Sotto il Tuo Manto

Giovedi, 5 giugno 2025 - San Bonifacio (Letture di oggi)

Tutta la infelicità  degli uomini dipende da una sola cosa: dalla lontananza da Dio. Dopo aver peccato, Adamo è angosciato, ha paura, si nasconde. Ma Dio non si rassegna alla lontananza, si mette sulle sue tracce, lo cerca: "Adamo, dove sei?" Dio non cessa mai di mettersi sui nostri sentieri. Dio non cessa mai di chiedere all'uomo dove si trovi perché sa che fuori dalla comunione con Lui c'è l'infelicità  e la morte. Se l'angoscia, la paura è il frutto del peccato, la fiducia in Dio è il segno della grazia. La santità  è questione di fiducia. La verità  dell'uomo non è il peccato, ma l'intimità  con Dio. "Dove sei?" - chiede Dio "Nel Tuo amore!" - rispondo io. (Don Nikola Vucic)

Liturgia delle Ore - Letture

Venerdi della 5° settimana del tempo di Quaresima (San Stanislao)

Questa sezione contiene delle letture scelte a caso, provenienti dalle varie sezioni del sito (Sacra Bibbia e la sezione Biblioteca Cristiana), mentre l'ultimo tab Apparizioni, contiene messaggi di apparizioni a mistici o loro scritti. Sono presenti testi della Valtorta, Luisa Piccarreta, don Stefano Gobbi e testimonianze di apparizioni mariane riconosciute.

Vangelo secondo Giovanni 9

1Passando vide un uomo cieco dalla nascita2e i suoi discepoli lo interrogarono: "Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché egli nascesse cieco?".3Rispose Gesù: "né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è così perché si manifestassero in lui le opere di Dio.4Dobbiamo compiere le opere di colui che mi ha mandato finché è giorno; poi viene la notte, quando nessuno può più operare.5Finché sono nel mondo, sono la luce del mondo".6Detto questo sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco7e gli disse: "Va' a lavarti nella piscina di Sìloe (che significa Inviato)". Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva.8Allora i vicini e quelli che lo avevano visto prima, poiché era un mendicante, dicevano: "Non è egli quello che stava seduto a chiedere l'elemosina?".9Alcuni dicevano: "È lui"; altri dicevano: "No, ma gli assomiglia". Ed egli diceva: "Sono io!".10Allora gli chiesero: "Come dunque ti furono aperti gli occhi?".11Egli rispose: "Quell'uomo che si chiama Gesù ha fatto del fango, mi ha spalmato gli occhi e mi ha detto: Va' a Sìloe e lavati! Io sono andato e, dopo essermi lavato, ho acquistato la vista".12Gli dissero: "Dov'è questo tale?". Rispose: "Non lo so".
13Intanto condussero dai farisei quello che era stato cieco:14era infatti sabato il giorno in cui Gesù aveva fatto del fango e gli aveva aperto gli occhi.15Anche i farisei dunque gli chiesero di nuovo come avesse acquistato la vista. Ed egli disse loro: "Mi ha posto del fango sopra gli occhi, mi sono lavato e ci vedo".16Allora alcuni dei farisei dicevano: "Quest'uomo non viene da Dio, perché non osserva il sabato". Altri dicevano: "Come può un peccatore compiere tali prodigi?". E c'era dissenso tra di loro.17Allora dissero di nuovo al cieco: "Tu che dici di lui, dal momento che ti ha aperto gli occhi?". Egli rispose: "È un profeta!".18Ma i Giudei non vollero credere di lui che era stato cieco e aveva acquistato la vista, finché non chiamarono i genitori di colui che aveva ricuperato la vista.19E li interrogarono: "È questo il vostro figlio, che voi dite esser nato cieco? Come mai ora ci vede?".20I genitori risposero: "Sappiamo che questo è il nostro figlio e che è nato cieco;21come poi ora ci veda, non lo sappiamo, né sappiamo chi gli ha aperto gli occhi; chiedetelo a lui, ha l'età, parlerà lui di se stesso".22Questo dissero i suoi genitori, perché avevano paura dei Giudei; infatti i Giudei avevano già stabilito che, se uno lo avesse riconosciuto come il Cristo, venisse espulso dalla sinagoga.23Per questo i suoi genitori dissero: "Ha l'età, chiedetelo a lui!".
24Allora chiamarono di nuovo l'uomo che era stato cieco e gli dissero: "Dà gloria a Dio! Noi sappiamo che quest'uomo è un peccatore".25Quegli rispose: "Se sia un peccatore, non lo so; una cosa so: prima ero cieco e ora ci vedo".26Allora gli dissero di nuovo: "Che cosa ti ha fatto? Come ti ha aperto gli occhi?".27Rispose loro: "Ve l'ho già detto e non mi avete ascoltato; perché volete udirlo di nuovo? Volete forse diventare anche voi suoi discepoli?".28Allora lo insultarono e gli dissero: "Tu sei suo discepolo, noi siamo discepoli di Mosè!29Noi sappiamo infatti che a Mosè ha parlato Dio; ma costui non sappiamo di dove sia".30Rispose loro quell'uomo: "Proprio questo è strano, che voi non sapete di dove sia, eppure mi ha aperto gli occhi.31Ora, noi sappiamo che Dio non ascolta i peccatori, ma se uno è timorato di Dio e fa la sua volontà, egli lo ascolta.32Da che mondo è mondo, non s'è mai sentito dire che uno abbia aperto gli occhi a un cieco nato.33Se costui non fosse da Dio, non avrebbe potuto far nulla".34Gli replicarono: "Sei nato tutto nei peccati e vuoi insegnare a noi?". E lo cacciarono fuori.
35Gesù seppe che l'avevano cacciato fuori, e incontratolo gli disse: "Tu credi nel Figlio dell'uomo?".36Egli rispose: "E chi è, Signore, perché io creda in lui?".37Gli disse Gesù: "Tu l'hai visto: colui che parla con te è proprio lui".38Ed egli disse: "Io credo, Signore!". E gli si prostrò innanzi.39Gesù allora disse: "Io sono venuto in questo mondo per giudicare, perché coloro che non vedono vedano e quelli che vedono diventino ciechi".40Alcuni dei farisei che erano con lui udirono queste parole e gli dissero: "Siamo forse ciechi anche noi?".41Gesù rispose loro: "Se foste ciechi, non avreste alcun peccato; ma siccome dite: Noi vediamo, il vostro peccato rimane".


Secondo libro di Samuele 2

1Dopo questi fatti, Davide consultò il Signore dicendo: "Devo andare in qualcuna delle città di Giuda?". Il Signore gli rispose: "Va'!". Chiese ancora Davide: "Dove andrò?". Rispose: "A Ebron".2Davide dunque andò là con le sue due mogli, Achinoàm di Izreèl e Abigail, già moglie di Nabal da Carmel.3Davide portò con sé anche i suoi uomini, ognuno con la sua famiglia, e abitarono nella città di Ebron.4Vennero allora gli uomini di Giuda e qui unsero Davide re sulla casa di Giuda.
Come fu noto a Davide che gli uomini di Iabes di Gàlaad avevano sepolto Saul,5Davide inviò messaggeri agli uomini di Iabes di Gàlaad per dir loro: "Benedetti voi dal Signore, perché avete fatto quest'opera di misericordia al vostro Signore, a Saul, e gli avete dato sepoltura.6Vi renda dunque il Signore misericordia e fedeltà. Anch'io farò a voi del bene perché avete compiuto quest'opera.7Ora riprendano coraggio le vostre mani e siate uomini forti. È morto Saul vostro signore, ma quelli della tribù di Giuda hanno unto me come re sopra di loro".
8Intanto Abner figlio di Ner, capo dell'esercito di Saul, prese Is-Bàal, figlio di Saul e lo condusse a Macanàim.9Poi lo costituì re su Gàlaad, sugli Asuriti, su Izreèl, su Èfraim e su Beniamino, cioè su tutto Israele.10Is-Bàal, figlio di Saul, aveva quarant'anni quando fu fatto re di Israele e regnò due anni. Solo la casa di Giuda seguiva Davide.11Il periodo di tempo durante il quale Davide fu re di Ebron fu di sette anni e sei mesi.
12Abner figlio di Ner e i ministri di Is-Bàal, figlio di Saul, si mossero da Macanàim verso Gàbaon.13Anche Ioab, figlio di Zeruià, e i seguaci di Davide si mossero e li incontrarono presso la piscina di Gàbaon. Questi stavano presso la piscina da una parte e quelli dall'altra parte.14Abner gridò a Ioab: "Potrebbero alzarsi i giovani e scontrarsi davanti a noi". Ioab rispose: "Si alzino pure".15Si alzarono e sfilarono in rassegna: dodici dalla parte di Beniamino e di Is-Bàal figlio di Saul e dodici tra i seguaci di Davide.16Ciascuno afferrò la testa dell'avversario e gli cacciò la spada nel fianco: così caddero tutti insieme e quel luogo fu chiamato Campo dei Fianchi, che si trova in Gàbaon.
17La battaglia divenne in quel giorno molto dura e furono sconfitti Abner e gli Israeliti dai seguaci di Davide.18Vi erano là tre figli di Zeruià, Ioab, Abisài e Asaèl. Asaèl era veloce nella corsa come una gazzella selvatica.19Asaèl si era messo ad inseguire Abner e non deviava né a destra né a sinistra nell'inseguire Abner.20Abner si volse indietro e gli gridò: "Tu sei Asaèl?". Rispose: "Sì".21Abner aggiunse: "Volgiti a destra o a sinistra, afferra qualcuno dei giovani e porta via le sue spoglie". Ma Asaèl non volle cessare di inseguirlo.22Abner tornò a dirgli: "Smetti di inseguirmi. Perché vuoi che ti stenda a terra? Come potrò alzare lo sguardo verso Ioab tuo fratello?".23Ma siccome quegli non voleva saperne di ritirarsi, lo colpì con la punta della lancia al basso ventre, così che la lancia gli uscì di dietro ed egli cadde sul posto. Allora quanti arrivarono al luogo dove Asaèl era caduto e morto si fermarono.24Ma Ioab e Abisài inseguirono Abner, finché, al tramonto del sole, essi giunsero alla collina di Ammà, di fronte a Ghiach, sulla strada del deserto di Gàbaon.
25I Beniaminiti si radunarono dietro Abner formando un gruppo compatto e si fermarono in cima ad una collina.26Allora Abner gridò a Ioab: "Dovrà continuare per sempre la spada a divorare? Non sai che alla fine sarà una sventura? Quando finalmente darai ordine alla truppa di cessare l'inseguimento dei loro fratelli?".27Rispose Ioab: "Per la vita di Dio, se tu non avessi parlato così, nessuno della truppa avrebbe cessato fino al mattino di inseguire il proprio fratello".28Allora Ioab fece suonare la tromba e tutta la truppa si fermò e non inseguì più Israele e non combatté più.29Abner e i suoi uomini marciarono per l'Araba tutta quella notte; passarono il Giordano, camminarono tutta la mattinata e arrivarono a Macanàim.30Ioab, tornato dall'inseguimento di Abner, radunò tutta la truppa. Degli uomini di Davide ne mancavano diciannove oltre Asaèl.31Ma i servi di Davide avevano colpito e ucciso trecentosessanta uomini tra i Beniaminiti e la gente di Abner.32Essi presero Asaèl e lo seppellirono nel sepolcro di suo padre, che è in Betlemme. Ioab e i suoi uomini marciarono tutta la notte; spuntava il giorno quando furono in Ebron.


Siracide 17

1Il Signore creò l'uomo dalla terra
e ad essa lo fa tornare di nuovo.
2Egli assegnò agli uomini giorni contati e un tempo
fissato,
diede loro il dominio di quanto è sulla terra.
3Secondo la sua natura li rivestì di forza,
e a sua immagine li formò.
4Egli infuse in ogni essere vivente il timore dell'uomo,
perché l'uomo dominasse sulle bestie e sugli uccelli.
5Discernimento, lingua, occhi, orecchi e cuore
diede loro perché ragionassero.
6Li riempì di dottrina e d'intelligenza,
e indicò loro anche il bene e il male.
7Pose lo sguardo nei loro cuori
per mostrar loro la grandezza delle sue opere.
8Loderanno il suo santo nome
per narrare la grandezza delle sue opere.
9Inoltre pose davanti a loro la scienza
e diede loro in eredità la legge della vita.
10Stabilì con loro un'alleanza eterna
e fece loro conoscere i suoi decreti.
11I loro occhi contemplarono la grandezza della sua
gloria,
i loro orecchi sentirono la magnificenza della sua voce.
12Disse loro: "Guardatevi da ogni ingiustizia!"
e diede a ciascuno precetti verso il prossimo.

13Le loro vie sono sempre davanti a lui,
non restano nascoste ai suoi occhi.
14Su ogni popolo mise un capo,
ma Israele è la porzione del Signore.
15Tutte le loro opere sono davanti a lui come il sole,
i suoi occhi osservano sempre la loro condotta.
16A lui non sono nascoste le loro ingiustizie,
tutti i loro peccati sono davanti al Signore.
17La beneficenza dell'uomo è per lui come un sigillo,
egli serberà la generosità come la propria pupilla.
18Alla fine si leverà e renderà loro la ricompensa,
riverserà su di loro il contraccambio.
19Ma a chi si pente egli offre il ritorno,
consola quanti vengono meno nella pazienza.

20Ritorna al Signore e cessa di peccare,
prega davanti a lui e cessa di offendere.
21Fa' ritorno all'Altissimo e volta le spalle
all'ingiustizia;
detesta interamente l'iniquità.
22Negli inferi infatti chi loderà l'Altissimo,
al posto dei viventi e di quanti gli rendono lode?
23Da un morto, che non è più, la riconoscenza si perde,
chi è vivo e sano loda il Signore.
24Quanto è grande la misericordia del Signore,
il suo perdono per quanti si convertono a lui!
25L'uomo non può avere tutto,
poiché un figlio dell'uomo non è immortale.
26Che c'è di più luminoso del sole? Anch'esso
scompare.
Così carne e sangue pensano al male.
27Esso sorveglia le schiere dell'alto cielo,
ma gli uomini sono tutti terra e cenere.


Salmi 77

1'Al maestro del coro. Su "Iditum". Di Asaf. Salmo.'
2La mia voce sale a Dio e grido aiuto;
la mia voce sale a Dio, finché mi ascolti.
3Nel giorno dell'angoscia io cerco il Signore,
tutta la notte la mia mano è tesa e non si stanca;
io rifiuto ogni conforto.
4Mi ricordo di Dio e gemo,
medito e viene meno il mio spirito.

5Tu trattieni dal sonno i miei occhi,
sono turbato e senza parole.
6Ripenso ai giorni passati,
ricordo gli anni lontani.
7Un canto nella notte mi ritorna nel cuore:
rifletto e il mio spirito si va interrogando.

8Forse Dio ci respingerà per sempre,
non sarà più benevolo con noi?
9È forse cessato per sempre il suo amore,
è finita la sua promessa per sempre?
10Può Dio aver dimenticato la misericordia,
aver chiuso nell'ira il suo cuore?

11E ho detto: "Questo è il mio tormento:
è mutata la destra dell'Altissimo".
12Ricordo le gesta del Signore,
ricordo le tue meraviglie di un tempo.
13Mi vado ripetendo le tue opere,
considero tutte le tue gesta.

14O Dio, santa è la tua via;
quale dio è grande come il nostro Dio?
15Tu sei il Dio che opera meraviglie,
manifesti la tua forza fra le genti.
16È il tuo braccio che ha salvato il tuo popolo,
i figli di Giacobbe e di Giuseppe.

17Ti videro le acque, Dio,
ti videro e ne furono sconvolte;
sussultarono anche gli abissi.
18Le nubi rovesciarono acqua,
scoppiò il tuono nel cielo;
le tue saette guizzarono.
19Il fragore dei tuoi tuoni nel turbine,
i tuoi fulmini rischiararono il mondo,
la terra tremò e fu scossa.

20Sul mare passava la tua via,
i tuoi sentieri sulle grandi acque
e le tue orme rimasero invisibili.
21Guidasti come gregge il tuo popolo
per mano di Mosè e di Aronne.


Isaia 14

1Il Signore infatti avrà pietà di Giacobbe e si sceglierà ancora Israele e li ristabilirà nel loro paese. A loro si uniranno gli stranieri, che saranno incorporati nella casa di Giacobbe.2I popoli li accoglieranno e li ricondurranno nel loro paese e se ne impossesserà la casa di Israele nel paese del Signore come schiavi e schiave; così faranno prigionieri coloro che li avevano resi schiavi e domineranno i loro avversari.
3In quel giorno il Signore ti libererà dalle tue pene e dal tuo affanno e dalla dura schiavitù con la quale eri stato asservito.4Allora intonerai questa canzone sul re di Babilonia e dirai:

"Ah, come è finito l'aguzzino,
è finita l'arroganza!
5Il Signore ha spezzato la verga degli iniqui,
il bastone dei dominatori,
6di colui che percuoteva i popoli nel suo furore,
con colpi senza fine,
che dominava con furia le genti
con una tirannia senza respiro.
7Riposa ora tranquilla tutta la terra
ed erompe in grida di gioia.
8Persino i cipressi gioiscono riguardo a te
e anche i cedri del Libano:
Da quando tu sei prostrato, non salgono più
i tagliaboschi contro di noi.
9Gli inferi di sotto si agitano per te,
per venirti incontro al tuo arrivo;
per te essi svegliano le ombre,
tutti i dominatori della terra,
e fanno sorgere dai loro troni tutti i re delle nazioni.
10Tutti prendono la parola per dirti:
Anche tu sei stato abbattuto come noi,
sei diventato uguale a noi.
11Negli inferi è precipitato il tuo fasto,
la musica delle tue arpe;
sotto di te v'è uno strato di marciume,
tua coltre sono i vermi.
12Come mai sei caduto dal cielo,
Lucifero, figlio dell'aurora?
Come mai sei stato steso a terra,
signore di popoli?
13Eppure tu pensavi:
Salirò in cielo,
sulle stelle di Dio
innalzerò il trono,
dimorerò sul monte dell'assemblea,
nelle parti più remote del settentrione.
14Salirò sulle regioni superiori delle nubi,
mi farò uguale all'Altissimo.
15E invece sei stato precipitato negli inferi,
nelle profondità dell'abisso!
16Quanti ti vedono ti guardano fisso,
ti osservano attentamente.
È questo l'individuo che sconvolgeva la terra,
che faceva tremare i regni,
17che riduceva il mondo a un deserto,
che ne distruggeva le città,
che non apriva ai suoi prigionieri la prigione?
18Tutti i re dei popoli,
tutti riposano con onore,
ognuno nella sua tomba.
19Tu, invece, sei stato gettato fuori del tuo sepolcro,
come un virgulto spregevole;
sei circondato da uccisi trafitti da spada,
come una carogna calpestata.
A coloro che sono scesi in una tomba di pietre
20tu non sarai unito nella sepoltura,
perché hai rovinato il tuo paese,
hai assassinato il tuo popolo;non sarà più nominata
la discendenza dell'iniquo.
21Preparate il massacro dei suoi figli
a causa dell'iniquità del loro padre
e non sorgano più a conquistare la terra
e a riempire il mondo di rovine".

22Io insorgerò contro di loro - parola del Signore degli eserciti -, sterminerò il nome di Babilonia e il resto, la prole e la stirpe - oracolo del Signore -.23Io la ridurrò a dominio dei ricci, a palude stagnante; la scoperò con la scopa della distruzione - oracolo del Signore degli eserciti -.

24Il Signore degli eserciti ha giurato:
"In verità
come ho pensato, accadrà
e succederà come ho deciso.
25Io spezzerò l'Assiro nella mia terra
e sui miei monti lo calpesterò.
Allora sparirà da loro il suo giogo,
il suo peso dalle loro spalle".
26Questa è la decisione presa per tutta la terra
e questa è la mano stesa su tutte le genti.
27Poiché il Signore degli eserciti
lo ha deciso; chi potrà renderlo vano?
La sua mano è stesa, chi gliela farà ritirare?

28Nell'anno in cui morì il re Acaz fu comunicato questo oracolo:

29"Non gioire, Filistea tutta,
perché si è spezzata la verga di chi ti percuoteva.
Poiché dalla radice del serpe uscirà una vipera
e il suo frutto sarà un drago alato.
30I poveri pascoleranno sui miei prati
e i miseri vi riposeranno tranquilli;
ma farò morire di fame la tua stirpe
e ucciderò il tuo resto.
31Urla, porta; grida, città;
trema, Filistea tutta,
perché dal settentrione si alza il fumo
e nessuno si sbanda dalle sue schiere".
32Che si risponderà ai messaggeri delle nazioni?
"Il Signore ha fondato Sion
e in essa si rifugiano gli oppressi del suo popolo".


Atti degli Apostoli 5

1Un uomo di nome Ananìa con la moglie Saffìra vendette un suo podere2e, tenuta per sé una parte dell'importo d'accordo con la moglie, consegnò l'altra parte deponendola ai piedi degli apostoli.3Ma Pietro gli disse: "Ananìa, perché mai satana si è così impossessato del tuo cuore che tu hai mentito allo Spirito Santo e ti sei trattenuto parte del prezzo del terreno?4Prima di venderlo, non era forse tua proprietà e, anche venduto, il ricavato non era sempre a tua disposizione? Perché hai pensato in cuor tuo a quest'azione? Tu non hai mentito agli uomini, ma a Dio".5All'udire queste parole, Ananìa cadde a terra e spirò. E un timore grande prese tutti quelli che ascoltavano.6Si alzarono allora i più giovani e, avvoltolo in un lenzuolo, lo portarono fuori e lo seppellirono.
7Avvenne poi che, circa tre ore più tardi, entrò anche sua moglie, ignara dell'accaduto.8Pietro le chiese: "Dimmi: avete venduto il campo a tal prezzo?". Ed essa: "Sì, a tanto".9Allora Pietro le disse: "Perché vi siete accordati per tentare lo Spirito del Signore? Ecco qui alla porta i passi di coloro che hanno seppellito tuo marito e porteranno via anche te".10D'improvviso cadde ai piedi di Pietro e spirò. Quando i giovani entrarono, la trovarono morta e, portatala fuori, la seppellirono accanto a suo marito.11E un grande timore si diffuse in tutta la Chiesa e in quanti venivano a sapere queste cose.

12Molti miracoli e prodigi avvenivano fra il popolo per opera degli apostoli. Tutti erano soliti stare insieme nel portico di Salomone;13degli altri, nessuno osava associarsi a loro, ma il popolo li esaltava.14Intanto andava aumentando il numero degli uomini e delle donne che credevano nel Signore15fino al punto che portavano gli ammalati nelle piazze, ponendoli su lettucci e giacigli, perché, quando Pietro passava, anche solo la sua ombra coprisse qualcuno di loro.16Anche la folla delle città vicine a Gerusalemme accorreva, portando malati e persone tormentate da spiriti immondi e tutti venivano guariti.

17Si alzò allora il sommo sacerdote e quelli della sua parte, cioè la setta dei sadducei, pieni di livore,18e fatti arrestare gli apostoli li fecero gettare nella prigione pubblica.19Ma durante la notte un angelo del Signore aprì le porte della prigione, li condusse fuori e disse:20"Andate, e mettetevi a predicare al popolo nel tempio tutte queste parole di vita".21Udito questo, entrarono nel tempio sul far del giorno e si misero a insegnare.

Quando arrivò il sommo sacerdote con quelli della sua parte, convocarono il sinedrio e tutti gli anziani dei figli d'Israele; mandarono quindi a prelevare gli apostoli nella prigione.22Ma gli incaricati, giunti sul posto, non li trovarono nella prigione e tornarono a riferire:23"Abbiamo trovato il carcere scrupolosamente sbarrato e le guardie ai loro posti davanti alla porta, ma, dopo aver aperto, non abbiamo trovato dentro nessuno".24Udite queste parole, il capitano del tempio e i sommi sacerdoti si domandavano perplessi che cosa mai significasse tutto questo,25quando arrivò un tale ad annunziare: "Ecco, gli uomini che avete messo in prigione si trovano nel tempio a insegnare al popolo".
26Allora il capitano uscì con le sue guardie e li condusse via, ma senza violenza, per timore di esser presi a sassate dal popolo.27Li condussero e li presentarono nel sinedrio; il sommo sacerdote cominciò a interrogarli dicendo:28"Vi avevamo espressamente ordinato di non insegnare più nel nome di costui, ed ecco voi avete riempito Gerusalemme della vostra dottrina e volete far ricadere su di noi il sangue di quell'uomo".29Rispose allora Pietro insieme agli apostoli: "Bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini.30Il Dio dei nostri padri ha risuscitato Gesù, che voi avevate ucciso appendendolo alla croce.31Dio lo ha innalzato con la sua destra facendolo capo e salvatore, per dare a Israele la grazia della conversione e il perdono dei peccati.32E di questi fatti siamo testimoni noi e lo Spirito Santo, che Dio ha dato a coloro che si sottomettono a lui".33All'udire queste cose essi si irritarono e volevano metterli a morte.

34Si alzò allora nel sinedrio un fariseo, di nome Gamalièle, dottore della legge, stimato presso tutto il popolo. Dato ordine di far uscire per un momento gli accusati,35disse: "Uomini di Israele, badate bene a ciò che state per fare contro questi uomini.36Qualche tempo fa venne Tèuda, dicendo di essere qualcuno, e a lui si aggregarono circa quattrocento uomini. Ma fu ucciso, e quanti s'erano lasciati persuadere da lui si dispersero e finirono nel nulla.37Dopo di lui sorse Giuda il Galileo, al tempo del censimento, e indusse molta gente a seguirlo, ma anch'egli perì e quanti s'erano lasciati persuadere da lui furono dispersi.38Per quanto riguarda il caso presente, ecco ciò che vi dico: Non occupatevi di questi uomini e lasciateli andare. Se infatti questa teoria o questa attività è di origine umana, verrà distrutta;39ma se essa viene da Dio, non riuscirete a sconfiggerli; non vi accada di trovarvi a combattere contro Dio!".
40Seguirono il suo parere e, richiamati gli apostoli, li fecero fustigare e ordinarono loro di non continuare a parlare nel nome di Gesù; quindi li rimisero in libertà.41Ma essi se ne andarono dal sinedrio lieti di essere stati oltraggiati per amore del nome di Gesù.42E ogni giorno, nel tempio e a casa, non cessavano di insegnare e di portare il lieto annunzio che Gesù è il Cristo.


Capitolo VII: Proteggere la grazia sotto la salvaguardia dell’umiltà

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1. O figlio, è per te cosa assai utile e sicura tenere nascosta la grazia della devozione; non insuperbirne, non continuare a parlarne e neppure a ripensarci molto. Disprezza, invece, temendo questa grazia come data a uno che non ne era degno. Non devi attaccarti troppo forte a un tale slancio devoto, che subitamente può trasformarsi in un sentimento contrario. Nel tempo della grazia ripensa a quanto, di solito, sei misero e povero senza la grazia. Un progresso nella vita spirituale non lo avrai raggiunto quando avrai avuto la grazia della consolazione, ma quando, con umiltà, abnegazione e pazienza, avrai saputo sopportare che essa ti sia tolta. Cosicché, neppure allora, tu sia pigro nell'amore alla preghiera o lasci cadere del tutto le abituali opere di pietà; anzi, tu faccia volenterosamente tutto quanto è in te, come meglio potrai e saprai, senza lasciarti andare del tutto a causa dell'aridità e dell'ansietà spirituale che senti.  

2. Molti, non appena accade qualcosa di male, si fanno tosto impazienti e perdono la buona volontà. Ma le vie dell'uomo non dipendono sempre da lui. E' Dio che può dare e consolare, quando vuole e quanto vuole e a chi egli vuole; nella misura che gli piacerà e non di più. Molti, poi, fattisi arditi per il fatto che sentivano la grazia della devozione, procurarono la loro rovina: essi vollero fare di più di quanto era nelle loro possibilità, non considerando la propria pochezza e seguendo l'impulso del cuore piuttosto che il giudizio della ragione. Presunsero di poter fare più di quello che era nella volontà di Dio; perciò d'un tratto persero la grazia. Essi, che avevano posto il loro nido nel cielo, restarono a mani vuote, abbandonati alla loro miseria; cosicché, umiliati e spogliati, imparassero, a non volare con le loro ali, ma a star sotto le mie ali, nella speranza. Coloro che sono ancora novellini e inesperti nella via del Signore facilmente si ingannano e cadono, se non si attaccano al consiglio di persone elette. E se vogliono seguire quello che loro sembra giusto, anziché affidarsi ad altri più esperti, finiranno male, a meno che non vogliano ritrarsi dal proprio interno. Coloro che si credono sapienti di per sé, di rado si lasciano umilmente guidare da altri. Sennonché uno scarso sapere e una modesta capacità di comprendere, accompagnati dall'umiltà, valgono di più di un gran tesoro di scienza, accompagnato dal vuoto compiacimento di sé. E' meglio per te avere poco, piuttosto che molto; del molto potresti insuperbire.

Non agisce con sufficiente saggezza colui che, avendo la grazia, si dà interamente alla gioia, senza pensare alla sua miseria di prima e alla purezza che si deve aver nel timore di Dio; timore cioè di perdere quella grazia che gli era stata data. Così non dimostra di avere sufficiente virtù colui che, al momento dell'avversità o in altra circostanza che lo opprima, si dispera eccessivamente e concepisce, nei confronti, pensieri e sentimenti di fiducia meno piena di quanto mi si dovrebbe. Al momento della lotta, si troverà spesso estremamente abbattuto e pieno di paura proprio colui che, in tempo di quiete, avrà voluto essere troppo sicuro. Se tu, invece, riuscissi a restare umile e piccolo in te stesso, e a ben governare e dirigere il tuo spirito non cadresti così facilmente nel pericolo e nel peccato. Un buon consiglio è questo, che, quando hai nell'animo uno speciale ardore spirituale, tu consideri bene quello che potrà accadere se verrà meno tale luce interiore. Quando poi ciò accadesse, pensa che poi di nuovo possa tornare quella luce che per un certo tempo ti ha tolta, per tua sicurezza e per la mia gloria. Infatti, subire una simile prova è spesso a te più utile che godere stabilmente di una situazione tranquilla, secondo il tuo piacere. In verità i meriti non si valutano secondo questo criterio, che uno abbia frequenti visioni, o riceva particolari gioie interiori, o sia posto in un grado più alto. Ma piuttosto secondo questo criterio, che uno sia radicato nella vera umiltà e ripieno dell'amore divino; che ricerchi sempre soltanto e interamente di rendere gloria a Dio; che consideri se stesso un nulla; che si disprezzi veramente e preferisca perfino essere disprezzato ed umiliato dagli altri, anziché essere onorato.


DISCORSO 364 DISCORSO DI SANT' AGOSTINO VESCOVO SU SANSONE.

Discorsi - Sant'Agostino

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Esortazione.

1. Il passo della Scrittura che ci è stato letto ora, carissimi fratelli, è denso di misteri divini troppo oscuri per noi per poter essere illustrati in modo rapido: per questo abbiamo voluto abbreviare la salmodia del mattutino perché non vi stanchi il nostro discorso che dovrà essere un po' lungo. Ma poiché sarà rispettata l'ora normale di uscita dalla Chiesa, voi prestate ora attenzione in silenzio e calmi, come è vostra consuetudine.

Alla grazia, non alla natura fu dovuta la forza di Sansone.

2. La forza che distinse Sansone gli venne da una grazia di Dio, non dalla natura: se fosse stata qualità naturale, non gli sarebbe stata tolta quando gli fossero stati rasati i capelli. Dove risiedesse la sua potente forza è detto nel passo della Scrittura: Lo accompagnava lo Spirito del Signore 1: allo Spirito del Signore dunque apparteneva la sua forza. Sansone era il recipiente che conteneva lo Spirito, e lo Spirito il contenuto che riempiva il vaso. E` proprio di un vaso essere riempito e essere vuotato; inoltre ogni vaso richiede di essere riempito di qualcosa: in Paolo fu riversata la grazia stessa, e per questo fu detto vaso eletto 2. Vediamo dunque l'indovinello che Sansone propose ai Filistei. Egli disse: Dal divoratore è uscito il cibo, e dal forte è uscito il dolce 3. Il significato da lui confidato a persone amiche, venne svelato, l'indovinello fu risolto, Sansone fu sconfitto. Ora, che Sansone rappresenti il giusto, non risulta affatto evidente, e la sua sarebbe una giustizia nascosta nel profondo. Quello che si legge di lui, che cedette alle dolcezze femminili, che si recò presso una prostituta, può sembrare a chi non penetri la verità nascosta, essere segno del venir meno delle sue qualità. Ma poiché anche il profeta [Osea] ricevette dal Signore il comando di prendere in moglie una prostituta 4, possiamo forse dire che nell'Antico Testamento non erano ritenute riprovevoli e colpevoli tali azioni in quanto azioni di un profeta che, come le sue parole, hanno valore di profezia. Quindi consideriamo quale significato ebbero tutti i fatti che si susseguirono nella vicenda di Sansone: l'essere vinto e l'essere vincitore, cedere alle blandizie femminili, rivelare il significato dell'indovinello, entrare dalla prostituta, prendere le volpi e incendiare il raccolto dei nemici con fiaccole attaccate alle code delle volpi. Avrebbe potuto incendiare direttamente i loro raccolti, se nelle volpi egli non avesse racchiuso un senso riposto, e avrebbe potuto incendiare le stoppie secche anche se le volpi non le avessero attraversate portando il fuoco. Comprendiamo che grandi misteri sono qui nascosti.

Sansone raffigura il Cristo totale.

3. Che cosa rappresentò dunque Sansone? Se dico che egli rappresentò il Cristo, mi pare di dire il vero. Ma subito si presentano naturali alla mente le domande come si possa pensare a un Cristo vinto dalle blandizie femminili o in intimità con una prostituta. E ci si può anche chiedere dove si legga che a Cristo siano stati rasati i capelli, o che gli sia stata tolta la forza o che sia stato legato da corde o accecato e deriso. Ma se destiamo la nostra fede a considerare che cosa sia realmente Cristo, e guardiamo non solo quello che fece ma anche quello che patì, vediamo che il suo agire fu quello di un forte, il suo patire quello di un debole: vediamo in lui entrambi gli aspetti, sia la forza del Figlio di Dio, sia la debolezza del Figlio dell'uomo. Ma si deve anche aggiungere che il Cristo totale, quale la Scrittura ce lo presenta, è capo e corpo: è capo della Chiesa la quale è corpo di Cristo 5, e la Chiesa come Cristo totale è con il suo capo, per non restare sola. Essa comprende in sé forti e deboli, ha in sé chi si nutre di pane sostanzioso e chi deve ancora essere nutrito di latte 6. Si deve ancora riconoscere che anche nella partecipazione ai sacramenti, nel ricevere il battesimo, nella partecipazione alla mensa dell'altare si mescolano in essa giusti e peccatori. Il corpo di Cristo di cui ora abbiamo conoscenza, è come l'aia, e solo in futuro sarà granaio, e ora in quanto aia, non respinge da sé la paglia: solo al tempo del raccolto il frumento sarà separato dalla paglia 7. Venendo dunque a Sansone, egli compì alcune azioni agendo come capo, altre come corpo, il tutto però sempre in figura di Cristo. Raffigurò il Cristo capo della Chiesa nelle manifestazioni di potenza e nelle azioni mirabili che compì; nella sua prudenza diede l'immagine di coloro che nella Chiesa agiscono rettamente; quando fu vinto e quando agì in modo incauto, raffigurò quelli che sono peccatori. La prostituta che egli prese in moglie rappresenta la Chiesa, colei che prima della conoscenza del Dio unico si era prostituita agli idoli e che poi Cristo fece sua sposa. Dopo che illuminata da lui, abbracciò la fede, essa meritò anche di conoscere da lui i sacramenti della salvezza e avere la rivelazione dei misteri celesti. Il significato dell'indovinello: Dal divoratore è uscito il cibo, e dal forte è uscito il dolce 8, si trova nel Cristo che risorge dai morti: la sua morte è il divoratore che tutto distrugge e consuma, e da lui esce il cibo di cui egli dichiarò: Io sono il pane vivo disceso dal cielo 9. L'iniquità degli uomini, scatenandosi contro di lui e propinandogli aceto e fiele, lo colmò di amarezza, mentre da lui ricevettero dolcezza i popoli tutti convertendosi a lui. Così dalla mascella del leone morto, cioè dalla morte di Cristo che giacendo dormì come leone, uscì lo sciame delle api, cioè dei cristiani. Quando dice: Se non aveste arato con la mia giovenca, non avreste sciolto il mio indovinello 10, si deve vedere rappresentata nella giovenca la Chiesa che con la dottrina e l'insegnamento degli apostoli e dei santi diffuse per tutta la terra i segreti della fede che le erano stati rivelati dallo sposo, i misteri della Trinità, della risurrezione, del giudizio, del regno, e promise il premio della vita eterna a chi li comprende e li riconosce.

L'amico di Sansone è figura degli eretici.

4. Si legge poi: Sansone s'accese d'ira perché il suo compagno prese come sua la moglie di lui 11. Questo compagno è figura di tutti gli eretici, se cogliamo, o fratelli, il senso riposto. Infatti gli eretici che divisero la Chiesa, vollero prendere come propria e portar via la sposa del loro Signore; coloro che con empio adulterio tentarono di impadronirsi della Chiesa, cioè del corpo di Cristo, uscirono dalla Chiesa 12 e abbandonarono i suoi vangeli. Perciò il servo fedele, amico della sposa del suo Signore, dice: Vi ho promessi a un unico sposo per presentarvi quale vergine casta a Cristo; e rimproverando con fede zelante il depravato compagno, continua colpendolo così: temo però che come il serpente nella sua malizia sedusse Eva, così i vostri pensieri vengano in qualche modo traviati dalla verità che è in Cristo Gesù 13. Questi compagni, cioè i disertori eretici che vollero impadronirsi della sposa del Signore non sono che Donato, Ario, Manicheo e gli altri, tutti vasi di errori, vasi di perdizione. Di essi l'Apostolo dice: mi hanno fatto sapere che vi sono divisioni tra voi e uno di voi dice: " Io sono di Paolo ", un altro: " Io sono di Apollo ", un terzo sostiene: " Io sono di Cefa " 14. Ma vediamo che cosa fece questo Sansone, preso come figura del mistero, quando fu offeso nella moglie dal forestiero. Prese le volpi, cioè i compagni adulteri di cui si legge nel Cantico dei Cantici: Catturateci le piccole volpi che ci rovinano le vigne 15. Quando dice: Catturate le volpi, intende dire che siano arrestati, accusati e confutati gli eretici perché non rovinino la vigna della Chiesa e, ancora, che siano dimostrati in errore con l'autorità della legge divina, e quindi siano legati, arrestati con i lacci delle testimonianze delle sacre Scritture. Sansone dunque cattura le volpi, lega loro le code e attacca a esse fiaccole accese. Le code delle volpi legate rappresentano gli sviluppi posteriori delle eresie, le quali provengono da inizi lievi e ingannatori; il fatto che esse sono legate significa che sono dannate; il fatto che trascinano dietro a sé il fuoco vuol dire che distruggono frutti e opere di coloro che hanno accolto le loro seduzioni. Ma se si sollecitasse uno a non prestare ascolto agli eretici, a non accettarne i principi lasciandosene sedurre, costui potrebbe rispondere di non vederne il motivo, e potrebbe citare parecchie persone che li hanno seguiti senza che capitasse loro qualcosa di male, così come nulla di male capitò a quei cristiani che commisero adulteri, rapine e male azioni. Però chi si lascia sedurre dall'eresia, fa attenzione solo a quello che le volpi - che sono gli eretici - mostrano in un primo momento, non vede il fuoco che si trascinano dietro. Se infatti a uno non capita nulla, non è detto che costui non avrà poi le conseguenze quando giungerà al fuoco che ora non vede. Non si può pensare che gli eretici possano mettere a fuoco i frutti nel campo nemico senza bruciare anch'essi. Le volpi infatti, dopo aver incendiato il raccolto, furono anch'esse prese dalle fiamme. Per gli eretici dunque verrà poi il giudizio; soppraggiungerà per loro quello che ora non scorgono: ora essi attraggono con lusinghe e mostrano le loro fronti libere, ma nel giudizio di Dio avranno le code legate e con esse trascineranno dietro il fuoco. La malvagità precede la punizione che le è dovuta.

Parallelo tra Sansone e Cristo.

5. Il recarsi da una prostituta è atto immondo per chiunque non abbia motivo di farlo; ma è diverso per un profeta le cui azioni sono segno da interpretare. Se Sansone non si recò da una prostituta per giacere con lei, vi si recò forse con un fine misterioso. Di fatto non leggiamo che egli abbia giaciuto con lei. Si legge: I nemici si appostarono presso la porta della città per catturarlo quando uscisse dalla meretrice presso la quale si era recato: ma egli dormiva. Vedete che non è scritto che egli si unì alla meretrice, ma che egli dormiva. Ed è scritto: Quando si alzò a mezzanotte uscì, scardinò le porte della città insieme con la sbarra, e le portò in cima al monte 16, e i Filistei non poterono catturarlo. Come interpretare questi gesti: scardinare le porte da cui era entrato per recarsi dalla meretrice, portarle sul monte? In questo passo della Scrittura sono uniti inferno e donna 17: la casa della meretrice è immagine dell'inferno perché l'inferno non respinge nessuno e chi vi entra ne è posseduto. Riconosciamo in tutto questo le azioni del nostro Redentore, vedendo tutta una serie di corrispondenze: discese agli inferi dopo che la sinagoga nella quale egli si era recato, fu separata da lui per opera del diavolo, e dopo che fu crocifisso sul Calvario; il nome Calvario richiama calvo e l'atto con cui fu reso calvo Sansone ne segnò la fine. Gli avversari che custodivano la casa dove Sansone dormiva e volevano catturare colui che non potevano vedere, corrispondono alle guardie che vigilarono sul sepolcro del Cristo: e bene è detto che egli vi dormiva, perché la sua non era vera morte. V'è corrispondenza anche nel levarsi a mezzanotte, che dice il risorgere nascosto: la passione del Cristo si era svolta davanti a tutti, ma risorto egli apparve solo ai discepoli e a determinate persone 18. Tutti quindi lo videro entrare, cioè essere sepolto, pochi seppero che risorse, e lo toccarono, lo palparono risorto. Le porte scardinate della città corrispondono alle porte dell'inferno che Cristo scardinò abbattendo il dominio della morte che inghiottiva tutti senza rimandare nessuno libero. E quando ebbe scardinato le porte, il Signore Gesù Cristo salì sul monte: sappiamo che dopo essere risorto salì al cielo.

In Cristo la rivelazione e il compimento del mistero contenuto in Sansone.

6. Se poi vogliamo capire perché la forza di Sansone risiedesse nelle chiome, dobbiamo, o fratelli, fare attenzione proprio a questo: egli non aveva la sua forza nella mano, nel piede, nel petto, neppure nel capo, ma nei capelli, nella chioma; e se ci chiediamo che cosa è la chioma, possiamo rispondere secondo quello che noi stessi vediamo e che anche ci risponde l'Apostolo, se interroghiamo lui: essa costituisce un velo 19 e nel velo possiamo dire che Cristo aveva la sua forza in quanto lo coprivano le ombre dell'antica legge. La chioma di Sansone era dunque il suo velo appunto nel senso che quello che nel Cristo appariva, era diverso da quello che si doveva intendere. E il fatto che il segreto di Sansone fu svelato e gli fu rasa la chioma, significa che la legge fu disprezzata e Cristo subì la passione. Non avrebbero infatti ucciso Cristo se non avessero disprezzato la legge, poiché sapevano anch'essi che non era loro lecito uccidere Cristo. Lo dissero loro stessi al giudice: Noi non possiamo mettere a morte alcuno 20. Che a Sansone sia stata rasa la chioma significa che fu rimosso il fitto mistero 21, fu tolto il velo, e si rivelò il Cristo che era nascosto. I capelli poi rispuntarono e tornarono ancora a rivestire il suo capo, poiché i Giudei non vollero riconoscere Cristo neanche al suo risorgere. Inoltre Sansone fu nel mulino, fu accecato, fu nel carcere. Il mulino e il carcere sono immagini del travaglio di questa vita. Il fatto che fu accecato dice la cecità di coloro che a causa della loro infedeltà non seppero riconoscere Cristo, neppure dalle manifestazioni della sua potenza e dal suo salire al cielo: la cecità che essi causarono in Sansone dice la loro stessa cecità. Analogamente Cristo fu catturato dai Giudei e ucciso, ma fu lui piuttosto a provocare la morte di coloro che lo uccisero. Quando poi leggiamo: Lo mandarono a prendere i nemici, per divertirsi con lui, vediamo qui già raffigurata la croce: Sansone stende le mani su due colonne come su i due bracci della croce. La sua morte fa perire i suoi avversari, la sua passione segnò la morte dei suoi persecutori. Per questo la Scrittura conclude: uccise più persone con la sua morte che in tutta la sua vita 22. Il compimento di questo mistero si trova nel nostro Signore Gesù Cristo in modo evidente, perché egli compì con la sua morte la nostra redenzione che non poté attuare con la vita, lui che vive e regna nei secoli dei secoli. Amen.

 

 

1 - Gdc 13, 25.

2 - Cf. At 9, 15.

3 - Gdc 14, 14.

4 - Os 1, 2.

5 - Cf. Ef 4, 15; Col 1, 18.

6 - Cf. 1 Cor 3, 2.

7 - Cf. Mt 3, 12.

8 - Gdc 14, 14.

9 - Gv 6, 41.

10 - Gdc 14, 18.

11 - Gdc 14, 19. 20.

12 - Cf. 1 Gv 2, 19.

13 - 2 Cor 11, 2-3.

14 - 1 Cor 1, 11-12.

15 - Ct 2, 15.

16 - Cf. Gdc 16, 2. 3.

17 - Cf. Prv 30, 16.

18 - Cf. At 10, 41.

19 - Cf. 1 Cor 11, 15.

20 - Gv 18, 31.

21 - Cf. Sal 28, 9.

22 - Gdc 16, 25.


9 - La figura biblica di Rebecca e Giacobbe

Trattato della vera devozione a Maria - San Luigi Maria Grignion de Montfort

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183. Di tutte le verità che ho esposte riguardo alla Santa Vergine e ai suoi figli e servitori, lo Spirito Santo nella Sacra Scrittura ci offre una figura mirabile nella storia di Giacobbe, che ricevette la benedizione dal padre suo Isacco, tramite le cure e le risorse di Rebecca sua madre. Eccola come lo Spirito Santo la riferisce. Vi aggiungerò poi la mia spiegazione.

184. Esaù aveva venduto a Giacobbe il suo diritto di primogenitura. Rebecca, madre dei due fratelli, che amava teneramente Giacobbe, riuscì diversi anni dopo a fargli avere questo privilegio, con una scaltrezza tutta santa e piena di misteri. Isacco si sentiva molto invecchiato e voleva lasciare le benedizioni ai suoi figli prima di morire; chiamò allora suo figlio Esaù, che amava, e gli ordinò di andare a caccia per procurarsi qualcosa da mangiare, dopo di che, lo avrebbe benedetto. Rebecca però avvertì subito Giacobbe di quello che stava succedendo e gli disse di andare a prendere due capretti dal gregge. Quando egli li ebbe portati alla madre, ella li preparò per Isacco, come sapeva che egli desiderava. Poi rivestì Giacobbe degli abiti di Esau che ella aveva con sè, coprì le sue mani e il collo con la pelle dei capretti, cosicché suo padre, ormai privo della vista, ascoltando la voce di Giacobbe e toccando il pelo delle sue mani, potesse credere che fosse suo fratello Esaù. In effetti Isacco fu sorpreso della sua voce, che credeva essere la voce di Giacobbe, e lo fece avvicinare, toccando il pelo delle pelli di cui si era coperte le mani e disse che effettivamente la voce era quella di Giacobbe, ma le mani erano quelle di Esaù. Dopo aver mangiato, baciò Giacobbe, sentendo l'odore dei suoi vestiti profumati e lo benedì, augurandogli la rugiada del cielo e la fecondità della terra; lo costituì capo di tutti i suoi fratelli e terminò la benedizione con queste parole: «Chi ti maledice sia maledetto e chi ti benedice sia benedetto». Isacco aveva appena detto queste parole, che Esaù entrò, portando da mangiare ciò che aveva preso alla caccia, perché suo padre potesse poi benedirlo. Il santo patriarca fu sorpreso da uno stupore incredibile quando si accorse di ciò che era successo, ma invece di ritrattare ciò che aveva fatto, lo confermò, perché in questo fatto vedeva fin troppo chiaramente il dito di Dio. Esaù allora scoppiò in grida e lamenti, come annota la Sacra Scrittura, accusando a gran voce suo fratello di aver imbrogliato e chiedendo a suo padre se non avesse per lui almeno una benedizione. I santi Padri osservano a questo punto come egli sia la figura di coloro che trovano comodo conciliare Dio con il mondo, volendo godere insieme delle consolazioni del cielo e di quelle della terra. Isacco fu toccato dalle grida di Esaù e alla fine lo benedì, ma con una benedizione terrena e assoggettandolo a suo fratello. Ciò provocò in lui un odio così velenoso contro Giacobbe, che aspettava solo la morte del padre per ucciderlo. E Giacobbe non avrebbe potuto evitare questa morte se sua madre Rebecca non lo avesse protetto con i suoi accorgimenti e con i buoni consigli che gli diede, e che egli seguì.

185. Prima di spiegare questa storia così bella, bisogna ricordare che - secondo tutti i santi Padri e gli interpreti della Sacra Scrittura - Giacobbe è la figura di Gesù Cristo e dei veri credenti, mentre Esaù è figura dei non credenti. Per farsene un'idea, basta esaminare le azioni e il comportamento dell'uno e dell'altro. 1°. Esaù, il primogenito, era forte e vigoroso nel corpo, accorto e abile nel tirare con l'arco e nel prendere molta selvaggina a caccia. 2°. Egli non stava quasi mai in casa; lavorava fuori e aveva fiducia solo nella propria forza e capacità. 3°. Non si preoccupava molto di piacere a sua madre Rebecca e non faceva nulla per questo. 4°. Era così ingordo e schiavo della gola, che vendette il diritto di primogenitura per un piatto di lenticchie. 5°. Come Caino, era preso da invidia per suo fratello Giacobbe e gli era sempre contro.

186. Ed è questo il comportamento che ogni giorno tengono i cattivi credenti. 1°. Hanno fiducia nella propria forza e nelle loro capacità per gli affari temporali; sono molto forti, abili e avveduti per le cose della terra, ma molto deboli e ignoranti nelle cose del cielo.

187. 2°. Non dimorano mai, o quasi mai, nella loro propria casa, cioè nel loro interiore, che è la casa intima e fondamentale che Dio ha dato a ciascuno, per dimorarvi sul suo esempio, poiché Dio dimora sempre in se stesso. I cattivi credenti non amano affatto il ritiro, né la spiritualità, e neppure la devozione interiore; piuttosto essi trattano da bigotti, piccini e rustici, coloro che vivono l'interiorità e il ritiro dal mondo, dedicandosi più all'interiore che all'esteriore.

188. 3°. I cattivi credenti non si interessano per nulla della devozione alla Santa Vergine, Madre dei veri credenti. E' vero: non la odiano espressamente, qualche volta le tributano lodi, dicono di amarla e praticano pure qualche devozione in suo onore, ma per il resto non sopportano che la si ami teneramente, poiché essi non nutrono per lei le tenerezze di Giacobbe; trovano a ridire sulle pratiche di devozione alle quali i suoi figli e servitori si attengono fedelmente per guadagnarne l'affetto; non credono infatti che questa devozione sia loro necessaria per salvarsi e pensano che sia sufficiente non odiare formalmente la Santa Vergine e non disprezzare apertamente questa devozione; credono di aver meritato le buone grazie della Santa Vergine e di essere suoi servitori, perché recitano e borbottano qualche preghiera in suo onore, senza alcuna tenerezza per lei e senza emendare se stessi. 189. 4°. I cattivi credenti vendono il loro diritto di primogenitura, cioè le gioie del paradiso, per un piatto di lenticchie, cioè per i piaceri della terra. Essi ridono, bevono, mangiano, si divertono, giocano e danzano, senza preoccuparsi - come Esaù - di rendersi degni della benedizione del Padre celeste. In due parole, non pensano che alla terra, non amano che la terra, non parlano e non agiscono che per la terra e per i propri piaceri; per un - breve momento di piacere, per un illusorio fumo di onore e per un pezzo di dura terra, gialla o bianca, vendono la grazia battesimale, la loro veste di innocenza e l'eredità celeste.

190. 5°. Infine, i cattivi credenti odiano e perseguitano ogni giorno i veri credenti, apertamente o subdolamente; non li possono sopportare, li disprezzano, li criticano, li burlano, li offendono, li derubano, li ingannano, li sfruttano, li scacciano, li annientano; mentre essi fanno fortuna, si tolgono ogni piacere, se la passano bene, si arricchiscono, si espandono e vivono a loro agio.

191. Giacobbe, il minore: 1°. Era di costituzione più debole, mite e pacifico e rimaneva abitualmente in casa per guadagnarsi le buone grazie di sua madre Rebecca, che amava teneramente; se usciva fuori, non era per sua volontà, né per fiducia nella propria capacità, ma per obbedire a sua madre.

192. 2°. Egli amava e onorava la sua madre: per questo rimaneva in casa con lei; era contento quando la vedeva; evitava tutto ciò che potesse dispiacerle e faceva invece tutto quello che pensava le piacesse: questo aumentava in Rebecca l'amore che aveva per lui.

193. 3°. Era sottomesso in ogni cosa alla sua cara madre; le obbediva in ogni cosa totalmente, prontamente e senza tardare, amorosamente e senza lamentarsi; al minimo cenno della sua volontà, il piccolo Giacobbe correva ed eseguiva. Credeva a tutto ciò che ella gli diceva, senza obiettare: per esempio, quando gli disse di andare a prendere due capretti e di portarglieli, per preparare da mangiare a suo padre Isacco, Giacobbe non replicò che ne sarebbe bastato uno solo, per preparare da mangiare per una sola volta a un solo uomo; ma, senza controbattere, fece ciò che gli aveva detto.

194. 4°. Aveva una grande fiducia nella sua cara madre: non contava per nulla sulla propria abilità, ma solo sulle premure e la protezione di sua madre; la chiamava in ogni suo bisogno, la consultava in ogni dubbio, per esempio quando le domandò se, al posto della benedizione, non avrebbe piuttosto ricevuto la maledizione di suo padre e quando ella gli disse che avrebbe preso su di sè questa maledizione, egli le credette ed ebbe fiducia in lei.

95. 5°. Infine, egli imitava - secondo le sue possibilità - le virtù che vedeva in sua madre, e sembra che una della ragioni per cui rimaneva sedentario in casa, era così virtuosa, e per potersi così allontanare dalle cattive compagnie, che corrompono i costumi. Per questo mezzo, egli si rese degno di ricevere la doppia benedizione del suo caro padre.

196. Ed ecco anche la condotta che i veri credenti tengono ogni giorno: sono sedentari in casa con la loro madre, cioè amano il ritiro, vivono l'interiore, si applicano all'orazione, ma sull'esempio e in compagnia della loro Madre, la Santa Vergine, la cui gloria è tutta interiore e che per tutta la propria vita ha molto amato il ritiro e l'orazione. A volte, certo, appaiono al di fuori, nel mondo, ma è per obbedienza alla volontà di Dio e a quella della loro Madre, per compiere i doveri del loro stato. Per quanto possano apparire grandi le cose che fanno nell'esteriore, essi danno un maggiore valore a quelle che compiono all'interno di se stessi, nel loro interiore, in compagnia della Santa Vergine, perché qui compiono la grande impresa della loro perfezione, di fronte alla quale tutte le altre imprese non sono che dei giochi da bambini. E' per questo che, mentre a volte i loro fratelli e sorelle si danno da fare per l'esteriore, con molto impegno, industria e successo, tra l'applauso e l'approvazione del mondo, essi sanno - per illuminazione dello Spirito Santo - che c'è maggior gloria, utilità e soddisfazione nel rimanere nascosti nel ritiro con Gesù Cristo, loro modello, in totale e perfetta sottomissione alla loro Madre, che non nel compiere da se stessi delle meraviglie di natura e di grazia nel mondo, come degli Esaù o cattivi credenti. «Onore e ricchezza nella sua casa», la gloria per Dio e le ricchezze per l'uomo si trovano nella casa di Maria. Signore Gesù, quanto sono amabili le tue dimore! Il passero ha trovato una casa per abitarvi e la tortorella un nido dove porre i suoi piccoli. Quanto è felice l'uomo che abita nella casa di Maria, dove tu stesso hai stabilito per primo la tua dimora! E' in questa casa dei veri credenti che l'uomo riceve solo da te l'aiuto, e dove ha disposto nel proprio cuore delle gradinate e degli scalini per ogni virtù, per salire fino alla perfezione in questa valle di lacrime. «Quanto sono amabili le tue dimore... ».

197. 2°. Essi amano teneramente e onorano sinceramente la Santa Vergine come loro buona Madre e Sovrana. La amano non solamente a parole, ma con i fatti; la onorano, non soltanto esteriormente, ma nel profondo del loro cuore; e come Giacobbe, evitano tutto ciò che le può dispiacere e praticano con fervore tutto ciò che credono possa loro procurare la sua benevolenza. Le portano e le offrono, non due capretti, come Giacobbe a Rebecca, ma ciò che i due capretti di Giacobbe figurano: loro corpo e la loro anima, con tutto ciò che ne deriva, affinché: 1. ella li riceva come una cosa che le appartiene; 2. li uccida e faccia morire al peccato e a se stessi, scorticandoli e spogliandoli della propria pelle e del loro amor proprio e per potere in questo modo piacere a Gesù, suo Figlio, che non vuole per amici e discepoli che persone morte a se stesse; 3. li prepari secondo il gusto del Padre celeste e per la sua più grande gloria, che ella conosce meglio di ogni altra creatura; 4. di questo corpo e di quest'anima, con le sue cure e la sua intercessione, ben purificati da ogni macchia, ben morti, spogliati e preparati, ne faccia un piatto delicato, degno del gusto e della benedizione del Padre celeste. Non è forse questo che faranno i veri credenti, che gusteranno e praticheranno la perfetta consacrazione a Gesù Cristo per le mani di Maria, che noi proponiamo loro, per testimoniare a Gesù e a Maria un amore fattivo e coraggioso? I falsi credenti dicono spesso di amare Gesù, di amare e onorare Maria, ma non fino ad offrire i loro averi, non fino a sacrificare il loro corpo con i suoi sensi e la loro anima con le sue passioni, come fanno i credenti autentici.

198. 3°. Essi vivono sottomessi e obbedienti alla Santa Vergine, come a loro buona Madre, sull'esempio di Gesù Cristo, il quale, dei trentatr? anni vissuti sulla terra, ne ha impiegati trenta a dare gloria a Dio suo Padre per mezzo di una perfetta e totale sottomissione alla sua santa Madre. Le obbediscono seguendo esattamente i suoi consigli, come il piccolo Giacobbe seguiva quelli di Rebecca, e dice loro: «Obbedisci al mio ordine». O come gli invitati alle nozze di Cana, ai quali la Santa Vergine dice: «Fate quello che mio Figlio vi dirà». Giacobbe, per aver obbedito a sua madre, ricevette la benedizione come per miracolo, poiché normalmente non l'avrebbe dovuta ricevere; gli invitati alle nozze di Cana, per aver seguito il consiglio della Vergine Santa, furono onorati del primo miracolo di Gesù Cristo, che cambiò l'acqua in vino, alla preghiera della sua santa Madre. Così, tutti coloro che fino alla fine dei secoli riceveranno la benedizione del Padre celeste e saranno onorati delle meraviglie di Dio, non riceveranno queste grazie che a motivo della loro perfetta obbedienza a Maria. Gli Esaù, al contrario, perdono la benedizione perché manca loro la sottomissione alla Santa Vergine.

199. 4°. Hanno una grande fiducia nella bontà e nella potenza della Santa Vergine, loro buona Madre; chiedono il suo aiuto continuamente; la guardano come la loro stella polare, per arrivare nel porto sicuro; le confidano le loro pene e necessità con grande apertura di cuore; si attaccano al suo seno di misericordia e di dolcezza, per ottenere il perdono dei loro peccati per mezzo della sua intercessione, o per gustare le sue materne dolcezze nelle angustie e nelle difficoltà. Si gettano perfino, si nascondono e si perdono in modo mirabile nel suo seno amoroso e verginale, per essere infiammati dal puro amore, purificati dalle più piccole macchie e trovarvi in pienezza Gesù, che vi risiede come sul suo trono più glorioso. Oh! Quale gioia! Dice l'abate Guerrico: «Non credere che vi sia più felicità ad abitare nel seno di Abramo che in quello di Maria, poiché il Signore stesso vi ha posto il suo trono». Al contrario, i cattivi credenti pongono tutta la loro fiducia in se stessi; come il figlio prodigo, mangiano solo ciò che mangiano i porci; si nutrono solo di terra, come i rospi e, come i mondani, non amano che le cose sensibili ed esteriori, non gustando così per nulla le dolcezze del grembo e del seno di Maria; non sperimentano quel certo appoggio e quella sicura fiducia che i veri credenti provano nei riguardi della Santa Vergine, loro buona Madre. Essi invece amano miseramente la loro fame di esteriorità, come dice san Gregorio, poiché non vogliono gustare la dolcezza che è già pronta nell'interno di loro stessi e nell'interno di Gesù e di Maria.

200. 5°. Infine, i veri credenti seguono le vie della Vergine Santa, loro buona Madre, cioè la imitano, ed è proprio in questo che sono veramente felici e devoti e posseggono il segno infallibile della loro autenticità, come dice loro questa buona Madre: «Beati coloro che seguono le mie vie», cioè beati quelli che praticano le mie virtù e che camminano sulle tracce della mia vita, con l'aiuto della divina grazia. Essi sono felici in questo mondo, durante la loro vita, per l'abbondanza delle grazie e delle dolcezze che io comunico loro dalla mia pienezza e in più abbondanza che ad altri, i quali non mi imitano così da vicino. Sono felici nella loro morte, che è dolce e tranquilla, e alla quale di solito io sono presente, per condurli io stessa alle gioie dell'eternità. Infine, saranno felici nell'eternità, perché nessuno dei miei buoni servitori, che abbia imitato le mie virtù durante la propria vita, si è mai perduto. I cattivi credenti, al contrario, sono infelici durante la loro vita, alla loro morte e nell'eternità, poiché non imitano affatto la Santa Vergine nelle sue virtù, si accontentano di iscriversi in alcuni casi alle sue confraternite, di recitare qualche preghiera in suo onore, o di compiere qualche altra devozione esteriore. O Vergine Santa, mia buona Madre, quanto sono beati - ripeto con i trasporti del mio cuore - quanto felici quelli e quelle che seguono fedelmente le tue vie, i tuoi consigli e i tuoi comandi, senza lasciarsi sedurre da una falsa devozione verso di te! Ma quanto sono infelici e sventurati coloro che non osservano i comandamenti del Figlio tuo, abusando della devozione verso di te: «Maledetto chi devia dai tuoi decreti».


35-6 Settembre 6, 1937 Scopo della Creazione: Vita parlante e operante di Dio nella creatura. Sua parola è la Divina Volontà. Chi fa la propria volontà si gioca la Divina.

Luisa Piccarreta (Libro di Cielo)

(1) Sono tra le braccia del Voler Divino, il quale mi ama tanto che non vuole che scenda dalle sue braccia più che paterne, per custodirmi e crescermi come Lui vuole e piace, e se mi sente dire che io l’amo, oh! come festeggia, e mi forma intorno mari del suo amore che in ogni istante mi dicono ti amo, ti amo. Ed il mio dolce Gesù visitando la piccola anima mia e trovandomi nelle braccia del suo Volere, tutto contento mi dice:

(2) “Figlia mia benedetta, come amo di trovarti sempre tutta abbandonata in queste braccia, la tua sorte è assicurata, vivrai dello stesso nostro cibo, avremo beni comuni. Tu devi sapere che lo scopo unico perché creammo la Creazione fu proprio questo: La Creazione doveva servire come abitazione dell’uomo, e l’uomo doveva servire per abitazione nostra, volevamo formare tante nostre vite per quante creature uscivano alla luce del giorno, ognuna di esse doveva possedere la nostra vita, ma vita parlante e operante, né sappiamo stare dove stiamo senza dire nulla e senza operare, se ciò fosse sarebbe formarci tante carceri, che ci imponevano il silenzio e l’inutilità. Il nostro Ente Supremo parla e opera, la parola chiama l’opera, l’opera manifesta chi Noi siamo e ci forma tale beatitudine e gioie, da renderci felici Noi e tutti quelli che convivono con Noi; sicché, ogni nostra parola e opera è una nuova gioia e felicità che ci creiamo. Ecco perciò vogliamo formare nell’uomo la nostra vita parlante e operante, ché dovevamo formare tali maraviglie del nostro Essere Divino, da creare nuove e sempre più belle creazioni, volevamo sfoggiare e dare il corso a ciò che possiamo e sappiamo fare, ed il corso alle nuove gioie e felicità, e dove tutto questo? Nella nostra abitazione dell’uomo. Ma vuoi sapere tu chi è la nostra parola? La nostra Volontà, Essa è l’operatrice delle nostre opere, la narratrice del nostro Essere Divino, la portatrice e la conservatrice della nostra vita nella creatura, senza di Essa Noi non ci moviamo dal nostro trono né formiamo vita in nessuna abitazione. Vedi la grande necessità che si possieda e si viva nella nostra Divina Volontà, perché con Essa possiamo far tutto, mettere fuori le nostre opere più belle, mantenere in vigore il nostro scopo, formare del nostro Essere quante vite vogliamo, senza di Essa tutto è inceppo, resta inceppato il nostro amore, la nostra potenza, arrestate le nostre opere, si può dire che restiamo il Dio muto per le creature. Che ingratitudine, che delitto, ridurci al silenzio e mentre li volevamo onorare con la nostra vita in loro, come abitazione delle nostre delizie e maraviglie, ci hanno respinto non dandoci la libertà di formarla, ed in luogo nostro hanno dato l’abitazione alle passioni, al peccato e ai vizi più brutti; povero uomo senza della nostra Volontà, senza scopo divino, sarebbe come se volesse vivere senza respiro, senza palpito, senza circolazione di sangue, che sono le fondamenta della vita umana, che vita farebbe egli mai? Non sarebbe uccidersi d’un colpo? Tale sarebbe la nostra vita nella creatura, senza respiro, senza palpito, senza moto, senza parola, sarebbe una vita straziante, opprimente, che finirebbe col morire. E’ vero che con la nostra potenza ed immensità coinvolgiamo tutti, ci troviamo in tutti e da per tutto, ma mancando il nostro Volere Divino in loro, non ci sentono mai parlare, non comprendono nulla del nostro Essere Supremo, vivono nella nostra immensità perché nessuno può sfuggire da Noi, perciò non si sentono figli nostri, ma come estranei da Noi, che dolore! tenere da dire tante cose e tacere, poter operare chi sa quante meraviglie e non poterle fare perché la nostra Volontà non regna in loro. Eppure il nostro amore è tanto, che non si arresta, siamo tutt’occhi per guardare chi vuol vivere in Essa, tutt’orecchie per ascoltare chi la chiama a vivere in loro, tutt’amore per poggiare il nostro grande amore sul piccolo amore della creatura, e non appena la vediamo disposta, formiamo la nostra vita parlante e le narriamo la storia della nostra Volontà, la lunga storia del nostro eterno amore, quanto l’amiamo, i nostri sospiri di voler essere amati, perché tu devi sapere che quando Noi amiamo e non troviamo chi ci ama, il nostro amore non ha dove poggiarsi per essere riamato, quindi va errante, delira, smania, e se non trova anche un piccolo ti amo di creatura dove poggiarsi, si ritira in Noi, dove teniamo il nostro centro d’amore, ma con tal dolore che è incomprensibile a mente creata, le pene dell’amore non riamato sono inenarrabili, sorpassa tutte le altre pene. Noi vogliamo dare sempre, stiamo in atto continuo di dare, ma vogliamo trovare la sua volontà che vuol ricevere, un suo desiderio, un sospiro, che formano il luogo, i piccoli poggi dove dobbiamo poggiare la nostra Volontà e ciò che vogliamo dar e fare. Questi desideri e sospiri sono come orecchie che ci ascoltano, occhi che ci guardano, cuori che ci amano, menti che ci comprendono, e se non troviamo questi piccoli poggi, non possiamo darle nulla, ed essa resta cieca, sorda, muta e senza cuore; quindi la nostra vita viene messa in fuga, ricoverandosi nelle nostre regioni celesti”.

(3) Onde continuavo a pensare alla Divina Volontà, mi sentivo tutta investita e pregavo il mio caro Gesù che mi aiutasse e mi tenesse chiusa nel suo cuore, affinché vivessi e non conoscessi altro che solo il suo Volere Divino, e Lui, ritornando, ha ripreso il suo dire:

(4)Figlia mia, tutto il bene della creatura sta legato alla mia Divina Volontà, se da questa si scioglie, tutti i suoi beni hanno finito. Tu devi sapere che ogniqualvolta si fa l’umano volere, si gioca la Divina con tutti i suoi beni, quindi si perde tutto il bello, tutto ciò che è santo e buono, onde è una perdita incalcolabile, la povera creatura viene gettata nella miseria più squallida, perde i diritti a tutti i beni, viene investita da tale infelicità, che non le dà mai pace, e se pare che ha qualche bene, è apparente, che la finisce di torturare. Invece, ogni qualvolta, con tutta fermezza decide di fare la mia Volontà Divina, si gioca l’umano volere, le miserie, le passioni, si gioca tutti i mali, i miseri cenci, le vesti sporche che le aveva formato l’umana volontà; che perdita felice, perdere i mali, le miserie, è gloria, è vittoria, è onore; ma perdere i beni è viltà e disonore. Vedi dunque, se la creatura vuole può rifarsi della grande perdita che ha fatto della mia Volontà col fare la sua, molto più che avrà in suo aiuto la nostra potenza, il nostro amore e la nostra stessa Volontà. Con l’acquistare di nuovo i diritti di tutti i beni, tutti la difenderanno per rifarsi del gioco perduto”.