma come se ti si chiedesse di spiegare meglio quel tuo " Sempre dà ", aggiungi: " Come sempre è colui che dà ". Ciò è condannato assolutamente dalla fede sana e cattolica. Non possiamo credere che Dio continua a donare sempre le anime, come sempre esiste lui che le dà. Egli esiste per sempre così da non cessare mai di essere in avvenire. Le anime invece non continuerà a darle per sempre, ma cesserà certamente di darle quando sarà finito il secolo della generazione 7 e non nasceranno più quelli a cui debbono essere date.
Il terzo errore di Vittore.
7. 9. Non voler credere, né dire, né insegnare che " l'anima ha perduto un qualche merito a causa della carne, come se prima della carne fosse in possesso d'un merito buono ", se vuoi esser cattolico. L'Apostolo infatti nei riguardi di persone non ancora nate dice che non avevano fatto nulla né di bene né di male 8. Donde avrebbe dunque l'anima potuto avere un merito buono, senza aver fatto nulla di bene? O forse oserai dire che l'anima era vissuta bene prima della carne, se non puoi nemmeno dimostrare che sia preesistita? Come dunque puoi dire: " Tu non vuoi che l'anima contragga dalla carne del peccato la sua infermità, mentre vedi che la santità a sua volta arriva all'anima passando attraverso la carne, per restaurare la sua condizione con la medesima carne con la quale aveva perduto il suo merito "? Queste opinioni per cui si crede che l'anima prima della carne avesse un qualche stato buono e un qualche merito buono, se caso mai lo ignori, a parte gli antichi eretici, le ha già condannate la Chiesa cattolica anche recentemente nei priscillianisti.
Il quarto errore di Vittore.
7. 10. Non voler credere, né dire, né insegnare che " l'anima ricupera mediante la carne la sua condizione originale e rinasce per mezzo della medesima carne per la quale aveva meritato d'esser macchiata", se vuoi esser cattolico. Omettiamo pure che tu dicendo: " L'anima ricupera giustamente mediante la carne la sua condizione originale, che è sembrato per poco avesse perduta a causa della carne: comincia a rinascere mediante la medesima carne per la quale aveva meritato d'esser macchiata", tanto alla svelta sei stato contrario a te stesso. Infatti pur avendo detto poco prima che l'anima ripara il suo stato per mezzo della medesima carne a causa della quale aveva perduto il suo merito - e qui non si può intendere in nessun modo se non un merito buono, che tu vuoi senz'altro riparato attraverso la carne nel battesimo -, vieni poi a dire viceversa che l'anima a causa della carne meritò d'esser macchiata - e qui non si può intendere più un merito buono, ma uno cattivo -. Omettiamo pure questa tua contraddizione ma credere che l'anima prima della carne abbia avuto un qualche merito o buono o cattivo non è affatto cattolico.
Il quinto errore di Vittore.
8. 11. Non voler credere, né dire, né insegnare che " l'anima meritò d'esser peccatrice prima d'ogni peccato ", se vuoi esser cattolico. Perché è un gran merito cattivo aver meritato di diventare peccatrice. E certamente un merito tanto cattivo non l'avrebbe potuto avere in nessun modo prima d'ogni peccato, specialmente prima di venire nella carne, quando non poteva avere nessun merito, né cattivo né buono. Come puoi dunque dire: " Se l'anima che non poteva esser peccatrice meritò d'esser peccatrice, non rimase tuttavia nel peccato, perché modellata sul Cristo non doveva esser nel peccato 9 come non lo poteva essere "? Sta' attento a quello che dici e smetti subito di dirlo. In che modo infatti meritò d'esser peccatrice e perché non lo poteva essere? In qual modo, dimmi, ti prego, meritò d'esser peccatrice un'anima che non visse malamente? In qual modo dimmi, ti prego, diventò peccatrice un'anima che non poteva esser peccatrice? Oppure, se dici che " non poteva" intendendo che non l'avrebbe potuto fuori dalla carne, allora perché ha meritato di diventare peccatrice per essere, a causa di questo merito, inviata nella carne, atteso che prima della carne non avrebbe potuto esser peccatrice per meritare così alcunché di male?
Il sesto errore di Vittore.
9. 12. Non voler credere, né dire, né insegnare che " i bambini, prevenuti dalla morte prima d'esser battezzati, possono giungere all'indulgenza dei peccati originali ", se vuoi essere cattolico. Gli esempi che t'ingannano, o quello del ladrone che confessò il Signore sulla croce 10, o quello di Dinocrate, fratello di santa Perpetua, non ti giovano affatto a sostenere la sentenza di questo errore. Quanto appunto a quel ladrone, sebbene si sia potuto contare per giudizio divino tra quelli che si purificano con la confessione del martirio, ignori tuttavia anche se sia stato battezzato. Per omettere che si crede possibile sia stato bagnato dall'acqua sgorgata con il sangue dal fianco del Signore, crocifisso com'era accanto a lui, e sia stato lavato da un tale battesimo più che santo, che diresti se era stato battezzato in carcere, come anche in seguito durante la persecuzione alcuni lo poterono ottenere di nascosto? E se lo fosse stato prima d'essere arrestato? Non è che le leggi dello Stato gli potessero concedere il perdono quanto alla morte corporale perché aveva ricevuto da Dio la remissione dei peccati. E se si era buttato al delitto e alla delinquenza del latrocinio dopo esser stato battezzato e ricevé il perdono delle colpe commesse da battezzato, non come privo del battesimo, ma come penitente? Questo è certo: la sua pietà apparve tanto sincera, al Signore nel suo animo e a noi nelle sue parole. Se sostenessimo che si sono dipartiti da questa vita senza il battesimo quanti non ci risultano battezzati dalle Scritture faremmo torto agli stessi Apostoli, dei quali, al di fuori dell'apostolo Paolo 11, ignoriamo quando siano stati battezzati. Ma se possiamo ritenere battezzati gli stessi Apostoli per quello che disse il Signore al beato Pietro: Chi ha fatto il bagno, non ha bisogno di lavarsi 12, che pensare degli altri dei quali non leggiamo nemmeno questo: Barnaba, Timoteo, Tito, Sila, Filemone, degli stessi evangelisti Marco e Luca, di altri senza numero che lungi da noi dubitare siano stati battezzati, benché non lo leggiamo? Quanto a Dinocrate, ragazzo di sette anni, un'età in cui i fanciulli quando vengono battezzati rendono già il Simbolo e rispondono da sé alle interrogazioni, non so perché non ti sia sembrato possibile che dopo il battesimo sia stato ricondotto dall'empio suo padre ai sacrilègi dei pagani e si sia trovato per questo in mezzo alle pene, dalle quali fu liberato per le preghiere della sorella. Non hai infatti letto nemmeno di lui che o non sia mai stato cristiano o sia morto catecumeno. Per quanto, il racconto dove hai letto di lui non è in quel canone delle Scritture, da dove devono esser prese le testimonianze in questioni di tale importanza.
Il settimo errore di Vittore.
10. 13. Non voler credere, né dire, né insegnare così: " Quelli che il Signore ha predestinati al battesimo possono esser sottratti alla sua predestinazione e morire prima che si compia in essi quanto l'Onnipotente ha predestinato ", se vuoi esser cattolico. Non so infatti quale potere si dia in queste parole contro il potere di Dio ad eventi che con il loro irrompere repentino impediscano d'avverarsi a ciò che Dio ha predestinato. In quanto grande gorgo d'empietà risucchi l'errante questo errore non c'è bisogno di sottolinearlo, perché a un uomo prudente e pronto a correggersi deve bastare un rapido ammonimento. Queste sono precisamente le tue parole: " Diciamo che bisogna tenere conto di questi bambini che, predestinati al battesimo, sono prevenuti dal tramonto della vita presente prima che rinascano nel Cristo". Dunque questi bambini predestinati al battesimo sono prevenuti dal tramonto della vita presente prima d'esser pervenuti al sacramento, e Dio predestinerebbe un evento di cui ha previsto che non si sarebbe avverato o non ha previsto che non si sarebbe avverato, cosicché sarebbe o frustrata la sua predestinazione o ingannata la sua previsione? Tu vedi quanto grandi critiche si potrebbero fare a questo proposito, se io non mi attenessi a ciò che ho detto poco prima, ossia d'essere rapido nell'ammonirti su questo tema.
L'ottavo errore di Vittore.
10. 14. Non voler credere, né dire, né insegnare questo: " Dei bambini prevenuti dalla morte prima di rinascere nel Cristo è stato scritto: Fu rapito, perché la malizia non ne mutasse i sentimenti o l'inganno non ne traviasse l'animo. Per questo lo tolse in fretta da un ambiente malvagio, perché la sua anima fu gradita al Signore; e: Giunto in breve alla perfezione, ha compiuto una lunga carriera 13 ", se vuoi esser cattolico. Questo passo non riguarda affatto costoro, bensì coloro che, battezzati e viventi nella pietà, non vengono lasciati a vivere su questa terra per lungo tempo, raggiungendo essi la perfezione non con gli anni, ma con la grazia della sapienza. Cotesto errore, per cui si pensa che questo passo si riferisca ai bambini che muoiono prima d'esser battezzati, reca un'offesa intollerabile allo stesso sacrosanto lavacro, se un bambino che avrebbe potuto esser rapito dopo il battesimo, viene rapito prima, perché la malizia non ne muti i sentimenti o perché l'inganno non ne travii l'animo, come se si riponesse nello stesso battesimo tale malizia ed inganno, per cui si perverta e si corrompa, se non viene rapito prima. Inoltre, perché la sua anima gli era gradita il Signore l'avrebbe tolto in fretta da un ambiente malvagio così da non aspettare nemmeno per pochi istanti di adempiere in lui quanto aveva predestinato, ma da preferire di fare contro la propria predestinazione, quasi preoccupato che altrimenti fosse distrutto nel battesimo ciò che gli piaceva in un bambino non battezzato, come se un bambino morituro si perda proprio là dove si deve correre con lui perché non si perda. Chi dunque leggendo queste parole scritte nel libro della Sapienza le crederebbe, le direbbe, le scriverebbe, le proclamerebbe come dette dei bambini morti senza il battesimo, se le soppesasse, come sarebbe necessario?
Il nono errore di Vittore.
11. 15. Non voler credere, né dire, né insegnare così: " Alcuni di quei posti che il Signore disse numerosi nella casa del Padre suo sono fuori del regno di Dio ", se vuoi esser cattolico. Non ha detto infatti nel modo in cui hai riferito tu questo testo: " Molti posti ci sono presso il Padre mio ". Anche se l'avesse detto, quei posti non si dovrebbero intendere se non dentro la casa del Padre suo. Ma ha detto apertamente: Nella casa del Padre mio ci sono molti posti 14. Chi oserà pertanto separare alcuni posti della casa di Dio dal regno di Dio, di modo che, mentre i re della terra si trovano a regnare non solo nella loro casa, non solo nella loro patria, ma in lungo e in largo anche al di là del mare, si dica del Re che ha fatto il cielo e la terra che non regna nemmeno in tutta la sua casa?
Regno di Dio e Regno dei cieli.
11. 16. Ma potrai dire probabilmente che tutti i posti appartengono, sì, al regno di Dio, perché egli regna nei cieli, regna sulla terra, negli abissi, nel paradiso, nell'inferno - dove non regna infatti Dio, il cui potere è il sommo potere dovunque? -, ma che altro è il regno dei cieli, dove non possono accedere se non coloro che sono stati lavati dal lavacro della rigenerazione, in forza della sentenza vera e perentoria del Signore 15, e altro è invece il regno della terra o delle altre parti del creato, dove possono esserci dei posti della casa di Dio, che appartengono bensì al regno di Dio, non tuttavia al regno dei cieli, dove il regno di Dio è più bello e più beato che altrove. Così si otterrebbe per un verso di non separare sacrilegamente alcune parti e alcuni posti della casa di Dio dal regno di Dio e per l'altro verso si ottiene però che non tutti i posti siano preparati nel regno dei cieli, e che nei posti che non sono nel regno dei cieli possano abitare felicemente i non battezzati ai quali Dio li abbia voluti assegnare perché siano nel regno di Dio, per quanto, non essendo stati battezzati, non possano stare nel regno dei cieli.
I benefici del Regno di Dio.
11. 17. A coloro che dicono questo sembra certamente di dire il vero, perché guardano con negligenza alle Scritture e non capiscono in quale senso si dica regno di Dio, per il quale preghiamo domandando: Venga il tuo regno 16. Regno di Dio si dice dove regnerà beatamente ed eternamente con lui tutta la sua fedele famiglia. Quanto infatti al potere che Dio ha su tutte le cose, egli regna certamente anche adesso. Cos'è dunque pregare che venga il suo regno se non pregare che noi meritiamo di regnare con lui? Sotto invece il potere di Dio staranno anche coloro che arderanno nella pena del fuoco eterno: sarà mai possibile che diciamo che anch'essi saranno per questo nel regno di Dio? Altra cosa infatti è l'esaltazione nostra che proviene dalla munificenza del regno di Dio e altra cosa è la coercizione nostra che proviene dalla giurisprudenza del regno di Dio. Ma perché ti apparisca chiarissimo che non si deve assegnare il regno dei cieli ai battezzati e dare altre parti del regno di Dio a chi ti è parso dei non battezzati, ascolta il Signore stesso il quale non dice: " Chi non sarà rinato dall'acqua e dallo Spirito, non può entrare nel regno dei cieli ", ma dice: Non può entrare nel regno di Dio 17. Le sue parole infatti a Nicodemo su questo argomento sono le seguenti: In verità, in verità, ti dico, se uno non sarà nato di nuovo, non può vedere il regno di Dio 18. Ecco, qui non dice: " Regno dei cieli ", ma: " di Dio ". E avendo risposto Nicodemo: Come può un uomo nascere quando è vecchio? Può forse entrare una seconda volta nel grembo di sua madre e rinascere? 19, il Signore, ripetendo con più chiarezza ed esplicitezza la medesima sentenza, dice: In verità, in verità, ti dico, se uno non rinasce dall'acqua e dallo Spirito, non può entrare nel regno di Dio 20. Ecco, nemmeno qui dice " Regno dei cieli ", ma " Regno di Dio ". Quanto aveva detto con le parole: Se uno non nasce di nuovo, lo spiega dicendo: Se uno non rinasce dall'acqua e dallo Spirito. Quanto aveva detto con le parole: Non può vedere, lo spiega dicendo: Non può entrare. Quanto invece aveva detto con le parole: " Regno di Dio ", lo ripete senza usare un'espressione diversa. Né ora dobbiamo chiederci e discutere se il regno di Dio e il regno dei cieli siano da intendersi con qualche differenza tra loro o siano una sola e medesima realtà chiamata con nomi diversi. Basta questo: non può entrare nel regno di Dio chi non è stato lavato dal lavacro della rigenerazione. Separare poi dal regno di Dio alcuni soggiorni preparati nella casa di Dio quanto sia fuori dalla via della verità penso che ormai tu lo capisca. Perciò, quanto alla tua opinione che alcuni posti dei molti che il Signore ha detto trovarsi nella casa del Padre suo saranno occupati anche da certe persone non rinate dall'acqua e dallo Spirito, ti esorto, se permetti, perché tu mantenga la fede cattolica, a non indugiare nel correggerla.
Il decimo errore di Vittore.
12. 18. Non voler credere, né dire, né insegnare che " si deve offrire il sacrificio dei cristiani per coloro che sono usciti dal corpo senza il battesimo ", se vuoi esser cattolico. Nemmeno di quel sacrificio dei giudei, che tu hai ricordato dal libro dei Maccabei 21, dimostri che fu offerto per soldati che erano usciti dal corpo senza esser stati circoncisi. Nella quale tua sentenza, tanto nuova e proferita da te contro l'autorità e la disciplina di tutta la Chiesa, hai usato perfino un verbo insolentissimo, dicendo: " Decreto senz'altro che si offrano per essi assidue oblazioni e continui sacrifici da parte di santi sacerdoti ", e così tu, laico, ti sei messo non al di sotto dei sacerdoti di Dio nell'imparare, non alla pari di essi almeno nel cercare, ma al di sopra di essi nel decretare come un censore. Butta via, o figlio, questi atteggiamenti. Non è così che si cammina sulla via che l'umile Cristo insegnò esser lui stesso, e nessuno con questo tumore di superbia entra per la sua porta stretta 22.
L'undicesimo errore di Vittore.
13. 19. Non credere, né dire, né insegnare così: " Alcuni di quelli che emigreranno da questa vita senza il battesimo del Cristo, non vanno per ora nel regno dei cieli, ma nel paradiso, poi invece alla risurrezione dei morti raggiungeranno anche la beatitudine del regno dei cieli ", se vuoi esser cattolico. Questo infatti non ha osato concederlo a costoro nemmeno l'eresia pelagiana, la quale pur crede che i bambini non contraggano il peccato originale, mentre tu al contrario, benché confessi come cattolico che nascono con il peccato, tuttavia, non so per quale novità di un'opinione ancora più errata, asserisci che senza il battesimo della salvezza ricevono e l'assoluzione da questo peccato con il quale nascono, e l'ammissione nel regno dei cieli. Né rifletti quanto in questa causa tu pensi peggio di Pelagio. Costui, temendo appunto la sentenza del Signore che non permette ai non battezzati l'ingresso nel regno dei cieli, non osa mandarci i bambini, sebbene li creda liberi da ogni peccato. Tu al contrario disprezzi tanto quello che il Signore ha detto: Se uno non sarà rinato dall'acqua e dallo Spirito, non può entrare nel regno di Dio 23, che, a parte l'errore per cui osi separare il paradiso dal regno di Dio, a certuni, che come cattolico credi nascere rei di peccato e che sono morti senza il battesimo, non dubiti di promettere e l'assoluzione di quel reato e per giunta il regno dei cieli. Quasi che tu possa essere un vero cattolico nel sostenere contro Pelagio il peccato originale, se sarai un nuovo eretico nell'abbattere contro il Signore la sua sentenza sul battesimo. Noi, o carissimo, non vogliamo che tu sia vincitore degli eretici in tal modo che un errore vinca un altro errore e, peggio ancora, che un errore maggiore vinca un errore minore. Tu dici infatti: " Se qualcuno non si contentasse eventualmente di credere che alle anime del ladrone e di Dinocrate sia stato concesso provvisoriamente e temporaneamente il paradiso, poiché secondo lui ci sarà ancora per essi nella risurrezione il premio del regno dei cieli, sebbene a ciò si opponga quella solenne sentenza del Principe: Chi non sarà rinato dall'acqua e dallo Spirito Santo, non entrerà nel regno, si abbia nondimeno in questa parte anche il mio non ostile consenso, atteso che si tratta d'amplificare l'effetto e l'affetto della misericordia e della prescienza divina ". Queste sono le tue parole, dove confessi di consentire con chi dice che ad alcuni non battezzati è conferito temporaneamente il paradiso, così che resti ad essi di ricevere il premio del regno dei cieli nella risurrezione, contro la sentenza del nostro Principe per la quale è stabilito che non entrerà in quel regno chi non sarà rinato dall'acqua e dallo Spirito Santo. Pelagio, temendo di violare questa sentenza principesca, nemmeno di quegli stessi che non credette rei di peccato credette che potessero entrare nel regno dei cieli senza il battesimo: tu viceversa e confessi che i bambini sono rei di peccato originale, e tuttavia li assolvi senza il lavacro della rigenerazione, e li ammetti nel paradiso, e permetti che entrino in seguito anche nel regno dei cieli.
Esortazione di Agostino a Vittore perché sia fedele ai propri propositi.
14. 20. Questi e simili errori, se anche altri ne troverai nei tuoi libri, più attento e più libero di me, correggili subito senza più nessun indugio, se porti dentro di te un animo cattolico, cioè se hai premesso con sincerità quello che hai detto, ossia " che quanto alla possibilità che si approvino le affermazioni che avresti fatte neppure tu credevi a te stesso, e stai sempre attento a non difendere nemmeno la propria sentenza, qualora appaia non approvabile, e ti sta a cuore di seguire piuttosto pareri che siano più buoni e più veri, condannando il tuo proprio giudizio ". Dimostra adesso, o carissimo, che non hai fatto falsamente queste promesse, cosicché della tua indole non solo ingegnosa, ma anche cauta, pia, modesta, goda la Chiesa cattolica, e non divampi da una litigiosa ostinazione una ereticale alienazione. Questo è per te il momento di dimostrare con quanta sincerità d'animo, dopo queste tue buone parole che ho ricordate, abbia subito soggiunto: " Come infatti è segno d'ottima volontà e di lodevole disposizione la facilità a lasciarsi condurre ad opinioni più vere, così è segno di giudizio malvagio ed ostinato non volersi piegare prontamente alle indicazioni della ragione ". Dimostra dunque d'avere ottima volontà e lodevole disposizione, làsciati condurre con facilità ad opinioni più vere, e non essere di giudizio malvagio ed ostinato, così da non volerti piegare prontamente alle indicazioni della ragione. Se queste promesse le hai fatte con libertà interiore, se non le hai fatte risuonare soltanto esteriormente sulle tue labbra, ma le hai sentite interiormente e genuinamente nel tuo cuore, tu nel bene tanto grande della tua correzione avresti in odio anche gli indugi. Non ti è bastato appunto dire che " è segno di un giudizio malvagio ed ostinato non volersi piegare alle indicazioni della ragione ", ma hai aggiunto: " prontamente ", per indicare così quanto sia riprovevole chi non compie mai questo bel passo, se chi lo compie con ritardo ti sembra condannabile con tanta severità da meritare d'esser dichiarato di giudizio malvagio ed ostinato. Ascolta dunque te stesso e goditi, tu principalmente e massimamente, i frutti delle tue parole, per volgerti con la gravità della mente alla via della ragione, più svelto di quanto fosti nell'allontanartene con meno scienza e con poca prudenza per uno sbandamento di giovinezza.
Agostino esorta Vittore a correggere subito almeno gli undici errori principali.
14. 21. Sarebbe troppo lungo fare l'analisi e la discussione di tutti i punti che voglio emendati da te nei tuoi libri o meglio in te stesso, e renderti conto almeno brevemente delle singole correzioni da apportare. Né questa sia tuttavia una ragione perché tu disprezzi te stesso e creda che siano degne di poca stima la tua intelligenza e la tua eloquenza. Né piccola ho costatato essere in te la reminiscenza delle sante Scritture, ma la tua erudizione è inferiore a quello che si addiceva al tuo ingegno così grande e alla tua impresa. Non voglio pertanto né che tu t'invanisca attribuendoti più del conveniente, né che d'altra parte ti avvilisca abbattendoti e disperandoti. Magari potessi io leggere con te i tuoi libri e mostrarti, dialogando anziché scrivendo, i punti che sono da emendare. Questo compito si porterebbe a termine con più facilità per mezzo di colloqui tra noi che per mezzo di scritti, e se i colloqui si dovessero scrivere, avrebbero bisogno di molti volumi. Ma quanto a questi errori capitali, che ho voluto anche restringere dentro un determinato numero, ti ammonisco insistentemente di non rimandarne la correzione e d'allontanarli assolutamente dalla tue fede e dalla tua predicazione, perché, così capace come sei di discutere, adoperi questo dono di Dio utilmente ad edificare e non a distruggere la sana e salutare dottrina.
Riassunto degli undici errori principali di Vittore.
15. 22. Sono dunque questi gli errori capitali, dei quali ho già trattato, come ho potuto, e che ricapitolerò ripetendoli brevemente. Il primo è che hai detto: " Dio non fece l'anima dal nulla ma da se stesso ". Il secondo: " Per un tempo infinito e sempre Dio dà le anime, come sempre è lui che le dà ". Il terzo: " L'anima ha perduto a causa della carne un qualche merito che aveva prima della carne ". Il quarto: " L'anima ripara mediante la carne la sua condizione originale e rinasce per mezzo della carne, come a causa della carne aveva meritato d'esser macchiata ". Il quinto: " L'anima prima d'ogni suo peccato meritò d'esser peccatrice ". Il sesto: " I bambini prevenuti dalla morte prima d'esser battezzati possono pervenire all'indulgenza dei peccati originali ". Il settimo: " Quelli che Dio ha predestinati al battesimo, possono esser sottratti alla sua predestinazione e morire prima che sia compiuto in essi quanto ha predestinato l'Onnipotente ". L'ottavo: " Dei bambini che prima di rinascere nel Cristo vengono prevenuti dal tramonto, è scritto: Fu rapito, perché la malizia non ne mutasse l'intelligenza, ecc., come si legge nel libro della Sapienza 24. Il nono: " Alcuni di quei posti che il Signore disse essere nella casa del Padre suo, si trovano fuori dal regno di Dio ". Il decimo: " Il sacrificio dei cristiani si deve offrire per coloro che sono usciti dal corpo non ancora battezzati ". L'undicesimo: " Alcuni di coloro che emigrano da questa vita senza il battesimo del Cristo, non vanno per ora nel regno, ma nel paradiso, dopo però nella risurrezione dei morti giungono anche alla beatitudine del regno dei cieli".
Incoraggiamento a Vittore.
15. 23. Per ora sono questi undici errori, grandemente e apertamente perversi e avversi alla fede cattolica, che devi subito adesso senza nessun indugio estirpare e buttare via dal tuo sentire, dal tuo parlare, dal tuo scrivere, se vuoi che noi godiamo non soltanto del tuo passaggio agli altari cattolici, ma della tua vera identità cattolica. Perché, se questi errori si difendessero ostinatamente uno ad uno, potrebbero fare tante eresie, quante sono le opinioni che si contano in essi. Considera perciò quanto sia orribile che si trovino tutte insieme in una sola persona queste eresie, che sarebbero condannabili anche se distribuite una per una ad altrettante persone. Ma se tu non battaglierai a pro di esse con nessuna animosità e se anzi le sbaraglierai con il tuo parlare e con il tuo scrivere sincero, sarai verso te stesso un censore più lodevole che se tu censurassi con giusto motivo chiunque altro, e di tali errori sarai un correttore più degno d'ammirazione che se non ne fossi mai stato un portatore. Assista il Signore la tua mente ed immetta nel tuo spirito con il suo Spirito tanta facilità d'umiltà, tanta luce di verità, tanta dolcezza di carità, tanta pace di pietà che tu voglia esser vincitore del tuo animo nella verità piuttosto che vincitore di qualsiasi tuo oppositore nella falsità. Lungi poi da te il pensiero d'aver abbandonato la fede cattolica abbracciando questi errori, sebbene essi siano avversi alla fede cattolica, se davanti a Dio, il cui occhio non fallisce nel cuore di nessuno, hai coscienza d'aver detto con sincerità che " quanto alla possibilità che si approvino le affermazioni che avresti fatte, non credi nemmeno a te stesso, e stai sempre attento a non difendere nemmeno la propria sentenza, qualora appaia non approvabile, perché ti sta a cuore di seguire piuttosto pareri che siano più buoni e più veri, condannando il proprio giudizio ". Cotesto è appunto un animo che, anche in detti che per ignoranza non siano cattolici, è cattolico per la stessa premeditazione e predisposizione a correggersi. Ma terminiamo qui il presente volume e qui il lettore si riposi un poco, perché la sua attenzione si rinnovi per applicarsi da capo alle pagine che seguiranno.
Note:
1 - 2 Cor 11, 14.
2 - Sap 1, 5.
3 - 2 Re 4, 34-35.
4 - Cf. Gn 2, 7.
5 - Cf. Lc 20, 34.
6 - 2 Tm 20, 34.
7 - 2 Tm 3, 7.
8 - Cf. Rm 9, 11.
9 - Cf. Ef 5, 26.
10 - Cf. Lc 23, 43.
11 - Cf. At 9, 18.
12 - Gv 13, 10.
13 - Sap 4, 11. 13-14.
14 - Gv 14, 2.
15 - Cf. Tt 3, 5; 1 Cor 6, 11; Mc 16, 16.
16 - Mt 6, 10.
17 - Gv 3, 5.
18 - Gv 3, 3.
19 - Gv 3, 4.
20 - Gv 3, 4.
21 - 2 Mac 12, 39-46.
22 - Cf. Gv 14, 6; Mt 7, 13; Lc 13, 24.
23 - Gv 3, 5.
24 - Sap 4, 11.
Capitolo LII: L’uomo non si creda meritevole di essere consolato, ma piuttosto di essere colpito
Libro III: Dell'interna consolazione - Tommaso da Kempis
Leggilo nella Biblioteca1. E' giusto, o Signore, quello che fai con me quando mi lasci abbandonato e desolato; perché della tua consolazione o di alcuna tua visita spirituale io non son degno, e non lo sarei neppure se potessi versare tante lacrime quanto un mare. Altro io non merito che di essere colpito e punito, per averti offeso, spesso e in grave modo, e per avere, in molte occasioni peccato grandemente. Dunque, a conti fatti, in verità, io non sono meritevole del minimo tuo conforto. Ma tu, Dio clemente e pietoso, per manifestare l'abbondanza della tua bontà in copiosa misericordia, non vuoi che l'uomo, opera della tue mani, perisca; inoltre ti degni di consolare il tuo servo, anche al di là di ogni merito, in modo superiore all'umano: ché non somigliano ai discorsi degli uomini, le tue parole consolatrici. O Signore, che cosa ho fatto perché tu mi abbia a concedere qualche celeste conforto? Non rammento di aver fatto nulla di buono; rammento invece di essere sempre stato facile al vizio e tardo all'emendamento. Questa è la verità; non posso negarlo. Se dicessi il contrario, tu ti porresti contro di me, e nessuno verrebbe a difendermi. Che cosa ho meritato con i mie peccati, se non l'inferno e il fuoco eterno?
2. Sinceramente lo confesso, io sono meritevole di essere vituperato in tutti i modi, e disprezzato, non già di essere annoverato tra i tuoi fedeli. Anche se questo me lo dico con dolore, paleserò chiaramente, contro di me, per amore di verità, i miei peccati, così da rendermi degno di ottenere più facilmente la tua misericordia. Che dirò, colpevole quale sono, e pieno di vergogna? Non ho la sfrontatezza di pronunziare parola; se non questa soltanto: ho peccato, Signore, ho peccato, abbi pietà di me, dammi il tuo perdono. "Lasciami un poco; lascia che io pianga tutto il mio dolore, prima di andare nel luogo della tenebra, coperto dalla caligine della morte" (Gb 10,20s). Che cosa chiedi massimamente dal colpevole, dal misero peccatore, se non che egli si penta e si umilii per le sue colpe? Dalla sincera contrizione e dall'umiliazione interiore sboccia la speranza del perdono, e ritrova se stessa la coscienza sconvolta; l'uomo riacquista la grazia perduta e trova riparo dall'ira futura. Dio e l'anima penitente si incontrano in un vicendevole santo bacio. Sacrificio a te gradito, o Signore - sacrificio che odora, al tuo cospetto, molto più soave del profumo dell'incenso - è l'umile sincero pentimento dei peccatori. E' questo pure l'unguento gradito che hai voluto fosse versato sui tuoi sacri piedi, giacché tu non hai disprezzato "un cuore contrito ed umiliato" (Sal 50,19). In questo sincero pentimento si trova rifugio dalla faccia minacciosa del nemico. Con esso si ripara e si purifica tutto ciò che, da qualche parte, fu deturpato e inquinato.
3-55 Marzo 25, 1900 Il Verbo di Dio nell’incarnarsi divenne luce delle anime.
Luisa Piccarreta (Libro di Cielo)
(1) Questa mattina il mio adorabile Gesù, nell’atto di venire, mi ha detto:
(2) “Come il sole è la luce del mondo, così il Verbo di Dio nell’incarnarsi divenne la luce delle anime, e come il sole materiale dà luce in generale ed a ciascuno in particolare, tanto che ognuno lo può godere come se fosse suo proprio, cosi il Verbo, mentre dà luce in generale è sole per ciascuno in particolare, tanto vero, che questo sole divino ognuno lo può tenere con sé come se fosse solo”.
(3) Chi può dire quello che comprendevo su di questa luce ed i benefici effetti che ridondano nelle anime che tengono questo sole come se fosse loro proprio? Mi pareva che l’anima, possedendo questa luce, mette in fuga le tenebre, come il sole materiale col spuntare sul nostro orizzonte mette in fuga le tenebre della notte. Questa luce divina, se l’anima è fredda, la riscalda; se è nuda di virtù, la rende feconda; se inondata dal morbo pestifero della tiepidezza, col suo calore assorbe quell’umore cattivo; in una parola, per non andare troppo per le lunghe, questo sole divino, introducendo nel centro della sua sfera, ricopre l’anima con tutti i suoi raggi e giunge a trasformare l’anima nella sua stessa luce.
(4) Dopo ciò, siccome io mi sentivo tutta affranta, Gesù, volendomi ristorare mi ha detto:
(5) “Questa mattina voglio dilettarmi in te”.
(6) Ed ha incominciato a fare i suoi soliti stratagemmi amorosi.