Sotto il Tuo Manto

Lunedi, 8 settembre 2025 - Natività Beata Vergine Maria (Letture di oggi)

Lo Spirito Santo non entra in quella casa dove si sentono alterchi, lamentele e risse. (San Francesco di Sales)

Liturgia delle Ore - Letture

Sabato della 4° settimana del tempo di Quaresima

Questa sezione contiene delle letture scelte a caso, provenienti dalle varie sezioni del sito (Sacra Bibbia e la sezione Biblioteca Cristiana), mentre l'ultimo tab Apparizioni, contiene messaggi di apparizioni a mistici o loro scritti. Sono presenti testi della Valtorta, Luisa Piccarreta, don Stefano Gobbi e testimonianze di apparizioni mariane riconosciute.

Vangelo secondo Luca 22

1Si avvicinava la festa degli Azzimi, chiamata Pasqua,2e i sommi sacerdoti e gli scribi cercavano come toglierlo di mezzo, poiché temevano il popolo.3Allora satana entrò in Giuda, detto Iscariota, che era nel numero dei Dodici.4Ed egli andò a discutere con i sommi sacerdoti e i capi delle guardie sul modo di consegnarlo nelle loro mani.5Essi si rallegrarono e si accordarono di dargli del denaro.6Egli fu d'accordo e cercava l'occasione propizia per consegnarlo loro di nascosto dalla folla.


7Venne il giorno degli Azzimi, nel quale si doveva immolare la vittima di Pasqua.8Gesù mandò Pietro e Giovanni dicendo: "Andate a preparare per noi la Pasqua, perché possiamo mangiare".9Gli chiesero: "Dove vuoi che la prepariamo?".10Ed egli rispose: "Appena entrati in città, vi verrà incontro un uomo che porta una brocca d'acqua. Seguitelo nella casa dove entrerà11e direte al padrone di casa: Il Maestro ti dice: Dov'è la stanza in cui posso mangiare la Pasqua con i miei discepoli?12Egli vi mostrerà una sala al piano superiore, grande e addobbata; là preparate".13Essi andarono e trovarono tutto come aveva loro detto e prepararono la Pasqua.

14Quando fu l'ora, prese posto a tavola e gli apostoli con lui,15e disse: "Ho desiderato ardentemente di mangiare questa Pasqua con voi, prima della mia passione,16poiché vi dico: non la mangerò più, finché essa non si compia nel regno di Dio".17E preso un calice, rese grazie e disse: "Prendetelo e distribuitelo tra voi,18poiché vi dico: da questo momento non berrò più del frutto della vite, finché non venga il regno di Dio".

19Poi, preso un pane, rese grazie, lo spezzò e lo diede loro dicendo: "Questo è il mio corpo che è dato per voi; fate questo in memoria di me".20Allo stesso modo dopo aver cenato, prese il calice dicendo: "Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue, che viene versato per voi".

21"Ma ecco, la mano di chi mi tradisce è con me, sulla tavola.22Il Figlio dell'uomo se ne va, secondo quanto è stabilito; ma guai a quell'uomo dal quale è tradito!".23Allora essi cominciarono a domandarsi a vicenda chi di essi avrebbe fatto ciò.

24Sorse anche una discussione, chi di loro poteva esser considerato il più grande.25Egli disse: "I re delle nazioni le governano, e coloro che hanno il potere su di esse si fanno chiamare benefattori.26Per voi però non sia così; ma chi è il più grande tra voi diventi come il più piccolo e chi governa come colui che serve.27Infatti chi è più grande, chi sta a tavola o chi serve? Non è forse colui che sta a tavola? Eppure io sto in mezzo a voi come colui che serve.

28Voi siete quelli che avete perseverato con me nelle mie prove;29e io preparo per voi un regno, come il Padre l'ha preparato per me,30perché possiate mangiare e bere alla mia mensa nel mio regno e siederete in trono a giudicare le dodici tribù di Israele.

31Simone, Simone, ecco satana vi ha cercato per vagliarvi come il grano;32ma io ho pregato per te, che non venga meno la tua fede; e tu, una volta ravveduto, conferma i tuoi fratelli".33E Pietro gli disse: "Signore, con te sono pronto ad andare in prigione e alla morte".34Gli rispose: "Pietro, io ti dico: non canterà oggi il gallo prima che tu per tre volte avrai negato di conoscermi".

35Poi disse: "Quando vi ho mandato senza borsa, né bisaccia, né sandali, vi è forse mancato qualcosa?". Risposero: "Nulla".36Ed egli soggiunse: "Ma ora, chi ha una borsa la prenda, e così una bisaccia; chi non ha spada, venda il mantello e ne compri una.37Perché vi dico: deve compiersi in me questa parola della Scrittura: 'E fu annoverato tra i malfattori'. Infatti tutto quello che mi riguarda volge al suo termine".38Ed essi dissero: "Signore, ecco qui due spade". Ma egli rispose "Basta!".

39Uscito se ne andò, come al solito, al monte degli Ulivi; anche i discepoli lo seguirono.40Giunto sul luogo, disse loro: "Pregate, per non entrare in tentazione".41Poi si allontanò da loro quasi un tiro di sasso e, inginocchiatosi, pregava:42"Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà".43Gli apparve allora un angelo dal cielo a confortarlo.44In preda all'angoscia, pregava più intensamente; e il suo sudore diventò come gocce di sangue che cadevano a terra.45Poi, rialzatosi dalla preghiera, andò dai discepoli e li trovò che dormivano per la tristezza.46E disse loro: "Perché dormite? Alzatevi e pregate, per non entrare in tentazione".

47Mentre egli ancora parlava, ecco una turba di gente; li precedeva colui che si chiamava Giuda, uno dei Dodici, e si accostò a Gesù per baciarlo.48Gesù gli disse: "Giuda, con un bacio tradisci il Figlio dell'uomo?".49Allora quelli che eran con lui, vedendo ciò che stava per accadere, dissero: "Signore, dobbiamo colpire con la spada?".50E uno di loro colpì il servo del sommo sacerdote e gli staccò l'orecchio destro.51Ma Gesù intervenne dicendo: "Lasciate, basta così!". E toccandogli l'orecchio, lo guarì.52Poi Gesù disse a coloro che gli eran venuti contro, sommi sacerdoti, capi delle guardie del tempio e anziani: "Siete usciti con spade e bastoni come contro un brigante?53Ogni giorno ero con voi nel tempio e non avete steso le mani contro di me; ma questa è la vostra ora, è l'impero delle tenebre".

54Dopo averlo preso, lo condussero via e lo fecero entrare nella casa del sommo sacerdote. Pietro lo seguiva da lontano.55Siccome avevano acceso un fuoco in mezzo al cortile e si erano seduti attorno, anche Pietro si sedette in mezzo a loro.56Vedutolo seduto presso la fiamma, una serva fissandolo disse: "Anche questi era con lui".57Ma egli negò dicendo: "Donna, non lo conosco!".58Poco dopo un altro lo vide e disse: "Anche tu sei di loro!". Ma Pietro rispose: "No, non lo sono!".59Passata circa un'ora, un altro insisteva: "In verità, anche questo era con lui; è anche lui un Galileo".60Ma Pietro disse: "O uomo, non so quello che dici". E in quell'istante, mentre ancora parlava, un gallo cantò.61Allora il Signore, voltatosi, guardò Pietro, e Pietro si ricordò delle parole che il Signore gli aveva detto: "Prima che il gallo canti, oggi mi rinnegherai tre volte".62E, uscito, pianse amaramente.

63Frattanto gli uomini che avevano in custodia Gesù lo schernivano e lo percuotevano,64lo bendavano e gli dicevano: "Indovina: chi ti ha colpito?".65E molti altri insulti dicevano contro di lui.

66Appena fu giorno, si riunì il consiglio degli anziani del popolo, con i sommi sacerdoti e gli scribi; lo condussero davanti al sinedrio e gli dissero:67"Se tu sei il Cristo, diccelo". Gesù rispose: "Anche se ve lo dico, non mi crederete;68se vi interrogo, non mi risponderete.69Ma da questo momento starà 'il Figlio dell'uomo seduto alla destra della potenza di Dio'".70Allora tutti esclamarono: "Tu dunque sei il Figlio di Dio?". Ed egli disse loro: "Lo dite voi stessi: io lo sono".71Risposero: "Che bisogno abbiamo ancora di testimonianza? L'abbiamo udito noi stessi dalla sua bocca".


Secondo libro dei Re 17

1Nell'anno decimosecondo di Acaz re di Giuda divenne re in Samaria su Israele Osea figlio di Ela, il quale regnò nove anni.2Fece ciò che è male agli occhi del Signore, ma non come i re di Israele che erano stati prima di lui.3Contro di lui marciò Salmanassar re d'Assiria; Osea divenne suo vassallo e gli pagò un tributo.4Poi però il re d'Assiria scoprì una congiura di Osea, che aveva inviato messaggeri a So re d'Egitto e non spediva più il tributo al re d'Assiria, come faceva prima, ogni anno. Perciò il re d'Assiria lo fece imprigionare e lo chiuse in carcere.
5Il re d'Assiria invase tutto il paese, andò in Samaria e l'assediò per tre anni.6Nell'anno nono di Osea il re d'Assiria occupò Samaria, deportò gli Israeliti in Assiria, destinandoli a Chelach, alla zona intorno a Cabor, fiume del Gozan, e alle città della Media.
7Ciò avvenne perché gli Israeliti avevano peccato contro il Signore loro Dio, che li aveva fatti uscire dal paese d'Egitto, liberandoli dal potere del faraone re d'Egitto; essi avevano temuto altri dèi.8Avevano seguito le pratiche delle popolazioni distrutte dal Signore all'arrivo degli Israeliti e quelle introdotte dai re di Israele.9Gli Israeliti avevano proferito contro il Signore loro Dio cose non giuste e si erano costruiti alture in tutte le loro città, dai più piccoli villaggi alle fortezze.10Avevano eretto stele e pali sacri su ogni alto colle e sotto ogni albero verde.11Ivi avevano bruciato incenso, come le popolazioni che il Signore aveva disperso alla loro venuta; avevano compiuto azioni cattive, irritando il Signore.12Avevano servito gli idoli, dei quali il Signore aveva detto: "Non farete una cosa simile!".
13Eppure il Signore, per mezzo di tutti i suoi profeti e dei veggenti, aveva ordinato a Israele e a Giuda: "Convertitevi dalle vostre vie malvage e osservate i miei comandi e i miei decreti secondo ogni legge, che io ho imposta ai vostri padri e che ho fatto dire a voi per mezzo dei miei servi, i profeti".14Ma essi non ascoltarono, anzi indurirono la nuca rendendola simile a quella dei loro padri, i quali non avevano creduto al Signore loro Dio.15Rigettarono i suoi decreti e le alleanze che aveva concluse con i loro padri, e le testimonianze che aveva loro date; seguirono le vanità e diventarono anch'essi fatui, a imitazione dei popoli loro vicini, dei quali il Signore aveva comandato di non imitare i costumi.16Abbandonarono tutti i comandi del Signore loro Dio; si eressero i due vitelli in metallo fuso, si prepararono un palo sacro, si prostrarono davanti a tutta la milizia celeste e venerarono Baal.17Fecero passare i loro figli e le loro figlie per il fuoco; praticarono la divinazione e gli incantesimi; si vendettero per compiere ciò che è male agli occhi del Signore, provocandolo a sdegno.18Per questo il Signore si adirò molto contro Israele e lo allontanò dalla sua presenza e non rimase se non la sola tribù di Giuda.19Ma neppure quelli di Giuda osservarono i comandi del Signore loro Dio, ma piuttosto seguirono le usanze fissate da Israele.20Il Signore, perciò, rigettò tutta la discendenza di Israele; li umiliò e li mise in balìa di briganti, finché non li scacciò dalla sua presenza.21Difatti, quando Israele fu strappato dalla casa di Davide, e proclamò re Geroboamo, figlio di Nebàt, questi allontanò Israele dal seguire il Signore e gli fece commettere un grande peccato.22Gli Israeliti imitarono in tutto il peccato commesso da Geroboamo; non se ne allontanarono,23finché il Signore allontanò Israele dalla sua presenza, come aveva preannunziato per mezzo di tutti i suoi servi, i profeti; fece deportare Israele dal suo paese in Assiria, dove è fino ad oggi.
24Il re d'Assiria mandò gente da Babilonia, da Cuta, da Avva, da Amat e da Sefarvàim e la sistemò nelle città della Samaria invece degli Israeliti. E quelli presero possesso della Samaria e si stabilirono nelle sue città.25All'inizio del loro insediamento non temevano il Signore ed Egli inviò contro di loro dei leoni, che ne fecero strage.26Allora dissero al re d'Assiria: "Le genti che tu hai trasferite e insediate nelle città della Samaria non conoscono la religione del Dio del paese ed Egli ha mandato contro di loro dei leoni, i quali ne fanno strage, perché quelle non conoscono la religione del Dio del paese".27Il re d'Assiria ordinò: "Mandatevi qualcuno dei sacerdoti che avete deportati di lì: vada, vi si stabilisca e insegni la religione del Dio del paese".28Venne uno dei sacerdoti deportati da Samaria che si stabilì a Betel e insegnò loro come temere il Signore.
29Tuttavia ciascuna nazione si fabbricò i suoi dèi e li mise nei templi delle alture costruite dai Samaritani, ognuna nella città ove dimorava.30Gli uomini di Babilonia si fabbricarono Succot-Benòt; gli uomini di Cuta si fabbricarono Nergal; gli uomini di Amat si fabbricarono Asima.31Quelli di Avva si fabbricarono Nibcaz e Tartach; quelli di Sefarvàim bruciavano nel fuoco i propri figli in onore di Adram-Mèlech e di Anam-Mèlech, dèi di Sefarvàim.32Venerarono anche il Signore; si scelsero i sacerdoti delle alture, presi qua e là, e li collocavano nei templi delle alture.33Temevano il Signore e servivano i loro dèi secondo gli usi delle popolazioni, dalle quali provenivano i deportati.34Fino ad oggi essi seguono questi usi antichi: non venerano il Signore e non agiscono secondo i suoi statuti e i suoi decreti né secondo la legge e il comando che il Signore ha dato ai figli di Giacobbe, che chiamò Israele.35Il Signore aveva concluso con loro un'alleanza e aveva loro ordinato: "Non venerate altri dèi, non prostratevi davanti a loro, non serviteli e non sacrificate a loro,36ma temete il Signore, che vi ha fatti uscire dal paese d'Egitto con grande potenza e con braccio teso: davanti a lui solo prostratevi e a lui offrite sacrifici.37Osserverete gli statuti, i decreti, la legge e il comando che egli vi ha prescritti, mettendoli in pratica sempre; non venererete divinità straniere.38Non vi dimenticherete dell'alleanza conclusa con voi e non venererete divinità straniere,39ma venererete soltanto il Signore vostro Dio, che vi libererà dal potere di tutti i vostri nemici".40Essi però non ascoltarono: agirono sempre secondo i loro antichi costumi.
41Così quelle genti temevano il Signore e servivano i loro idoli; i loro figli e nipoti continuano a fare oggi come hanno fatto i loro padri.


Salmi 44

1'Al maestro del coro. Dei figli di Core. Maskil.'

2Dio, con i nostri orecchi abbiamo udito,
i nostri padri ci hanno raccontato
l'opera che hai compiuto ai loro giorni,
nei tempi antichi.
3Tu per piantarli, con la tua mano hai sradicato le genti,
per far loro posto, hai distrutto i popoli.
4Poiché non con la spada conquistarono la terra,
né fu il loro braccio a salvarli;
ma il tuo braccio e la tua destra
e la luce del tuo volto,
perché tu li amavi.

5Sei tu il mio re, Dio mio,
che decidi vittorie per Giacobbe.
6Per te abbiamo respinto i nostri avversari
nel tuo nome abbiamo annientato i nostri aggressori.

7Infatti nel mio arco non ho confidato
e non la mia spada mi ha salvato,
8ma tu ci hai salvati dai nostri avversari,
hai confuso i nostri nemici.
9In Dio ci gloriamo ogni giorno,
celebrando senza fine il tuo nome.

10Ma ora ci hai respinti e coperti di vergogna,
e più non esci con le nostre schiere.
11Ci hai fatti fuggire di fronte agli avversari
e i nostri nemici ci hanno spogliati.
12Ci hai consegnati come pecore da macello,
ci hai dispersi in mezzo alle nazioni.
13Hai venduto il tuo popolo per niente,
sul loro prezzo non hai guadagnato.
14Ci hai resi ludibrio dei nostri vicini,
scherno e obbrobrio a chi ci sta intorno.
15Ci hai resi la favola dei popoli,
su di noi le nazioni scuotono il capo.
16L'infamia mi sta sempre davanti
e la vergogna copre il mio volto
17per la voce di chi insulta e bestemmia,
davanti al nemico che brama vendetta.

18Tutto questo ci è accaduto
e non ti avevamo dimenticato,
non avevamo tradito la tua alleanza.
19Non si era volto indietro il nostro cuore,
i nostri passi non avevano lasciato il tuo sentiero;
20ma tu ci hai abbattuti in un luogo di sciacalli
e ci hai avvolti di ombre tenebrose.
21Se avessimo dimenticato il nome del nostro Dio
e teso le mani verso un dio straniero,
22forse che Dio non lo avrebbe scoperto,
lui che conosce i segreti del cuore?
23Per te ogni giorno siamo messi a morte,
stimati come pecore da macello.

24Svègliati, perché dormi, Signore?
Dèstati, non ci respingere per sempre.
25Perché nascondi il tuo volto,
dimentichi la nostra miseria e oppressione?

26Poiché siamo prostrati nella polvere,
il nostro corpo è steso a terra.
Sorgi, vieni in nostro aiuto;
27salvaci per la tua misericordia.


Salmi 78

1'Maskil. Di Asaf.'

Popolo mio, porgi l'orecchio al mio insegnamento,
ascolta le parole della mia bocca.
2Aprirò la mia bocca in parabole,
rievocherò gli arcani dei tempi antichi.

3Ciò che abbiamo udito e conosciuto
e i nostri padri ci hanno raccontato,
4non lo terremo nascosto ai loro figli;
diremo alla generazione futura
le lodi del Signore, la sua potenza
e le meraviglie che egli ha compiuto.

5Ha stabilito una testimonianza in Giacobbe,
ha posto una legge in Israele:
ha comandato ai nostri padri
di farle conoscere ai loro figli,
6perché le sappia la generazione futura,
i figli che nasceranno.
Anch'essi sorgeranno a raccontarlo ai loro figli
7perché ripongano in Dio la loro fiducia
e non dimentichino le opere di Dio,
ma osservino i suoi comandi.
8Non siano come i loro padri,
generazione ribelle e ostinata,
generazione dal cuore incostante
e dallo spirito infedele a Dio.
9I figli di Èfraim, valenti tiratori d'arco,
voltarono le spalle nel giorno della lotta.

10Non osservarono l'alleanza di Dio,
rifiutando di seguire la sua legge.
11Dimenticarono le sue opere,
le meraviglie che aveva loro mostrato.
12Aveva fatto prodigi davanti ai loro padri,
nel paese d'Egitto, nei campi di Tanis.
13Divise il mare e li fece passare
e fermò le acque come un argine.
14Li guidò con una nube di giorno
e tutta la notte con un bagliore di fuoco.
15Spaccò le rocce nel deserto
e diede loro da bere come dal grande abisso.
16Fece sgorgare ruscelli dalla rupe
e scorrere l'acqua a torrenti.

17Eppure continuarono a peccare contro di lui,
a ribellarsi all'Altissimo nel deserto.
18Nel loro cuore tentarono Dio,
chiedendo cibo per le loro brame;
19mormorarono contro Dio
dicendo: "Potrà forse Dio
preparare una mensa nel deserto?".
20Ecco, egli percosse la rupe e ne scaturì acqua,
e strariparono torrenti.
"Potrà forse dare anche pane
o preparare carne al suo popolo?".
21All'udirli il Signore ne fu adirato;
un fuoco divampò contro Giacobbe
e l'ira esplose contro Israele,
22perché non ebbero fede in Dio
né speranza nella sua salvezza.

23Comandò alle nubi dall'alto
e aprì le porte del cielo;
24fece piovere su di essi la manna per cibo
e diede loro pane del cielo:
25l'uomo mangiò il pane degli angeli,
diede loro cibo in abbondanza.
26Scatenò nel cielo il vento d'oriente,
fece spirare l'australe con potenza;
27su di essi fece piovere la carne come polvere
e gli uccelli come sabbia del mare;
28caddero in mezzo ai loro accampamenti,
tutto intorno alle loro tende.
29Mangiarono e furono ben sazi,
li soddisfece nel loro desiderio.
30La loro avidità non era ancora saziata,
avevano ancora il cibo in bocca,
31quando l'ira di Dio si alzò contro di essi,
facendo strage dei più vigorosi
e abbattendo i migliori d'Israele.

32Con tutto questo continuarono a peccare
e non credettero ai suoi prodigi.
33Allora dissipò come un soffio i loro giorni
e i loro anni con strage repentina.
34Quando li faceva perire, lo cercavano,
ritornavano e ancora si volgevano a Dio;
35ricordavano che Dio è loro rupe,
e Dio, l'Altissimo, il loro salvatore;
36lo lusingavano con la bocca
e gli mentivano con la lingua;
37il loro cuore non era sincero con lui
e non erano fedeli alla sua alleanza.
38Ed egli, pietoso, perdonava la colpa,
li perdonava invece di distruggerli.
Molte volte placò la sua ira
e trattenne il suo furore,
39ricordando che essi sono carne,
un soffio che va e non ritorna.
40Quante volte si ribellarono a lui nel deserto,
lo contristarono in quelle solitudini!
41Sempre di nuovo tentavano Dio,
esasperavano il Santo di Israele.
42Non si ricordavano più della sua mano,
del giorno che li aveva liberati dall'oppressore,

43quando operò in Egitto i suoi prodigi,
i suoi portenti nei campi di Tanis.
44Egli mutò in sangue i loro fiumi
e i loro ruscelli, perché non bevessero.
45Mandò tafàni a divorarli
e rane a molestarli.
46Diede ai bruchi il loro raccolto,
alle locuste la loro fatica.
47Distrusse con la grandine le loro vigne,
i loro sicomori con la brina.
48Consegnò alla grandine il loro bestiame,
ai fulmini i loro greggi.

49Scatenò contro di essi la sua ira ardente,
la collera, lo sdegno, la tribolazione,
e inviò messaggeri di sventure.
50Diede sfogo alla sua ira:
non li risparmiò dalla morte
e diede in preda alla peste la loro vita.
51Colpì ogni primogenito in Egitto,
nelle tende di Cam la primizia del loro vigore.

52Fece partire come gregge il suo popolo
e li guidò come branchi nel deserto.
53Li condusse sicuri e senza paura
e i loro nemici li sommerse il mare.
54Li fece salire al suo luogo santo,
al monte conquistato dalla sua destra.
55Scacciò davanti a loro i popoli
e sulla loro eredità gettò la sorte,
facendo dimorare nelle loro tende le tribù di Israele.

56Ma ancora lo tentarono,
si ribellarono a Dio, l'Altissimo,
non obbedirono ai suoi comandi.
57Sviati, lo tradirono come i loro padri,
fallirono come un arco allentato.
58Lo provocarono con le loro alture
e con i loro idoli lo resero geloso.

59Dio, all'udire, ne fu irritato
e respinse duramente Israele.
60Abbandonò la dimora di Silo,
la tenda che abitava tra gli uomini.
61Consegnò in schiavitù la sua forza,
la sua gloria in potere del nemico.
62Diede il suo popolo in preda alla spada
e contro la sua eredità si accese d'ira.
63Il fuoco divorò il fiore dei suoi giovani,
le sue vergini non ebbero canti nuziali.
64I suoi sacerdoti caddero di spada
e le loro vedove non fecero lamento.

65Ma poi il Signore si destò come da un sonno,
come un prode assopito dal vino.
66Colpì alle spalle i suoi nemici,
inflisse loro una vergogna eterna.
67Ripudiò le tende di Giuseppe,
non scelse la tribù di Èfraim;
68ma elesse la tribù di Giuda,
il monte Sion che egli ama.
69Costruì il suo tempio alto come il cielo
e come la terra stabile per sempre.
70Egli scelse Davide suo servo
e lo trasse dagli ovili delle pecore.
71Lo chiamò dal seguito delle pecore madri
per pascere Giacobbe suo popolo,
la sua eredità Israele.
72Fu per loro pastore dal cuore integro
e li guidò con mano sapiente.


Ezechiele 17

1Mi fu rivolta ancora questa parola del Signore:2"Figlio dell'uomo, proponi un enigma e racconta una parabola agli Israeliti.3Tu dirai: Dice il Signore Dio:

Un'aquila grande
dalle grandi ali
e dalle lunghe penne,
folta di piume
dal colore variopinto,
venne sul Libano
e portò via la cima del cedro;
4stroncò il ramo più alto
e lo portò in un paese di mercanti,
lo depose in una città di negozianti.
5Scelse un germoglio del paese
e lo depose in un campo da seme;
lungo il corso di grandi acque,
lo piantò come un salice,
6perché germogliasse
e diventasse una vite estesa,
poco elevata,
che verso l'aquila volgesse i rami
e le radici crescessero sotto di essa.
Divenne una vite,
che fece crescere i tralci
e distese i rami.
7Ma c'era un'altra aquila grande,
larga di ali,
folta di penne.
Ed ecco quella vite
rivolse verso di lei le radici
e tese verso di lei i suoi tralci,
perché la irrigasse
dall'aiuola dove era piantata.
8In un campo fertile,
lungo il corso di grandi acque,
essa era piantata,
per metter rami e dar frutto
e diventare una vite magnifica.
9Riferisci loro: Dice il Signore Dio:
Riuscirà a prosperare?
O non svellerà forse l'aquila le sue radici
e vendemmierà il suo frutto
e seccheranno tutti i tralci che ha messo?
Non ci vorrà un grande sforzo
o molta gente
per svellerla dalle radici.
10Ecco, essa è piantata:
riuscirà a prosperare?
O non seccherà del tutto
non appena l'avrà sfiorata il vento d'oriente?
Proprio nell'aiuola dove è germogliata, seccherà!".

11Mi fu rivolta ancora questa parola del Signore:12"Parla dunque a quella genìa di ribelli: Non sapete che cosa significa questo? Di' ancora: Ecco, il re di Babilonia è giunto a Gerusalemme, ha preso il re e i prìncipi e li ha trasportati con sé in Babilonia.13Si è scelto uno di stirpe reale e ha fatto un patto con lui, obbligandolo con giuramento. Ha deportato i potenti del paese,14perché il regno fosse debole e non potesse innalzarsi ed egli osservasse e mantenesse l'alleanza con lui.15Ma questi gli si è ribellato e ha mandato messaggeri in Egitto, perché gli fossero dati cavalli e molti soldati. Potrà prosperare, potrà scampare chi ha agito così? Chi ha infranto un patto potrà uscirne senza danno?16Per la mia vita, dice il Signore Dio, proprio nel paese del re che gli aveva dato il trono, di cui ha disprezzato il giuramento e infranto l'alleanza, presso di lui, morirà, in Babilonia.17Il faraone con le sue grandi forze e il suo ingente esercito non gli sarà di valido aiuto in guerra, quando si eleveranno terrapieni e si costruiranno baluardi per distruggere tante vite umane.18Ha disprezzato un giuramento, ha infranto un'alleanza: ecco, aveva dato la mano e poi ha agito in tal modo. Non potrà trovare scampo.
19Perciò così dice il Signore Dio: Com'è vero ch'io vivo, il mio giuramento che egli ha disprezzato, la mia alleanza che ha infranta li farò ricadere sopra il suo capo.20Stenderò su di lui la mia rete e rimarrà preso nel mio laccio. Lo porterò in Babilonia e là lo giudicherò per l'infedeltà commessa contro di me.21Tutti i migliori delle sue schiere cadranno di spada e i superstiti saranno dispersi a tutti i venti: così saprete che io, il Signore, ho parlato.

22Dice il Signore Dio:
Anch'io prenderò dalla cima del cedro,
dalle punte dei suoi rami coglierò un ramoscello
e lo pianterò sopra un monte alto, massiccio;
23lo pianterò sul monte alto d'Israele.
Metterà rami e farà frutti
e diventerà un cedro magnifico.
Sotto di lui tutti gli uccelli dimoreranno,
ogni volatile all'ombra dei suoi rami riposerà.
24Sapranno tutti gli alberi della foresta
che io sono il Signore,
che umilio l'albero alto e innalzo l'albero basso;
faccio seccare l'albero verde e germogliare l'albero secco.
Io, il Signore, ho parlato e lo farò".


Lettera ai Colossesi 3

1Se dunque siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove si trova Cristo assiso alla destra di Dio;2pensate alle cose di lassù, non a quelle della terra.3Voi infatti siete morti e la vostra vita è ormai nascosta con Cristo in Dio!4Quando si manifesterà Cristo, la vostra vita, allora anche voi sarete manifestati con lui nella gloria.

5Mortificate dunque quella parte di voi che appartiene alla terra: fornicazione, impurità, passioni, desideri cattivi e quella avarizia insaziabile che è idolatria,6cose tutte che attirano l'ira di Dio su coloro che disobbediscono.7Anche voi un tempo eravate così, quando la vostra vita era immersa in questi vizi.8Ora invece deponete anche voi tutte queste cose: ira, passione, malizia, maldicenze e parole oscene dalla vostra bocca.9Non mentitevi gli uni gli altri. Vi siete infatti spogliati dell'uomo vecchio con le sue azioni10e avete rivestito il nuovo, che si rinnova, per una piena conoscenza, ad immagine del suo Creatore.11Qui non c'è più Greco o Giudeo, circoncisione o incirconcisione, barbaro o Scita, schiavo o libero, ma Cristo è tutto in tutti.
12Rivestitevi dunque, come amati di Dio, santi e diletti, di sentimenti di misericordia, di bontà, di umiltà, di mansuetudine, di pazienza;13sopportandovi a vicenda e perdonandovi scambievolmente, se qualcuno abbia di che lamentarsi nei riguardi degli altri. Come il Signore vi ha perdonato, così fate anche voi.14Al di sopra di tutto poi vi sia la carità, che è il vincolo di perfezione.15E la pace di Cristo regni nei vostri cuori, perché ad essa siete stati chiamati in un solo corpo. E siate riconoscenti!
16La parola di Cristo dimori tra voi abbondantemente; ammaestratevi e ammonitevi con ogni sapienza, cantando a Dio di cuore e con gratitudine salmi, inni e cantici spirituali.17E tutto quello che fate in parole ed opere, tutto si compia nel nome del Signore Gesù, rendendo per mezzo di lui grazie a Dio Padre.

18Voi, mogli, state sottomesse ai mariti, come si conviene nel Signore.19Voi, mariti, amate le vostre mogli e non inaspritevi con esse.20Voi, figli, obbedite ai genitori in tutto; ciò è gradito al Signore.21Voi, padri, non esasperate i vostri figli, perché non si scoraggino.22Voi, servi, siate docili in tutto con i vostri padroni terreni; non servendo solo quando vi vedono, come si fa per piacere agli uomini, ma con cuore semplice e nel timore del Signore.23Qualunque cosa facciate, fatela di cuore come per il Signore e non per gli uomini,24sapendo che come ricompensa riceverete dal Signore l'eredità. Servite a Cristo Signore.25Chi commette ingiustizia infatti subirà le conseguenze del torto commesso, e non v'è parzialità per nessuno.


Capitolo XIV: Evitare i giudizi temerari

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1. Rivolgi gli occhi a te stesso e stai attento a non giudicare quel che fanno gli altri. In tale giudizio si lavora senza frutto; frequentemente ci si sbaglia e facilmente si cade in peccato. Invece, nel giudizio e nel vaglio di se stessi, si opera sempre fruttuosamente. Spesso giudichiamo secondo un nostro preconcetto; e così, per un nostro atteggiamento personale, perdiamo il criterio della verità. Se il nostro desiderio fosse diretto soltanto a Dio, non ci lasceremmo turbare così facilmente dalla resistenza opposta dal nostro senso umano. Di più, spesso, c'è qualcosa, già nascosto, latente in noi, o sopravveniente dall'esterno, che ci tira di qua o di là. Molti, in tutto ciò che fanno, cercano se stessi, senza neppure accorgersene. Sembrano essere in perfetta pace quando le cose vanno secondo i loro desideri e i loro gusti; se, invece, vanno diversamente, subito si agitano e si rattristano.

2. Avviene di frequente che nascono divergenze tra amici e concittadini, persino tra persone pie e devote, per diversità nel modo di sentire e di pensare. Giacché è difficile liberarsi da vecchi posizioni abituali, e nessuno si lascia tirare facilmente fuori dal proprio modo di vedere. Così, se ti baserai sui tuoi ragionamenti e sulla tua esperienza, più che sulla forza propria di Gesù Cristo, raramente e stentatamente riuscirai ad essere un uomo illuminato; Dio vuole, infatti, che noi ci sottomettiamo perfettamente a lui, e che trascendiamo ogni nostro ragionamento grazie ad un fiammeggiante amore.


LETTERA 210: Agostino a Felicita e a Rustico sul dovere di sopportare i cattivi (n. 1) e su quello della correzione fraterna (n. 2).

Lettere - Sant'Agostino

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Scritta verso il 423.

Agostino a Felicita e a Rustico sul dovere di sopportare i cattivi (n. 1) e su quello della correzione fraterna (n. 2).

AGOSTINO E COLORO CHE SONO CON LUI SALUTANO NEL SIGNORE LA DILETTISSIMA E SANTISSIMA MADRE FELICITA, IL FRATELLO RUSTICO E LE SORELLE CHE SONO CON ESSI

Benefici concessi da Dio ai malvagi.

1. Buono è il Signore 1 e diffusa per ogni luogo è la sua misericordia, che ci consola per mezzo della vostra carità, radicata nell'amore profondo di Lui. Quanto egli ami coloro che credono e sperano in lui e lo amano amandosi a vicenda, lo dimostra in modo speciale col fatto che perfino agl'infedeli, a coloro che non hanno speranza e perfino ai malvagi, ai quali minaccia il fuoco eterno in compagnia del diavolo 2, se rimangono sino alla fine della loro vita ostinati nella perversa loro volontà, tuttavia in questa vita accorda tanti benefici, poiché fa sorgere il suo sole sui buoni e sui cattivi e fa cadere la pioggia sui giusti e sugli ingiusti 3; questa breve espressione è tale da farci immaginare tanti altri benefici. Chi potrebbe infatti contare tutti i favori e i doni gratuiti che gli empi ricevono da Dio, sebbene sia da loro disprezzato? Tra questi doni è grande quello per cui Dio, intercalando come castigo le tribolazioni ch'egli, al pari di un bravo medico, mescola alle dolcezze di questo mondo, li esorta, qualora volessero prestare attenzione, a scampare dal giudizio finale 4 e, mentre sono ancora in viaggio, ossia in questa vita, a mettersi d'accordo con i precetti di Dio, che si sono resi nemico con la loro cattiva condotta 5. Orbene, che cosa dal Signore Iddio, mosso dalla sua misericordia, non viene largito agli uomini, dal momento che perfino la tribolazione è un beneficio? La prosperità infatti è un dono di Dio con cui ci vuole consolare, mentre l'avversità è un dono di Dio con cui ci vuole avvertire. E se Dio concede questi benefici - come ho detto - anche ai malvagi, che cosa mai tiene preparato per coloro che lo aspettano? Rallegratevi perché anche voi, per sua grazia, siete stati riuniti nella comunità religiosa, sopportandovi a vicenda con amore, preoccupati di conservare l'unità dello spirito mediante il vincolo della pace 6. Non vi mancherà infatti l'occasione di soffrire vicendevolmente fino a quando il Signore, inghiottita la morte nella vittoria, non vi purificherà in modo che Dio sia tutto in tutti 7.

Correzione fraterna: difficile ma necessaria.

2. Non dobbiamo mai compiacerci dei dissensi, ma è pur vero che talora sono provocati dalla carità verso i nostri fratelli, o sono una prova della carità. Ove trovare infatti uno disposto a lasciarsi rimproverare? O dove trovare quel sapiente di cui la Scrittura dice: Rimprovera il sapiente e te ne sarà grato 8? Ciononostante, dovremmo forse per questo tralasciare di riprendere e correggere il fratello per evitare che s'avvii alla rovina senza preoccuparcene? Può darsi infatti, anzi accade spesso, che nel ricevere il rimprovero uno si rattristi, anzi vi si opponga ribattendo le proprie ragioni; in seguito però riflette nel silenzio della sua anima, ove non c'è altri che Dio e lui stesso, e non teme di dispiacere alla gente per il fatto di ricevere una reprimenda, ma teme solo di dispiacere a Dio per il fatto ch'egli non si emenda; può accadere inoltre che in seguito si astenga dal male di cui è stato rimproverato e, nella stessa misura che ha in odio il proprio peccato, ami il fratello che s'accorge essere soltanto nemico del suo peccato. Se invece appartiene al numero di coloro dei quali la Scrittura dice: Riprendi lo stolto e non farà che odiarti 9, non è dalla carità di chi rimprovera che nasce il dissenso, ma è il rimprovero a mettere in atto e dimostrare la carità di chi fa il rimprovero, poiché non lo si ripaga con l'odio, ma persiste immutato l'affetto che spinge a rimproverare anche quando chi ha ricevuto il rimprovero sente risentimento nel suo cuore. Se poi chi fa il rimprovero vuol rendere male per male a colui che si sdegna contro di lui che lo rimprovera, costui non era degno di fare il rimprovero ma piuttosto ben meritava d'essere rimproverato anche lui. Comportatevi così tra voi in modo che non sorgano tra voi aspri risentimenti e, caso mai sorgessero, stroncateli sul nascere ristabilendo immediatamente la mutua concordia. Mettete maggiore impegno nell'andare d'accordo che nel rimproverarvi, poiché allo stesso modo che l'aceto guasta il recipiente in cui è lasciato a lungo, così l'ira guasta il cuore se vi dura fino al giorno seguente. Mettete dunque in pratica questi avvisi e il Dio della pace sarà con voi 10; nello stesso tempo pregate anche per me, affinché anch'io possa mettere animosamente in pratica i buoni ammonimenti che v'indirizzo.

 

1 - Lam 3, 25.

2 - Mt 25, 41.

3 - Mt 5, 45.

4 - Mt 3, 7; Lc 3, 7.

5 - 1 Pt 4, 11.

6 - Ef 4, 2-3.

7 - 1 Cor 15, 57. 54. 28.

8 - Prv 9, 8.

9 - Prv 9, 8 (sec. LXX).

10 - Fil 4, 9.

 


Le rivelazioni: Parte 3

Le rivelazioni - Santa Brigida

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GESÙ

 

Il grande re Gesù Cristo

«Sono come un re grande e potente. Un re deve avere quattro requisiti: deve essere ricco, mite, saggio, caritatevole. Io sono il Re degli angeli e degli uomini ed ho le quattro condizioni richieste: sono molto ricco io che do a tutti ciò di cui hanno bisogno e malgrado questo la mia ricchezza non diminuisce. Sono molto mite, io che sono disposto a dare a chiunque mi domandi qualcosa. Sono molto saggio, io che so ciò che è dovuto e quello di cui ognuno ha bisogno. Sono molto caritatevole, io che sono pronto a dare appena qualcuno mi chiede qualcosa. Ho due forzieri: il primo contiene ciò che è pesante e massiccio come il piombo e la stanza in cui si trova tale forziere è circondata da punte acuminate. Queste due casseforti sembrano leggerissime per chi inizia a spostarle e a trasportarle, ma in realtà sono pesanti come il piombo. Così, ciò che sembrava pesantissimo diventa leggero e ciò che sembrava aspro e straziante diventa dolce. Nel secondo forziere, sembrano essere rinchiusi dell'oro splendido, pietre preziose, profumi e dolci: in realtà, l'oro non è che fango, e questi profumi non sono che veleno. Queste due casseforti non sono altro che il mio amore e l'amore del mondo: ma per raggiungerle ci sono due strade: l'abnegazione assoluta della propria volontà, che conduce al mio amore, e la carne, che conduce all'amore del mondo. Ora, alcuni credono che nel mio amore ci siano dei pesi, dei fardelli pesanti e massicci come il piombo, perché quando questi devono contenere i loro desideri hanno l'impressione di trasportare del piombo. Se odono delle parole ingiuriose, se hanno preso i voti o sono intenti a pregare, si sentono come se fossero sotto un pungolo e sono costantemente oppressi e in preda all'angoscia. Ora, colui che desidera bruciare con il mio amore deve innanzi tutto trasformare il suo fardello nel desiderio e nell'amore delle buone azioni, e poi deve trarne graduale sollievo; faccia ciò che può, pensando di poterlo compiere, se Dio gli concede la grazia; e poi perseveri nell'opera che ha cominciato con tanta gioia ed immenso coraggio, inizi a portare con agio ciò che gli sembrava pesante, e tutto il rigore dei digiuni, delle veglie e di altri esercizi pesanti come il piombo, gli sia leggero come una piuma. E su questo scanno che riposano i miei amici, e su di esso trovano immenso riposo, dolce come le rose. Per giungere a questo forziere esiste una strada maestra, ossia il disprezzo della propria volontà; infatti, l'uomo che pensa alla mia Passione e al mio amore, resiste con tutte le forze alla propria volontà e tende incessantemente verso quanto c'è di migliore. Sebbene all'inizio questa strada sia un po' dura, man mano che si procede diventa più leggera, e ciò che all'inizio sembrava impossibile diventa leggerissimo e facilissimo, e si dice a ragion veduta: 'Il giogo di Dio è dolce'. Il mondo è il secondo forziere: l'oro, le pietre preziose, i beveraggi e i profumi in esso custoditi sono amari. I piaceri al suo interno sembrano dolci, ma maridiscono l'uomo. Questa cassaforte conduce alla propria volontà... Uomini! Ascoltate le mie parole che conducono sulla strada della vita eterna, perché sono vere e potete rendervene conto, in quanto vi parlo con chiarezza. Se non le ascoltate o non potete ascoltarle, per lo meno guardatele con gli occhi della fede e dello spirito, poiché le mie parole sono vere: così come l'occhio vede l'oggetto visibile, allo stesso modo' con gli occhi della fede si vede e si crede ciò che è invisibile. Infine, nella Chiesa ci sono diverse anime semplici che compiono poche buone azioni, eppure sono salvate dalla fede, perché mi credono il Creatore e Redentore». Libro I, 15

 

Piacevole conversazione di Dio Padre con il Figlio

il Padre parlava al Figlio, dicendogli: «Sono andato con amore dalla Vergine ed ho lavorato all'ineffabile incarnazione: per questo sei in me ed io sono in te. Così come il fuoco e il calore non si separano mai, allo stesso modo è impossibile che la divinità si separi dall'umanità». il Figlio rispose: «Ti siano resi tutto l'onore e tutta la gloria, Padre! Sia fatta la tua volontà in me e la mia in te». Il Padre disse: «Ecco, Figlio mio, ti do questa nuova sposa per guidarla e nutrirla come una pecora. Ne sei signore e padrone. Ella ti darà il latte da bere affinché tu possa rinfrescarti, e la lana per vestirti. In quanto a te, sposa, devi obbedirgli; occorre infatti che tu abbia tre cose: la pazienza, l'obbedienza e la franchezza». Allora il Figlio rispose al Padre: «Sia fatta la tua volontà con la potenza, la potenza con l'umiltà, l'umiltà con la saggezza, la saggezza con la misericordia, che è senza inizio e senza fine in me. Io la prendo nel mio amore, nella tua potenza e nella guida dello Spirito Santo, che non sono delle divinità a sé stanti, bensì un Dio unico e trino». Allora lo Sposo disse alla carissima sposa: «Hai udito che mio Padre ti ha dato a me come una pecora: bisogna, dunque, che tu sia semplice e paziente come una pecora feconda, per nutrire e vestire i tuoi figli spirituali, poiché ci sono tre cose al mondo: la prima è nuda, la seconda è assetata, la terza è famelica. La prima simboleggia la fede della mia Chiesa, che è nuda, poiché tutti hanno vergogna di parlare della fede e dei miei comandamenti; e se qualcuno ne parla, ci si beffa di lui e lo si accusa di menzogna. Per questo le parole che escono dalla mia bocca devono in qualche modo rivestire di lana questa fede, poiché così come la lana cresce sul corpo della pecora grazie al calore naturale, allo stesso modo dal calore della mia divinità e della mia umiltà escono parole che toccano il vostro cuore, nel quale rivestono la mia fede santa con la testimonianza della verità e della saggezza e mostrano che è vera, sebbene ora venga ritenuta finta e vana. Ciò affinché chi fino ad oggi è stato così vigliacco da non rivestire la sua fede con le buone azioni, dopo aver sentito le mie parole piene di carità, sia illuminato e spinto a parlare con fedeltà e a compiere con generosità opere di bene. La seconda cosa simboleggia i miei amici; con un ardore pari a quello di chi, divorato dalla sete, desidera bere, essi vogliono compiere il mio onore e si turbano quando io vengo disonorato: avendo gustato la dolcezza delle mie parole, questi uomini sono inebriati da una carità più grande e anche gli stessi morti sono, insieme a loro, infiammati dal mio amore, poiché vedono quanti favori faccio ai peccatori. La terza cosa simboleggia chi dice in cuor suo: 'Se conoscessi la volontà di Dio e il modo in cui dovrei vivere, e se fossi guidato sulla strada della vita perfetta, farei tutto quanto è in mio potere'. Persone come queste sono fameliche: bruciano di conoscere la mia volontà e non riescono a saziarsi di nulla, perché nulla indica loro perfettamente ciò che bisogna fare; e se anche lo si mostra loro, nessuno si adegua. E per questo farò vedere loro di persona quello che devono fare, e li sazierò con la mia dolcezza, perché le cose temporali e visibili sono desiderate ardentemente quasi da tutti, eppure non saziano l'uomo ed anzi stimolano sempre di più il suo desiderio di averle. Ma le mie parole e il mio cuore sazieranno gli uomini e li colmeranno di consolazioni indicibili e in abbondanza. Quindi, sposa mia, che sei la mia pecora, cerca di essere paziente e di obbedire, perché mi appartieni e devi seguire la mia volontà. Ora, colui che vuole seguire la mia volontà deve avere tre cose: essere d'accordo, compiere opere simili, abbandonare i nemici. E chi sono i miei nemici, se non l'insopportabile superbia e tutti i peccati? Abbandonali, dunque, se desideri seguire la mia volontà». Libro I, 38

 

La legge nuova

«Io sono il Dio eterno un tempo chiamato Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe. Io sono Dio, il legislatore che ha dato la legge a Mosè, e tale legge era come un abito. Come la madre che porta un bambino dentro di sé e prepara gli abiti per il piccolo, similmente Dio ha preparato una legge costituita semplicemente da un abito e dalle cose che si devono fare. Io sono coperto dall'abito della legge; così come il bambino, divenuto più grande, si spoglia dei vestiti vecchi per indossarne di nuovi, allo stesso modo io, dopo aver utilizzato e tolto l'abito della vecchia legge, mi sono rivestito con una veste nuova, ossia con una legge nuova e l'ho data a tutti coloro che hanno voluto essere vestiti come me. Ora, quest'abito non è né stretto né difficile da portare, poiché è moderato e proporzionato in tutto. Infatti io non ho comandato di digiunare all'eccesso o di lavorare troppo, né di fare l'impossibile, bensì di compiere cose giuste e consone, per mortificare o moderare l'anima e il corpo. Infatti, quando il corpo è eccessivamente attaccato al peccato, quest'ultimo lo consuma e lo annienta. Per tale motivo, la nuova legge contiene due cose: una temperanza moderata, ed un uso giusto e legittimo di tutto ciò che serve all'anima e al corpo; la facilità di custodire la legge stessa, perché colui che non riesce a limitarsi in una cosa, può farlo in un'altra. La legge prevede che colui che non può essere vergine può essere sposato; colui che cade può rialzarsi... In verità ci sono due tipi di pane: uno degli angeli, di cui essi si cibano nel mio Regno, per saziarsi di una gloria ineffabile, e uno che si riceve sull'altare. Non c’è pericolo che gli angeli mi tradiscano; essi, infatti, non vogliono altro che la mia volontà. Invece può rinnegarmi chi si nutre del mio pane ricevuto sull'altare. In verità io sono il pane che presenta tre cose: l'aspetto, il gusto e la rotondità. Io sono questo pane perché, così come senza pane qualsiasi carne è insipida e per nulla sostanziosa, allo stesso modo senza di me qualunque cosa è priva di gusto, debole e vana. Del pane ho anche l'aspetto: infatti appartengo alla terra perché sono nato da una Madre vergine della stirpe di Adamo, che è figlio della terra. Ed ho anche la rotondità del pane, nella quale non ci sono né inizio né fine, perché io sono senza inizio né fine. Nessuno può immaginare né trovare la fine e l'inizio nella mia incredibile saggezza, nella mia infinita potenza, nella mia eterna carità. Io sono mirabile in ogni cosa, al di sopra di tutte le cose e al di fuori di ogni cosa. Se anche qualcuno rubasse senza sosta e con la rapidità di un fulmine, non troverebbe mai né la fine né il fondo della mia potenza e della mia virtù. Dunque, per queste tre cose, ossia il gusto, l'aspetto e la rotondità, io sono il pane chè si vede e si assapora sull'altare; esso viene tramutato nel mio corpo, che è stato crocifisso. Infatti, così come una cosa arida e secca brucia all'improvviso, se le viene dato fuoco e nello stesso tempo si consuma e non rimane niente del legno che alimenta la fiamma, ma tutto viene divorato dal fuoco, similmente quando vengono pronunciate le parole Questo è il mio corpo, ciò che era pane in quello stesso istante viene cambiato e transustanziato nel mio corpo, e non è bruciato dal fuoco, come il legno, ma dalla Divinità. Per questo mi tradisce chi mangia il mio pane e non ne è degno. Libro I, 47

 

Gesù prefrgurato da Salomone

La Madre di Dio parlava a suo Figlio, dicendo: «Figlio mio, la tua sposa piange perché hai tanti nemici e pochi amici». Il Figlio rispose: «Sta scritto che i figli del Regno saranno espulsi, e che gli stranieri ne avranno l'eredità. Sta scritto anche che da lontano giunse una regina per vedere le ricchezze di Salomone e udirne la saggezza; e quando le ebbe viste, fu come se fosse caduta in estasi. Chi, essendo nel suo regno, non pensava alla saggezza o non ne ammirava le ricchezze? Ora, io sono il vero Salomone prefigurato, ma sono molto più ricco e più saggio di lui, poiché ogni saggezza viene da me, anche il fatto stesso che qualcuno sia saggio; le mie ricchezze danno la vita eterna e una gloria indicibile. Io ho promesso tutto ciò ai cristiani, e ho dato loro come ai miei figli, affinché, se imitano e credono alle mie parole, essi posseggano queste ricchezze in eterno. Ma essi non considerano la mia saggezza, disprezzano le mie opere e valutano meno di nulla le mie promesse e le mie ricchezze. Dunque, cosa devo fare loro? Poiché i figli non desiderano la mia eredità, la avranno gli stranieri, ossia i pagani; questi ultimi, infatti, al pari di una regina straniera e delle anime infedeli, verranno e ammireranno le ricchezze della mia gloria e del mio amore, e ne saranno infiammati al punto che si vuoteranno dell'infedeltà e si colmeranno del mio Spirito». Libro lI, 4

 

Gesù prefigurato da Davide

«Io sono Dio, non di pietra, né di legno, non mi creò nessuno e sono Creatore adorabile di tutte le cose, senza inizio e senza fine. Io sono colui che discese nella Vergine senza perdere la propria natura divina, ma sono anche colui destinato all'umanità attraverso la Vergine, senza abbandonare la propria divinità. Sono una cosa sola con il Padre e lo Spirito Santo, che regnava in cielo e sulla terra grazie alla mia divinità; tramite lo Spirito Santo infiammai la Santa Vergine ma senza che lo Spirito fosse scisso da me; anzi, lo stesso Spirito che l'infiammò era una cosa sola con il Padre e con me, che sono il Figlio, e il Padre e il Figlio erano in lui; queste tre Persone non sono tre divinità, ma un Dio solo. Somiglio al re Davide, che ebbe tre figli: uno si chiamava Assalonne, e desiderava mettere a morte il padre; il secondo, Adonia, voleva allontanarlo dal regno; il terzo, Salomone, ebbe il regno paterno. Il primo simboleggia gli ebrei, che volevano mettermi a morte e disprezzavano i miei consigli: per questo ora, avendo conosciuto la loro ingratitudine, posso dire di loro quello che Davide disse di suo figlio quando questi morì: 'Assalonne, figlio mio, ossia ebrei, figli miei, che fine hanno fatto i vostri desideri e le vostre aspettative? Figli miei, che fine hanno fatto gli scopi che vi eravate posti?' Vi compativo quando volevate la mia venuta, annunciata da numerosissimi segni, e quando desideravate cose passeggere che vi erano già sfuggite tutte. Ma ora provo ancora più compassione per voi, proprio come un altro Davide che ripeteva sovente l'ultima parola, dicendo: 'Figlio mio, Assalonne! Assalonne, figlio mio! Poiché adesso vedo la tua fine nella miseria della morte, e per questo, come Davide, dico ancora con grande amore: Figlio mio, chi mi darà la morte per riaverti in cambio?’ Davide sapeva bene che con la sua morte non avrebbe potuto resuscitare il figlio, ma in questo mostrava il suo amore paterno e come fosse pronto a morire per resuscitarlo, se fosse stato possibile. Ora io dico lo stesso: 'Ebrei, figli miei, sebbene abbiate dimostrato cattiva volontà nei miei confronti, se fosse ancora possibile e piacesse a mio Padre, tornerei a morire volentieri per amore vostro, tale è la compassione che provo per la vostra miseria, che vi siete dati voi stessi, perché vi ho detto a parole cosa bisognava fare e ve l'ho mostrato con l'esempio. Vi ho guidati come una chioccia, riscaldandovi sotto le ali del mio amore; ma voi avete disprezzato tutto. Adonia, il secondo figlio di Davide, rappresenta i cattivi cristiani. Egli offese l'anziano padre perché nel suo intimo pensò: 'Mio padre è vecchio e gli mancano le forze. Se gli parlerò di eventi infausti, non risponderà; se commetterò qualcosa contro di lui, non si vendicherà; se gli arrecherò danno, sopporterà con pazienza; farò dunque ciò che vorrò. Così salì in una foresta dove c'erano pochi alberi, con un pugno di servi del padre, per stabilirvi il suo regno. Ma quando la saggezza paterna fu chiara, e si fu manifestata la volontà del padre, i disegni di Adonia mutarono e quanti erano con lui vennero denigrati e disprezzati. Allo stesso modo, i cristiani pensano così di me e dicono: 'I segni di Dio e i suoi giudizi non sono noti; adesso come prima, possiamo dire quello che vogliamo, perché egli è misericordioso e non se ne cura. Facciamo, dunque, quello che vogliamo, poiché perdona facilmente'. Essi non credono alla mia onnipotenza, come se ora fossi meno in grado che in passato di fare quello che voglio; pensano che il mio amore sia diminuito, ritengono che i miei giudizi siano delle canzonature e la mia giustizia vanità; per questo salgono nelle foreste di Davide con qualche servo per regnare in tutta tranquillità. Qual è questa foresta in cui ci sono pochissimi alberi, se non la Santa Chiesa, che continua ad esistere grazie ai sette sacramenti, simili a queste poche piante? Essi entrano in questa Chiesa con qualche servitore di Davide, ossia con qualche piccola buona azione, affinché, in tutta tranquillità, ottengano il Regno di Dio. Poiché fanno queste poche buone azioni, cui si affidano completamente malgrado abbiano commesso peccati e crimini abominevoli, essi credono di avere il Regno dei cieli come per diritto di successione. Ma, così come il figlio di Davide, che desiderava avere il regno paterno, fu respinto in modo disonorevole, poiché, essendo ingiusto, voleva arrogarselo con l'ingiustizia, - e il regno venne dato a un uomo più saggio e migliore di lui -' similmente questi cristiani saranno espulsi dal mio Regno, ed esso sarà dato a chi compie la volontà di Dio, perché potranno avere il Regno dei cieli solo quanti saranno animati dalla carità, e potranno avvicinarsi alla mia purezza solo coloro che sono puri secondo il mio cuore. Il terzo figlio di Davide era Salomone, che simboleggia i pagani. Poiché Betsabea aveva udito che era stato eletto un altro al posto di Salomone, cui tuttavia Davide aveva promesso il regno, si recò da Davide e gli disse: 'Mio Signore, mi avevi giurato che dopo di te avrebbe regnato Salomone, ma è stato eletto un altro; se così sarà, io verrò condannata al rogo come adultera e mio figlio sarà illegittimo'. All'udire queste cose, Davide si alzò e disse: 'Giuro per il Signore che dopo di me regnerà Salomone'. E comandò ai servi di elevare Salomone al trono del regno, e di dichiarare re solo colui che era stato scelto da Davide; essi eseguirono gli ordini del loro signore ed esaltarono Salomone con grandi onori. Chi è Betsabea, se non la fede pagana? Infatti non c'è adulterio più pernicioso di quello che allontana da Dio e dalla giusta fede e che porta a credere qualcuno, che non è Dio, Creatore di tutte le cose; ma come Betsabea, alcuni gentili vengono a Dio, dicendo con cuore umile e contrito: 'Signore, ci avevi promesso che in futuro saremmo stati cristiani: mantieni dunque la promessa. Se fra di noi è nato un altro re, ossia un'altra fede, e se ti allontani da noi, cammineremo come miserabili e moriremo come adultere che hanno preso un adultero come marito legittimo. E benché tu viva in eterno, tu morirai per noi, e noi per te, poiché con la grazia ti allontani dal nostro cuore e noi ci opponiamo a te con la nostra diffidenza. Mantieni dunque la promessa; conforta la nostra infermità e illumina le nostre tenebre, perché se indugi, ossia se ti allontani da noi, periremo'. All'udire queste cose, come un altro Davide, desidero innalzarli con la mia grazia e la mia misericordia. Giuro dunque per la mia divinità, che è con la mia umanità e attraverso la mia umanità, che è nel mio Spirito e attraverso il mio Spirito, che è nella mia natura divina e nella mia umanità, che manterrò la promessa. Manderò i miei amici affinché introducano Salomone, mio figlio, ossia i pagani, nella Chiesa, che continua ad esistere in virtù dei sette sacramenti come sette alberi: il battesimo, la penitenza, la cresima, l'eucarestia, il sacerdozio, il matrimonio e l'estrema unzione; ed essi si riposeranno sul mio scanno, ossia nella fede giusta della Santa Chiesa; gioiranno dell'eredità perpetua e della dolcezza che preparerò loro». Libro lI, 5

 

Nostro Signore paragonato a un operaio

«Io sono come un orefice che, mandando il servo a vendere il suo oro per il mondo, gli dice: 'Devi stare attento a tre cose... Il mio nemico, infatti, ha tre cose dalle quali ti devi guardare: vuole renderti pigro e ozioso nel mostrare lo spirito e il valore del mio oro; poi vuole mescolare qualcosa d'impuro al mio oro, affinché quanti lo vedranno e lo controlleranno, credano che il mio oro non è altro che fango e marciume; e infine mette in bocca ai suoi amici i mezzi per resistere ai tuoi disegni, perché dicano ad alta voce e con impudenza che il mio oro non è di qualità'. Io sono l'operaio che ha fatto tutto quanto è nei cieli e sulla terra, non con martelli e utensili, ma con mirabile potenza e meravigliosa virtù; e tutte le cose sono state, sono e saranno in mia presenza, perché il più piccolo vermicello e il più piccolo granello non esistono senza di me e non possono sopravvivere senza di me, né qualsiasi cosa, per quanto piccola, può nascondersi alla mia presenza, perché tutte le cose' sono mie e dipendono da me. Tuttavia, fra tutte le cose che ho fatto, le parole che ho detto con la mia bocca sono più degne di tutte le cose suddette, così come l'oro è più prezioso di tutti i metalli... Dunque, che le mie parole non siano nascoste ai miei amici, poiché, sentendo parlare delle mie grazie e dei miei favori, possano essere stimolati a una maggiore devozione... I miei amici diranno queste parole a chi li contraddice: 'Nelle parole che ci sono mostrate non ci sono che tre vocaboli, perché esse insegnano a temere con accortezza, ad amare con devozione e a desiderare con saggezza le cose celesti'» . Libro lI, 14

 

Le sofferenze di Gesù dal giorno della sua nascita fino alla Passione

«Ora, essendo venuto sulla terra, ho lavorato dal nascere del giorno al calar del sole, ossia dalla mia ineffabile incarnazione alla Passione e alla mia odiosa morte in croce. Ho operato la salvezza degli uomini, fuggendo sin dall'inizio in questa solitudine, poiché Erode mi perseguitava. Sono stato tentato dal diavolo ed ho patito le persecuzioni degli uomini. Poi ho sofferto e sopportato un numero infinito di infamie. Mangiavo e bevevo, ed ho assolto le necessità della natura senza peccare, per l'istituzione della fede, e per dimostrare e manifestare che avevo assunto in modo straordinario la natura umana, preparando la strada per andare nella città celeste e distruggendo quella che va in senso opposto; le spine strazianti hanno trafitto crudelmente il mio capo e i chiodi hanno ferito dolorosamente le mie mani; i miei piedi e le mie mani, i miei denti e le mie guance sono stati flagellati con crudeltà. Ora, io, sopportando tutto ciò con pazienza, non mi sono tirato indietro, ma sono andato avanti con maggiore fervore. Come un animale spinto dalla fame, vedendo che l'uomo gli tende la lancia, si avventa su di essa per il desiderio di divorare il cacciatore e più questi affonda la lancia nel ventre dell'animale e più l'animale si avventa sulla lancia per avvicinarsi maggiormente all'uomo, finché le sue viscere, il suo ventre e il suo corpo sono completamente lacerati; così io ho bruciato con il fuoco di un amore così grande nei confronti dell'anima, che più l'uomo si avvicinava di sua volontà per uccidermi, più io ardevo dal desiderio di patire per la salvezza delle anime. Per questo, dunque, cammino nella solitudine del mondo, nella fatica e nella miseria, ed ho preparato la gioia del cielo, nel mio sangue e nel mio sudore... Esaudendo con misericordia il desiderio, lungamente nutrito e ardente, di una salvezza futura, sono venuto sulla terra come pellegrino, per lavorare; ed essendo sconosciuto, come disposto dalla mia potenza e dalla mia divinità, ho preparato la strada che conduce in cielo. I miei amici, vedendo questa strada e pensando alle mie fatiche, alle mie pene e alla generosità del mio spirito, mi hanno seguito fedelmente e con gioia per molto tempo. Ma ora, la voce che gridava: 'Sii pronto, è cambiata, e con essa la mia strada, e in questa solitudine sono tornati a crescere spine e rovi, tanto che non vi cammina più nessuno...' In verità, io sono come una madre che precede il figlio errante e vagabondo e gli illumina la via perché veda il cammino; ella lo precede, spinta dall'amore, accorciando il suo cammino e, avvicinandosi al figlio, lo abbraccia e si congratula con lui. Io faccio lo stesso con tutti coloro che tornano a me, e precederò con amore tutti i miei amici, e ne illuminerò lo spirito e l'anima affinché vedano la saggezza divina. Desidero cingerli con ogni genere di gloria, e con tutte le mie schiere celesti, là dove in basso non ci sono né il cielo né la terra, ma la visione divina; là dove non ci sono né cibo né bevanda, ma una divina dilettazione... Vi dico queste parole e vi manifesto il mio amore, affinché coloro che si sono allontanati tornino a me e mi riconoscano come loro Creatore, il Creatore che hanno dimenticato». Libro II, 15

 

San Giovanni evangelista dice alla sposa che la Bibbia supera tutte le scritture

«La Scrittura, che chiamate santa, parla in questi termini: Nessun’opera sara' senza ricompensa. Questa Scrittura, che voi chiamate Bibbia, illumina come un sole che splende infinitamente più dell'oro, e fruttifica come il seme che genera cento frutti; infatti, così come l'oro eccelle fra tutti i metalli, così la Scrittura, che chiamate santa e che in cielo chiamiamo dorata, eccelle fra tutte le scritture, perché rende noto il nome di Dio e lo onora; in essa, vengono riferite le opere dei patriarchi e dei profeti». Libro IV ,1

 

La Madre di Dio racconta i sette beni di Gesù e i sette contrari ripresi dagli uomini

La Madre di Dio parla, dicendo: «Mio Figlio ha sette beni: è molto potente, come un fuoco che divora ogni cosa; è molto saggio, la sua saggezza è superiore alla conoscenza degli uomini, poiché essi non riuscirebbero a inaridire il mare; è molto forte, come una montagna immobile; è molto virtuoso, come l'erba gradita alle api; è molto bello, come un sole splendente; è molto giusto, come un re che non perdona nessuno se ciò va contro la giustizia; è molto pio, come un signore che dà se stesso per la vita del suo servo. D'altro canto, ha sopportato molti dispiaceri: infatti, per la sua potenza, è stato ridotto a un verme; per la sua saggezza, è stato ritenuto folle; malgrado la sua forza, lo hanno trattato come un bambino in fasce; per la sua bellezza, lo hanno considerato lebbroso; per la sua virtù, era nudo e lo attaccavano; per la sua giustizia, era ritenuto menzognero; ed è morto per la sua pietà». Libro IV, 119

 

Il battesimo di Gesù

«Perché ho voluto essere battezzato? E’ necessario che chi desidera intraprendere una strada nuova, preceda gli altri su questo stesso cammino. Anticamente, al popolo era stata indicata una strada carnale: la circoncisione; essa era un segno di obbedienza e di futura purificazione e nelle persone fedeli e rispettose della legge, prima che venisse Gesù ossia la verità, aveva l'effetto di una grazia futura e della promessa. Ma poiché giunse la verità e la legge non era che un'ombra, da sempre era stato stabilito che si rinunciasse a seguire l'antica strada, perché non aveva effetto. Dunque, affinché emergesse la verità, l'ombra svanisse e venisse indicata la strada più facile per andare in cielo, essendo Dio e uomo ho voluto essere battezzato per l'umiltà e l'esempio delle moltitudini, e per aprire il cielo ai credenti e ai fedeli; e in segno di ciò, quando venni battezzato, il cielo si aprì, si udì la voce del Padre ed apparve lo Spirito Santo sotto forma di colomba. È stato provato che io, Figlio di Dio, sono vero Dio e uomo, perché le persone fedeli sappiano e credano che il Padre eterno apre i cieli ai battezzati e ai fedeli. Lo Spirito Santo è con colui che battezza. La virtù della mia natura umana si trova nell'elemento stesso, benché l'opera di mio Padre, mia e dello Spirito Santo non sia che espressione di una volontà unica. Questo accadde quando la verità fu palese. Io che sono la verità, dissipai le ombre. Essendo stato spezzato il guscio della legge, comparve il nocciolo; si cessò, dunque, di ricorrere alla circoncisione, e il battesimo venne confermato in me, affinché il cielo si aprisse ai grandi e ai piccoli e i figli del peccato diventassero figli della grazia e della vita eterna».

Libro V, 4, Interrogazione 10, IV

 

La fuga in Egitto

«Perché sono fuggito in Egitto? Così si è manifestata l'infermità della mia umanità, si è avverata la profezia e ho dato l'esempio ai posteri, affinché sappiano che a volte bisogna evitare e sottrarsi alle persecuzioni; ma poiché sono stato ricercato e braccato da coloro che mi perseguitavano, il consiglio divino ha prevalso sugli esseri umani. Non è facile battagliare contro Dio. Per quanto riguarda i bambini che sono stati massacrati, essi hanno rappresentato la mia Passione, il mistero di quanti sono chiamati a Dio e sono stati il simbolo dell'amore divino; poiché, sebbene i fanciulli non mi abbiano reso testimonianza con la parola, lo hanno fatto con la morte, come si addiceva alla mia infanzia. Era stato predetto che la lode divina si sarebbe compiuta con il sangue degli innocenti, perché, nonostante la cattiveria degli ingiusti li abbia ingiustamente afflitti, il mio permesso, sempre giusto e buono, li ha esposti giustamente alla morte, per mostrare la perversità degli uomini, i consigli incomprensibili della mia divinità e la grandezza della mia pietà. Se, dunque, nei bambini l'ingiusta cattiveria si è mostrata con furia, in essi la mia misericordia e il merito sono stati presenti in sovrabbondanza; e là dove sono mancate la parola, la confessione e l'età, ebbene là il sangue sparso rendeva perfetto il bene». Libro V, 6, Interrogazione 12, IV

LA PASSIONE

 

La Beata Vergine parlava alla sposa Santa Brigida, dicendo: «Novella sposa di mio figlio! Rimettiti i tuoi abiti e al collo indossa il collare, ossia la Passione di mio Figlio» (Libro I, 54)

 

Racconto della Passione di Gesù Cristo

«Poiché si avvicinava il tempo della Passione di mio Figlio, tutti i suoi nemici lo trascinarono via con percosse sulle guance e sul collo; e dopo avergli sputato addosso, si presero beffa di lui. Poi lo condussero alla colonna; qui si tolse gli abiti da solo e si avvicinò alla colonna con le proprie mani che i nemici legarono senza misericordia. Era tenuto in lacci e non aveva nulla per coprirsi: era nudo e dovette sopportare e patire la vergogna della nudità. I suoi amici erano fuggiti e i suoi nemici, sollevandolo, lo circondarono da ogni parte e frustarono il suo corpo puro con ogni corruzione e ogni peccato... Vidi il suo corpo flagellato e straziato fino alle ossa, tanto che gli si scorgevano le costole e la cosa più amara fu che, quando smisero di flagellarlo, ne scavarono e straziarono le carni. E quando mio Figlio, rosso di sangue e trafitto, rimase in piedi in questo stato, tanto che in lui non restava nulla di sano, ripresero a flagellarlo e qualcuno disse con apprensione: 'Come? Lo farete morire senza averlo giudicato?' E subito gli tagliò i lacci. Così mio Figlio si rimise i suoi abiti; e allora vidi che i suoi piedi erano in una pozza di sangue; i suoi nemici non tollerarono che si vestisse, e lo spinsero obbligandolo a camminare. Quando lo portarono via come un ladro, mio Figlio si asciugò il sangue dagli occhi; e quando l'ebbero giudicato, gli fecero portare la croce; e dopo che l'ebbe portata per un pezzo, qualcun altro la prese e la portò per lui. Tuttavia, mentre si avvicinava in questo modo al luogo della Passione, alcuni lo colpivano al collo, altri al volto; fu percosso con forza e violenza e sebbene non vedessi chi lo picchiava, ne sentivo i colpi. Quando arrivò sul posto della Passione, vidi che erano stati approntati tutti gli strumenti destinati a dargli la morte; mio Figlio si tolse da solo gli abiti, mentre i soldati dicevano fra di loro: 'Le sue vesti sono nostre, poiché non le riavrà: è stato condannato a morte'. Mio Figlio era lì, nudo come quando era nato; allora qualcuno gli porse un velo per coprire la sua nudità e ciò gli diede grande gioia interiore. Poi i boia, duri e crudeli, lo presero e lo fecero stendere sulla croce, inchiodando per prima la mano destra al palo, che era stato perforato in modo da far passare il chiodo. E gli trafissero la mano proprio nel punto in cui l'osso è più duro e forte; e, tirando l'altra mano verso il foro con una corda, lo crocifissero. Poi fissarono con due chiodi il piede destro e il sinistro, che si tesero rompendo tutti i nervi e tutte le vene. Dopo aver fatto ciò, essi gli misero sul capo una corona di spine, la quale trafisse così profondamente la testa di mio Figlio che i suoi occhi si coprirono di sangue, e così pure le orecchie e la barba! Egli, rosso di sangue e ferito, ebbe pietà di me, che assistevo addolorata e gemente e lanciò uno sguardo a San Giovanni, figlio di mia sorella, raccomandandomi a lui... Vedendo me e i suoi amici che piangevano inconsolabili, mio Figlio disse ad alta voce con tono implorante: 'Padre mio, perché mi hai abbandonato?' Come se dicesse: 'Sei l'unico che abbia pietà di me, Padre mio!' Allora vidi i suoi occhi tramortiti, le gote bagnate, il viso dolente e la bocca aperta, con la lingua rossa di sangue; il ventre aderiva al dorso, tutti i liquidi erano fuoriusciti, come se non ci fossero più le viscere. Vidi il suo corpo pallido e sfinito, a causa del sangue che aveva perso, con le mani e i piedi rigidi e tesi sulla croce, con la barba e i capelli intrisi di sangue. Il cuore di mio Figlio, straziato, livido, solo, batteva ancora perché era di fibra buona e forte, in quanto aveva assunto dalla mia carne un corpo puro, sano e di buona costituzione. La sua pelle era così morbida e delicata che bastava colpirla leggermente per farne sgorgare il sangue. Il suo sangue era così vivo che lo si vedeva scorrere sotto la pelle. Ed essendo mio Figlio di natura forte, la vita lottava contro la morte in un corpo lacerato. Quando il dolore saliva dalle membra e dai nervi trafitti del corpo al cuore, la parte più sensibile e più pura in lui, il cuore provava una sofferenza incredibile; e quando il dolore scendeva dal cuore alle membra lacere, egli ritardava con amarezza la sua morte... La morte si avvicinava, e poiché il cuore di mio Figlio si spezzò per l'intensità del dolore, tutte le membra ebbero un sussulto; egli protese un poco il capo e poi lo reclinò. Vedemmo la sua bocca aperta e la lingua coperta di sangue; le sue mani si erano scostate leggermente dal foro della croce e per questo i piedi sostenevano un carico maggiore; le dita e le braccia si distesero e la schiena aderì al tronco. Allora alcuni mi dissero: 'Maria, tuo Figlio è morto'; e altri: 'Tuo Figlio è morto ma resusciterà'. Mentre pronunciavano queste parole, venne un soldato e affondò a tal punto la lancia nel costato di mio Figlio che quasi usciva dall'altro lato! E non appena ebbe ritratto la lancia, il petto si coprì di sangue. Allora, vedendo che il cuore del mio amato Figlio era stato lacerato, mi parve che lo fosse anche il mio. Poi egli venne calato dalla croce ed io lo presi sulle mie ginocchia come un lebbroso, completamente livido e straziato, poiché i suoi occhi erano morti e pieni di sangue, la bocca era fredda come la neve, la barba sembrava corda e il volto era contratto; le mani erano talmente rigide che non si riusciva a piegarle sull'ombelico; essendo stato in croce, mentre lo tenevo sulle ginocchia aveva tutte le membra irrigidite. Fu immediatamente avvolto in un lenzuolo pulito e bianco; e gli detersi le piaghe e le membra con un panno; gli chiusi gli occhi e la bocca, che erano rimasti aperti nel momento della morte. Infine venne posto nel sepolcro. Ecco, figlia mia! Cos'ha sofferto per voi mio Figlio». LibroI, 10

 

Gesù rivela alla sua sposa come si diede liberamente alla Passione

Il Figlio di Dio parlava alla sua sposa dicendo: «Io sono il Creatore del cielo e della terra e il corpo che è consacrato sull'altare è il mio vero corpo. Amami con tutto il cuore, perché io ti ho amato. Ho dato liberamente me stesso ai nemici, e i miei amici e mia Madre sono stati colti da un dolore amarissimo e si sono sciolti in lacrime. Quando vidi la lancia, i chiodi, le fruste e gli altri strumenti preparati per la mia Passione, mi accostai comunque a loro con gioia. E sotto la corona di spine, sebbene il capo grondasse di sangue e il mio sangue scorresse ovunque ed i nemici mi ferissero al cuore, avrei preferito essere straziato in due piuttosto di non averti e non amarti. Per questo saresti davvero ingrata se non mi amassi come riconoscenza del grande amore di cui ho dato prova nei tuoi confronti. Se il mio capo è stato trafitto dalle spine e si è piegato sulla croce, la tua testa deve chinarsi con umiltà; e poiché i miei occhi erano pieni di sangue e di lacrime, devi astenerti da ciò che diletta la vista; e poiché le mie orecchie erano colme di sangue e hanno sentito che venivo denigrato, le tue orecchie non devono ascoltare parole beffarde, sciocche e leggere; e poiché hanno bagnato la mia bocca con una bevanda amara anziché gradevole, devi chiudere la bocca alle parole cattive e aprirla a quelle buone; e poiché le mie mani sono state distese e inchiodate sul patibolo, le tue opere, simboleggiate dalle mani, devono essere tese ai poveri e ai miei comandamenti; i tuoi piedi, ossia gli affetti 'con cui devi venire a me, devono essere crocifissi ad ogni voluttà; e poiché ho sofferto in tutte le mie membra, così le tue devono essere pronte e disposte a ubbidirmi, perché esigo un maggior servizio da te che dagli altri, in quanto ti ho dotata e arricchita di una grazia più grande ed eccelsa». Libro I, 11

 

I dolori di Maria durante la Passione di Gesù

«Alla morte di mio Figlio, avevo il cuore trafitto da cinque lance: la prima lancia era vedere il mio amatissimo Figlio onnipotente nudo, legato alla colonna, senza poterlo coprire. La seconda erano le accuse delle bestemmie vomitate su di lui, in quanto era accusato di essere un traditore, un uomo bugiardo e perfido, e una spia sleale, lui che sapevo giusto, veridico; lui che non aveva mai voluto offendere nessuno. La terza lancia era la corona di spine che aveva trafitto il suo capo in modo così disumano che il sangue gli colava in bocca, nella barba e nelle orecchie. La quarta era la sua voce lamentevole sulla croce, mentre diceva: 'Padre mio, perché mi hai abbandonato?', come se intendesse dire: 'Sei l'unico che possa avere misericordia di me'. La quinta lancia che ha trapassato il mio cuore era la sua morte amarissima, e mi sono sentita come se il mio cuore fosse stato ferito con altrettante lance, tanto che dalle vene è sgorgato il sangue. Le vene dei suoi piedi e delle sue mani sono state trafitte, e il dolore dei nervi spezzati ha risposto con forte intensità al cuore, e dal cuore ai nervi senza tregua, poiché il suo cuore era delicatissimo, e la sua vita e la sua morte lottavano una contro l'altra: così la sua vita si protrasse in mezzo a dolori lancinanti. Ma poiché la morte si avvicinava, il suo cuore si spezzò per il dolore insopportabile; allora d'un tratto le sue membra ebbero un sussulto e il suo capo, che era reclinato, si alzò leggermente; gli occhi semichiusi si aprirono un poco. Anche la bocca era aperta e si vedeva la lingua insanguinata; le dita e le braccia, che si erano ritratte, si distesero. Ma quando ebbe esalato l'ultimo respiro, la testa si piegò sul petto, le mani si staccarono leggermente dalla croce nel punto delle ferite e i piedi dovettero reggere un peso maggiore. Vedendo mio figlio più disprezzato di un lebbroso, uniformai la mia volontà alla sua, ben sapendo che tutte le cose erano state compiute secondo la sua volontà e che non si poteva fare nulla senza il suo permesso e lo ringraziai per tutto ciò. La sua gioia si accompagnava al dolore, poiché vedevo che era innocente e che aveva voluto soffrire con così tanto amore per i peccatori. Dunque, tutti coloro che sono al mondo si rendano conto che ho assistito alla morte amara e crudele di mio Figlio, e gli occhi del loro spirito lo ricordino sempre». Libro I, 27

 

«Sposa di mio Figlio, vestiti e sii salda, perché mio Figlio si avvicina a te» diceva la Madre di Dio alla sposa. «La sua carne è stata schiacciata come in una pressa: perché, così come l'uomo ha mancato con perversità in tutte le membra, allo stesso modo mio Figlio ha soddisfatto proporzionalmente in tutte le sue. I suoi capelli erano sparsi, i nervi spezzati, le giunture staccate, le ossa straziate, le mani e i piedi inchiodati; il suo spirito era turbato, il cuore afflitto dal dolore; e le sue viscere aderivano alla schiena, perché l'uomo ha peccato in tutte le sue membra». Libro I, 45

 

Per il giorno della Passione

«Egli fu trascinato e gettato a terra con tale crudeltà, che la testa urtò il suolo e i denti vibrarono e fu percosso con così tanta forza al collo e sulle guance, che il suono e il contraccolpo giunsero alle mie orecchie e al mio cuore. Poi, su ordine del boia, si spogliò da solo, abbracciando con decisione la colonna; il suo corpo venne straziato e piagato con molti colpi di frusta. Alla prima percossa fui colpita al cuore dal contraccolpo e per poco non svenni; poi, riprendendo coscienza, vidi il suo corpo interamente straziato, perché mentre lo flagellavano era nudo. Allora uno dei boia che assistevano alla scena disse: 'Come? Lo volete far morire senza che venga giudicato e, così facendo, causare anche la vostra morte?' E dicendo ciò tagliò i lacci. E mio Figlio, essendo stato slegato dalla colonna, per prima cosa si coprì; ma non gli diedero il tempo di rivestirsi; mentre lo trascinavano via, infilò le braccia nelle maniche. Le sue orme attorno alla colonna erano talmente piene di sangue, che potevo individuarle una ad una, e capivo dove era passato dalle macchie di sangue che aveva lasciato. Allora si sfregò il viso insanguinato con la tunica. Poi, dopo che lo ebbero giudicato ed ebbe preso la croce, fu condotto sul Calvario; ma lungo la strada fermarono un altro uomo perché lo aiutasse a portare la croce. Giunto sul luogo in cui dovevano crocifiggerlo, vide subito un martello e quattro chiodi appuntiti; gli ordinarono immediatamente di spogliarsi e lui obbedì coprendosi con un piccolo panno, cosa che gli recò un po di conforto; poi andò a farsi crocifiggere. La croce poggiava per terra e i bracci erano in alto, di modo che l'incrocio fra le travi veniva a trovarsi fra le spalle di mio Figlio; il capo poggiava contro la croce, e la tavola dell'iscrizione era stata fissata sopra la testa e le braccia. Le braccia erano state inchiodate più in alto della testa. Non appena gli fu ordinato di stendersi sulla croce, egli si sdraiò volgendo le spalle alle assi. Gli dissero di porgere la mano: diede per prima la destra; e poiché la sinistra non arrivava al foro, la tesero; nemmeno i piedi arrivavano ai buchi, allora li tirarono e li incrociarono un po' più in basso delle cosce; poiché erano separati, vennero inchiodati alla croce con un chiodo ciascuno, conficcato là dove l'osso era duro, come avevano fatto alle mani. Al primo colpo di martello quasi caddi in estasi e nella veglia vidi mio Figlio e udivo che gli uomini parlavano di lui in vari modi; alcuni dicevano: 'Cos'ha fatto? Ha commesso un furto, una rapina o detto una menzogna?' Altri rispondevano che era un mentitore. Allora gli posero sul capo la corona di spine che scendeva fino a metà della fronte. Diversi fiotti di sangue, aperti dalle spine, colavano lungo tutto il suo volto, riempiendo i capelli, gli occhi, la barba, al punto che tutto mi sembrava sangue; egli non poté vedermi mentre assistevo alla scena, poiché il sangue gli era colato persino negli occhi. Dopo avermi raccomandata al suo discepolo ed aver levato al cielo la testa e gli occhi pieni di lacrime, gridò con una voce che nasceva dal cuore: 'Mio Dio! Mio Dio! perché mi hai abbandonato?' Era una voce che non potei mai dimenticare finché non salii al cielo; infatti aveva pronunciato queste parole perché era commosso più per la mia sofferenza che per la sua. Il colore della morte ne ricoprì tutte le membra, tanto che si potevano vedere le sue mascelle attraverso il sangue, e le sue gote aderire ai denti; le costole sporgevano talmente che era possibile contarle; il ventre aderiva alla schiena; il cuore, vicino alla piaga, fece tremare tutto il corpo e la barba ricadde sul petto. Allora io, ridotta a un cencio, caddi per terra. La sua bocca era aperta, come quando aveva esalato l'ultimo respiro e si vedevano la lingua, i denti e il sangue; gli occhi erano semichiusi, rivolti in basso e il corpo già morto pendeva tutto ripiegato su di sé; le ginocchia erano curve verso un fianco e i piedi erano spostati sui chiodi che sporgevano in basso come ganci. In seguito, dato che il costato era stato aperto, quando ne estrassero la lancia sulla punta dell'asta comparve una specie di colore bruno, e capimmo che il suo cuore era stato passato da parte a parte; questo colpo penetrò talmente nel mio cuore che mi stupisco di non esserne morta. Gli altri se ne andarono ma io non potei; provavo un po' di consolazione poiché il suo corpo era stato deposto e calato dalla croce, tanto che potevo toccarlo, tenerlo in grembo, sondare le piaghe e toglierne il sangue. Poi gli chiusi gli occhi e la bocca con le dita. Le braccia erano rigide e non riuscii a piegarle per incrociarle sul petto, ma solo sul ventre; non riuscii neanche a stendere le ginocchia poiché erano incurvate così come si erano irrigidite sulla croce». Libro IV, 70

 

È cosa giusta meditare sulla Passione di Cristo

Lo scudo spirituale, simbolo della considerazione dell'amarissima Passione di Nostro Signore, deve essere infilato sul braccio sinistro, vicino al cuore; così ogni volta che la voluttà della carne diletta lo spirito, potremo ripensare con attenzione alle piaghe di nostro Signore; ogni volta che ci offendono e avviliscono il disprezzo dello spirito e le quotidiane avversità mondane, mediteremo sulla povertà e sugli obbrobri subiti da Gesù Cristo; e ogni volta che ci solleticano l'onore e il piacere momentaneo di questa vita mortale, considereremo e contempleremo la Passione e l'amara morte di Gesù.

Libro IV, 74

 

Parla la Madre di Dio, e dice: «Il cuore di mio Figlio è soavissimo come il miele e purissimo come una fontana purissima, poiché tutte le bontà sparse in quest'universo procedono da lui come dalla loro fonte, in quanto egli è dolcissimo. In verità, cosa c'è di più dolce per un uomo assennato se non considerare l'amore di Dio per noi attraverso la creazione, la redenzione, le fatiche e la dottrina, nella sua grazia e nella sua invincibile pazienza, poiché la sua carità non scorre e non passa come l'acqua, ma si spande in lontananza e dura, dato che il suo amore resta con l'uomo sino alla morte? Perché se anche un peccatore fosse prossimo alla sua perdita e alla rovina totale, ma gridasse con la volontà di fare ammenda, sarebbe senz'altro liberato. Del resto, per giungere al cuore di Dio ci sono due strade: la prima è l'umiltà di una contrizione sincera, che conduce e introduce l'uomo nel cuore di Dio e nelle conversazioni spirituali. La seconda è la considerazione della Passione di mio Figlio, che vince l'insensibilità del cuore umano e lo fa correre con gioia verso il cuore di Dio».

Libro IV, 101

 

Accompagnate il pane di carità con l'acqua. Qual è quest'acqua se non la continua considerazione dell'amarezza della Passione patita da Gesù Cristo quando chiese al Padre di allontanare il calice da lui e quando le gocce di sangue colavano lungo il suo corpo? Il sudore di Gesù era sangue a tutti gli effetti perché il sangue dell'umanità di Dio era divorato dal timore naturale che provava Cristo, per mostrare che questi era un vero uomo e non un essere irreale, alieno da ogni sofferenza. Bevete dunque quest'acqua, meditando come Dio sia comparso davanti a Erode e a Pilato, quanto fosse dolente e misero sulla croce, e come la lancia abbia trafitto il suo sacro costato». Libro IV, 126

 

 

MISERICORDIA DIVINA

 

Nella casa di Dio deve regnare l'umiltà

«Nella mia casa deve regnare l'umiltà assoluta, eppure essa è sommamente disprezzata... Infatti, chi in questo momento edifica case nel mio nome si comporta come gli architetti che prendono per i capelli il padrone dell'edificio quando vi entra, lo gettano per terra, e rendono onore al fango mentre calpestano l'oro. Ebbene costui fa lo stesso, perché edifica il fango, ossia innalza fino al cielo le cose temporali e periture e non si occupa delle anime, che sono più preziose dell'oro. Se desidero entrare nel suo cuore con la predicazione oppure con l'ispirazione e la contemplazione, mi prende per i capelli e mi getta per terra, ossia maledice le mie parole e le disprezza come il fango e nonostante ciò si ritiene molto saggio. In verità, se volesse innalzare dei palazzi per me, edificherebbe innanzi tutto nel mio onore e per la salvezza delle anime... Ti mostrerò cosa significhi la casa che intendo costruire. Questa casa è la religione, di cui io sono le fondamenta, io che ho creato ogni cosa e attraverso cui ogni cosa è stata fatta ed esiste. In questa casa ci sono quattro muri: il primo è la mia giustizia, con cui giudicherò tutti quelli che vi si oppongono e la detestano; il secondo è la mia saggezza, con la quale, grazie al mio splendore, illumino tutti coloro che vi abitano; il terzo è la mia potenza, con essa li conforterò e li rafforzerò contro le insidie del diavolo; il quarto è la mia misericordia, che riceve tutti quelli che la invocano. In questo muro si apre la porta della grazia, attraverso cui vengono accolti coloro che me la chiedono. Il tetto della casa è la carità, con la quale copro i peccati di quanti mi amano, affinché tali peccati non ne causino la dannazione. La finestra del tetto, da dove entra il sole, è la considerazione della mia grazia, attraverso cui il calore della mia divinità penetra nel cuore di chi abita in questa casa. Per quanto riguarda il fatto che il muro debba essere grande e forte, questo significa che nessuno può indebolire le mie parole né distruggerle. Il fatto che questo muro debba essere poco alto indica che la mia saggezza può essere intesa e compresa in parte ma non del tutto. Le finestre, semplici e luminose, significano che attraverso le mie parole, sebbene semplici, la luce della conoscenza divina entra comunque nel mondo. L'altezza limitata del tetto significa che le mie parole si manifestano non in modo incomprensibile, bensì intelligibile».

Libro I, 18

 

In che modo Dio concede la propria misericordia ai malvagi

«La mia misericordia perdona anche i malvagi in tre modi. Prima di tutto, grazie all'abbondanza del mio amore, poiché la pena eterna è lunga; con la mia grande carità, dunque, li sostengo sino alla fine della loro vita, ritardando di molto l'inizio delle lunghe pene che devono sopportare. In secondo luogo, con la mia bontà, affinché la loro natura si consumi con il peccato e invecchi perdendo la forza della gioventù; infatti, se morissero giovani, troverebbero troppo lunga e amara la morte temporale. In terzo luogo, mediante la perfezione dei buoni e la conversione di qualche cattivo; infatti quando gli uomini buoni e giusti sono afflitti dai malvagi, ciò reca loro un vantaggio, poiché impedisce che pecchino e li rende meritevoli. Similmente, talvolta il fatto che i cattivi vivano fianco a fianco genera il bene, perché quando i malvagi considerano le azioni compiute da chi è come loro e la loro iniquità, dicono fra sé e sé: 'A che pro imitarli? Essendo Dio così paziente, conviene convertirsi piuttosto che offenderlo'. In questo modo, spesso chi si era allontanato da me torna, perché detesta commettere le stesse cose dei malvagi; la sua coscienza, infatti, gli suggerisce che essi non devono fare cose simili. Per questo motivo si dice che chi è punto dallo scorpione guarisce all'improvviso, se viene cosparso con l'olio di un altro scorpione morto: allo stesso modo un malvagio, vedendo le azioni funeste di un suo simile, si pente e, pensando alla vanità e all'iniquità altrui, guarisce le proprie». Libro I, 25

 

Come nostro Signore sarebbe pronto a morire nuovamente per i peccatori

«Io sono Dio. I miei poteri sono infiniti. Ho creato tutte le cose perché fossero utili agli uomini e servissero tutte a istruire l'uomo; ma questi abusa di ognuna di esse a suo svantaggio. E del resto si preoccupa poco di Dio e l'ama meno degli altri uomini. Durante la Passione, gli ebrei adirati mi inflissero tre tipi di pena: una fu il legno sul quale venni inchiodato, flagellato e incoronato; l'altra fu il ferro con cui mi legarono i piedi e le mani; la terza fu il fiele che mi diedero da bere. Inoltre bestemmiarono contro di me dicendo che ero uno stolto, poiché in tutta libertà mi ero esposto alla morte, e mi accusarono di dire menzogne. Quante persone di questa fatta ci sono al giorno d'oggi, persone che mi danno ben poche consolazioni poiché mi legano al legno con la loro volontà di peccare; mi flagellano con la loro impazienza, perché non una di loro tollera una parola per amore mio; e mi incoronano con spine di superbia, in quanto desiderano essere più grandi di me. Mi trafiggono le mani e i piedi con il ferro della loro insensibilità, poiché si gloriano di aver peccato e diventano duri in modo da non temermi. Con il fiele mi offrono tribolazioni insopportabili; per la dolorosa Passione che avevo accettato con gioia, mi credono uno sciocco e dicono che sono un bugiardo. In realtà sono così potente da sommergerli, e l'intero mondo con loro, per via dei loro peccati, se solo lo volessi; e se li sommergessi, quelli che resterebbero mi servirebbero per timore; ma ciò non sarebbe giusto ed equo, poiché in realtà dovrebbero servirmi fedelmente per amore. Ora, se apparissi loro in modo visibile e di persona, i loro occhi non mi potrebbero guardare, né le loro orecchie sentirmi. Infatti, come può un mortale vedere un immortale? Certo che morirei senza tirarmi indietro, se fosse necessario e possibile, spinto dall'incomparabile amore che provo per l'uomo». Allora apparve la Beata Vergine Maria, e suo Figlio le disse: «Cosa desideri, amatissima Madre mia?» Ed ella rispose: «Ahimè! Figlio mio, abbi misericordia degli uomini per amore del tuo amore». E nostro Signore riprese: «Avrò misericordia di loro ancora una volta per amore tuo». Poi lo Sposo, nostro Signore, parlò alla sposa dicendo: «Sono Dio e Signore degli angeli. Sono Signore della morte e della vita. Io in persona desidero restare nel tuo cuore. Ecco quanto amore nutro per te: il cielo, la terra e tutto quello che contengono non può contenere me, eppure desidero rimanere nel tuo cuore, che è un semplice brandello di carne. E allora chi dovrai temere? Di chi potresti avere bisogno dopo aver ricevuto dentro di te il Dio onnipotente che custodisce in sé ogni bene? Bisogna dunque che ci siano tre cose nel cuore che deve essere la mia dimora: il letto su cui riposarsi, la sedia su cui sedersi, la luce per essere illuminati. Quindi, che nel tuo cuore ci sia un letto per il riposo e la quiete, affinché tu possa abbandonare i pensieri perversi e i desideri del mondo, e pensare incessantemente alla gioia eterna. La sedia deve essere la volontà di abitare con me, sebbene a volte tu ne abbia in eccesso: infatti è contro l'ordine naturale delle cose essere sempre nella medesima condizione. Ora, rimane sempre nella stessa condizione chi desidera stare al mondo e non sedersi mai con me. La luce deve essere la fede, con la quale tu credi che io possa tutto e sia onnipotente al di sopra di ogni cosa». Libro 1, 30

 

I tre tipi di misericordia

Nostro Signore rispose all'angelo che pregava per la sposa del suo Signore, dicendogli: «Sei come un soldato che non abbandona mai il suo elmo, nemmeno quando è insoddisfatto e a cui la paura non fa mai distogliere gli occhi dalla lotta, benché sia cruenta. Sei saldo come una montagna, ardente come una fiamma. Sei come un mondo fulgido e per questo sei senza macchia. Domandi misericordia per la mia sposa, nonostante tu sappia ogni cosa e la veda in me. Eppure, dimmi in sua presenza quale misericordia chiedi per lei, perché ce ne sono tre tipi. La prima è quella con cui punire il corpo e perdonare l'anima, come venne fatto a Giobbe, mio servitore, la cui carne venne sottoposta a ogni genere di dolore e la cui anima fu salvata. La seconda è quella con cui si perdonano il corpo e l'anima, liberandoli dalla pena, come accadde a quel re che godette di ogni sorta di piacere e che, durante la vita terrena, non provò nessun tipo di dolore nel corpo e nello spirito. Il terzo tipo di misericordia è quello con cui vengono puniti il corpo e l'anima, affinché si provino la tribolazione nella carne e il dolore nel cuore, come nel caso di San Pietro, San Paolo ed altri santi ancora. Sulla terra, infatti, gli uomini si dividono in tre stati: nel primo si trovano quelli che cadono nel peccato e si rialzano di nuovo; lascio che talvolta siano afflitti dalle tribolazioni fisiche, in modo che si salvino. Nel secondo ci sono coloro che vivrebbero volentieri per sempre in modo da peccare in eterno; i loro desideri sono legati e guastati dal mondo, tanto che se fanno qualcosa per me, è con l'intento di aumentare ed accrescere le cose temporali. Essi non provano né tribolazioni corporali, né una grande afflizione spirituale, ma vengono lasciati in balia della loro potenza e nella loro volontà, poiché, in cambio di un bene modesto compiuto per amore mio, in questo mondo ricevano la loro ricompensa, ma subiscano la dannazione eterna nell'altro: essendo eterna la loro volontà di peccare, eterna sarà anche la loro pena. Al terzo stato appartengono coloro che temono più di offendermi che la pena che ne conseguirebbe, e preferirebbero essere tormentati in eterno da supplizi intollerabili piuttosto che provocare la mia collera e la mia indignazione. Ad essi sono date le tribolazioni corporali e spirituali - come a San Pietro, a San Paolo e ad altri santi ancora - perché facciano ammenda, in questo mondo, di tutto quanto hanno compiuto sulla terra, oppure siano purificati per qualche tempo, in modo da ottenere in seguito una gloria maggiore e dare il buon esempio. Ebbene, io manifesto questa triplice misericordia in questo regno a tre persone che conosci. Ora, angelo e mio servitore, che misericordia chiedi per la mia sposa?» L'angelo rispose: «Chiedo la misericordia dell'anima e del corpo, affinché ella faccia ammenda in questo mondo di tutti i suoi errori e non venga giudicato nessuno dei suoi peccati». Nostro Signore riprese: «Sia fatta la tua volontà». Poi parlò alla sposa: «Sei mia, per questo farò di te ciò che vorrò. Non amare altro che me e purificati dal peccato, seguendo gli avvertimenti e i consigli di coloro ai quali ti ho affidata. Non nascondere loro nessun peccato ed esaminali tutti; non pensare di aver commesso peccati di secondaria importanza e non trascurarne nemmeno uno, perché terrò a mente ogni cosa che tralascerai, e la giudicherò. Nessuno dei tuoi peccati commessi in questa vita, che non sia stato cancellato dalla penitenza, sfuggirà al mio giudizio terribile; i peccati per i quali non avrai fatto penitenza nella vita terrena, saranno scontati in purgatorio o in qualche altro modo oppure con giudizio segreto, qualora non vengano scontati in questo mondo con giusta soddisfazione».

Libro I, 36

 

Come la fede, la speranza e la carità abbiano animato Gesù Cristo durante la Passione, e si trovino a livello imperfetto in noi, esseri miserabili

«Ho avuto tre cose nella mia morte: la prima, la fede o, per meglio dire, un consenso, ben sapendo che mio Padre avrebbe potuto liberarmi dalla Passione se lo avessi supplicato in ginocchio. La seconda, la speranza, ossia un'aspettativa, mentre ripetevo: 'Non sia fatta la mia volontà, ma quella del Padre'. La terza, l'amore, quando dicevo: 'Sia fatta la tua volontà'. Provai anche delle angosce corporali dovute al naturale timore della Passione, quando dal mio corpo uscì un sudore di sangue affinché i miei amici non credessero di essere stati abbandonati nelle paure e nelle tribolazioni. Attraverso me ho mostrato loro che l'infermità della carne si sottrae sempre alle pene; tuttavia forse ti chiederai in che modo dal mio corpo sia uscito il sudore di sangue. Ebbene, così come il sangue di un infermo si asciuga e si consuma nelle vene, per il dolore naturale causato dalla morte ormai prossima anche il mio sangue si era consumato. Infine l'amore di mio Padre - desideroso di indicare la strada che conduce in cielo e di mostrare che l'uomo, dopo esserne stato cacciato, poteva farvi ritorno - mi ha abbandonato nella Passione, affinché in seguito il mio corpo fosse glorificato: di diritto e per giustizia, la mia umanità non poteva giungere diversamente alla gloria, sebbene potesse farlo grazie alla potenza della mia divinità. Allora come possono meritare di entrare nella gloria quelli che hanno poca fede, una speranza vana e una carità nulla? Se credessero alle gioie eterne ed ai supplizi terribili, non vorrebbero altro che me. Se si convincessero che vedo e so ogni cosa, che sono potente in tutto e chiedo conto di tutto, troverebbero meschino il mondo, ed avrebbero timore di offendermi più per il rispetto che nutrono nei miei confronti che per lo sguardo degli uomini. Se avessero una speranza salda, allora il loro spirito e i loro pensieri sarebbero per me. Se fossero caritatevoli, penserebbero a tutto quello che ho fatto per amore loro, quali siano stati la mia pena nella predicazione e il mio dolore nella Passione, preferendo morire piuttosto che abbandonarli alla perdizione. Ma la loro fede vacilla e minaccia di crollare, perché sono convinti di non essere tentati, e diffidano di me quando sono contrariati. La loro speranza è vana, poiché sperano che i loro peccati siano perdonati senza la giustizia e la verità del giudizio. Pensano di ottenere gratuitamente il Regno dei cieli; desiderano ricevere misericordia senza giustizia. La loro carità nei miei confronti è fredda, perché non si infiammano mai al punto di cercarmi, se non sono costretti dalle tribolazioni. Come potrei essere con loro se non hanno una fede retta, una speranza salda, un amore fervido? Per questo, quando gridano e chiedono misericordia, non meritano né di essere ascoltati, né di essere nella mia misericordia; nessun soldato, infatti, può essere stimato dai superiori, né pensare di ottenere la grazia dopo la caduta, se non si è umiliato per l'errore di cui si è reso colpevole». Libro 1,39

 

In questo mondo ci sono cinque case in cui vivono cinque tipi di abitanti

«È inammissibile il fatto che il Signore di tutte le cose e il Re della gloria sia disprezzato» diceva la Santa Vergine Maria. «Si è spostato da un luogo all'altro come un pellegrino e un viaggiatore, picchiando su ogni porta per essere accolto. Il mondo, infatti, era come un terreno in cui c'erano cinque case. Quando mio Figlio giunse alla prima casa con abiti da pellegrino, bussando parlò così: 'Amico mio, aprimi; introducimi nel tuo riposo e nella tua abitazione, perché ho paura che mi assalgano gli animali selvatici e che la rugiada o la pioggia cadano su di me. Dammi i tuoi vestiti per proteggermi dal freddo è coprirmi quando sono nudo. Dammi il tuo cibo per saziare la mia fame, le tue bevande per calmare la mia sete, e per questo riceverai la ricompensa del tuo Dio'. Chi si trovava in casa rispose: 'Sei troppo impaziente: perciò non puoi andare d'accordo né abitare con noi. Sei troppo grande e quindi non abbiamo di che vestirti. Sei troppo avido e ingordo, dunque non potremmo saziarti: la tua cupidigia non ha fine'. Nostro Signore, che stava fuori come un pellegrino, rispose nuovamente: 'Amico mio, fammi entrare con gioia e schiettezza, perché non occupo spazio. Dammi i tuoi abiti: ce ne sono in casa tua, andrà bene anche una povera veste per riscaldarmi. Dammi il tuo cibo, poiché basta una briciola per saziarmi, e una piccola goccia d'acqua mi rinfrescherà e mi infonderà nuovo vigore'. Colui che era nella casa rispose di nuovo: 'Ti conosciamo benissimo: sei umile a parole e importuno con le domande. Sembri modesto e dai l'impressione di accontentarti di poco, ma sei troppo affamato per essere soddisfatto. Sei molto freddoloso ed è difficilissimo coprirti. Vattene, non ti ospiterò'. Allora si recò alla seconda casa e disse: 'Amico mio, aprimi e guardami, perché ti darò tutto ciò di cui hai bisogno e ti difenderò dai tuoi nemici'. Chi era dentro rispose: 'I miei occhi sono deboli, la tua presenza nuocerebbe loro. Possiedo tutto in abbondanza e non mi interessa quello che hai tu; sono forte e potente: chi potrebbe danneggiarmi?' Allora, giungendo alla terza casa, disse: 'Amico mio, ascoltami; stendi la tua mano e toccami; apri la bocca e assaporami'. Chi era dentro la casa gli disse: 'Grida più forte e ti accontenterò. Se sei morbido ti toccherò; se sei amabile ti riceverò; se sei gentile ti farò entrare'. Gesù se ne andò alla quarta casa, la cui porta era socchiusa, e disse: 'Amico mio, se ritieni che il tuo tempo sia impiegato male, accoglimi nella tua casa. Se tu riuscissi a sentire quello che ho fatto per te, proveresti compassione per me. Se pensassi con attenzione a quante volte mi hai offeso, gemeresti e mi chiederesti perdono'. Il proprietario rispose: 'Siamo mezzi morti dal desiderio a forza di aspettarti, per questo abbi compassione delle nostre miserie e noi ti daremo liberamente quello che chiedi. Guarda la nostra povertà, pensa all'angoscia del nostro corpo, e saremo pronti a tutto ciò che vorrai'. Allora arrivò alla quinta casa, la cui porta era completamente aperta, e disse: 'Amico mio, desidero entrare qui liberamente; ma sappi che cerco un riposo migliore di quello che danno le piume; un calore maggiore di quello che dà la lana; una carne più fresca di quella che possono dare gli animali'. Quelli che erano all'interno, gli risposero: 'Ai nostri piedi ci sono dei martelli con i quali spaccheremo le ossa dei nostri piedi e delle nostre cosce per darti il midollo necessario al tuo riposo. Apriremo le nostre viscere: entra dentro di loro se le desideri, poiché così come per te nulla è più morbido del midollo, allo stesso modo nulla ti terrà più caldo delle nostre viscere. Il nostro cuore è più fresco e ricco di quello degli animali: lo taglieremo affinché tu te ne possa cibare. Devi semplicemente entrare. Sei dolce affinché possiamo assaporarti e desiderabile perché possiamo gioire di te'. I cinque abitanti di queste case simboleggiano cinque condizioni in cui si trovano gli uomini: i primi sono i cristiani infedeli, secondo i quali i giudizi di mio Figlio sono ingiusti, le sue promesse vane e i suoi comandamenti intollerabili. Sono coloro che dicono dei predicatori di mio Figlio: 'Parlano secondo i loro pensieri; predicano secondo la loro intelligenza; dicono delle bestemmie'. Se fosse onnipotente, egli si vendicherebbe delle ingiurie subite; è tanto alto e grande che non può essere vestito; così insaziabile da non potersi saziare; così impaziente da non poter vivere con nessuno. Pensano che sia lontano perché, a causa della loro pusillanimità nelle azioni e nell'amore, non si sforzano di andare incontro alla sua bontà; lo definiscono grande perché la loro lubricità non ha né limite né misura; hanno un'opinione pessima ed errata di lui e ne pensano male ancora prima di conoscerlo; poiché il cielo e la terra non bastano loro, lo accusano di essere insaziabile in quanto esige che l'uomo dia tutto quello che ha di meglio per l'anima; lo credono molto impaziente per potergli attribuire dei vizi e sostenere che suscita sentimenti contraddittori nella volontà delle persone. Ora, mio Figlio è onnipotente in cielo e sulla terra; Creatore di tutte le cose, non è stato creato da nessuna di esse, poiché viene prima delle cose e dopo di lui non molto grande in ogni cosa e al di sopra di tutte. Sebbene sia potente, desidera la salvezza degli uomini, lui che non ha bisogno di abiti, lui che copre ogni cosa, lui che è vestito in eterno e invariabilmente dell'onore e della gloria perpetua. Lui, pane degli angeli e degli uomini, che sazia tutte le cose e che non ha bisogno di nulla, desidera essere saziato dall'amore degli uomini. Lui, il riformatore e il creatore stesso della pace, chiede loro la pace. Dunque, chiunque lo vorrà dentro di sé, potrà saziarlo con spirito gioioso e buona volontà; sarà sufficiente una sola briciola di pane; bastano una rete per vestirlo se la carità è ardente, e una goccia d'acqua per placare la sua sete se l'amore è puro e onesto. Chi ha una devozione ardente e costante, può riceverlo nel suo cuore e parlargli, perché Dio è spirito. Per questo desidera tramutare le cose corporali in spirituali e le cose periture in eterne. Inoltre ritiene che venga fatto a lui tutto ciò che viene fatto ai suoi amici, e non considera soltanto le opere in sé e la loro portata, ma la volontà fervida e l'intento con cui è stata compiuta una certa azione. Tuttavia più mio Figlio grida nella loro anima con ispirazione segreta e intelligibile e li avverte mediante i suoi predicatori, più gli uomini rendono insensibile la loro volontà e irrigidiscono il loro spirito contro di lui. Essi non lo ascoltano, non gli aprono la porta del loro cuore e non lo fanno entrare con opere d'amore e di carità. Perciò verrà il tempo in cui la falsità su cui fondano le loro vite sarà annientata, mentre verrà esaltata la verità e si manifesterà la gloria di Dio. Per quanto riguarda il secondo tipo di persone, esse si reputano molto assennate; ritengono che la loro saggezza sia giustizia legale; predicano da sé le proprie opere e le preferiscono a tutte le altre. Se sentono parlare delle azioni di mio Figlio, le ritengono vili e spregevoli; se odono le sue parole e i suoi comandamenti, si indignano; si ritengono peccatori é infetti, se pensano e sentono quello che lo riguarda. Si credono ancora più infelici e miserabili se ne imitano le opere. Finché godranno di buona salute, penseranno di essere potenti al punto di fare affidamento esclusivamente sulle proprie forze. Per questo la loro speranza sarà annientata e la loro gloria si tramuterà in confusione. Il terzo tipo di persone grida e si beffa di lui: 'Chi è Cristo? Se è mite e generoso nel dare le cose presenti, lo riceveremo volentieri; se è clemente nel perdonare i peccati, l'onoreremo liberamente'. Ma l'occhio dell'intelligenza di queste persone è chiuso, perché esse non comprendono la giustizia e la misericordia divina; si tappano le orecchie per non sentire quello che mio Figlio ha fatto per amore loro e per amore di tutti; si chiudono con forza la bocca e non si interrogano su ciò che è loro utile e conveniente; chiudono le mani e non vogliono lavorare; non desiderano cercare la strada con cui potrebbero sottrarsi alla menzogna e trovare la verità. Poiché non vogliono ascoltare e prestare attenzione pur avendone il tempo, cadranno con la loro casa e saranno sepolti nella tempesta. Il quarto tipo di abitanti è costituito da persone che sarebbero volentieri cristiane se sapessero in che modo accontentare mio Figlio e se qualcuno le aiutasse e le istruisse. Attraverso il clamore interiore dell'amore ed altri segni, esse avvertono quanto mio Figlio abbia sofferto per tutti. Perciò gli gridano con fiducia: 'Signore! Siamo venuti a sapere che hai promesso di darci te stesso, e ti aspettiamo. Vieni e tieni fede alla tua promessa, perché vediamo che nei servitori dei falsi dei non c'è virtù divina, né carità per le anime, né grande castità, bensì amicizia per le cose corporali e piacere per l'onore terreno. Abbiamo sentito anche qualcosa della tua legge e udito le tue prodigiose meraviglie di misericordia e giustizia. Dalle parole dei profeti abbiamo appreso che attendevano colui di cui avevano predetto la venuta. Per questo, Signore pio e clemente, vieni perché ti daremo volentieri noi stessi e abbiamo udito che nell'amore delle anime stanno l'uso discreto di tutte le cose, la purezza perfetta e la vita eterna. Vieni presto, dunque, perché siamo quasi morti a forza di aspettarti. Vieni e illuminaci'. Questo gridano a mio Figlio, perciò la loro porta è semiaperta. In effetti, hanno una reale volontà di compiere il bene, che, tuttavia, non si è ancora manifestata. Sono loro che meritano la grazia e la consolazione di mio Figlio. Nella quinta casa si trovano i miei amici e i miei figli; la porta interna del loro spirito è completamente spalancata a mio Figlio. Essi odono con schiettezza il suo appello e la sua invocazione e non solo gli aprono la porta di casa quando bussa, ma lo precedono con gioia quando lo vedono arrivare; rompono e spezzano con il martello dei precetti divini tutto ciò che non è giusto e retto in loro e preparano il riposo di mio Figlio non in un letto di piume, bensì nella melodia e nell'accordo delle virtù e nella mortificazione dei loro affetti, che sono il midollo delle virtù. Essi danno a mio Figlio un calore che non è generato dalla lana ma dall'amore ardente; infatti gli preparano un pasto più fresco della carne e tale che, nel loro cuore, non desiderano niente e non amano nulla all'infuori di Dio. Nel loro cuore abita il Signore del cielo, e Dio, che pasce tutti, è saziato dal loro amore. Essi hanno sempre lo sguardo fisso sulla porta, per paura che entri il nemico; le loro orecchie sono sempre tese verso il Signore, ma le mani sono pronte per combattere lo straniero. Fai il possibile per imitarli, figlia mia, perché le loro fondamenta sono edificate sulla pietra dura, mentre le altre case sono state erette sul fango e dunque crollano al primo soffio di vento». Libro Il, 3

 

La Santa Vergine Maria dichiara la propria umiltà a sua figlia, Santa Brigida

Il mantello simbolo di umiltà e le condizioni della vera umiltà e dei suoi mirabili frutti

«Numerose persone si stupiscono e si meravigliano del fatto che parli con te: in verità,

lo faccio per manifestare la mia umiltà; poiché, così come il cuore non gioisce se una parte del corpo marcisce e non torna ad essere sana come prima, allo stesso modo io non mi rallegro se un peccatore qualsiasi non torna a me con cuore sincero e facendo davvero ammenda, cosa che mi disporrebbe subito ad accoglierlo con favore. Tutti mi chiamano Madre di misericordia. In verità, figlia mia, la misericordia di mio Figlio mi ha reso misericordiosa. Per questo sarà miserabile chi non si accosta alla misericordia nonostante abbia la possibilità di farlo. Vieni dunque, vieni figlia mia, e nasconditi sotto il mio mantello: fuori è poco pregiato ma dentro è molto utile grazie a tre qualità: protegge dai venti temporaleschi e dalle tempeste; dall'inclemenza del tempo e dal rigore del clima e ripara dalle nuvole e dalla pioggia. Questo mantello non è altro che la mia umiltà: essa sembra spregevole a chi è legato alle cose terrene, e assurda per poter essere imitata: infatti cosa c'è di così spregevole se non essere chiamati stolti o andare in collera quando si è offesi, e non rispondere a tono agli altri? Cosa c'è di così disprezzabile se non lasciare tutto per poi averne bisogno? Cosa c'è di così duro e doloroso per chi è legato alle cose di questo mondo, se non dissimulare le ingiurie ricevute e credersi, sentirsi e ritenersi il più umile e indegno di tutti? Figlia mia, tali erano la mia umiltà e la mia gioia e tale era la mia volontà di non piacere ad altri che a mio Figlio. In verità, quest'umiltà ha tre vantaggi per chiunque mi imiti. Innanzitutto difende dalle tempeste e dalle bufere, dagli obbrobri degli uomini e dal loro disprezzo: infatti, così come il vento forte e impetuoso spinge l'uomo dove vuole lui e gli fa soffrire il freddo, allo stesso modo gli obbrobri prostrano con facilità l'uomo impaziente e legato alle cose del mondo e scatenano in lui le passioni. Ma chiunque aspiri alla mia umiltà, pensi al fatto che io, Signora del mondo, sento tutto e che le sue parole non sono come il vento, poiché subito dopo averle ascoltate con umiltà, sarà consolato. Per che motivo le persone legate alle cose terrene non hanno la pazienza di tollerare le parole e gli obbrobri, se non perché cercano più la loro lode che quella di Dio e sono privi di umiltà? Infatti la loro bocca e il loro occhio sono sempre pronti a peccare. Dunque, sebbene la giustizia scritta dica che non bisogna ascoltare né sopportare senza motivo parole ingiuriose, è comunque una grande virtù e un grande merito ascoltarle e sopportarle per amore di Dio. In secondo luogo, la mia umiltà difende dal freddo, ossia dall'amicizia della carne che ci brucia e ci raffredda nei confronti dell'amore divino, un'amicizia nella quale l'uomo è amato non per quello che è, ma per amore delle cose presenti. Come chi parla in questi termini: 'Cibatemi ed io vi ciberò, perché non ho di che nutrirvi dopo la morte; onoratemi ed io vi onorerò, perché mi importa poco dell'onore futuro'. Senza dubbio quest'amicizia è fredda e non è riscaldata da Dio; essa è dura come neve gelata nei confronti dell'amore e della compassione per il prossimo in difficoltà, e non conosce reciprocità; infatti non appena la compagnia e la tavola vengono sciolte, l'utilità dell'amicizia si perde e svaniscono i suoi frutti. Ora, chiunque imiti la mia amicizia, fa del bene a tutti per amore mio, sia agli amici che ai nemici: agli amici, in quanto essi rimangono costantemente nell'onore di Dio; ai nemici, perché sono creature di Dio e forse un giorno saranno davvero buoni. In terzo luogo, meditare sulla mia umiltà difende dalla pioggia e dall'inondazione dell'acqua che cade dalle nubi: infatti da dove arrivano le nuvole se non dagli umori e dai vapori terrestri che salgono verso l'alto? Attratte dai raggi di sole, si congelano in aria e qui si tramutano in pioggia, grandine e neve. Ora, proprio come le nuvole, il corpo ha tre caratteristiche: vede, ascolta e sente. Poiché vede, desidera quello che vedono i suoi occhi e aspira a possedere il bene e la bellezza in grande quantità. Ora, cos'è tutto questo se non una pioggia che contamina l'anima con il desiderio di avere e di accumulare beni, e che l'agita con le preoccupazioni, dissipandola con pensieri inutili e turbandola per ciò che ha perso? Tra le cose che ascolta, il corpo fa attenzione alle proprie lodi e ai propri onori, all'amicizia del mondo e a tutto quanto è piacevole e delizioso per il corpo stesso e miserabile per l'anima. Tutte queste cose non sono altro che neve destinata a sciogliersi subito, che raffredda l'anima nei riguardi dell'amore per Dio, la rende insensibile e l'irrigidisce nei confronti dell'umiltà. Infine, di quello che sente, il corpo avverte quanto riguarda la sua voluttà e il suo riposo. E tutto questo cos'è se non grandine fatta d'acqua gelata, che rende l'anima arida e sterile nei confronti delle cose spirituali, forte per le cose del mondo, facile e incline ai piaceri del corpo? Per questo chiunque desideri essere libero e al sicuro da questa grandine, cerchi la protezione della mia umiltà e la segua, perché attraverso essa l'anima è scevra dalla cupidigia della vista e quindi non desidera ciò che è illecito. Grazie all'umiltà, essa è tenuta al riparo dai pericoli dei piaceri dell'udito, in modo che non ascolti nulla che vada contro la verità, ed è tenuta lontano dalla voluttà della carne, affinché non cada nelle sue azioni illecite. In verità vi dico che meditare sulla mia umiltà - non solo con il pensiero, ma anche con le opere - è utile come un mantello che tiene caldo a chi lo porta; perché il mantello non riscalda se non lo si indossa; né la mia umiltà reca vantaggio a quanti la considerano sì con attenzione, ma non si sforzano, a seconda delle loro capacità, di seguirla, di metterla in pratica e di imitarla. Per questo, figlia mia, rivestiti di quest'umiltà nella misura delle tue possibilità. Le donne legate alle cose del mondo si mettono mantelli superbi fuori e di scarso valore dentro; rifuggi da questi abiti, perché non potrai mai avere il mantello dell'umiltà se, innanzitutto, non disprezzerai l'amore per il mondo; se non avrai considerato con maturità la misericordia divina e la tua ingratitudine; se non avrai meditato ed esaminato quello che hai fatto e che fai e quale condanna meriterai il giorno del giudizio. Perché pensi che io, Vergine e Madre di Dio, mi sia umiliata moltissimo - motivo per cui ho meritato così tanta grazia -, se non per il fatto che ho sempre pensato e saputo che non avevo nulla di mio e che nulla di buono derivava da me come mio? Conscia di ciò, non ho voluto essere lodata per questa mia umiltà, anzi l'ho attribuita al mio Dio che ne è autore e Creatore. Per questo, figlia mia, cerca rifugio nel mantello della mia umiltà e pensa che sei più peccatrice di tutte le creature del mondo; perché anche se vedi alcune persone comportarsi male, non puoi sapere che fine faranno domani, né quali mire e intenzioni determinino le loro azioni, se il loro comportamento sia intenzionale o dovuto a una debolezza. Per questo non preferire né giudicare nessuno nel tuo cuore». Libro 11, 23

 

Come non dimenticare i peccati veniali, affinché non ci inducano in peccati mortali

Il Figlio di Dio eterno parlò alla sua sposa, dicendole: «Perché sei inquieta e provi ansia?» Ella rispose: «Perché sono assalita da una moltitudine di pensieri vari e inutili che non riesco a scacciare; e sentir parlare dei tuoi terribili giudizi mi turba». Il Figlio di Dio rispose: «È questa la vera giustizia: così come prima godevi degli affetti del mondo contro la mia volontà, allo stesso modo ora permetto che svariati pensieri ti importunino contro la tua volontà. Tuttavia, temi con moderazione e abbi fiducia in me, tuo Dio, sapendo con certezza che quando la volontà non prova piacere nei pensieri del peccato ed anzi li scaccia perché li detesta, essi fungono da purificazione e da corona per l'anima. Se provi piacere nel commettere qualche piccolo peccato che sai essere tale e malgrado questo lo compi, nutrendo fiducia nell'astinenza e nella presunzione della grazia, senza pentirti né dare altra soddisfazione, ebbene sappi che ciò ti dispone al peccato mortale. Se, dunque, la tua volontà si diletta in un qualsiasi peccato, pensa subito alle conseguenze e pentitene, perché nel momento in cui la natura è debilitata dal peccato lo commette più di sovente; non c'è uomo, infatti, che non pecchi almeno venialmente. Ma Dio, nella sua immensa misericordia, ha fornito all'uomo il rimedio della vera contrizione di tutte le colpe, anche quelle che abbiamo scontato, per paura che non siano state espiate a sufficienza; il Padre, infatti, non odia nulla quanto il peccato e quanto l'insensibilità di chi non si cura di abbandonarlo e crede di meritare più degli altri; tuttavia Dio ti permetterà di compiere il male, perché fai anche del bene; quand'anche tu stessa compissi mille buone azioni per ogni peccato, non potresti compensare uno dei mali minori commessi, né soddisfare Dio, l'amore che nutre nei tuoi confronti e la bontà che ti ha trasmesso. Se non riesci a scacciare i pensieri, sopportali dunque con pazienza e sforzati di opporti ad essi con la volontà, anche se si insinuano nella tua mente; sebbene tu non possa impedire loro di entrarvi, puoi comunque fare in modo di non trarne diletto. Evita con timore che la superbia, tuo malgrado, sia causa della tua rovina, perché chiunque resiste senza cadere, permane nella virtù dell'unico Dio. Il timore, quindi, permette di accedere al cielo; molti, infatti, sono caduti nei precipizi e nella morte perché avevano abbandonato questa paura, e hanno avuto vergogna di confessare i loro peccati davanti agli uomini, mentre non si sono vergognati di commetterli davanti a Dio: essi, infatti, non si sono preoccupati di chiedere perdono per un piccolo peccato. Poiché non mi degnerò di rimettere e perdonare la loro colpa, i peccati si moltiplicheranno in ogni loro azione; quindi ciò che era veniale e remissibile con la contrizione, sarà aggravato dal disprezzo, come puoi vedere in quest'anima giudicata ora. Ella, infatti, dopo aver commesso un atto veniale e remissibile, lo ha acuito con la consuetudine, fidando in qualche buona azione compiuta, senza considerare che io giudico ogni minima cosa; così l'anima, lasciandosi andare ai piaceri sregolati che le erano consueti, non li ha corretti, né ha represso la volontà del peccato, finché non ha visto approssimarsi il Giudizio e la fine dell'esistenza. Per questo, al volgere della vita, d'un tratto la sua coscienza è caduta in uno stato di sciagurata confusione: da una parte le doleva essere prossima alla morte, non volendo separarsi dalle misere cose temporali che amava; dall'altra sapeva che Dio soffriva e che l'avrebbe attesa sino all'ultimo momento. Ella, infatti, avrebbe voluto abbandonare la volontà libertina che la spingeva a commettere il peccato, ma poiché tale volontà non si correggeva, l'anima era tormentata in modo incessante. Il diavolo, sapendo che ognuno viene giudicato secondo la propria coscienza e la propria volontà, cerca particolarmente di illudere l'anima, per farla deviare dalla retta via; e Dio lo permette perché l'anima non ha voluto vegliare su di sé quando invece avrebbe dovuto farlo». Libro III, 19

 

 

Nostro Signore Gesù Cristo dichiara il mistero ineffabile della Santa Trinità.

Parla il Figlio di Dio: «Sono il Creatore del cielo e della terra, Dio vero con il Padre e con lo Spirito Santo, perché il Padre è Dio e lo Spirito Santo è Dio: non tre divinità, bensì tre Persone in un Dio. Potresti domandarmi: 'Perché ci sono tre Persone e un Dio solo?' Rispondo che non c'è altro Dio se non la potenza, la sapienza e la bontà stesse, da cui derivano qualsiasi forma di potenza sotto il cielo e nel cielo, e qualsiasi forma concepibile o immaginabile di saggezza e di pietà. Ora, Dio è uno e trino, uno in natura e trino nelle Persone, perché il Padre è la potenza e la saggezza da cui ogni cosa deriva ed è preceduta; egli è potente, non perché riceva potenza da qualcos'altro, ma perché la riceve da se stesso, da sempre. Anche il Figlio, come il Padre, è potenza e saggezza, ma trae potenza non da se stesso bensì dal Padre, in modo vigoroso e ineffabile, ed è principio del Principe che non è mai separato dal Padre. Anche lo Spirito Santo è potenza e saggezza, e poiché procede dal Padre e dal Figlio, ha pari potenza e maestà. Dunque, ci sono un Dio e tre Persone, e un'operazione di tre Persone, una volontà, una gloria e una potenza. Egli è talmente un'essenza unica che esiste comunque una distinzione fra le Persone, in quanto tutto il Padre è nel Figlio e nello Spirito Santo, il Figlio è nel Padre e nello Spirito Santo, e lo Spirito Santo è in entrambi, in una natura divina, non anteriore o posteriore, ma in un modo ineffabile dove non esistono né precedenza né posteriorità e dove nessuno è maggiore dell'altro. Per questo sta scritto, a ragion veduta, che Dio è mirabile e sommamente lodevole».

Libro III, 26

L'abito non fa il monaco.

Il monaco è custode di se stesso; il suo abito rappresenta l'obbedienza e l'osservanza della sua professione, perché così come il corpo è coperto dai vestiti, allo stesso modo l'anima deve essere arricchita di virtù. Per questo l'abito esteriore non trae beneficio se manca l'abito interiore: la virtù e non l'abito fa il monaco. Libro IV, 121

 

Risposte ad alcune domande

Il giudice rispose: «Amico mio, da molto tempo la superbia degli uomini è tollerata grazie alla mia pazienza, affinché l'umiltà sia esaltata e la mia virtù manifesta; e poiché la superbia non è una creazione mia bensì del diavolo, bisogna evitarla. Occorre mantenersi umili, perché l'umiltà conduce in cielo; è grazie a questa virtù che ho insegnato con la parola e l'esempio. Ho dato all'uomo i beni temporali perché ne faccia un uso ragionevole e le cose create siano tramutate in onore, ossia in me, loro Dio; l'uomo, perciò, deve lodarmi, ringraziarmi e onorarmi per tutti i beni di cui l'ho colmato, e non vivere e abusarne secondo i desideri della carne. Sono io che ho stabilito la giustizia e la legge, perché fossero compiute nella carità suprema e nella compassione mirabile, e affinché tra gli uomini si consolidassero l'unità divina e la concordia. Se ho dato all'uomo il riposo del corpo, l'ho fatto per rinvigorire la carne inferma e perché l'anima fosse più forte e più virtuosa. Ma, poiché la carne diventa spesso insolente, occorre sopportare le tribolazioni, le angosce e tutto quanto concorre alla correzione». Libro V, 1, Interrogazione 2

 

«Ho dato all'uomo il libero arbitrio, affinché abbandonasse la propria volontà per amore mio, che sono il suo Dio e per questo avesse più merito. Ho dato all'uomo il cuore, perché io, Dio, che sono ovunque e incomprensibile, possa essere contenuto per amore nel suo cuore e l'uomo, pensando di essere in me, ne ricavi piaceri indicibili». Libro V, 1, Interrogazione 3

 

«Chiunque goda del libero arbitrio, deve temere e capire veramente che nulla conduce più facilmente alla dannazione eterna di una volontà priva di guida. Per questo chi abbandona la propria volontà e l'affida a me, che sono il suo Dio, entrerà in cielo senza fatica». Libro V, 1, Interrogazione 4

 

«Tutte le cose che ho creato non sono semplicemente buone, ma buone in sommo grado e sono state fatte per essere impiegate dall'uomo, o per metterlo alla prova, o ancora per l'utilità degli animali e affinché l'uomo stesso serva ancora più umilmente il suo Dio, che eccelle in felicità. Ma, poiché l'uomo, peccando, si è rivoltato contro di me, suo Dio, tutte le cose si sono rivoltate contro di lui». Libro V, 1, Interrogazione 5

 

«Alla domanda perché le avversità assalgono il giusto, rispondo con le seguenti parole.

La mia giustizia desidera che ogni uomo giusto ottenga ciò che desidera; ma non è un uomo giusto chi non è disposto a soffrire per l'amore dell'obbedienza e per la perfezione della giustizia, così come non è un giusto colui che non ha la carità di fare del bene al prossimo. Per questo motivo i miei amici - considerando che sono il loro Dio e Redentore, pensando a ciò che ho fatto e promesso loro e vedendo la perversità che anima il mondo -, chiedono con maggior decisione di sopportare le avversità temporali, per evitare i peccati, essere più avveduti ed avere la salvezza eterna. Per questa ragione permetto che le loro tribolazioni siano frequenti, sebbene alcuni non le tollerino con sufficiente pazienza; tuttavia ammetto le loro sofferenze a ragion veduta, e li aiuto a sopportarle. Infatti, io sono come la madre che, colma di carità, corregge il proprio figlio adolescente e questi non la ringrazia nemmeno perché non comprende le motivazioni materne e tuttavia raggiunta la maturità la ringrazia, cosciente che la guida della madre lo ha distolto dalle cattive abitudini educandolo ai buoni costumi; ebbene io mi comporto nello stesso modo con i miei eletti, poiché essi rimettono la loro volontà alla mia, e mi amano sopra ogni cosa. Perciò permetto che talvolta siano afflitti da tribolazioni e, sebbene al momento essi non capiscano completamente la grandezza di tale beneficio, compio cose di cui in futuro trarranno dei vantaggi». Libro V, 1, Interrogazione 6

 

Dio Padre parla a Santa Brigida, istruendola sulla virtù dei pellegrinaggi ai cinque luoghi che sorgono a Gerusalemme e a Betlemme

«Esistono cinque luoghi. Tutti coloro che vi si recheranno avranno cinque tipi di frutti, se li visitano con cuore puro, senza superbia e ferventi d'amore... Colui che andrà dove è nata Maria, non solo sarà purificato, ma sarà un vaso in mio onore (cfr. capitolo su Maria). Il secondo luogo è Betlemme, dove mio Figlio è nato come un leone, in quanto tale era visto e considerato dal punto di vista umano; tuttavia egli era invisibile e sconosciuto secondo la divinità. Il terzo luogo è il Calvario, dove mio figlio è stato ferito come un agnello innocente e senza macchia e dove è morto; ma egli era impassibile e immortale secondo la divinità. Il quarto luogo è il giardino del sepolcro di mio Figlio, in cui venne nascosto come una serpe spregevole; là giaceva la sua umanità, sebbene egli si trovasse ovunque secondo la sua divinità. Il quinto luogo è il monte degli Ulivi da cui mio Figlio, secondo l'umanità, spiccò il volo come un'aquila in cielo, dove si trovava sempre secondo la divinità; egli fu rigenerato e si riposò secondo l'umanità, poiché, secondo la divinità, riposava e non era mutato. Perciò chi si recherà in questi posti con cuore buono e puro, assaporerà la dolcezza e la soavità di me che sono Dio in tutto. Quando sarai giunta in questi luoghi, ti mostrerò diverse cose». Libro V, 13

 

Nostro Signore Gesù Cristo rivela alla sua sposa il modo in cui; grazie a tre beni contenuti nel cuore vuoto degli apostoli, lo Spirito Santo sia sceso su di loro in tre modi

Per il giorno della santa Pentecoste. «Sono colui che ti parla, colui che un giorno ha mandato ai suoi apostoli lo Spirito Santo scendendo su di loro in tre modi: come un torrente, un fuoco e sotto forma di lingue. Sono sceso su di loro a porte chiuse, poiché si erano ritirati ed avevano tre tipi di beni: la volontà di mantenersi casti e di vivere castamente in ogni cosa, una profonda umiltà; ogni loro desiderio tendeva a Dio, tanto che non sospiravano altri che lui. Essi erano come vasi puri e vuoti; per questo lo Spirito Santo scese su di loro e li riempì di sé. Giunse come un torrente, perché li colmò interamente con la sua dolcezza e la sua divina consolazione. Giunse come un fuoco, poiché infiammò talmente i loro cuori di fervore per l'amore divino, che essi non amarono e non temettero altri che Dio. Giunse sotto forma di lingue; infatti così come la lingua si trova in bocca e non le nuoce, anzi le serve per parlare, similmente lo Spirito Santo, essendo nelle loro anime, li spinse a non desiderare altri che lui; la saggezza divina li rese eloquenti e la virtù dello Spirito Santo, svolgendo il compito della lingua, disse ogni verità. Poiché questi vasi erano vuoti e desideravano Dio sopra ogni cosa, furono degni di ricevere lo Spirito Santo, perché questi non entra in chi è già colmo e pieno». Libro VI, 36

 

Esortazione alla contemplazione e alla penitenza

Parla nostro Signore Gesù Cristo: «Io sono il Dio di tutti, di cui Mosè udì la voce nel cespuglio, Giovanni nel Giordano e Pietro sulla montagna. Vi ho gridato, uomini, con misericordia; ho gridato in croce per voi, in lacrime. Aprite gli occhi e guardatemi, perché io che parlo sono molto potente, molto pietoso e bello in sommo grado. Guardate e informatevi sulla mia potenza secondo la legge antica e la troverete nella creazione di tutte le creature. Inoltre sono mirabile e formidabile: troverete la mia forza nei re che sono stati ribelli, la mia saggezza nella creazione e la disposizione dei volti umani nella saggezza dei profeti. Informatevi circa il dominio della legge e la liberazione del mio popolo. Guardate la mia giustizia nel primo angelo e nel primo uomo; guardatela nel diluvio; guardatela nel sovvertimento di paesi e città; guardate la mia pazienza nel sopportare i nemici; guardatela negli ammonimenti dei miei profeti; infine guardate e considerate la mia bellezza nello splendore e nell'azione degli elementi, nella glorificazione di Mosè; allora vedrete con quale dignità mi amate e dovete amarmi. Guardate ancora: sono proprio colui che parlava secondo la nuova legge, potentissimo e poverissimo: potentissimo nell'adorazione dei Magi e nell'indicazione della stella; poverissimo, tanto che dovettero avvolgermi in fasce e ripormi in una mangiatoia. Guardatemi ancora, considerato molto saggio eppure folle: molto saggio, al punto che gli avversari non potevano rispondermi; folle, perché arrestato con l'accusa di menzogna, e giudicato colpevole. Guardatemi: sommamente virtuoso eppure altamente disprezzato: sommamente virtuoso nella guarigione dei malati e nello scacciare i demoni; altamente disprezzato, perché venni flagellato su tutto il corpo. Vedete che, sebbene io sia giustissimo, vengo ritenuto del tutto ingiusto: giustissimo nell'istituzione della verità e della giustizia; ritenuto del tutto ingiusto, in quanto mi condannarono a una morte orrenda. Guardatemi ancora, molto pio eppure trattato in modo empio: molto pio nella redenzione e nell'abolizione dei peccati; trattato in modo empio, poiché ero sul patibolo in compagnia di ladroni. Guardatemi, infine, bellissimo sul monte, orrendo in croce perché ero privo sia di presenza che di splendore. Vedete, sono colui che vi parla, colui che ha sofferto per amore vostro. Contemplatemi non con gli occhi della carne, ma con quelli dello spirito. Vedete quello che vi chiedo, quello che vi ho dato e quello che mi renderete. Vi ho dato l'anima non corrotta, rendetemela non corrotta; soffrivo per voi, affinché mi seguiste; vi ho insegnato affinché viveste, non secondo la vostra volontà ma secondo la mia. Ascoltate la mia voce che vi dice: 'Fate penitenza'. Ascoltate la mia voce che sul patibolo gridava: 'Ho sete di voi...'». Rivelazioni supplementari 82.


29-13 Aprile 24, 1931 Come Iddio nell’operare richiede gli atti delle creature come piccolo terreno dove poggiare le sue opere. Chi forma il respiro, il palpito della Creazione. Le opere di Dio portatori di vita.

Luisa Piccarreta (Libro di Cielo)

(1) Stavo seguendo i miei atti nel Fiat Divino, oh! come amerei che nulla mi sfuggisse di ciò che ha fatto, tanto nella Creazione quanto nella Redenzione per poter far gara col mio piccolo ti amo incessante, ti adoro, ti ringrazio, ti benedico, e ti prego che venga il regno della Divina Volontà sulla terra. Ma mentre ciò pensavo, il mio amabile Gesù mi ha detto:

(2)Figlia mia, il nostro operato divino, sebbene soprabbonda, ma tanto che la creatura non può giungere a prendere tutta la sovrabbondanza dei beni che mettiamo nelle nostre opere creatrici, ma però per operare richiediamo sempre il piccolo operato della creatura, ed a secondo il più o il meno operato di essa, così disponiamo il più o il meno dei beni che vogliamo dare nell’opera che vogliamo fare a pro delle creature, perché l’operato di esse ci serve come piccolo terreno o spazio dove poggiare i beni nostri; se un terreno o spazio è piccolo, poco possiamo mettere, se è grande possiamo mettere di più, e se vogliamo mettere di più sarà incapace di prenderlo e di comprenderlo ciò che Noi gli abbiamo dato. Vedi dunque quanto è necessario il piccolo operato della creatura per fare che le nostre opere avessero vita in mezzo alle umane generazioni, molto più che come la creatura incomincia i suoi piccoli atti, le sue preghiere, i suoi sacrifici per ottenere il bene che le vogliamo dare, così si mette in comunicazione col suo Creatore, apre una specie di corrispondenza, e tutti i suoi atti non sono altro che letterine che le fa giungere, nelle quali ora prega, ora piange, e ora le offre la sua stessa vita per muoverlo a dare il bene che le vogliamo dare. Ciò dispone la creatura a riceverlo, e Dio a darlo. Se ciò non fosse mancherebbe la via e tutte le comunicazioni sarebbero chiuse. Mancherebbe la conoscenza di Colui che vuol dare il dono, e sarebbe dare ed esporre i nostri doni a persone nemiche che non sono né amati da Noi, né amanti di Noi, ciò che non può essere; mentre quando Noi vogliamo fare un’opera aleggiamo sempre chi ci ama e amiamo, perché l’amore è il germe, la sostanza, la vita delle opere nostre, e quando manca l’amore, manca la respirazione, il palpito d’un opera e non si apprezza il dono ricevuto, e col non apprezzarlo passa pericolo che muoia sul nascere. Ecco perciò la necessità dei tuoi atti e del sacrificio, anche della tua vita per far conoscere il mio Voler Divino e farlo regnare; non vi è opera più grande di Essa, e perciò voglio i tuoi atti ripetuti, le tue preghiere incessanti, ed il tuo sacrificio prolisso d’una vita sepolta viva, non è altro che il terreno spazioso dove poggiare un tanto bene. Ogni tuo atto è una letterina che ci mandi, e Noi leggendola diciamo: Ah si! c’è chi vuole il nostro Volere sulla terra, e chi ci vuol dare la sua stessa vita per farlo regnare! Con ciò disponiamo le cose, le grazie, gli eventi, per riempire il tuo piccolo terreno, e aspettiamo che lo allarghi di più per poggiare il gran dono del regno della nostra Volontà. Ciò successe nella Redenzione, aspettai sì lungo tempo per scendere dal Cielo in terra, per dare il tempo sufficiente al popolo eletto a preparare coi loro atti, preghiere e sacrifici, il piccolo terreno dove poteva poggiare i frutti della Redenzione, che furono tanti soprabbondanti, che le creature ancora devono prendere tutto, e se più avessero fatto, più avrei dato; e se avessi voluto dare di più, senza anche una virgola, un punto dei loro atti, sarebbe stato per loro come un libro illeggibile di cui non se ne conosce la lingua, come un tesoro come senza chiave che non si conosce ciò che sta dentro, perché l’atto della creatura è l’occhio che legge e la chiave che apre per prendere i miei doni. E poi, dare senza essere conosciuto il bene che si dà, sarebbe stato un dolore e non degno della nostra Sapienza. Perciò sii attenta nel seguire la mia Volontà Divina, quanto più la seguirai più la riconoscerai e più sarà soprabbondante nel dare i suoi beni”.

(3) Dopo di ciò stavo seguendo il mio giro nella Creazione, per unirmi agli atti fatti dalla Divina Volontà in essa, ed il mio dolce Gesù ha soggiunto:

(4) “Figlia mia, il respiro, il palpito, la circolazione del sangue della Creazione è l’amore, l’adorazione, la gloria nostra. Noi mettevamo in essa ciò che Noi siamo in Noi stessi; la nostra Natura è Amore purissimo, e la nostra Santità è tanta, che ciò che produce questo Amore non sono altro che adorazione profonda e gloria perenne al nostro Essere Divino. Quindi mettendo fuori la Creazione dovevamo mettere ciò che Noi possediamo, né potevamo mettere cose che a Noi non apparteneva, perciò il palpito della Creazione è Amore, e come palpita così la imperla di nuovo amore, che dandole la corsa della circolazione ripete incessantemente: Adorazione e gloria al nostro Creatore. Ora la creatura, se gira nelle cose create mettendo il suo amore, mette il suo e prende il nostro Amore, e fa sorgere l’altro Amore per aspettarla di nuovo a ricevere e dare il suo Amore. Quindi succede uno scambio ed una gara tra le cose create e la creatura, che unendosi insieme, danno amore, adorazione, gloria, al nostro Essere Supremo. Perciò se vuoi amore, pensa che tutte le cose create tengono il nostro mandato di darti amore sempre che ricevono il tuo, così sarà mantenuta la festa del nostro Amore tra il Cielo e la terra, e tu sentirai la felicità del nostro Amore e ti sarà sostituito il respiro dell’amore, il palpito della adorazione, e circolerà nel tuo sangue gloria perenne al tuo Creatore.

(5) Onde tu devi sapere che le nostre opere sono piene di vita, la nostra Forza creatrice tiene virtù di mettervi il germe vitale in tutte le opere che facciamo, e di comunicarla alle creature che fanno uso di esse. La Creazione è zeppa delle nostre opere creatrici, la Redenzione è un campo sterminato di nostre azioni fatte perché portassero la vita ed il bene che contengono alle creature. Sicché siamo circondati dalla magnificenza delle opere nostre, ma teniamo il dolore che queste opere non vengono prese, e molte neppure conosciute dalle creature, e quindi sono per loro come morte, perché per tanto portano vita e producono frutti di vita per quanto uso ne fanno, e tenere tante opere vitali esposte, tante nostre proprietà senza produrre i frutti che contengono; e molto più, vedere le creature povere, debole e senza la vita del vero bene, ci duole tanto che tu non puoi comprendere in che condizione di dolore ci mettono le creature. Noi ci troviamo nelle condizioni d’un padre, che avendo molti figli, prepara il pranzo e mentre lo prepara è tutto in festa pensando che i suoi figli non saranno digiuni, ma mangeranno del suo; poi mette la tavola, dispone i piatti con la diversità dei cibi che ha preparato, poi chiama i figli affinché vengano a gustare i bei cibi che ha preparato, ma i figli non ascoltano la voce del padre ed il pranzo resta senza che nessuno lo tocchi. Quale non è il dolore di questo padre nel vedere che i figli non seggono alla sua mensa e non si alimentano dei cibi che lui ha preparato, lo stesso guardare la tavola piena di cibi li reca dolore. Tale siamo Noi nel vedere che le creature non si curano delle tante opere che abbiamo fatto con tanto amore per loro. Perciò quanto più prenderai del nostro, più Vita Divina riceverai, ci renderai più contenti e ci rimarginerai la piaga profonda dell’ingratitudine umana”.