Sotto il Tuo Manto

Lunedi, 21 luglio 2025 - San Lorenzo da Brindisi (Letture di oggi)

L'umiltà  che è contraria alla carità  non può essere vera, sincera. (San Francesco di Sales)

Liturgia delle Ore - Letture

Venerdi della 5° settimana del tempo di Quaresima (San Stanislao)

Questa sezione contiene delle letture scelte a caso, provenienti dalle varie sezioni del sito (Sacra Bibbia e la sezione Biblioteca Cristiana), mentre l'ultimo tab Apparizioni, contiene messaggi di apparizioni a mistici o loro scritti. Sono presenti testi della Valtorta, Luisa Piccarreta, don Stefano Gobbi e testimonianze di apparizioni mariane riconosciute.

Vangelo secondo Marco 15

1Al mattino i sommi sacerdoti, con gli anziani, gli scribi e tutto il sinedrio, dopo aver tenuto consiglio, misero in catene Gesù, lo condussero e lo consegnarono a Pilato.2Allora Pilato prese a interrogarlo: "Sei tu il re dei Giudei?". Ed egli rispose: "Tu lo dici".3I sommi sacerdoti frattanto gli muovevano molte accuse.4Pilato lo interrogò di nuovo: "Non rispondi nulla? Vedi di quante cose ti accusano!".5Ma Gesù non rispose più nulla, sicché Pilato ne restò meravigliato.
6Per la festa egli era solito rilasciare un carcerato a loro richiesta.7Un tale chiamato Barabba si trovava in carcere insieme ai ribelli che nel tumulto avevano commesso un omicidio.8La folla, accorsa, cominciò a chiedere ciò che sempre egli le concedeva.9Allora Pilato rispose loro: "Volete che vi rilasci il re dei Giudei?".10Sapeva infatti che i sommi sacerdoti glielo avevano consegnato per invidia.11Ma i sommi sacerdoti sobillarono la folla perché egli rilasciasse loro piuttosto Barabba.12Pilato replicò: "Che farò dunque di quello che voi chiamate il re dei Giudei?".13Ed essi di nuovo gridarono: "Crocifiggilo!".14Ma Pilato diceva loro: "Che male ha fatto?". Allora essi gridarono più forte: "Crocifiggilo!".15E Pilato, volendo dar soddisfazione alla moltitudine, rilasciò loro Barabba e, dopo aver fatto flagellare Gesù, lo consegnò perché fosse crocifisso.

16Allora i soldati lo condussero dentro il cortile, cioè nel pretorio, e convocarono tutta la coorte.17Lo rivestirono di porpora e, dopo aver intrecciato una corona di spine, gliela misero sul capo.18Cominciarono poi a salutarlo: "Salve, re dei Giudei!".19E gli percuotevano il capo con una canna, gli sputavano addosso e, piegando le ginocchia, si prostravano a lui.20Dopo averlo schernito, lo spogliarono della porpora e gli rimisero le sue vesti, poi lo condussero fuori per crocifiggerlo.

21Allora costrinsero un tale che passava, un certo Simone di Cirene che veniva dalla campagna, padre di Alessandro e Rufo, a portare la croce.22Condussero dunque Gesù al luogo del Gòlgota, che significa luogo del cranio,23e gli offrirono vino mescolato con mirra, ma egli non ne prese.

24Poi lo crocifissero 'e si divisero le' sue 'vesti, tirando a sorte su di esse' quello che ciascuno dovesse prendere.25Erano le nove del mattino quando lo crocifissero.26E l'iscrizione con il motivo della condanna diceva: 'Il re dei Giudei'.27Con lui crocifissero anche due ladroni, uno alla sua destra e uno alla sinistra.28.

29I passanti lo insultavano e, 'scuotendo il capo', esclamavano: "Ehi, tu che distruggi il tempio e lo riedifichi in tre giorni,30salva te stesso scendendo dalla croce!".31Ugualmente anche i sommi sacerdoti con gli scribi, facendosi beffe di lui, dicevano: "Ha salvato altri, non può salvare se stesso!32Il Cristo, il re d'Israele, scenda ora dalla croce, perché vediamo e crediamo". E anche quelli che erano stati crocifissi con lui lo insultavano.

33Venuto mezzogiorno, si fece buio su tutta la terra, fino alle tre del pomeriggio.34Alle tre Gesù gridò con voce forte: 'Eloì, Eloì, lemà sabactàni?', che significa: 'Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?'35Alcuni dei presenti, udito ciò, dicevano: "Ecco, chiama Elia!".36Uno corse a inzuppare di 'aceto' una spugna e, postala su una canna, gli 'dava da bere', dicendo: "Aspettate, vediamo se viene Elia a toglierlo dalla croce".37Ma Gesù, dando un forte grido, spirò.
38Il velo del tempio si squarciò in due, dall'alto in basso.
39Allora il centurione che gli stava di fronte, vistolo spirare in quel modo, disse: "Veramente quest'uomo era Figlio di Dio!".

40C'erano anche alcune donne, che stavano ad osservare da lontano, tra le quali Maria di Màgdala, Maria madre di Giacomo il minore e di ioses, e Salome,41che lo seguivano e servivano quando era ancora in Galilea, e molte altre che erano salite con lui a Gerusalemme.

42Sopraggiunta ormai la sera, poiché era la Parascève, cioè la vigilia del sabato,43Giuseppe d'Arimatéa, membro autorevole del sinedrio, che aspettava anche lui il regno di Dio, andò coraggiosamente da Pilato per chiedere il corpo di Gesù.44Pilato si meravigliò che fosse già morto e, chiamato il centurione, lo interrogò se fosse morto da tempo.45Informato dal centurione, concesse la salma a Giuseppe.46Egli allora, comprato un lenzuolo, lo calò giù dalla croce e, avvoltolo nel lenzuolo, lo depose in un sepolcro scavato nella roccia. Poi fece rotolare un masso contro l'entrata del sepolcro.47Intanto Maria di Màgdala e Maria madre di Ioses stavano ad osservare dove veniva deposto.


Deuteronomio 14

1Voi siete figli per il Signore Dio vostro; non vi farete incisioni e non vi raderete tra gli occhi per un morto.2Tu sei infatti un popolo consacrato al Signore tuo Dio e il Signore ti ha scelto, perché tu fossi il suo popolo privilegiato, fra tutti i popoli che sono sulla terra.
3Non mangerai alcuna cosa abominevole.4Questi sono gli animali che potrete mangiare: il bue, la pecora e la capra;5il cervo, la gazzella, il daino, lo stambecco, l'antilope, il bufalo e il camoscio.6Potrete mangiare di ogni quadrupede che ha l'unghia bipartita, divisa in due da una fessura, e che rumina.7Ma non mangerete quelli che rùminano soltanto o che hanno soltanto l'unghia bipartita, divisa da una fessura e cioè il cammello, la lepre, l'ìrace, che rùminano ma non hanno l'unghia bipartita; considerateli immondi;8anche il porco, che ha l'unghia bipartita ma non rumina, lo considererete immondo. Non mangerete la loro carne e non toccherete i loro cadaveri.
9Fra tutti gli animali che vivono nelle acque potrete mangiare quelli che hanno pinne e squame;10ma non mangerete nessuno di quelli che non hanno pinne e squame; considerateli immondi.
11Potrete mangiare qualunque uccello mondo;12ecco quelli che non dovete mangiare:13l'aquila, l'ossìfraga e l'aquila di mare, il nibbio e ogni specie di falco,14ogni specie di corvo,15lo struzzo, la civetta, il gabbiano e ogni specie di sparviero,16il gufo, l'ibis, il cigno,17il pellicano, la fòlaga, l'alcione,18la cicogna, ogni specie di airone, l'ùpupa e il pipistrello.19Considererete come immondo ogni insetto alato; non ne mangiate.20Potrete mangiare ogni uccello mondo.
21Non mangerete alcuna bestia che sia morta di morte naturale; la darai al forestiero che risiede nelle tue città, perché la mangi, o la venderai a qualche straniero, perché tu sei un popolo consacrato al Signore tuo Dio.
Non farai cuocere un capretto nel latte di sua madre.
22Dovrai prelevare la decima da tutto il frutto della tua sementa, che il campo produce ogni anno.23Mangerai davanti al Signore tuo Dio, nel luogo dove avrà scelto di stabilire il suo nome, la decima del tuo frumento, del tuo mosto, del tuo olio e i primi parti del tuo bestiame grosso e minuto, perché tu impari a temere sempre il Signore tuo Dio.24Ma se il cammino è troppo lungo per te e tu non puoi trasportare quelle decime, perché è troppo lontano da te il luogo dove il Signore tuo Dio avrà scelto di stabilire il suo nome - perché il Signore tuo Dio ti avrà benedetto -,25allora le convertirai in denaro e tenendolo in mano andrai al luogo che il Signore tuo Dio avrà scelto,26e lo impiegherai per comprarti quanto tu desideri: bestiame grosso o minuto, vino, bevande inebrianti o qualunque cosa di tuo gusto e mangerai davanti al Signore tuo Dio e gioirai tu e la tua famiglia.27Il levita che abita entro le tue città, non lo abbandonerai, perché non ha parte né eredità con te.
28Alla fine di ogni triennio metterai da parte tutte le decime del tuo provento del terzo anno e le deporrai entro le tue città;29il levita, che non ha parte né eredità con te, l'orfano e la vedova che saranno entro le tue città, verranno, mangeranno e si sazieranno, perché il Signore tuo Dio ti benedica in ogni lavoro a cui avrai messo mano.


Siracide 22

1Il pigro è simile a una pietra imbrattata,
ognuno fischia in suo disprezzo.
2Il pigro è simile a una palla di sterco,
chi la raccoglie scuote la mano.

3Vergogna per un padre avere un figlio maleducato,
se si tratta di una figlia, è la sua rovina.
4Una figlia prudente sarà un tesoro per il marito,
quella disonorevole un dolore per chi l'ha generata.
5La sfacciata disonora il padre e il marito,
e dall'uno e dall'altro sarà disprezzata.
6Come musica durante il lutto i discorsi fuori tempo,
ma frusta e correzione in ogni tempo sono saggezza.

7Incolla cocci chi ammaestra uno stolto,
sveglia un dormiglione dal sonno profondo.
8Ragiona con un insonnolito chi ragiona con lo stolto;
alla fine egli dirà: "Che cosa c'è?".
9Piangi per un morto, poiché ha perduto la luce;
piangi per uno stolto, poiché ha perduto il senno.
10Piangi meno tristemente per un morto, ché ora riposa,
ma la vita dello stolto è peggiore della morte.
11Il lutto per un morto, sette giorni;
per uno stolto ed empio tutti i giorni della sua vita.
12Con un insensato non prolungare il discorso,
non frequentare l'insipiente;
13guàrdati da lui, per non avere noie
e per non contaminarti al suo contatto.
Allontànati da lui e troverai pace,
non sarai seccato dalla sua insipienza.
14Che c'è di più pesante del piombo?
E qual è il suo nome, se non "lo stolto"?
15Sabbia, sale, palla di ferro
sono più facili a portare che un insensato.
16Una travatura di legno ben connessa in una casa
non si scompagina in un terremoto,
così un cuore deciso dopo matura riflessione
non verrà meno al momento del pericolo.
17Un cuore basato su sagge riflessioni
è come un intonaco su un muro rifinito.
18Una palizzata posta su un'altura
di fronte al vento non resiste,
così un cuore meschino, basato sulle sue fantasie,
di fronte a qualsiasi timore non resiste.

19Chi punge un occhio lo farà lacrimare;
chi punge un cuore ne scopre il sentimento.
20Chi scaglia pietre contro uccelli li mette in fuga,
chi offende un amico rompe l'amicizia.
21Se hai sguainato la spada contro un amico,
non disperare, può esserci un ritorno.
22Se hai aperto la bocca contro un amico,
non temere, può esserci riconciliazione,
tranne il caso di insulto e di arroganza,
di segreti svelati e di un colpo a tradimento;
in questi casi ogni amico scomparirà.
23Conquìstati la fiducia del prossimo nella sua
povertà
per godere con lui nella sua prosperità.
Nel tempo della tribolazione restagli vicino,
per aver parte alla sua eredità.
24Prima del fuoco vapore e fumo nel camino,
così prima dello spargimento del sangue le ingiurie.
25Non mi vergognerò di proteggere un amico,
non mi nasconderò davanti a lui.
26Se mi succederà il male a causa sua,
chiunque lo venga a sapere si guarderà da lui.

27Chi porrà una guardia sulla mia bocca,
sulle mie labbra un sigillo prudente,
perché io non cada per colpa loro
e la mia lingua non sia la mia rovina?


Salmi 32

1'Di Davide. Maskil.'

Beato l'uomo a cui è rimessa la colpa,
e perdonato il peccato.
2Beato l'uomo a cui Dio non imputa alcun male
e nel cui spirito non è inganno.

3Tacevo e si logoravano le mie ossa,
mentre gemevo tutto il giorno.
4Giorno e notte pesava su di me la tua mano,
come per arsura d'estate inaridiva il mio vigore.

5Ti ho manifestato il mio peccato,
non ho tenuto nascosto il mio errore.
Ho detto: "Confesserò al Signore le mie colpe"
e tu hai rimesso la malizia del mio peccato.

6Per questo ti prega ogni fedele
nel tempo dell'angoscia.
Quando irromperanno grandi acque
non lo potranno raggiungere.
7Tu sei il mio rifugio, mi preservi dal pericolo,
mi circondi di esultanza per la salvezza.

8Ti farò saggio, t'indicherò la via da seguire;
con gli occhi su di te, ti darò consiglio.
9Non siate come il cavallo e come il mulo
privi d'intelligenza;
si piega la loro fierezza con morso e briglie,
se no, a te non si avvicinano.

10Molti saranno i dolori dell'empio,
ma la grazia circonda chi confida nel Signore.
11Gioite nel Signore ed esultate, giusti,
giubilate, voi tutti, retti di cuore.


Geremia 32

1Parola che fu rivolta a Geremia dal Signore nell'anno decimo di Sedecìa re di Giuda, cioè nell'anno decimo ottavo di Nabucodònosor.2L'esercito del re di Babilonia assediava allora Gerusalemme e il profeta Geremia era rinchiuso nell'atrio della prigione, nella reggia del re di Giuda,3e ve lo aveva rinchiuso Sedecìa re di Giuda, dicendo: "Perché profetizzi con questa minaccia: Dice il Signore: Ecco metterò questa città in potere del re di Babilonia ed egli la occuperà;4Sedecìa re di Giuda non scamperà dalle mani dei Caldei, ma sarà dato in mano del re di Babilonia e parlerà con lui faccia a faccia e si guarderanno negli occhi;5egli condurrà Sedecìa in Babilonia dove egli resterà finché io non lo visiterò - oracolo del Signore -; se combatterete contro i Caldei, non riuscirete a nulla"?
6Geremia disse: Mi fu rivolta questa parola del Signore:7"Ecco Canamèl, figlio di Sallùm tuo zio, viene da te per dirti: Cómprati il mio campo, che si trova in Anatòt, perché a te spetta il diritto di riscatto per acquistarlo".8Venne dunque da me Canamèl, figlio di mio zio, secondo la parola del Signore, nell'atrio della prigione e mi disse: "Compra il mio campo che si trova in Anatòt, perché a te spetta il diritto di acquisto e a te tocca il riscatto. Cómpratelo!".
Allora riconobbi che questa era la volontà del Signore9e comprai il campo da Canamèl, figlio di mio zio, e gli pagai il prezzo: diciassette sicli d'argento.10Stesi il documento del contratto, lo sigillai, chiamai i testimoni e pesai l'argento sulla stadera.11Quindi presi il documento di compra, quello sigillato e quello aperto, secondo le prescrizioni della legge.12Diedi il contratto di compra a Baruc figlio di Neria, figlio di Macsia, sotto gli occhi di Canamèl figlio di mio zio e sotto gli occhi dei testimoni che avevano sottoscritto il contratto di compra e sotto gli occhi di tutti i Giudei che si trovavano nell'atrio della prigione.13Diedi poi a Baruc quest'ordine:14"Dice il Signore degli eserciti, Dio di Israele: Prendi i contratti di compra, quello sigillato e quello aperto, e mettili in un vaso di terra, perché si conservino a lungo.15Poiché dice il Signore degli eserciti, Dio di Israele: Ancora si compreranno case, campi e vigne in questo paese".
16Pregai il Signore, dopo aver consegnato il contratto di compra a Baruc figlio di Neria:17"Ah, Signore Dio, tu hai fatto il cielo e la terra con grande potenza e con braccio forte; nulla ti è impossibile.18Tu usi misericordia con mille e fai subire la pena dell'iniquità dei padri ai loro figli dopo di essi, Dio grande e forte, che ti chiami Signore degli eserciti.19Tu sei grande nei pensieri e potente nelle opere, tu, i cui occhi sono aperti su tutte le vie degli uomini, per dare a ciascuno secondo la sua condotta e il merito delle sue azioni.20Tu hai operato segni e miracoli nel paese di Egitto e fino ad oggi in Israele e fra tutti gli uomini e ti sei fatto un nome come appare oggi.21Tu hai fatto uscire dall'Egitto il tuo popolo Israele con segni e con miracoli, con mano forte e con braccio possente e incutendo grande spavento.22Hai dato loro questo paese, che avevi giurato ai loro padri di dare loro, terra in cui scorre latte e miele.
23Essi vennero e ne presero possesso, ma non ascoltarono la tua voce, non camminarono secondo la tua legge, non fecero quanto avevi comandato loro di fare; perciò tu hai mandato su di loro tutte queste sciagure.
24Ecco, le opere di assedio hanno raggiunto la città per occuparla; la città sarà data in mano ai Caldei che l'assediano con la spada, la fame e la peste. Ciò che tu avevi detto avviene; ecco, tu lo vedi.25E tu, Signore Dio, mi dici: Comprati il campo con denaro e chiama i testimoni, mentre la città sarà messa in mano ai Caldei".
26Allora mi fu rivolta questa parola del Signore:27 "Ecco, io sono il Signore Dio di ogni essere vivente; qualcosa è forse impossibile per me?28Pertanto dice il Signore: Ecco io darò questa città in mano ai Caldei e a Nabucodònosor re di Babilonia, il quale la prenderà.29Vi entreranno i Caldei che combattono contro questa città, bruceranno questa città con il fuoco e daranno alle fiamme le case sulle cui terrazze si offriva incenso a Baal e si facevano libazioni agli altri dèi per provocarmi.30Gli Israeliti e i figli di Giuda non hanno fatto che quanto è male ai miei occhi fin dalla loro giovinezza; gli Israeliti hanno soltanto saputo offendermi con il lavoro delle loro mani. Oracolo del Signore.
31Poiché causa della mia ira e del mio sdegno è stata questa città da quando la edificarono fino ad oggi; così io la farò scomparire dalla mia presenza,32a causa di tutto il male che gli Israeliti e i figli di Giuda commisero per provocarmi, essi, i loro re, i loro capi, i loro sacerdoti e i loro profeti, gli uomini di Giuda e gli abitanti di Gerusalemme.
33Essi mi voltarono la schiena invece della faccia; io li istruivo con continua premura, ma essi non ascoltarono e non impararono la correzione.34Essi collocarono i loro idoli abominevoli perfino nel tempio che porta il mio nome per contaminarlo35e costruirono le alture di Baal nella valle di Ben-Hinnòn per far passare per il fuoco i loro figli e le loro figlie in onore di Moloch - cosa che io non avevo comandato, anzi neppure avevo pensato di istituire un abominio simile -, per indurre a peccare Giuda".
36Ora così dice il Signore Dio di Israele, riguardo a questa città che voi dite sarà data in mano al re di Babilonia per mezzo della spada, della fame e della peste:37 "Ecco, li radunerò da tutti i paesi nei quali li ho dispersi nella mia ira, nel mio furore e nel mio grande sdegno; li farò tornare in questo luogo e li farò abitare tranquilli.38Essi saranno il mio popolo e io sarò il loro Dio.39Darò loro un solo cuore e un solo modo di comportarsi perché mi temano tutti i giorni per il loro bene e per quello dei loro figli dopo di essi.40Concluderò con essi un'alleanza eterna e non mi allontanerò più da loro per beneficarli; metterò nei loro cuori il mio timore, perché non si distacchino da me.41Godrò nel beneficarli, li fisserò stabilmente in questo paese, con tutto il cuore e con tutta l'anima".42Poiché così dice il Signore: "Come ho mandato su questo popolo tutto questo grande male, così io manderò su di loro tutto il bene che ho loro promesso.43E compreranno campi in questo paese, di cui voi dite: È una desolazione, senza uomini e senza bestiame, lasciato in mano ai Caldei.44Essi si compreranno campi con denaro, stenderanno contratti e li sigilleranno e si chiameranno testimoni nella terra di Beniamino e nei dintorni di Gerusalemme, nelle città di Giuda e nelle città della montagna e nelle città della Sefèla e nelle città del mezzogiorno, perché cambierò la loro sorte". Oracolo del Signore.


Lettera di Giuda 1

1Giuda, servo di Gesù Cristo, fratello di Giacomo, agli eletti che vivono nell'amore di Dio Padre e sono stati preservati per Gesù Cristo:2misericordia a voi e pace e carità in abbondanza.

3Carissimi, avevo un gran desiderio di scrivervi riguardo alla nostra salvezza, ma sono stato costretto a farlo per esortarvi a combattere per la fede, che fu trasmessa ai credenti una volta per tutte.4Si sono infiltrati infatti tra voi alcuni individui - i quali sono già stati segnati da tempo per questa condanna - empi che trovano pretesto alla loro dissolutezza nella grazia del nostro Dio, rinnegando il nostro unico padrone e signore Gesù Cristo.

5Ora io voglio ricordare a voi, che già conoscete tutte queste cose, che il Signore dopo aver salvato il popolo dalla terra d'Egitto, fece perire in seguito quelli che non vollero credere,6e che gli angeli che non conservarono la loro dignità ma lasciarono la propria dimora, egli li tiene in catene eterne, nelle tenebre, per il giudizio del gran giorno.7Così Sòdoma e Gomorra e le città vicine, che si sono abbandonate all'impudicizia allo stesso modo e sono andate dietro a vizi contro natura, stanno come esempio subendo le pene di un fuoco eterno.
8Ugualmente, anche costoro, come sotto la spinta dei loro sogni, contaminano il proprio corpo, disprezzano il Signore e insultano gli esseri gloriosi.9L'arcangelo Michele quando, in contesa con il diavolo, disputava per il corpo di Mosè, non osò accusarlo con parole offensive, ma disse: 'Ti condanni il Signore'!10Costoro invece bestemmiano tutto ciò che ignorano; tutto ciò che essi conoscono per mezzo dei sensi, come animali senza ragione, questo serve a loro rovina.
11Guai a loro! Perché si sono incamminati per la strada di Caino e, per sete di lucro, si sono impegolati nei traviamenti di Balaàm e sono periti nella ribellione di Kore.12Sono la sozzura dei vostri banchetti sedendo insieme a mensa senza ritegno, pascendo se stessi; come nuvole senza pioggia portate via dai venti, o alberi di fine stagione senza frutto, due volte morti, sradicati;13come onde selvagge del mare, che schiumano le loro brutture; come astri erranti, ai quali è riservata la caligine della tenebra in eterno.
14Profetò anche per loro Ènoch, settimo dopo Adamo, dicendo: "Ecco, il Signore è venuto con le sue miriadi di angeli per far il giudizio contro tutti,15e per convincere tutti gli empi di tutte le opere di empietà che hanno commesso e di tutti gli insulti che peccatori empi hanno pronunziato contro di lui".16Sono sobillatori pieni di acredine, che agiscono secondo le loro passioni; la loro bocca proferisce parole orgogliose e adùlano le persone per motivi interessati.

17Ma voi, o carissimi, ricordatevi delle cose che furono predette dagli apostoli del Signore nostro Gesù Cristo.18Essi vi dicevano: "Alla fine dei tempi vi saranno impostori, che si comporteranno secondo le loro empie passioni".19Tali sono quelli che provocano divisioni, gente materiale, privi dello Spirito.

20Ma voi, carissimi, costruite il vostro edificio spirituale sopra la vostra santissima fede, pregate mediante lo Spirito Santo,21conservatevi nell'amore di Dio, attendendo la misericordia del Signore nostro Gesù Cristo per la vita eterna.22Convincete quelli che sono vacillanti,23altri salvateli strappandoli dal fuoco, di altri infine abbiate compassione con timore, guardandovi perfino dalla veste contaminata dalla loro carne.

24A colui che può preservarvi da ogni caduta e farvi comparire davanti alla sua gloria senza difetti e nella letizia,25all'unico Dio, nostro salvatore, per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore, gloria, maestà, forza e potenza prima di ogni tempo, ora e sempre. Amen!


Capitolo VI: gli sregolati moti dell'anima

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Ogni qual volta si desidera una cosa contro il volere di Dio, subito si diventa interiormente inquieti. Il superbo e l'avaro non hanno mai requie; invece il povero e l'umile di cuore godono della pienezza della pace. Colui che non è perfettamente morto a se stesso cade facilmente in tentazione ed è vinto in cose da nulla e disprezzabili. Colui che è debole nello spirito ed è, in qualche modo, ancora volto alla carne e ai sensi, difficilmente si può distogliere del tutto dalle brame terrene; e, quando pur riesce a sottrarsi a queste brame, ne riceve tristezza. Che se poi qualcuno gli pone ostacolo, facilmente si sdegna; se, infine, raggiunge quel che bramava, immediatamente sente in coscienza il peso della colpa, perché ha assecondato la sua passione, la quale non giova alla pace che cercava. Giacché la vera pace del cuore la si trova resistendo alle passioni, non soggiacendo ad esse. Non già nel cuore di colui che è attaccato alla carne, non già nell'uomo volto alle cose esteriori sta la pace; ma nel cuore di colui che è pieno di fervore spirituale.


DISCORSO 145/A DAL VANGELO DI GIOVANNI (20, 26-28). PASSO IN CUI TOMMASO TOCCO' LE CICATRICI DEL SIGNORE TENUTO LA DOMENICA DELL'OTTAVA DI PASQUA

Discorsi - Sant'Agostino

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L'apostolo Tommaso tocca la carne di Cristo, proclama la divinità.

1. Avete ascoltato come ricevano maggior lode dal Signore coloro che non vedono e credono, di quelli che vedono e credono, ed ebbero anche la possibilità di toccare. L'apostolo Tommaso era infatti assente quando il Signore si era mostrato ai suoi discepoli; e, sentendo dire da loro che Cristo era risorto, disse: Se non avrò messo la mia mano nel suo costato, non crederò 1. Che si potrebbe dire allora se il Signore fosse risorto senza le cicatrici? Non poteva infatti risuscitare la propria carne in modo che non vi restasse alcuna traccia di ferite? Lo poteva: ma se non avesse conservato le cicatrici nel proprio corpo, non avrebbe risanato le ferite nel nostro cuore. Venne toccato, e fu riconosciuto. Era poco vedere con i suoi occhi [per Tommaso], voleva credere con le sue dita. Vieni - disse - metti qui le tue dita; non ha tolto ogni traccia, ha conservato di che tu possa credere: e guarda il mio costato, e non essere incredulo, ma credente. Ma appena quello si rese conto dell'evidenza di ciò che gli era rimasto dubbio, esclamò: Signore mio, e Dio mio 2. Toccava la carne, proclamava la divinità. Che toccò? Il corpo di Cristo? il corpo di Cristo era forse la divinità di Cristo? La divinità di Cristo era il Verbo; l'umanità di Cristo era l'anima e la carne. Quello non poteva infatti toccare l'anima ma poteva capire che il corpo che era stato esanime si muoveva vivo. Quel Verbo, invece, né si muta, né si tocca, né diminuisce, né si accresce; perché in principio era li Verbo, e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio. Questo proclamò Tommaso: toccava la carne, invocava il Verbo, perché il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi 3.

 

1 - Gv 20, 26.

2 - Gv 20, 28.

3 - Gv 1, 14.


25 - Come ad un anno e mezzo la santissima bambina Maria cominciò a parlare

La mistica Città di Dio - Libro primo - Suor Maria d'Agreda

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388. Venne il tempo in cui il sacro silenzio della purissima Maria doveva infrangersi in modo salutare e gradito a Dio per ascoltare sulla nostra terra la voce di quella tortora divina, annunciatrice della primavera della grazia. Prima però di ricevere il permesso dal Signore di cominciare a parlare con gli uomini - che avvenne nel diciottesimo mese della sua infanzia - ebbe una visione intellettuale della Divinità, non per intuizione, ma per immagini. Il Signore le rinnovò le visioni che altre volte aveva ricevuto e moltiplicò le grazie ed i favori. In questa visione si svolse tra la bambina e il Signore un dolcissimo colloquio che con timore oso riportare con mie parole.

389. La piccola Regina parlò dunque a Dio e disse: «Altissimo Signore ed incomparabile Dio! Come potete essere così prodigo di favori con la più povera e la più inutile delle creature? Come potete riversare, con così amabile degnazione, la vostra grandezza sulla vostra ancella che è incapace di ricambiarvi? Dunque l'Altissimo si degna di guardare l'umiltà della sua serva? L'Onnipotente arricchisce la tapina? Il Santo dei santi s'inchina sulla polvere? Io, o Signore, sono la più piccola fra tutte le creature; sono quella che merito meno i vostri benefici. Che cosa farò dunque alla vostra presenza? Con che cosa vi ricambierò di ciò che vi devo? O Signore, che cosa ho mai io, che non vi appartenga, se siete voi a darmi la vita, l'essere e il movimento? Io mi rallegro anche, mio amatissimo Signore, nel vedere che non c'è bene che non sia vostro e che fuori di voi stesso la creatura non possiede nulla; che sia consuetudine e gloria per voi innalzare chi è più basso, favorire chi è più misero e dare l'essere a chi non lo ha, affinché la vostra magnificenza sia maggiormente conosciuta ed esaltata».

390. Il Signore le rispose e disse: «Colomba e diletta mia, tu trovasti grazia ai miei occhi; tu sei la mia amica, scelta per la mia delizia. Ed io voglio manifestarti ciò che maggiormente desidero e bramo da te». Questi accenti del Signore ferirono di nuovo il cuore tenerissimo, sebbene forte, della bambina, sciogliendolo d'amore; e l'Altissimo compiacendosene proseguì dicendo: «Io sono il Dio della misericordia e amo con immenso amore i mortali: tra i molti che mi hanno tradito con i loro peccati conto alcuni uomini giusti ed amici che mi hanno servito e mi servono di cuore. Ed io ho stabilito di salvarli, inviando loro il mio Unigenito, perché non siano privi della mia gloria, né io della loro eterna lode».

391. A questa dichiarazione, replicò la bambina Maria:

«Altissimo Signore e re potente, vostre sono le creature e vostro è ogni potere; voi Solo siete il santo, la guida suprema di tutto il creato. La vostra stessa bontà v'impegni ad affrettare la discesa del vostro Figlio unigenito per redimere i figli di Adamo. Giunga finalmente il giorno sospirato dai miei antichi Padri e vedano i mortali la vostra eterna salvezza. Perché mai, o mio amato Signore, essendo voi il padre pietoso delle misericordie, rimandate tanto l'opera della salvezza per i vostri figli prigionieri ed afflitti, che da tanto tempo l'aspettano? Se la mia vita può contribuire a qualcosa, io ve la offro, pronta a sacrificarla per loro».

392. Allora l'Altissimo con grande benevolenza le ordinò che, da quel momento in poi, più volte e tutti i giorni, gli chiedesse di affrettare l'incarnazione del Verbo per il riscatto di tutto il genere umano; e che piangesse i peccati degli uomini che ostacolavano la loro stessa redenzione e salvezza. E subito le dichiarò che era giunto il tempo di esercitare tutti i sensi e che per sua maggior gloria conveniva ormai che parlasse con le creature umane. La bambina per adempire bene questo precetto si rivolse a Dio e disse:

393. «Altissimo Signore di incomprensibile grandezza, come oserà la polvere; l'infima delle creature, trattare misteri così alti e reconditi e considerati di inestimabile prezzo perfino da voi? Come potrò esigerne da voi il compimento e che cosa può mai ottenere la creatura che non vi ha servito in niente? Tuttavia voi, o mio diletto, vi sentirete obbligato dalla stessa necessità e così l'inferma cercherà la salute, l'assetata desidererà le sorgenti della vostra misericordia ed ubbidirà alla vostra divina volontà. E se voi ordinate, o Signore, che io apra le mie labbra per trattare e parlare con altri fuori di voi stesso, che siete tutto il mio bene e il mio desiderio, vi supplico di volgere lo sguardo alla mia fragilità e al pericolo in cui potrei cadere. È molto difficile, infatti, per la creatura dotata di ragione, non eccedere nelle parole e non sbagliare ed io, perciò, tacerei tutta la vita, con il vostro consenso, per non cadere nel rischio di perdervi. E se ciò dovesse accadere, per me sarebbe impossibile vivere anche un solo istante».

394. Questa fu la risposta della bambina Maria, che temeva tantissimo il nuovo e pericoloso ministero della parola che le veniva comandato; sicché per quanto dipendeva dalla sua volontà, se Dio glielo avesse consentito, avrebbe desiderato osservare un perfetto silenzio e starsene zitta tutta quanta la vita. Quale umiliazione e quale esempio sublime per l'insipienza dei mortali! Colei che parlando non poteva peccare, temeva tanto il pericolo della lingua; e noi, che non possiamo parlare senza peccare, ci sentiamo morire e ci consumiamo per farlo. Dunque, o dolcissima bambina e Regina di tutto il creato, perché volete tacere? Non considerate, o mia Signora, che il vostro silenzio sarebbe rovina del mondo, tristezza per il cielo e perfino, a nostro limitato modo di intendere, una grande perdita per la santissima Trinità? Non sapete che con la risposta «Fiat mihi» all'arcangelo, contribuirete, in un certo modo, al compimento di tutto ciò che è stato preordinato, dando all'eterno Padre una figlia, all'eterno Figlio una madre, allo Spirito Santo una sposa, riparazione agli angeli, rimedio agli uomini, gloria ai cieli, pace alla terra, un'avvocata al mondo, salute agli infermi, vita ai morti, compiendo inoltre la volontà di Dio circa tutto quello che egli può desiderare fuori di se stesso? Ora, se dalla vostra sola parola dipende la maggior opera dell'onnipotenza divina e il bene di tutto il creato, come potete, o Signora e maestra mia, tacere, mentre è d'uopo che voi parliate? Parlate pure, o bambina, e la vostra voce si faccia sentire in tutto il cielo!

395. Iddio si compiacque del prudentissimo riguardo della sua sposa ed il suo cuore fu nuovamente ferito dall'amorevole timore della nostra bambina. Soddisfatte della loro diletta, le tre divine Persone, conferendo tra loro circa la sua richiesta, pronunciarono le parole del Cantico dei Cantici: «Piccola è la nostra sorella e ancora non ha seni; che faremo per la nostra sorellina il giorno in cui parlerà? Se lei fosse un muro, le costruiremmo sopra un recinto d'argento. Piccola sei agli occhi tuoi, sorella nostra diletta, ma grande sei e sarai agli occhi nostri. Per questo disprezzo di te stessa con uno dei tuoi capelli hai rapito il nostro cuore. Sei piccola anche nella stima che hai di te stessa e proprio questo ci affeziona a te e ci fa innamorare ancora di più. Non hai capezzoli per nutrire con le tue parole e neppure la legge sull'impurità, che non volli e non voglio che s'intenda fatta per te, ti riconosce donna. Ti umilii, mentre sei grande sopra ogni altra creatura; temi, mentre sei sicura; vuoi prevenire il pericolo, mentre non ti può minacciare. Che faremo noi con la nostra sorella il giorno che per nostra volontà aprirà le sue labbra per benedirci, quando invece i mortali le aprono per bestemmiare il nostro santo nome? Che faremo per celebrare un giorno così festivo come è quello in cui parlerà? Con che cosa premieremo questa sua precauzione così umile e sempre gradita ai nostri occhi? Dolce fu il suo silenzio e dolcissima sarà al nostro orecchio la sua voce. Se lei è un muro forte, per essere stata edificata con la virtù della nostra grazia e rafforzata con la potenza del nostro braccio, riedifichiamo allora sopra una così grande fortezza, nuove torri d'argento, aggiungendo così nuovi doni ai passati. E siano d'argento questi doni, perché ne divenga più ricca e preziosa; siano purissime le sue parole quando parlerà, candide, terse e sonore al nostro orecchio; sulle labbra abbia sempre diffusa la nostra grazia e sia sempre con lei la nostra onnipotente mano e protezione».

396. Nello stesso tempo in cui, a nostro modo di intendere, conferivano le tre divine Persone, la nostra divina bambina venne consolata e confortata nell'umile angustia di dover incominciare a parlare. Il Signore le promise allora di essere presente in lei e di dirigerla nelle parole, affinché tutte fossero di suo gradimento. Impetrò così da sua Maestà di nuovo la benedizione, per aprire le sue labbra piene di grazia. Quindi per agire in tutto con attenzione e prudenza, la prima parola che proferì, la rivolse ai suoi genitori, san Gioacchino e sant'Anna, chiedendo loro la benedizione, poiché erano quelli che dopo Dio le avevano dato la vita. I due fortunati santi la sentirono parlare con gioia e nello stesso tempo videro che cominciava a camminare da sola. Sua madre Anna felice, prendendola in braccio, le disse: «Figlia mia e diletta del mio cuore, sia per volontà e per gloria dell'Altissimo che noi ascoltiamo la tua voce e le tue parole e che tu cominci a camminare per crescere nel suo servizio. Siano le tue espressioni e le tue parole poche, misurate e ben ponderate; ed i tuoi passi siano retti e indirizzati al servizio e all'onore del nostro Creatore».

397. La santissima bambina ascoltò queste ed altre parole che sua madre sant'Anna le disse; le scrisse nel suo tenero cuore, per custodirle con profonda umiltà ed obbedienza. Nell'anno e mezzo seguente, fino al compimento dei tre anni, quando andò al tempio, furono però molto poche le parole che pronunciò, eccetto quando la chiamava sua madre per sentirla parlare e le ordinava di conversare con lei sui misteri divini. E questo faceva la bambina, ascoltando ed interrogando sua madre. Colei che in sapienza superava tutti i mortali voleva invece essere istruita ed educata: e così figlia e madre s'intrattenevano in dolcissimi colloqui sul Signore.

398. Non sarebbe facile e neanche possibile narrare quello che fece la bambina Maria, durante questi diciotto mesi in cui visse in compagnia di sua madre che, contemplando alcune volte la propria figlia, più degna di venerazione dell'arca figurativa dell'alleanza, versava copiose e dolci lacrime d'amore e di gratitudine. Mai le rivelò però il segreto che teneva chiuso nel suo cuore, cioè che lei era eletta a diventare madre del Messia, nonostante trattassero molte volte di questo ineffabile mistero, nel quale Maria si infiammava di ardentissimo amore e diceva cose sublimi su di esso e sulla propria dignità che ancora ignorava. Nella fortunatissima madre sant'Anna cresceva così sempre più l'allegrezza, l'amore e la cura per la propria figlia, il suo tesoro più prezioso.

399. Le forze della tenera bambina Regina non erano proporzionate agli umili lavori cui la spingevano la profonda umiltà ed il suo amore, poiché la signora di tutte le creature, stimandosi l'ultima, voleva mostrarsi tale anche in tutto ciò che faceva, occupandosi dei lavori più vili e più servili della casa. E credeva che se non avesse servito tutti, non avrebbe soddisfatto il suo debito né corrisposto al volere del Signore; ma nell'appagare il suo infiammato amore restava indietro, perché le sue forze non arrivavano a quanto desiderava. I supremi serafini baciavano la terra su cui lei posava i suoi santi piedi. Tuttavia si sforzava alcune volte di compiere dei lavori umili, come pulire e spazzare la casa e, siccome non glielo permettevano, cercava di farlo quando si trovava da sola; allora l'assistevano e l'aiutavano i santi angeli, affinché raccogliesse in qualcosa il frutto della sua umiltà.

400. La casa di Gioacchino non era molto ricca, ma nemmeno povera. Quindi conformemente allo stato dignitoso della sua famiglia, sant'Anna desiderava adornare la sua santissima figlia con il miglior vestito che poteva permettersi, sia pure entro i limiti della morigeratezza e della modestia. L'umilissima bambina accettò questo segno di affetto e delicatezza materni, senza opporsi, per tutto il tempo in cui ancora non parlava. Quando invece incominciò a parlare, chiese umilmente a sua madre che non le mettesse vestiti costosi ed eleganti ma che fossero grossolani, poveri e, se possibile, usati da altri e di colore scuro, cinereo, simile a quello che oggi usano le monache di santa Chiara. La santa madre, che riguardava e venerava la propria figlia come sua Signora, le rispose: «Figlia mia, io farò quello che mi chiedi riguardo alla forma ed al colore del vestito che desideri, però tu sei una bambina debole e non puoi portare stoffe grossolane come chiedi; perciò in questo ubbidirai a me».

401. La bambina, ubbidiente al volere di sua madre sant'Anna, non replicò, perché mai lo faceva. Si lasciò così vestire di quell'abito che le diede e che fu, però, del colore e della forma che aveva desiderato: simile agli abiti con cui sogliono vestire i bambini, per i quali si è fatto un voto. Certo lei lo avrebbe desiderato più povero e ruvido, ma compensò questo con l'obbedienza, che è la virtù più sublime del sacrificio. Così la santissima bambina fu ubbidiente a sua madre e allo stesso tempo povera nel vestire, ritenendosi indegna anche di quello che usava per difesa naturale della vita. Nell'obbedienza ai genitori fu bravissima e prontissima per tutti i tre anni che visse in loro compagnia perché, conoscendo per divina scienza i loro pensieri e gli intimi desideri, si teneva pronta ad ubbidire in tutto. Per quello, poi, che faceva da sé chiedeva sempre il permesso e la benedizione di sua madre, baciandole la mano con umiltà e riverenza. E benché la prudente madre esternamente vi acconsentisse, tuttavia internamente era colma di venerazione per la grazia e la dignità della figlia.

402. Questa, alcune volte, in tempi favorevoli, si ritirava in solitudine per godere con più libertà della vista e dei colloqui divini con i santi angeli e per manifestare loro con segni esterni l'ardente amore verso il suo e loro Dio. Faceva molti esercizi; si prostrava piangendo ed affliggeva quel corpicino, delicato e innocente, per i peccati dei mortali, implorando la misericordia dell'Altissimo affinché prodigasse loro grandi benefici: doni e grazie che fin d'allora cominciò ad ottenere. E benché il dolore interiore, per le colpe che conosceva, e la forza dell'amore, che le causava tale dolore, producessero in lei, gli effetti di una pena e di un tormento intensissimo, tuttavia, non soddisfatta di questo, cominciò ad usare in quell'età le prime forze corporali. Le mise in pratica con la mortificazione e la penitenza, per essere in tutto Madre di misericordia e mediatrice della grazia, senza trascurare neppure per un istante, alcuna azione per cui ottenere benedizioni su di sé e su di noi.

403. Giunta all'età di due anni cominciò a distinguersi molto nella dedizione e nella carità verso i poveri. Chiedeva a sua madre sant'Anna l'elemosina per loro; e la pia madre piena di bontà e di compassione veniva incontro sia ai poveri che alla sua santissima figlia, esortando quest'ultima, maestra di carità e di perfezione, ad amarli e riverirli. Oltre quello che riceveva dalla madre, la santa bambina, fin da quella tenera età, riservava parte del suo cibo per distribuirlo ai poveri. Poteva così dire con più diritto di Giobbe: «Dalla mia fanciullezza crebbe con me la compassione ». Dava poi l'elemosina, non come chi fa un beneficio gratuito, ma come chi soddisfa un debito di giustizia, dicendo nel suo cuore: «A questo fratello e signor mio ciò è ben dovuto, perché, se lui non lo possiede, io lo possiedo senza meritarlo». Consegnandogli l'elemosina gli baciava la mano e, se si trovava da sola, gli baciava anche i piedi o, non potendo far questo, baciava il suolo che il povero aveva toccato. Mai dava, però, l'elemosina a qualcuno senza farla anche all'anima, pregando per essa; e così i poveri andavano via rifocillati nel corpo e nello spirito.

404. Non meno ammirabili furono l'umiltà e l'obbedienza della santissima bambina nel farsi insegnare a leggere e istruire su altre cose, come è naturale in quell'età. Così l'educarono i suoi genitori; e tutto imparava colei che era piena di scienza infusa su tutte le cose create. Taceva ed ascoltava, con stupore degli angeli che ammiravano in una tale bambina una prudenza tanto singolare. Sua madre sant'Anna, conformemente all'amore e all'illuminazione che riceveva, stava attenta alla divina Principessa e per le sue azioni benediceva l'Altissimo. Avvicinandosi però il tempo di condurla al tempio, cresceva con l'amore anche il batticuore, al pensiero che al termine dei tre anni, stabiliti dall'Onnipotente, le sarebbe stato imposto di adempiere il voto. La bambina Maria incominciò così a preparare sua madre, manifestandole, sei mesi prima, il desiderio che aveva di vedersi già nel tempio. Le parlava dei benefici che aveva ricevuto dalla mano del Signore, di come fosse doveroso adempiere alla sua santissima volontà e di come nel tempio, dedicandosi a Dio, sarebbe stata più vicina a lei di quanto non lo fosse in casa.

405. Sant'Anna ascoltava le prudenti parole della sua bambina Maria; e benché fosse rassegnata alla volontà divina e volesse adempiere la promessa di offrire la sua amata figlia, tuttavia la forza dell'amore naturale verso un pegno così unico e caro - il tesoro di cui ella conosceva il valore inestimabile - combatteva nel suo fedelissimo cuore con il dolore della sua assenza, che già la opprimeva pur essendo vicino alla bambina. E senza dubbio di una pena così veemente e dura ne sarebbe morta, se la mano onnipotente dell'Altissimo non l'avesse confortata, perché la dignità e la grazia - note solo a lei - della sua divina figlia, le avevano rapito il cuore; e la sua presenza e il suo tratto erano più desiderabili della sua stessa vita. Con questa angoscia rispondeva talvolta alla bambina, dicendo: «Figlia mia diletta, per molti anni ti ho desiderato, per pochi invece merito di godere della tua compagnia, purché si adempia la volontà di Dio. Tuttavia sebbene non mi oppongo alla promessa di portarti al tempio, nondimeno mi resta tempo per adempierla; abbi per ora pazienza, finché arrivi il giorno in cui si avvereranno i tuoi desideri».

406. Pochi giorni prima che compisse tre anni, Maria santissima ebbe una visione astratta della Divinità, nella quale le fu manifestato che già si avvicinava il tempo in cui Dio ordinava che fosse portata al suo tempio, per vivere ivi dedicata e consacrata al suo servizio. A questo annuncio il suo purissimo spirito si riempì di nuova gioia e riconoscenza; e parlando con il Signore lo ringraziò e disse: «Altissimo Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, mio eterno e sommo bene, poiché io non posso lodarvi degnamente lo facciano, a nome di questa umile serva, tutti gli spiriti angelici, perché voi, immenso Signore, che di nessuna cosa avete bisogno, riguardate questo vile vermiciattolo con la grandezza della vostra prodiga misericordia. Come mai proprio a me questo beneficio: che mi riceviate nella vostra casa ed al vostro servizio, mentre non merito neppure l'angolo più oscuro e spregevole della terra? Lasciatevi muovere dalla vostra bontà, così che io possa supplicarvi di ispirare ai miei genitori il compimento della vostra santa volontà».

407. Immediatamente sant'Anna ebbe un'altra visione, nella quale il Signore le ordinò di adempiere la promessa, portando al tempio sua figlia per presentarla a Dio, nello stesso giorno in cui compiva tre anni. Non vi è dubbio che questo precetto fu per la santa madre di maggior dolore di quanto non fu per Abramo quello di sacrificare Isacco; ma il Signore stesso la consolò e confortò, promettendole la sua grazia ed il suo sostegno, quando le avrebbe tolta la sua amata figlia e sarebbe rimasta da sola. La santa madre si mostrò allora rassegnata e pronta per adempiere quello che l'altissimo Signore le comandava; ed ubbidiente fece questa orazione: «Signore, Dio eterno, padrone di tutto il mio essere, io ho già offerto al vostro tempio e per il vostro servizio la figlia mia, che voi mi avete donato con ineffabile misericordia; è vostra ed io ve la dono, rendendovi grazie per il tempo in cui l'ho tenuta e per averla concepita e cresciuta. Ricordatevi, però, o Dio e Signor mio, che nel custodire questo vostro inestimabile tesoro io ero ricca. Avevo compagnia in questo deserto ed in questa valle di lacrime; allegrezza nella malinconia; sollievo nei miei travagli; specchio per regolare la mia vita ed esempio di sublime perfezione, che spronava la mia tiepidezza ed infervorava il mio affetto. E per questa sola creatura, io attendevo la vostra grazia e la vostra misericordia. Ora temo nel ritrovarmi senza di lei, che mi manchi tutto! Guarite, o Signore, la ferita del mio cuore e non trattatemi secondo quello che merito, bensì guardatemi come pietoso Padre di misericordia. Io porterò mia figlia al tempio, come voi, o Signore, mi comandate».

408. Nello stesso tempo san Gioacchino aveva avuto un'altra visita o visione divina, nella quale il Signore gli comandava lo stesso ordine che aveva comunicato a sant'Anna. I santi coniugi conferirono tra loro due e conoscendo la volontà divina decisero di adempierla con rassegnazione; stabilirono così il giorno per portare la bambina al tempio. Il dolore che il santo vegliardo sentì nel profondo del suo cuore fu immenso, ma non così violento come quello di sant'Anna, perché lui ignorava il mistero altissimo che sua figlia sarebbe divenuta la Madre di Dio.

 

Insegnamento della Regina del cielo

 

409. Figlia mia, carissima, considera che tutti i viventi nascono destinati alla morte. Non conoscono il termine della loro vita, ma sanno con certezza che il loro tempo è breve e l'eternità è senza fine ed in essa l'uomo raccoglierà solamente ciò che avrà seminato di cattive o di buone opere; queste daranno allora il loro frutto, di morte o di vita eterna. In un viaggio così pericoloso non vuole perciò Dio che qualcuno conosca con certezza se sia degno del suo amore o del suo disprezzo, affinché, se dotato di ragione, questo dubbio gli serva da stimolo a cercare con tutte le sue forze l'amicizia del Signore. E Dio giustifica la sua causa dal momento in cui l'anima comincia a fare uso della ragione, perché da allora accende in essa una luce e sinderesi, che la stimola e la inizia alla virtù; la distoglie dal peccato, insegnandole a distinguere tra il fuoco e l'acqua approvando il bene e correggendo il male, scegliendo la virtù e riprovando il vizio. Egli inoltre risveglia l'anima e la chiama a sé con ispirazioni sante, con impulsi continui e per mezzo dei sacramenti, dei comma di fede, dei precetti, dei santi angeli, dei predicatori, dei confessori, dei superiori, dei maestri; di ciò che l'anima prova in sé nelle afflizioni e nei benefici che Dio le manda; di ciò che sente nelle tribolazioni altrui, nelle morti ed in altri avvenimenti e mezzi che la sua provvidenza dispone per attirare tutti a sé, perché vuole che tutti siano salvi. Di tutte queste cose Dio fa una catena di grandi aiuti e favori, di cui la creatura può e deve usare a suo vantaggio.

410. A tutto ciò si oppone la parte inferiore e sensitiva dell'uomo che, con il fomite del peccato, inclina verso le cose sensibili e muove la concupiscenza e l'irascibilità, affinché, confondendo la ragione, trascinino la volontà cieca ad abbracciare la libertà del piacere. Il demonio, da parte sua, con inganni e con false ed inique suggestioni oscura il senso interiore e nasconde il veleno mortale che si trova nei piaceri transeunti. L'Altissimo però non abbandona subito le sue creature, anzi rinnova la sua misericordia, gli aiuti e le grazie. E se esse rispondono alla sua chiamata ne aggiunge tante altre secondo la sua equità; dinanzi alla corrispondenza dell'anima le va aumentando e moltiplicando. Così come premio, perché l'anima ha dovuto vincersi, si vanno attenuando le inclinazioni alle sue passioni ed al fomite e lo spirito si alleggerisce sempre più, potendosi sollevare in alto, molto al di sopra delle tendenze negative e del cattivo nemico, il demonio.

411. L'uomo invece che si lascia trasportare dal diletto e dalla spensieratezza porge la mano al nemico di Dio e suo; e quanto più si allontana dalla divina bontà tanto più si rende indegno delle sue grazie e sente meno gli aiuti, benché siano grandi. Così il demonio e le passioni acquistando maggiore forza e dominio sulla ragione la rendono sempre più inetta ed incapace di accogliere la grazia dell'Altissimo. O figlia ed amica mia, in questa dottrina consiste il punto principale da cui dipende la salvezza o la perdita delle anime, cioè dal cominciare a fare resistenza agli aiuti del Signore o ad accettarli. Voglio perciò che non trascuri questo insegnamento affinché tu possa rispondere alle molte chiamate che l'Altissimo ti volge. Cerca allora di essere forte nel resistere ai tuoi nemici, puntuale e costante nell'eseguire i desideri del tuo Signore, così gli darai soddisfazione e sarai attenta nel fare il suo volere, che già conosci con la sua luce divina. Un grande amore portavo ai miei genitori e le parole e la tenerezza di mia madre mi ferivano il cuore, ma, sapendo che era ordine e compiacimento del Signore che io li lasciassi, mi dimenticai della mia casa e del mio popolo, non per altro fine se non per quello di seguire il mio sposo. La buona educazione ed il buon insegnamento della fanciullezza giovano molto per il resto della vita, affinché la creatura si ritrovi più libera e già abituata all'esercizio delle virtù, incominciando così dal porto della ragione a seguire questa stella, guida vera e sicura.


9-16 Ottobre 6, 1909 Le virtù del vero amore sono: Tutto purificare, di tutto trionfare e a tutto arrivare.

Luisa Piccarreta (Libro di Cielo)

(1) Avendo fatto la comunione, è venuto un pochino il mio sempre amabile Gesù, e avendo avuto una contesa col confessore sulla natura del vero amore, io volevo domandare a Gesù se io avevo ragione o torto, e Lui mi ha detto:

(2) “Figlia mia, è proprio così, come tu dicevi, che il vero amore facilita tutto, esclude ogni timore, ogni dubbio, e tutta la sua arte è d’impossessarsi della persona amata, e quando l’ha fatto sua, l’amore stesso le somministra i mezzi come conservare l’oggetto acquistato. Or, che timore, che dubbio può avere l’anima d’una cosa sua? Che cosa non spera? Anzi, quando è giunta a prenderne il possesso, l’amore si fa ardimentoso e giunge fino a pretendere gli eccessi e fino all’incredibile, non più c’è tuo e mio, l’amore vero può dire: “Tuo sono io, e mio sei tu, sicché possiamo disporre insieme, felicitarci insieme, godercela insieme”. Se ti ho acquistato voglio servirmene come mi piace. E come l’anima in questo stato di vero amore può andare pescando difetti, miserie, debolezze, se l’oggetto acquistato tutto le ha condonato, di tutto l’arricchisce, e l’oggetto che possiede la va purificando continuamente? Queste sono le virtù del vero amore: Tutto purificare, di tutto trionfare, e a tutto arrivare. Difatti, che amore ci potrebbe essere per una persona che si teme, che si dubita, che non si spera tutto? L’amore ci perderebbe il più bello delle sue qualità, è vero che anche nei santi si vede questo, questo dice che nei santi l’amore può essere imperfetto e può avere la sua varietà, secondo gli stati in cui si trovano. In te la cosa è ben diversa, dovendo essere tu con Me in Cielo, ed avendolo sacrificato per amore dell’ubbidienza e del prossimo, l’amore è restato in te confermato, la volontà confermata a non offendermi, sicché la tua vita è come una vita che è già passata, perciò non avverti il fardello delle miserie umane. Onde statti bene attenta a ciò che a te conviene, e ad amarmi fino all’infinito Amore”.