Liturgia delle Ore - Letture
Mercoledi della 5° settimana del tempo di Quaresima
Vangelo secondo Matteo 26
1Terminati tutti questi discorsi, Gesù disse ai suoi discepoli:2"Voi sapete che fra due giorni è Pasqua e che il Figlio dell'uomo sarà consegnato per essere crocifisso".
3Allora i sommi sacerdoti e gli anziani del popolo si riunirono nel palazzo del sommo sacerdote, che si chiamava Caifa,4e tennero consiglio per arrestare con un inganno Gesù e farlo morire.5Ma dicevano: "Non durante la festa, perché non avvengano tumulti fra il popolo".
6Mentre Gesù si trovava a Betània, in casa di Simone il lebbroso,7gli si avvicinò una donna con un vaso di alabastro di olio profumato molto prezioso, e glielo versò sul capo mentre stava a mensa.8I discepoli vedendo ciò si sdegnarono e dissero: "Perché questo spreco?9Lo si poteva vendere a caro prezzo per darlo ai poveri!".10Ma Gesù, accortosene, disse loro: "Perché infastidite questa donna? Essa ha compiuto un'azione buona verso di me.11I poveri infatti li avete sempre con voi, me, invece, non sempre mi avete.12Versando questo olio sul mio corpo, lo ha fatto in vista della mia sepoltura.13In verità vi dico: dovunque sarà predicato questo vangelo, nel mondo intero, sarà detto anche ciò che essa ha fatto, in ricordo di lei".
14Allora uno dei Dodici, chiamato Giuda Iscariota, andò dai sommi sacerdoti15e disse: "Quanto mi volete dare perché io ve lo consegni?". E quelli gli 'fissarono trenta monete d'argento'.16Da quel momento cercava l'occasione propizia per consegnarlo.
17Il primo giorno degli Azzimi, i discepoli si avvicinarono a Gesù e gli dissero: "Dove vuoi che ti prepariamo, per mangiare la Pasqua?".18Ed egli rispose: "Andate in città, da un tale, e ditegli: Il Maestro ti manda a dire: Il mio tempo è vicino; farò la Pasqua da te con i miei discepoli".19I discepoli fecero come aveva loro ordinato Gesù, e prepararono la Pasqua.
20Venuta la sera, si mise a mensa con i Dodici.21Mentre mangiavano disse: "In verità io vi dico, uno di voi mi tradirà".22Ed essi, addolorati profondamente, incominciarono ciascuno a domandargli: "Sono forse io, Signore?".23Ed egli rispose: "Colui che ha intinto con me la mano nel piatto, quello mi tradirà.24Il Figlio dell'uomo se ne va, come è scritto di lui, ma guai a colui dal quale il Figlio dell'uomo viene tradito; sarebbe meglio per quell'uomo se non fosse mai nato!".25Giuda, il traditore, disse: "Rabbì, sono forse io?". Gli rispose: "Tu l'hai detto".
26Ora, mentre essi mangiavano, Gesù prese il pane e, pronunziata la benedizione, lo spezzò e lo diede ai discepoli dicendo: "Prendete e mangiate; questo è il mio corpo".27Poi prese il calice e, dopo aver reso grazie, lo diede loro, dicendo: "Bevetene tutti,28perché questo è il mio sangue dell'alleanza, versato per molti, in remissione dei peccati.29Io vi dico che da ora non berrò più di questo frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo con voi nel regno del Padre mio".
30E dopo aver cantato l'inno, uscirono verso il monte degli Ulivi.31Allora Gesù disse loro: "Voi tutti vi scandalizzerete per causa mia in questa notte. Sta scritto infatti:
'Percuoterò il pastore
e saranno disperse le pecore del gregge,'
32ma dopo la mia risurrezione, vi precederò in Galilea".33E Pietro gli disse: "Anche se tutti si scandalizzassero di te, io non mi scandalizzerò mai".34Gli disse Gesù: "In verità ti dico: questa notte stessa, prima che il gallo canti, mi rinnegherai tre volte".35E Pietro gli rispose: "Anche se dovessi morire con te, non ti rinnegherò". Lo stesso dissero tutti gli altri discepoli.
36Allora Gesù andò con loro in un podere, chiamato Getsèmani, e disse ai discepoli: "Sedetevi qui, mentre io vado là a pregare".37E presi con sé Pietro e i due figli di Zebedèo, cominciò a provare tristezza e angoscia.38Disse loro: "La mia anima è triste fino alla morte; restate qui e vegliate con me".39E avanzatosi un poco, si prostrò con la faccia a terra e pregava dicendo: "Padre mio, se è possibile, passi da me questo calice! Però non come voglio io, ma come vuoi tu!".40Poi tornò dai discepoli e li trovò che dormivano. E disse a Pietro: "Così non siete stati capaci di vegliare un'ora sola con me?41Vegliate e pregate, per non cadere in tentazione. Lo spirito è pronto, ma la carne è debole".42E di nuovo, allontanatosi, pregava dicendo: "Padre mio, se questo calice non può passare da me senza che io lo beva, sia fatta la tua volontà".43E tornato di nuovo trovò i suoi che dormivano, perché gli occhi loro si erano appesantiti.44E lasciatili, si allontanò di nuovo e pregò per la terza volta, ripetendo le stesse parole.45Poi si avvicinò ai discepoli e disse loro: "Dormite ormai e riposate! Ecco, è giunta l'ora nella quale il Figlio dell'uomo sarà consegnato in mano ai peccatori.46Alzatevi, andiamo; ecco, colui che mi tradisce si avvicina".
47Mentre parlava ancora, ecco arrivare Giuda, uno dei Dodici, e con lui una gran folla con spade e bastoni, mandata dai sommi sacerdoti e dagli anziani del popolo.48Il traditore aveva dato loro questo segnale dicendo: "Quello che bacerò, è lui; arrestatelo!".49E subito si avvicinò a Gesù e disse: "Salve, Rabbì!". E lo baciò.50E Gesù gli disse: "Amico, per questo sei qui!". Allora si fecero avanti e misero le mani addosso a Gesù e lo arrestarono.51Ed ecco, uno di quelli che erano con Gesù, messa mano alla spada, la estrasse e colpì il servo del sommo sacerdote staccandogli un orecchio.
52Allora Gesù gli disse: "Rimetti la spada nel fodero, perché tutti quelli che mettono mano alla spada periranno di spada.53Pensi forse che io non possa pregare il Padre mio, che mi darebbe subito più di dodici legioni di angeli?54Ma come allora si adempirebbero le Scritture, secondo le quali così deve avvenire?".55In quello stesso momento Gesù disse alla folla: "Siete usciti come contro un brigante, con spade e bastoni, per catturarmi. Ogni giorno stavo seduto nel tempio ad insegnare, e non mi avete arrestato.56Ma tutto questo è avvenuto perché si adempissero le Scritture dei profeti". Allora tutti i discepoli, abbandonatolo, fuggirono.
57Or quelli che avevano arrestato Gesù, lo condussero dal sommo sacerdote Caifa, presso il quale già si erano riuniti gli scribi e gli anziani.58Pietro intanto lo aveva seguito da lontano fino al palazzo del sommo sacerdote; ed entrato anche lui, si pose a sedere tra i servi, per vedere la conclusione.
59I sommi sacerdoti e tutto il sinedrio cercavano qualche falsa testimonianza contro Gesù, per condannarlo a morte;60ma non riuscirono a trovarne alcuna, pur essendosi fatti avanti molti falsi testimoni.61Finalmente se ne presentarono due, che affermarono: "Costui ha dichiarato: Posso distruggere il tempio di Dio e ricostruirlo in tre giorni".62Alzatosi il sommo sacerdote gli disse: "Non rispondi nulla? Che cosa testimoniano costoro contro di te?".63Ma Gesù taceva. Allora il sommo sacerdote gli disse: "Ti scongiuro, per il Dio vivente, perché ci dica se tu sei il Cristo, il Figlio di Dio".64"Tu l'hai detto, gli rispose Gesù, anzi io vi dico:
d'ora innanzi vedrete 'il Figlio dell'uomo
seduto alla destra di Dio,
e venire sulle nubi del cielo'".
65Allora il sommo sacerdote si stracciò le vesti dicendo: "Ha bestemmiato! Perché abbiamo ancora bisogno di testimoni? Ecco, ora avete udito la bestemmia;66che ve ne pare?". E quelli risposero: "È reo di morte!".67Allora gli sputarono in faccia e lo schiaffeggiarono; altri lo bastonavano,68dicendo: "Indovina, Cristo! Chi è che ti ha percosso?".
69Pietro intanto se ne stava seduto fuori, nel cortile. Una serva gli si avvicinò e disse: "Anche tu eri con Gesù, il Galileo!".70Ed egli negò davanti a tutti: "Non capisco che cosa tu voglia dire".71Mentre usciva verso l'atrio, lo vide un'altra serva e disse ai presenti: "Costui era con Gesù, il Nazareno".72Ma egli negò di nuovo giurando: "Non conosco quell'uomo".73Dopo un poco, i presenti gli si accostarono e dissero a Pietro: "Certo anche tu sei di quelli; la tua parlata ti tradisce!".74Allora egli cominciò a imprecare e a giurare: "Non conosco quell'uomo!". E subito un gallo cantò.75E Pietro si ricordò delle parole dette da Gesù: "Prima che il gallo canti, mi rinnegherai tre volte". E uscito all'aperto, pianse amaramente.
Genesi 11
1Tutta la terra aveva una sola lingua e le stesse parole.2Emigrando dall'oriente gli uomini capitarono in una pianura nel paese di Sennaar e vi si stabilirono.3Si dissero l'un l'altro: "Venite, facciamoci mattoni e cuociamoli al fuoco". Il mattone servì loro da pietra e il bitume da cemento.4Poi dissero: "Venite, costruiamoci una città e una torre, la cui cima tocchi il cielo e facciamoci un nome, per non disperderci su tutta la terra".5Ma il Signore scese a vedere la città e la torre che gli uomini stavano costruendo.6Il Signore disse: "Ecco, essi sono un solo popolo e hanno tutti una lingua sola; questo è l'inizio della loro opera e ora quanto avranno in progetto di fare non sarà loro impossibile.7Scendiamo dunque e confondiamo la loro lingua, perché non comprendano più l'uno la lingua dell'altro".8Il Signore li disperse di là su tutta la terra ed essi cessarono di costruire la città.9Per questo la si chiamò Babele, perché là il Signore confuse la lingua di tutta la terra e di là il Signore li disperse su tutta la terra.
10Questa è la discendenza di Sem: Sem aveva cento anni quando generò Arpacsad, due anni dopo il diluvio;11Sem, dopo aver generato Arpacsad, visse cinquecento anni e generò figli e figlie.
12Arpacsad aveva trentacinque anni quando generò Selach;13Arpacsad, dopo aver generato Selach, visse quattrocentotré anni e generò figli e figlie.
14Selach aveva trent'anni quando generò Eber;15Selach, dopo aver generato Eber, visse quattrocentotrenta anni e generò figli e figlie.
16Eber aveva trentaquattro anni quando generò Peleg;17Eber, dopo aver generato Peleg, visse quattrocentotrenta anni e generò figli e figlie.
18Peleg aveva trent'anni quando generò Reu;19Peleg, dopo aver generato Reu, visse duecentonove anni e generò figli e figlie.
20Reu aveva trentadue anni quando generò Serug;21Reu, dopo aver generato Serug, visse duecentosette anni e generò figli e figlie.
22Serug aveva trent'anni quando generò Nacor;23Serug, dopo aver generato Nacor, visse duecento anni e generò figli e figlie.
24Nacor aveva ventinove anni quando generò Terach;25Nacor, dopo aver generato Terach, visse centodiciannove anni e generò figli e figlie.
26Terach aveva settant'anni quando generò Abram, Nacor e Aran.
27Questa è la posterità di Terach: Terach generò Abram, Nacor e Aran: Aran generò Lot.28Aran poi morì alla presenza di suo padre Terach nella sua terra natale, in Ur dei Caldei.29Abram e Nacor si presero delle mogli; la moglie di Abram si chiamava Sarai e la moglie di Nacor Milca, ch'era figlia di Aran, padre di Milca e padre di Isca.30Sarai era sterile e non aveva figli.
31Poi Terach prese Abram, suo figlio, e Lot, figlio di Aran, figlio cioè del suo figlio, e Sarai sua nuora, moglie di Abram suo figlio, e uscì con loro da Ur dei Caldei per andare nel paese di Canaan. Arrivarono fino a Carran e vi si stabilirono.
32L'età della vita di Terach fu di duecentocinque anni; Terach morì in Carran.
Salmi 25
1'Di Davide'.
Alef. A te, Signore, elevo l'anima mia,
2Bet. Dio mio, in te confido: non sia confuso!
Non trionfino su di me i miei nemici!
3Ghimel. Chiunque spera in te non resti deluso,
sia confuso chi tradisce per un nulla.
4Dalet. Fammi conoscere, Signore, le tue vie,
insegnami i tuoi sentieri.
5He. Guidami nella tua verità e istruiscimi,
perché sei tu il Dio della mia salvezza,
Vau. in te ho sempre sperato.
6Zain. Ricordati, Signore, del tuo amore,
della tua fedeltà che è da sempre.
7Het. Non ricordare i peccati della mia giovinezza:
ricordati di me nella tua misericordia,
per la tua bontà, Signore.
8Tet. Buono e retto è il Signore,
la via giusta addita ai peccatori;
9Iod. guida gli umili secondo giustizia,
insegna ai poveri le sue vie.
10Caf. Tutti i sentieri del Signore sono verità e grazia
per chi osserva il suo patto e i suoi precetti.
11Lamed. Per il tuo nome, Signore,
perdona il mio peccato anche se grande.
12Mem. Chi è l'uomo che teme Dio?
Gli indica il cammino da seguire.
13Nun. Egli vivrà nella ricchezza,
la sua discendenza possederà la terra.
14Samech. Il Signore si rivela a chi lo teme,
gli fa conoscere la sua alleanza.
15Ain. Tengo i miei occhi rivolti al Signore,
perché libera dal laccio il mio piede.
16Pe. Volgiti a me e abbi misericordia,
perché sono solo ed infelice.
17Zade. Allevia le angosce del mio cuore,
liberami dagli affanni.
18Vedi la mia miseria e la mia pena
e perdona tutti i miei peccati.
19Res. Guarda i miei nemici: sono molti
e mi detestano con odio violento.
20Sin. Proteggimi, dammi salvezza;
al tuo riparo io non sia deluso.
21Tau. Mi proteggano integrità e rettitudine,
perché in te ho sperato.
22Pe. O Dio, libera Israele
da tutte le sue angosce.
Salmi 94
1Dio che fai giustizia, o Signore,
Dio che fai giustizia: mostrati!
2Alzati, giudice della terra,
rendi la ricompensa ai superbi.
3Fino a quando gli empi, Signore,
fino a quando gli empi trionferanno?
4Sparleranno, diranno insolenze,
si vanteranno tutti i malfattori?
5Signore, calpestano il tuo popolo,
opprimono la tua eredità.
6Uccidono la vedova e il forestiero,
danno la morte agli orfani.
7Dicono: "Il Signore non vede,
il Dio di Giacobbe non se ne cura".
8Comprendete, insensati tra il popolo,
stolti, quando diventerete saggi?
9Chi ha formato l'orecchio, forse non sente?
Chi ha plasmato l'occhio, forse non guarda?
10Chi regge i popoli forse non castiga,
lui che insegna all'uomo il sapere?
11Il Signore conosce i pensieri dell'uomo:
non sono che un soffio.
12Beato l'uomo che tu istruisci, Signore,
e che ammaestri nella tua legge,
13per dargli riposo nei giorni di sventura,
finché all'empio sia scavata la fossa.
14Perché il Signore non respinge il suo popolo,
la sua eredità non la può abbandonare,
15ma il giudizio si volgerà a giustizia,
la seguiranno tutti i retti di cuore.
16Chi sorgerà per me contro i malvagi?
Chi starà con me contro i malfattori?
17Se il Signore non fosse il mio aiuto,
in breve io abiterei nel regno del silenzio.
18Quando dicevo: "Il mio piede vacilla",
la tua grazia, Signore, mi ha sostenuto.
19Quand'ero oppresso dall'angoscia,
il tuo conforto mi ha consolato.
20Può essere tuo alleato un tribunale iniquo,
che fa angherie contro la legge?
21Si avventano contro la vita del giusto,
e condannano il sangue innocente.
22Ma il Signore è la mia difesa,
roccia del mio rifugio è il mio Dio;
23egli ritorcerà contro di essi la loro malizia,
per la loro perfidia li farà perire,
li farà perire il Signore, nostro Dio.
Zaccaria 5
1Poi alzai gli occhi e vidi un rotolo che volava.2L'angelo mi domandò: "Che cosa vedi?". E io: "Vedo un rotolo che vola: è lungo venti cubiti e largo dieci".3Egli soggiunse: "Questa è la maledizione che si diffonde su tutta la terra: ogni ladro sarà scacciato via di qui come quel rotolo; ogni spergiuro sarà scacciato via di qui come quel rotolo.4Io scatenerò la maledizione, dice il Signore degli eserciti, in modo che essa penetri nella casa del ladro e nella casa dello spergiuro riguardo al mio nome; rimarrà in quella casa e la consumerà insieme con le sue travi e le sue pietre".
5Poi l'angelo che parlava con me si avvicinò e mi disse: "Alza gli occhi e osserva ciò che appare".6E io: "Che cosa è quella?". Mi rispose: "È un''efa' che avanza". Poi soggiunse: "Questa è la loro corruzione in tutta la terra".7Fu quindi alzato un coperchio di piombo; ecco dentro all''efa' vi era una donna.8Disse: "Questa è l'empietà!". Poi la ricacciò dentro l''efa' e ricoprì l'apertura con il coperchio di piombo.9Alzai di nuovo gli occhi per osservare e vidi venire due donne: il vento agitava le loro ali, poiché avevano ali come quelle delle cicogne, e sollevarono l''efa' fra la terra e il cielo.10Domandai all'angelo che parlava con me: "Dove portano l''efa' costoro?".11Mi rispose: "Vanno nella terra di Sènnaar per costruirle un tempio. Appena costruito, l''efa' sarà posta sopra il suo piedistallo".
Prima lettera ai Corinzi 8
1Quanto poi alle carni immolate agli idoli, sappiamo di averne tutti scienza.2Ma la scienza gonfia, mentre la carità edifica. Se alcuno crede di sapere qualche cosa, non ha ancora imparato come bisogna sapere.3Chi invece ama Dio, è da lui conosciuto.4Quanto dunque al mangiare le carni immolate agli idoli, noi sappiamo che non esiste alcun idolo al mondo e che non c'è che un Dio solo.5E in realtà, anche se vi sono cosiddetti dèi sia nel cielo sia sulla terra, e difatti ci sono molti dèi e molti signori,6per noi c'è un solo Dio, il Padre, dal quale tutto proviene e noi siamo per lui; e un solo Signore Gesù Cristo, in virtù del quale esistono tutte le cose e noi esistiamo per lui.
7Ma non tutti hanno questa scienza; alcuni, per la consuetudine avuta fino al presente con gli idoli, mangiano le carni come se fossero davvero immolate agli idoli, e così la loro coscienza, debole com'è, resta contaminata.8Non sarà certo un alimento ad avvicinarci a Dio; né, se non ne mangiamo, veniamo a mancare di qualche cosa, né mangiandone ne abbiamo un vantaggio.9Badate però che questa vostra libertà non divenga occasione di caduta per i deboli.10Se uno infatti vede te, che hai la scienza, stare a convito in un tempio di idoli, la coscienza di quest'uomo debole non sarà forse spinta a mangiare le carni immolate agli idoli?11Ed ecco, per la tua scienza, va in rovina il debole, un fratello per il quale Cristo è morto!12Peccando così contro i fratelli e ferendo la loro coscienza debole, voi peccate contro Cristo.13Per questo, se un cibo scandalizza il mio fratello, non mangerò mai più carne, per non dare scandalo al mio fratello.
Capitolo VIII: La bassa opinione di sé agli occhi di Dio
Leggilo nella Biblioteca1. "Che io osi parlare al mio Signore, pure essendo polvere e cenere" (Gn 18,27). Se avrò tenuto troppo grande opinione di me, ecco tu mi starai dinanzi e le mie iniquità daranno testimonianza del vero, contro di me; né potrò controbattere. Se invece mi sarò considerato cosa da poco - riducendomi a un nulla, liberandomi da ogni reputazione di me stesso, facendomi polvere, quale sono - la tua grazia mi sarà propizia e la tua luce sarà vicina al mio cuore. Così ogni stima, anche minima, svanirà per sempre, sommersa nell'abisso della mia umiltà. In tal modo, o Dio, tu mi mostri a me stesso: che cosa sono e che cosa fui, a che giunsi. Sono un nulla ì, e neppure me ne rendo conto. Lasciato a me stesso, ecco il nulla; tutto è manchevolezza. Se, invece, d'un tratto, tu guardi me, immediatamente divento forte e pieno di nuova gioia. Ed è così veramente meravigliosa questo sentirmi così improvvisamente sollevato, e così amorosamente abbracciato da te; ché, per la mia gravezza, sono portato sempre al basso. E' opera, questa, del tuo amore: senza mio merito esso mi viene incontro, mi aiuta in tante mie varie necessità, mi mette al riparo da ogni grave pericolo e mi strappa da mali veramente innumerevoli.
2. Mi ero perduto, amandomi di un amore davvero non retto; invece, cercando soltanto te, e con retto amore, ho travato, ad un tempo, e me stesso e te. Per tale amore mi sono sprofondato ancor di più nel mio nulla; perché sei tu, che, nella tua grande bontà, vai, nei mie confronti, al di là di ogni merito, e al di là di quello che io oso sperare e chiedere. Sii benedetto, o mio Dio, perché, quantunque io non sia degno di alcun dono, la tua magnanimità e la tua infinita bontà non cessano di largire benefici anche agli ingrati, che si sono allontanati da te. Portaci di nuovo a te, affinché siamo pieni di gratitudine, di umiltà e di devozione. Tu sei infatti il nostro sostegno, la nostra forza, la nostra salvezza.
LETTERA AL CONTE VALERIO
Le Nozze e la Concupiscenza - Sant'Agostino
Leggilo nella BibliotecaA VALERIO ILLUSTRE SIGNORE E FIGLIO, NON SOLO MERITAMENTE ECCELLENTISSIMO MA ANCHE CARISSIMO NELL'AMORE DI CRISTO, AGOSTINO INVIA SALUTI NEL SIGNORE
1. Ero già da tempo inquieto per averti scritto più di una volta senza aver mai ricevuto una risposta dall'Eccellenza tua, quand'ecco ricevo all'improvviso ben tre lettere da parte della tua Benevolenza. Una era diretta non a me solo e mi è stata recapitata da Vendemiale, mio collega nell'episcopato; altre due mi sono state recapitate non molto dopo da Firmo, santo mio confratello nel sacerdozio, unito a me - come tu hai potuto sapere da lui stesso - da strettissimi vincoli d'affetto. Egli, parlandomi a lungo di te e ragguagliandomi con sincerità sulla tua personalità quale egli l'ha conosciuta nell'affetto di Cristo 1, ha superato non solo la lettera recapitatami dal suddetto vescovo, o quelle recapitatemi da lui stesso, ma anche quella che ci lamentavamo di non aver ricevuto. Pertanto quel che mi diceva di te mi riusciva tanto più gradito in quanto m'informava di cose di cui tu non avresti potuto parlarmi in una tua risposta, nemmeno se te le avessi chieste, per evitare di lodarti proclamando da te stesso le tue virtù, cosa questa proibita dalla Sacra Scrittura 2. Io stesso, del resto, ho un certo ritegno a scriverti così, per paura d'incorrere nel sospetto di adularti, mio illustre ed eccellentissimo signore e figlio carissimo nell'affetto di Cristo.
2. Vedi quale piacere e quale gioia sia stata per me sentir parlare delle tue virtù in Cristo, o meglio delle virtù di Cristo in te, da una persona come lui che non poteva né ingannarmi data la sua lealtà né ignorarle data la tua amicizia. Avevamo comunque già sentito dire da altre persone altre cose, sebbene non tante né tanto sicure, quanto cioè sia pura e cattolica la tua fede, con quanto spirito di fede aspetti la vita futura; quanto grande è il tuo amore verso Dio e verso i fratelli, quanto grande è la tua modestia nelle tue alte funzioni di magistrato; come non riponi le tue speranze nelle ricchezze malsicure, ma nel Dio vivente, e come sei ricco d'opere buone 3; come la tua casa è ristoro e sollievo dei buoni Cristiani e il terrore degl'empi, quanto ti preoccupi che gli antichi o recenti nemici di Cristo coperti dal manto del nome di Cristo non tendano insidie ai membri di Cristo e con quanto zelo provvedi alla salvezza dei medesimi membri e quanto tu sia nemico dell'errore. Queste informazioni e altre consimili - come ho detto - sentiamo dire di solito anche da altre persone, ma ora ne abbiamo apprese molto più numerose e più documentate per bocca del suddetto nostro fratello Firmo.
3. Inoltre come avremmo potuto sentir parlare della tua castità coniugale, per poterla amare e lodare tra le altre tue virtù, se non l'avessimo sentito da un tuo amico sì intimo da conoscere non superficialmente, ma a fondo la tua vita? Di questa tua virtù, ch'è un dono di Dio, piacerebbe anche a me parlartene in tono più familiare e un po' più a lungo. Sono sicuro di non farti cosa spiacevole se t'invio un mio scritto alquanto prolisso affinché, leggendolo, tu sia più a lungo in mia compagnia. Sono infatti venuto a sapere anche questo, cioè che tu, pur fra le tue numerose e gravi occupazioni, trovi il tempo e leggi volentieri e provi gran piacere nel leggere le nostre opere, anche quelle scritte per altre persone, che per caso siano potute capitare nelle tue mani; quanto più attentamente ti degnerai di porgere orecchio e quanto maggiormente gradirai uno scritto che si rivolge proprio a te stesso e nel quale io ti parlo come se tu mi fossi presente? Da questa lettera potrai poi passare al libro che ti ho mandato insieme; in esso, proprio all'inizio, troverai più esattamente spiegato perché l'ho scritto e perché l'ho mandato di preferenza alla tua Reverenza.
1 - Fil 1, 8.
2 - Prv 27, 2.
3 - 1 Tm 6, 17-18.
Capitolo LIV: Gli opposti impulsi della natura e della grazia
Libro III: Dell'interna consolazione - Tommaso da Kempis
Leggilo nella Biblioteca1. Figlio, considera attentamente gli impulsi della natura e quelli della grazia; come si muovono in modo nettamente contrario, ma così sottilmente che soltanto, e a fatica, li distingue uno che sia illuminato da interiore spiritualità. Tutti, invero, desiderano il bene e, con le loro parole e le loro azioni, tendono a qualcosa di buono; ma, appunto per una falsa apparenza del bene, molti sono ingannati. La natura è scaltra, trascina molta gente, seduce, inganna e mira sempre a se stessa. La grazia, invece, cammina schietta, evita il male, sotto qualunque aspetto esso appaia; non prepara intrighi; tutto fa soltanto per amore di Dio, nel quale, alla fine, trova la sua quiete. La natura non vuole morire, non vuole essere soffocata e vinta, non vuole essere schiacciata, sopraffatta o sottomessa, né mettersi da sé sotto il giogo. La grazia, invece, tende alla mortificazione di sé e resiste alla sensualità, desidera e cerca di essere sottomessa e vinta; non vuole avere una sua libertà, preferisce essere tenuta sotto disciplina; non vuole prevalere su alcuno, ma vuole sempre vivere restando sottoposta a Dio; è pronta a cedere umilmente a ogni creatura umana, per amore di Dio. La natura s'affanna per il suo vantaggio, e bada all'utile che le possa venire da altri. La grazia, invece, tiene conto di ciò che giova agli altri, non del profitto e dell'interesse propri. La natura gradisce onori e omaggi. La grazia, invece, ogni onore e ogni lode li attribuisce a Dio. La natura rifugge dalla vergogna e dal disprezzo. La grazia, invece, si rallegra "di patire oltraggi nel nome di Gesù" (At 5,41). La natura inclina all'ozio e alla tranquillità materiale. La grazia, invece, non può stare oziosa e accetta con piacere la fatica. La natura mira a possedere cose rare e belle, mentre detesta quelle spregevoli e grossolane. La grazia, invece, si compiace di ciò che è semplice e modesto; non disprezza le cose rozze, né rifugge dal vestire logori panni.
2. La natura guarda alle cose di questo tempo; gioisce dei guadagni e si rattrista delle perdite di quaggiù; si adira per una piccola parola offensiva. La grazia, invece, non sta attaccata all'oggi, ma guarda all'eternità; non si agita per la perdita di cose materiali; non si inasprisce per una parola un po' brusca, perché il suo tesoro e la sua gioia li pone nel cielo dove nulla perisce. La natura è avida, preferisce prendere che donare, ha caro ciò che è proprio e personale. La grazia, invece, è caritatevole e aperta agli altri; rifugge dalle cose personali, si contenta del poco, ritiene "più bello dare che ricevere" (At 20,35). La natura tende alle creature e al proprio corpo, alla vanità e alle chiacchiere. La grazia, invece, si volge a Dio e alle virtù; rinuncia alle creature, fugge il mondo, ha in orrore i desideri della carne, frena il desiderio di andare di qua e di là, si vergogna di comparire in pubblico. La natura gode volentieri di qualche svago esteriore, nel quale trovino piacere i sensi. La grazia, invece, cerca consolazione soltanto in Dio, e, al di sopra di ogni cosa di questo mondo, mira a godere del sommo bene. La natura tutto fa per il proprio guadagno e il proprio vantaggio; non può fare nulla senza ricevere nulla; per ogni favore spera di conseguirne uno uguale o più grande, oppure di riceverne lodi e approvazioni; desidera ardentemente che i suoi gesti e i suoi doni siano molto apprezzati. La grazia, invece, non cerca nulla che sia passeggero e non chiede, come ricompensa, altro premio che Dio soltanto; delle cose necessarie in questa vita non vuole avere più di quanto le possa essere utile a conseguire le cose eterne.
3. La natura si compiace di annoverare molte amicizie e parentele; si vanta della provenienza da un luogo celebre o della discendenza da nobile stirpe; sorride ai potenti, corteggia i ricchi ed applaude coloro che sono come lei. La grazia, invece, ama anche i nemici; non si esalta per la quantità degli amici; non dà importanza al luogo di origine o alla famiglia da cui discende, a meno che in essa vi sia una virtù superiore; è ben disposta verso il povero, più che verso il ricco; simpatizza maggiormente con la povera gente che con i potenti; sta volentieri con le persone sincere, non già con gli ipocriti; esorta sempre le anime buone ad ambire a "doni spirituali sempre più grandi" (1Cor 12,31), così da assomigliare, per le loro virtù, al Figlio di Dio. La natura, di qualcosa che manchi o che dia noia, subito si lamenta. La grazia sopporta con fermezza ogni privazione. La natura riferisce tutto a sé; lotta per sé, discute per sé. La grazia, invece, riconduce tutte le cose a Dio, da cui provengono come dalla loro origine; nulla di buono attribuisce a se stessa, non presume di sé con superbia; non contende, non pone l'opinione propria avanti alle altre; anzi si sottomette, in ogni suo sentimento e in ogni suo pensiero, all'eterna sapienza e al giudizio di Dio. La natura è avida di conoscere cose segrete e vuol sapere ogni novità; ama uscir fuori, per fare molte esperienze; desidera distinguersi e darsi da fare in modo che ad essa possa venirne lode e ammirazione. La grazia, invece, non si preoccupa di apprendere novità e curiosità, perché tutto il nuovo nasce da una trasformazione del vecchio, non essendoci mai, su questa terra, nulla che sia nuovo e duraturo. La grazia insegna, dunque, a tenere a freno i sensi, a evitare la vana compiacenza e l'ostentazione, a tener umilmente nascosto ciò che sarebbe degno di lode e di ammirazione, infine a tendere, in tutte le nostre azioni e i nostri studi, al vero profitto, alla lode e alla gloria di Dio. Non vuol far parlare di sé e delle cose sue, desiderando, invece, che, in tutti i suoi doni, sia lodato Iddio, che tutto elargisce per puro amore.
4. E', codesta grazia, una luce sovrannaturale, propriamente un dono particolare di Dio, un segno distintivo degli eletti, una garanzia della salvezza eterna. La grazia innalza l'uomo dalle cose terrestri all'amore del cielo e lo trasforma da carnale in spirituale. Adunque, quanto più si tiene in freno e si vince la natura, tanto maggior grazia viene infusa in noi; così, per mezzo di continue e nuove manifestazioni divine, l'uomo interiore si trasforma secondo l'immagine di Dio.
31-20 Dicembre 21, 1932 Scambio di doni di volontà tra Dio e l’anima. Rinascita continua nella vita Divina, vincolo di sposalizio, festa di tutti. Come la Divina Volontà tiene assediata la creatura.
Luisa Piccarreta (Libro di Cielo)
(1) Mi sento come una piccola bambina nelle braccia della Divina Volontà, oh! come mi sembra vero che sono la piccola neonata, che mentre sto per nascere, un altro suo atto di Volontà Divina che si versa su di me, oppure un’altra sua conoscenza che mi manifesta, io rinasco di nuovo in quell’atto ed in quella conoscenza, come ad una vita novella nella sua Volontà Divina che prima non avevo in mio potere, neppure la conoscevo, e nell’atto di riceverlo io mi sento rinata di nuovo, ma mentre sto per rinascere, un altro suo atto mi dà, m’investe d’un altra sua conoscenza, ed io sto sempre in atto di rinascere. Oh! potenza del Fiat Supremo, tu non sai lasciare mai la creatura, anzi mi sembra che mi metti nel labirinto della tua luce immensa, in atto di darle sempre nuova vita, ed io sento il bisogno di ricevere da te la tua vita continua, quindi di restarmi sperduta in te, ma felice perdita, perché non è perdita, ma conquista di nuova vita Divina che fa la creatura. Ma mentre la mia mente si perdeva nel Fiat Divino, il mio Maestro Celeste, visitando la sua piccola neonata, tutto bontà mi ha detto:
(2) “Mia piccola figlia, il mio amore è tanto, che sto sempre in atto di far dono della mia Volontà in tutti gli atti che fa la creatura per ricevere il dono della sua, Io sono il primo a cedergli il dono della mia, sto alla spia per vedere quando la creatura sta per fare un atto per darle il dono della mia Volontà nell’atto suo, affinché in vista del gran dono che le faccio, mi dia il piccolo dono del suo volere. Ora, con questo mio dono del mio Volere che vado dando in tutti gli atti della creatura, riceve un atto nuovo di vita divina, e la faccio rinascere in quell’atto nuovo che le do, ed essa sente la novella vita divina che acquista, e mentre sta per formarsi in quella vita divina, Io non aspetto, ma subito le faccio di nuovo il dono del mio Volere, e così vado alternando la vita della creatura, col dare il mio dono e col voler ricevere il suo, affinché senta la crescenza e la rinascita continua della sua vita nella divina. Ora, è tanto grande questo dono che faccio, che mentre sto per farlo, i Cieli stupiscono e riverenti si abbassano per adorare un dono sì grande, e magnificano il loro Creatore di tanta liberalità, e tutti si mettono sull’attenti per essere spettatori del come si svolge questo dono nell’atto della creatura, e quando veggono la nuova rinascita che fa nella vita divina, essi sono tremebondi nel vedere il gran portento, che rinasce a novella vita divina quante volte le vien dato questo dono della mia Volontà, ed oh! come mi ringraziano di tanta mia bontà, perché tutti si sentono più felici nel vedere questo dono del mio Volere operante nell’atto della creatura. Si può dire che in questo scambio di volontà, in questi doni reciprochi d’ambi le parti, succede uno sposalizio tra l’anima e Dio, sposalizio ripetuto, sempre nuovo, e quando c’è sposalizio tutti fanno festa ai novelli sposi, ed inneggiano al loro Creatore, perché con questo dono del mio Fiat non è solo dono che faccio, ma insieme col dono do la mia Vita, che forma il vincolo dell’inseparabilità, in cui consiste la sostanza del vero sposalizio tra l’umano ed il Divino, ed oh! la somma ingratitudine di chi non riceve il dono del mio Volere nell’atto suo, specie nel vedere le mie premure ché voglio darlo, prego e supplico che lo ricevono e molte volte mi industrio di procurare nuovi incidenti, circostanze non aspettate, per avere nuove occasioni per poterle dare più spesso il mio dono del Fiat, e quando veggo che non l’accettano, mi sento cambiare in dolore le mie industrie d’amore, e potrei dire che i Cieli piangono insieme con me, perché quando agisce questo dono della mia Volontà nell’atto della creatura, i Cieli sono compromessi insieme con Essa, e tutti sentono, o la festa se viene accettato, o il dolore se viene respinto. Perciò sii attenta, non voglio altro, che nei tuoi piccoli atti, in tutto ciò che fai, se preghi, se soffri, se lavori, in tutto, che lo scambio continuo, che prendi il dono della mia Volontà e mi dia la tua. Oh! come mi renderai felice, Io sarò tutt’occhio sull’atto tuo, affinché abbia tutti i requisiti d’un atto degno della mia Divina Volontà”.
(3) Onde mi sentivo tutta investita di Volere Divino, me lo sentivo palpitante nella piccola anima mia, la sua aria celestiale e balsamica mi formava il cielo in me e provavo la felicità di lassù, anzi mi sentivo più felice dei cittadini celesti, perché loro non hanno un dono di atto di Volontà Divina come conquista, come nuova rinascita in Dio, ma hanno il dono di Essa solo come felicitarsi e beatificarsi, ma come conquista no, io invece posso fare nuove conquiste e posso chiudere nell’atto mio una Volontà Divina operante. Ma mente la mia mentre spropositava, il dolce Gesù sorprendendomi ha soggiunto:
(4) “Figlia benedetta, voglio dirti la ragione perché voglio che la creatura riceva il dono della mia Volontà in tutti gli atti suoi, e mi dia volta per volta la sua, perché se ad un atto ci sia questo scambio e ad un altro no, nell’atto dove non c’è lo scambio si forma il vuoto nell’anima, e questo vuoto viene riempito di miserie, di debolezze, di passioni, con ciò la vita divina resta spezzata e come distaccata in essa, quindi le vere rinascite non possono succedere, perché mancherebbe l’alimento, la materia prima dell’atto continuo del mio Fiat, che forma queste nuove rinascite in Dio, molto più che solo Essa possiede e forma l’atto continuo, quindi senza il suo atto continuo è impossibile ricevere sì gran doni e beni da far stupire Cieli e terra”.
(5) Onde nel sentire ciò ho detto: “Dimmi Amor mio, perché ti interessa tanto, che vuoi la volontà della creatura e vuoi dare la tua?” E Gesù:
(6) “Vuoi sapere il perché? Perché col prendere la sua volontà metto al sicuro la creatura, e col darle la mia la prendo da tutti i lati e metto al sicuro la mia vita in essa, e siccome la mia Volontà Divina non vi è cosa o persona che non ha i suoi vincoli di dominio e di conservazione, la fortunata creatura me la sento insieme con me in tutto ed in tutti, ed allora posso dire coi fatti, non con le parole: “Ciò ch’è mio è tuo, e tutto ho fatto per te”. Con ciò il mio scopo è realizzato, l’opera mia creata con tanto amore, qual è la creatura, non mi preoccupa più, né c’è più pericolo perché la mia Divina Volontà la tiene assediata nei suoi infiniti confini, sicché non resta altro che godermela e renderci felici, con una felicità non mai interrotta d’ambi le parti. Ecco perciò che fino a tanto non veggo la creatura dotata del dono del mio Fiat, non mi do pace, sto a guardia continua, perché so che il suo volere può tradire lei e me, quindi devo usare stratagemmi, industrie amorose, devo sempre lavorare, per me non vi è riposo. Invece quando il suo volere sta in poter mio, ed il mio in poter suo, Io riposo sulla sua sorte, non vi è più pericolo e se voglio lo scambio continuo tra me ed essa, è per avere occasione di avere che ci fare, di dire e di trattenersi dolcemente in conversazione, e siccome voglio darle sempre del mio, uso il pretesto di volere lo scambio della sua, per darle di nuovo la mia Volontà, ma già era mia la sua e la mia era già sua, solo che col darla di nuovo, accresco nuova vita Divina e grazie più sorprendenti. Perciò sempre nel mio Volere ti voglio, e così potremo essere sicuri, tu di stare sempre con me, ed Io con te”.