Sotto il Tuo Manto

Lunedi, 21 luglio 2025 - San Lorenzo da Brindisi (Letture di oggi)

La Vergine diede alla luce il figlio. Quale figlio? Il Figlio di Dio, Dio stesso. O tu, donna più felice di ogni altra, che hai avuto il figlio in comune con Dio Padre! Di quale gloria risplenderebbe una misera donna se avesse un figlio da un imperatore di questo mondo? Di gran lunga più grande è la gloria di Maria che ha condiviso il Figlio con Dio Padre. Il Padre ha dato la divinità , la Madre l'umanità ; il Padre ha dato la maestà , la Madre l'infermità . Partorì il Figlio suo, l'Emanuele, cioè il "Dio con noi": chi dunque sarà  contro di noi? (Sant'Antonio di Padova)

Liturgia delle Ore - Letture

Mercoledi dell'Ottava di Pasqua

Questa sezione contiene delle letture scelte a caso, provenienti dalle varie sezioni del sito (Sacra Bibbia e la sezione Biblioteca Cristiana), mentre l'ultimo tab Apparizioni, contiene messaggi di apparizioni a mistici o loro scritti. Sono presenti testi della Valtorta, Luisa Piccarreta, don Stefano Gobbi e testimonianze di apparizioni mariane riconosciute.

Vangelo secondo Luca 20

1Un giorno, mentre istruiva il popolo nel tempio e annunziava la parola di Dio, si avvicinarono i sommi sacerdoti e gli scribi con gli anziani e si rivolsero a lui dicendo:2"Dicci con quale autorità fai queste cose o chi è che t'ha dato quest'autorità".3E Gesù disse loro: "Vi farò anch'io una domanda e voi rispondetemi:4Il battesimo di Giovanni veniva dal Cielo o dagli uomini?".5Allora essi discutevano fra loro: "Se diciamo "dal Cielo", risponderà: "Perché non gli avete creduto?".6E se diciamo "dagli uomini", tutto il popolo ci lapiderà, perché è convinto che Giovanni è un profeta".7Risposero quindi di non saperlo.8E Gesù disse loro: "Nemmeno io vi dico con quale autorità faccio queste cose".

9Poi cominciò a dire al popolo questa parabola: "Un uomo 'piantò una vigna', l'affidò a dei coltivatori e se ne andò lontano per molto tempo.10A suo tempo, mandò un servo da quei coltivatori perché gli dessero una parte del raccolto della vigna. Ma i coltivatori lo percossero e lo rimandarono a mani vuote.11Mandò un altro servo, ma essi percossero anche questo, lo insultarono e lo rimandarono a mani vuote.12Ne mandò ancora un terzo, ma anche questo lo ferirono e lo cacciarono.13Disse allora il padrone della vigna: Che devo fare? Manderò il mio unico figlio; forse di lui avranno rispetto.14Quando lo videro, i coltivatori discutevano fra loro dicendo: Costui è l'erede. Uccidiamolo e così l'eredità sarà nostra.15E lo cacciarono fuori della vigna e l'uccisero. Che cosa farà dunque a costoro il padrone della vigna?16Verrà e manderà a morte quei coltivatori, e affiderà ad altri la vigna". Ma essi, udito ciò, esclamarono: "Non sia mai!".17Allora egli si volse verso di loro e disse: "Che cos'è dunque ciò che è scritto:

'La pietra che i costruttori hanno scartata,
è diventata testata d'angolo'?

18Chiunque cadrà su quella pietra si sfracellerà e a chi cadrà addosso, lo stritolerà".19Gli scribi e i sommi sacerdoti cercarono allora di mettergli addosso le mani, ma ebbero paura del popolo. Avevano capito che quella parabola l'aveva detta per loro.

20Postisi in osservazione, mandarono informatori, che si fingessero persone oneste, per coglierlo in fallo nelle sue parole e poi consegnarlo all'autorità e al potere del governatore.21Costoro lo interrogarono: "Maestro, sappiamo che parli e insegni con rettitudine e non guardi in faccia a nessuno, ma insegni secondo verità la via di Dio.22È lecito che noi paghiamo il tributo a Cesare?".23Conoscendo la loro malizia, disse:24"Mostratemi un denaro: di chi è l'immagine e l'iscrizione?". Risposero: "Di Cesare".25Ed egli disse: "Rendete dunque a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio".26Così non poterono coglierlo in fallo davanti al popolo e, meravigliati della sua risposta, tacquero.

27Gli si avvicinarono poi alcuni sadducei, i quali negano che vi sia la risurrezione, e gli posero questa domanda:28"Maestro, Mosè ci ha prescritto: Se a qualcuno muore un fratello che ha moglie, ma senza figli, suo fratello si prenda la vedova e dia una discendenza al proprio fratello.29C'erano dunque sette fratelli: il primo, dopo aver preso moglie, morì senza figli.30Allora la prese il secondo31e poi il terzo e così tutti e sette; e morirono tutti senza lasciare figli.32Da ultimo anche la donna morì.33Questa donna dunque, nella risurrezione, di chi sarà moglie? Poiché tutti e sette l'hanno avuta in moglie".34Gesù rispose: "I figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito;35ma quelli che sono giudicati degni dell'altro mondo e della risurrezione dai morti, non prendono moglie né marito;36e nemmeno possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, essendo figli della risurrezione, sono figli di Dio.37Che poi i morti risorgono, lo ha indicato anche Mosè a proposito del roveto, quando chiama il Signore: 'Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe'.38Dio non è Dio dei morti, ma dei vivi; perché tutti vivono per lui".39Dissero allora alcuni scribi: "Maestro, hai parlato bene".40E non osavano più fargli alcuna domanda.

41Egli poi disse loro: "Come mai dicono che il Cristo è figlio di Davide,42se Davide stesso nel libro dei Salmi dice:

'Ha detto il Signore al mio Signore:
siedi alla mia destra,'
43'finché io ponga i tuoi nemici
come sgabello ai tuoi piedi?'

44Davide dunque lo chiama Signore; perciò come può essere suo figlio?".

45E mentre tutto il popolo ascoltava, disse ai discepoli:46"Guardatevi dagli scribi che amano passeggiare in lunghe vesti e hanno piacere di esser salutati nelle piazze, avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei conviti;47divorano le case delle vedove, e in apparenza fanno lunghe preghiere. Essi riceveranno una condanna più severa".


Giosuè 19

1La seconda parte sorteggiata toccò a Simeone, alla tribù dei figli di Simeone secondo le loro famiglie. Il loro possesso era in mezzo a quello dei figli di Giuda.
2Ebbero nel loro territorio: Bersabea, Seba, Molada,3Cazar-Susa, Bala, Asem,4Eltolad, Betul, Corma,5Ziklag, Bet-Marcabot, Cazar-Susa,6Bet-Lebaot e Saruchen: tredici città e i loro villaggi;7En, Rimmon, Eter e Asan: quattro città e i loro villaggi;8tutti i villaggi che stavano intorno a queste città, fino a Baalat-Beer, Ramat-Negheb.
Questo fu il possesso della tribù dei figli di Simeone, secondo le loro famiglie.9Il possesso dei figli di Simeone fu preso dalla parte dei figli di Giuda, perché la parte dei figli di Giuda era troppo grande per loro; perciò i figli di Simeone ebbero il loro possesso in mezzo al possesso di quelli.
10La terza parte sorteggiata toccò ai figli di Zàbulon, secondo le loro famiglie. Il confine del loro territorio si estendeva fino a Sarid.
11Questo confine saliva a occidente verso Mareala e giungeva a Dabbeset e poi toccava il torrente che è di fronte a Iokneam.12Da Sarid girava ad oriente, dove sorge il sole, sino al confine di Chislot-Tabor; poi continuava verso Daberat e saliva a Iafia.13Di là passava verso oriente, dove sorge il sole, per Gat-Efer, per Et-Kazin, usciva verso Rimmon, girando fino a Nea.14Poi il confine piegava dal lato di settentrione verso Annaton e faceva capo alla valle d'Iftach-El.15Esso includeva inoltre: Kattat, Naalal, Simron, Ideala e Betlemme: dodici città e i loro villaggi.16Questo fu il possesso dei figli di Zàbulon, secondo le loro famiglie: queste città e i loro villaggi.
17La quarta parte sorteggiata toccò a Issacar, ai figli di Issacar, secondo le loro famiglie.18Il loro territorio comprendeva: Izreel, Chesullot, Sunem,19Afaraim, Sion, Anacarat,20Rabbit, Kision, Abes,21Remet, En-Gannim, En-Chadda e Bet-Passes.22Poi il confine giungeva a Tabor, Sacasim, Bet-Semes e faceva capo al Giordano: sedici città e i loro villaggi.23Questo fu il possesso della tribù dei figli d'Issacar, secondo le loro famiglie: queste città e i loro villaggi.
24La quinta parte sorteggiata toccò ai figli di Aser secondo le loro famiglie.25Il loro territorio comprendeva: Elkat, Ali, Beten, Acsaf,26Alammelech, Amead, Miseal. Il loro confine giungeva, verso occidente, al Carmelo e a Sicor-Libnat.27Poi piegava dal lato dove sorge il sole verso Bet-Dagon, toccava Zàbulon e la valle di Iftach-El al nord, Bet-Emek e Neiel, e si prolungava verso Cabul a sinistra28e verso Ebron, Recob, Ammon e Cana fino a Sidòne la Grande.29Poi il confine piegava verso Rama fino alla fortezza di Tiro, girava verso Osa e faceva capo al mare; incluse Macleb, Aczib,30Acco, Afek e Recob: ventidue città e i loro villaggi.31Questo il possesso della tribù dei figli di Aser, secondo le loro famiglie: queste città e i loro villaggi.
32La sesta parte sorteggiata toccò ai figli di Nèftali, secondo le loro famiglie.33Il loro confine si estendeva da Elef e dalla quercia di Besaannim ad Adami-Nekeb e Iabneel fino a Lakkum e faceva capo al Giordano,34poi il confine piegava a occidente verso Aznot-Tabor e di là continuava verso Ukkok; giungeva a Zàbulon dal lato di mezzogiorno, ad Aser dal lato d'occidente e a Giuda del Giordano dal lato di levante.35Le fortezze erano Siddim, Ser, Ammat, Rakkat, Genèsaret,36Adama, Rama, Cazor,37Kedes, Edrei, En-Cazor,38Ireon, Migdal-El, Orem, Bet-Anat e Bet-Semes: diciannove città e i loro villaggi.39Questo fu il possesso della tribù dei figli di Nèftali, secondo le loro famiglie: queste città e i loro villaggi.
40La settima parte sorteggiata toccò alla tribù dei figli di Dan, secondo le loro famiglie.41Il confine del loro possesso comprendeva Sorea, Estaol, Ir-Semes,42Saalabbin, Aialon, Itla,43Elon, Timna, Ekron,44Elteke, Ghibbeton, Baalat,45Ieud, Bene-Berak, Gat-Rimmon,46Me-Iarkon e Rakkon con il territorio di fronte a Giaffa.47Ma il territorio dei figli di Dan si estese più lontano, perché i figli di Dan andarono a combattere contro Lesem; la presero e la passarono a fil di spada; ne presero possesso, vi si stabilirono e la chiamarono Dan, dal nome di Dan loro padre.48Questo fu il possesso della tribù dei figli di Dan, secondo le loro famiglie: queste città e i loro villaggi.
49Quando gli Israeliti ebbero finito di ripartire il paese secondo i suoi confini, diedero a Giosuè, figlio di Nun, una proprietà in mezzo a loro.50Secondo l'ordine del Signore, gli diedero la città che egli chiese: Timnat-Serach, sulle montagne di Efraim. Egli costruì la città e vi stabilì la dimora.51Tali sono le eredità che il sacerdote Eleazaro, Giosuè, figlio di Nun, e i capifamiglia delle tribù degli Israeliti distribuirono a sorte in Silo, davanti al Signore all'ingresso della tenda del convegno. Così compirono la divisione del paese.


Salmi 103

1'Di Davide.'

Benedici il Signore, anima mia,
quanto è in me benedica il suo santo nome.
2Benedici il Signore, anima mia,
non dimenticare tanti suoi benefici.

3Egli perdona tutte le tue colpe,
guarisce tutte le tue malattie;
4salva dalla fossa la tua vita,
ti corona di grazia e di misericordia;
5egli sazia di beni i tuoi giorni
e tu rinnovi come aquila la tua giovinezza.

6Il Signore agisce con giustizia
e con diritto verso tutti gli oppressi.
7Ha rivelato a Mosè le sue vie,
ai figli d'Israele le sue opere.

8Buono e pietoso è il Signore,
lento all'ira e grande nell'amore.
9Egli non continua a contestare
e non conserva per sempre il suo sdegno.
10Non ci tratta secondo i nostri peccati,
non ci ripaga secondo le nostre colpe.

11Come il cielo è alto sulla terra,
così è grande la sua misericordia su quanti lo temono;
12come dista l'oriente dall'occidente,
così allontana da noi le nostre colpe.
13Come un padre ha pietà dei suoi figli,
così il Signore ha pietà di quanti lo temono.

14Perché egli sa di che siamo plasmati,
ricorda che noi siamo polvere.
15Come l'erba sono i giorni dell'uomo,
come il fiore del campo, così egli fiorisce.
16Lo investe il vento e più non esiste
e il suo posto non lo riconosce.

17Ma la grazia del Signore è da sempre,
dura in eterno per quanti lo temono;
la sua giustizia per i figli dei figli,
18per quanti custodiscono la sua alleanza
e ricordano di osservare i suoi precetti.
19Il Signore ha stabilito nel cielo il suo trono
e il suo regno abbraccia l'universo.

20Benedite il Signore, voi tutti suoi angeli,
potenti esecutori dei suoi comandi,
pronti alla voce della sua parola.
21Benedite il Signore, voi tutte, sue schiere,
suoi ministri, che fate il suo volere.
22Benedite il Signore, voi tutte opere sue,
in ogni luogo del suo dominio.
Benedici il Signore, anima mia.


Salmi 139

1'Al maestro del coro. Di Davide. Salmo.'

Signore, tu mi scruti e mi conosci,
2tu sai quando seggo e quando mi alzo.
Penetri da lontano i miei pensieri,
3mi scruti quando cammino e quando riposo.
Ti sono note tutte le mie vie;
4la mia parola non è ancora sulla lingua
e tu, Signore, già la conosci tutta.
5Alle spalle e di fronte mi circondi
e poni su di me la tua mano.
6Stupenda per me la tua saggezza,
troppo alta, e io non la comprendo.

7Dove andare lontano dal tuo spirito,
dove fuggire dalla tua presenza?
8Se salgo in cielo, là tu sei,
se scendo negli inferi, eccoti.
9Se prendo le ali dell'aurora
per abitare all'estremità del mare,
10anche là mi guida la tua mano
e mi afferra la tua destra.
11Se dico: "Almeno l'oscurità mi copra
e intorno a me sia la notte";
12nemmeno le tenebre per te sono oscure,
e la notte è chiara come il giorno;
per te le tenebre sono come luce.

13Sei tu che hai creato le mie viscere
e mi hai tessuto nel seno di mia madre.
14Ti lodo, perché mi hai fatto come un prodigio;
sono stupende le tue opere,
tu mi conosci fino in fondo.

15Non ti erano nascoste le mie ossa
quando venivo formato nel segreto,
intessuto nelle profondità della terra.
16Ancora informe mi hanno visto i tuoi occhi
e tutto era scritto nel tuo libro;
i miei giorni erano fissati,
quando ancora non ne esisteva uno.
17Quanto profondi per me i tuoi pensieri,
quanto grande il loro numero, o Dio;
18se li conto sono più della sabbia,
se li credo finiti, con te sono ancora.

19Se Dio sopprimesse i peccatori!
Allontanatevi da me, uomini sanguinari.
20Essi parlano contro di te con inganno:
contro di te insorgono con frode.
21Non odio, forse, Signore, quelli che ti odiano
e non detesto i tuoi nemici?
22Li detesto con odio implacabile
come se fossero miei nemici.
23Scrutami, Dio, e conosci il mio cuore,
provami e conosci i miei pensieri:
24vedi se percorro una via di menzogna
e guidami sulla via della vita.


Isaia 16

1Mandate l'agnello al signore del paese,
dalla rupe verso il deserto
al monte della figlia di Sion.
2Come un uccello fuggitivo,
come una nidiata dispersa
saranno le figlie di Moab
ai guadi dell'Arnon.
3Dacci un consiglio,
prendi una decisione!
Rendi come la notte la tua ombra
in pieno mezzogiorno;
nascondi i dispersi,
non tradire i fuggiaschi.
4Siano tuoi ospiti
i dispersi di Moab;
sii loro rifugio di fronte al devastatore.
Quando sarà estinto il tiranno
e finita la devastazione,
scomparso il distruttore della regione,
5allora sarà stabilito un trono sulla mansuetudine,
vi siederà con tutta fedeltà, nella tenda di Davide,
un giudice sollecito del diritto
e pronto alla giustizia.
6Abbiamo udito l'orgoglio di Moab,
l'orgogliosissimo,
la sua alterigia, la sua superbia, la sua tracotanza,
la vanità delle sue chiacchiere.

7Per questo i Moabiti innalzano un lamento per Moab,
si lamentano tutti;
per le focacce di uva di Kir-Carèset
gemono tutti costernati.
8Sono squallidi i campi di Chesbòn,
languiscono le viti di Sibmà.
Signori di popoline hanno spezzato i tralci
che raggiungevano Iazèr,
penetravano fin nel deserto;
i loro rami si estendevano liberamente,
giungevano al mare.
9Per questo io piangerò con il pianto di Iazèr
sui vigneti di Sibmà.
Ti inonderò con le mie lacrime,
Chesbòn, Elealè,
perché sui tuoi frutti e sulla tua vendemmia
è piombato il grido dei vignaioli.
10Sono scomparse gioia e allegria dai frutteti;
nelle vigne non si levano più lieti clamori,
né si grida più allegramente.
Il vino nei tini nessuno lo ammosta,
l'evviva di gioia è cessato.
11Perciò le mie viscere fremono
per Moab come una cetra,
il mio intimo freme per Kir-Carèset.
12Moab si mostrerà e si stancherà sulle alture,
verrà nel suo santuario per pregare,
ma senza successo.

13Questo è il messaggio che pronunziò un tempo il Signore su Moab.14Ma ora il Signore dice: "In tre anni, come gli anni di un salariato, sarà deprezzata la gloria di Moab con tutta la sua numerosa popolazione. Ne rimarrà solo un resto, piccolo e impotente".


Lettera ai Galati 6

1Fratelli, qualora uno venga sorpreso in qualche colpa, voi che avete lo Spirito correggetelo con dolcezza. E vigila su te stesso, per non cadere anche tu in tentazione.2Portate i pesi gli uni degli altri, così adempirete la legge di Cristo.3Se infatti uno pensa di essere qualcosa mentre non è nulla, inganna se stesso.4Ciascuno esamini invece la propria condotta e allora solo in se stesso e non negli altri troverà motivo di vanto:5ciascuno infatti porterà il proprio fardello.
6Chi viene istruito nella dottrina, faccia parte di quanto possiede a chi lo istruisce.7Non vi fate illusioni; non ci si può prendere gioco di Dio. Ciascuno raccoglierà quello che avrà seminato.8Chi semina nella sua carne, dalla carne raccoglierà corruzione; chi semina nello Spirito, dallo Spirito raccoglierà vita eterna.9E non stanchiamoci di fare il bene; se infatti non desistiamo, a suo tempo mieteremo.10Poiché dunque ne abbiamo l'occasione, operiamo il bene verso tutti, soprattutto verso i fratelli nella fede.

11Vedete con che grossi caratteri vi scrivo, ora, di mia mano.12Quelli che vogliono fare bella figura nella carne, vi costringono a farvi circoncidere, solo per non essere perseguitati a causa della croce di Cristo.13Infatti neanche gli stessi circoncisi osservano la legge, ma vogliono la vostra circoncisione per trarre vanto dalla vostra carne.14Quanto a me invece non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo, per mezzo della quale il mondo per me è stato crocifisso, come io per il mondo.15Non è infatti la circoncisione che conta, né la non circoncisione, ma l'essere nuova creatura.16E su quanti seguiranno questa norma sia pace e misericordia, come su tutto l'Israele di Dio.17D'ora innanzi nessuno mi procuri fastidi: difatti io porto le stigmate di Gesù nel mio corpo.
18La grazia del Signore nostro Gesù Cristo sia con il vostro spirito, fratelli. Amen.


Capitolo I: Cristo parla interiormente all’anima fedele

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1. "Darò ascolto a quello che stia per dire dentro di me il Signore" (Sal 84,9). Beata l'anima che ascolta il Signore che le parla dentro, e accoglie dalla sua bocca la parola di consolazione. Beate le orecchie che colgono la preziosa e discreta voce di Dio, e non tengono alcun conto dei discorsi di questo mondo. Veramente beate le orecchie che danno retta, non alla voce che risuona dal di fuori, ma alla verità, che ammaestra dal di dentro. Beati gli occhi, che, chiusi alle cose esteriori, sono attenti alle interiori. Beati coloro che sanno penetrare ciò che è interiore e si preoccupano di prepararsi sempre più, con sforzo quotidiano, a comprendere le cose arcane del cielo. Beati coloro che bramano di dedicarsi a Dio, sciogliendosi da ogni impaccio temporale.  

2. Comprendi tutto ciò, anima mia, e chiudi la porta dei sensi, affinché tu possa udire quello che ti dice interiormente Iddio, tuo signore. Questo dice il tuo diletto: "Io sono la tua salvezza" (Sal 34,3), la tua pace, la tua vita; stai accanto a me e troverai la pace; lascia tutte le cose che passano, cerca le cose eterne. Che altro sono le cose corporali, se non illusioni? E a che gioveranno tutte le creature, se sarai abbandonata dal Creatore? Oh, anima mia, rinuncia a tutto e fatti cara e fedele al tuo Creatore, così da poter raggiungere la vera beatitudine.


Utilità del digiuno

Sant'Agostino - Sant'Agostino d'Ippona

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Fame degli uomini, fame degli angeli. Fame e sete di giustizia.

1. 1. Dire qualcosa sul digiuno è un'ispirazione divina e anche il tempo dell'anno ci invita a farlo. E` un'osservanza questa, una virtù dell'animo, un vantaggio dello spirito a spese della carne, e non può essere oggetto di offerta a Dio da parte degli angeli. In cielo vi è ogni abbondanza e sazietà eterna. Lì non manca nulla perché in Dio si appaga ogni desiderio. Lì il pane degli angeli è Dio, che si è fatto uomo perché anche l'uomo potesse cibarsene 1. Qui tutte le anime, che sono vestite di un corpo terreno, riempiono il ventre dei frutti della terra, là gli spiriti razionali, che governano corpi celesti, riempiono di Dio le loro menti. Tanto qui che lì vi è un cibo. Ma questo cibo nostro nel momento stesso che ristora viene meno; diminuisce nella misura in cui riempie. Quello invece rimane integro anche quando riempie. Bisogna aver fame di quel cibo. Lo prescrive Cristo quando dice: Beati quelli che hanno fame e sete di giustizia, perché saranno saziati 2. Nel corso della vita terrena compete agli uomini aver fame e sete di giustizia, ma esserne appagati appartiene all'altra vita. Gli angeli si saziano di questo pane, di questo cibo. Gli uomini invece ne hanno fame, sono tutti protesi nel desiderio di esso. Questo protendersi nel desiderio dilata l'anima, ne aumenta la capacità. Fatti più capaci, a suo tempo saranno appagati. Che dire allora? Che su questa terra non ricevono alcun appagamento quelli che hanno fame e sete di giustizia? Sì che ricevono qualcosa, ma un conto è la refezione del viandante, un altro la perfezione dei beati. Ascolta l'Apostolo, che ha fame e sete, e certamente di giustizia, la più che se ne può raggiungere in questa vita, la più che se ne può praticare. Nessuno oserebbe confrontarsi con lui nonché ritenersi superiore. Dice dunque: Non che io abbia già acquistato il premio o sia ormai arrivato alla perfezione 3. E considerate chi è che parla: il " Vaso di elezione " 4, l'estremo lembo, per così dire, del vestito del Salvatore, una estrema frangia che tuttavia sana chi la tocca, come la donna che pativa perdite di sangue, perché aveva fede 5. E` l'ultimo e il più piccolo degli Apostoli, come egli stesso dice: Io sono l'ultimo degli Apostoli, e: Io sono l'infimo degli Apostoli, e ancora: Non sono degno neppure di essere chiamato apostolo, perché ho perseguitato la Chiesa di Dio. Ma per grazia di Dio sono quello che sono e la sua grazia in me non è stata vana, anzi ho faticato più di tutti loro; non io però, ma la grazia di Dio con me 6. Ascoltando queste parole, ti sembra di ascoltare uno che è ripieno di grazia, al colmo della perfezione. Ma se l'hai ascoltato quando è sazio, ascolta di che cosa ha ancora fame. Dice: Non che io abbia già conquistato il premio o sia ormai arrivato alla perfezione, e: Fratelli, io non ritengo di aver raggiunto la méta, ma una cosa sì: dimentico del passato e proteso verso il futuro corro verso la méta, per arrivare al premio che Dio ci chiama a ricevere in Cristo Gesù 7. Dice di non essere ancora perfetto, di non avere ancora ricevuto, di non avere ancora raggiunto. Ma dice di essere proteso in avanti; di correre verso il premio della chiamata superna. E` in viaggio; ha fame, vuol essere saziato, si affretta, desidera giungere, brucia: nulla gli tarda quanto essere sciolto dal corpo per essere con Cristo 8.

Alimento terreno, alimento celeste.

2. 2. Dunque, carissimi, come c'è un alimento terreno, di cui si nutre la carne debole, c'è anche un alimento celeste di cui si ricolma l'anima pia. L'uno e l'altro hanno un ruolo vitale: l'uno per gli uomini, l'altro per gli angeli. Tengono un luogo intermedio gli uomini di fede, distinti nel loro animo dalla turba degli infedeli. Essi sono protesi verso Dio, e a loro va il richiamo: In alto il cuore 9, perché hanno la speranza di un'altra vita 10 e sanno che in questo mondo sono di passaggio 11. Essi non si possono confrontare con quelli che ritengono essere un bene solo il godimento dei piaceri terreni 12 e neppure con quegli altri che abitano le supreme sedi del cielo, la cui sola delizia è quel Pane stesso da cui sono stati creati. Quelli che sono chini sulla terra, in cerca di cibo e di piacere che riguardi la sola carne, sono da paragonarsi agli animali. Distano di gran lunga dagli angeli per la condizione obiettiva e per il costume morale: per la condizione, perché sono mortali; per il costume, perché sono sensuali. Fra quel popolo celeste e quello terrestre era in certo modo sospeso l'Apostolo; là s'incamminava, di là ritornava, là tendeva da qui sollevandosi. Non poteva ancora dirsi partecipe di quel popolo, perché allora avrebbe detto: " Sono nella perfezione "; né era con questi uomini pigri, inerti, fiacchi, sonnolenti, che non credono se non in ciò che vedono e in ciò che passa, e che sono nati e che moriranno 13. Se si ritenesse della loro schiera non direbbe: Corro al premio della superna chiamata 14. Dobbiamo dunque regolare i nostri digiuni. Questo non è, come ho detto, un adempimento angelico e neanche lo è di quegli uomini che sono schiavi della gola 15. E` un atto proprio alla via di mezzo, la nostra, per cui viviamo distinti da chi non ha fede e con l'aspirazione di essere uniti agli angeli. Non siamo ancora giunti, ma siamo in cammino; non abbiamo ancora quella felicità, ma di qui vi sospiriamo. Qual è l'utilità di astenersi un poco dal cibo e dal piacere della carne? La carne preme contro il suolo, la mente tende all'alto; è trasportata dall'amore, è ritardata dal peso. A questo proposito dice la Scrittura: Il corpo soggetto a corruzione appesantisce l'anima e l'abitazione terrena dei sensi grava la mente dai molti pensieri 16. Se dunque la carne china sulla terra è un peso all'anima, un bagaglio che appesantisce il suo volo, quanto più uno ripone le sue gioie nella sua vita superiore, tanto più depone del suo bagaglio terreno. Ecco che cosa facciamo quando digiuniamo.

Necessità del digiuno.

3. 3. Il digiuno non vi sembri una cosa di poca importanza o superflua; chi lo pratica, secondo le consuetudini della Chiesa, non pensi fra sé, non dica fra sé, ascoltando il tentatore che suggerisce nell'intimo: " Che cosa digiuni a fare? 17. Defraudi la tua vita, non le dài ciò che le fa piacere; ti procuri da te stesso una pena, ti fai carnefice e tormentatore di te stesso. A Dio può piacere che tu ti tormenti? Sarebbe crudele se avesse piacere delle tue pene ". Ma tu rispondi così al tentatore: " Mi dò certo un supplizio, ma perché egli mi perdoni, da me stesso mi castigo perché egli mi aiuti, per piacere ai suoi occhi, per arrivare al diletto della sua dolcezza. Anche la vittima è tormentata, per essere posta sull'altare. Così la mia carne appesantisce meno il mio spirito ". A questo cattivo consigliere, schiavo del ventre, rispondi con questo esempio: " Se tu, per caso, cavalcassi un giumento, se montassi un cavallo che con la sua andatura sfrenata ti potesse far cadere, per fare un viaggio tranquillo non razioneresti il cibo a quel furente, non cercheresti di domare con la fame quello che non riesci a domare col morso? La mia carne è il mio giumento mentre faccio il viaggio verso Gerusalemme, spesso mi porta via, cerca di buttarmi fuori dalla strada. La mia via è Cristo 18. Non dovrò dunque frenare con il digiuno la bestia che va a sbalzi? ". Se qualcuno capisce ciò, può verificare con la sua stessa esperienza quanto sia utile il digiuno. Ma questa carne, che ora è domata, lo dovrà essere sempre? Finché oscilla nella situazione temporale, finché è appesantita dalla condizione di mortalità, ha questi sbalzi, ben visibili e pericolosi al nostro spirito. La carne qui infatti è ancora corruttibile, non è ancora risorta. Il fatto è che non sempre sarà così; adesso non ha ancora lo stato proprio della costituzione celeste, non siamo ancora resi uguali agli angeli di Dio 19.

Carne e spirito. Errori dei Manichei.

4. 4. Ma non pensi, la vostra Dilezione, che la carne sia nemica dello spirito, quasi che uno sia l'autore della carne e un altro quello dello spirito. Molti, soggetti alla carne, seguendo questa opinione deviarono ritenendo che uno fosse l'autore della carne e un altro quello dello spirito. Per di più si avvalgono, senza comprenderla appieno, di una testimonianza apostolica: La carne ha desideri contrari allo spirito e lo spirito ha desideri contrari alla carne 20. Ciò è vero, ma osserva anche quest'altro passo: Nessuno ha mai in odio la propria carne, ma la nutre e la riscalda, come Cristo la Chiesa 21. Nel primo passo citato sembra di vedere come una lotta fra due nemici, la carne e lo spirito, perché la carne ha desideri contrari allo spirito, e lo spirito ha desideri contrari alla carne. In questo secondo passo invece vi è quasi un'unione coniugale: Nessuno ha mai in odio la propria carne, ma la nutre e la riscalda, come Cristo la Chiesa. Come ci comporteremo di fronte a questi due pareri? Se sono contrari, quale accetteremo, quale rifiuteremo? Il fatto è che non sono contrari. Stia attenta, la Carità vostra, io intanto li accetto tutti e due e dimosterò, per quanto mi è possibile, che concordano. Chiunque sia tu che stabilisci un creatore della carne e un altro dello spirito, che ne pensi del passo che dice: Nessuno ha mai in odio la propria carne, ma la nutre e la riscalda, come Cristo la Chiesa? Non t'impressiona il paragone? Nutre dice e riscalda come Cristo la Chiesa. Supponi di credere che la carne sia una catena. E chi ama la sua catena? Supponi che la carne sia un carcere. E chi ama il suo carcere? Nessuno ha mai in odio la sua carne. Chi non odierebbe di essere incatenato, chi non odierebbe il suo supplizio? E invece: Nessuno ha mai in odio la sua carne, ma la nutre e la riscalda, come Cristo la Chiesa. Se dunque tu poni un autore alla carne e un altro allo spirito, ne consegue che devi porne uno a Cristo e un altro alla Chiesa. Il che, per chi sa, è una sciocchezza. Dunque ognuno ama la sua carne. Lo dice l'Apostolo, e oltre alle parole dell'Apostolo, c'è l'esperienza personale. Puoi essere padrone della tua carne finché vuoi, puoi accenderti di severità contro di essa, ma se qualcuno sta per darti un colpo, tu chiudi gli occhi.

4. 5. E` come una specie di matrimonio tra lo spirito e la carne. Come si spiega che la carne ha desideri contrari allo spirito e lo spirito contrari alla carne 22? Come si spiega questo castigo che proviene da una propaggine della morte? Perché è detto: Tutti muoiono in Adamo 23? Perché l'Apostolo dice: Fummo anche noi un tempo meritevoli di ira, come gli altri 24? Egli ricevette sentenza di morte: da lui siamo nati; da lui deriviamo questa carne che dobbiamo vincere. E così abbiamo desideri contro la carne, per sottometterla a noi, domata, per portarla ad ubbidienza. Ma noi non odiamo chi vogliamo semplicemente che ci ubbidisca. Ciascuno dà per lo più una regola alla moglie, in casa; cerca di farla ubbidire se è renitente, ma non perseguita una nemica 25. Cerchi di domare anche il figlio, perché ti ubbidisca. Forse che lo odii, lo ritieni forse un nemico? Ami e castighi anche il tuo servo e nel punirlo lo rendi ubbidiente. Su questo argomento hai un pensiero chiaro e completo dell'Apostolo: Non corro - dice - come chi è senza méta; non faccio il pugilato come uno che batte l'aria, ma tratto duramente il mio corpo e lo trascino in servitù, perché non succeda che dopo aver predicato agli altri, venga io stesso squalificato 26. La carne ha, per la sua condizione terrena, certi suoi appetiti: su questi puoi esercitare un freno. Se ti lasci dirigere da chi sta sopra di te, puoi ben dirigere chi sta sotto di te. Sotto di te c'è la tua carne; sopra di te il tuo Dio. Sei ammonito in che modo ti competa servire il tuo Dio quando vuoi che la tua carne serva a te. Tu fai attenzione a quello che ti sta sotto. Osserva anche quello che ti sta sopra. Tu non hai potere sul dipendente se non in quanto ti viene dal superiore a te. Sei servo, hai un servo. Ma il Signore ha due servi. Il tuo servo è più nel potere del Signore che nel tuo. Dunque, tu vuoi essere ubbidito dalla carne. Ma essa non lo può in tutto. In tutto ubbidisce al suo Signore ma non a te. Tu mi domandi spiegazione. Tu cammini, muovi i piedi. Essa ti segue. Ma camminerà con te per tutto il tempo che tu vorresti? E` animata da te. Ma forse fino a quando tu vorresti? E anche: stai male quando vuoi, stai bene quando vuoi? Il tuo Signore ti tiene per lo più in esercizio per mezzo di questo tuo servitore, perché come hai disprezzato lui meriti di essere corretto per mezzo del servo.

Necessità del dominio sui sensi.

5. 6. Questo problema in che senso ti riguarda? Nel non abbandonarti al piacere della carne fino all'illecito e qualche volta nel mettere un freno anche a ciò che è lecito. Chi non mette mai un freno alle cose lecite, è contiguo alle illecite. Come, ad esempio, fratelli, è lecito il matrimonio, illecito l'adulterio; e tuttavia gli uomini temperanti, per tenersi lontani dall'adulterio illecito, pongono un freno anche nel matrimonio lecito. E` lecito bere a sazietà, è illecita l'ubriachezza; tuttavia gli uomini morigerati, per tenersi lontani dalla vergogna dell'ubriachezza, reprimono anche, in parte, la loro libertà di farsi sazi. Comportiamoci così, fratelli; siamo temperanti e agiamo coscientemente, tenendo presente il fine del nostro agire. Ponendo una misura al piacere della carne, si acquista il piacere dello spirito.

Scopo del digiuno.

5. 7. Perciò bisogna considerare quale sia il fine dei nostri digiuni in rapporto al nostro cammino, quale sia il nostro cammino, quale la méta. Infatti anche i pagani qualche volta digiunano, ma non sanno quale è la méta a cui tendiamo noi. Anche i Giudei qualche volta digiunano ma non hanno preso la via che percorriamo noi. E` come quando uno doma il suo cavallo ma prende una strada sbagliata. Digiunano anche gli eretici. Vedo il loro comportamento. Domando quale è la loro méta. " Voi digiunate - dico - ma per piacere a chi? ". " A Dio ", rispondono. " Ma siete sicuri che il dono è accettato? ". Bisogna anzitutto considerare questo monito: Lascia il tuo dono e va' prima a riconciliarti col tuo fratello 27. Non è corretto domare le proprie membra e dilaniare le membra di Cristo 28. E` stato scritto: Si sente il clamore di litigi tra di voi e anche provocate e colpite con pugni quelli che stanno sotto la vostra giurisdizione. Non è questo il digiuno che voglio, dice il Signore 29. Sarebbe dunque da disapprovare il tuo digiuno se tu fossi nel contempo eccessivamente severo col tuo servo. Come si può approvare il tuo digiuno se non riconosci il tuo fratello? Non cerco da che cibo ti astieni, ma che cibo ami. Dimmi che cibo ami perché io possa acconsentire al fatto che tu te ne astenga. Ami il cibo della giustizia? Forse mi risponderai: " Lo amo ". Sia dunque manifesta la tua giustizia. Io ritengo cosa giusta infatti che tu adempia al tuo servizio verso il tuo superiore, affinché il tuo dipendente lo adempia verso di te. Parlavamo della carne, che è inferiore allo spirito, gli è soggetta; è fatta per essere da lui domata e regolata. Tu ti comporti con essa in modo che ti ubbidisca e le razioni il cibo perché la vuoi a te soggetta. Riconosci chi è maggiore, riconosci chi è superiore, se vuoi che l'inferiore giustamente si sottometta a te.

6. 7. E` un controsenso se la tua carne ubbidisce a te e tu non ubbidisci al tuo Dio. Da essa stessa sei condannato per il fatto che ti ubbidisce. Ubbidendoti fa testimonianza contro di te.

L'unità vale più del digiuno.

6. 8. " Ma a quale superiore - mi domandi - si deve ubbidire? ". Ecco che parla Cristo (tu ti eri detto amante della giustizia): Vi dò un comandamento nuovo, che vi amiate gli uni gli altri 30. Ascolta dunque il tuo Signore che comanda di amarci a vicenda. Egli fa un corpo solo di noi tutti, come membra del suo corpo, e il corpo ha un solo capo che è lui, il nostro Signore e Salvatore. Ma tu ti vuoi staccare dalle membra di Cristo. Tu non ami l'unità. Se ti fossi distorto un dito non correresti dal medico perché te lo aggiustasse? Il tuo corpo sta bene quando le sue membra si armonizzano tra loro; allora ti chiami sano, allora stai bene. Ma se qualcosa nel tuo corpo è in dissonanza con le altre parti, tu vai a cercare chi ti corregga. Perché dunque non cerchi che si corregga, che ritorni nella compagine delle membra di Cristo, che si armonizzi in questo stesso corpo e nel tuo 31 ciò che è in dissonanza? Certamente rispetto a tutte le altre membra i capelli sono una cosa di minore importanza 32. Che cosa c'è di più infimo, nel tuo corpo, dei tuoi capelli, di più insignificante, di minor conto? Eppure se vieni mal rasato ti inquieti col barbiere perché il taglio non è uniforme 33. E invece per le membra di Cristo non ti preoccupi di mantenere l'unità. E allora a che cosa valgono, a che cosa giovano i tuoi digiuni? Arrivi a ritenere che Dio non sia degno di essere servito nell'unità da tutti coloro che credono in lui; e tuttavia nel tuo corpo, nelle tue membra, nei tuoi capelli vuoi che questa unità sia osservata. Parlano le tue viscere, le tue membra che portano, contro di te, una vera testimonianza e tu invece ne porti una falsa contro le membra di Cristo.

Lo spirito scismatico.

6. 9. Ti sei dissociato dal digiuno dei pagani? u lo credi e perciò ti ritieni sicuro. " Io - dici - digiuno per Cristo. Essi per gli idoli e i demoni ". Accetto il tuo ragionamento e, in realtà, la distinzione c'è. Ma ecco, come dicevo poc'anzi, in qual modo le tue membra portavano una testimonianza contro di te, così che ti ammonivo come devi comportarti con le membra di Cristo tuo Dio; e gli stessi pagani, dai quali distingui il tuo digiuno, ti insegnino qualcosa sull'unità del tuo Cristo.

I pagani sono concordi nel culto agli stessi dèi fra loro discordi.

7. 9. Ecco, essi, non divisi tra loro, venerano molti dèi falsi. E noi forse abbiamo trovato l'unico, vero Dio ma in modo tale da non essere nell'unità pur essendo sotto un solo Dio? Essi ne hanno molti e falsi, noi uno solo e vero. Essi sotto molti e falsi non hanno divisione; noi sotto uno e vero non arriviamo a tenere l'unità. Non ti dispiace, non te ne rammarichi, non ti vergogni? C'è di più. I pagani non solo venerano molti dèi falsi, ma anche parecchi fra di loro contrari e nemici. A mo' di esempio ricordiamone alcuni, se non possiamo tutti. Ercole e Giunone erano nemici: erano stati uomini infatti, figliastro lui, matrigna lei. All'uno e all'altro i pagani eressero templi, a Giunone e ad Ercole. Adorano lui, adorano lei. Vanno ugualmente da Giunone, ugualmente da Ercole. Sono concordi nel culto a loro che sono in discordia. Vulcano e Marte sono nemici e ne ha buona ragione Vulcano; ma dammi un giudice che ascolti! Il misero odia l'adulterio della moglie e tuttavia non osa distogliere dal tempio di Marte i suoi devoti. E così adorano l'uno e l'altro. Se dovessero imitare i loro dèi litigherebbero anche i devoti. Vanno invece dal tempio di Marte a quello di Vulcano. Sembrerebbe una sconvenienza. E invece non temono che il marito si adiri perché si viene a lui dal tempio dell'adultero Marte. (Hanno buon senso, sanno che la pietra non può sentire). Ecco, venerandone molti, falsi, diversi, avversi tra loro, tengono tuttavia nel venerarli una certa unità. In questo modo gli stessi pagani, dai quali hai distinto il tuo digiuno, portano una testimonianza contro di te. Vieni all'unità, fratello [donatista]! Noi veneriamo un solo Dio e non abbiamo mai visto il Padre e il Figlio in litigio tra loro 34. I pagani non vadano in collera con me perché ho detto queste cose dei loro dèi. Perché dovrebbero adirarsi delle mie parole e non piuttosto dei loro scritti? Questi distruggano prima, se possono, anzi se vogliono. Se non vogliono esserne ammaestrati i grammatici smettano d'insegnare. Si adirerebbe dunque con me [il pagano] in quanto dico le stesse cose per cui paga la scuola affinché il figlio le impari?

Adoperarsi per l'unità coi Donatisti.

8. 10. Dunque, o carissimi, essi hanno precisamente tali dèi, o meglio li ebbero. Poiché infatti essi non vollero abbandonarli, furono abbandonati da loro. Ci sono molti anche che li abbandonarono e ancora oggi li abbandonano: abbattono i loro templi all'interno del cuore; godiamo di loro in quanto vengono all'unità, non alla divisione. Il pagano non trovi un'occasione che lo induca a non diventare cristiano. Siamo concordi, fratelli, noi che veneriamo un solo Dio, per poterli in un certo qual modo, con la nostra concordia, esortare ad abbandonare i molti dèi perché vengano alla pace e all'unità a venerare un solo Dio. E se per caso, per il fatto che noi cristiani non abbiamo tra di noi l'unità, s'infastidiscono e per questo ci criticano e perciò sono lenti e pigri nel venire alla salvezza, li arringherò un poco. Vi dirò io che cosa dovete dir loro. Non preferiscano a noi la loro quasi concordia, non si compiacciano della loro unità. Essi non devono sopportare il nemico che dobbiamo affrontare noi. Questo nemico stesso in sostanza li possiede anche se non sono discordi 35. Egli li vede adoratori dei falsi dèi, li vede servi e servi di demoni. A questo punto che vantaggio c'è per lui se litigano o, per lui, che danno c'è se non litigano? Li possiede comunque così come sono, partecipi della stessa credenza vana e falsa, anche se d'accordo tra di loro. Quando si vedrà abbandonato e vedrà molti correre all'unico Dio, lasciare i suoi sacrileghi riti, abbattere i templi, spezzare gli idoli, proibire i sacrifici, allora vedrà di aver perso quelli che teneva in potere, li vedrà allontanarsi dalla sua famiglia, conoscere il vero Dio. Allora che farà? A quali insidie ricorrerà? Sa che non ci può possedere se siamo concordi, che non ci può dividere l'unico Dio, che non può più presentare a noi i falsi dèi. Sa che la nostra vita è la carità, la nostra morte la discordia; perciò ha introdotto liti tra i cristiani, non potendo fabbricare molti dèi per i cristiani; moltiplicò le sètte, seminò errori, stabilì gli eretici. Ma tutto quel che ha fatto lo ha fatto con quella paglia di cui parlò il Signore. Ecco la nostra sicurezza: anche se egli infierisce, anche se insidia e semina vari dissensi fra i cristiani, e noi invece riconosciamo il nostro Dio, se siamo fedeli a lui concordemente, se manteniamo la fede, siamo al sicuro. Fratelli, il frumento dell'aia non va via o se va via ritorna; il vento della tentazione invece porta via qualcosa della paglia 36. Onde per noi non si crea via di perdizione ma impegno di esercitazione. E quanta paglia non è portata via ora sarà vagliata nell'ultimo giudizio e non va, tutta la paglia, se non nel fuoco. Dobbiamo darci da fare, fratelli, finché siamo in tempo, con quante forze possiamo, con quanta attenzione possiamo, perché, se può avvenire, ritorni magari insieme alla paglia, il frumento, purché esso non perisca. Qui è messo alla prova il nostro amore, qui ci viene proposta la grande opera della nostra vita. Non sarebbe individuata la misura del nostro amore ai fratelli, se nessuno fosse messo alla prova; nel giudizio finale non apparirebbe quanto è l'amore se fosse cosa trascurabile l'abisso della perdizione.

La coercizione.

9. 11. Diamoci da fare, fratelli, senza sosta, con ogni attività, con ogni fatica, con pio affetto verso Dio, verso di loro e, fra di noi, perché non succeda che, volendo sopire la loro vecchia discordia, provochino nuove risse fra di noi; sopra ogni cosa siamo attenti a mantenere fra noi fermissimo l'amore. Essi si sono congelati nelle loro iniquità. Come puoi sciogliere il ghiaccio dell'iniquità, se non ardi della fiamma della carità? Non facciamo caso se risultiamo molesti coll'incalzarli. Vediamo quale è il fine: in esso teniamoci sicuri. Forse che li portiamo alla morte e non invece via dalla morte? Assolutamente curiamo queste vecchie ferite, in qualsiasi modo possiamo, ma umilmente; e andiamo cauti perché non venga meno tra le mani del medico colui che viene curato. Che cosa ci sentiamo in dovere di fare se piange il bambino che viene condotto a scuola? E che cosa dobbiamo pensare se uno rifiuta la mano del medico che opera il taglio? Gli Apostoli furono pescatori e il Signore disse loro: Vi farò pescatori di uomini 37. Ma dal profeta è stato detto che Dio prima avrebbe mandato i pescatori, poi i cacciatori 38. Prima mandò i pescatori, poi manda i cacciatori. Perché i pescatori, perché i cacciatori? Dal profondo abissale mare della superstizione idolatrica sono stati pescati i credenti con le reti della fede. E i cacciatori perché furono mandati? Furono mandati perché essi vagavano per monti e colli 39, cioè per le superbie umane, per gli orgogli terreni. Uno di questi monti è Donato, un altro Ario, un altro Fotino e un altro Novato; erravano i credenti per questi monti; il loro vagare aveva bisogno dei cacciatori. Perciò sono stati distribuiti i diversi uffici dei pescatori e dei cacciatori, perché non capiti che costoro ci dicano: " Perché gli Apostoli non costrinsero nessuno, non spinsero nessuno? ". Il pescatore, in quanto tale, butta le reti in mare e tira su quello che vi è incappato dentro. Il cacciatore invece circonda le selve, scuote i cespugli di rovi e, moltiplicate da ogni parte le minacce costringe a cadere nelle reti. Non vada né di qua né di là; da qui vienigli incontro, di là urtalo, dall'altra parte spaventalo; non possa evadere, non sfugga. Ma le nostre reti sono vita perché si conservi l'amore. Non preoccuparti di quanto gli puoi essere molesto, ma di quanto tu lo ami. Qual è la tua pietà se tu lo risparmi ed egli muore?

Il sonno letargico e il figlio del vecchio morente.

10. 12. Fratelli, considerate anche questo paragone, questa similitudine; una sola cosa può in effetti aver molte similitudini. Gli uomini sono strutturati in modo che ognuno vuole una successione nei figli; e non c'è nessuno che non desideri e speri nella sua casa questo ordine: che chi ha generato ceda il posto ai generati ed essi succedano. Tuttavia se un vecchio padre è malato (non faccio il caso del figlio malato assistito dal padre, che invece cerca l'erede, desidera il successore, che lo ha generato perché viva lui morto; non dico questo) dico dunque se il padre è malato, sta per andarsene, vecchio, vicino alla morte, al punto in cui chiede di assecondare l'ordine della natura, quando ormai non ha più niente da sperare, tuttavia se è malato e gli sta vicino con affetto il figlio, e il medico vede che è preso da un sonno nocivo, letale, egli è paziente col vecchio che sta per morire, anche per quei pochi giorni che gli restano da vivere; e sta lì il figlio, premuroso vicino al padre, e sente il medico dire: " Quest'uomo può cadere in letargo e poi morire se lo si lascia prendere dal sonno; se volete che viva non deve dormire ". E quel sonno nocivo invece lo prende: nocivo e dolce. Ma il figlio ammonito dal medico sta lì attento e, con fastidio del padre, lo sveglia mettendogli le mani addosso; se il sonno è più forte, lo pizzica e, se questo non serve, lo punge. Certamente riesce fastidioso al padre, ma sarebbe empio se non gli desse questo fastidio. In quanto a lui che vorrebbe morire, respinge il figlio molesto col volto corrucciato e con la voce alterata: " Lasciami stare, perché mi tormenti? ". " E` che il medico ha detto che se ti addormenti, muori ". Ed egli: " Lasciami stare, voglio morire ". Il vecchio dice: " Voglio morire " e il figlio sarebbe empio se non dicesse: " Io non lo voglio ". E si tratta comunque di una vita temporale; né colui a cui riesce molesto il figlio che lo vuol svegliare resta perpetuamente in quella vita, né il figlio che succede al padre che se ne va e muore. Tutti e due passano attraverso di essa, tutt'e due vi trasvolano, di passaggio; e tuttavia sarebbero empi se non provvedessero a mantenere questa vita temporale a rischio di rendersi molesti a vicenda. Dunque io, se vedessi il mio fratello preso da un sonno di cattiva lega, non lo sveglierei per timore di essere molesto a chi sta dormendo e morendo? Lungi da me il fare questo, anche se, lui vivo, è più ristretto il mio patrimonio. Nel nostro caso poiché ciò che riceveremo non si può dividere e anche se si moltiplicano i possessori non diminuisce il patrimonio, non lo terrò desto, sveglio, anche se lo infastidisco, sicché privo del sonno di un antichissimo errore, possa godere con me l'eredità dell'unità? Certo che lo farò. Se sono sveglio lo farò. Se non lo faccio, dormo anch'io.

Non si deve dividere l'eredità del Signore.

11. 13. Carissimi, il Signore, mentre parlava alle turbe, fu interpellato da un tale che gli disse: Signore, di' a mio fratello che divida con me l'eredità. E il Signore: O uomo, chi mi ha costituito, dimmi, mediatore di eredità tra voi? 40 Certamente egli non rifiutava di frenare l'avidità ma non voleva diventare giudice in una divisione. In quanto a noi, carissimi, non cerchiamolo come giudice in tali vertenze, perché tale non è la nostra eredità. Noi con pura fronte e con buona coscienza interpelliamo il Signore nostro e ognuno gli dica: " Signore, di' a mio fratello non che divida ma che possegga insieme con me l'eredità ". Che cosa vuoi dividere, fratello? Quello che il Signore ci ha lasciato non può essere diviso. E` forse oro, infatti, che richieda una bilancia per la divisione? E` forse argento, è denaro, è bestiame, o sono schiavi, o alberi o campi? Tutte queste cose si possono dividere. Non si può invece dividere: Vi dò la mia pace, vi lascio la mia pace 41. Infine nelle eredità terrene c'è anche il fatto che la divisione produce una diminuzione. Supponi due fratelli sotto uno stesso padre. Tutto ciò che possiede il padre è di ambedue: tutto dell'uno e dell'altro. Per cui se si fa una domanda sulla proprietà e se ad uno di loro ad esempio si chiede: " Di chi è quel cavallo? ", egli risponderà: " E` nostro ". " Di chi quel fondo? Quello schiavo? ", sempre risponderà: " E` nostro ". Ma, se si farà la divisione, diversa è la risposta. " Di chi è quel cavallo? ". " E` mio ". " E questo di chi è? ". " Di mio fratello ". Ecco che cosa ha fatto la divisione. Non hai guadagnato una parte, ma perso una parte. Dunque anche se avessimo un'eredità che si può dividere non dovremmo dividerla per non diminuire le nostre ricchezze. E certo non vi è cosa più nociva per i figli che voler fare la divisione vivo il padre. Se questo si accingono a fare, se promuovono liti e contese per rivendicare ognuno a sé la propria parte, direbbe il vecchio: " Che cosa fate? Sono ancora vivo, aspettate, un poco, la mia morte, poi fate a pezzi la mia casa ". Noi abbiamo come padre Dio. Perché andare in divisioni? Perché andare in liti? Almeno aspettiamo. Se può morire, divideremo.


Note:


 

1 - Cf. Sal 77, 24-25.

2 - Mt 5, 6.

3 - Fil 3, 12.

4 - Cf. At 9, 15.

5 - Cf. Mt 9, 20-22; Lc 8, 34-48.

6 - 1 Cor 15, 8-10.

7 - Fil 3, 13-14.

8 - Fil 1, 23.

9 - Praef. Missae.

10 - Cf. Rm 8, 23-24.

11 - Cf. 2 Cor 5, 6-7.

12 - Cf. Sal 31, 9; Sal 48, 21.

13 - Cf. 1 Cor 15, 32.

14 - Fil 3, 14.

15 - Cf. Fil 3, 19.

16 - Sap 9, 15.

17 - Cf. Is 58, 3.

18 - Cf. Gv 14, 6.

19 - Cf. Mt 22, 30; Lc 20, 36.

20 - Gal 5, 17.

21 - Ef 5, 29.

22 - Gal 5, 17.

23 - 1 Cor 15, 22.

24 - Ef 2, 3.

25 - Cf. Rm 7, 2.

26 - 1 Cor 9, 26-27.

27 - Mt 5, 24.

28 - Cf. 1 Cor 6, 15.

29 - Is 58, 4-5.

30 - Gv 13, 34.

31 - Cf. Ef 4, 16.

32 - Cf. Mt 10, 30; Lc 21, 18.

33 - ORAZIO, Ep. 1, 1, 94.

34 - Cf. Gv 10, 30.

35 - Cf. Rm 2, 2; Gal 5, 21.

36 - Cf. Mt 3, 12; Lc 3, 17.

37 - Mt 4, 19.

38 - Cf. Ger 16, 16.

39 - Cf. Ger 16, 16; Ez 34, 6.

40 - Lc 12, 13-14.

41 - Gv 14, 27.


Capitolo nono - O clemente, o pia

Le glorie di Maria - Sant'Alfonso Maria de Liguori

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Quanto è grande la clemenza e la pietà di Maria

Parlando della grande pietà che la Vergine ha verso di noi miserabili, san Bernardo dice che « Maria è la terra promessa, che produce in abbondanza latte e miele ». San Leone dice che le viscere della Vergine sono così ricche di misericordia, che ella merita non solo di essere chiamata misericordiosa, ma la misericordia stessa. San Bonaventura, considerando che Maria è stata fatta Madre di Dio in favore dei miserabili e che a lei è affidato il compito di dispensare la misericordia; considerando inoltre la grande cura che ella si prende di tutti i miseri, che la rende così ricca di pietà, che pare non desideri altro se non dar sollievo ai bisognosi, diceva che quando guardava Maria, gli sembrava di non vedere più la divina giustizia, ma solamente la divina misericordia di cui Maria è rivestita. Così grande insomma è la bontà di Maria che, come dice l'abate Guerrico, le sue viscere amorose non desistono mai dal produrre frutti di pietà. E san Bernardo esclama: « Che altro può scaturire da una fonte di pietà se non pietà? ». Perciò Maria fu paragonata all'ulivo: « Come bell'ulivo nei campi » (Eccli [= Sir] 24,19 Volg.), perché come dall'ulivo non esce altro che olio, simbolo della misericordia, così dalle mani di Maria non escono che grazie e misericordie. Perciò il venerabile Luigi da Ponte dice: « Giustamente Maria può essere chiamata Madre dell'olio, poiché è madre della misericordia ». Quindi, se ricorriamo a questa buona Madre per chiederle l'olio della sua pietà, non possiamo temere che ce lo neghi, come lo negarono le vergini prudenti alle stolte rispondendo: « Che non abbia a mancare per noi e per voi » (Mt 25,9). No, poiché Maria è ricca di quest'olio di misericordia, come afferma san Bonaventura. Perciò la santa Chiesa la chiama Vergine non solo prudente, ma prudentissima, affinché, dice Ugo di san Vittore, noi comprendiamo che Maria è così piena di grazia e di pietà, che basta a provvederne tutti, senza che a lei ne manchi: « Se le vergini prudenti insieme alle lampade presero anche dell'olio nei vasi, tu, Vergine prudentissima, portasti un vaso sovrabbondante e inesauribile, versando dal quale l'olio della misericordia, potessi illuminare le lampade di tutti ». Ma perché si dice che questo bell'ulivo sta in mezzo ai « campi » e non piuttosto in mezzo a un orto circondato da muri o da siepi? Ugo di san Vittore risponde: « Affinché tutti possano facilmente vederlo e ricorrervi per ottenere rimedio ai loro bisogni ». Questo bel pensiero èconfermato da sant'Antonino: « Ad un ulivo che sta esposto in un campo aperto tutti possono avvicinarsi e coglierne il frutto. A Maria tutti possono ricorrere, giusti e peccatori, per ottenere la sua misericordia ». E il santo aggiunge: « Quante sentenze di castighi questa santa Vergine ha saputo revocare con le sue pietose preghiere in favore dei peccatori che sono ricorsi a lei! » Il devoto Tommaso da Kempis scrive: « Quale altro rifugio più sicuro possiamo noi trovare che il seno pietoso di Maria? Là il povero trova il suo alloggio, là l'infermo trova la sua medicina, l'afflitto il sollievo, il dubbioso il consiglio, l'abbandonato il soccorso ». Poveri noi, se non avessimo questa Madre di misericordia, attenta e sollecita a soccorrerci nelle nostre miserie! « Dove non c'è la donna, geme e patisce l'infermo » (Eccli [= Sir] 36,27 Volg.). San Giovanni Damasceno afferma che questa donna è appunto Maria, mancando la quale, patisce ogni infermo. Infatti, poiché Dio vuole che tutte le grazie si dispensino per le preghiere di Maria, se queste venissero a mancare, non vi sarebbe speranza di misericordia, come il Signore rivelò a santa Brigida. Temiamo forse che Maria non veda e non compatisca le nostre miserie? No, poiché le vede e le compatisce molto meglio di noi. Dice sant'Antonino: « Non si trova nessuno tra i santi che ci compatisca nei nostri mali come la beata Vergine Maria ». « Dovunque si trova una miseria, la tua misericordia accorre e soccorre », esclama Riccardo di san Vittore rivolgendosi a lei. Lo conferma il Mendoza: « Sicché, Vergine benedetta, tu dispensi largamente le tue misericordie, dovunque scopri le nostre miserie ». Da tale ufficio di pietà non desisterà mai la nostra buona Madre, come dichiara essa stessa: « Sino al secolo futuro non verrò meno e nell'abitazione santa al suo cospetto esercitai il ministero » (Eccli [= Sir] 24,14 Volg.). Il cardinale Ugo di san Caro commenta: « Sino al secolo futuro, cioè dei beati, non cesserò, dice Maria, di soccorrere le miserie degli uomini e di pregare per i peccatori, affinché si salvino e siano liberati dalla miseria eterna » Svetonio narra che l'imperatore Tito era così desideroso di concedere grazie a chi gliele chiedeva, che nei giorni in cui non aveva l'occasione di farne, diceva afflitto: « Ho perduto un giorno »; questo giorno è stato perduto per me, perché l'ho passato senza beneficare nessuno. Verosimilmente, Tito diceva questo più per vanità o per ricerca di stima, che per un sentimento di carità. Ma la nostra sovrana Maria, se un giorno non avesse l'occasione di fare nessuna grazia, direbbe la stessa cosa solo perché è piena di carità e di desiderio di farci del bene. Anzi, dice Bernardino da Busto, la Vergine vuole dispensare a noi le grazie più di quanto noi desideriamo riceverle. Perciò quando ricorriamo a lei, la troveremo sempre con le mani piene di misericordia e di liberalità. Fu figura di Maria Rebecca, la quale, al servo di Abramo che le chiedeva un po' d'acqua per bere, rispose: « Anche per i tuoi cammelli attingerò, finché abbiano bevuto abbastanza » (Gn 24,19). Perciò san Bernardo si rivolge così alla beata Vergine: « Signora, non soltanto al servo di Abramo, ma anche ai cammelli versa acqua dalla tua anfora traboccante ». Egli vuol dire: Signora, tu sei ben più pietosa e generosa di Rebecca e perciò non ti contenti di dispensare le grazie della tua immensa misericordia solamente ai servi di Abramo, che simboleggiano i servi fedeli a Dio, ma le dispensi anche ai cammelli, che sono figura dei peccatori. Come Rebecca diede più di ciò che le fu richiesto, così Maria dona più di quel che le si domanda. « La liberalità di Maria, dice Riccardo di san Lorenzo, somiglia alla liberalità di suo Figlio, il quale dà sempre più di quanto gli si chiede ». Perciò san Paolo lo proclama « ricco verso tutti quelli che l'invocano » (Rm 10,12). Così un devoto autore dice alla Vergine: « Signora, prega tu per me, perché tu chiederai le grazie per me con maggiore devozione di quel che io oserei fare e mi otterrai da Dio grazie maggiori di quelle che io potrei sperare ». Quando i Samaritani rifiutarono di ricevere Gesù Cristo e la sua dottrina, san Giacomo e san Giovanni chiesero alloro Maestro: « Signore, vuoi che diciamo che scenda il fuoco dal cielo e li distrugga? ». Ma il Salvatore rispose: « Non sapete di quale spirito siete » (Lc 9,55). Come se dicesse: « Io sono di uno spirito così pietoso e dolce che sono venuto dal cielo per salvare, non per punire i peccatori; e voi volete vederli perduti? Che fuoco, che castigo? Tacete, non mi parlate più di castighi, perché non è questo il mio spirito ». Ma non possiamo dubitare che Maria, il cui spirito è perfettamente simile a quello del Figlio, non sia tutta incline a usare misericordia, poiché, come ella disse a santa Brigida: « Io sono chiamata madre della misericordia e la misericordia di Dio mi ha fatto così pietosa e dolce verso tutti ». Perciò san Giovanni vide Maria vestita di sole: « Un segno grandioso apparve nel cielo: una donna vestita di sole » (Ap 12,1). Commentando queste parole, san Bernardo dice alla Vergine: « Tu vesti il sole e da lui vieni vestita ». Signora, tu hai vestito il sole - il Verbo divino - della carne umana; ma egli ha vestito te della sua potenza e della sua misericordia. Questa Regina è così pia e benigna, dice san Bernardo, che quando qualunque peccatore va a raccomandarsi alla sua pietà, ella non si mette ad esaminare i meriti di lui, se è degno o no di essere esaudito, ma esaudisce e soccorre tutti. Maria è chiamata « Bella come la luna » (Ct 6,9). La luna illumina e reca vantaggio anche ai corpi più bassi della terra; così Maria, scrive sant'Ildeberto, illumina e soccorre i peccatori più indegni: « Bella come la luna, perché è bello far del bene agli indegni ». E benché la luna prenda tutta la sua luce dal sole, opera più presto del sole: « Quello che il sole fa in un anno, la luna lo fa in un mese », osserva un autore. Perciò sant'Anselmo dice: « A volte troviamo più velocemente la salvezza invocando il nome di Maria che invocando quello di Gesu». Dunque, ci esorta Ugo di san Vittore, se i nostri peccati ci fanno temere di accostarci a Dio, perché è una Maestà infinita che abbiamo offeso, non dobbiamo esitare a ricorrere a Maria, poiché in lei non troveremo nulla che ci spaventi. E’ vero che è santa, che è immacolata, regina del mondo, Madre di Dio; ma è della nostra carne, figlia di Adamo come noi. Insomma, dice san Bernardo, tutto ciò che appartiene a Maria è grazia e bontà poiché ella, come madre di misericordia, si è fatta tutta a tutti e per la sua grande carità si è resa debitrice verso i giusti e i peccatori. A tutti apre il seno della sua misericordia, affinché tutti ricevano dalla sua pienezza. Il demonio, dice san Pietro: « Va in giro come un leone ruggente, cercando qualcuno da divorare » (lPt 5,8). Maria al contrario, scrive Bernardino da Busto, va sempre cercando per dare la vita e salvare chi può. Dobbiamo essere certi, dice san Germano, che la protezione di Maria è più grande e potente di quanto noi possiamo comprendere. Perché mai Dio, che nell'antica legge era così rigoroso nel punire, usa ora tanta misericordia ai re dei più gravi peccati? A questa domanda l'autore del Pomerio risponde: « Lo fa per amore e per i meriti di Maria ». « Da quanto tempo sarebbe sprofondato il mondo, esclama san Fulgenzio, se Maria non lo avesse sostenuto con le sue preghiere! ». Sant'Arnoldo abate aggiunge che possiamo presentarci a Dio con piena sicurezza e sperarne ogni bene, perché il Figlio è nostro mediatore presso il Padre e la Madre presso il Figlio. Come il Padre non esaudirebbe il Figlio quando gli mostra le ferite sofferte per i peccatori? E come il Figlio non esaudirebbe la Madre, quando gli mostra il seno che lo ha nutrito. San Pier Crisologo dice con bella energia: « Questa Vergine unica, avendo alloggiato Dio nel suo seno, esige come prezzo dell'alloggio la pace per il mondo, la salvezza per i perduti, la vita per i morti » Dice l'abate di Selles: « Quanti che meriterebbero di essere condannati dalla divina giustizia sono salvati dalla pietà di Maria! Tesoro di Dio e tesoriera di tutte le grazie, la nostra salvezza è nelle sue mani». Ricorriamo dunque sempre a questa grande Madre di misericordia e speriamo fermamente di salvarci per mezzo della sua intercessione, poiché ella - ci incoraggia Bernardino da Busto - « è la nostra salvezza, la vita, la speranza, il consiglio, il rifugio, l'aiuto nostro». «Accostiamoci... con fiducia al trono della grazia, per ottenere misericordia e trovare grazia per opportuno soccorso » (Eb 4,16): questo trono a cui l'Apostolo ci esorta a ricorrere fiduciosamente è appunto Maria, commenta sant'Antonino. Perciò santa Caterina da Siena la chiamava « Dispensatrice della misericordia ». Concludiamo dunque con la bella e dolce esclamazione di san Bernardo sulle parole: O clemens, o pia, o dulcis Virgo Maria. « O Maria, tu sei clemente verso i miseri, pia verso quelli che ti pregano, dolce verso quelli che ti amano. Clemente verso i penitenti, pia verso quelli che fanno progressi, dolce verso quelli che sono perfetti. Ti mostri clemente liberandoci dai castighi, pia nel dispensarci le grazie, dolce donandoti a quelli che ti cercano ».

Esempio

Il padre Carlo Bovio racconta che a Dormans, in Francia, vi era un uomo il quale, pur essendo sposato, aveva una relazione con un'altra donna. La moglie, non potendo sopportare ciò, non faceva altro che invocare su di loro i castighi di Dio. Un giorno, andò in una chiesa, davanti a un altare della beata Vergine, a chiedere giustizia contro la donna che le toglieva il marito. Davanti a questa stessa immagine andava ogni giorno anche quella peccatrice a recitare un'Ave Maria. Una notte la divina Madre apparve in sogno alla moglie la quale, appena la vide, cominciò il suo solito ritornello: «Giustizia? A me chiedi giustizia? Va', trova altri che te la facciano; io non te la posso fare. Sappi che quella peccatrice mi recita ogni giorno un saluto e, qualunque sia la persona che così mi prega, io non posso permettere che essa soffra e sia castigata per i suoi peccati». Quando fu giorno, la moglie andò a sentire la messa in quella chiesa della Madonna. Uscendo da lì, incontrò l'amante del marito e cominciò a ingiuriarla e a dire che era una fattucchiera, che con i suoi sortilegi era riuscita ad incantare anche la santa Vergine. « Taci, le diceva la gente, che dici? ». « Perché dovrei tacere? Quel che dico è assolutamente vero. Stanotte mi è apparsa la Madonna e siccome le chiedevo di farmi giustizia, mi ha risposto che non poteva a causa di un saluto che questa donna malvagia le rivolge ogni giorno ». Chiesero allora alla colpevole quale era questo saluto; rispose che era l'Ave Maria. Ma sentendo che per quella semplice devozione la beata Vergine le usava tanta misericordia, la donna andò subito a inginocchiarsi davanti a quella santa immagine e alla presenza di tutti, chiedendo perdono dello scandalo che aveva dato, fece voto di castità perpetua. Poi, rivestito l'abito religioso, si fabbricò una piccola stanza vicino alla chiesa e vi si rinchiuse perseverando in continua penitenza fino alla morte.

Preghiera

Madre di misericordia, poiché sei così compassionevole, poiché hai tanto desiderio di fare del bene a noi miserabili e di accontentare le nostre domande, io, il più misero di tutti gli uomini, ricorro oggi alla tua pietà, affinché tu mi conceda ciò che ti chiedo. Che gli altri ti domandino quel che vogliono: la salute del corpo, guadagni e vantaggi materiali; io ti chiedo, Signora, quelle cose che tu desideri da me, che più sono conformi e gradite al tuo sacro cuore. Tu fosti così umile; ottienimi dunque l'umiltà e l'amore degli schemi. Tu fosti così paziente nelle pene di questa vita; ottienimi la pazienza nelle contrarietà. Tu fosti tutta piena d'amore verso Dio; ottienimi il dono del santo e puro amore. Tu fosti tutta carità verso il prossimo; ottienimi la carità verso tutti, particolarmente verso quelli che mi sono nemici. Tu fosti tutta unita alla volontà divina; ottienimi una totale conformità a tutto quello che Dio dispone per me. Tu insomma sei la più santa fra tutte le creature; Maria, fammi santo. A te non fa difetto l'amore: tutto puoi e tutto vuoi ottenermi. Dunque può impedirmi di ricevere le tue grazie soltanto la mia negligenza nel ricorrere a te o la mia poca fiducia nella tua intercessione. Ma questa perseveranza nella preghiera e questa fiducia me le devi ottenere tu stessa. Queste due grazie supreme a te le chiedo, da te le voglio, da te fermamente le spero, o Maria, Maria madre mia, mia speranza, mio amore, mia vita, mio rifugio, mio aiuto e mia consolazione. Amen.


23-11 Ottobre 30, 1927 Come l’amor divino rigurgitò nella Creazione. Liberalità e magnificenza di Dio nel creare la macchina dell’universo, specie nel creare il suo amato gioello senza merito di nessuno. Decisione della Divina Volontà nel voler venire a regnare in mezzo alle creature. La sua aria ba

Luisa Piccarreta (Libro di Cielo)

(1) Mi sentivo tutta abbandonata nel Fiat Divino, e la mia povera mente me la sentivo come inzuppata dalla luce della sua santità, bellezza e felicità indescrivibile. Possedere la fonte di tutti i beni, godere il pelago dei mari infiniti di tutte le gioie e possedere tutte le attrattive delle bellezze inesauribile, delle bellezze divine, fino ad innamorare lo stesso Dio, e vivere nel Voler Divino col farlo regnare nell’anima, è tutto lo stesso. Volontà di Dio, quanto sei amabile, adorabile, desiderabile, più della mia stessa vita, il tuo regnare è regno di luce, che tiene forza di vuotarmi di ciò che alla sua luce non appartiene; è regno di santità, e mi trasforma non nella santità dei santi, ma nella santità del mio Creatore; è regno di felicità e di gioia, e mi mette in fuga tutte le amarezze, i fastidi, le noie. Ma come mai possono disporsi le creature, meritare di ricevere un regno sì santo? Ora mentre ciò pensavo e la mia povera mente nuotava nel pelago del mare del Fiat Divino, il mio amabile Gesù è uscito da dentro il mio interno e stringendomi a Sé, tutto tenerezza mi ha detto:

(2) “Mia piccola figlia, tu devi sapere che il nostro amore rigurgitò nella Creazione e straripando fuori di Noi, senza che nessuno aveva meritato un tanto bene, neppure con una sola parola, la nostra somma bontà e liberalità senza limiti, creò con tanta magnificenza, ordine e armonia tutta la macchina dell’universo per amore di chi non esisteva ancora, dopo di ciò il nostro amore rigurgitò più forte e creammo colui per cui tutte le cose furono create, e siccome Noi nell’operare operiamo sempre con magnanimità inarrivabile, e mentre non esauriamo diamo tutto, in modo che nulla deve mancare all’opera nostra di magnificenza, di grandezza e di tutti i beni, nel creare l’uomo, senza che lui aveva nessuno merito, per dote, per fondamento, per sostanza di tutti i beni, gioie e felicità, gli demmo per regno la nostra Volontà, affinché nulla gli mancasse, avendo a sua disposizione una Volontà Divina ed insieme con Essa il nostro Essere Supremo. Quale onore sarebbe stato per Noi se l’opera della Creazione fosse stata povera, misera di luce, senza la molteplicità di tante cose create, senza ordine e senza armonia, ed il nostro caro gioiello, il nostro caro figlio, qual’è l’uomo, senza la pienezza dei beni di Colui che lo aveva creato? Non sarebbe stato onore per chi tutto possiede e tutto può, fare opera incompleta; molto più che il nostro amore rigurgitando forte, forte, più che onde impetuose voleva dare, sfoggiare quanto più poteva, fino a riempire il nostro amato gioiello di tutti i beni possibili ed immaginabili, e formare dei mari intorno a lui, che straripavano da lui stesso, che gli aveva messo il suo Creatore.

(3) E se l’uomo ciò perdette, fu lui che respinse di sua propria volontà il regno della mia Volontà, la sua dote e la sostanza della sua felicità. Ora come nella Creazione, il mio amore rigurgita forte, ed il regno della mia Volontà è deciso che vuole la sua vita in mezzo alle creature, e perciò sfoggiando con tutta magnificenza senza guardare ai meriti di loro, con magnanimità insuperabile vuol dare di nuovo il suo regno, solo che vuole che le creature lo sappiano, conoscano i suoi beni, affinché conoscendoli, sospirino e vogliano il regno della santità, della luce e della felicità, e come una volontà lo respinse, così un’altra lo chiami, lo sospiri, lo presse a venire e regnare in mezzo alle creature, ecco perciò la necessità delle sue conoscenze, se un bene non si conosce, né si vuole né si ama; perciò esse saranno i messaggeri, i forieri che annunzieranno il regno mio; le mie conoscenze sul mio Fiat si atteggeranno, ora a soli, ora a tuoni, ora a scoppi di luce, ora a venti impetuosi, che chiameranno l’attenzione dei dotti e degli ignoranti, dei buoni e anche dei cattivi, che come fulmini cadranno nei loro cuori, e con forza irresistibile li atterrerà, per farli risorgere nel bene delle conoscenze acquistate, formeranno la vera rinnovazione nel mondo, prenderanno tutti gli atteggiamenti per allettare e vincere le creature, atteggiandosi ora a pacieri, che vogliono il bacio delle creature per darle il loro, per dimenticare tutto il passato e ricordarsi solo d’amarsi insieme e felicitarsi a vicenda; ora a guerrieri certi della loro vittoria, per rendere certa la conquista che vogliono fare di chi le conosce; ora a preghiere incessanti, che allora cesseranno di supplicare quando le creature vinte dalle conoscenze del mio Volere Divino diranno: “Hai vinto, siamo già preda del regno tuo”. Ora a re dominante e spirante amore, che piegheranno la fronte per farsi dominare; che cosa non farà la mia Volontà? Metterà tutta la sua potenza in attitudine per venire a regnare in mezzo alle creature, Essa possiede una bellezza rapitrice, che se si fa vedere una sola volta con chiarezza, rapisce, abbellisce, gettando le sue onde di bellezze sull’anima, in modo che difficilmente potranno dimenticare una bellezza sì rara, rimarranno come nel labirinto della sua bellezza da non poterne uscire; possiede una potenza incantevole e l’anima resta fissa nel suo dolce incanto; possiede un’aria balsamica, che respirata si sentiranno entrare in loro l’aria della pace, della santità, dell’armonia divina, della felicità, della luce che tutto purifica, dell’amore che tutto brucia, della potenza che tutto conquide, in modo che quest’aria porterà il balsamo celeste a tutti i mali prodotti dall’aria cattiva, morbosa e micidiale dell’umana volontà. Vedi, anche nella vita umana l’aria agisce in modo sorprendente: Se l’aria è pura, buona, sana, profumata, la respirazione è libera, la circolazione del sangue è regolare, crescono forti, nutriti, coloriti e sani; invece se l’aria è cattiva, puzzolente ed infetta, la respirazione è inceppata, la circolazione del sangue è irregolare e non ricevendo la vita dell’aria pura sono deboli, pallidi, dimagriti e mezzo malati. L’aria è la vita delle creature, senza di essa non possono vivere, ma c’è gran differenza tra l’aria buona e la cattiva. Così è l’aria dell’anima: L’aria della mia Volontà mantiene la vita pura, sana, santa, bella e forte come uscì dal seno del suo Creatore. L’aria micidiale dell’umano volere deforma la povera creatura, la fa discendere dalla sua origine e cresce malata, debole, da far pietà”.

(4) Poi con un’enfasi più tenero ha soggiunto: “Oh! Volontà mia, quanto sei amabile, ammirabile, potente! La tua bellezza innamora i Cieli e mantiene l’incanto che rapisce a tutta la corte celeste, in modo che sono felici ché da Te non possono spostare lo sguardo, deh! con la tua bellezza incantevole che tutto rapisce, rapisci la terra, e col tuo dolce incanto incanta tutte le creature, affinché una sia la volontà di tutti, una la santità, una la vita, uno il tuo regno, uno il tuo Fiat come in Cielo così in terra”.