Sotto il Tuo Manto

Martedi, 9 settembre 2025 - San Pietro Claver Sacerdote (Letture di oggi)

È in questi ultimi mesi di vita che il rapporto con Chiara Lubich raggiunge indiscutibilmente il suo apice. Seguiamolo attraverso l'ultimo, intenso scambio di lettere. Scrive Chiara il 20 dicembre 1989: «Da due giorni sono ritornata dall'ospedale di Torino dove, da circa dieci mesi, per l'ennesima volta mi sono recata a sottopormi ad un ciclo chemioterapico. Il mio stato di salute attuale non è dei migliori, perché il mio fisico è ormai duramente provato a causa delle terapie. L'ultimo ricovero coincideva con il congresso gen 2 a Castelgandolfo. Una mattina stavo particolarmente male; sapevo che proprio quel giorno le gen avrebbero fatto una preghiera per me: anch'io ho sentito il desiderio di unirmi a loro e con la mamma l'abbiamo fatta anche noi. Siccome questo è l'anno dello Spirito Santo (in quel periodo, nel Movimento si approfondiva quel tema, ndr), oltre alla mia guarigione ho chiesto all'Eterno Padre di illuminare con il suo Spirito i responsabili del raduno e, per tutte le gen, la sapienza e la luce. È stato proprio un momento di Dio: soffrivo molto fisicamente, ma l'anima cantava. Abbiamo continuato a pregare a lungo, perché quel momento non passasse. Ora ti chiedo un regalo per Natale: una Parola di vita per me, una per papà  e una per la mamma. Chiedo troppo?». (Beata Chiara "Luce" Badano)

Liturgia delle Ore - Letture

Lunedi della 5° settimana del tempo di Quaresima (San Giovanni Battista La Salle)

Questa sezione contiene delle letture scelte a caso, provenienti dalle varie sezioni del sito (Sacra Bibbia e la sezione Biblioteca Cristiana), mentre l'ultimo tab Apparizioni, contiene messaggi di apparizioni a mistici o loro scritti. Sono presenti testi della Valtorta, Luisa Piccarreta, don Stefano Gobbi e testimonianze di apparizioni mariane riconosciute.

Vangelo secondo Luca 19

1Entrato in Gèrico, attraversava la città.2Ed ecco un uomo di nome Zaccheo, capo dei pubblicani e ricco,3cercava di vedere quale fosse Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, poiché era piccolo di statura.4Allora corse avanti e, per poterlo vedere, salì su un sicomoro, poiché doveva passare di là.5Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: "Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua".6In fretta scese e lo accolse pieno di gioia.7Vedendo ciò, tutti mormoravano: "È andato ad alloggiare da un peccatore!".8Ma Zaccheo, alzatosi, disse al Signore: "Ecco, Signore, io do la metà dei miei beni ai poveri; e se ho frodato qualcuno, restituisco quattro volte tanto".9Gesù gli rispose: "Oggi la salvezza è entrata in questa casa, perché anch'egli è figlio di Abramo;10il Figlio dell'uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto".

11Mentre essi stavano ad ascoltare queste cose, Gesù disse ancora una parabola perché era vicino a Gerusalemme ed essi credevano che il regno di Dio dovesse manifestarsi da un momento all'altro.12Disse dunque: "Un uomo di nobile stirpe partì per un paese lontano per ricevere un titolo regale e poi ritornare.13Chiamati dieci servi, consegnò loro dieci mine, dicendo: Impiegatele fino al mio ritorno.14Ma i suoi cittadini lo odiavano e gli mandarono dietro un'ambasceria a dire: Non vogliamo che costui venga a regnare su di noi.15Quando fu di ritorno, dopo aver ottenuto il titolo di re, fece chiamare i servi ai quali aveva consegnato il denaro, per vedere quanto ciascuno avesse guadagnato.16Si presentò il primo e disse: Signore, la tua mina ha fruttato altre dieci mine.17Gli disse: Bene, bravo servitore; poiché ti sei mostrato fedele nel poco, ricevi il potere sopra dieci città.18Poi si presentò il secondo e disse: La tua mina, signore, ha fruttato altre cinque mine.19Anche a questo disse: Anche tu sarai a capo di cinque città.20Venne poi anche l'altro e disse: Signore, ecco la tua mina, che ho tenuta riposta in un fazzoletto;21avevo paura di te che sei un uomo severo e prendi quello che non hai messo in deposito, mieti quello che non hai seminato.22Gli rispose: Dalle tue stesse parole ti giudico, servo malvagio! Sapevi che sono un uomo severo, che prendo quello che non ho messo in deposito e mieto quello che non ho seminato:23perché allora non hai consegnato il mio denaro a una banca? Al mio ritorno l'avrei riscosso con gli interessi.24Disse poi ai presenti: Toglietegli la mina e datela a colui che ne ha dieci25Gli risposero: Signore, ha già dieci mine!26Vi dico: A chiunque ha sarà dato; ma a chi non ha sarà tolto anche quello che ha.27E quei miei nemici che non volevano che diventassi loro re, conduceteli qui e uccideteli davanti a me".

28Dette queste cose, Gesù proseguì avanti agli altri salendo verso Gerusalemme.
29Quando fu vicino a Bètfage e a Betània, presso il monte detto degli Ulivi, inviò due discepoli dicendo:30"Andate nel villaggio di fronte; entrando, troverete un puledro legato, sul quale nessuno è mai salito; scioglietelo e portatelo qui.31E se qualcuno vi chiederà: Perché lo sciogliete?, direte così: Il Signore ne ha bisogno".32Gli inviati andarono e trovarono tutto come aveva detto.33Mentre scioglievano il puledro, i proprietari dissero loro: "Perché sciogliete il puledro?".34Essi risposero: "Il Signore ne ha bisogno".
35Lo condussero allora da Gesù; e gettati i loro mantelli sul puledro, vi fecero salire Gesù.36Via via che egli avanzava, stendevano i loro mantelli sulla strada.37Era ormai vicino alla discesa del monte degli Ulivi, quando tutta la folla dei discepoli, esultando, cominciò a lodare Dio a gran voce, per tutti i prodigi che avevano veduto, dicendo:

38"'Benedetto colui che viene,'
il re, 'nel nome del Signore'.
Pace in cielo
e gloria nel più alto dei cieli!".

39Alcuni farisei tra la folla gli dissero: "Maestro, rimprovera i tuoi discepoli".40Ma egli rispose: "Vi dico che, se questi taceranno, grideranno le pietre".

41Quando fu vicino, alla vista della città, pianse su di essa, dicendo:42"Se avessi compreso anche tu, in questo giorno, la via della pace. Ma ormai è stata nascosta ai tuoi occhi.43Giorni verranno per te in cui i tuoi nemici ti cingeranno di trincee, ti circonderanno e ti stringeranno da ogni parte;44abbatteranno te e i tuoi figli dentro di te e non lasceranno in te pietra su pietra, perché non hai riconosciuto il tempo in cui sei stata visitata".

45Entrato poi nel tempio, cominciò a cacciare i venditori,46dicendo: "Sta scritto:

'La mia casa sarà casa di preghiera'.
Ma voi ne avete fatto 'una spelonca di ladri!'".

47Ogni giorno insegnava nel tempio. I sommi sacerdoti e gli scribi cercavano di farlo perire e così anche i notabili del popolo;48ma non sapevano come fare, perché tutto il popolo pendeva dalle sue parole.


Deuteronomio 21

1Se nel paese di cui il Signore tuo Dio sta per darti il possesso, si troverà un uomo ucciso, disteso nella campagna, senza che si sappia chi l'abbia ucciso,2i tuoi anziani e i tuoi giudici usciranno e misureranno la distanza fra l'ucciso e le città dei dintorni.3Allora gli anziani della città più vicina all'ucciso prenderanno una giovenca che non abbia ancora lavorato né portato il giogo;4gli anziani di quella città faranno scendere la giovenca presso un corso di acqua corrente, in luogo dove non si lavora e non si semina e là spezzeranno la nuca alla giovenca.5Si avvicineranno poi i sacerdoti, figli di Levi, poiché il Signore tuo Dio li ha scelti per servirlo e per dare la benedizione nel nome del Signore e la loro parola dovrà decidere ogni controversia e ogni caso di lesione.6Allora tutti gli anziani di quella città che sono più vicini al cadavere, si laveranno le mani sulla giovenca a cui sarà stata spezzata la nuca nel torrente;7prendendo la parola diranno: Le nostre mani non hanno sparso questo sangue e i nostri occhi non l'hanno visto spargere.8Signore, perdona al tuo popolo Israele, che tu hai redento, e non lasciar sussistere un sangue innocente in mezzo al tuo popolo Israele! Quel sangue sparso resterà per essi espiato.9Così tu toglierai da te il sangue innocente, perché avrai fatto ciò che è retto agli occhi del Signore.
10Se andrai in guerra contro i tuoi nemici e il Signore tuo Dio te li avrà messi nelle mani e tu avrai fatto prigionieri,11se vedrai tra i prigionieri una donna bella d'aspetto e ti sentirai legato a lei tanto da volerla prendere in moglie, te la condurrai a casa.12Essa si raderà il capo, si taglierà le unghie,13si leverà la veste che portava quando fu presa, dimorerà in casa tua e piangerà suo padre e sua madre per un mese intero; dopo, potrai accostarti a lei e comportarti da marito verso di lei e sarà tua moglie.14Se in seguito non ti sentissi più di amarla, la lascerai andare a suo piacere, ma non potrai assolutamente venderla per denaro né trattarla come una schiava, per il fatto che tu l'hai disonorata.
15Se un uomo avrà due mogli, l'una amata e l'altra odiosa, e tanto l'amata quanto l'odiosa gli avranno procreato figli, se il primogenito è il figlio dell'odiosa,16quando dividerà tra i suoi figli i beni che possiede, non potrà dare il diritto di primogenito al figlio dell'amata, preferendolo al figlio dell'odiosa, che è il primogenito;17ma riconoscerà come primogenito il figlio dell'odiosa, dandogli il doppio di quello che possiede; poiché egli è la primizia del suo vigore e a lui appartiene il diritto di primogenitura.
18Se un uomo avrà un figlio testardo e ribelle che non obbedisce alla voce né di suo padre né di sua madre e, benché l'abbiano castigato, non dà loro retta,19suo padre e sua madre lo prenderanno e lo condurranno dagli anziani della città, alla porta del luogo dove abita,20e diranno agli anziani della città: Questo nostro figlio è testardo e ribelle; non vuole obbedire alla nostra voce, è uno sfrenato e un bevitore.21Allora tutti gli uomini della sua città lo lapideranno ed egli morirà; così estirperai da te il male e tutto Israele lo saprà e avrà timore.
22Se un uomo avrà commesso un delitto degno di morte e tu l'avrai messo a morte e appeso a un albero,23il suo cadavere non dovrà rimanere tutta la notte sull'albero, ma lo seppellirai lo stesso giorno, perché l'appeso è una maledizione di Dio e tu non contaminerai il paese che il Signore tuo Dio ti dà in eredità.


Salmi 89

1'Maskil. Di Etan l'Ezraita.'
2Canterò senza fine le grazie del Signore,
con la mia bocca annunzierò la tua fedeltà nei secoli,
3perché hai detto: "La mia grazia rimane per sempre";
la tua fedeltà è fondata nei cieli.
4"Ho stretto un'alleanza con il mio eletto,
ho giurato a Davide mio servo:
5stabilirò per sempre la tua discendenza,
ti darò un trono che duri nei secoli".

6I cieli cantano le tue meraviglie, Signore,
la tua fedeltà nell'assemblea dei santi.
7Chi sulle nubi è uguale al Signore,
chi è simile al Signore tra gli angeli di Dio?
8Dio è tremendo nell'assemblea dei santi,
grande e terribile tra quanti lo circondano.

9Chi è uguale a te, Signore, Dio degli eserciti?
Sei potente, Signore, e la tua fedeltà ti fa corona.
10Tu domini l'orgoglio del mare,
tu plachi il tumulto dei suoi flutti.
11Tu hai calpestato Raab come un vinto,
con braccio potente hai disperso i tuoi nemici.

12Tuoi sono i cieli, tua è la terra,
tu hai fondato il mondo e quanto contiene;
13il settentrione e il mezzogiorno tu li hai creati,
il Tabor e l'Ermon cantano il tuo nome.
14È potente il tuo braccio,
forte la tua mano, alta la tua destra.
15Giustizia e diritto sono la base del tuo trono,
grazia e fedeltà precedono il tuo volto.

16Beato il popolo che ti sa acclamare
e cammina, o Signore, alla luce del tuo volto:
17esulta tutto il giorno nel tuo nome,
nella tua giustizia trova la sua gloria.
18Perché tu sei il vanto della sua forza
e con il tuo favore innalzi la nostra potenza.
19Perché del Signore è il nostro scudo,
il nostro re, del Santo d'Israele.

20Un tempo parlasti in visione ai tuoi santi dicendo:
"Ho portato aiuto a un prode,
ho innalzato un eletto tra il mio popolo.
21Ho trovato Davide, mio servo,
con il mio santo olio l'ho consacrato;
22la mia mano è il suo sostegno,
il mio braccio è la sua forza.

23Su di lui non trionferà il nemico,
né l'opprimerà l'iniquo.
24Annienterò davanti a lui i suoi nemici
e colpirò quelli che lo odiano.
25La mia fedeltà e la mia grazia saranno con lui
e nel mio nome si innalzerà la sua potenza.
26Stenderò sul mare la sua mano
e sui fiumi la sua destra.

27Egli mi invocherà: Tu sei mio padre,
mio Dio e roccia della mia salvezza.
28Io lo costituirò mio primogenito,
il più alto tra i re della terra.
29Gli conserverò sempre la mia grazia,
la mia alleanza gli sarà fedele.
30Stabilirò per sempre la sua discendenza,
il suo trono come i giorni del cielo.

31Se i suoi figli abbandoneranno la mia legge
e non seguiranno i miei decreti,
32se violeranno i miei statuti
e non osserveranno i miei comandi,
33punirò con la verga il loro peccato
e con flagelli la loro colpa.

34Ma non gli toglierò la mia grazia
e alla mia fedeltà non verrò mai meno.
35Non violerò la mia alleanza,
non muterò la mia promessa.
36Sulla mia santità ho giurato una volta per sempre:
certo non mentirò a Davide.
37In eterno durerà la sua discendenza,
il suo trono davanti a me quanto il sole,
38sempre saldo come la luna,
testimone fedele nel cielo".

39Ma tu lo hai respinto e ripudiato,
ti sei adirato contro il tuo consacrato;
40hai rotto l'alleanza con il tuo servo,
hai profanato nel fango la sua corona.
41Hai abbattuto tutte le sue mura
e diroccato le sue fortezze;
42tutti i passanti lo hanno depredato,
è divenuto lo scherno dei suoi vicini.

43Hai fatto trionfare la destra dei suoi rivali,
hai fatto gioire tutti i suoi nemici.
44Hai smussato il filo della sua spada
e non l'hai sostenuto nella battaglia.
45Hai posto fine al suo splendore,
hai rovesciato a terra il suo trono.
46Hai abbreviato i giorni della sua giovinezza
e lo hai coperto di vergogna.

47Fino a quando, Signore,
continuerai a tenerti nascosto,
arderà come fuoco la tua ira?
48Ricorda quant'è breve la mia vita.
Perché quasi un nulla hai creato ogni uomo?
49Quale vivente non vedrà la morte,
sfuggirà al potere degli inferi?

50Dove sono, Signore, le tue grazie di un tempo,
che per la tua fedeltà hai giurato a Davide?
51Ricorda, Signore, l'oltraggio dei tuoi servi:
porto nel cuore le ingiurie di molti popoli,
52con le quali, Signore, i tuoi nemici insultano,
insultano i passi del tuo consacrato.
53Benedetto il Signore in eterno.
Amen, amen.


Salmi 50

1'Salmo. Di Asaf.'

Parla il Signore, Dio degli dèi,
convoca la terra da oriente a occidente.
2Da Sion, splendore di bellezza,
Dio rifulge.
3Viene il nostro Dio e non sta in silenzio;
davanti a lui un fuoco divorante,
intorno a lui si scatena la tempesta.

4Convoca il cielo dall'alto
e la terra al giudizio del suo popolo:
5"Davanti a me riunite i miei fedeli,
che hanno sancito con me l'alleanza
offrendo un sacrificio".
6Il cielo annunzi la sua giustizia,
Dio è il giudice.

7"Ascolta, popolo mio, voglio parlare,
testimonierò contro di te, Israele:
Io sono Dio, il tuo Dio.
8Non ti rimprovero per i tuoi sacrifici;
i tuoi olocausti mi stanno sempre davanti.
9Non prenderò giovenchi dalla tua casa,
né capri dai tuoi recinti.

10Sono mie tutte le bestie della foresta,
animali a migliaia sui monti.
11Conosco tutti gli uccelli del cielo,
è mio ciò che si muove nella campagna.
12Se avessi fame, a te non lo direi:
mio è il mondo e quanto contiene.

13Mangerò forse la carne dei tori,
berrò forse il sangue dei capri?
14Offri a Dio un sacrificio di lode
e sciogli all'Altissimo i tuoi voti;
15invocami nel giorno della sventura:
ti salverò e tu mi darai gloria".

16All'empio dice Dio:
"Perché vai ripetendo i miei decreti
e hai sempre in bocca la mia alleanza,
17tu che detesti la disciplina
e le mie parole te le getti alle spalle?

18Se vedi un ladro, corri con lui;
e degli adùlteri ti fai compagno.
19Abbandoni la tua bocca al male
e la tua lingua ordisce inganni.

20Ti siedi, parli contro il tuo fratello,
getti fango contro il figlio di tua madre.
21Hai fatto questo e dovrei tacere?
forse credevi ch'io fossi come te!
Ti rimprovero: ti pongo innanzi i tuoi peccati".

22Capite questo voi che dimenticate Dio,
perché non mi adiri e nessuno vi salvi.
23Chi offre il sacrificio di lode, questi mi onora,
a chi cammina per la retta via
mostrerò la salvezza di Dio.


Giona 3

1Fu rivolta a Giona una seconda volta questa parola del Signore:2"Alzati, va' a Ninive la grande città e annunzia loro quanto ti dirò".3Giona si alzò e andò a Ninive secondo la parola del Signore. Ninive era una città molto grande, di tre giornate di cammino.4Giona cominciò a percorrere la città, per un giorno di cammino e predicava: "Ancora quaranta giorni e Ninive sarà distrutta".5I cittadini di Ninive credettero a Dio e bandirono un digiuno, vestirono il sacco, dal più grande al più piccolo.6Giunta la notizia fino al re di Ninive, egli si alzò dal trono, si tolse il manto, si coprì di sacco e si mise a sedere sulla cenere.7Poi fu proclamato in Ninive questo decreto, per ordine del re e dei suoi grandi: "Uomini e animali, grandi e piccoli, non gustino nulla, non pascolino, non bevano acqua.8Uomini e bestie si coprano di sacco e si invochi Dio con tutte le forze; ognuno si converta dalla sua condotta malvagia e dalla violenza che è nelle sue mani.9Chi sa che Dio non cambi, si impietosisca, deponga il suo ardente sdegno sì che noi non moriamo?".10Dio vide le loro opere, che cioè si erano convertiti dalla loro condotta malvagia, e Dio si impietosì riguardo al male che aveva minacciato di fare loro e non lo fece.


Atti degli Apostoli 27

1Quando fu deciso che ci imbarcassimo per l'Italia, consegnarono Paolo, insieme ad alcuni altri prigionieri, a un centurione di nome Giulio della coorte Augusta.2Salimmo su una nave di Adramitto, che stava per partire verso i porti della provincia d'Asia e salpammo, avendo con noi Aristarco, un Macèdone di Tessalonica.3Il giorno dopo facemmo scalo a Sidone e Giulio, con gesto cortese verso Paolo, gli permise di recarsi dagli amici e di riceverne le cure.4Salpati di là, navigammo al riparo di Cipro a motivo dei venti contrari5e, attraversato il mare della Cilicia e della Panfilia, giungemmo a Mira di Licia.6Qui il centurione trovò una nave di Alessandria in partenza per l'Italia e ci fece salire a bordo.7Navigammo lentamente parecchi giorni, giungendo a fatica all'altezza di Cnido. Poi, siccome il vento non ci permetteva di approdare, prendemmo a navigare al riparo di Creta, dalle parti di Salmóne,8e costeggiandola a fatica giungemmo in una località chiamata Buoni Porti, vicino alla quale era la città di Lasèa.

9Essendo trascorso molto tempo ed essendo ormai pericolosa la navigazione poiché era già passata la festa dell'Espiazione, Paolo li ammoniva dicendo:10"Vedo, o uomini, che la navigazione comincia a essere di gran rischio e di molto danno non solo per il carico e per la nave, ma anche per le nostre vite".11Il centurione però dava più ascolto al pilota e al capitano della nave che alle parole di Paolo.12E poiché quel porto era poco adatto a trascorrervi l'inverno, i più furono del parere di salpare di là nella speranza di andare a svernare a Fenice, un porto di Creta esposto a libeccio e a maestrale.
13Appena cominciò a soffiare un leggero scirocco, convinti di potere ormai realizzare il progetto, levarono le ancore e costeggiavano da vicino Creta.14Ma dopo non molto tempo si scatenò contro l'isola un vento d'uragano, detto allora "Euroaquilone".15La nave fu travolta nel turbine e, non potendo più resistere al vento, abbandonati in sua balìa, andavamo alla deriva.16Mentre passavamo sotto un isolotto chiamato Càudas, a fatica riuscimmo a padroneggiare la scialuppa;17la tirarono a bordo e adoperarono gli attrezzi per fasciare di gòmene la nave. Quindi, per timore di finire incagliati nelle Sirti, calarono il galleggiante e si andava così alla deriva.18Sbattuti violentemente dalla tempesta, il giorno seguente cominciarono a gettare a mare il carico;19il terzo giorno con le proprie mani buttarono via l'attrezzatura della nave.20Da vari giorni non comparivano più né sole, né stelle e la violenta tempesta continuava a infuriare, per cui ogni speranza di salvarci sembrava ormai perduta.
21Da molto tempo non si mangiava, quando Paolo, alzatosi in mezzo a loro, disse: "Sarebbe stato bene, o uomini, dar retta a me e non salpare da Creta; avreste evitato questo pericolo e questo danno.22Tuttavia ora vi esorto a non perdervi di coraggio, perché non ci sarà alcuna perdita di vite in mezzo a voi, ma solo della nave.23Mi è apparso infatti questa notte un angelo del Dio al quale appartengo e che servo,24dicendomi: Non temere, Paolo; tu devi comparire davanti a Cesare ed ecco, Dio ti ha fatto grazia di tutti i tuoi compagni di navigazione.25Perciò non perdetevi di coraggio, uomini; ho fiducia in Dio che avverrà come mi è stato annunziato.26Ma è inevitabile che andiamo a finire su qualche isola".
27Come giunse la quattordicesima notte da quando andavamo alla deriva nell'Adriatico, verso mezzanotte i marinai ebbero l'impressione che una qualche terra si avvicinava.28Gettato lo scandaglio, trovarono venti braccia; dopo un breve intervallo, scandagliando di nuovo, trovarono quindici braccia.29Nel timore di finire contro gli scogli, gettarono da poppa quattro ancore, aspettando con ansia che spuntasse il giorno.30Ma poiché i marinai cercavano di fuggire dalla nave e già stavano calando la scialuppa in mare, col pretesto di gettare le ancore da prora, Paolo disse al centurione e ai soldati:31"Se costoro non rimangono sulla nave, voi non potrete mettervi in salvo".32Allora i soldati recisero le gòmene della scialuppa e la lasciarono cadere in mare.
33Finché non spuntò il giorno, Paolo esortava tutti a prendere cibo: "Oggi è il quattordicesimo giorno che passate digiuni nell'attesa, senza prender nulla.34Per questo vi esorto a prender cibo; è necessario per la vostra salvezza. Neanche un capello del vostro capo andrà perduto".35Ciò detto, prese il pane, rese grazie a Dio davanti a tutti, lo spezzò e cominciò a mangiare.36Tutti si sentirono rianimati, e anch'essi presero cibo.37Eravamo complessivamente sulla nave duecentosettantasei persone.38Quando si furono rifocillati, alleggerirono la nave, gettando il frumento in mare.
39Fattosi giorno non riuscivano a riconoscere quella terra, ma notarono un'insenatura con spiaggia e decisero, se possibile, di spingere la nave verso di essa.40Levarono le ancore e le lasciarono andare in mare; al tempo stesso allentarono i legami dei timoni e spiegata al vento la vela maestra, mossero verso la spiaggia.41Ma incapparono in una secca e la nave vi si incagliò; mentre la prua arenata rimaneva immobile, la poppa minacciava di sfasciarsi sotto la violenza delle onde.42I soldati pensarono allora di uccidere i prigionieri, perché nessuno sfuggisse gettandosi a nuoto,43ma il centurione, volendo salvare Paolo, impedì loro di attuare questo progetto; diede ordine che si gettassero per primi quelli che sapevano nuotare e raggiunsero la terra;44poi gli altri, chi su tavole, chi su altri rottami della nave. E così tutti poterono mettersi in salvo a terra.


Capitolo XII: L’educazione a patire e la lotta alla concupiscenza

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1. Signore Dio, capisco che è per me veramente necessario saper soffrire, giacché in questo mondo accadono tante avversità. Invero, comunque io abbia disposto per la mia tranquillità, la mia vita non può essere esente dalla lotta e dal dolore. Così è, o figlio. Ma tale è la mia volontà: tu non devi andar cercando una pace, che non abbia e non senta tentazione o avversità; anzi devi ritenere per certo di avere trovato pace, anche quando sarai afflitto da varie tribolazioni e sarai provato da varie contrarietà. Se obietterai di non riuscire ora a sopportare tanto, come riuscirai a sostenere poi il fuoco del purgatorio? Tra due mali, scegliere sempre il minore. Così, per poter sfuggire alle pene eterne future, vedi di sopportare, con fermezza e per amore di Dio, i mali presenti. Credi forse che quelli che vivono nel mondo non abbiano a patire per nulla, o soltanto un pochino? No; questo non lo riscontrerai, nemmeno cercando tra le persone che vivono tra gli agi più grandi. Tuttavia - mi dirai - costoro hanno molte gioie, fanno ciò che loro più piace e alle loro tribolazioni non danno, perciò, gran peso. Ammettiamo che le cose stiano così e che costoro abbiano tutto ciò che vogliono. Ma quanto pensi che potrà durare? Ecco "come fumo si disperderanno" (Sal 36,20) coloro che in questo mondo sono nell'abbondanza; delle loro gioie di un tempo non resterà ricordo alcuno.

2. Di più, anche mentre sono ancora in vita, costoro non sono esenti da amarezze, da noie e da timori. Che anzi, frequentemente, proprio dalle stesse cose dalle quali si ripromettono gioia, essi traggono una dolorosa pena. E giustamente per loro ciò accade. Infatti, cercando essi ed inseguendo il piacere anche contro l'ordine disposto da Dio, non lo raggiungono senza vergogna ed amarezza. Come è breve, questo piacere e falso e contrario al volere di Dio; e come è turpe. Eppure gli uomini, ebbri e ciechi, non capiscono; e, come bruti, vanno incontro alla morte dell'anima per un piccolo piacere di questa vita corruttibile. Ma tu, figlio, non andare dietro alle "tue concupiscenze; distogliti dal tuo capriccio" (Sir 18,30). "Metti il tuo gaudio nel Signore; Egli ti darà ciò che il tuo cuore domanderà" (Sal 36,4). In verità, se veramente desideri la pienezza della gioia e della mia consolazione, ecco, la tua felicità consisterà nel disprezzo di tutto ciò che è nel mondo e nel distacco da ogni piacere. Così ti saranno concesse grandi consolazioni. Quanto più ti allontanerai da ogni conforto che venga dalle creature, tanto più grandi e soavi consolazioni troverai in me. A questo non giungerai, però, senza avere prima sofferto e faticosamente lottato. Farà resistenza il radicato costume; ma sarà vinto poi da una abitudine migliore. Protesterà la carne, ma sarà tenuta in freno dal fervore spirituale. Ti istigherà, fino all'esasperazione, l'antico serpente; ma sarà messo in fuga dalla preghiera oppure gli sarà ostacolato un facile ingresso, se ti troverà preso da un lavoro pratico.


LETTERA 32: Paolino scrive a Romaniano, gli esprime la gioia per l'arrivo di fratelli e di notizie dall'Africa

Lettere - Sant'Agostino

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Scritta dopo la precedente.

Paolino scrive a Romaniano, facoltoso concittadino e benefattore di Agostino (che ne parla con riconoscenza in C. Ac. 2, 2, 3 s.), gli esprime la gioia per l'arrivo di fratelli e di notizie dall'Africa (n. 1) congratulandosi con la chiesa d'Ippona per aver meritato Agostino come vescovo coadiutore (n. 2). Esorta poi Licenzio, figlio di Romaniano (n. 3) a disprezzare il fasto della corte e a dedicarsi a Dio per consolare in tal modo il suo maestro, Agostino (n. 4-5). Acclude un carme, in cui esprime i suoi ammonimenti ed esortazioni al giovanetto.

PAOLINO E TERASIA ALLO STIMATISSIMO SIGNORE E RAGGUARDEVOLISSIMO FRATELLO ROMANIANO

Gioia per l'arrivo di fratelli e di notizie dall'Africa.

1. Il giorno precedente che spedissimo la presente, son tornati dall'Africa i nostri fratelli, che aspettavamo con l'impazienza che hai potuto capire tu stesso, carissimo tra i servi di Dio e le persone più care. Per loro mezzo abbiamo ricevuto lettere di Aurelio, Alipio, Agostino, Profuturo e Severo, tutti ormai diventati vescovi. Felici quindi di aver ricevuto notizie così fresche di tanti e sì qualificati servi di Dio, ci siamo affrettati a farti partecipe della nostra contentezza, per condividere con te, per mezzo delle presenti consolanti notizie, la nostra gioia derivante dalla conclusione di quel viaggio che ci ha tenuti in ansia. Se per caso sei venuto a sapere le stesse notizie circa i nostri venerabili e amatissimi amici per l'arrivo di altre navi, accoglile confermate anche da noi, e di nuovo esulta, per così dire, di gioia rinnovata. Se invece saremo noi i primi a darti questa notizia, rallègrati che nella tua patria ci siamo procurato, per grazia di Cristo, tanto affetto per cui siamo i primi o tra i primi a sapere quanto ivi compie la Divina provvidenza, sempre mirabile - come sta scritto - nei suoi santi 1.

Agostino elevato a Vescovo Coadiutore d'Ippona.

2. Non vi scriviamo però soltanto per rallegrarci che Agostino abbia ricevuto l'episcopato, ma che le Chiese d'Africa abbiano meritato questa prova di sollecitudine da parte di Dio, di sentire cioè le parole del cielo per bocca di Agostino : questi, elevato in modo insolito a un più alto ufficio della religione cristiana, è stato consacrato non per essere il sostituto del vescovo nella cattedra, ma per essergli d'aiuto; in realtà, essendo ancora vivente il vescovo Valerio, Agostino è solo vescovo coadiutore della Chiesa d'Ippona. Così quel santo vecchio, la cui purissima coscienza non fu mai offuscata d'alcuna macchia d'invidia o di gelosia, riceve ora dall'Altissimo frutti degni dei suoi sentimenti pacifici, meritando cioè d'avere ora per collega colui che desiderava semplicemente per suo successore. Si sarebbe mai potuto credere una simile cosa prima che avvenisse? Ma anche a proposito di quest'opera dell'Onnipotente può ripetersi quel detto del Vangelo: Ciò è difficile per gli uomini, a Dio invece tutto è possibile 2. Esultiamo perciò e rallegriamoci in Lui, che solo sa compiere meraviglie 3 e fa vivere nella sua casa coloro che hanno uno stesso spirito 4; poiché rivolse il suo sguardo sulla nostra miseria 5 e visitò con benefici il suo popolo 6; egli, che suscitò un potente Salvatore nella casa del suo servo David 7, ha ora suscitato un potente strumento della Chiesa in mezzo ai suoi eletti, per abbattere, come promette per mezzo del Profeta, la potenza dei peccatori 8, cioè dei Donatisti e dei Manichei.

Sollecitudine per il giovanetto Licenzio.

3. Volesse il cielo che la tromba del Signore che risuona per mezzo di Agostino, arrivi a percuotere l'udito del nostro figliuolo Licenzio, che però dovrebbe udire con l'orecchio interiore per cui entra Cristo, dal quale il nemico non può rapire il seme di Dio 9. Allora sì che ad Agostino potrà sembrare d'essere veramente sommo pontefice di Cristo, perché allora si reputerebbe esaudito dall'Altissimo, se potesse cioè generarlo al Cristo qual figlio degno di sé, come lo generò degno di te nelle discipline letterarie. Da non molto - credilo - ci ha scritto una lettera bruciante di ansia per lui. Noi confidiamo in Cristo onnipotente che sui desideri carnali del nostro giovanetto prevalgano i desideri spirituali di Agostino. Sarà vinto anche suo malgrado; sarà vinto, credimi, dalla fede del suo tenerissimo padre, perché non riporti una cattiva vittoria, qualora preferisse vincere con suo danno piuttosto che lasciarsi vincere per la propria salvezza. E perché il dovere della fraterna gentilezza non sembrasse una parola priva di contenuto, mandiamo a te e al nostro figliuolo Licenzio cinque gallette dei soldati cristiani, con la cui tenuta da combattimento lottiamo per fare ogni giorno rifornimento di temperanza. Non abbiamo infatti potuto escludere dalla nostra benedizione il tuo figliuolo, che desideriamo sia a noi intimamente congiunto per la medesima grazia. Vogliamo però rivolgere brevi parole anche a lui, perché non abbia a dire che non è indirizzato a lui quanto ti abbiamo scritto di lui. Parliamo ad Eschino, perché intenda Micione. Ma perché usare parole d'altri, quando possiamo esprimere ogni cosa con parole nostre e quando usare un linguaggio non proprio suole essere segno di mente non sana? Grazie a Dio la nostra è sana, poiché abbiamo per capo Cristo. Facciamo voti che tu viva in Cristo sano ancora per moltissimi anni e sempre felice con tutta la tua casa, onoratissimo e desideratissimo signore e fratello.

Esortazione a Licenzio.

4. Ascolta dunque, o figlio, la legge di tuo padre, ossia la fede di Agostino: non respingere i consigli di tua madre 10; termine questo che il tenero amore di Agostino può ben rivendicare ugualmente a giusto titolo nei tuoi riguardi. Ti ha portato, egli, ancor piccino nel suo seno, ti ha nutrito col latte della sapienza terrena fin dalla prima fanciullezza, e adesso brama ardentemente di allattarti e allevarti per il Signore col latte spirituale. Poiché, per quanto tu sia già adulto fisicamente, egli ti vede vagire ancora nella culla della vita spirituale, ancora balbettare la parola di Dio, tentare a stento i primi passi nella via di Cristo trascinando il piede incerto, anche se ti sostiene la dottrina di Agostino come la mano d'una madre guida un bimbo incapace di reggersi in piedi e una nutrice lo porta nelle sue braccia. Se tu lo ascolterai e lo seguirai, riceverai, o figlio, una corona di grazie sul tuo capo 11 per usare ancora una espressione di Salomone con cui vorrei attrarti. Tu sarai allora veramente un console e un pontefice, non sognato dalla fantasia ma plasmato dalla verità in persona, cioè da Cristo, il quale realizzerà in te, coi sicuri effetti della sua azione, i vani sogni d'una falsa immaginazione. Sicuro: sarai davvero pontefice e console, o Licenzio, se camminerai sulle orme profetiche e osserverai gl'insegnamenti apostolici di Agostino, come il beato Eliseo fece col beato Elia 12 e il giovane Timoteo con l'illustre Apostolo 13; se non ti staccherai mai dal suo fianco sulla via del Signore, per meritare, mediante la pura e retta intenzione, di diventar sacerdote e di procurare ai popoli la salvezza col magistero della parola.

Paolino esorta Licenzio a seguire Cristo.

5. Ma basta con gli avvertimenti e le esortazioni; poche parole e poca fatica son sufficienti a mio avviso, caro Licenzio, per spronarti a seguire Cristo, infiammato come fosti fin da ragazzo dallo spirito e dalle esortazioni del venerabile Agostino all'amore della verità e della sapienza (l'una e l'altra sono in realtà Cristo) e al sommo di tutti i beni. S'egli poté esercitare sì scarsa influenza su di te, qual risultato potrei conseguire io, che sono di tanto a lui inferiore e tanto meno dotato delle sue risorse spirituali? Ma poiché, convinto come sono della efficacia della sua parola e della bontà del tuo carattere, io voglio sperare che a tuo favore sia stato fatto più e meglio di quanto sia da fare, ho osato parlare aspirando a un doppio merito: ad esser cioè paragonato con la dovuta carità a quel grand'uomo nella sollecitudine che sente verso di te e ad esser annoverato, almeno con questo mio attestato d'affetto, tra coloro che hanno a cuore la tua salvezza. So bene d'altronde che la palma di portare a termine la tua perfezione è destinata soprattutto ad Agostino. Temo, o figlio, d'aver offeso le tue orecchie col rude e temerario mio parlare e, attraverso le orecchie, d'aver ferito anche il tuo animo con l'annoiarti. M'è venuta però in mente la tua lettera indirizzata ad Agostino, dalla quale ho conosciuto la tua familiarità coi ritmi poetici; anch'io provai attrazione per essi quando ero anch'io nella tua età. Ecco quindi che, nel ricordarmi della tua lettera, ho trovato nell'armonia dei versi il rimedio più adatto per placare il dolore che per caso avessi potuto arrecare alla tua anima e insieme richiamarti al Signore, creatore di qualsiasi specie di armonia. Porgi l'orecchio a quanto ti dico, te ne prego, e non disprezzare l'affare della tua salvezza attraverso le mie parole; per quanto esse possano essere disprezzabili, accogliere come prova del mio amorevole desiderio e della paterna mia sollecitudine. Esse sono rese degne di rispetto dal fatto che v'è inserito il nome di Cristo, tanto superiore a qualsiasi altro nome 14, che a nessun fedele è lecito disprezzarlo.

CARME DI PAOLINO A LICENZIO

Orsù, dunque, rompi gli indugi 1 e spezza le dure catene del mondo: non temere il mite giogo del benigno Signore.

Le cose di quaggiù son belle, è vero, ma ammaliano soltanto gli spiriti frivoli: l'animo del saggio invece non rimane a bocca aperta davanti ad esse.

Adesso Roma, capace d'abbattere anche i forti, quale cattiva consigliera ti seduce, ahimé, con le varie sue bellezze. Ma di fronte a tutte le attrattive dell'Urbe ti venga in mente ognora, o figlio, l'immagine paterna di Agostino.

Avendo lui presente al tuo sguardo e nel tuo cuore, potrai essere sicuro fra tanti pericoli della fragile vita. Non cesserò tuttavia di ripeterti più volte ed ammonirti 2 di fuggire gli aspri scogli della carriera militare.

Una gloriosa carriera è bensì affascinante, ma è pure prezzo di una dura schiavitù e la sua fine è piena di afflizione: a chi adesso piace raggiungerla, tosto dispiace averla desiderata.

È bello ascendere alle più alte cariche, ma si teme sempre di doverne discendere. Se metterai il piede in fallo, più funesta sarà la caduta dalle più alte vette.

Adesso ti piacciono i falsi beni, adesso l'ambizione ti trascina con tutti i suoi soffi seducenti e ti porta nel suo grembo, fragile come il vetro, la vuota fama; ma una volta che il cinturone che non si cinge senza pericolo ti avrà circondato di grande affanno e una vana fatica ti avrà infiacchito, allora sarà troppo tardi e inutile accusare le vane speranze, allora vorrai spezzare le catene che ora ti prepari.

Allora ti ricorderai, ma invano, e ti affliggerai di aver disprezzato i veridici ammonimenti d'Agostino, tuo padre.

Perciò, se sei saggio e buono, o figliolo, ascolta e accogli le parole di due padri e il consiglio di due vecchi.

Perché sottrai l'orgoglioso collo al giogo di Cristo? Il mio peso è leggero, soave è il mio giogo 3, dice la voce della bontà divina; affidati a Dio, imponi sul tuo capo il giogo, porgi la bocca al così delicato freno 4 e abbassando le spalle sottomettile a un peso così leggero.

Adesso lo puoi ancora fare, mentre sei ancora libero e non ti trattiene alcun legame né alcuna preoccupazione di matrimonio, né alcuna alta carica.

La vera e bella libertà è quella di servire Cristo e in Lui essere superiore a tutti: non è soggetto ai padroni né alle passioni degli uomini, non ai superbi tiranni solo chi si consacra a Cristo Signore.

E non credere che sia libera la nobiltà che ora vedi altera essere portata in lettiga tra lo stupore dei Romani, mentre vedi che essa si dà l'aria di essere tanto libera, che disdegna di piegare il collo a Dio. Degni d'essere compianti da molti mortali son proprio i nobili 5, essendo schiavi pure di schiavi e comprano domestiche, perché facciano le padrone.

Coloro che hanno sperimentato con amarezza la prepotenza degli eunuchi e le pene dei grandi palazzi, sanno bene quanto sudore e quanto danno alla dignità rechi lì il mantello militare, qui una carica pubblica.

Neppure chi è diventato potente e si è guadagnato con denaro d'essere più alto su tutti gli altri, arriva allo scopo di non servire ad alcuno. Anche se si comporterà da padrone per tutta l'Urbe, se adora gli idoli è schiavo dei demoni. E tuttavia, ahimé, proprio per servire a costoro tu, o Licenzio, rimani nell'Urbe e disprezzi il regno di Cristo per piacere ad essi? E tu li chiami tuoi padroni e li saluti curvando la fronte mentre vedi che sono schiavi d'un pezzo di legno o di pietra?

Sotto il nome di Dio essi adorano l'argento e l'oro; la loro religione è l'oggetto amato dalla passione della cupidigia.

Auguro la disgrazia di amare costoro a chi non ama Agostino, di non adorare Cristo a chi piace adorare costoro.

Ecco perché Dio in persona afferma che non si può servire a due padroni 6, poiché a Dio piace una sola disposizione d'animo; non v'è che una sola fede, un unico Dio 7, un unico Cristo, Figlio del [l'unico] Padre, e [perciò] non può essere diviso con altri il culto dovuto all'unico Signore.

Quanto infatti è distante il cielo dalla terra, altrettanto lo è il regno e il dominio di Cristo da quello di Cesare.

Distàccati dunque dalla terra adesso, finché il soffio vitale anima queste membra 8, elèvati con l'animo fino al cielo; il peso della carne non potrà essere d'ostacolo.

Muori fin d'ora alle azioni carnali e pensa seriamente con animo sgombro da passioni ai beni del cielo.

Sei persona spirituale, quantunque trattenuto dai legami del corpo, se adesso vincerai e soffocherai le azioni carnali con religiosa disposizione di spirito.

Se tu, caro figliuolo, accoglierai queste esortazioni che t'ho scritto con fiducioso amore, sarai accolto da Dio. Fa' conto che parlandoti così, io ti parli pure per bocca di Agostino; accogli, animati dal medesimo affetto per te, due padri; se ci respingerai, sarai strappato con maggior dolore da due persone; se invece ci ascolterai, sarai dolce vincolo d'affetto per l'uno e per l'altro. Per il tuo bene due padri sopportano volentieri ansie e fatiche e sarà per te grande onore far contente due anime. Ma quando mi metto accanto ad Agostino, non è per vanto d'essere a lui uguale, bensì m'associo a lui solo per l'amore che ti porto.

Poiché, qual ristoro mai potrei versarti irrorandoti con le gocce del povero rigagnolo che sono io? Oltre a me, tu sei bagnato da due veri fiumi di sapienza: da Alipio cioè, ch'è tuo congiunto, e da Agostino, ch'è il tuo maestro; unito a te con vincoli di sangue il primo, padre del tuo ingegno il secondo.Puoi contare sul valido aiuto di un parente e di un maestro così qualificati, o Licenzio, ed esiti, sostenuto dalle loro ali, ad innalzarti al cielo?

Qualunque cosa tu faccia (poiché neppure il mondo speri d'averti amico) non sarai sacrificato alla terra, o anima consacrata a Cristo.

Sebbene ora tu pensi alle nozze e alle alte cariche, un giorno sarai restituito al tuo Signore.

Son convinto che due persone vinceranno un sol peccatore e le preghiere di due fratelli sperderanno al vento le tue aspirazioni.

Torna dunque sulla strada, sulla quale t'invitano a tornare il padre dell'anima tua con la parola e il tuo congiunto col vincolo di parentela, entrambi vescovi.

Essi desiderano ricondurti ai tuoi beni, poiché tu ora agogni a beni indegni di te. Questi sono i beni contenuti nei tuoi possessi, questi sì che son degni di te. Torna a questi e brama sol questi, non perdere tempo nel desiderar i beni altrui. Se rifiuterai i tuoi beni, chi ti darà gli altrui? In tal modo non sarai più padrone di te stesso e, come se fossi bandito in lidi lontani, vivrai esule, ahimé, dagli affetti del tuo cuore!

Questi versi indirizzati con ansia paterna al figliuolo, bastino a farti comprendere che quanto auguro o temo per te, lo auguro e lo temo per me stesso. Se accoglierai questo scritto ti apporterà un giorno la vita; se invece lo rifiuterai, sarà un testimonio d'accusa. Cristo mi conceda, carissimo figliuolo, di vederti incolume e ti renda suo servo per sempre. Vivi, ti prego, ma vivi per Iddio; poiché vivere per il mondo è una fatica che dà la morte; vita vera invece è vivere per Iddio.

 

1 - Sal 67, 36.

2 - Lc 18, 27; Mt 19, 26; Mc 10, 27.

3 - Sal 71, 18.

4 - Sal 67, 7.

5 - Dt 26, 7; Lc 7, 16.

6 - Lc 1, 68.

7 - Lc 1, 69.

8 - Sal 74, 11.

9 - Mt 13, 4 19; Mc 4, 4 15; Lc 8, 5 12.

10 - Prv 1, 8.

11 - Prv 4, 9.

12 - 2 Re 2, 1 s.

13 - At 16, 1-3.

14 - Fil 2, 9.

Carmen elegiacum Paulini ad Licentium

1 - VERG., Aen. 4, 569; Georg. 4, 412.

2 - VERG., Aen. 3, 436,

3 - Mt 11, 30.

4 - VERG., Georg. 3, 188.

5 - HOR., Carm. 1, 24, 9.

6 - Mt 6, 24; Lc 16, 13.

7 - Ef 4, 5 s.

8 - VERG., Aen 4, 336.


Capitolo secondo - Vita, dolcezza

Le glorie di Maria - Sant'Alfonso Maria de Liguori

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1. Maria è la nostra vita, perché ci ottiene il perdono dei peccati

Per ben comprendere la ragione per cui la santa Chiesa ci fa chiamare Maria nostra vita, bisogna sapere che come l'anima dà vita al corpo, così la grazia divina dà vita all'anima. Senza la grazia, infatti, un'anima può essere detta viva, ma in realtà è morta, secondo la parola rivolta a un personaggio dell'Apocalisse: « Hai nome di vivo e sei morto » (Ap 3,1). Maria dunque, ottenendo ai peccatori per mezzo della sua intercessione di riacquistare la grazia, ridà loro la vita. Ecco come la santa Chiesa fa parlare la nostra Madre, applicando a lei un testo dei Proverbi (8,17): « Coloro che mi cercano al mattino, mi troveranno »; coloro che sono diligenti a ricorrere a me fin dal mattino, ossia appena possono, certamente mi troveranno. Nella versione dei Settanta, invece di « mi troveranno » è scritto « troveranno la grazia ». Dunque ricorrere a Maria equivale a ritrovare la grazia di Dio. Alcuni versetti più avanti la santa Vergine dice: « Chi trova me, trova la vita e riceverà la salvezza dal Signore » (Pro 8,35). « Udite, esclama a questo proposito san Bonaventura, udite voi che desiderate il regno di Dio: onorate la Vergine Maria e troverete la vita e la salvezza eterna » San Bernardino da Siena dice che Dio non distrusse il genere umano dopo il peccato per l'amore singolare che nutriva per questa sua futura figlia. Il santo aggiunge di non dubitare che tutte le grazie di misericordia e di perdono ricevute dai peccatori nell'antica legge, Dio le abbia concesse « soltanto in considerazione e per amore di questa Vergine benedetta » Ben ci esorta dunque san Bernardo: « Cerchiamo la grazia e cerchiamola per mezzo di Maria ». Se abbiamo avuto la sventura di perdere la grazia divina, cerchiamo di ricuperarla, ma cerchiamola per mezzo di Maria, poiché se noi l'abbiamo perduta, ella l'ha ritrovata e perciò il santo la proclama: « Colei che ritrova la grazia » 4. Per nostra consolazione l'arcangelo Gabriele lo aveva già dichiarato quando disse alla Vergine: « Non temere, Maria, perché tu hai trovato grazia » (Lc 1,30). Ma se Maria non era mai stata priva della grazia, come poteva dire l'arcangelo che l'avesse trovata? Si trova ciò che non si aveva prima. La Vergine fu sempre unita a Dio, sempre in stato di grazia, come l'arcangelo manifestò salutandola: « Ti saluto, piena di grazia; il Signore è con te » (Lc 1,28). Se dunque Maria non trovò la grazia per sé, perché sempre ne era stata piena, per chi mai la trovò? Per i peccatori che l'avevano perduta, risponde il cardinale Ugo, commentando questo passo. « Corrano dunque a Maria i peccatori, che hanno perduto la grazia peccando e la troveranno presso di lei. Dicano con sicurezza: Signora, la cosa perduta deve essere restituita al suo proprietario. Questa grazia che hai trovato non è tua, poiché tu non l'hai mai perduta. E’ nostra perché abbiamo avuto la disgrazia di perderla: restituisci il nostro bene che hai trovato». S. Riccardo di san Lorenzo conclude nello stesso senso: « Se desideriamo trovare la grazia del Signore, andiamo a Maria, che l'ha trovata e sempre la trova ». E poiché ella è stata e sempre sarà cara a Dio, se a lei ricorriamo, certamente la troveremo. Al capitolo 8 del Cantico dei cantici Maria dice che Dio l'ha posta nel mondo per essere la nostra difesa: « Io sono un muro e i miei seni come torri ». Per questo è stata costituita mediatrice di pace fra i peccatori e Dio: « Perciò sono diventata ai suoi occhi come una che trova pace » (Ct 8,10). Quindi san Bernardo incoraggia il peccatore dicendo: « Va' a questa madre di misericordia e mostrale le piaghe che porti nell'anima per le tue colpe». Allora certamente ella pregherà il Figlio di perdonarti « ricordandogli che lo ha nutrito con il suo latte. E il Figlio che tanto la ama certamente esaudirà sua Madre ». La santa Chiesa, infatti, ci fa chiedere al Signore di concederci il potente aiuto dell'intercessione di Maria per risorgere dai nostri peccati, con questa preghiera: « O Dio misericordioso, soccorri la nostra debolezza, affinché noi che facciamo memoria della santa Madre di Dio, possiamo con l'aiuto della sua intercessione risorgere dal peccato » Con ragione dunque san Lorenzo Giustiniani chiama Maria « speranza dei malfattori », poiché ella sola ottiene loro il perdono da Dio. Con ragione san Bernardo la chiama « scala dei peccatori», poiché la pietosa regina porge la mano alle povere anime cadute nel precipizio del peccato e, traendole dall'abisso, le fa risalire a Dio. Con ragione sant'Agostino la chiama unica speranza di noi peccatori, poiché solo per mezzo suo speriamo la remissione di tutti i nostri peccati. Anche san Giovanni Crisostomo dice che solo per l'intercessione di Maria i peccatori ricevono il perdono. A nome di tutti i peccatori il santo così la saluta: « Dio ti salvi, o madre » di Dio e nostra; « o cielo » dove risiede Dio; « o trono » da cui il Signore dispensa tutte le grazie; « o splendore della Chiesa! Prega sempre Gesù per noi, affinché per le tue preghiere possiamo ottenere il perdono nel giorno del giudizio e possedere quei beni che Dio tiene in riserva per quelli che lo amano». Con ragione infine Maria è chiamata aurora: « Chi è costei che spunta come aurora? » (Ct 6,9). Infatti, dice il papa Innocenzo III, « come l'aurora segna la fine della notte e l'inizio del giorno, così per essa è rappresentata Maria che pose fine al peccato e fu sorgente di ogni virtù » Questo stesso effetto che produsse nel mondo la nascita di Maria, lo produce in un' anima il risveglio della devozione verso di lei: la notte del peccato svanisce e l'anima cammina nella via delle virtù. Perciò san Germano dice a Maria: «O Madre di Dio, la tua difesa è immortale; la tua intercessione è la vita». In un altro sermone il santo dice che il nome di Maria, per chi lo pronunzia con amore, è segno di vita o di un prossimo ritorno alla vita. Maria stessa ha proclamato: « D'ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata » (Lc 1,48). « Sì, mia Signora, le dice san Bernardo, tutte le generazioni ti chiameranno beata, poiché tutti gli uomini, tutti i tuoi servi ottengono per mezzo tuo la vita della grazia e la gloria eterna. In te i peccatori trovano il perdono e i giusti la perseveranza e la vita eterna ». « Non diffidare, o peccatore, esclama il pio Bernardino da Busto, anche se tu avessi commesso tutti i peccati. Ricorri senza timore a questa gloriosa Signora, poiché la troverai con le mani piene di misericordia. Maria desidera farti del bene ed elargirti la sua grazia più di quanto tu desideri riceverla». Sant'Andrea di Creta ci mostra in Maria «la cauzione e il pegno delle divine riconciliazioni», del perdono divino. Questo significa che quando i peccatori ricorrono a Maria per essere riconciliati con Dio, Dio promette, anzi garantisce loro il suo perdono dandone un pegno. Questo pegno è appunto Maria, che egli ci ha dato per avvocata: grazie alla sua intercessione, in virtù dei meriti di Gesù Cristo, Dio perdona tutti i peccatori che a lei ricorrono. Santa Brigida conobbe per mezzo di un angelo la gioia che procurava ai santi profeti la visione anticipata di questo intervento di Maria. « Esultavano, diceva l'angelo alla santa Vergine, sapendo che la tua umiltà e la purezza della tua vita, o Maria, stella radiosa, avrebbero placato il Signore e che egli avrebbe ricevuto nella sua grazia quelli che avevano provocato la sua collera». Nessun peccatore deve mai temere di essere scacciato da Maria quando ricorre alla sua pietà. No, poiché ella è madre di misericordia e come tale desidera salvare i più miserabili. Maria è, dice san Bernardo, quell'arca felice dove chi si rifugia eviterà il naufragio dell'eterna perdizione. Nell'arca di Noè, al tempo del diluvio, furono salvati anche gli animali; sotto il manto di Maria si salvano anche i peccatori. Un giorno a santa Geltrude apparve Maria sotto il cui manto stavano rifugiate molte fiere, leoni, orsi, tigri; Maria non solo non li cacciava, ma li accoglieva e li accarezzava con grande pietà. La santa comprese così che anche i più grandi peccatori, quando ricorrono a Maria, non sono scacciati, ma accolti e salvati dalla morte eterna. Entriamo dunque in quest'arca, andiamo a rifugiarci sotto il manto di Maria: certamente ella non ci caccerà e sicuramente ci salverà.

Esempio

Il padre Bovio racconta che una donna di malaffare, chiamata Elena, entrata in una chiesa, udì per caso una predica sul rosario. Uscì e ne comprò uno, ma lo portava nascosto per non farlo vedere. Cominciò poi a recitarlo, ma dapprima senza devozione. La santa Vergine le fece tuttavia gustare tali consolazioni e tali dolcezze in questa pratica, che non si stancava mai di dire il rosario. Così arrivò a concepire un tale orrore per la sua cattiva condotta che, non trovando pace, fu come costretta ad andare a confessarsi, e lo fece con tale contrizione, che il confessore ne fu stupito. Fatta la confessione, andò a inginocchiarsi davanti a un altare di Maria per ringraziare la sua avvocata e, mentre recitava il rosario, udì la voce della divina Madre che da quell'immagine le diceva: « Elena, hai molto offeso Dio e me. Da oggi in poi cambia vita e ti concederò in abbondanza la mia grazia ». Tutta confusa, la povera peccatrice rispose: « Vergine santa, è vero che finora sono stata una sciagurata, ma tu che tutto puoi, aiutami. Io mi dono a te e voglio impiegare il resto dei miei giorni a far penitenza dei miei peccati ». Aiutata da Maria, Elena distribuì tutti i suoi averi ai poveri e si diede a una vita di rigorosa penitenza. Era tormentata da terribili tentazioni, ma si raccomandava incessantemente alla Madre di Dio e così ne usciva sempre vittoriosa. Arrivò ad avere molte grazie anche soprannaturali, visioni, rivelazioni, profezie. Infine, dopo averla avvertita qualche giorno prima della sua morte ormai prossima, la Vergine con suo Figlio venne a visitarla e, quando la peccatrice morì, fu vista la sua anima volare verso il cielo in forma di bellissima colomba.

Preghiera

Ecco, o Madre del mio Dio, mia unica speranza, Maria, ecco ai tuoi piedi un misero peccatore che ti chiede pietà. Tutta la Chiesa e tutti i fedeli ti proclamano e ti chiamano il rifugio dei peccatori. Tu sei dunque il mio rifugio, tu mi devi salvare. «Tu sai, o dolce Madre di Dio, quanto la nostra salvezza è cara al Figlio tuo benedetto». Tu sai quel che Gesù Cristo patì per salvarmi. Io ti presento, o madre mia, i patimenti di Gesù: il freddo che soffrì nella stalla, i passi del viaggio in Egitto, le sue fatiche, i suoi sudori, il sangue che sparse, il dolore che lo fece morire davanti ai tuoi occhi sulla croce. Mostra che ami tuo Figlio, perché per amore suo ti prego di aiutarmi. Tendimi la mano. Sono caduto, ti chiedo pietà. Se io fossi santo, non ti chiederei misericordia, ma poiché sono peccatore, ricorro a te che sei la madre delle misericordie. Io so che il tuo cuore pietoso trova consolazione nel soccorrere i più miserabili quando la loro ostinazione non ti impedisce di aiutarli. Consola oggi dunque il tuo cuore pietoso e consola me: hai l'occasione di salvarmi, perché io sono un povero condannato all'inferno e, siccome non voglio essere ostinato, tu puoi aiutarmi. Mi metto nelle tue mani: dimmi che cosa devo fare e ottienimi la forza di realizzarlo, mentre io mi propongo di fare tutto quello che posso per riacquistare la grazia divina. Io mi rifugio sotto il tuo manto. Gesù vuole che io ricorra a te affinché, per la gloria tua e sua, poiché sei sua madre, non solo il suo sangue, ma anche le tue preghiere mi aiutino a salvarmi. Egli mi manda a te perché tu mi soccorra. O Maria, eccomi; a te ricorro e in te confido. Tu preghi per tanti altri; dì una parola anche per me. Dì a Dio che vuoi la mia salvezza e certamente egli mi salverà. Digli che sono tuo e non ti chiedo altro.

2. Maria è anche la nostra vita, perché ci ottiene la perseveranza

La perseveranza finale è un dono divino così grande che, come ha dichiarato il Concilio di Trento, è un dono interamente gratuito che noi non possiamo meritare. Ma, come insegna sant'Agostino, ottengono da Dio la perseveranza tutti quelli che gliela chiedono e, aggiunge il padre Suarez, l'ottengono infallibilmente, purché fino alla fine della vita continuino a chiederla. San Roberto Bellarmino scrive infatti che questa perseveranza « deve essere implorata ogni giorno, per essere ottenuta ogni giorno». Se è vero - come io ritengo certo, secondo la dottrina oggi comune e come dimostreremo nel capitolo V - se è vero che tutte le grazie che Dio ci dispensa passano attraverso le mani di Maria, sarà anche vero che solo per mezzo di Maria potremo sperare e ottenere la grazia suprema della perseveranza. E certamente la otterremo, se la chiederemo sempre a Maria con fiducia. Ella stessa promette questa grazia a tutti coloro che la servono fedelmente in questa vita, secondo queste parole che la santa Chiesa mette sulle sue labbra: « Quelli che operano per me, non peccheranno; quelli che mi mettono in luce, avranno la vita eterna » (Eccli [= Sir] 24,30-31 Volg.). Perché la vita della grazia divina non si spenga in noi, ci è necessaria la forza spirituale nel resistere a tutti i nemici della nostra salvezza. Questa forza si ottiene solo per mezzo di Maria: « Mia è la forza; per me regnano i re» (Pro 8,14-15). Mia è questa forza, dice Maria; Dio ha posto nelle mie mani questo dono affinché io lo dispensi ai miei devoti. Per mezzo mio i miei servi regnano e dominano sui loro sensi e le loro passioni e così diventano degni di regnare eternamente in cielo. Quale forza hanno i servi di questa grande regina per vincere tutte le tentazioni dell'inferno! Maria è quella torre di cui è detto nel Cantico dei cantici: « Come la torre di Davide è il tuo collo, fabbricato con baluardi: mille scudi vi sono appesi, tutta l'armatura dei forti » (Ct 4,4). Per quelli che la amano e che a lei ricorrono nelle battaglie, Maria è come una torre possente cinta di difese; in lei i suoi devoti trovano scudi e armi di ogni sorta per difendersi dall'inferno. Perciò la santa Vergine è paragonata al platano: « Come platano m'innalzai presso l'acqua nelle piazze » (Eccli [= Sir] 24,19 Volg.). Il cardinale Ugo di San Caro spiega che « il platano ha le foglie simili agli scudi » e simboleggia così la protezione che Maria assicura a quelli che si rifugiano presso di lei. Il beato Amedeo dà un'altra spiegazione: come il platano con l'ombra dei suoi rami offre ai viandanti un riparo dal caldo del sole e dalle piogge, così Maria « stende la sua ombra propizia » su tutti quelli che lo vogliono e « li difende dagli ardori » delle loro passioni « e dalle tempeste » delle tentazioni. Infelici quelle anime che si allontanano da questa difesa e tralasciano di essere devote a Maria e di raccomandarsi a lei nei momenti difficili! Se nel mondo, dice san Bernardo, non nascesse il sole, che diverrebbe il mondo se non un caos di tenebre e di orrore? «Togli il sole: non c’è più il giorno. Togli Maria, che cosa resterà se non le tenebre?» Se un'anima perde la devozione a Maria, resterà subito piena di tenebre, di quelle tenebre di cui lo Spirito Santo dice: « Tu poni le tenebre perché segua la notte, in essa vagolano tutte le fiere della selva » (Sal 103,20). Quando in un'anima non splende la luce divina e si fa notte, essa diventerà covile di tutti i peccati e dei demoni. « Guai, dice sant'Anselmo, guai a coloro che disprezzano la luce di questo sole », cioè disprezzano la devozione a Maria! San Francesco Borgia temeva con ragione per la perseveranza di quelli in cui non trovava una speciale devozione verso la santa Vergine. Una volta chiese ad alcuni novizi per quale santo avessero maggiore devozione e notò che alcuni non avevano questa speciale devozione a Maria. Avvertì il maestro dei novizi di sorvegliare quei poveri giovani i quali persero tutti miseramente la vocazione e abbandonarono lo stato religioso. Aveva dunque ragione san Germano quando chiamava la santa Vergine « il respiro dei cristiani », perché come il corpo non può vivere senza respirare, così l'anima non potrà vivere senza ricorrere e raccomandarsi a Maria, per mezzo della quale si acquista e si conserva in noi la vita della grazia divina. « Il respiro non solo è un segno di vita, ma fa vivere. Così il nome di Maria, quando ritorna continuamente sulle labbra, è un segno certo che l'anima è viva; e questa vita, esso la produce, la conserva, le fornisce incessantemente l'alimento opportuno» beato Alano, assalito un giorno da una forte tentazione, fu sul punto di perdersi per non essersi raccomandato a Maria. La santa Vergine gli apparve e volendo metterlo in guardia per un'altra volta, gli diede uno schiaffo dicendogli: «Se ti fossi raccomandato a me, non ti saresti trovato in questo pericolo». Al contrario, «felice l'uomo che mi ascolta, dice Maria, vegliando alle mie porte ogni giorno, custodendone i battenti» (Pro 8,34): beato chi sente la mia voce e perciò è attento a venire continuamente alle porte della mia misericordia per chiedermi luce e soccorso. Maria si farà premura di ottenere luce e forza a questo suo devoto per distoglierlo dai vizi e farlo camminare nella via della virtù. E quel che Innocenzo III esprime mirabilmente chiamando Maria « luna nella notte, aurora all'alba, sole durante il giorno ». Luna per chi sta cieco nella notte del peccato, per illuminarlo a conoscere il miserabile stato di dannazione in cui si trova; aurora, cioè foriera del sole a chi è già illuminato, per farlo uscire dal peccato e rientrare nella grazia divina; sole infine per chi sta già in grazia, affinché non ricada in qualche precipizio. I dottori applicano a Maria queste parole dell'Ecclesiastico: « Le sue catene sono fasce salutari » (Eccli [= Sir] 6,31 Volg.). « Perché catene? domanda san Lorenzo Giustiniani, se non perché Maria lega i suoi servi affinché non si perdano per i sentieri del vizio». San Bonaventura interpreta nello stesso senso questo testo della Scrittura applicato a Maria nel suo ufficio: « Nella moltitudine dei santi è la mia dimora » (Eccli [= Sir] 24,16 Volg.). « Non solo, dice egli, Maria è collocata nella moltitudine dei santi, ma conserva ai santi la pienezza della loro santità e la mantiene integra. Conserva le loro virtù perché non si perdano; trattiene i demoni affinché non facciano danno ». Si dice che i devoti di Maria sono coperti di una doppia veste: « Tutti i suoi di casa hanno doppia veste » (Pro 31,21). Cornelio a Lapide spiega: « Doppia veste, poiché Maria adorna i suoi fedeli servi delle virtù di Gesù Cristo e delle proprie». Così vestiti, essi conservano la santa perseveranza. Perciò san Filippo Neri ammoniva sempre i suoi penitenti e diceva loro: « Figli, se desiderate la perseveranza, siate devoti alla Madonna ». Allo stesso modo il venerabile fratello Giovanni Berchmans della Compagnia di Gesù diceva: « Chi ama Maria, avrà la perseveranza». A questo proposito l'abate Ruperto fa una bella riflessione sulla parabola del figlio prodigo. « Se il figlio scapestrato avesse avuto ancora sua madre, o non avrebbe mai lasciato la casa paterna o sarebbe tornato molto più presto». Vale a dire: chi è figlio di Maria, o non si allontana mai da Dio, o se per disgrazia ciò accade, ritorna subito, per mezzo di Maria. Se tutti gli uomini amassero questa clemente e amorevole regina e nelle tentazioni ricorressero sempre e subito a lei, chi mai cadrebbe? chi mai si perderebbe? Cade e si perde chi non ricorre a Maria. Applicando alla Vergine queste parole dell'Ecclesiastico: « Sui flutti del mare passeggiai » (Eccli [= Sir] 24,8 Volg.), san Lorenzo Giustiniani le fa dire: « Io cammino insieme con i miei servi in mezzo alle tempeste in cui si trovano, per assisterli e liberarli dal precipitare nei peccati». Bernardino da Busto racconta che un uccello, ammaestrato a dire « Ave Maria », stava per essere afferrato da uno sparviero: l'uccello disse « Ave Maria » e lo sparviero cadde morto. Signore volle così farci capire che se un uccello privo d'intelligenza si è salvato con l'invocare Maria, quanto più eviterà di cadere nelle mani dei demoni chi, in tutte le sue tentazioni, avrà cura d'invocarla. Dunque, dice san Tommaso da Villanova, quando i demoni vengono a tentarci, « come i pulcini, appena vedono apparire un nibbio, corrono a rifugiarsi sotto le ali della madre, così noi », subito, senza indugiare nella tentazione, « andiamo a nasconderci sotto il manto di Maria» «Signora e madre nostra, continua il santo, tu devi difenderci perché, dopo Dio, non conosciamo altro rifugio se non te che sei l'unica speranza nostra e la sola protettrice in cui confidiamo». Concludiamo dunque con le parole di san Bernardo: « Uomo, chiunque tu sia, hai capito che in questa vita, più che camminare sulla terra, vai ondeggiando fra i pericoli e le tempeste. Se non vuoi restare sommerso, non distogliere gli occhi dallo splendore di questa stella. Guarda la stella, chiama Maria. Nei pericoli » di peccare, « nelle angosce » delle tentazioni, « nei dubbi » su ciò che devi risolvere, « pensa a Maria » che ti può aiutare, « invoca Maria » che subito ti soccorra. « Il suo nome potente non lasci la tua bocca » che l'invoca, « non esca dal tuo cuore» fiducioso. « Se segui Maria, non ti smarrirai. Se ti raccomanderai a lei, non dispererai. Se ti sostiene, non cadrai. Se ti protegge, non puoi temere di perderti. Se ti guida, senza fatica ti salverai. Se ti difende, certamente giungerai al regno dei beati. Fa' così e vivrai ».

Esempio

È celebre la storia di santa Maria Egiziaca che si legge nel primo libro delle Vite dei padri. A dodici anni, la giovinetta fuggi dalla casa paterna e si recò ad Alessandria, dove per la sua condotta scostumata divenne lo scandalo di quella città. Dopo sedici anni di vita peccaminosa, si trovò a Gerusalemme mentre vi si celebrava la festa della Santa Croce. Più per curiosità che per devozione, si accinse a entrare anche lei nella chiesa. Ma al momento di varcare la soglia, sentì una forza invisibile che la respingeva. Tentò di nuovo di entrare, ma fu ancora respinta e così pure la terza e la quarta volta. Si ritirò allora in un angolo dell'atrio dove, illuminata dal Signore, capì che per la sua vita sciagurata veniva rigettata anche dalla casa di Dio. Per sua fortuna, alzò gli occhi e vide un'immagine dipinta di Maria. A lei si volse piangendo e le disse: « O Madre di Dio, abbi pietà di questa povera peccatrice. Lo riconosco, per i miei peccati non merito che tu mi guardi, ma tu sei il rifugio dei peccatori; per amore di Gesù tuo Figlio aiutami, fammi entrare in chiesa. Io voglio cambiare vita e andare a far penitenza dove tu mi indicherai ». Udì allora una voce interiore, come se le avesse risposto la santa Vergine: « Ebbene, poiché sei ricorsa a me e vuoi cambiare vita, entra nella chiesa: la porta non sarà più chiusa per te ». La peccatrice entra, adora la croce e piange. Ritorna davanti all'immagine e dice: « Signora, eccomi pronta: dove vuoi che io mi ritiri a far penitenza? ». « Va', risponde la Vergine, passa il Giordano e troverai il luogo del tuo riposo ». La donna si confessa, si comunica, passa il fiume, arriva nel deserto e capisce che è questo il luogo della sua penitenza. Nei primi diciassette anni che la santa passò nel deserto subì assalti di ogni genere da parte dei demoni che volevano farla cadere di nuovo in peccato. Allora si raccomandava a Maria e Maria le ottenne la forza di resistere durante tutti quei diciassette anni, dopo i quali cessarono le battaglie. Infine, dopo cinquantasette anni di questa vita nel deserto, all'età di ottanta-sette anni, la divina Provvidenza volle che incontrasse l'abate san Zosimo. Gli raccontò tutta la sua vita e lo pregò di tornare l'anno seguente e di portarle la santa comunione. Egli tornò e la comunicò. Secondo il desiderio che la santa gli aveva espresso, Zosimo tornò di nuovo, ma questa volta la trovò morta. Il suo corpo era circondato di luce e vicino alla testa erano scritte queste parole: « Seppellisci in questo luogo me, misera peccatrice, e prega Dio per me ». Zosimo la seppellì, con l'aiuto di un leone che venne a scavare la fossa e, ritornato nel suo monastero, raccontò le meraviglie della divina misericordia in favore di questa felice penitente.

Preghiera

O Madre di pietà, Vergine santa, ecco ai tuoi piedi il traditore che ricambiando con l'ingratitudine le grazie ricevute da Dio per mezzo tuo, ha tradito te e Dio. Ma sappi, Signora, che la mia miseria non diminuisce, anzi accresce la mia fiducia in te, perché vedo che aumenta la tua compassione verso di me. Mostra, o Maria, che sei per me la stessa che sei per tutti quelli che ti invocano: piena di generosità e di misericordia. Mi basta solo che tu mi guardi e mi compatisca. Se il tuo cuore mi compatisce, non potrà mancare di proteggermi e se tu mi proteggi, di che posso aver timore? No, non temo niente: né i miei peccati, perché tu puoi rimediare al danno fatto; né i demoni, perché tu sei più potente dell'inferno; né tuo Figlio, giustamente sdegnato con me, perché una tua parola basterà a placarlo. Temo solo che per colpa mia io tralasci di raccomandarmi a te nelle mie tentazioni e così mi perda. Ma questo oggi ti prometto: voglio sempre ricorrere a te. Aiutami a farlo. Considera la bella occasione che hai di soddisfare il tuo desiderio di soccorrere un miserabile quale sono io. O Madre di Dio, io ho una grande fiducia in te. Da te aspetto la grazia di piangere come dovrei i miei peccati e da te spero di ottenere la forza per non ricadervi più. Se io sono malato, tu mi puoi guarire, o celeste guaritrice. Se le mie colpe mi hanno reso debole, il tuo aiuto mi renderà forte. Maria, tutto io spero da te, perché tutto tu puoi presso Dio. Amen.

3. «Dulcedo ». Maria rende dolce la morte ai suoi devoti

«Chi è amico ama sempre e il fratello si sperimenta nelle avversità » (Pro 17,17). I veri amici e i veri parenti non si conoscono nel tempo della prosperità, ma nei giorni di angustie e di miserie. Gli amici secondo il mondo restano fedeli all'amico finché è nella prosperità, ma le disgrazie, e soprattutto la morte, li fanno fuggire. Maria invece non fa così con i suoi devoti. Nelle loro angustie e specialmente in quelle della morte, le maggiori che si possano avere sulla terra, la buona Madre non abbandona i suoi servi fedeli. Come ella è la nostra vita durante il nostro esilio, così è la nostra dolcezza nell'ora estrema, ottenendoci una morte dolce e beata. Sin da quel giorno in cui Maria ebbe la sorte e il dolore di assistere alla morte di suo figlio Gesù, capo dei predestinati, Maria acquistò il privilegio di assistere tutti i predestinati nella loro morte. Perciò la santa Chiesa ci fa implorare il soccorso della beata Vergine particolarmente per quando giungerà la nostra ultima ora: « Prega per noi peccatori, adesso e nell'ora della nostra morte ». Grandi sono le angustie dei poveri moribondi, sia per il rimorso dei peccati commessi, sia per il timore del giudizio ormai prossimo, sia per l'incertezza della salvezza eterna. Soprattutto in quel momento l'inferno si arma e mette in gioco tutte le sue forze per impadronirsi di quell'anima che sta per entrare nell'eternità. Esso sa che poco tempo gli resta e che se la perde allora, la perde per sempre: « Il diavolo a voi è disceso: un'ira veemente ha nel cuore, perché sa che breve è il suo tempo » (Ap 12,12). Perciò il demonio, che era solito tentare quest'anima durante la sua vita, non si contenta di essere solo a tentarla in punto di morte e chiama dei compagni ad aiutarlo: « Si riempiranno le loro case di dragoni » (Is 13,21). Quando qualcuno sta per morire, la sua casa si empie di demoni che si uniscono per cercare che si perda. Si racconta che diecimila demoni vennero a tentare sant'Andrea Avellino sul suo letto di morte. Leggiamo nella sua Vita che durante l'agonia dovette lottare così duramente con l'inferno, che tutti i buoni religiosi che lo assistevano tremavano di spavento. Videro la sua faccia, per effetto dell'agitazione, gonfiarsi e diventare tutta nera; tutte le sue membra tremavano in modo convulso; dai suoi occhi usciva un fiume di lacrime; la testa era scossa violentemente: segni dell'orribile battaglia che sosteneva contro l'inferno. Tutti piangevano per la compassione, raddoppiavano le preghiere e rabbrividivano vedendo un santo morire così. Una cosa li consolava: il moribondo volgeva spesso lo guardo verso un'immagine di Maria come per chiedere aiuto. Più volte, nel corso della sua vita, il santo aveva detto che nell'ora della sua morte Maria sarebbe stata il suo rifugio. Piacque finalmente a Dio che la lotta terminasse con una gloriosa vittoria. I movimenti convulsi del corpo cessarono, il volto sgonfiato riprese il suo colore; con gli occhi tranquillamente fissi sull'immagine della Vergine, il santo chinò devotamente il capo come per ringraziare Maria e si crede che ella gli sia allora apparsa. Poi, in una pace profonda esalò la sua anima benedetta tra le braccia di Maria in un'atmosfera paradisiaca. Nello stesso tempo una religiosa cappuccina agonizzante rivolgendosi alle suore che l'assistevano mormorò: « Dite l'Ave Maria, perché ora è morto un santo » Alla presenza della nostra regina fuggono i ribelli. Se nell'ora della morte avremo Maria per noi, che timore potremo avere di tutti i nemici dell'inferno? Spaventato al pensiero delle angosce della morte, Davide si riconfortava con la fiducia nella morte del futuro Redentore e nell'intercessione della Vergine Madre: « Quand'anche camminassi in mezzo alle ombre della morte... la tua verga e il tuo bastone mi confortano» (Sal 22,4). Il cardinale Ugo intende per il bastone la croce e per la verga l'intercessione di Maria, che fu la verga preconizzata da Isaia: « Una verga spunterà dal tronco di lesse, un fiore germoglierà dalle sue radici » (Is 11,1). La divina Madre, dice san Pier Damiani, « è quella potente verga con cui restano vinte le violenze dei nemici infernali». Sant'Antonino ci incoraggia dunque dicendo: « Se Maria è per noi, chi sarà contro di noi? ». Il padre Manuello Padial della Compagnia di Gesù era in punto di morte. Gli apparve Maria che gli disse per confortarlo: « Ecco, finalmente è giunta l'ora in cui gli angeli congratulandosi con te ti dicono: O felici fatiche, o mortificazioni così ben pagate! ». Nello stesso tempo si vide un esercito di demoni che fuggivano disperati gridando: « Ahimè, non possiamo nulla contro di lui perché colei che è senza macchia lo difende ». Allo stesso modo il padre Gaspare Hayevood, che all'avvicinarsi della morte i demoni tentavano violentemente contro la fede, si raccomandò subito alla santa Vergine e ben presto lo si sentì esclamare: « Ti ringrazio, Maria, di essere venuta in mio aiuto ». San Bonaventura mostra come Maria manda gli angeli in difesa dei suoi servi moribondi: « San Michele, il capo e il principe della milizia celeste, e con lui tutti gli angeli, messi da Dio a servizio degli eletti, eseguono i tuoi ordini, o Vergine regina: essi difendono quelli che notte e giorno si raccomandano alla tua protezione e raccolgono le loro anime all'uscire da questa vita ». « L'inferno di sotto si agita per te per venirti incontro al tuo arrivo, per te suscita i giganti » (Is 14,9). Questo testo di Isaia può essere applicato al turbamento che sconvolge l'inferno quando un'anima sta per lasciare il corpo: i demoni più terribili sono mandati a tentarla e poi ad accusarla quando deve essere presentata al tribunale di Gesù Cristo. Ma, dice Riccardo di san Lorenzo, « chi oserebbe accusare presso il giudice, vedendo la Madre intercedere?» Sanno bene i demoni che il Giudice non ha mai condannato né mai condannerà un'anima difesa dalla sua augusta Madre. San Girolamo scriveva alla vergine Eustochio che Maria non solo soccorre i suoi cari servi in punto di morte, ma viene loro incontro nel passaggio all' altra vita per incoraggiarli e accompagnarli al divino tribunale. E quel che la santa Vergine disse a santa Brigida parlando dei suoi devoti: « In quel momento io come carissima regina e madre andrò loro incontro nell'ora della morte, perché abbiano conforto e sollievo». San Vincenzo Ferreri aggiunge: « La beata Vergine accoglie le anime dei morenti ». L'amorevole regina riceve nel suo manto le loro anime, le presenta al giudice suo Figlio e in questo modo ottiene loro certamente la salvezza. Così avvenne a Carlo, figlio di santa Brigida. Svolgendo il pericoloso mestiere di soldato, egli morì lontano dalla madre, la quale temeva per la sua salvezza. Ma la santa Vergine le rivelò che Carlo era salvo, che ella stessa, per ricompensarlo della sua devozione, lo aveva assistito al momento della morte e gli aveva suggerito gli atti da fare in quell'istante supremo. Nello stesso tempo santa Brigida vide Gesù sul suo trono e udì il demonio portare due accuse contro la santa Vergine: la prima, di avergli impedito di tentare Carlo in punto di morte; la seconda, di avere presentato ella stessa al giudizio l'anima del giovane e di averla così salvata, senza dargli neppure il modo di far valere i suoi diritti su quell'anima. Sotto gli occhi della santa, il Giudice scacciò il demonio e l'anima di Carlo fu portata in cielo. Le sue catene sono fasce salutari: alla fine troverai riposo in lei» (Eccli [= Sir] 6,29.31 Volg.). Beato te, fratello, se al momento della morte ti troverai legato dalle dolci catene dell'amore alla Madre di Dio! Queste sono catene di salvezza che ti saranno garanzia della tua salvezza eterna e ti faranno godere nella morte quella beata pace che sarà principio della tua pace e del riposo eterno. Il padre Binetti riferisce che un devoto di Maria che egli assisteva al momento della sua morte, prima di spirare gli disse: « Padre mio, se sapessi quale contentezza si prova per aver cercato di servire la santa Madre di Dio! Io non saprei spiegare l'allegrezza che sento in questo momento». Il padre Suarez, essendo stato molto devoto a Maria - al punto di dire che avrebbe dato tutta la sua scienza in cambio del merito di una sola Ave Maria - sentiva sul suo letto di morte una tale allegrezza che diceva: « Non pensavo che fosse così dolce morire». La stessa contentezza e allegrezza sentirai senza dubbio anche tu, devoto lettore, se in punto di morte ti ricorderai di avere amato questa buona Madre, la quale non sa non essere fedele verso i suoi figli che sono stati fedeli nel servirla e onorarla con le visite, i rosari, i digiuni e soprattutto con il ringraziarla, lodarla e raccomandarsi spesso alla sua potente protezione. Non credere che per essere stato peccatore sarai privato di questa consolazione, se da oggi in poi cercherai di vivere virtuosamente e di servire questa grata e benevola sovrana. Nelle tue angosce e nelle tentazioni che ti susciterà il demonio per farti disperare, ella ti conforterà sino a venire ad assisterti nell'ora della tua morte. San Pier Damiani narra che suo fratello Marino, avendo offeso Dio, andò davanti a un altare di Maria per consacrarsi suo schiavo. Si pose la cinta intorno al collo in segno di schiavitù e disse: « Mia Signora, specchio di purezza, io povero peccatore ho offeso Dio e te, violando la castità. La mia unica risorsa è di offrirmi come tuo schiavo. Eccomi, mi consacro oggi tuo servo; ricevi questo ribelle, non mi respingere ». Poi depose sulla predella dell'altare una somma di denaro, promettendo di pagarla ogni anno in segno di tributo della sua servitù a Maria. Dopo un certo tempo Marino cadde mortalmente ammalato e un mattino lo si udì esclamare: « Alzatevi, alzatevi, riverite la mia Signora. Che grazia è questa, o regina del cielo, che tu ti degni di visitare questo povero servo? Benedicimi, Signora, e non permettere che io mi perda, dopo che mi hai onorato della tua presenza ». Essendo sopraggiunto suo fratello Pietro, Marino gli raccontò la venuta di Maria che lo aveva benedetto, ma si lamentò che quelli che lo assistevano non si erano alzati alla presenza della Vergine. Poco dopo se ne andò placidamente al Signore. Tale sarà anche la tua morte, lettore, se sarai fedele a Maria, pur se in passato avrai offeso Dio: la Vergine ti otterrà una morte dolce e serena. Se però il ricordo dei peccati commessi ti spaventerà allora in maniera eccessiva facendoti mancare di fiducia, Maria verrà a confortarti, come fece per Adolfo, conte di Alsazia. Questi, come si narra nelle Cronache, lasciò le vanità del mondo per entrare nell'ordine di san Francesco e fu molto devoto alla Madre di Dio. All'avvicinarsi della sua ultima ora, pensando alla vita che aveva menato nel mondo, alle responsabilità della carica che aveva ricoperto e al rigore del giudizio divino, cominciò a temere la morte, preso da dubbi riguardo alla sua salvezza eterna. Ecco che allora Maria - la quale non dorme quando i suoi devoti sono nell' afflizione - accorre accompagnata da molti santi e incoraggia il moribondo con queste tenere parole: « Adolfo mio carissimo, tu sei mio, a me ti sei dato, perché temi di morire? ». A queste parole il servo di Maria si rincuorò, ogni timore sparì ed egli morì rasserenato, in una grande pace. Facciamoci animo anche noi, benché peccatori; confidiamo che Maria verrà ad assisterci al momento della morte e a consolarci con la sua presenza, se noi la serviamo con amore nel tempo che ci resta da passare su questa terra. Parlando un giorno a santa Metilde, la nostra regina promise: « Tutti quelli che mi servono piamente voglio, con la mia tenerezza di madre, assisterli fedelmente al momento della morte, consolarli e proteggerli». Dio, quale consolazione sarà in quegli ultimi istanti della nostra vita, quando dovrà essere trattata la causa della nostra vita eterna, vedere vicina a noi la regina del cielo che ci assiste e ci consola promettendoci la sua protezione! Di questi esempi dell'assistenza data da Maria ai suoi servi moribondi, oltre quelli già citati, ve ne sono innumerevoli altri riportati nei libri. Questa grazia fu concessa a santa Chiara, a san Felice da Cantalice, alla beata Chiara di Montefalco, a santa Teresa, a san Pietro d'Alcantara. Per nostra comune consolazione, aggiungiamo ancora qualche altro cenno. Il padre Crasset narra che santa Maria Ognacense vide la santa Vergine al capezzale di una devota vedova di Villembroe, la quale soffriva molto per l'ardore della febbre; Maria le stava accanto consolandola e la rinfrescava con un ventaglio. San Giovanni di Dio in punto di morte aspettava la visita di Maria a cui era molto devoto. Non vedendola comparire, si rattristava e forse anche se ne lagnava. Quando giunse il momento, gli apparve la divina Madre che, quasi rimproverandogli la sua poca fiducia, gli disse queste tenere parole, così consolanti per tutti i servi di Maria: « Giovanni mio, che pensavi? Che io ti avessi abbandonato? Non sai che non è mia abitudine abbandonare nell'ora della morte i miei devoti? Non sono venuta prima perché non era ancora venuta l'ora, ma adesso che è giunta, sono venuta a prenderti; andiamo in paradiso». Poco dopo il santo spirò e volò in cielo a ringraziare per sempre la sua amorevole regina.

Esempio

Terminiamo il discorso con quest'altro esempio, in cui si vede dove arriva la tenerezza di questa buona Madre verso i suoi figli al momento della loro morte. Il parroco di un paese era stato chiamato al capezzale di un ricco che stava morendo in una casa magnificamente addobbata, assistito da servi, parenti e amici. Ma vide i diavoli in forma di cani pronti a prendersi quella povera anima, come infatti la presero, poiché il ricco morì in peccato. In quel mentre il parroco fu mandato a chiamare da una povera donna che era in fin di vita e desiderava ricevere i santi sacramenti. Non potendo lasciare quel ricco che aveva tanto bisogno della sua assistenza, egli vi mandò un altro sacerdote. Questi prese la pisside col SS. Sacramento e andò. Arrivato nella stanza di quella brava donna, non vede né servi, né amici premurosi, né mobili preziosi, perché l'inferma era povera e forse stava coricata sopra un po' di paglia. Ma in quella stanza vede una gran luce e vicino al letto della moribonda scorge la Madre di Dio che la consolava e con un pannolino in mano le asciugava il sudore dell'agonia. A questa vista, il sacerdote non aveva il coraggio di entrare, ma la Vergine gli fece cenno di avvicinarsi. Egli entrò e Maria gli prese uno sgabello per farlo sedere ad ascoltare la confessione della sua serva. Poi la moribonda si comunicò con grande devozione e infine esalò dolcemente l'anima nelle mani di Maria.

Preghiera

O dolce Madre mia, quale sarà la morte di me povero peccatore? Sin da ora, pensando a quel grande momento in cui dovrò spirare e comparire davanti al tribunale divino, ricordandomi di avere io stesso consentito tante volte a scrivere la sentenza della mia condanna con i miei peccati, tremo, mi confondo e temo grandemente per la mia salvezza eterna. O Maria, tutta la mia speranza è riposta nel sangue di Gesù e nella tua intercessione. Tu sei la regina del cielo, la sovrana dell'universo, sei la Madre di Dio, che dire di più? Tu sei grande, ma la tua grandezza non ti allontana, anzi ti spinge a una maggiore compassione delle nostre miserie. Gli amici secondo il mondo, quando sono innalzati a qualche dignità, si allontanano dai loro vecchi amici rimasti in una condizione inferiore e non si degnano nemmeno più di guardarli. Il tuo nobile e amorevole cuore non fa così: dove scorge maggiori miserie, più si dà da fare per portare aiuto. Quando sei invocata, subito ci soccorri, anzi previeni con le tue grazie le nostre preghiere. Ci consoli nelle nostre afflizioni, disperdi le tempeste, abbatti i nemici, non tralasci nessuna occasione di procurare il nostro bene. Sia sempre benedetta quella mano divina che ha unito in te tanta maesta e tanta tenerezza, tanta grandezza e tanto amore. Ne ringrazio sempre il mio Signore e me ne rallegro per me stesso, poiché nella tua felicità ripongo la mia e ascrivo a sorte mia la sorte tua. O consolatrice degli afflitti, consola un afflitto che a te si raccomanda. Mi sento afflitto dai rimorsi della coscienza su cui pesano tanti peccati, non so se li ho pianti come dovevo. Vedo tutte le mie opere piene di brutture e di difetti. L'inferno sta aspettando la mia morte per accusarmi; la divina giustizia offesa esige soddisfazione. Madre mia, che ne sarà di me? Se tu non mi aiuti, io sono perduto. Che dici? vuoi aiutarmi? O Vergine pietosa, consolami; ottienimi un vero dolore dei miei peccati; ottienimi la forza di correggermi e di essere fedele a Dio in questo tempo che mi resta da vivere. Quando poi mi troverò nelle supreme angosce della morte, Maria speranza mia, non mi abbandonare; allora più che mai assistimi e confortami a non disperare alla vista delle mie colpe, che il demonio mi metterà sotto gli occhi. Signora, perdona il mio ardire, vieni tu stessa allora a consolarmi con la tua presenza. Questa grazia l'hai fatta a tanti; la voglio anch'io. Se il mio ardire è grande, più grande è la tua bontà, che va in cerca dei più miserabili per consolarli. In essa confido. Sia eterna gloria tua l'aver salvato dall'inferno un misero dannato e averlo condotto nel tuo regno, dove poi spero di consolarmi stando sempre ai tuoi piedi a ringraziarti, a benedirti e amarti in eterno. O Maria, ti aspetto, non mi privare di questa consolazione. Fiat, fiat; amen, amen.


San Quirino - Pordenone, 23 luglio 1987. Dopo la recita del Santo Rosario. Le famiglie a Me consacrate.

Don Stefano Gobbi

«Come sono consolata da questa giornata passata in preghiera, in una semplice e cordiale fraternità, con questa famiglia a Me consacrata e che mi appartiene! Ora voglio darvi la mia parola consolatrice, che sia per voi di conforto in mezzo alle quotidiane difficoltà della vostra esistenza. Io vi amo, sono presente fra voi, vi parlo e vi conduco, perché siete gli strumenti del mio materno Volere. Io guardo con amore le famiglie a Me consacrate. In questi tempi, Io raccolgo le famiglie e le introduco nel profondo del mio Cuore Immacolato, perché possano trovare rifugio e sicurezza, conforto e difesa. Come amo essere invocata Mamma e Regina dei miei Sacerdoti, così amo essere invocata anche Mamma e Regina delle famiglie a Me consacrate.

Io sono la Mamma e la Regina delle famiglie. Vigilo sulla loro vita, mi prendo a cuore i loro problemi, mi interesso non solo del benespirituale, ma anche di quello materiale di tutti i loro componenti. Quando voi consacrate una famiglia al mio Cuore Immacolato, è come se apriate la porta di casa alla vostra Mamma Celeste, la invitiate ad entrare, Le diate spazio affinché Lei possa esercitare la sua funzione materna in una maniera sempre più forte. Ecco perché voglio che tutte le famiglie cristiane si consacrino al mio Cuore Immacolato. Domando che mi si aprano le porte di tutte le case, perché Io possa entrare e porre la mia materna dimora fra voi. Allora Io entro come vostra Mamma, dimoro con voi e partecipo a tutta la vostra vita.

Anzitutto mi prendo cura della vostra vita spirituale. Io cerco di portare le anime di coloro che compongono la famiglia a vivere sempre nella Grazia di Dio. Dove Io entro, esce il peccato; dove Io dimoro, sono sempre presenti la Grazia e la Luce divina; dove Io abito, con Me abitano la purezza e la santità. Ecco perché il mio primo compito materno è quello di fare vivere in Grazia i componenti di una famiglia e di farli crescere nella vita di santità, attraverso l'esercizio di tutte le virtù cristiane. E poiché il sacramento del matrimonio vi dà una grazia particolare per farvi crescere insieme, mio compito è quello di cementare profondamente l'unità di una famiglia, di portare marito e moglie ad una sempre più profonda e spirituale comunione, di perfezionare il loro amore umano, renderlo più perfetto, portarlo dentro il Cuore di Gesù, perché possa assumere la forma nuova di una maggiore perfezione, che si esprime in pura e soprannaturale Carità. Io rafforzo sempre più l'unione nelle famiglie, le porto ad una maggiore e reciproca comprensione, faccio sentire le nuove esigenze di una più delicata e profonda comunione. Conduco i loro componenti sul cammino della santità e della gioia, che deve essere costruito e percorso insieme, perché possano giungere alla perfezione dell'amore e godere così del dono prezioso della pace. Così Io formo le anime dei miei figli e, attraverso la via della famiglia, le conduco al vertice della santità.

Voglio entrare nelle famiglie per farvi santi, per portarvi alla perfezione dell'amore, per restare con voi, per rendere più feconda e forte la vostra familiare unità. Poi mi prendo anche cura del bene materiale delle famiglie a Me consacrate. Il bene più prezioso di una famiglia sono i figli. I figli sono segno di una particolare predilezione di Gesù e mia. I figli devono essere desiderati, accolti, coltivati come le gemme più preziose di una familiare proprietà. Quando entro in una famiglia, Io mi prendo subito cura dei figli, essi diventano anche miei. Li prendo per mano, li conduco a percorrere la strada dell'attuazione di un disegno di Dio, che su ciascuno dall'eternità è già stato chiaramente delineato; li amo, non li abbandono mai, diventano parte preziosa della mia proprietà materna. Mi prendo particolarmente cura del vostro lavoro.

Io non vi lascio mai mancare la divina Provvidenza. Prendo le vostre mani e le apro al disegno che il Signore realizza ogni giorno, per mezzo della vostra umana collaborazione. Come la mia umile, fedele e quotidiana azione materna, nella piccola e povera casa di Nazareth, rendeva possibile il compimento del disegno del Padre, che si realizzava nella crescita umana del Figlio, chiamato a compiere l'opera della redenzione per la vostra salvezza, così Io chiamo anche voi ad assecondare il disegno del Padre, che si realizza con la vostra umana collaborazione e per mezzo del vostro quotidiano lavoro. Voi dovete fare la vostra parte, come il Padre Celeste fa la sua. La vostra azione si deve sposare a quella della divina Provvidenza, perché il lavoro possa produrre il suo frutto in quei beni che sono utili al sostentamento della vostra vita, all'arricchimento della stessa famiglia, così che i suoi componenti possano godere sempre di spirituale e materiale benessere. Poi vi aiuto a realizzare il disegno della volontà di Dio. Così rendo il lavoro spiritualmente più fecondo, perché Io faccio diventare fonte di meriti per voi e occasione di salvezza per tanti miei poveri figli perduti. Allora in voi l'azione si unisce all'amore, il lavoro alla preghiera, la fatica all'ardente sete di una sempre più grande carità.

Così, con la vostra collaborazione al volere del Padre, componete il capolavoro di una Provvidenza che, per mezzo di voi, si fa concreta e quotidiana. Non temete: dove Io entro, con Me è la sicurezza. Non vi mancherà mai nulla. Io rendo più perfetta la vostra attività; Io purifico il vostro stesso lavoro. Io partecipo anche a tutte le vostre preoccupazioni. So che oggi sono molte le preoccupazioni di una famiglia. Sono vostre e diventano mie. Condivido con voi le vostre sofferenze. Per questo, nei tempi tanto difficili della presente purificazione, Io sono presente nelle famiglie a Me consacrate, come Mamma preoccupata e addolorata, che realmente partecipa a tutto il vostro soffrire. Siate allora consolati. Questi sono, i miei tempi. «Questi», cioè i giorni che vivete, sono «miei», perché sono tempi segnati da una mia grande e forte presenza. Questi tempi diventeranno ancora più miei, quanto più la mia vittoria si allargherà e diventerà più forte, sulla vittoria che ora è del mio Avversario. Questa mia presenza diventerà tanto forte e straordinaria soprattutto nelle famiglie consacrate al mio Cuore Immacolato. Essa sarà avvertita da tutte e diventerà per voi fonte di una particolare consolazione.

Allora andate avanti nella fiducia, nella speranza, nel silenzio, nel vostro lavoro quotidiano, nella preghiera e nella umiltà. Andate avanti sempre più nella purezza e nella retta intenzione; con Me avanzate sulla difficile strada della pace del cuore e della pace nelle vostre famiglie. Se camminate tutti sulla via che vi ho tracciato, se ascoltate e praticate quanto oggi vi ho detto, le vostre famiglie saranno i primi germogli del mio trionfo: piccoli, nascosti, silenziosi germogli, che già spuntano in ogni parte della terra, quasi ad anticipare la nuova era ed i tempi nuovi, che ormai sono alle porte. Tutti vi incoraggio e vi benedico».