Sotto il Tuo Manto

Lunedi, 8 settembre 2025 - Natività Beata Vergine Maria (Letture di oggi)

Gesù mio, ti amo! Amo la Chiesa mia madre. Mi ricordo che «il minimo moto di amor puro le è più utile che non tutte le altre opere riunite insieme» (S. Giovanni della Croce). (Santa Teresina di Lisieux)

Liturgia delle Ore - Letture

Sabato della 5° settimana del tempo di Quaresima

Questa sezione contiene delle letture scelte a caso, provenienti dalle varie sezioni del sito (Sacra Bibbia e la sezione Biblioteca Cristiana), mentre l'ultimo tab Apparizioni, contiene messaggi di apparizioni a mistici o loro scritti. Sono presenti testi della Valtorta, Luisa Piccarreta, don Stefano Gobbi e testimonianze di apparizioni mariane riconosciute.

Vangelo secondo Giovanni 12

1Sei giorni prima della Pasqua, Gesù andò a Betània, dove si trovava Lazzaro, che egli aveva risuscitato dai morti.2E qui gli fecero una cena: Marta serviva e Lazzaro era uno dei commensali.3Maria allora, presa una libbra di olio profumato di vero nardo, assai prezioso, cosparse i piedi di Gesù e li asciugò con i suoi capelli, e tutta la casa si riempì del profumo dell'unguento.4Allora Giuda Iscariota, uno dei suoi discepoli, che doveva poi tradirlo, disse:5"Perché quest'olio profumato non si è venduto per trecento denari per poi darli ai poveri?".6Questo egli disse non perché gl'importasse dei poveri, ma perché era ladro e, siccome teneva la cassa, prendeva quello che vi mettevano dentro.7Gesù allora disse: "Lasciala fare, perché lo conservi per il giorno della mia sepoltura.8I poveri infatti li avete sempre con voi, ma non sempre avete me".
9Intanto la gran folla di Giudei venne a sapere che Gesù si trovava là, e accorse non solo per Gesù, ma anche per vedere Lazzaro che egli aveva risuscitato dai morti.10I sommi sacerdoti allora deliberarono di uccidere anche Lazzaro,11perché molti Giudei se ne andavano a causa di lui e credevano in Gesù.

12Il giorno seguente, la gran folla che era venuta per la festa, udito che Gesù veniva a Gerusalemme,13prese dei rami di palme e uscì incontro a lui gridando:

'Osanna!
Benedetto colui che viene nel nome del Signore,'
il re d'Israele!

14Gesù, trovato un asinello, vi montò sopra, come sta scritto:

15'Non temere, figlia di Sion!
Ecco, il tuo re viene,
seduto sopra un puledro d'asina.'

16Sul momento i suoi discepoli non compresero queste cose; ma quando Gesù fu glorificato, si ricordarono che questo era stato scritto di lui e questo gli avevano fatto.17Intanto la gente che era stata con lui quando chiamò Lazzaro fuori dal sepolcro e lo risuscitò dai morti, gli rendeva testimonianza.18Anche per questo la folla gli andò incontro, perché aveva udito che aveva compiuto quel segno.19I farisei allora dissero tra di loro: "Vedete che non concludete nulla? Ecco che il mondo gli è andato dietro!".

20Tra quelli che erano saliti per il culto durante la festa, c'erano anche alcuni Greci.21Questi si avvicinarono a Filippo, che era di Betsàida di Galilea, e gli chiesero: "Signore, vogliamo vedere Gesù".22Filippo andò a dirlo ad Andrea, e poi Andrea e Filippo andarono a dirlo a Gesù.23Gesù rispose: "È giunta l'ora che sia glorificato il Figlio dell'uomo.24In verità, in verità vi dico: se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto.25Chi ama la sua vita la perde e chi odia la sua vita in questo mondo la conserverà per la vita eterna.26Se uno mi vuol servire mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servo. Se uno mi serve, il Padre lo onorerà.27Ora l'anima mia è turbata; e che devo dire? Padre, salvami da quest'ora? Ma per questo sono giunto a quest'ora!28Padre, glorifica il tuo nome". Venne allora una voce dal cielo: "L'ho glorificato e di nuovo lo glorificherò!".
29La folla che era presente e aveva udito diceva che era stato un tuono. Altri dicevano: "Un angelo gli ha parlato".30Rispose Gesù: "Questa voce non è venuta per me, ma per voi.31Ora è il giudizio di questo mondo; ora il principe di questo mondo sarà gettato fuori.32Io, quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me".33Questo diceva per indicare di qual morte doveva morire.34Allora la folla gli rispose: "Noi abbiamo appreso dalla Legge che il Cristo rimane in eterno; come dunque tu dici che il Figlio dell'uomo deve essere elevato? Chi è questo Figlio dell'uomo?".35Gesù allora disse loro: "Ancora per poco tempo la luce è con voi. Camminate mentre avete la luce, perché non vi sorprendano le tenebre; chi cammina nelle tenebre non sa dove va.36Mentre avete la luce credete nella luce, per diventare figli della luce".
Gesù disse queste cose, poi se ne andò e si nascose da loro.

37Sebbene avesse compiuto tanti segni davanti a loro, non credevano in lui;38perché si adempisse la parola detta dal profeta Isaia:

'Signore, chi ha creduto alla nostra parola?
E il braccio del Signore a chi è stato rivelato?'

39E non potevano credere, per il fatto che Isaia aveva detto ancora:

40'Ha reso ciechi i loro occhi
e ha indurito il loro cuore,
perché non vedano con gli occhi
e non comprendano con il cuore, e si convertano
e io li guarisca!'

41Questo disse Isaia quando vide la sua gloria e parlò di lui.42Tuttavia, anche tra i capi, molti credettero in lui, ma non lo riconoscevano apertamente a causa dei farisei, per non essere espulsi dalla sinagoga;43amavano infatti la gloria degli uomini più della gloria di Dio.
44Gesù allora gridò a gran voce: "Chi crede in me, non crede in me, ma in colui che mi ha mandato;45chi vede me, vede colui che mi ha mandato.46Io come luce sono venuto nel mondo, perché chiunque crede in me non rimanga nelle tenebre.47Se qualcuno ascolta le mie parole e non le osserva, io non lo condanno; perché non sono venuto per condannare il mondo, ma per salvare il mondo.48Chi mi respinge e non accoglie le mie parole, ha chi lo condanna: la parola che ho annunziato lo condannerà nell'ultimo giorno.49Perché io non ho parlato da me, ma il Padre che mi ha mandato, egli stesso mi ha ordinato che cosa devo dire e annunziare.50E io so che il suo comandamento è vita eterna. Le cose dunque che io dico, le dico come il Padre le ha dette a me".


Primo libro dei Re 1

1Il re Davide era vecchio e avanzato negli anni e, sebbene lo coprissero, non riusciva a riscaldarsi.2I suoi ministri gli suggerirono: "Si cerchi per il re nostro signore una vergine giovinetta, che assista il re e lo curi e dorma con lui; così il re nostro signore si riscalderà".3Si cercò in tutto il territorio d'Israele una giovane bella e si trovò Abisag da Sunem e la condussero al re.4La giovane era molto bella; essa curava il re e lo serviva, ma il re non si unì a lei.
5Ma Adonia, figlio di Agghìt, insuperbito, diceva: "Sarò io il re". Si procurò carri, cavalli e cinquanta uomini che lo precedessero.6Il re suo padre, per non affliggerlo, non gli disse mai: "Perché ti comporti in questo modo?". Adonia era molto bello; sua madre l'aveva partorito dopo Assalonne.7Si accordò con Ioab, figlio di Zeruià, e con il sacerdote Ebiatàr, che stavano dalla sua parte.8Invece il sacerdote Zadòk, Benaià figlio di Ioiadà, il profeta Natan, Simei, Rei e il nerbo delle milizie di Davide non si schierarono con Adonia.9Adonia un giorno immolò pecore e buoi e vitelli grassi sulla pietra Zochelet, che è vicina alla fonte di Roghèl. Invitò tutti i suoi fratelli, figli del re, e tutti gli uomini di Giuda al servizio del re.10Ma non invitò il profeta Natan, né Benaià, né i più valorosi soldati e neppure Salomone suo fratello.
11Allora Natan disse a Betsabea, madre di Salomone: "Non hai sentito che Adonia, figlio di Agghìt, si è fatto re e Davide nostro signore non lo sa neppure?12Ebbene, ti do un consiglio, perché tu salvi la tua vita e quella del tuo figlio Salomone.13Va', presentati al re Davide e digli: Re mio signore, non hai forse giurato alla tua schiava che Salomone tuo figlio avrebbe regnato dopo di te, sedendo sul tuo trono? Perché si è fatto re Adonia?14Ecco, mentre tu starai ancora lì a parlare al re, io ti seguirò e confermerò le tue parole".
15Betsabea si presentò nella camera del re, che era molto vecchio, e Abisag la Sunammita lo serviva.16Betsabea si inginocchiò e si prostrò davanti al re, che le domandò: "Che hai?".17Essa gli rispose: "Signore, tu hai giurato alla tua schiava per il Signore tuo Dio che Salomone tuo figlio avrebbe regnato dopo di te, sedendo sul tuo trono.18Ora invece Adonia è divenuto re e tu, re mio signore, non lo sai neppure.19Ha immolato molti buoi, vitelli grassi e pecore, ha invitato tutti i figli del re, il sacerdote Ebiatàr e Ioab capo dell'esercito, ma non ha invitato Salomone tuo servitore.20Re mio signore, gli occhi di tutto Israele sono su di te, perché annunzi loro chi siederà sul trono del re mio signore dopo di lui.21Quando il re mio signore si sarà addormentato con i suoi padri, io e mio figlio Salomone saremo trattati da colpevoli".
22Mentre Betsabea ancora parlava con il re, arrivò il profeta Natan.23Fu annunziato al re: "Ecco c'è il profeta Natan". Questi si presentò al re, davanti al quale si prostrò con la faccia a terra.24Natan disse: "Re mio signore, tu forse hai decretato: Adonia regnerà dopo di me e siederà sul mio trono?25Difatti oggi egli è andato ad immolare molti buoi, vitelli grassi e pecore e ha invitato tutti i figli del re, i capi dell'esercito e il sacerdote Ebiatàr. Costoro mangiano e bevono con lui e gridano: Viva il re Adonia!26Ma non ha invitato me tuo servitore, né il sacerdote Zadòk, né Benaià figlio di Ioiadà, né Salomone tuo servitore.27Proprio il re mio signore ha ordinato ciò? Perché non hai indicato ai tuoi ministri chi siederà sul trono del re mio signore?".
28Il re Davide, presa la parola, disse: "Chiamatemi Betsabea!". Costei si presentò al re e, restando essa alla sua presenza,29il re giurò: "Per la vita del Signore che mi ha liberato da ogni angoscia!30Come ti ho giurato per il Signore, Dio di Israele, che Salomone tuo figlio avrebbe regnato dopo di me, sedendo sul mio trono al mio posto, così farò oggi".31Betsabea si inginocchiò con la faccia a terra, si prostrò davanti al re dicendo: "Viva il mio signore, il re Davide, per sempre!".32Il re Davide fece chiamare il sacerdote Zadòk, il profeta Natan e Benaià figlio di Ioiadà. Costoro si presentarono al re,33che disse loro: "Prendete con voi la guardia del vostro signore: fate montare Salomone sulla mia mula e fatelo scendere a Ghicon.34Ivi il sacerdote Zadòk e il profeta Natan lo ungano re d'Israele. Voi suonerete la tromba e griderete: Viva il re Salomone!35Quindi risalirete dietro a lui, che verrà a sedere sul mio trono e regnerà al mio posto. Poiché io ho designato lui a divenire capo d'Israele e di Giuda".36Benaià figlio di Ioiadà rispose al re: "Così sia! Anche il Signore, Dio del re mio signore, decida allo stesso modo!37Come il Signore ha assistito il re mio signore, così assista Salomone e renda il suo trono più splendido di quello del re Davide mio signore".
38Scesero il sacerdote Zadòk, il profeta Natan e Benaià figlio di Ioiadà, insieme con i Cretei e con i Peletei; fecero montare Salomone sulla mula del re Davide e lo condussero a Ghicon.39Il sacerdote Zadòk prese il corno dell'olio dalla tenda e unse Salomone al suono della tromba. Tutti i presenti gridarono: "Viva il re Salomone!".40Risalirono tutti dietro a lui, suonando i flauti e mostrando una grandissima gioia e i luoghi rimbombavano delle loro acclamazioni.
41Li sentirono Adonia e i suoi invitati, che avevano appena finito di mangiare. Ioab, udito il suono della tromba, chiese: "Che cos'è questo frastuono nella città in tumulto?".42Mentre parlava ecco giungere Giònata figlio del sacerdote Ebiatàr, al quale Adonia disse: "Vieni! Tu sei un valoroso e rechi certo buone notizie!".43"No - rispose Giònata ad Adonia - il re Davide nostro signore ha nominato re Salomone44e ha mandato con lui il sacerdote Zadòk, il profeta Natan e Benaià figlio di Ioiadà, insieme con i Cretei e con i Peletei che l'hanno fatto montare sulla mula del re.45Il sacerdote Zadòk e il profeta Natan l'hanno unto re in Ghicon; quindi sono risaliti esultanti, mentre la città echeggiava di grida. Questo il motivo del frastuono da voi udito.46Anzi Salomone si è già seduto sul trono del regno47e i ministri del re sono andati a felicitarsi con il re Davide dicendo: Il tuo Dio renda il nome di Salomone più celebre del tuo e renda il suo trono più splendido del tuo! Il re si è prostrato sul letto,48poi ha detto: Sia benedetto il Signore, Dio di Israele, perché oggi ha concesso che uno sedesse sul mio trono e i miei occhi lo vedessero".
49Tutti gli invitati di Adonia allora spaventati si alzarono e se ne andarono ognuno per la sua strada.50Adonia, che temeva Salomone, alzatosi andò ad aggrapparsi ai corni dell'altare.51Fu riferito a Salomone: "Sappi che Adonia, avendo paura del re Salomone, ha afferrato i corni dell'altare dicendo: Mi giuri oggi il re Salomone che non farà morire di spada il suo servitore".52Salomone disse: "Se si comporterà da uomo leale, neppure un suo capello cadrà a terra; ma se cadrà in qualche fallo, morirà".53Il re Salomone ordinò che lo facessero scendere dall'altare; quegli andò a prostrarsi davanti al re Salomone, che gli disse: "Vattene a casa!".


Proverbi 8

1La Sapienza forse non chiama
e la prudenza non fa udir la voce?
2In cima alle alture, lungo la via,
nei crocicchi delle strade essa si è posta,
3presso le porte, all'ingresso della città,
sulle soglie degli usci essa esclama:
4"A voi, uomini, io mi rivolgo,
ai figli dell'uomo è diretta la mia voce.
5Imparate, inesperti, la prudenza
e voi, stolti, fatevi assennati.
6Ascoltate, perché dirò cose elevate,
dalle mie labbra usciranno sentenze giuste,
7perché la mia bocca proclama la verità
e abominio per le mie labbra è l'empietà.
8Tutte le parole della mia bocca sono giuste;
niente vi è in esse di fallace o perverso;
9tutte sono leali per chi le comprende
e rette per chi possiede la scienza.
10Accettate la mia istruzione e non l'argento,
la scienza anziché l'oro fino,
11perché la scienza vale più delle perle
e nessuna cosa preziosa l'uguaglia".

12Io, la Sapienza, possiedo la prudenza
e ho la scienza e la riflessione.
13Temere il Signore è odiare il male:
io detesto la superbia, l'arroganza,
la cattiva condotta e la bocca perversa.
14A me appartiene il consiglio e il buon senso,
io sono l'intelligenza, a me appartiene la potenza.
15Per mezzo mio regnano i re
e i magistrati emettono giusti decreti;
16per mezzo mio i capi comandano
e i grandi governano con giustizia.
17Io amo coloro che mi amano
e quelli che mi cercano mi troveranno.
18Presso di me c'è ricchezza e onore,
sicuro benessere ed equità.
19Il mio frutto val più dell'oro, dell'oro fino,
il mio provento più dell'argento scelto.
20Io cammino sulla via della giustizia
e per i sentieri dell'equità,
21per dotare di beni quanti mi amano
e riempire i loro forzieri.

22Il Signore mi ha creato all'inizio della sua attività,
prima di ogni sua opera, fin d'allora.
23Dall'eternità sono stata costituita,
fin dal principio, dagli inizi della terra.
24Quando non esistevano gli abissi, io fui generata;
quando ancora non vi erano le sorgenti cariche d'acqua;
25prima che fossero fissate le basi dei monti,
prima delle colline, io sono stata generata.
26Quando ancora non aveva fatto la terra e i campi,
né le prime zolle del mondo;
27quando egli fissava i cieli, io ero là;
quando tracciava un cerchio sull'abisso;
28quando condensava le nubi in alto,
quando fissava le sorgenti dell'abisso;
29quando stabiliva al mare i suoi limiti,
sicché le acque non ne oltrepassassero la spiaggia;
quando disponeva le fondamenta della terra,
30allora io ero con lui come architetto
ed ero la sua delizia ogni giorno,
dilettandomi davanti a lui in ogni istante;
31dilettandomi sul globo terrestre,
ponendo le mie delizie tra i figli dell'uomo.

32Ora, figli, ascoltatemi:
beati quelli che seguono le mie vie!
33Ascoltate l'esortazione e siate saggi,
non trascuratela!
34Beato l'uomo che mi ascolta,
vegliando ogni giorno alle mie porte,
per custodire attentamente la soglia.
35Infatti, chi trova me trova la vita,
e ottiene favore dal Signore;
36ma chi pecca contro di me, danneggia se stesso;
quanti mi odiano amano la morte".


Salmi 7

1'Lamento che Davide rivolse al Signore per le parole di Cus il Beniaminita.'

2Signore, mio Dio, in te mi rifugio:
salvami e liberami da chi mi perseguita,
3perché non mi sbrani come un leone,
non mi sbrani senza che alcuno mi salvi.

4Signore mio Dio, se così ho agito:
se c'è iniquità sulle mie mani,
5se ho ripagato il mio amico con il male,
se a torto ho spogliato i miei avversari,
6il nemico m'insegua e mi raggiunga,
calpesti a terra la mia vita
e trascini nella polvere il mio onore.

7Sorgi, Signore, nel tuo sdegno,
levati contro il furore dei nemici,
alzati per il giudizio che hai stabilito.
8L'assemblea dei popoli ti circondi:
dall'alto volgiti contro di essa.
9Il Signore decide la causa dei popoli:
giudicami, Signore, secondo la mia giustizia,
secondo la mia innocenza, o Altissimo.
10Poni fine al male degli empi;
rafforza l'uomo retto,
tu che provi mente e cuore, Dio giusto.

11La mia difesa è nel Signore,
egli salva i retti di cuore.
12Dio è giudice giusto,
ogni giorno si accende il suo sdegno.
13Non torna forse ad affilare la spada,
a tendere e puntare il suo arco?
14Si prepara strumenti di morte,
arroventa le sue frecce.

15Ecco, l'empio produce ingiustizia,
concepisce malizia, partorisce menzogna.
16Egli scava un pozzo profondo
e cade nella fossa che ha fatto;
17la sua malizia ricade sul suo capo,
la sua violenza gli piomba sulla testa.
18Loderò il Signore per la sua giustizia
e canterò il nome di Dio, l'Altissimo.


Isaia 3

1Ecco infatti, il Signore, Dio degli eserciti,
toglie a Gerusalemme e a Giuda
ogni genere di sostegno,
ogni riserva di pane
e ogni sostentamento d'acqua,
2il prode e il guerriero,
il giudice e il profeta,
l'indovino e l'anziano,
3il capo di una cinquantina e il notabile,
il consigliere e il mago sapiente
e l'esperto di incantesimi.
4Io metterò come loro capi ragazzi,
monelli li domineranno.
5Il popolo userà violenza: l'uno contro l'altro,
individuo contro individuo;
il giovane tratterà con arroganza l'anziano,
lo spregevole, il nobile.
6Poiché uno afferra l'altro
nella casa del padre:
"Tu hai un mantello: sii nostro capo;
prendi in mano questa rovina!".
7Ma quegli si alzerà in quel giorno per dire:
"Non sono un medico;
nella mia casa non c'è pane
né mantello;
non mi ponete a capo del popolo!".
8Certo, Gerusalemme va in rovina
e Giuda crolla,
perché la loro lingua e le loro opere sono contro il Signore,
fino ad offendere la vista della sua maestà divina.
9La loro parzialità verso le persone li condanna
ed essi ostentano il peccato come Sòdoma:
non lo nascondono neppure; disgraziati!
Si preparano il male da se stessi.
10Beato il giusto, perché egli avrà bene,
mangerà il frutto delle sue opere.
11Guai all'empio! Lo colpirà la sventura,
secondo i misfatti delle sue mani avrà la mercede.
12Il mio popolo! Un fanciullo lo tiranneggia
e le donne lo dominano.
Popolo mio, le tue guide ti traviano,
distruggono la strada che tu percorri.
13Il Signore appare per muovere causa,
egli si presenta per giudicare il suo popolo.
14Il Signore inizia il giudizio
con gli anziani e i capi del suo popolo:
"Voi avete devastato la vigna;
le cose tolte ai poveri sono nelle vostre case.
15Qual diritto avete di opprimere il mio popolo,
di pestare la faccia ai poveri?".
Oracolo del Signore, Signore degli eserciti.

16Dice il Signore:
"Poiché si sono insuperbite le figlie di Sion
e procedono a collo teso,
ammiccando con gli occhi,
e camminano a piccoli passi
facendo tintinnare gli anelli ai piedi,
17perciò il Signore renderà tignoso
il cranio delle figlie di Sion,
il Signore denuderà le loro tempie".
18In quel giorno il Signore toglierà l'ornamento di fibbie, fermagli e lunette,19orecchini, braccialetti, veli,20bende, catenine ai piedi, cinture, boccette di profumi, amuleti,21anelli, pendenti al naso,22vesti preziose e mantelline, scialli, borsette,23specchi, tuniche, cappelli e vestaglie.
24Invece di profumo ci sarà marciume,
invece di cintura una corda,
invece di ricci calvizie,
invece di vesti eleganti uno stretto sacco,
invece di bellezza bruciatura.

25"I tuoi prodi cadranno di spada,
i tuoi guerrieri in battaglia".
26Si alzeranno lamenti e gemiti alle tue porte
e tu, disabitata, giacerai a terra.


Atti degli Apostoli 10

1C'era in Cesarèa un uomo di nome Cornelio, centurione della coorte Italica,2uomo pio e timorato di Dio con tutta la sua famiglia; faceva molte elemosine al popolo e pregava sempre Dio.3Un giorno verso le tre del pomeriggio vide chiaramente in visione un angelo di Dio venirgli incontro e chiamarlo: "Cornelio!".4Egli lo guardò e preso da timore disse: "Che c'è, Signore?". Gli rispose: "Le tue preghiere e le tue elemosine sono salite, in tua memoria, innanzi a Dio.5E ora manda degli uomini a Giaffa e fa' venire un certo Simone detto anche Pietro.6Egli è ospite presso un tal Simone conciatore, la cui casa è sulla riva del mare".7Quando l'angelo che gli parlava se ne fu andato, Cornelio chiamò due dei suoi servitori e un pio soldato fra i suoi attendenti e,8spiegata loro ogni cosa, li mandò a Giaffa.
9Il giorno dopo, mentre essi erano per via e si avvicinavano alla città, Pietro salì verso mezzogiorno sulla terrazza a pregare.10Gli venne fame e voleva prendere cibo. Ma mentre glielo preparavano, fu rapito in estasi.11Vide il cielo aperto e un oggetto che discendeva come una tovaglia grande, calata a terra per i quattro capi.12In essa c'era ogni sorta di quadrupedi e rettili della terra e uccelli del cielo.13Allora risuonò una voce che gli diceva: "Alzati, Pietro, uccidi e mangia!".14Ma Pietro rispose: "No davvero, Signore, poiché io non ho mai mangiato nulla di profano e di immondo".15E la voce di nuovo a lui: "Ciò che Dio ha purificato, tu non chiamarlo più profano".16Questo accadde per tre volte; poi d'un tratto quell'oggetto fu risollevato al cielo.17Mentre Pietro si domandava perplesso tra sé e sé che cosa significasse ciò che aveva visto, gli uomini inviati da Cornelio, dopo aver domandato della casa di Simone, si fermarono all'ingresso.18Chiamarono e chiesero se Simone, detto anche Pietro, alloggiava colà.19Pietro stava ancora ripensando alla visione, quando lo Spirito gli disse: "Ecco, tre uomini ti cercano;20alzati, scendi e va' con loro senza esitazione, perché io li ho mandati".21Pietro scese incontro agli uomini e disse: "Eccomi, sono io quello che cercate. Qual è il motivo per cui siete venuti?".22Risposero: "Il centurione Cornelio, uomo giusto e timorato di Dio, stimato da tutto il popolo dei Giudei, è stato avvertito da un angelo santo di invitarti nella sua casa, per ascoltare ciò che hai da dirgli".23Pietro allora li fece entrare e li ospitò.
Il giorno seguente si mise in viaggio con loro e alcuni fratelli di Giaffa lo accompagnarono.24Il giorno dopo arrivò a Cesarèa. Cornelio stava ad aspettarli ed aveva invitato i congiunti e gli amici intimi.25Mentre Pietro stava per entrare, Cornelio andandogli incontro si gettò ai suoi piedi per adorarlo.26Ma Pietro lo rialzò, dicendo: "Alzati: anch'io sono un uomo!".27Poi, continuando a conversare con lui, entrò e trovate riunite molte persone disse loro:28"Voi sapete che non è lecito per un Giudeo unirsi o incontrarsi con persone di altra razza; ma Dio mi ha mostrato che non si deve dire profano o immondo nessun uomo.29Per questo sono venuto senza esitare quando mi avete mandato a chiamare. Vorrei dunque chiedere: per quale ragione mi avete fatto venire?".30Cornelio allora rispose: "Quattro giorni or sono, verso quest'ora, stavo recitando la preghiera delle tre del pomeriggio nella mia casa, quando mi si presentò un uomo in splendida veste31e mi disse: Cornelio, sono state esaudite le tue preghiere e ricordate le tue elemosine davanti a Dio.32Manda dunque a Giaffa e fa' venire Simone chiamato anche Pietro; egli è ospite nella casa di Simone il conciatore, vicino al mare.33Subito ho mandato a cercarti e tu hai fatto bene a venire. Ora dunque tutti noi, al cospetto di Dio, siamo qui riuniti per ascoltare tutto ciò che dal Signore ti è stato ordinato".

34Pietro prese la parola e disse: "In verità sto rendendomi conto che 'Dio non fa preferenze di persone',35ma chi lo teme e pratica la giustizia, a qualunque popolo appartenga, è a lui accetto.36Questa è 'la parola che egli ha inviato' ai figli d'Israele, 'recando la buona novella' della pace, per mezzo di Gesù Cristo, che è il Signore di tutti.37Voi conoscete ciò che è accaduto in tutta la Giudea, incominciando dalla Galilea, dopo il battesimo predicato da Giovanni;38cioè come 'Dio consacrò in Spirito Santo' e potenza Gesù di Nàzaret, il quale passò beneficando e risanando tutti coloro che stavano sotto il potere del diavolo, perché Dio era con lui.39E noi siamo testimoni di tutte le cose da lui compiute nella regione dei Giudei e in Gerusalemme. Essi lo uccisero appendendolo a una croce,40ma Dio lo ha risuscitato al terzo giorno e volle che apparisse,41non a tutto il popolo, ma a testimoni prescelti da Dio, a noi, che abbiamo mangiato e bevuto con lui dopo la sua risurrezione dai morti.42E ci ha ordinato di annunziare al popolo e di attestare che egli è il giudice dei vivi e dei morti costituito da Dio.43Tutti i profeti gli rendono questa testimonianza: chiunque crede in lui ottiene la remissione dei peccati per mezzo del suo nome".

44Pietro stava ancora dicendo queste cose, quando lo Spirito Santo scese sopra tutti coloro che ascoltavano il discorso.45E i fedeli circoncisi, che erano venuti con Pietro, si meravigliavano che anche sopra i pagani si effondesse il dono dello Spirito Santo;46li sentivano infatti parlare lingue e glorificare Dio.47Allora Pietro disse: "Forse che si può proibire che siano battezzati con l'acqua questi che hanno ricevuto lo Spirito Santo al pari di noi?".48E ordinò che fossero battezzati nel nome di Gesù Cristo. Dopo tutto questo lo pregarono di fermarsi alcuni giorni.


Capitolo XVII: Affidare stabilmente in Dio ogni cura di noi stessi

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1. Figlio, lascia che io faccia con te quello che voglio: io so quello che ti è necessario. Tu hai pensieri umani e i tuoi sentimenti seguono spesso suggestioni umane. Signore, è ben vero quanto dici. La tua sollecitudine per me è più grande di ogni premura che io possa avere per me stesso. In verità, chi non rimette in te tutte le sue preoccupazioni si affida proprio al caso. Signore, purché la mia volontà sia continuamente retta e ferma in te, fai di me quello che ti piace. Giacché, qualunque cosa avrai fatto di me non può essere che per il bene. Se mi vuoi nelle tenebre, che tu sia benedetto; e se mi vuoi nella luce, che tu sia ancora benedetto. Se ti degni di darmi consolazione, che tu sia benedetto; e se mi vuoi nelle tribolazione, che tu sia egualmente benedetto.  

2. Figlio, se vuoi camminare con me, questo deve essere il tuo atteggiamento. Devi essere pronto a patire, come pronto a godere; devi lietamente essere privo di tutto e povero, come sovrabbondante e ricco. Signore, qualunque cosa vorrai che mi succeda, la sopporterò di buon grado per tuo amore. Con lo stesso animo voglio accettare dalla tua mano bene e male, dolcezza e amarezza, gioia e tristezza; e voglio renderti grazie per ogni cosa che mi accada. Preservami da tutti i peccati, e non temerò né la morte né l'inferno. Purché tu non mi respinga per sempre cancellandomi dal libro della vita, qualunque tribolazione mi piombi addosso non mi farà alcun male.


Omelia 107: La pienezza della gioia.

Commento al Vangelo di San Giovanni - Sant'Agostino d'Ippona

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1. Parlando al Padre dei discepoli che già aveva, il Signore tra l'altro dice: Io per essi prego; non prego per il mondo, ma per coloro che mi hai dato (Gv 17, 9). Per mondo qui vuole intendere coloro che vivono seguendo le concupiscenze del mondo, e non li ha raggiunti la grazia sì da essere scelti dal mondo. Dice di voler pregare, non per il mondo, ma per coloro che il Padre gli ha dato; poiché, già per il fatto che il Padre li ha dati a lui, essi non appartengono più a quel mondo per il quale egli non prega.

2. Soggiunge: perché sono tuoi. Il Padre infatti non li ha perduti per averli dati al Figlio, come il Figlio stesso proseguendo dice: e tutto ciò che è mio è tuo, e ciò che è tuo è mio (Gv 17, 10). Da queste parole appare chiaramente in che senso all'unigenito Figlio appartenga tutto ciò che appartiene al Padre; precisamente perché anch'egli è Dio, ed è nato dal Padre uguale a lui; e quindi non nel senso in cui il padre della parabola dice a uno dei due figli, al maggiore: Tu sei sempre con me, e tutto ciò che è mio è tuo (Lc 15, 31). Questo vale per tutti i beni creati che sono inferiori alla creatura santa e razionale, e che pure sono soggetti alla Chiesa; a quella Chiesa universale cui appartengono anche il figlio maggiore e quello minore, insieme a tutti i santi angeli ai quali, nel regno di Cristo e di Dio, noi saremo uguali (cf. Mt 22, 30). Le parole: tutto ciò che è mio è tuo, e ciò che è tuo è mio, includono anche le creature razionali, che sono soggette solo a Dio, cosicché a Dio sono soggetti quegli esseri che sono soggetti a tali creature. Queste creature poi, che appartengono a Dio Padre, non apparterrebbero anche al Figlio se il Figlio non fosse uguale al Padre; poiché è a queste creature razionali che il Signore si riferisce quando dice: non prego per il mondo, ma per coloro che mi hai dato, perché sono tuoi, e tutto ciò che è mio è tuo, e ciò che è tuo è mio. Non è lecito ai santi, dei quali ha parlato così, appartenere ad altri che a colui dal quale sono stati creati e santificati; e di conseguenza, tutto ciò che appartiene ad essi, appartiene a colui al quale essi stessi appartengono. Appartenendo dunque e al Padre e al Figlio, dimostrano l'uguaglianza tra il Padre e il Figlio, ai quali essi ugualmente appartengono. Ma quanto a ciò che il Signore aveva detto parlando dello Spirito Santo: Tutto ciò che ha il Padre è mio; ecco perché vi ho detto che prenderà del mio per comunicarvelo (Gv 16, 15), lo ha detto riferendosi a ciò che appartiene alla divinità stessa del Padre in cui già è uguale, avendo egli stesso tutto ciò che il Padre ha. Né l'espressione: prenderà del mio significa che lo Spirito Santo, a sua volta, dovrà ricevere da una creatura soggetta al Padre e al Figlio ciò che annuncia; ma lo riceverà dal Padre, dal quale procede e dal quale è nato anche il Figlio.

3. E in essi io sono glorificato. Il Signore parla qui della sua glorificazione come di una cosa fatta, mentre ancora deve realizzarsi; poco prima, invece, aveva chiesto al Padre che si realizzasse. Ma domandiamoci se si tratta della medesima glorificazione a proposito della quale allora aveva detto: E adesso glorificami tu, Padre, con la gloria che, prima che il mondo fosse, avevo presso di te (Gv 17, 5). Presso di te è forse lo stesso che in essi? Forse per il fatto che è conosciuto da essi e per mezzo di essi, la conoscenza arriva a quanti hanno creduto alla loro testimonianza? Possiamo senz'altro ammettere che il Signore, dicendo che era glorificato in essi, si riferiva agli Apostoli; e, parlando come di una cosa già avvenuta, mostrò che così era predestinato, e che era da tenersi per certa la sua realizzazione futura.

4. E io non sono più nel mondo; essi, invece, sono nel mondo (Gv 17, 11). Se si tiene conto del momento in cui parlava, erano ancora nel mondo, sia i discepoli di cui stava parlando sia egli stesso. E non possiamo e non dobbiamo intendere queste parole come riferite al progresso della vita spirituale, pensando che essi erano ancora nel mondo appunto per la loro mentalità ancora mondana, mentre egli non era più del mondo a motivo della sua sapienza divina. Egli ha usato qui un'espressione che non autorizza questa interpretazione. Non ha detto infatti: Io non sono nel mondo; ma ha detto: Non sono più nel mondo, dimostrando così che un tempo è stato nel mondo e che ora non vi è più. Potremo allora credere che c'è stato un tempo in cui Cristo ha avuto la mentalità del mondo, e che adesso, liberato dall'errore, non ce l'ha più? A chi potrà venire in mente un pensiero così empio? Rimane dunque una sola interpretazione, che cioè egli non sarebbe più stato nel mondo con la sua presenza corporale come c'era prima, e che la sua partenza era imminente mentre la loro sarebbe avvenuta in un secondo tempo, dichiarando così di non essere più nel mondo mentre essi c'erano ancora; benché, di fatto, sia lui che gli Apostoli fossero tuttora nel mondo. Si è espresso così, adattandosi come uomo agli uomini, usando il loro abituale modo di esprimersi. Non diciamo noi abitualmente di uno che sta per partire, che egli non è più qui con noi? E diciamo questo soprattutto di chi sta per morire. Cionondimeno, il Signore, prevedendo le difficoltà che avrebbero potuto incontrare quanti avrebbero letto queste cose, aggiunge: mentre io vengo a te, spiegando così il significato della frase precedente: Io non sono più nel mondo.

5. Raccomanda dunque al Padre coloro che, con la sua partenza, sta per lasciare, dicendo: Padre santo, conserva nel nome tuo quelli che mi hai dato (Gv 17, 11). E' come uomo che egli prega Dio per i suoi discepoli, che da Dio ha ricevuto. Ma bada a quello che segue: Affinché siano uno come noi. Non dice: Affinché con noi siano una cosa sola, oppure affinché siamo una cosa sola, noi e loro, come una cosa sola siamo noi; dice: Affinché siano una cosa sola come noi. Siano uno nella loro natura, come siamo uno noi nella nostra natura. Ciò non sarebbe vero se non lo dicesse in quanto egli è Dio, della stessa natura del Padre, per cui in altra circostanza ha detto: Io e il Padre siamo una cosa sola (Gv 10, 30). Non potrebbe dirlo in quanto uomo, come invece altrove ha detto: Il Padre è più grande di me (Gv 14, 28). Ma siccome l'unica e medesima persona è Dio e uomo, vediamo l'uomo nel fatto che prega, vediamo Dio nel fatto che sono un'unica cosa, lui e quello che egli prega. Ma in seguito avremo ancora occasione di ritornare con più calma su questo argomento.

[Se accettiamo la sua umiltà, ci eleva alla sua gloria.]

6. Quando ero con loro, io stesso li conservavo nel nome tuo (Gv 17, 12). Ora che io vengo a te, dice, conservali nel tuo nome, in cui anch'io li conservavo quando ero con loro. Il Figlio, come uomo, custodiva i suoi discepoli nel nome del Padre, quando egli era fisicamente presente tra loro, ma anche il Padre custodiva nel nome del Figlio coloro di cui esaudiva le preghiere che gli rivolgevano nel nome del Figlio. Proprio in questo senso il Figlio aveva detto loro: In verità, in verità vi dico: qualunque cosa chiederete al Padre in nome mio, l'avrete (Gv 16, 23). Non dobbiamo prendere queste parole in senso troppo materiale, come se cioè il Padre e il Figlio ci custodiscano a turno dandosi il cambio dentro di noi per custodirci, come se uno prendesse il posto dell'altro che se ne va. In realtà il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo ci custodiscono insieme, perché sono un solo vero e beato Dio. Ma la sacra Scrittura non ci eleva se non abbassandosi fino a noi, così come il Verbo fatto carne è disceso per elevarci, non è caduto per rimanere a terra. Se abbiamo riconosciuto colui che è disceso, leviamoci in alto con lui che ci innalza, e persuadiamoci che egli, parlandoci così, vuole distinguere le persone, non separare le nature. Quando dunque il Figlio custodiva i suoi discepoli con la sua presenza corporale, il Padre non aspettava, per custodirli, di succedere al Figlio che se ne andava; ma ambedue li custodivano con la potenza spirituale; e quando il Figlio sottrasse ad essi la sua presenza corporale, continuò, insieme al Padre, a custodirli spiritualmente. Quando infatti il Figlio come uomo li prese in custodia, non li tolse alla custodia paterna; e quando il Padre li affidò al Figlio perché li custodisse, non fece questo senza di lui. Li diede al Figlio in quanto uomo, ma non glieli diede senza il medesimo Figlio, Dio anche lui.

7. Il Figlio prosegue e dice: Quelli che mi hai dato, li ho custoditi; e nessuno di loro è perito, tranne il Figlio della perdizione, affinché la Scrittura si adempisse (Gv 17, 12). Il traditore di Cristo viene chiamato figlio della perdizione, predestinato alla perdizione, secondo la predizione della Scrittura, contenuta soprattutto nel salmo centootto.

8. Ma ora io vengo a te, e dico queste cose mentre sono ancora nel mondo, affinché essi abbiano in se stessi la mia gioia, nella sua pienezza (Gv 17, 13). Ecco che afferma di parlare nel mondo, colui che prima aveva detto: Io non sono più nel mondo. Già lo abbiamo spiegato; o meglio, abbiamo fatto notare la spiegazione che egli stesso ha dato. Ora, siccome non se n'era ancora andato, era ancora qui; e siccome la sua partenza era imminente, in certo modo non era più qui. Di quale gioia poi intenda parlare, dicendo: affinché essi abbiano in se stessi la mia gioia, nella sua pienezza, lo ha già spiegato prima, quando ha detto: affinché siano uno come noi. Questa sua gioia, questa gioia cioè che proviene da lui, deve raggiungere in loro la pienezza; è per questo motivo, dice, che ha parlato nel mondo. Ecco la pace e la beatitudine eterna, per conseguire la quale bisogna vivere con saggezza, giustizia e pietà nel secolo presente.


21 - Il Signore prepara Maria santissima per la fuga in Egitto e l'angelo parla a san Giuseppe, altre avvertenze a questo riguardo.

La mistica Città di Dio - Libro quarto - Suor Maria d'Agreda

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606. Quando Maria santissima ed il gloriosissimo san Giuseppe ritornarono dall'aver presentato nel tempio il loro bambino Gesù, stabilirono di trattenersi in Gerusalemme nove giorni, per andare al tempio nove volte e offrire ogni giorno la sacra ostia del figlio loro affidato, quale rendimento di grazie per lo straordinario favore che avevano ricevuto tra tutte le creature. La divina Signora venerava con speciale devozione il numero nove, in memoria dei nove giorni nei quali fu preparata ed abbellita per l'incarnazione del Verbo, come si disse all'inizio di questa seconda parte nei primi dieci capitoli; ed anche per i nove mesi, nei quali lo portò nel suo grembo verginale. E con questa considerazione desiderava far la novena con il suo Dio bambino, presentandolo altrettante volte all'eterno Padre, come offerta gradita per i sublimi ideali che la gran Signora aveva. Cominciarono la novena, e ogni giorno andavano al tempio prima dell'ora terza, e stavano fino a sera in orazione. Sceglievano, col bambino Gesù, il luogo più basso, da cui potessero degnamente ricevere quel meritato onore che il padrone del convito diede nel Vangelo all'umile invitato, quando gli disse: «Amico, passa più avanti». Tanto meritò la nostra umilissima Regina; ed in tal modo fece con lei l'eterno Padre, alla cui presenza ella elevava il suo spirito. In uno di questi giorni pregò, e disse:

607. «Re altissimo, Signore e creatore dell'universo, sono alla vostra divina presenza come inutile polvere e cenere, che solo la vostra ineffabile bontà ha innalzato alla grazia, che io non conobbi né potei meritare. Mi ritrovo, mio Signore, ad esservi grata, indotta dal torrente impetuoso dei vostri favori. Quale degna ricompensa però potrà offrirvi colei che essendo niente ricevette dalla vostra generosissima mano l'essere e la vita, e anche misericordie e favori senza paragoni? Colei che è creatura limitata, quale contraccambio potrà rendere alla vostra immensa grandezza, quale ossequio alla Maestà vostra, quale regalo alla vostra divinità infinita? La mia anima, il mio essere e le mie facoltà, tutto ricevetti e ricevo dalla vostra mano. Molte volte l'ho sacrificato ed offerto alla vostra gloria. Confesso il mio debito non solo per ciò che mi avete dato, ma molto più per l'amore con il quale me lo avete donato. Fra tutte le creature, inoltre, la vostra bontà infinita mi preservò dalla contaminazione della colpa e mi elesse per dare natura umana al vostro Unigenito, per portarlo nel mio grembo ed al mio petto, pur essendo, come figlia di Adamo, di natura fragile e terrena. Conosco, o altissimo Signore, questa vostra ineffabile bontà e, nel volerne essere riconoscente, viene meno il mio cuore e la mia vita si trasforma in amore del vostro divino amore. Vedo di non avere nulla con cui ripagare tutto quello che la vostra potenza ha manifestato nella vostra serva, ma già il mio cuore si rianima e si rallegra pensando a colui che devo offrire alla vostra grandezza. Egli è una cosa sola con voi nella sostanza, uguale nella maestà, nelle perfezioni e negli attributi; la generazione del vostro intelletto, l'immagine del vostro essere, la pienezza del vostro stesso compiacimento, il vostro unigenito e dilettissimo Figlio. Questo è, o eterno Padre ed altissimo Dio, il dono che vi offro, la vittima che vi presento, sicura che l'accetterete. Avendolo ricevuto Dio, ve lo restituisco Dio ed uomo insieme. Io non ho, Signore, né avranno le creature altra cosa maggiore da dare, né vostra Maestà avrà mai altro dono più prezioso da domandare loro. È così grande che basta come ricompensa di quanto io ho ricevuto. In nome loro e mio lo offro e lo presento alla vostra grandezza. Sono Madre del vostro Unigenito e nel dargli carne umana lo feci fratello dei mortali, di cui egli volle essere redentore e maestro. A me compete essere loro protettrice, prendere la loro causa come mia, e pregare per la loro salvezza. Padre del mio Unigenito, Dio delle misericordie, io ve lo offro con tutto il mio cuore; con lui e per lui chiedo che perdoniate ai peccatori, che spargiate sopra il genere umano le vostre consuete misericordie, e che facciate nuovi prodigi, compiendo ancora le vostre meraviglie. Questi è il leone di Giuda, divenuto ora agnello per togliere i peccati del mondo. Questo è il tesoro della vostra divinità».

608. Queste ed altre simili preghiere la Madre della pietà e misericordia fece nei primi giorni della novena cominciata nel tempio. L'eterno Padre rispose a tutte, accettandole insieme all'offerta del suo Unigenito come sacrificio gradito, e s'innamorò di nuovo della purezza della sua unica ed eletta figlia, contemplandone con compiacimento la santità. Come ricompensa di queste suppliche l'invincibile Signore le concesse grandi e nuovi privilegi, grazie ai quali ella avrebbe ottenuto, per i suoi devoti, tutto quanto avesse domandato, fino alla fine dei tempi. Inoltre, i grandi peccatori, quando si fossero avvalsi della sua intercessione, avrebbero ottenuto il perdono. Infine, nella Chiesa di Cristo suo figlio santissimo, ella sarebbe stata con lui cooperatrice e maestra, specialmente dopo la sua ascensione al cielo, quando cioè sarebbe rimasta in terra come mediatrice della potenza divina, come si dirà nella terza parte di questa Storia. L'Altissimo comunicò a Maria santissima, in queste suppliche, molti altri favori e misteri che non si possono spiegare a parole, né manifestare con i miei termini limitati.

609. Al quinto giorno dopo la presentazione e la purificazione, trovandosi la divina Signora nel tempio con il suo Dio bambino nelle braccia, le si manifestò la Divinità, benché non intuitivamente. Subito fu tutta trasfigurata e ricolmata di Spirito Santo. Ne era già traboccante, tuttavia Dio, infinito nel suo potere e nelle sue ricchezze, non dona mai così tanto che non gli resti più nulla da donare alle semplici creature. In questa visione astrattiva l'Altissimo volle preparare di nuovo la sua unica sposa, predisponendola alle sofferenze che la sovrastavano. Parlandole e confortandola, le disse: «Sposa e colomba mia, le tue intenzioni e i tuoi desideri sono graditi ai miei occhi ed in essi mi diletto sempre. Non puoi però proseguire la novena che hai iniziato, perché voglio che tu soffra in altro modo per amore mio. Per allevare tuo figlio e salvargli la vita uscirai dalla tua casa e, con lui e con il tuo sposo Giuseppe, lascerai la tua patria; vi trasferirete in Egitto, dove dimorerete sino a che io ordinerò diversamente, perché Erode vuole la morte del bambino. Il viaggio è lungo, scomodo e pieno di disagi: soffrili per me, perché io sono e sarò sempre con te».

610. Qualunque altra santità e fede avrebbe potuto ammettere qualche turbamento - come l'hanno sofferto in grande misura gli increduli -, vedendo che un Dio onnipotente fugge da un misero mortale, e che, per aver salva la vita, si mette in disparte e si allontana, come se potesse essere davvero capace di questo timore o non fosse uomo e Dio nel tempo stesso. Tuttavia, la prudentissima ed ubbidiente Madre non replicò né dubitò, e nemmeno si turbò o alterò a questa impensata novità. Ella così rispose: «Signore e padrone mio, la vostra serva è qui con il cuore disposto a morire, se sarà necessario, per amor vostro; disponete di me secondo la vostra volontà. Solo chiedo che la vostra immensa bontà, non considerando la scarsità dei miei meriti e le mie ingratitudini, non permetta che arrivi ad essere contristato il mio Figlio e signore, ma che le sofferenze vengano solo sopra di me, che merito di patirle». Il Signore la affidò a san Giuseppe, affinché ella, in questo viaggio, vi si attenesse in tutto. Con ciò finì la visione, nella quale fu solo elevata nell'anima senza perdere i sensi, dal momento che teneva nelle braccia il bambino Gesù. Da questa, tuttavia, traboccarono nei sensi altri doni spirituali, quasi testimoniando che l'anima stava più dove amava che nel corpo che vivificava.

611. L'amore incomparabile che ella portava al suo santissimo Figlio, riflettendo sulle sofferenze sovrastanti il bambino e che aveva conosciuto nella visione, intenerì alquanto il suo cuore materno e misericordioso. Spargendo molte lacrime, uscì dal tempio per ritirarsi nel suo alloggio, senza manifestare al suo sposo la causa del suo dolore. Egli l'attribuiva alla sola profezia di Simeone, che avevano udito. Siccome, però, il fedelissimo sposo Giuseppe l'amava tanto e di sua natura era gentile e sollecito, si turbò nel vedere che la sua sposa così piangente ed afflitta non gli manifestava la causa di ciò, se una nuova causa vi era. Questo turbamento fu una delle varie ragioni per cui il santo angelo gli parlò in sogno, come accadde in precedenza, circa la gravidanza. In quella medesima notte, mentre san Giuseppe dormiva, gli apparve in sogno lo stesso santo angelo e gli disse come riferisce san Matteo: «Alzati, prendi con te il bambino e sua madre e fuggi in Egitto, e resta là finché non ti avvertirò, perché Erode sta cercando il bambino per ucciderlo». Nel medesimo istante si alzò il santo sposo pieno di sollecitudine e di pena, prevedendo quella della sua amatissima sposa. Avvicinatosi alla stanza in cui ella stava ritirata, le disse: «Signora mia, la volontà dell'Altissimo dispone che siamo rattristati. Il suo santo angelo mi ha parlato e manifestato che Dio vuole e ordina che noi col bambino fuggiamo in Egitto, poiché Erode medita di togliergli la vita. Fatevi animo, Signora, in questa sofferenza, e ditemi che cosa posso fare per vostro conforto, poiché la mia vita è a servizio vostro e del nostro dolce bambino».

612. Rispose la Regina: «Sposo e signor mio, se dalla generosissima mano dell'Altissimo riceviamo tanti beni di grazia, è giusto che con gioia accettiamo le fatiche passeggere. Porteremo con noi il Creatore del cielo e della terra; se egli ci ha messi vicino a sé, quale mano sarà tanto potente da farci del male, sia pure quella del re Erode? Il luogo in cui noi portiamo tutto il nostro bene, il sommo bene, il tesoro del cielo, il nostro Signore, la nostra guida e vera luce, non può essere per noi terra d'esilio; anzi, là è il nostro riposo, la nostra porzione e la nostra patria. Abbiamo tutto con la sua presenza; andiamo dunque a compiere la sua volontà». Maria santissima e san Giuseppe si avvicinarono alla culla del bambino che in quel momento, non a caso, dormiva. La divina Madre lo scoprì, ma egli non si svegliò, aspettando le sue tenere e dolorose parole: «Fuggi, mio diletto, simile a gazzella o ad un cerbiatto sopra i monti degli aromi. Vieni, diletto mio, andiamo nei campi, passiamo 1a notte nei villaggi. Dolce amore mio - aggiunse la tenera madre -, agnello mansuetissimo, il vostro potere non viene limitato da quello che hanno i re della terra; tuttavia, con immensa sapienza volete nasconderlo per amore degli stessi uomini. Chi, tra i mortali, può pensare, mio Bene, di togliervi la vita, visto che il vostro potere annienta il loro? Se voi date la vita a tutti'S, perché vogliono toglierla a voi? Se li cercate per dare loro la vita eterna, perché essi tentano di uccidervi? Chi potrà comprendere gli arcani misteri della vostra provvidenza? Suvvia, Signore e luce dell'anima mia, permettetemi ora di svegliarvi perché, anche se dormite, il vostro cuore veglia».

613. Parole simili a queste disse anche san Giuseppe. Subito la divina Madre, inginocchiatasi, svegliò e prese nelle sue braccia il dolcissimo bambino. Egli, per intenerirla di più e per manifestarsi come vero uomo, pianse un poco. Oh, meraviglie dell'Altissimo in cose tanto piccole per il nostro inadeguato discernimento! Subito, però, si calmò e diede in modo visibile, ad entrambi i genitori, la benedizione che essi gli domandavano. Raccogliendo i loro poveri pannicelli nella cassettina che avevano portato, partirono senza indugio poco dopo mezzanotte, conducendo con sé l'asinello sul quale la regina era venuta da Nazaret. In fretta si diressero verso l'Egitto, come dirò nel capitolo seguente.

614. Per concludere, mi fu concesso di comprendere la concordanza di san Matteo e san Luca sopra questo mistero. Tutti e quattro gli Evangelisti scrissero con l'assistenza e la luce dello Spirito Santo e con questa stessa luce ciascuno conosceva ciò che scrivevano gli altri tre e ciò che tralasciavano di dire. Per volontà divina, dunque, tutti e quattro scrissero in alcune parti dei Vangeli i medesimi episodi ed azioni della vita di Cristo, Signore nostro; in altre, invece, gli uni scrissero ciò che tralasciavano gli altri, come risulta dal Vangelo di san Giovanni e dagli altri tre. San Matteo scrisse l'adorazione dei Magi e la fuga in Egitto, ma quest'ultima non fu scritta da san Luca. Egli narrò la circoncisione, la presentazione e la purificazione, che furono tralasciate da san Matteo. Questi, dopo aver narrato il ritorno dei re Magi, comincia subito a raccontare che l'angelo parlò a san Giuseppe affinché fuggissero in Egitto, senza parlare della presentazione. Da ciò, però, non consegue che non vi fu prima la presentazione del Dio bambino, perché è certo che ciò accadde dopo che i re si furono congedati e prima di partire per l'Egitto, come narra san Luca. Così ancora lo stesso san Luca scrive che dopo la presentazione e purificazione ritornarono a Nazaret. Da ciò, però, non consegue che non fossero andati prima in Egitto, perché senza dubbio vi andarono, come scrive san Matteo.

San Luca non parlò di questa fuga, perché già scritta da san Matteo. Ciò accadde immediatamente dopo la presentazione e prima che Maria santissima e san Giuseppe ritornassero a Nazaret. Non dovendo san Luca scrivere questo viaggio, era necessario, per continuare il filo della sua storia, che dopo la presentazione scrivesse il ritorno a Nazaret. Il fatto di dire che, terminato ciò che comandava la legge ritornarono in Galilea, non fu un negare il viaggio in Egitto, ma continuare la narrazione, tralasciando di raccontare la fuga da Erode. Dal medesimo testo di san Luca si desume che l'andata a Nazaret avvenne dopo che furono tornati dall'Egitto. Infatti, egli dice che il bambino cresceva e si fortificava con sapienza e si riconosceva in lui la grazia. Ciò non poteva avvenire prima che fossero giunti gli anni dell'infanzia, quando nei bambini si scopre il principio dell'uso di ragione e cioè dopo il ritorno dall'Egitto.

615. Ho anche compreso quanto sia stolto lo scandalo degli increduli, i quali iniziano ad urtare in questa pietra angolare, Cristo nostro bene, dalla sua fanciullezza, vedendolo fuggire in Egitto per difendersi da Erode, come se in questo vi fosse una mancanza di potere e non già un mistero finalizzato a scopi ben più alti di quello di difendere semplicemente la sua vita dalla crudeltà di un uomo peccatore. Per rasserenare un cuore ben disposto, bastava quello che dice il medesimo Evangelista, secondo il quale si doveva avverare la profezia di Osea, che, in nome del Padre eterno, dice: Dall'Egitto ho chiamato il mio figlio. I fini che egli ebbe nell'inviarlo in quel luogo e nel richiamarlo, sono molto misteriosi; di essi parlerò più avanti. Se anche tutte le opere del Verbo non fossero state tanto ammirabili e piene di grazie, nessuno, che abbia buon senso, può biasimare o ignorare l'amabile provvidenza con la quale Dio governa le cause seconde, lasciando operare la volontà umana secondo la sua libertà. Per questa ragione e non per mancanza di potere, permette nel mondo tante ingiurie contro di lui e offese di idolatrie, eresie e di altri peccati, che non sono minori di quello di Erode. Infatti permise quello di Giuda e di coloro che in concreto maltrattarono e crocifissero il Signore Gesù. È chiaro che avrebbe potuto impedire tutto questo, ma non lo fece. Ciò non solamente per operare la redenzione, ma anche perché conseguì per gli uomini di potere agire per mezzo della loro libera volontà, dando ad essi la grazia e gli aiuti che convenivano alla sua divina provvidenza, affinché operassero il bene, se gli uomini avessero voluto usare della loro libertà per il bene, come l'adoperano per il male.

616. Con questa stessa dolcezza della sua provvidenza, egli dona tempo ed aspetta la conversione dei peccatori, come fece con Erode. Se usasse del suo potere assoluto e facesse grandi miracoli per fermare gli effetti delle cause seconde, si sovvertirebbe l'ordine della natura e, in un certo modo, egli sarebbe contrario, come autore della grazia, a se stesso come autore della natura. Perciò Dio riservò i miracoli a momenti particolari, in cui volle manifestare la sua onnipotenza e farsi conoscere come creatore di tutto, senza dipendere dalle medesime cose da lui create e mantenute in vita. Né deve destare sorpresa il fatto che abbia permesso, per mano di Erode, la morte di bambini innocenti. Non era conveniente difenderli con miracoli, poiché quella morte procurò loro la vita eterna con abbondante premio. E questa, senza confronto, vale più della temporale, che si deve posporre e perdere per acquistarla. Se quei bambini fossero vissuti e morti di morte naturale, forse non sarebbero stati tutti salvi. Le opere del Signore sono in tutto giuste e sante, benché noi non riusciamo subito a conoscere le ragioni della sua giustizia, anche se in lui le conosceremo quando lo vedremo faccia a faccia.

 

Insegnamento che mi diede la Regina del cielo

 

617. Figlia mia, tra le cose che per il tuo insegnamento devi considerare in questo capitolo, la prima sia l'umile riconoscenza dei benefici che ricevi, perché tra le generazioni sei tanto distinta ed arricchita con quello che mio Figlio ed io facciamo verso di te, senza che lo meriti. Io ripetevo molte volte il versetto di Davide: Che cosa renderò al Signore per quanto mi ha dato? Con questo sentimento di gratitudine, mi umiliavo sino alla polvere, stimandomi inutile tra le creature. Ora se tu sai che io facevo ciò, essendo vera Madre di Dio, considera bene quale sia il tuo obbligo, mentre con tanta verità ti devi confessare indegna e immeritevole di quello che ricevi e povera per contraccambiarlo e ripagarlo! Devi supplire a questa inadeguatezza della tua miseria e fragilità, offrendo all'eterno Padre l'ostia viva del suo Unigenito fatto uomo, specialmente quando lo ricevi nell'Eucarestia e lo tieni nel tuo petto. Imiterai Davide, il quale, dopo la domanda che faceva a se stesso su cosa avrebbe dato al Signore per tutti i benefici che gli aveva concesso, rispondeva: «Alzerò i1 calice della salvezza e invocherò il nome del Signore». Devi attendere alla tua salvezza, attuando ciò che conduce ad essa; ricambiare, comportandoti in modo perfetto; invocare il nome del Signore, e offrirgli il suo Unigenito. Egli è colui che fece prodigi e realizzò la salvezza, e che solo può essere contraccambio adeguato di quanto riceveste dalla sua mano onnipotente, sia tu singolarmente sia tutto il genere umano. lo gli diedi natura umana, affinché vivesse fra gli uomini e appartenesse a ciascuno di essi. Egli si pose sotto le specie del pane e del vino per appartenere maggiormente a ciascuno, e perché ognuno ne gioisse e lo offrisse al Padre come sua proprietà. Le anime suppliscono con questa offerta a ciò che senza di essa non potrebbero dare all'Altissimo. Egli ne resta appagato poiché non può desiderare né chiedere agli uomini cosa più gradita.

618. Un'altra offerta da lui molto apprezzata è quella che gli fanno gli uomini abbracciando e sopportando con il medesimo animo e con pazienza le sofferenze e le avversità della vita terrena. Il mio santissimo Figlio ed io fummo eminenti maestri di questa dottrina. E sua Maestà incominciò ad insegnarla dall'istante in cui lo concepii nel mio grembo. Subito iniziammo a peregrinare: già dalla sua nascita soffrimmo la persecuzione nell'esilio a cui ci obbligò Erode ed il patire continuò fino a quando morì sulla croce. Io fui tormentata fino alla fine della mia vita, come tu potrai conoscere e scrivere. Poiché soffrimmo tanto per le creature e per la loro salvezza, desidero che tu, come sua sposa e mia figlia, ci sia simile e ci imiti, soffrendo con cuore grande e faticando per guadagnare al tuo Signore e padrone la salvezza, tanto preziosa ai suoi occhi, delle anime che egli riscattò con la sua vita ed il suo sangue. Non devi mai allontanare alcuna pena, difficoltà, amarezza o sofferenza, se per mezzo di qualcuna di queste puoi guadagnare qualche anima a Dio o aiutarla ad uscire dal peccato e a migliorare la sua vita. Non ti abbatta l'essere così inutile e povera, né il fatto che il tuo sofferto desiderio possa avere poca riuscita, poiché non sai come lo accetterà l'Altissimo e quanto ne rimarrà soddisfatto. Se non fosse per altro, tu devi faticare assiduamente, e non mangiare il pane oziosa nella sua casa.


Settima apparizione - 23 febbraio 1858

Lourdes

Bernadette giunse all'alba, accompagnata dalla madre e dalle zie Bernarda e Basilia. Un centinaio di persone erano già sul posto tra i quali il dott. Dozous, l'attendente militare Lafitte. La Madonna comunicò a Bernadette tre segreti che riguardavano solamente lei, da non rivelare a nessuno. Per questo viene oggi chiamata l'apparizione dei segreti. La Signora, che non aveva ancora dichiarato il suo nome disse ancora a Bernadette: "Ora figlia mia, vai e dì ai preti che voglio sia eretta in questo luogo una cappella". Bernadette cercò il curato Peyramale per riferire il desiderio della Signora, ma il prete non volle crederle e incaricò la ragazza a chiedere il nome di questa Signora. In un secondo momento il curato, per poter credere alla visione, chiese che il roseto vicino alla Grotta sarebbe dovuto fiorire; questo sarebbe stato un segno che le apparizioni non erano frutto di un'illusione.