Sotto il Tuo Manto

Giovedi, 5 giugno 2025 - San Bonifacio (Letture di oggi)

Non si può amare Dio senza testimoniarglielo con le nostre opere. (Santo Curato d'Ars (San Giovanni Maria Vianney))

Liturgia delle Ore - Letture

Domenica dell'Ottava di Pasqua (Pasqua del Signore)

Questa sezione contiene delle letture scelte a caso, provenienti dalle varie sezioni del sito (Sacra Bibbia e la sezione Biblioteca Cristiana), mentre l'ultimo tab Apparizioni, contiene messaggi di apparizioni a mistici o loro scritti. Sono presenti testi della Valtorta, Luisa Piccarreta, don Stefano Gobbi e testimonianze di apparizioni mariane riconosciute.

Vangelo secondo Matteo 12

1In quel tempo Gesù passò tra le messi in giorno di sabato, e i suoi discepoli ebbero fame e cominciarono a cogliere spighe e le mangiavano.2Ciò vedendo, i farisei gli dissero: "Ecco, i tuoi discepoli stanno facendo quello che non è lecito fare in giorno di sabato".3Ed egli rispose: "Non avete letto quello che fece Davide quando ebbe fame insieme ai suoi compagni?4Come entrò nella casa di Dio e mangiarono i pani dell'offerta, che non era lecito mangiare né a lui né ai suoi compagni, ma solo ai sacerdoti?5O non avete letto nella Legge che nei giorni di sabato i sacerdoti nel tempio infrangono il sabato e tuttavia sono senza colpa?6Ora io vi dico che qui c'è qualcosa più grande del tempio.7Se aveste compreso che cosa significa: 'Misericordia io voglio e non sacrificio', non avreste condannato individui senza colpa.8Perché il Figlio dell'uomo è signore del sabato".

9Allontanatosi di là, andò nella loro sinagoga.10Ed ecco, c'era un uomo che aveva una mano inaridita, ed essi chiesero a Gesù: "È permesso curare di sabato?". Dicevano ciò per accusarlo.11Ed egli disse loro: "Chi tra voi, avendo una pecora, se questa gli cade di sabato in una fossa, non l'afferra e la tira fuori?12Ora, quanto è più prezioso un uomo di una pecora! Perciò è permesso fare del bene anche di sabato".13E rivolto all'uomo, gli disse: "Stendi la mano". Egli la stese, e quella ritornò sana come l'altra.14I farisei però, usciti, tennero consiglio contro di lui per toglierlo di mezzo.

15Ma Gesù, saputolo, si allontanò di là. Molti lo seguirono ed egli guarì tutti,16ordinando loro di non divulgarlo,17perché si adempisse ciò che era stato detto dal profeta Isaia:

18'Ecco il mio servo che io ho scelto;
il mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto.
Porrò il mio spirito sopra di lui
e annunzierà la giustizia alle genti.'
19'Non contenderà, né griderà,
né si udrà sulle piazze la sua voce.'
20'La canna infranta non spezzerà,
non spegnerà il lucignolo fumigante,
finché abbia fatto trionfare la giustizia;'
21'nel suo nome spereranno le genti.'

22In quel tempo gli fu portato un indemoniato, cieco e muto, ed egli lo guarì, sicché il muto parlava e vedeva.23E tutta la folla era sbalordita e diceva: "Non è forse costui il figlio di Davide?".24Ma i farisei, udendo questo, presero a dire: "Costui scaccia i demòni in nome di Beelzebùl, principe dei demòni".
25Ma egli, conosciuto il loro pensiero, disse loro: "Ogni regno discorde cade in rovina e nessuna città o famiglia discorde può reggersi.26Ora, se satana scaccia satana, egli è discorde con se stesso; come potrà dunque reggersi il suo regno?27E se io scaccio i demòni in nome di Beelzebùl, i vostri figli in nome di chi li scacciano? Per questo loro stessi saranno i vostri giudici.28Ma se io scaccio i demòni per virtù dello Spirito di Dio, è certo giunto fra voi il regno di Dio.29Come potrebbe uno penetrare nella casa dell'uomo forte e rapirgli le sue cose, se prima non lo lega? Allora soltanto gli potrà saccheggiare la casa.30Chi non è con me è contro di me, e chi non raccoglie con me, disperde.31Perciò io vi dico: Qualunque peccato e bestemmia sarà perdonata agli uomini, ma la bestemmia contro lo Spirito non sarà perdonata.32A chiunque parlerà male del Figlio dell'uomo sarà perdonato; ma la bestemmia contro lo Spirito, non gli sarà perdonata né in questo secolo, né in quello futuro.

33Se prendete un albero buono, anche il suo frutto sarà buono; se prendete un albero cattivo, anche il suo frutto sarà cattivo: dal frutto infatti si conosce l'albero.34Razza di vipere, come potete dire cose buone, voi che siete cattivi? Poiché la bocca parla dalla pienezza del cuore.35L'uomo buono dal suo buon tesoro trae cose buone, mentre l'uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae cose cattive.36Ma io vi dico che di ogni parola infondata gli uomini renderanno conto nel giorno del giudizio;37poiché in base alle tue parole sarai giustificato e in base alle tue parole sarai condannato".

38Allora alcuni scribi e farisei lo interrogarono: "Maestro, vorremmo che tu ci facessi vedere un segno". Ed egli rispose:39"Una generazione perversa e adultera pretende un segno! Ma nessun segno le sarà dato, se non il segno di Giona profeta.40Come infatti 'Giona rimase tre giorni e tre notti nel ventre del pesce', così il Figlio dell'uomo resterà tre giorni e tre notti nel cuore della terra.41Quelli di Nìnive si alzeranno a giudicare questa generazione e la condanneranno, perché essi si convertirono alla predicazione di Giona. Ecco, ora qui c'è più di Giona!42La regina del sud si leverà a giudicare questa generazione e la condannerà, perché essa venne dall'estremità della terra per ascoltare la sapienza di Salomone; ecco, ora qui c'è più di Salomone!

43Quando lo spirito immondo esce da un uomo, se ne va per luoghi aridi cercando sollievo, ma non ne trova.44Allora dice: Ritornerò alla mia abitazione, da cui sono uscito. E tornato la trova vuota, spazzata e adorna.45Allora va, si prende sette altri spiriti peggiori ed entra a prendervi dimora; e la nuova condizione di quell'uomo diventa peggiore della prima. Così avverrà anche a questa generazione perversa".

46Mentre egli parlava ancora alla folla, sua madre e i suoi fratelli, stando fuori in disparte, cercavano di parlargli.47Qualcuno gli disse: "Ecco di fuori tua madre e i tuoi fratelli che vogliono parlarti".48Ed egli, rispondendo a chi lo informava, disse: "Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?".49Poi stendendo la mano verso i suoi discepoli disse: "Ecco mia madre ed ecco i miei fratelli;50perché chiunque fa la volontà del Padre mio che è nei cieli, questi è per me fratello, sorella e madre".


Giosuè 10

1Quando Adoni-Zedek, re di Gerusalemme, venne a sapere che Giosuè aveva preso Ai e l'aveva votata allo sterminio, e che, come aveva fatto a Gèrico e al suo re, aveva fatto ad Ai e al suo re e che gli abitanti di Gàbaon avevano fatto pace con gli Israeliti e si trovavano ormai in mezzo a loro,2ebbe grande paura, perché Gàbaon, una delle città regali, era più grande di Ai e tutti i suoi uomini erano valorosi.3Allora Adoni-Zedek, re di Gerusalemme, mandò a dire a Oam, re di Ebron, a Piream, re di Iarmut, a Iafia, re di Lachis e a Debir, re di Eglon:4"Venite da me, aiutatemi e assaltiamo Gàbaon, perché ha fatto pace con Giosuè e con gli Israeliti".5Quelli si unirono e i cinque re amorrei, il re di Gerusalemme, il re di Ebron, il re di Iarmut, il re di Lachis ed il re di Eglon, vennero con tutte le loro truppe, si accamparono contro Gàbaon e le diedero battaglia.
6Allora gli uomini di Gàbaon mandarono a dire a Giosuè, all'accampamento di Gàlgala: "Non privare del tuo aiuto i tuoi servi. Vieni presto da noi; salvaci e aiutaci, perché si sono alleati contro di noi tutti i re degli Amorrei, che abitano sulle montagne".
7Giosuè partì da Gàlgala con tutta la gente di guerra e tutti i prodi guerrieri.8Allora il Signore disse a Giosuè: "Non aver paura di loro, perché li metto in tuo potere; nessuno di loro resisterà davanti a te".
9Giosuè piombò su di loro d'improvviso: tutta la notte aveva marciato, partendo da Gàlgala.
10Il Signore mise lo scompiglio in mezzo a loro dinanzi ad Israele, che inflisse loro in Gàbaon una grande disfatta, li inseguì verso la salita di Bet-Coron e li batté fino ad Azeka e fino a Makkeda.11Mentre essi fuggivano dinanzi ad Israele ed erano alla discesa di Bet-Coron, il Signore lanciò dal cielo su di essi come grosse pietre fino ad Azeka e molti morirono. Coloro che morirono per le pietre della grandine furono più di quanti ne uccidessero gli Israeliti con la spada.12Allora, quando il Signore mise gli Amorrei nelle mani degli Israeliti, Giosuè disse al Signore sotto gli occhi di Israele:

"Sole, fèrmati in Gàbaon
e tu, luna, sulla valle di Aialon".
13Si fermò il sole
e la luna rimase immobile
finché il popolo non si vendicò dei nemici.

Non è forse scritto nel libro del Giusto: "Stette fermo il sole in mezzo al cielo e non si affrettò a calare quasi un giorno intero.14Non ci fu giorno come quello, né prima né dopo, perché aveva ascoltato il Signore la voce d'un uomo, perché il Signore combatteva per Israele"?
15Poi Giosuè con tutto Israele ritornò all'accampamento di Gàlgala.
16Quei cinque re erano fuggiti e si erano nascosti nella grotta in Makkeda.17Fu portata a Giosuè la notizia: "Sono stati trovati i cinque re, nascosti nella grotta in Makkeda".18Disse loro Giosuè: "Rotolate grosse pietre contro l'entrata della grotta e fate restare presso di essa uomini per sorvegliarli.19Voi però non fermatevi, inseguite i vostri nemici, attaccateli nella retroguardia e non permettete loro di entrare nelle loro città, perché il Signore Dio vostro li mette nelle vostre mani".20Quando Giosuè e gli Israeliti ebbero terminato di infliggere loro una strage enorme così da finirli, e i superstiti furono loro sfuggiti ed entrati nelle fortezze,21ritornò tutto il popolo all'accampamento presso Giosuè, in Makkeda, in pace. Nessuno mosse più la lingua contro gli Israeliti.
22Disse allora Giosuè: "Aprite l'ingresso della grotta e fatemi uscire dalla grotta quei cinque re".23Così fecero e condussero a lui fuori dalla grotta quei cinque re, il re di Gerusalemme, il re di Ebron, il re di Iarmut, il re di Lachis e il re di Eglon.24Quando quei cinque re furono fatti uscire dinanzi a Giosuè, egli convocò tutti gli Israeliti e disse ai capi dei guerrieri che avevano marciato con lui: "Accostatevi e ponete i vostri piedi sul collo di questi re!". Quelli s'accostarono e posero i piedi sul loro collo.25Disse loro Giosuè: "Non temete e non spaventatevi! Siate forti e coraggiosi, perché così farà il Signore a tutti i nemici, contro cui dovrete combattere".26Dopo di ciò, Giosuè li colpì e li uccise e li fece impiccare a cinque alberi, ai quali rimasero appesi fino alla sera.27All'ora del tramonto, per ordine di Giosuè, li calarono dagli alberi, li gettarono nella grotta dove si erano nascosti e posero grosse pietre all'ingresso della grotta: vi sono fino ad oggi.
28Giosuè in quel giorno si impadronì di Makkeda, la passò a fil di spada con il suo re, votò allo sterminio loro e ogni essere vivente che era in essa, non lasciò un superstite e trattò il re di Makkeda come aveva trattato il re di Gèrico.
29Giosuè poi, e con lui Israele, passò da Makkeda a Libna e mosse guerra contro Libna.30Il Signore mise anch'essa e il suo re in potere di Israele, che la passò a fil di spada con ogni essere vivente che era in essa; non vi lasciò alcun superstite e trattò il suo re come aveva trattato il re di Gèrico.
31Poi Giosuè, e con lui tutto Israele, passò da Libna a Lachis e si accampò contro di essa e le mosse guerra.32Il Signore mise Lachis in potere di Israele, che la prese il secondo giorno e la passò a fil di spada con ogni essere vivente che era in essa, come aveva fatto a Libna.33Allora, per venire in aiuto a Lachis, era partito Oam, re di Ghezer, e Giosuè batté lui e il suo popolo, fino a non lasciargli alcun superstite.
34Poi Giosuè, e con lui tutto Israele, passò da Lachis ad Eglon, si accamparono contro di essa e le mossero guerra.35In quel giorno la presero e la passarono a fil di spada e votarono allo sterminio, in quel giorno, ogni essere vivente che era in essa, come aveva fatto a Lachis.36Giosuè poi, e con lui tutto Israele, salì da Eglon ad Ebron e le mossero guerra.37La presero e la passarono a fil di spada con il suo re, tutti i suoi villaggi e ogni essere vivente che era in essa; non lasciò alcun superstite; come aveva fatto ad Eglon, la votò allo sterminio con ogni essere vivente che era in essa.
38Poi Giosuè, e con lui tutto Israele, si rivolse a Debir e le mosse guerra.39La prese con il suo re e tutti i suoi villaggi; li passarono a fil di spada e votarono allo sterminio ogni essere vivente che era in essa; non lasciò alcun superstite. Trattò Debir e il suo re come aveva trattato Ebron e come aveva trattato Libna e il suo re.
40Così Giosuè batté tutto il paese: le montagne, il Negheb, il bassopiano, le pendici e tutti i loro re. Non lasciò alcun superstite e votò allo sterminio ogni essere che respira, come aveva comandato il Signore, Dio di Israele.41Giosuè li colpì da Kades-Barnea fino a Gaza e tutto il paese di Gosen fino a Gàbaon.42Giosuè prese tutti questi re e il loro paese in una sola volta, perché il Signore, Dio di Israele, combatteva per Israele.43Poi Giosuè con tutto Israele tornò all'accampamento di Gàlgala.


Siracide 26

1Beato il marito di una donna virtuosa;
il numero dei suoi giorni sarà doppio.
2Una brava moglie è la gioia del marito,
questi trascorrerà gli anni in pace.
3Una donna virtuosa è una buona sorte,
viene assegnata a chi teme il Signore.
4Ricco o povero il cuore di lui ne gioisce,
in ogni tempo il suo volto appare sereno.
5Tre cose teme il mio cuore,
per la quarta sono spaventato:
una calunnia diffusa in città, un tumulto di popolo
e una falsa accusa: tutto questo è peggiore della morte;
6ma crepacuore e lutto è una donna gelosa di un'altra
e il flagello della sua lingua si lega con tutti.
7Giogo di buoi sconnesso è una donna malvagia,
colui che la domina è come chi acchiappa uno scorpione.
8Gran motivo di sdegno una donna ubriaca,
non riuscirà a nascondere la vergogna.
9La scostumatezza di una donna è nell'eccitazione degli
sguardi,
si riconosce dalle sue occhiate.
10Fa' buona guardia a una figlia libertina,
perché non ne approfitti, se trova indulgenza.
11Guàrdati dal seguire un occhio impudente,
non meravigliarti se ti spinge verso il male.
12Come un viandante assetato apre la bocca
e beve qualsiasi acqua a lui vicina,
così essa siede davanti a ogni palo
e apre a qualsiasi freccia la faretra.
13La grazia di una donna allieta il marito,
la sua scienza gli rinvigorisce le ossa.
14È un dono del Signore una donna silenziosa,
non c'è compenso per una donna educata.
15Grazia su grazia è una donna pudica,
non si può valutare il peso di un'anima modesta.
16Il sole risplende sulle montagne del Signore,
la bellezza di una donna virtuosa adorna la sua casa.
17Lampada che arde sul candelabro santo,
così la bellezza del volto su giusta statura.
18Colonne d'oro su base d'argento,
tali sono gambe graziose su solidi piedi.

19Due cose mi serrano il cuore,
la terza mi provoca all'ira:
un guerriero che languisca nella miseria,
uomini saggi trattati con disprezzo,
chi passa dalla giustizia al peccato;
il Signore lo tiene pronto per la spada.

20A stento un commerciante sarà esente da colpe,
un rivenditore non sarà immune dal peccato.


Salmi 78

1'Maskil. Di Asaf.'

Popolo mio, porgi l'orecchio al mio insegnamento,
ascolta le parole della mia bocca.
2Aprirò la mia bocca in parabole,
rievocherò gli arcani dei tempi antichi.

3Ciò che abbiamo udito e conosciuto
e i nostri padri ci hanno raccontato,
4non lo terremo nascosto ai loro figli;
diremo alla generazione futura
le lodi del Signore, la sua potenza
e le meraviglie che egli ha compiuto.

5Ha stabilito una testimonianza in Giacobbe,
ha posto una legge in Israele:
ha comandato ai nostri padri
di farle conoscere ai loro figli,
6perché le sappia la generazione futura,
i figli che nasceranno.
Anch'essi sorgeranno a raccontarlo ai loro figli
7perché ripongano in Dio la loro fiducia
e non dimentichino le opere di Dio,
ma osservino i suoi comandi.
8Non siano come i loro padri,
generazione ribelle e ostinata,
generazione dal cuore incostante
e dallo spirito infedele a Dio.
9I figli di Èfraim, valenti tiratori d'arco,
voltarono le spalle nel giorno della lotta.

10Non osservarono l'alleanza di Dio,
rifiutando di seguire la sua legge.
11Dimenticarono le sue opere,
le meraviglie che aveva loro mostrato.
12Aveva fatto prodigi davanti ai loro padri,
nel paese d'Egitto, nei campi di Tanis.
13Divise il mare e li fece passare
e fermò le acque come un argine.
14Li guidò con una nube di giorno
e tutta la notte con un bagliore di fuoco.
15Spaccò le rocce nel deserto
e diede loro da bere come dal grande abisso.
16Fece sgorgare ruscelli dalla rupe
e scorrere l'acqua a torrenti.

17Eppure continuarono a peccare contro di lui,
a ribellarsi all'Altissimo nel deserto.
18Nel loro cuore tentarono Dio,
chiedendo cibo per le loro brame;
19mormorarono contro Dio
dicendo: "Potrà forse Dio
preparare una mensa nel deserto?".
20Ecco, egli percosse la rupe e ne scaturì acqua,
e strariparono torrenti.
"Potrà forse dare anche pane
o preparare carne al suo popolo?".
21All'udirli il Signore ne fu adirato;
un fuoco divampò contro Giacobbe
e l'ira esplose contro Israele,
22perché non ebbero fede in Dio
né speranza nella sua salvezza.

23Comandò alle nubi dall'alto
e aprì le porte del cielo;
24fece piovere su di essi la manna per cibo
e diede loro pane del cielo:
25l'uomo mangiò il pane degli angeli,
diede loro cibo in abbondanza.
26Scatenò nel cielo il vento d'oriente,
fece spirare l'australe con potenza;
27su di essi fece piovere la carne come polvere
e gli uccelli come sabbia del mare;
28caddero in mezzo ai loro accampamenti,
tutto intorno alle loro tende.
29Mangiarono e furono ben sazi,
li soddisfece nel loro desiderio.
30La loro avidità non era ancora saziata,
avevano ancora il cibo in bocca,
31quando l'ira di Dio si alzò contro di essi,
facendo strage dei più vigorosi
e abbattendo i migliori d'Israele.

32Con tutto questo continuarono a peccare
e non credettero ai suoi prodigi.
33Allora dissipò come un soffio i loro giorni
e i loro anni con strage repentina.
34Quando li faceva perire, lo cercavano,
ritornavano e ancora si volgevano a Dio;
35ricordavano che Dio è loro rupe,
e Dio, l'Altissimo, il loro salvatore;
36lo lusingavano con la bocca
e gli mentivano con la lingua;
37il loro cuore non era sincero con lui
e non erano fedeli alla sua alleanza.
38Ed egli, pietoso, perdonava la colpa,
li perdonava invece di distruggerli.
Molte volte placò la sua ira
e trattenne il suo furore,
39ricordando che essi sono carne,
un soffio che va e non ritorna.
40Quante volte si ribellarono a lui nel deserto,
lo contristarono in quelle solitudini!
41Sempre di nuovo tentavano Dio,
esasperavano il Santo di Israele.
42Non si ricordavano più della sua mano,
del giorno che li aveva liberati dall'oppressore,

43quando operò in Egitto i suoi prodigi,
i suoi portenti nei campi di Tanis.
44Egli mutò in sangue i loro fiumi
e i loro ruscelli, perché non bevessero.
45Mandò tafàni a divorarli
e rane a molestarli.
46Diede ai bruchi il loro raccolto,
alle locuste la loro fatica.
47Distrusse con la grandine le loro vigne,
i loro sicomori con la brina.
48Consegnò alla grandine il loro bestiame,
ai fulmini i loro greggi.

49Scatenò contro di essi la sua ira ardente,
la collera, lo sdegno, la tribolazione,
e inviò messaggeri di sventure.
50Diede sfogo alla sua ira:
non li risparmiò dalla morte
e diede in preda alla peste la loro vita.
51Colpì ogni primogenito in Egitto,
nelle tende di Cam la primizia del loro vigore.

52Fece partire come gregge il suo popolo
e li guidò come branchi nel deserto.
53Li condusse sicuri e senza paura
e i loro nemici li sommerse il mare.
54Li fece salire al suo luogo santo,
al monte conquistato dalla sua destra.
55Scacciò davanti a loro i popoli
e sulla loro eredità gettò la sorte,
facendo dimorare nelle loro tende le tribù di Israele.

56Ma ancora lo tentarono,
si ribellarono a Dio, l'Altissimo,
non obbedirono ai suoi comandi.
57Sviati, lo tradirono come i loro padri,
fallirono come un arco allentato.
58Lo provocarono con le loro alture
e con i loro idoli lo resero geloso.

59Dio, all'udire, ne fu irritato
e respinse duramente Israele.
60Abbandonò la dimora di Silo,
la tenda che abitava tra gli uomini.
61Consegnò in schiavitù la sua forza,
la sua gloria in potere del nemico.
62Diede il suo popolo in preda alla spada
e contro la sua eredità si accese d'ira.
63Il fuoco divorò il fiore dei suoi giovani,
le sue vergini non ebbero canti nuziali.
64I suoi sacerdoti caddero di spada
e le loro vedove non fecero lamento.

65Ma poi il Signore si destò come da un sonno,
come un prode assopito dal vino.
66Colpì alle spalle i suoi nemici,
inflisse loro una vergogna eterna.
67Ripudiò le tende di Giuseppe,
non scelse la tribù di Èfraim;
68ma elesse la tribù di Giuda,
il monte Sion che egli ama.
69Costruì il suo tempio alto come il cielo
e come la terra stabile per sempre.
70Egli scelse Davide suo servo
e lo trasse dagli ovili delle pecore.
71Lo chiamò dal seguito delle pecore madri
per pascere Giacobbe suo popolo,
la sua eredità Israele.
72Fu per loro pastore dal cuore integro
e li guidò con mano sapiente.


Daniele 9

1Nell'anno primo di Dario figlio di Serse, della progenie dei Medi, il quale era stato costituito re sopra il regno dei Caldei,2nel primo anno del suo regno, io Daniele tentavo di comprendere nei libri il numero degli anni di cui il Signore aveva parlato al profeta Geremia e nei quali si dovevano compiere le desolazioni di Gerusalemme, cioè settant'anni.3Mi rivolsi al Signore Dio per pregarlo e supplicarlo con il digiuno, veste di sacco e cenere4e feci la mia preghiera e la mia confessione al Signore mio Dio: "Signore Dio, grande e tremendo, che osservi l'alleanza e la benevolenza verso coloro che ti amano e osservano i tuoi comandamenti,5abbiamo peccato e abbiamo operato da malvagi e da empi, siamo stati ribelli, ci siamo allontanati dai tuoi comandamenti e dalle tue leggi!6Non abbiamo obbedito ai tuoi servi, i profeti, i quali hanno in tuo nome parlato ai nostri re, ai nostri prìncipi, ai nostri padri e a tutto il popolo del paese.7A te conviene la giustizia, o Signore, a noi la vergogna sul volto, come avviene ancor oggi per gli uomini di Giuda, per gli abitanti di Gerusalemme e per tutto Israele, vicini e lontani, in tutti i paesi dove tu li hai dispersi per i misfatti che hanno commesso contro di te.8Signore, la vergogna sul volto a noi, ai nostri re, ai nostri prìncipi, ai nostri padri, perché abbiamo peccato contro di te;9al Signore Dio nostro la misericordia e il perdono, perché ci siamo ribellati contro di lui,10non abbiamo ascoltato la voce del Signore Dio nostro, né seguito quelle leggi che egli ci aveva date per mezzo dei suoi servi, i profeti.11Tutto Israele ha trasgredito la tua legge, s'è allontanato per non ascoltare la tua voce; così si è riversata su di noi l'esecrazione scritta nella legge di Mosè, servo di Dio, perché abbiamo peccato contro di lui.
12Egli ha messo in atto quelle parole che aveva pronunziate contro di noi e i nostri governanti, mandando su di noi un male così grande quale mai, sotto il cielo, era venuto a Gerusalemme.
13Tutto questo male è venuto su di noi, proprio come sta scritto nella legge di Mosè. Tuttavia noi non abbiamo supplicato il Signore Dio nostro, convertendoci dalle nostre iniquità e seguendo la tua verità.14Il Signore ha vegliato sopra questo male, l'ha mandato su di noi, poiché il Signore Dio nostro è giusto in tutte le cose che fa, mentre noi non abbiamo ascoltato la sua voce.15Signore Dio nostro, che hai fatto uscire il tuo popolo dall'Egitto con mano forte e ti sei fatto un nome, come è oggi, noi abbiamo peccato, abbiamo agito da empi.16Signore, secondo la tua misericordia, si plachi la tua ira e il tuo sdegno verso Gerusalemme, tua città, verso il tuo monte santo, poiché per i nostri peccati e per l'iniquità dei nostri padri Gerusalemme e il tuo popolo sono oggetto di vituperio presso quanti ci stanno intorno.
17Ora ascolta, Dio nostro, la preghiera del tuo servo e le sue suppliche e per amor tuo, o Signore, fa' risplendere il tuo volto sopra il tuo santuario, che è desolato.18Porgi l'orecchio, mio Dio, e ascolta: apri gli occhi e guarda le nostre desolazioni e la città sulla quale è stato invocato il tuo nome! Non presentiamo le nostre suppliche davanti a te, basate sulla nostra giustizia, ma sulla tua grande misericordia.
19Signore, ascolta; Signore, perdona; Signore, guarda e agisci senza indugio, per amore di te stesso, mio Dio, poiché il tuo nome è stato invocato sulla tua città e sul tuo popolo".

20Mentre io stavo ancora parlando e pregavo e confessavo il mio peccato e quello del mio popolo Israele e presentavo la supplica al Signore Dio mio per il monte santo del mio Dio,21mentre dunque parlavo e pregavo, Gabriele, che io avevo visto prima in visione, volò veloce verso di me: era l'ora dell'offerta della sera.
22Egli mi rivolse questo discorso: "Daniele, sono venuto per istruirti e farti comprendere.
23Fin dall'inizio delle tue suppliche è uscita una parola e io sono venuto per annunziartela, poiché tu sei un uomo prediletto. Ora sta' attento alla parola e comprendi la visione:

24Settanta settimane sono fissate
per il tuo popolo e per la tua santa città
per mettere fine all'empietà,
mettere i sigilli ai peccati, espiare l'iniquità,
portare una giustizia eterna,
suggellare visione e profezia e ungere il Santo dei santi.
25Sappi e intendi bene,
da quando uscì la parola
sul ritorno e la ricostruzione di Gerusalemme
fino a un principe consacrato,
vi saranno sette settimane.
Durante sessantadue settimane
saranno restaurati, riedificati piazze e fossati,
e ciò in tempi angosciosi.
26Dopo sessantadue settimane,
un consacrato sarà soppresso senza colpa in lui;
il popolo di un principe che verrà
distruggerà la città e il santuario;
la sua fine sarà un'inondazione e, fino alla fine,
guerra e desolazioni decretate.
27Egli stringerà una forte alleanza con molti
per una settimana e, nello spazio di metà settimana,
farà cessare il sacrificio e l'offerta;
sull'ala del tempio porrà l'abominio della
desolazione
e ciò sarà sino alla fine,
fino al termine segnato sul devastatore".


Apocalisse 20

1Vidi poi un angelo che scendeva dal cielo con la chiave dell'Abisso e una gran catena in mano.2Afferrò il dragone, il serpente antico - cioè il diavolo, satana - e lo incatenò per mille anni;3lo gettò nell'Abisso, ve lo rinchiuse e ne sigillò la porta sopra di lui, perché non seducesse più le nazioni, fino al compimento dei mille anni. Dopo questi dovrà essere sciolto per un po' di tempo.4Poi vidi alcuni troni e a quelli che vi si sedettero fu dato il potere di giudicare. Vidi anche le anime dei decapitati a causa della testimonanza di Gesù e della parola di Dio, e quanti non avevano adorato la bestia e la sua statua e non ne avevano ricevuto il marchio sulla fronte e sulla mano. Essi ripresero vita e regnarono con Cristo per mille anni;5gli altri morti invece non tornarono in vita fino al compimento dei mille anni. Questa è la prima risurrezione.6Beati e santi coloro che prendon parte alla prima risurrezione. Su di loro non ha potere la seconda morte, ma saranno sacerdoti di Dio e del Cristo e regneranno con lui per mille anni.

7Quando i mille anni saranno compiuti, satana verrà liberato dal suo carcere8e uscirà per sedurre le nazioni ai quattro punti della terra, Gog e Magòg, per adunarli per la guerra: il loro numero sarà come la sabbia del mare.9Marciarono su tutta la superficie della terra e cinsero d'assedio l'accampamento dei santi e la città diletta. Ma un fuoco scese dal cielo e li divorò.10E il diavolo, che li aveva sedotti, fu gettato nello stagno di fuoco e zolfo, dove sono anche la bestia e il falso profeta: saranno tormentati giorno e notte per i secoli dei secoli.

11Vidi poi un grande trono bianco e Colui che sedeva su di esso. Dalla sua presenza erano scomparsi la terra e il cielo senza lasciar traccia di sé.12Poi vidi i morti, grandi e piccoli, ritti davanti al trono. Furono aperti dei libri. Fu aperto anche un altro libro, quello della vita. I morti vennero giudicati in base a ciò che era scritto in quei libri, ciascuno secondo le sue opere.13Il mare restituì i morti che esso custodiva e la morte e gli inferi resero i morti da loro custoditi e ciascuno venne giudicato secondo le sue opere.14Poi la morte e gli inferi furono gettati nello stagno di fuoco. Questa è la seconda morte, lo stagno di fuoco.15E chi non era scritto nel libro della vita fu gettato nello stagno di fuoco.


Capitolo XXIX: Invocare e benedire Dio nella tribolazione

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"Sia sempre benedetto il tuo nome" (Tb 3,23), o Signore; tu che hai disposto che venisse su di me questa tormentosa tentazione. Sfuggire ad essa non posso; devo invece rifugiarmi in te, perché tu mi aiuti, mutandomela in bene.

Signore, ecco io sono nella tribolazione: non ha pace il mio cuore, anzi è assai tormentato da questa passione.

Che dirò, allora, o Padre diletto? Sono stretto tra queste angustie; "fammi uscire salvo da un tale momento. Ma a tale momento io giunsi" (Gv 12,27) perché, dopo essere stato fortemente abbattuto e poi liberato per merito tuo, tu ne fossi glorificato. "Ti piaccia, o Signore, di salvarmi tu" (Sal 39,14); infatti che cosa posso fare io nella mia miseria; dove andrò, senza di te? Anche in questo momento di pericolo dammi di saper sopportare; aiutami tu, o mio Dio: non avrò timore di nulla, per quanto grande sia il peso che graverà su di me. E frattanto che dirò? O Signore, "che sia fatta la tua volontà" (Mt 26,42). Bene le ho meritate, la tribolazione e l'oppressione; e ora debbo invero saperle sopportare, - e, volesse il cielo, sopportare con pazienza - finché la tempesta sia passata e torni la bonaccia.

La tua mano onnipotente può fare anche questo, togliere da me questa tentazione o mitigarne la violenza, affinché io non perisca del tutto: così hai già fatto più volte con me, "o mio Dio e mia misericordia" (Sal 58,17). Quanto è a me più difficile, tanto è più facile a te "questo cambiamento della destra dell'Altissimo" (Sal 76,11).


LETTERA 144: Agostino si congratula con i cittadini di Cirta convertitisi dal Donatismo alla comunione cattolica

Lettere - Sant'Agostino

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Scritta forse prima del 411.

Agostino si congratula con i cittadini di Cirta convertitisi dal Donatismo alla comunione cattolica, esortandoli ad attribuirne il merito alla grazia di Dio, il quale si serve dei suoi ministri (n. 1), come avvenne per Polemone dopo aver ascoltato Senocrate (n. 2); esorta infine i contumaci a credere alle divine Scritture e non alle menzogne umane (n. 3).

AGOSTINO VESCOVO AI CITTADINI DI CIRTA, SIGNORI ONOREVOLI E GIUSTAMENTE COMMENDEVOLI, CARISSIMI E DESIDERATISSIMI FRATELLI, IN TUTTI I GRADI DELLE CARICHE PUBBLICHE

La conversione è opera di Dio.

1. Se ciò, che nella vostra città ci contristava, è scomparso, se la durezza del cuore umano, che resisteva alla verità evidentissima e per così dire esposta alla vista di tutti, è stata vinta dalla forza della verità stessa, se la dolcezza della pace viene gustata e l'amore della verità non offende più gli occhi malati, ma risanati li illumina e rinvigorisce, questo risultato non è opera mia, ma di Dio: non lo attribuirei affatto alle azioni degli uomini, neanche se la conversione così confortante di una moltitudine fosse avvenuta mentre eravamo presso di voi e vi parlavamo ed esortavamo. Tutto ciò è opera di Colui che, per mezzo dei suoi ministri, ammonisce dal di fuori con i segni delle cose, ma li istruisce internamente da se stesso con le cose stesse. Ma non per questo dobbiamo muoverci troppo pigramente per visitarvi, per il fatto cioè che qualunque cosa è avvenuta di lodevole in voi, non è stata operata da noi, ma da Colui che solo compie meraviglie 1. Molto più alacremente dobbiamo accorrere a contemplare le opere divine anziché le nostre, poiché anche noi, se siamo qualcosa di buono, siamo opera di Dio, non degli uomini. Ecco perché' l'Apostolo disse: Non è qualche cosa né chi pianta né chi irriga, ma è Dio che fa crescere 2.

Polemone convertito da Senocrate.

2. Senocrate come voi mi scrivete e come ricordo anch'io dalle letture classiche, in una conferenza sui vantaggi della temperanza, convertì d'un tratto a un tenore di vita morigerato Polemone, che non solo era un ubriacone, ma in quel momento era anche ubriaco. Sebbene quello, come saggiamente avete compreso, non fosse guadagnato alla causa di Dio, ma liberato soltanto dalla tirannia della dissolutezza, tuttavia non attribuirei neppure questo suo mutamento in meglio all'opera di un uomo, ma di Dio. Poiché i beni del corpo stesso, cioè dell'infima parte di noi, quali sono ad esempio la bellezza, le forze, la salute e qualunque altro bene di tale genere, non provengono se non da Dio creatore e perfezionatore della natura: con quanto maggior ragione nessun altro può darci i beni dell'anima! Qual pensiero più orgoglioso e più ingrato potrebbe nutrire la pazza mente umana, che reputare che Dio renda bello l'uomo nel fisico, e che l'essere reso casto nell'anima provenga dall'uomo? Nel libro della Sapienza cristiana sta scritto: Poiché sapevo che nessuno può essere continente, se Dio non lo concede; ed era già questo un frutto della sapienza, il sapere cioè da chi ci è concesso questo dono 3. Se dunque Polemone, divenuto temperante, da sensuale che era, avesse saputo di chi fosse questo dono, in modo da adorarlo con sentimenti di vera pietà, liberandosi dalle superstizioni dei pagani, sarebbe stato esaltato non solo per la temperanza, ma anche per la verace sapienza e per la salutare religione, né gli sarebbe giovato solo per l'onestà della vita presente, ma anche per l'immortalità della vita futura. Quanto meno dunque mi devo arrogare io il vanto di questa conversione vostra o del vostro popolo, che mi avete annunciata poco tempo fa; essa è senza dubbio effetto dell'intervento di Dio in coloro nei quali si è veramente compiuta e non delle mie parole né della mia presenza tra voi. Ciò soprattutto dovete riconoscere, ciò meditare con pietà ed umiltà. A Dio, fratelli miei, a Dio dovete esser grati; Dio dovete temere per non mancare, Dio amare per avanzare.

Credere alle divine Scritture non alle menzogne umane.

3. Se tra voi ci sono ancora alcuni che sono separati (dall'unità cattolica) a causa di qualche attaccamento umano nascosto o che vi sono rientrati solo per finzione a causa di qualche timore umano, questi tali considerino che Dio, a cui la coscienza umana è chiaramente palese, non lo ingannano come testimone né lo evitano come giudice. Se poi, per la preoccupazione della propria salvezza, sono angustiati da qualche grave dubbio circa la questione dell'unità stessa, se lo tolgano - come io credo sia la cosa più giusta - credendo nei riguardi della Chiesa cattolica, cioè diffusa in tutto il mondo, alle affermazioni veritiere delle divine Scritture, più che alle bugie spacciate con malignità dalle lingue degli uomini. Quanto alle discordie sorte tra uomini, questi tali, chiunque essi siano, pensino che non pregiudicano affatto le promesse di Dio, che disse ad Abramo: Nel tuo Discendente saranno benedette tutte le nazioni 4, promesse cui si prestò fede quando se ne udì la predizione, mentre si osa negarle adesso che si vedono compiute. I Donatisti riflettano frattanto su questa considerazione brevissima e, se non erro, irrefutabile: o la causa fu trattata nel tribunale della Chiesa d'oltremare, o non fu trattata. Se non lo fu, la comunità cristiana che abbraccia i popoli d'oltremare, e della quale godiamo d'essere membri, è innocente, e quindi i Donatisti si sono divisi dai Cristiani innocenti con uno scisma sacrilego. Se invece la causa fu trattata, chi potrebbe non comprendere, non credere, non vedere che furono in essa sconfitti coloro che si separarono dalla comunione di quei popoli? Scelgano dunque se preferiscono credere alla sentenza emanata dai giudici ecclesiastici, o alle proteste di litigiosi scismatici battuti in giudizio. Prudenti come siete, badate attentamente come non si possa rispondere nulla di serio contro questo ragionamento, brevissimo a dirsi, facilissimo a intendere: eppure il cattivo Polemone preferisce lasciarsi trascinare alla rovina dall'ebbrezza del suo inveterato errore. Perdonatemi questa mia lettera, forse più prolissa che gradita, ma a mio giudizio più utile che piacevole, o miei signori onorevoli e meritamente commendevoli, molto cari e desiderati fratelli. Quanto alla visita che vi farò, compia Iddio il nostro comune desiderio. Non posso spiegarvi a parole da quale ardore di carità mi sento infiammato per venire a visitarvi, e non dubito affatto della vostra benevolenza nel credermi.

 

1 - Sal 71, 18.

2 - 1 Cor 3, 7.

3 - Sap 8, 21.

4 - Gn 26, 4.


Una passeggiata dei giovani al paradiso

I sogni di don Bosco - San Giovanni Bosco

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Questo sogno Don Bosco lo ebbe nelle notti del 3, 4, 5 aprile 1861.

È un sogno originale sotto tanti aspetti ed è testimoniato dai due primi e più autorevoli cronisti dell’Oratorio di Don Bosco: Don Domenico Ruffino e Don Giovanni Bonetti, che lo definirono «uno di quei sogni che il Signore si compiace a quando a quando di mandare ai suoi servi fedeli ».

Don Bosco sogna di fare con i suoi giovani una eccezionale passeggiata, che ha per meta il paradiso, nientemeno! Si mettono in cammino pieni di gioia, ed eccoli ai piedi di una collina incantevole. Spira un’aria primaverile, nell’atmosfera regna una calma, un tepore, una soavità di profumi, una luminosità che mettono l’argento vivo addosso a quelle centinaia di giovani, i quali passano di sorpresa in sorpresa, di gioia in gioia, trovando, a mano a mano che salgono, ogni sorta di frutta le più squisite, dalle ciliegie all’uva matura.

L’impressione di tutti è di essere giunti in paradiso ma, arrivati alla sommità della deliziosa collina, vedono un vasto altipiano, oltre il quale si eleva un’altissima montagna che tocca le nubi. Su per quella si vedeva una grande moltitudine che saliva con stento. Quando poi giungevano alla meta, erano ricevuti con gran festa e giubilo. Tutti capirono che quello era il paradiso e si lanciarono di corsa a percorrere l’altipiano che li separava dalla montagna.

Ma ecco che a un tratto si trovarono davanti a un lago di sangue, largo, dice Don Bosco, come dall’Oratorio a Piazza Castello (un buon chilometro). I giovani che erano giunti per primi si fermarono inorriditi. Tutti diventarono silenziosi e malinconici. Sulla riva si leggeva scritto a grandi caratteri: PER SANGUINEM (attraverso il sangue).

Ai giovani che domandavano curiosi che cosa significasse quello spettacolo, un personaggio misterioso (pensiamo sia la solita Guida), rispose:
— Qui c’è il Sangue di Gesù Cristo e di tutti quelli che andarono in paradiso versando il loro sangue: qui sono i Martiri. Né i giovani né Don Bosco si sentirono di passare attraverso quel lago di sangue. Perciò lo costeggiarono andando in cerca di un altro passaggio.

Ed eccoli entrare in un terreno sparso di querce, allori, palme e altre piante. Camminavano felici all’ombra di quelle piante, quando si presenta loro un altro spettacolo: un secondo grande lago pieno d’acqua. Sulla riva si leggeva a grandi caratteri: PER AQUAM (attraverso l’acqua). Anche qui i ragazzi si domandavano che cosa significasse quel secondo lago, tanto più che vedevano alcuni camminare su quell’acqua appena sfiorandola con i piedi.

— In quel lago — rispose la Guida — c’è l’acqua del santo Battesimo, nella quale devono essere bagnati tutti quelli che vogliono andare in paradiso. Vedete quei giovani che camminano veloci su quell’acqua? Sono gli innocenti.

Alcuni si misero a correre su quell’acqua, ma la maggior parte guardava Don Bosco come per dirgli:

— Andiamo anche noi?

Ma Don Bosco rispose:

— Per conto mio non mi credo così santo da passare su quel l’acqua senza caderci dentro.

Allora tutti esclamarono:

— Se non osa lei, tanto meno noi!

Continuarono quindi a girare in cerca di un passaggio alla montagna del paradiso; ed eccoli di fronte a un terzo lago, vasto come il primo, pieno di fuoco e di fiamme. Sulla sponda stava scritto: PER IGNEM (attraverso il fuoco).

La guida misteriosa disse:

— Qui c’è il fuoco dell’amor di Dio, per cui devono passare quelli che non sono passati per il sangue del martirio o per l’acqua del Battesimo. «Ci affrettammo a passare oltre — dice Don Bosco —, ma ben presto ci vedemmo sbarrata la via da un altro lago: era pieno di bestie feroci che stavano con le fauci spalancate pronte a divorare chiunque passasse.

La solita Guida disse:

— Queste bestie sono i demoni, i pericoli e le trame del mondo. Costoro che passano impunemente sono le anime giuste, sono coloro di cui Gesù ha profetato: Io vi ho dato il potere di calpestare serpenti e scorpioni e di annientare ogni resistenza del nemico. Niente vi potrà fare del male» (Lc 10,19).

— Andiamo anche noi! — gridarono alcuni.

— Io non ne ho il coraggio — disse Don Bosco —; è da presuntuosi pretendere di passare illesi sulle teste di quei mostri feroci.

— Oh — gridarono i giovani in coro — se non si sente lei, tanto meno noi!

Si allontanarono quindi dal lago delle bestie, cominciando a perdere la speranza di trovare un passaggio comodo alla montagna del paradiso, quando s’incontrarono in molta gente che camminava allegramente verso il paradiso, pur essendo ridotti in condizioni pietose: chi mancava di un occhio, chi di un piede, chi di una mano, chi della lingua. I giovani guardavano meravigliati, quando la Guida disse:
— Sono gli amici di Dio, sono coloro che per salvarsi si mortificarono nei vari sensi del corpo e riuscirono a passare illesi tra i pericoli del mondo. Se volete anche voi arrivare al paradiso, potete unirvi a loro e camminare allegramente per la via della mortificazione.

A questo punto la voce della Guida fu sopraffatta dalle grida di «Bravo!», «Bene!» che venivano dalla cima della montagna per incoraggiare quelli che salivano faticosamente per l’erta.

Finalmente Don Bosco con i suoi giovani arrivò su di una piazza gremita di gente, che terminava in un sentiero piccolo piccolo, tra due alte rupi. Chi si metteva per quel sentiero, uscito dalla parte opposta, doveva passare per un ponte strettissimo e senza ringhiera, sotto il quale si inabissava uno spaventoso precipizio.

— Ecco il sentiero che mena al paradiso — esclamarono i giovani. E si incamminarono per quello. Giunti però al ponte, si fermarono spaventati e non osavano inoltrarsi. A Don Bosco che faceva loro coraggio, rispondevano:

— Venga lei a fare la prova. Noi non osiamo perché se sbagliamo un passo, cadiamo nell’abisso.

«Ma finalmente — continua Don Bosco — uno si avanzò per primo e così, uno dopo l’altro, siamo passati al di là e ci trovammo ai piedi della montagna. Ci provammo a salire, ma non trovavamo nessun sentiero; mille difficoltà e impedimenti si opponevano: in un luogo c’erano accatastati macigni sparsi disordinatamente, in un altro c’era una rupe da sormontare, qui un precipizio, là un cespuglio spinoso che ci impediva il passo. Dappertutto ripida la salita. Tuttavia non ci sgomentammo e incominciammo ad arrampicarci con ardore. Dopo breve ora di faticosa ascesa, aiutandoci di mani e di piedi, a un certo punto trovammo un sentiero più praticabile e potemmo salire più comodamente.

Quand’ecco arrivammo in un luogo dove vedemmo molta gente, la quale pativa in un modo così orribile, così strano, che tutti restammo compresi di orrore e di compassione. Io non posso dirvi quello che vidi, perché vi farei troppa pena; e voi non potreste resistere alla mia descrizione.

Intanto vedevamo un gran numero di altra gente che saliva anch’essa, sparsa su per i fianchi del monte; e quando arrivava alla cima, veniva accolta da quelli che l’aspettavano, fra grandi feste e prolungati applausi. Udivamo nello stesso tempo una musica celeste e un canto di voci le più dolci, che ci incoraggiavano a salire su per quell’erta.

Eravamo giunti anche noi quasi alla cima della montagna, quando mi volsi indietro per vedere se avevo con me tutti i giovani; ma con vivo dolore mi trovai quasi solo. Di tanti miei piccoli compagni non me ne restavano che tre o quattro. Guardai all’ingiù e li vidi sparsi per la montagna, chi a cercare lumache tra i sassi, chi a raccogliere fiori senza odore, chi a raccogliere frutti selvatici, chi a correre dietro alle farfalle, e chi tranquillamente seduto a riposare all’ombra di una pianta. Io mi misi a gridare con quanta voce avevo in gola, mi sbracciavo a far loro segni, li chiamavo per nome a uno a uno. Qualcuno venne, sicché erano poi circa otto i giovani intorno a me. Tutti gli altri continuavano a occuparsi in quelle loro bazzecole. Ma io non volevo assolutamente andare in paradiso accompagnato da così pochi giovani, e perciò determinai di andare io stesso a prendere quei renitenti.

E così feci. Quanti ne incontravo scendendo, tanti ne spingevo in su. A questo davo un avviso, a quello un rimprovero amorevole; a un terzo una solenne sgridata:

— Andate su, per carità — mi affannavo a dire — non fermatevi per queste cose da nulla.

E venendo in giù li avevo già avvertiti quasi tutti e mi trovavo sulle balze del monte che avevamo salito con tanto stento. Quivi avevo fermato alcuni che, stanchi per la fatica del salire e impau riti dall’altezza da raggiungere, ritornavano al basso. Quindi volli riprendere la salita verso la vetta, ma inciampai in una pietra e mi svegliai».

Don Bosco terminò dicendo: « Se il sogno non fosse stato un sogno ma una realtà e avessimo dovuto morire allora, fra tanti giovani che siamo qui, se ci incamminassimo verso il paradiso, pochissimi vi giungerebbero: fra 700-800 e più non sarebbero che tre o quattro. Ma a momenti, non vi turbate: dico che non sarebbero che tre o quattro quelli che di volo andrebbero al paradiso, senza passare qualche tempo tra le fiamme del purgatorio. Qualcuno forse vi resterebbe un momento solo, altri un giorno, altri dei giorni e delle settimane. Procurate quindi di acquistare delle indulgenze, quante più potete. Se poi acquisterete un'indulgenza plenaria, andrete di volo in paradiso ».


AVVICINATI ALLA MIA CROCE A.N.A. 65 5 aprile 1995

Catalina Rivas


Gesù

Vieni, figlio Mio, sali al Calvario e contempla la Croce crudelmente innalzata, contemplaMi da essa pendente tra cielo e terra, mentre verso sangue da tutte le ferite. Purificando, da una parte, il mondo e dall'altra, invocando il cielo per la salvezza degli uomini.

Medita pietosamente e con attenzione i Miei inauditi tormenti e comprendi bene quanto gravi e quanto orribili sono i peccati del mondo e i tuoi, per aver avuto bisogno di una simile espiazione.

Impara, inoltre, quanto può essere grande l'Amore del Mio Cuore, per cui Io, essendo innocente, ho sofferto e accettato volontariamente il castigo dei colpevoli.

Io sulla Croce, sostenuto con fiele e aceto; tu cercando piaceri e diletti. Io coronato di spine; tu cingendoti di una ghirlanda di rose a Mio dispregio. Io povero e nudo; tu perso dietro i beni del mondo. Io avendo per letto un legno; tu in cerca di un letto morbido e della comodità per il tuo corpo. Io sulla Croce, sopportando una vita di sofferenze e di infamie; tu perso, sempre, fra onori e piaceri. Io con il costato aperto per darti il Mio Cuore; tu con il tuo aperto per vani e pericolosi amori. È così che corrispondi a Colui che ti ha creato, che ti ha redento e che ti ha custodito? Che ne hai fatto dei tanti Miei benefici, di cui Mi ringrazi crocifiggendomi di nuovo?

E tu, che Mi conosci veramente meglio di altri con l'aiuto della Mia Grazia e per la tua esperienza, e per questo più obbligato a corrispondere con maggior gratitudine e con un amore più tenero, sei ancora più peccatore di coloro che Mi hanno crocefisso. Tu aggiungi dolori ancora più acuti ai dolori delle Mie ferite, spezzi il Mio Cuore, che non è ora morto ma vivo, e sacrifichi con inaudita crudeltà l'Autore della tua vita e il Giudice del tuo eterno destino.

È certo che la malizia del peccato mai si è manifestata con una tale evidenza, come nella Mia Passione; mai si sarebbe conosciuta la sua enormità, se Io non fossi morto sulla croce per causa vostra.

Piangi per te e per il tuo destino. Se i peccati degli altri fanno questo in Me, che sono l'albero fiorito, che cosa non faranno in te, tronco secco e arido, i tuoi innumerevoli peccati? Fino ad ora, Io sono anche il tuo Salvatore, il Padre tuo, disposto a riceverti fra le Mie braccia; ma poi, tu Mi troverai solo come Giudice.

Vieni, figlio Mio, avvicinati alla Croce, qui risplende la benignità e la magnificenza dei Miei sentimenti paterni, qui le Mie piaghe non solo inducono al pentimento e alla penitenza, ma offrono il perdono e la grazia; qui, la voce del Mio sangue intercede per te, con un potente grido; e qui, infine, il Mio Cuore arde dal desiderio della tua salvezza eterna.

Voi, gli assetati, venite, questa è quella pietra mistica, aperta dal bastone di Mosé nel deserto, dalla quale scaturì l'acqua in abbondanza. Coloro che desiderano pace e amicizia con Dio, letroveranno in quella pietra che il Patriarca Giobbe unse con olio e innalzò a titolo di amicizia e pace fra Dio e gli uomini.

Chi desidera vino per curare le proprie piaghe, questo è quel grappolo che è stato tratto dalla terra promessa a questa valle di lacrime, dove ora è calpestato e oltraggiato nel luogo della croce per vostro conforto.

Coloro che desiderano l'olio della divina grazia, questo è il vaso prezioso della vita del Profeta Eliseo, pieno di olio, con il quale tutti dovranno pagare i propri debiti E sebbene il vaso possa apparire piccolo per molti, non guardate la quantità ma la virtù; questa virtù è tanto grande che, per quanti vasi ci siano da riempire, sempre circolerà la vena di questo sacro liquore.

Qui è piantato l'albero della vita, qui è piantata la scala mistica che unisce il cielo con la terra, dove gli Angeli vanno a Dio.

Combattuti dal demonio, in nessun luogo resisterete meglio al combattimento come ai piedi della Croce: qui, spogliati della vostra padronanza e della vostra forza, otterrete facilmente la vittoria.