Sotto il Tuo Manto

Lunedi, 21 luglio 2025 - San Lorenzo da Brindisi (Letture di oggi)

Ci preoccupiamo troppo per le cose che non accadranno mai. E quando si presentano le difficoltà , dimentichiamo che ben presto finiranno, perché tutto passa. Allora bisogna vivere con saggezza e resilienza; bisogna avere un giusto e equilibrato punto di vista qualsiasi cosa accada. La fede, la speranza, la carità , la maturità  ci spingono ad attraversare le nostre giornate con fiducia in Dio e con gratitudine, senza accordare più importanza ai giorni bui e nuvolosi che ai giorni di sole. La vita ti offrirà  mille occasioni per essere arrabbiato con Dio, ma te ne basterà  una sola per essergli grato per sempre. (Don Nikola Vucic)

Liturgia delle Ore - Letture

Sabato della 4° settimana del tempo di Quaresima

Questa sezione contiene delle letture scelte a caso, provenienti dalle varie sezioni del sito (Sacra Bibbia e la sezione Biblioteca Cristiana), mentre l'ultimo tab Apparizioni, contiene messaggi di apparizioni a mistici o loro scritti. Sono presenti testi della Valtorta, Luisa Piccarreta, don Stefano Gobbi e testimonianze di apparizioni mariane riconosciute.

Vangelo secondo Marco 4

1Di nuovo si mise a insegnare lungo il mare. E si riunì attorno a lui una folla enorme, tanto che egli salì su una barca e là restò seduto, stando in mare, mentre la folla era a terra lungo la riva.2Insegnava loro molte cose in parabole e diceva loro nel suo insegnamento:3"Ascoltate. Ecco, uscì il seminatore a seminare.4Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada e vennero gli uccelli e la divorarono.5Un'altra cadde fra i sassi, dove non c'era molta terra, e subito spuntò perché non c'era un terreno profondo;6ma quando si levò il sole, restò bruciata e, non avendo radice, si seccò.7Un'altra cadde tra le spine; le spine crebbero, la soffocarono e non diede frutto.8E un'altra cadde sulla terra buona, diede frutto che venne su e crebbe, e rese ora il trenta, ora il sessanta e ora il cento per uno".9E diceva: "Chi ha orecchi per intendere intenda!".

10Quando poi fu solo, i suoi insieme ai Dodici lo interrogavano sulle parabole. Ed egli disse loro:11"A voi è stato confidato il mistero del regno di Dio; a quelli di fuori invece tutto viene esposto in parabole,12perché:

'guardino, ma non vedano, ascoltino, ma non intendano,
perché non si convertano e venga loro perdonato'".

13Continuò dicendo loro: "Se non comprendete questa parabola, come potrete capire tutte le altre parabole?14Il seminatore semina la parola.15Quelli lungo la strada sono coloro nei quali viene seminata la parola; ma quando l'ascoltano, subito viene satana, e porta via la parola seminata in loro.16Similmente quelli che ricevono il seme sulle pietre sono coloro che, quando ascoltano la parola, subito l'accolgono con gioia,17ma non hanno radice in se stessi, sono incostanti e quindi, al sopraggiungere di qualche tribolazione o persecuzione a causa della parola, subito si abbattono.18Altri sono quelli che ricevono il seme tra le spine: sono coloro che hanno ascoltato la parola,19ma sopraggiungono le preoccupazioni del mondo e l'inganno della ricchezza e tutte le altre bramosie, soffocano la parola e questa rimane senza frutto.20Quelli poi che ricevono il seme su un terreno buono, sono coloro che ascoltano la parola, l'accolgono e portano frutto nella misura chi del trenta, chi del sessanta, chi del cento per uno".

21Diceva loro: "Si porta forse la lampada per metterla sotto il moggio o sotto il letto? O piuttosto per metterla sul lucerniere?22Non c'è nulla infatti di nascosto che non debba essere manifestato e nulla di segreto che non debba essere messo in luce.23Se uno ha orecchi per intendere, intenda!".
24Diceva loro: "Fate attenzione a quello che udite: Con la stessa misura con la quale misurate, sarete misurati anche voi; anzi vi sarà dato di più.25Poiché a chi ha, sarà dato e a chi non ha, sarà tolto anche quello che ha".

26Diceva: "Il regno di Dio è come un uomo che getta il seme nella terra;27dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce; come, egli stesso non lo sa.28Poiché la terra produce spontaneamente, prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga.29Quando il frutto è pronto, subito si mette mano alla falce, perché è venuta la mietitura".

30Diceva: "A che cosa possiamo paragonare il regno di Dio o con quale parabola possiamo descriverlo?31Esso è come un granellino di senapa che, quando viene seminato per terra, è il più piccolo di tutti semi che sono sulla terra;32ma appena seminato cresce e diviene più grande di tutti gli ortaggi e fa rami tanto grandi che gli uccelli del cielo possono ripararsi alla sua ombra".

33Con molte parabole di questo genere annunziava loro la parola secondo quello che potevano intendere.34Senza parabole non parlava loro; ma in privato, ai suoi discepoli, spiegava ogni cosa.

35In quel medesimo giorno, verso sera, disse loro: "Passiamo all'altra riva".36E lasciata la folla, lo presero con sé, così com'era, nella barca. C'erano anche altre barche con lui.37Nel frattempo si sollevò una gran tempesta di vento e gettava le onde nella barca, tanto che ormai era piena.38Egli se ne stava a poppa, sul cuscino, e dormiva. Allora lo svegliarono e gli dissero: "Maestro, non t'importa che moriamo?".39Destatosi, sgridò il vento e disse al mare: "Taci, calmati!". Il vento cessò e vi fu grande bonaccia.40Poi disse loro: "Perché siete così paurosi? Non avete ancora fede?".41E furono presi da grande timore e si dicevano l'un l'altro: "Chi è dunque costui, al quale anche il vento e il mare obbediscono?".


Giosuè 7

1Gli Israeliti si resero colpevoli di violazione quanto allo sterminio: Acan, figlio di Carmi, figlio di Zabdi, figlio di Zerach, della tribù di Giuda, si impadronì di quanto era votato allo sterminio e allora la collera del Signore si accese contro gli Israeliti.
2Giosuè inviò uomini di Gèrico ad Ai, che è presso Bet-Aven, ad oriente di Betel. Disse loro: "Andate a esplorare la regione". Gli uomini andarono a esplorare Ai.3Poi ritornarono da Giosuè e gli dissero: "Non vada tutto il popolo; vadano all'assalto due o tremila uomini per espugnare Ai; non impegnateci tutto il popolo, perché sono pochi".4Vi andarono allora del popolo circa tremila uomini, ma si diedero alla fuga dinanzi agli uomini di Ai.5Gli uomini di Ai ne uccisero circa trentasei, li inseguirono davanti alla porta fino a Sebarim e li colpirono nella discesa. Allora al popolo venne meno il cuore e si sciolse come acqua.
6Giosuè si stracciò le vesti, si prostrò con la faccia a terra davanti all'arca del Signore fino alla sera e con lui gli anziani di Israele e sparsero polvere sul loro capo.7Giosuè esclamò: "Signore Dio, perché hai fatto passare il Giordano a questo popolo, per metterci poi nelle mani dell'Amorreo e distruggerci? Se avessimo deciso di stabilirci oltre il Giordano!8Perdonami, Signore: che posso dire, dopo che Israele ha voltato le spalle ai suoi nemici?9Lo sapranno i Cananei e tutti gli abitanti della regione, ci accerchieranno e cancelleranno il nostro nome dal paese. E che farai tu per il tuo grande nome?".
10Rispose il Signore a Giosuè: "Alzati, perché stai prostrato sulla faccia?11Israele ha peccato. Essi hanno trasgredito l'alleanza che avevo loro prescritto e hanno preso ciò che era votato allo sterminio: hanno rubato, hanno dissimulato e messo nei loro sacchi!12Gli Israeliti non potranno resistere ai loro nemici, volteranno le spalle ai loro nemici, perché sono incorsi nello sterminio. Non sarò più con voi, se non eliminerete da voi chi è incorso nello sterminio.13Orsù, santifica il popolo.
Dirai: Santificatevi per domani, perché dice il Signore, Dio di Israele: Uno votato allo sterminio è in mezzo a te, Israele; tu non potrai resistere ai tuoi nemici, finché non eliminerete da voi chi è votato allo sterminio.14Vi accosterete dunque domattina secondo le vostre tribù; la tribù che il Signore avrà designato con la sorte si accosterà per famiglie e la famiglia che il Signore avrà designata si accosterà per case; la casa che il Signore avrà designata si accosterà per individui;15colui che risulterà votato allo sterminio sarà bruciato dal fuoco con quanto è suo, perché ha trasgredito l'alleanza del Signore e ha commesso un'infamia in Israele".
16Giosuè si alzò di buon mattino e fece accostare Israele secondo le sue tribù e fu designata dalla sorte la tribù di Giuda.17Fece accostare le famiglie di Giuda e fu designata la famiglia degli Zerachiti; fece accostare la famiglia degli Zerachiti per case e fu designato Zabdi;18fece accostare la sua casa per individui e fu designato dalla sorte Acan, figlio di Carmi, figlio di Zabdi, figlio di Zerach, della tribù di Giuda.19Disse allora Giosuè ad Acan: "Figlio mio, da' gloria al Signore, Dio di Israele, e rendigli omaggio e raccontami ciò che hai fatto, non me lo nascondere".20Rispose Acan a Giosuè: "In verità, proprio io ho peccato contro il Signore, Dio di Israele, e ho fatto questo e quest'altro.21Avevo visto nel bottino un bel mantello di Sennaar, duecento sicli d'argento e un lingotto d'oro del peso di cinquanta sicli; ne sentii bramosia e li presi ed eccoli nascosti in terra in mezzo alla mia tenda e l'argento è sotto".22Giosuè mandò allora messaggeri che corsero alla tenda, ed ecco tutto era nascosto nella tenda e l'argento era sotto.23Li presero dalla tenda, li portarono a Giosuè e a tutti gli Israeliti e li deposero davanti al Signore.24Giosuè allora prese Acan di Zerach e l'argento, il mantello, il lingotto d'oro, i suoi figli, le sue figlie, il suo bue, il suo asino, le sue pecore, la sua tenda e quanto gli apparteneva. Tutto Israele lo seguiva ed egli li condusse alla valle di Acor.25Giosuè disse: "Come tu hai portato sventura a noi, così il Signore oggi la porti a te!". Tutto Israele lo lapidò, li bruciarono tutti e li uccisero tutti a sassate.26Eressero poi sul posto un gran mucchio di pietre, che esiste fino ad oggi. Il Signore allora desistette dal suo tremendo sdegno. Per questo quel luogo si chiama fino ad oggi Valle di Acor.


Salmi 78

1'Maskil. Di Asaf.'

Popolo mio, porgi l'orecchio al mio insegnamento,
ascolta le parole della mia bocca.
2Aprirò la mia bocca in parabole,
rievocherò gli arcani dei tempi antichi.

3Ciò che abbiamo udito e conosciuto
e i nostri padri ci hanno raccontato,
4non lo terremo nascosto ai loro figli;
diremo alla generazione futura
le lodi del Signore, la sua potenza
e le meraviglie che egli ha compiuto.

5Ha stabilito una testimonianza in Giacobbe,
ha posto una legge in Israele:
ha comandato ai nostri padri
di farle conoscere ai loro figli,
6perché le sappia la generazione futura,
i figli che nasceranno.
Anch'essi sorgeranno a raccontarlo ai loro figli
7perché ripongano in Dio la loro fiducia
e non dimentichino le opere di Dio,
ma osservino i suoi comandi.
8Non siano come i loro padri,
generazione ribelle e ostinata,
generazione dal cuore incostante
e dallo spirito infedele a Dio.
9I figli di Èfraim, valenti tiratori d'arco,
voltarono le spalle nel giorno della lotta.

10Non osservarono l'alleanza di Dio,
rifiutando di seguire la sua legge.
11Dimenticarono le sue opere,
le meraviglie che aveva loro mostrato.
12Aveva fatto prodigi davanti ai loro padri,
nel paese d'Egitto, nei campi di Tanis.
13Divise il mare e li fece passare
e fermò le acque come un argine.
14Li guidò con una nube di giorno
e tutta la notte con un bagliore di fuoco.
15Spaccò le rocce nel deserto
e diede loro da bere come dal grande abisso.
16Fece sgorgare ruscelli dalla rupe
e scorrere l'acqua a torrenti.

17Eppure continuarono a peccare contro di lui,
a ribellarsi all'Altissimo nel deserto.
18Nel loro cuore tentarono Dio,
chiedendo cibo per le loro brame;
19mormorarono contro Dio
dicendo: "Potrà forse Dio
preparare una mensa nel deserto?".
20Ecco, egli percosse la rupe e ne scaturì acqua,
e strariparono torrenti.
"Potrà forse dare anche pane
o preparare carne al suo popolo?".
21All'udirli il Signore ne fu adirato;
un fuoco divampò contro Giacobbe
e l'ira esplose contro Israele,
22perché non ebbero fede in Dio
né speranza nella sua salvezza.

23Comandò alle nubi dall'alto
e aprì le porte del cielo;
24fece piovere su di essi la manna per cibo
e diede loro pane del cielo:
25l'uomo mangiò il pane degli angeli,
diede loro cibo in abbondanza.
26Scatenò nel cielo il vento d'oriente,
fece spirare l'australe con potenza;
27su di essi fece piovere la carne come polvere
e gli uccelli come sabbia del mare;
28caddero in mezzo ai loro accampamenti,
tutto intorno alle loro tende.
29Mangiarono e furono ben sazi,
li soddisfece nel loro desiderio.
30La loro avidità non era ancora saziata,
avevano ancora il cibo in bocca,
31quando l'ira di Dio si alzò contro di essi,
facendo strage dei più vigorosi
e abbattendo i migliori d'Israele.

32Con tutto questo continuarono a peccare
e non credettero ai suoi prodigi.
33Allora dissipò come un soffio i loro giorni
e i loro anni con strage repentina.
34Quando li faceva perire, lo cercavano,
ritornavano e ancora si volgevano a Dio;
35ricordavano che Dio è loro rupe,
e Dio, l'Altissimo, il loro salvatore;
36lo lusingavano con la bocca
e gli mentivano con la lingua;
37il loro cuore non era sincero con lui
e non erano fedeli alla sua alleanza.
38Ed egli, pietoso, perdonava la colpa,
li perdonava invece di distruggerli.
Molte volte placò la sua ira
e trattenne il suo furore,
39ricordando che essi sono carne,
un soffio che va e non ritorna.
40Quante volte si ribellarono a lui nel deserto,
lo contristarono in quelle solitudini!
41Sempre di nuovo tentavano Dio,
esasperavano il Santo di Israele.
42Non si ricordavano più della sua mano,
del giorno che li aveva liberati dall'oppressore,

43quando operò in Egitto i suoi prodigi,
i suoi portenti nei campi di Tanis.
44Egli mutò in sangue i loro fiumi
e i loro ruscelli, perché non bevessero.
45Mandò tafàni a divorarli
e rane a molestarli.
46Diede ai bruchi il loro raccolto,
alle locuste la loro fatica.
47Distrusse con la grandine le loro vigne,
i loro sicomori con la brina.
48Consegnò alla grandine il loro bestiame,
ai fulmini i loro greggi.

49Scatenò contro di essi la sua ira ardente,
la collera, lo sdegno, la tribolazione,
e inviò messaggeri di sventure.
50Diede sfogo alla sua ira:
non li risparmiò dalla morte
e diede in preda alla peste la loro vita.
51Colpì ogni primogenito in Egitto,
nelle tende di Cam la primizia del loro vigore.

52Fece partire come gregge il suo popolo
e li guidò come branchi nel deserto.
53Li condusse sicuri e senza paura
e i loro nemici li sommerse il mare.
54Li fece salire al suo luogo santo,
al monte conquistato dalla sua destra.
55Scacciò davanti a loro i popoli
e sulla loro eredità gettò la sorte,
facendo dimorare nelle loro tende le tribù di Israele.

56Ma ancora lo tentarono,
si ribellarono a Dio, l'Altissimo,
non obbedirono ai suoi comandi.
57Sviati, lo tradirono come i loro padri,
fallirono come un arco allentato.
58Lo provocarono con le loro alture
e con i loro idoli lo resero geloso.

59Dio, all'udire, ne fu irritato
e respinse duramente Israele.
60Abbandonò la dimora di Silo,
la tenda che abitava tra gli uomini.
61Consegnò in schiavitù la sua forza,
la sua gloria in potere del nemico.
62Diede il suo popolo in preda alla spada
e contro la sua eredità si accese d'ira.
63Il fuoco divorò il fiore dei suoi giovani,
le sue vergini non ebbero canti nuziali.
64I suoi sacerdoti caddero di spada
e le loro vedove non fecero lamento.

65Ma poi il Signore si destò come da un sonno,
come un prode assopito dal vino.
66Colpì alle spalle i suoi nemici,
inflisse loro una vergogna eterna.
67Ripudiò le tende di Giuseppe,
non scelse la tribù di Èfraim;
68ma elesse la tribù di Giuda,
il monte Sion che egli ama.
69Costruì il suo tempio alto come il cielo
e come la terra stabile per sempre.
70Egli scelse Davide suo servo
e lo trasse dagli ovili delle pecore.
71Lo chiamò dal seguito delle pecore madri
per pascere Giacobbe suo popolo,
la sua eredità Israele.
72Fu per loro pastore dal cuore integro
e li guidò con mano sapiente.


Salmi 125

1'Canto delle ascensioni'.

Chi confida nel Signore è come il monte Sion:
non vacilla, è stabile per sempre.

2I monti cingono Gerusalemme:
il Signore è intorno al suo popolo
ora e sempre.
3Egli non lascerà pesare lo scettro degli empi
sul possesso dei giusti,
perché i giusti non stendano le mani
a compiere il male.

4La tua bontà, Signore, sia con i buoni
e con i retti di cuore.
5Quelli che vanno per sentieri tortuosi
il Signore li accomuni alla sorte dei malvagi.
Pace su Israele!


Geremia 50

1Parola che il Signore pronunziò contro Babilonia, contro il paese dei Caldei, per mezzo del profeta Geremia.

2"Proclamatelo fra i popoli e fatelo sapere,
non nascondetelo, dite:
Babilonia è presa,
Bel è coperto di confusione,
è infranto Marduch;
sono confusi i suoi idoli,
sono sgomenti i suoi feticci.

3Poiché dal settentrione sale contro di essa un popolo che ridurrà la sua terra a un deserto, non vi abiterà più nessuno; uomini e animali fuggono, se ne vanno.4In quei giorni e in quel tempo - dice il Signore - verranno gli Israeliti insieme con i figli di Giuda; cammineranno piangendo e cercheranno il Signore loro Dio.5Domanderanno di Sion, verso cui sono fissi i loro volti: Venite, uniamoci al Signore con un'alleanza eterna, che non sia mai dimenticata.6Gregge di pecore sperdute era il mio popolo, i loro pastori le avevano sviate, le avevano fatte smarrire per i monti; esse andavano di monte in colle, avevano dimenticato il loro ovile.7Quanti le trovavano, le divoravano e i loro nemici dicevano: Non commettiamo nessun delitto, perché essi hanno peccato contro il Signore, pascolo di giustizia e speranza dei loro padri.

8Fuggite da Babilonia,
dalla regione dei Caldei,
uscite e siate come capri
in testa al gregge.
9Poiché, ecco io suscito e mando contro Babilonia
una massa di grandi nazioni
dal paese del settentrione;
queste le si schiereranno contro,
di là essa sarà presa.
Le loro frecce sono come quelle di un abile arciere,
nessuna ritorna a vuoto.
10La Caldea sarà saccheggiata,
tutti i suoi saccheggiatori saranno saziati.
Parola del Signore.
11Gioite pure e tripudiate,
saccheggiatori della mia eredità!
Saltate pure come giovenchi su un prato
e nitrite come destrieri!
12La vostra madre è piena di confusione,
e coperta di vergogna colei che vi ha partorito.
Ecco è l'ultima delle nazioni,
un deserto, un luogo riarso e una steppa.
13A causa dell'ira del Signore non sarà più abitata,
sarà tutta una desolazione.
Chiunque passerà vicino a Babilonia rimarrà stupito
e fischierà davanti a tutte le sue piaghe.
14Disponetevi intorno a Babilonia,
voi tutti che tendete l'arco;
tirate contro di essa, non risparmiate le frecce,
poiché essa ha peccato contro il Signore.
15Alzate il grido di guerra contro di essa, da ogni parte.
Essa tende la mano,
crollano le sue torri,
rovinano le sue mura,
poiché questa è la vendetta del Signore.
Vendicatevi di lei,
trattatela come essa ha trattato gli altri!
16Sterminate in Babilonia chi semina
e chi impugna la falce al momento della messe.
Di fronte alla spada micidiale
ciascuno ritorni al suo popolo
e ciascuno fugga verso il suo paese.
17Una pecora smarrita è Israele,i leoni le hanno dato la caccia;
per primo l'ha divorata il re di Assiria,
poi il re di Babilonia ne ha stritolato le ossa.
18Perciò, dice il Signore degli eserciti, Dio di Israele: Ecco, io punirò il re di Babilonia e il suo paese, come già ho punito il re di Assiria,19e ricondurrò Israele nel suo pascolo, pascolerà sul Carmelo e sul Basàn; sulle montagne di Èfraim e di Gàlaad si sazierà.20In quei giorni e in quel tempo - dice il Signore - si cercherà l'iniquità di Israele, ma essa non sarà più, si cercheranno i peccati di Giuda, ma non si troveranno, perché io perdonerò a quanti lascerò superstiti.

21Avanza nella terra di Meratàim,
avanza contro di essa
e contro gli abitanti di Pekòd.
Devasta, annientali - dice il Signore -
eseguisci quanto ti ho comandato!
22Rumore di guerra nella regione,
e grande disastro.
23Perché è stato rotto e fatto in pezzi
il martello di tutta la terra?
Perché è diventata un orrore
Babilonia fra le nazioni?
24Ti ho teso un laccio e ti ci sei impigliata,
Babilonia, senza avvedertene.
Sei stata sorpresa e afferrata,
perché hai fatto guerra al Signore.
25Il Signore ha aperto il suo arsenale
e ne ha tratto le armi del suo sdegno,
perché il Signore Dio degli eserciti
ha un'opera da compiere nel paese dei Caldei.
26Venite ad essa dall'estremo limite,
aprite i suoi granai;
fatene dei mucchi come covoni, sterminatela,
non ne rimanga neppure un resto.
27Uccidete tutti i suoi tori, scendano al macello.
Guai a loro, perché è giunto il loro giorno,
il tempo del loro castigo!
28Voce di profughi e di scampati dal paese di Babilonia
per annunziare in Sion
la vendetta del Signore nostro Dio,
la vendetta per il suo tempio.

29Convocate contro Babilonia gli arcieri,
quanti tendono l'arco.
Accampatevi intorno ad essa
in modo che nessuno scampi.
Ripagatela secondo le sue opere,
fate a lei quanto ha fatto agli altri,
perché è stata arrogante con il Signore,
con il Santo di Israele.
30Perciò cadranno i suoi giovani nelle sue piazze
e tutti i suoi guerrieri periranno in quel giorno".
Parola del Signore.
31"Eccomi a te, o arrogante,
- oracolo del Signore degli eserciti -
poiché è giunto il tuo giorno,
il tempo del tuo castigo.
32Vacillerà l'arrogante e cadrà,
nessuno la rialzerà.
Io darò alle fiamme le sue città,
esse divoreranno tutti i suoi dintorni.

33Dice il Signore degli eserciti: Oppressi sono i figli di Israele e i figli di Giuda tutti insieme; tutti i loro deportatori li trattengono e rifiutano di lasciarli andare.34Ma il loro vendicatore è forte, Signore degli eserciti è il suo nome. Egli sosterrà efficacemente la loro causa, per rendere tranquilla la terra e sconvolgere gli abitanti di Babilonia.

35Spada, sui Caldei
e sugli abitanti di Babilonia,
sui suoi capi
e sui suoi sapienti!
36Spada, sui suoi indovini
ed essi impazziscano!
Spada, sui suoi prodi,
ed essi s'impauriscano!
37Spada, sui suoi cavalli e sui suoi carri,
su tutta la gentaglia che è in essa,
diventino come donne!
Spada, sui suoi tesori
ed essi siano saccheggiati!
38Spada, sulle sue acque
ed esse si prosciughino!
Poiché essa è una terra di idoli;
vanno pazzi per questi spauracchi.

39Perciò l'abiteranno animali del deserto e sciacalli, vi si stabiliranno gli struzzi; non sarà mai più abitata, né popolata di generazione in generazione.40Come quando Dio sconvolse Sòdoma, Gomorra e le città vicine - oracolo del Signore - così non vi abiterà alcuna persona né vi dimorerà essere umano.

41Ecco, un popolo viene dal settentrione, un popolo grande, e molti re sorgono dalle estremità della terra.42Impugnano arco e dardo, sono crudeli, non hanno pietà; il loro tumulto è come il mugghio del mare. Montano cavalli, sono pronti come un sol uomo a combattere contro di te, figlia di Babilonia.43Il re di Babilonia ha sentito parlare di loro e le sue braccia sono senza forza; lo ha colto l'angoscia, un dolore come di donna nel parto.44Ecco, come un leone sale dalla boscaglia del Giordano verso i prati sempre verdi, così in un batter d'occhio io li farò fuggire al di là e vi metterò sopra colui che mi piacerà. Poiché chi è come me? Chi può citarmi in giudizio? Chi è dunque il pastore che può resistere davanti a me?45Per questo ascoltate il progetto che il Signore ha fatto contro Babilonia e le decisioni che ha prese contro il paese dei Caldei. Certo, trascineranno via anche i più piccoli del gregge e per loro sarà desolato il loro prato.46Al fragore della presa di Babilonia trema la terra, ne risuonerà il clamore fra le nazioni".


Atti degli Apostoli 22

1"Fratelli e padri, ascoltate la mia difesa davanti a voi".2Quando sentirono che parlava loro in lingua ebraica, fecero silenzio ancora di più.3Ed egli continuò: "Io sono un Giudeo, nato a Tarso di Cilicia, ma cresciuto in questa città, formato alla scuola di Gamalièle nelle più rigide norme della legge paterna, pieno di zelo per Dio, come oggi siete tutti voi.4Io perseguitai a morte questa nuova dottrina, arrestando e gettando in prigione uomini e donne,5come può darmi testimonianza il sommo sacerdote e tutto il collegio degli anziani. Da loro ricevetti lettere per i nostri fratelli di Damasco e partii per condurre anche quelli di là come prigionieri a Gerusalemme, per essere puniti.
6Mentre ero in viaggio e mi avvicinavo a Damasco, verso mezzogiorno, all'improvviso una gran luce dal cielo rifulse attorno a me;7caddi a terra e sentii una voce che mi diceva: Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?8Risposi: Chi sei, o Signore? Mi disse: Io sono Gesù il Nazareno, che tu perseguiti.9Quelli che erano con me videro la luce, ma non udirono colui che mi parlava.10Io dissi allora: Che devo fare, Signore? E il Signore mi disse: Alzati e prosegui verso Damasco; là sarai informato di tutto ciò che è stabilito che tu faccia.11E poiché non ci vedevo più, a causa del fulgore di quella luce, guidato per mano dai miei compagni, giunsi a Damasco.
12Un certo Ananìa, un devoto osservante della legge e in buona reputazione presso tutti i Giudei colà residenti,13venne da me, mi si accostò e disse: Saulo, fratello, torna a vedere! E in quell'istante io guardai verso di lui e riebbi la vista.14Egli soggiunse: Il Dio dei nostri padri ti ha predestinato a conoscere la sua volontà, a vedere il Giusto e ad ascoltare una parola dalla sua stessa bocca,15perché gli sarai testimone davanti a tutti gli uomini delle cose che hai visto e udito.16E ora perché aspetti? Alzati, ricevi il battesimo e lavati dai tuoi peccati, invocando il suo nome.
17Dopo il mio ritorno a Gerusalemme, mentre pregavo nel tempio, fui rapito in estasi18e vidi Lui che mi diceva: Affrettati ed esci presto da Gerusalemme, perché non accetteranno la tua testimonianza su di me.19E io dissi: Signore, essi sanno che facevo imprigionare e percuotere nella sinagoga quelli che credevano in te;20quando si versava il sangue di Stefano, tuo testimone, anch'io ero presente e approvavo e custodivo i vestiti di quelli che lo uccidevano.21Allora mi disse: Va', perché io ti manderò lontano, tra i pagani".

22Fino a queste parole erano stati ad ascoltarlo, ma allora alzarono la voce gridando: "Toglilo di mezzo; non deve più vivere!".23E poiché continuavano a urlare, a gettar via i mantelli e a lanciar polvere in aria,24il tribuno ordinò di portarlo nella fortezza, prescrivendo di interrogarlo a colpi di flagello al fine di sapere per quale motivo gli gridavano contro in tal modo.
25Ma quando l'ebbero legato con le cinghie, Paolo disse al centurione che gli stava accanto: "Potete voi flagellare un cittadino romano, non ancora giudicato?".26Udito ciò, il centurione corse a riferire al tribuno: "Che cosa stai per fare? Quell'uomo è un romano!".27Allora il tribuno si recò da Paolo e gli domandò: "Dimmi, tu sei cittadino romano?". Rispose: "Sì".28Replicò il tribuno: "Io questa cittadinanza l'ho acquistata a caro prezzo". Paolo disse: "Io, invece, lo sono di nascita!".29E subito si allontanarono da lui quelli che dovevano interrogarlo. Anche il tribuno ebbe paura, rendendosi conto che Paolo era cittadino romano e che lui lo aveva messo in catene.

30Il giorno seguente, volendo conoscere la realtà dei fatti, cioè il motivo per cui veniva accusato dai Giudei, gli fece togliere le catene e ordinò che si riunissero i sommi sacerdoti e tutto il sinedrio; vi fece condurre Paolo e lo presentò davanti a loro.


Capitolo III: Chi é colui che ama il bene e la pace

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1. Se, in primo luogo, manterrai te stesso nella pace, potrai dare pace agli altri; ché l'uomo di pace è più utile dell'uomo di molta dottrina. Colui che è turbato dalla passione trasforma anche il bene in male, pronto com'è a vedere il male dappertutto; mentre colui che ama il bene e la pace trasforma ogni cosa in bene. Chi è pienamente nella pace non sospetta di alcuno. Invece chi è inquieto e turbato sta sempre in agitazione per vari sospetti. Non è tranquillo lui, né permette agli altri di esserlo; dice sovente cose che non dovrebbe dire e tralascia cose che più gli converrebbe fare; sta attento a ciò che dovrebbero fare gli altri, e trascura ciò a cui sarebbe tenuto lui stesso. Sii dunque zelante, innanzi tutto , con te stesso; solo così potrai essere giustamente zelante con il tuo prossimo. Tu sei molto abile nel trovare giustificazioni per quello che fai e nel farlo apparire sotto una certa luce, mentre rifiuti di accettare le giustificazioni negli altri. Sarebbe invece più giusto che tu accusassi te stesso e scusassi il tuo fratello. Se vuoi essere sopportato, sopporta gli altri anche tu.  

2. Vedi quanto sei ancora lontano dal vero amore e dalla umiltà di chi non sa adirarsi e indignarsi con alcuno, fuor che con se stesso. Non è grande merito stare con persone buone e miti; è cosa, questa, che fa naturalmente piacere a tutti, e nella quale tutti troviamo facile contentezza, giacché amiamo di più quelli che ci danno ragione. E' invece grande virtù, e lodevole comportamento, degno di un uomo, riuscire a vivere in pace con le persone dure e cattive, che si comportano senza correttezza e non hanno condiscendenza verso di noi. Ci sono alcuni che stanno, essi, nella pace e mantengono pace anche con gli altri. Ci sono invece alcuni che non stanno in pace essi, né lasciano pace agli altri: pesanti con il prossimo, e ancor più con se stessi. Ci sono poi alcuni che stanno essi nella pace e si preoccupano di condurre alla pace gli altri. La verità è che la vera pace, in questa nostra misera vita, la dobbiamo far consistere nel saper sopportare con umiltà, piuttosto che nel non avere contrarietà. Colui che saprà meglio sopportare, conseguirà una pace più grande. Vittorioso su se stesso e padrone del mondo, questi è l'amico di Cristo e l'erede del cielo.


Omelia 68: Il Signore va a prepararci il posto.

Commento al Vangelo di San Giovanni - Sant'Agostino d'Ippona

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1. Sappiamo di avere un debito con voi, o fratelli carissimi, che avevamo rinviato e che adesso dobbiamo pagare. Il debito consiste nel mostrare che nelle parole del Signore non vi è contraddizione. Ha detto: Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore; se così non fosse, vi avrei detto che vado a prepararvi un posto (Gv 14, 2). Appare chiaro da queste parole che nella casa del Padre suo vi sono molte dimore e che non c'è bisogno di prepararne; ma subito dopo dice: E quando sarò partito e avrò preparato un posto per voi, ritornerò e vi prenderò con me, affinché dove sono io siate anche voi (Gv 14, 3). Perché va a preparare il posto, se vi sono già molte dimore? Se così non fosse, avrebbe detto: Vado a prepararvelo. Se era invece ancora da preparare, perché non dire: vado a prepararvelo? Ovvero queste dimore vi sono, ma bisogna prepararle? Se così non fosse, non avrebbe detto: vado a prepararvi il posto. Queste dimore esistono, ma bisogna prepararle. Il Signore non va a prepararle come sono; ma quando sarà andato e le avrà preparate come si deve, allora tornerà per prendere i suoi con sé, affinché anch'essi siano dove è lui. In che senso dunque le dimore nella casa del Padre sono le stesse, non diverse, e sicuramente esistono già senza che debbano essere preparate, e insieme non sono ancora quali devono essere preparate? Nello stesso senso in cui il profeta dice che Dio ha fatto le cose che dovranno essere fatte. Il profeta non dice che Dio farà le cose che saranno, ma che ha fatto le cose che saranno (Is 45, 11 sec. LXX). Cioè le ha fatte e insieme le farà. Esse non sarebbero state fatte, se egli non le avesse fatte; né saranno fatte se egli non le farà. Egli le ha fatte predestinandole all'esistenza, e le farà chiamandole all'esistenza. Così come il Signore ha eletto gli Apostoli in quel preciso momento in cui, secondo il Vangelo, li ha chiamati (cf. Lc 6, 13); e tuttavia l'Apostolo dice: Ci ha eletti prima della creazione del mondo (Ef 1,4), cioè ci ha eletti predestinandoci, non chiamandoci. Quelli poi che ha predestinati, li ha anche chiamati (Rm 8, 30): li ha eletti predestinandoli prima della creazione del mondo, li ha eletti chiamandoli prima della fine del mondo. In questo senso ha preparato e prepara le dimore: prepara non altre dimore, ma le stesse preparate da lui che ha fatto le cose che saranno: egli va a preparare mediante la realizzazione le dimore che ha preparato mediante la predestinazione. Esse già esistono nella predestinazione; se così non fosse, avrebbe detto: vado a preparare, cioè a predestinare. Ma siccome nella realizzazione ancora non esistono, dice: E quando sarò partito e avrò preparato un posto per voi, ritornerò e vi prenderò con me.

[Formazione del regno.]

2. Si può dire che il Signore prepara le dimore preparando coloro che dovranno occuparle. In base alle sue parole: Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore, che cosa dobbiamo pensare che sia la casa di Dio se non il tempio di Dio? Se a questo proposito interroghiamo l'Apostolo, egli ci risponderà: Santo è il tempio di Dio, che siete voi (1 Cor 3, 17). Si identifica anche col regno di Dio che il Figlio consegnerà al Padre, secondo quanto dice il medesimo Apostolo: Primizia è Cristo; poi coloro che sono di Cristo, al momento della sua Parusia; quindi la fine, allorquando egli consegnerà il regno al Dio e Padre (1 Cor 15, 23-24); cioè, quelli che ha redenti col suo sangue li consegnerà al Padre perché lo possano contemplare per sempre. Questo è il regno dei cieli, di cui è detto: Il regno dei cieli è simile ad un uomo che semina il buon seme nel suo campo; il buon seme poi sono i figli del regno, che sono ora mescolati alla zizzania; ma alla fine del mondo il re manderà i suoi angeli, che toglieranno via dal suo regno tutti gli scandali. Allora i giusti risplenderanno come il sole nel regno del Padre loro (Mt 13, 24 38-43). Il regno risplenderà nel regno, allorché sarà compiuto quel regno che adesso invochiamo dicendo: Venga il tuo regno! (Mt 6, 10). Fin d'ora è chiamato regno, ma è ancora in formazione. Se non avesse già il nome di regno, il Signore non direbbe: Toglieranno via dal suo regno tutti gli scandali. Ma questo regno non regna ancora. E' già regno nel senso che quando da esso saranno eliminati tutti gli scandali, non avrà più soltanto il nome di regno, ma lo sarà nel senso pieno e definitivo. E a questo regno, collocato alla destra, il Signore dirà: Venite, benedetti del Padre mio, ricevete il regno (Mt 25, 34); cioè, voi che eravate regno ma non regnavate, venite a regnare, sì da essere in realtà ciò che siete stati nella speranza. Dunque, questa casa di Dio, questo tempio di Dio, questo regno di Dio, questo regno dei cieli, è ancora in costruzione, è ancora in formazione; ancora dev'essere preparato, ancora deve essere raccolto. In esso vi saranno quelle dimore che il Signore è andato a preparare; dimore che già esistono in quanto il Signore le ha già predestinate.

3. Ma perché egli se n'è andato per preparare queste dimore, dato che egli deve preparare noi, cosa che non può fare se ci lascia? Comprendo come posso, o Signore, ma il senso mi sembra questo: perché si preparino queste dimore, il giusto deve vivere di fede (cf. Rm 1, 17). Chi è infatti esule dal Signore ha bisogno di vivere di fede, perché è mediante la fede che si prepara alla visione beatifica (cf. 2 Cor 5, 6-8). Beati - infatti - i mondi di cuore, perché vedranno Dio (Mt 5, 8). E un altro testo dice che è mediante la fede che Dio purifica i cuori (At 15, 9). Il primo testo si trova nel Vangelo, il secondo negli Atti degli Apostoli. Ora la fede, per mezzo della quale vengono purificati i cuori di quelli che vedranno Dio, finché questi sono pellegrini, consiste nel credere ciò che ancora non si vede: quando tu vedrai, non avrai più bisogno di fede. Chi crede si guadagna dei meriti, e vedendo riceve il premio. Vada dunque il Signore a preparare il posto; vada per sottrarsi al nostro sguardo, si nasconda per essere creduto. Viene preparato il posto se si vive di fede. Dalla fede nasce il desiderio, il desiderio prepara al possesso, poiché la preparazione della celeste dimora consiste nel desiderio, frutto dell'amore. Sì, o Signore, prepara ciò che sei andato a preparare; e prepara noi per te e prepara te per noi, preparandoti il posto in noi e preparando a noi il posto in te. Tu infatti hai detto: Rimanete in me e io rimarrò in voi (Gv 15, 4). Secondo che sarà più o meno partecipe di te, ciascuno avrà un merito, e quindi un premio, maggiore o minore. La molteplicità delle dimore è appunto in rapporto alla diversità dei meriti di coloro che dovranno occuparle, tutti però avranno la vita eterna e la beatitudine infinita. Ma che significa, o Signore, il tuo andare e che significa il tuo venire? Se bene intendo, tu non ti sposti né andando né venendo: te ne vai nascondendoti, e vieni manifestandoti. Ma se non rimani con noi per guidarci, per farci progredire nella santità della vita, come potrai prepararci il posto dove potremo dimorare godendo di te? Basti questo come commento alle parole del Vangelo, che sono state lette fin dove il Signore dice: Ritornerò e vi prenderò con me. Il significato della frase seguente: Affinché dove sono io siate anche voi. E voi conoscete dove vado e la via per andarvi (Gv 14, 4), in risposta alla domanda fattagli da un discepolo quasi a nome nostro, lo vedremo meglio e lo tratteremo a tempo più opportuno.


1 - San Giuseppe viene a sapere della gravidanza di Maria vergine.

La mistica Città di Dio - Libro quarto - Suor Maria d'Agreda

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375. Era già in corso il quinto mese della divina gravidanza della Principessa del cielo, quando il castissimo Giuseppe suo sposo cominciò a riflettere sull'ingrossamento del suo grembo verginale, perché nella perfezione naturale e nella delicata costituzione della sua sposa umilissima, come ho detto in precedenza, si poteva scoprire agevolmente ogni eventuale cambiamento. Un giorno, mentre Maria santissima usciva dalla sua stanza, san Giuseppe la guardò con particolare attenzione e comprese con maggiore certezza la novità, senza che il ragionamento potesse smentire ciò che agli occhi era già evidente. L'uomo di Dio restò ferito nel cuore con un dardo di dolore, che lo penetrò fin nella sua parte più intima, senza trovare resistenza alla forza delle sue ragioni. La prima era l'amore castissimo, ma molto intenso e vero, che aveva per la sua fedelissima sposa, nella quale fin dal principio il suo cuore aveva più che confidato; inoltre, col piacevole tratto e con la santità senza pari della grande Signora, questo vincolo dell'anima di san Giuseppe si era sempre più confermato nella stima di lei. Siccome ella era tanto perfetta nella modestia e nell'umile maestà, il santo, oltre al diligente riguardo di servirla, aveva un desiderio, quasi connaturale al suo amore, di vedersi corrisposto dalla sua sposa. E il Signore dispose ciò in questo modo, affinché, per essere ricambiato, il santo mettesse una maggiore sollecitudine nel servire e stimare la divina Signora.

376. San Giuseppe soddisfaceva questo compito come fedelissimo sposo e dispensatore del mistero che tuttavia gli era nascosto. Quanto più era intento a servire e a venerare la sua sposa e quanto più il suo amore era purissimo, castissimo, santo e giusto, tanto maggiore era il desiderio di vedersi da lei corrisposto. Ciò nonostante non glielo manifestò mai, sia per la riverenza alla quale lo obbligava l'umile maestà della sua sposa, sia perché quella sollecitudine non gli era mai pesata per la sua piacevole conversazione e la sua purezza più che angelica. Quando però si trovò in questo frangente, venendogli attestata dalla vista la novità che non poteva negare, la sua anima restò divisa per la sorpresa. Tuttavia, per quanto sicuro che nella sua sposa vi era quel nuovo fatto, non diede al giudizio più di quanto non poteva negare agli occhi. Essendo uomo santo e retto, sebbene vedesse l'effetto, sospese il giudizio riguardo alla causa; se, infatti, si fosse persuaso che la sua sposa era colpevole, senza dubbio sarebbe morto di dolore.

377. A questa causa si aggiunse la certezza di non aver parte nella gravidanza che riscontrava con i suoi occhi e di non poter evitare il disonore, quando la cosa si fosse venuta a sapere. Questa preoccupazione era per san Giuseppe tanto più pesante quanto più egli era di cuore generoso ed onesto, e con la sua grande prudenza sapeva misurare il dolore dell'infamia propria e della sua sposa, se fossero giunti a soffrirlo. La terza causa, che procurava maggiore tormento al santo sposo, era il rischio di dover consegnare la sua sposa affinché venisse lapidata secondo la legge, poiché questo era il castigo delle adultere. In mezzo a queste considerazioni, come fra punte di acciaio, il cuore di san Giuseppe si trovò ferito, senza trovare sul momento altro rifugio per risollevarsi, fuorché la consolidata fiducia che aveva nella sua sposa. Poiché tutti i segni attestavano l'impensata novità e al sant'uomo non si offrivano vie d'uscita, né tantomeno egli osava comunicare a persona alcuna la sua afflizione, si trovava circondato dai dolori della morte e provava che la gelosia è tenace come l'inferno.

378. Voleva ragionare tra sé e sé, ma il dolore gli toglieva la capacità di farlo. Se il pensiero voleva andare dietro ai sensi nei sospetti, tutti questi svanivano come il gelo alla forza del sole e come il fumo dinanzi al vento, poiché egli si ricordava della provata santità della sua sposa, che era riservata e prudente; se voleva sospendere l'affetto del suo castissimo amore, non poteva, perché sempre la ritrovava oggetto degno di essere amato, e la verità, benché misteriosa, aveva forze maggiori per allettarlo di quante ne avesse l'inganno apparente dell'infedeltà per sviarlo. Non poteva rompersi quel vincolo assicurato con così solide garanzie di verità, di ragione e di giustizia. Quanto al parlarne con la sua umilissima sposa, non lo trovava conveniente e tantomeno glielo permetteva quella imperturbabilità severa e divinamente umile, che riscontrava in lei. Infatti, sebbene vedesse il cambiamento nel corpo, il suo procedere tanto puro e santo non corrispondeva a tale sconcerto, come si sarebbe potuto presumere, poiché quella colpa non poteva accordarsi con tanta purezza, santità, discrezione e con tutte le grazie unite insieme, l'aumento delle quali, in Maria santissima, era ogni giorno evidente.

379. In mezzo a queste pene, il santo sposo Giuseppe si appellò al tribunale del Signore mediante la preghiera e, postosi alla sua presenza, disse: «Altissimo Dio e Signore eterno, i miei desideri e i miei gemiti non sono nascosti alla vostra divina presenza. Mi vedo combattuto dalle onde impetuose che dai miei sensi sono arrivate a ferire il mio cuore. Io lo consegnai sicuro alla sposa che ricevetti dalla vostra mano. Ho confidato nella sua grande santità e i segni della novità che vedo in lei mi procurano dolore e mi tormenta il timore di vedere deluse le mie speranze. Fra coloro che sinora l'hanno conosciuta, nessuno ha potuto concepire dubbio alcuno sul suo pudore e sulle sue eccellenti virtù, però non posso negare che sia incinta. Giudicare che sia stata infedele e che vi abbia offeso sarebbe temerario alla vista di così rara santità e purezza; negare quello che la vista mi assicura è impossibile, come lo sarà vivere sotto la forza di questa pena, se in tutto questo non si nasconde qualche mistero che io non comprendo. La ragione la scagiona, mentre i sensi la condannano. Ella mi cela la causa della sua gravidanza, ma io intanto vedo il suo stato: che cosa dunque devo fare? Fin dall'inizio concordammo il voto di castità, che tutti e due facemmo per vostra gloria e, se mai fosse possibile che avesse violato la vostra fede e la mia, io difenderei il vostro onore e per amore vostro non mi curerei del mio. Ma come si potrebbe conservare tale purezza e santità in tutto il resto, se ella avesse commesso una così grave scelleratezza? E come mai, essendo santa e tanto prudente, mi nasconde questo fatto? Sospendo il giudizio e mi fermo, ignorando la causa di ciò che vedo. Effondo alla vostra presenza il mio spirito afflitto, o Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe! Ricevete le mie lacrime come sacrificio gradito e, se le mie colpe hanno meritato la vostra indignazione, consideratevi obbligato, o Signore, dalla vostra clemenza e benignità, e non disprezzate pene così aspre. Non credo che Maria vi abbia offeso, ma, essendo io il suo sposo, non posso nemmeno presumere qualche mistero, di cui non sono degno. Guidate il mio intelletto e il mio cuore con la vostra luce divina, affinché io conosca e compia ciò che è più gradito alla vostra volontà».

380. San Giuseppe perseverò in questa orazione, perché, pur essendogli venuto in mente che nella gravidanza di Maria santissima poteva esservi qualche mistero da lui ignorato, non ne era convinto. Riusciva solo a trovare ragioni per evitare il giudizio di credeila colpevole nella sua gravidanza, rispettando in tal modo la santità dell'umilissima Signora. Così non giunse alla mente del santo il pensiero che ella potesse essere Madre del Messia. Alcune volte egli sospendeva i sospetti, altre l'evidenza glieli aumentava e suscitava e, così fluttuando, soffriva impetuose tempeste dall'una e dall'altra parte. Sbattuto e vinto, si fermava spesso in una penosa calma, senza determinarsi a credere cosa alcuna con la quale potesse superare il dubbio, rasserenare il cuore ed operare conformemente alla certezza che, dall'una o dall'altra parte, avesse avuto per regolarsi. Fu perciò così grande il tormento di san Giuseppe, che poté essere un'evidente prova della sua incomparabile prudenza e della sua santità. Egli meritò con questa tribolazione di essere predisposto da Dio al singolare beneficio che gli preparava.

381. Tutto ciò che segretamente passava nel cuore di san Giuseppe era manifesto alla Principessa del cielo, che lo osservava con la conoscenza e la luce divina che aveva. E sebbene il suo cuore santissimo fosse pieno di tenerezza e di compassione per ciò che pativa il suo sposo, non gli diceva parola alcuna su tale situazione, ma lo serviva con somma sottomissione e sollecitudine. L'uomo di Dio, sotto una parvenza di noncuranza, la guardava con attenzione maggiore di quella che qualsiasi altro uomo al mondo abbia mai usato. Inoltre, siccome la gran Signora, servendolo a mensa e in altre mansioni, faceva alcuni movimenti che rendevano più evidente il suo stato, san Giuseppe considerava tutto, e sempre più si accertava della verità con grande afflizione dell'anima sua. Infatti, sebbene fosse santo e retto, dal momento in cui si sposò con Maria santissima si lasciò sempre rispettare e servire da lei, mantenendo in tutto l'autorità di uomo e capo, benché la moderasse con rara umiltà e prudenza. In verità, finché ignorò il mistero della sua sposa, giudicò che doveva mostrarsi sempre superiore, con la dovuta moderazione, a imitazione degli antichi Padri e Patriarchi, dalla parola dei quali non doveva allontanarsi, perché le donne fossero ubbidienti e sottomesse ai loro mariti. Del resto, avrebbe avuto ragione di comportarsi in questo modo se Maria santissima, signora nostra, fosse stata come le altre donne. Eppure, malgrado tanta differenza, nessuna fu o sarà mai, più ubbidiente, umile e soggetta a suo marito, dell'eminentissima Regina. Lo serviva con incomparabile rispetto e prontezza e, benché conoscesse le sue preoccupazioni e l'attenzione che aveva per il suo nuovo stato, non per questo ricusò mai di fare tutte le azioni che le competevano, né si curò di nascondere la novità del suo corpo, perché simile raggiro, artificio o doppiezza contrastava con la verità ed il candore angelico che ella aveva, e con la generosità e grandezza del suo nobilissimo cuore.

382. La gran Signora avrebbe ben potuto addurre come garanzia della verità della sua assoluta innocenza la testimonianza di sua cugina santa Elisabetta e di Zaccaria, perché il tempo in cui ella aveva dimorato con loro era appunto quello in cui san Giuseppe, se avesse sospettato di qualche colpa in lei, avrebbe potuto attribuirgliela, in apparenza, più fondatamente. Quindi ella, così o in altri modi, benché non gli avesse manifestato il mistero, avrebbe potuto discolparsi e liberare dalla preoccupazione san Giuseppe. Tuttavia, la maestra della prudenza e dell'umiltà scartò tale possibilità, perché non si accordava con queste virtù il parlare in proprio favore e il convincerlo di così misteriosa verità con la sua stessa testimonianza. Ella rimise tutto con grande sapienza alla disposizione divina; e sebbene la compassione per il suo sposo e l'amore che gli portava la inducessero a consolarlo e a liberarlo dalle pene, non fece ciò col discolparsi, né col nascondere la sua gravidanza, ma servendolo con maggiori cure e procurando di farlo stare lieto, domandandogli che cosa desiderava e voleva che ella facesse, e dandogli altri segni di sottomissione e di amore. Molte volte lo serviva genuflessa e questo, benché da una parte consolasse alquanto il suo sposo, dall'altra gli procurava maggiori motivi di afflizione. San Giuseppe, infatti, considerava le molte ragioni che aveva per stimare ed amare chi egli non sapeva se lo avesse offeso o meno. La divina Signora pregava di continuo per lui, chiedendo all'Altissimo che lo guardasse e consolasse, e si rimetteva tutta alla volontà di sua Maestà.

383. San Giuseppe non poteva nascondere interamente la sua acerbissima pena, cosicché molte volte era mesto e pensieroso. Trasportato da questo dolore, parlava alla sua divina sposa con più severità di prima; ciò era come un inseparabile effetto del suo cuore afflitto, non sdegno né vendetta, giacché questa non gli venne mai in mente, come si vedrà in seguito. La prudentissima Signora, però, non mutò il suo atteggiamento, né fece dimostrazione alcuna di risentimento, anzi, appunto per questo motivo si preoccupava maggiormente di dare sollievo al suo sposo. Lo serviva a mensa, gli dava la sedia, gli porgeva il cibo, gli serviva da bere, e facendo tutto ciò con incomparabile grazia. Poi san Giuseppe le comandava di sedere e si andava sempre più assicurando nella certezza della gravidanza. Non vi è dubbio che questa vicenda fu una di quelle che più provarono non solamente san Giuseppe, ma anche la Principessa del cielo; in essa si manifestò chiaramente la profondissima umiltà e sapienza della sua anima santissima e il Signore le diede modo di esercitare e mettere alla prova tutte le sue virtù, perché non solo non le comandò di tacere il mistero della sua gravidanza, ma neppure le manifestò la sua divina volontà tanto espressamente come in altri avvenimenti. Per questo pare che Dio avesse rimesso e affidato tutto alla scienza e alle virtù divine della sua diletta sposa, lasciandola operare con esse senz'altra speciale illuminazione o grazia. La divina Provvidenza dava occasione a Maria santissima e al suo fedelissimo sposo Giuseppe di esercitare, ciascuno con atti eroici, le virtù e i doni che aveva loro infuso. Si compiaceva - a nostro modo d'intendere - della fede, della speranza e dell'amore, nonché dell'umiltà, pazienza, quiete e serenità di quei candidi cuori, nel mezzo di un'afflizione tanto grande. Per accrescere la sua gloria, per dare al mondo questo esempio di santità e di prudenza e per ascoltare le dolci implorazioni di Maria santissima e del suo castissimo sposo, che gli erano tanto gradite, Dio si comportava come un sordo, affinché essi le ripetessero, e faceva finta di niente senza rispondere loro sino al tempo opportuno.

 

Insegnamento della Regina e signora del cielo

 

384. Figlia mia carissima, altissimi sono i pensieri e i fini del Signore, la sua provvidenza con le anime è forte e soave, ed è ammirabile nel governo di tutte, specialmente dei suoi amici ed eletti. Se i mortali venissero a comprendere l'amorevole sollecitudine con la quale questo Padre delle misericordie si preoccupa di guidarli e condurli, sarebbero maggiormente dimentichi di se stessi e non più preda di tanto molesti, inutili e pericolosi pensieri con i quali vivono affannandosi tanto e procurandosi varie dipendenze dalle altre creature. Si abbandonerebbero sicuri alla sapienza e all'amore infinito, che con dolcezza paterna avrebbe cura di tutti i loro pensieri, come delle loro parole ed opere, e di tutto ciò che è meglio per loro. Non voglio che tu ignori questa verità, ma anzi che tu sappia come il Signore dalla sua eternità tiene presenti nella sua mente divina tutti i predestinati che devono esistere nelle diverse epoche, e con l'invincibile forza della sua infinita sapienza e bontà va disponendo ed indirizzando tutti i beni che sono loro utili, affinché si realizzi ciò che il Signore ha determinato a loro riguardo.

385. Per questo alla creatura razionale importa tanto il lasciarsi guidare dalla mano del Signore, abbandonandosi tutta alla sua volontà divina, perché i mortali ignorano le proprie vie e il fine a cui per esse devono amvare, e, nella loro ignoranza, non possono sceglierle da soli se non con grande temerarietà e col pericolo della propria perdizione. Ma se di tutto cuore si mettono in braccio alla provvidenza dell'Altissimo, riconoscendo lui come Padre e se stessi come suoi figli e sue creature, sua Maestà si costituisce loro protettore, rifugio e guida con un amore così grande da volere che il cielo e la terra sappiano come spetti a lui governare i suoi e reggere coloro che in lui confidano e a lui si abbandonano. Se Dio fosse capace di sentire pena o gelosia come gli uomini, la proverebbe nel vedere che un'altra creatura s'intromette nella cura delle anime e che queste ricorrono a cercare quello di cui hanno bisogno in qualcun altro al di fuori di lui, che ha preso tutto ciò su di sé. Inoltre, i mortali non possono ignorare questa verità, se considerano quello che fa un padre per i suoi figli, uno sposo per la sposa, un amico per un altro e un principe per il favorito che egli ama e vuole onorare. Tutto questo è niente in confronto con l'amore che Dio porta ai suoi e con quello che egli vuole e può fare per loro.

386. Sebbene in generale gli uomini credano questa verità, nessuno può arrivare a conoscere l'amore di Dio e i suoi effetti particolari per le anime che si abbandonano e rimettono totalmente alla sua volontà. Anche tu, figlia mia, non puoi manifestare quanto ne conosci, e ciò non è conveniente; conservalo però nel tuo cuore. Sua Maestà dice che non perirà un solo capello dei suoi eletti, perché sono tutti contati. Egli guida i loro passi sulla via della vita e li allontana dalla morte; tiene fisso lo sguardo alle loro opere, corregge i loro difetti con amore, sorpassa i loro desideri, previene i loro sforzi, li difende nel pericolo, li accarezza nella quiete, li conforta nella lotta, li assiste nella tribolazione, li preserva dall'inganno con la sua sapienza, li santifica con la sua bontà, li fortifica col suo potere e, come essere infinito a cui nessuno puo resistere od opporsi, opera ciò che può, può tutto ciò che vuole e vuole darsi tutto al giusto che si trova nella sua grazia e confida solo in lui. Chi mai può misurare quali e quanti saranno i beni che egli diffonde in un cuore disposto in questa maniera a riceveili!

387. Se tu desideri, amica mia, avere questa buona sorte, imitami con vera sollecitudine e da oggi in poi rivolgi tutta la tua solerzia a conseguire con efficacia un vero abbandono alla Provvidenza divina. E se ti invierà tribolazioni e pene, ricevile ed abbracciale con cuore imperturbabile, con tranquillità di spirito, con pazienza, con viva fede e speranza nella bontà dell'Altissimo, che sempre ti darà ciò che è più sicuro e conveniente per la tua salvezza. Non scegliere nulla da sola, perché Dio sa e conosce le tue vie; fidati del tuo Padre e sposo celeste, che con amore fedelissimo ti protegge e difende. Abbi fisso lo sguardo alle mie opere, giacché non ti sono nascoste, e sappi che nella mia vita, dopo i patimenti sostenuti dal mio Figlio santissimo, ciò che più mi fece soffrire furono le tribolazioni del mio sposo Giuseppe, in particolare quelle della circostanza di cui vai scrivendo.


12-144 Dicembre 25, 1920 La sorte Sacramentale di Gesù, è più dura ancora della sua sorte infantile.

Luisa Piccarreta (Libro di Cielo)

(1) Trovandomi nel solito mio stato, mi son trovata fuori di me stessa, insieme con Gesù, facevo una lunga via, ed in questo cammino ora camminavo con Gesù, ora mi trovavo con la Mamma Regina; se mi scompariva Gesù, mi trovavo la Mamma, e se scompariva la Mamma, mi trovavo Gesù. In questo cammino molte cose mi hanno detto. Gesù e la Mamma erano molto affabili, con una dolcezza che incantava, io ho dimenticato tutto, le mie amarezze, anche la loro stessa privazione, credevo di non più perderli. Oh! com’è facile dimenticare il male davanti al bene. Ora, all’ultimo del cammino la Celeste Mamma mi ha preso in braccia, io ero piccina, piccina e mi ha detto:

(2) “Figlia mia, voglio corroborarti in tutto”.

(3) E pareva che con la sua santa mano mi segnava la fronte, come se scrivesse e vi mettesse un suggello; poi, come se scrivesse negli occhi, nella bocca, nel cuore, nelle mani e piedi, e poi vi metteva il suggello. Io volevo vedere ciò che Lei mi scriveva, ma io non sapevo leggere quello scritto, solo alla bocca ho visto due lettere che dicevano: “Annientamento di ogni gusto”. Ed io subito ho detto: “Grazie, oh! Mamma, mi togli ogni gusto che non sia Gesù”. Volevo capire altro, ma la Mamma mi ha detto:

(4) “Non è necessario che lo sappia; abbi fiducia in Me, ti ho fatto ciò che ci voleva”.

(5) Mi ha benedetto ed è scomparsa, ed mi son trovata in me stessa. Onde dopo è ritornato il mio dolce Gesù, era tenero bambinello, vagiva, piangeva e tremava per il freddo; si è gettato nelle mie braccia per essere riscaldato. Io mi l’ho stretto forte forte, e secondo il mio solito mi fondevo nel suo Volere per trovare i pensieri di tutti insieme coi miei e circondare il tremante Gesù con le adorazioni di tutte le intelligenze create; gli sguardi di tutti, per far guardare Gesù e distrarlo da pianto; le bocche, le parole, le voci di tutte le creature, affinché tutte lo baciassero per non farlo vagire, e col loro fiato lo riscaldassero. Mentre ciò facevo, l’infante Gesù non più vagiva, ha cessato dal piangere, e come riscaldato mi ha detto:

(6) “Figlia mia, hai visto che cosa mi faceva tremare, piangere e vagire? L’abbandono delle creature. Tu Me le hai messe tutte intorno, mi sono sentito guardato, baciato da tutti ed Io mi sono quietato dal pianto, ma sappi però che la mia sorte Sacramentale è più dura ancora della mia sorte infantile. La grotta, sebbene fredda, ma era spaziosa, aveva un’aria da respirare; l’ostia è anche fredda, è tanto piccola che quasi mi manca l’aria. Nella grotta ebbi per letto una mangiatoia con un poco di fieno per letto, nella mia Vita Sacramentale anche il fieno mi manca, e per letto non ho altro che metalli duri e gelati. Nella grotta ci aveva la mia cara Mamma, che spesso spesso mi prendeva con le sue purissime mani e mi copriva con baci infuocati per riscaldarmi, mi quietava il pianto, mi nutriva col suo latte dolcissimo; tutto al contrario nella mia Vita Sacramentale, non ci ho una Mamma, se mi prendono, sento il tocco di mani indegne, mani che danno di terra e di letame; oh! come ne sento la puzza, più del letame che sentivo nella grotta, invece di coprirmi con baci, mi toccano con atti irriverenti, ed invece di latte mi danno il fiele dei sacrilegi, della noncuranza, delle freddezze. Nella grotta San Giuseppe non mi fece mancare una lanternina di luce nella notte; qui nel Sacramento, quante volte resto al buio anche la notte? Oh! com’è più dolorosa la mia sorte Sacramentale, quante lacrime nascoste non viste da nessuno, quanti vagiti non ascoltati; se ti ha mosso a pietà la mia sorte infantile, molto ti deve muovere a pietà la mia sorte Sacramentale”.