Sotto il Tuo Manto

Lunedi, 21 luglio 2025 - San Lorenzo da Brindisi (Letture di oggi)

Se ci domina una passione, procuriamo di reprimerla con i mezzi contrari: la vanità , con il pensare di proposito alle miserie di questa vita; la collera, con il riconoscere i vantaggi della mansuetudine; e così facciamo con le altre. (San Francesco di Sales)

Liturgia delle Ore - Letture

Settimana Santa - Giovedì Santo

Questa sezione contiene delle letture scelte a caso, provenienti dalle varie sezioni del sito (Sacra Bibbia e la sezione Biblioteca Cristiana), mentre l'ultimo tab Apparizioni, contiene messaggi di apparizioni a mistici o loro scritti. Sono presenti testi della Valtorta, Luisa Piccarreta, don Stefano Gobbi e testimonianze di apparizioni mariane riconosciute.

Vangelo secondo Luca 13

1In quello stesso tempo si presentarono alcuni a riferirgli circa quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva mescolato con quello dei loro sacrifici.2Prendendo la parola, Gesù rispose: "Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subito tale sorte?3No, vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo.4O quei diciotto, sopra i quali rovinò la torre di Sìloe e li uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme?5No, vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo".

6Disse anche questa parabola: "Un tale aveva un fico piantato nella vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò.7Allora disse al vignaiolo: Ecco, son tre anni che vengo a cercare frutti su questo fico, ma non ne trovo. Taglialo. Perché deve sfruttare il terreno?8Ma quegli rispose: Padrone, lascialo ancora quest'anno finché io gli zappi attorno e vi metta il concime9e vedremo se porterà frutto per l'avvenire; se no, lo taglierai".

10Una volta stava insegnando in una sinagoga il giorno di sabato.11C'era là una donna che aveva da diciotto anni uno spirito che la teneva inferma; era curva e non poteva drizzarsi in nessun modo.12Gesù la vide, la chiamò a sé e le disse: "Donna, sei libera dalla tua infermità",13e le impose le mani. Subito quella si raddrizzò e glorificava Dio.
14Ma il capo della sinagoga, sdegnato perché Gesù aveva operato quella guarigione di sabato, rivolgendosi alla folla disse: "Ci sono sei giorni in cui si deve lavorare; in quelli dunque venite a farvi curare e non in giorno di sabato".15Il Signore replicò: "Ipocriti, non scioglie forse, di sabato, ciascuno di voi il bue o l'asino dalla mangiatoia, per condurlo ad abbeverarsi?16E questa figlia di Abramo, che satana ha tenuto legata diciott'anni, non doveva essere sciolta da questo legame in giorno di sabato?".17Quando egli diceva queste cose, tutti i suoi avversari si vergognavano, mentre la folla intera esultava per tutte le meraviglie da lui compiute.

18Diceva dunque: "A che cosa è simile il regno di Dio, e a che cosa lo rassomiglierò?19È simile a un granellino di senapa, che un uomo ha preso e gettato nell'orto; poi è cresciuto e diventato un arbusto, e gli uccelli del cielo si sono posati tra i suoi rami".

20E ancora: "A che cosa rassomiglierò il regno di Dio?21È simile al lievito che una donna ha preso e nascosto in tre staia di farina, finché sia tutta fermentata".

22Passava per città e villaggi, insegnando, mentre camminava verso Gerusalemme.23Un tale gli chiese: "Signore, sono pochi quelli che si salvano?". Rispose:24"Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, vi dico, cercheranno di entrarvi, ma non ci riusciranno.25Quando il padrone di casa si alzerà e chiuderà la porta, rimasti fuori, comincerete a bussare alla porta, dicendo: Signore, aprici. Ma egli vi risponderà: Non vi conosco, non so di dove siete.26Allora comincerete a dire: Abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza e tu hai insegnato nelle nostre piazze.27Ma egli dichiarerà: Vi dico che non so di dove siete. Allontanatevi da me voi tutti operatori d'iniquità!28Là ci sarà pianto e stridore di denti quando vedrete Abramo, Isacco e Giacobbe e tutti i profeti nel regno di Dio e voi cacciati fuori.29Verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno e siederanno a mensa nel regno di Dio.30Ed ecco, ci sono alcuni tra gli ultimi che saranno primi e alcuni tra i primi che saranno ultimi".

31In quel momento si avvicinarono alcuni farisei a dirgli: "Parti e vattene via di qui, perché Erode ti vuole uccidere".32Egli rispose: "Andate a dire a quella volpe: Ecco, io scaccio i demòni e compio guarigioni oggi e domani; e il terzo giorno avrò finito.33Però è necessario che oggi, domani e il giorno seguente io vada per la mia strada, perché non è possibile che un profeta muoia fuori di Gerusalemme.

34Gerusalemme, Gerusalemme, che uccidi i profeti e lapidi coloro che sono mandati a te, quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli come una gallina la sua covata sotto le ali e voi non avete voluto!35Ecco, 'la vostra casa vi viene lasciata deserta'! Vi dico infatti che non mi vedrete più fino al tempo in cui direte: 'Benedetto colui che viene nel nome del Signore!'".


Secondo libro di Samuele 8

1Dopo, Davide sconfisse i Filistei e li sottomise e tolse di mano ai Filistei Gat e le sue dipendenze.2Sconfisse anche i Moabiti e, facendoli coricare per terra, li misurò con la corda; ne misurò due corde per farli mettere a morte e una corda intera per lasciarli in vita. I Moabiti divennero sudditi di Davide, a lui tributari.3Davide sconfisse anche Hadad-Èzer, figlio di Recòb, re di Zobà, mentre egli andava ad estendere il dominio sul fiume Eufrate.4Davide gli prese millesettecento combattenti sui carri e ventimila fanti: tagliò i garretti a tutte le pariglie di cavalli, riservandone soltanto cento.5Quando gli Aramei di Damasco vennero per soccorrere Hadad-Èzer, re di Zobà, Davide ne uccise ventiduemila.6Poi Davide stabilì guarnigioni nell'Aram di Damasco e gli Aramei divennero sudditi di Davide e a lui tributari. Il Signore rendeva vittorioso Davide dovunque egli andava.7Davide tolse ai servitori di Hadad-Èzer i loro scudi d'oro e li portò a Gerusalemme.8Il re Davide prese anche grande quantità di rame a Bètach e a Berotài, città di Hadad-Èzer.9Quando Toù, re di Amat, seppe che Davide aveva sconfitto tutto l'esercito di Hadad-Èzer,10mandò al re Davide suo figlio Adduràm per salutarlo e per benedirlo perché aveva mosso guerra a Hadad-Èzer e l'aveva sconfitto; infatti Hadad-Èzer era sempre in guerra con Toù. Adduràm gli portò vasi d'argento, vasi d'oro e vasi di rame.11Il re Davide consacrò anche quelli al Signore, come già aveva consacrato l'argento e l'oro tolto alle nazioni che aveva soggiogate,12agli Aramei, ai Moabiti, agli Ammoniti, ai Filistei, agli Amaleciti, e come aveva fatto del bottino di Hadad-Èzer figlio di Recòb, re di Zobà.13Al ritorno dalla sua vittoria sugli Aramei, Davide acquistò ancora fama, sconfiggendo nella Valle del Sale diciottomila Idumei.14Stabilì guarnigioni in Idumea; ne mise per tutta l'Idumea e tutti gli Idumei divennero sudditi di Davide; il Signore rendeva vittorioso Davide dovunque egli andava.
15Davide regnò su tutto Israele e pronunziava giudizi e faceva giustizia a tutto il suo popolo.16Ioab figlio di Zeruià comandava l'esercito; Giosafat figlio di Achilùd era archivista;17Zadòk figlio di Achitùb e Achimèlech figlio di Ebiatàr erano sacerdoti; Seraià era segretario,18Benaià, figlio di Ioiadà, era capo dei Cretei e dei Peletei e i figli di Davide erano ministri.


Salmi 73

1'Salmo. Di Asaf.'

Quanto è buono Dio con i giusti,
con gli uomini dal cuore puro!
2Per poco non inciampavano i miei piedi,
per un nulla vacillavano i miei passi,
3perché ho invidiato i prepotenti,
vedendo la prosperità dei malvagi.

4Non c'è sofferenza per essi,
sano e pasciuto è il loro corpo.
5Non conoscono l'affanno dei mortali
e non sono colpiti come gli altri uomini.

6Dell'orgoglio si fanno una collana
e la violenza è il loro vestito.
7Esce l'iniquità dal loro grasso,
dal loro cuore traboccano pensieri malvagi.
8Scherniscono e parlano con malizia,
minacciano dall'alto con prepotenza.

9Levano la loro bocca fino al cielo
e la loro lingua percorre la terra.
10Perciò seggono in alto,
non li raggiunge la piena delle acque.
11Dicono: "Come può saperlo Dio?
C'è forse conoscenza nell'Altissimo?".
12Ecco, questi sono gli empi:
sempre tranquilli, ammassano ricchezze.
13Invano dunque ho conservato puro il mio cuore
e ho lavato nell'innocenza le mie mani,
14poiché sono colpito tutto il giorno,
e la mia pena si rinnova ogni mattina.

15Se avessi detto: "Parlerò come loro",
avrei tradito la generazione dei tuoi figli.
16Riflettevo per comprendere:
ma fu arduo agli occhi miei,
17finché non entrai nel santuario di Dio
e compresi qual è la loro fine.
18Ecco, li poni in luoghi scivolosi,
li fai precipitare in rovina.

19Come sono distrutti in un istante,
sono finiti, periscono di spavento!
20Come un sogno al risveglio, Signore,
quando sorgi, fai svanire la loro immagine.

21Quando si agitava il mio cuore
e nell'intimo mi tormentavo,
22io ero stolto e non capivo,
davanti a te stavo come una bestia.
23Ma io sono con te sempre:
tu mi hai preso per la mano destra.
24Mi guiderai con il tuo consiglio
e poi mi accoglierai nella tua gloria.

25Chi altri avrò per me in cielo?
Fuori di te nulla bramo sulla terra.
26Vengono meno la mia carne e il mio cuore;
ma la roccia del mio cuore è Dio,
è Dio la mia sorte per sempre.
27Ecco, perirà chi da te si allontana,
tu distruggi chiunque ti è infedele.
28Il mio bene è stare vicino a Dio:
nel Signore Dio ho posto il mio rifugio,
per narrare tutte le tue opere
presso le porte della città di Sion.


Salmi 146

1Alleluia.

Loda il Signore, anima mia:
2loderò il Signore per tutta la mia vita,
finché vivo canterò inni al mio Dio.

3Non confidate nei potenti,
in un uomo che non può salvare.
4Esala lo spirito e ritorna alla terra;
in quel giorno svaniscono tutti i suoi disegni.

5Beato chi ha per aiuto il Dio di Giacobbe,
chi spera nel Signore suo Dio,
6creatore del cielo e della terra,
del mare e di quanto contiene.
Egli è fedele per sempre,
7rende giustizia agli oppressi,
dà il pane agli affamati.

Il Signore libera i prigionieri,
8il Signore ridona la vista ai ciechi,
il Signore rialza chi è caduto,
il Signore ama i giusti,
9il Signore protegge lo straniero,
egli sostiene l'orfano e la vedova,
ma sconvolge le vie degli empi.

10Il Signore regna per sempre,
il tuo Dio, o Sion, per ogni generazione.


Ezechiele 22

1Mi fu rivolta questa parola del Signore:2"Tu, figlio dell'uomo, forse non giudicherai, non giudicherai tu la città sanguinaria? Mostrale tutti i suoi abomini.3Tu riferirai: Dice il Signore Dio: O città che sparge il sangue in mezzo a se stessa, perché giunga il suo tempo, e fabbrica a suo danno idoli con cui contaminarsi!4Per il sangue che hai sparso, ti sei resa colpevole e ti sei contaminata con gli idoli che hai fabbricato: hai affrettato il tuo giorno, sei giunta al termine dei tuoi anni. Ti renderò perciò l'obbrobrio dei popoli e lo scherno di tutta la terra.5I vicini e i lontani si faran beffe di te o città infamata e piena di disordini.6Ecco in te i prìncipi d'Israele, ognuno secondo il suo potere, intenti a spargere sangue.7In te si disprezza il padre e la madre, in te si maltratta il forestiero, in te si opprime l'orfano e la vedova.8Hai disprezzato i miei santuari, hai profanato i miei sabati.9Vi sono in te calunniatori che versano il sangue. C'è in te chi banchetta sui monti e chi commette scelleratezze.10In te si hanno rapporti col proprio padre, in te si giace con la donna in stato di mestruazione.11Uno reca oltraggio alla donna del prossimo, l'altro contamina con incesto la nuora, altri viola la sorella, figlia del padre.12In te si ricevono doni per spargere il sangue, tu presti a interesse e a usura, spogli con la violenza il tuo prossimo e di me ti dimentichi. Oracolo del Signore Dio.
13Ecco, io batto le mani per le frodi che hai commesse e per il sangue che è versato in mezzo a te.14Reggerà il tuo cuore e saranno forti le mani per i giorni che io ti preparo? Io, il Signore, l'ho detto e lo farò;15ti disperderò fra le nazioni e ti disseminerò in paesi stranieri; ti purificherò della tua immondezza,16poi ti riprenderò in eredità davanti alle nazioni e tu saprai che io sono il Signore".
17Mi fu rivolta questa parola del Signore:18"Figlio dell'uomo, gli Israeliti si son cambiati in scoria per me; sono tutti rame, stagno, ferro e piombo dentro un crogiuolo: sono scoria di argento.19Perciò così dice il Signore: Poiché vi siete tutti cambiati in scoria, io vi radunerò dentro Gerusalemme.20Come si mette insieme argento, rame, ferro, piombo, stagno dentro un crogiuolo e si soffia nel fuoco per fonderli, così io, con ira e con sdegno, vi metterò tutti insieme e vi farò fondere;21vi radunerò, contro di voi soffierò nel fuoco del mio sdegno e vi fonderò in mezzo alla città.22Come si fonde l'argento nel crogiuolo, così sarete fusi in mezzo ad essa: saprete che io, il Signore, ho riversato il mio sdegno contro di voi".
23Mi fu rivolta questa parola del Signore:24"Figlio dell'uomo, di' a Gerusalemme: Tu sei una terra non purificata, non lavata da pioggia in un giorno di tempesta.25Dentro di essa i suoi prìncipi, come un leone ruggente che sbrana la preda, divorano la gente, s'impadroniscono di tesori e ricchezze, moltiplicano le vedove in mezzo ad essa.26I suoi sacerdoti violano la mia legge, profanano le cose sante. Non fanno distinzione fra il sacro e il profano, non insegnano a distinguere fra puro e impuro, non osservano i miei sabati e io sono disonorato in mezzo a loro.27I suoi capi in mezzo ad essa sono come lupi che dilaniano la preda, versano il sangue, fanno perire la gente per turpi guadagni.28I suoi profeti hanno come intonacato tutti questi delitti con false visioni e oracoli fallaci e vanno dicendo: Così parla il Signore Dio, mentre invece il Signore non ha parlato.29Gli abitanti della campagna commettono violenze e si danno alla rapina, calpestano il povero e il bisognoso, maltrattano il forestiero, contro ogni diritto.30Io ho cercato fra loro un uomo che costruisse un muro e si ergesse sulla breccia di fronte a me, per difendere il paese perché io non lo devastassi, ma non l'ho trovato.31Io rovescerò su di essi il mio sdegno: li consumerò con il fuoco della mia collera: la loro condotta farò ricadere sulle loro teste". Oracolo del Signore Dio.


Lettera agli Efesini 3

1Per questo, io Paolo, il prigioniero di Cristo per voi Gentili...2penso che abbiate sentito parlare del ministero della grazia di Dio, a me affidato a vostro beneficio:3come per rivelazione mi è stato fatto conoscere il mistero di cui sopra vi ho scritto brevemente.4Dalla lettura di ciò che ho scritto potete ben capire la mia comprensione del mistero di Cristo.5Questo mistero non è stato manifestato agli uomini delle precedenti generazioni come al presente è stato rivelato ai suoi santi apostoli e profeti per mezzo dello Spirito:6che i Gentili cioè sono chiamati, in Cristo Gesù, a partecipare alla stessa eredità, a formare lo stesso corpo, e ad essere partecipi della promessa per mezzo del vangelo,7del quale sono divenuto ministro per il dono della grazia di Dio a me concessa in virtù dell'efficacia della sua potenza.8A me, che sono l'infimo fra tutti i santi, è stata concessa questa grazia di annunziare ai Gentili le imperscrutabili ricchezze di Cristo,9e di far risplendere agli occhi di tutti qual è l'adempimento del mistero nascosto da secoli nella mente di Dio, creatore dell'universo,10perché sia manifestata ora nel cielo, per mezzo della Chiesa, ai Principati e alle Potestà la multiforme sapienza di Dio,11secondo il disegno eterno che ha attuato in Cristo Gesù nostro Signore,12il quale ci dà il coraggio di avvicinarci in piena fiducia a Dio per la fede in lui.13Vi prego quindi di non perdervi d'animo per le mie tribolazioni per voi; sono gloria vostra.

14Per questo, dico, io piego le ginocchia davanti al Padre,15dal quale ogni paternità nei cieli e sulla terra prende nome,16perché vi conceda, secondo la ricchezza della sua gloria, di essere potentemente rafforzati dal suo Spirito nell'uomo interiore.17Che il Cristo abiti per la fede nei vostri cuori e così, radicati e fondati nella carità,18siate in grado di comprendere con tutti i santi quale sia l'ampiezza, la lunghezza, l'altezza e la profondità,19e conoscere l'amore di Cristo che sorpassa ogni conoscenza, perché siate ricolmi di tutta la pienezza di Dio.

20A colui che in tutto ha potere di fare
molto più di quanto possiamo domandare o pensare,
secondo la potenza che già opera in noi,
21a lui la gloria nella Chiesa e in Cristo Gesù
per tutte le generazioni, nei secoli dei secoli! Amen.


Capitolo XXII: La meditazione della miseria umana

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1. Dovunque tu sia e dovunque ti volga, sei sempre misera cosa; a meno che tu non ti volga tutto a Dio. Perché resti turbato quando le cose non vanno secondo la tua volontà e il tuo desiderio? Chi è colui che tutto ha secondo il suo beneplacito? Non io, non tu, né alcun altro su questa terra. Non c'è persona al mondo, anche se è un re o un papa, che non abbia qualche tribolazione o afflizione. E chi è dunque che ha la parte migliore? Senza dubbio colui che è capace di sopportare qualche male per amore di Dio. Dice molta gente, debole e malata nello spirito: guarda che vita beata conduce quel tale; come è ricco e grande, come è potente e come è salito in alto! Ma, se poni mente ai beni eterni, vedrai che tutte queste cose passeggere sono un nulla, anzi qualcosa di molto insicuro e particolarmente gravoso, giacché le cose temporali non si possono avere senza preoccupazioni e paure. Per la felicità non occorre che l'uomo possieda beni terreni in sovrabbondanza; basta averne una modesta quantità, giacché la vita di quaggiù è veramente una misera cosa. Quanto più uno desidera elevarsi spiritualmente, tanto più la vita presente gli appare amara, perché constata pienamente le deficienze dovute alla corrotta natura umana. Invero mangiare, bere, star sveglio, dormire, riposare, lavorare, e dover soggiacere alle altre necessità che ci impone la nostra natura, tutto ciò, in realtà, è una miseria grande e un dolore per l'uomo religioso; il quale amerebbe essere sciolto e libero da ogni peccato. In effetti l'uomo che vive interiormente si sente schiacciato, come sotto un peso, dalle esigenze materiali di questo mondo; ed è perciò che il profeta prega fervorosamente di essere liberato, dicendo: "Signore, toglimi da queste necessità" (Sal 24,17).  

2. Guai a quelli che non riconoscono la loro miseria. Guai, ancor più, a quelli che amano questa vita miserabile e destinata a finire; una vita alla quale tuttavia certa gente - anche se, lavorando o elemosinando, mette insieme appena appena il necessario - si abbarbica, come se potesse restare quaggiù in eterno, senza darsi pensiero del regno di Dio. Gente pazza, interiormente priva di fede; gente sommersa dalle cose terrene, tanto da gustare solo ciò che è materiale. Alla fine, però, constateranno, con pena, quanto poco valessero - anzi come fossero un nulla - le cose che avevano amato. Ben diversamente, i santi di Dio, e tutti i devoti amici di Cristo; essi non andavano dietro ai piaceri del corpo o a ciò che rende fiorente questa vita mortale. La loro anelante tensione e tutta la loro speranza erano per i beni eterni; il loro desiderio - per non essere tratti al basso dall'attaccamento alle cose di quaggiù - si elevava interamente alle cose invisibili, che non vengono meno. O fratello, non perdere la speranza di progredire spiritualmente; ecco, ne hai il tempo e l'ora. Perché, dunque, vuoi rimandare a domani il tuo proposito? Alzati, e comincia all'istante, dicendo: è questo il momento di agire; è questo il momento di combattere; è questo il momento giusto per correggersi. Quando hai dolori e tribolazioni, allora è il momento per farti dei meriti. Giacché occorre che tu passi attraverso il "fuoco e l'acqua" prima di giungere nel refrigerio (Sal 65,12). E se non farai violenza a te stesso, non vincerai i tuoi vizi. Finché portiamo questo fragile corpo, non possiamo essere esenti dal peccato, né vivere senza molestie e dolori. Ben vorremmo aver tregua da ogni miseria; ma avendo perduto, a causa del peccato, la nostra innocenza, abbiamo perduto quaggiù anche la vera felicità. Perciò occorre che manteniamo in noi una ferma pazienza, nell'attesa della misericordia divina, "fino a che sia scomparsa l'iniquità di questo mondo" (Sal 56,2) e le cose mortali "siano assunte dalla vita eterna" (2Cor 5,4).  

3. Tanto è fragile la natura umana che essa pende sempre verso il vizio. Ti accusi oggi dei tuoi peccati e domani commetti di nuovo proprio ciò di cui ti sei accusato. Ti proponi oggi di guardarti dal male, e dopo un'ora agisci come se tu non ti fossi proposto nulla. Ben a ragione, dunque, possiamo umiliarci; né mai possiamo avere alcuna buona opinione di noi stessi, perché siamo tanto deboli e instabili. Inoltre, può andare rapidamente perduto per negligenza ciò che a stento, con molta fatica, avevamo alla fine raggiunto, per grazia di Dio. E che cosa sarà di noi alla fine, se così presto ci prende la tiepidezza? Guai a noi, se pretendessimo di riposare tranquillamente, come se già avessimo raggiunto pace e sicurezza, mentre, nella nostra vita, non si vede neppure un indizio di vera santità. Occorrerebbe che noi fossimo di nuovo plasmati, quasi in un buon noviziato, a una vita irreprensibile; in tal modo potremo sperare di raggiungere un certo miglioramento e di conseguire un maggior profitto spirituale.


Discorso 293/A augm. DISCORSO DI SANT'AGOSTINO SUL GIORNO DELLA NASCITA DI SAN GIOVANNI BATTISTA E SULLA VOCE E IL VERBO

Discorsi - Sant'Agostino

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Agostino debitore di un discorso.

1. Il Signore ha voluto che oggi fossimo di persona presenti qui fra voi, fratelli carissimi, e vi tenessimo il discorso del quale vi eravamo debitori. È stato lui infatti che secondo la sua volontà ha fatto realizzare la cosa e non è stato, certo, secondo la nostra disposizione. A lui dunque va e il nostro e il vostro ringraziamento; e noi vi offriamo il servizio della nostra parola, un servizio che è doveroso e conveniente rendervi. Quanto invece a voi, carissimi, vostro dovere è accogliere con carità quel che vi viene somministrato dai servi di Dio, chiunque essi siano, e insieme con noi ringraziare Colui che ci ha fatto dono di trascorrere insieme questo giorno.

Il privilegio di Giovanni Battista.

2. Di chi potremo parlare oggi se non di colui del quale oggi celebriamo la nascita? Sì, parleremo di san Giovanni, nato da madre sterile e precursore del Signore, nato da madre vergine; parleremo di colui che, stando nel grembo materno, salutò il suo Signore e, venuto alla luce, fu il suo araldo. La sterile non era in grado di partorire, la Vergine non era in una condizione in cui potesse partorire; eppure l'una e l'altra partorirono: la sterile partorì il banditore, la Vergine il giudice. Anzi nostro Signore prima di venire in mezzo agli uomini nascendo dalla Vergine aveva già inviato davanti a sé molti di questi araldi. Da lui erano stati inviati tutti i profeti che vennero prima di lui e nei quali egli stesso parlava. Venne dopo di loro ma esisteva prima di loro. Se dunque il Signore inviò tanti annunziatori prima di venire lui stesso, qual è il merito eccezionale, dove la sovraeminente dignità di colui la cui nascita oggi festeggiamo? Dev'essere senz'altro segno di una qualche grandezza il fatto che non passi inosservato il giorno della sua nascita, come non passa inosservato il natale del suo Signore. Degli altri profeti non sappiamo quando siano nati; ma non ci era permesso ignorare la nascita di Giovanni. A lui poi fu concesso un altro grande privilegio. Gli altri profeti preannunziarono il Signore e desiderarono vederlo, ma non lo videro o, se lo videro in spirito, lo videro lontano: non fu loro consentito di vederlo presente. Parlando di loro ai discepoli lo stesso Signore diceva: Molti profeti e giusti desiderarono vedere ciò che voi vedete, ma non lo videro, e ascoltare ciò che voi udite e non lo udirono 1. Ma non era lui che li inviava? Sì, certo; e per questo era in ciascuno di loro il desiderio di vedere quaggiù, se fosse stato possibile, il Cristo incarnato. Ma poiché sia la loro nascita che la loro morte avevano preceduto la sua venuta, quando venne Cristo non li trovò in terra e tuttavia li redense per la vita eterna. E perché sappiate quanto grande fosse in tutti loro il desiderio di vedere Cristo qui in terra, ricordatevi del santo vecchio Simeone: come privilegio di straordinario valore lo Spirito di Dio gli aveva rivelato che non avrebbe lasciato questo mondo senza aver prima veduto il Cristo 2. Ed ecco, Cristo nasce e Simeone lo riconosce in quel bambino tenuto in braccio da sua madre: lo prende e regge con le sue mani Colui dalla cui divinità era retto; e tenendo in braccio il Verbo divenuto bambino, benedisse Dio dicendo: Adesso, Signore, lascia pure che il tuo servo se ne vada in pace, perché i miei occhi hanno veduto la tua salvezza 3. Gli altri profeti dunque non lo videro qui in terra; Simeone lo vide bambino; Giovanni lo riconobbe e salutò dopo il concepimento, lo vide e lo predicò quando era ormai grande. Egli dunque fu privilegiato più di tutti gli altri profeti.

Cristo piú grande di Giovanni.

3. Ascolta ora anche la testimonianza resa a lui dal Signore: più in alto di Giovanni collocò se stesso, nessun altro. Molto grande dunque dovette essere la sua dignità, se al di sopra di lui non ci fu nessun altro all'infuori di Cristo. Ecco cosa dice lo stesso Signore: Tra i nati da donna non è sorto nessuno più grande di Giovanni Battista. E per mettere se stesso al di sopra di lui continua: Ma colui che è minore, è maggiore di lui nel regno dei Cieli 4. Di se stesso afferma che è minore e maggiore: minore per l'età, maggiore per il potere. Il Signore infatti è nato dopo di lui nella carne, quando è nato da una vergine; prima di lui però in principio era il Verbo 5. Fatto straordinario: Giovanni, secondo solo a Cristo, per mezzo del quale tutto è stato fatto e senza del quale nulla è stato fatto 6. Per quale motivo venne dunque Giovanni? Per mostrare la via dell'umiltà e cosi ridimensionare la presunzione dell'uomo ed accrescere la gloria di Dio. Venne dunque Giovanni: un grande che presentava un altro più grande; venne Giovanni, un personaggio a misura d'uomo 7. Che vuol dire " a misura d'uomo "? Che nessun uomo poteva essere più di Giovanni; tutto ciò che fosse stato più di Giovanni, sarebbe stato fuori dell'umano. Se dunque in Giovanni si trovava il limite della grandezza umana, non si poteva trovare un uomo più grande di Giovanni. Eppure uno più grande c'è stato: riconosci Dio in quest'uomo che hai scoperto essere più grande dell'uomo più grande. Uomo Giovanni, uomo Cristo; ma Giovanni solo uomo, Cristo Dio e uomo. Come Dio egli ha creato Giovanni, come uomo è nato dopo Giovanni.

Umiltà di Giovanni.

4. Osservate ora quanto sia stata grande l'umiltà di quel Precursore del suo Signore, che è Dio-Uomo. Giovanni, il più alto in dignità tra i nati da donna 8, viene interrogato se per caso non sia lui il Cristo 9. Era così grande che la gente poteva commettere un tale errore: sorse il dubbio che lui stesso fosse il Cristo; e il dubbio provocò la domanda. Ebbene, se egli fosse stato un tipo superbo e non un maestro di umiltà, non sarebbe insorto contro quell'errore che non aveva provocato, ma avrebbe accettato quanto essi ormai credevano. Se avesse lui stesso voluto insinuare negli altri l'idea di essere il Cristo, la cosa sarebbe stata per lui troppo grave; infatti, se lo avesse tentato e non ci fosse riuscito, sarebbe stato ripudiato e scacciato, disprezzato dagli uomini e condannato da Dio. Ma non aveva bisogno di persuadere quegli uomini; già essi lo credevano: avrebbe accettato il loro errore ed avrebbe accresciuto il proprio prestigio. Ma non sia mai che un amico fedele dello sposo voglia farsi amare dalla sposa in luogo dello sposo! Disse apertamente che egli non era quello che essi credevano e così evitò di perdere ciò che era. Giovanni infatti non era lo sposo. Interrogato rispose: È sposo chi ha la sposa. Quanto poi all'amico dello sposo, sta vicino a lui e, quando lo ascolta, gode di vera gioia perché ode la voce dello sposo 10. Ora io vi battezzo con acqua per la vostra conversione, ma colui che viene dopo di me è più grande di me. Quanto più grande? Io non sono degno di sciogliere il laccio delle sue calzature 11. Pensate quanto sarebbe stato inferiore, anche se avesse detto che ne era degno; quanto si sarebbe dovuto umiliare, se avesse detto: " Egli è più grande di me ed io sono solo meritevole di sciogliergli il laccio delle calzature "; avrebbe cioè detto che egli era degno soltanto di curvarsi ai suoi piedi. Ed invece quale grande elogio ha espresso dicendosi indegno non solo di piegarsi ai suoi piedi ma anche ai suoi calzari! Venne dunque ad insegnare l'umiltà ai superbi e ad annunziare la via della penitenza.

Cristo è il Verbo (= la Parola).

5. La voce giunse a noi prima del Verbo. In che senso la voce prima del Verbo? Cosa si dice del Cristo? In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio. Egli era in principio presso Dio 12. Ma per venire in mezzo a noi il Verbo si fece carne e così poté dimorare fra noi 13. Abbiamo ascoltato come Cristo sia il Verbo; ascoltiamo ora come Giovanni sia la voce. Quando gli fu chiesto: Tu chi sei? 14, rispose: Io sono la voce di uno che grida nel deserto 15. Intratteniamoci dunque brevemente, o carissimi - solo brevemente, per quanto il Signore vorrà concederci - sul tema " voce e Verbo ". Cristo è il Verbo: non certo la parola che risuona negli orecchi e passa, poiché quel che risuona e passa è il suono della voce, non la parola. Dunque il Verbo di Dio, ad opera del quale sono state create tutte le cose 16, è il nostro Signore Gesù Cristo; la voce di uno che grida nel deserto 17 è Giovanni. Chi è prima, la voce o la parola? Vediamo il senso di questi due termini e sapremo chi preceda nell'esistenza.

Il Verbo di Dio e il nostro verbo.

6. Fratelli, cosa pensate che sia il verbo? Lasciamo ora da parte il Verbo di Dio e parliamo un poco del nostro " verbo " per vedere se possiamo, partendo dalle cose infime, giungere per via di similitudini alle realtà somme. Chi infatti può comprendere il Verbo di Dio, ad opera del quale sono state fatte tutte le cose 18? Chi è capace anche solo di pensarlo, non dico di parlarne? Lasciamo dunque da parte per un istante la pretesa di descrivere la sua maestà, l'ineffabile eternità che ha in comune con il Padre; accettiamo per fede ciò che non vediamo, per meritare, credendo, di poterlo vedere. Fermiamoci piuttosto a trattare di questo nostro verbo, essendo una realtà che quasi di continuo si riversa o nei nostri cuori o negli orecchi o nella bocca. Cos'è questo verbo? Pensiamo forse che il verbo sia il suono che tu odi con i tuoi orecchi? Il verbo è ciò che intendi esprimere con la bocca. Nel cuore hai concepito un concetto per comunicarlo fuori: questa concezione si è fatta già parola nel tuo cuore; già tu conosci ed hai già pronunciato dentro di te questa parola, cioè quello che vuoi comunicare e che è stato concepito nel tuo cuore. Mi assista quel Verbo, che è anche il Figlio di Dio, perché io possa comunicare in modo adeguato al vostro orecchio quanto egli stesso mi ha concesso di concepire nel mio cuore. Ma se per caso risulterà impari il mio sforzo e soccomberò innanzi alla sublimità dell'argomento e non lo avrò illustrato come si conviene, sapete a chi dovete rivolgervi: lo stesso Figlio di Dio, il Verbo di Dio, diriga i vostri cuori e li riempia parlandovi dentro di voi e comunicandovi quanto io, semplice uomo, non sono riuscito a comunicare ai vostri orecchi. Vogliate ad ogni modo aiutare il mio sforzo con la vostra attenzione, e supplicate per me perché possa spiegarvi e per voi perché possiate meritare di comprendere.

Unico il verbo, molteplici le voci.

7. Come abbiamo detto, è verbo ciò che hai concepito nel cuore per poi esternarlo; si chiama, cioè, verbo la stessa cosa concepita nel cuore per essere espressa con la voce. Quando dunque hai concepito ciò che intendi dire e questa stessa concezione, questo concetto è divenuto " verbo " nel tuo cuore, ti rivolgi alla persona con cui intendi parlare e a cui intendi comunicarlo. Se ti accorgi che si tratta d'un greco, per esternargli il tuo verbo cerchi una voce greca; se vedi che è un latino, cerchi una voce latina con cui esprimere il tuo verbo; se vedi che è ebreo, una voce ebraica; se vedi che è un punico, una voce punica: naturalmente, se conosci queste lingue. Se tu non conosci la lingua di chi ti sta innanzi e questi conosce soltanto la propria lingua, non per questo ti viene a mancare il verbo ma solo la voce. Dunque il verbo da te concepito nel cuore era antecedente a tutte queste voci ed esisteva prima di esse: prima della voce greca, latina, ebraica, punica o di qualunque altro linguaggio esistente nel mondo. Quella concezione esisteva prima e, come un feto dell'anima, era contenuta nell'anima che l'aveva generata. Si doveva soltanto trovare il modo di esternarla, poiché ciò che si ha nel cuore non si può comunicare ad altri se non per mezzo di una qualche voce. Ma come si può percepire questa voce se non è distinta [dal concetto]? Infatti varia secondo la diversità delle lingue, sicché tu devi trovare la voce greca per parlare con il greco, quella ebraica per l'ebreo, quella punica per il punico. Ma quel concetto, che avevi concepito prima di ogni voce, non era né latino né greco né punico né altro di simile. Ecco dunque un grande mistero. Anche se tu rimanessi perfettamente silenzioso, forse che per questo il concetto non vivrebbe nel tuo cuore e, qualora non vi sia alcuno a cui comunicarlo, ti sarebbe forse sconosciuto ciò che hai concepito nel cuore? Anche senza la mediazione di alcuna lingua ti sarebbe manifesto tramite la conoscenza diretta.

La voce non si identifica con il verbo.

8. Per essere più chiari facciamo un esempio. Al di sopra di tutte le cose create c'è quella cosa che è Dio, se egli si può chiamare " cosa ". Dunque Dio è al di sopra di tutto ciò che ha creato: da Lui, in Lui e per Lui esistono tutte le cose 19. È mai possibile che questa realtà immensa, che io ho detto essere Dio, si riduca a queste due sillabe e che tutta la sua infinita potenza sia in esse racchiusa? Ma egli esisteva prima ancora che io potessi concepirlo nel cuore. E a chiamarlo " Dio " come ci sono riuscito? Nella lingua latina egli è chiamato " Deus ", in quella greca " Theós ", in quella punica " Ilim ". L'ho denominato in tre diverse lingue ma ciò che ho concepito nel cuore non si identifica con nessuna di esse: io però, volendo comunicare ciò che ho pensato di Dio, parlando con un punico userei la parola " Ilim ", con un latino " Deus ", con un greco " Theós ": tuttavia prima di incontrare qualcuno di loro, quanto io avevo concepito nel cuore non era né greco né punico né latino. Ebbene, quello che avevo concepito di comunicare si chiama " verbo ", quello che ho usato per comunicarlo " voce ".

Nell’uomo la voce può precedere o seguire il verbo.

9. Abbiamo indagato sulla differenza tra " voce " e " verbo ": il verbo che esiste prima di ogni lingua, la voce che appartiene a qualche lingua. Ebbene, chi viene prima: la voce o il verbo? Nel mio intimo viene prima il verbo. Se infatti non avessi prima concepito nel cuore il verbo, non andrei a cercare la voce con cui comunicarlo. Il verbo quindi è stato concepito prima della voce, e della voce esso si è servito come di un veicolo per giungere a te, non per esistere dentro di me. Io infatti conosco ciò che andrò a dire, anche se poi non lo dico. Prima di dirlo non ho ancora usato la voce, eppure il verbo esiste dentro di me. Uso la voce per comunicarlo a te, perché, quando avrai udito la mia voce, il verbo sia anche dentro di te. In me dunque, che debbo insegnare, il verbo precede, la voce segue; in te invece, che devi apprendere, la voce precede, il verbo segue. State bene attenti e, con l'aiuto del Signore, cercate di capire. Mi rendo conto infatti che sto parlando di argomenti astrusi, appartenenti alle profondità del mistero; ma, sebbene a parlarvi sia un uomo qualunque, il mio dire è rivolto a fedeli cristiani illuminati dalla fede. Ripeto: in me precede il verbo e per manifestarlo segue la voce; in te precede la mia voce, e solo allora puoi comprendere il verbo che è nel mio cuore.

Cristo è il Verbo, Giovanni la voce.

10. Se Cristo è il Verbo e Giovanni la voce, Cristo-Verbo fu prima [di Giovanni] presso Dio; viceversa, riguardo a noi giunse prima la voce perché potesse venire a noi il Verbo. Dunque presso Dio esisteva il Verbo 20 quando ancora Giovanni, la voce, non esisteva. O che forse non esisteva presso Dio il Verbo prima che esistesse Giovanni, la sua voce? Esisteva senz'altro presso Dio; ma perché fosse comunicato a noi fu scelto Giovanni come sua voce e, perché il Verbo venisse a noi, gli andò innanzi la voce. Cristo dunque esisteva prima di Giovanni, anzi esisteva fin dall'eternità; e tuttavia non doveva nascere prima di lui ma solo dopo che Giovanni, la voce, ebbe preceduto il Verbo. Benediciamo il Signore nostro Dio per quanto vi ho esposto come ho potuto e per quanto voi avete potuto comprendere. Egli si degni di accrescere e dilatare la vostra intelligenza, in modo che vi appaia in tutto il suo splendore quel Verbo che si è fatto precedere dalla Voce.

Il ministero di Giovanni fu transitorio.

11. Osservate ora, fratelli miei, come la voce risuona e passa, mentre il verbo rimane. Fate attenzione a quel che dico. Ecco, pronunzio la parola " Dio ". Prima ho concepito nel cuore ciò che volevo dire, poi sono risuonate quelle due sillabe e sono passate. Forse che insieme a loro è passato anche quello che avevo concepito nel cuore? E ancora. Pronunziando la parola " Dio " ho fatto sì che nel tuo cuore nascesse il pensiero di Dio: nel mio cuore ha preceduto il pensiero da comunicare e nel tuo cuore si è formato il pensiero di Dio non appena hai udito quelle due sillabe. Quelle due sillabe, compiuto il loro servizio, sono passate, e tuttavia non è scomparso il pensiero che io avevo concepito nel cuore: dentro di me c'era già prima [di comunicarlo] e vi è rimasto anche dopo che ho pronunziato quelle sillabe. Ugualmente nel tuo cuore quel pensiero, che è sorto non appena le due sillabe hanno toccato i tuoi orecchi, vi è rimasto anche dopo che quelle sillabe sono passate. Ebbene, fratelli, il ministero dell'uomo Giovanni era simile alla voce, quindi destinato a passare. Del battesimo che Giovanni ebbe l'incarico di amministrare diciamo che era transitorio e lo si chiama appunto battesimo di Giovanni 21. Battesimo di Cristo e battesimo di Giovanni; ma il battesimo di Giovanni era transitorio come lo è il suono di una voce, il battesimo di Cristo è duraturo: rimane in eterno, come eterno è il Verbo 22.

Giovanni diminuisce, Cristo cresce

12. Quanto più noi ci avviciniamo a Dio, tanto più diminuiscono le voci e cresce in noi il Verbo. Per quale motivo infatti ricorriamo alle voci, se non per comprendere la realtà delle cose? Se delle cose possedessimo la totale comprensione 23, non avremmo bisogno delle voci. Se potessimo vedere reciprocamente i nostri pensieri, forse che dovremmo ricorrere alla lingua per comunicare fra noi? Giungerà il momento in cui vedremo il Verbo come lo vedono gli angeli: allora non avremo bisogno di parole come adesso, né ci sarà bisogno di annunziatori del Vangelo, in quanto avremo la visione del Verbo in se stesso. Passeranno tutte le cose temporali, compresa la voce, che è una entità fisica paragonabile all'erba del campo, di cui è detto: La magnificenza della carne è come il fiore dell'erba. L'erba si secca, il fiore appassisce, mentre la Parola del Signore rimane in eterno 24. Per il fatto dunque che quanto più progrediamo nella comprensione, tanto meno avremo bisogno di voci per arrivare ad essa, lo stesso Giovanni disse: Lui deve crescere, io al contrario debbo diminuire 25. Crescendo il Verbo, diminuisce la voce. Ma che significa quel
" crescere il Verbo "? Non cresce certamente il Verbo in se stesso, ma siamo noi a crescere in lui: in lui progrediamo, in lui ci arricchiamo in maniera tale che non abbiamo più bisogno di voci. Anche le date di nascita del Verbo e della voce stanno ad indicare questo fatto: il Verbo è nato il 25 dicembre, quando i giorni cominciano ad allungarsi, mentre la Voce è nata prima del Verbo ma quando i giorni cominciavano a diventare più brevi: Egli deve crescere, io al contrario debbo diminuire. Lo stesso fatto appare nel martirio di Giovanni e di Cristo: Giovanni diminuì inquanto venne decapitato, Cristo crebbe perché fu innalzato sulla croce.

L’episodio di Act 19, 1-7.

13. Per onorare il Verbo celebriamo dunque la nascita della " Voce ". Non diamo ascolto né lasciamoci ingannare dalle sottigliezze di persone fatue che non sanno quello che dicono. È vero infatti che Giovanni amministrava un suo battesimo e negli Atti degli Apostoli ci si imbatte in certuni che avevano ricevuto il solo battesimo di Giovanni. Paolo incontrò questi discepoli battezzati solamente col battesimo di Giovanni e ordinò loro di farsi battezzare 26, in quanto avevano ricevuto soltanto un battesimo provvisorio. Avevano ricevuto il battesimo della Voce, non quello del Verbo; e se ora cerchi il battesimo di Giovanni, non lo trovi, poiché la Voce risuonò e scomparve, mentre il battesimo di Cristo è in vigore a tutt'oggi. Ecco però che da quella disposizione di Paolo - che aveva ordinato di battezzare quanti avevano ricevuto solamente il battesimo di Giovanni, simbolo misterioso di quello vero - alcuni eretici vogliono trarre motivo per far ripetere anche il battesimo cristiano. È un errore che ci causa tristezza, mentre ci rallegriamo quando qualcuno ne viene fuori. Su questo argomento dunque diamo una breve risposta.

Il battesimo di Giovanni e quello amministrato da indegni

14. Tu pensi che si debba ribattezzare chi ha ricevuto il battesimo di Cristo, per il fatto che l'apostolo Paolo ordinò di ribattezzare coloro che avevano il battesimo di Giovanni. Questo il tuo argomento: " Se dopo Giovanni Battista, di cui il Signore ha detto: Tra i nati da donna non è sorto alcuno più grande di Giovanni Battista 27, se dunque dopo di lui gli apostoli hanno ribattezzato [i suoi discepoli], a maggior ragione si deve ribattezzare quanti l'hanno ricevuto dagli eretici! ". Rispondo: Tu pensi che si faccia ingiuria a Giovanni Battista se si ribattezza dopo di lui e non dopo gli eretici. Anch'io mi dolgo per la stessa ingiuria, ma ti rispondo così: Se dopo il battesimo di Giovanni se ne diede un altro, non se ne sarebbe dovuto dare un altro dopo quello di Ottato? Che cosa mi rispondi? Chi era Giovanni? Tra i nati da donna non sorgerà nessuno più grande di Giovanni Battista. Vi è nella tua setta un prete quanto meno ubriacone: non dico ladro e neppure adultero; mi limito alla voce pubblica molto diffusa: presso di te vi è un prete quantomeno ubriacone. Dimmi, perché non ribattezzi dopo di lui? Se battezzi dopo Giovanni che non beve vino 28, non devi ribattezzare dopo un ubriacone? A questo argomento l'altro certamente si turba e non sa cosa rispondere. E allora? Ascoltami.

Ribattezzare: chi e quando.

15. Paolo fa battezzare coloro che avevano ricevuto il battesimo di Giovanni e non quello di Cristo 29. Ma tu perché non battezzi chi è stato battezzato da un ubriacone? Perché costui non ha amministrato un battesimo diverso da quello di Cristo. Il battesimo infatti è opera di Cristo: lo amministri uno sobrio o un ubriacone, è sempre opera di Cristo, non del sobrio o dell'ubriacone. Battezza Pietro, è il battesimo di Cristo; battezza Giuda, è il battesimo di Cristo. Non perché lo ha amministrato Pietro, è il battesimo di Pietro. Perché? Perché qui non avviene come per il battesimo detto di Giovanni: coloro che hanno ricevuto il battesimo da Pietro, da Paolo, da Giovanni evangelista, da Giuda, non hanno ricevuto il battesimo di Pietro o di Paolo o di Giuda; quanti hanno ricevuto il battesimo da Pietro, da Paolo o da Giovanni o da Giuda, hanno ricevuto il battesimo di Cristo. I discepoli di Giovanni, invece, battezzavano conferendo il battesimo di Giovanni, poiché Giovanni aveva ricevuto questo incarico provvidenziale e prefigurativo inquanto era la " voce " che precede il Verbo. In conclusione: come tu non vuoi ripetere il battesimo amministrato da un ubriacone, così io non ripeto il battesimo amministrato da un eretico.

Il battesimo di Cristo dato da un ministro indegno.

16. Se poi per caso tu ritieni che l'eretico non entra nel regno dei cieli, mentre l'ubriacone vi può entrare, ascolta la chiara sentenza dell'Apostolo: Sono note le opere della carne. Esse sono le fornicazioni, le impurità, la lussuria, il culto degli idoli, i venefici, le inimicizie, le liti, le gelosie, le risse, le discordie, le eresie, le invidie, le ubriachezze, le gozzoviglie e altre cose simili. Ora, riguardo a queste cose vi avverto, come del resto vi ho già avvertiti, che chi commette tali azioni non entrerà nel regno di Dio 30. Parla di eresie, parla di ubriaconi, e conclude: Chi commette tali azioni non entrerà nel regno di Dio. Mettimi dinanzi un eretico e un ubriacone: se l'eretico rimarrà nella sua eresia, non entrerà nel regno dei cieli; così pure l'ubriacone: se continuerà ad ubriacarsi sino alla fine, non entrerà nel regno dei cieli. Ora dimmi: di chi è il battesimo che amministrano l'uno e l'altro? Sono, l'uno e l'altro, fuori del regno dei cieli, ma danno una cosa che porta al regno dei cieli. Il banditore proclama la sentenza giudiziaria ma non ha la facoltà di mandare libero l'innocente. La libertà la dà il giudice, cioè colui che ha incaricato il banditore di promulgare il suo decreto. A volte il banditore è un mascalzone; eppure per suo mezzo viene liberato l'innocente. Il banditore mascalzone dice: " Ordino che sia liberato " e tramite un mascalzone viene liberato un innocente. Come mai? Perché la voce dell'araldo proclama la sentenza del giudice. Ed eccoci al battesimo. Lo amministri l'ubriacone, è un servizio; lo amministri un eretico, è un servizio. Il dono del battesimo è un dono del Dio onnipotente. Se fosse stato amministrato in nome di Donato, ovviamente lo si dovrebbe ripetere. Viceversa se vi riconosco il battesimo di Cristo, se vi riconosco le parole del Vangelo 31, se vi riconosco la forma e il sigillo del mio Re: anche se sei disertore, smascherato dal sigillo del Signore e in pericolo di condanna a morte, vieni all'accampamento e potrai meritare il perdono, ma il sigillo non ti può essere modificato.

 

 

1 - Mt 13, 17.

2 - Cf. Lc 2, 25-26, 28.

3 - Lc 2, 29-30.

4 - Mt 11, 11 (Lc 7, 28).

5 - Gv 1, 1.

6 - Gv 1, 3.

7 - Cf. Ap 21, 17 (?).

8 - Cf. Mt 11, 11.

9 - Cf. Gv 1, 19-23.

10 - Gv 3, 29.

11 - Mt 3, 11 (Lc 3, 16).

12 - Gv 1, 1-2.

13 - Gv 1, 14.

14 - Gv 1, 19.

15 - Gv 1, 23.

16 - Cf. Gv 1, 3.

17 - Gv 1, 23 (Is 40, 3).

18 - Cf. Gv 1, 3.

19 - Cf. Rm 11, 36 (1 Cor 8, 6).

20 - Cf. Gv 1, 1.

21 - Cf. Mt 21, 25 (Mc 11, 30; Lc 20, 4; At 19, 3).

22 - Cf. Is 40, 8 (1 Pt 1, 25).

23 - Cf. Col 2, 2.

24 - Is 40, 6-8 (1 Pt 1, 24-25).

25 - Gv 3, 30.

26 - Cf. At 19, 1-7.

27 - Mt 11, 11.

28 - Cf. Lc 1, 15 (7, 33).

29 - Cf. At 19, 3-5.

30 - Gal 5, 19-21.

31 - Cf. Mt 28, 19.


16 - L'età che aveva la Regina del cielo quando morì san Giuseppe.

La mistica Città di Dio - Libro quinto - Suor Maria d'Agreda

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886. La vita del più felice fra gli uomini, san Giuseppe, fu di sessant'anni ed alcuni giorni; a trentatré sposò Maria santissima e in sua compagnia ne visse poco più di ventisette. Quando il santo sposo morì, la gran Signora aveva quarantuno anni ed era entrata da pochi mesi nel quarantaduesimo: a quattordici, infatti, fu data in sposa a san Giuseppe e insieme ne vissero ventisette, più i mesi che trascorsero dall'otto settembre fino al felice transito di lui. La Regina del cielo si ritrovò a questa età con la medesima disposizione e perfezione naturale che aveva acquistato a trentatré anni, perché non invecchiò, né decadde da quello stato perfettissimo. Per la morte di san Giuseppe provò un naturale sentimento di dolore, perché lo amava come sposo, come santo tanto eccellente nella perfezione e come protettore e benefattore. Per la prudentissima Signora questa sofferenza, benché ben ordinata, non fu piccola; l'amore infatti, già grande, era reso ancor maggiore dalla conoscenza del grado di santità che il suo sposo aveva tra i più illustri santi scritti nel libro della vita e nella mente dell'Altissimo. E se ciò che si ama di cuore non si perde senza dolore, il cordoglio per la perdita di ciò che si ama molto sarà maggiore.

887. Non è nell'intento di questa Storia scrivere di proposito le meraviglie della santità di san Giuseppe, né io ho l'ordine di farlo più di quanto sia necessario per meglio manifestare la dignità della sua sposa e nostra Regina, ai meriti della quale, dopo quelli del suo santissimo Figlio, si devono attribuire i doni e le grazie che l'Altissimo pose nel glorioso patriarca. E se anche la divina Signora non fosse stata la causa meritoria o lo strumento della santità del suo sposo, fu per lo meno il fine immediato al quale questa venne destinata; infatti, il Signore comunicò al suo servo Giuseppe la pienezza di virtù e di grazia necessaria affinché fosse degno sposo e custode di colei che si sceglieva come Madre. La santità di san Giuseppe, quindi, si deve misurare partendo da questo criterio e dall'amore e dalla stima che lo stesso Signore ebbe per la sua Madre santissima. Conformemente a tale pensiero credo che, se nel mondo vi fosse stato un uomo più perfetto e di qualità migliori, quello senza dubbio il Signore avrebbe dato a sua Madre come sposo; e siccome Dio la diede al patriarca san Giuseppe, costui dovette essere incontestabilmente il migliore su tutta la terra. Avendolo creato e preparato per fini tanto sublimi, è certo che la sua potente destra lo dovette rendere adatto e all'altezza di essi; la misura della luce divina doveva essere in relazione alla santità, alle virtù, ai doni, alle grazie e alle inclinazioni infuse e naturali.

888. Tra questo grande patriarca e gli altri santi noto una differenza. Infatti a molti di loro furono dati altri favori e privilegi, non tutti ordinati alla santità personale ma al servizio del Signore negli uomini; erano cioè grazie "gratis datae". In san Giuseppe, al contrario, i doni erano tutti finalizzati ad aumentare virtù e santità: quanto più egli era perfetto ed angelico, tanto più era adatto ad essere lo sposo di Maria santissima e il depositario del tesoro e del mistero del cielo; tutta la sua persona doveva essere un miracolo di santità, e lo fu. Questa meraviglia, per una particolare provvidenza del Signore, incominciò in lui fin dal grembo materno: il suo corpo fu dotato di temperamento equilibrato, di eccellenti qualità, di attitudine alla virtù, affinché subito fosse terra benedetta e ricevesse in sorte un'anima buona e delle inclinazioni rette. Egli fu santificato nel grembo di sua madre nel settimo mese; per tutta la vita gli restò legato il fomite del peccato e non ebbe mai moto impuro o sregolato; inoltre, benché in questa prima santificazione non gli fosse dato l'uso della ragione, ma la sola giustificazione dal peccato originale, sua madre sentì un nuovo giubilo nello Spirito Santo. Senza comprendere tutto il mistero, ella fece grandi atti di virtù e pensò che il figlio che portava in seno sarebbe stato ammirabile agli occhi di Dio e degli uomini.

889. San Giuseppe venne alla luce molto bello e perfetto, e suscitò in genitori e congiunti una gioia straordinaria, simile a quella che vi fu alla nascita del Battista, anche se la causa di tale gaudio fu più misteriosa. Già a tre anni gli fu concesso il perfetto uso della ragione, attraverso la scienza infusa e un nuovo aumento di grazia. Da quel momento il bambino cominciò a conoscere Dio per mezzo della fede e mediante la conoscenza naturale il Signore gli si rivelò anche come causa prima ed autore di tutte le cose, per cui ascoltava con attenzione e capiva profondamente ciò che si diceva dell'Altissimo e delle sue opere. Fin da allora ebbe il sublime dono dell'orazione e della contemplazione e l'ammirabile esercizio delle virtù, conformemente alla sua età. A tre anni, quindi, san Giuseppe era già uomo perfetto nell'uso della ragione - che comunemente si raggiunge intorno ai sette anni - e nella santità. Era di indole dolce, caritatevole, affabile, sincera, in tutto mostrava inclinazioni non solamente sante ma angeliche e, crescendo sempre più nella perfezione, giunse con una vita irreprensibile all'età in cui si sposò con Maria santissima.

890. Dopo le nozze intervennero le preghiere della divina Signora affinché gli venissero accresciuti i doni della grazia e fosse confermato in essa. Ella supplicò con insistenza l'Altissimo che, se le ordinava di sposarsi, santificasse il suo sposo Giuseppe per conformarlo ai suoi castissimi pensieri e desideri. Il Signore le fece sapere che la esaudiva e con la forza del suo braccio onnipotente operò copiosamente nello spirito e nelle facoltà del patriarca san Giuseppe effetti tanto divini che non si possono esprimere a parole; lo rivestì di tutte le virtù e di tutti i suoi doni. Inoltre, lo purificò di nuovo e lo ricolmò di grazia, confermandolo mirabilmente in essa. Nella castità il santo sposo fu esaltato più dei più alti serafini, perché la purezza che essi hanno senza il corpo fu concessa a san Giuseppe in un corpo corruttibile e in una carne mortale; mai entrò nelle sue facoltà immagine o specie di cosa impura della natura animale e sensibile. Essendo stato preservato da tutto questo, con una sincerità cristallina ed angelica, egli venne preparato a stare in compagnia e alla presenza della purissima fra tutte le creature; senza tale privilegio, infatti, non sarebbe stato all'altezza di una così grande dignità.

891. Nelle altre virtù fu ammirabile e singolare, specialmente nella carità, come chi si trova alla fonte per dissetarsi di quell'acqua viva che zampilla per la vita eterna o come materia che, vicino al fuoco, s'infiamma senza alcuna resistenza. La più grande esaltazione di questa virtù nel nostro santo si realizzò in quel che ho narrato nel capitolo precedente, giacché l'amore di Dio lo fece ammalare e fu proprio questo lo strumento che tagliò il filo della sua vita, rendendolo privilegiato nella morte. Le dolci angosce dell'amore, infatti, sorpassarono e quasi assorbirono quelle della natura, e queste operarono meno di quelle. Inoltre, siccome il santo ebbe così vicino l'oggetto del suo amore, Cristo nostro Signore e sua Madre, più di quanto abbia potuto o possa averli qualsiasi altro mortale, era inevitabile che quel candidissimo e purissimo cuore si consumasse tutto in affetti ed in effetti della più singolare carità. Benedetto sia l'Autore di meraviglie così grandi e benedetto sia il più felice tra i mortali, nel quale tutte queste meraviglie furono operate degnamente! È ben giusto che le nazioni e le generazioni lo conoscano e benedicano, poiché con nessun'altra creatura il Signore fece tali cose e a nessun'altra manifestò tanto il suo amore.

892. Delle visioni e rivelazioni divine con le quali fu favorito san Giuseppe ho detto qualcosa in tutto il corso di questa Storia; esse furono molto più di quelle che si possono raccontare, ma il di più sta nel fatto che egli conobbe i misteri di Cristo nostro Signore e della sua Madre santissima e visse in loro compagnia tanti anni, venendo considerato padre del medesimo Signore e vero sposo della Regina lo ho compreso alcuni privilegi che l'Altissimo gli concesse per la sua santità a vantaggio di quelli che degnamente lo invocheranno come loro intercessore. Il primo privilegio è finalizzato ad ottenere la virtù della castità e a vincere i pericoli della sensualità. Il secondo a conseguire aiuti potenti per allontanarsi dal peccato e tornare all'amicizia di Dio. Il terzo ad acquistare per suo tramite la devozione a Maria santissima e fruire della sua intercessione. Il quarto ad ottenere una buona morte ed essere in quell'ora difesi dal demonio. Il quinto a far sì che gli stessi demoni temano di udire il nome di san Giuseppe. Il sesto a conseguire la salute del corpo e il rimedio in altre tribolazioni. Il settimo privilegio è finalizzato ad ottenere discendenza nelle famiglie. Dio elargisce questi e molti altri benefici a quelli che lo pregano debitamente per l'intercessione di san Giuseppe, sposo della nostra Regina, ed io chiedo a tutti i fedeli figli della santa Chiesa di essergli molto devoti; così, se si disporranno adeguatamente a meritarle e riceverle, sperimenteranno queste grazie.

 

Insegnamento della Regina del cielo

893. Figlia mia, benché tu abbia scritto che il mio sposo Giuseppe è il più nobile fra i santi e i principi della celeste Gerusalemme, tu non puoi adesso manifestare la sua eminente santità, né i mortali possono comprenderla prima di arrivare alla visione di Dio, quando con meraviglia e a lode del Signore stesso diverranno capaci di questo mistero. E nell'ultimo giorno gli infelici dannati piangeranno amaramente per non aver conosciuto, a causa dei loro peccati, questo mezzo così potente ed efficace per la loro salvezza e per non essersene serviti al fine di guadagnarsi l'amicizia del giusto giudice. I figli di questo mondo hanno ignorato i privilegi e le prerogative che il Signore onnipotente concesse al mio santo sposo e quanto valga la sua intercessione presso sua Maestà e presso di me: ti assicuro, infatti, o carissima, che alla presenza dell'Altissimo egli è uno dei più potenti nel trattenere la giustizia divina contro i peccatori.

894. Voglio che tu sia molto grata al Signore per la sua magnanimità e che tu gli renda lode per la conoscenza e la luce che hai ricevuto di questo mistero. In avvenire, inoltre, procura di crescere nella devozione e nell'amore verso il mio santo sposo e di benedire l'Onnipotente sia per quanto generosamente gli donò, sia per la gioia che io ebbi di conoscerlo. In tutte le tue necessità ricorri alla sua intercessione, invita quanti potrai alla sua devozione e fa' in modo che le tue religiose vi si distinguano, poiché tutto ciò che il mio sposo domanda in cielo l'Altissimo lo concede sulla terra, e alle sue richieste e parole tiene vincolati grandi e straordinari favori per gli uomini, se essi non si rendono indegni di riceverli. Tali privilegi corrispondono alla candida perfezione di questo ammirevole santo e alle sue eccelse virtù; la divina clemenza, infatti, si piegò ad esse e lo guardò con grande liberalità per concedere ammirabili misericordie a lui e a quelli che si varranno del suo aiuto.


15 agosto 1980. Festa di Maria Santissima Assunta in Cielo. Il mio corpo glorioso.

Don Stefano Gobbi

«Sono la vostra Mamma, assunta in Cielo. Oggi vi guardo tutti con questi occhi misericordiosi e vi racchiudo nel mio Cuore Immacolato, che non cessa mai di battere d'amore per voi. Sono la Donna vestita di sole. Il mio corpo glorioso è segno per voi della mia completa vittoria. Il sole eterno della grazia e dell'amore ormai illumina, penetra e circonda il mio corpo glorioso, intimamente associato nella gloria a quello di mio Figlio Gesù. Dal mio Cuore sgorga la fonte della mia luce, con cui voglio avvolgere e illuminare questo mondo pervaso dalla tenebra. Correte dietro la scia della mia luce immacolata, lasciatevi attrarre dal soavissimo profumo del mio corpo glorioso.

Figli prediletti, pur di riuscire ad allontanarvi da Me, oggi il mio Avversario si scatena contro di voi in maniera furibonda. Riesce a trascinare giù dal cielo un terzo delle stelle, e siete anche voi queste stelle nel firmamento della Chiesa. Ma quanto più grande è il numero di quelle che appanna nel loro splendore! Così vi insidia in ogni modo; vi combatte spesso nelle anime a voi più vicine e da voi più amate, per portarvi allo scoraggiamento, in modo da spegnere in voi l'ardore e il fervore della vostra azione apostolica. Camminate nella perfetta fiducia nella vostra Mamma Celeste. Cercate la risposta alla vostra sete di amore solo nel mio Cuore Immacolato. Qui non proverete alcuna delusione. Qui sarete condotti all'eroismo dell'amore. Qui ogni vostra ferita verrà fasciata e guarita e riceverete nuova forza e nuovo slancio per donarvi alle anime.

Il mio Cuore Immacolato ha su di voi un grande disegno, che si sta realizzando in questo tempo. Guardate al Paradiso in cui è stata assunta la vostra Mamma, e vivete sulla terra lasciandovi guidare e portare da Lei. Diffonderete così la mia Luce, e contribuirete sempre più al trionfo dei mio amore materno nell'anima e nella vita di tanti miei figli contagiati dal male e dall'odio. Il deserto della vostra vita fiorirà nel mio giardino e spanderete attorno a voi il profumo di tutte quelle virtù che hanno adornato quaggiù l'anima ed il corpo, ora ormai glorioso, della vostra Mamma Immacolata».