Liturgia delle Ore - Letture
Lunedi dell'Ottava di Pasqua
Vangelo secondo Matteo 6
1Guardatevi dal praticare le vostre buone opere davanti agli uomini per essere da loro ammirati, altrimenti non avrete ricompensa presso il Padre vostro che è nei cieli.2Quando dunque fai l'elemosina, non suonare la tromba davanti a te, come fanno gli ipocriti nelle sinagoghe e nelle strade per essere lodati dagli uomini. In verità vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa.3Quando invece tu fai l'elemosina, non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra,4perché la tua elemosina resti segreta; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà.
5Quando pregate, non siate simili agli ipocriti che amano pregare stando ritti nelle sinagoghe e negli angoli delle piazze, per essere visti dagli uomini. In verità vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa.6Tu invece, quando preghi, entra nella tua camera e, chiusa la porta, prega il Padre tuo nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà.
7Pregando poi, non sprecate parole come i pagani, i quali credono di venire ascoltati a forza di parole.8Non siate dunque come loro, perché il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno ancor prima che gliele chiediate.9Voi dunque pregate così:
Padre nostro che sei nei cieli,
sia santificato il tuo nome;
10venga il tuo regno;
sia fatta la tua volontà,
come in cielo così in terra.
11Dacci oggi il nostro pane quotidiano,
12e rimetti a noi i nostri debiti
come noi li rimettiamo ai nostri debitori,
13e non ci indurre in tentazione,
ma liberaci dal male.
14Se voi infatti perdonerete agli uomini le loro colpe, il Padre vostro celeste perdonerà anche a voi;15ma se voi non perdonerete agli uomini, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe.
16E quando digiunate, non assumete aria malinconica come gli ipocriti, che si sfigurano la faccia per far vedere agli uomini che digiunano. In verità vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa.
17Tu invece, quando digiuni, profumati la testa e lavati il volto,18perché la gente non veda che tu digiuni, ma solo tuo Padre che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà.
19Non accumulatevi tesori sulla terra, dove tignola e ruggine consumano e dove ladri scassinano e rubano;20accumulatevi invece tesori nel cielo, dove né tignola né ruggine consumano, e dove ladri non scassinano e non rubano.21Perché là dov'è il tuo tesoro, sarà anche il tuo cuore.
22La lucerna del corpo è l'occhio; se dunque il tuo occhio è chiaro, tutto il tuo corpo sarà nella luce;23ma se il tuo occhio è malato, tutto il tuo corpo sarà tenebroso. Se dunque la luce che è in te è tenebra, quanto grande sarà la tenebra!
24Nessuno può servire a due padroni: o odierà l'uno e amerà l'altro, o preferirà l'uno e disprezzerà l'altro: non potete servire a Dio e a mammona.
25Perciò vi dico: per la vostra vita non affannatevi di quello che mangerete o berrete, e neanche per il vostro corpo, di quello che indosserete; la vita forse non vale più del cibo e il corpo più del vestito?26Guardate gli uccelli del cielo: non seminano, né mietono, né ammassano nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non contate voi forse più di loro?27E chi di voi, per quanto si dia da fare, può aggiungere un'ora sola alla sua vita?28E perché vi affannate per il vestito? Osservate come crescono i gigli del campo: non lavorano e non filano.29Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro.30Ora se Dio veste così l'erba del campo, che oggi c'è e domani verrà gettata nel forno, non farà assai più per voi, gente di poca fede?31Non affannatevi dunque dicendo: Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa indosseremo?32Di tutte queste cose si preoccupano i pagani; il Padre vostro celeste infatti sa che ne avete bisogno.33Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta.34Non affannatevi dunque per il domani, perché il domani avrà già le sue inquietudini. A ciascun giorno basta la sua pena.
Genesi 12
1Il Signore disse ad Abram:
"Vàttene dal tuo paese, dalla tua patria
e dalla casa di tuo padre,
verso il paese che io ti indicherò.
2 Farò di te un grande popolo
e ti benedirò,
renderò grande il tuo nome
e diventerai una benedizione.
3 Benedirò coloro che ti benediranno
e coloro che ti malediranno maledirò
e in te si diranno benedette
tutte le famiglie della terra".
4Allora Abram partì, come gli aveva ordinato il Signore, e con lui partì Lot. Abram aveva settantacinque anni quando lasciò Carran.5Abram dunque prese la moglie Sarai, e Lot, figlio di suo fratello, e tutti i beni che avevano acquistati in Carran e tutte le persone che lì si erano procurate e si incamminarono verso il paese di Canaan. Arrivarono al paese di Canaan6e Abram attraversò il paese fino alla località di Sichem, presso la Quercia di More. Nel paese si trovavano allora i Cananei.
7Il Signore apparve ad Abram e gli disse: "Alla tua discendenza io darò questo paese". Allora Abram costruì in quel posto un altare al Signore che gli era apparso.8Di là passò sulle montagne a oriente di Betel e piantò la tenda, avendo Betel ad occidente e Ai ad oriente. Lì costruì un altare al Signore e invocò il nome del Signore.9Poi Abram levò la tenda per accamparsi nel Negheb.
10Venne una carestia nel paese e Abram scese in Egitto per soggiornarvi, perché la carestia gravava sul paese.
11Ma, quando fu sul punto di entrare in Egitto, disse alla moglie Sarai: "Vedi, io so che tu sei donna di aspetto avvenente.12Quando gli Egiziani ti vedranno, penseranno: Costei è sua moglie, e mi uccideranno, mentre lasceranno te in vita.13Di' dunque che tu sei mia sorella, perché io sia trattato bene per causa tua e io viva per riguardo a te".
14Appunto quando Abram arrivò in Egitto, gli Egiziani videro che la donna era molto avvenente.15La osservarono gli ufficiali del faraone e ne fecero le lodi al faraone; così la donna fu presa e condotta nella casa del faraone.16Per riguardo a lei, egli trattò bene Abram, che ricevette greggi e armenti e asini, schiavi e schiave, asine e cammelli.17Ma il Signore colpì il faraone e la sua casa con grandi piaghe, per il fatto di Sarai, moglie di Abram.18Allora il faraone convocò Abram e gli disse: "Che mi hai fatto? Perché non mi hai dichiarato che era tua moglie?19Perché hai detto: È mia sorella, così che io me la sono presa in moglie? E ora eccoti tua moglie: prendila e vàttene!".20Poi il faraone lo affidò ad alcuni uomini che lo accompagnarono fuori della frontiera insieme con la moglie e tutti i suoi averi.
Siracide 17
1Il Signore creò l'uomo dalla terra
e ad essa lo fa tornare di nuovo.
2Egli assegnò agli uomini giorni contati e un tempo
fissato,
diede loro il dominio di quanto è sulla terra.
3Secondo la sua natura li rivestì di forza,
e a sua immagine li formò.
4Egli infuse in ogni essere vivente il timore dell'uomo,
perché l'uomo dominasse sulle bestie e sugli uccelli.
5Discernimento, lingua, occhi, orecchi e cuore
diede loro perché ragionassero.
6Li riempì di dottrina e d'intelligenza,
e indicò loro anche il bene e il male.
7Pose lo sguardo nei loro cuori
per mostrar loro la grandezza delle sue opere.
8Loderanno il suo santo nome
per narrare la grandezza delle sue opere.
9Inoltre pose davanti a loro la scienza
e diede loro in eredità la legge della vita.
10Stabilì con loro un'alleanza eterna
e fece loro conoscere i suoi decreti.
11I loro occhi contemplarono la grandezza della sua
gloria,
i loro orecchi sentirono la magnificenza della sua voce.
12Disse loro: "Guardatevi da ogni ingiustizia!"
e diede a ciascuno precetti verso il prossimo.
13Le loro vie sono sempre davanti a lui,
non restano nascoste ai suoi occhi.
14Su ogni popolo mise un capo,
ma Israele è la porzione del Signore.
15Tutte le loro opere sono davanti a lui come il sole,
i suoi occhi osservano sempre la loro condotta.
16A lui non sono nascoste le loro ingiustizie,
tutti i loro peccati sono davanti al Signore.
17La beneficenza dell'uomo è per lui come un sigillo,
egli serberà la generosità come la propria pupilla.
18Alla fine si leverà e renderà loro la ricompensa,
riverserà su di loro il contraccambio.
19Ma a chi si pente egli offre il ritorno,
consola quanti vengono meno nella pazienza.
20Ritorna al Signore e cessa di peccare,
prega davanti a lui e cessa di offendere.
21Fa' ritorno all'Altissimo e volta le spalle
all'ingiustizia;
detesta interamente l'iniquità.
22Negli inferi infatti chi loderà l'Altissimo,
al posto dei viventi e di quanti gli rendono lode?
23Da un morto, che non è più, la riconoscenza si perde,
chi è vivo e sano loda il Signore.
24Quanto è grande la misericordia del Signore,
il suo perdono per quanti si convertono a lui!
25L'uomo non può avere tutto,
poiché un figlio dell'uomo non è immortale.
26Che c'è di più luminoso del sole? Anch'esso
scompare.
Così carne e sangue pensano al male.
27Esso sorveglia le schiere dell'alto cielo,
ma gli uomini sono tutti terra e cenere.
Salmi 58
1'Al maestro del coro. Su "Non distruggere".'
'Di Davide. Miktam.'
2Rendete veramente giustizia o potenti,
giudicate con rettitudine gli uomini?
3Voi tramate iniquità con il cuore,
sulla terra le vostre mani preparano violenze.
4Sono traviati gli empi fin dal seno materno,
si pervertono fin dal grembo gli operatori di menzogna.
5Sono velenosi come il serpente,
come vipera sorda che si tura le orecchie
6per non udire la voce dell'incantatore,
del mago che incanta abilmente.
7Spezzagli, o Dio, i denti nella bocca,
rompi, o Signore, le mascelle dei leoni.
8Si dissolvano come acqua che si disperde,
come erba calpestata inaridiscano.
9Passino come lumaca che si discioglie,
come aborto di donna che non vede il sole.
10Prima che le vostre caldaie sentano i pruni,
vivi li travolga il turbine.
11Il giusto godrà nel vedere la vendetta,
laverà i piedi nel sangue degli empi.
12Gli uomini diranno: "C'è un premio per il giusto,
c'è Dio che fa giustizia sulla terra!".
Isaia 37
1Quando udì, il re Ezechia si stracciò le vesti, si ricoprì di sacco e andò nel tempio del Signore.2Quindi mandò Eliakìm il maggiordomo, Sebnà lo scrivano e gli anziani dei sacerdoti ricoperti di sacco dal profeta Isaia figlio di Amoz,3perché gli dicessero: "Così dice Ezechia: Giorno di angoscia, di castigo e di vergogna è questo, perché i figli sono arrivati fino al punto di nascere, ma manca la forza per partorire.4Spero che il Signore tuo Dio, udite le parole del gran coppiere che il re di Assiria suo signore ha mandato per insultare il Dio vivente lo voglia castigare per le parole che il Signore tuo Dio ha udito. Innalza ora una preghiera per quel resto che ancora rimane in vita".
5Così andarono i ministri del re Ezechia da Isaia.6Disse loro Isaia: "Riferite al vostro padrone: Dice il Signore: Non temere per le parole che hai udite e con le quali i ministri del re di Assiria mi hanno ingiuriato.7Ecco io infonderò in lui uno spirito tale che egli, appena udrà una notizia, ritornerà nel suo paese e nel suo paese io lo farò cadere di spada".
8Ritornato il gran coppiere, trovò il re di Assiria che assaliva Libna. Egli, infatti, aveva udito che si era allontanato da Lachis.
9Appena Sennàcherib sentì dire riguardo a Tiràka, re di Etiopia: "È uscito per muoverti guerra"; inviò di nuovo messaggeri a Ezechia per dirgli:10"Direte così a Ezechia, re di Giuda: Non ti illuda il tuo Dio, in cui confidi, dicendoti: Gerusalemme non sarà consegnata nelle mani del re di Assiria;11ecco tu sai quanto hanno fatto i re di Assiria in tutti i paesi che hanno votato alla distruzione; soltanto tu ti salveresti?12Gli dèi delle nazioni che i miei padri hanno devastate hanno forse salvato quelli di Gozan, di Carran, di Rezef e la gente di Eden in Telassàr?13Dove sono il re di Amat e il re di Arpad e il re della città di Sefarvàim, di Enà e di Ivvà?".
14Ezechia prese la lettera dalla mano dei messaggeri, la lesse, quindi salì al tempio del Signore. Ezechia, spiegato lo scritto davanti al Signore,15lo pregò:16"Signore degli eserciti, Dio di Israele, che siedi sui cherubini, tu solo sei Dio per tutti i regni della terra; tu hai fatto i cieli e la terra.17Porgi, Signore, l'orecchio e ascolta; apri, Signore, gli occhi e guarda; ascolta tutte le parole che Sennàcherib ha mandato a dire per insultare il Dio vivente.18È vero, Signore, i re di Assiria hanno devastato tutte le nazioni e i loro territori;19hanno gettato i loro dèi nel fuoco; quelli però non erano dèi, ma solo lavoro delle mani d'uomo, legno e pietra; perciò li hanno distrutti.20Ma ora, Signore nostro Dio, liberaci dalla sua mano perché sappiano tutti i regni della terra che tu sei il Signore, il solo Dio".
21Allora Isaia, figlio di Amoz mandò a dire a Ezechia: "Così dice il Signore, Dio di Israele: Ho udito quanto hai chiesto nella tua preghiera riguardo a Sennàcherib re di Assiria.22Questa è la sentenza che il Signore ha pronunciato contro di lui:
Ti disprezza, ti deride
la vergine figlia di Sion.
Dietro a te scuote il capo
la figlia di Gerusalemme.
23Chi hai insultato e schernito?
Contro chi hai alzato la voce
e hai elevato, superbo, gli occhi tuoi?
Contro il Santo di Israele!
24Per mezzo dei tuoi ministri hai insultato il Signore
e hai detto: "Con la moltitudine dei miei carri
sono salito in cima ai monti,
sugli estremi gioghi del Libano,
ne ho reciso i cedri più alti,
i suoi cipressi migliori;
sono penetrato nel suo angolo più remoto,
nella sua foresta lussureggiante.
25Io ho scavato e bevuto
acque straniere,
ho fatto inaridire con la pianta dei miei piedi
tutti i torrenti dell'Egitto".
26Non l'hai forse sentito dire?
Da tempo ho preparato questo,
dai giorni antichi io l'ho progettato;
ora lo pongo in atto.
Era deciso che tu riducessi in mucchi di rovine
le fortezze;
27i loro abitanti impotenti
erano spaventati e confusi,
erano come l'erba dei campi,
come tenera verzura,
come l'erba dei tetti,
bruciata dal vento d'oriente.
28Io so quando ti alzi o ti metti a sedere,
io ti conosco sia che tu esca sia che rientri.
29Poiché tu infuri contro di me e la tua insolenza
è salita ai miei orecchi,
ti metterò il mio anello nelle narici
e il mio morso alle labbra;
ti farò tornare per la strada per cui sei venuto.
30Questo ti serva da segno:
si mangerà quest'anno ciò che nascerà dai semi caduti,
nell'anno prossimo quanto crescerà da sé,
ma nel terzo anno seminerete e mieterete,
pianterete vigne e ne mangerete il frutto.
31Ciò che scamperà della casa di Giuda
continuerà a mettere radici in basso
e a fruttificare in alto.
32Poiché da Gerusalemme uscirà un resto,
dei superstiti dal monte Sion.
Questo farà lo zelo del Signore degli eserciti.
33Pertanto dice il Signore contro il re di Assiria:
Non entrerà in questa città
né vi lancerà una freccia,
non l'affronterà con gli scudi
né innalzerà contro di essa un terrapieno.
34Ritornerà per la strada per cui è venuto;
non entrerà in questa città.
Oracolo del Signore:
35Io proteggerò questa città e la salverò,
per riguardo a me stesso e al mio servo Davide.
36Ora l'angelo del Signore scese e percosse nell'accampamento degli Assiri centottantacinquemila uomini. Quando i superstiti si alzarono al mattino, ecco erano tutti cadaveri.
37Sennàcherib re di Assiria levò le tende e partì; tornato a Ninive, rimase colà.38Ora, mentre egli era prostrato in venerazione nel tempio di Nisrok suo dio, i suoi figli Adram-Mèlech e Zarèzer lo uccisero di spada, mettendosi quindi al sicuro nel paese di Ararat.
Assarhàddon suo figlio regnò al suo posto.
Atti degli Apostoli 1
1Nel mio primo libro ho già trattato, o Teòfilo, di tutto quello che Gesù fece e insegnò dal principio2fino al giorno in cui, dopo aver dato istruzioni agli apostoli che si era scelti nello Spirito Santo, egli fu assunto in cielo.
3Egli si mostrò ad essi vivo, dopo la sua passione, con molte prove, apparendo loro per quaranta giorni e parlando del regno di Dio.4Mentre si trovava a tavola con essi, ordinò loro di non allontanarsi da Gerusalemme, ma di attendere che si adempisse la promessa del Padre "quella, disse, che voi avete udito da me:5Giovanni ha battezzato con acqua, voi invece sarete battezzati in Spirito Santo, fra non molti giorni".
6Così venutisi a trovare insieme gli domandarono: "Signore, è questo il tempo in cui ricostituirai il regno di Israele?".7Ma egli rispose: "Non spetta a voi conoscere i tempi e i momenti che il Padre ha riservato alla sua scelta,8ma avrete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi e mi sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samarìa e fino agli estremi confini della terra".
9Detto questo, fu elevato in alto sotto i loro occhi e una nube lo sottrasse al loro sguardo.10E poiché essi stavano fissando il cielo mentre egli se n'andava, ecco due uomini in bianche vesti si presentarono a loro e dissero:11"Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo? Questo Gesù, che è stato di tra voi assunto fino al cielo, tornerà un giorno allo stesso modo in cui l'avete visto andare in cielo".
12Allora ritornarono a Gerusalemme dal monte detto degli Ulivi, che è vicino a Gerusalemme quanto il cammino permesso in un sabato.13Entrati in città salirono al piano superiore dove abitavano. C'erano Pietro e Giovanni, Giacomo e Andrea, Filippo e Tommaso, Bartolomeo e Matteo, Giacomo di Alfeo e Simone lo Zelòta e Giuda di Giacomo.14Tutti questi erano assidui e concordi nella preghiera, insieme con alcune donne e con Maria, la madre di Gesù e con i fratelli di lui.
15In quei giorni Pietro si alzò in mezzo ai fratelli (il numero delle persone radunate era circa centoventi) e disse:16"Fratelli, era necessario che si adempisse ciò che nella Scrittura fu predetto dallo Spirito Santo per bocca di Davide riguardo a Giuda, che fece da guida a quelli che arrestarono Gesù.17Egli era stato del nostro numero e aveva avuto in sorte lo stesso nostro ministero.18Giuda comprò un pezzo di terra con i proventi del suo delitto e poi precipitando in avanti si squarciò in mezzo e si sparsero fuori tutte le sue viscere.19La cosa è divenuta così nota a tutti gli abitanti di Gerusalemme, che quel terreno è stato chiamato nella loro lingua Akeldamà, cioè Campo di sangue.20Infatti sta scritto nel libro dei Salmi:
'La sua dimora diventi deserta, e nessuno vi abiti, '
e:
'il suo incarico lo prenda un altro'.
21Bisogna dunque che tra coloro che ci furono compagni per tutto il tempo in cui il Signore Gesù ha vissuto in mezzo a noi,22incominciando dal battesimo di Giovanni fino al giorno in cui è stato di tra noi assunto in cielo, uno divenga, insieme a noi, testimone della sua risurrezione".
23Ne furono proposti due, Giuseppe detto Barsabba, che era soprannominato Giusto, e Mattia.24Allora essi pregarono dicendo: "Tu, Signore, che conosci il cuore di tutti, mostraci quale di questi due hai designato25a prendere il posto in questo ministero e apostolato che Giuda ha abbandonato per andarsene al posto da lui scelto".26Gettarono quindi le sorti su di loro e la sorte cadde su Mattia, che fu associato agli undici apostoli.
Capitolo X: La gratitudine per la grazia divina
Leggilo nella Biblioteca1. Perché vai cercando quiete, dal momento che sei nato per la tribolazione? Disponiti a patire, più che ad essere consolato; a portare la croce, più che a ricevere gioia. Anche tra coloro che vivono nel mondo, chi non sarebbe felice - se potesse ottenerli in ogni momento - di non avere il conforto e la letizia dello spirito, poiché le gioie spirituali superano tutti i piaceri mondani e le delizie materiali? Le delizie del mondo sono tutte vuote o poco buone; mentre le delizie spirituali, esse soltanto, sono veramente piene di gioia ed innocenti, frutto delle virtù e dono soprannaturale di Dio agli spiriti puri. In verità però nessuno può godere a suo talento di queste divine consolazione, perché il tempo della tentazione non dà lunga tregua. E poi una falsa libertà di spirito e una eccessiva fiducia in se stessi sono di grande ostacolo a questa visita dall'alto. Dio ci fa dono dandoci la consolazione della grazia; ma l'uomo risponde in modo riprovevole se non attribuisce tutto a Dio con gratitudine. E così non possono fluire su di noi i doni della grazia, perché non sentiamo gratitudine per colui dal quale essa proviene e non riportiamo tutto alla sua fonte originaria. La grazia sarà sempre dovuta a chi è giustamente grato; mentre al superbo sarà tolto quello che suole esser dato all'umile. Non voglio una consolazione che mi tolga la compunzione del cuore; non desidero una contemplazione che mi porti alla superbia. Ché non tutto ciò che è alto è santo; non tutto ciò che è soave è buono; non tutti i desideri sono puri; non tutto ciò che è caro è gradito a Dio. Invece, accolgo con gioia una grazia che mi faccia essere sempre più umile e timorato, e che mi renda più pronto a lasciare me stesso. Colui che è stato formato dal dono della grazia ed ammaestrato dalla dura sottrazione di essa, non oserà mai attribuirsi un briciolo di bene; egli riconoscerà piuttosto di essere povero e nudo.
2. Da' a Dio ciò che è di Dio, e attribuisci a te ciò che è tuo: mostrati riconoscente a Dio per la grazia, e a te attribuisci soltanto il peccato, cosciente di meritare una pena per la colpa commessa. Mettiti al posto più basso, e ti sarà dato il più alto; giacché la massima elevazione non si ha che con il massimo abbassamento. I santi più alti agli occhi di Dio sono quelli che, ai propri occhi , sono i più bassi; essi hanno una gloria tanto più grande quanto più si sono sentiti umili. Ripieni della verità e della gloria celeste, non desiderano la vana gloria di questo mondo; basati saldamente in Dio, non possono in alcun modo insuperbire. Essi, che attribuiscono a Dio tutto quel che hanno ricevuto di bene, non vanno cercando di essere esaltati l'uno dall'altro, ma vogliono invece quella gloria, che viene soltanto da Dio; aspirano e sono tutti tesi a questo: che, in loro stessi e in tutti i beati, sia lodato Iddio sopra ogni cosa. Sii dunque riconoscente anche per la più piccola cosa; così sarai degno di ricevere doni più grandi. La cosa più piccola sia per te come la più grande; quello che è più disprezzabile sia per te come un dono straordinario. Se si guarda all'altezza di colui che lo dà, nessun dono sembrerà piccolo o troppo poco apprezzabile. Non è piccolo infatti ciò che ci viene dato dal Dio eccelso. Anche se ci desse pene e tribolazioni, tutto questo deve esserci gradito, perché il Signore opera sempre per la nostra salvezza, qualunque cosa permetta che ci accada. Chi vuol conservare la grazia divina, sia riconoscente quando gli viene concessa, e sappia sopportare quando gli viene tolta; preghi perché essa ritorni, sia prudente ed umile affinché non abbia a perderla.
Discorso 204/A DISCORSO SULL'EPIFANIA
Discorsi - Sant'Agostino
Leggilo nella Biblioteca
La stella: una lingua venuta dal cielo.
1. Siccome i cieli narrano la gloria di Dio 1, una stella condusse i magi ad adorare Cristo 2. I magi furono la primizia dei popoli pagani; ed oggi essi vi esortano a fare ciò che fecero loro stessi. In questo giorno Cristo ricevette dei doni 3: voi mettete la mano nelle vostre borse e tiratene fuori quel che torna gradito a Cristo, il quale ha voluto rendersi bisognoso nella persona dei suoi poveri. Per lui infatti, che non può essere contenuto dall'intero universo, non ci fu posto nell'albergo 4 e, come sapete, fu adagiato in una mangiatoia 5. Lo cercavano per adorarlo, individuato che ne fu il luogo, egli si occultava. Vennero interrogati i giudei sulla località in cui sarebbe dovuto nascere il Cristo 6, ed essi risposero: A Betlemme 7. Mostrano dove bisogna andare ma non ci vanno: come le pietre miliari, che mostrano la via ma son fisse al suolo. Appare la stella, che, quasi fosse una lingua venuta dal cielo, guida i magi e mostra loro il luogo 8 [cercato]. Essi non Lo guardano sprezzanti nella sua forma infantile, ma, sebbene piccolo, Lo adorano comprendendone la grandezza. Il Verbo di Dio ricevette i doni. Essendo ancora bambino, egli taceva, ma era già celebrato nel messaggio degli angeli. Allora taceva, ma poi si sarebbe riempita di lui la predicazione evangelica.
Il silenzio di Cristo bambino è la nostra voce.
2. Infatti anche in seguito i cieli avrebbero narrato la sua gloria 9: quei cieli che sono gli apostoli, con i fulmini dei loro miracoli e i tuoni dei loro precetti. Di loro infatti era stato detto: Per tutta la terra si è diffuso il loro rimbombo e sino ai confini della terra le loro parole 10. Come sarebbero potute celarsi a noi le parole che raggiunsero gli estremi confini della terra? Esse vennero a noi, ci trovarono e ci cambiarono. La debolezza di Cristo è la nostra forza, il silenzio di Cristo è la nostra voce, la povertà di Cristo è la nostra ricchezza, come più tardi la morte di Cristo sarebbe stata la nostra vita. Giaceva nella mangiatoia il pane disceso dal cielo 11. Voi, giumenti del Signore, se avete fame accostatevi: portatelo nel vostro cuore e sarete suoi giumenti. Lasciate che egli sieda su di voi, che egli sia vostro nutrimento. Voi infatti sapete che egli sedette in groppa ad un asino e guidò l'asino a Gerusalemme 12. Mettetevi sulle spalle il Signore: egli sa dove condurvi. Camminate tranquilli! Con un guidatore di tale sorta non andrete fuori strada: egli è la via che conduce alla Gerusalemme celeste. Avete la fede: camminate in essa perché, portando Cristo, possiate raggiungere la felicità eterna.
1 - Cf. Sal 18, 2.
2 - Cf. Mt 2, 1-2.
3 - Cf. Mt 2, 11.
4 - Cf. Lc 2, 7.
5 - Cf. Lc 2, 7.
6 - Cf. Mt 2, 2.
7 - Mt 2, 5.
8 - Cf. Mt 2, 9.
9 - Cf. Sal 18, 2.
10 - Sal 18, 5.
11 - Cf. Gv 6, 41.
12 - Cf. Mt 21, 7.
Capitolo 3 - Gesù condotto da Pilato
La Passione di Gesù - Anna Caterina Emmerick
Leggilo nella Biblioteca
«Condussero allora Gesù dalla casa di Caifa al pretorio» (Giovanni 18,28).
Vidi Gesù trascinato con le funi: il suo viso era gonfio e contuso. Egli appariva sfigurato dalle percosse e dagli oltraggi della notte, indossava soltanto la tunica inconsutile, insudiciata di sputi e macchiata di sangue. La plebaglia affluiva da ogni parte e seguiva il corteo lanciando grida e invettive contro il Galileo. Nel vederlo in quelle condizioni, sanguinante e pieno di lividi, molti amici esclusero Gesù dal loro cuore, la loro fede si affievolì e si ritirarono scoraggiati, mentre i più superficiali si unirono alla marmaglia. Essi non riuscivano a persuadersi che il Signore, così barcollante e malandato, potesse essere il Re, il Profeta, il promesso Messia e il Figlio di Dio.
I farisei dicevano a quelli che osservavano dubbiosi:
«Vedete il vostro re? Riveritelo!».
Dopo una breve visita notturna al tribunale di Caifa, la Madonna era rimasta nel cenacolo immersa nel suo muto dolore, in costante unione spirituale con Gesù. Quando il Signore fu fatto uscire dalla prigione per essere condotto nuovamente davanti ai giudici, ella si alzò per andare a vedere personalmente il suo Figlio diletto. La Vergine mise il velo e il manto, mentre diceva a Maria Maddalena e a Giovanni:
«Seguiamo mio Figlio fino al palazzo di Pilato, lo voglio rivedere!».
I tre uscirono e percorsero un sentiero obliquo, quindi aspettarono il corteo in un luogo dove sapevano che sarebbe passato.
Vidi la santa Madre nascosta dietro l'angolo di un edificio, e con lei c'erano Giovanni e Maria Maddalena. Essi attendevano il passaggio dell'infame corteo. Maria santissima aveva impresse nel cuore le sofferenze del Figlio divino, tuttavia anche i suoi occhi interiori non potevano immaginare come la cattiveria degli uomini lo avesse sfigurato.
Vidi la miserabile processione sfiorare la Madre: prima i diabolici principi dei sacerdoti, poi gli accusatori, gli scribi e i farisei, infine Gesù, seguito dalla plebaglia agitata che gli urlava contro ingiurie e maledizioni.
Alla vista del suo diletto Figlio, così orribilmente sfigurato, ella esclamò tra le lacrime:
«Questo è mio Figlio! Come hanno ridotto il mio Gesù!».
Il Signore la guardò commosso e la Vergine santa si sentì mancare; Giovanni e Maria Maddalena la condussero subito via.
Davanti a Pilato
Ma egli non rispose neppure una parola, sicché il procuratore se ne meravigliò assai» (Matteo 27,14).
Riavutasi da quell'orrendo spettacolo, la Vergine si fece condurre da Giovanni e da Maria Maddalena al palazzo di Pilato.
Questo edificio è situato in una posizione sopraelevata e vi si accede salendo per una gradinata di marmo. Esso domina un ampio piazzale circondato da portici, sotto i quali ci sono i mercati. Il palazzo è circondato da un grande muro di cinta interrotto dal “foro”, ossia quattro ingressi disposti secondo i punti cardinali, presidiati da un consistente corpo di guardia. Il palazzo di Pilato è congiunto dal lato nord con il foro e dal lato sud con il pretorio, dove Pilato pronunciava i suoi giudizi.
Di fronte alla colonna della flagellazione, presso il corpo di guardia, si eleva una loggia chiamata “Gabbata” una sorta di tribunale all'aperto, elevato e cilindrico, con i sedili di pietra, dove Pilato emanava i giudizi più solenni; vi si accede per mezzo di alcuni scalini.
Invece la scalinata di marmo, che sale al palazzo del pro curatore, conduce a una terrazza scoperta dalla quale Pilato parlava con gli accusatori, i quali sedevano su alcune panche di pietra all'entrata del foro.
Non lontano dal corpo di guardia e dalla colonna della flagellazione si trovano le prigioni sotterranee in cui erano stati rinchiusi due ladroni.
Dietro al palazzo del procuratore ci sono altre terrazze con chioschi e giardini che conducono alla dimora di Claudia Procla, moglie di Pilato.
Erano circa le sei del mattino, secondo il nostro modo di calcolare il tempo, quando il triste corteo raggiunse il palazzo di Pilato. Sfigurato orribilmente dai maltrattamenti, Gesù fu condotto fin sotto la scala del procuratore, mentre i sinedriti si erano disposti davanti al pretorio senza varcarne la soglia per non contaminarsi. La striscia che essi non dovevano oltrepassare era tracciata sul selciato del cortile. Pilato stava sopra la grande terrazza sporgente, disteso su una lettiga; davanti a sé aveva una piccola tavola a tre pie di sulla quale erano collocate le insegne del suo rango.
Accanto a lui c'erano ufficiali e soldati con i fregi e le insegne del potere romano.
Quando Pilato vide arrivare Gesù in mezzo a un gran de tumulto, si alzò e parlò con un'aria sprezzante:
«Perché venite così presto? Come mai avete ridotto quest'uomo in così miserabili condizioni? Cominciate di buon'ora a percuotere e scorticare le vostre vittime!», e indicò Gesù in mezzo a loro.
I Giudei, senza rispondere, urlarono agli sgherri:
«Avanti, conducetelo al tribunale!».
Poi si rivolsero a Pilato:
«Ascolta le nostre accuse contro questo malfattore. Noi non possiamo entrare nel tuo tribunale, perché secondo la nostra legge ci renderemmo impuri».
Solo gli sgherri salirono i gradini di marmo trascinando Gesù sulla grande terrazza sporgente.
Pilato aveva spesso sentito parlare di Gesù di Nazaret, “il Galileo”. Ora, nel vederlo così sfigurato e maltrattato, sentì aumentare il suo disgusto per i sacerdoti del tempio. Con tono imperioso e sprezzante il procuratore romano chiese loro:
«Di che cosa accusate quest'uomo?».
«Se non fosse un malfattore non te l'avremmo condotto»,risposero irritati.
«E meglio che lo giudichiate secondo le vostre leggi», replicò Pilato.
«Tu sai che abbiamo pesanti limitazioni riguardo alla pena capitale», risposero i sacerdoti con voce ansiosa, per ché volevano uccidere Gesù prima della festa solenne.
Pilato dimostrò di non essere disposto a condannare Gesù senza prove e intimò loro di produrre i capi d'accusa. Essi ne presentarono tre, per ognuno dei quali erano pronti a deporre dieci testimoni. I sinedriti volevano persuadere a tutti i costi Pilato che Gesù era reo innanzi tutto contro l'imperatore, in modo che fosse condannato dal procuratore romano.
Essi presentarono Gesù di Nazaret come agitatore delle masse, colpevole di avere turbato l'ordine pubblico; aggiunsero che egli violava il sabato perché operava guarigioni in quel giorno sacro. A questo punto furono interrotti da Pilato:
«A quanto sembra, voi non siete malati, diversamente le sue guarigioni non vi avrebbero scandalizzati».
Senza badare all'ironia del procuratore romano i sinedriti continuarono:
«Attira il popolo con insegnamenti orrendi, dice che per ottenere la vita eterna bisogna mangiare la sua carne e bere il suo sangue».
Rendendosi conto dell'accanimento col quale essi presentavano le accuse, Pilato, sorridendo ai suoi ufficiali, disse ai Giudei:
«Sembra che anche voi seguiate la sua dottrina, perché avete fretta di mangiare la sua carne e di bere il suo sangue!».
Imperturbati, essi passarono al secondo capo d'accusa. Dissero che il Nazareno sobillava il popolo a non pagare il tributo all'imperatore. Nell'udire queste parole Pilato ebbe un moto di collera e li interruppe con tono tagliente:
«Questa è una grande menzogna perché io l'avrei saputo prima di voi!».
E, senza reagire, i Giudei mossero contro Gesù la terza accusa:
«Comunque sia, quest'uomo di bassa origine ha formato un grande partito e ha profetato la caduta di Gerusalemme. Inoltre diffonde tra il popolo parabole a doppio senso circa un re che prepara le nozze di suo figlio. Costui ha radunato sopra una montagna una moltitudine di gente che lo ha proclamato re.
Ma il Galileo ha trovato che il tempo non era ancora maturo per quest'evento e si è tenuto nascosto, uscendo fuori solo recentemente per assumere la dignità regale. Infatti è stato accolto trionfalmente dalla folla osannante di Gerusalemme che lo acclamava: “Figlio di Davide! Bene detto sia il regno del nostro padre Davide!”. Si è fatto chiamare Cristo, re dei Giudei, l'unto del Signore, il re promesso agli Ebrei!».
Su queste ultime parole, confermate da dieci testimoni, Pilato apparve molto pensoso; passò nell'ultima sala del tribunale e ordinò alle guardie di portargli Gesù per interrogarlo.
Pilato era un pagano superstizioso e alquanto superficiale, facile a turbarsi. Aveva sentito parlare vagamente dei «figli degli dèi romani»; non ignorava neppure che i profeti dell'antichità giudaica avevano preannunciato «l'Unto del Signore», il Messia promesso ai Giudei.
Sapeva inoltre che dall'Oriente erano venuti alcuni re a visitare il vecchio Erode, il quale aveva fatto massacrare molti lattanti. Pilato non credeva che Gesù, caduto in tali compassionevoli condizioni, potesse essere il re della promessa, ma lo volle interrogare ugualmente perché era accusato di voler usurpare i diritti dell'imperatore.
Quando Gesù gli fu dinanzi, Pilato, dopo averlo scrutato con stupore, gli chiese:
«Sei dunque il re dei Giudei? ».
Gesù gli disse:
«Mi chiedi questo spontaneamente o altri ti hanno parlato di me?».
«Sono io forse un ebreo per interessarmi di simili miserie? Il tuo popolo ti ha consegnato a me perché io ti con danni a morte. Dimmi: che cosa hai fatto?», gli chiese Pilato in tono sprezzante.
L'interrogato rispose:
«Sì, sono re, come tu dici. Sono nato e venuto in questo mondo per rendere testimonianza alla Verità. Chiunque è dalla Verità ascolta la mia voce».
Pilato, alzandosi, lo guardò e disse:
«Cos'è mai la verità?».
Egli aveva ormai compreso che Gesù non poteva danneggiare l'imperatore romano. Fece ritorno sulla terrazza e sentenziò, rivolto ai sinedriti:
«Non trovo alcuna colpa in quest'uomo!».
I nemici di Gesù reagirono scagliando contro di lui un mare di accuse e d'improperi. Siccome il Salvatore restava silenzioso e orante, Pilato gli disse:
«Non hai nulla da obiettare a queste accuse?».
Gesù non proferì parola.
Il procuratore romano aggiunse:
«Costoro inventano menzogne contro di te!».
Intanto gli accusatori gli continuavano a gridare furiosi:
«Non trovi colpa in un miserabile che ha sollevato la popolazione dalla Galilea fino qui?».
Udendo nominare la Galilea, Pilato domandò:
«Ma quest'uomo è Galileo, quindi suddito di Erode?».
«Sì!», risposero i sinedriti. «La sua residenza attuale è a Cafarnao e i suoi genitori hanno avuto dimora a Nazaret».
«Se è suddito di Erode, conducetelo dinanzi a lui. Egli è qui per la festa e potrà giudicarlo».
Detto questo, Pilato inviò un messo a Erode e fece condurre Gesù fuori del tribunale. Così fu felice d'aver evitato il giudizio su Gesù, perché questo compito gli era assai increscioso.
Inoltre Pilato desiderava mostrarsi gentile con Erode, con il quale era in urto per motivi politici. Il procuratore romano sapeva che il tetrarca era molto curioso di vedere Gesù.
Furiosi per l'affronto subito di fronte al popolo, i sinedriti fecero ricadere tutta la loro collera sul Redento re. Lo fecero frustare selvaggiamente e, coprendolo di insulti, lo trascinarono da Erode. Attraversando la folla che gremiva le vie di Gerusalemme giunsero alla reggia del tetrarca.
Origine della Via Crucis
La santa Vergine, Giovanni e Maria Maddalena avevano assistito con angoscia a quanto si era svolto nel pretorio. Essi erano rimasti nascosti e avevano udito le ingiurie pronunciate dai sinedriti.
Mentre Gesù veniva condotto da Erode, Giovanni fece percorrere alla Vergine e a Maria Maddalena la Via Crucis. Dal palazzo di Caifa a quello di Anna, fino al monte degli Ulivi e al Getsemani, essi unirono le loro sofferenze a quelle del Signore, venerando i luoghi dove egli era caduto e aveva sofferto in modo atroce. Maria santissima si prostrava spesso al suolo baciando la terra santificata dalle cadute e dal sangue del Figlio.
Con gli occhi pieni di lacrime, Giovanni cercava di con solare Maria Maddalena e l'addolorata Vergine.
Questa fu l'origine della Via Crucis, la dolorosa con templazione della passione di Gesù.
Pilato e il sogno della moglie Claudia Procla
«Ora, mentre egli sedeva in tribunale, sua moglie gli mandò a dire: “Non t'impicciare nelle cose di quel giusto, perché oggi ho molto sofferto in sogno a motivo di lui”» (Matteo 27,19).
Claudia Procla, la moglie del procuratore romano, osservava da una galleria segreta il corteo che conduceva Gesù da Erode. Profondamente turbata, inviò un domestico da Pilato perché desiderava parlargli.
Claudia era una donna di bell'aspetto, portava sul capo un velo che le scendeva sul dorso e un diadema fermava la sua folta capigliatura. Sul petto aveva un fermaglio prezioso che manteneva la lunga veste ad ampie pieghe.
La vidi parlare a lungo col suo sposo. Gli raccontò le meravigliose visioni che aveva avuto in sogno riguardo al Figlio di Dio. Era pallida in volto e scongiurò Pilato di non fare del male a Gesù.
Mentre Claudia raccontava a Pilato i sogni avuti quella notte, la maggior parte di essi passò davanti alla mia vista interiore.
La consorte di Pilato aveva visto i principali episodi della vita del Signore e aveva sofferto tutta la notte. Aveva appreso molte verità penose, come il massacro degli innocenti, la profezia di Simeone, la passione di nostro Signore e i dolori della sua santa Madre.
I nemici di Gesù si erano manifestati nel sogno visionario di Claudia sotto forme mostruose.
La donna stava vedendo molti miracoli e verità meravigliose, quando improvvisamente fu risvegliata dal rumore del corteo che conduceva Gesù attraverso il foro.
Nel vedere il Signore così sfigurato e maltrattato, il suo cuore ne fu assai sconvolto e mandò a chiamare Pilato.
Dopo aver ascoltato attentamente il racconto e la supplica della sua sposa, che si era espressa con tanta tenerezza, egli la rassicurò:
«Non ho trovato colpa in quest'uomo, perciò non emetterò nessuna condanna nei suoi confronti; ho riconosciuto la sua innocenza e la malizia degli Ebrei»
Come pegno della sua solenne promessa Pilato le diede un anello. Così si separarono.
Il procuratore romano era un uomo corrotto e superbo, capace di ricorrere a qualsiasi bassezza pur di ottenere i suoi vantaggi, ma allo stesso tempo era molto superstizioso.
La sua concezione religiosa era molto confusa; egli offriva segretamente l'incenso ai suoi dèi per invocarne l'aiuto. Temeva che essi si vendicassero di lui se avesse riconosciuto l'innocenza di Gesù, nella quale egli tuttavia credeva. Le meravigliose visioni narrate da sua moglie lo convinsero a liberare il Galileo. Il corpo di guardia del pretorio fu messo in allarme e tutti i luoghi importanti di Gerusalemme furono fatti presidiare dai soldati romani.
Gesù davanti a Erode Antipa
«Erode, insieme con le sue guardie, lo trattò con disprezzo e si prese gioco di lui...» (Luca 23,11).
Il palazzo di Erode Antipa si innalza nella parte nuova della città, non lontano dal pretorio. Vidi alcuni soldati romani che scortavano il corteo dei Giudei con Gesù prigioniero.
Il popolo, intanto, istigato dai farisei, affluiva nella zona del mercato, affollando i paraggi della reggia di Erode.
Il tetrarca, avvertito dal messo di Pilato, aspettava il Galileo nella sala più sontuosa; lo vidi assiso su una specie di trono fatto di cuscini, circondato dalla corte e da alcune guardie armate.
Erode si sentiva molto lusingato per il fatto che Pilato gli avesse riconosciuto il diritto di giudicare un suo suddito alla presenza dei sacerdoti del tempio.
Gesù giunse da Erode completamente sfigurato, con la faccia sanguinante e la veste macchiata di sangue. Il tetrarca, assalito da un moto di pietà mista a ribrezzo, disse ai sacerdoti:
«Come vi permettete di portarmelo in queste condizioni? Prima lavatelo e pulitelo!».
Allora gli sgherri lavarono Gesù nell'atrio senza cessare di tormentano, al punto di sfregargli un panno ruvido sul volto ferito. Erode rimproverò aspramente i sacerdoti per la loro crudeltà, ma fece questo solo perché voleva imitare Pilato.
Appena finirono di lavarlo, le guardie riportarono Gesù davanti a Erode Antipa. Il quale dimostrò molta benevolenza verso il Galileo, addirittura gli fece portare un calice di vino per farlo ristorare; ma Gesù non bevve, restò silenzioso e fermo come una statua.
Erode invece parlò molto, rivolgendo parole elevate e cortesi al Signore e facendogli una serie di domande. Gesù non pronunciò parola e tenne lo sguardo fisso a terra.
Senza lasciar trapelare la sua ira e il suo disappunto per l'atteggiamento di Gesù, l'Antipa continuò con le domande e le lusinghe, invitandolo a fare un miracolo alla sua presenza:
«E vero che sei il Figlio di Dio... o chi sei veramente? Perché taci? Mi hanno parlato molto dei tuoi discorsi, dei miracoli e delle prodigiose guarigioni che riesci a produrre. Vuoi mostrarmi qualcosa? Tu sai che io posso farti li berare»
Vedendo che Gesù restava impassibile, egli riprese le sue domande con maggior vigore:
«Ho saputo di te cose meravigliose: hai reso la vista ai ciechi nati, hai sfamato migliaia di persone con pochi pani, hai ridestato Lazzaro dalla morte. Perché adesso non possiedi più questo potere? Sei tu colui che sei sfuggito al la morte che fu data a numerosi bambini sotto il regno di mio padre? Mi rammento che alcuni re dell'Oriente erano venuti da mio padre per vedere un neonato re degli Ebrei; il neonato di cui parlo eri tu? Oppure vuoi utilizzare quest'episodio per diventare re?».
Poiché il Signore continuava a non degnare di uno sguardo quell'adultero incestuoso, assassino di Giovanni Battista, Erode sentenziò con voce grave:
«Non vedo in te niente di regale, vedo solo un pazzo!». I sinedriti, approfittando del disgusto del tetrarca provocato dal silenzio di Gesù, rinforzarono le loro accuse. Essi adoperarono gli argomenti più convincenti per fare in modo che Erode intravedesse il suo trono in pericolo se Gesù fosse stato rimesso in libertà.
Ciò nonostante, il tetrarca non era disposto a condannare il Redentore per una serie di motivi: innanzi tutto per ché davanti al Signore provava un intimo terrore e il rimorso per aver fatto uccidere Giovanni; inoltre disprezzava i capi dei sacerdoti, i quali l'avevano allontanato dai sacrifici a causa del suo adulterio; infine, non voleva fare un affronto a Pilato che aveva dichiarato Gesù innocente.
Umiliato però dal persistente silenzio di Gesù, lo consegnò ai servi e alle guardie della sua reggia, che erano più di duecento, dando loro quest'ordine:
«Rendete a questo re da strapazzo gli onori che si merita!».
Il Salvatore venne trascinato in un grande cortile e colà fu vittima di nuovi e crudelissimi oltraggi, mentre Erode si godeva il supplizio da una terrazza di marmo.
Intanto Anna e Caifa tentavano con ogni mezzo di con vincere il tetrarca a condannare Gesù a morte, ma egli disse loro:
«Condannarlo sarebbe da parte mia un delitto contro il giudizio di Pilato, che ebbe la cortesia di mandarlo a me!».
Vedendo che questi era deciso a non condannare Gesù, i sacerdoti incaricarono i farisei di sollevare il popolo contro il Galileo. Alcuni dei più acerrimi nemici del Signore, temendo che Pilato lo rimettesse in libertà, distribuirono denaro ai servi di Erode affinché lo maltrattassero fino a provocargli la morte.
Vidi Gesù martoriato dai duecento servi di Erode. Gli misero un gran sacco bianco come mantello e lo percossero a più non posso, lo tiravano come per farlo ballare, poi lo gettavano a terra trascinandolo per il cortile. Il suo sacro capo sbatté più volte contro le colonne di marmo. Lo rialzavano e ricominciavano a martoriarlo, sputandogli addosso e coprendolo d'insulti.
I servi, prezzolati dai nemici di Gesù, gli assestavano colpi sul sacratissimo capo. Il Signore li guardava con compassione, mentre sospirava per i dolori atroci; i suoi gemiti strazianti suscitavano le risate deliranti dei suoi torturatori; nessuno sentiva pietà di lui.
Completamente insanguinato, Gesù cadde tre volte sotto i feroci colpi di bastone. Vidi gli angeli che gli ungevano il sacratissimo capo, piangevano ed erano molto addolorati. Mi fu rivelato che senza la loro celeste assistenza il Redentore sarebbe certamente morto.
Dopo quest'orrenda infamia, Erode Antipa rinviò Gesù da Pilato.
Gesù ricondotto da Pilato
«Barabba era stato messo in carcere per una sommossa scoppiata in città e per omicidio» (Luca 23,19).
Così ridotto, ancora coperto con il sacco bianco di cotone, Gesù fu riportato a Pilato.
I sacerdoti erano furiosi perché neanche Erode aveva voluto condannarlo.
Pieni di rabbia, perché costretti a ripresentarsi davanti al procuratore romano, essi tormentarono Gesù in tutti i modi.
Per mostrano in quello stato ignominioso, gli fecero per correre un cammino due volte più lungo del normale. I sommi sacerdoti fecero questo anche per lasciar tempo ai farisei di sobillare la popolazione contro Gesù.
Per via gli aguzzini non cessarono un solo istante di torturare il Redentore. Egli cadde più volte e fu fatto rialzare a furia di pugni, calci e bastonate, mentre il popolo, facendosi sempre più numeroso al suo passaggio, l'oltraggiava senza fine.
Stremato e deriso dalla marmaglia istigata dai farisei, Gesù pregò il Padre di non farlo morire prima del tempo.
Alle otto e un quarto il corteo, attraversando il foro, giunse davanti all'ingresso orientale del palazzo di Pilato. Il procuratore romano era stato preavvertito da un messo di Erode sull'esito del giudizio. Nel suo messaggio a Pilato, l'Antipa gli esternava la sua gratitudine e lo pregava di riprendersi il Galileo, avendo visto in lui solo un pazzo muto ma nessuna colpa. Il procuratore fu molto contento di apprendere che Erode era stato del suo stesso parere e non aveva condannato Gesù; allora gli inviò i suoi complimenti e i due divennero nuovamente amici.
Vedendo il popolo in tumulto, scatenato dai farisei, Pilato aveva mobilitato circa mille soldati provenienti dalle province italiche. Essi occupavano il pretorio, il corpo di guardia, gli ingressi del foro e quelli del suo palazzo.
La santa Vergine, Maria Maddalena e circa venti discepole si erano messe in un luogo appartato da dove potevano vedere e udire ogni cosa. Giovanni era con loro.
Gli sgherri spinsero Gesù sulla gradinata che conduce alla terrazza di Pilato, il quale l'attendeva con i suoi ufficiali. A causa delle spinte grossolane dei suoi aguzzini, il Signore incespicò nella veste di cui era stato ricoperto e cadde sui gradini di marmo bianco, macchiandoli col suo sangue. La plebaglia rise della sua caduta, ridacchiarono pure i suoi aguzzini, i quali lo fecero rialzare a calci e lo costrinsero a salire fino alla sommità della gradinata.
Il procuratore romano si alzò dalla sua lettiga, avanzò sulla terrazza e disse con voce ferma:
«Mi avete presentato quest'uomo come un agitatore di popolo, ma io, dopo averlo interrogato alla vostra presenza, non ho trovato in lui nessuna colpa. Nemmeno Erode lo ha trovato colpevole, poiché non ne avete ottenuto la sentenza di morte. Lo farò flagellare e poi lo libererò».
Contro questa decisione di Pilato si levò un possente mormorio di protesta. Il procuratore accolse con grande disprezzo quelle rimostranze del popolo sobillato.
Manipolata dagli agitatori, prezzolati dai farisei, la folla chiese che fosse liberato un prigioniero in occasione del la festa solenne. Per indurre la massa a sollecitare la libe razione di Gesù, Pilato fece comparire accanto al Salvatore un bandito della peggiore specie.
«E consuetudine che io, per la Pasqua, vi liberi un prigioniero. Chi volete che vi liberi: Barabba o Gesù, il re dei Giudei, colui che dice di essere l'unto del Signore?».
A questa domanda del procuratore, dopo una prima esitazione, la folla gridò in coro:
«Barabba! ».
I farisei, guidati dai sacerdoti e dai sinedriti, si agitava no tra la moltitudine distribuendo denaro e incitandola contro Gesù.
In disparte dalla folla, sotto un porticato, vidi la Vergine Maria, Maria Maddalena e le altre pie donne profondamente afflitte dal dolore. Giovanni andava in giro per il foro con la speranza di raccogliere qualche buona notizia, poiché correva voce che Pilato volesse liberare Gesù. Ben ché la Vergine santa sapesse che l'unico mezzo di salvezza per gli uomini era la morte del Figlio, il suo cuore materno anelava a strappano dal supplizio. E come Gesù, fattosi uomo, soffriva le pene di un qualsiasi innocente torturato e inviato a morte, così Maria pativa il tormento di una madre che vede il proprio figlio sfigurato dal popolo ingrato e crudele. Questa Madre soffriva in modo indicibile e supplicava Dio con le stesse parole pronunciate da Gesù nell'orto degli Ulivi: «Se è possibile, si allontani da me questo calice».
Intanto Pilato era stato chiamato da un servo di Claudia Procla, la quale gli aveva rinviato l'anello da lui donato per rammentargli la promessa.
Dopo aver restituito il pegno alla sua consorte per assicurarla che avrebbe mantenuto la promessa, il procuratore ritornò sui loggione e ripeté:
«Insomma, chi volete che vi liberi: Barabba o Gesù?».
Con profondo stupore, egli udì un grido unanime:
«Noi vogliamo libero Barabba! ».
Dsse ancora:
«Cosa debbo fare di Gesù, chiamato il Cristo, il re dei Giudei?».
Un coro tumultuoso si levò in alto:
«Sia crocifisso! Sia crocifisso! ».
«Ma che cosa ha dunque fatto di male? Non vedo nulla in lui che meriti la morte; per questo lo farò flagellare e poi lo rimetterò in libertà».
A queste parole echeggiò un grido simile a un tuono:
«Crocifiggilo! Crocifiggilo! ».
Così Pilato liberò il malfattore Barabba e fece flagellare Gesù.
11-111 Novembre 13, 1915 Necessità di Gesù di comunicarsi a Sé stesso prima di comunicarsi agli altri. Come deve offrire l’anima la Comunione.
Luisa Piccarreta (Libro di Cielo)
(1) Dopo fatta la Santa Comunione, pensavo tra me: “Come dovrei offrirla per compiacere a Gesù? ” E Lui sempre benigno mi ha detto:
(2) “Figlia mia, se vuoi darmi piacere, offrila come l’offrì la mia stessa Umanità. Io, prima di comunicare gli altri comunicai Me stesso, e volli fare questo per dare al Padre la gloria completa di tutte le comunioni delle creature, per racchiudere in Me tutte le riparazioni di tutti i sacrilegi, di tutte le offese che doveva ricevere nel Sacramento. La mia Umanità racchiudendo la Volontà Divina, racchiudeva tutte le riparazioni di tutti i tempi, e ricevendo Me stesso, ricevevo Me stesso degnamente. E siccome tutte le opere delle creature furono divinizzate dalla mia Umanità, così volli suggellare con la mia comunione, le comunioni delle creature; altrimenti, come poteva la creatura ricevere un Dio? Fu la mia Umanità che aprì questa porta alle creature, e le meritò di ricevere Me stesso. Ora tu figlia mia, falla nella mia Volontà, uniscila alla mia Umanità, così racchiuderai tutto ed Io troverò in te le riparazioni di tutti, il compenso di tutto, ed il mio compiacimento, anzi troverò un’altra volta Me stesso in te”.