Sotto il Tuo Manto

Lunedi, 21 luglio 2025 - San Lorenzo da Brindisi (Letture di oggi)

Anche se avessi compiute tutte le opere di san Paolo, mi crederei ancora serva inutile e mi parrebbe di aver le mani vuote; ma è proprio questo che fa la mia gioia, perché, non avendo nulla, riceverò tutto da Dio. (Santa Teresina di Lisieux)

Liturgia delle Ore - Letture

Settimana Santa - Mercoledì Santo

Questa sezione contiene delle letture scelte a caso, provenienti dalle varie sezioni del sito (Sacra Bibbia e la sezione Biblioteca Cristiana), mentre l'ultimo tab Apparizioni, contiene messaggi di apparizioni a mistici o loro scritti. Sono presenti testi della Valtorta, Luisa Piccarreta, don Stefano Gobbi e testimonianze di apparizioni mariane riconosciute.

Vangelo secondo Luca 6

1Un giorno di sabato passava attraverso campi di grano e i suoi discepoli coglievano e mangiavano le spighe, sfregandole con le mani.2Alcuni farisei dissero: "Perché fate ciò che non è permesso di sabato?".3Gesù rispose: "Allora non avete mai letto ciò che fece Davide, quando ebbe fame lui e i suoi compagni?4Come entrò nella casa di Dio, prese i pani dell'offerta, ne mangiò e ne diede ai suoi compagni, sebbene non fosse lecito mangiarli se non ai soli sacerdoti?".5E diceva loro: "Il Figlio dell'uomo è signore del sabato".

6Un altro sabato egli entrò nella sinagoga e si mise a insegnare. Ora c'era là un uomo, che aveva la mano destra inaridita.7Gli scribi e i farisei lo osservavano per vedere se lo guariva di sabato, allo scopo di trovare un capo di accusa contro di lui.8Ma Gesù era a conoscenza dei loro pensieri e disse all'uomo che aveva la mano inaridita: "Alzati e mettiti nel mezzo!". L'uomo, alzatosi, si mise nel punto indicato.9Poi Gesù disse loro: "Domando a voi: È lecito in giorno di sabato fare del bene o fare del male, salvare una vita o perderla?".10E volgendo tutt'intorno lo sguardo su di loro, disse all'uomo: "Stendi la mano!". Egli lo fece e la mano guarì.11Ma essi furono pieni di rabbia e discutevano fra di loro su quello che avrebbero potuto fare a Gesù.

12In quei giorni Gesù se ne andò sulla montagna a pregare e passò la notte in orazione.13Quando fu giorno, chiamò a sé i suoi discepoli e ne scelse dodici, ai quali diede il nome di apostoli:14Simone, che chiamò anche Pietro, Andrea suo fratello, Giacomo, Giovanni, Filippo, Bartolomeo,15Matteo, Tommaso, Giacomo d'Alfeo, Simone soprannominato Zelota,16Giuda di Giacomo e Giuda Iscariota, che fu il traditore.

17Disceso con loro, si fermò in un luogo pianeggiante. C'era gran folla di suoi discepoli e gran moltitudine di gente da tutta la Giudea, da Gerusalemme e dal litorale di Tiro e di Sidone,18che erano venuti per ascoltarlo ed esser guariti dalle loro malattie; anche quelli che erano tormentati da spiriti immondi, venivano guariti.19Tutta la folla cercava di toccarlo, perché da lui usciva una forza che sanava tutti.

20Alzati gli occhi verso i suoi discepoli, Gesù diceva:
"Beati voi poveri,
perché vostro è il regno di Dio.
21Beati voi che ora avete fame,
perché sarete saziati.
Beati voi che ora piangete,
perché riderete.
22Beati voi quando gli uomini vi odieranno e quando vi metteranno al bando e v'insulteranno e respingeranno il vostro nome come scellerato, a causa del Figlio dell'uomo.23Rallegratevi in quel giorno ed esultate, perché, ecco, la vostra ricompensa è grande nei cieli. Allo stesso modo infatti facevano i loro padri con i profeti.

24Ma guai a voi, ricchi,
perché avete già la vostra consolazione.
25Guai a voi che ora siete sazi,
perché avrete fame.
Guai a voi che ora ridete,
perché sarete afflitti e piangerete.
26Guai quando tutti gli uomini diranno bene di voi.
Allo stesso modo infatti facevano i loro padri con i falsi profeti.

27Ma a voi che ascoltate, io dico: Amate i vostri nemici, fate del bene a coloro che vi odiano,28benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi maltrattano.29A chi ti percuote sulla guancia, porgi anche l'altra; a chi ti leva il mantello, non rifiutare la tunica.30Da' a chiunque ti chiede; e a chi prende del tuo, non richiederlo.31Ciò che volete gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro.32Se amate quelli che vi amano, che merito ne avrete? Anche i peccatori fanno lo stesso.33E se fate del bene a coloro che vi fanno del bene, che merito ne avrete? Anche i peccatori fanno lo stesso.34E se prestate a coloro da cui sperate ricevere, che merito ne avrete? Anche i peccatori concedono prestiti ai peccatori per riceverne altrettanto.35Amate invece i vostri nemici, fate del bene e prestate senza sperarne nulla, e il vostro premio sarà grande e sarete figli dell'Altissimo; perché egli è benevolo verso gl'ingrati e i malvagi.

36Siate misericordiosi, come è misericordioso il Padre vostro.37Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e vi sarà perdonato;38date e vi sarà dato; una buona misura, pigiata, scossa e traboccante vi sarà versata nel grembo, perché con la misura con cui misurate, sarà misurato a voi in cambio".

39Disse loro anche una parabola: "Può forse un cieco guidare un altro cieco? Non cadranno tutt'e due in una buca?40Il discepolo non è da più del maestro; ma ognuno ben preparato sarà come il suo maestro.41Perché guardi la pagliuzza che è nell'occhio del tuo fratello, e non t'accorgi della trave che è nel tuo?42Come puoi dire al tuo fratello: Permetti che tolga la pagliuzza che è nel tuo occhio, e tu non vedi la trave che è nel tuo? Ipocrita, togli prima la trave dal tuo occhio e allora potrai vederci bene nel togliere la pagliuzza dall'occhio del tuo fratello.
43Non c'è albero buono che faccia frutti cattivi, né albero cattivo che faccia frutti buoni.44Ogni albero infatti si riconosce dal suo frutto: non si raccolgono fichi dalle spine, né si vendemmia uva da un rovo.45L'uomo buono trae fuori il bene dal buon tesoro del suo cuore; l'uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae fuori il male, perché la bocca parla dalla pienezza del cuore.

46Perché mi chiamate: Signore, Signore, e poi non fate ciò che dico?47Chi viene a me e ascolta le mie parole e le mette in pratica, vi mostrerò a chi è simile:48è simile a un uomo che, costruendo una casa, ha scavato molto profondo e ha posto le fondamenta sopra la roccia. Venuta la piena, il fiume irruppe contro quella casa, ma non riuscì a smuoverla perché era costruita bene.49Chi invece ascolta e non mette in pratica, è simile a un uomo che ha costruito una casa sulla terra, senza fondamenta. Il fiume la investì e subito crollò; e la rovina di quella casa fu grande".


Numeri 7

1Quando Mosè ebbe finito di erigere la Dimora e l'ebbe unta e consacrata con tutti i suoi arredi, quando ebbe eretto l'altare con tutti i suoi arredi e li ebbe unti e consacrati,2i capi di Israele, capi dei loro casati paterni, che erano capitribù e avevano presieduto al censimento, presentarono una offerta3e la portarono davanti al Signore: sei carri e dodici buoi, cioè un carro per due capi e un bue per ogni capo e li offrirono davanti alla Dimora.4Il Signore disse a Mosè:5"Prendili da loro per impiegarli al servizio della tenda del convegno e assegnali ai leviti; a ciascuno secondo il suo servizio".6Mosè prese dunque i carri e i buoi e li diede ai leviti.7Diede due carri e quattro buoi ai figli di Gherson, secondo il loro servizio;8diede quattro carri e otto buoi ai figli di Merari, secondo il loro servizio, sotto la sorveglianza di Itamar, figlio del sacerdote Aronne;9ma ai figli di Keat non ne diede, perché avevano il servizio degli oggetti sacri e dovevano portarli sulle spalle.
10I capi presentarono l'offerta per la dedicazione dell'altare, il giorno in cui esso fu unto;11i capi presentarono l'offerta uno per giorno, per la dedicazione dell'altare.
12Colui che presentò l'offerta il primo giorno fu Nacason, figlio di Amminadab, della tribù di Giuda;13la sua offerta fu un piatto d'argento del peso di centotrenta sicli, un vassoio d'argento di settanta sicli, secondo il siclo del santuario, tutti e due pieni di fior di farina intrisa in olio, per l'oblazione,14una coppa d'oro di dieci sicli piena di profumo,15un giovenco, un ariete, un agnello dell'anno per l'olocausto,16un capro per il sacrificio espiatorio17e per il sacrificio di comunione due buoi, cinque arieti, cinque capri, cinque agnelli dell'anno. Tale fu l'offerta di Nacason, figlio di Amminadab.
18Il secondo giorno, Netaneel, figlio di Suar, capo di Issacar, presentò l'offerta.19Offrì un piatto d'argento del peso di centotrenta sicli, un vassoio d'argento di settanta sicli, secondo il siclo del santuario, tutti e due pieni di fior di farina intrisa in olio, per l'oblazione,20una coppa d'oro di dieci sicli piena di profumo,21un giovenco, un ariete, un agnello dell'anno per l'olocausto,22un capro per il sacrificio espiatorio23e per il sacrificio di comunione due buoi, cinque arieti, cinque capri, cinque agnelli dell'anno. Tale fu l'offerta di Netaneel, figlio di Suar.
24Il terzo giorno fu Eliab, figlio di Chelon, capo dei figli di Zàbulon.25La sua offerta fu un piatto d'argento del peso di centotrenta sicli, un vassoio d'argento di settanta sicli, secondo il siclo del santuario, tutti e due pieni di fior di farina intrisa in olio, per l'oblazione,26una coppa d'oro di dieci sicli piena di profumo,27un giovenco, un ariete, un agnello dell'anno per l'olocausto,28un capro per il sacrificio espiatorio29e per il sacrificio di comunione due buoi, cinque arieti, cinque capri, cinque agnelli dell'anno. Tale fu l'offerta di Eliab, figlio di Chelon.
30Il quarto giorno fu Elisur, figlio di Sedeur, capo dei figli di Ruben.31La sua offerta fu un piatto d'argento del peso di centotrenta sicli, un vassoio d'argento di settanta sicli, secondo il siclo del santuario, tutti e due pieni di fior di farina intrisa in olio, per l'oblazione,32una coppa d'oro di dieci sicli piena di profumo,33un giovenco, un ariete, un agnello dell'anno per l'olocausto,34un capro per il sacrificio espiatorio35e per il sacrificio di comunione due buoi, cinque arieti, cinque capri, cinque agnelli dell'anno. Tale fu l'offerta di Elisur, figlio di Sedeur.
36Il quinto giorno fu Selumiel, figlio di Surisaddai, capo dei figli di Simeone.37La sua offerta fu un piatto d'argento del peso di centotrenta sicli, un vassoio d'argento di settanta sicli, secondo il siclo del santuario, tutti e due pieni di fior di farina intrisa in olio, per l'oblazione,38una coppa d'oro di dieci sicli piena di profumo,39un giovenco, un ariete, un agnello dell'anno per l'olocausto,40un capro per il sacrificio espiatorio41e per il sacrificio di comunione due buoi, cinque arieti, cinque capri, cinque agnelli dell'anno. Tale fu l'offerta di Selumiel, figlio di Surisaddai.
42Il sesto giorno fu Eliasaf, figlio di Deuel, capo dei figli di Gad.43La sua offerta fu un piatto d'argento del peso di centotrenta sicli, un vassoio d'argento di settanta sicli, secondo il siclo del santuario, tutti e due pieni di fior di farina intrisa in olio, per l'oblazione,44una coppa d'oro di dieci sicli piena di profumo,45un giovenco, un ariete, un agnello dell'anno per l'olocausto,46un capro per il sacrificio espiatorio47e per il sacrificio di comunione due buoi, cinque arieti, cinque capri, cinque agnelli dell'anno. Tale fu l'offerta di Eliasaf, figlio di Deuel.
48Il settimo giorno fu Elesama, figlio di Ammiud, capo dei figli di Efraim.49La sua offerta fu un piatto d'argento del peso di centotrenta sicli, un vassoio d'argento del peso di settanta sicli, secondo il siclo del santuario, tutti e due pieni di fior di farina intrisa in olio, per l'oblazione,50una coppa d'oro di dieci sicli piena di profumo,51un giovenco, un ariete, un agnello dell'anno per l'olocausto,52un capro per il sacrificio espiatorio53e per il sacrificio di comunione due buoi, cinque arieti, cinque capri, cinque agnelli dell'anno. Tale fu l'offerta di Elesama, figlio di Ammiud.
54L'ottavo giorno fu Gamliel, figlio di Pedasur, capo dei figli di Manasse.55La sua offerta fu un piatto d'argento del peso di centotrenta sicli, un vassoio d'argento di settanta sicli secondo il siclo del santuario, tutti e due pieni di fior di farina intrisa in olio, per l'oblazione,56una coppa d'oro di dieci sicli piena di profumo,57un giovenco, un ariete, un agnello dell'anno per l'olocausto,58un capro per il sacrificio espiatorio59e per il sacrificio di comunione due buoi, cinque arieti, cinque capri, cinque agnelli dell'anno. Tale fu l'offerta di Gamliel, figlio di Pedasur.
60Il nono giorno fu Abidan, figlio di Ghideoni, capo dei figli di Beniamino.61La sua offerta fu un piatto d'argento del peso di centotrenta sicli, un vassoio d'argento di settanta sicli, secondo il siclo del santuario, tutti e due pieni di fior di farina intrisa in olio, per l'oblazione,62una coppa d'oro di dieci sicli piena di profumo,63un giovenco, un ariete, un agnello dell'anno per l'olocausto,64un capro per il sacrificio espiatorio65e per il sacrificio di comunione due buoi, cinque arieti, cinque capri, cinque agnelli dell'anno. Tale fu l'offerta di Abidan, figlio di Ghideoni.
66Il decimo giorno fu Achiezer, figlio di Ammisaddai, capo dei figli di Dan.67La sua offerta fu un piatto d'argento del peso di centotrenta sicli, un vassoio d'argento di settanta sicli, secondo il siclo del santuario, tutti e due pieni di fior di farina intrisa in olio, per l'oblazione,68una coppa d'oro di dieci sicli piena di profumo,69un giovenco, un ariete, un agnello dell'anno per l'olocausto,70un capro per il sacrificio espiatorio71e per il sacrificio di comunione due buoi, cinque arieti, cinque capri, cinque agnelli dell'anno. Tale fu l'offerta di Achiezer, figlio di Ammisaddai.
72L'undicesimo giorno fu Paghiel, figlio di Ocran, capo dei figli di Aser.73La sua offerta fu un piatto d'argento del peso di centotrenta sicli, un vassoio d'argento di settanta sicli, secondo il siclo del santuario, tutti e due pieni di fior di farina intrisa in olio, per l'oblazione,74una coppa d'oro di dieci sicli piena di profumo,75un giovenco, un ariete, un agnello dell'anno per l'olocausto,76un capro per il sacrificio espiatorio77e per il sacrificio di comunione due buoi, cinque arieti, cinque capri, cinque agnelli dell'anno. Tale fu l'offerta di Paghiel, figlio di Ocran.
78Il decimosecondo giorno fu Achira, figlio di Enan, capo dei figli di Nèftali.79La sua offerta fu un piatto d'argento del peso di centotrenta sicli, un vassoio d'argento di settanta sicli, secondo il siclo del santuario, tutti e due pieni di fior di farina intrisa in olio, per l'oblazione,80una coppa d'oro di dieci sicli piena di profumo,81un giovenco, un ariete, un agnello dell'anno per l'olocausto,82un capro per il sacrificio espiatorio83e per il sacrificio di comunione due buoi, cinque arieti, cinque capri, cinque agnelli dell'anno. Tale fu l'offerta di Achira, figlio di Enan.
84Questi furono i doni per la dedicazione dell'altare da parte dei capi d'Israele, il giorno in cui esso fu unto: dodici piatti d'argento, dodici vassoi d'argento, dodici coppe d'oro;85ogni piatto d'argento pesava centotrenta sicli e ogni vassoio d'argento settanta; il totale dell'argento dei vasi fu duemilaquattrocento sicli, secondo il siclo del santuario;86dodici coppe d'oro piene di profumo, le quali, a dieci sicli per coppa, secondo il siclo del santuario, diedero per l'oro delle coppe un totale di centoventi sicli.87Totale del bestiame per l'olocausto: dodici giovenchi, dodici arieti, dodici agnelli dell'anno, con le oblazioni consuete, e dodici capri per il sacrificio espiatorio.88Totale del bestiame per il sacrificio di comunione: ventiquattro giovenchi, sessanta arieti, sessanta capri, sessanta agnelli dell'anno. Questi furono i doni per la dedicazione dell'altare, dopo che esso fu unto.
89Quando Mosè entrava nella tenda del convegno per parlare con il Signore, udiva la voce che gli parlava dall'alto del coperchio che è sull'arca della testimonianza fra i due cherubini; il Signore gli parlava.


Cantico 4

1Come sei bella, amica mia, come sei bella!
Gli occhi tuoi sono colombe,
dietro il tuo velo.
Le tue chiome sono un gregge di capre,
che scendono dalle pendici del Gàlaad.
2I tuoi denti come un gregge di pecore tosate,
che risalgono dal bagno;
tutte procedono appaiate,
e nessuna è senza compagna.
3Come un nastro di porpora le tue labbra
e la tua bocca è soffusa di grazia;
come spicchio di melagrana la tua gota
attraverso il tuo velo.
4Come la torre di Davide il tuo collo,
costruita a guisa di fortezza.
Mille scudi vi sono appesi,
tutte armature di prodi.
5I tuoi seni sono come due cerbiatti,
gemelli di una gazzella,
che pascolano fra i gigli.
6Prima che spiri la brezza del giorno
e si allunghino le ombre,
me ne andrò al monte della mirra
e alla collina dell'incenso.
7Tutta bella tu sei, amica mia,
in te nessuna macchia.
8Vieni con me dal Libano, o sposa,
con me dal Libano, vieni!
Osserva dalla cima dell'Amana,
dalla cima del Senìr e dell'Èrmon,
dalle tane dei leoni,
dai monti dei leopardi.
9Tu mi hai rapito il cuore,
sorella mia, sposa,
tu mi hai rapito il cuore
con un solo tuo sguardo,
con una perla sola della tua collana!
10Quanto sono soavi le tue carezze,
sorella mia, sposa,
quanto più deliziose del vino le tue carezze.
L'odore dei tuoi profumi sorpassa tutti gli aromi.
11Le tue labbra stillano miele vergine, o sposa,
c'è miele e latte sotto la tua lingua
e il profumo delle tue vesti è come il profumo del Libano.
12Giardino chiuso tu sei,
sorella mia, sposa,
giardino chiuso, fontana sigillata.
13I tuoi germogli sono un giardino di melagrane,
con i frutti più squisiti,
alberi di cipro con nardo,
14nardo e zafferano, cannella e cinnamòmo
con ogni specie d'alberi da incenso;
mirra e aloe
con tutti i migliori aromi.
15Fontana che irrora i giardini,
pozzo d'acque vive
e ruscelli sgorganti dal Libano.

16Lèvati, aquilone, e tu, austro, vieni,
soffia nel mio giardino
si effondano i suoi aromi.
Venga il mio diletto nel suo giardino
e ne mangi i frutti squisiti.


Salmi 37

1'Di Davide.'

Alef. Non adirarti contro gli empi
non invidiare i malfattori.
2Come fieno presto appassiranno,
cadranno come erba del prato.

3Bet. Confida nel Signore e fa' il bene;
abita la terra e vivi con fede.
4Cerca la gioia del Signore,
esaudirà i desideri del tuo cuore.

5Ghimel. Manifesta al Signore la tua via,
confida in lui: compirà la sua opera;
6farà brillare come luce la tua giustizia,
come il meriggio il tuo diritto.

7Dalet. Sta' in silenzio davanti al Signore e spera in lui;
non irritarti per chi ha successo,
per l'uomo che trama insidie.
8He. Desisti dall'ira e deponi lo sdegno,
non irritarti: faresti del male,
9poiché i malvagi saranno sterminati,
ma chi spera nel Signore possederà la terra.

10Vau. Ancora un poco e l'empio scompare,
cerchi il suo posto e più non lo trovi.
11I miti invece possederanno la terra
e godranno di una grande pace.

12Zain. L'empio trama contro il giusto,
contro di lui digrigna i denti.
13Ma il Signore ride dell'empio,
perché vede arrivare il suo giorno.

14Het. Gli empi sfoderano la spada
e tendono l'arco
per abbattere il misero e l'indigente,
per uccidere chi cammina sulla retta via.
15La loro spada raggiungerà il loro cuore
e i loro archi si spezzeranno.

16Tet. Il poco del giusto è cosa migliore
dell'abbondanza degli empi;
17perché le braccia degli empi saranno spezzate,
ma il Signore è il sostegno dei giusti.

18Iod. Conosce il Signore la vita dei buoni,
la loro eredità durerà per sempre.
19Non saranno confusi nel tempo della sventura
e nei giorni della fame saranno saziati.

20Caf. Poiché gli empi periranno,
i nemici del Signore appassiranno
come lo splendore dei prati,
tutti come fumo svaniranno.
21Lamed. L'empio prende in prestito e non restituisce,
ma il giusto ha compassione e dà in dono.

22Chi è benedetto da Dio possederà la terra,
ma chi è maledetto sarà sterminato.
23Mem. Il Signore fa sicuri i passi dell'uomo
e segue con amore il suo cammino.
24Se cade, non rimane a terra,
perché il Signore lo tiene per mano.

25Nun. Sono stato fanciullo e ora sono vecchio,
non ho mai visto il giusto abbandonato
né i suoi figli mendicare il pane.
26Egli ha sempre compassione e dà in prestito,
per questo la sua stirpe è benedetta.

27Samech. Sta' lontano dal male e fa' il bene,
e avrai sempre una casa.
28Perché il Signore ama la giustizia
e non abbandona i suoi fedeli;
Ain. gli empi saranno distrutti per sempre
e la loro stirpe sarà sterminata.
29I giusti possederanno la terra
e la abiteranno per sempre.

30Pe. La bocca del giusto proclama la sapienza,
e la sua lingua esprime la giustizia;
31la legge del suo Dio è nel suo cuore,
i suoi passi non vacilleranno.
32L'empio spia il giusto
e cerca di farlo morire.
33Il Signore non lo abbandona alla sua mano,
nel giudizio non lo lascia condannare.

34Kof. Spera nel Signore e segui la sua via:
ti esalterà e tu possederai la terra
e vedrai lo sterminio degli empi.
35Res. Ho visto l'empio trionfante
ergersi come cedro rigoglioso;
36sono passato e più non c'era,
l'ho cercato e più non si è trovato.

37Sin. Osserva il giusto e vedi l'uomo retto,
l'uomo di pace avrà una discendenza.
38Ma tutti i peccatori saranno distrutti,
la discendenza degli empi sarà sterminata.
39Tau. La salvezza dei giusti viene dal Signore,
nel tempo dell'angoscia è loro difesa;
40il Signore viene in loro aiuto e li scampa,
li libera dagli empi e dà loro salvezza,
perché in lui si sono rifugiati.


Daniele 1

1L'anno terzo del regno di Ioiakìm re di Giuda, Nabucodònosor re di Babilonia marciò su Gerusalemme e la cinse d'assedio.2Il Signore mise Ioiakìm re di Giuda nelle sue mani, insieme con una parte degli arredi del tempio di Dio, ed egli li trasportò in Sennaàr e depositò gli arredi nel tesoro del tempio del suo dio.
3Il re ordinò ad Asfenàz, capo dei suoi funzionari di corte, di condurgli giovani israeliti di stirpe reale o di famiglia nobile,4senza difetti, di bell'aspetto, dotati di ogni scienza, educati, intelligenti e tali da poter stare nella reggia, per essere istruiti nella scrittura e nella lingua dei Caldei.
5Il re assegnò loro una razione giornaliera di vivande e di vino della sua tavola; dovevano esser educati per tre anni, al termine dei quali sarebbero entrati al servizio del re.6Fra di loro vi erano alcuni Giudei: Daniele, Anania, Misaele e Azaria;7però il capo dei funzionari di corte chiamò Daniele Baltazzàr; Anania Sadràch; Misaele Mesàch e Azaria Abdènego.
8Ma Daniele decise in cuor suo di non contaminarsi con le vivande del re e con il vino dei suoi banchetti e chiese al capo dei funzionari di non farlo contaminare.
9Dio fece sì che Daniele incontrasse la benevolenza e la simpatia del capo dei funzionari.10Però egli disse a Daniele: "Io temo che il re mio signore, che ha stabilito quello che dovete mangiare e bere, trovi le vostre facce più magre di quelle degli altri giovani della vostra età e io così mi renda colpevole davanti al re".11Ma Daniele disse al custode, al quale il capo dei funzionari aveva affidato Daniele, Anania, Misaele e Azaria:12"Mettici alla prova per dieci giorni, dandoci da mangiare legumi e da bere acqua,13poi si confrontino, alla tua presenza, le nostre facce con quelle dei giovani che mangiano le vivande del re; quindi deciderai di fare con noi tuoi servi come avrai constatato".14Egli acconsentì e fece la prova per dieci giorni;15terminati questi, si vide che le loro facce erano più belle e più floride di quelle di tutti gli altri giovani che mangiavano le vivande del re.16D'allora in poi il sovrintendente fece togliere l'assegnazione delle vivande e del vino e diede loro soltanto legumi.
17Dio concesse a questi quattro giovani di conoscere e comprendere ogni scrittura e ogni sapienza e rese Daniele interprete di visioni e di sogni.
18Terminato il tempo stabilito dal re entro il quale i giovani dovevano essergli presentati, il capo dei funzionari li portò a Nabucodònosor.19Il re parlò con loro, ma fra tutti non si trovò nessuno pari a Daniele, Anania, Misaele e Azaria, i quali rimasero al servizio del re;20in qualunque affare di sapienza e intelligenza su cui il re li interrogasse, li trovò dieci volte superiori a tutti i maghi e astrologi che c'erano in tutto il suo regno.21Così Daniele vi rimase fino al primo anno del re Ciro.


Apocalisse 13

1Vidi salire dal mare una bestia che aveva dieci corna e sette teste, sulle corna dieci diademi e su ciascuna testa un titolo blasfemo.2La bestia che io vidi era simile a una pantera, con le zampe come quelle di un orso e la bocca come quella di un leone. Il drago le diede la sua forza, il suo trono e la sua potestà grande.3Una delle sue teste sembrò colpita a morte, ma la sua piaga mortale fu guarita.
Allora la terra intera presa d'ammirazione, andò dietro alla bestia4e gli uomini adorarono il drago perché aveva dato il potere alla bestia e adorarono la bestia dicendo: "Chi è simile alla bestia e chi può combattere con essa?".
5Alla bestia fu data una bocca per proferire parole d'orgoglio e bestemmie, con il potere di agire per quarantadue mesi.6Essa aprì la bocca per proferire bestemmie contro Dio, per bestemmiare il suo nome e la sua dimora, contro tutti quelli che abitano in cielo.7Le fu permesso di far guerra contro i santi e di vincerli; le fu dato potere sopra ogni stirpe, popolo, lingua e nazione.8L'adorarono tutti gli abitanti della terra, il cui nome non è scritto fin dalla fondazione del mondo nel libro della vita dell'Agnello immolato.

9Chi ha orecchi, ascolti:
10'Colui che deve andare in prigionia',
andrà 'in prigionia;
colui che deve essere ucciso di spada
di spada' sia ucciso.

In questo sta la costanza e la fede dei santi.

11Vidi poi salire dalla terra un'altra bestia, che aveva due corna, simili a quelle di un agnello, che però parlava come un drago.12Essa esercita tutto il potere della prima bestia in sua presenza e costringe la terra e i suoi abitanti ad adorare la prima bestia, la cui ferita mortale era guarita.13Operava grandi prodigi, fino a fare scendere fuoco dal cielo sulla terra davanti agli uomini.14Per mezzo di questi prodigi, che le era permesso di compiere in presenza della bestia, sedusse gli abitanti della terra dicendo loro di erigere una statua alla bestia che era stata ferita dalla spada ma si era riavuta.15Le fu anche concesso di animare la statua della bestia sicché quella statua perfino parlasse e potesse far mettere a morte tutti coloro che non adorassero la statua della bestia.16Faceva sì che tutti, piccoli e grandi, ricchi e poveri, liberi e schiavi ricevessero un marchio sulla mano destra e sulla fronte;17e che nessuno potesse comprare o vendere senza avere tale marchio, cioè il nome della bestia o il numero del suo nome.18Qui sta la sapienza. Chi ha intelligenza calcoli il numero della bestia: essa rappresenta un nome d'uomo. E tal cifra è seicentosessantasei.


Capitolo III: Dare umile ascolto alla parola di Dio, da molti non meditata a dovere

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1. Ascolta, figlio, le mie parole; parole dolcissime, più alte di tutta la dottrina dei filosofi e dei sapienti di questo mondo. "Le mie parole sono spirito e vita" (Gv 6,63), e non vanno valutate secondo l'umano sentire. Non si debbono convertire in vano compiacimento; ma si debbono ascoltare nel silenzio, accogliendole con tutta umiltà e con grande amore. E dissi: "Beato colui che sarà stato formato da te, o Signore, e da te istruito intorno alla legge, così che gli siano alleviati i giorni del dolore" ed egli non sia desolato su questa terra (Sal 93,12s). Io, dice il Signore, fin dall'inizio ammaestrai i profeti, e ancora non manco di parlare a tutti. Ma molti sono sordi e duri alla mia voce. Numerosi sono coloro che ascoltano più volentieri il mondo che Dio, e seguono più facilmente i desideri della carne che la volontà di Dio. Il mondo promette cose da poco e che durano ben poco; eppure ci si fa schiavi del mondo, con grande smania. Io prometto cose grandissime ed eterne; eppure il cuore degli uomini resta torbido. Chi mai mi obbedisce e mi serve con tanto zelo, come si serve al mondo a ai suoi padroni? "Arrossisci, o Signore, così dice il mare" (Is 23,4). E se vuoi sapere il perché, ascolta. Per uno scarso vantaggio si percorre un lungo cammino; ma. Per la vita eterna, molti a stento alzano da terra un piede. Si corre dietro ad un modesto guadagno; talora, per un soldo, si litiga vergognosamente; per una cosa da nulla e dietro una piccola speranza non si esita a faticare giorno e notte; ma - cosa spudorata - per un bene che non viene meno, per un premio inestimabile, per l'onore più grande e la gloria che non ha fine, si stenta a faticare anche un poco.

2. Arrossisci, dunque, servo pigro e lamentoso; ché certuni sono più pronti ad andare alla perdizione di quanto non sia pronto tu ad andare alla vita: trovano essi più gioia in cose false di quanta ne trovi tu nella verità. Eppure essi sono ben spesso traditi dalla loro speranza, mentre la mia promessa non delude nessuno, né lascia a mani vuote colui che confida in me. Quel che ho promesso, darò; quel che ho detto adempirò, purché uno sia rimasto costante, sino alla fine, nel mio amore. Io sono colui che compenserà tutti i buoni e metterà severamente alla prova tutte le persone devote. Scrivi le mie parole nel tuo cuore e meditale attentamente; ti saranno molto utili nell'ora della tentazione. Quello che non avrai capito alla prima lettura, lo comprenderai nel giorno in cui io verrò a te. Due sono i modi con i quali io visito i miei eletti; la tentazione e la consolazione. Due sono le lezioni che io do loro ogni giorno; una, rimproverando i loro vizi, l'altra, esortandoli a rafforzare le loro virtù. Colui che, avendo ricevuto "le mie parole, le disprezza, avrà chi lo giudica". Nell'ultimo giorno (Gv 12,48).

Preghiera per chiedere la grazia della devozione.

3. Signore mio Dio, tu sei tutto il mio bene. E io, chi sono per osare di rivolgermi a te? Sono il tuo miserabile piccolo servo, un abietto vermiciattolo, molto più misero e disprezzabile di quanto io stesso non capisca e non osi confessare. Tuttavia, Signore, ricordati di me, che sono un nulla, nulla ho e nulla valgo. Tu solo sei buono, giusto e santo; tutto puoi e ogni cosa viene da te; tutto tu colmi, soltanto il peccatore tu lasci a mani vuote. Ricordati della tua misericordia (Sal 24,6) e riempi il mio cuore con la tua grazia; tu, che non permetti che resti vana la tua opera. Come potrò sopportare me stesso, in questa misera vita, se tu non mi conforterai con la tua pietà e con la grazia? Non distogliere da me la tua faccia, non tardare con la tua visita, non farmi mancare la tua grazia, affinché l'anima mia non divenga per te come una terra arida (Sal 142,6). Signore, insegnami a fare la tua volontà (Sal 142,10); insegnami a stare degnamente e umilmente accanto a te. Tutto tu sai di me, poiché mi conosci nell'intimo; anzi mi conoscevi prima che il mondo esistesse, prima che io fossi nato.


LETTERA 20* [290] AGOSTINO SALUTA NEL SIGNORE FABIOLA, SIGNORA ASSAI RELIGIOSA, FIGLIA ASSAI VENERABILE ED ECCELLENTISSIMA

Lettere - Sant'Agostino

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Ag. prega Fabiola d'ascoltarlo con pazienza.

1. Mi sono rallegrato di aver ricevuto per tramite del fratello mio [***] la risposta della Santità tua; potessi io contraccambiarti le parole di saluto senza trovarmi nella tristezza. Adesso invece per la prima volta proprio io, tormentato dal dolore, sono diventato importuno e molesto alla tua santa tranquillità, ma sopportami con pazienza: possa tu perseverare sino alla fine con profitto nella grazia di Cristo 1. So infatti che le mie lettere non ti arrecano mai molestia ma piuttosto gioia. Scusa questa lettera, poiché contiene molti motivi di dolore per te ma per la vicendevole carità in Cristo cerca di condividere con me i miei dolori e alle mie unisci le tue preghiere a Dio, nostro Signore, affinché ci consoli.

Chi è Ag. per Antonino e questi per Ag.

2. Sono venuto a sapere con quanta bontà e spirito di fede hai accolto Antonino, figlio e collega mio nell'episcopato, e con quanta cristiana benevolenza hai alleviato la sua mancanza di risorse dandogli ospitalità. Sta' dunque a sentire chi sono io per Antonino e chi è Antonino per me; che cosa io devo a lui e che cosa io chiedo a te. Egli venne ad Ippona da piccolo con la madre e il patrigno; erano tanto poveri che non avevano il necessario per il sostentamento quotidiano; in fine, avendo essi fatto ricorso all'aiuto della Chiesa e avendo io saputo che il padre di Antonino era ancora vivo e che sua madre s'era separata da lui e si era unita con un altro uomo, convinsi ambedue a vivere in continenza, e così il patrigno con il suo ragazzo [fu accolto] nel monastero, la madre nell'ospizio dei poveri sostentati dalla Chiesa, e perciò grazie alla misericordia di Dio cominciarono a vivere tutti e tre a nostre spese. In seguito, con il passare del tempo - per non farla troppo lunga - quello morì, essa invecchiò, il bambino crebbe; tra i suoi compagni esercitava l'ufficio di lettore e già aveva cominciato a mostrare tali qualità che il nostro fratello Urbano - il quale era allora presso di noi sacerdote e superiore del monastero, ora invece è vescovo della Chiesa di Sicca - volle, durante la mia assenza, farlo ordinare prete in una grande tenuta sita nella nostra diocesi, poiché alla mia partenza gli avevo ingiunto di scegliere qualcuno [dei monaci] che, senza aspettare il mio ritorno, fosse ordinato in quella località dal vescovo vicino. La cosa - è vero - non poté effettuarsi per il rifiuto opposto da quel vescovo, ma tuttavia, essendo in seguito venuto a sapere il fatto, presi a considerare Antonino come indispensabile per quell'incarico, non per il fatto che io lo conoscessi quanto sarebbe stato necessario, ma sulla testimonianza del suo superiore.

Quale difficile frangente spinse Ag. a far ordinare vescovo Antonino...

3. Nel frattempo, non bastavo da solo a governare la diocesi assai vasta, come l'esigeva il bisogno, in quanto s'erano venute ad aggiungere non solo molte persone in città, ma anche molte comunità nelle campagne, provenienti dalla sètta di Donato; perciò, dopo aver discusso a fondo il progetto con i fratelli, mi parve opportuno che in una borgata, chiamata Fussala, dipendente dalla sede episcopale d'Ippona, fosse ordinato un vescovo al quale appartenesse la cura di quella regione. Mandai a prendere il primate; egli si degnò di venire; all'ora fissata il prete che credevo di avere pronto per il mio scopo ci lasciò in asso. Che cosa avrei dovuto fare allora per agire bene, se non rinviare un atto così importante? Ma io temevo che, se il santo primate, il quale a stento era venuto da noi da lontano, fosse partito da noi e fosse tornato a casa sua senza aver compiuta quella funzione, tutti coloro per i quali era stato indispensabile fosse compiuta quella ordinazione, si sarebbero scoraggiati e ci sarebbero stati di quelli che i nemici della Chiesa avrebbero potuto ingannare prendendosi gioco della nostra iniziativa andata a vuoto; per questo motivo ritenni utile presentare quel [nostro monaco], che si trovava lì, per farlo ordinare, dal momento che avevo sentito dire che conosceva anche la lingua punica. In realtà non furono i fedeli a chiederlo di loro spontanea volontà, ma non osarono rifiutarlo sembrando loro ch'egli fosse uno dei miei e di mio gradimento.

...che si gonfiò d'arroganza del potere per la carica inaspettata...

4. Sottoposi dunque a una carica sì importante un giovane che aveva non più di vent'anni senza che fosse stato prima sottoposto alla prova in alcun grado del clericato, e del quale io non conoscevo il carattere che avrei dovuto conoscere in precedenza. Ebbene, tu vedi quale fu il mio enorme peccato: considera che cosa ne seguì. L'animo del giovane, salito d'un tratto alla carica di vescovo senza alcun merito di fatiche precedenti, fu assalito dallo spavento; in seguito però, vedendo che gli erano soggetti chierici e fedeli - come poi lo mostrò la realtà - si gonfiò dell'arroganza del dispotismo e, non insegnando nulla con la parola, ma costringendo a far tutto autoritariamente, si compiaceva di farsi temere quando vedeva che non riusciva a farsi amare.

...e associò alla sua arrogante prepotenza due cattivi monaci...

5. Per sostenere quella parte andò in cerca d'individui simili a lui. C'era nel nostro monastero un tale che aveva fatto lo stenografo della mia segreteria il quale, con mio grande dolore, era diventato un poco di buono; per essere stato trovato a parlare da solo con alcune religiose in un'ora inopportuna era stato sottoposto alla fustigazione dal superiore e aveva quindi perso la reputazione. Costui, abbandonato il monastero, si recò presso il vescovo, di cui parliamo, e da lui fu subito ordinato prete senza chiedermi consiglio e a mia insaputa. Io infatti venni a sapere che ciò era successo prima che avessi potuto crederlo possibile, sebbene un tale, al quale avrei dovuto credere, me ne avesse parlato. Vorrei che tu mi credessi, non riuscendo a spiegartelo, quanta tristezza invase allora, in verità, il mio cuore per la paura di vedere un giorno la rovina di quella Chiesa che sarebbe avvenuta per colpa di lui. Presentatasi tuttavia un'occasione - quando proprio il medesimo vescovo mi espose le sue lamentele assai gravi sul conto di quel prete di tal fatta - procurai che fosse scomunicato e fosse restituito alla sua patria dalla quale m'era stato dato. Così era avvenuto, ma non so come, senza chiedere il mio consiglio, lo restituì alla propria comunione e amicizia. Egli fece anche diacono un altro [monaco] datogli per verità dal nostro monastero con un regolare ordine ma non si dimostrò turbolento se non quando fu diacono.

...per mezzo dei quali, del difensore della Chiesa e di un ex soldato prese a rapire e saccheggiare.

6. Quali sventure furono costrette a subire quella borgata e quelle circostanti a causa di questi due chierici, il prete e il diacono, per causa del difensore della Chiesa e per colpa anche di un altro individuo ex soldato o disertore, al quale più abitualmente impartiva ordini, e a causa, inoltre, degli uomini di quella medesima borgata ch'egli aveva costituiti sentinelle in corpi di guardie notturne e dei quali si serviva quando aveva bisogno d'una masnada un po' più numerosa, può conoscerle in ogni modo chiunque avrà la pazienza di leggere i processi verbali redatti in seguito a numerose querele sporte nelle denunce scritte davanti ai vescovi nella Chiesa d'Ippona, ove occupavo un posto anch'io. In essi troverà lamenti degni di compassione di poveri uomini e di povere donne e, cosa più grave, di vedove che né il loro nome, che la Sacra Scrittura ci raccomanda specialmente di difendere 2, né la loro età avanzata poté proteggere in qualche misura dalle rapine, razzie e vessazioni criminali perpetrate da quegli individui. Chiunque cadeva per caso nelle loro mani perdeva il denaro, la suppellettile, i vestiti, il bestiame minuto, i raccolti, infine legname e pietre da costruzione; le case di alcuni venivano occupate, quelle di altri venivano anche demolite per portarne via i materiali che esigeva la costruzione di nuovi edifici. Certi oggetti venivano comprati ma senza pagarli; dei campi di alcuni quelli s'impadronivano con la forza e venivano restituiti solo dopo averne portato via i raccolti per parecchi anni; alcuni di quei campi sono stati posseduti e occupati fino al giudizio episcopale.

Di quei misfatti assai pochi furono discolpati, molti in parte scusati e rinviati ad altro tempo.

7. Molti altri misfatti, oltre quelli contenuti nei processi verbali, anche noi abbiamo sentiti da qualche parte e nelle contrade di coloro che li hanno subiti, sono denunciati ripetutamente non mediante lagnanze sussurrate, ma per mezzo di grida di persone urlanti, e sono raccolti per essere provati qualora sedessero in tribunale ove dei giudici non sovraccarichi di lavoro per mancanza di un numero sufficiente [di magistrati] o anche potessero bastare ad ascoltare tutte le deposizioni quelli che sederanno, dal momento che a stento uno potrebbe avere la pazienza di esaminare attentamente le deposizioni da noi ascoltate nell'udienza e contenute nei processi verbali ecclesiastici. Veramente di quei fatti solo una minima parte sono stati in un modo o in un altro scagionati; molti invece, in parte per l'assenza di coloro dai quali erano stati commessi, non furono esaminati e furono rinviati [ad altro tempo]. Quanto ai chierici, cioè il prete e il diacono, sarebbe troppo lungo descrivere in qual modo la loro presenza è stata sottratta e ancora fino ad oggi è sottratta al tribunale episcopale. Tuttavia nei verbali sono registrate le parole del vescovo con le quali confessò spontaneamente che li aveva esortati a presentarsi perché erano stati suoi complici e che quelli avevano dichiarato di voler presentarsi.

Antonino fu solo obbligato a restituire le refurtive, salvo restando l'episcopato...

8. Noi al contrario ordinammo la restituzione dei beni sottratti, ma conservammo al vescovo l'episcopato intatto e intero con una limitata punizione, per evitare che quelle malefatte restassero del tutto impunite e gli si lasciasse di continuare a commetterle o ad altri d'imitarle; ci limitammo cioè a imporgli come punizione ch'egli avesse la sede vescovile solo in una delle sue cattedre, affinché non si dicesse ch'era stato trasferito in una cattedra diversa dalla sua contro le prescrizioni ecclesiastiche, senza però governare più a lungo i Fussalesi contro la loro volontà. Penso che questa specie di castigo deve considerarsi un favore che gli facciamo, evitandogli di vivere con coloro che lo rifiutano, dei quali la sua stessa presenza inasprirebbe in modo assai pericoloso i loro sentimenti di odio, già molto aspri. Naturalmente decretammo che fosse scomunicato finché non restituisse tutto ciò che aveva rubato. Questa nostra decisione l'abbracciò anche lui fino al punto che non fece appello, e pochissimi giorni dopo versò dei soldi [d'oro] presi a prestito come prezzo dei beni rapinati, affinché non gli fosse negata più a lungo la comunione. Ora molti fratelli e figli nostri che avevano con noi compassione di lui per essere stato assolto assai probabilmente con giustizia da quattro gravi e capitali colpe di violenza carnale rinfacciategli non già da abitanti di Fussala, ma che erano state rinfacciate o fatte rinfacciare da altre persone offese da lui per certi motivi, si rallegrarono con noi con vive espressioni di gioia fraterna per aver noi pronunciato quella sentenza nei suoi confronti.

...oltre alle otto comunità assegnategli estorse anche quella di Togoneto...

9. Scrisse anche una supplica al santo primate della Numidia, in cui gli chiedeva che avesse la bontà di far attendere fino alla data del concilio [provinciale] il desiderio degli abitanti di Fussala, i quali reclamavano con tutte le forze che fosse ordinato un vescovo per loro; il primate li fece attendere. Quando si venne al concilio e tutti i partecipanti trovarono opportuno di mettere in esecuzione i nostri decreti, neppure a causa di ciò presentò appello; se l'avesse fatto allora l'avrebbe fatto certamente troppo tardi, dal momento che alcuni mesi prima non aveva fatto appello contro di noi. In seguito il nostro superiore, il primate, inviò a Fussala dei vescovi alla cui presenza fosse scelto con il voto dei fedeli chi sarebbe dovuto essere ordinato come [loro] vescovo e fosse inviato a lui per essere ordinato, e così fu fatto. Ma, quando spuntò il giorno dell'ordinazione, allora venne in mente ad Antonino l'idea di presentare appello. Tuttavia, avendo accettato la spiegazione datagli dal santo primate e comprendendo di fare invano ciò che da tanto tempo faceva dopo ch'era stata pronunciata in giudizio la sentenza sul conto di lui, acconsentì che gli fossero attribuite otto comunità, che per certe ragioni non si erano recate alla chiesa di Fussala a esprimere il proprio voto per la scelta del vescovo da ordinare. Ma, per seminare di nuovo discordie 3, ottenne, a forza d'insistere, che nella lettera da lui inviata al santo primate fosse aggiunto che venisse unita nella lista anche una delle comunità che si erano recate a Fussala per chiedere il [proprio] vescovo, cioè quella della tenuta di Togoneto; [egli pretese ciò] per avere lì la cattedra da cui dipendessero tutte le altre appartenenti a lui.

...i cui coloni minacciarono di andarsene se fosse assegnata ad Antonino...

10. Questa tenuta è tanto vicina al borgo [di Fussala] che si vedeva bene ch'egli non vi cercava se non occasioni di litigi con cui turbare la pace della Chiesa. Allora i coloni di quella tenuta, poiché già lo conoscevano per la vicinanza e con altri avevano sofferto per le sue ribalderie, scrissero alla padrona della tenuta che, se avesse permesso che ciò fosse avvenuto, se ne sarebbero andati via immediatamente. Scrissero parimenti anche a me, perché intervenissi in loro difesa affinché ciò non avvenisse; per essi scrivemmo, lei e io, al primate.

...che si recò a Roma e consegnò al Papa uno scritto ove tacque lo svolgimento dei fatti.

11. Costui dunque, allorché vide che ciò [che voleva] non gli era stato concesso, decise di passare il mare con una lettera di raccomandazione del suo superiore, il primate, avuta non allora ma prima, allorché quell'autorevole personaggio aveva creduto ingenuamente che quello non avesse colpe di nessun genere e desiderasse passare il mare per far liberare degli individui che il vicario dell'Africa teneva prigionieri, mentre invece non aveva ancora conosciuto in modo del tutto chiaro, attraverso i processi verbali, le angherie subite dagli abitanti di Fussala e il loro giusto dolore. Antonino dunque fece consegnare al venerabile papa Bonifacio una dichiarazione scritta in cui affermava, mentendo, che a partire dal giorno in cui era stato giudicato, era stato nella comunione ecclesiale - come ho ricordato più sopra, egli era stato scomunicato finché non avesse restituito tutti i beni da lui rubati agli abitanti di Fussala, e per questo scopo pochi giorni dopo, è vero, aveva rimesso una certa somma in solidi d'oro perché fosse riammesso nella comunione -, passò inoltre sotto silenzio tutto l'ordine in cui si erano succeduti i fatti necessari a [intendere] la causa e ottenne dal papa una lettera chiaramente assai prudente.

Ai vescovi che lo giudicavano risultò chiaro quanto aveva taciuto in quella dichiarazione.

12. Il papa Bonifacio di venerabile memoria assegnò, in realtà, dei giudici i quali giudicassero se la spiegazione [di Antonino] fosse fondata, se quello avesse indicato fedelmente l'ordinata successione dei fatti, se le cose stessero come le aveva esposte nel testo della sua dichiarazione; soltanto allora gli sarebbe dovuta essere restituita la chiesa di Fussala come a uno esente da colpe, a causa delle quali gli sarebbe stata tolta giustamente. Si radunarono in una città della Numidia, cioè nella chiesa di Tegulata i vescovi che vi si poterono recare; v'erano anche altri vescovi ch'egli non aveva richiesti ma che avevano altri motivi di recarvisi e, sebbene non fosse completo il numero dei vescovi da lui richiesto, disse tuttavia che gli erano sufficienti. Eravamo presenti anche noi, cioè il fratello Alipio ed io, avvertiti da una lettera del primate ma non per pronunciare di nuovo una sentenza riguardo ad Antonino - che cosa infatti sarebbe stato più ingiusto? - ma per rendere conto del nostro giudizio, se ce ne fosse stato bisogno; la relazione sarebbe stata presentata alla sede apostolica. Si lessero dunque i documenti portati da Antonino. Il primate della Numidia Aurelio, il più anziano d'età, espose il motivo per cui aveva ordinato Antonino. In quella esposizione risultò chiaro ciò che quello aveva tralasciato di dichiarare [al papa] per ottenere da Roma una lettera siffatta, e come non aveva indicato fedelmente la successione ordinata dei fatti.

All'udire le lagnanze scritte dei Fussalensi contro di lui Antonino avanzò nuove ingiuste pretese.

13. Il vescovo Antonino chiese allora che fosse fatto entrare il prete inviato dagli abitanti di Fussala; dopo l'ingresso del prete si diede lettura delle lettere dei preti e degli abitanti di Fussala. Quando egli sentì che le lettere erano straboccanti di lagnanze contro di lui, che suscitavano le lacrime e a causa delle quali rifiutavano in ogni modo di ricevere per vescovo un uomo, del quale avrebbero fatto a meno giustamente e felicemente, non volle credere che fossero state inviate da essi e chiese al santo primate di avere la bontà di recarsi di persona negli stessi luoghi con alcuni dei vescovi che gli erano stati assegnati quali componenti di quella commissione, per sondare l'animo dei preti e dei fedeli a condizione che, se gli abitanti di Fussala avessero posto in discussione la questione di accettarlo, egli ricevesse, contro la loro volontà, la comunità di Togoneto aggiunta alle altre otto comunità che aveva già prima; oltre a ciò [volle] che il venerando primate mi chiedesse che le altre cinque comunità che, senza indicarle per iscritto nei processi verbali, gli avevo promesso perché non si accanisse contro gli abitanti di Fussala, io le confermassi facendole registrare nei processi verbali.

Aurelio nei processi verbali promise solo di recarsi a Fussala...

14. Dopo ch'ebbi fatto ciò senza alcuna difficoltà, ce ne andammo - per modo di dire - in pace, se non che io vedevo che la borgata di Togoneto gli era contraria non meno degli abitanti di Fussala e che la padrona del possedimento non glie lo avrebbe concesso, come sembrava al venerando primate Aurelio. Infine, come gli era stato chiesto, il primate promise, è vero, facendolo registrare nei verbali, che si sarebbe recato a Fussala, ma nessuno gli fece promessa, facendola registrare nei processi verbali, di concedergli la comunità di Togoneto. Il medesimo vescovo Antonino fece poi una dichiarazione così perentoria che obbligò i vescovi a riconoscere, in seguito alla risposta degli abitanti di Fussala, che cosa dovessero fare.

...ove, assente Ag., furono concesse ad Antonino le comunità più vicine.

15. Pochi giorni dopo si andò a Fussala come era stato deciso; con il primate c'erano anche due vescovi di cui Antonino aveva chiesto la presenza tra quelli che si trovavano in città, e così gli furono accordati quelli che poté trovare vicini alla medesima borgata; accompagnavano il primate anche altri tre vescovi quale scorta d'onore come vuole l'usanza. Io ero assente, poiché non oso nemmeno vedere gli abitanti di Fussala; a loro che ormai s'erano calmati avendo accettato un vescovo dopo la nostra sentenza, mentre ora di nuovo sono turbati dall'agitazione di costui, sono diventato odioso anch'io stesso, poiché sarei stato io ad arrecare loro una sì grave sciagura, come essi non bisbigliano più con soffocate mormorazioni, ma lo vanno proclamando con aperte proteste e alte grida; oltre a ciò proprio costui, con mostruosa ingratitudine, mi giudica solo un suo nemico. Era ugualmente assente il fratello Alipio ch'era in viaggio per tornare a casa sua.

La comunità di Tegulata, interrogata dai vescovi, si mostrò assai violenta contro Antonino...

16. In tal modo, alla presenza di sei vescovi, quella comunità accorsa numerosa e con entusiasmo fu interrogata e fu trovata mossa dallo stesso sdegno di quando aveva inviato la lettera alla Chiesa di Tegulata per mezzo d'un prete, e anzi ancora più violenta e più inesorabile. Che cosa fece costui in precedenza nel desiderio d'incutere in essi paura non c'è bisogno di scriverlo; te lo confesserà forse lui stesso qualora si sentisse obbligato, sebbene anche i latori della nostra lettera possano riferirlo fedelmente alla tua Reverenza. Così la folla, dopo essere stata interrogata per tutta una giornata, avendo manifestato a sufficienza i suoi sentimenti nei riguardi di costui, reclamò con grandissima impazienza la presenza del proprio vescovo, poiché neppure lui era presente quando fu effettuata la prima indagine. Pertanto dopo l'intervallo di un giorno, essendo allora presente anche il loro vescovo, diedero a propria difesa molte risposte contro costui, urlarono molte accuse contro di lui; tutto fu registrato nei processi verbali.

...la cui doppiezza fu svelata dalla padrona del fondo di Togoneto.

17. Il primate poi mi pregò di andargli incontro in una località ove potessimo vedere tutti insieme che cosa fare. Mentre mi recavo là, durante il viaggio ricevetti una lettera dell'illustrissima signora a cui appartiene la tenuta di Togoneto: mi faceva sapere che il suo fattore le aveva scritto che il venerando primate gli aveva detto d'aver sentito dire dal vescovo Antonino ch'essa aveva acconsentito ch'egli stesse a Togoneto. " Ma di ciò non so nulla " - disse lei - " anzi, egli venne da me e fu lui stesso a pregarmi di non acconsentire ". La lettera della pia donna la portai con me poiché l'avevo considerata un documento indispensabile; io però avevo già saputo ch'egli aveva agito in quel modo, ma non vedevo con quale altra prova sicura potesse essere dimostrato bugiardo, se lo avesse negato in assenza di quella rispettabilissima donna.

Invano Antonino cercò di scolparsi di quell'accusa...

18. Essendoci dunque trovati insieme in una località lontana dieci miglia dalla borgata di Fussala, ove io non volevo andare, ci mettemmo tutti a discutere con lui come ciascuno era in grado di fare, per evitare che un vescovo cattolico provocasse più a lungo turbamento e rovina a danno dei cristiani cattolici. Quando si prese a trattare della tenuta di Togoneto, io presentai la lettera della padrona del possedimento; dopo la lettura della lettera, poiché tutti i fratelli e nostri colleghi d'episcopato, ch'erano presenti, erano rimasti profondamente scossi e avevano preso a rivolgergli gravi rimproveri, rispose che non s'era espresso in quei termini ma, siccome essa per prima aveva detto che non gli avrebbe concesso quella località, egli aveva ribattuto non in tono di supplice ma di sdegnato: " Se non vuoi, non concederla; non la voglio neppure io ". Si passò poi a un altro scambio di parole con cui cercavamo - se fosse stato possibile - di fargli accettare altre due località invece di quella tenuta in modo che a nessuna delle comunità, che ormai erano cominciate ad appartenere al vescovo di Fussala, fosse più a lungo molesto; ma la proposta non fu accolta poiché tutti lo rifiutavano risolutamente.

...ma fu smascherato da un'altra lettere della medesima padrona recapitata ad Ag.

19. Fummo anche in una località delle otto che gli erano state assegnate e dove governava senz'essere contestato. Era stato il fattore della tenuta a chiederci d'incontrarlo e lì avemmo parecchie discussioni con lui ma inutilmente. Proprio lì ricevetti un'altra lettera della padrona della tenuta di Togoneto, poiché le avevo scritto a mia volta informandola della risposta data da Antonino e le avevo chiesto che mi riferisse per lettera, punto per punto, come era andata la cosa. Ella quindi scrisse anzitutto che per mezzo di suo genero le aveva fatto sapere che le chiedeva di fargli il favore di non acconsentire ch'egli stesse a Togoneto e neppure nella sua parrocchia, se avesse dovuto avere la cattedra episcopale in una località diversa da Fussala; in seguito essa confermò a viva voce ch'era stato lui a chiederle ciò. Di questo erano testimoni non solo suo genero, ma anche il vescovo della località dove si trovavano allora, come essa scrisse in modo assai esplicito.

Ag. prega il primate di riammettere alla comunione i Togonetesi che avevano tumultuato contro Antonino.

20. Terminata la lettura di quella lettera alla presenza dei fratelli, [Antonino] rimase talmente sconvolto che non mi rispose altro che parole oltraggiose. E poiché il primate mi aveva detto ch'egli s'era lamentato della presenza del loro vescovo il giorno in cui gli abitanti di Fussala erano stati interrogati per la seconda volta, si decise di consultarli ancora una terza volta, in assenza del loro vescovo, separatamente i coloni di ciascuna tenuta con i loro affittuari e sovrintendenti, senza i fattori. Ma per raggiungere Fussala avevamo dovuto passare per Togoneto e io pregai il primate di riammettere [quegli abitanti] nella comunione poiché li aveva scomunicati avendo essi sbraitato contro Antonino alla sua presenza, e temevo che a causa dello sdegno proprio dei contadini arrivassero ad una completa rovina. In realtà, tra i due vescovi, essi erano stati abbandonati a se stessi fino al punto che io venni a sapere che alcuni di essi avevano cominciato ad apostatare. Di conseguenza temevo che diventasse più grave l'orribile ferita del mio cuore e mi affrettavo a farla guarire il più presto possibile.

Il primate aveva interrogato i fedeli sui misfatti di Antonino, ma quelli se ne andarono tutti.

21. Giungemmo colà verso sera e il giorno seguente vedemmo gli abitanti adunati nella chiesa. Ma appena il venerando primate si mise a parlare in lingua punica riguardo al vescovo Antonino, dichiararono la loro volontà con alte grida e avendo chiesto loro quali torti avesse loro fatto colui al quale si opponevano con tanta ostinazione, uno alla volta si misero a dire ciò che avevano sofferto. Quando però furono invitati a fare le loro deposizioni nominativamente per registrarle nei processi verbali, risposero che avevano paura di farsi scoprire da lui, che avrebbe potuto perseguitarli ad uno ad uno e mandarli in rovina. Ma siccome erano invitati a fare piuttosto quanto era stato detto, all'improvviso tutti ci abbandonarono e se ne andarono con lagnanze piene di sdegno al punto che non rimase nemmeno una sola delle religiose. Chi potrebbe esprimere come rimanemmo sconvolti dalla paura che nel giudizio di Cristo la loro perdizione venisse legata al nostro collo più pesante di quella macina d'asino di cui parla il Vangelo 4? A stento poterono essere richiamati grazie alla promessa del primate di non far nulla contro la loro volontà nel dar loro un vescovo.

I fedeli di Fussala rifiutano di essere interrogati singolarmente sui misfatti di Antonino.

22. Usciti dunque dalla chiesa dopo la celebrazione dei divini misteri trovammo anche due abitanti di Fussala, mandati con un promemoria scritto dove dicevano ch'erano giunte ai loro orecchi delle voci secondo le quali noi li volessimo interrogare ad uno ad uno mentre già tante volte era apparsa chiara e non ambigua la loro volontà riguardo a chi volessero avere per loro vescovo e che individualmente non avrebbero detto altro che quanto avevano potuto dire tutti insieme. Ma se la cosa fosse fatta affinché il loro nemico sapesse quali persone indicate per nome egli dovesse perseguitare, avremmo dovuto capire che con questa procedura sarebbero stati consegnati alla morte, e comunque ci sarebbe dovuto bastare d'aver ucciso le loro anime assegnando loro Antonino, e non dovevamo consegnare anche i loro corpi in modo che fossero uccisi una seconda volta da Antonino. Nel medesimo promemoria aggiungevano pure che, se ci fosse parso opportuno, ordinassimo d'istruire di nuovo il processo restituendo loro le accuse scritte contro Antonino, che avevano consegnate ad Ippona, e tutti gli altri documenti che sarebbe troppo lungo ricordare. Tuttavia, poiché si sarebbe potuto dire che quel promemoria non conteneva la volontà dei fedeli, ma era stato indirizzato da uno o due di essi - e in ogni caso da pochissime persone - non ci parve doveroso cambiare la nostra decisione di recarci da loro.

I vescovi incontrano Ag. al quale esternano le lamentele dei Fussalensi contro costui.

23. Per conseguenza, il primate si recò a mezzogiorno a Fussala con quelli ch'erano indispensabili, mentre io e il loro vescovo restammo nella medesima località. Il giorno seguente in cui il primate interrogava i fedeli per la terza volta, noi gli andammo incontro in una località ove sarebbe dovuto passare al ritorno e vi trascorremmo tutto il giorno mentre egli si trovava a Fussala. Lì ci raggiunsero poi i vescovi con il venerando primate portando le lagnanze e le deposizioni registrate di quegli sventurati, nelle quali essi non ritennero doveroso di risparmiare neppure me stesso. In effetti dichiararono ad alta voce nei miei riguardi ciò che meritavo di sentirmi dire, che cioè ero io la causa di quella sì grande loro calamità, dando loro una persona da essi non richiesta, dalla quale erano afflitti con tante sofferenze.

Antonino dichiara di ricusare le comunità assegnategli ma rifiuta che ciò risulti nei processi verbali.

24. Scrivemmo poi allo stesso vescovo Antonino e ci raggiunse in una borgata, quella di Gilva, ove da una faccenda urgente della Chiesa il primate era costretto a recarsi; egli infatti si era separato da noi con l'impegno di raggiungerci ovunque fosse stato convocato per lettera. Lì, avendo inteso riferire anche dai vescovi, da lui richiesti scegliendoli tra gli altri giudici, ciò che avevano visto e inteso di persona e avendo ciascuno di noi consigliato, per quanto gli era possibile, di non dover far altro - se si considerava un vescovo - se non di governare tranquillamente le comunità che lo avevano accettato senza alcuno scandalo per la Chiesa e senza alcuno scompiglio, rispose che non voleva avere nemmeno quelle e che aveva fatto il fermo proposito di voler rimanere lontano dalle folle in un posto molto solitario, distante dagli invidiosi, come [un semplice] servo di Dio; se noi lo avessimo voluto, avrebbe desiderato darci la prova di quel suo proposito adducendo anche la testimonianza di coloro ai quali ci raccontò di averlo comunicato prima di vederci. Poiché non avevo voluto credere facilmente a una sì buona sua disposizione d'animo, gli dissi che, se pensava e diceva ciò con sincerità, non gli rincrescesse di offrire al nostro Dio anche il sacrificio di misericordia concedendo una sicura tranquillità alla sua Chiesa, eliminando la paura ch'essa aveva di lui e manifestando quella sua volontà nei processi verbali del tribunale vescovile; ma avendo egli affermato che non avrebbe dichiarato assolutamente nulla nei processi verbali, gli dicemmo di manifestarla almeno in uno scritto di proprio pugno, e siccome rispose che non avrebbe fatto neppure ciò, si sentì dire quanto era doveroso dirgli, che cioè non pensava sinceramente di voler servire Dio, dal momento che godeva di lasciare nel turbamento, derivante da una tale paura, la Chiesa di Colui ch'egli aveva intenzione di servire.

Messo alle strette Antonino minaccia di ricorrere alla Sede Apostolica...

25. Allora, vedendosi messo alle strette dalle argomentazioni dei vescovi alle quali non poteva rispondere, una buona volta fece esplodere ciò che dissimulava nel suo cuore e con uno sguardo e un tono di voce terribile disse che in alcun modo lo si poteva convincere di non cercare con qualsiasi mezzo possibile di tornare alla chiesa di Fussala. Udito ciò, mi misi a pregare con istanza il venerando primate di formulare contro di lui, in relazione ai processi verbali di Tegulata, un'accusa verbalizzata nel processo d'inchiesta ecclesiastica, di cui si potesse fare rapporto alla Sede Apostolica. " Io - disse lui - non dichiarerò nulla ai processi verbali "; si alzò tutto sconvolto e se ne andò, ma poi, tornato subito indietro, con gesti incomposti per la collera, minacciò di recarsi presso la Sede Apostolica come se noi avessimo avuto intenzione d'inviare a un'altra sede tutti i punti del dibattito che sarebbe stato registrato nei processi verbali.

...alla quale i vescovi decidono d'inviare una lettera e i processi verbali su Antonino.

26. Restava dunque d'informare la Sede Apostolica indirizzandole una lettera e i processi verbali. Ci prendemmo cura di farlo il più presto possibile. Ecco quale lunga favola siamo diventati per i Giudei, per i pagani 5 e per gli eretici, e anche per tutti i nostri nemici all'interno della Chiesa, volesse il cielo senza la morte spirituale di coloro ai quali, liberati dall'eresia, ormai aspirano di nuovo a una certa luce dell'unità, renderemo odioso il nome cattolico, se neppure adesso sarà confortata la loro debolezza facendo in modo che non abbiano come vescovo uno che essi, con espressioni di risentimento, dichiarano di non poter avere.

Fabiolo lo persuada a non vantarsi di molti ma di guadagnare molti a Dio...

27. Ecco quanto ho creduto mio dovere riferire per iscritto all'Eccellenza tua, affinché se verrà a trovarti, tu non ignori che cosa tu debba raccomandargli. A cotesto povero uomo tu farai un'elemosina molto migliore dandogli consigli per la vita eterna che non il sostentamento per la vita presente; poiché gli manca in modo più pericoloso quell'elemosina per mancanza della quale il suo spirito muore anche se il corpo è sano 6. La finisca di pretendere di esercitare un potere dispotico su membri di Cristo radunati con il sangue versato da altri. Poiché, da quando cominciò ad essere vescovo in quella località, non ha sopportato da parte dei donatisti né danni né ferite d'alcun genere né lui né alcuno dei presbiteri o chierici o alcuna delle persone, quali che fossero, sottoposte al suo governo. Ma perché costui trovasse colà una tale pace, inorridisco a dire quali sofferenze i nostri vi sopportarono! Gli bastino le comunità che Dio volle che lo accettassero senza scandalo, il governo d'una sola delle quali, esercitato con spirito di fede e con diligenza, procura un gran premio presso Dio. Ma tali pensieri non ha costui il quale, facendo bestemmiare il nome di Cristo e provocando gemiti di morte di gente sventurata, desidera godere per il numero delle sue comunità, non cercare di procurare molti fedeli a Dio ma di menar vanto d'averne molti. Altrimenti non avrebbe il desiderio di fare suoi, con tanta fatica, coloro che già vede appartenere a Cristo.

...e come una madre gli dica quanto le suggerirà Dio.

28. Ascolti da te queste esortazioni, te ne prego, e non tacergli nulla di tutto ciò che il Signore avrà la bontà di concederti di dire a costui, della cui sanità spirituale desidero tanto rallegrarmi. Rispetto a lui tu hai infatti un'età da mostrargli dignitosamente un affetto materno. Se infatti la collera di Dio a cui soggiace non è troppo grave, non disprezzerà in te i consigli di sua madre; so che tu sei risuscitata con Cristo in modo che cerchi le cose del cielo, non quelle di questo mondo 7; a un vescovo dunque che cerca le cose di questo mondo non aver paura di dare un consiglio conforme alla fede. Tu infatti in questo mondo cerchi Dio, egli al contrario nella Chiesa cerca questo mondo.

I più gravi misfatti di Antonino: 1) comprò a vil prezzo una proprietà incarcerandone il proprietario.

29. Poiché, cosa che forse non avresti creduto se te lo avesse detto un altro, non esitò a comprare dei poderi in nome suo e non della Chiesa, lui ch'era stato fatto vescovo nell'uscire dal monastero senza avere di suo null'altro che il vestito che portava quel giorno. Forse tu mi chiederai come fece a comprarle: non dirò con le rapine di cui gli abitanti di Fussala si lamentavano per averle subite; i frutti di quelle rapine venivano consumati immediatamente. Eppure, per il sostentamento suo e dei suoi collaboratori gli avevo dato un fondo della Chiesa d'Ippona sito nel suddetto territorio di Fussala. Egli lo aveva dato in affitto e con il denaro riscosso dell'affitto di cinque anni interi trovò la somma per poterlo comprare. Se volessi esporti quale querela presentò contro di lui il venditore in un ricorso all'imperatore e a quali rischi giudiziari si espose o in qual modo il difensore della Chiesa di Fussala - presso il quale il venditore si lamentò d'essere stato incarcerato in una prigione privata affinché vendesse al vescovo il suo possedimento al prezzo più vantaggioso per lui - a stento sfuggì, grazie ai nostri sforzi, alla pena d'una pubblica condanna, poiché aveva già confessato di aver agito in quel modo per ordine del vescovo, benché questi dichiarasse d'aver dato l'ordine che quel tale fosse tenuto in prigione non per metterlo alle strette a vendere quel fondo ma per un'altra colpa; se volessi raccontare tutti i particolari [di quella faccenda], quando mai la lettera potrebbe essere terminata?

2) della metà di un'altra piccola proprietà defraudò il comproprietario.

30. Comprò anche un altro piccolo possedimento sempre a nome proprio ma non so con quale denaro; per altro, anche nel caso di quello stesso possedimento, trattò il proprio comproprietario, insieme al quale possedeva in comune la metà del fondo, in modo che - come è stato dichiarato nella deposizione scritta presentata dal comproprietario al nostro tribunale - si prese tutti i frutti e spogliò delle tegole la casa che possedevano in comune. Ascoltammo la deposizione, ne avemmo le prove, ne ordinammo la restituzione. Il comproprietario ci presentò anche una lettera di suo fratello e fu letta nel nostro tribunale: lo scrivente denunciava le pressioni esercitate su di lui dal vescovo perché vendesse la propria parte di comproprietà e di non aver ricevuto tutto il prezzo che avrebbe dovuto ricevere. Ma poiché non ci veniva mostrato chiaramente se quella fosse davvero una lettera di suo fratello, troncammo bene o male il dibattito tra i presenti e conservammo all'assente il diritto di un'azione giudiziaria.

3) con i materiali tolti da una casa non sua si costruì una nuova abitazione.

31. Antonino però diede quel fondo a un altro, del quale demolì la casa e trasportò tutti i materiali con cui era stata costruita per farli servire alla sua costruzione; presso di lui interposi i miei buoni uffici io stesso perché non aggravasse il vescovo con una denuncia scritta e una sua querela nel nostro tribunale. E di fatto la questione tra loro fu troncata con una sentenza arbitrale privata, in base alla quale quel tale doveva ricevere da Antonino per la sua parte una porzione della proprietà in compenso dei danni subiti; eppure costui, da monaco miserabile che era, divenuto vescovo, dice ancora adesso agli abitanti: " Rendetemi la mia casa che ho costruito nel vostro villaggio ", casa che non sembrava certo costruire per lui stesso ma per la Chiesa; e magari l'avesse costruita con mezzi onesti e con le legittime offerte e non con le rapine! A quanto infatti si dice, nella costruzione di quella casa non c'è quasi nulla che non si possa dimostrare essere stato portato via da proprietà altrui e mostrare a dito il luogo dal quale è stato rubato.

Quanto sanguina il cuore di Ag. per la pessima condotta di Antonino.

32. Ma a questo proposito c'è un altro punto che voglio spiegarti; ho voluto sfogare con te la mia profonda afflizione scrivendo alla tua Sincerità per il fatto che un giovane allevato da noi nel nostro monastero e che, quando lo accogliemmo, non aveva alcun bene da lasciare o da distribuire ai poveri oppure da versare per metterlo a disposizione della comunità, si va ora vantando di tenute e d'una casa come se fossero sua proprietà; e non solo di queste cose vuole appropriarsi ma anche dello stesso gregge di Cristo, mentre invece vuol essere del numero di coloro dei quali l'Apostolo dice: Cercano i propri interessi, non quelli di Gesù Cristo 8; e quanto grave è questa ferita del mio cuore lo vede Colui che può guarirla.

Ag. scongiura Fabiola ad aiutarlo a vantaggio di Antonino e della Chiesa.

33. In nome di Cristo, della sua misericordia e del suo giudizio, ti scongiuro di aiutarmi in questa faccenda per lui e per la Chiesa. Ho infatti voluto darti queste informazioni, forse con più prolissità che discrezione, non perché tu lo abbia in odio, ma piuttosto affinché tu pensi al suo vero bene spirituale nella misura che il Signore te ne vorrà dare la capacità, con il non permettere che faccia del male a se stesso. In realtà a chi altri mai potrà fare un male maggiore se non a se stesso, se farà di tutto per mettere sossopra e abbattere una Chiesa che dovrebbe voler guadagnare a Cristo e non a se stesso? Io credo che ubbidirà alla tua santa Benevolenza e non alzerà contro di te la sua superbia, se la Sorgente di [ogni] misericordia esaudirà in favore di lui le mie [preghiere fatte con] lacrime tanto frequenti e abbondanti.

 


1 - Cf. Ep. 209, 3; Mt 10, 22; 24, 13.

2 - Cf. 1 Tm 5, 3.

3 - Cf. Prv 6, 19.

4 - Cf. Mt 18, 6.

5 - Cf. At 19, 17.

6 - Cf. Prv 10, 21.

7 - Col 3, 1.

8 - Fil 2, 21.


18 - Negli ultimi giorni di vita Maria purissima intensifica i suoi voli e desideri di vedere Dio.

La mistica Città di Dio - Libro ottavo - Suor Maria d'Agreda

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713. Ora che ne avrei più bisogno, mi trovo più pove­ra di ragionamenti e di parole per esprimere qualcosa del­lo stato al quale si innalzò Maria santissima nei suoi ulti­mi giorni, nonché dei suoi voli e dei suoi incomparabili sospiri di arrivare allo stretto amplesso dell'Eterno. Nella natura non c'è un esempio adatto da addurre e, se uno può servire al mio intento, si tratta del fuoco, per la sua cor­rispondenza con l'amore. L'attività e l'energia di questo ele­mento sono più mirabili di quelle di tutti gli altri: nessu­no è maggiormente impaziente nel sopportare catene, giac­ché o si spegne o le spezza per salire con estrema legge­rezza alla sua sfera. Qualora sia rinchiuso nelle viscere del­la terra, spacca il suolo, fende i monti, sradica le rupi e con eccezionale furia, dopo averle divelte, le scaglia sin do­ve permane la spinta che imprime ad esse. Anche nel ca­so in cui la prigione sia di bronzo, se non l'infrange, al­meno ne apre le porte con spaventosa veemenza e con ter­rore di chi è vicino, e manda fuori il globo di metallo che lo arrestava, con l'irruenza che l'esperienza ci insegna. Sif­fatta è questa creatura insensibile.

714. Nel cuore della Vergine il fuoco dell'amore di Dio - non so spiegarmi con altre immagini - era al massimo grado, ed è chiaro che gli effetti dovessero essere propor­zionati alla causa e non meno meravigliosi nell'ordine del­la grazia, e di così sconfinata grazia. Ella fu costantemen­te pellegrina e unica fenice nel mondo, ma, quando era or­mai sul punto di partire per il cielo e assicurata della fe­lice conclusione del suo esilio, benché si trattenesse quaggiù, la fiamma del suo purissimo spirito si elevava sino al­l'Altissimo. Non era capace di contenere gli impeti del suo intimo e non pareva che fosse arbitra dei suoi moti, poi­ché si era abbandonata completamente al dominio di tale sentimento e alla brama dell'imminente possesso del som­mo Bene, nel quale stava trasformata e dimentica della mortalità. Non scioglieva i vincoli, perché erano mantenu­ti con un prodigio, né sollevava con sé le sue membra, per­ché non era ancora il momento, quantunque l'intensità del suo ardore avrebbe potuto rapirle; però, nella dolce e vi­vace lotta al corpo rimanevano sospese le operazioni vita­li ed esso dalla sua anima divinizzata riceveva soltanto la vita dell'amore, per cui occorreva che quella fisica fosse preservata miracolosamente con un intervento superiore che non la lasciasse dissolvere ad ogni minuto.

715. Le accadde sovente di ritirarsi in disparte per da­re qualche sfogo a questi slanci, e in solitudine, rompen­do il silenzio affinché non le scoppiasse il petto, diceva: «Mio tenerissimo tesoro, attiratemi dietro alla fragranza dei vostri profumi, che avete fatto gustare alla vostra an­cella e Madre. La mia volontà è sempre stata impiegata per voi, che siete suprema verità e mia ricchezza, e mai ho saputo aver caro altro fuorché voi. O mia gloria e mia speranza! Non si dilunghi più la mia strada verso la mèta dell'agognata libertà. Strappatemi dal carcere, giunga fi­nalmente il termine al quale tendo dall'istante del mio con­cepimento. Molto ho dimorato tra gli abitanti di Cedar, ma tutte le mie forze e le mie facoltà osservano il sole che le irradia, si orientano con la stella fissa che le guida e vengono meno senza avere quanto aspettano. O angeli, per

la vostra nobilissima condizione e per la vostra fortuna di esultare della continua visione del mio stupendo diletto, vi chiedo di avere pietà. Abbiate compassione di me, viatrice tra i figli di Adamo e avvinta dai lacci della carne: riferi­te al vostro e mio Signore il motivo del mio languire, che egli non ignora; comunicategli che per compiacerlo ab­braccio spontaneamente il patire nella mia lontananza, ma non posso vivere in me e, se per vivere vivo in lui, come vivrò distante dalla mia vita? L'amore mi dà la vita e me la toglie. La vita non può vivere senza amore; come vivrò, dunque, senza quella vita che sola amo? In questa soave violenza io mi consumo: manifestatemi, per favore, le qua­lità del nostro sovrano, poiché con tali fiori aromatici avranno un po' di ristoro i miei deliqui».

716. Accompagnava così i suoi incendi interiori, con am­mirazione e giubilo dei custodi che l'assistevano. Essi, in­telligenze attentissime e ripiene della scienza superna, in una di simili occasioni le risposero affermando: «Regina nostra, se di nuovo vi è gradito udire le sue caratteristi­che, vi sia noto che è la stessa bellezza e racchiude in sé tutte le perfezioni, al di sopra di qualsiasi desiderio. È de­lizioso senza difetti, incantevole senza pari, piacevole sen­za sospetti. È inestimabile nella saggezza, senza misura nella bontà, senza limiti nella potenza; è immenso nell'es­sere, incomparabile nella grandezza, inaccessibile nella maestà, e tutti i suoi attributi sono infiniti. È terribile nei suoi giudizi, imperscrutabile nei suoi consigli, rettissimo nella giustizia, segretissimo nei suoi pensieri, veridico nel­le sue parole, santo nelle sue opere e ricco di misericordia. Lo spazio non gli dà ampiezza, la strettezza non lo ostacola; la tristezza non lo turba, né lo altera 1'allegria; nella sapienza non si inganna, nel volere non muta; l'ab­bondanza non lo accresce, la necessità non lo diminuisce; la memoria niente gli aggiunge, l'oblio niente gli sottrae; per lui né ciò che già fu è passato, né il futuro succede. Il principio non gli dette origine né il tempo gli darà fine. Senza che una causa abbia dato a lui principio, egli l'ha dato a tutte le cose, e non perché avesse bisogno di qual­cuna di esse", che al contrario devono partecipare di lui. Le conserva senza fatica, le governa senza confusione. Chi lo segue non cammina nelle tenebre, chi lo conosce è fe­lice, chi lo ama e lo acquista è beato, giacché è generoso con i suoi amici e li condurrà alla sua eterna contempla­zione e vicinanza. Questi è colui che adorate e del quale tra breve godrete per non perderlo mai più».

717. I colloqui tra Maria e i suoi ministri erano fre­quenti; però, come delle piccole gocce d'acqua non estin­guono la sete di chi è riarso per la febbre, ed anzi l'ac­cendono maggiormente, neppure tali lenitivi mitigavano la sua fiamma, poiché rinnovavano in lei la ragione del do­lore. Benché nei suoi ultimi giorni fossero incessanti i be­nefici che le erano elargiti nelle feste che celebrava e in ogni domenica, con altri che non è possibile riportare, per concederle qualche sollievo e consolazione nelle sue angu­stie l'Unigenito la visitava spesso di persona, confortando­la con mirabili grazie e carezze e assicurandole ancora che il suo esilio sarebbe durato poco: presto l'avrebbe innalza­ta alla sua destra, dove il Padre l'avrebbe collocata sul lo­ro trono e sprofondata nell'abisso della loro divinità, e la sua vista sarebbe stata una gioia per gli eletti, che la sta­vano attendendo e sospirando. Ella allora moltiplicava le orazioni per la Chiesa , per gli apostoli, per i discepoli e per coloro che nei secoli in essa si sarebbero dedicati alla predicazione e alla conversione del mondo, come anche perché tutti accogliessero il Vangelo e venissero all'auten­tica fede.

718. Tra le meraviglie che il nostro Maestro compì nel­ la Vergine una fu palese non solo a Giovanni, ma pure a numerosi credenti: quando riceveva l'eucaristia, restava per alcune ore così fulgente e radiosa che pareva trasfigurata e con doti di gloria. Questo le era comunicato dal sacro corpo di Gesù, che le si mostrava trasfigurato e più glo­rioso che sul Tabor, e chi la guardava in quello stato era colmato di esultanza e di sentimenti tanto sublimi che po­tevano essere provati piuttosto che dichiarati.

719. La Principessa stabilì di licenziarsi dai luoghi san­ti prima della sua partenza per il cielo e, avuto il permes­so del prediletto, lasciò la casa con lui e con i suoi mille angeli, i quali, pur avendola sempre servita e pur essen­dole sempre stati accanto in ogni passo dall'istante della sua nascita, le apparvero con più magnificenza e splendo­re, per il nuovo gaudio di stare per risalire con lei nelle altezze. Nel distaccarsi dalle occupazioni umane per av­viarsi alla propria vera patria, si recò in tutti i posti lega­ti alla redenzione, separandosi da ciascuno con copiose e dolci lacrime, con amari ricordi di quanto suo Figlio vi aveva sofferto, con atti fervorosi ed effetti straordinari, e con gemiti e suppliche perché i cristiani fossero perenne­mente devoti ad essi. Sul Calvario si trattenne più a lun­go, chiedendo a sua Maestà che la sua passione e morte, avvenute lì, avessero efficacia per tutti. Diventò a tal punto ardente nella sua ineffabile carità che la sua vita si sa­rebbe consumata se non le fosse stata preservata dalla for­za superna.

720. Immediatamente il Signore discese dall'empireo e le rispose: «Mia colomba e mia collaboratrice nell'opera della salvezza, le vostre aspirazioni e implorazioni sono giunte al mio orecchio e al mio cuore. Vi prometto che sarò generosissimo con gli uomini, dispensando costante­mente aiuti e favori affinché con la loro libera volontà pos­sano conquistare in virtù delle mie piaghe la felicità che io tengo loro preparata, qualora essi stessi non la spregi­no. In paradiso voi sarete loro mediatrice ed avvocata, ed io riempirò dei miei doni e delle mie inesauribili miseri­cordie tutti coloro che si guadagneranno la vostra inter­cessione». Ella, prostrata ai suoi piedi, lo ringraziò e gli domandò che su quel medesimo monte, consacrato col suo sangue prezioso, le impartisse la sua ultima benedizione. Acconsentì, le confermò il suo impegno di eseguire ciò che aveva detto e se ne andò. Maria fu sollevata nelle sue pe­ne di amore e, continuando tale esercizio con la sua reli­giosa pietà, baciò il suolo e lo venerò proclamando: «Ter­ra santa, da lassù ti osserverò con l'ossequio che ti devo nella luce che manifesta tutto nella sua fonte ed origine, da cui uscì il Verbo che nella carne ti arricchì». Poi, inca­ricò ancora gli spiriti sovrani di custodire quei luoghi e di soccorrere con le loro ispirazioni chi li avrebbe visitati con riverenza, perché riconoscesse e apprezzasse l'immenso be­neficio derivante da quanto era stato realizzato in essi. Rac­comandò anche che difendessero quei santuari e, se la te­merarietà e i peccati non avessero messo ostacolo a que­sto, indubbiamente li avrebbero protetti dai pagani, impe­dendo loro di profanarli; tuttavia, in parecchie cose l'han­no fatto sino ad oggi.

721. Invitò costoro e l'Evangelista a benedirla, e tornò al suo oratorio in pianto e traboccante di affetto per quello che tanto teneramente aveva caro. Si stese con il volto nella polvere ed elevò un'altra preghiera, perseverando fin­ché, tramite una visione astrattiva, Dio le rivelò che le sue petizioni erano state intese ed esaudite nel tribunale della sua clemenza. Per dare pienezza di perfezione alle sue azioni, volle ottenere l'autorizzazione di congedarsi dalla comunità ecclesiale e gli si rivolse così: «Mio sommo Be­ne, redentore di tutti, capo dei beati e dei predestinati, giu­stificatore e glorificatore delle anime, io sono figlia della Chiesa, che è stata acquistata e piantata con il vostro san­gue. Accordatemi di accomiatarmi da una madre così be­nevola e dai fratelli che ho in essa». Comprese il benepla­cito del suo Unigenito e tra i sospiri parlò:

722. «Chiesa santa e cattolica, che nei secoli futuri sa­rai chiamata romana, mio autentico tesoro, tu sei stata l'u­nica consolazione del mio esilio, tu il rifugio e il sollievo dei miei travagli, tu il mio conforto, la mia gioia, la mia speranza; tu mi hai accompagnato nel cammino; in te ho dimorato da viatrice e tu mi hai sostenuto, dopo che in te ho ricevuto la vita della grazia per mezzo di Cristo Gesù. In te sono depositati i suoi incommensurabili meriti, tu sei per i suoi discepoli il certo transito alla terra promessa e tu fai sicuro il loro pericoloso e difficile pellegrinaggio. Tu sei la signora delle genti, alla quale spetta devozione da parte di tutti; in te le angustie, le tribolazioni, i vilipendi, i sudori, i tormenti, la croce, la morte sono gemme ine­stimabili, consacrate con la passione del tuo Maestro e pa­dre, e riservate ai suoi più fedeli servi e più intimi amici. Tu mi hai adornata dei tuoi gioielli perché entrassi alle nozze; tu mi hai resa prospera e lieta, e hai in te il tuo Autore sotto le specie sacramentali. O fortunata Chiesa mi­litante! Sei sovrabbondante di ricchezze! In te ho sempre posto tutto il mio cuore e tutti i miei pensieri, ed è già ora di partire e di abbandonare la tua soave vicinanza per ar­rivare al termine del mio viaggio. Applicami l'efficacia di tanti beni, bagnami copiosamente con il sangue dell'A­gnello, che è potente per santificare molti mondi. Io desi­dererei, a costo di mille vite, fare tue tutte le generazioni e le nazioni, affinché godano di te. Mio onore, ti lascio nel­l'esistenza peritura, ma in quella perpetua ti troverò giu­bilante in colui che racchiude ogni cosa. Di là ti guarderò con dolcezza e chiederò incessantemente che tu cresca e progredisca felicemente».

723. In questo modo si licenziò dal corpo mistico della santa Chiesa cattolica e romana, per insegnare ai suoi mem­bri, quando ne fosse giunta loro notizia, la sua considera­zione, il suo riguardo e il suo rispetto per essa, fornendo come attestato così pietose lacrime e così delicate espres­sioni. Quindi, nella sua sapienza determinò di formulare il suo testamento e palesò tale aspirazione alla Trinità, che decise di accettarla con la sua presenza regale e, discesa a lei con miriadi di angeli che stavano presso il suo trono, dopo essere stata adorata disse: «Sposa da noi prescelta, di­sponete la vostra ultima volontà, poiché sarà confermata e adempiuta dal nostro illimitato potere». La prudentissima Vergine si arrestò un po' nella sua sconfinata umiltà, per­ché prima di dichiarare la propria aspettava di ascoltare quella dell'Altissimo, che la assecondò affermando: «Mia eletta, il vostro volere mi sarà gradito; non privatevi del va­lore delle vostre opere nel prepararvi al trapasso, giacché sarete da me soddisfatta». Il Salvatore e lo Spirito ribadi­rono lo stesso ed ella ordinò il suo testamento come segue:

724. «Eccelso Signore, io, vile verme, vi venero dal profondo con la massima riverenza e vi confesso tre Per­sone in un medesimo essere indiviso ed eterno, una so­stanza, una maestà infinita negli attributi e nelle preroga­tive, che tutto avete creato e tutto conservate. Non ho ave­ri materiali da cedere, non avendo mai cercato altro fuor­ché voi, che siete ogni mio bene. Ringrazio i cieli, le stel­le, i pianeti, gli elementi e tutto il resto poiché, assoggettandosi a voi, mi hanno sostentato senza che ne fossi de­gna. Domando loro di obbedirvi e celebrarvi negli incari­chi che avete imposto, e di beneficare gli uomini; perché lo facciano meglio, trasferisco a questi il possesso - e per quanto è possibile pure il dominio - che mi avete conces­so su di essi. Giovanni avrà due vesti e un mantello che ho usato per coprirmi, essendo per me come un figlio. Sup­plico la terra di accogliere la mia salma, dal momento che è madre comune del genere umano. Consegno nelle vostre mani la mia anima, spogliata della carne e di quello che è visibile, affinché vi ami ed esalti perennemente. Nomino la Chiesa erede universale di tutto ciò che ho acquistato con il vostro soccorso e con i miei atti, e vorrei che fosse assai di più. In primo luogo bramo che sia utile per la ma­gnificazione del vostro nome, e perché la vostra volontà sia fatta in cielo come in terra e tutti i popoli vi conosca­no e vi rendano culto».

725. «In secondo luogo l'offro per gli apostoli e per i sa­cerdoti presenti e futuri, perché per la vostra ineffabile cle­menza siano idonei al loro ministero, ed edifichino con pie­nezza di scienza e di virtù coloro che avete redento con il vostro sangue. In terzo luogo lo dono per il profitto spiri­tuale dei miei devoti che mi invocheranno, perché riceva­no la vostra protezione e infine la beatitudine. In quarto luogo vi scongiuro di ritenervi impegnato dalle mie fatiche a favorire i peccatori, perché escano dal triste stato della colpa, e da adesso mi propongo di intercedere per loro per i secoli dei secoli. Ecco che al vostro cospetto ho procla­mato la mia ultima volontà, sempre sottomessa alla vostra». Dio approvò tutto e Cristo firmò, scrivendole nel cuore que­ste parole: «Si compia quello che volete e stabilite».

726. Quando anche noi mortali, specialmente se nati nella legge di grazia, non avessimo altra obbligazione ver­so Maria che questa di essere divenuti eredi dei suoi enor­mi meriti e di quanto è contenuto nel suo breve e arcano testamento, non potremmo contraccambiare neppure qua­lora dessimo la vita sostenendo i tormenti dei più eroici martiri. Non adduco poi alcun paragone con il nostro de­bito per gli immensi meriti che Gesù ci ha lasciato, poi­ché non ne trovo. Quale scusa esibiranno dunque i repro­bi, che non si avvalsero né degli uni né degli altri, ma li trascurarono e dimenticarono? Che strazio e dispetto sarà il loro allorché, senza rimedio, capiranno di aver perso de­finitivamente tanti tesori per un diletto passeggero? Am­metteranno allora la rettitudine con cui a ragione saranno castigati e allontanati dal Maestro e dalla pietosissima Si­gnora, che con stolta temerarietà spregiarono.

727. Quindi, la Regina rese grazie all'Onnipotente e, chiesta licenza di presentargli un'altra implorazione, sog­giunse: «Padre delle misericordie, se sarà di vostro ap­prezzamento e a vostra gloria, desidero che assistano al mio transito gli Undici, vostri unti, con gli altri discepoli, affinché preghino per me ed io parta con la loro benedi­zione». Il suo Unigenito le rispose: «Mia colomba, già ven­gono a voi: quelli che sono vicini giungeranno presto, men­tre a quelli che sono distanti invierò i miei angeli perché li trasportino qui. È, infatti, mio beneplacito che in tale circostanza vi siano tutti accanto, per consolazione vostra e anche loro, e per ciò che sarà a mio e vostro maggiore onore». Ella, prostrandosi al suolo, lodò la Trinità , che su­bito tornò all'empireo.

 

Insegnamento della Regina del cielo

728. Carissima, vedendoti stupita della mia stima e del mio sconfinato amore per la Chiesa , intendo aiutarti a con­cepire più profondo rispetto e venerazione per essa. Finché sei viatrice non puoi comprendere quello che avveniva nel mio intimo quando la osservavo, ma ne penetrerai più di quanto tu abbia fatto finora se pondererai che cosa mi muoveva, cioè la carità e le opere di sua Maestà verso la me­desima; devi meditarle di giorno e di notte, giacché ti ri­veleranno la sua tenerezza. Per esserne capo in questo mondo e per esserlo dei predestinati per tutta l'eternità, egli scese dal seno dell'Altissimo nel mio grembo. Per sal­vare i suoi fratelli, smarriti per la caduta di Adamo, as­sunse la loro carne passibile. Per darci l'esempio della sua vita innocentissima e trasmetterci il suo insegnamento ve­ro e salutare, dimorò fra gli uomini per trentatré anni. Per riscattarli efficacemente e guadagnare loro infiniti beni che da soli non sarebbero stati capaci di conquistare, sopportò un durissimo supplizio, sparse il proprio sangue, accettò la dolorosa e vergognosa morte di croce e, affinché dal suo sacro corpo ormai defunto uscisse misteriosamente la Chie ­sa, permise che esso fosse squarciato con la lancia.

729. Poiché il Creatore si compiacque tanto della sua esistenza terrena e della sua passione, il Redentore dispo­se che i fedeli offrissero il sacrificio del suo corpo e del suo sangue, in cui si rinnovasse la sua memoria, fosse placata e soddisfatta la giustizia divina e contemporaneamente egli rimanesse in perpetuo come alimento spirituale, perché tut­ti avessero con sé la fonte stessa della grazia, nonché il via­tico e il pegno sicuro della beatitudine. Inoltre, mandò al­ la Chiesa il Paràclito per colmarla dei suoi doni e della sua sapienza, promettendo che sempre l'avrebbe guidata e di­retta senza errori, dubbi e pericoli. L'arricchì con i suoi meriti tramite i sacramenti, che istituì nel numero conveniente, secondo quanto ci è necessario dalla nascita all'ul­timo respiro, per lavarci dai peccati, per sostenerci nella perseveranza e nella lotta contro i demoni, per soggiogare gli impulsi naturali, eleggendo ministri idonei a tutto ciò. Nella Chiesa militante si intrattiene familiarmente con le anime pure e le fa partecipi dei suoi segreti favori, compie miracoli e meraviglie per mezzo di esse, si ritiene vincola­to dai loro atti, ascolta le suppliche che gli rivolgono per sé o per altri, così che si conservi la comunione dei santi.

730. Vi ha posto un'ulteriore sorgente luminosa: le Scrit­ture e i Vangeli, dettati dallo Spirito, le definizioni dei con­cili e la tradizione certa ed antica. Le ha inviato al momento opportuno dottori pieni di scienza, maestri e dotti, predica­tori e sacerdoti in abbondanza. L'ha rischiarata con mirabi­li testimoni, l'ha adornata con vari ordini religiosi, nei qua­li si custodisce e si professa la vita perfetta e apostolica; la regge attraverso molti prelati e molte dignità e, affinché tut­to proceda con accordo, ha stabilito al di sopra di tale cor­po mistico e bellissimo un'autorità, il pontefice romano, che ha dotato di somma potestà e che difenderà sino alla fine dalle forze degli inferii. Tra simili benefici, non è stato il minore l'avermi lasciata dopo la sua ascensione a governarla e piantarla con la mia presenza e con le mie virtù, e da al­lora io la considero come mia, avendomi Dio comandato di averne cura in quanto sua madre e signora.

731. Questi sono i grandi motivi che io ebbi ed ho tut­tora per amarla nella misura che hai inteso, e questi voglio che risveglino e accendano il tuo cuore ad imitarmi in quel­lo che ti compete come mia discepola e come figlia mia e sua. Venerala e rispettala con tutta te stessa, godi e appro­fitta dei tesori che con il loro medesimo Autore vi sono de­positati. Procura di unirla a te e di unirti ad essa, poiché è tuo rifugio, rimedio e conforto nei travagli, è tua speranza nell'esilio, è verità e luce nelle tenebre che ti circondano. Affaticati per essa per tutto il tempo che ti resta, perché ti è stato concesso allo scopo che ricalchi le mie orme nella mia instancabile sollecitudine; questa è la tua maggiore for­tuna, che devi eternamente riconoscere. Ti avverto che con il suddetto desiderio ti ho applicato buona parte dei suoi beni, affinché racconti la mia storia, e che sua Maestà ti ha scelta come strumento per comunicare i suoi arcani per la sua gloria. Non immaginare che, per aver lavorato pa­recchio in ciò, tu gli abbia dato un po' del contraccambio con cui disobbligarti, giacché anzi sei ancor più tenuta a mettere in pratica quello che hai annotato. Fintanto che non l'avrai fatto sarai povera e debitrice, e con rigore ti sarà chiesto conto di quanto hai ricevuto. Impegnati adesso per essere senza affanno e pronta nell'ora della morte, e nulla ti impedisca di accogliere lo sposo. Rifletti su come fossi priva di ogni ostacolo, libera e distaccata da ogni cosa ter­rena, e regolandoti così fa' in modo che non ti manchi l'o­lio dell'amore per entrare con lui alle nozze per le porte della sua infinita clemenza e misericordia.


IN COMUNIONE CON I SANTI A.N.A. 10 13 novembre 1994

Catalina Rivas

Gesù

Amore dei Miei dolori, sono con te per dirvi di rivolgervi ai Santi e a tutta la Corte celeste; voi non sapete quanto ardentemente i Santi desiderano intercedere per voi, affinché otteniate enormi grazie e perché ognuno di voi perseveri nell'esilio terreno... Queste grazie per le quali i Santi intercedono ora nel Cielo, sono molto più potenti quando voi assistete alla Santa Messa.Soffro molto perché vedo le Chiese vuote, in questo e in altri paesi. Dove siete voi, figli Miei?... Siete tanto deboli che non potete sacrificare il vostro tempo per assistere alla Messa e ricevere le grazie che vi santificheranno...

Non permettete che le tiepide voci di coloro che si sono infiltrati nella Mia Chiesa, vi mantengano lontani dalla Santa Messa e dai Sacramenti. Ogni giorno dovete santificarvi, e voi potete essere santi assistendo alla Messa e ricevendomi con amore e rispetto nell'Eucarestia. In questi tempi, sarà grande il numero di coloro che, per amore per Me, soffriranno molto per la loro fede. Si, è necessario perdere la vita come martiri. Per questo vi imploro di approfittare di ogni opportunità per crescere in una fede ferma, nella fiducia assoluta e nell'amore divino.

Il momento è oggi, siate santi, abbandonate il peccato. Ritornate a Me, poiché il Mio regno ritorna. Lottate per restituire il suo posto all'Eucarestia. Figli, non Mi abbandonate...