Sotto il Tuo Manto

Lunedi, 21 luglio 2025 - San Lorenzo da Brindisi (Letture di oggi)

Hai avuto una giornata pesante, storta. Torni a casa stanco e triste, e ti sprofondi nel divano. Come hai permesso ai pensieri negativi di impadronirsi di te, allo stesso modo potresti sostituirli con i pensieri positivi. Allora prova a sorridere e sentirti contento. Se vuoi avere una giornata serena, cura i tuoi pensieri come se fossero i fiori. La vera grandezza non sta nel sentirsi superiori agli altri, bensì nel superare sé stessi ogni giorno. Non importa che cosa la gente dirà  di te. Importa quello che pensa il tuo Padre celeste che vede nel segreto. Gli Orientali dicono che ci sono tre specchi che compongono l'immagine riflessa di una persona: il primo è come vedi te stesso, il secondo è come ti vedono gli altri, il terzo è come ti vede Dio. Solo il terzo riflette la verità . Impara a vivere nella verità . (Don Nikola Vucic)

Liturgia delle Ore - Letture

Settimana Santa - Venerdì Santo

Questa sezione contiene delle letture scelte a caso, provenienti dalle varie sezioni del sito (Sacra Bibbia e la sezione Biblioteca Cristiana), mentre l'ultimo tab Apparizioni, contiene messaggi di apparizioni a mistici o loro scritti. Sono presenti testi della Valtorta, Luisa Piccarreta, don Stefano Gobbi e testimonianze di apparizioni mariane riconosciute.

Vangelo secondo Matteo 4

1Allora Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto per esser tentato dal diavolo.2E dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, ebbe fame.3Il tentatore allora gli si accostò e gli disse: "Se sei Figlio di Dio, di' che questi sassi diventino pane".4Ma egli rispose: "Sta scritto:

'Non di solo pane vivrà l'uomo,
ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio".'

5Allora il diavolo lo condusse con sé nella città santa, lo depose sul pinnacolo del tempio6e gli disse: "Se sei Figlio di Dio, gettati giù, poiché sta scritto:

'Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo,
ed essi ti sorreggeranno con le loro mani,
perché non abbia a urtare contro un sasso il tuo piede'".

7Gesù gli rispose: "Sta scritto anche:

'Non tentare il Signore Dio tuo'".

8Di nuovo il diavolo lo condusse con sé sopra un monte altissimo e gli mostrò tutti i regni del mondo con la loro gloria e gli disse:9"Tutte queste cose io ti darò, se, prostrandoti, mi adorerai".10Ma Gesù gli rispose: "Vattene, satana! Sta scritto:

'Adora il Signore Dio tuo
e a lui solo rendi culto'".

11Allora il diavolo lo lasciò ed ecco angeli gli si accostarono e lo servivano.

12Avendo intanto saputo che Giovanni era stato arrestato, Gesù si ritirò nella Galilea13e, lasciata Nàzaret, venne ad abitare a Cafàrnao, presso il mare, nel territorio di Zàbulon e di Nèftali,14perché si adempisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaia:

15'Il paese di Zàbulon e il paese di Nèftali,
sulla via del mare, al di là del Giordano,
Galilea delle genti;'
16'il popolo immerso nelle tenebre
ha visto una grande luce;
su quelli che dimoravano in terra e ombra di morte
una luce si è levata.'

17Da allora Gesù cominciò a predicare e a dire: "Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino".

18Mentre camminava lungo il mare di Galilea vide due fratelli, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello, che gettavano la rete in mare, poiché erano pescatori.
19E disse loro: "Seguitemi, vi farò pescatori di uomini".20Ed essi subito, lasciate le reti, lo seguirono.21Andando oltre, vide altri due fratelli, Giacomo di Zebedèo e Giovanni suo fratello, che nella barca insieme con Zebedèo, loro padre, riassettavano le reti; e li chiamò.22Ed essi subito, lasciata la barca e il padre, lo seguirono.

23Gesù andava attorno per tutta la Galilea, insegnando nelle loro sinagoghe e predicando la buona novella del regno e curando ogni sorta di malattie e di infermità nel popolo.24La sua fama si sparse per tutta la Siria e così condussero a lui tutti i malati, tormentati da varie malattie e dolori, indemoniati, epilettici e paralitici; ed egli li guariva.25E grandi folle cominciarono a seguirlo dalla Galilea, dalla Decàpoli, da Gerusalemme, dalla Giudea e da oltre il Giordano.


Levitico 25

1Il Signore disse ancora a Mosè sul monte Sinai:2"Parla agli Israeliti e riferisci loro: Quando entrerete nel paese che io vi dò, la terra dovrà avere il suo sabato consacrato al Signore.3Per sei anni seminerai il tuo campo e poterai la tua vigna e ne raccoglierai i frutti;4ma il settimo anno sarà come sabato, un riposo assoluto per la terra, un sabato in onore del Signore; non seminerai il tuo campo e non poterai la tua vigna.5Non mieterai quello che nascerà spontaneamente dal seme caduto nella tua mietitura precedente e non vendemmierai l'uva della vigna che non avrai potata; sarà un anno di completo riposo per la terra.6Ciò che la terra produrrà durante il suo riposo servirà di nutrimento a te, al tuo schiavo, alla tua schiava, al tuo bracciante e al forestiero che è presso di te;7anche al tuo bestiame e agli animali che sono nel tuo paese servirà di nutrimento quanto essa produrrà.
8Conterai anche sette settimane di anni, cioè sette volte sette anni; queste sette settimane di anni faranno un periodo di quarantanove anni.9Al decimo giorno del settimo mese, farai squillare la tromba dell'acclamazione; nel giorno dell'espiazione farete squillare la tromba per tutto il paese.10Dichiarerete santo il cinquantesimo anno e proclamerete la liberazione nel paese per tutti i suoi abitanti. Sarà per voi un giubileo; ognuno di voi tornerà nella sua proprietà e nella sua famiglia.11Il cinquantesimo anno sarà per voi un giubileo; non farete né semina, né mietitura di quanto i campi produrranno da sé, né farete la vendemmia delle vigne non potate.12Poiché è il giubileo; esso vi sarà sacro; potrete però mangiare il prodotto che daranno i campi.13In quest'anno del giubileo, ciascuno tornerà in possesso del suo.14Quando vendete qualche cosa al vostro prossimo o quando acquistate qualche cosa dal vostro prossimo, nessuno faccia torto al fratello.15Regolerai l'acquisto che farai dal tuo prossimo in base al numero degli anni trascorsi dopo l'ultimo giubileo: egli venderà a te in base agli anni di rendita.16Quanti più anni resteranno, tanto più aumenterai il prezzo; quanto minore sarà il tempo, tanto più ribasserai il prezzo; perché egli ti vende la somma dei raccolti.17Nessuno di voi danneggi il fratello, ma temete il vostro Dio, poiché io sono il Signore vostro Dio.
18Metterete in pratica le mie leggi e osserverete le mie prescrizioni, le adempirete e abiterete il paese tranquilli.19La terra produrrà frutti, voi ne mangerete a sazietà e vi abiterete tranquilli.20Se dite: Che mangeremo il settimo anno, se non semineremo e non raccoglieremo i nostri prodotti?,21io disporrò in vostro favore un raccolto abbondante per il sesto anno ed esso vi darà frutti per tre anni.22L'ottavo anno seminerete e consumerete il vecchio raccolto fino al nono anno; mangerete il raccolto vecchio finché venga il nuovo.
23Le terre non si potranno vendere per sempre, perché la terra è mia e voi siete presso di me come forestieri e inquilini.24Perciò, in tutto il paese che avrete in possesso, concederete il diritto di riscatto per quanto riguarda il suolo.25Se il tuo fratello, divenuto povero, vende una parte della sua proprietà, colui che ha il diritto di riscatto, cioè il suo parente più stretto, verrà e riscatterà ciò che il fratello ha venduto.26Se uno non ha chi possa fare il riscatto, ma giunge a procurarsi da sé la somma necessaria al riscatto,27conterà le annate passate dopo la vendita, restituirà al compratore il valore degli anni che ancora rimangono e rientrerà così in possesso del suo patrimonio.28Ma se non trova da sé la somma sufficiente a rimborsarlo, ciò che ha venduto rimarrà in mano al compratore fino all'anno del giubileo; al giubileo il compratore uscirà e l'altro rientrerà in possesso del suo patrimonio.
29Se uno vende una casa abitabile in una città recinta di mura, ha diritto al riscatto fino allo scadere dell'anno dalla vendita; il suo diritto di riscatto durerà un anno intero.30Ma se quella casa, posta in una città recinta di mura, non è riscattata prima dello scadere di un intero anno, rimarrà sempre proprietà del compratore e dei suoi discendenti; il compratore non sarà tenuto a uscire al giubileo.31Però le case dei villaggi non attorniati da mura vanno considerate come parte dei fondi campestri; potranno essere riscattate e al giubileo il compratore dovrà uscire.
32Quanto alle città dei leviti e alle case che essi vi possederanno, i leviti avranno il diritto perenne di riscatto.33Se chi riscatta è un levita, in occasione del giubileo il compratore uscirà dalla casa comprata nella città levitica, perché le case delle città levitiche sono loro proprietà, in mezzo agli Israeliti.34Neppure campi situati nei dintorni delle città levitiche si potranno vendere, perché sono loro proprietà perenne.
35Se il tuo fratello che è presso di te cade in miseria ed è privo di mezzi, aiutalo, come un forestiero e inquilino, perché possa vivere presso di te.36Non prendere da lui interessi, né utili; ma temi il tuo Dio e fa' vivere il tuo fratello presso di te.37Non gli presterai il denaro a interesse, né gli darai il vitto a usura.38Io sono il Signore vostro Dio, che vi ho fatto uscire dal paese d'Egitto, per darvi il paese di Canaan, per essere il vostro Dio.
39Se il tuo fratello che è presso di te cade in miseria e si vende a te, non farlo lavorare come schiavo;40sia presso di te come un bracciante, come un inquilino. Ti servirà fino all'anno del giubileo;41allora se ne andrà da te insieme con i suoi figli, tornerà nella sua famiglia e rientrerà nella proprietà dei suoi padri.42Poiché essi sono miei servi, che io ho fatto uscire dal paese d'Egitto; non debbono essere venduti come si vendono gli schiavi.43Non lo tratterai con asprezza, ma temerai il tuo Dio.44Quanto allo schiavo e alla schiava, che avrai in proprietà, potrete prenderli dalle nazioni che vi circondano; da queste potrete comprare lo schiavo e la schiava.45Potrete anche comprarne tra i figli degli stranieri, stabiliti presso di voi e tra le loro famiglie che sono presso di voi, tra i loro figli nati nel vostro paese; saranno vostra proprietà.46Li potrete lasciare in eredità ai vostri figli dopo di voi, come loro proprietà; vi potrete servire sempre di loro come di schiavi; ma quanto ai vostri fratelli, gli Israeliti, ognuno nei riguardi dell'altro, non lo tratterai con asprezza.
47Se un forestiero stabilito presso di te diventa ricco e il tuo fratello si grava di debiti con lui e si vende al forestiero stabilito presso di te o a qualcuno della sua famiglia,48dopo che si è venduto, ha il diritto di riscatto; lo potrà riscattare uno dei suoi fratelli49o suo zio o il figlio di suo zio; lo potrà riscattare uno dei parenti dello stesso suo sangue o, se ha i mezzi di farlo, potrà riscattarsi da sé.50Farà il calcolo con il suo compratore, dall'anno che gli si è venduto all'anno del giubileo; il prezzo da pagare sarà in proporzione del numero degli anni, valutando le sue giornate come quelle di un bracciante.51Se vi sono ancora molti anni per arrivare al giubileo, pagherà il riscatto in ragione di questi anni e in proporzione del prezzo per il quale fu comprato;52se rimangono pochi anni per arrivare al giubileo, farà il calcolo con il suo compratore e pagherà il prezzo del suo riscatto in ragione di quegli anni.53Resterà presso di lui come un bracciante preso a servizio anno per anno; il padrone non dovrà trattarlo con asprezza sotto i suoi occhi.54Se non è riscattato in alcuno di quei modi, se ne andrà libero l'anno del giubileo: lui con i suoi figli.55Poiché gli Israeliti sono miei servi; miei servi, che ho fatto uscire dal paese d'Egitto. Io sono il Signore vostro Dio".


Proverbi 25

1Anche questi sono proverbi di Salomone,
trascritti dagli uomini di Ezechia, re di Giuda.
2È gloria di Dio nascondere le cose,
è gloria dei re investigarle.
3I cieli per la loro altezza, la terra per la sua profondità
e il cuore dei re sono inesplorabili.
4Togli le scorie dall'argento
e l'orafo ne farà un bel vaso;
5togli il malvagio dalla presenza del re
e il suo trono si stabilirà sulla giustizia.
6Non darti arie davanti al re
e non metterti al posto dei grandi,
7perché è meglio sentirsi dire: "Sali quassù"
piuttosto che essere umiliato davanti a uno superiore.
Quanto i tuoi occhi hanno visto
8non metterlo subito fuori in un processo;
altrimenti che farai alla fine,
quando il tuo prossimo ti svergognerà?
9Discuti la tua causa con il tuo vicino,
ma non rivelare il segreto altrui;
10altrimenti chi ti ascolta ti biasimerebbe
e il tuo discredito sarebbe irreparabile.
11Come frutti d'oro su vassoio d'argento
così è una parola detta a suo tempo.
12Come anello d'oro e collana d'oro fino
è un saggio che ammonisce un orecchio attento.
13Come fresco di neve al tempo della mietitura,
è un messaggero verace per chi lo manda;
egli rinfranca l'animo del suo signore.
14Nuvole e vento, ma senza pioggia,
tale è l'uomo che si vanta di regali che non fa.
15Con la pazienza il giudice si lascia persuadere,
una lingua dolce spezza le ossa.
16Se hai trovato il miele, mangiane quanto ti basta,
per non esserne nauseato e poi vomitarlo.
17Metti di rado il piede in casa del tuo vicino,
perché non si stanchi di te e ti prenda in odio.
18Mazza, spada e freccia acuta
è colui che depone il falso contro il suo prossimo.
19Qual dente cariato e piede slogato
tale è la fiducia dell'uomo sleale nel giorno della sventura,
20è togliersi le vesti in un giorno rigido.
Aceto su una piaga viva,
tali sono i canti per un cuore afflitto.
21Se il tuo nemico ha fame, dagli pane da mangiare,
se ha sete, dagli acqua da bere;
22perché così ammasserai carboni ardenti sul suo capo
e il Signore ti ricompenserà.
23La tramontana porta la pioggia,
un parlare in segreto provoca lo sdegno sul volto.
24Abitare su un angolo del tetto è meglio
di una moglie litigiosa e una casa in comune.
25Come acqua fresca per una gola riarsa
è una buona notizia da un paese lontano.
26Fontana torbida e sorgente inquinata,
tale è il giusto che vacilla di fronte all'empio.
27Mangiare troppo miele non è bene,
né lasciarsi prendere da parole adulatrici.
28Una città smantellata o senza mura
tale è l'uomo che non sa dominare la collera.


Salmi 41

1'Al maestro del coro. Salmo. Di Davide.'

2Beato l'uomo che ha cura del debole,
nel giorno della sventura il Signore lo libera.
3Veglierà su di lui il Signore,
lo farà vivere beato sulla terra,
non lo abbandonerà alle brame dei nemici.
4Il Signore lo sosterrà sul letto del dolore;
gli darai sollievo nella sua malattia.

5Io ho detto: "Pietà di me, Signore;
risanami, contro di te ho peccato".
6I nemici mi augurano il male:
"Quando morirà e perirà il suo nome?".
7Chi viene a visitarmi dice il falso,
il suo cuore accumula malizia
e uscito fuori sparla.

8Contro di me sussurrano insieme i miei nemici,
contro di me pensano il male:
9"Un morbo maligno su di lui si è abbattuto,
da dove si è steso non potrà rialzarsi".
10Anche l'amico in cui confidavo,
anche lui, che mangiava il mio pane,
alza contro di me il suo calcagno.

11Ma tu, Signore, abbi pietà e sollevami,
che io li possa ripagare.
12Da questo saprò che tu mi ami
se non trionfa su di me il mio nemico;
13per la mia integrità tu mi sostieni,
mi fai stare alla tua presenza per sempre.
14Sia benedetto il Signore, Dio d'Israele,
da sempre e per sempre. Amen, amen.


Ezechiele 41

1M'introdusse poi nel santuario e misurò i pilastri: erano larghi sei cubiti da una parte e sei cubiti dall'altra.2La porta era larga dieci cubiti e i lati della porta cinque cubiti da una parte e cinque cubiti dall'altra. Misurò quindi il santuario: era lungo quaranta cubiti e largo venti.

3Andò poi nell'interno e misurò i pilastri della porta, due cubiti, e la porta, sei cubiti; la larghezza della porta, sette cubiti.4Ne misurò ancora la lunghezza, venti cubiti e la larghezza, davanti al santuario, venti cubiti, poi mi disse: "Questo è il Santo dei santi".

5Misurò poi il muro del tempio, sei cubiti; poi la larghezza dell'edificio laterale, quattro cubiti, intorno al tempio.6Le celle laterali erano una sull'altra, trenta per tre piani. Per le celle all'intorno, c'erano, nel muro del tempio, rientranze in modo che fossero collegate fra di loro, ma non collegate al muro del tempio.7Salendo da un piano all'altro l'ampiezza delle celle aumentava, perciò la costruzione era più larga verso l'alto. Dal piano inferiore si poteva salire al piano di mezzo e da questo a quello più alto.8Io vidi intorno al tempio una elevazione. I fondamenti dell'edificio laterale erano di una canna intera di sei cubiti.9La larghezza del muro esterno dell'edificio laterale era di cinque cubiti, come quella dello spazio rimanente. Fra l'edificio laterale del tempio10e le stanze c'era una larghezza di venti cubiti intorno al tempio.11Le porte dell'edificio laterale rimanevano sullo spazio libero; una porta dava a settentrione e una a mezzogiorno. Lo spazio libero era cinque cubiti tutt'intorno.

12La costruzione che era di fronte allo spazio libero sul lato d'occidente, aveva settanta cubiti di larghezza; il muro della costruzione era tutt'intorno dello spessore di cinque cubiti; la sua lunghezza di novanta cubiti.
13Poi misurò il tempio: lunghezza cento cubiti; lo spazio libero, edificio e sue mura, anch'essi cento cubiti.14La larghezza della facciata del tempio con lo spazio libero, cento cubiti.15Misurò ancora la larghezza dell'edificio di fronte allo spazio libero nella parte retrostante, con le gallerie di qua e di là: era cento cubiti.

L'interno del santuario, il suo vestibolo,16gli stipiti, le finestre a grate e le gallerie attorno a tutti e tre, a cominciare dalla soglia, erano rivestiti di tavole di legno, tutt'intorno, dal pavimento fino alle finestre, che erano velate.17Dalla porta, dentro e fuori del tempio e su tutte le pareti interne ed esterne erano dipinti18cherubini e palme. Fra cherubino e cherubino c'era una palma; ogni cherubino aveva due aspetti:19aspetto d'uomo verso una palma e aspetto di leone verso l'altra palma, effigiati intorno a tutto il tempio.20Da terra fino sopra la porta erano disposti cherubini e palme sulle pareti del santuario.
21Gli stipiti del santuario erano quadrangolari.

Davanti al Santo dei santi c'era come22un altare di legno, alto tre cubiti, due cubiti di lunghezza e due di larghezza. Gli angoli, la base e i lati erano di legno. Mi disse: "Questa è la tavola che sta davanti al Signore".

23Il santuario e il Santo dei santi avevano due porte ciascuno.24Ogni porta aveva due battenti e ogni battente si ripiegava in due pezzi: due per un battente e due per l'altro.25Sulle porte erano dipinti cherubini e palme come sulle pareti: un portale di legno era sulla facciata dell'atrio all'esterno.26Finestre e grate e palme erano da tutt'e due le parti, ai lati del vestibolo, alle celle annesse al tempio e agli architravi.


Lettera ai Romani 9

1Dico la verità in Cristo, non mentisco, e la mia coscienza me ne dà testimonianza nello Spirito Santo:2ho nel cuore un grande dolore e una sofferenza continua.3Vorrei infatti essere io stesso anàtema, separato da Cristo a vantaggio dei miei fratelli, miei consanguinei secondo la carne.4Essi sono Israeliti e possiedono l'adozione a figli, la gloria, le alleanze, la legislazione, il culto, le promesse,5i patriarchi; da essi proviene Cristo secondo la carne, egli che è sopra ogni cosa, Dio benedetto nei secoli. Amen.

6Tuttavia la parola di Dio non è venuta meno. Infatti non tutti i discendenti di Israele sono Israele,7né per il fatto di essere discendenza di Abramo sono tutti suoi figli. No, ma: 'in Isacco ti sarà data una discendenza',8cioè: non sono considerati figli di Dio i figli della carne, ma come discendenza sono considerati solo i figli della promessa.9Queste infatti sono le parole della promessa: 'Io verrò in questo tempo e Sara avrà un figlio'.10E non è tutto; c'è anche Rebecca che ebbe figli da un solo uomo, Isacco nostro padre:11quando essi ancora non eran nati e nulla avevano fatto di bene o di male - perché rimanesse fermo il disegno divino fondato sull'elezione non in base alle opere, ma alla volontà di colui che chiama -12le fu dichiarato: 'Il maggiore sarà sottomesso al minore',13come sta scritto:

'Ho amato Giacobbe
e ho odiato Esaù'.


14Che diremo dunque? C'è forse ingiustizia da parte di Dio? No certamente!15Egli infatti dice a Mosè:

'Userò misericordia con chi vorrò,
e avrò pietà di chi vorrò averla.'

16Quindi non dipende dalla volontà né dagli sforzi dell'uomo, ma da Dio che usa misericordia.17Dice infatti la Scrittura al faraone: 'Ti ho fatto sorgere per manifestare in te la mia potenza e perché il mio nome sia proclamato in tutta la terra'.18Dio quindi usa misericordia con chi vuole e indurisce chi vuole
19Mi potrai però dire: "Ma allora perché ancora rimprovera? Chi può infatti resistere al suo volere?".20O uomo, tu chi sei per disputare con Dio? 'Oserà forse dire il vaso plasmato a colui che lo plasmò': "Perché mi hai fatto così?".21Forse il vasaio non è padrone dell'argilla, per fare con la medesima pasta un vaso per uso nobile e uno per uso volgare?22Se pertanto Dio, volendo manifestare la sua ira e far conoscere la sua potenza, ha sopportato con grande pazienza vasi di collera, già pronti per la perdizione,23e questo per far conoscere la ricchezza della sua gloria verso vasi di misericordia, da lui predisposti alla gloria,24cioè verso di noi, che egli ha chiamati non solo tra i Giudei ma anche tra i pagani, che potremmo dire?

25Esattamente come dice Osea:

'Chiamerò mio popolo quello che non era mio popolo
e mia diletta quella che non era la diletta.'
26'E avverrà che nel luogo stesso dove fu detto
loro:
"Voi non siete mio popolo",
là saranno chiamati figli del Dio vivente'.

27E quanto a Israele, Isaia esclama:

'Se anche il numero dei figli d'Israele
fosse come la sabbia del mare,
sarà salvato solo il resto;'
28'perché con pienezza e rapidità
il Signore compirà la sua parola sopra la terra'.

29E ancora secondo ciò che predisse Isaia:

'Se il Signore degli eserciti
non ci avesse lasciato una discendenza,
saremmo divenuti come Sòdoma
e resi simili a Gomorra'.

30Che diremo dunque? Che i pagani, che non ricercavano la giustizia, hanno raggiunto la giustizia: la giustizia però che deriva dalla fede;31mentre Israele, che ricercava una legge che gli desse la giustizia, non è giunto alla pratica della legge.32E perché mai? Perché non la ricercava dalla fede, ma come se derivasse dalle opere. Hanno urtato così contro la 'pietra d'inciampo',33come sta scritto:

'Ecco che io pongo in Sion una pietra di scandalo
e un sasso d'inciampo;
ma chi crede in lui non sarà deluso'.


Capitolo III: Chi é colui che ama il bene e la pace

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1. Se, in primo luogo, manterrai te stesso nella pace, potrai dare pace agli altri; ché l'uomo di pace è più utile dell'uomo di molta dottrina. Colui che è turbato dalla passione trasforma anche il bene in male, pronto com'è a vedere il male dappertutto; mentre colui che ama il bene e la pace trasforma ogni cosa in bene. Chi è pienamente nella pace non sospetta di alcuno. Invece chi è inquieto e turbato sta sempre in agitazione per vari sospetti. Non è tranquillo lui, né permette agli altri di esserlo; dice sovente cose che non dovrebbe dire e tralascia cose che più gli converrebbe fare; sta attento a ciò che dovrebbero fare gli altri, e trascura ciò a cui sarebbe tenuto lui stesso. Sii dunque zelante, innanzi tutto , con te stesso; solo così potrai essere giustamente zelante con il tuo prossimo. Tu sei molto abile nel trovare giustificazioni per quello che fai e nel farlo apparire sotto una certa luce, mentre rifiuti di accettare le giustificazioni negli altri. Sarebbe invece più giusto che tu accusassi te stesso e scusassi il tuo fratello. Se vuoi essere sopportato, sopporta gli altri anche tu.  

2. Vedi quanto sei ancora lontano dal vero amore e dalla umiltà di chi non sa adirarsi e indignarsi con alcuno, fuor che con se stesso. Non è grande merito stare con persone buone e miti; è cosa, questa, che fa naturalmente piacere a tutti, e nella quale tutti troviamo facile contentezza, giacché amiamo di più quelli che ci danno ragione. E' invece grande virtù, e lodevole comportamento, degno di un uomo, riuscire a vivere in pace con le persone dure e cattive, che si comportano senza correttezza e non hanno condiscendenza verso di noi. Ci sono alcuni che stanno, essi, nella pace e mantengono pace anche con gli altri. Ci sono invece alcuni che non stanno in pace essi, né lasciano pace agli altri: pesanti con il prossimo, e ancor più con se stessi. Ci sono poi alcuni che stanno essi nella pace e si preoccupano di condurre alla pace gli altri. La verità è che la vera pace, in questa nostra misera vita, la dobbiamo far consistere nel saper sopportare con umiltà, piuttosto che nel non avere contrarietà. Colui che saprà meglio sopportare, conseguirà una pace più grande. Vittorioso su se stesso e padrone del mondo, questi è l'amico di Cristo e l'erede del cielo.


DISCORSO 388 SUL DOVERE DELL'ELEMOSINA.

Discorsi - Sant'Agostino

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L'elemosina è elemento discriminante nel giudizio finale.

1. Il passo del santo Vangelo che abbiamo or ora ascoltato, o fratelli, ci esorta a fare l'elemosina, prospettandoci che il giudizio finale sarà pronunciato dal Signore sulla base delle sole elemosine: quelle fatte varranno la collocazione alla sua destra, quelle non fatte la collocazione alla sua sinistra 1. Non saranno sottratte al giudizio le altre azioni compiute in bene o in male, poiché è scritto che tutto sarà giudicato 2; tuttavia il nostro Signore Gesù Cristo, preannunciandoci il giudizio che egli compirà su di noi, ha scelto come motivo per ammonirci solo l'elemosina. Non v'è dubbio che a quelli che egli collocherà a destra riconoscerà anche che vissero nella castità, rispettarono i beni altrui, professarono la fede in lui sino a dare il proprio sangue: tutte le buone opere saranno necessariamente riconosciute dal Cristo nel giudizio. E in modo analogo egli rinfaccerà a quelli che collocherà alla sinistra l'impudicizia, la fornicazione, la rapina dei beni altrui, e dirà che con la loro superbia e la loro cattiva condotta fecero bestemmiare il suo nome, e non tacerà ogni altro male. Tuttavia nell'annunciare il suo futuro giudizio il Signore si limitò a ricordare l'elemosina senza citare tutte le altre opere buone, e non parlò delle altre diverse colpe dei malvagi, ritenendo di dover rimproverarci solo la mancanza di elemosina, e questo certamente al fine di ammonirci. Proprio perché l'elemosina redime tutte le altre colpe, egli ne lodò la fecondità nel primo caso, ne accusò e condannò la mancanza nel secondo.

Se non si muta vita, l'elemosina non vale a cancellare le colpe gravi.

2. Non interpretate però in modo errato, come fanno taluni, il fatto che l'elemosina riscatta ogni colpa. L'elemosina serve a cancellare i peccati della vita passata se uno muta vita, ma chi persevera nei suoi peccati non riuscirà con le sue elemosine a corrompere il giudice. Dicendo questo mi rivolgo in particolare a coloro che ricevono il Corpo e il Sangue del Cristo, per ammonirli a evitare scelleratezze e colpe. So bene che questa vita mortale che viviamo nella carne soggetta a corruzione, non può essere libera da peccato; ma quei peccati quotidiani e leggeri che la nostra vita comporta, hanno i loro lavacri quotidiani. Ci battiamo appunto il petto e diciamo a Dio nell'orazione del Signore: Rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori 3. Non diciamo queste parole senza motivo, e il celeste Maestro non ci avrebbe insegnato questa preghiera se non prevedendo appunto che noi siamo peccatori. Egli ha visto da quali mali noi ci dobbiamo guardare, e anche come ci riesca difficile guardarcene; e ha ritenuto impossibile che evitassimo ogni colpa dal momento che insegna l'orazione quotidiana non ai semplici cristiani, ma proprio agli Apostoli, che del gregge cristiano sono gli arieti. E se gli Apostoli si battono il petto dicendo: Perdonaci i nostri debiti, cioè i nostri peccati, davvero nessuna pecorella del gregge oserà vantarsi della propria giustizia. Voi vedete quale discepolo fu Giovanni: egli posava il capo sul petto del Signore sedendo a mensa con lui, beveva i segreti della sapienza dalla sua fonte profonda; nel Vangelo egli ha effuso quello che attingeva di là: In principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio, e Dio era il Verbo 4. Il suo Vangelo attesta ripetutamente che il Signore lo amava 5. Eppure egli dichiara: Se diciamo di non aver peccato, inganniamo noi stessi e la verità non è in noi 6. Nonostante questo però, chi sia in colpa grave non può mettersi in pace se, quando ripete ogni giorno l'invocazione: Rimetti a noi i nostri peccati, si riferisce a fornicazioni e rapine che commetta quotidianamente. Quello che il Signore ha disposto che diciamo ogni giorno per i peccati lievi, nessuno deve credere gli possa giovare per quei suoi peccati gravi da cui non vuole allontanarsi, in cui anzi brama persistere. Anche per queste colpe uno si deve battere il petto, anche per esse si deve fare l'elemosina, mutando però la propria vita, allontanandosi di là, dalla vita vecchia, e volgendosi di qua, alla nuova. Qualora uno pensasse nel suo animo di poter persistere nella sua vita, continuando a compiere violenze, a contaminarsi ogni giorno nell'adulterio, rivolgendosi agli indovini, facendo sacrifici agli idoli, consultando astrologi, e credesse di estinguere tutti i suoi peccati con quotidiane elemosine, io gli direi: E` vero che tu estinguerai i tuoi peccati, ma quando ti estinguerai tu stesso; verrà per te quel momento malaugurato in cui con riferimento a te si udrà dire: Ancora un poco e l'empio scompare; cerchi il suo posto e più non lo trovi. Ho visto l'empio trionfante ergersi come cedro del Libano; sono passato e più non c'era, l'ho cercato e più non si è trovato 7. Periscono dunque i tuoi peccati, ma tu insieme con essi; nella geenna non ti sarà più permesso peccare, non potrai pensare a saziare la tua libidine, quando comincerà a tormentarti il fuoco eterno. Si estinguono dunque i tuoi peccati, ma tu insieme con essi. Se invece tu muti vita, si estinguono i peccati ma tu sarai ritrovato; si dirà di te: Era morto ed è tornato in vita. Era perduto ed è stato ritrovato 8.

 

1 - Cf. Mt 25, 31. 46.

2 - Cf. Qo 12, 14.

3 - Mt 6, 12.

4 - Gv 1, 1.

5 - Cf. Gv 13, 23; 21, 20.

6 - 1 Gv 1, 8.

7 - Sal 36, 35-36.

8 - Lc 15, 24.


10 - La memoria e gli esercizi della passione del Signore, a cui Maria santissima si dedicava.

La mistica Città di Dio - Libro ottavo - Suor Maria d'Agreda

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575. La grande Regina da sola e in segreto compiva ope­re con cui meritava e attirava dalla mano dell'Altissimo in­numerevoli doni, sia per i fedeli nel loro insieme, sia per migliaia di singole anime, che così guadagnava alla vita eterna; e questo senza trascurare il governo della Chiesa. D'ora in avanti, per nostra edificazione e a gloria della bea­tissima Vergine, io scriverò quello che potrò di tali verità finora ignorate. Al riguardo avverto che la gran Signora, grazie ai molti privilegi di cui godeva, teneva sempre pre­senti nella memoria la vita e i misteri del Salvatore. In­fatti, oltre alla continua visione astrattiva di Dio, che ave­va ricevuto in questi ultimi anni e nella quale conosceva ogni cosa, le era stata concessa fin dalla sua concezione la virtù, propria degli angeli, di non dimenticare mai nulla dopo averlo appreso.

576. Anche precedentemente ho detto che Maria san­tissima sentì nel suo corpo e nella sua anima le sofferen­ze delle torture inflitte al nostro Redentore: niente le restò nascosto e niente tralasciò di patire insieme a lui. Come aveva chiesto al Signore, le era rimasto impresso interior­mente e senza alterazioni tutto ciò che aveva visto nei gior­ni della Pasqua. Per disporla alla visione della Divinità, ta­li immagini non le furono cancellate - come avvenne del­le altre specie sensibili di cui parlai nella seconda parte -, anzi sua Maestà le migliorò, affinché per mezzo di esse po­tessero miracolosamente coesistere in lei la gioia di quel­la visione e le pene della passione; ciò ella bramava di spe­rimentare per tutto il tempo in cui sarebbe stata viatrice, dal momento che, per quanto dipendeva dalla sua volontà, praticò questo esercizio con totale dedizione. Il suo fede­lissimo e ardentissimo amore non le permetteva di vivere senza soffrire con colui che aveva accompagnato fino al Calvario. Il Figlio, da parte sua, le concesse favori singo­lari quale pegno e dimostrazione dell'amore che anch'egli le portava, non potendo trattenersi - per quel che ci è da­to d'intendere - dall'agire verso di lei come Dio ricco di misericordia. La santa Vergine non domandava tali doni né vi aspirava, poiché solo per rimanere crocifissa con Cri­sto e rinnovarne i dolori in se stessa desiderava continua­re la sua esistenza mortale, che altrimenti le sarebbe sem­brata infruttuosa e inutile.

577. Ordinò le sue occupazioni in modo da conservare sempre nella mente e nel cuore l'immagine di Gesù afflit­to, piagato, ferito e sfigurato dai tormenti e lo contempla­va in questa forma come in uno specchio chiarissimo. Udi­va le ingiurie, le mortificazioni, i rimproveri e le bestem­mie che egli aveva sopportato; con sguardo acuto e pene­trante rivedeva simultaneamente i luoghi, il susseguirsi de­gli eventi e le circostanze in cui si erano svolti. Benché di fronte a questo terribile spettacolo ella perseverasse tutto il giorno in eroici atti di virtù e sentisse grande compas­sione, la sua bruciante carità non restò soddisfatta. Insie­me ai suoi angeli, in particolare a quelli che portavano con sé i contrassegni degli strumenti della passione, stabilì di dedicarsi quando era sola ad altri esercizi in ore e tempi determinati, facendosi aiutare dai medesimi spiriti celesti.

578. La Regina del cielo scrisse particolari orazioni per adorare e venerare ogni piaga del Salvatore e tributare un culto speciale alle sofferenze di lui. Compose un cantico per ciascuna delle parole ingiuriose e di disprezzo che i giudei e gli altri nemici avevano rivolto al Maestro divino durante tutta la sua vita, sia per invidia dei suoi miracoli, sia per sdegno e vendetta; gli restituiva così l'onore che i suoi avversari avevano preteso di togliergli. Analogamente, compensava i gesti di scherno e vilipendio con umiliazio­ni, genuflessioni e prostrazioni profonde: era come se di­sfacesse quelle offese, confessando al contempo la divinità, l'umanità, i miracoli, le opere e la dottrina del Verbo in­carnato, al quale per tutto ciò rendeva gloria. Gli angeli l'accompagnavano in ognuno di tali atti e corrispondeva­no ai suoi desideri, meravigliati che una semplice creatu­ra fosse tanto sapiente, fedele e colma di carità.

579. Quand'anche sua Altezza non avesse avuto altra oc­cupazione che quella di fare memoria viva della passione, avrebbe sofferto e meritato davanti a Dio più di tutti gli eletti. Con la forza dell'amore e del dolore che provava, fu martire molte volte, giacché altrettante sarebbe morta se per virtù divina non fosse stata conservata in vita al fine di crescere nella santità. Se la Madre clementissima offri­va ogni sua azione per la Chiesa con ineffabile benevolen­za, consideriamo il nostro debito con lei, che tanto ac­crebbe il tesoro da cui siamo soccorsi noi, miseri figli di Eva. Perché la nostra non sia una meditazione infingarda o tiepida, voglio raccontare le manifestazioni straordinarie di quella di Maria santissima: spesso piangeva sangue e il suo volto ne restava bagnato; talvolta agonizzava sudando non solo acqua, ma anche sangue in quantità tale che giun­geva fino a terra. Ancor più stupisce sapere che talora, per il grande strazio, il cuore le si staccava muovendosi dalla posizione naturale. Quando arrivava a un simile estremo, Cristo scendeva dal cielo al fine di darle vigore e sanarle la ferita che la dilezione per lui le aveva procurato o che per lui aveva sopportato; egli stesso la confortava, consen­tendole così di continuare quegli atti di compassione.

580. Sua Maestà non le lasciava però sperimentare sen­timenti di afflizione nei giorni in cui ella celebrava il mi­stero della risurrezione, in modo che vi fosse corrispon­denza tra gli effetti e la loro causa. Del resto, alcune di queste sofferenze non erano compatibili con i doni divini, a motivo dei loro frutti che riverberavano nel corpo della santa Vergine: la gioia, ad esempio, escludeva la pena. Tut­tavia ella non perdeva mai di vista la passione del Reden­tore e vi si univa con la riconoscenza per ciò che egli ave­va patito; così la dolcezza dei favori di cui godeva era tem­perata dall'amarezza dei dolori. D'accordo con san Gio­vanni, decise di ritirarsi a celebrare la morte e sepoltura di Gesù ogni venerdì. L'Evangelista restava nel cenacolo per rispondere a quanti la cercavano e impedire a chiunque di avvicinarsi all'oratorio. In sua assenza, un altro discepolo lo sostituiva. La gran Signora si appartava per questo eser­cizio il giovedì alle cinque pomeridiane e non usciva fino alla domenica verso mezzogiorno. Affinché in quei tre gior­ni non si venisse meno al governo della comunità dei di­scepoli e si facesse fronte alle gravi necessità che even­tualmente si fossero presentate, ella dispose che, qualora la questione non potesse essere rinviata, uscisse un ange­lo con le sue sembianze e brevemente disbrigasse quanto occorreva. Tanta era la sua sollecitudine verso i suoi figli e servitori!

581. La nostra capacità non giunge né a pensare né ad esprimere ciò che avveniva alla divina Madre in quei tre giorni: soltanto il Signore, che l'operava, lo manifesterà a suo tempo nella luce dei santi. Neppure io posso spiegare quello che ho conosciuto; dico solo che ella, finché visse, ogni settimana rinnovò in se stessa quanto era accaduto al Figlio suo, dalla lavanda dei piedi sino alla risurrezione. Pregava con le parole di lui, come si è detto in preceden­za; sentiva nel corpo tutti i suoi dolori, nelle medesime parti in cui egli li aveva patiti; portava la croce e vi si di­stendeva sopra. Nei suddetti esercizi ottenne dal Salvatore benefici sovrabbondanti per i fedeli che sarebbero stati de­voti della passione e che così avrebbero continuato a cu­stodirne la memoria nella Chiesa, secondo quanto ella de­siderava con intimo affetto; perciò in forza del suo potere di sovrana promise a costoro speciale protezione. Grazie alla sua intercessione, Cristo stesso ha stabilito che siano molti a continuare durante i secoli queste pie pratiche, imi­tando lei, che fu l'autrice e la prima maestra di tanto sti­mabile occupazione.

582. Sua Altezza eccelleva nel celebrare l'istituzione del­la santa cena, componendo nuovi cantici di benedizione e di ringraziamento e compiendo fervorosi atti d'amore. A tal fine invitava uno per uno gli angeli al suo servizio e molti altri che scendevano dal cielo per accompagnarla nel­le lodi di Dio. Oh, meraviglia degna dell'Eterno! Gesù sa­cramentato permaneva in lei dopo ogni comunione fino a quella successiva e l'Onnipotente inviava numerosi spiriti celesti ad ammirarne gli effetti in quella creatura più pu­ra degli stessi angeli e dei serafini, i quali gli davano glo­ria per tale prodigio: mai in nessun altro poterono veder­ne uno simile.

583. Non era motivo di minore meraviglia per loro - come anche per noi - che la Regina del cielo, pur conser­vando degnamente in sé il pane consacrato, si preparasse ogni volta a riceverlo con rinnovato fervore, predisponen­do allo scopo opere e devozioni particolari. Ciò accadeva tutti i giorni, eccetto quelli in cui non usciva dall'oratorio. Presentava in primo luogo l'esercizio settimanale della pas­sione; poi, quando si ritirava la sera precedente al giorno in cui si sarebbe comunicata, incominciava a prostrarsi a terra con le braccia aperte, a genuflettersi e a pregare, ado­rando l'essere immutabile del tre volte Santo. Domandava al Padre di potergli parlare; lo supplicava che, senza guar­dare alla sua terrena bassezza, le concedesse di ricevere l'eucaristia ritenendovisi obbligato sia dalla propria infini­ta bontà, sia dalla carità che il Figlio dimostrava per gli uomini restando sacramentalmente presente nella santa Chiesa. Gli offriva il sacrificio cruento della croce, l'unio­ne della natura umana con quella divina nell'unica perso­na del Verbo incarnato, la dignità con cui egli aveva ma­nifestato se stesso, ciò che aveva fatto sin dall'istante in cui era stato concepito nel grembo verginale di lei; la san­tità degli angeli e le loro azioni, i meriti dei giusti che fu­rono, sono e saranno.

584. La gran Signora compiva atti di profonda umiltà, ritenendosi polvere di fronte al Creatore, rispetto al quale noi siamo tanto inferiori. Nel contemplare la magnificen­za di quel Dio che riceveva dentro di sé e, insieme, la pro­pria piccolezza, per l'amore indicibile che provava si sol­levava al di sopra dei più alti cori dei cherubini e dei se­rafini. Poiché si reputava meritevole dell'ultimo posto fra gli esseri terreni, implorava gli spiriti celesti di supplicare con lei il Signore affinché la preparasse ad accoglierlo de­gnamente. Essi le obbedivano e con venerazione e gaudio l'accompagnavano in queste orazioni.

585. La sapienza di Maria, pur essendo finita in se stes­sa, è per noi incomprensibile; ugualmente non potremo mai intendere quali fossero le opere, le virtù e i sentimenti di lei in queste circostanze. Tuttavia, è certo che erano ta­li da obbligare spesso sua Maestà a visitarla o a rispon­derle, facendole intendere il suo compiacimento nel di­scendere in lei sotto le sacre specie e nel rinnovare i pe­gni del suo infinito amore. Al momento fissato per la co­munione, l'Evangelista celebrava la messa. Non si leggeva-

no l'epistola e il Vangelo, che allora non erano ancora sta­ti scritti, ma si compivano altri riti, si proclamavano mol­ti salmi e si dicevano varie preghiere; la consacrazione, però, fu sempre nella medesima forma. Sua Altezza parte­cipava alla sacra liturgia, al termine della quale si acco­stava al sacramento, facendovi precedere tre profonde ge­nuflessioni; con ardore riceveva nel suo cuore purissimo il suo stesso Figlio, al quale aveva dato l'umanità nel suo ta­lamo immacolato. Dopo essersi comunicata, si ritirava e, se non era assolutamente necessario uscire per qualche bi­sogno urgente del prossimo, rimaneva in raccoglimento per tre ore. In quel lasso di tempo san Giovanni ebbe il privi­legio di vederla molte volte rifulgere a somiglianza del so­le, quasi emanasse raggi di luce.

586. La beata Vergine comprese essere conveniente che gli apostoli e i sacerdoti celebrassero l'incruento sacrificio eucaristico indossando arcani vestimenti diversi da quelli ordinari, per cui confezionò abiti appropriati, dando ini­zio a questa consuetudine della Chiesa. Si trattava di or­namenti non troppo dissimili da quelli usati oggi, sebbene in seguito siano stati ridotti come sono al presente. Il tes­suto però era più somigliante, perché la nostra Regina uti­lizzò lino e ricche sete provenienti dalle elemosine che ri­ceveva. Piegava e riassettava i paramenti stando in ginoc­chio o in piedi, li conservava perfettamente puliti e non li affidava ad altri sacrestani se non agli angeli suoi aiutan­ti. Ogni opera delle sue mani esalava una celeste fragran­za che infiammava il cuore dei sacri ministri.

587. Dai regni e dalle province in cui gli apostoli pre­dicavano, numerosi neofiti si recavano a Gerusalemme per conoscere la Madre del Redentore del mondo e le porta­vano ricchi doni. Fra gli altri, vennero da lei quattro prin­cipi che esercitavano il potere sulle loro terre e le presen­tarono molti oggetti di valore perché se ne servisse e ne facesse parte a tutti i fedeli. Ella disse che quelle ricchezze non si addicevano allo stile di vita scelto da lei, che era povera come suo Figlio, e dai discepoli, che lo erano co­me il loro Maestro. Quei principi insistettero perché per loro consolazione accettasse quanto le offrivano, lo distri­buisse ai bisognosi o lo destinasse al culto divino; a moti­vo di tale richiesta, Maria santissima ne accettò una par­te. Da alcune tele preziose ricavò ornamenti per l'altare, con il rimanente provvide ai poveri e beneficò gli ospeda­li dove di solito si recava e accudiva lei stessa i ricoverati stando in ginocchio. Confortava inoltre tutti i bisognosi, aiutava gli agonizzanti che poteva assistere a morire san­tamente e non cessava mai di compiere opere di carità, fattivamente o pregando nel segreto della sua stanza.

588. Ai sovrani che andarono a trovarla diede salutari consigli, ammonizioni ed istruzioni per il governo; inculcò loro di osservare ed amministrare la giustizia senza fare preferenze di persone, di riconoscersi uomini mortali al pa­ri degli altri e di temere il verdetto del supremo giudice, a cui ciascuno dovrà sottoporre le proprie azioni; soprattut­to instillò loro lo zelo di adoperarsi affinché il nome di Cri­sto fosse esaltato e si diffondesse e radicasse la fede, sulla cui fermezza si basano i veri regni. Diversamente, infatti, il servizio dell'autorità è deplorevole ed infelicissimo per­ché si presta al gioco dei demoni, e Dio, nei suoi imper­scrutabili giudizi, lo permette soltanto quale castigo sia dei regnanti che dei sudditi. Quei fortunati principi promisero di attuare i suggerimenti della Maestra degli umili e in se­guito si mantennero in contatto con lei attraverso lettere ed altre forme di corrispondenza. Lo stesso accadde rispetti­vamente a quanti la visitarono, perché tutti si allontanava­no dalla sua presenza più buoni, pieni di gioia e di confor­to indicibili. Molti che sino a quel momento non erano cre­denti al solo vederla confessavano il vero Dio ad alta voce e senza potersi trattenere, grazie alla forza che interior­mente avvertivano arrivando al cospetto della Tuttasanta.

589. Non è gran cosa che succedesse quanto detto, poi­ché sua Altezza era uno strumento efficacissimo nelle ma­ni dell'Onnipotente a beneficio dei mortali. Non solamen­te i suoi discorsi, pieni di sublime sapienza, lasciavano at­toniti e convincevano chi li udiva infondendogli nuova lu­ce, ma, come sulle sue labbra era diffusa la grazia che si comunicava attraverso le sue parole, così anche la diversa grazia e bellezza esteriori, la piacevole maestà della per­sona, la modestia del suo aspetto onestissimo, grave e gra­devole e la misteriosa virtù che da lei promanava - secondo quanto dice il Vangelo riguardo al suo Figlio santissimo' - attiravano i cuori e li rinnovavano. Alcuni restavano stu­pefatti, altri si effondevano in lacrime, altri elaboravano mirabili ragionamenti e prorompevano in lodi, magnifi­cando la grandezza del Dio dei cristiani che aveva plasmato una simile creatura. E veramente tutti potevano testimo­niare ciò che alcuni santi hanno affermato: Maria era un prodigio divino di santità. Sia eternamente esaltata e co­nosciuta da tutte le generazioni quale vera Madre dello stesso Altissimo, che la rese tanto gradita ai suoi occhi e madre tanto dolce verso i peccatori, amabile agli angeli e agli uomini.

590. Negli ultimi anni della sua esistenza terrena la bea­tissima Vergine digiunava e vegliava pressoché di continuo, accettando lo scarso cibo ed il poco riposo solo in obbe­dienza a san Giovanni, che la pregava di ritirarsi a dor­mire la notte per qualche momento. Il sonno, tuttavia, non era altro che una leggera sospensione dei sensi, che dura­va mezz'ora o al massimo un'ora, e non la privava della visione della Divinità nel modo sopra riferito. Ordinariamente il suo vitto consisteva in alcuni bocconi di pane, tal­volta però accontentava l'Evangelista che le chiedeva di mangiare un po' di pesce per fargli compagnia. Il santo fu ugualmente fortunato, in questo come negli altri privilegi di figlio di Maria santissima: non solo mangiava con lei alla medesima mensa, ma la gran Signora gli preparava le pietanze e gliele serviva come una madre al figlio, obbe­dendo a lui quale sacerdote che faceva le veci di Cristo. Ella avrebbe ben potuto rinunciare a quel sonno e a quel­l'alimento che parevano più una cerimonia che un sosten­tamento vitale; ciononostante, essendo in tutto prudentis­sima, non vi accondiscendeva per necessità bensì per umiltà, riconoscendo e pagando in qualche cosa il tributo alla natura umana.

 

Insegnamento della Regina del cielo

591. Figlia mia, guardando a ciò che ho vissuto i mor­tali si renderanno conto di fino a che punto avessi pre­sente nella memoria la redenzione e fossi riconoscente ver­so il Signore, che l'aveva operata soprattutto offrendosi sulla croce. Tuttavia in questo capitolo ho voluto darti no­tizia più particolareggiata della sollecitudine e dei ripetu­ti esercizi con cui io rinnovavo nella mia persona non sol­tanto il ricordo, ma anche i dolori della passione, affin­ché siano rimproverati e svergognati coloro che, pur sal­vati, hanno colpevolmente dimenticato questo dono ine­stimabile. Oh, quanto è volgare, detestabile e pericolosa la loro ingratitudine! L'oblio è chiaro indizio del disprezzo, giacché non si scorda mai fino a tal segno quello che si stima molto. Ora, come si spiega che gli uomini disde­gnino e cancellino dalla mente e dal cuore il bene eterno che ricevettero, l'amore per il quale l'eterno Padre sotto­pose il suo Unigenito alla morte, la carità e la pazienza con cui il medesimo Figlio suo e mio la sopportò per loro? La terra insensibile è grata a chi la coltiva, la bestia feroce a chi l'addomestica, gli stessi esseri umani si con­siderano obbligati verso i benefattori che a loro volta, quando non vengono ringraziati, se ne risentono e con­dannano una simile mancanza come una grave offesa.

592. Quale ragione vi è, dunque, che solo verso il loro Dio e salvatore siano irriconoscenti, non ricordando le sof­ferenze da lui sopportate per riscattarli dalla dannazione eterna? Per di più si lamentano se egli non li contenta su­bito in tutto ciò che desiderano. Affinché intendano quan­to l'incorri spondenza a sì grande amore si ritorca contro di loro, ti avverto, figlia mia, che Lucifero e i suoi diavo­li dicono di ciascuno di essi: «Costui non stima la grazia che l'Onnipotente gli fece redimendolo. Riteniamolo dun­que sicuramente nostro, perché chi è talmente stolto da cadere in questa dimenticanza non capirà nemmeno i no­stri inganni. Avviciniamoci per tentarlo e distruggerlo, giac­ché gli manca la miglior difesa contro di noi». E poiché la lunga esperienza ha dimostrato loro che accade quasi infallibilmente così, cercano con ogni sforzo di cancellare nei mortali la memoria del sacrificio redentivo di Cristo e di far sì che sia considerato spregevole il parlarne e il pre­dicarlo; cosa che hanno ottenuto nella maggior parte dei casi, con deplorevole rovina delle anime. Al contrario, i de­moni diffidano e temono di insidiare quelli che si dedica­no alla meditazione assidua della passione, poiché da ciò sentono scaturire contro di sé una forza irresistibile che molte volte impedisce loro di raggiungere chi richiama al­la mente quei misteri venerandoli.

593. Voglio dunque che tu, amica mia, tenga stretto al cuore questo mazzetto di mirra: imitami con tutta te stessa negli esercizi da me compiuti per emulare il mio Figlio san­tissimo nei suoi dolori e riparare le ingiurie e le bestemmie con cui i nemici che lo crocifissero oltraggiarono la sua di­vina persona. Adesso sii tu, nel mondo, chi procura di dar­gli un qualche compenso per la turpe ingratitudine e per la deprecabile trascuratezza del genere umano. Ci riuscirai, nel modo in cui desidero, se terrai sempre davanti agli occhi Gesù crocifisso, afflitto e insultato. Persevera nei suddetti esercizi, tralasciandoli solo per obbedienza o per altra giu­sta causa: se in ciò seguirai il mio esempio, ti renderò par­tecipe di quello che sperimentavo nel compierli.

594. Ogni giorno, in preparazione all'eucaristia, ti dedi­cherai innanzitutto alle pie pratiche di cui ti ho parlato e successivamente alle altre mie azioni che conosci: se io, Ma­dre del Signore, non mi reputavo meritevole di accostarmi alla santa comunione e con molti mezzi mi adoperavo per acquistare la purezza necessaria ad accogliere adeguata­mente un così alto sacramento, che cosa devi fare tu, po­vera e soggetta a tante miserie, imperfezioni e colpe? Ren­di mondo il tempio della tua anima esaminandolo alla luce divina e ordinandolo con eccellenti virtù, perché è Dio che viene in te, e soltanto lui sarebbe degno di ricevere se stes­so nel pane celeste. Invoca l'aiuto dei santi, affinché t'im­petrino la grazia da sua Maestà; ma soprattutto chiedi a me tale beneficio, perché io sono avvocata e protettrice specia­le di coloro che anelano a prendere parte con le dovute di­sposizioni alla santa cena. Quando essi mi affidano questo loro desiderio, io lo presento all'Altissimo implorandolo di esaudirli, poiché so come dev'essere il luogo atto a divenire dimora della santissima Trinità. E non ho perso, stando in cielo, la cura e lo zelo per la sua gloria, che ricercavo con tanta attenzione quando vivevo sulla terra. Infine, dopo la mia intercessione cerca quella degli angeli: anch'essi bra­mano ardentemente che tutti si avvicinino al sacro convito con grande devozione e cuore limpido.


8 gennaio 1944

Maria Valtorta

Dice Gesù:
   «Fra le molte cose che il mondo nega, gonfio di orgoglio e di incredulità quale è ora, è la potenza e la presenza del demonio. L’ateismo che nega Dio nega logicamente anche Lucifero, il creato da Dio, il ribelle a Dio, l’avversario di Dio, il Tentatore, l’Invido, l’Astuto, l’Instancabile, il Simulatore di Dio.

   Vi ho già detto[15] che Satana, divenuto tale per peccato di superbia, anche ora che dai regni dell’Altissimo, ai quali osò dare assalto, è precipitato nell’abisso profondo dove è tenebre e orrore, ha voluto instaurare in quel profondo una copia della celeste corte ed avere i suoi ministri ed i suoi angeli, i suoi sudditi ed i suoi figli, e nelle sue manifestazioni si camuffa in spirito di luce, coprendo il suo aspetto ed il suo pensiero di Bassissimo con bugiardi rivestimenti copiati dall’Altissimo per trarvi in errore.

   Ma coloro che realmente vivono con lo spirito vivificato dalla Grazia, sentono il suono falso e vedono oltre l’apparenza e conoscono per spirituale intuito il Seduttore dietro alla larva che si mostra. Naturalmente ciò avviene per quelli che le triplici virtù proteggono di santa difesa e che la Grazia vivifica. Gli altri ­– e non solo gli atei che negano, ma i tiepidi che sonnecchiano, gli indifferenti che non osservano, gli svagati che non riflettono, gli imprudenti che vanno avanti come dei folli – non possono vedere Satana oltre l’innocua apparenza o la ipocrita apparenza e ne divengono zimbello.

   Non negate l’esistenza di Satana, figli che perite per negare sempre, per negare tutto. Non è fola di donnicciuole e non è superstizione medioevale. È realtà vera.

   Satana c’è. Ed è instancabile nell’agire. In alto, Dio è instancabile nel bene. In basso, Satana è instancabile nel male. La parola del salmo[16] non è bella frase di pietà, e non è bella frase di oratore la parola dell’Apostolo. Come leone ruggente Satana è intorno a voi e nelle tenebre agisce per portarvi a sé. Per quanto ormai la vostra incredulità, la vostra indifferenza, il vostro ateismo gli permetterebbero di agire anche nella luce, apertamente, poiché voi gli spalancate le porte dell’anima e coi vostri desideri smodati gli dite: “Entra. Purché io abbia ciò che voglio in quest’ora della Terra, ti faccio signore del mio io”. Se così non fosse, non potreste giungere a quella forma di vita che avete raggiunto e che fa orrore a Dio ed ai suoi santi, servi e figli.

   Ma ricordate che metaforicamente, artificialmente, o realmente, Satana agisce subdolamente nelle tenebre. Vi circuisce con avvolgimenti e sottigliezze di serpente in agguato nel folto di una macchia. Per quanto vi veda già tanto avulsi da Dio, non osa ancora presentarsi a faccia a faccia e dirvi: “Sono io. Seguimi”, perché vi sa vili nel male come nel bene. Pochi ancora fra voi sono gli audaci che in questo esplicito incontro oserebbero dirgli: “Vengo”. Siete ipocriti anche nel male e desiderando il suo aiuto non osate confessare questo desiderio.

   Ma non c’è bisogno di parole per Satana. Il suo sguardo vi trapassa il cuore come il mio. Io vedo la vostra libidine di satanismo, egli vede la stessa cosa e agisce.

   Dopo aver tentato di distruggere il Cristo tentandolo[17], la Chiesa dandole epoche oscure, il Cristianesimo con gli scismi, la società civile con le sètte, ora, alla vigilia della sua manifestazione preparatoria alla finale, tenta di distruggere le vostre coscienze dopo aver già distrutto il vostro pensiero. Sì. Distrutto. Distrutto non come capacità di pensare da uomini, ma da figli di Dio. Il razionalismo, la scienza separata da Dio hanno distrutto il vostro pensiero da dèi ed ora pensate come il fango può pensare: a livello di terra. Non vedete Dio impresso col suo sigillo sulle cose che il vostro occhio vede. Per voi sono astri, monti, pietre, acque, erbe, animali. Per il credente sono opere di Dio, e senza bisogno di altro egli si immerge nella contemplazione e nella lode del Creatore davanti agli innumeri segni della sua potenza che vi circondano e vi fanno bella la vostra esistenza e vi sono utili al vostro vivere.

   Ora Satana assale le coscienze. Offre l’antico frutto[18]: piacere, avidità di sapere, superba e sacrilega speranza di ottenere, mordendo nella carne e nella scienza, d’essere dèi. E il piacere fa di voi degli animali arsi dalla lussuria, repellenti, malati, condannati in questa e nell’altra vita ai morbi della carne e alla morte dello spirito. E l’avidità di sapere vi dà in mano all’Ingannatore poiché, per illecite seti di conoscere ciò che sono misteri di Dio, tentando di imporre a Dio la vostra volontà di conoscenza, fate sì che Satana possa irretirvi con i suoi errori.

   Mi fate pietà. E mi fate orrore. Pietà perché siete dei folli. Orrore perché volete esserlo e vi marcate le carni dell’anima col segno della Bestia ricusando la Verità per la Menzogna.

   E potete credere che Satana vi serva? No. È molto più facile che Dio vi conceda ciò che chiedete, se è cosa lecita, che non ve la dia Satana. Satana si fa servire. E vi assicuro che per un’ora vi chiede tutta la vita, per un trionfo tutta l’eternità.

   E potete credere che dicendo: “Voglio”, Dio voglia? No. Dio vuole ciò che è vostro bene. Non tutto quanto voi volete.

   E potete illudervi che al vostro comando Dio ed i suoi ministri vengano a voi? No. Solo una vita casta e pia, solo una vita incoronata dalle tre faci della fede, della speranza, della carità, solo una vita difesa dalle altre virtù praticate contro Satana, il mondo e la carne, solo una vita vissuta nella mia Legge, in quella mia dottrina che è nel mio quadruplice Vangelo, e che è quella da venti secoli – e tale sarà finché sarà la Terra e l’uomo – solo una vita “cristiana”, ossia vita simile a quella del Cristo, di ossequio, ubbidienza, fedeltà al Padre, di generosità costante, ottengono al vostro spirito quella purificazione, quella sensibilità, che vi possono permettere di ricevere Dio e i suoi ministri in una così sensibile maniera da darvi gioia di visione e gioia di parola semplicemente ispirata o realmente detta.

   Io l’ho detto[19]: “Non si può servire insieme Dio e Satana”. No. Dove è l’uno, l’altro non vi è. Segno di Dio è la vostra vita e segno di Satana è la vostra vita.

   Quando siete capaci di riflessione – ammesso che abbiate ancora un lembo di anima libero dal possesso che uccide – esaminatevi voi, le vostre opere, le ispirazioni che ricevete. Se le vedete anche soltanto umanamente oneste, dite: “Qui può essere potere di Dio”. Ma se esse sono contrarie alla morale umana e agli antipodi della morale sovrumana, dite pure: “Qui non può essere Dio, ma il suo Nemico”.

   E voi, già traviati al punto di aver abbracciato la nefasta religione che Io chiamo “satanismo” – quella parodia della religione che è sacrilegio e che è delitto – ricordate che Io non ho bisogno di tenebre, di solitudine, di magnetismi per venire. Io sono Luce ed i miei santi sono luce. Io non temo il sole e non temo la folla. Io so rapire da mezzo ad una folla e apparire Sole nel sole.

   I miei discepoli possono dire come sia semplice, dolce, spontaneo e assoluto il mio venire a loro, come li sollevi oltre ciò che li circonda inabissandoli nella luce e nel suono che è Cielo venuto a loro.

   Essi possono dire come dopo ogni contatto sentono la loro materia perdere peso e acquistare spiritualità, come dopo ogni fusione la carne muoia un poco di più ed Io viva sempre più forte in loro. Io, il Vincitore della carne, strumento di Satana, e perciò vincitore di Satana.

   Essi possono dire come, rinnovellati ogni volta più profondamente, muoiano misticamente ad ogni volta e risorgano sempre più spiritualizzati.

   Essi vi possono dire quale pace, quale serenità, quale equilibrio è in loro, quale intelligenza, quale amore, quale purezza. Non umana, più ancora che soprumana. Mia, poiché Io divengo loro e loro divengono Me. La creatura non c’è più. Io ci sono. Essi sono una goccia di sangue nel mio Cuore. Io vivo. Io regno. Io li faccio dèi poiché li assimilo a Me.

   Quello che Satana non dà, non può dare – il divenire simili a Dio – Io lo do a questi miei discepoli perché li fondo con Me e li deifico in tale fusione.»

[15] già detto il 19 giugno e il 22 agosto 1943.
[16] parola del salmo in Salmo 109, 6 (“il diavolo” nell’antica volgata; “un accusatore” nelle nuove traduzioni); parola dell’Apostolo in 1 Pietro 5, 8.
[17] tentandolo, come si narra in Matteo 4, 1-11; Marco 1, 12-13; Luca 4, 1-13.
[18] l’antico frutto, quello del racconto di Genesi 3.
[19] l’ho detto in Matteo 6, 24; Luca 16, 13.