Liturgia delle Ore - Letture
Mercoledi della 5° settimana del tempo di Quaresima
Vangelo secondo Luca 2
1In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra.2Questo primo censimento fu fatto quando era governatore della Siria Quirinio.3Andavano tutti a farsi registrare, ciascuno nella sua città.4Anche Giuseppe, che era della casa e della famiglia di Davide, dalla città di Nàzaret e dalla Galilea salì in Giudea alla città di Davide, chiamata Betlemme,5per farsi registrare insieme con Maria sua sposa, che era incinta.6Ora, mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto.7Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia, perché non c'era posto per loro nell'albergo.
8C'erano in quella regione alcuni pastori che vegliavano di notte facendo la guardia al loro gregge.9Un angelo del Signore si presentò davanti a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande spavento,10ma l'angelo disse loro: "Non temete, ecco vi annunzio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo:11oggi vi è nato nella città di Davide un salvatore, che è il Cristo Signore.12Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia".13E subito apparve con l'angelo una moltitudine dell'esercito celeste che lodava Dio e diceva:
14"Gloria a Dio nel più alto dei cieli
e pace in terra agli uomini che egli ama".
15Appena gli angeli si furono allontanati per tornare al cielo, i pastori dicevano fra loro: "Andiamo fino a Betlemme, vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere".16Andarono dunque senz'indugio e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, che giaceva nella mangiatoia.17E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro.18Tutti quelli che udirono, si stupirono delle cose che i pastori dicevano.19Maria, da parte sua, serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore.
20I pastori poi se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com'era stato detto loro.
21Quando furon passati gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall'angelo prima di essere concepito nel grembo della madre.
22Quando venne il tempo della loro purificazione secondo la Legge di Mosè, portarono il bambino a Gerusalemme per offrirlo al Signore,23come è scritto nella Legge del Signore: 'ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore';24e per offrire in sacrificio 'una coppia di tortore o di giovani colombi', come prescrive la Legge del Signore.
25Ora a Gerusalemme c'era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e timorato di Dio, che aspettava il conforto d'Israele;26lo Spirito Santo che era sopra di lui, gli aveva preannunziato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Messia del Signore.27Mosso dunque dallo Spirito, si recò al tempio; e mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per adempiere la Legge,28lo prese tra le braccia e benedisse Dio:
29"Ora lascia, o Signore, che il tuo servo
vada in pace secondo la tua parola;
30perché i miei occhi han visto la tua salvezza,
31preparata da te davanti a tutti i popoli,
32luce per illuminare le genti
e gloria del tuo popolo Israele".
33Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui.34Simeone li benedisse e parlò a Maria, sua madre: "Egli è qui per la rovina e la risurrezione di molti in Israele, segno di contraddizione35perché siano svelati i pensieri di molti cuori. E anche a te una spada trafiggerà l'anima".
36C'era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuèle, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto col marito sette anni dal tempo in cui era ragazza,37era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere.38Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme.
39Quando ebbero tutto compiuto secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nàzaret.40Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era sopra di lui.
41I suoi genitori si recavano tutti gli anni a Gerusalemme per la festa di Pasqua.42Quando egli ebbe dodici anni, vi salirono di nuovo secondo l'usanza;43ma trascorsi i giorni della festa, mentre riprendevano la via del ritorno, il fanciullo Gesù rimase a Gerusalemme, senza che i genitori se ne accorgessero.44Credendolo nella carovana, fecero una giornata di viaggio, e poi si misero a cercarlo tra i parenti e i conoscenti;45non avendolo trovato, tornarono in cerca di lui a Gerusalemme.46Dopo tre giorni lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai dottori, mentre li ascoltava e li interrogava.47E tutti quelli che l'udivano erano pieni di stupore per la sua intelligenza e le sue risposte.48Al vederlo restarono stupiti e sua madre gli disse: "Figlio, perché ci hai fatto così? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo".49Ed egli rispose: "Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?".50Ma essi non compresero le sue parole.
51Partì dunque con loro e tornò a Nàzaret e stava loro sottomesso. Sua madre serbava tutte queste cose nel suo cuore.52E Gesù 'cresceva' in sapienza, età 'e grazia davanti a Dio e agli uomini'.
Deuteronomio 29
1Mosè convocò tutto Israele e disse loro: "Voi avete visto quanto il Signore ha fatto sotto i vostri occhi, nel paese d'Egitto, al faraone, a tutti i suoi ministri e a tutto il suo paese;2le prove grandiose che i tuoi occhi hanno visto, i segni e i grandi prodigi.3Ma fino ad oggi il Signore non vi ha dato una mente per comprendere, né occhi per vedere, né orecchi per udire.4Io vi ho condotti per quarant'anni nel deserto; i vostri mantelli non vi si sono logorati addosso e i vostri sandali non vi si sono logorati ai piedi.5Non avete mangiato pane, non avete bevuto vino, né bevanda inebriante, perché sapevate che io sono il Signore vostro Dio.6Quando foste arrivati in questo luogo e Sicon re di Chesbon e Og re di Basan uscirono contro di noi per combattere, noi li abbiamo sconfitti,7abbiamo preso il loro paese e l'abbiamo dato in possesso ai Rubeniti, ai Gaditi e a metà della tribù di Manàsse.
8Osservate dunque le parole di questa alleanza e mettetela in pratica, perché abbiate successo in quanto farete.
9Oggi voi state tutti davanti al Signore vostro Dio, i vostri capi, le vostre tribù, i vostri anziani, i vostri scribi, tutti gli Israeliti,10i vostri bambini, le vostre mogli, il forestiero che sta in mezzo al tuo accampamento, da chi ti spacca la legna a chi ti attinge l'acqua,11per entrare nell'alleanza del Signore tuo Dio e nell'imprecazione che il Signore tuo Dio sancisce oggi con te,12per costituirti oggi suo popolo e per essere Egli il tuo Dio, come ti ha detto e come ha giurato ai tuoi padri, ad Abramo, ad Isacco e a Giacobbe.13Non soltanto con voi io sancisco questa alleanza e pronunzio questa imprecazione,14ma con chi oggi sta qui con noi davanti al Signore nostro Dio e con chi non è oggi qui con noi.
15Poiché voi sapete come abbiamo abitato nel paese d'Egitto e come siamo passati in mezzo alle nazioni, che avete attraversate;16avete visto i loro abomini e gli idoli di legno, di pietra, d'argento e d'oro, che sono presso di loro.17Non vi sia tra voi uomo o donna o famiglia o tribù che volga oggi il cuore lungi dal Signore nostro Dio, per andare a servire gli dèi di quelle nazioni. Non vi sia tra di voi radice alcuna che produca veleno e assenzio.18Se qualcuno, udendo le parole di questa imprecazione, si lusinga in cuor suo dicendo: Avrò benessere, anche se mi regolerò secondo l'ostinazione del mio cuore, con il pensiero che il terreno irrigato faccia sparire quello arido,19il Signore non consentirà a perdonarlo; anzi in tal caso la collera del Signore e la sua gelosia si accenderanno contro quell'uomo e si poserà sopra di lui ogni imprecazione scritta in questo libro e il Signore cancellerà il suo nome sotto il cielo.20Il Signore lo segregherà, per sua sventura, da tutte le tribù d'Israele, secondo tutte le imprecazioni dell'alleanza scritta in questo libro della legge.
21Allora la generazione futura, i vostri figli che sorgeranno dopo di voi e lo straniero che verrà da una terra lontana, quando vedranno i flagelli di quel paese e le malattie che il Signore gli avrà inflitte:22tutto il suo suolo sarà zolfo, sale, arsura, non sarà seminato e non germoglierà, né erba di sorta vi crescerà, come dopo lo sconvolgimento di Sòdoma, di Gomorra, di Adma e di Zeboim, distrutte dalla sua collera e dal suo furore,23diranno, dunque, tutte le nazioni: Perché il Signore ha trattato così questo paese? Perché l'ardore di questa grande collera?24E si risponderà: Perché hanno abbandonato l'alleanza del Signore, Dio dei loro padri: l'alleanza che egli aveva stabilita con loro, quando li ha fatti uscire dal paese d'Egitto;25perché sono andati a servire altri dèi e si sono prostrati dinanzi a loro: dèi che essi non avevano conosciuti e che egli non aveva dato loro in sorte.26Per questo si è accesa la collera del Signore contro questo paese, mandandovi contro tutte le imprecazioni scritte in questo libro;27il Signore li ha strappati dal loro suolo con ira, con furore e con grande sdegno e li ha gettati in un altro paese, come oggi.28Le cose occulte appartengono al Signore nostro Dio, ma le cose rivelate sono per noi e per i nostri figli, sempre, perché pratichiamo tutte le parole di questa legge.
Salmi 49
1'Al maestro del coro. Dei figli di Core. Salmo.'
2Ascoltate, popoli tutti,
porgete orecchio abitanti del mondo,
3voi nobili e gente del popolo,
ricchi e poveri insieme.
4La mia bocca esprime sapienza,
il mio cuore medita saggezza;
5porgerò l'orecchio a un proverbio,
spiegherò il mio enigma sulla cetra.
6Perché temere nei giorni tristi,
quando mi circonda la malizia dei perversi?
7Essi confidano nella loro forza,
si vantano della loro grande ricchezza.
8Nessuno può riscattare se stesso,
o dare a Dio il suo prezzo.
9Per quanto si paghi il riscatto di una vita,
non potrà mai bastare
10per vivere senza fine,
e non vedere la tomba.
11Vedrà morire i sapienti;
lo stolto e l'insensato periranno insieme
e lasceranno ad altri le loro ricchezze.
12Il sepolcro sarà loro casa per sempre,
loro dimora per tutte le generazioni,
eppure hanno dato il loro nome alla terra.
13Ma l'uomo nella prosperità non comprende,
è come gli animali che periscono.
14Questa è la sorte di chi confida in se stesso,
l'avvenire di chi si compiace nelle sue parole.
15Come pecore sono avviati agli inferi,
sarà loro pastore la morte;
scenderanno a precipizio nel sepolcro,
svanirà ogni loro parvenza:
gli inferi saranno la loro dimora.
16Ma Dio potrà riscattarmi,
mi strapperà dalla mano della morte.
17Se vedi un uomo arricchirsi, non temere,
se aumenta la gloria della sua casa.
18Quando muore con sé non porta nulla,
né scende con lui la sua gloria.
19Nella sua vita si diceva fortunato:
"Ti loderanno, perché ti sei procurato del bene".
20Andrà con la generazione dei suoi padri
che non vedranno mai più la luce.
21L'uomo nella prosperità non comprende,
è come gli animali che periscono.
Salmi 135
1Alleluia.
Lodate il nome del Signore,
lodatelo, servi del Signore,
2voi che state nella casa del Signore,
negli atri della casa del nostro Dio.
3Lodate il Signore: il Signore è buono;
cantate inni al suo nome, perché è amabile.
4Il Signore si è scelto Giacobbe,
Israele come suo possesso.
5Io so che grande è il Signore,
il nostro Dio sopra tutti gli dèi.
6Tutto ciò che vuole il Signore,
egli lo compie in cielo e sulla terra,
nei mari e in tutti gli abissi.
7Fa salire le nubi dall'estremità della terra,
produce le folgori per la pioggia,
dalle sue riserve libera i venti.
8Egli percosse i primogeniti d'Egitto,
dagli uomini fino al bestiame.
9Mandò segni e prodigi
in mezzo a te, Egitto,
contro il faraone e tutti i suoi ministri.
10Colpì numerose nazioni
e uccise re potenti:
11Seon, re degli Amorrèi,
Og, re di Basan,
e tutti i regni di Cànaan.
12Diede la loro terra in eredità a Israele,
in eredità a Israele suo popolo.
13Signore, il tuo nome è per sempre;
Signore, il tuo ricordo per ogni generazione.
14Il Signore guida il suo popolo,
si muove a pietà dei suoi servi.
15Gli idoli dei popoli sono argento e oro,
opera delle mani dell'uomo.
16Hanno bocca e non parlano;
hanno occhi e non vedono;
17hanno orecchi e non odono;
non c'è respiro nella loro bocca.
18Sia come loro chi li fabbrica
e chiunque in essi confida.
19Benedici il Signore, casa d'Israele;
benedici il Signore, casa di Aronne;
20Benedici il Signore, casa di Levi;
voi che temete il Signore, benedite il Signore.
21Da Sion sia benedetto il Signore.
che abita a Gerusalemme. Alleluia.
Baruc 1
1Queste sono le parole del libro che Baruc figlio di Neria, figlio di Maasià, figlio di Sedecìa, figlio di Asadia, figlio di Chelkìa, scrisse in Babilonia2nell'anno quinto, il sette del mese, nella ricorrenza di quando i Caldei presero Gerusalemme e la diedero alle fiamme.3Baruc lesse le parole di questo libro alla presenza di Ieconia, figlio di Ioiakìm, re di Giuda e di tutto il popolo, accorso per ascoltare la lettura:4erano presenti i nobili, i figli del re, gli anziani, tutto il popolo dal più piccolo al più grande, quanti insomma abitavano in Babilonia presso il fiume Sud.5Ascoltata la lettura, piansero, digiunarono, pregarono il Signore,6poi, raccolto un po' di denaro, secondo quel che ognuno poteva dare,7lo mandarono a Gerusalemme al sacerdote Ioakim figlio di Chelkìa, figlio di Salòm e agli altri sacerdoti e al popolo che erano con lui in Gerusalemme.8Era il dieci del mese di Sivan, quando Baruc ricevette, per portarli in Giuda, i vasi della casa del Signore, che erano stati portati via dal tempio. Erano quei vasi d'argento che Sedecìa figlio di Giosia, re di Giuda, aveva fatto rifare,9dopo che Nabucodònosor re di Babilonia aveva deportato da Gerusalemme in Babilonia Ieconia, i principi, gli schiavi, i nobili e il popolo del paese.10Mandarono a dire loro: Ecco, vi mandiamo il denaro per comprare olocausti, sacrifici espiatori e incenso e offrire oblazioni sull'altare del Signore nostro Dio.11Pregate per la vita di Nabucodònosor re di Babilonia e per la vita di suo figlio Baldassàr, perché i loro giorni sulla terra siano lunghi come i giorni del cielo sulla terra.12Pregate perché il Signore ci dia forza e illumini i nostri occhi e si possa vivere all'ombra di Nabucodònosor, re di Babilonia, e all'ombra del figlio Baldassàr e servirli per molti anni e trovar grazia ai loro occhi.13Pregate il Signore nostro Dio anche per noi che lo abbiamo offeso e fino ad oggi il suo sdegno e la sua ira non si sono allontanati da noi.14Leggete perciò questo libro che vi abbiamo mandato per fare pubblica confessione nel tempio del Signore, in giorno di festa e nei giorni opportuni.15Direte dunque:
Al Signore nostro Dio la giustizia; a noi il disonore sul volto, come oggi avviene per i Giudei e gli abitanti di Gerusalemme,16per i nostri re e per i nostri principi, per i nostri sacerdoti e i nostri profeti e per i nostri padri,17perché abbiamo offeso il Signore,18gli abbiamo disobbedito, non abbiamo ascoltato la voce del Signore nostro Dio per camminare secondo i decreti che il Signore ci aveva messi dinanzi.19Da quando il Signore fece uscire i nostri padri dall'Egitto fino ad oggi noi ci siamo ribellati al Signore nostro Dio e ci siamo ostinati a non ascoltare la sua voce.20Così, come oggi costatiamo, ci son venuti addosso tanti mali insieme con la maledizione che il Signore aveva minacciata per mezzo di Mosè suo servo, quando fece uscire i nostri padri dall'Egitto per concederci un paese in cui scorre latte e miele.21Non abbiamo ascoltato la voce del Signore nostro Dio, secondo le parole dei profeti che egli ci ha mandato:22ma ciascuno di noi ha seguito le perverse inclinazioni del suo cuore, ha servito dèi stranieri e ha fatto ciò che è male agli occhi del Signore nostro Dio.
Prima lettera ai Corinzi 1
1Paolo, chiamato ad essere apostolo di Gesù Cristo per volontà di Dio, e il fratello Sòstene,2alla Chiesa di Dio che è in Corinto, a coloro che sono stati santificati in Cristo Gesù, chiamati ad essere santi insieme a tutti quelli che in ogni luogo invocano il nome del Signore nostro Gesù Cristo, Signore nostro e loro:3grazia a voi e pace da Dio Padre nostro e dal Signore Gesù Cristo.
4Ringrazio continuamente il mio Dio per voi, a motivo della grazia di Dio che vi è stata data in Cristo Gesù,5perché in lui siete stati arricchiti di tutti i doni, quelli della parola e quelli della scienza.6La testimonianza di Cristo si è infatti stabilita tra voi così saldamente,7che nessun dono di grazia più vi manca, mentre aspettate la manifestazione del Signore nostro Gesù Cristo.8Egli vi confermerà sino alla fine, irreprensibili nel giorno del Signore nostro Gesù Cristo:9fedele è Dio, dal quale siete stati chiamati alla comunione del Figlio suo Gesù Cristo, Signore nostro!
10Vi esorto pertanto, fratelli, per il nome del Signore nostro Gesù Cristo, ad essere tutti unanimi nel parlare, perché non vi siano divisioni tra voi, ma siate in perfetta unione di pensiero e d'intenti.11Mi è stato segnalato infatti a vostro riguardo, fratelli, dalla gente di Cloe, che vi sono discordie tra voi.12Mi riferisco al fatto che ciascuno di voi dice: "Io sono di Paolo", "Io invece sono di Apollo", "E io di Cefa", "E io di Cristo!".
13Cristo è stato forse diviso? Forse Paolo è stato crocifisso per voi, o è nel nome di Paolo che siete stati battezzati?14Ringrazio Dio di non aver battezzato nessuno di voi, se non Crispo e Gaio,15perché nessuno possa dire che siete stati battezzati nel mio nome.16Ho battezzato, è vero, anche la famiglia di Stefana, ma degli altri non so se abbia battezzato alcuno.
17Cristo infatti non mi ha mandato a battezzare, ma a predicare il vangelo; non però con un discorso sapiente, perché non venga resa vana la croce di Cristo.18La parola della croce infatti è stoltezza per quelli cha vanno in perdizione, ma per quelli che si salvano, per noi, è potenza di Dio.19Sta scritto infatti:
'Distruggerò la sapienza dei sapienti
e annullerò l'intelligenza degli intelligenti'.
20'Dov'è il sapiente? Dov'è il dotto'? Dove mai il sottile ragionatore di questo mondo? Non ha forse Dio dimostrato stolta la sapienza di questo mondo?21Poiché, infatti, nel disegno sapiente di Dio il mondo, con tutta la sua sapienza, non ha conosciuto Dio, è piaciuto a Dio di salvare i credenti con la stoltezza della predicazione.22E mentre i Giudei chiedono i miracoli e i Greci cercano la sapienza,23noi predichiamo Cristo crocifisso, scandalo per i Giudei, stoltezza per i pagani;24ma per coloro che sono chiamati, sia Giudei che Greci, predichiamo Cristo potenza di Dio e sapienza di Dio.25Perché ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, e ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini.
26Considerate infatti la vostra chiamata, fratelli: non ci sono tra voi molti sapienti secondo la carne, non molti potenti, non molti nobili.27Ma Dio ha scelto ciò che nel mondo è stolto per confondere i sapienti, Dio ha scelto ciò che nel mondo è debole per confondere i forti,28Dio ha scelto ciò che nel mondo è ignobile e disprezzato e ciò che è nulla per ridurre a nulla le cose che sono,29perché nessun uomo possa gloriarsi davanti a Dio.30Ed è per lui che voi siete in Cristo Gesù, il quale per opera di Dio è diventato per noi sapienza, giustizia, santificazione e redenzione,31perché, come sta scritto:
'Chi si vanta si vanti nel Signore'.
Capitolo XI: Il Corpo di Cristo e la Sacra Scrittura, necessarissimi all’anima devota
Leggilo nella BibliotecaParola del discepolo
1. O soave Signore Gesù, quanto è dolce all'anima devota sedere alla tua mensa, al tuo convito, nel quale le viene presentato come cibo nient'altro all'infuori di te, unico suo amato, desiderabile più di ogni desiderio del suo cuore. Anche per me sarebbe cosa soave sciogliermi in pianto, con profonda commozione, dinanzi a te, e, con la Maddalena amorosa, bagnare di lacrime i tuoi piedi. Ma dove è tanto slancio di devozione; dove è una tale profusione di lacrime sante? Eppure, alla tua presenza e alla presenza dei tuoi angeli, dovrei ardere tutto nell'intimo e piangere di gioia; giacché nel Sacramento ti possiedo veramente presente, per quanto nascosto sotto altra apparenza. Infatti i miei occhi non ti potrebbero sostenere, nella tua luce divina; anzi neppure il mondo intero potrebbe sussistere, dinanzi al fulgore della tua maestà. Tu vieni incontro, dunque, alla mia debolezza, nascondendoti sotto il Sacramento. Possiedo veramente ed adoro colui che gli angeli adorano in cielo. Io lo adoro per ora nella fede; gli angeli, invece, faccia a faccia, senza alcun velo. Io devo starmene nel lume della fede, e camminare in essa, finché appaia il giorno dell'eterna luce e venga meno il velo delle figure simboliche (cf. Ct 2,17; 4,6). "Quando poi verrà il compimento di tutte le cose" (1Cor 13,10), cesserà l'uso dei segni sacramentali. Nella gloria del cielo, i beati non hanno bisogno infatti del rimedio dei sacramenti: il loro gaudio non ha termine, essendo essi alla presenza di Dio, vedendo essi, faccia a faccia, la sua gloria. Passano di luce in luce fino agli abissi della divinità, e gustano appieno il verbo di Dio fatto carne, quale fu all'inizio e quale rimane in eterno. Conscio di queste cose meravigliose, trovo molesta persino ogni consolazione spirituale: infatti tutto ciò che vedo e odo quaggiù lo considero un niente, fino a che non veda manifestamente il mio Signore, nella sua gloria. Tu mi sei testimone, o Dio, che non c'è cosa che mi possa dare conforto, non c'è creatura che mi possa dare contentezza, all'infuori di te, che bramo contemplare in eterno. Ma ciò non è possibile mentre sono in questa vita mortale; e perciò occorre che mi rassegni a una grande pazienza e mi sottometta a te in tutti i miei desideri. Anche i tuoi santi, o Signore, che ora esultano in te nel regno dei cieli, aspettarono l'evento della tua gloria, mentre erano in questa vita, con fede e con pazienza grande. Ciò che essi credettero, credo anch'io; ciò che essi sperarono, spero anch'io; dove essi giunsero, confido, per la tua grazia, di giungere anch'io. Frattanto, camminerò nella fede, irrobustito dagli esempi dei santi. Terrò poi, "come conforto" (1Mac 12,9) e specchio di vita, i libri santi; soprattutto terrò, come unico rimedio e come rifugio, il tuo Corpo santissimo.
2. In verità, due cose sento come massimamente necessarie per me, quaggiù; senza di esse questa vita di miserie mi sarebbe insopportabile. Trattenuto nel carcere di questo corpo, di due cose riconosco di avere bisogno, cioè di alimento e di luce. E a me, che sono tanto debole, tu hai dato, appunto come cibo il tuo santo corpo, e come lume hai posto dinanzi ai miei piedi "la tua parola" (Sal 118,105). Poiché la parola di Dio è luce dell'anima e il tuo Sacramento è pane di vita, non potrei vivere santamente se mi mancassero queste due cose. Le quali potrebbero essere intese come le "due mense" (Ez 40,40) poste da una parte e dall'altra nel prezioso tempio della santa Chiesa; una, la mensa del sacro altare, con il pane santo, il prezioso corpo di Cristo; l'altra la mensa della legge di Dio, compendio della santa dottrina, maestra di vera fede, e sicura guida, al di là del velo del tempio, al sancta sanctorum (Eb 6,19s; 9,3).
3. Ti siano, dunque, rese grazie, o Signore Gesù, che brilli di eterna luce, per questa mensa della santa dottrina, che ci hai preparato per mezzo dei tuoi servi, i profeti, gli apostoli e gli altri dottori. Ti siano rese grazie, Creatore e Redentore degli uomini, che, per dimostrare al mondo intero il tuo amore, hai preparato la grande cena, in cui disponesti come cibo, non già il simbolico agnello, ma il tuo corpo santissimo e il tuo sangue, inebriando tutti i tuoi fedeli al calice della salvezza e colmandoli di letizia al tuo convito: il convito che compendia tutte le delizie del paradiso e nel quale banchettano con noi, e con più dolce soavità, gli angeli santi. Quale grandezza, quale onore, nell'ufficio dei sacerdoti, ai quali è dato di consacrare, con le sacre parole, il Signore altissimo; di benedirlo con le proprie labbra, di tenerlo con le proprie mani; di nutrirsene con la propria bocca e di distribuirlo agli altri. Quanto devono essere pure quelle mani; quanto deve essere pura la bocca, e santo il corpo e immacolato il cuore del sacerdote, nel quale entra tante volte l'autore della purezza. Non una parola, che non sia santa, degna e buona, deve venire dalle labbra del sacerdote, che riceve così spesso il Sacramento; semplici e pudichi devono essere gli occhi di lui, che abitualmente sono fissi alla visione del corpo di Cristo; pure ed elevate al cielo devono essere le mani di lui, che sovente toccano il Creatore del cielo e della terra. E' proprio per i sacerdoti che è detto nella legge: "siate santi, perché io, il Signore Dio vostro, sono santo" (Lv 19,2). Onnipotente Iddio, venga in nostro soccorso la tua grazia, affinché noi, che abbiamo assunto l'ufficio sacerdotale, sappiamo stare intimamente vicini a te, in modo degno, con devozione, in grande purezza di cuore e con coscienza irreprensibile. Che se non possiamo mantenerci in così piena innocenza di vita, come dovremmo, almeno concedi a noi di piangere sinceramente il male che abbiamo compiuto; concedi a noi di servirti, per l'avvenire, più fervorosamente, in spirito di umiltà e con proposito di buona volontà.
Omelia 44: Guarigione di un cieco nato.
Commento al Vangelo di San Giovanni - Sant'Agostino d'Ippona
Leggilo nella Biblioteca1. Il racconto che vi è stato letto di quell'uomo che era nato cieco e che il Signore illuminò, è molto lungo; e se volessimo commentarlo punto per punto come meriterebbe e nei limiti delle nostre forze, non basterebbe un giorno intero. Prego quindi ed esorto la vostra Carità a non pretendere la spiegazione di quelle parti che sono chiare; si andrebbe troppo per le lunghe se ci dovessimo fermare su ogni particolare. Cercherò quindi di illustrarvi brevemente il mistero del cieco illuminato. Tutti i prodigi straordinari compiuti da nostro Signore Gesù Cristo sono insieme dei fatti e delle parole; dei fatti perché sono veramente accaduti, delle parole perché hanno un significato. Se noi riflettiamo sul significato di questo fatto, ravvisiamo in questo cieco l'intero genere umano: tale cecità gli incolse mediante il peccato nella persona del primo uomo dal quale tutti abbiamo tratto l'origine non solo della morte ma anche del peccato. Se infatti la cecità rappresenta l'infedeltà e l'illuminazione la fede, il Cristo, allorché venne nel mondo, chi trovò fedele, dal momento che l'Apostolo nato dalla stirpe dei profeti afferma: Un tempo eravamo anche noi per natura figli dell'ira, come tutti gli altri (Ef 2, 3)? Se eravamo figli dell'ira, eravamo figli della vendetta, figli della condanna, figli della geenna. In che senso per natura, se non perché col peccato del primo uomo il male infettò la natura? Se il male infettò la natura, ogni uomo spiritualmente nasce cieco. Se vedesse, non avrebbe bisogno di guida: se ha bisogno di chi lo guidi e lo illumini, è perché è cieco dalla nascita.
[Il battesimo lavacro e illuminazione.]
2. Il Signore è venuto; e che ha fatto? Ci ha indicato un grande mistero. Sputò in terra (Gv 9, 6) e con la saliva fece del fango: il Verbo si fece carne (cf. Gv 1, 14). Col fango spalmò gli occhi del cieco; il quale tuttavia, sebbene così unto, non vedeva ancora. Lo inviò alla piscina di Siloe. L'evangelista si preoccupò di spiegarci il nome di questa piscina, dicendo: che vuol dire Inviato (Gv 9, 7). Voi sapete già chi è l'Inviato: se il Cristo non fosse stato inviato, nessuno di noi sarebbe stato liberato dal male. Il cieco si lavò gli occhi in quella piscina il cui nome significa l'Inviato; cioè fu battezzato nel Cristo. Pertanto, se battezzandolo, per così dire, in se stesso, lo illuminò, si può dire che quando gli spalmò gli occhi lo fece catecumeno. Certo, la profondità di questo grande sacramento si può esporre e illustrare in vari modi; ma alla vostra Carità basti sapere che si tratta di un grande mistero. Domanda a uno: Sei cristiano? Se è pagano o giudeo ti risponderà di no; ma se ti risponderà di sì, domandagli ancora: Sei catecumeno o fedele? Se ti risponde che è catecumeno, vuol dire che i suoi occhi sono stati spalmati di fango, ma che ancora non è stato lavato. In che senso gli sono stati spalmati gli occhi di fango? Domandaglielo e te lo dirà. Domandagli in chi crede, ed egli, per il fatto che è catecumeno, dirà: In Cristo. Io sto parlando ora a dei fedeli e a dei catecumeni. Cosa ho detto a proposito della saliva e del fango? Che il Verbo si fece carne. Ciò è noto anche ai catecumeni. Non è sufficiente che i loro occhi siano stati spalmati di fango; si affrettino a lavarsi, se vogliono vedere.
3. Dovendo ora dedicare l'attenzione a talune questioni che si incontrano in questo passo, anziché fermarci sui dettagli, scorreremo rapidamente le parole del Signore e l'insieme della narrazione. Passando vide un uomo cieco, non un cieco qualsiasi, ma un cieco dalla nascita. I suoi discepoli gli chiesero: Rabbi (Gv 9, 1-2). Voi sapete che Rabbi vuol dire Maestro. Lo chiamavano Maestro perché volevano imparare: e appunto come ad un maestro rivolgono al Signore la domanda: Chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché nascesse cieco? Gesù rispose: Né lui ha peccato, né i suoi genitori (Gv 9, 2-3), perché nascesse cieco. Che ha detto? Se nessun uomo è senza peccato, come era possibile che i genitori di questo cieco fossero senza peccato? E forse anche lui era nato senza il peccato originale e, vivendo, non vi aveva aggiunto nulla di suo? Egli aveva gli occhi chiusi, ma non per questo i suoi desideri erano spenti. Quanto male possono fare i ciechi! Da quale male si astiene chi ha l'animo cattivo, anche se ha gli occhi chiusi? Non poteva vedere ma poteva pensare, e poteva desiderare cose che un cieco non può compiere e che tuttavia non sfuggono al giudizio di colui che scruta i cuori. Ora, se i suoi genitori avevano peccato, e anche lui, perché il Signore disse: Né lui ha peccato né i suoi genitori, se non in rapporto a quanto gli era stato chiesto, e per cui quello sarebbe nato cieco? Certamente i suoi genitori avevano peccato, ma non per questo egli era nato cieco. E se non era nato cieco per il peccato dei suoi genitori, per quale altra ragione era nato cieco? Ascolta il Maestro che te lo spiega. Egli ti chiede la fede per darti intelligenza. Egli ti spiega la ragione per cui quello è nato cieco: Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma fu perché siano manifestate in lui le opere di Dio.
4. Cosa dice poi il Signore? E' necessario che io compia le opere di colui che mi ha inviato. Ecco l'Inviato nel quale il cieco si lavò la faccia. Notate le sue parole: E' necessario che io compia le opere di colui che mi ha inviato, finché è giorno. Notate come sempre attribuisce tutta la gloria a colui dal quale ha origine; perché questi ha un Figlio che da lui ha origine, mentre egli stesso non deve a nessuno la sua origine. Ma perché, Signore, hai detto: Finché è giorno? Sta a sentire perché. Viene la notte quando nessuno può più operare (Gv 9, 4). Nemmeno tu, o Signore? Sarà così oscura quella notte che neanche tu, che sei l'autore della notte, potrai operare in essa? Penso infatti, o Signore Gesù, anzi non penso ma credo e sono certo che tu eri presente quando Dio disse: Sia luce; e fu luce (Gn 1, 3). Se egli creò per mezzo del Verbo, creò per mezzo tuo, e perciò sta scritto: Tutto è stato fatto per mezzo di lui, e senza di lui nulla è stato fatto (Gv 1, 3). Dio separò la luce dalle tenebre; chiamò luce il giorno, e tenebre la notte (Gn 1, 4-5).
[Cercare insieme per trovare insieme.]
5. Quale notte è questa nella quale, quando sopraggiungerà, nessuno potrà più operare? Ascolta la definizione del giorno e potrai avere un'idea di quella notte. Chi ci parlerà del giorno? Egli stesso: Finché sono nel mondo, io sono la luce del mondo (Gv 9, 5). Ecco, egli stesso è il giorno. E' nel giorno che il cieco deve lavarsi gli occhi, se vuol vedere il giorno. Finché sono nel mondo - dice - io sono la luce del mondo. Io non so però quale sarà la notte nella quale Cristo non sarà presente, e nella quale nessuno potrà più operare. Dobbiamo ancora cercare. Abbiate pazienza, fratelli miei; lasciate che io cerchi; cerco insieme con voi; possa insieme con voi trovare presso colui dal quale io cerco. Da questo passo risulta in modo chiaro e preciso che il Signore, essendo egli la luce del mondo, intendeva identificarsi col giorno di cui stava parlando. Finché sono nel mondo - dice - io sono la luce del mondo. Anch'egli quindi opera. Ma fino a quando egli è nel mondo? Diremo, fratelli, che vi era allora e adesso non più? Se diciamo questo, vuol dire che con l'ascensione del Signore cominciò quella notte spaventosa nella quale nessuno può più operare. Se dopo l'ascensione del Signore ci troviamo già in questa notte, come hanno potuto gli Apostoli compiere tante opere? Si era già forse in questa notte quando venne lo Spirito Santo e, riempiendo tutti quelli che si trovavano riuniti in un medesimo luogo, concesse loro di parlare nelle lingue di tutte le genti (cf. At 2, 1-6)? Era forse notte quando lo storpio fu guarito dalla parola di Pietro, o meglio dalla parola del Signore dimorante in Pietro (cf. At 3, 6-8)? Era forse notte quando i malati nei loro letti venivano esposti al passaggio dei discepoli perché fossero toccati almeno dalla loro ombra (cf. At 5, 15)? Non pare che il Signore, quando era qui con noi, abbia mai guarito qualcuno solo passando e toccando con la sua ombra; ma egli stesso aveva detto ai discepoli: Voi farete cose più grandi di queste (Gv 14, 12). Sì, è vero, il Signore ha detto che essi avrebbero compiuto opere maggiori delle sue; tuttavia la carne e il sangue, per non insuperbirsi, ricordino le altre parole: Senza di me, voi non potete far nulla (Gv 15, 5).
[Se operiamo è giorno, e Cristo è qui.]
6. E allora? Che dire di questa notte? Quando sopraggiungerà questa notte nella quale non si potrà più operare? Sarà la notte degli empi, la notte di coloro ai quali alla fine sarà detto: Andate al fuoco eterno, preparato per il diavolo e i suoi angeli (Mt 25, 41). Ma qui si parla di notte, non di fiamme né di fuoco. Ascolta che c'entra anche la notte, quando a proposito di un tal servo si dice: Legatelo mani e piedi, e gettatelo fuori nelle tenebre (Mt 22, 13). Operi dunque l'uomo finché vive, per non essere sorpreso dalla notte in cui non si può più operare. E' ora che la fede deve operare mediante l'amore; e se ora operiamo, ecco il giorno, ecco il Cristo. Tieni conto della sua promessa e non crederlo assente, avendo egli detto: Ecco che io sono con voi. Fino a quando? Non dobbiamo preoccuparci noi che viviamo ora; dobbiamo anzi trasmettere a coloro che verranno dopo di noi la sicurezza assoluta in queste parole: Ecco, - egli dice - io sono con voi fino alla consumazione dei secoli (Mt 28, 20). Il nostro giorno, che ha termine quando il sole ha compiuto il suo corso, è di poche ore; ma il giorno della presenza di Cristo si estende fino alla consumazione dei secoli. Dopo, però, la risurrezione dei vivi e dei morti, quando a quelli che saranno alla sua destra dirà: Venite, o benedetti del Padre mio, ricevete il regno, e a quelli alla sua sinistra: Andate al fuoco eterno, che fu preparato per il diavolo ed i suoi angeli (Mt 25, 34-41), allora comincerà la notte in cui nessuno potrà più operare, ma soltanto ricevere la ricompensa del suo operato. Altro è il tempo dell'opera, altro quello della ricompensa: il Signore renderà a ciascuno secondo le sue opere (cf. Mt 16, 27). Quel che hai intenzione di fare fallo mentre sei in vita, prima che sopraggiunga la notte fonda che inghiottirà gli empi. Fin d'ora ogni infedele che muore viene assorbito da questa notte in cui non si può più far nulla. E' in questa notte che il ricco bruciava e implorava una goccia d'acqua sul dito del povero: soffriva, era tormentato, si confessava colpevole, ma nessuno poteva far niente per lui. Invano tentò di compiere un'opera buona dicendo: Padre Abramo! manda Lazzaro dai miei fratelli, per dire loro che cosa accade qui, in modo che non vengano anch'essi in questo luogo di tormento (Lc 16, 24-28). O infelice! quando eri in vita, allora era tempo di operare; ormai sei nella notte in cui nessuno può più operare.
7. Detto questo, sputò in terra e fece con la saliva un po' di fango, lo spalmò sugli occhi del cieco e gli disse: Va' a lavarti alla piscina di Siloe (che significa l'Inviato). Quello andò, si lavò e tornò che ci vedeva (Gv 9, 6-7). E' tutto chiaro, andiamo avanti.
[Il cieco diventato araldo della grazia.]
8. Perciò i vicini e quelli che prima erano soliti vederlo, giacché era un mendicante, dicevano: Ma costui non è quello che era seduto e mendicava? Altri dicevano: E' lui; altri: No, ma gli assomiglia. Con gli occhi aperti aveva cambiato fisionomia. Egli diceva: Sono proprio io. E' la voce della gratitudine, dove il silenzio sarebbe colpevole. Gli dissero allora: In che modo si sono aperti i tuoi occhi? Egli rispose: Quell'uomo chiamato Gesù, fece del fango e mi spalmò gli occhi e mi disse: Va' alla piscina di Siloe e lavati! Ci sono andato, mi son lavato e ci vedo (Gv 9, 8-10). Eccolo diventato annunciatore della grazia; ecco che, diventato veggente, proclama il Vangelo, fa la sua professione di fede. La coraggiosa confessione del cieco spezza il cuore degli empi, i quali non avevano nel cuore ciò che egli ormai possedeva sul volto. E gli dissero: Dov'è colui che ti ha aperto gli occhi? Ed egli: Non lo so. Queste parole dimostrano che la sua anima è ancora simile a uno che ha ricevuto l'unzione e ancora non ci vede. E' come se avesse avuto quell'unzione nell'anima. Predica il Cristo, che ancora egli non conosce.
9. Condussero quello che era stato cieco dai Farisei. Era di sabato quando Gesù aveva fatto del fango e gli aveva aperto gli occhi. I Farisei dunque lo interrogarono di nuovo, come avesse riacquistata la vista. Ed egli disse loro: Mi ha messo del fango sugli occhi, mi son lavato e ci vedo. Dicevano allora alcuni farisei (Gv 9, 13-16). Non tutti, ma alcuni; qualcuno infatti veniva già toccato dall'unzione. Che dicevano dunque quelli che non vedevano né avevano gli occhi unti? Quest'uomo non viene da Dio, perché non osserva il sabato (Gv 9, 16). In realtà se c'era uno che osservava il sabato era proprio lui, che era senza peccato. In ciò consiste infatti il sabato nel suo valore spirituale: nell'essere liberi dal peccato. A questo, in sostanza, ci chiama il Signore quando ci raccomanda l'osservanza del sabato: Non farete alcuna opera servile (Lv 23, 8). Questo è il precetto divino relativo al sabato: Non farete alcuna opera servile. Richiamate le spiegazioni precedenti, per sapere cosa s'intende per opera servile; ascoltate il Signore: Chiunque commette peccato è schiavo del peccato (Gv 8, 34). Ma costoro che, come dicevo, non erano né veggenti né unti, osservavano il sabato in senso materiale e lo violavano nel suo significato spirituale. Altri dicevano: Come può un peccatore compiere questi segni? (Gv 9, 16). Ecco, questi sono unti. Ed erano in discordia tra loro. Il giorno, cioè il Signore, aveva separato la luce dalle tenebre. Dicono, dunque, di nuovo, al cieco: Tu che dici di colui che ti ha aperto gli occhi? (Gv 9, 17). Che opinione hai di lui? come lo consideri? come lo giudichi? Cercavano un capo d'accusa, per farlo cacciare dalla sinagoga; col risultato però di farlo accogliere dal Cristo. Egli coraggiosamente disse ciò che pensava: E' un profeta! Essendo ancora nel cuore solo unto, non confessa ancora il Figlio di Dio, e tuttavia dice il vero. Il Signore parlando di se stesso dice: Non c'è profeta privo d'onore, se non nella sua patria (Mt 13, 57).
10. Tuttavia i Giudei non credettero che quello fosse stato cieco e poi avesse riacquistata la vista finché chiamarono i genitori di colui che aveva riacquistato la vista (Gv 9, 18), di colui cioè che era stato cieco e che ora vedeva. E li interrogarono: E' questo vostro figlio, che voi dite sia nato cieco? come, dunque, ci vede adesso? I genitori di lui risposero: Noi sappiamo che questo è nostro figlio e che nacque cieco; come, poi, ora ci veda, questo non lo sappiamo; o chi gli aprì gli occhi non lo sappiamo. Interrogate lui: ha l'età, parli lui di sé (Gv 9, 19-21). Nostro figlio lo è, ma saremmo costretti a parlare per lui se fosse bambino e non potesse parlare da sé; da molto tempo parla e ora vede; sappiamo che è cieco dalla nascita, sappiamo che da tempo parla e ora costatiamo che ci vede; interrogate lui se volete informazioni; perché volete compromettere noi? I genitori del cieco dissero questo perché avevano paura dei Giudei; infatti, i Giudei avevano già stabilito che se qualcuno riconosceva Gesù come il Cristo doveva essere scacciato dalla sinagoga (Gv 9, 22). Ormai non era più un male essere cacciati dalla sinagoga. I Giudei cacciavano, ma il Cristo accoglieva. Per questo i genitori di lui dissero: Ha l'età, interrogate lui (Gv 9, 23).
11. Chiamarono dunque, di nuovo, colui che una volta era stato cieco, e gli dissero: Da' gloria a Dio! (Gv 9, 24). Che significa Da' gloria a Dio? Nega quanto hai ricevuto. Questo però non è dare gloria a Dio, ma piuttosto bestemmiarlo. Da' gloria a Dio! Noi sappiamo che quest'uomo è peccatore. Rispose: Se è peccatore non lo so; so una cosa soltanto: che prima ero cieco e adesso ci vedo. Allora gli domandarono di nuovo: Che cosa ti ha fatto? In che modo ti aprì gli occhi? (Gv 9, 24-26). Disgustato per l'ostinazione dei Giudei, egli che era cieco e adesso ci vedeva, non riuscendo più a sopportare quei ciechi, rispose loro: Già ve l'ho detto e non mi avete ascoltato; che volete di nuovo sentire? Forse anche voi volete diventare discepoli suoi? (Gv 9, 27). Che significa anche voi, se non: io già lo sono? Anche voi volete?; io vedo, ma non sono geloso da impedirvi di vedere.
12. Lo ingiuriarono e gli dissero: Sii tu discepolo di costui (Gv 9, 28). Cada su noi una tale ingiuria, e sui nostri figli. L'ingiuria era nei loro sentimenti, non nelle loro parole. Noi siamo discepoli di Mosè; noi sappiamo che a Mosè ha parlato Dio; costui, invece, non sappiamo donde sia (Gv 9, 28-29). Se davvero sapeste che a Mosè ha parlato Dio, sapreste che per mezzo di Mosè è stato annunziato il Signore. Vi trovate infatti davanti al Signore che vi dice: Se credeste a Mosè, credereste anche a me; di me infatti egli ha scritto (Gv 5, 46). Vi gloriate di seguire il servitore e voltate le spalle al Signore? In realtà voi non seguite neppure il servitore, altrimenti egli vi condurrebbe al Signore.
13. Rispose quell'uomo: Proprio questo è strano, che voi non sapete di dove sia, eppure mi ha aperto gli occhi! Si sa che Dio non ascolta i peccatori, ma se uno ha il timor di Dio e ne compie la volontà, Dio l'esaudisce (Gv 9, 30-31). Ha ricevuto soltanto l'unzione colui che parla. Dio infatti esaudisce anche i peccatori. Se Dio non esaudisse i peccatori, invano il pubblicano, con gli occhi a terra e battendosi il petto, avrebbe detto: Signore, sii propizio a me peccatore (Lc 18, 13). Questa confessione meritò al pubblicano di essere giustificato, come al cieco di essere illuminato. Da che mondo è mondo, non si è mai udito che uno abbia aperto gli occhi a un cieco nato. Se egli non fosse da Dio, non avrebbe potuto far nulla (Gv 9, 32-33). Egli parla con libertà, con decisione, con verità. Queste opere compiute dal Signore, da chi potrebbero essere compiute se non da Dio? E come avrebbero potuto, i discepoli, compiere tali cose se il Signore non fosse stato in essi?
14. Gli risposero e dissero: Sei nato tutto intero nei peccati. Che significa tutto intero? Significa, con gli occhi chiusi. Ma chi apre gli occhi è lo stesso che salva tutta la persona, e colui che illumina il volto è lo stesso che concederà di stare alla sua destra nella risurrezione. Sei nato tutto intero nei peccati e vuoi insegnare a noi? E lo cacciarono fuori (Gv 9, 34). Lo hanno scelto come maestro, gli hanno rivolto tante domande per imparare, e adesso che lui insegna lo cacciano villanamente.
15. Ma come ho già detto, o fratelli, essi lo cacciano e il Signore lo accoglie; anzi è proprio in seguito alla sua espulsione dalla sinagoga che egli è diventato cristiano. Gesù seppe che l'avevano cacciato fuori, e trovatolo gli disse: Credi nel Figlio di Dio? Adesso gli lava la faccia del cuore. Quegli rispose - come se avesse ancora gli occhi spalmati -: E chi è, Signore, affinché io creda in lui? Gli disse Gesù: L'hai già veduto, e chi parla con te, è lui. Cristo è stato inviato dal Padre e questo cieco si lava la faccia in Siloe, che significa l'Inviato. Lavata finalmente la faccia del cuore e purificata la coscienza, riconoscendo cioè in lui non solo il figlio dell'uomo, che già prima aveva accettato, ma ormai anche il Figlio di Dio che aveva preso carne, disse: Credo, Signore. Ma non contento di dire credo, esprime in modo più esplicito la sua fede: E gettandosi ai suoi piedi, lo adorò (Gv 9, 35-38).
[Il giorno che divide la luce dalle tenebre.]
16. E Gesù disse. Ecco il giorno che distingue la luce dalle tenebre. Io sono venuto in questo mondo per fare un giudizio: perché vedano quelli che non vedono e quelli che vedono diventino ciechi (Gv 9, 39). Che vuol dire questo, o Signore? Presenti un problema profondo a noi che siamo già affaticati; ma sostieni, ti preghiamo, le nostre forze affinché possiamo intendere le tue parole. Sei venuto affinché vedano quelli che non vedono; è giusto, perché tu sei la luce, perché tu sei il giorno, perché tu ci liberi dalle tenebre; questo ognuno lo accetta e ognuno lo comprende. Ma che significa ciò che segue: e quelli che vedono diventino ciechi? Vuol dire forse che, a causa della tua venuta, diventeranno ciechi quelli che vedevano? Ascolta ciò che segue e forse comprenderai.
17. Colpiti sul vivo da queste parole del Signore: affinché quelli che vedono diventino ciechi, alcuni farisei gli dissero: Siamo forse ciechi anche noi? Hai sentito ora il motivo del loro turbamento. Disse loro Gesù: Se foste ciechi non avreste peccato. Essendo la cecità stessa un peccato, se foste ciechi, cioè se vi rendeste conto di essere ciechi, se ammetteste di esserlo, ricorrereste al medico; se foste ciechi in questo senso, non avreste peccato, perché io sono venuto a togliere il peccato; ma dal momento che dite: ci vediamo, il vostro peccato rimane (Gv 9, 40-41). Perché? Perché illudendovi che ci vedete, non cercate il medico e rimanete nella vostra cecità. Questo è il senso di ciò che prima non avevamo capito, quando il Signore aveva detto: Io sono venuto in questo mondo perché vedano quelli che non vedono. Che significa vedano quelli che non vedono? Significa che quanti riconoscono di non vedere e cercano il medico, vedranno. E che significa: e quelli che vedono diventino ciechi? Che quanti si illudono di vedere e non cercano il medico, rimangono nella loro cecità. Questa discriminazione la chiama giudizio, dicendo: Io sono venuto in questo mondo per fare un giudizio, un giudizio che distingua la causa dei credenti e di coloro che professano la loro fede dai superbi, da coloro che credono di vedere e che perciò sono più gravemente accecati. E' così che il peccatore, riconoscendo la sua colpa e cercando il medico, gli dice: Giudicami, o Dio, e distingui la mia causa da quella di gente empia (Sal 42, 1), cioè dalla causa di coloro che dicono ci vediamo, e il cui peccato rimane. Non si tratta, però, ancora di quel giudizio sul mondo, con cui alla fine giudicherà i vivi e i morti. In ordine a tale giudizio infatti aveva detto: Io non giudico nessuno (Gv 8, 15); perché prima è venuto non per giudicare il mondo, ma affinché il mondo sia salvo per mezzo di lui (Gv 3, 17).
5 - Alcune conversazioni di Maria santissima e di san Giuseppe.
La mistica Città di Dio - Libro quarto - Suor Maria d'Agreda
Leggilo nella Biblioteca420. San Giuseppe dopo l'istruzione e il comando dell'Altissimo diede spazio alla divina Principessa nelle umili occupazioni; tutti e due ebbero occasione di offrire a Dio il grato sacrificio della loro volontà: Maria santissima esercitando sempre la più profonda umiltà ed obbedienza verso il suo sposo ed operando tutti gli atti di queste virtù con eroica perfezione, senza tralasciare nulla e san Giuseppe, d'altra parte, ubbidendo all'Altissimo con la prudente e santa umiliazione che gli veniva dal vedersi assistito e servito da colei che riconosceva per signora sua e di tutte le creature, e per Madre dello stesso Dio e creatore. In questo modo il prudente santo compensava l'umiltà, che non poteva esercitare, con altri atti servili ceduti alla sua sposa: questo l'umiliava ancora di più ed era per lui uno stimolo ad annientarsi nella stima di se stesso. E con tale timore contemplava Maria santissima, ed in lei il Signore che portava nel suo seno verginale, dove egli lo adorava tributandogli magnificenza e gloria. Alcune volte, come premio della sua santità e riverenza, gli si manifestava il bambino divino incarnato, in un modo straordinario; ed egli lo adorava nel seno della sua purissima Madre, come attraverso un cristallo tersissimo. La Regina trattava e conferiva ora più familiarmente con il glorioso santo intorno ai misteri dell'incarnazione, perché non temeva più di conversare con lui sulle cose divine, essendo egli già illuminato ed informato sui sublimi misteri dell'unione ipostatica delle due nature, divina ed umana, nel grembo verginale della sua sposa.
421. Quanto alle conversazioni ed ai ragionamenti celesti, che facevano Maria santissima ed il beato san Giuseppe, nessuna lingua umana è capace di esprimerli. Riferirò qualcosa nei capitoli seguenti, come sarò in grado di fare. Ma chi potrà dichiarare gli effetti che produceva nel dolcissimo e devoto cuore di questo santo, il vedersi non solo sposo di colei che era vera Madre del suo creatore, ma ancor più servito da lei, come se fosse stata un'umile serva, quando invece la stimava, in santità e dignità, superiore a tutti gli eccelsi serafini e solo a Dio inferiore? E se la divina destra arricchì con tante benedizioni la casa e la persona di Obed-Èdom, per aver ospitato alcuni mesi l'arca figurativa dell'antica alleanza', quali benedizioni non dovette dare a san Giuseppe, a cui aveva affidato la vera Arca e lo stesso legislatore che in lei stava racchiuso? Di certo fu incomparabile la sorte e la felicità di questo santo! E non solo perché nella sua casa teneva l'arca, viva e vera, della nuova alleanza, l'altare, il sacrificio e il tempio, giacché tutto gli fu consegnato; ma ancor più perché custodì tutto ciò degnamente come servo fedele e prudente. E venne preposto dallo stesso Signore sopra la sua famiglia, affinché avesse cura di tutto in tempo opportuno'. Tutte le nazioni e le generazioni dunque lo riconoscano e benedicano, e cantino le sue lodi; poiché l'Altissimo non operò con nessun altro popolo' ciò che fece con san Giuseppe. Io indegno e povero vermiciattolo alla luce di siffatti e grandi misteri, esalto e magnifico il Signore Iddio, riconoscendolo come santo, giusto, misericordioso, saggio ed ammirabile nella disposizione di tutte le sue straordinarie opere.
422. L'umile casa di Giuseppe era ripartita in tre stanze, nelle quali si svolgeva la vita ordinaria dei due sposi; e questo spazio era sufficiente per loro, perché non avevano servitori. In una stanza dormiva san Giuseppe; nell'altra egli lavorava e vi teneva gli strumenti del mestiere di falegname; e nella terza, dove c'era una predella fatta a mano da san Giuseppe, abitualmente s'intratteneva e dormiva la Regina del cielo. E da quando si sposarono e vennero ad abitare in questa casa, mantennero questo modo di vivere. Il santo sposo, prima di conoscere la dignità della sua sposa e signora, rarissime volte andava a visitarla perché, mentre ella se ne stava in ritiro, egli s'impegnava nei suoi lavori. E così non entrava nella sua stanza, se non perché mosso dalla necessità di chiederle consiglio. Dacché, però, fu informato della causa della sua felicità, cioè del mistero in lei nascosto, il santo uomo si mostrò più attento e sollecito verso di lei; e per sua consolazione si recò più spesso nella stanza della sovrana Signora per visitarla e sapere se avesse qualcosa da ordinargli. Ma lo faceva sempre con estrema umiltà e timore riverenziale; e prima di parlare spiava in silenzio se la divina Regina si trovasse affaccendata in qualche occupazione. Molte volte la vedeva in estasi, sollevata da terra, avvolta da una luce che emanava un grande splendore; altre volte la vedeva invece accompagnata dai suoi santi angeli e con loro intrattenuta in divini colloqui; ed altre volte ancora la trovava prostrata in terra a forma di croce, mentre discorreva col Signore. Di tutte queste grazie fu partecipe lo sposo Giuseppe. Quando però la celeste Signora si trovava in questo stato e in siffatte occupazioni, egli non ardiva fare altro che ammirarla con profonda riverenza; e aveva la gioia, talvolta, di sentire la soavissima armonia dei concerti celesti, che gli angeli facevano alla loro regina, e di percepire una fragranza dolcissima che lo confortava e lo riempiva di giubilo e di allegrezza spirituale.
423. Vivevano soli nella loro casa, perché come ho già riferito non tenevano alcun servo, e non solo per la loro profonda umiltà, ma anche perché sembrò loro conveniente così, affinché non vi fossero testimoni delle grandi e visibili meraviglie che succedevano fra di loro, né estranei potessero prendervi parte. E per questo la Principessa del cielo non usciva di casa, se non per l'urgentissima causa di servire Dio e beneficare il prossimo; giacché se altra cosa le era necessaria, vi accudiva quella fortunata donna, sua vicina che, come dissi sopra, servi san Giuseppe mentre Maria santissima dimorò nella casa di Zaccaria. E questa per tali servizi ricevette una ricompensa così grande che non solamente lei fu santa e perfetta, ma anche tutta la sua famiglia fu resa felice dalla protezione della Regina e signora del mondo. Inoltre, proprio perché vicina di casa, Maria santissima l'assistette e la curò nelle sue infermità; e infine colmò di celesti benedizioni lei e tutti i suoi familiari.
424. Mai san Giuseppe vide dormire la divina sposa, né seppe per esperienza se dormiva, benché il santo la supplicasse di riposarsi un po', soprattutto nel tempo della sua santa gravidanza. Il riposo della Principessa era sopra la predella, come ho già riferito, fatta a mano dallo stesso san Giuseppe; ed in essa ella teneva due coperte, con le quali s'avvolgeva per prendere un po' di santo sonno. La sua sottoveste era una tonaca o camicia di tela di bombace, più morbida del panno comune. Questa tonaca, però, mai se la cambiò, da quando uscì dal tempio, né questa si logorò, né si sporcò, né la vide alcuno, né san Giuseppe seppe se la portava. La veste esterna era di colore cenere, come ho riferito sopra; Maria santissima soleva qualche volta cambiarla insieme alle cuffie, non perché tali vesti fossero sporche, ma perché, essendo esposte agli occhi di tutti, conveniva evitare che la gente parlasse riguardo al vederla vestita sempre allo stesso modo. Nessuna cosa, infatti, di quelle che portava sopra il suo purissimo e verginale corpo si insudiciò o si macchiò, perché ella non sudava né lamentava altri disagi di cui soffrono i corpi dei figli di Adamo soggetti al peccato. Era in tutto purissima ed i lavori delle sue mani erano estremamente ordinati e puliti; con la stessa perfezione e pulizia si prendeva cura del vestiario di san Giuseppe e di tutto ciò che gli era necessario. Il suo cibo era poco e parco, e ogni giorno lo prendeva con lo stesso santo; non toccò mai carne, benché egli ne mangiasse ed ella gliela preparasse. Il suo pasto consisteva in frutta, pesce, ed ordinariamente pane ed erbe cotte; ma di tutto prendeva, con peso e misura, solamente quello, che richiedevano il sostentamento vitale ed il calore naturale, senza che avanzasse o si alterasse alcuna cosa. Lo stesso modo osservava nel bere, sebbene dagli atti fervorosi traspariva qualche ardore fuor del naturale. Quest'ordine nel cibo, quanto alla quantità, fu da lei sempre seguito; ma quanto alla qualità, per vari motivi che spiegherò in seguito, subì un cambiamento.
425. Maria purissima fu in tutto perfetta, senza che le mancasse alcuna grazia; possedeva con pienezza tutte le doti, sia naturali che soprannaturali. Ma mi mancano le parole per descrivere tale ricchezza, infatti mai mi soddisfano, constatando che non riescono ad esprimere ciò che conosco e, tanto più, ciò che un oggetto così sublime contiene in se stesso. Ho sempre timore della mia insufficienza e mi lamento dei limitati termini e delle scarse parole. Temo infatti di ardire, più di quanto non sia lecito, nel portare avanti ciò che eccede le mie forze; ma l'ubbidienza me lo fa fare, e - non so con qual soave violenza - anima la mia timidezza e mi impedisce di ritirarmi dall'impresa, come invece mi consiglierebbe l'attenta riflessione sulla grandezza dell'opera e la povertà del mio discorrere. Per l'ubbidienza opero e per essa mi vengono elargiti tanti beni: si farà innanzi per discolparmi.
Insegnamento che mi diede la Regina del cielo
426. Figlia mia, nella scuola dell'umiltà ti voglio studiosa e diligente, come ti insegnerà tutto il corso della mia vita; questo deve essere il primo e l'ultimo dei tuoi pensieri, se vuoi prepararti ai dolci amplessi del Signore, ed assicurarti i suoi favori godendo dei tesori della luce nascosta ai superbi. Infatti senza la solida garanzia dell'umiltà non si possono affidare tali ricchezze a nessuna creatura. Tutte le tue preoccupazioni voglio che consistano nell'umiliarti sempre di più nel concetto e nella stima di te stessa. Pensa come agisci e agisci come pensi di te. Insegnamento e motivo di umiliazione deve essere per te e per tutte le anime, che tengono il Signore per Padre e sposo, il vedere che la presunzione e la superbia hanno più potere sopra i figli della sapienza mondana', che non l'umiltà e la vera conoscenza di sé sopra i figli della luce. Considera gli sforzi, la sollecitudine e la vigilanza infaticabile degli uomini alteri ed arroganti. Guarda quanto si danno da fare per valere nel mondo: le loro pretese mai soddisfatte, benché vane! Guarda come operano conforme a ciò che falsamente presumono di se stessi; come presumono ciò che non sono; e mentre non sono quelli che si credono, appunto perché non lo sono, operano come se lo fossero, per acquistare quei beni terreni di cui non sono meritevoli. Sarà dunque motivo di vergogna per gli eletti che l'inganno abbia più potere sopra i figli della perdizione di quanto la verità in essi; e che siano pochi di numero nel mondo coloro che vogliono gareggiare nel servizio di Dio, loro creatore, rispetto a quelli che servono la vanità: tutti sono i chiamati e pochi gli eletti.
427. Cerca dunque, figlia mia, di guadagnare questa scienza e con essa la palma sopra i figli delle tenebre; ed in opposizione alla loro superbia considera ciò che io feci per vincerla nel mondo con l'esercizio dell'umiltà. In questo il Signore ed io ti vogliamo molto saggia e dotta. Non perdere mai l'occasione di fare opere umili, né permettere che alcuno te lo impedisca; e se ti mancheranno le occasioni per umiliarti o non le avrai tanto frequenti, vanne in cerca e chiedi a Dio che te le conceda, perché sua Maestà gradisce e desidera vedere questa sollecitudine. E solamente per questo suo compiacimento dovresti essere in ciò molto attiva e sollecita, come figlia e sposa sua, poiché a tal fine anche l'ambizione umana t'insegnerà a non essere negligente. Considera infatti l'ansia che afferra una donna nella sua casa per aumentare e migliorare la sua roba, non perdendo alcuna occasione per guadagnarne altra: niente le pare molto e se perde qualcosa, pur piccola che sia, il suo cuore va dietro ad essa9. Se l'avidità mondana insegna tanto, non è giusto che la sapienza del cielo debba essere ritenuta più sterile, a causa della negligenza di chi la riceve. E così voglio che non si trovi in te trascuratezza né alcuna dimenticanza in questa cosa che tanto ti interessa; e che non perda occasione, in cui umiliarti e lavorare per la gloria del Signore: affinché quale figlia fedelissima e sposa trovi grazia agli occhi del Signore e ai miei, come il tuo cuore desidera.
11 gennaio 1945
Madre Pierina Micheli
Oggi ho ricevuto Gesù, che gioia, sia pur non sentita... All'arrivo del Padre la presenza del nemico se ne andò.