Sotto il Tuo Manto

Giovedi, 5 giugno 2025 - San Bonifacio (Letture di oggi)

Qualcuno una volta mi domandò: « Sei sposata? », e io risposi: «Sì, e trovo difficile talora sorridere a Ge­sù, perché a volte Egli può essere anche molto esigen­te». E piuttosto vero tutto questo. E accade dove na­sce l'amore, quando è impegnativo... e nonostante questo noi possiamo donarlo a Lui con gioia. (Madre Teresa di Calcutta)

Liturgia delle Ore - Letture

Settimana Santa - Venerdì Santo

Questa sezione contiene delle letture scelte a caso, provenienti dalle varie sezioni del sito (Sacra Bibbia e la sezione Biblioteca Cristiana), mentre l'ultimo tab Apparizioni, contiene messaggi di apparizioni a mistici o loro scritti. Sono presenti testi della Valtorta, Luisa Piccarreta, don Stefano Gobbi e testimonianze di apparizioni mariane riconosciute.

Vangelo secondo Luca 20

1Un giorno, mentre istruiva il popolo nel tempio e annunziava la parola di Dio, si avvicinarono i sommi sacerdoti e gli scribi con gli anziani e si rivolsero a lui dicendo:2"Dicci con quale autorità fai queste cose o chi è che t'ha dato quest'autorità".3E Gesù disse loro: "Vi farò anch'io una domanda e voi rispondetemi:4Il battesimo di Giovanni veniva dal Cielo o dagli uomini?".5Allora essi discutevano fra loro: "Se diciamo "dal Cielo", risponderà: "Perché non gli avete creduto?".6E se diciamo "dagli uomini", tutto il popolo ci lapiderà, perché è convinto che Giovanni è un profeta".7Risposero quindi di non saperlo.8E Gesù disse loro: "Nemmeno io vi dico con quale autorità faccio queste cose".

9Poi cominciò a dire al popolo questa parabola: "Un uomo 'piantò una vigna', l'affidò a dei coltivatori e se ne andò lontano per molto tempo.10A suo tempo, mandò un servo da quei coltivatori perché gli dessero una parte del raccolto della vigna. Ma i coltivatori lo percossero e lo rimandarono a mani vuote.11Mandò un altro servo, ma essi percossero anche questo, lo insultarono e lo rimandarono a mani vuote.12Ne mandò ancora un terzo, ma anche questo lo ferirono e lo cacciarono.13Disse allora il padrone della vigna: Che devo fare? Manderò il mio unico figlio; forse di lui avranno rispetto.14Quando lo videro, i coltivatori discutevano fra loro dicendo: Costui è l'erede. Uccidiamolo e così l'eredità sarà nostra.15E lo cacciarono fuori della vigna e l'uccisero. Che cosa farà dunque a costoro il padrone della vigna?16Verrà e manderà a morte quei coltivatori, e affiderà ad altri la vigna". Ma essi, udito ciò, esclamarono: "Non sia mai!".17Allora egli si volse verso di loro e disse: "Che cos'è dunque ciò che è scritto:

'La pietra che i costruttori hanno scartata,
è diventata testata d'angolo'?

18Chiunque cadrà su quella pietra si sfracellerà e a chi cadrà addosso, lo stritolerà".19Gli scribi e i sommi sacerdoti cercarono allora di mettergli addosso le mani, ma ebbero paura del popolo. Avevano capito che quella parabola l'aveva detta per loro.

20Postisi in osservazione, mandarono informatori, che si fingessero persone oneste, per coglierlo in fallo nelle sue parole e poi consegnarlo all'autorità e al potere del governatore.21Costoro lo interrogarono: "Maestro, sappiamo che parli e insegni con rettitudine e non guardi in faccia a nessuno, ma insegni secondo verità la via di Dio.22È lecito che noi paghiamo il tributo a Cesare?".23Conoscendo la loro malizia, disse:24"Mostratemi un denaro: di chi è l'immagine e l'iscrizione?". Risposero: "Di Cesare".25Ed egli disse: "Rendete dunque a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio".26Così non poterono coglierlo in fallo davanti al popolo e, meravigliati della sua risposta, tacquero.

27Gli si avvicinarono poi alcuni sadducei, i quali negano che vi sia la risurrezione, e gli posero questa domanda:28"Maestro, Mosè ci ha prescritto: Se a qualcuno muore un fratello che ha moglie, ma senza figli, suo fratello si prenda la vedova e dia una discendenza al proprio fratello.29C'erano dunque sette fratelli: il primo, dopo aver preso moglie, morì senza figli.30Allora la prese il secondo31e poi il terzo e così tutti e sette; e morirono tutti senza lasciare figli.32Da ultimo anche la donna morì.33Questa donna dunque, nella risurrezione, di chi sarà moglie? Poiché tutti e sette l'hanno avuta in moglie".34Gesù rispose: "I figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito;35ma quelli che sono giudicati degni dell'altro mondo e della risurrezione dai morti, non prendono moglie né marito;36e nemmeno possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, essendo figli della risurrezione, sono figli di Dio.37Che poi i morti risorgono, lo ha indicato anche Mosè a proposito del roveto, quando chiama il Signore: 'Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe'.38Dio non è Dio dei morti, ma dei vivi; perché tutti vivono per lui".39Dissero allora alcuni scribi: "Maestro, hai parlato bene".40E non osavano più fargli alcuna domanda.

41Egli poi disse loro: "Come mai dicono che il Cristo è figlio di Davide,42se Davide stesso nel libro dei Salmi dice:

'Ha detto il Signore al mio Signore:
siedi alla mia destra,'
43'finché io ponga i tuoi nemici
come sgabello ai tuoi piedi?'

44Davide dunque lo chiama Signore; perciò come può essere suo figlio?".

45E mentre tutto il popolo ascoltava, disse ai discepoli:46"Guardatevi dagli scribi che amano passeggiare in lunghe vesti e hanno piacere di esser salutati nelle piazze, avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei conviti;47divorano le case delle vedove, e in apparenza fanno lunghe preghiere. Essi riceveranno una condanna più severa".


Numeri 5

1Il Signore disse a Mosè:2"Ordina agli Israeliti che allontanino dall'accampamento ogni lebbroso, chiunque soffre di gonorrea o è impuro per il contatto con un cadavere.3Allontanerete sia i maschi sia le femmine; li allontanerete dall'accampamento perché non contaminino il loro accampamento in mezzo al quale io abito".4Gli Israeliti fecero così e li allontanarono dall'accampamento. Come il Signore aveva ordinato a Mosè, così fecero gli Israeliti.
5Il Signore aggiunse a Mosè:6"Ordina agli Israeliti: Quando un uomo o una donna avrà fatto un torto a qualcuno, peccando contro il Signore, questa persona si sarà resa colpevole.7Dovrà confessare il peccato commesso e restituirà: il reo rifonderà per intero il danno commesso, aggiungendovi un quinto e lo darà a colui verso il quale è responsabile.8Ma se costui non ha stretto parente a cui si possa rifondere il danno commesso, questo spetterà al Signore, cioè al sacerdote, oltre l'ariete dell'espiazione, mediante il quale si farà l'espiazione per il colpevole.9Ogni tributo su tutte le cose consacrate che gli Israeliti offriranno, è del sacerdote, apparterrà a lui;10le cose che uno consacrerà saranno sue e ciò che uno darà al sacerdote apparterrà a lui".
11Il Signore aggiunse a Mosè:12"Parla agli Israeliti e riferisci loro: Se una donna si sarà traviata e avrà commesso una infedeltà verso il marito13e un uomo avrà avuto rapporti con lei, ma la cosa è rimasta nascosta agli occhi del marito; se essa si è contaminata in segreto e non vi siano testimoni contro di lei perché non è stata colta sul fatto,14qualora lo spirito di gelosia si impadronisca del marito e questi diventi geloso della moglie che si è contaminata oppure lo spirito di gelosia si impadronisca di lui e questi diventi geloso della moglie che non si è contaminata,15quell'uomo condurrà la moglie al sacerdote e porterà una offerta per lei: un decimo di 'efa' di farina d'orzo; non vi spanderà sopra olio, né vi metterà sopra incenso, perché è un'oblazione di gelosia, un'offerta commemorativa per ricordare una iniquità.16Il sacerdote farà avvicinare la donna e la farà stare davanti al Signore.17Poi il sacerdote prenderà acqua santa in un vaso di terra; prenderà anche polvere che è sul pavimento della Dimora e la metterà nell'acqua.18Il sacerdote farà quindi stare la donna davanti al Signore, le scoprirà il capo e porrà nelle mani di lei l'oblazione commemorativa, che è l'oblazione di gelosia, mentre il sacerdote avrà in mano l'acqua amara che porta maledizione.19Il sacerdote farà giurare quella donna e le dirà: Se nessun uomo ha avuto rapporti disonesti con te e se non ti sei traviata per contaminarti ricevendo un altro invece di tuo marito, quest'acqua amara, che porta maledizione, non ti faccia danno!20Ma se ti sei traviata ricevendo un altro invece di tuo marito e ti sei contaminata e un uomo che non è tuo marito ha avuto rapporti disonesti con te...21Allora il sacerdote farà giurare alla donna con un'imprecazione; poi dirà alla donna: Il Signore faccia di te un oggetto di maledizione e di imprecazione in mezzo al tuo popolo, facendoti avvizzire i fianchi e gonfiare il ventre;22quest'acqua che porta maledizione ti entri nelle viscere per farti gonfiare il ventre e avvizzire i fianchi! E la donna dirà: Amen, Amen!23Poi il sacerdote scriverà queste imprecazioni su un rotolo e le cancellerà con l'acqua amara.24Farà bere alla donna quell'acqua amara che porta maledizione e l'acqua che porta maledizione entrerà in lei per produrle amarezza;25il sacerdote prenderà dalle mani della donna l'oblazione di gelosia, agiterà l'oblazione davanti al Signore e l'offrirà sull'altare;26il sacerdote prenderà una manciata di quell'oblazione come memoriale di lei e la brucerà sull'altare; poi farà bere l'acqua alla donna.27Quando le avrà fatto bere l'acqua, se essa si è contaminata e ha commesso un'infedeltà contro il marito, l'acqua che porta maledizione entrerà in lei per produrre amarezza; il ventre le si gonfierà e i suoi fianchi avvizziranno e quella donna diventerà un oggetto di maledizione in mezzo al suo popolo.28Ma se la donna non si è contaminata ed è pura, sarà riconosciuta innocente e avrà figli.
29Questa è la legge della gelosia, nel caso in cui la moglie di uno si sia traviata ricevendo un altro invece del marito e si contamini30e per il caso in cui lo spirito di gelosia si impadronisca del marito e questi diventi geloso della moglie; egli farà comparire sua moglie davanti al Signore e il sacerdote le applicherà questa legge integralmente.31Il marito sarà immune da colpa, ma la donna porterà la pena della sua iniquità".


Salmi 147

1Alleluia.

Lodate il Signore:
è bello cantare al nostro Dio,
dolce è lodarlo come a lui conviene.

2Il Signore ricostruisce Gerusalemme,
raduna i dispersi d'Israele.
3Risana i cuori affranti
e fascia le loro ferite;
4egli conta il numero delle stelle
e chiama ciascuna per nome.
5Grande è il Signore, onnipotente,
la sua sapienza non ha confini.
6Il Signore sostiene gli umili
ma abbassa fino a terra gli empi.

7Cantate al Signore un canto di grazie,
intonate sulla cetra inni al nostro Dio.
8Egli copre il cielo di nubi,
prepara la pioggia per la terra,
fa germogliare l'erba sui monti.
9Provvede il cibo al bestiame,
ai piccoli del corvo che gridano a lui.
10Non fa conto del vigore del cavallo,
non apprezza l'agile corsa dell'uomo.
11Il Signore si compiace di chi lo teme,
di chi spera nella sua grazia.

12Alleluia.

Glorifica il Signore, Gerusalemme,
loda il tuo Dio, Sion.
13Perché ha rinforzato le sbarre delle tue porte,
in mezzo a te ha benedetto i tuoi figli.
14Egli ha messo pace nei tuoi confini
e ti sazia con fior di frumento.
15Manda sulla terra la sua parola,
il suo messaggio corre veloce.
16Fa scendere la neve come lana,
come polvere sparge la brina.

17Getta come briciole la grandine,
di fronte al suo gelo chi resiste?
18Manda una sua parola ed ecco si scioglie,
fa soffiare il vento e scorrono le acque.
19Annunzia a Giacobbe la sua parola,
le sue leggi e i suoi decreti a Israele.
20Così non ha fatto con nessun altro popolo,
non ha manifestato ad altri i suoi precetti.

Alleluia.


Salmi 38

1'Salmo. Di Davide. In memoria.'

2Signore, non castigarmi nel tuo sdegno,
non punirmi nella tua ira.
3Le tue frecce mi hanno trafitto,
su di me è scesa la tua mano.

4Per il tuo sdegno non c'è in me nulla di sano,
nulla è intatto nelle mie ossa per i miei peccati.
5Le mie iniquità hanno superato il mio capo,
come carico pesante mi hanno oppresso.

6Putride e fetide sono le mie piaghe
a causa della mia stoltezza.
7Sono curvo e accasciato,
triste mi aggiro tutto il giorno.

8Sono torturati i miei fianchi,
in me non c'è nulla di sano.
9Afflitto e sfinito all'estremo,
ruggisco per il fremito del mio cuore.
10Signore, davanti a te ogni mio desiderio
e il mio gemito a te non è nascosto.
11Palpita il mio cuore,
la forza mi abbandona,
si spegne la luce dei miei occhi.

12Amici e compagni si scostano dalle mie piaghe,
i miei vicini stanno a distanza.
13Tende lacci chi attenta alla mia vita,
trama insidie chi cerca la mia rovina.
e tutto il giorno medita inganni.

14Io, come un sordo, non ascolto
e come un muto non apro la bocca;
15sono come un uomo che non sente e non risponde.

16In te spero, Signore;
tu mi risponderai, Signore Dio mio.
17Ho detto: "Di me non godano,
contro di me non si vantino
quando il mio piede vacilla".

18Poiché io sto per cadere
e ho sempre dinanzi la mia pena.
19Ecco, confesso la mia colpa,
sono in ansia per il mio peccato.
20I miei nemici sono vivi e forti,
troppi mi odiano senza motivo,
21mi pagano il bene col male,
mi accusano perché cerco il bene.

22Non abbandonarmi, Signore,
Dio mio, da me non stare lontano;
23accorri in mio aiuto,
Signore, mia salvezza.


Ezechiele 20

1Il dieci del quinto mese, anno settimo, alcuni anziani d'Israele vennero a consultare il Signore e sedettero davanti a me.2Mi fu rivolta questa parola del Signore:3"Figlio dell'uomo, parla agli anziani d'Israele e di' loro: Dice il Signore Dio: Venite voi per consultarmi? Com'è vero ch'io vivo, non mi lascerò consultare da voi. Oracolo del Signore Dio.4Vuoi giudicarli? Li vuoi giudicare, figlio dell'uomo? Mostra loro gli abomini dei loro padri.5Di' loro: Dice il Signore Dio: Quando io scelsi Israele e alzai la mano e giurai per la stirpe della casa di Giacobbe, apparvi loro nel paese d'Egitto e giurai per loro dicendo: Io, il Signore, sono vostro Dio.6Allora alzai la mano e giurai di farli uscire dal paese d'Egitto e condurli in una terra scelta per loro, stillante latte e miele, che è la più bella fra tutte le terre.7Dissi loro: Ognuno getti via gli abomini dei propri occhi e non vi contaminate con gl'idoli d'Egitto: sono io il vostro Dio.
8Ma essi mi si ribellarono e non mi vollero ascoltare: non gettarono via gli abomini dei propri occhi e non abbandonarono gli idoli d'Egitto. Allora io decisi di riversare sopra di loro il mio furore e di sfogare contro di loro la mia ira, in mezzo al paese d'Egitto.9Ma feci diversamente per riguardo al mio nome, perché non fosse profanato agli occhi delle genti in mezzo alle quali si trovavano, poiché avevo dichiarato che li avrei fatti uscire dal paese d'Egitto sotto i loro occhi.10Così li feci uscire dall'Egitto e li condussi nel deserto;11diedi loro i miei statuti e feci loro conoscere le mie leggi, perché colui che le osserva viva per esse.12Diedi loro anche i miei sabati come un segno fra me e loro, perché sapessero che sono io, il Signore, che li santifico.
13Ma gli Israeliti si ribellarono contro di me nel deserto: essi non camminarono secondo i miei decreti, disprezzarono le mie leggi, che bisogna osservare perché l'uomo viva, e violarono sempre i miei sabati. Allora io decisi di riversare su di loro il mio sdegno nel deserto e di sterminarli.
14Ma agii diversamente per il mio nome, perché non fosse profanato agli occhi delle genti di fronte alle quali io li avevo fatti uscire.15Avevo giurato su di loro nel deserto che non li avrei più condotti nella terra che io avevo loro assegnato, terra stillante latte e miele, la più bella fra tutte le terre,16perché avevano disprezzato i miei comandamenti, non avevano seguito i miei statuti e avevano profanato i miei sabati, mentre il loro cuore si era attaccato ai loro idoli.17Tuttavia il mio occhio ebbe pietà di loro e non li distrussi, non li sterminai tutti nel deserto.
18Dissi ai loro figli nel deserto: Non seguite le regole dei vostri padri, non osservate le loro leggi, non vi contaminate con i loro idoli:19sono io, il Signore, il vostro Dio. Camminate secondo i miei decreti, osservate le mie leggi e mettetele in pratica.20Santificate i miei sabati e siano un segno fra me e voi, perché si sappia che sono io, il Signore vostro Dio.
21Ma anche i figli mi si ribellarono, non camminarono secondo i miei decreti, non osservarono e non misero in pratica le mie leggi, che danno la vita a chi le osserva; profanarono i miei sabati. Allora io decisi di riversare il mio sdegno su di loro e di sfogare contro di essi l'ira nel deserto.
22Ma ritirai la mano e feci diversamente per riguardo al mio nome, perché non fosse profanato agli occhi delle genti, alla cui presenza io li avevo fatti uscire.23E nel deserto giurai loro, alzando la mia mano, che li avrei dispersi fra le genti e disseminati in paesi stranieri,24perché non avevano praticato le mie leggi, anzi, avevano disprezzato i miei decreti, profanato i miei sabati e i loro occhi erano sempre rivolti agli idoli dei loro padri.
25Allora io diedi loro perfino statuti non buoni e leggi per le quali non potevano vivere.26Feci sì che si contaminassero nelle loro offerte facendo passare per il fuoco ogni loro primogenito, per atterrirli, perché riconoscessero che io sono il Signore.27Parla dunque agli Israeliti, figlio dell'uomo, e di' loro: Dice il Signore Dio: Ancora in questo mi offesero i vostri padri agendo con infedeltà verso di me:28dopo che io li ebbi introdotti nel paese che, levando la mia mano, avevo giurato di dare loro, essi guardarono ogni colle elevato, ogni albero verde e là fecero i sacrifici e portarono le loro offerte provocatrici: là depositarono i loro profumi soavi e versarono le loro libazioni.29Io dissi loro: Che cos'è quest'altura alla quale voi andate? Il nome altura è rimasto fino ai nostri giorni.
30Ebbene, di' agli Israeliti: Così dice il Signore Dio: Vi contaminate secondo il costume dei vostri padri, vi prostituite secondo i loro abomini,31vi contaminate con tutti i vostri idoli fino ad oggi, facendo le vostre offerte e facendo passare per il fuoco i vostri figli e io mi dovrei lasciare consultare da voi, uomini d'Israele? Com'è vero ch'io vivo - parola del Signore Dio - non mi lascerò consultare da voi.32E ciò che v'immaginate in cuor vostro non avverrà, mentre voi andate dicendo: Saremo come le genti, come le tribù degli altri paesi che prestano culto al legno e alla pietra.33Com'è vero ch'io vivo - parola del Signore Dio - io regnerò su di voi con mano forte, con braccio possente e rovesciando la mia ira.34Poi vi farò uscire di mezzo ai popoli e vi radunerò da quei territori dove foste dispersi con mano forte, con braccio possente e con la mia ira traboccante35e vi condurrò nel deserto dei popoli e lì a faccia a faccia vi giudicherò.36Come giudicai i vostri padri nel deserto del paese di Egitto così giudicherò voi, dice il Signore Dio.37Vi farò passare sotto il mio bastone e vi condurrò sotto il giogo dell'alleanza.38Separerò da voi i ribelli e quelli che si sono staccati da me; li farò uscire dal paese in cui dimorano, ma non entreranno nel paese d'Israele: così saprete che io sono il Signore.39A voi, uomini d'Israele, così dice il Signore Dio: Andate, servite pure ognuno i vostri idoli, ma infine mi ascolterete e il mio santo nome non profanerete più con le vostre offerte, con i vostri idoli;40poiché sul mio monte santo, sull'alto monte d'Israele - oracolo del Signore Dio - mi servirà tutta la casa d'Israele, tutta riunita in quel paese; là mi saranno graditi e là richiederò le vostre offerte, le primizie dei vostri doni in qualunque forma me li consacrerete.41Io vi accetterò come soave profumo, quando vi avrò liberati dai popoli e vi avrò radunati dai paesi nei quali foste dispersi: mi mostrerò santo in voi agli occhi delle genti.
42Allora voi saprete che io sono il Signore, quando vi condurrò nel paese d'Israele, nel paese che alzando la mia mano giurai di dare ai vostri padri.43Là vi ricorderete della vostra condotta, di tutti i misfatti dei quali vi siete macchiati, e proverete disgusto di voi stessi, per tutte le malvagità che avete commesse.44Allora saprete che io sono il Signore, quando agirò con voi per l'onore del mio nome e non secondo la vostra malvagia condotta e i vostri costumi corrotti, uomini d'Israele". Parola del Signore Dio.


Prima lettera ai Corinzi 10

1Non voglio infatti che ignoriate, o fratelli, che i nostri padri furono tutti sotto la nuvola, tutti attraversarono il mare,2tutti furono battezzati in rapporto a Mosè nella nuvola e nel mare,3tutti mangiarono lo stesso cibo spirituale,4tutti bevvero la stessa bevanda spirituale: bevevano infatti da una roccia spirituale che li accompagnava, e quella roccia era il Cristo.5Ma della maggior parte di loro Dio non si compiacque e perciò furono abbattuti nel deserto.
6Ora ciò avvenne come esempio per noi, perché non desiderassimo cose cattive, come essi le desiderarono.7Non diventate idolàtri come alcuni di loro, secondo quanto sta scritto: 'Il popolo sedette a mangiare e a bere e poi si alzò per divertirsi'.8Non abbandoniamoci alla fornicazione, come vi si abbandonarono alcuni di essi e ne caddero in un solo giorno ventitremila.9Non mettiamo alla prova il Signore, come fecero alcuni di essi, e caddero vittime dei serpenti.10Non mormorate, come mormorarono alcuni di essi, e caddero vittime dello sterminatore.11Tutte queste cose però accaddero a loro come esempio, e sono state scritte per ammonimento nostro, di noi per i quali è arrivata la fine dei tempi.12Quindi, chi crede di stare in piedi, guardi di non cadere.13Nessuna tentazione vi ha finora sorpresi se non umana; infatti Dio è fedele e non permetterà che siate tentati oltre le vostre forze, ma con la tentazione vi darà anche la via d'uscita e la forza per sopportarla.

14Perciò, o miei cari, fuggite l'idolatria.15Parlo come a persone intelligenti; giudicate voi stessi quello che dico:16il calice della benedizione che noi benediciamo, non è forse comunione con il sangue di Cristo? E il pane che noi spezziamo, non è forse comunione con il corpo di Cristo?17Poiché c'è un solo pane, noi, pur essendo molti, siamo un corpo solo: tutti infatti partecipiamo dell'unico pane.18Guardate Israele secondo la carne: quelli che mangiano le vittime sacrificali non sono forse in comunione con l'altare?
19Che cosa dunque intendo dire? Che la carne immolata agli idoli è qualche cosa? O che un idolo è qualche cosa?20No, ma dico che i sacrifici dei pagani sono fatti a demòni e non a Dio. Ora, io non voglio che voi entriate in comunione con i demòni;21non potete bere il calice del Signore e il calice dei demòni; non potete partecipare alla mensa del Signore e alla mensa dei demòni.22O vogliamo provocare la gelosia del Signore? Siamo forse più forti di lui?

23"Tutto è lecito!". Ma non tutto è utile! "Tutto è lecito!". Ma non tutto edifica.24Nessuno cerchi l'utile proprio, ma quello altrui.25Tutto ciò che è in vendita sul mercato, mangiatelo pure senza indagare per motivo di coscienza,26perché 'del Signore è la terra e tutto ciò che essa contiene'.
27Se qualcuno non credente vi invita e volete andare, mangiate tutto quello che vi viene posto davanti, senza fare questioni per motivo di coscienza.28Ma se qualcuno vi dicesse: "È carne immolata in sacrificio", astenetevi dal mangiarne, per riguardo a colui che vi ha avvertito e per motivo di coscienza;29della coscienza, dico, non tua, ma dell'altro. Per qual motivo, infatti, questa mia libertà dovrebbe esser sottoposta al giudizio della coscienza altrui?30Se io con rendimento di grazie partecipo alla mensa, perché dovrei essere biasimato per quello di cui rendo grazie?

31Sia dunque che mangiate sia che beviate sia che facciate qualsiasi altra cosa, fate tutto per la gloria di Dio.32Non date motivo di scandalo né ai Giudei, né ai Greci, né alla Chiesa di Dio;33così come io mi sforzo di piacere a tutti in tutto, senza cercare l'utile mio ma quello di molti, perché giungano alla salvezza.


Capitolo III: Utilità della Comunione frequente

Leggilo nella Biblioteca

Parola del discepolo

1. Ecco, io vengo a te, o Signore, per trarre beneficio dal tuo dono e ricevere allegrezza al banchetto santo, "che, nella tua bontà, o Dio, hai preparato al misero" (Sal 67,11). Ecco, quanto io posso e debbo desiderare sta tutto in te; tu sei la mia salvezza, la redenzione, la speranza, la fortezza, la maestà e la gloria. "Ricolma dunque oggi di letizia l'anima del tuo servo, perché, o Signore Gesù, a te ho innalzato l'anima mia" (Sal 85,4). Ardentemente desidero ora riceverti, con devozione e venerazione; desidero introdurti nella mia casa, per meritare, come Zaccheo, di essere da te benedetto e di essere annoverato tra i figli d'Abramo. L'anima mia ha fame del tuo corpo; il mio cuore arde di farsi una cosa sola con te. Dammi in dono te stesso, e mi basta; poiché non c'è consolazione che abbia valore, fuori di te. Non posso stare senza di te; non riesco a vivere senza la tua presenza. E così occorre che io mi accosti frequentemente a te, ricevendoti come mezzo della mia salvezza. Che non mi accada di venir meno per strada, se fossi privato di questo cibo celeste. Tu stesso, o Gesù tanto misericordioso, predicando alle folle e guarendo varie malattie, dicesti una volta: "non li voglio mandare alle loro case digiuni, perché non vengano meno per strada" (Mt 15,32). Fa', dunque, la stessa cosa ora con me; tu, che, per dare conforto ai fedeli, hai lasciato te stesso in sacramento. Sei tu, infatti, il soave ristoro dell'anima; e chi ti mangia degnamente sarà partecipe ed erede della gloria eterna. Poiché, dunque, io cado tanto spesso in peccato, e intorpidisco e vengo meno tanto facilmente, è veramente necessario che, pregando, confessandomi frequentemente e prendendo il santo cibo del tuo corpo, io mi rinnovi, mi purifichi e mi infiammi; cosicché non avvenga che, per una prolungata astinenza, io mi allontani dal mio santo proposito. In verità, "i sensi dell'uomo, fin dall'adolescenza, sono proclivi al male" (Gn 8,21); tosto egli cade in mali peggiori, se non lo soccorre la medicina celeste. Ed è appunto la santa Comunione che distoglie l'uomo dal male e lo rafforza nel bene. Che se ora sono così spesso svogliato e tiepido nella Comunione o nella celebrazione della Messa, che cosa sarebbe di me, se non prendessi questo rimedio e non cercassi un così grande aiuto? Anche se non mi sento sempre degno e pienamente disposto a celebrare, farò in modo di ricevere, in tempi opportuni, questi divini misteri e di rendermi partecipe di una grazia così grande. Giacché la principale, anzi l'unica, consolazione dell'anima fedele - finché va peregrinando, lontana da te, entro il corpo mortale - consiste proprio in questo, nel ricordarsi frequentemente del suo Dio e nel ricevere, in spirito di devozione, il suo diletto.

2. Oh!, meravigliosa degnazione della tua misericordia verso di noi, che tu, Signore Dio, creatore e vivificatore di tutti gli spiriti celesti, ti abbassi a venire in questa anima poveretta, saziando la sua fame con la tua divinità e insieme con la tua umanità. Felice quello spirito, beata quell'anima che merita di ricevere devotamente te, Signore e Dio, colmandosi in tal modo di gioia interiore. Quale grande signore essa accoglie; quale amato ospite, qual piacevole compagno riceve; quale fedele amico accetta; quale nobile e bello sposo essa abbraccia, degno di amore più di ogni persona cara e di ogni cosa che si possa desiderare. Tacciano dinanzi a te, o dolcissimo mio diletto, il cielo e la terra, con tutte le loro bellezze; giacché dalla degnazione della tua munificenza cielo e terra ricevono quanto hanno di grande e di nobile, pur non arrivando essi alla grandezza del tuo nome, "immenso nella sua sapienza" (Sal 146,5).


DISCORSO 65 SULLE PAROLE DEL VANGELO DI MT 10, 28: "NON ABBIATE PAURA DI QUELLI CHE UCCIDONO IL CORPO" ECC.

Discorsi - Sant'Agostino

Leggilo nella Biblioteca

Il timore deve essere scacciato dal timore.

1. 1. Le parole della Scrittura che sono state lette ci ammoniscono di non aver paura pur avendo paura e d'aver paura pur senz'averla. Avete notato, mentre si leggeva il santo Vangelo, che nostro Signore, prima di morire per noi, volle che noi fossimo forti nello spirito, ma ammonendoci di non aver paura e nello stesso tempo d'aver paura. Dice infatti: Non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo ma non possono uccidere l'anima 1. Ecco come ci ammonì di non aver paura. Vedete ora come ci ammonì d'aver paura: Temete invece Dio, che ha il potere di far perire l'anima e il corpo nell'inferno 2. Cerchiamo dunque d'aver paura, per non aver paura. Sembra che la paura sia in rapporto con la viltà; sembra che la paura sia propria dei deboli e non dei forti. Ma vedete che cosa dice la Scrittura: Il timore del Signore è la speranza del forte 3. Dobbiamo temere e non dobbiamo temere, dobbiamo cioè temere con prudenza, per non temere senza ragione. I santi martiri, per la solennità dei quali è stato letto questo passo del Vangelo, non ebbero paura perché ebbero timore: temendo Dio disprezzarono gli uomini.

L'uomo non deve temere nulla da un altro uomo.

1. 2. Ma che cosa deve temere un uomo da parte d'un altro uomo? L'uomo E che cos'è ciò con cui un uomo può mettere paura ad un altro uomo? Incute paura e dice: "Ti ucciderò", ma non ha paura di morire prima di te mentre ti minaccia. "Ti ucciderò", dice. Chi lo dice? a chi lo dice? Io sento due individui: uno che incute spavento e l'altro che lo prova; uno è potente, l'altro è debole, ma ambedue mortali. Perché dunque il potente insuperbisce della sua carica, gonfiandosi d'orgoglio, mentre per la carne è debole come tutti gli altri? Potrebbe minacciare con sicurezza la morte solo chi non teme la morte. Se al contrario teme ciò con cui incute paura, consideri attentamente se stesso e si paragoni a colui ch'egli minaccia. Scopra una condizione uguale alla sua in colui ch'egli minaccia, e insieme con lui chieda pietà a Dio. In effetti è un uomo e minaccia un altro uomo, una creatura minaccia un'altra creatura, ma una è gonfia d'orgoglio sotto il potere del Creatore, l'altra si rifugia presso il Creatore.

Perché il martire di Dio non è atterrito dal persecutore.

2. 3. Il martire dunque, pieno di coraggio, da uomo che sta ritto avanti a un uomo, dica pure: "Non ho paura, perché ho paura. Se Dio non lo vorrà tu non potrai far nulla di quel che minacci; egli invece da nessuno può essere impedito di fare ciò che minaccia. In secondo luogo anche se ti si permette ciò che minacci, che puoi fare? Potrai incrudelire solo sulla carne, ma l'anima non corre alcun pericolo. Non potrai uccidere ciò che non vedi; tu che sei visibile atterrisci uno ch'è visibile. Ambedue abbiamo come creatore l'Invisibile, che dobbiamo temere entrambi. Egli creò lo stesso uomo con una sostanza visibile e con un'altra invisibile: quella visibile l'ha plasmata con la terra, l'invisibile è stata animata dal suo soffio. Per conseguenza la sostanza invisibile, cioè l'anima che ha rialzato da terra la parte terrestre ch'era inerte, non ha paura quando colpisci la sostanza fatta di terra. Puoi colpire l'abitazione, ma potrai forse colpire colui che l'abita? Questo, una volta tagliato il legame con cui era unito ad essa, fugge via e sarà premiato in modo invisibile. Perché dunque minacci, dal momento che all'anima non puoi far nulla? Per mezzo dell'anima, alla quale non puoi far nulla, risorgerà il corpo, al quale puoi fare qualcosa. In realtà per mezzo dell'anima risorgerà anche la carne e, destinata a non andare più in rovina, ma a perdurare, sarà resa al suo inquilino. Ecco - espongo le parole di un martire - io non ho paura di chi minaccia nemmeno la stessa mia carne. La mia carne è soggetta alla potenza di Dio; ma anche il numero dei capelli del capo è noto al Creatore 4. Perché temerò di perdere la carne, dal momento che non perderò neppure un capello? Come non conserverà la mia carne Colui al quale sono così note le mie parti spregevoli? Lo stesso corpo che può essere colpito ed ucciso, per un po' di tempo sarà cenere, ma sarà poi immortale per l'eternità. Ma a chi toccherà questa sorte? A chi sarà restituito il corpo per la vita eterna anche se è stato ucciso, disfatto, disperso? A chi sarà restituito? A chi non ebbe paura di dare la propria vita, senza aver paura che venisse uccisa la propria carne".

L'anima è a suo modo immortale.

3. 4. Si afferma infatti, fratelli, che l'anima è immortale ed immortale secondo un modo suo particolare, perché è un principio vitale che può far vivere la carne mediante la sua presenza. Senza dubbio il corpo vive per mezzo dell'anima. Questo principio vitale non può morire e perciò l'anima è immortale. Perché mai ho detto: "secondo un suo modo particolare"? Sentite perché. Perché c'è un'immortalità vera, un'immortalità che è assoluta immutabilità; di questa l'Apostolo, parlando di Dio, afferma: Egli solo possiede l'immortalità e abita in una luce alla quale non può avvicinarsi nessuno. Nessun uomo l'ha mai visto né potrà mai vederlo. A lui onore e gloria per tutti i secoli. Amen 5. Se dunque solo Dio ha l'immortalità, senza dubbio l'anima è mortale. Ecco perché ho detto che l'anima è immortale secondo un modo suo proprio, poiché può anche morire. La Carità vostra cerchi di capire e non rimarrà alcun problema. Oso affermare: "L'anima può morire, può essere uccisa". Senza dubbio essa è immortale. Ma ecco, io oso dire: "è immortale e può anche essere uccisa"; lo dico perché un'immutabilità immortale, cioè assoluta, c'è ma è posseduta solo da Dio, del quale è detto: Egli solo possiede l'immortalità. Se infatti l'anima non può essere uccisa, come mai il Signore stesso, per atterrire i suoi, disse: Temete chi ha il potere di far perire l'anima e il corpo nell'inferno 6?.

Come può morire l'anima.

4. 5. Finora non ho fatto che aumentare la difficoltà senza risolverla. Ho provato che l'anima può subire la morte. Il Vangelo non può essere contraddetto se non da un'anima empia. Ecco, mi si presenta anche qui e mi viene in mente la risposta che posso dare: non può opporsi alla vita se non un'anima morta. Il Vangelo è la vita; l'empietà e l'infedeltà sono la morte dell'anima. Ecco, essa può morire eppure è immortale. In che modo è dunque immortale? Perché essa conserva sempre una certa vita che non si spegne giammai. E come muore? Non già cessando d'essere un principio vitale, ma perdendo essa stessa la vita. L'anima infatti è un principio vitale per un'altra sostanza e nello stesso tempo anch'essa ha una sua propria vita. Considera l'ordine stabilito nelle creature. La vita del corpo è l'anima; la vita dell'anima è Dio. Allo stesso modo che in un corpo c'è la vita, cioè l'anima, perché il corpo non muoia, così nell'anima dev'esserci la vita, cioè Dio, perché l'anima non muoia. In che modo muore il corpo? Quando lo abbandona l'anima. Se l'anima - ripeto lo abbandona, il corpo muore e giace cadavere; poco prima desiderabile, adesso spregevole. Ci sono le membra, gli occhi, le orecchie; ma queste sono le finestre della casa, l'inquilino se n'è andato via. Chi piange un morto, invano grida alla finestra dell'abitazione: dentro non c'è alcuno che senta. Quante cose dice l'affetto di chi piange, quante cose enumera e ricorda, e con quanta - per così esprimersi follia dolorosa gli sembra di parlare con uno che sente, sebbene parli con un assente. Enumera i suoi buoni costumi, le prove di benevolenza verso di lui. "Sei stato tu a darmi quella cosa, a rendermi questo e quest'altro servizio; sei tu che mi hai dimostrato in tanti modi il tuo affetto". Se tu riflettessi, se tu comprendessi, se tu soffocassi la follia provocata dal dolore, sapresti che chi ti ha voluto bene non c'è più. Invano continui a bussare alla porta d'una casa in cui non potrai trovare l'abitante.

Indizi della morte del corpo e dell'anima.

5. 6. Ma torniamo alla questione di cui parlavo poc'anzi. È morto il corpo. Perché? Perché si è separato da esso il suo principio vitale, cioè l'anima. Un altro corpo è vivo, ma è il corpo d'un empio, d'un infedele, d'uno ch'è ostinato nell'incredulità, insensibile a cambiar condotta: sebbene il corpo continui a vivere, è morta l'anima per mezzo della quale il corpo vive. L'anima in realtà è una sostanza così potente ch'è capace di far vivere il corpo anche se è morta. L'anima - ripeto - è una sostanza così potente, è una creatura così elevata, che anche morta è capace di far vivere la carne. Ora, l'anima stessa d'un empio, d'un infedele, d'un malvagio, d'un ostinato, è morta, eppure per mezzo di essa, anch'essa morta, vive il corpo. Ecco perché essa è nel corpo: è essa che muove le mani ad agire, i piedi a camminare, rivolge lo sguardo per vedere, si piega con le orecchie ad udire, distingue i sapori, rifugge i dolori, ricerca i piaceri. Tutti questi sono indizi d'un corpo che vive, ma che vive per la presenza dell'anima. Domando a un corpo se è vivo. Mi risponde: "Vedi che cammino, che agisco, senti che parlo, capisci che ricerco i piaceri e fuggo i dolori, e non capisci che il corpo è vivo?". Che il corpo sia vivo lo capisco da queste azioni dell'anima presente nel corpo. Ma io domando all'anima se è viva. Anch'essa infatti ha le sue azioni con cui manifesta la propria vita. I piedi camminano, da ciò capisco che il corpo è vivo, ma lo é grazie alla presenza dell'anima. Chiedo se l'anima vive. Questi piedi camminano. Ecco, mi limito a costatare solo questo movimento. Interrogo il corpo e l'anima per sapere se vivono. Se i piedi camminano capisco che il corpo vive. Ma dove si dirigono? Verso l'adulterio, mi si dice. L'anima dunque è morta. Cosi infatti dice la veracissima Scrittura: Morta è la vedova che vive nel piacere 7. Sebbene ci sia molta differenza tra i piaceri e l'adulterio, come può l'anima - che viene detta morta se vive nei piaceri - vivere nell'adulterio? Essa è morta. Ma nemmeno agendo così è morta. Sento che parla, il corpo dunque vive. In realtà la lingua non si moverebbe nella bocca e non farebbe echeggiare in qualsiasi luogo suoni articolati, se nell'interno non ci fosse chi vi abita e per così dire il musicista per questo strumento, il musicista che si serve del proprio linguaggio. Lo capisco benissimo. Il corpo parla in questo modo, esso dunque vive. Ma io mi domando se vive anche l'anima. Ecco, il corpo parla, è vivo. Ma che cosa dice? Allo stesso modo dicevo dei piedi: "Camminano, dunque il corpo è vivo" e, per capire se anche l'anima vivesse, chiedevo: "Verso dove camminano?". Cosi anche quando sento che parla, capisco che il corpo è vivo: chiedo che cosa dice per sapere se anche l'anima è viva. Dice bugie. Se dice bugie, vuol dire ch'è morta. Come proviamo ciò? Interroghiamo la stessa Verità che dice: La bocca che mentisce, uccide l'anima 8. Chiedo: "Perché l'anima è morta?". Come dicevo poco prima, chiedo: "Perché è morto il corpo?". Perché se n'è andata via l'anima, la sua vita. Perché è morta l'anima? Perché l'ha abbandonata Dio, sua vita.

La morte dell'anima è da temere più di quella del corpo.

6. 7. Questa breve esposizione deve bastarvi a farvi capire e tenere per certo che il corpo separato dall'anima è morto e che l'anima separata da Dio è morta. Ogni uomo separato da Dio è un'anima morta. Tu piangi un morto: piangi piuttosto un peccatore, un empio, un infedele. Sta scritto: Il lutto per un morto dura sette giorni, ma per lo stolto e l'empio tutti i giorni della toro vita 9. Non hai tu dunque sentimenti di pietà cristiana, mentre piangi su un corpo dal quale è andata via l'anima, e non piangi per un'anima dalla quale s'è allontanato Dio? Attenendosi a questa verità il martire, a chi lo minaccia, dovrà rispondere: "Perché mi vuoi costringere a rinnegare Cristo? Mi costringi dunque a rinnegare la verità? Se io mi rifiuterò, che farai tu? Uccidi il mio corpo per farne uscire l'anima, ma la stessa anima considera il corpo come sua proprietà. Non è dissennata, non è insipiente. Tu vuoi uccidere il mio corpo, tu vuoi che io, temendo che tu uccida il mio corpo e ne esca l'anima mia, io uccida l'anima mia e ne esca il mio Dio?". Non temere dunque, o martire, la spada del carnefice: temi piuttosto la tua lingua, per evitare di uccidere te stesso, di uccidere non il corpo ma l'anima. Abbi paura che l'anima non vada a morire nel fuoco dell'inferno.

Qual è la morte eterna dell'anima e del corpo.

7. 8. Ecco dunque perché il Signore dice: Chi ha il potere di uccidere il corpo e l'anima mandandoli al fuoco dell'inferno 10. In che modo? Quando l'empio sarà mandato nell'inferno, brucerà lì il suo corpo e l'anima sua? Morte del corpo è il castigo eterno, morte dell'anima è l'assenza di Dio. Vuoi sapere qual è la morte dell'anima? Senti il Profeta che dice: Sia tolto di mezzo l'empio, perché non veda la gloria del Signore 11. Abbia quindi l'anima paura della propria morte e non tema la morte del proprio corpo. Poiché, se uno avrà paura della propria morte e vivrà unito al proprio Dio senza offenderlo e senza respingerlo da sé, meriterà alla fine di riavere il proprio corpo non per il castigo eterno come gli empi, ma per la vita eterna come i giusti. I martiri, temendo quella morte e amando quella vita, aspettando l'oggetto delle promesse di Dio, disprezzando le minacce dei persecutori, han meritato anch'essi d'essere premiati presso Dio e hanno lasciato a noi queste solennità, perché noi le celebrassimo.

 

1 - Mt 10, 28.

2 - Mt 10, 28.

3 - Prv 14, 26.

4 - Cf. Mt 10, 30.

5 - 1 Tm 6, 16.

6 - Mt 10, 28.

7 - 1 Tm 5, 6.

8 - Sap 1, 11.

9 - Sir 22, 13.

10 - Mt 10, 28.

11 - Is 26, 10.


16 - L'età che aveva la Regina del cielo quando morì san Giuseppe.

La mistica Città di Dio - Libro quinto - Suor Maria d'Agreda

Leggilo nella Biblioteca

886. La vita del più felice fra gli uomini, san Giuseppe, fu di sessant'anni ed alcuni giorni; a trentatré sposò Maria santissima e in sua compagnia ne visse poco più di ventisette. Quando il santo sposo morì, la gran Signora aveva quarantuno anni ed era entrata da pochi mesi nel quarantaduesimo: a quattordici, infatti, fu data in sposa a san Giuseppe e insieme ne vissero ventisette, più i mesi che trascorsero dall'otto settembre fino al felice transito di lui. La Regina del cielo si ritrovò a questa età con la medesima disposizione e perfezione naturale che aveva acquistato a trentatré anni, perché non invecchiò, né decadde da quello stato perfettissimo. Per la morte di san Giuseppe provò un naturale sentimento di dolore, perché lo amava come sposo, come santo tanto eccellente nella perfezione e come protettore e benefattore. Per la prudentissima Signora questa sofferenza, benché ben ordinata, non fu piccola; l'amore infatti, già grande, era reso ancor maggiore dalla conoscenza del grado di santità che il suo sposo aveva tra i più illustri santi scritti nel libro della vita e nella mente dell'Altissimo. E se ciò che si ama di cuore non si perde senza dolore, il cordoglio per la perdita di ciò che si ama molto sarà maggiore.

887. Non è nell'intento di questa Storia scrivere di proposito le meraviglie della santità di san Giuseppe, né io ho l'ordine di farlo più di quanto sia necessario per meglio manifestare la dignità della sua sposa e nostra Regina, ai meriti della quale, dopo quelli del suo santissimo Figlio, si devono attribuire i doni e le grazie che l'Altissimo pose nel glorioso patriarca. E se anche la divina Signora non fosse stata la causa meritoria o lo strumento della santità del suo sposo, fu per lo meno il fine immediato al quale questa venne destinata; infatti, il Signore comunicò al suo servo Giuseppe la pienezza di virtù e di grazia necessaria affinché fosse degno sposo e custode di colei che si sceglieva come Madre. La santità di san Giuseppe, quindi, si deve misurare partendo da questo criterio e dall'amore e dalla stima che lo stesso Signore ebbe per la sua Madre santissima. Conformemente a tale pensiero credo che, se nel mondo vi fosse stato un uomo più perfetto e di qualità migliori, quello senza dubbio il Signore avrebbe dato a sua Madre come sposo; e siccome Dio la diede al patriarca san Giuseppe, costui dovette essere incontestabilmente il migliore su tutta la terra. Avendolo creato e preparato per fini tanto sublimi, è certo che la sua potente destra lo dovette rendere adatto e all'altezza di essi; la misura della luce divina doveva essere in relazione alla santità, alle virtù, ai doni, alle grazie e alle inclinazioni infuse e naturali.

888. Tra questo grande patriarca e gli altri santi noto una differenza. Infatti a molti di loro furono dati altri favori e privilegi, non tutti ordinati alla santità personale ma al servizio del Signore negli uomini; erano cioè grazie "gratis datae". In san Giuseppe, al contrario, i doni erano tutti finalizzati ad aumentare virtù e santità: quanto più egli era perfetto ed angelico, tanto più era adatto ad essere lo sposo di Maria santissima e il depositario del tesoro e del mistero del cielo; tutta la sua persona doveva essere un miracolo di santità, e lo fu. Questa meraviglia, per una particolare provvidenza del Signore, incominciò in lui fin dal grembo materno: il suo corpo fu dotato di temperamento equilibrato, di eccellenti qualità, di attitudine alla virtù, affinché subito fosse terra benedetta e ricevesse in sorte un'anima buona e delle inclinazioni rette. Egli fu santificato nel grembo di sua madre nel settimo mese; per tutta la vita gli restò legato il fomite del peccato e non ebbe mai moto impuro o sregolato; inoltre, benché in questa prima santificazione non gli fosse dato l'uso della ragione, ma la sola giustificazione dal peccato originale, sua madre sentì un nuovo giubilo nello Spirito Santo. Senza comprendere tutto il mistero, ella fece grandi atti di virtù e pensò che il figlio che portava in seno sarebbe stato ammirabile agli occhi di Dio e degli uomini.

889. San Giuseppe venne alla luce molto bello e perfetto, e suscitò in genitori e congiunti una gioia straordinaria, simile a quella che vi fu alla nascita del Battista, anche se la causa di tale gaudio fu più misteriosa. Già a tre anni gli fu concesso il perfetto uso della ragione, attraverso la scienza infusa e un nuovo aumento di grazia. Da quel momento il bambino cominciò a conoscere Dio per mezzo della fede e mediante la conoscenza naturale il Signore gli si rivelò anche come causa prima ed autore di tutte le cose, per cui ascoltava con attenzione e capiva profondamente ciò che si diceva dell'Altissimo e delle sue opere. Fin da allora ebbe il sublime dono dell'orazione e della contemplazione e l'ammirabile esercizio delle virtù, conformemente alla sua età. A tre anni, quindi, san Giuseppe era già uomo perfetto nell'uso della ragione - che comunemente si raggiunge intorno ai sette anni - e nella santità. Era di indole dolce, caritatevole, affabile, sincera, in tutto mostrava inclinazioni non solamente sante ma angeliche e, crescendo sempre più nella perfezione, giunse con una vita irreprensibile all'età in cui si sposò con Maria santissima.

890. Dopo le nozze intervennero le preghiere della divina Signora affinché gli venissero accresciuti i doni della grazia e fosse confermato in essa. Ella supplicò con insistenza l'Altissimo che, se le ordinava di sposarsi, santificasse il suo sposo Giuseppe per conformarlo ai suoi castissimi pensieri e desideri. Il Signore le fece sapere che la esaudiva e con la forza del suo braccio onnipotente operò copiosamente nello spirito e nelle facoltà del patriarca san Giuseppe effetti tanto divini che non si possono esprimere a parole; lo rivestì di tutte le virtù e di tutti i suoi doni. Inoltre, lo purificò di nuovo e lo ricolmò di grazia, confermandolo mirabilmente in essa. Nella castità il santo sposo fu esaltato più dei più alti serafini, perché la purezza che essi hanno senza il corpo fu concessa a san Giuseppe in un corpo corruttibile e in una carne mortale; mai entrò nelle sue facoltà immagine o specie di cosa impura della natura animale e sensibile. Essendo stato preservato da tutto questo, con una sincerità cristallina ed angelica, egli venne preparato a stare in compagnia e alla presenza della purissima fra tutte le creature; senza tale privilegio, infatti, non sarebbe stato all'altezza di una così grande dignità.

891. Nelle altre virtù fu ammirabile e singolare, specialmente nella carità, come chi si trova alla fonte per dissetarsi di quell'acqua viva che zampilla per la vita eterna o come materia che, vicino al fuoco, s'infiamma senza alcuna resistenza. La più grande esaltazione di questa virtù nel nostro santo si realizzò in quel che ho narrato nel capitolo precedente, giacché l'amore di Dio lo fece ammalare e fu proprio questo lo strumento che tagliò il filo della sua vita, rendendolo privilegiato nella morte. Le dolci angosce dell'amore, infatti, sorpassarono e quasi assorbirono quelle della natura, e queste operarono meno di quelle. Inoltre, siccome il santo ebbe così vicino l'oggetto del suo amore, Cristo nostro Signore e sua Madre, più di quanto abbia potuto o possa averli qualsiasi altro mortale, era inevitabile che quel candidissimo e purissimo cuore si consumasse tutto in affetti ed in effetti della più singolare carità. Benedetto sia l'Autore di meraviglie così grandi e benedetto sia il più felice tra i mortali, nel quale tutte queste meraviglie furono operate degnamente! È ben giusto che le nazioni e le generazioni lo conoscano e benedicano, poiché con nessun'altra creatura il Signore fece tali cose e a nessun'altra manifestò tanto il suo amore.

892. Delle visioni e rivelazioni divine con le quali fu favorito san Giuseppe ho detto qualcosa in tutto il corso di questa Storia; esse furono molto più di quelle che si possono raccontare, ma il di più sta nel fatto che egli conobbe i misteri di Cristo nostro Signore e della sua Madre santissima e visse in loro compagnia tanti anni, venendo considerato padre del medesimo Signore e vero sposo della Regina lo ho compreso alcuni privilegi che l'Altissimo gli concesse per la sua santità a vantaggio di quelli che degnamente lo invocheranno come loro intercessore. Il primo privilegio è finalizzato ad ottenere la virtù della castità e a vincere i pericoli della sensualità. Il secondo a conseguire aiuti potenti per allontanarsi dal peccato e tornare all'amicizia di Dio. Il terzo ad acquistare per suo tramite la devozione a Maria santissima e fruire della sua intercessione. Il quarto ad ottenere una buona morte ed essere in quell'ora difesi dal demonio. Il quinto a far sì che gli stessi demoni temano di udire il nome di san Giuseppe. Il sesto a conseguire la salute del corpo e il rimedio in altre tribolazioni. Il settimo privilegio è finalizzato ad ottenere discendenza nelle famiglie. Dio elargisce questi e molti altri benefici a quelli che lo pregano debitamente per l'intercessione di san Giuseppe, sposo della nostra Regina, ed io chiedo a tutti i fedeli figli della santa Chiesa di essergli molto devoti; così, se si disporranno adeguatamente a meritarle e riceverle, sperimenteranno queste grazie.

 

Insegnamento della Regina del cielo

893. Figlia mia, benché tu abbia scritto che il mio sposo Giuseppe è il più nobile fra i santi e i principi della celeste Gerusalemme, tu non puoi adesso manifestare la sua eminente santità, né i mortali possono comprenderla prima di arrivare alla visione di Dio, quando con meraviglia e a lode del Signore stesso diverranno capaci di questo mistero. E nell'ultimo giorno gli infelici dannati piangeranno amaramente per non aver conosciuto, a causa dei loro peccati, questo mezzo così potente ed efficace per la loro salvezza e per non essersene serviti al fine di guadagnarsi l'amicizia del giusto giudice. I figli di questo mondo hanno ignorato i privilegi e le prerogative che il Signore onnipotente concesse al mio santo sposo e quanto valga la sua intercessione presso sua Maestà e presso di me: ti assicuro, infatti, o carissima, che alla presenza dell'Altissimo egli è uno dei più potenti nel trattenere la giustizia divina contro i peccatori.

894. Voglio che tu sia molto grata al Signore per la sua magnanimità e che tu gli renda lode per la conoscenza e la luce che hai ricevuto di questo mistero. In avvenire, inoltre, procura di crescere nella devozione e nell'amore verso il mio santo sposo e di benedire l'Onnipotente sia per quanto generosamente gli donò, sia per la gioia che io ebbi di conoscerlo. In tutte le tue necessità ricorri alla sua intercessione, invita quanti potrai alla sua devozione e fa' in modo che le tue religiose vi si distinguano, poiché tutto ciò che il mio sposo domanda in cielo l'Altissimo lo concede sulla terra, e alle sue richieste e parole tiene vincolati grandi e straordinari favori per gli uomini, se essi non si rendono indegni di riceverli. Tali privilegi corrispondono alla candida perfezione di questo ammirevole santo e alle sue eccelse virtù; la divina clemenza, infatti, si piegò ad esse e lo guardò con grande liberalità per concedere ammirabili misericordie a lui e a quelli che si varranno del suo aiuto.


33-6 Gennaio 14, 1934 Dolce incanto d’ambi le parti: Di Dio e della creatura. Come acquista il poter di fare sua la Divina Volontà. Le pene sorridono innanzi alla gloria, ai trionfi, alle conquiste. Gesù nascosto dalle pene.

Luisa Piccarreta (Libro di Cielo)

(1) Sono sotto la pioggia del Fiat Divino, che bagnandomi tutta, dentro e fuori e penetrandomi fin nelle midolla delle ossa, fa dire a tutto il mio povero essere, Fiat, Fiat, Fiat. Mi sento fra le sue braccia, e come lo chiamo col mio dire incessante che formasse la sua Vita negli atti miei, il suo palpito nel mio cuore, il suo respiro nel mio, il suo pensiero nella mia mente, così uno sprazzo di luce si sprigiona da me e vorrebbe come legare il Santo Volere Divino per farlo tutto mio, affinché stesse in mio potere formare la sua Vita in me, tutta di Volontà Divina. Onde mi sentivo impensierita di questo mio modo di fare, ed il mio Sommo Bene Gesù ripetendo la sua breve visitina tutto bontà mi ha detto:

(2) “Mia piccola figlia del mio Volere, tu devi sapere che come la creatura invoca, chiama il mio Fiat, implorando la sua Vita per formarla nella sua, così sprigiona luce e vi forma l’incanto a Dio che rapisce la sua pupilla divina, la quale, rapita, guarda la creatura e vi forma il ricambio del suo dolce incanto, ed il vuoto nell’atto della creatura per poter dar e chiudere nell’atto di essa la Divina Volontà, la quale mentre forma, svolge la sua Vita, la felice creatura acquista il poter di farlo suo, e siccome è suo lo ama potentemente, più che vita propria. Figlia mia, fino a tanto che la mia Volontà non è tenuta come vita propria, esclusivamente sua, che nessuno la può togliere, ad onta che sa ch’è un dono ricevuto da Dio, ma ad onta ch’é ricevuto già è fortunata e vittoriosa di tenerne il possesso, mai si può amare come si conviene la mia Divina Volontà, né sentire il bisogno della sua Vita, né Essa potrà svolgere pienamente, con tutta libertà la sua vita Divina nella creatura. Perciò il chiamarla ti dispone, nel farla tua si farà conoscere e sentirai il gran bene di possedere la sua Vita, e l’amerai come merita d’essere amata, e sarai gelosa di custodirla con tale attenzione, da non perdere neppure un respiro di Essa”.

(3) Onde trovandomi un poco più sofferente del solito, pensavo tra me: “Oh! come amerei che le mie pene mi formassero le ali per potermi volare alla mia patria celeste, ed invece d’affliggermi le mie piccole pene mi facevano festa, ed io mi sentivo impensierita di ciò, ed il mio amato Gesù ha soggiunto:

(4) “Figlia mia, non ti meravigliare, le pene innanzi alla gloria sorridono, si sentono trionfanti nel vedere le conquiste che hanno acquistato, le pene confermano e stabiliscono la gloria più o meno grande nella creatura, ed a secondo le pene, così si sente dipingere le più belle e svariate tinte di bellezza, e vedendosi trasformate nella bellezza più rara, festeggiano. Sicché le pene in terra piangono, alle porte del Cielo incomincia il loro sorriso eterno che non finisce mai più; le pene in terra sono portatrici di umiliazione, alle porte eternali sono portatrici di gloria; in terra rendono infelice la povera creatura, ma col segreto miracoloso che posseggono, lavorano nelle più intime fibre ed in tutto l’essere umano il regno eterno, in modo che ogni pena prende il suo ufficio distinto: Chi si fa scalpello, chi martello, chi lima, chi pennello, chi colore, e allora lasciano la creatura, affidata a loro, quando ciascuna pena ha compiuto il suo lavoro e trionfanti la conducono al Cielo, e allora la lasciano quando veggono scambiata ciascuna pena in gioie distinte ed in felicità perenne, però purché la creatura le riceva con amore e sentano e ricevano in ogni pena il bacio, gli abbracci e le strette forti della mia Divina Volontà, le pene allora posseggono questa virtù miracolosa. Altrimenti si rendono come se non avessero strumenti adatti per compiere il loro lavoro. Ma vuoi sapere tu chi è la pena? La pena sono Io, che mi nascondo dentro di essa per formare i cupi lavori per la mia patria celeste, e ricambio ad usura la breve dimora che mi hanno dato sulla terra. Mi sono imprigionato nel povero carcere della creatura per continuare la mia vita di pene quaggiù, è giusto che questa mia vita riceva le sue gioie, la sua felicità, il suo scambio di gloria nelle regione celesti, perciò cessino le tue meraviglie nel sentire che le tue pene sorridono innanzi alle vittorie, ai trionfi, e alle conquiste”.