Liturgia delle Ore - Letture
Giovedi dell'Ottava di Pasqua
Vangelo secondo Matteo 21
1Quando furono vicini a Gerusalemme e giunsero presso Bètfage, verso il monte degli Ulivi, Gesù mandò due dei suoi discepoli2dicendo loro: "Andate nel villaggio che vi sta di fronte: subito troverete un'asina legata e con essa un puledro. Scioglieteli e conduceteli a me.3Se qualcuno poi vi dirà qualche cosa, risponderete: Il Signore ne ha bisogno, ma li rimanderà subito".4Ora questo avvenne perché si adempisse ciò che era stato annunziato dal profeta:
5'Dite alla figlia di Sion:
Ecco, il tuo re viene a te
mite, seduto su un'asina,
con un puledro figlio di bestia da soma.'
6I discepoli andarono e fecero quello che aveva ordinato loro Gesù:7condussero l'asina e il puledro, misero su di essi i mantelli ed egli vi si pose a sedere.8La folla numerosissima stese i suoi mantelli sulla strada mentre altri tagliavano rami dagli alberi e li stendevano sulla via.9La folla che andava innanzi e quella che veniva dietro, gridava:
'Osanna' al figlio di Davide!
'Benedetto colui che viene nel nome del Signore!
Osanna' nel più alto dei cieli!
10Entrato Gesù in Gerusalemme, tutta la città fu in agitazione e la gente si chiedeva: "Chi è costui?".11E la folla rispondeva: "Questi è il profeta Gesù, da Nàzaret di Galilea".
12Gesù entrò poi nel tempio e scacciò tutti quelli che vi trovò a comprare e a vendere; rovesciò i tavoli dei cambiavalute e le sedie dei venditori di colombe13e disse loro: "La Scrittura dice:
'La mia casa sarà chiamata casa di preghiera'
ma voi ne fate 'una spelonca di ladri'".
14Gli si avvicinarono ciechi e storpi nel tempio ed egli li guarì.15Ma i sommi sacerdoti e gli scribi, vedendo le meraviglie che faceva e i fanciulli che acclamavano nel tempio: "Osanna al figlio di Davide", si sdegnarono16e gli dissero: "Non senti quello che dicono?". Gesù rispose loro: "Sì, non avete mai letto:
'Dalla bocca dei bambini e dei lattanti
ti sei procurata una lode?'".
17E, lasciatili, uscì fuori dalla città, verso Betània, e là trascorse la notte.
18La mattina dopo, mentre rientrava in città, ebbe fame.19Vedendo un fico sulla strada, gli si avvicinò, ma non vi trovò altro che foglie, e gli disse: "Non nasca mai più frutto da te". E subito quel fico si seccò.20Vedendo ciò i discepoli rimasero stupiti e dissero: "Come mai il fico si è seccato immediatamente?".21Rispose Gesù: "In verità vi dico: Se avrete fede e non dubiterete, non solo potrete fare ciò che è accaduto a questo fico, ma anche se direte a questo monte: Levati di lì e gettati nel mare, ciò avverrà.22E tutto quello che chiederete con fede nella preghiera, lo otterrete".
23Entrato nel tempio, mentre insegnava gli si avvicinarono i sommi sacerdoti e gli anziani del popolo e gli dissero: "Con quale autorità fai questo? Chi ti ha dato questa autorità?".24Gesù rispose: "Vi farò anch'io una domanda e se voi mi rispondete, vi dirò anche con quale autorità faccio questo.25Il battesimo di Giovanni da dove veniva? Dal cielo o dagli uomini?". Ed essi riflettevano tra sé dicendo: "Se diciamo: "dal Cielo", ci risponderà: "perché dunque non gli avete creduto?";26se diciamo "dagli uomin", abbiamo timore della folla, perché tutti considerano Giovanni un profeta".27Rispondendo perciò a Gesù, dissero: "Non lo sappiamo". Allora anch'egli disse loro: "Neanch'io vi dico con quale autorità faccio queste cose".
28"Che ve ne pare? Un uomo aveva due figli; rivoltosi al primo disse: Figlio, va' oggi a lavorare nella vigna.29Ed egli rispose: Sì, signore; ma non andò.30Rivoltosi al secondo, gli disse lo stesso. Ed egli rispose: Non ne ho voglia; ma poi, pentitosi, ci andò.31Chi dei due ha compiuto la volontà del padre?". Dicono: "L'ultimo". E Gesù disse loro: "In verità vi dico: I pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio.32È venuto a voi Giovanni nella via della giustizia e non gli avete creduto; i pubblicani e le prostitute invece gli hanno creduto. Voi, al contrario, pur avendo visto queste cose, non vi siete nemmeno pentiti per credergli.
33Ascoltate un'altra parabola: C'era un padrone che 'piantò una vigna e la circondò con una siepe, vi scavò un frantoio, vi costruì una torre', poi l'affidò a dei vignaioli e se ne andò.34Quando fu il tempo dei frutti, mandò i suoi servi da quei vignaioli a ritirare il raccolto.35Ma quei vignaioli presero i servi e uno lo bastonarono, l'altro lo uccisero, l'altro lo lapidarono.36Di nuovo mandò altri servi più numerosi dei primi, ma quelli si comportarono nello stesso modo.37Da ultimo mandò loro il proprio figlio dicendo: Avranno rispetto di mio figlio!38Ma quei vignaioli, visto il figlio, dissero tra sé: Costui è l'erede; venite, uccidiamolo, e avremo noi l'eredità.39E, presolo, lo cacciarono fuori della vigna e l'uccisero.40Quando dunque verrà il padrone della vigna che farà a quei vignaioli?".41Gli rispondono: "Farà morire miseramente quei malvagi e darà la vigna ad altri vignaioli che gli consegneranno i frutti a suo tempo".42E Gesù disse loro: "Non avete mai letto nelle Scritture:
'La pietra che i costruttori hanno scartata
è diventata testata d'angolo;
dal Signore è stato fatto questo
ed è mirabile agli occhi nostri?'
43Perciò io vi dico: vi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che lo farà fruttificare.44Chi cadrà sopra questa pietra sarà sfracellato; e qualora essa cada su qualcuno, lo stritolerà".
45Udite queste parabole, i sommi sacerdoti e i farisei capirono che parlava di loro e cercavano di catturarlo; ma avevano paura della folla che lo considerava un profeta.
Secondo libro di Samuele 19
1Allora il re fu scosso da un tremito, salì al piano di sopra della porta e pianse; diceva in lacrime: "Figlio mio! Assalonne figlio mio, figlio mio Assalonne! Fossi morto io invece di te, Assalonne, figlio mio, figlio mio!".2Fu riferito a Ioab: "Ecco il re piange e fa lutto per Assalonne".3La vittoria in quel giorno si cambiò in lutto per tutto il popolo, perché il popolo sentì dire in quel giorno: "Il re è molto afflitto a causa del figlio".4Il popolo in quel giorno rientrò in città furtivamente, come avrebbe fatto gente vergognosa per essere fuggita in battaglia.5Il re si era coperta la faccia e gridava a gran voce: "Figlio mio Assalonne, Assalonne figlio mio, figlio mio!".6Allora Ioab entrò in casa del re e disse: "Tu copri oggi di rossore il volto di tutta la tua gente, che in questo giorno ha salvato la vita a te, ai tuoi figli e alle tue figlie, alle tue mogli e alle tue concubine,7perché mostri di amare quelli che ti odiano e di odiare quelli che ti amano. Infatti oggi tu mostri chiaramente che capi e ministri per te non contano nulla; ora io ho capito che, se Assalonne fosse vivo e noi fossimo quest'oggi tutti morti, allora sarebbe una cosa giusta ai tuoi occhi.8Ora dunque alzati, esci e parla al cuore della tua gente; perché io giuro per il Signore che, se non esci, neppure un uomo resterà con te questa notte; questa sarebbe per te la peggiore sventura di tutte quelle che ti sono cadute addosso dalla tua giovinezza fino ad oggi".9Allora il re si alzò e si sedette sulla porta; fu dato quest'annunzio a tutto il popolo: "Ecco il re sta seduto alla porta". E tutto il popolo venne alla presenza del re.
Gli Israeliti erano fuggiti ognuno alla sua tenda.10In tutte le tribù d'Israele tutto il popolo stava discutendo e diceva: "Il re ci ha liberati dalle mani dei nostri nemici e ci ha salvati dalle mani dei Filistei; ora è dovuto fuggire dal paese a causa di Assalonne.11Ma quanto ad Assalonne, che noi avevamo consacrato perché regnasse su di noi, è morto in battaglia. Ora perché non cercate di far tornare il re?".12Ciò che si diceva in tutto Israele era giunto a conoscenza del re. Il re Davide mandò a dire ai sacerdoti Zadòk ed Ebiatàr: "Riferite agli anziani di Giuda: Perché volete essere gli ultimi a far tornare il re alla sua casa?13Voi siete mio osso e mia carne e perché dunque sareste gli ultimi a far tornare il re?14Dite ad Amasà: Non sei forse mio osso e mia carne? Dio mi faccia questo e mi aggiunga quest'altro, se tu non diventerai davanti a me capo dell'esercito per sempre al posto di Ioab!".15Così piegò il cuore di tutti gli uomini di Giuda, come se fosse stato il cuore di un sol uomo; essi mandarono a dire al re: "Ritorna tu e tutti i tuoi ministri".
16Il re dunque tornò e giunse al Giordano; quelli di Giuda vennero a Gàlgala per andare incontro al re e per fargli passare il Giordano.
17Simeì, figlio di Ghera, Beniaminita, che era di Bacurìm, si affrettò a scendere con gli uomini di Giuda incontro al re Davide.18Aveva con sé mille uomini di Beniamino. Zibà, il servo della casa di Saul, i suoi quindici figli con lui e i suoi venti servi si erano precipitati al Giordano prima del re19e avevano servito per far passare la famiglia del re e per fare quanto a lui sarebbe piaciuto. Intanto Simeì, figlio di Ghera, si gettò ai piedi del re nel momento in cui passava il Giordano20e disse al re: "Il mio signore non tenga conto della mia colpa! Non ricordarti di quanto il tuo servo ha commesso quando il re mio signore è uscito da Gerusalemme; il re non lo conservi nella sua mente!21Perché il tuo servo riconosce di aver peccato ed ecco, oggi, primo di tutta la casa di Giuseppe, sono sceso incontro al re mio signore".22Ma Abisài figlio di Zeruià, disse: "Non dovrà forse essere messo a morte Simeì perché ha maledetto il consacrato del Signore?".23Davide disse: "Che ho io in comune con voi, o figli di Zeruià, che vi mostriate oggi miei avversari? Si può mettere a morte oggi qualcuno in Israele? Non so dunque che oggi divento re di Israele?".24Il re disse a Simeì: "Tu non morirai!". E il re glielo giurò.
25Anche Merib-Bàal nipote di Saul scese incontro al re. Non si era curato i piedi e le mani, né la barba intorno alle labbra e non aveva lavato le vesti dal giorno in cui il re era partito a quello in cui tornava in pace.26Quando giunse da Gerusalemme incontro al re, il re gli disse: "Perché non sei venuto con me, Merib-Bàal?".27Egli rispose: "Re, mio signore, il mio servo mi ha ingannato! Il tuo servo aveva detto: Io mi farò sellare l'asino, monterò e andrò con il re, perché il tuo servo è zoppo.28Ma egli ha calunniato il tuo servo presso il re mio signore. Però il re mio signore è come un angelo di Dio; fa' dunque ciò che sembrerà bene ai tuoi occhi.29Perché tutti quelli della casa di mio padre non avevano meritato dal re mio signore altro che la morte; ma tu avevi posto il tuo servo fra quelli che mangiano alla tua tavola. E che diritto avrei ancora di implorare presso il re?".30Il re gli disse: "Non occorre che tu aggiunga altre parole. Ho deciso: tu e Zibà vi dividerete i campi".31Merib-Bàal rispose al re: "Se li prenda pure tutti lui, dato che ormai il re mio signore è tornato in pace a casa!".
32Barzillài il Galaadita era sceso da Roghelìm e aveva passato il Giordano con il re, per congedarsi da lui presso il Giordano.33Barzillài era molto vecchio: aveva ottant'anni. Aveva fornito i viveri al re mentre questi si trovava a Macanàim, perché era un uomo molto facoltoso.34Il re disse a Barzillài: "Vieni con me; io provvederò al tuo sostentamento presso di me, a Gerusalemme".35Ma Barzillài rispose al re: "Quanti sono gli anni che mi restano da vivere, perché io salga con il re a Gerusalemme?36Io ho ora ottant'anni; posso forse ancora distinguere ciò che è buono da ciò che è cattivo? Può il tuo servo gustare ancora ciò che mangia e ciò che beve? Posso udire ancora la voce dei cantori e delle cantanti? E perché allora il tuo servo dovrebbe essere di peso al re mio signore?37Solo per poco tempo il tuo servo verrà con il re oltre il Giordano; perché il re dovrebbe darmi una tale ricompensa?38Lascia che il tuo servo torni indietro e che io possa morire nella mia città presso la tomba di mio padre e di mia madre. Ecco qui mio figlio, il tuo servo Chimàm; venga lui con il re mio signore; fa' per lui quello che ti piacerà".39Il re rispose: "Venga dunque con me Chimàm e io farò per lui quello che a te piacerà; farò per te quello che desidererai da me".40Poi tutto il popolo passò il Giordano; il re l'aveva già passato. Allora il re baciò Barzillài e lo benedisse; quegli tornò a casa.
41Così il re passò verso Gàlgala e Chimàm era venuto con lui. Tutta la gente di Giuda e anche metà della gente d'Israele aveva fatto passare il re.
42Allora tutti gli Israeliti vennero dal re e gli dissero: "Perché i nostri fratelli, gli uomini di Giuda, ti hanno portato via di nascosto e hanno fatto passare il Giordano al re, alla sua famiglia e a tutta la gente di Davide?".43Tutti gli uomini di Giuda risposero agli Israeliti: "Il re è un nostro parente stretto; perché vi adirate per questo? Abbiamo forse mangiato a spese del re o ci fu portata qualche porzione?".44Gli Israeliti replicarono agli uomini di Giuda: "Dieci parti mi spettano sul re; inoltre sono io il primogenito e non tu; perché mi hai disprezzato? Non sono forse stato il primo a proporre di far tornare il re?". Ma il parlare degli uomini di Giuda fu più violento di quello degli Israeliti.
Salmi 4
1'Al maestro del coro. Per strumenti a corda. Salmo. Di Davide.'
2Quando ti invoco, rispondimi, Dio, mia giustizia:
dalle angosce mi hai liberato;
pietà di me, ascolta la mia preghiera.
3Fino a quando, o uomini, sarete duri di cuore?
Perché amate cose vane e cercate la menzogna?
4Sappiate che il Signore fa prodigi per il suo fedele:
il Signore mi ascolta quando lo invoco.
5Tremate e non peccate,
sul vostro giaciglio riflettete e placatevi.
6Offrite sacrifici di giustizia
e confidate nel Signore.
7Molti dicono: "Chi ci farà vedere il bene?".
Risplenda su di noi, Signore, la luce del tuo volto.
8Hai messo più gioia nel mio cuore
di quando abbondano vino e frumento.
9In pace mi corico e subito mi addormento:
tu solo, Signore, al sicuro mi fai riposare.
Salmi 68
1'Al maestro del coro. Di Davide. Salmo. Canto.'
2Sorga Dio, i suoi nemici si disperdano
e fuggano davanti a lui quelli che lo odiano.
3Come si disperde il fumo, tu li disperdi;
come fonde la cera di fronte al fuoco,
periscano gli empi davanti a Dio.
4I giusti invece si rallegrino,
esultino davanti a Dio
e cantino di gioia.
5Cantate a Dio, inneggiate al suo nome,
spianate la strada a chi cavalca le nubi:
"Signore" è il suo nome,
gioite davanti a lui.
6Padre degli orfani e difensore delle vedove
è Dio nella sua santa dimora.
7Ai derelitti Dio fa abitare una casa,
fa uscire con gioia i prigionieri;
solo i ribelli abbandona in arida terra.
8Dio, quando uscivi davanti al tuo popolo,
quando camminavi per il deserto,
9la terra tremò, stillarono i cieli
davanti al Dio del Sinai,
davanti a Dio, il Dio di Israele.
10Pioggia abbondante riversavi, o Dio,
rinvigorivi la tua eredità esausta.
11E il tuo popolo abitò il paese
che nel tuo amore, o Dio, preparasti al misero.
12Il Signore annunzia una notizia,
le messaggere di vittoria sono grande schiera:
13"Fuggono i re, fuggono gli eserciti,
anche le donne si dividono il bottino.
14Mentre voi dormite tra gli ovili,
splendono d'argento le ali della colomba,
le sue piume di riflessi d'oro".
15Quando disperdeva i re l'Onnipotente,
nevicava sullo Zalmon.
16Monte di Dio, il monte di Basan,
monte dalle alte cime, il monte di Basan.
17Perché invidiate, o monti dalle alte cime,
il monte che Dio ha scelto a sua dimora?
Il Signore lo abiterà per sempre.
18I carri di Dio sono migliaia e migliaia:
il Signore viene dal Sinai nel santuario.
19Sei salito in alto conducendo prigionieri,
hai ricevuto uomini in tributo:
anche i ribelli abiteranno
presso il Signore Dio.
20Benedetto il Signore sempre;
ha cura di noi il Dio della salvezza.
21Il nostro Dio è un Dio che salva;
il Signore Dio libera dalla morte.
22Sì, Dio schiaccerà il capo dei suoi nemici,
la testa altéra di chi percorre la via del delitto.
23Ha detto il Signore: "Da Basan li farò tornare,
li farò tornare dagli abissi del mare,
24perché il tuo piede si bagni nel sangue,
e la lingua dei tuoi cani riceva la sua parte tra i nemici".
25Appare il tuo corteo, Dio,
il corteo del mio Dio, del mio re, nel santuario.
26Precedono i cantori, seguono ultimi i citaredi,
in mezzo le fanciulle che battono cèmbali.
27"Benedite Dio nelle vostre assemblee,
benedite il Signore, voi della stirpe di Israele".
28Ecco, Beniamino, il più giovane,
guida i capi di Giuda nelle loro schiere,
i capi di Zàbulon, i capi di Nèftali.
29Dispiega, Dio, la tua potenza,
conferma, Dio, quanto hai fatto per noi.
30Per il tuo tempio, in Gerusalemme,
a te i re porteranno doni.
31Minaccia la belva dei canneti,
il branco dei tori con i vitelli dei popoli:
si prostrino portando verghe d'argento;
disperdi i popoli che amano la guerra.
32Verranno i grandi dall'Egitto,
l'Etiopia tenderà le mani a Dio.
33Regni della terra, cantate a Dio,
cantate inni al Signore;
34egli nei cieli cavalca, nei cieli eterni,
ecco, tuona con voce potente.
35Riconoscete a Dio la sua potenza,
la sua maestà su Israele,
la sua potenza sopra le nubi.
36Terribile sei, Dio, dal tuo santuario;
il Dio d'Israele dà forza e vigore al suo popolo,
sia benedetto Dio.
Isaia 26
1In quel giorno si canterà questo canto nel paese di Giuda:
Abbiamo una città forte;
egli ha eretto a nostra salvezza
mura e baluardo.
2Aprite le porte:
entri il popolo giusto che mantiene la fedeltà.
3Il suo animo è saldo;
tu gli assicurerai la pace,
pace perché in te ha fiducia.
4Confidate nel Signore sempre,
perché il Signore è una roccia eterna;
5perché egli ha abbattuto
coloro che abitavano in alto;
la città eccelsa
l'ha rovesciata, rovesciata fino a terra,
l'ha rasa al suolo.
6I piedi la calpestano,
i piedi degli oppressi, i passi dei poveri.
7Il sentiero del giusto è diritto,
il cammino del giusto tu rendi piano.
8Sì, nella via dei tuoi giudizi,
Signore, noi speriamo in te;
al tuo nome e al tuo ricordo
si volge tutto il nostro desiderio.
9La mia anima anela a te di notte,
al mattino il mio spirito ti cerca,
perché quando pronunzi i tuoi giudizi sulla terra,
giustizia imparano gli abitanti del mondo.
10Si usi pure clemenza all'empio,
non imparerà la giustizia;
sulla terra egli distorce le cose diritte
e non guarda alla maestà del Signore.
11Signore, sta alzata la tua mano,
ma essi non la vedono.
Vedano, arrossendo, il tuo amore geloso per il popolo;
anzi, il fuoco preparato per i tuoi nemici li divori.
12Signore, ci concederai la pace,
poiché tu dài successo a tutte le nostre imprese.
13Signore nostro Dio, altri padroni,
diversi da te, ci hanno dominato,
ma noi te soltanto, il tuo nome invocheremo.
14I morti non vivranno più,
le ombre non risorgeranno;
poiché tu li hai puniti e distrutti,
hai fatto svanire ogni loro ricordo.
15Hai fatto crescere la nazione, Signore,
hai fatto crescere la nazione, ti sei glorificato,
hai dilatato tutti i confini del paese.
16Signore, nella tribolazione ti abbiamo cercato;a te abbiamo gridato nella prova, che è la tua correzione.
17Come una donna incinta che sta per partorire
si contorce e grida nei dolori,
così siamo stati noi di fronte a te, Signore.
18Abbiamo concepito, abbiamo sentito i dolori
quasi dovessimo partorire: era solo vento;
non abbiamo portato salvezza al paese
e non sono nati abitanti nel mondo.
19Ma di nuovo vivranno i tuoi morti,
risorgeranno i loro cadaveri.
Si sveglieranno ed esulteranno
quelli che giacciono nella polvere,
perché la tua rugiada è rugiada luminosa,
la terra darà alla luce le ombre.
20Va', popolo mio, entra nelle tue stanze
e chiudi la porta dietro di te.
Nasconditi per un momento
finché non sia passato lo sdegno.
21Perché ecco, il Signore esce dalla sua dimora
per punire le offese fatte a lui dagli abitanti della terra;
la terra ributterà fuori il sangue assorbito
e più non coprirà i suoi cadaveri.
Lettera ai Romani 4
1Che diremo dunque di Abramo, nostro antenato secondo la carne?2Se infatti Abramo è stato giustificato per le opere, certo ha di che gloriarsi, ma non davanti a Dio.3Ora, che cosa dice la Scrittura? 'Abramo ebbe fede in Dio e ciò gli fu accreditato come giustizia'.4A chi lavora, il salario non viene calcolato come un dono, ma come debito;5a chi invece non lavora, ma crede in colui che giustifica l'empio, la sua fede gli viene accreditata come giustizia.6Così anche Davide proclama beato l'uomo a cui Dio accredita la giustizia indipendentemente dalle opere:
7'Beati quelli le cui iniquità sono state perdonate
e i peccati sono stati ricoperti;'
8'beato l'uomo al quale il Signore non mette in conto
il peccato'!
9Orbene, questa beatitudine riguarda chi è circonciso o anche chi non è circonciso? Noi diciamo infatti che 'la fede fu accreditata ad Abramo come giustizia'.10Come dunque gli fu accreditata? Quando era circonciso o quando non lo era? Non certo dopo la circoncisione, ma prima.11Infatti egli ricevette 'il segno della circoncisione' quale sigillo della giustizia derivante dalla fede che aveva già ottenuta quando non era ancora circonciso; questo perché fosse padre di tutti i non circoncisi che credono e perché anche a loro venisse accreditata la giustizia12e fosse padre anche dei circoncisi, di quelli che non solo hanno la circoncisione, ma camminano anche sulle orme della fede del nostro padre Abramo prima della sua circoncisione.
13Non infatti in virtù della legge fu data ad Abramo o alla sua discendenza la promessa di diventare erede del mondo, ma in virtù della giustizia che viene dalla fede;14poiché se diventassero eredi coloro che provengono dalla legge, sarebbe resa vana la fede e nulla la promessa.15La legge infatti provoca l'ira; al contrario, dove non c'è legge, non c'è nemmeno trasgressione.16Eredi quindi si diventa per la fede, perché ciò sia per grazia e così la promessa sia sicura per tutta la discendenza, non soltanto per quella che deriva dalla legge, ma anche per quella che deriva dalla fede di Abramo, il quale è padre di tutti noi.17Infatti sta scritto: 'Ti ho costituito padre di molti popoli'; [è nostro padre] davanti al Dio nel quale credette, che dà vita ai morti e chiama all'esistenza le cose che ancora non esistono.
18Egli ebbe fede sperando contro ogni speranza e così divenne 'padre di molti popoli', come gli era stato detto: 'Così sarà la tua discendenza'.19Egli non vacillò nella fede, pur vedendo già come morto il proprio corpo - aveva circa cento anni - e morto il seno di Sara.20Per la promessa di Dio non esitò con incredulità, ma si rafforzò nella fede e diede gloria a Dio,21pienamente convinto che quanto egli aveva promesso era anche capace di portarlo a compimento.22Ecco perché 'gli fu accreditato come giustizia'.
23E non soltanto per lui è stato scritto che gli fu accreditato come giustizia,24ma anche per noi, ai quali sarà egualmente accreditato: a noi che crediamo in colui che ha risuscitato dai morti Gesù nostro Signore,25il quale è stato messo a morte per i nostri peccati ed è stato risuscitato per la nostra giustificazione.
Capitolo X: La santa Comunione non va tralasciata con leggerezza
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1. A questa sorgente della grazia e della misericordia divina, a questa sorgente della bontà e di ogni purezza devi ricorrere frequentemente, fino a che tu non riesca a guarire dalle tue passioni e dai tuoi vizi; fino a che tu non ottenga di essere più forte e più vigilante contro tutte le tentazioni e gli inganni del diavolo. Questi, il nemico, ben sapendo quale sia il beneficio e il rimedio grande insito nella santa Comunione, tenta in ogni modo e in ogni momento di ostacolare, per quanto può, le anime fedeli e devote, distogliendole da essa. Taluni, infatti, quando vogliono prepararsi alla santa Comunione, subiscono i più forti assalti del demonio. Lo spirito del male - come è detto nel libro di Giobbe (1,6; 2,1) - viene in mezzo ai figli di Dio, per turbarli, con la consueta sua perfidia, e per renderli troppo timorosi e perplessi, finché non abbia affievolito il loro slancio o abbia loro strappato, di forza, la fede: nella speranza che essi lascino del tutto la Comunione o vi si accostino con poco fervore. Ma non ci si deve curare per nulla delle sue astuzie e delle sue suggestioni, per quanto turpi e terrorizzanti, Su di lui bisogna ritorcere le immaginazioni che provengono da lui. Va disprezzato e deriso, quel miserabile. Per quanti assalti egli compia e per quante agitazioni egli susciti, la santa Comunione non deve essere tralasciata. Talora avviene che siano di ostacolo alla Comunione persino una eccessiva preoccupazione di essere sufficientemente devoti e una certa angustia dubbiosa sul confessarsi. Ma tu agisci secondo il consiglio dei saggi, tralasciando ansie e scrupoli, che costituiscono impedimento alla grazia divina e distruggono lo spirito di devozione. Non lasciare la santa Comunione, per ogni piccola difficoltà o stanchezza. Ma va subito a confessarti e perdona di cuore agli altri ogni offesa ricevuta; che se tu hai offeso qualcuno e chiedi umilmente scusa, il Signore prontamente avrà misericordia di te.
2. Che giova ritardare tanto la confessione o rimandare la santa Comunione? Purificati al più presto; sputa subito il veleno; corri a prendere il rimedio: ti sentirai meglio che se tu avessi differito tutto ciò. Se oggi, per una piccola cosa, rinunci, domani forse accadrà qualcosa di più grave: così ti potrebbe essere impossibile per lungo tempo, la Comunione e potresti diventare ancora più indegno. Scuotiti al più presto dalla stanchezza e dall'inerzia, in cui oggi ti trovi: non serve a nulla restare a lungo nell'ansietà e tirare avanti nel turbamento, separandoti, in tal modo, per questi quotidiani ostacoli, dalle cose divine. Anzi è molto dannoso rimandare tanto la Comunione, perché ciò suole anche ingenerare grave torpore. Avviene persino - cosa ben dolorosa - che taluni, nella loro tiepidezza e leggerezza, accettino di buon grado questi ritardi della confessione, e desiderino di ritardare così la santa Comunione, proprio per non essere obbligati a una più severa custodia di sé. Oh!, come è scarso l'amore, come è fiacca la devozione di coloro che rimandano tanto facilmente la Comunione. E come è felice e caro a Dio colui che vive in modo da custodire la sua coscienza in una tale limpidezza da essere pronto e pieno di desiderio di comunicarsi anche ogni giorno, se gli fosse consentito e se potesse farlo senza essere criticato. Se uno qualche volta si astiene dalla Comunione per umiltà, o per un giusto impedimento, gli va data lode, a causa del suo rispettoso timore. Se invece fa questo per una sorta di torpore, che si è insinuato in lui, deve scuotersi e agire, quanto gli è possibile: il Signore aderirà al suo desiderio, grazie alla buona volontà, alla quale Dio guarda in modo speciale.
3. Se, invece, uno è trattenuto da ragioni valide, ma avrà la buona volontà e la devota intenzione di comunicarsi, costui non mancherà dei frutti del Sacramento. Giacché ognuno che abbia spirito di devozione può, in ogni giorno e in ogni ora, darsi salutarmente, senza che alcuno glielo impedisca, alla comunione spirituale con Cristo; pur dovendo, in certi giorni e nel tempo stabilito, con reverente affetto, prendere sacramentalmente in cibo il corpo del suo Redentore, mirando più a dare lode e onore a Dio che ad avere consolazione per sé. Infatti questo invisibile ristoro dell'anima, che è la comunione spirituale, si ha ogni volta che uno medita con devozione il mistero dell'incarnazione e della passione di Cristo, accendendosi di amore per lui. Chi si prepara soltanto perché è imminente il giorno festivo, o perché la consuetudine lo sospinge, è per lo più tutt'altro che pronto. Beato colui che si offre a Dio in sacrificio ogni qualvolta celebra la Messa o si comunica.
4. Nel celebrare, non essere né troppo prolisso né troppo frettoloso; ma osserva il ragionevole uso, comune a coloro con i quali ti trovi a vivere. Non devi, infatti, ingenerare in altri fastidio e noia; devi mantenere invece la via consueta, secondo la volontà dei superiori, e badare più all'utile degli altri, che alla tua devozione e al tuo sentimento.
DISCORSO 285 NEL NATALE DEI MARTIRI CASTO ED EMILIO
Discorsi - Sant'Agostino
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La solennità dei martiri si deve celebrare in modo che desti attrattiva la loro imitazione.
1. La virtù dei santi martiri non solo eminente ma anche religiosa (è infatti utile, anzi, proprio quella che non lotta per affermazione di superiorità, ma per Dio, è la vera e la sola cui si conviene il nome di virtù) ci esorta a parlare alla Carità vostra e ancora avvertirla di celebrare le solennità dei martiri in modo che si susciti attrattiva per l'imitazione ripercorrendone le orme. Anche quanto ai martiri, infatti, non fu bene loro proprio essere stati forti. Quella sorgente non si diffuse fermandosi a loro. Chi ad essi l'ha concesso può donarlo anche a noi: poiché unico è il prezzo che è stato dato per tutti noi.
Non è la pena, ma la causa a fare i martiri. La fede del ladrone sulla croce cambiò la causa del suo soffrire. Tre croci. La croce di Cristo seggio del giudice.
2. Che il martire di Dio non è tale per la pena ma per la causa è, dunque, una verità che dovete tener presente in modo particolare, vi si deve ricordare di frequente e dovete sempre tornarci su con il pensiero. La nostra giustizia, infatti, e non i tormenti attira la compiacenza di Dio; nel giudizio dell'Onnipotente e del Verace non si ricerca che cosa ciascuno soffra, ma la ragione del patire. Pertanto, il poterci segnare con la croce del Signore non è frutto delle sofferenze di lui, ma della causa. Per cui, se lo avesse procurato la pena, sarebbe stata in grado di apportarlo anche la pena simile dei ladroni. In uno stesso luogo erano tre crocifissi, al centro il Signore che venne annoverato tra i malfattori 1. Posero i due ladroni da ambo i lati: ma non ebbero in comune la causa. Venivano accostati ai lati di Gesù che pendeva, ma si distanziavano assai. Furono i loro personali delitti a crocifiggerli, i nostri a crocifiggerlo. Nondimeno, anche in uno di essi fu ben chiaro quale valore avesse non il tormento dell'uomo crocifisso, ma l'umile riconoscimento del reo. Il ladrone guadagnò nel dolore quel che Pietro aveva perduto nella paura: riconobbe il delitto, salì sulla croce; cambiò la causa, acquistò il paradiso. Meritò indubbiamente di cambiare la causa quello che non disprezzò in Cristo la somiglianza della pena. I Giudei lo trattarono con disprezzo quando compiva i miracoli, quello credette in lui quando era crocifisso. In chi gli era compagno sulla croce riconobbe il Signore e, credendo, fece violenza al Regno dei cieli. Il ladrone credette in Cristo proprio quando la fede degli Apostoli vacillò. Giustamente meritò di ascoltare: Oggi sarai con me in paradiso 2. Certamente da parte sua non se l'aspettava, era certo di affidarsi ad una grande misericordia, ma pensava anche alle sue colpe: Signore - disse - ricordati di me quando sarai giunto nel tuo regno 3. Prevedeva che sarebbe rimasto a soffrire finché il Signore non fosse giunto nel suo regno e si limitava a sollecitare vivamente che gli venisse usata misericordia all'arrivo di lui. Perciò il ladrone, tutto preso dal pensiero delle sue colpe, era disposto ad attendere: ma il Signore offriva al ladrone quel che non sperava; come se dicesse: Tu chiedi che io mi ricordi di te quando sarò giunto nel mio regno, in verità, in verità ti dico, oggi sarai con me in paradiso 4. Riconosci Colui al quale ti affidi: Io, che tu credi debba venire, sono dovunque, prima che io venga. Perciò, sebbene io sia per discendere agli inferi, oggi ti avrò in paradiso; non affidato ad un altro, ma con me. Nella natura della mia umiliazione discesi infatti tra gli uomini mortali e persino tra i morti stessi, però la mia divinità non si allontana mai dal paradiso. Così, ecco tre croci, tre cause. Uno dei ladroni insultava Cristo, l'altro, confessando le proprie malefatte, si affidava alla misericordia di Cristo. La croce di Cristo, al centro, non fu uno strumento di supplizio, ma un tribunale: in realtà, dalla croce condannò l'offensore, liberò il credente. Abbiate timore, voi persecutori, godete, voi credenti: quanto egli operò nell'abbiezione, quello farà nella gloria.
I doni di grazia provengono dall'insondabile giudizio di Dio. Pietro presuntuoso è abbandonato per un poco a se stesso perché si conosca. Dio detesta i presuntuosi.
3. I doni divini provengono dall'insondabile giudizio di Dio: li possiamo ammirare, non siamo capaci di approfondirne la conoscenza. Infatti: Chi ha potuto conoscere il pensiero del Signore? 5 e: Quanto sono imperscrutabili i suoi giudizi e investigabili le sue vie! 6 Tenendosi sempre dietro a Cristo, Pietro si confonde, e rinnega: è guardato, e piange; il pianto lava ciò che la paura aveva macchiato. Quello di Pietro non fu un disertare, ma un uscire dall'ignoranza. Senza dubbio, alla richiesta se amasse il Signore, si era creduto capace anche di morire per lui. Lo aveva attribuito alle proprie risorse: se non gli si fosse sottratto per un poco Colui che lo sosteneva, non avrebbe raggiunto consapevolezza di sé. Arrivò a dire: Darò la mia vita per te 7. Azzardava di voler dare la vita per Cristo il presuntuoso, per il quale il liberatore non aveva ancora dato la sua. Quando poi lo agita la paura, come il Signore aveva predetto, rinnega tre volte Colui per il quale aveva promesso di morire. Come è stato scritto: il Signore lo guardò. E quello pianse amaramente 8. Era amaro il ricordo del rinnegamento perché risultasse dolce la grazia della redenzione. Se non fosse rimasto in balia di se stesso, non avrebbe rinnegato; se non fosse stato guardato, non avrebbe pianto. Dio detesta quanti contano sulle proprie forze e, da medico, asporta questo tumore da coloro che ama. Procura certamente dolore tagliando: ma fortifica la salute. Pertanto, alla risurrezione, il Signore affida le sue pecore a Pietro, a chi aveva rinnegato, al rinnegatore, ma in quanto pieno di sé; più tardi al pastore, in quanto pieno di amore. Per quale ragione infatti interpella tre volte chi ama se non a compunzione di chi tre volte ha negato? Dunque, per la grazia di Dio, Pietro realizzò in seguito quanto in un primo momento, nella sicurezza di sé, non gli riuscì. Infatti, dopo che ebbe affidato le pecore a Pietro, non come sue ma quali proprie, perché ne avesse cura non a suo vantaggio ma per il Signore, gli fece prevedere la passione che lo attendeva e che prima si era fatto sfuggire dimostrando una premura troppo precipitosa. Quando sarai vecchio - disse - un altro ti cingerà e ti porterà dove tu non vuoi. Ma gli disse questo per indicare con quale morte avrebbe glorificato il Signore 9. Si realizzò, arrivò l'ora del martirio per Pietro che aveva lavato nelle lacrime la negazione. Il tentatore non poté portargli via ciò che il Salvatore gli aveva promesso.
Per quale ragione Casto ed Emilio, in un primo tempo, si dettero per vinti durante i tormenti e perché furono vittoriosi.
4. Mi sembra che qualcosa di simile si sia verificato in questi santi martiri Casto ed Emilio dei quali oggi celebriamo la ricorrenza. Probabilmente anch'essi, in un primo tempo, contarono sulle loro forze e perciò vennero meno. Cristo mostrò loro chi veramente egli fosse e chi essi fossero. Rintuzzò i presuntuosi e suscitò i credenti: sostenne i combattenti, coronò i vincitori. Insomma, già al primo assalto, il nemico ne gioiva; quando si arresero ai dolori, li contava dalla sua parte, già esultava, già li aveva in possesso: ma tanto quanto fu loro permesso dalla misericordia del Signore; alcuni martiri vinsero il diavolo insidiatore, questi persino il diavolo certo della vittoria. Pertanto, fratelli miei, conserviamo il ricordo della festa solenne che oggi celebriamo; guardandoci dall'imitarli in ciò che ne fece dei vinti, ma piuttosto in ciò che li rese vincitori. Se le cadute dei grandi non sono rimaste nascoste è perché siano nel timore quanti sono stati troppo sicuri di sé. In ogni senso ci viene raccomandata premurosamente l'umiltà del Maestro buono. Giacché anche la nostra salvezza in Cristo è l'umiltà di Cristo. Infatti, non ci sarebbe per noi salvezza se Cristo non si fosse degnato di farsi umile per noi. Teniamo ben presente che non dobbiamo riporre molta fiducia in noi stessi. Rimettiamo a Dio quel che abbiamo e imploriamo da lui quel che ci manca.
I martiri sono i nostri avvocati, pur tuttavia abbiamo un solo avvocato: Cristo.
5. La giustizia dei martiri è perfetta perché raggiunsero la perfezione proprio nel crogiuolo della passione. È per questo che nella Chiesa non si prega per loro. Per gli altri fedeli defunti si prega, per i martiri non si prega. Infatti, ne uscirono così purificati da non essere i nostri protetti ma i nostri avvocati. E questo non di per se stessi ma in Colui al quale, come Capo, le membra perfette sono strettamente connesse. Egli è infatti veramente l'unico avvocato 10, che sta alla destra del Padre e intercede per noi 11; ma quale unico avvocato, come anche unico pastore. Dice infatti: Devo condurre anche quelle pecore che non sono di quest'ovile 12. Come Cristo è pastore, non è pastore anche Pietro? Ma certo, anche Pietro è pastore, ed anche gli altri pastori sono tali senza alcun dubbio. Infatti, se non è pastore, come gli si può dire: Pasci le mie pecore 13? Pur tuttavia, il vero pastore è colui che pasce le pecore di sua proprietà. Non fu detto perciò a Pietro: Pasci le tue pecore; ma le mie. Quindi, Pietro è pastore non di per sé, ma nella persona del Pastore. Se infatti volesse pascere le pecore come proprie, diventerebbero subito capri quelli del suo pascolo.
Non ci sono pecore di Cristo fuori dalla Chiesa, ma capri condotti al pascolo dagli scismatici. La voce dei donatisti.
6. Diversamente da quel che si dice a Pietro: Pasci le mie pecore 14, nel Cantico dei Cantici è detto: Se non avrai riconosciuto te stessa, o la più bella delle donne 15. Ci rendiamo senz'altro conto a chi si parla ed in essa siamo anche noi ad ascoltare. Certamente la Chiesa questo ascolta da Cristo, la sposa ascolta dallo sposo: Se non avrai riconosciuto te stessa, o la più bella delle donne, esci tu 16. Quant'è brutta la parola esci! Disse: Uscirono da noi ma non erano dei nostri 17. A tale severa parola qual è esci, fa contrasto, in senso buono, quell'espressione amabile: Entra nel gaudio del tuo Signore 18. Dunque, se non avrai riconosciuto te stessa o la più bella delle donne, o cattolica, bella tra le eresie: Se non avrai riconosciuto te stessa o la più bella delle donne, esci tu: non è infatti che io ti scaccio ma esci tu. Uscirono infatti da noi quelli che si separano, vivi della vita del corpo, privi dello Spirito 19. Non fu detto infatti: Furono cacciati via; ma: Uscirono. Anche nei riguardi dei primi peccatori la giustizia divina operò in tal modo. Infatti, quasi curvi ormai sotto il proprio peso, li scacciò, non li escluse dal paradiso 20. Dunque, Se non avrai riconosciuto te stessa o la più bella delle donne, esci tu, non sono io a scacciarti, esci tu. Da parte mia voglio risanarti nel mio corpo, tu aspiri ad essere mondata della tua putredine. Questo fu detto a coloro che si prevedeva sarebbero usciti perché potessero riconoscersi e lo avessero evitato quanti sarebbero rimasti. Per quale ragione, infatti, pure quelli uscirono se non perché non riconobbero se stessi? Quindi, se l'avessero fatto, si sarebbero allora accorti che quanto davano non apparteneva a loro, ma a Dio. Sono io a dare: è mio quel che cedo ed è cosa santa proprio perché sono io a dare. Non ti sei riconosciuta e di conseguenza sei uscita. Infatti non hai voluto ascoltare chi dice: Se non avrai riconosciuto te stessa, o la più bella delle donne. Eri bella infatti una volta, quando ti tenevi stretta alle membra del tuo sposo. Perciò non hai voluto ascoltare e soppesare in che consista il se non avrai riconosciuto te stessa, perché è certo che ti ha trovata brutta, perché da brutta ti ha resa bella, perché da nera ti ha resa bianca. Che cos'hai che non hai ricevuto? 21 Dunque, non badi in qual senso sia stato detto: Se non avrai riconosciuto te stessa, esci tu. Ed hai creduto di dover pascere pecore tue, non come fu detto a Pietro: Pasci le mie pecore 22. Ma attenta a quel che ti ha aggiunto, al fatto che ti ha predetto queste cose: Esci tu dietro le orme delle greggi 23; non del gregge, ma delle greggi. Ivi infatti si conducono al pascolo le pecore di Cristo, dov'è un solo gregge ed un solo pastore. Dunque: Esci tu dietro le orme delle greggi disposta a dividerti, già divisa, lacerata. Esci tu sulle orme delle greggi: e pasci i tuoi capretti; non come Pietro, le mie pecore, ma i tuoi capretti presso le tende dei pastori 24, non nella tenda del Pastore. Pietro entra, animato da carità, tu esci presa da malanimo; proprio perché Pietro giunse a conoscersi, perciò pianse se stesso a causa della sua presunzione e meritò di incontrare chi era là ad aiutarlo; quindi, esci tu. Pietro le mie pecore, tu i tuoi capretti. Quello nella tenda del Pastore, tu nelle tende dei pastori. Perché vai in giro ostentando la tua ingiusta pena, tu che non sei animata da una causa retta?
I martiri si devono onorare nell'unità della Chiesa.
7. Pertanto, diamo onore ai martiri nell'interno, nella tenda del Pastore, tra i membri del Pastore, animati dalla grazia, non da arroganza; da pietà, non da presunzione; da perseveranza, non da ostinazione; da concordia unanime, non da spirito di parte. Di conseguenza, se volete imitare i martiri autentici, scegliete quella causa che vi consenta di poter dire al Signore: Fammi giustizia, o Signore, distingui la mia causa da quella di gente spietata 25. Distingui non la mia pena - infatti è nella pena anche la gente spietata -, ma la mia causa, che è propria unicamente di chi ha la grazia. Dunque, scegliete per voi la causa, sostenete la causa buona e giusta, certi dell'aiuto del Signore, non vi spaventi alcuna pena. Rivolti al Signore.
1 - Is 53, 12.
2 - Lc 23, 43
3 - Lc 23, 42.
4 - Lc 23, 43
5 - Rm 11, 34.
6 - Rm 11, 33.
7 - Lc 22, 33.
8 - Lc 22, 61-62.
9 - Gv 21, 18-19.
10 - Cf. 1 Gv 2, 1.
11 - Cf. Rm 8, 34.
12 - Gv 10, 16.
13 - Gv 21, 17.
14 - Gv 21, 17.
15 - Ct 1, 7.
16 - Ct 1, 7.
17 - 1 Gv 2, 19.
18 - Mt 25, 21.
19 - Gd 19.
20 - Cf. Gn 3, 23.
21 - 1 Cor 4, 7.
22 - Gv 21, 17.
23 - Ct 1, 7.
24 - Ct 1, 7.
25 - Sal 42, 1.
La lettera da Roma del 1884
I sogni di don Bosco - San Giovanni Bosco
Leggilo nella BibliotecaIn questa lettera, molto nota nell'ambiente salesiano, Don Bosco racconta un suo sogno in due puntate, fatto in due notti consecutive. L'argomento è l'Oratorio di Valdocco popolato di ragazzi e il suo clima educativo: anzitutto il clima felice dei primissimi tempi dell'Oratorio, poi quello così cambiato del 1884. Data l'importanza pedagogica del sogno, ne pubblichiamo il testo integrale. Le poche omissioni sono segnate da puntini tra parentesi quadre. I sottotitoli sono nostri.
Roma, 10 maggio 1884
Miei carissimi figliuoli in G.C.,
vicino o lontano io penso sempre a voi. Uno solo è il mio desiderio, quello di vedervi felici nel tempo e nell'eternità. Questo pensiero, questo desiderio mi risolsero a scrivervi questa lettera. Sento, o cari miei, il peso della mia lontananza da voi, e il non vedervi e il non sentirvi mi cagiona pena, quale voi non potete immaginare. Perciò io avrei desiderato scrivere queste righe una settimana fa, ma le continue occupazioni me lo impedirono. Tuttavia benché pochi giorni manchino al mio ritorno, voglio anticipare la mia venuta tra voi almeno per lettera, non potendolo di persona. Sono le parole di chi vi ama teneramente in G.C. e ha il dovere di parlarvi con la libertà di un padre. E voi me lo permettete, non è vero? E mi presterete attenzione e metterete in pratica ciò che sto per dirvi.
L'Oratorio prima del 1870
Ho affermato che voi siete l'unico e il continuo pensiero della mia mente. Or dunque in una delle sere scorse io mi ero ritirato in camera, e mentre mi disponevo per andare a riposo, avevo cominciato a recitare le preghiere che mi insegnò la mia buona mamma. In quel momento, non so bene se preso dal sonno o tratto fuori di me da una distrazione, mi parve che mi si presentassero innanzi due degli antichi giovani dell'Oratorio. Uno di questi due mi si avvicinò e, salutandomi affettuosamente, mi disse:
- O Don Bosco, mi conosce?
- Sì che ti conosco - risposi.
- E si ricorda ancora di me? - soggiunse quell'uomo.
- Di te e di tutti gli altri. Tu sei Valfré ed eri nell'Oratorio prima del 1870.
- Dica - continuò quell'uomo -, vuol vedere i giovani che erano all'Oratorio ai miei tempi?
- Sì, fammeli vedere - io risposi -; ciò mi cagionerà molto piacere.
Allora Valfré mi mostrò i giovani, tutti con le stesse sembianze e con la statura e nell'età di quel tempo.
Mi pareva di essere nell'antico Oratorio nell'ora della ricreazione. Era una scena tutta vita, tutto moto, tutta allegria. Chi correva, chi saltava, chi faceva giocare. Qui si gioca alla rana, là a barrarotta e al pallone. In un luogo era radunato un crocchio di giovani che pendeva dal labbro di un prete, il quale narrava una storiella. In un altro luogo un chierico, che in mezzo ad altri giovanetti giocava all'asino vola e ai mestieri. Si cantava, si rideva da tutte le parti e dovunque chierici e preti, e intorno ad essi i giovani che schiamazzavano allegramente. Si vedeva che tra i giovani e i superiori regnava la più grande cordialità e confidenza. lo ero incantato a quello spettacolo e Valfré mi disse:
- Veda, la familiarità porta affetto e l'affetto porta confidenza. È ciò che apre i cuori, e i giovani palesano tutto senza timore ai maestri, agli assistenti e ai superiori. Diventano schietti in confessione e fuori di confessione e si prestano docili a tutto ciò che vuoI comandare colui dal quale sono certi di essere amati.
L'Oratorio nel 1884
In quell'istante mi si avvicinò l'altro mio antico allievo, che aveva
la barba tutta bianca, e mi disse:
- Don Bosco, adesso vuoI conoscere e vedere i giovani che attualmente sono nell'Oratorio?
Costui era Buzzetti Giuseppe.
- Sì - risposi io -, perché è già un mese che non li vedo.
E me li additò: vidi l'Oratorio e tutti voi che facevate ricreazione. Ma non udivo più grida di gioia e cantici, non vedevo più quel moto, quella vita come nella prima scena. Negli atti e nel viso di molti giovani si leggeva una noia, una spossatezza, una musoneria, una diffidenza che faceva pena al mio cuore. [...]
- Ha visto i suoi giovani? - mi disse quell'antico allievo. - Li vedo - risposi sospirando.
- Quanto sono differenti da quello che eravamo noi una volta! - esclamò quell'antico allievo.
- Purtroppo! Quanta svogliatezza in quella ricreazione! [...]
Ci manca il meglio
- Ma come si possono rianimare questi miei cari giovani, affinché riprendano l'antica vivacità, allegrezza ed espansione? - Con la carità.
- Con la carità? Ma i miei giovani non sono amati abbastanza? Tu lo sai se io li amo. Tu sai quanto per essi ho sofferto e tollerato nel corso di ben 40 anni, e quanto tollero e soffro ancora adesso. Quanti stenti, quante umiliazioni, quante opposizioni, quante persecuzioni per dare a essi pane, casa, maestri e specialmente per procurare la salute alle loro anime. Ho fatto quanto ho potuto e saputo per coloro che formano l'affetto di tutta la mia vita. - Non parlo di lei.
- Di chi dunque? Di coloro che fanno le mie veci? Dei direttori, prefetti, maestri, assistenti? Non vedi come sono martiri dello studio e del lavoro? Come consumano i loro anni giovanili per coloro che ad essi affidò la Divina Provvidenza ?
- Vedo, conosco; ma ciò non basta: ci manca il meglio. - Che cosa manca adunque?
- Che i giovani non solo siano amati, ma che essi stessi conoscano di essere amati.
- Ma non hanno gli occhi in fronte? Non hanno il lume dell'intelligenza? Non vedono che quanto si fa per essi è tutto per loro amore?
- No, lo ripeto, ciò non basta.
- Che cosa ci vuole adunque?
- Che essendo amati in quelle cose che loro piacciono col partecipare alle loro inclinazioni infantili, imparino a vedere l'amore in quelle cose che naturalmente loro piacciono poco, quali sono la disciplina, lo studio, la mortificazione di se stessi; e queste cose imparino a fare con slancio e amore.
Il Salesiano « anima della ricreazione»
- Spiegati meglio!
- Osservi i giovani in ricreazione.
Osservai e quindi replicai:
- E che cosa c'è di speciale da vedere?
- Sono tanti anni che va educando giovani e non capisce? Guardi meglio. Dove sono i nostri Salesiani?
Osservai e vidi che ben pochi preti e chierici si mescolavano tra i giovani, e ancor più pochi prendevano parte ai loro divertimenti. I superiori non erano più l'anima della ricreazione. La maggior parte di essi passeggiavano parlando tra loro, senza badare che cosa facessero gli allievi; altri guardavano la ricreazione non dandosi nessun pensiero dei giovani; altri sorvegliavano così alla lontana senza avvertire chi commettesse qualche mancanza; qualcuno poi avvertiva, ma in atto minaccioso, e ciò raramente. Vi era qualche Salesiano che avrebbe desiderato di intromettersi in qualche gruppo di giovani, ma vidi che questi giovani cercavano studiosamente di allontanarsi dai maestri e dai superiori. Allora quell'amico ripigliò: .
- Negli antichi tempi dell'Oratorio lei non stava sempre in mezzo ai giovani e specialmente in tempo di ricreazione? Si ricorda quei begli anni? Era un tripudio di paradiso, un'epoca che ricordiamo sempre con amore, perché l'affetto era quello che ci serviva di regola, e noi per lei non avevamo segreti.
- Certamente! E allora tutto era gioia per me, e nei giovani uno slancio per avvicinarsi a me, per volermi parlare, e una viva ansia di udire i miei consigli e di metterli in pratica. Ora però vedi come le udienze continue e gli affari moltiplicati e la mia sanità me lo impediscono.
- Va bene. Ma se lei non può, perché i Salesiani non si fanno suoi imitatori? Perché non insiste, non esige che trattino i giovani come li trattava lei?
- lo parlo, mi spolmono, ma purtroppo molti non si sentono più di fare le fatiche di una volta.
- E quindi trascurando il meno, perdono il più; e questo più sono le loro fatiche. Amino ciò che piace ai giovani e i giovani ameranno ciò che piace ai superiori. E a questo modo sarà facile la loro fatica. La causa del presente cambiamento nell'Oratorio è che un numero di giovani non ha confidenza nei superiori. Anticamente i cuori erano tutti aperti ai superiori, che i giovani amavano e obbedivano prontamente. Ma ora i superiori sono considerati come superiori, e non più come padri, fratelli e amici; quindi sono temuti e poco amati; perciò se si vuol fare un cuor solo e un'anima sola, per amore di Gesù bisogna che si rompa quella fatale barriera della diffidenza e sottentri a questa la confidenza cordiale. Quindi l'obbedienza guidi l'allievo come la madre guida il fanciullino; allora regnerà nell'Oratorio la pace e l'allegrezza antica.
- Come dunque fare per rompere questa barriera?
- Familiarità con i giovani specie in ricreazione. Senza familiarità non si dimostra l'affetto, e senza questa dimostrazione non vi può essere confidenza. Chi vuole essere amato bisogna che faccia vedere che ama. Gesù Cristo si fece piccolo con i piccoli e portò la nostra infermità. Ecco il Maestro della familiarità. Il maestro visto solo in cattedra è maestro e non più, ma se va in ricreazione con i giovani, diventa come fratello.
Se uno è visto solo predicare dal pulpito, si dirà che fa né più né meno che il proprio dovere; ma se dice una parola in ricreazione, è la parola di uno che ama. Quante conversioni non cagionarono alcune sue parole fatte risonare all'improvviso all'orecchio di un giovane nel mentre che si divertiva!
Amorevolezza e sorveglianza
Chi sa di essere amato, ama; e chi è amato ottiene tutto, specialmente dai giovani. Questa confidenza mette una corrente elettrica tra i giovani e i superiori. I cuori si aprono e fanno conoscere i
loro bisogni e palesano i loro difetti. Questo amore fa sopportare ai superiori le fatiche, le noie, le ingratitudini, i disturbi, le mancanze, le negligenze dei giovanetti. Gesù Cristo non spezzò la canna già fessa né spense il lucignolo che fumigava. Ecco il vostro modello. Allora non si vedrà più chi lavorerà per fini di vanagloria; chi si ritirerà dal campo della sorveglianza per gelosia di una temuta preponderanza altrui; chi mormorerà degli altri volendo essere amato e stimato dai giovani, esclusi tutti gli altri superiori, guadagnando null'altro che disprezzo e ipocrite moine; chi si lasci rubare il cuore da una creatura, e per fare la corte a questa trascuri tutti gli altri giovanetti; chi per amore dei propri comodi tenga in non cale il dovere strettissimo della sorveglianza; chi per un vano rispetto umano si astenga dall'ammonire chi deve essere ammonito. Se ci sarà questo vero amore, non si cercherà altro che la gloria di Dio e la salute delle anime. Quando illanguidisce questo amore, allora è che le cose non vanno più bene.
Perché si vuole sostituire alla carità la freddezza di un regolamento? Perché i superiori si allontanano dall'osservanza di quelle regole di educazione che Don Bosco ha loro dettate?
Perché al sistema di prevenire con la vigilanza e l'amorevolezza i disordini, si va sostituendo a poco a poco il sistema, meno pesante e più spiccio per chi comanda, di bandir leggi che se si sostengono con i castighi, accendono odii e fruttano dispiaceri; se si trascura di farle osservare, fruttano disprezzo per i superiori a causa di disordini gravissimi?
L'educatore sia tutto a tutti
E ciò accade necessariamente se manca la familiarità. Se adunque si vuole che l'Oratorio ritorni all'antica felicità, si rimetta in vigore l'antico sistema: il superiore sia tutto a tutti, pronto ad ascoltare sempre ogni dubbio o lamentanza dei giovani, tutto occhio per sorvegliare paternamente la loro condotta, tutto cuore per cercare il bene spirituale e temporale di coloro che la Provvidenza gli ha affidato.
Allora i cuori non saranno più chiusi e non regneranno più certi segretumi che uccidono. Solo in caso di immoralità i superiori siano inesorabili. È meglio correre pericolo di scacciare dalla casa un innocente, che ritenere uno scandaloso. Gli assistenti si facciano uno strettissimo dovere di coscienza di riferire ai superiori tutte quelle cose che conoscano essere in qualunque modo offesa di Dio.
Allora io interrogai:
- E qual è il mezzo precipuo perché trionfi simile familiarità e simile amore e confidenza?
- L'osservanza esatta delle regole della casa.
- E null'altro?
- Il piatto migliore in un pranzo è quello della buona cera.
[Il dispiacere di quanto va considerando procura a Don Bosco tanta oppressione che si sveglia tutto spossato. Ma la sera seguente, appena a letto, il sogno interrotto riprende].
Avevo dinanzi il cortile, i giovani che ora sono all'Oratorio, e lo stesso antico allievo dell'Oratorio. lo presi a interrogarlo.
- Ciò che mi dicesti io lo farò sapere ai miei Salesiani; ma ai giovani dell'Oratorio che cosa debbo dire?
Mi rispose:
- Che essi riconoscano quanto i superiori, i maestri, gli assistenti fatichino e studino per loro amore, poiché se non fosse per loro bene non si assoggetterebbero a tanti sacrifici; che si ricordino essere l'umiltà la fonte di ogni tranquillità; che sappiano sopportare i difetti degli altri, poiché al mondo non si trova la perfezione, ma questa è solo in paradiso; che cessino dalle mormorazioni, poiché queste raffreddano i cuori; e soprattutto procurino di vivere nella santa grazia di Dio. Chi non ha pace con Dio, non ha pace con sé, e non ha pace con gli altri.
- E tu mi dici adunque che vi sono fra i miei giovani di quelli che non hanno la pace con Dio?
- Questa è la prima causa del malumore; [...] se il cuore non ha la pace con Dio, rimane angosciato, inquieto, insofferente di obbedienza, si irrita per nulla, gli sembra che ogni cosa vada male, e perché esso non ha amore, giudica che i superiori non lo amino.
- Eppure, mio caro, non vedi quanta frequenza di Confessioni e di Comunioni vi è nell'Oratorio?
- È vero che grande è la frequenza delle Confessioni, ma ciò che manca radicalmente in tanti giovani che si confessano è la stabilità nei proponimenti. Si confessano, ma sempre le stesse mancanze, le stesse occasioni prossime, le stesse abitudini cattive, le stesse disobbedienze, le stesse trascuranze nei doveri. Così si va avanti per mesi e mesi, e anche per anni. [...]
Sono confessioni che valgono poco o nulla, quindi non recano pace, e se un giovi netto fosse chiamato in quello stato al tribunale di Dio, sarebbe un affare ben serio.[... ]
[Qui Don Bosco dice di aver visto di alcuni cose che lo hanno amareggiato, e si propone di avvisarli al suo ritorno da Roma. Intanto esorta tutti alla santità].
Qui vi dirò che è tempo di pregare e di prendere ferme risoluzioni; proporre non con le parole ma con i fatti, e far credere che i Comollo, i Domenico Savio, i Besucco e i Siccardi vivono ancora tra noi.
In ultimo domandai a quel mio amico: - Hai null'altro da dirmi?
- Predichi a tutti, grandi e piccoli, che si ricordino sempre di Maria SS. Ausiliatrice. Che Essa li ha qui radunati per condurli via dai pericoli del mondo, perché si amassero come fratelli, e perché dessero gloria a Dio e a Lei con la loro buona condotta; che è la Madonna quella che provvede loro pane e mezzi per studiare con infinite grazie e portenti. Si ricordino che sono alla vigilia della festa della loro SS. Madre e che con l'aiuto suo deve cadere quella barriera di diffidenza che il demonio ha saputo innalzare tra i giovani e i superiori, e della quale sa giovarsi per la rovina di certe anime.
- E ci riusciremo a togliere questa barriera?
- Sì certamente, purché grandi e piccoli siano pronti a soffrire qualche mortificazione per amore di Maria e mettano in pratica ciò che io ho detto.
Intanto io continuavo a guardare i miei giovanetti, e allo spettacolo di quelli che io vedevo avviati verso l'eterna perdizione, sentii tale stretta al cuore che mi svegliai. Molte cose importantissime che io vidi desidererei ancora narrarvi, ma il tempo e le convenienze non me lo permettono.
Ritornino i giorni dell'affetto e della confidenza
Concludo: sapete che cosa desidera da voi questo povero vecchio, che per i suoi cari giovani ha consumato tutta la vita? Niente altro fuorché, fatte le debite proporzioni, ritornino i giorni felici dell'Oratorio primitivo. I giorni dell'affetto e della confidenza cristiana tra i giovani e i superiori; i giorni dello spirito di condiscendenza e di sopportazione, per amore di G. Cr. degli uni verso gli altri; i giorni dei cuori aperti con tutta semplicità e candore; i giorni della carità e della vera allegrezza per tutti. Ho bisogno che mi consoliate dandomi la speranza e la promessa che voi farete tutto ciò che desidero per il bene delle anime vostre.
Voi non conoscete abbastanza quale fortuna sia la vostra di essere stati ricoverati nell'Oratorio. Innanzi a Dio vi protesto: basta che un giovane entri in una casa salesiana, perché la Vergine SS. lo prenda subito sotto la sua protezione speciale. Mettiamoci adunque tutti d'accordo. La carità di quelli che comandano, la carità di quelli che debbono ubbidire faccia regnare tra di noi lo spirito di San Francesco di Sales.
O miei cari figliuoli, si avvicina il tempo nel quale dovrò staccarmi da voi e partire per la mia eternità. [Nota del segretario: A questo punto Don Bosco sospese di dettare, i suoi occhi si riempirono di lacrime, non per rincrescimento ma per ineffabile tenerezza che trapelava dal suo sguardo e dal suono della sua voce: dopo qualche istante continuò]. Quindi io bramo di lasciare voi, o preti, o chierici, o giovani carissimi, per quella via del Signore nella quale Egli stesso vi desidera.
A questo fine il Santo Padre, che io ho visto il9 maggio, vi manda di tutto cuore la sua benedizione. Il giorno della festa di Maria Ausiliatrice mi troverò con voi innanzi all'effigie della nostra amorosissima Madre.
Voglio che questa gran festa si celebri con ogni solennità; e Don Lazzero e Don Marchisio pensino a far sì che stiate allegri anche in refettorio. La festa di Maria Ausiliatrice deve essere il preludio della festa eterna che dobbiamo celebrare tutti insieme uniti un giorno in Paradiso.
Vostro aff.mo in G.C.
Sac. Giov. Bosco
« Questo scritto è un tesoro, che con il trattatello sul sistema preventivo e con il Regolamento delle case forma la trilogia pedagogica lasciata da Don Bosco ai suoi figli. Pedagogia umile e alta che, dove sia bene intesa e bene attuata, può fare degli istituti di educazione soggiorni di letizia, asili d'innocenza, focolai di virtù, palestre di studio, vivai insomma di ottimi cristiani, di bravi cittadini e di degni ecclesiastici. Ma è d'uopo di buona volontà e di sacrificio» (Eugenio Ceria ).
RICORRI SEMPRE AL MIO SPIRITO PC–2 20 febbraio 1996
Catalina Rivas
Il Signore
Figlia Mia, nel Mio Cuore ci saranno sempre per te la Mia Misericordia e il Mio perdono, perché tu sei fedele e Mi carpisci questi sentimenti, che sono frutti dell’amore.
Voglio la serenità in te. Non voglio che tu cambi il tuo temperamento, d’altronde non potresti farlo. Parlo della serenità che poggia sulla speranza, sulla fiducia in Me e sull’abbandono senza limiti nel tuo Signore. Rimani al tuo posto, ricorri sempre al Mio Spirito che ti anima e ti guida perché, quando permetti alla tua umanità di intervenire in ciò che intraprendi, tu soffochi la Sua voce. Assumiti le tue responsabilità e lasciati contemporaneamente guidare dalla sapienza di Colui che ti guida...
Molte volte dovrai dominare il tuo cuore, per riuscire a raggiungere il Mio.
Già vedi come il Mio amore Misericordioso ha risolto i tuoi piccoli problemi. Chiunque dà un bicchiere d’acqua a uno dei Miei, riceverà il centuplo... Non puoi neppure sospettare il modo con cui Io cancellerò le tue preoccupazioni! Non le voglio nella tua testolina, salvo quelle che riguardano una sola causa: la Mia.
Questa notte, accompagnami dai moribondi...