Liturgia delle Ore - Letture
Venerdi dell'Ottava di Pasqua (San Marco Evangelista)
Vangelo secondo Matteo 23
1Allora Gesù si rivolse alla folla e ai suoi discepoli dicendo:2"Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei.3Quanto vi dicono, fatelo e osservatelo, ma non fate secondo le loro opere, perché dicono e non fanno.4Legano infatti pesanti fardelli e li impongono sulle spalle della gente, ma loro non vogliono muoverli neppure con un dito.5Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dagli uomini: allargano i loro filattéri e allungano le frange;6amano posti d'onore nei conviti, i primi seggi nelle sinagoghe7e i saluti nelle piazze, come anche sentirsi chiamare "rabbì" dalla gente.8Ma voi non fatevi chiamare "rabbì", perché uno solo è il vostro maestro e voi siete tutti fratelli.9E non chiamate nessuno "padre" sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello del cielo.10E non fatevi chiamare "maestri", perché uno solo è il vostro Maestro, il Cristo.11Il più grande tra voi sia vostro servo;12chi invece si innalzerà sarà abbassato e chi si abbasserà sarà innalzato.
13Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che chiudete il regno dei cieli davanti agli uomini; perché così voi non vi entrate, e non lasciate entrare nemmeno quelli che vogliono entrarci14.
15Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che percorrete il mare e la terra per fare un solo proselito e, ottenutolo, lo rendete figlio della Geenna il doppio di voi.
16Guai a voi, guide cieche, che dite: Se si giura per il tempio non vale, ma se si giura per l'oro del tempio si è obbligati.17Stolti e ciechi: che cosa è più grande, l'oro o il tempio che rende sacro l'oro?18E dite ancora: Se si giura per l'altare non vale, ma se si giura per l'offerta che vi sta sopra, si resta obbligati.19Ciechi! Che cosa è più grande, l'offerta o l'altare che rende sacra l'offerta?20Ebbene, chi giura per l'altare, giura per l'altare e per quanto vi sta sopra;21e chi giura per il tempio, giura per il tempio e per Colui che l'abita.22E chi giura per il cielo, giura per il trono di Dio e per Colui che vi è assiso.
23Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che pagate la decima della menta, dell'anèto e del cumìno, e trasgredite le prescrizioni più gravi della legge: la giustizia, la misericordia e la fedeltà. Queste cose bisognava praticare, senza omettere quelle.24Guide cieche, che filtrate il moscerino e ingoiate il cammello!
25Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che pulite l'esterno del bicchiere e del piatto mentre all'interno sono pieni di rapina e d'intemperanza.26Fariseo cieco, pulisci prima l'interno del bicchiere, perché anche l'esterno diventi netto!
27Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che rassomigliate a sepolcri imbiancati: essi all'esterno son belli a vedersi, ma dentro sono pieni di ossa di morti e di ogni putridume.28Così anche voi apparite giusti all'esterno davanti agli uomini, ma dentro siete pieni d'ipocrisia e d'iniquità.
29Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che innalzate i sepolcri ai profeti e adornate le tombe dei giusti,30e dite: Se fossimo vissuti al tempo dei nostri padri, non ci saremmo associati a loro per versare il sangue dei profeti;31e così testimoniate, contro voi stessi, di essere figli degli uccisori dei profeti.32Ebbene, colmate la misura dei vostri padri!
33Serpenti, razza di vipere, come potrete scampare dalla condanna della Geenna?34Perciò ecco, io vi mando profeti, sapienti e scribi; di questi alcuni ne ucciderete e crocifiggerete, altri ne flagellerete nelle vostre sinagoghe e li perseguiterete di città in città;35perché ricada su di voi tutto il sangue innocente versato sopra la terra, dal sangue del giusto Abele fino al sangue di Zaccaria, figlio di Barachìa, che avete ucciso tra il santuario e l'altare.36In verità vi dico: tutte queste cose ricadranno su questa generazione.
37Gerusalemme, Gerusalemme, che uccidi i profeti e lapidi quelli che ti sono inviati, quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli, come una gallina raccoglie i pulcini sotto le ali, e voi non avete voluto!38Ecco: 'la vostra casa vi sarà lasciata deserta!'39Vi dico infatti che non mi vedrete più finché non direte: 'Benedetto colui che viene nel nome del Signore!'".
Primo libro delle Cronache 15
1Egli si costruì edifici nella città di Davide, preparò il posto per l'arca di Dio ed eresse per essa una tenda.2Allora Davide disse: "Nessuno, se non i leviti, porti l'arca di Dio, perché Dio li ha scelti come portatori dell'arca e come suoi ministri per sempre".
3Davide convocò tutto Israele in Gerusalemme per trasportare l'arca del Signore nel posto che le aveva preparato.4Davide radunò i figli di Aronne e i leviti.5Dei figli di Keat: Urièl il capo con i centoventi fratelli;6dei figli di Merari: Asaia il capo con i duecentoventi fratelli;7dei figli di Gherson: Gioele il capo con i centotrenta fratelli;8dei figli di Elisafan: Semaia il capo con i duecento fratelli;9dei figli di Ebron: Eliel il capo con gli ottanta fratelli;10dei figli di Uzziel: Amminadàb il capo con i centodieci fratelli.
11Davide chiamò i sacerdoti Zadòk ed Ebiatàr e i leviti Urièl, Asaia, Gioele, Semaia, Eliel e Amminadàb12e disse loro: "Voi siete i capi dei casati levitici. Santificatevi, voi e i vostri fratelli. Quindi trasportate l'arca del Signore, Dio di Israele, nel posto che io le ho preparato.13Poiché la prima volta voi non c'eravate, il Signore nostro Dio si irritò con noi; non c'eravamo infatti rivolti a voi, come conveniva".
14I sacerdoti e i leviti si santificarono per trasportare l'arca del Signore Dio di Israele.15I figli dei leviti sollevarono l'arca di Dio sulle loro spalle per mezzo di stanghe, come aveva prescritto Mosè sulla parola del Signore.16Davide disse ai capi dei leviti di mandare i loro fratelli, i cantori con gli strumenti musicali, arpe, cetre e cembali, perché, levando la loro voce, facessero udire i suoni di gioia.17I leviti destinarono Eman figlio di Gioele, Asaf uno dei suoi fratelli, figlio di Berechia, e, fra i figli di Merari, loro fratelli, Etan figlio di Kusaia.18Con loro c'erano i loro fratelli di secondo grado: Zaccaria, Uzziel, Semiramot, Iechièl, Unni, Eliel, Benaià, Maaseia, Mattatia, Elifel, Micneia, Obed-Èdom e Ieièl portieri.19I cantori Eman, Asaf ed Etan usavano cembali di bronzo per il loro suono squillante.20Zaccaria, Uzziel, Semiramot, Iechièl, Unni, Eliàb, Maaseia e Benaià suonavano arpe in sordina.21Mattatia, Elifel, Micneia, Obed-Èdom, Ieièl, Azaria suonavano sull'ottava per dare il tono.22Chenania, capo dei leviti, dirigeva l'esecuzione, perché era esperto.23Berechia ed Elkana facevano da portieri presso l'arca.24I sacerdoti Sebania, Giòsafat, Netaneèl, Amasài, Zaccaria, Benaià, Eliezer suonavano le trombe davanti all'arca di Dio; Obed-Èdom e Iechièl facevano da portieri presso l'arca.
25Davide, gli anziani di Israele e i capi di migliaia procedettero con gioia al trasporto dell'arca dell'alleanza del Signore dalla casa di Obed-Èdom.26Poiché Dio assisteva i leviti che portavano l'arca dell'alleanza del Signore, si sacrificarono sette giovenchi e sette arieti.27Davide indossava un manto di bisso, come pure tutti i leviti che portavano l'arca, i cantori e Chenania che dirigeva l'esecuzione. Davide aveva inoltre un 'efod' di lino.28Tutto Israele accompagnava l'arca dell'alleanza del Signore con grida, con suoni di corno, con trombe e con cembali, suonando arpe e cetre.29Quando l'arca dell'alleanza del Signore giunse alla città di Davide, Mical, figlia di Saul, guardando dalla finestra, vide il re danzare e saltare; lo disprezzò in cuor suo.
Proverbi 18
1Chi si tiene appartato cerca pretesti
e con ogni mezzo attacca brighe.
2Lo stolto non ama la prudenza,
ma vuol solo far mostra dei suoi sentimenti.
3Con l'empietà viene il disprezzo,
con il disonore anche l'ignominia.
4Le parole della bocca dell'uomo sono acqua profonda,
la fonte della sapienza è un torrente che straripa.
5Non è bene usar riguardi all'empio
per far torto al giusto in un giudizio.
6Le labbra dello stolto provocano liti
e la sua bocca gli provoca percosse.
7La bocca dello stolto è la sua rovina
e le sue labbra sono un laccio per la sua vita.
8Le parole del calunniatore sono come ghiotti bocconi
che scendono in fondo alle viscere.
9Chi è indolente nel lavoro è fratello del dissipatore.
10Torre fortissima è il nome del Signore:
il giusto vi si rifugia ed è al sicuro.
11I beni del ricco sono la sua roccaforte,
come un'alta muraglia, a suo parere.
12Prima della caduta il cuore dell'uomo si esalta,
ma l'umiltà viene prima della gloria.
13Chi risponde prima di avere ascoltato
mostra stoltezza a propria confusione.
14Lo spirito dell'uomo lo sostiene nella malattia,
ma uno spirito afflitto chi lo solleverà?
15La mente intelligente acquista la scienza,
l'orecchio dei saggi ricerca il sapere.
16Il dono fa largo all'uomo
e lo introduce alla presenza dei grandi.
17Il primo a parlare in una lite sembra aver ragione,
ma viene il suo avversario e lo confuta.
18La sorte fa cessar le discussioni
e decide fra i potenti.
19Un fratello offeso è più irriducibile d'una roccaforte,
le liti sono come le sbarre di un castello.
20Con la bocca l'uomo sazia il suo stomaco,
egli si sazia con il prodotto delle labbra.
21Morte e vita sono in potere della lingua
e chi l'accarezza ne mangerà i frutti.
22Chi ha trovato una moglie ha trovato una fortuna,
ha ottenuto il favore del Signore.
23Il povero parla con suppliche,
il ricco risponde con durezza.
24Ci sono compagni che conducono alla rovina,
ma anche amici più affezionati di un fratello.
Salmi 62
1'Al maestro del coro. Su "Iduthun". Salmo. Di Davide.'
2Solo in Dio riposa l'anima mia;
da lui la mia salvezza.
3Lui solo è mia rupe e mia salvezza,
mia roccia di difesa: non potrò vacillare.
4Fino a quando vi scaglierete contro un uomo,
per abbatterlo tutti insieme,
come muro cadente,
come recinto che crolla?
5Tramano solo di precipitarlo dall'alto,
si compiacciono della menzogna.
Con la bocca benedicono,
e maledicono nel loro cuore.
6Solo in Dio riposa l'anima mia,
da lui la mia speranza.
7Lui solo è mia rupe e mia salvezza,
mia roccia di difesa: non potrò vacillare.
8In Dio è la mia salvezza e la mia gloria;
il mio saldo rifugio, la mia difesa è in Dio.
9Confida sempre in lui, o popolo,
davanti a lui effondi il tuo cuore,
nostro rifugio è Dio.
10Sì, sono un soffio i figli di Adamo,
una menzogna tutti gli uomini,
insieme, sulla bilancia, sono meno di un soffio.
11Non confidate nella violenza,
non illudetevi della rapina;
alla ricchezza, anche se abbonda,
non attaccate il cuore.
12Una parola ha detto Dio,
due ne ho udite:
il potere appartiene a Dio,
tua, Signore, è la grazia;
13secondo le sue opere
tu ripaghi ogni uomo.
Gioele 4
1Poiché, ecco, in quei giorni e in quel tempo,
quando avrò fatto tornare i prigionieri di Giuda
e Gerusalemme,
2riunirò tutte le nazioni
e le farò scendere nella valle di Giòsafat,
e là verrò a giudizio con loro
per il mio popolo Israele, mia eredità,
che essi hanno disperso fra le genti
dividendosi poi la mia terra.
3Hanno tirato a sorte il mio popolo e hanno dato un fanciullo in cambio di una prostituta, han venduto una fanciulla in cambio di vino e hanno bevuto.
4Anche voi, Tiro e Sidòne, e voi tutte contrade della Filistea, che siete per me? Vorreste prendervi la rivincita e vendicarvi di me? Io ben presto farò ricadere sul vostro capo il male che avete fatto.5Voi infatti avete rubato il mio oro e il mio argento, avete portato nei vostri templi i miei tesori preziosi;6avete venduto ai Greci i figli di Giuda e i figli di Gerusalemme per mandarli lontano dalla loro patria.7Ecco, io li richiamo dalle città, dal luogo dove voi li avete venduti e farò ricadere sulle vostre teste il male che avete fatto.8Venderò i vostri figli e le vostre figlie per mezzo dei figli di Giuda, i quali li venderanno ai Sabei, un popolo lontano. Il Signore ha parlato.
9Proclamate questo fra le genti:
chiamate alla guerra santa,
incitate i prodi,
vengano, salgano tutti i guerrieri.
10Con le vostre zappe fatevi spade
e lance con le vostre falci;
anche il più debole dica: io sono un guerriero!11Svelte, venite, o genti tutte, dai dintorni
e radunatevi là!
Signore, fa' scendere i tuoi prodi!
12Si affrettino e salgano le genti
alla valle di Giòsafat,
poiché lì siederò per giudicare
tutte le genti all'intorno.
13Date mano alla falce,
perché la messe è matura;
venite, pigiate,
perché il torchio è pieno
e i tini traboccano...
tanto grande è la loro malizia!
14Folle e folle
nella Valle della decisione,
poiché il giorno del Signore è vicino
nella Valle della decisione.
15Il sole e la luna si oscurano
e le stelle perdono lo splendore.
16Il Signore ruggisce da Sion
e da Gerusalemme fa sentire la sua voce;
tremano i cieli e la terra.
Ma il Signore è un rifugio al suo popolo,
una fortezza per gli Israeliti.
17Voi saprete che io sono il Signore
vostro Dio
che abito in Sion, mio monte santo
e luogo santo sarà Gerusalemme;
per essa non passeranno più gli stranieri.
18In quel giorno
le montagne stilleranno vino nuovo
e latte scorrerà per le colline;
in tutti i ruscelli di Giuda
scorreranno le acque.
Una fonte zampillerà dalla casa del Signore
e irrigherà la valle di Sittìm.
19L'Egitto diventerà una desolazione
e l'Idumea un brullo deserto
per la violenza contro i figli di Giuda,
per il sangue innocente sparso nel loro paese,
20mentre Giuda sarà sempre abitato
e Gerusalemme di generazione in generazione.
21Vendicherò il loro sangue, non lo lascerò impunito
e il Signore dimorerà in Sion.
Seconda lettera ai Corinzi 13
1Questa è la terza volta che vengo da voi. 'Ogni questione si deciderà sulla dichiarazione di due o tre testimoni'.2L'ho detto prima e lo ripeto ora, allora presente per la seconda volta e ora assente, a tutti quelli che hanno peccato e a tutti gli altri: quando verrò di nuovo non perdonerò più,3dal momento che cercate una prova che Cristo parla in me, lui che non è debole, ma potente in mezzo a voi.4Infatti egli fu crocifisso per la sua debolezza, ma vive per la potenza di Dio. E anche noi che siamo deboli in lui, saremo vivi con lui per la potenza di Dio nei vostri riguardi.
5Esaminate voi stessi se siete nella fede, mettetevi alla prova. Non riconoscete forse che Gesù Cristo abita in voi? A meno che la prova non sia contro di voi!6Spero tuttavia che riconoscerete che essa non è contro di noi.7Noi preghiamo Dio che non facciate alcun male, e non per apparire noi superiori nella prova, ma perché voi facciate il bene e noi restiamo come senza prova.8Non abbiamo infatti alcun potere contro la verità, ma per la verità;9perciò ci rallegriamo quando noi siamo deboli e voi siete forti. Noi preghiamo anche per la vostra perfezione.10Per questo vi scrivo queste cose da lontano: per non dover poi, di presenza, agire severamente con il potere che il Signore mi ha dato per edificare e non per distruggere.
11Per il resto, fratelli, state lieti, tendete alla perfezione, fatevi coraggio a vicenda, abbiate gli stessi sentimenti, vivete in pace e il Dio dell'amore e della pace sarà con voi.12Salutatevi a vicenda con il bacio santo. Tutti i santi vi salutano.
13La grazia del Signore Gesù Cristo, l'amore di Dio e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti voi.
Capitolo LIX: Porre ogni nostra speranza e ogni fiducia soltanto in Dio
Leggilo nella Biblioteca1. O Signore, che cosa è mai la fiducia che ho in questa vita. Quale è il mio più grande conforto, tra tutte le cose che si vedono sotto il cielo? Non sei forse tu, o Signore, mio Dio di infinita misericordia? Dove mai ho avuto bene, senza di te; quando mai ho avuto male con te? Voglio essere povero per te, piuttosto che ricco senza di te; voglio restare pellegrino su questa terra, con te, piuttosto che possedere il cielo, senza di te. Giacché dove sei tu, là è cielo; e dove tu non sei, là è morte ed inferno. Sei tu il mio desiderio ultimo; perciò io ti debbo seguire, con gemiti e lacrime ed alte, commosse preghiere. In una parola, non posso avere piena fiducia in alcuno che mi venga in aiuto nelle varie necessità, fuori che in te soltanto, mio Dio. "La mia speranza" e la mia fiducia sei tu (Sal 141,6); tu, il mio consolatore, il più fedele in ogni momento. "Ognuno va cercando ciò che a lui giova" (Fil 2,21); e tu, o Dio, ti prefiggi soltanto la mia salvezza e tutto volgi in bene per me. Pur quando mi esponi a varie tentazioni e avversità, tutto questo tu lo vuoi per il mio bene, giacché quelli che tu ami usi metterli in vario modo alla prova; e in questa prova io debbo amare e ringraziare, non meno che quando tu mi colmi di celesti consolazioni.
2. In te, dunque, o Signore Dio, ripongo tutta la mia speranza; in te cerco il mio rifugio; in te rimetto tutte le mie tribolazioni e le mie difficoltà, ché tutto trovo debole e insicuro ciò che io vedo fuori di te. Non mi gioveranno, infatti, i molti amici; non mi saranno di aiuto coloro che vengono a soccorrermi, per quanto forti; non mi potranno dare un parere utile i prudenti, per quanto saggi; non mi potranno dare conforto i libri dei sapienti; non ci sarà una preziosa ricchezza che mi possa dare libertà; non ci sarà un luogo ameno e raccolto che mi possa dare sicurezza, se non sarai presente tu ad aiutarmi, a confortarmi, a consolarmi; se non sarai presente tu ad ammaestrarmi e a proteggermi. In verità, tutte le cose che sembrano fatte per dare pace e felicità non sono nulla e non danno realmente felicità alcuna, se non ci sei tu. Tu sei, dunque, l'ultimo termine di ogni bene, il supremo senso della vita, la massima profondità di ogni parola. Sperare in te sopra ogni cosa è il maggior conforto di chi si è posto al tuo servizio. "A te sono rivolti i miei occhi (Sal 140,80); in te confido, o mio Dio (Sal 24,1s), padre di misericordia" (2Cor 1,3). Benedici e santifica, con la tua celeste benedizione, l'anima mia, affinché essa sia fatta tua santa dimora e sede della eterna gloria; e nulla si trovi in questo tempio della tua grandezza, che offenda l'occhio della tua maestà. Guarda a me, nella tua immensa bontà e nell'abbondanza della tua misericordia; ascolta la preghiera del tuo servo, che va peregrinando in questa terra oscura di morte. Proteggi e custodisci l'anima di questo tuo piccolo servo, nei tanti pericoli della vita di quaggiù; dirigila con la tua grazia per la via della pace, alla patria della eterna luce. Amen.
DISCORSO 332 NEL NATALE DEI MARTIRI
Discorsi - Sant'Agostino
Leggilo nella BibliotecaPerché i martiri sono amici di Cristo. L'amore reciproco in vista del regno dei cieli.
1. Quando veneriamo i martiri, rendiamo onore ad amici di Dio. Volete sapere che cosa ha fatto di loro degli amici di Dio? Lo indica Cristo stesso; afferma infatti: Questo è il mio comandamento, che vi amiate a vicenda 1. Si amano a vicenda quelli che intervengono insieme agli spettacoli degli istrioni; si amano a vicenda quelli che si trovano insieme a ubriacarsi nelle bettole; si amano a vicenda quelli che accomuna una cattiva coscienza. Cristo dovette fare perciò una distinzione nell'amore quando ebbe a dire: Questo è il mio comandamento, che vi amiate a vicenda. In realtà, la fece; ascoltate. Dopo aver detto: Questo è il mio comandamento, che vi amiate a vicenda, subito aggiunse: come io vi ho amato 2. Amatevi a vicenda così, per il regno di Dio, per la vita eterna. Siate insieme ad amare, amate me, però. Vi amerete reciprocamente se vi unisce l'amore per un istrione; sarà maggiore il vostro amore reciproco se vi unisce l'amore per colui che non può farvi scontenti, il Salvatore.
Fino a che punto ci dobbiamo amore reciproco.
2. Il Signore proseguì ancora e continuò a istruire, quasi gli avessimo chiesto: E in che modo ci hai amati, per sapere come dobbiamo amarci tra noi? Ascoltate: Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici 3. Amatevi a vicenda in modo da offrire ciascuno la vita per gli altri. I martiri infatti misero in pratica questo di cui parla anche l'evangelista Giovanni nella sua lettera: Come Cristo ha dato la sua vita per noi, così anche noi dobbiamo dare la vita per i fratelli 4. Accostatevi alla mensa del Potente: voi fedeli ben sapete a quale mensa vi accostate; richiamate alla memoria le parole della Scrittura: Quando siedi davanti alla mensa di un potente, considera che tu devi preparare altrettanto 5. A quale mensa di potente ti accosti? A quella in cui egli ti porge se stesso, non a mensa imbandita dalla perizia di cuochi. Cristo ti porge il suo cibo, vale a dire, se stesso. Accostati a tale mensa e saziati. Sii povero e ti sazierai. I poveri mangeranno e si sazieranno 6. Considera che tu devi preparare altrettanto. Per capire, segui il commento di Giovanni. Forse infatti ignoravi che significa: Quando siedi alla mensa di un potente, considera che tu devi preparare altrettanto 7. Ascolta il commento dell'Evangelista: Come Cristo ha dato la vita per noi, così anche noi dobbiamo preparare altrettanto. Che vuol dire 'preparare altrettanto'? Dare la vita per i fratelli 8.
La carità è dono di Dio.
3. Per saziarti, ti sei accostato povero; come ti procurerai l'altrettanto da preparare? Fanne richiesta proprio a chi ti ha invitato, per avere di che dargli in cibo. Niente avrai se non te l'avrà dato egli stesso. Ma possiedi già un po' di carità? Non attribuirla a te stesso: Che cosa mai possiedi che tu non abbia ricevuto? 9 Possiedi già un po' di carità? Chiedi che si accresca, chiedi che giunga a perfezione, fin quando tu non pervenga a quella mensa di cui non si trova una più lauta in questa vita. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici 10. Ti sei accostato povero, torni indietro ricco: anzi, tu non ti allontani e, restandovi, sarai ricco. Da lui i martiri ricevettero di che soffrire per lui: siatene certi, lo ebbero da lui. Fu il padre di famiglia a porgere loro di che offrirgli in cibo. Possediamo lui, chiediamo a lui. E, se siamo manchevoli quanto all'esserne degni, presentiamo la nostra domanda per mezzo dei suoi amici, gli amici di lui, i quali gli avevano offerto a mensa quanto egli aveva loro donato. Preghino, quelli, per noi, così che il Padre di famiglia lo accordi anche a noi. E per avere il di più, riceviamo dal cielo. Ascolta Giovanni che egli ebbe precursore: Nessuno può prendersi qualcosa se non gli è stato dato dal cielo 11. Ne segue che riceviamo dal cielo anche quanto abbiamo; quindi riceviamo dal cielo di avere il di più.
I fornicatori non entreranno nella Città di Dio.
4. È proprio la città quella che discende dal cielo: vediamo di essere tali da meritare di entrarvi. Avete infatti ascoltato quali vi entrano e quali ne sono esclusi. Non siate di quelli che, come avete ascoltato, sono gli esclusi, specialmente i fornicatori. Alla lettura del passo in cui la Scrittura ha indicato quelli che non entreranno, dove sono citati anche gli omicidi, voi non vi siete sgomentati. Ha citato i fornicatori 12, e l'effetto è giunto al mio orecchio, perché vi siete battuti il petto. Io l'ho udito, personalmente l'ho udito, l'ho visto io; e di quel che non ho veduto nei vostri letti mi sono accorto al rimbombo, l'ho visto sui vostri petti, mentre siete stati a batterli. Cacciate via di là il peccato: battersi il petto, infatti, e continuare a fare queste medesime cose, nient'altro è che indurire i peccati quasi pavimento. Fratelli miei, figli miei, siate casti, amate la castità, tenetevi stretti alla castità, amate la pudicizia: Dio è l'autore della pudicizia nel suo tempio, che siete voi, la cerca; caccia via dal tempio gli impudichi. Contentatevi delle vostre mogli, dal momento che volete che le vostre mogli si contentino di voi. Come tu non vuoi che tua moglie abbia occasioni in cui vieni soppiantato, non averne da parte tua nei suoi confronti. Tu sei il signore, quella la serva: Dio ha creato entrambi. Sara - dice la Scrittura - aveva rispetto per Abramo, che chiamava signore 13. È vero; questi contratti sono a firma del vescovo: le vostre mogli sono vostre serve, voi, i padroni delle vostre mogli. Ma in riferimento al rapporto dove i sessi, che sono distinti, si uniscono, la moglie non è arbitra del proprio corpo, ma lo è il marito 14. Ecco, te ne stavi rallegrando, te ne sentivi orgoglioso, ti vantavi: "Ha detto bene l'Apostolo, il Vaso di elezione ha avuto un'affermazione della massima chiarezza: La moglie non è arbitra del proprio corpo, ma lo è il marito. Dunque, il padrone sono io". L'elogio l'hai fatto: ascolta quel che vien dopo, sta' a sentire quel che non vuoi: io prego perché diventi tuo volere. Di che si tratta? Ascolta: Allo stesso modo anche il marito - quello che è il padrone - allo stesso modo anche il marito non è arbitro del proprio corpo, ma la moglie. Ascolta questo con buone disposizioni. Ti si toglie di mezzo il vizio, non l'autorità, ti vengono proibiti gli adulteri, non si riconosce superiorità alla donna. Tu sei uomo, rivelati tale: "virilità", infatti, deriva da "virtù", o invertendo, "virtù" da "virilità". Perciò, possiedi la virtù? Vinci la libidine. Capo della moglie - dice l'Apostolo - è l'uomo 15. In quanto capo, sii la guida in modo che ti segua: ma fa' attenzione dove tu conduci. Tu sei il capo, conduci dove ti deve seguire: evita, però, di andare dove non vuoi che ti segua. Per non correre il rischio di finire in un precipizio, bada di fare un percorso rettilineo. Disponetevi in tal modo a recarvi dalla sposa novella, la cui bellezza, i cui ornamenti - non di gioielli ma di virtù - sono per suo marito. Se, quindi, lo avrete fatto da uomini casti e morigerati e giusti, anche voi farete parte delle membra di quella novella Sposa, che è la beata e gloriosa celeste Gerusalemme.
1 - Gv 15, 12.
2 - Gv 15, 12.
3 - Gv 15, 13.
4 - 1 Gv 3, 16.
5 - Prv 23, 1.
6 - Sal 21, 27.
7 - Prv 23, 1.
8 - 1 Gv 3, 16.
9 - 1 Cor 4, 7.
10 - Gv 15, 13.
11 - Gv 3, 27.
12 - Cf. Gal 6, 19-21.
13 - 1 Pt 3, 6.
14 - 1 Cor 7, 4.
15 - 1 Cor 11, 3.
28 - Cristo, nostro redentore, incomincia a chiamare e a ricevere i suoi discepoli alla presenza del Battista.
La mistica Città di Dio - Libro quinto - Suor Maria d'Agreda
Leggilo nella Biblioteca1017. Gesù, dopo aver trascorso i dieci mesi successivi al digiuno spostandosi tra le genti della Giudea e operando privatamente grandi miracoli, decise di manifestarsi al mondo. In passato non aveva proclamato nascostamente la verità, ma non si era dichiarato Messia e maestro della vita; adesso, secondo il disegno della divina sapienza, era giunta l'ora di farlo. Tornò dunque dal suo precursore, affinché, mediante la testimonianza che questi doveva rendergli pubblicamente, la luce incominciasse a risplendere nelle tenebre. Giovanni, per una rivelazione dall'alto, apprese che colui che attendeva era arrivato e per lui era ormai tempo di farsi conoscere come redentore e vero Figlio dell'eterno Padre. Mentre aspettava con questa illuminazione interiore, lo vide avvicinarsi e con mirabile giubilo esclamò davanti ai suoi: «Ecco l'agnello di Dio!». Questa confessione richiamava e supponeva non solo quella che, nei medesimi termini, aveva fatto in altre occasioni, ma anche l'insegnamento che egli aveva dato, più in particolare, a quanti stavano ad ascoltarlo. Fu come se avesse detto: «Ecco l'agnello di Dio, del quale vi ho annunciato la venuta per riscattare l'umanità e aprire la strada del cielo». Questa fu l'ultima volta che egli stette con lui in modo naturale, anche se in un'altra maniera godette della sua presenza alla propria morte, come esporrò in seguito.
1018. Udirono il Battista due dei suoi primi discepoli e, in virtù dell'espressione da lui pronunciata e della grazia che ricevettero nell'intimo, si incamminarono dietro al Salvatore, il quale, volgendosi ad essi con amabilità, domandò che cosa cercassero. Risposero che desideravano sapere dove abitava, per cui egli li tenne con sé e quel giorno si fermarono presso di lui, come riferisce il quarto evangelista. Questi specifica che uno dei due era Andrea, fratello di Simon Pietro, senza indicare il nome dell'altro; secondo ciò che ho inteso, si trattava di lui stesso, ma non volle svelarlo per la sua profonda modestia. Così egli e il compagno furono le primizie dell'apostolato, perché, recependo le parole di colui che allora li guidava, seguirono all'istante il Signore senza alcun appello diretto da parte sua. Subito dopo Andrea s'imbatté in suo fratello, gli comunicò che aveva trovato il Messia, cioè il Cristo, e lo condusse a lui, che esclamò: «Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; ti chiamerai Cefa (che vuol dire Pietro)». Tutto questo accadde ai confini della Giudea, da dove sua Maestà decise di partire l'indomani. Vide Filippo e lo chiamò con sé. Questi raccontò immediatamente a Natanaele ciò che gli era successo e come aveva incontrato il Messia, Gesù di Nazaret; portato al suo cospetto, dopo il colloquio narrato da san Giovanni alla fine del primo capitolo della sua opera anch'egli andò con lui.
1019. Con queste cinque persone, che furono le fondamenta iniziali per la costruzione della Chiesa, il Maestro entrò nella provincia della Galilea predicando e battezzando apertamente; dette così l'avvio alla vocazione dei Dodici. Quando si accostarono a lui, rischiarò i loro cuori, accese in essi il fuoco del divino amore e li preparò con larghe benedizioni. Non è possibile spiegare degnamente quanto gli costò l'educazione di questi e degli altri per edificare la comunità dei credenti: li cercò con sollecitudine e sconfinata cura; li attirò con potenti, frequenti ed efficaci aiuti della sua grazia; li illuminò con favori incomparabili; li accolse con mirabile clemenza; li nutrì col latte dolcissimo del suo insegnamento; li tollerò con invincibile mitezza; li accarezzò come un affettuosissimo padre i suoi bambini piccoli e teneri. La formazione che dava loro per farli passare dallo stato terreno a quello celeste, a cui egli li elevava con la dottrina e con l'esempio, era impegnativa, poiché la natura è stupida e rozza per le materie sublimi e delicate dell'interiorità, nelle quali essi dovevano essere non solamente perfetti discepoli, ma esperti pedagoghi. In questo egli lasciò ai superiori, ai principi e ai capi una somma lezione di pazienza, mansuetudine e carità su ciò che devono praticare verso i loro sudditi. Non fu minore la fiducia che diede a noi peccatori circa la sua benigna misericordia, giacché questa non venne meno con essi a causa dei loro difetti e delle loro mancanze, né delle loro inclinazioni e passioni; al contrario, cominciò a mostrare la sua magnanimità, affinché noi fossimo rincuorati e non ci scoraggiassimo tra le innumerevoli imperfezioni della nostra fragile e bassa condizione.
1020. La Regina , la quale nei modi da me più volte ripetuti conosceva tutti i prodigi che il Signore realizzava in tali circostanze, ringraziava il Padre per i primi fedeli e nel suo spirito li accettava come figli suoi, così come lo erano di Cristo, offrendoli con nuovi cantici di lode e di giubilo. In questa occasione ebbe una visione particolare, in cui l'Altissimo le palesò ancora le sue determinazioni circa la redenzione e la maniera in cui questa doveva essere principiata ed eseguita. Le fu detto: «Carissima colomba mia, prescelta tra migliaia, è necessario che tu accompagni ed assista il mio e tuo Unigenito nelle fatiche che sosterrà per salvare gli uomini; già si avvicina il tempo della sua afflizione e io devo manifestare la mia sapienza e benevolenza per colmarli dei miei tesori. Voglio affrancarli per mezzo di lui dalla schiavitù del demonio, e diffondere l'abbondanza della mia grazia e dei miei doni su tutti coloro che si disporranno a confessare il Verbo fatto carne e a seguirlo come guida dei loro sentieri verso la felicità senza fine che tengo in serbo per essi. Voglio sollevare dalla polvere e arricchire i poveri, abbattere i superbi, innalzare gli umili e dare la vista ai ciechi che stanno nelle tenebre della morte. Voglio esaltare i miei amici ed eletti e rendere noto il mio grande e santo nome. Voglio inoltre, nel concretizzare questo, che tu, mia diletta, collabori col tuo amato e lo imiti, perché io sarò con te in tutto ciò che farai».
1021. Maria rispose: «Re supremo dell'intero universo, dalla cui mano ogni essere è plasmato e mantenuto in esistenza, benché questo vile verme sia polvere e cenere parlerò davanti a voi per la vostra bontà immensa. Ricevete dunque, Dio eterno, il cuore della vostra ancella, pronto per l'adempimento del vostro beneplacito. Gradite l'olocausto non solo delle mie labbra, ma anche del più intimo dell'anima mia; con questo intendo obbedire alla vostra volontà. Eccomi prostrata alla vostra presenza regale: si compia interamente in me ciò che a voi piace. In caso fosse possibile, però, io aspirerei a patire fino all'estremo, sia per affrontare la morte con il vostro e mio Figlio, sia per liberarlo da essa: questo esaudirebbe tutti i miei desideri e sarei al culmine della gioia se la spada della vostra giustizia ferisse me, che sono stata più vicina alla colpa. Sua Maestà è impeccabile per natura e per gli attributi della sua divinità. O sovrano rettissimo, so che, essendo voi offeso dall'ingiuria delle trasgressioni, la vostra equità esige soddisfazione da una persona uguale a voi e tutti sono infinitamente distanti da questa dignità; ma è anche vero che ciascuna delle opere di Cristo è sovrabbondante per il riscatto del mondo, ed egli ne ha già effettuate molte. Se, posto ciò, è ammissibile che io perisca affinché sia conservata la sua vita di valore inestimabile, sono risoluta a farlo; se invece la vostra decisione è immutabile, concedetemi almeno, eccelso Padre, qualora sia per voi ragionevole, che io mi consumi con lui. Asseconderò questo vostro comando come già quello di stargli accanto nei suoi affanni. Mi soccorra, però, il potere della vostra destra, perché possa conformarmi a lui e attuare il vostro decreto e il mio anelito».
1022. Non riesco con le mie parole a illustrare più chiaramente ciò che ho compreso circa i gesti eroici e mirabili che la nostra Signora fece in tale frangente, nell'ascoltare questo precetto celeste, e il fervore ardentissimo col quale bramò la sofferenza, sia per risparmiarla a Gesù sia per sopportarla con lui. Le azioni ardenti di profondo affetto obbligano tanto l'Altissimo che egli, anche quando risultano impossibili, si considera servito e appagato dalla leale e integra intenzione, e in qualche maniera le premia come se fossero state eseguite. Quanto, allora, non dovette meritare la Madre della grazia e della pietà offrendosi in sacrificio? Né il pensiero umano né quello angelico arrivano a penetrare un così sublime sacramento d'amore, giacché per lei sarebbe stato dolce penare e morire, e il dolore di non farlo con il suo Unigenito fu maggiore che quello di restare viva giungendo fino a vederlo crocifisso; ma al riguardo dirò meglio a suo tempo. Da questo si coglie la somiglianza che la sua gloria ha con quella del Salvatore e che la sua santità ha col suo modello; infatti, in lei tutto era proporzionato a tale carità, che si estese al sommo grado immaginabile per una semplice creatura. Con questa disposizione ella uscì dalla suddetta estasi. Fu ordinato di nuovo ai custodi di dirigerla e aiutarla in ciò che doveva realizzare ed essi, come suoi fedelissimi ministri, presero ad assisterla abitualmente in forma visibile, accompagnandola ovunque.
Insegnamento della Regina del cielo
1023. Carissima, tutti gli atti di Cristo manifestano l'amore divino verso di noi e rivelano quanto questo sia differente dal nostro. Noi, infatti, siamo tanto meschini, limitati, avari e deboli che di solito non amiamo se non siamo provocati da qualche bene che supponiamo nell'amato; dunque, il nostro amore nasce dal bene che trova nell'oggetto. Quello divino, invece, siccome ha origine in se stesso ed è efficace per fare ciò che vuole, non cerca le anime in quanto degne, ma piuttosto le ama per renderle tali con l'amore. Quindi, nessuno deve diffidare della bontà del Signore; non deve, però, neppure confidare in questa verità in modo vano e temerario, aspettandosi da lui i favori che demerita, perché egli osserva una giustizia a noi nascosta e, benché abbia amore per tutti e desideri che tutti siamo salvi, nella distribuzione dei suoi doni e dei frutti di tale sentimento, che non nega ad alcuno, usa una determinata misura. Non possiamo esaminare né penetrare questo segreto, per cui bisogna stare attenti a non far diventare inutile la prima grazia e vocazione, perché non sappiamo se essendo ingrati perderemo la seconda, ma solamente che in caso contrario questa non ci verrà negata. Al principio viene concessa un'illuminazione interiore, affinché in presenza di essa gli uomini siano redarguiti e convinti dei loro peccati, del loro infelice stato e del pericolo della dannazione; ma la superbia li fa tanto stolti e duri di cuore che molti sono quelli che fanno resistenza, mentre altri sono pigri nel muoversi e non cominciano mai a corrispondere, così che si lasciano sfuggire gli effetti iniziali dell'amore di Dio e si rendono inadatti per altri. Senza l'ausilio della grazia non si può né evitare il male, né fare il bene, né discernerlo; da ciò nasce il precipitare di abisso in abisso, perché, non apprezzandola e rifiutandola, e privandosi conseguentemente degli altri sostegni, inevitabilmente si cade in maniera rovinosa in colpe abominevoli e ci si immerge ciecamente in esse.
1024. Rifletti, dunque, accuratamente alla luce che la generosità dell'Onnipotente ha infuso nel tuo intimo, giacché per quella che hai ricevuto con la conoscenza della mia storia, quando anche non ne avessi avuto altra, saresti già tanto obbligata da essere più riprensibile di tutti agli occhi di Dio e ai miei, davanti agli angeli e ai mortali, se non te ne giovassi. Ti serva ancora di esempio ciò che fecero i discepoli del mio beatissimo Figlio e la prontezza con cui lo seguirono e imitarono. Anche se da parte sua il tollerarli, sopportarli ed educarli fu un beneficio speciale, essi lo valorizzarono al meglio mettendo in pratica i suoi insegnamenti. Nonostante fossero di natura fragile, non si impedirono di accoglierne altri più grandi dalla sua mano ed estesero le loro aspirazioni a molto più di quello che era possibile alle loro forze. Facendo questo con sincerità e diligenza, voglio che tu ti conformi a me in quello che a tal fine ti ho narrato delle mie opere e nell'anelito che avevo di perire per lui o con lui, se mi fosse stato consentito. Prepara il tuo cuore per quanto ti svelerò in seguito riguardo alla sua passione e al resto della mia vita; con tali cognizioni compirai ciò che è più elevato e santo. Ti avverto, mia diletta, che ho da rimproverare i cristiani, come altre volte ti ho accennato, per la dimenticanza e la poca considerazione che hanno per quello che Gesù ed io affrontammo per essi. Si consolano con una fede superficiale e, immemori, non ponderano quanto ottengono per ciascuna di tali azioni e quale sarebbe il dovuto contraccambio. Tu, però, non darmi questo dispiacere, dal momento che ti faccio capace e partecipe di arcani tanto venerabili e di così magnifici misteri, nei quali troverai intelligenza, ammaestramento e l'esercizio della più alta e sublime perfezione. Sollevati sopra te stessa ed impegnati coscienziosamente, affinché ti sia data sempre più grazia e, corrispondendo ad essa, ti riesca di assommare molti meriti e premi eterni.
Settembre 23 - 1941
Beata Edvige Carboni
Oggi ricevetti una lettera dall'amica cieca. Giorni avanti di ricevere la lettera. Gesù me ne aveva avvertito, dicendomi: Bada che Grazia ti chiederà vestiti e scarpe; inviale la tale e tale roba.
Quanto è buono Gesù!