Sotto il Tuo Manto

Lunedi, 21 luglio 2025 - San Lorenzo da Brindisi (Letture di oggi)

Ma dove è carità , c'è pace, e dove c'è umiltà , c'è carità . (Sant'Agostino)

Liturgia delle Ore - Letture

Domenica della 5° settimana del tempo di Quaresima

Questa sezione contiene delle letture scelte a caso, provenienti dalle varie sezioni del sito (Sacra Bibbia e la sezione Biblioteca Cristiana), mentre l'ultimo tab Apparizioni, contiene messaggi di apparizioni a mistici o loro scritti. Sono presenti testi della Valtorta, Luisa Piccarreta, don Stefano Gobbi e testimonianze di apparizioni mariane riconosciute.

Vangelo secondo Matteo 15

1In quel tempo vennero a Gesù da Gerusalemme alcuni farisei e alcuni scribi e gli dissero:2"Perché i tuoi discepoli trasgrediscono la tradizione degli antichi? Poiché non si lavano le mani quando prendono cibo!".3Ed egli rispose loro: "Perché voi trasgredite il comandamento di Dio in nome della vostra tradizione?4Dio ha detto:

'Onora il padre e la madre'

e inoltre:

'Chi maledice il padre e la madre sia messo a morte.'

5Invece voi asserite: Chiunque dice al padre o alla madre: Ciò con cui ti dovrei aiutare è offerto a Dio,6non è più tenuto a onorare suo padre o sua madre. Così avete annullato la parola di Dio in nome della vostra tradizione.7Ipocriti! Bene ha profetato di voi Isaia, dicendo:

8'Questo popolo mi onora con le labbra
ma il suo cuore è lontano da me.'
9'Invano essi mi rendono culto,
insegnando dottrine che sono precetti di uomini'".

10Poi riunita la folla disse: "Ascoltate e intendete!11Non quello che entra nella bocca rende impuro l'uomo, ma quello che esce dalla bocca rende impuro l'uomo!".
12Allora i discepoli gli si accostarono per dirgli: "Sai che i farisei si sono scandalizzati nel sentire queste parole?".13Ed egli rispose: "Ogni pianta che non è stata piantata dal mio Padre celeste sarà sradicata.14Lasciateli! Sono ciechi e guide di ciechi. E quando un cieco guida un altro cieco, tutti e due cadranno in un fosso!".15Pietro allora gli disse: "Spiegaci questa parabola".16Ed egli rispose: "Anche voi siete ancora senza intelletto?17Non capite che tutto ciò che entra nella bocca, passa nel ventre e va a finire nella fogna?18Invece ciò che esce dalla bocca proviene dal cuore. Questo rende immondo l'uomo.19Dal cuore, infatti, provengono i propositi malvagi, gli omicidi, gli adultéri, le prostituzioni, i furti, le false testimonianze, le bestemmie.20Queste sono le cose che rendono immondo l'uomo, ma il mangiare senza lavarsi le mani non rende immondo l'uomo".

21Partito di là, Gesù si diresse verso le parti di Tiro e Sidone.22Ed ecco una donna Cananèa, che veniva da quelle regioni, si mise a gridare: "Pietà di me, Signore, figlio di Davide. Mia figlia è crudelmente tormentata da un demonio".23Ma egli non le rivolse neppure una parola.
Allora i discepoli gli si accostarono implorando: "Esaudiscila, vedi come ci grida dietro".24Ma egli rispose: "Non sono stato inviato che alle pecore perdute della casa di Israele".25Ma quella venne e si prostrò dinanzi a lui dicendo: "Signore, aiutami!".26Ed egli rispose: "Non è bene prendere il pane dei figli per gettarlo ai cagnolini".27"È vero, Signore, disse la donna, ma anche i cagnolini si cibano delle briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni".28Allora Gesù le replicò: "Donna, davvero grande è la tua fede! Ti sia fatto come desideri". E da quell'istante sua figlia fu guarita.

29Allontanatosi di là, Gesù giunse presso il mare di Galilea e, salito sul monte, si fermò là.30Attorno a lui si radunò molta folla recando con sé zoppi, storpi, ciechi, sordi e molti altri malati; li deposero ai suoi piedi, ed egli li guarì.31E la folla era piena di stupore nel vedere i muti che parlavano, gli storpi raddrizzati, gli zoppi che camminavano e i ciechi che vedevano. E glorificava il Dio di Israele.

32Allora Gesù chiamò a sé i discepoli e disse: "Sento compassione di questa folla: ormai da tre giorni mi vengono dietro e non hanno da mangiare. Non voglio rimandarli digiuni, perché non svengano lungo la strada".33E i discepoli gli dissero: "Dove potremo noi trovare in un deserto tanti pani da sfamare una folla così grande?".34Ma Gesù domandò: "Quanti pani avete?". Risposero: "Sette, e pochi pesciolini".35Dopo aver ordinato alla folla di sedersi per terra,36Gesù prese i sette pani e i pesci, rese grazie, li spezzò, li dava ai discepoli, e i discepoli li distribuivano alla folla.37Tutti mangiarono e furono saziati. Dei pezzi avanzati portarono via sette sporte piene.38Quelli che avevano mangiato erano quattromila uomini, senza contare le donne e i bambini.39Congedata la folla, Gesù salì sulla barca e andò nella regione di Magadàn.


Deuteronomio 1

1Queste sono le parole che Mosè rivolse a tutto Israele oltre il Giordano, nel deserto, nella valle dell'Araba, di fronte a Suf, tra Paran, Tofel, Laban, Cazerot e Di-Zaab.2Vi sono undici giornate dall'Oreb, per la via del monte Seir, fino a Kades-Barnea.3Nel quarantesimo anno, l'undicesimo mese, il primo giorno del mese, Mosè parlò agli Israeliti, secondo quanto il Signore gli aveva ordinato di dir loro.4Dopo aver sconfitto Sicon, re degli Amorrei, che abitava in Chesbon, e Og, re di Basan, che abitava in Astarot e in Edrei,5oltre il Giordano, nel paese di Moab, Mosè cominciò a spiegare questa legge:
6"Il Signore nostro Dio ci ha parlato sull'Oreb e ci ha detto: Avete dimorato abbastanza su questa montagna;7voltatevi, levate l'accampamento e andate verso le montagne degli Amorrei e in tutte le regioni vicine: la valle dell'Araba, le montagne, la Sefela, il Negheb, la costa del mare, nel paese dei Cananei e nel Libano, fino al grande fiume, il fiume Eufrate.8Ecco, io vi ho posto il paese dinanzi; entrate, prendete in possesso il paese che il Signore ha giurato di dare ai vostri padri, Abramo, Isacco e Giacobbe, e alla loro stirpe dopo di essi.
9In quel tempo io vi ho parlato e vi ho detto: Io non posso da solo sostenere il carico del popolo.10Il Signore vostro Dio vi ha moltiplicati ed ecco oggi siete numerosi come le stelle del cielo.11Il Signore, Dio dei vostri padri, vi aumenti anche mille volte di più e vi benedica come vi ha promesso di fare.12Ma come posso io da solo portare il vostro peso, il vostro carico e le vostre liti?13Sceglietevi nelle vostre tribù uomini saggi, intelligenti e stimati, e io li costituirò vostri capi.

14Voi mi rispondeste: Va bene ciò che proponi di fare.15Allora presi i capi delle vostre tribù, uomini saggi e stimati, e li stabilii sopra di voi come capi di migliaia, capi di centinaia, capi di cinquantine, capi di decine, e come scribi nelle vostre tribù.16In quel tempo diedi quest'ordine ai vostri giudici: Ascoltate le cause dei vostri fratelli e giudicate con giustizia le questioni che uno può avere con il fratello o con lo straniero che sta presso di lui.17Nei vostri giudizi non avrete riguardi personali, darete ascolto al piccolo come al grande; non temerete alcun uomo, poiché il giudizio appartiene a Dio; le cause troppo difficili per voi le presenterete a me e io le ascolterò.18In quel tempo io vi ordinai tutte le cose che dovevate fare.
19Poi partimmo dall'Oreb e attraversammo tutto quel deserto grande e spaventoso che avete visto, dirigendoci verso le montagne degli Amorrei, come il Signore nostro Dio ci aveva ordinato di fare, e giungemmo a Kades-Barnea.20Allora vi dissi: Siete arrivati presso la montagna degli Amorrei, che il Signore nostro Dio sta per darci.21Ecco il Signore tuo Dio ti ha posto il paese dinanzi; entra, prendine possesso, come il Signore Dio dei tuoi padri ti ha detto; non temere e non ti scoraggiare!22Voi vi accostaste a me tutti e diceste: Mandiamo uomini innanzi a noi, che esplorino il paese e ci riferiscano sul cammino per il quale noi dovremo salire e sulle città nelle quali dovremo entrare.23La proposta mi piacque e scelsi dodici uomini tra di voi, uno per tribù.24Quelli si incamminarono, salirono verso i monti, giunsero alla valle di Escol ed esplorarono il paese.25Presero con le mani i frutti del paese, ce li portarono e ci fecero questa relazione: È buono il paese che il Signore nostro Dio sta per darci.26Ma voi non voleste entrarvi e vi ribellaste all'ordine del Signore vostro Dio;27mormoraste nelle vostre tende e diceste: Il Signore ci odia, per questo ci ha fatti uscire dal paese d'Egitto per darci in mano agli Amorrei e per distruggerci.28Dove possiamo andare noi? I nostri fratelli ci hanno scoraggiati dicendo: Quella gente è più grande e più alta di noi; le città sono grandi e fortificate fino al cielo; abbiamo visto là perfino dei figli degli Anakiti.
29Allora dissi a voi: Non spaventatevi e non abbiate paura di loro.30Il Signore stesso vostro Dio, che vi precede, combatterà per voi, come ha fatto tante volte sotto gli occhi vostri in Egitto31e come ha fatto nel deserto, dove hai visto come il Signore tuo Dio ti ha portato, come un uomo porta il proprio figlio, per tutto il cammino che avete fatto, finché siete arrivati qui.32Nonostante questo, non aveste fiducia nel Signore vostro Dio33che andava innanzi a voi nel cammino per cercarvi un luogo dove porre l'accampamento: di notte nel fuoco, per mostrarvi la via dove andare, e di giorno nella nube.
34Il Signore udì le vostre parole, si adirò e giurò:35Nessuno degli uomini di questa malvagia generazione vedrà il buon paese che ho giurato di dare ai vostri padri,36se non Caleb, figlio di Iefunne. Egli lo vedrà e a lui e ai suoi figli darò la terra che ha calcato, perché ha pienamente seguito il Signore.37Anche contro di me si adirò il Signore, per causa vostra, e disse: Neanche tu vi entrerai,38ma vi entrerà Giosuè, figlio di Nun, che sta al tuo servizio; incoraggialo, perché egli metterà Israele in possesso di questo paese.39E i vostri bambini, dei quali avete detto: Diventeranno oggetto di preda! e i vostri figli, che oggi non conoscono né il bene né il male, essi vi entreranno; a loro lo darò ed essi lo possiederanno.40Ma voi volgetevi indietro e incamminatevi verso il deserto, in direzione del Mare Rosso.
41Allora voi mi rispondeste: Abbiamo peccato contro il Signore! Entreremo e combatteremo in tutto come il Signore nostro Dio ci ha ordinato. Ognuno di voi cinse le armi e presumeste di salire verso la montagna.42Il Signore mi disse: Ordina loro: Non salite e non combattete, perché io non sono in mezzo a voi; voi sarete sconfitti davanti ai vostri nemici.43Io ve lo dissi, ma voi non mi ascoltaste; anzi vi ribellaste all'ordine del Signore, foste presuntuosi e osaste salire verso i monti.44Allora gli Amorrei, che abitano quella montagna, uscirono contro di voi, vi inseguirono come fanno le api e vi batterono in Seir fino a Corma.45Voi tornaste e piangeste davanti al Signore; ma il Signore non diede ascolto alla vostra voce e non vi porse l'orecchio.46Così rimaneste in Kades molti giorni, per tutto il tempo in cui vi siete rimasti.


Salmi 67

1'Al maestro del coro. Su strumenti a corda. Salmo. Canto.'

2Dio abbia pietà di noi e ci benedica,
su di noi faccia splendere il suo volto;
3perché si conosca sulla terra la tua via,
fra tutte le genti la tua salvezza.

4Ti lodino i popoli, Dio,
ti lodino i popoli tutti.
5Esultino le genti e si rallegrino,
perché giudichi i popoli con giustizia,
governi le nazioni sulla terra.

6Ti lodino i popoli, Dio,
ti lodino i popoli tutti.
7La terra ha dato il suo frutto.
Ci benedica Dio, il nostro Dio,
8ci benedica Dio
e lo temano tutti i confini della terra.


Salmi 71

1In te mi rifugio, Signore,
ch'io non resti confuso in eterno.
2Liberami, difendimi per la tua giustizia,
porgimi ascolto e salvami.

3Sii per me rupe di difesa,
baluardo inaccessibile,
poiché tu sei mio rifugio e mia fortezza.
4Mio Dio, salvami dalle mani dell'empio,
dalle mani dell'iniquo e dell'oppressore.

5Sei tu, Signore, la mia speranza,
la mia fiducia fin dalla mia giovinezza.
6Su di te mi appoggiai fin dal grembo materno,
dal seno di mia madre tu sei il mio sostegno;
a te la mia lode senza fine.
7Sono parso a molti quasi un prodigio:
eri tu il mio rifugio sicuro.

8Della tua lode è piena la mia bocca,
della tua gloria, tutto il giorno.
9Non mi respingere nel tempo della vecchiaia,
non abbandonarmi quando declinano le mie forze.

10Contro di me parlano i miei nemici,
coloro che mi spiano congiurano insieme:
11"Dio lo ha abbandonato,
inseguitelo, prendetelo,
perché non ha chi lo liberi".

12O Dio, non stare lontano:
Dio mio, vieni presto ad aiutarmi.
13Siano confusi e annientati quanti mi accusano,
siano coperti d'infamia e di vergogna
quanti cercano la mia sventura.

14Io, invece, non cesso di sperare,
moltiplicherò le tue lodi.
15La mia bocca annunzierà la tua giustizia,
proclamerà sempre la tua salvezza,
che non so misurare.
16Dirò le meraviglie del Signore,
ricorderò che tu solo sei giusto.
17Tu mi hai istruito, o Dio, fin dalla giovinezza
e ancora oggi proclamo i tuoi prodigi.
18E ora, nella vecchiaia e nella canizie,
Dio, non abbandonarmi,
finché io annunzi la tua potenza,
a tutte le generazioni le tue meraviglie.

19La tua giustizia, Dio, è alta come il cielo,
tu hai fatto cose grandi:
chi è come te, o Dio?
20Mi hai fatto provare molte angosce e sventure:
mi darai ancora vita,
mi farai risalire dagli abissi della terra,
21accrescerai la mia grandezza
e tornerai a consolarmi.

22Allora ti renderò grazie sull'arpa,
per la tua fedeltà, o mio Dio;
ti canterò sulla cetra, o santo d'Israele.
23Cantando le tue lodi, esulteranno le mie labbra
e la mia vita, che tu hai riscattato.
24Anche la mia lingua tutto il giorno
proclamerà la tua giustizia,
quando saranno confusi e umiliati
quelli che cercano la mia rovina.


Isaia 57

1Perisce il giusto, nessuno ci bada.
I pii sono tolti di mezzo, nessuno ci fa caso.
Il giusto è tolto di mezzo a causa del male.
2Egli entra nella pace,
riposa sul suo giaciglio
chi cammina per la via diritta.

3Ora, venite qui, voi,
figli della maliarda,
progenie di un adultero e di una prostituta.
4Su chi intendete divertirvi?
Contro chi allargate la bocca
e tirate fuori la lingua?
Forse voi non siete figli del peccato,
prole bastarda?
5Voi, che spasimate fra i terebinti,
sotto ogni albero verde,
che sacrificate bambini nelle valli,
tra i crepacci delle rocce.
6Tra le pietre levigate del torrente è la parte che ti spetta:
esse sono la porzione che ti è toccata.
Anche ad esse hai offerto libazioni,
hai portato offerte sacrificali.
E di questo dovrei forse consolarmi?
7Su un monte imponente ed elevato
hai posto il tuo giaciglio;
anche là sei salita per fare sacrifici.
8Dietro la porta e gli stipiti
hai posto il tuo emblema.
Lontano da me hai scoperto il tuo giaciglio,
vi sei salita, lo hai allargato;
hai patteggiato con coloro
con i quali amavi trescare;
guardavi la mano.
9Ti sei presentata al re con olio,
hai moltiplicato i tuoi profumi;
hai inviato lontano i tuoi messaggeri,
ti sei abbassata fino agli inferi.
10Ti sei stancata in tante tue vie,
ma non hai detto: "È inutile".
Hai trovato come ravvivare la mano;
per questo non ti senti esausta.
11Chi hai temuto? Di chi hai avuto paura
per farti infedele?
E di me non ti ricordi,
non ti curi?
Non sono io che uso pazienza e chiudo un occhio?
Ma tu non hai timore di me.
12Io divulgherò la tua giustizia
e le tue opere, che non ti saranno di vantaggio.
13Alle tue grida ti salvino i tuoi guadagni.
Tutti se li porterà via il vento, un soffio se li prenderà.
Chi invece confida in me possederà la terra,
erediterà il mio santo monte.

14Si dirà: "Spianate, spianate, preparate la via,
rimuovete gli ostacoli sulla via del mio popolo".
15Poiché così parla l'Alto e l'Eccelso,
che ha una sede eterna e il cui nome è santo:
In un luogo eccelso e santo io dimoro,
ma sono anche con gli oppressi e gli umiliati,
per ravvivare lo spirito degli umili
e rianimare il cuore degli oppressi.
16Poiché io non voglio discutere sempre
né per sempre essere adirato;
altrimenti davanti a me verrebbe meno
lo spirito e l'alito vitale che ho creato.
17Per l'iniquità dei suoi guadagni mi sono adirato,
l'ho percosso, mi sono nascosto e sdegnato;
eppure egli, voltandosi,
se n'è andato per le strade del suo cuore.
18Ho visto le sue vie,
ma voglio sanarlo, guidarlo e offrirgli consolazioni.
E ai suoi afflitti
19io pongo sulle labbra: "Pace,
pace ai lontani e ai vicini",
dice il Signore, "io li guarirò".
20Gli empi sono come un mare agitato
che non può calmarsi
e le cui acque portan su melma e fango.
21Non v'è pace per gli empi, dice il mio Dio.


Apocalisse 11

1Poi mi fu data una canna simile a una verga e mi fu detto: "Alzati e misura il santuario di Dio e l'altare e il numero di quelli che vi stanno adorando.2Ma l'atrio che è fuori del santuario, lascialo da parte e non lo misurare, perché è stato dato in balìa dei pagani, i quali calpesteranno la città santa per quarantadue mesi.3Ma farò in modo che i miei due Testimoni, vestiti di sacco, compiano la loro missione di profeti per milleduecentosessanta giorni".4Questi sono i due olivi e le due lampade che stanno davanti al Signore della terra.5Se qualcuno pensasse di far loro del male, uscirà dalla loro bocca un fuoco che divorerà i loro nemici. Così deve perire chiunque pensi di far loro del male.6Essi hanno il potere di chiudere il cielo, perché non cada pioggia nei giorni del loro ministero profetico. Essi hanno anche potere di cambiar l'acqua in sangue e di colpire la terra con ogni sorta di flagelli tutte le volte che lo vorranno.7E quando poi avranno compiuto la loro testimonianza, la bestia che sale dall'Abisso farà guerra contro di loro, li vincerà e li ucciderà.8I loro cadaveri rimarranno esposti sulla piazza della grande città, che simbolicamente si chiama Sòdoma ed Egitto, dove appunto il loro Signore fu crocifisso.9Uomini di ogni popolo, tribù, lingua e nazione vedranno i loro cadaveri per tre giorni e mezzo e non permetteranno che i loro cadaveri vengano deposti in un sepolcro.10Gli abitanti della terra faranno festa su di loro, si rallegreranno e si scambieranno doni, perché questi due profeti erano il tormento degli abitanti della terra.
11Ma dopo tre giorni e mezzo, un soffio di vita procedente da Dio entrò in essi e si alzarono in piedi, con grande terrore di quelli che stavano a guardarli.12Allora udirono un grido possente dal cielo: "Salite quassù" e salirono al cielo in una nube sotto gli sguardi dei loro nemici.13In quello stesso momento ci fu un grande terremoto che fece crollare un decimo della città: perirono in quel terremoto settemila persone; i superstiti presi da terrore davano gloria al Dio del cielo.

14Così passò il secondo "guai"; ed ecco viene subito il terzo "guai".
15Il settimo angelo suonò la tromba e nel cielo echeggiarono voci potenti che dicevano:

"Il regno del mondo
appartiene al Signore nostro e al suo Cristo:
egli regnerà nei secoli dei secoli".

16Allora i ventiquattro vegliardi seduti sui loro troni al cospetto di Dio, si prostrarono faccia a terra e adorarono Dio dicendo:

17"Noi ti rendiamo grazie,
Signore Dio onnipotente,
che sei e che eri,
perché hai messo mano alla tua grande potenza,
e hai instaurato il tuo regno.
18Le genti ne fremettero,
ma è giunta l'ora della tua ira,
il tempo di giudicare i morti,
di dare la ricompensa ai tuoi servi,
ai profeti e ai santi e a quanti temono il tuo nome,
piccoli e grandi,
e di annientare coloro
che distruggono la terra".

19Allora si aprì il santuario di Dio nel cielo e apparve nel santuario l'arca dell'alleanza. Ne seguirono folgori, voci, scoppi di tuono, terremoto e una tempesta di grandine.


Capitolo VI: La gioia di una coscienza retta

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1. Giusto vanto dell'uomo retto è la testimonianza della buona coscienza. Se sarai certo, in coscienza, di aver agito rettamente, sarai sempre nella gioia. La buona coscienza permette di sopportare tante cose ed è piena di letizia, anche nelle avversità. Al contrario, se sentirai in coscienza di aver fatto del male, sarai sempre timoroso ed inquieto. Dolce riposo sarà il tuo, se il cuore non avrà nulla da rimproverarti. Non rallegrarti se non quando avrai fatto del bene. I cattivi non godono mai di una vera letizia e non sentono mai la pace dell'anima, giacché "non c'è pace per gli empi", dice il Signore (Is 48,22; 57,21). E se la gente dice: "siamo in pace, non ci accadrà alcun male (Mic 3,11), chi mai oserà farci del male?", non creder loro; ché improvvisa si leverà la collera di Dio, "e quello che hanno fatto andrà in fumo, e i loro piani svaniranno" (Sal 145,4). Per colui che ama Iddio, non è difficile trovare la propria gloria nella sofferenza, poiché ciò significa trovarla nella croce del Signore. La gloria data o ricevuta dagli uomini dura poco; e una certa tristezza le si accompagna sempre. Invece la gloria dei giusti viene dalla loro coscienza, non dalle parole della gente; la loro letizia viene da Dio ed è in Dio; la loro gioia viene dalla verità. Colui che aspira alla gloria vera ed eterna non si preoccupa di quella temporale; invece colui che cerca questa gloria caduca, anziché disprezzarla dal profondo dell'animo, evidentemente ama di meno la gloria celeste. Grande serenità di spirito possiede colui che non bada alle lodi né ai rimproveri della gente; giacché, se ha la coscienza pulita, si sentirà facilmente contento e tranquillo.

2. Tu non sei maggiormente santo se ricevi delle lodi, né maggiormente cattivo se ricevi dei rimproveri; sei quello che sei, e non puoi essere ritenuto più grande di quanto tu non sia agli occhi di Dio. Se fai attenzione a quello che tu sei in te stesso, interiormente, non baderai a ciò che possano dire di te gli uomini. L'uomo vede in superficie, Dio invece vede nel cuore; l'uomo guarda alle azioni esterne. Dio giudica invece le intenzioni. Agire bene, sempre, e avere poca stima di se medesimi, è segno di umiltà di spirito; non cercare conforto da alcuna creatura è segno di grande libertà e di fiducia interiore. Chi non cerca per sé alcuna testimonianza dal di fuori, evidentemente si abbandona del tutto a Dio. Infatti, come dice S. Paolo, "non riceve il premio colui che si loda da sé, ma colui che è lodato da Dio" (2Cor 10,18). Procedere tenendo Dio nel cuore, e non essere stretto da alcun legame che venga di fuori, ecco la condizione dell'uomo spirituale.


Contro Fausto Manicheo - Libro trentunesimo

Contro Fausto manicheo - Sant'Agostino di Ippona

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Fausto discute su Tit 1,15. Contraddizione tra Mosè e Paolo su impurità dei cibi e contaminazione.

1. FAUSTO. Tutto è puro per i puri, ma per i contaminati e gli infedeli nulla è puro; sono contaminate la loro mente e la loro coscienza 1. Si deve considerare se vi convenga credere che anche questo fu detto da Paolo. Sinora infatti è risultato chiaro che Mosè e i profeti non solo erano invasati dai demoni quando stabilirono leggi così importanti sulla distinzione degli alimenti, ma che essi stessi erano impuri e contaminati nella mente e nella coscienza, in modo che si può a buon diritto applicare loro ciò che segue: Dichiarano di conoscere Dio, ma lo negano con i fatti 2. A chi questo si addice più che ai profeti e a Mosè, che è provato vissero in modo di gran lunga diverso da quello che conveniva a uomini che conoscevano Dio? Tuttavia sino ad ora non pensavo che, oltre agli adulterii, alle frodi e agli omicidi, ci fosse altro da cui apparisse che Mosè e i profeti possedevano una coscienza contaminata; adesso invece, per la dimostrazione che ne offre questo passo, mi è dato di sapere che le loro menti erano contaminate anche perché ritenevano che esistesse qualcosa di contaminato. Fino a che punto dunque anche ora credete che a uomini tali sia potuta toccare la visione della maestà divina, quando sta scritto che solo i puri di cuore possono vedere Dio 3? E poi, se anche costoro si fossero mantenuti casti rispetto ad azioni illecite, questa sola superstizione dell'astenersi da alcuni cibi, contaminando la mente, avrebbe potuto negare ad essi la vicinanza alla divinità. Ecco dunque che è svanito e scomparso anche il motivo di vanto per Daniele e i tre fanciulli: anch'essi, fino all'avvento di questa predicazione che non registra nulla di impuro, furono ritenuti nel Giudaismo giovani castissimi e di mente retta perché, memori delle tradizioni dei padri, con ogni cura si erano conservati illibati dagli alimenti dei Gentili 4, soprattutto da quelli immolati. Alla fine, infatti, è apparso che anch'essi contaminarono la loro mente e la loro coscienza, massimamente quando si astenevano con la bocca dal sangue e dai cibi funebri.


Per Fausto la pratica cristiana dell'astinenza contraddice Paolo.

2. Ma forse li scuserà l'ignoranza: non essendo ancora apparsa la fede cristiana, che insegna che tutto è puro per i puri, avranno pensato che alcune cose non erano pure; ma voi, adesso, a quale scusa potete ricorrere se, nonostante che Paolo affermi che non esiste nulla che non sia puro, che chiami insegnamento dei demoni l'astinenza dai cibi 5 e che definisca contaminati nella mente coloro che considerano impuro qualcosa, non solo praticate l'astinenza, come abbiamo detto, ma pure ve ne gloriate e ritenete che sarete tanto più accetti a Cristo quanto più vi asterrete dai cibi: ovvero, secondo le suddette affermazioni, quanto più contaminerete la mente e insozzerete la coscienza? Cosa dite? E perché, se nel mondo ci sono tre religioni che parimenti affidano la purificazione della mente alla continenza e all'astinenza, sebbene con rituali diversissimi - sto parlando dei Giudei, dei Cristiani e dei Gentili -, non si riesce a trovare da quale di esse provenga l'affermazione che non esiste nulla che non sia santo? Certo non dal Giudaismo, e neppure dal paganesimo, perché anch'esso fa distinzioni nei cibi e l'unica differenza è che l'Ebreo dissente dal pagano a proposito di alcuni animali. Resta la fede cristiana: se tu pensi che le appartenga il ritenere che nulla è impuro, fai prima a confessare che fra voi non c'è nessuno che sia cristiano. Infatti, e tacerò il resto, tutti fra voi ritengono non piccola lordura la carne di animali morti e sacrificati 6; o se fate questo appellandovi alle prerogative del Cristianesimo, non esiste in questa religione alcuna affermazione che elimini totalmente ogni astinenza dai cibi immondi. Come dunque Paolo ha potuto dire una cosa che non si adatta a nessuna religione? In effetti l'Apostolo, quando da Giudeo divenne Cristiano, non si spogliò tanto di una religione, ma mutò piuttosto di rituale. Invece colui che scrisse questo passo, mi sembra che non si sia appoggiato su alcuna religione.


Fausto afferma che la pratica cristiana dell'astinenza contraddice la visione di Pietro (Act. 10, 11-15).

3. Pertanto, se indagando le Scritture troverete qualcos'altro che leda la nostra fede, ricordatevi di obiettarcelo solo quando avrete avuto le prove che non sia contro voi stessi, come avviene per ciò che siete soliti addurre di Pietro. Una volta avrebbe visto scendere dal cielo un recipiente, nel quale erano contenuti animali di ogni specie e rettili, e attonito e stupito avrebbe udito una voce che gli diceva: Pietro, uccidi e mangia tutto ciò che vedi nel recipiente. Ad essa rispose: No Signore, non toccherò nulla di profano e di impuro. E di nuovo la voce gli replicò: Ciò che io ho santificato, tu non chiamarlo più impuro 7. Sebbene sembri che il passo voglia significare qualcos'altro mediante un'allegoria, e non che non esista distinzione tra i cibi, tuttavia, poiché a voi piace intenderlo così, ne consegue di necessità che dobbiate cibarvi indistintamente di tutte le bestie, anche delle vipere, delle serpi e di ogni altro tipo di rettile, seguendo la visione di Pietro. Solo in questo modo proverete che ascoltate davvero la voce che, a quanto si dice, egli udì. Tuttavia ricordatevi sempre che, su questa base, risultano essere condannati Mosè e i profeti, i quali considerarono impure molte delle cose che Dio, secondo l'affermazione di quella voce, ha santificato.


La purità si riferisce alle nature create, l'impurità al valore simbolico dei cibi o alla consuetudine.

4. AGOSTINO. Quando l'Apostolo disse: Tutto è puro per i puri 8, volle che lo si intendesse riferito alle nature che Dio creò, secondo quanto Mosè scrisse nella Genesi: Dio fece tutte le cose, ed ecco erano molto buone 9, e non ai significati simbolici secondo i quali Dio, mediante lo stesso Mosè, distinse le cose pure dalle impure 10; poiché di questo abbiamo già parlato a lungo e in molti luoghi, basterà ora averlo richiamato brevemente. Quelli dunque che, nel tempo ormai della rivelazione del Nuovo Testamento, pensano ancora che si debbano conservare quelle ombre delle realtà future, al punto da sostenere che senza di esse i Gentili non possono ottenere la salvezza che è in Cristo, l'Apostolo li chiama impuri, perché pensano carnalmente, e infedeli, perché non distinguono il tempo della grazia dal tempo della legge. Dice che per essi nulla è puro, poiché non si servivano né santamente né giustamente né di ciò che rigettavano né di ciò che mangiavano, come tutti gli infedeli ma soprattutto come voi, o Manichei, per i quali nulla è puro. Infatti neppure il cibo stesso che prendete, sebbene lo separiate con grande diligenza dal contatto con la carne, è puro per voi, giacché dite che a crearlo non fu altri che il diavolo. Affermate inoltre che, mangiandolo, purificate il vostro dio in esso incatenato e insozzato. Dovreste almeno considerare puri voi stessi, visto che egli ha l'onore di essere purificato nei vostri ventri! E invece sostenete che i vostri corpi sono natura e opera della stirpe delle tenebre, e che le vostre anime sono inquinate dai vostri stessi corpi. Cosa dunque è puro per voi? Non ciò che mangiate, non il posto dove mandate ciò che mangiate, non voi stessi che purificate ciò che mangiate. Vedete dunque per chi l'Apostolo disse quella frase; la disse tuttavia tale che cogliesse in fallo tutti gli infedeli e gli impuri, ma che soprattutto e massimamente vincolasse voi. Pertanto, tutto è puro per i puri dal punto di vista della natura in cui ogni cosa è stata creata, ma non tutte le cose furono pure dal punto di vista del loro significato per il primitivo popolo dei Giudei, né tutte sono adatte a noi rispetto alla salute del corpo o alla consuetudine dell'umana società: ma quando a ogni cosa è attribuito ciò che è suo e si mantiene l'ordine naturale, tutto è puro per i puri, mentre per i contaminati e gli infedeli, quali siete soprattutto voialtri, nulla è puro. Quanto poi alle altre parole dell'Apostolo, che seguono, le direste salutarmente a voi stessi, se voleste sanare la vostra coscienza cauterizzata. Continua infatti così: sono contaminate la loro mente e la loro coscienza.

Note:

1 - Tt 1, 15.

2 - Tt 1, 16.

3 - Cf. Mt 5, 8.

4 - Cf. Dn 1, 12.

5 - Cf. 1 Tm 4, 1. 3.

6 - Cf. At 15, 29.

7 - At 10, 11-15.

8 - Tt 1, 15.

9 - Gn 1, 31.

10 - Cf. Lv 11.


8 - Si dichiara lo stato nel quale la santissima Madre fu posta con la visione astrattiva.

La mistica Città di Dio - Libro ottavo - Suor Maria d'Agreda

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533. Nella misura in cui i misteri dell'infinita ed eterna sapienza si adempivano in Maria beatissima, ella si solle­vava al di sopra della sfera di ogni perfezione e di ogni immaginazione umana. E siccome i suoi trionfi su Lucifero e i demoni furono ottenuti proprio nelle circostanze e con i favori che ho riferito, immediatamente dopo l'in­carnazione, la redenzione e tutti gli eventi nei quali fu coa­diutrice del suo Unigenito, non è possibile alla nostra po­chezza aspirare a comprendere gli effetti che conseguiva­no nel suo castissimo cuore. Meditava le opere del Signo­re ponderandole sulla bilancia della sua mirabile pruden­za ed in lei cresceva l'incendio dell'ardore per sua Maestà, con stupore degli angeli e dei cittadini del cielo. La sua vi­ta naturale non le avrebbe consentito di tollerare gli im­petuosi voli con cui s'innalzava per immergersi nell'abisso della Divinità, se essa non le fosse stata conservata mira­colosamente. Poiché, inoltre, i suoi sentimenti di pietà l'at­traevano verso i suoi figli, che dipendevano da lei come le piante dal sole che le sostenta e vivifica, giunse ad una dol­cissima ma veemente tensione per riunire tutto in sé.

534. Questa era la sua condizione dopo le vittorie ri­portate sul drago. Sebbene fin dal primo istante e lungo l'intero corso della sua esistenza avesse effettuato quanto era maggiormente puro e sublime, senza essere ostacolata dai pellegrinaggi, dalle pene e dalle preoccupazioni per Ge­sù e per il prossimo, in tale particolare momento nel suo infiammato petto arrivarono a gareggiare la forza dell'a­more per Dio e quella dell'amore per le anime. In ciascu­no di questi frutti della carità avvertiva la violenta e san­ta emulazione con la quale essi anelano a sempre più straordinari doni della grazia. Da una parte desiderava se­pararsi dalle realtà sensibili per elevarsi alla suprema e continua comunione con l'Eterno senza alcun intralcio o tramite, imitando coloro che sono in paradiso e ancor più Cristo quando era nel mondo, in tutto ciò che non era la visione beatifica che egli aveva con l'unione ipostatica; que­sta non le era possibile, ma nondimeno la sua eccellenza e il suo fervore ricercavano quello che era più vicino allo stato di comprensore. Dall'altra parte era spinta dall'affetto per i credenti e dalla premura di provvedere a tutte le loro esigenze, perché senza il servizio di madre di famiglia non era abbastanza soddisfatta dei favori che riceveva, ed essendoci bisogno di tempo per lavorare alla maniera di Marta rifletteva su come regolarsi per non mancare in nes­suna delle due cose.

535. L 'Altissimo lasciò spazio alla sua sollecitudine per­ché fosse più vantaggioso il beneficio disposto per lei con braccio vigoroso e a questo scopo le disse: «Sposa e ami­ca mia, le vostre cure e le vostre riflessioni hanno ferito il mio cuore e con la forza della mia destra voglio compie­re in voi quanto non ho mai fatto né mai farò in altre ge­nerazioni, perché voi siete mia compagna ed eletta per le mie delizie fra tutti. È pronto per voi un luogo appartato, dove vi alimenterò di me come i beati, benché in un altro modo: godrete della mia incessante contemplazione e dei miei abbracci, in solitudine, riposo e tranquillità, senza che vi siano di inciampo le creature e l'essere viatrice. Libera vi librerete verso una simile abitazione e troverete gli spa­zi immensi che la vostra sconfinata tenerezza ambisce per dilatarsi illimitatamente, per poi ridiscendere nella Chiesa e, ricolma dei miei tesori, distribuirli ai vostri fratelli in base alle loro necessità e tribolazioni, così che abbiano ri­medio».

536. Si tratta del privilegio a cui ho accennato nel ca­pitolo precedente e che Giovanni racchiude in queste pa­role: La donna invece fuggì nel deserto, ove Dio le aveva pre­parato un rifugio perché vi fosse nutrita per milleduecento­sessanta giorni. E poco dopo aggiunge: Ma furono date al­la donna le due ali della grande aquila, per volare nel de­serto verso il rifugio preparato per lei per esservi nutrita per un tempo, due tempi e la metà di un tempo lontano dal serpente. A causa della mia ignoranza non mi è facile spie­gare questo mistero, poiché contiene molte prerogative ri­servate esclusivamente a lei. La fede ci insegna che non siamo in grado di vagliare l'imperscrutabile onnipotenza del Signore e quindi è giusto confessare che egli ha potu­to operare assai più di quanto noi riusciamo a compren­dere, e non le si deve negare se non ciò che è evidente­mente contraddittorio in se stesso. In tutto quello che mi fu palesato affinché lo scrivessi, ammesso che io l'abbia in­teso, non ravviso nulla che impedisca che sia come l'ho ca­pito, sebbene per rivelarlo non abbia vocaboli appropriati.

537. Dunque, vinte le battaglie contro il drago e i suoi, Maria fu elevata ad una condizione in cui le fu manife­stato sua Maestà, non con una visione intuitiva, ma con un'altra, chiara e attraverso specie create, che nell'intera Storia ho chiamato astrattiva, perché non dipende dalla presenza reale dell'oggetto, né questo muove l'intelletto da sé bensì per mezzo di altre immagini che lo rappresenta­no, come se l'Eterno mi volesse infondere tutte quelle più confacenti di Roma per mostrarmela quale realmente è. L'ebbe in tutto il corso della sua vita, come sovente ho ri­petuto, ma, anche se nella sostanza non fu nuova per lei, che l'aveva avuta nell'istante del suo concepimento, lo fu allora per due motivi: il primo è che restò permanente e ininterrotta finché ella non morì passando alla visione bea­tifica, mentre nelle altre volte era stata solo transitoria; il secondo è che divenne sempre più sublime, eccelsa e al di là di ogni pensiero.

538. Perché la nostra Principessa fosse disposta oppor­tunamente le furono ritoccate tutte le facoltà con il fuoco del santuario, cioè con altri effetti celesti con i quali fu il­luminata ed innalzata sopra di sé. Poiché questo modo di essere era una partecipazione di quello dei santi ed insie­me era diverso, occorre illustrare in che cosa consistesse la somiglianza e in che cosa la differenza. La somiglianza era che contemplava il medesimo oggetto, l'Altissimo e i suoi attributi, che essi possiedono con sicurezza, e ne ave­va maggiore conoscenza; la differenza riguardava tre aspet­ti. Innanzitutto essi vedono Dio faccia a faccia e intuitiva­mente, mentre ella lo vedeva astrattivamente. Poi, essi nel­la patria non possono più crescere nella visione beatifica, né nella fruizione essenziale che è la gloria dell'intelletto e della volontà, mentre ella nella visione astrattiva che ave­va come pellegrina nel mondo non aveva termine o misu­ra ed anzi approfondiva continuamente la cognizione di lui; perciò le furono date le ali dell'aquila per volare nel mare infinito della Divinità, dove c'è sempre da apprende­re non essendoci confini a delimitarlo.

539. Inoltre, essi non patiscono né acquistano meriti, perché questo è incompatibile con il loro stato, mentre el­la pativa e acquistava meriti; altrimenti, non sarebbe sta­to tanto stimabile il beneficio per lei e per la Chiesa , giac­ché quello che compì fu di immenso valore per tutti. La Vergine era uno spettacolo ammirevole per gli angeli e gli eletti, e quasi un ritratto del Figlio, perché come regina e signora aveva la potestà di dispensare e distribuire i teso­ri della grazia, e d'altra parte così li aumentava. Benché fosse ancora nella carne, la sua posizione era simile a quel­la di Cristo nostro salvatore quando era quaggiù; infatti, confrontata con lui era viatrice, ma paragonata agli altri pareva come i comprensori.

540. Ciò richiedeva che nell'armonia dei suoi sensi e del­le sue facoltà vi fosse un nuovo ordine e un nuovo modo di agire proporzionato in tutto, e le fu dunque mutato il precedente. Tutte le specie di creature che erano in lei fu­rono cancellate, sebbene ella non ammettesse in sé se non le sole strettamente necessarie per la pratica della carità e

delle virtù; fu purificata da esse per la loro componente terrena e perché erano entrate attraverso i sensi e, al po­sto di quelle che da allora avrebbe dovuto ricevere per via naturale, gliene furono infuse altre più pure e immateria­li, con le quali conosceva in maniera più alta.

541. Tale prodigio non è difficile da capire per i dotti, ma per rendere chiare a tutti le mie affermazioni avverto che, pressappoco come negli animali, tramite la vista, l'u­dito, l'olfatto, il gusto e il tatto si introducono in noi del­le specie dell'oggetto in causa, che sono trasmesse all'im­maginazione dove si raccolgono e conservano. In noi che siamo razionali l'intelletto opera con esse e ne trae altre, spirituali, venendo perciò chiamato «intelletto agente»; per loro mezzo, intende quello che passa per i cinque sensi. Per questo i filosofi sostengono che per comprendere de­ve speculare nella fantasia per prendere di là le specie, es­sendo l'anima unita al corpo, da cui dipende.

542. Maria era esente da tutto questo e le erano infuse altre specie, in modo più sublime, mentre quelle comuni rimanevano nell'immaginazione, e l'intelletto non operava con esse se non quanto occorreva per percepire il dolore e le afflizioni. Accadeva nel tempio che ella era ciò che era accaduto in quello che la prefigurava: nella sua costruzio­ne le pietre erano state lavorate fuori e dentro non si era­no sentiti colpi di martello né alcun altro rumore, e per­sino gli olocausti avevano sempre avuto luogo sull'altare davanti al santuario, nel quale si faceva soltanto l'offerta dell'incenso e degli aromi.

543. Così anche in lei all'esterno, nei sensi, si scolpiva­no le pietre delle virtù; nell'atrio dell'immaginazione si ese­guiva il sacrificio delle pene e delle tristezze che soppor­tava per i fedeli e per le loro tribolazioni; nel Santo dei santi delle facoltà, dell'intelletto e della volontà si offriva solo il profumo della visione di Dio e il fuoco del suo in­comparabile ardore. Non erano adeguate a questo le spe­cie che entravano attraverso i sensi e che rappresentavano gli oggetti materialmente e con strepito, e dunque il pote­re del Signore ne infuse altre, più pure, dei medesimi og­getti, perché servissero alla sua contemplazione e perché accompagnassero nell'intelletto quelle che ella aveva del suo essere, che incessantemente rimirava e amava nella tranquillità e nella serenità di una pace inviolabile.

544. Esse dipendevano dall'Altissimo, nel quale rappre­sentavano al suo intelletto tutte le cose, come lo specchio riflette agli occhi tutto ciò che gli si pone davanti e questi lo conoscono senza volgersi a osservarlo: quello che i mem­bri della Chiesa domandavano, quello che doveva compie­re a loro favore nelle angustie che soffrivano e quello che la volontà superna bramava, affinché si adempisse sulla terra come in cielo. Da questa maniera di intendere e di agire era eccettuato quello che le era comandato da Pie­tro, da Giovanni o dagli altri apostoli; ella stessa lo aveva chiesto per non interrompere l'obbedienza che le era tan­to cara e per palesare che per tale via si è assolutamente sicuri del volere del sommo sovrano, senza che si debba ricorrere ad altro: l'ordine del superiore è indubbiamente quanto egli esige ed è conveniente.

545. Era escluso anche quello che riguardava l'eucari­stia. Per il resto il suo intelletto non era legato alle crea­ture di quaggiù, ma ella era libera e nella solitudine inte­riore, e godeva della visione astrattiva dormendo e ve­gliando, occupata e non occupata, lavorando e riposando, senza discutere o ragionare per conoscere il massimo del­la perfezione, quello che fosse più gradito all'Onnipotente, le necessità dei credenti e il tempo e il modo per rime­diare ad esse. Come i comprensori, che conoscono meno di tutto quanto è inerente alle creature, oltre a ciò che concerneva i cristiani e il loro governo conosceva soprattutto gli imperscrutabili misteri divini, più dei serafini e dei bea­ti. Con questo pane e cibo di vita eterna era alimentata nel deserto che le era stato preparato. Qui era sollecita dei suoi figli senza turbamento, pronta senza inquietudine, vigilan­te senza distrazione; era ricolma di sua Maestà dentro e fuori, vestita dell'oro purissimo di lui, assorta e immersa in quel mare ineffabile, ed insieme era attenta ai suoi de­voti avendo cura di loro, perché diversamente non si sa­rebbe pienamente placata la sua bontà materna.

546. Le furono date, così, le due ali della grande aqui­la, con le quali si librò tanto in alto che poté giungere ad una condizione a cui mai si elevò pensiero umano o an­gelico, scendendone per soccorrere i mortali non passo do­po passo, ma con volo leggero e veloce. O portento della destra di Dio! O meraviglia inaudita, che manifesti la sua forza infinita! Mi mancano i termini, si arresta il discorso e si è incapaci di penetrare un simile arcano. Invidiabili secoli d'oro della comunità primitiva, che gioirono di tan­to bene! Oh, felici noi se arrivassimo a meritare che nei nostri tristi giorni fossero rinnovati tali prodigi tramite la Vergine , nel grado possibile e secondo il bisogno della no­stra miseria!

547. Si capiranno meglio quella fortuna e quel modo di operare di Maria se si considereranno alcuni benefici con­cessi a delle anime che guadagnò. Abbiamo un esempio in un abitante di Gerusalemme, assai noto fra i giudei perché era distinto, di spiccato ingegno e dotato di virtù morali; egli, però, era zelante della legge, come san Paolo, e fermamente contrario al Vangelo. La nostra Regina lo comprese nel Si­gnore, che voleva che si unisse ai discepoli per le sue pre­ghiere, e, desiderando per la stima che lo circondava che ciò accadesse, innalzò suppliche tanto ardenti che furono esau­dite. Nello stato precedente avrebbe riflettuto con la prudenza e la mirabile luce che aveva per trovare i mezzi opportuni per tale scopo, mentre allora bastò che ponesse il proprio sguardo in colui che le avrebbe rivelato il da farsi.

548. Seppe che sarebbe andato da lei mediante la predi­cazione di Giovanni, che quindi ella avrebbe dovuto inviare là dove costui avrebbe potuto sentirlo. Così avvenne e con­temporaneamente il custode di quell'uomo gli ispirò di re­carsi dalla Madre del Crocifisso, che tutti lodavano perché caritatevole, modesta e pia. Egli per il momento non intese quale giovamento spirituale gli sarebbe potuto provenire dal­la sua visita, poiché era privo dell'illuminazione superna, ma fu ugualmente mosso dalla curiosità e dalla brama di in­contrarla. Gli fu sufficiente vederla e udire le parole che con sublime saggezza gli rivolse per essere completamente tra­sformato in un altro: si prostrò ai suoi piedi, professando Gesù redentore del mondo e chiedendo il battesimo, che gli fu subito amministrato dall'Apostolo. Quando fu pronun­ciata la formula lo Spirito venne in forma visibile su di lui, che poi fu sempre ricco di santità, e la Principessa compo­se un cantico di lode al Creatore per la sua liberalità.

549. Una donna della città, già battezzata, rinnegò la fede ingannata dal demonio attraverso una sua parente maliarda. La nostra Maestra ebbe notizia in Dio della sua caduta e, estremamente addolorata, si affaticò con molti esercizi con­giunti a lacrime e implorazioni perché si convertisse, cosa che è più difficile in chi volontariamente si allontana dalla stra­da della salvezza che ha cominciato a percorrere. Ottenne il rimedio della poveretta, circuita dal serpente, e conobbe che sarebbe stato conveniente farla ammonire ed esortare dall'E­vangelista, perché si rendesse conto del suo peccato. Quella lo ascoltò, si confessò, fu restituita alla grazia e poi incorag­giata dalla Signora a perseverare e a resistere al diavolo.

550. Lucifero e i suoi allora non osavano angustiare la Chiesa di Gerusalemme essendovi presente la nostra sovra­na, alla quale avevano timore di avvicinarsi poiché la sua potenza li metteva in fuga. Cercarono dunque di assoggettare alcuni credenti della parte dell'Asia in cui portavano il lieto annuncio Paolo e altri apostoli, pervertendone qualcu­no affinché apostatasse e turbasse o impedisse la loro pro­clamazione. Ella ebbe chiare in sua Maestà le macchina­zioni del nemico e gli domandò di intervenire, se era di suo compiacimento. Le fu risposto di provvedere come madre e regina dell'intero universo, e che era a lui sommamente gra­dita. Con tale licenza, si rivestì d'invincibile fortezza e, co­me una sposa che si alza dal talamo o dal trono dello spo­so e prende le sue armi per difenderlo da chi tenta di of­fenderlo, con le armi del potere divino si levò con valore contro il drago, gli tolse la preda dalla bocca, lo percosse con il suo vigore e gli ordinò di ripiombare nell'abisso. Si potrebbero riferire innumerevoli altri eventi simili, ma quel­li riportati illustrano abbastanza il suo nuovo stato.

551. È ora bene calcolare a quale età Maria beatissima ricevette questo beneficio, riassumendo quanto si è di­chiarato altrove. Quando si trasferì ad Efeso, il sei gennaio del quarantaseiesimo anno dalla nascita del suo Unigeni­to, aveva cinquantaquattro anni, tre mesi e ventisei giorni. Lì dimorò due anni e mezzo, tornando a Gerusalemme il sei luglio del quarantaduesimo anno dopo Cristo, a cin­quantasei anni e dieci mesi. Il primo concilio, di cui si è parlato sopra, ebbe luogo due mesi dopo, così che duran­te il suo svolgimento ella compì cinquantasette anni. Im­mediatamente si verificarono le battaglie e i trionfi, non­ché il passaggio alla condizione che ho spiegato, che durò per milleduecentosessanta giorni, come si afferma nel ca­pitolo dodicesimo dell'Apocalisse, prima che fosse elevata a quello sul quale mi tratterrò più avanti.

 

Insegnamento della Regina del cielo

552. Carissima, nessuno ha delle scusanti se non confor­ma la sua vita a quella di Gesù e alla mia, poiché siamo stati modello ed esempio da seguire per tutti, ciascuno nel proprio stato. Il Signore, tuttavia, sceglie delle anime e le separa dalle altre, affinché in esse si guadagni maggiormente il frutto del suo sangue, si conservi più perfetta l'imitazio­ne sua e mia, risplendano la sua bontà e misericordia. Se sono fedeli e ferventi, è segno di ignoranza assai terrena la meraviglia di alcuni nel constatare che l'Altissimo si mani­festi tanto generoso, concedendo loro favori che sorpassano ogni immaginazione umana. Quanti dubitano pretendono di negargli la gloria che egli stesso si propone di conseguire nelle sue opere, misurandole con i ristretti limiti della no­stra intelligenza, che in costoro in genere è particolarmen­te corrotta ed oscurata a causa delle colpe.

553. Se le medesime persone elette dall'Eterno hanno una grettezza tale che mettono in discussione i suoi doni, o non si dispongono ad accoglierli e usarli con prudenza e con la dovuta considerazione, sicuramente lo oltraggiano più di coloro che non hanno avuto uguali elargizioni e ta­lenti. Egli non vuole che si disprezzi e si dia ai cani il pa­ne dei figli, né che si gettino perle davanti a chi le calpe­sta, perché queste grazie singolari sono il capitale distinto e appartato dalla sua infinita provvidenza, oltre che la com­ponente principale del prezzo della redenzione. Sappi, dun­que, che commettono ciò quelli che si abbattono per le cir­costanze sfavorevoli o ardue, e quelli che si ritirano o non permettono al Salvatore di servirsi di loro come di suoi stru­menti per quanto gli piace. Tale mancanza è ancor più bia­simevole quando essi non confessano il nostro Maestro nel­la sua liberalità per paura delle tribolazioni che potrebbe­ro derivare loro e di quello che il mondo potrebbe pensa­re di simili novità. Così, intendono adempiere la volontà dell'Onnipotente soltanto allorché questa concorda con la loro: se devono fare delle azioni virtuose, ciò deve essere secondo determinate comodità; se devono amare, ciò deve essere a patto di essere lasciati nella tranquillità che bra­mano; se devono credere e stimare i benefici, ciò deve es­sere godendo delle sue carezze. Intanto, però, al soprag­giungere delle avversità e delle pene da sopportare per lui, subito subentrano in loro la scontentezza, la tristezza, il di­spetto e l'impazienza, e quindi egli si trova frustrato nei suoi desideri ed essi si rendono incapaci della santità.

554. Tutto questo, che li fa divenire inadeguati e senza profitto per sé e per gli altri, è difetto di scienza, senno e vero affetto: guardano prima a sé che a Dio e si fanno muo­vere più dall'amor proprio che dall'amore di lui; sono taci­tamente insolenti, presumendo di dirigerlo e di riprenderlo, giacché affermano che compirebbero per lui molte cose se fossero in certe condizioni, ma senza queste non possono, per non mettere a rischio la loro reputazione o la loro quie­te, neppure per il bene comune e per la sua esaltazione. E, siccome non lo dicono con chiarezza, non giudicano di es­sere macchiati di un peccato tanto temerario, peccato che il demonio nasconde loro perché non se ne avvedano.

555. Affinché tu eviti con cura una così grande scelle­ratezza, pondera profondamente quello che di me scrivi e comprendi, e come ambisco che mi imiti. Io non potevo incorrere in questi errori, e tuttavia impiegavo la mia con­tinua vigilanza e le mie preghiere per vincolare il Signore perché mi governasse in tutto per mezzo del solo suo ben accetto volere e non mi consentisse di eseguire niente che non fosse di suo beneplacito, cercando da parte mia di iso­larmi e di dimenticarmi di tutte le creature. Tu sei sog­getta a sbagliare e sai quanti lacci ti ha teso il drago da sé e tramite esse, perché vi inciampi; dunque, è ragione­vole che non cessi mai di domandare al tuo sovrano che ti guidi egli stesso e che chiuda le porte dei tuoi sensi in modo tale che non entrino immagini o figure di realtà mon­dane. Rinuncia al diritto alla tua libera volontà e cedilo al compiacimento del tuo sposo. Quando la legge divina e la carità ti obbligano a rapportarti con qualcuno, non am­mettere in te che il necessario e chiedi immediatamente che si cancellino le specie non indispensabili. Esamina ogni tua opera, parola e pensiero con sua Maestà, con me o con i tuoi angeli, che ti siamo sempre accanto, e se ne hai l'op­portunità anche con il tuo confessore, ritenendo altrimen­ti sospetto e pericoloso tutto quello che fai e decidi; veri­fica poi se ciò è conforme o meno al mio insegnamento.

556. Innanzitutto sii attenta a non perdere per nessun motivo di vista Dio, dal momento che la fede e l'ulteriore luce che hai ricevuto ti servono a tale scopo. Poiché que­sto è il tuo ultimo fine, sin dalla vita terrena comincia a conseguirlo come ti è possibile con l'aiuto della grazia. E' +già tempo che scuota da te i timori e le suggestioni con cui il nemico tenta di ostacolarti e di impedirti di avere costantemente fiducia nei favori superni. Perfezionati nel­l'essere forte e prudente in questo e abbandonati comple­tamente ai disegni dell'Eterno, affinché in te e di te faccia quello che gli sarà gradito.


Dongo, 27 marzo 1986. Giovedì Santo. Divino Mistero.

Don Stefano Gobbi

«Oggi è la vostra festa, figli prediletti, perché è la vostra Pasqua. Ricordate la istituzione della Eucarestia e del Sacerdozio. Gesù quanto ha desiderato mangiare questa Pasqua con i suoi discepoli, prima del suo patire! Desiderate anche voi consumare, con tanto amore, il mistero della vostra Pasqua sacerdotale. È un divino mistero di amore. Siete chiamati alla purezza dell'amore. Per questo ogni giorno Io opero fortemente in voi, per trasformare il vostro cuore e renderlo conforme a quello di mio figlio Gesù. Vi conduco dentro la fornace ardente del suo divino e purissimo amore, perché un cuore sacerdotale deve essere plasmato e trasformato dal Cuore di Gesù, sommo ed eterno Sacerdote.

Un cuore sacerdotale deve essere mite ed umile, misericordioso e sensibile, puro e compassionevole, aperto, come un calice, ad amare Dio in maniera esclusiva e totale e poi, riempito della pienezza dell'amore divino, a donare fiamme di inestinguibile carità a tutti i fratelli. Oggi è anche il giorno del comandamento nuovo: - Amatevi fra voi, come Io vi ho amati. È il giorno del suo impegnativo mandato: - Se questo Io ho fatto come Maestro, fatelo anche voi se volete essere miei veri discepoli. Figli prediletti, mettetevi sempre al servizio di tutti: lavate anche voi i piedi dei vostri fratelli, con il versare balsamo sulle loro ferite, con il condividere in tutto le loro necessità e la loro povertà, con il portare su voi stessi il peso del peccato e del male del mondo.

È un divino mistero di preghiera. Il vostro Sacerdozio si esprime in una perenne opera di mediazione fra Dio e gli uomini. E questa si esercita con la vostra preghiera sacerdotale, soprattutto con l'offrire a Dio il Sacrificio quotidiano della Santa Messa, che, per mezzo vostro, rende perenne ed universale il dono pasquale di questa Ultima Cena. È perfezione di preghiera, cioè di unione profonda di vita con Dio, l'esercizio del Sacerdozio nel dono ai fedeli dei Sacramenti, istituiti da Gesù per la vostra salvezza. Soprattutto è perfezione di preghiera la vostra docile e premurosa disponibilità alle necessità delle anime, che vi conduce spesso ad entrare nel Confessionale, come ministri del Sacramento della Penitenza, con il quale potete risanare le piaghe profonde di tanti peccati.

Per mezzo del vostro buon esempio, ritorni in tutta la Chiesa l'uso frequente della Confessione, attuando quanto, in questo giorno, il mio primo figlio prediletto Papa Giovanni Paolo II ha domandato, con la sua lettera scritta a tutti i Sacerdoti. È un divino mistero di sofferenza. L'istituzione del Sacerdozio è soprattutto ordinata a una perenne, anche se incruenta, immolazione di Gesù, che perpetua quella compiuta da Lui sul Calvario. così anche voi siete da Me chiamati a soffrire con Gesù, ad immolarvi con Lui per la salvezza delle anime. Salite il Calvario di questo secolo indifferente e crudele, pronti a morire come Gesù, perché i fratelli abbiano la vita.

Per questo, in questi tempi, Io vi domando sofferenze più grandi e più continue. Non scoraggiatevi; siate anzi lieti. Se entrate nel giardino del mio Cuore Immacolato, proverete sempre più quanto Gesù ha esperimentato in maniera perfetta: la gioia della immolazione per amore e la salvezza di tutti. così, ogni giorno, alle anime che vi sono state affidate, potete dire con verità: "Quanto ho desiderato mangiare questa mia Pasqua con voi!"