Liturgia delle Ore - Letture
Domenica della 4° settimana del tempo di Quaresima
Vangelo secondo Matteo 4
1Allora Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto per esser tentato dal diavolo.2E dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, ebbe fame.3Il tentatore allora gli si accostò e gli disse: "Se sei Figlio di Dio, di' che questi sassi diventino pane".4Ma egli rispose: "Sta scritto:
'Non di solo pane vivrà l'uomo,
ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio".'
5Allora il diavolo lo condusse con sé nella città santa, lo depose sul pinnacolo del tempio6e gli disse: "Se sei Figlio di Dio, gettati giù, poiché sta scritto:
'Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo,
ed essi ti sorreggeranno con le loro mani,
perché non abbia a urtare contro un sasso il tuo piede'".
7Gesù gli rispose: "Sta scritto anche:
'Non tentare il Signore Dio tuo'".
8Di nuovo il diavolo lo condusse con sé sopra un monte altissimo e gli mostrò tutti i regni del mondo con la loro gloria e gli disse:9"Tutte queste cose io ti darò, se, prostrandoti, mi adorerai".10Ma Gesù gli rispose: "Vattene, satana! Sta scritto:
'Adora il Signore Dio tuo
e a lui solo rendi culto'".
11Allora il diavolo lo lasciò ed ecco angeli gli si accostarono e lo servivano.
12Avendo intanto saputo che Giovanni era stato arrestato, Gesù si ritirò nella Galilea13e, lasciata Nàzaret, venne ad abitare a Cafàrnao, presso il mare, nel territorio di Zàbulon e di Nèftali,14perché si adempisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaia:
15'Il paese di Zàbulon e il paese di Nèftali,
sulla via del mare, al di là del Giordano,
Galilea delle genti;'
16'il popolo immerso nelle tenebre
ha visto una grande luce;
su quelli che dimoravano in terra e ombra di morte
una luce si è levata.'
17Da allora Gesù cominciò a predicare e a dire: "Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino".
18Mentre camminava lungo il mare di Galilea vide due fratelli, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello, che gettavano la rete in mare, poiché erano pescatori.
19E disse loro: "Seguitemi, vi farò pescatori di uomini".20Ed essi subito, lasciate le reti, lo seguirono.21Andando oltre, vide altri due fratelli, Giacomo di Zebedèo e Giovanni suo fratello, che nella barca insieme con Zebedèo, loro padre, riassettavano le reti; e li chiamò.22Ed essi subito, lasciata la barca e il padre, lo seguirono.
23Gesù andava attorno per tutta la Galilea, insegnando nelle loro sinagoghe e predicando la buona novella del regno e curando ogni sorta di malattie e di infermità nel popolo.24La sua fama si sparse per tutta la Siria e così condussero a lui tutti i malati, tormentati da varie malattie e dolori, indemoniati, epilettici e paralitici; ed egli li guariva.25E grandi folle cominciarono a seguirlo dalla Galilea, dalla Decàpoli, da Gerusalemme, dalla Giudea e da oltre il Giordano.
Secondo libro dei Maccabei 1
1"Ai fratelli giudei sparsi nell'Egitto salute. I fratelli giudei che sono in Gerusalemme e nella regione della Giudea augurano buona pace.2Dio voglia concedervi i suoi benefici e ricordarsi della sua alleanza con Abramo, Isacco e Giacobbe suoi servi fedeli;3conceda a tutti voi volontà di adorarlo e di compiere i suoi desideri con cuore generoso e animo pronto;4vi dia una mente aperta ad intender la sua legge e i suoi comandi, e volontà di pace.5Esaudisca le vostre preghiere e vi sia propizio e non vi abbandoni nell'ora dell'avversità.
6Noi qui appunto preghiamo per voi.
7Quando regnava Demetrio nell'anno centosessantanove, noi Giudei vi abbiamo scritto: "Nelle calamità e angosce che ci hanno colpiti in questi anni da quando Giàsone e i suoi partigiani hanno apostatato dalla città santa e dal regno,8incendiando il portone e versando sangue innocente, noi abbiamo pregato il Signore e siamo stati esauditi. Quindi abbiamo preso l'offerta delle vittime e del fior di farina, abbiamo acceso le lampade e presentato i pani".9Vi scriviamo la presente per esortarvi a celebrare i giorni delle Capanne nel mese di Casleu.
L'anno centottantotto.
10I Giudei residenti in Gerusalemme e nella Giudea, il consiglio degli anziani e Giuda, ad Aristòbulo, maestro del re Tolomeo, appartenente alla stirpe dei sacerdoti consacrati con l'unzione, e ai Giudei dimoranti in Egitto, salute e prosperità.
11Salvati da grandi pericoli per l'intervento di Dio, lo ringraziamo molto per esserci potuti schierare contro il re.12Perché egli stesso ha respinto le forze schierate contro la santa città.
13Recatosi in Persia, il loro capo e con lui l'esercito creduto invincibile, fu ucciso nel tempio della dea Nanea, per gli inganni orditi dai sacerdoti di Nanea.14Con il pretesto di celebrare le nozze con lei, Antioco con i suoi amici si era recato sul posto per prelevarne le immense ricchezze a titolo di dote.15Dopo che i sacerdoti del tempio di Nanea gliele ebbero mostrate, egli entrò con pochi nel recinto sacro e quelli, chiuso il tempio alle spalle di Antioco16e aperta una porta segreta nel soffitto, scagliarono pietre e fulminarono il condottiero e i suoi. Poi fattili a pezzi e tagliate le loro teste, le gettarono a quelli di fuori.
17In tutto sia benedetto il nostro Dio, che ha consegnato alla morte gli empi.
18Stando noi per celebrare la purificazione del tempio il venticinque di Casleu, abbiamo creduto necessario darvi qualche spiegazione, perché anche voi celebriate la festa delle Capanne e del fuoco, apparso quando Neemia offrì i sacrifici dopo la ricostruzione del tempio e dell'altare.19Infatti quando i nostri padri furono deportati in Persia, i sacerdoti fedeli di allora, preso il fuoco dall'altare, lo nascosero con cautela nella cavità di un pozzo che aveva il fondo asciutto e là lo misero al sicuro, in modo che il luogo rimanesse ignoto a tutti.20Dopo un buon numero di anni, quando piacque a Dio, Neemia, rimandato dal re di Persia, inviò i discendenti di quei sacerdoti che avevano nascosto il fuoco, a farne ricerca; quando essi ci riferirono che non avevano trovato il fuoco ma acqua grassa, comandò loro di attingerne e portarne.21Poi furono portate le offerte per i sacrifici e Neemia comandò che venisse aspersa con quell'acqua la legna e quanto vi era sopra.22Così fu fatto e dopo un po' di tempo il sole, che prima era coperto di nubi, cominciò a risplendere e si accese un gran rogo, con grande meraviglia di tutti.
23I sacerdoti si posero allora in preghiera, mentre il sacrificio veniva consumato, e con i sacerdoti tutti gli altri: Giònata intonava, gli altri continuavano in coro insieme a Neemia.24La preghiera era formulata in questo modo: Signore, Signore Dio, creatore di tutto, tremendo e potente, giusto e misericordioso, tu solo re e buono,25tu solo generoso, tu solo giusto e onnipotente ed eterno, che salvi Israele da ogni male, che hai fatto i nostri padri oggetto di elezione e santificazione,26accetta il sacrificio offerto per Israele tuo popolo, custodisci la tua porzione e santificala.27Raccogli i nostri dispersi, libera quelli che sono schiavi in mano ai pagani, guarda benigno i disprezzati e gli oltraggiati; sappiano i pagani che tu sei il nostro Dio.28Punisci quelli che ci opprimono e ci ingiuriano con superbia.29Concedi al tuo popolo di radicarsi nel tuo luogo santo, come ha detto Mosè.30I sacerdoti a loro volta cantavano inni.31Poi vennero consumate le vittime del sacrificio e Neemia ordinò che il resto dell'acqua venisse versata sulle pietre più grosse.32Fatto questo, si accese una fiamma, la quale tuttavia fu assorbita dal bagliore del fuoco acceso sull'altare.33Quando fu divulgato il fatto e fu annunciato al re dei Persiani che nel luogo dove i sacerdoti deportati avevano nascosto il fuoco era comparsa acqua e che i sacerdoti al seguito di Neemia avevano con quella purificato le cose necessarie al sacrificio,34il re fece cingere il luogo e lo dichiarò sacro, dopo aver accertato il fatto.35Il re ricevette anche molti doni da quelli che aveva favoriti e ne diede a sua volta.36I compagni di Neemia chiamarono questo luogo Neftar che significa "purificazione"; ma i più lo chiamano Neftai.
Salmi 143
1'Salmo. Di Davide.'
Signore, ascolta la mia preghiera,
porgi l'orecchio alla mia supplica,
tu che sei fedele,
e per la tua giustizia rispondimi.
2Non chiamare in giudizio il tuo servo:
nessun vivente davanti a te è giusto.
3Il nemico mi perseguita,
calpesta a terra la mia vita,
mi ha relegato nelle tenebre
come i morti da gran tempo.
4In me languisce il mio spirito,
si agghiaccia il mio cuore.
5Ricordo i giorni antichi,
ripenso a tutte le tue opere,
medito sui tuoi prodigi.
6A te protendo le mie mani,
sono davanti a te come terra riarsa.
7Rispondimi presto, Signore,
viene meno il mio spirito.
Non nascondermi il tuo volto,
perché non sia come chi scende nella fossa.
8Al mattino fammi sentire la tua grazia,
poiché in te confido.
Fammi conoscere la strada da percorrere,
perché a te si innalza l'anima mia.
9Salvami dai miei nemici, Signore,
a te mi affido.
10Insegnami a compiere il tuo volere,
perché sei tu il mio Dio.
Il tuo spirito buono
mi guidi in terra piana.
11Per il tuo nome, Signore, fammi vivere,
liberami dall'angoscia, per la tua giustizia.
12Per la tua fedeltà disperdi i miei nemici,
fa' perire chi mi opprime,
poiché io sono tuo servo.
Salmi 134
1'Canto delle ascensioni.'
Ecco, benedite il Signore,
voi tutti, servi del Signore;
voi che state nella casa del Signore
durante le notti.
2Alzate le mani verso il tempio
e benedite il Signore.
3Da Sion ti benedica il Signore,
che ha fatto cielo e terra.
Isaia 57
1Perisce il giusto, nessuno ci bada.
I pii sono tolti di mezzo, nessuno ci fa caso.
Il giusto è tolto di mezzo a causa del male.
2Egli entra nella pace,
riposa sul suo giaciglio
chi cammina per la via diritta.
3Ora, venite qui, voi,
figli della maliarda,
progenie di un adultero e di una prostituta.
4Su chi intendete divertirvi?
Contro chi allargate la bocca
e tirate fuori la lingua?
Forse voi non siete figli del peccato,
prole bastarda?
5Voi, che spasimate fra i terebinti,
sotto ogni albero verde,
che sacrificate bambini nelle valli,
tra i crepacci delle rocce.
6Tra le pietre levigate del torrente è la parte che ti spetta:
esse sono la porzione che ti è toccata.
Anche ad esse hai offerto libazioni,
hai portato offerte sacrificali.
E di questo dovrei forse consolarmi?
7Su un monte imponente ed elevato
hai posto il tuo giaciglio;
anche là sei salita per fare sacrifici.
8Dietro la porta e gli stipiti
hai posto il tuo emblema.
Lontano da me hai scoperto il tuo giaciglio,
vi sei salita, lo hai allargato;
hai patteggiato con coloro
con i quali amavi trescare;
guardavi la mano.
9Ti sei presentata al re con olio,
hai moltiplicato i tuoi profumi;
hai inviato lontano i tuoi messaggeri,
ti sei abbassata fino agli inferi.
10Ti sei stancata in tante tue vie,
ma non hai detto: "È inutile".
Hai trovato come ravvivare la mano;
per questo non ti senti esausta.
11Chi hai temuto? Di chi hai avuto paura
per farti infedele?
E di me non ti ricordi,
non ti curi?
Non sono io che uso pazienza e chiudo un occhio?
Ma tu non hai timore di me.
12Io divulgherò la tua giustizia
e le tue opere, che non ti saranno di vantaggio.
13Alle tue grida ti salvino i tuoi guadagni.
Tutti se li porterà via il vento, un soffio se li prenderà.
Chi invece confida in me possederà la terra,
erediterà il mio santo monte.
14Si dirà: "Spianate, spianate, preparate la via,
rimuovete gli ostacoli sulla via del mio popolo".
15Poiché così parla l'Alto e l'Eccelso,
che ha una sede eterna e il cui nome è santo:
In un luogo eccelso e santo io dimoro,
ma sono anche con gli oppressi e gli umiliati,
per ravvivare lo spirito degli umili
e rianimare il cuore degli oppressi.
16Poiché io non voglio discutere sempre
né per sempre essere adirato;
altrimenti davanti a me verrebbe meno
lo spirito e l'alito vitale che ho creato.
17Per l'iniquità dei suoi guadagni mi sono adirato,
l'ho percosso, mi sono nascosto e sdegnato;
eppure egli, voltandosi,
se n'è andato per le strade del suo cuore.
18Ho visto le sue vie,
ma voglio sanarlo, guidarlo e offrirgli consolazioni.
E ai suoi afflitti
19io pongo sulle labbra: "Pace,
pace ai lontani e ai vicini",
dice il Signore, "io li guarirò".
20Gli empi sono come un mare agitato
che non può calmarsi
e le cui acque portan su melma e fango.
21Non v'è pace per gli empi, dice il mio Dio.
Atti degli Apostoli 13
1C'erano nella comunità di Antiòchia profeti e dottori: Bàrnaba, Simeone soprannominato Niger, Lucio di Cirène, Manaèn, compagno d'infanzia di Erode tetrarca, e Saulo.2Mentre essi stavano celebrando il culto del Signore e digiunando, lo Spirito Santo disse: "Riservate per me Bàrnaba e Saulo per l'opera alla quale li ho chiamati".3Allora, dopo aver digiunato e pregato, imposero loro le mani e li accomiatarono.
4Essi dunque, inviati dallo Spirito Santo, discesero a Selèucia e di qui salparono verso Cipro.5Giunti a Salamina cominciarono ad annunziare la parola di Dio nelle sinagoghe dei Giudei, avendo con loro anche Giovanni come aiutante.6Attraversata tutta l'isola fino a Pafo, vi trovarono un tale, mago e falso profeta giudeo, di nome Bar-Iesus,7al seguito del proconsole Sergio Paolo, persona di senno, che aveva fatto chiamare a sé Bàrnaba e Saulo e desiderava ascoltare la parola di Dio.8Ma Elimas, il mago, - ciò infatti significa il suo nome - faceva loro opposizione cercando di distogliere il proconsole dalla fede.9Allora Saulo, detto anche Paolo, pieno di Spirito Santo, fissò gli occhi su di lui e disse:10"O uomo pieno di ogni frode e di ogni malizia, figlio del diavolo, nemico di ogni giustizia, quando cesserai di sconvolgere le vie diritte del Signore?11Ecco la mano del Signore è sopra di te: sarai cieco e per un certo tempo non vedrai il sole". Di colpo piombò su di lui oscurità e tenebra, e brancolando cercava chi lo guidasse per mano.12Quando vide l'accaduto, il proconsole credette, colpito dalla dottrina del Signore.
13Salpati da Pafo, Paolo e i suoi compagni giunsero a Perge di Panfilia. Giovanni si separò da loro e ritornò a Gerusalemme.14Essi invece proseguendo da Perge, arrivarono ad Antiòchia di Pisidia ed entrati nella sinagoga nel giorno di sabato, si sedettero.15Dopo la lettura della Legge e dei Profeti, i capi della sinagoga mandarono a dire loro: "Fratelli, se avete qualche parola di esortazione per il popolo, parlate!".
16Si alzò Paolo e fatto cenno con la mano disse: "Uomini di Israele e voi timorati di Dio, ascoltate.17Il Dio di questo popolo d'Israele scelse i nostri padri ed esaltò il popolo durante il suo esilio in terra d'Egitto, 'e con braccio potente li condusse via di là'.18Quindi, 'dopo essersi preso cura di loro per circa quarant'anni nel deserto',19'distrusse sette popoli nel paese di Canaan e concesse loro in eredità' quelle terre,20per circa quattrocentocinquanta anni. Dopo questo diede loro dei Giudici, fino al profeta Samuele.21Allora essi chiesero un re e Dio diede loro Saul, figlio di Cis, della tribù di Beniamino, per quaranta anni.22E, dopo averlo rimosso dal regno, suscitò per loro come re Davide, al quale rese questa testimonianza: 'Ho trovato Davide', figlio di Iesse, 'uomo secondo il mio cuore'; egli adempirà tutti i miei voleri.
23Dalla discendenza di lui, secondo la promessa, Dio trasse per Israele un salvatore, Gesù.24Giovanni aveva preparato la sua venuta predicando un battesimo di penitenza a tutto il popolo d'Israele.25Diceva Giovanni sul finire della sua missione: Io non sono ciò che voi pensate che io sia! Ecco, viene dopo di me uno, al quale io non sono degno di sciogliere i sandali.
26Fratelli, figli della stirpe di Abramo, e quanti fra voi siete timorati di Dio, a noi è stata mandata questa parola di salvezza.27Gli abitanti di Gerusalemme infatti e i loro capi non l'hanno riconosciuto e condannandolo hanno adempiuto le parole dei profeti che si leggono ogni sabato;28e, pur non avendo trovato in lui nessun motivo di condanna a morte, chiesero a Pilato che fosse ucciso.29Dopo aver compiuto tutto quanto era stato scritto di lui, lo deposero dalla croce e lo misero nel sepolcro.30Ma Dio lo ha risuscitato dai morti31ed egli è apparso per molti giorni a quelli che erano saliti con lui dalla Galilea a Gerusalemme, e questi ora sono i suoi testimoni davanti al popolo.
32E noi vi annunziamo la buona novella che la promessa fatta ai padri si è compiuta,33poiché Dio l'ha attuata per noi, loro figli, risuscitando Gesù, come anche sta scritto nel salmo secondo:
'Mio figlio sei tu, oggi ti ho generato.'
34E che Dio lo ha risuscitato dai morti, in modo che non abbia mai più a tornare alla corruzione, è quanto ha dichiarato:
'Darò a voi le cose sante promesse a Davide, quelle
sicure.'
35Per questo anche in un altro luogo dice:
'Non permetterai che il tuo santo subisca la
corruzione.'
36Ora Davide, dopo aver eseguito il volere di Dio nella sua generazione, morì e fu unito ai suoi padri e subì la corruzione.37Ma colui che Dio ha risuscitato, non ha subìto la corruzione.38Vi sia dunque noto, fratelli, che per opera di lui vi viene annunziata la remissione dei peccati39e che per lui chiunque crede riceve giustificazione da tutto ciò da cui non vi fu possibile essere giustificati mediante la legge di Mosè.40Guardate dunque che non avvenga su di voi ciò che è detto nei Profeti:
41'Mirate, beffardi,
stupite e nascondetevi,
poiché un'opera io compio ai vostri giorni,
un'opera che non credereste, se vi fosse
raccontata'!".
42E, mentre uscivano, li pregavano di esporre ancora queste cose nel prossimo sabato.43Sciolta poi l'assemblea, molti Giudei e proseliti credenti in Dio seguirono Paolo e Bàrnaba ed essi, intrattenendosi con loro, li esortavano a perseverare nella grazia di Dio.
44Il sabato seguente quasi tutta la città si radunò per ascoltare la parola di Dio.45Quando videro quella moltitudine, i Giudei furono pieni di gelosia e contraddicevano le affermazioni di Paolo, bestemmiando.46Allora Paolo e Bàrnaba con franchezza dichiararono: "Era necessario che fosse annunziata a voi per primi la parola di Dio, ma poiché la respingete e non vi giudicate degni della vita eterna, ecco noi ci rivolgiamo ai pagani.47Così infatti ci ha ordinato il Signore:
'Io ti ho posto come luce per le genti,
perché tu porti la salvezza sino all'estremità della
terra'".
48Nell'udir ciò, i pagani si rallegravano e glorificavano la parola di Dio e abbracciarono la fede tutti quelli che erano destinati alla vita eterna.49La parola di Dio si diffondeva per tutta la regione.50Ma i Giudei sobillarono le donne pie di alto rango e i notabili della città e suscitarono una persecuzione contro Paolo e Bàrnaba e li scacciarono dal loro territorio.51Allora essi, scossa contro di loro la polvere dei piedi, andarono a Icònio,52mentre i discepoli erano pieni di gioia e di Spirito Santo.
Capitolo VII: Evitare l'eccessiva familiarità
Leggilo nella Biblioteca"Non aprire il tuo cuore al primo che capita" (Sir 8,22); i tuoi problemi, trattali invece con chi ha saggezza e timore di Dio. Cerca di stare raramente con persone sprovvedute e sconosciute; non metterti con i ricchi per adularli; non farti vedere volentieri con i grandi. Stai, invece, accanto alle persone umili e semplici, devote e di buoni costumi; e con esse tratta di cose che giovino alla tua santificazione. Non avere familiarità con alcuna donna, ma raccomanda a Dio tutte le donne degne. Cerca di essere tutto unito soltanto a Dio e ai suoi angeli, evitando ogni curiosità riguardo agli uomini. Mentre si deve avere amore per tutti, la familiarità non è affatto necessaria. Capita talvolta che una persona che non conosciamo brilli per fama eccellente; e che poi, quando essa ci sta dinanzi, ci dia noia solo al vederla. D'altra parte, talvolta speriamo di piacere a qualcuno, stando con lui, e invece cominciamo allora a non piacergli, perché egli vede in noi alcunché di riprovevole.
Omelia 97: Molte cose ho ancora da dirvi.
Commento al Vangelo di San Giovanni - Sant'Agostino d'Ippona
Leggilo nella Biblioteca[Più si cresce e più si capisce.]
1. Lo Spirito Santo che il Signore promise di inviare ai suoi discepoli perché insegnasse loro tutta intera la verità che essi allora, mentre egli parlava, non erano in condizione di sopportare, [e noi, questo Spirito, come dice l'Apostolo, lo abbiamo ricevuto in pegno (2 Cor 1, 22), in pegno cioè di quella pienezza che ci è riservata nell'altra vita], insegna fin d'ora ai fedeli, nella misura in cui ciascuno è capace di intendere le cose spirituali, e accende nel loro cuore un desiderio di conoscere tanto più vivo quanto più progredisce nella carità, grazie alla quale ama le cose che conosce e desidera conoscere quelle che ignora; quelle però che in qualche modo conosce sa di non conoscerle ancora come solo potranno essere conosciute in quella vita che mai occhio vide, né orecchio udì, né cuor d'uomo poté mai immaginare (cf 1 Cor 2, 9). E se fin d'ora, in questa vita, il Maestro interiore volesse dircele, cioè rivelarle e manifestarle al nostro spirito in quel modo con cui solo allora potranno essere conosciute, l'umana debolezza non riuscirebbe a sopportare tanto peso. La vostra Carità certamente ricorda che di questo io ho già parlato commentando il passo del santo Vangelo dove il Signore dice: Ho ancora molte cose da dirvi, ma adesso non siete in condizione di portarle (Gv 16, 12). Non dobbiamo immaginare che il Signore in queste parole abbia voluto nascondere chissà quali arcani segreti, che il maestro può insegnare ma che non saranno mai alla portata del discepolo. Ma se quelle stesse verità religiose della dottrina cristiana che noi apprendiamo e insegniamo normalmente leggendo e scrivendo, ascoltando e parlando, Cristo volesse dircele nel medesimo modo con cui le dice ai santi angeli, direttamente lui, Verbo unigenito del Padre e coeterno al Padre; chi mai sarebbe in grado di accoglierle, fosse pure giunto a quel grado di spiritualità cui non erano ancora pervenuti gli Apostoli, quando il Signore diceva loro queste cose, e a cui pervennero solo in seguito alla venuta dello Spirito Santo? Infatti, qualunque cosa si possa apprendere intorno alla creatura, è sempre inferiore rispetto al Creatore, che è Dio sommo, vero ed immutabile. Ma come si può non parlare di Dio? Chi è che non lo nomina, leggendo o discutendo, domandando o rispondendo, lodandolo ed esaltandolo, in qualsiasi modo se ne parli e perfino bestemmiandolo? E tuttavia, benché tutti parlino di Dio, chi è che lo comprende come deve essere compreso, anche se il suo nome è sempre sulla bocca di tutti e tutti ne sentono parlare? Chi può raggiungerlo con l'acume della sua mente? Chi avrebbe mai saputo che egli è Trinità, se egli stesso non ce lo avesse rivelato? Ed ora tutti parlano di questa Trinità; e tuttavia quale uomo potrà pensare della Trinità come gli angeli? Le medesime cose dunque che di solito, pubblicamente e continuamente, si dicono circa l'eternità, la verità e la santità di Dio, da alcuni vengono intese bene, da altri male, o meglio da alcuni vengono intese e da altri no; poiché chi intende male, non intende. Ma tra quelli stessi che intendono bene, c'è chi riesce a penetrare le cose con maggiore acutezza e profondità degli altri, nessuno tuttavia riesce a comprendere come gli angeli. Nell'anima, cioè nell'uomo interiore, si verifica una crescita che si compie, non soltanto con il passaggio dal latte al cibo solido ma anche per una assimilazione sempre maggiore del cibo solido. E questa crescita non consiste in uno sviluppo fisico, ma in una maggior chiarezza interiore, poiché si ha per cibo la luce intellegibile. Se volete quindi conoscere in questo senso, e volete comprendere sempre meglio Dio, e se, quanto più crescete, tanto più volete comprenderlo, non dovete chiedere e attendere aiuto da un maestro che parla alle vostre orecchie, cioè da uno che, operando all'esterno, pianta e innaffia, ma da colui che fa crescere (cf. 1, Cor 3, 6).
2. Perciò, come nel discorso precedente vi ho raccomandato, state attenti, soprattutto voi che siete ancora bambini e avete ancora bisogno di latte, a non lasciarvi prendere dalla curiosità di ascoltare quelli che, cogliendo pretesto da queste parole del Signore: Ho ancora molte altre cose da dirvi, ma adesso non siete in condizione di portarle, si ingannano e vogliono ingannare, né pretendiate sapere cose sconosciute, mentre non siete ancora capaci di discernere il vero dal falso; mi riferisco soprattutto a quelle vergognose turpitudini che Satana insegna alle anime volubili e carnali. Dio permette tutto questo perché in ogni momento siano temuti i suoi giudizi e perché, al confronto della torbida nequizia, si gusti ancor più la limpidissima docilità di cuore; di modo che, chi, sorretto da Dio non è caduto in questi mali, o con il suo aiuto se n'è liberato, renda onore a Dio e proceda con timore e cautela. Vegliate e pregate per non cadere nell'insidia descritta dai Proverbi di Salomone, là dove si parla della donna dissennata, audace e sprovvista di pane (Prv 9, 13), che invita i passanti dicendo: Venite a mangiare il saporito pane nascosto e gustate la dolcezza dell'acqua furtiva (Prv 9, 17). Questa donna rappresenta la fatuità degli empi, che, essendo del tutto insipienti, credono di sapere qualcosa, come questa donna, di cui si dice che è sprovvista di pane. Priva di pane, promette pane; essendo, cioè ignara della verità, promette la conoscenza della verità. Promette pane clandestino dicendo che è saporito, e dolcezza di acque furtive, perché con più gusto e piacere si ascoltino e si compiano le cose che nella Chiesa non è lecito dire e credere apertamente. La stessa clandestinità è il condimento con cui i nefasti dottori propinano i loro veleni ai curiosi, i quali credono di aver appreso chissà che cosa proprio a motivo del segreto, e così più soavemente assorbono l'insipienza, che scambiano per sapienza e il cui proibito insegnamento riescono in qualche modo a carpire.
3. Per questo l'insegnamento di arti magiche raccomanda i loro riti nefandi agli uomini che sono stati o stanno per essere ingannati dalla loro curiosità sacrilega. Di qui quelle illecite divinazioni mediante l'osservazione delle viscere degli animali uccisi, del canto e del volo degli uccelli, delle molteplici segnalazioni dei demoni, sussurrate alle orecchie di uomini destinati a perdersi per i suggerimenti di altri uomini perduti. E' proprio a motivo di questi illeciti e detestabili segreti, che quella donna viene definita non solo insipiente, ma anche sfrontata. Ma, questi segreti sono estranei, non solo alla natura, ma anche al nome della nostra religione. Che dire allora, vedendo che questa donna insipiente e sfrontata, valendosi del nome cristiano, ha fondato tante perverse eresie e ha inventato tante favole ignominiose? Volesse il cielo che tutte queste favole fossero simili a quelle rappresentate nei teatri con canti, danze e movenze oscene di cui si ride, e non fossero inventate contro Dio con una insipienza che ci addolora e una sfrontatezza che ci stupisce. Se non che tutti gli eretici più insipienti, che vogliono passare per cristiani, cercano di legittimare le loro audaci invenzioni, sommamente contrarie ad ogni senso comune, prendendo pretesto dall'affermazione del Signore: Ho ancora molte cose da dirvi, ma adesso non siete in condizione di portarle, come se queste loro invenzioni fossero appunto quelle cose che allora i discepoli non erano in condizione di comprendere, e come se lo Spirito Santo avesse insegnato proprio queste loro nefandezze che lo spirito umano corrotto, per quanto grande sia la sua audacia, si vergogna di insegnare e predicare apertamente.
4. Prevedendo gente siffatta, ispirato dallo Spirito Santo, l'Apostolo dice: Vi sarà un tempo in cui gli uomini non sopporteranno più la sana dottrina, ma si sovraccaricheranno di maestri secondo le proprie voglie, facendosi solleticare le orecchie, e storneranno l'udito dalla verità per rivolgerlo alle favole (2 Tim 4, 3-4). Il fascino di ciò che è segreto e furtivo, secondo l'espressione del libro dei Proverbi: Venite a mangiare il saporito pane nascosto e gustate la dolcezza dell'acqua furtiva, mette il prurito nelle orecchie dei fornicatori spirituali che ascoltano, un prurito simile a quello che la libidine provoca nella carne corrompendone la casta integrità. Ascoltate l'Apostolo che, prevedendo queste situazioni, ci dà consigli salutari per evitarle: Evita le profane novità di parole, giacché queste progrediscono verso una empietà sempre maggiore e la parola di costoro si diffonde come una cancrena (2 Tim 2, 16-17). Non dice di evitare le novità di parole, ma le profane novità di parole. Vi sono infatti delle novità in piena armonia con la dottrina cristiana, come ad esempio il nome stesso che portano i Cristiani, di cui la Scrittura ci fa conoscere l'origine. Fu in Antiochia che per la prima volta, dopo l'ascensione del Signore, i discepoli cominciarono a chiamarsi Cristiani, come appunto si legge negli Atti degli Apostoli (cf. At 11, 26). Fu così che gli ospizi ed i monasteri cambiarono nome, senza cambiare la loro realtà e rimanendo stabili nella verità della religione, che costituisce il loro solido baluardo contro ogni attacco. E così, per combattere l'empia eresia degli ariani fu introdotto il termine homousion riferito al Padre, ma senza volere con tale termine indicare una realtà nuova. Il termine homousion corrisponde all'affermazione di Cristo: Io e il Padre siamo una cosa sola (Gv 10, 30), cioè significa che il Padre e il Figlio sono di un'unica e medesima sostanza divina. In effetti, se ogni novità fosse necessariamente profana, il Signore non avrebbe detto: Vi do un comandamento nuovo (Gv 13, 34), né si potrebbe parlare di nuovo Testamento, né si potrebbe cantare un cantico nuovo in tutta la terra. Ma sono profane quelle novità che esprime la donna insipiente e sfrontata, quando dice: Venite a mangiare il saporito pane nascosto e gustate la dolcezza dell'acqua furtiva. Dalla fallace promessa di questa falsa scienza ci mette in guardia l'Apostolo nella lettera in cui raccomanda: O Timoteo, custodisci il deposito, schivando le profane novità di parole e le opposizioni di una scienza di falso nome, professando la quale taluni sviarono dalla fede (1 Tim 6, 20). Costoro infatti non fanno che promettere falsa scienza, e deridere, come ignoranza, la fede delle verità che si propongono ai semplici fedeli.
5. Qualcuno dirà: Non possiedono gli spirituali, nella loro dottrina, cose che tengono occulte ai carnali e rivelano agli spirituali? Se dico di no, subito mi si citerà la lettera ai Corinzi, dove l'apostolo Paolo dichiara: Non ho potuto parlarvi come a degli spirituali, ma come a persone carnali, come a degli infanti in Cristo. Vi ho dato da bere latte e non solido nutrimento, poiché non ne eravate ancora capaci. E neppure adesso ne siete capaci, essendo ancora carnali (1 Cor 3, 1-2). E l'altra affermazione: Tra i perfetti esponiamo la sapienza. E l'altra ancora: Parliamo adattando agli spirituali cose spirituali; l'uomo naturale non comprende le cose dello spirito: sono follia per lui (1 Cor 2, 6 13-14). Vedremo, se il Signore vorrà, il significato di tutto questo in un altro discorso, affinché non accada che, basandosi su queste parole dell'Apostolo, non si ricorra a profane novità di parole per esprimere significati misteriosi dicendo poi che le persone carnali non sono in condizione di sostenere il peso di quelle cose che lo spirito e il corpo degli uomini casti devono evitare. E così finalmente poniamo termine a questo discorso.
1 - Alle nozze di Cana Cristo nostro salvatore incomincia a manifestarsi col primo miracolo, su richiesta della sua Madre santissima.
La mistica Città di Dio - Libro sesto - Suor Maria d'Agreda
Leggilo nella Biblioteca
1033. San Giovanni, alla fine del primo capitolo del suo Vangelo,
riferisce la vocazione di Natanaele - quinto discepolo di Cristo - e
incomincia il secondo capitolo dicendo: Tre giorni dopo, ci fu uno
sposalizio a Cana di Galilea e c'era la madre di Gesù. Fu invitato alle
nozze anche Gesù con i suoi discepoli. Da queste parole sembra che si
possa dedurre che la nostra Signora si trovava a Cana prima che fosse
invitato allo sposalizio il suo Figlio santissimo. Al fine di accordare
ciò con quello che ho detto nel capitolo precedente e capire che giorno
fosse, feci alcune domande per obbedienza. Mi fu risposto che,
nonostante la diversità delle opinioni dei narratori, la storia della
Regina e il Vangelo concordano e che il fatto avvenne in questa maniera:
Cristo nostro Signore con i suoi cinque apostoli, entrando in Galilea
andò direttamente a Nazaret, predicando ed insegnando. Il viaggio durò
alcuni giorni; non molti, ma certamente più di tre. Giunto a Nazaret,
egli battezzò la sua beatissima Madre - come già si è detto - e subito
con i suoi discepoli andò a predicare in alcune località vicine. Nel
frattempo Maria santissima si recò a Cana per le nozze di alcuni parenti
di quarto grado da parte di sant'Anna; da lei gli sposi seppero della
venuta del Salvatore del mondo e che già aveva dei seguaci. Per
decisione della santissima Madre e del medesimo Signore, che
imperscrutabilmente così disponeva per i suoi alti fini, Gesù fu
invitato alle nozze con i suoi discepoli.
1034. Il terzo giorno, in cui secondo l'Evangelista fu celebrato lo
sposalizio, era il terzo della settimana degli ebrei. Benché egli non lo
dica espressamente, non asserisce neppure che fosse il terzo dopo la
chiamata dei discepoli o l'ingresso in Galilea. Ma era impossibile che
queste nozze si svolgessero tre giorni dopo quegli avvenimenti, perché
Cana si trova nei territori settentrionali della tribù di Zabulon, dove
era la tribù di Aser, ed è molto distante da tutti i confini della
Giudea e della Galilea, dai quali entrò il Salvatore. Se il terzo giorno
dopo il suo ingresso in Galilea ci fossero state le nozze, non
sarebbero restati più di due giorni per giungere dalla Giudea a Cana,
mentre occorrono tre giornate di cammino; inoltre avrebbe dovuto
trovarsi nei dintorni di Cana prima che lo invitassero e per tutto
questo sarebbe stato necessario più tempo. Oltre a ciò, andando dalla
Giudea a Cana di Galilea s'incontra prima Nazaret, perché Cana è più
vicina al mar Mediterraneo e alla tribù di Aser, come ho detto. Era
opportuno che il Verbo incarnato si recasse subito a visitare la sua
Madre santissima, la quale, sapendo della sua venuta - come è certo - lo
doveva aspettare senza uscire dalla città. Se l'Evangelista non parla
di questa visita né del battesimo della celeste Signora, è perché lui e
gli altri evangelisti narrano solo quello che serve al loro intento.
Infatti, lo stesso san Giovanni dichiara che di molti miracoli operati
dal divino Maestro non si parla non essendo necessario scriverli tutti.
1035. Trovandosi a Cana la Regina del mondo, fu invitato alle nozze
anche il suo Figlio santissimo con i discepoli ed egli per la sua
benignità, che disponeva tutto, accettò l'invito. Vi si recò subito per
santificare il matrimonio ed approvarlo, cominciando a confermare la sua
dottrina col miracolo che vi compì. Il Signore si presentava già come
maestro accettando discepoli; era perciò necessario rafforzarli nella
loro vocazione e legittimare il proprio insegnamento affinché vi
credessero e vi aderissero. Per tale ragione l'Evangelista considerò
questo prodigio principio dei miracoli di Gesù in Cana di Galilea,
avendo sua Maestà compiuto altre meraviglie ma senza dichiararsi
pubblicamente loro autore, come invece fece questa volta. Il Signore
stesso disse alla sua santissima Madre che sino a quel momento non era
arrivata la sua ora. Il miracolo avvenne lo stesso giorno in cui si
compì un anno dal battesimo di Cristo nostro salvatore, che era stato
anche il giorno dell'adorazione dei Magi, come professa la santa Chiesa
romana celebrando insieme, il sei gennaio, questi tre misteri. Il
Signore aveva trent'anni, compiuti da tredici giorni, poiché appunto
tanti ne erano trascorsi dal suo natale santissimo all'epifania.
1036. Il Maestro della vita entrò nella casa degli sposi e salutò
dicendo: «La pace e la luce del Signore siano con voi», perché veramente
Dio era presente insieme a loro. Subito fece un'esortazione di vita
eterna allo sposo, insegnandogli le condizioni proprie del suo stato per
poter divenire santo e perfetto. La gran Signora fece lo stesso con la
sposa, che ammaestrò con parole dolcissime ed efficaci riguardo ai suoi
doveri. Entrambi gli sposi adempirono con perfezione i doveri dello
stato che scelsero felicemente con l'assistenza del Re e della Regina
del cielo e della terra. Non posso qui trattenermi a dimostrare che lo
sposo non era san Giovanni evangelista; per ogni dimostrazione basta
sapere che egli andò alle nozze col Salvatore come discepolo. In
quest'occasione il Signore non pretese di sciogliere il matrimonio, ma
anzi venne per autorizzarlo e santificarlo; inoltre, non era conseguente
a tale intento scioglierlo dopo, né l'Evangelista pensò mai di
sposarsi. Subito dopo aver esortato gli sposi, il nostro Redentore
rivolse all'eterno Padre una fervorosa orazione, supplicandolo di
impartire, nella nuova legge di grazia, la sua benedizione sopra il
genere umano, di fare del matrimonio uno dei sacramenti e di dare ad
esso, da allora in poi, la virtù di santificare coloro che lo avrebbero
contratto nella santa Chiesa.
1037. La beatissima Vergine conosceva la volontà e la preghiera del
Verbo incarnato e vi si unì collaborando a quest'opera, come alle altre
che egli compiva a vantaggio dell'umanità. Facendosi carico
dell'ingratitudine degli uomini di fronte a questi benefici, intonò un
cantico di lode a Dio, invitando i santi angeli ad unirsi a lei. Questo
però era manifesto solamente al Salvatore, il quale si deliziava nella
sapienza e nelle opere della sua purissima Madre, come ella in quelle
del Figlio. Per il resto conversavano insieme agli altri invitati con la
sapienza e la gravità di parole degne di loro, finalizzandole ad
illuminare i cuori di tutti i presenti. La prudentissima Signora parlava
pochissimo e solo quando veniva interpellata o era davvero necessario,
perché sempre stava attenta a udire e a considerare ciò che sua Maestà
diceva per custodirlo e meditarlo nel suo castissimo cuore. Le opere, le
parole e tutto il procedere di questa gran Regina nell'intero corso
della sua vita furono un raro esempio di prudenza e modestia, ed in
questa circostanza in particolare lo furono non solo per le religiose,
ma anche e soprattutto per le donne del secolo, le quali dovrebbero
tener presente questo modello in occasioni come quelle delle nozze per
imparare a tacere, a moderarsi e a misurare le azioni esteriori per non
comportarsi con leggerezza. Infatti la temperanza non è mai così
necessaria come quando il pericolo è più grande, e sempre nelle donne la
maggiore eleganza, bellezza e dignità è il silenzio e la discrezione,
con cui s'impedisce l'ingresso a molti vizi e si perfezionano le virtù
della donna umile ed onesta.
1038. A tavola il Signore e la sua Madre santissima
mangiarono le stesse delicate vivande servite agli altri, ma con somma
moderazione e nascondendo la loro astinenza. Anche se quando erano soli
non mangiavano tali cibi, nondimeno i maestri della santità, che non
volevano disapprovare la vita comune degli uomini ma perfezionarla con
le loro opere, si adeguavano a tutti senza estremi e senza distinguersi
pubblicamente in ciò che d'altronde non era riprensibile. Il Maestro
divino lasciò ai suoi discepoli, con l'esempio e l'insegnamento, questo
principio: cibarsi di quello che sarebbe stato posto loro innanzi quando
sarebbero andati a predicare e non farsi notare come imperfetti e poco
istruiti nel cammino della virtù, poiché il vero povero ed umile non
deve scegliere i cibi. Ora, per volontà divina accadde che al banchetto
mancò il vino e la pietosa Regina disse al Redentore: «Non hanno più
vino». Ed egli le rispose: «Che ho da fare con te, o donna? Non è ancora
giunta la mia ora». Tale risposta non fu un rimprovero ma un mistero,
perché la prudentissima Signora non cercò il miracolo casualmente; al
contrario, grazie alla luce divina, seppe bene che era tempo opportuno
per la manifestazione del potere del suo Figlio santissimo. Colei che
era piena di sapienza e di scienza circa le opere della redenzione e
circa l'ordine, i tempi e le circostanze in cui il Salvatore doveva
portarle a compimento, non poteva ignorarlo. Inoltre è da tenere
presente che sua Maestà non pronunziò le suddette parole con tono di
rimprovero, ma con magnificenza e affabile serenità. E se non chiamò la
Vergine "madre" ma "donna", fu perché allora non la trattava con tanta
dolcezza di parole.
1039. Il mistero racchiuso nella risposta del Signore ebbe lo
scopo di confermare i discepoli nella fede nella sua divinità ed
incominciare a manifestarla a tutti mostrandosi vero Dio, indipendente
da sua Madre. Per tale motivo egli non la chiamò neppure madre,
dicendole: «Donna, che ti riguarda o che abbiamo a che fare tu ed io in
questo?». E ciò fu come dirle: «Il potere di fare miracoli io non l'ho
ricevuto da te, benché tu mi abbia dato la natura umana, perché il
compierli spetta solamente alla mia divinità e rispetto ad essa non è
giunta la mia ora». Con tali parole diede ad intendere che la decisione
di compiere meraviglie non era della sua Madre santissima, nonostante le
chiedesse al momento opportuno, ma di Dio. Nello stesso tempo, il
Signore volle che si comprendesse come in lui oltre alla volontà umana
ve n'era un'altra, che era superiore a quella della prudentissima
Signora e che non era sottomessa a lei; al contrario, il volere della
beatissima Vergine era soggetto a quello del suo divino Figlio. In
conseguenza di ciò, sua Maestà infuse nell'intimo dei discepoli nuova
luce, con la quale essi compresero che nella persona di Cristo vi era
l'unione di due nature e che egli aveva ricevuto quella umana da sua
Madre e quella divina dal Padre celeste per eterna generazione.
1040. La gran Signora conobbe tutto questo mistero, e con
affabile gravità disse a coloro che servivano: «Fate quello che vi
dirà». Ella parlò come maestra di tutto il genere umano, mostrando di
conoscere la volontà di Cristo e insegnandoci che per rimediare tutte le
nostre necessità e miserie è sufficiente da parte nostra fare tutto
quello che il Signore e coloro che ce lo rappresentano comandano. Un
simile insegnamento non poteva venire che da tale Madre ed avvocata, la
quale, desiderosa del nostro bene come chi conosce ciò che impedisce al
potere divino di compiere numerose e grandi meraviglie, volle proporci
il rimedio alle nostre mancanze e disavventure, indirizzandoci al
compimento del beneplacito dell'Altissimo, in cui consiste tutto il
nostro bene. Il Redentore del mondo comandò ai servi di riempire d'acqua
le giare. Ed essendo state riempite tutte, lo stesso Signore ordinò che
vi attingessero l'acqua convertita in vino e che la portassero al
maestro di tavola, il quale era uno dei sacerdoti e a mensa occupava il
primo posto. Quando costui gustò il vino miracoloso, stupito chiamò lo
sposo e gli disse: «Tutti servono da principio il vino buono e, quando
sono un po' brilli, quello meno buono, tu invece hai conservato fino ad
ora il vino buono».
1041. Il maestro di tavola non sapeva del miracolo, perché
era distante da Cristo, il quale occupava i posti più lontani con la sua
Madre santissima e i discepoli, insegnando con i fatti ciò che in
seguito avrebbe insegnato con la dottrina, cioè che nei conviti non
dobbiamo metterci al primo posto, ma di nostra iniziativa dobbiamo
scegliere l'ultimo. Subito si diffuse la meraviglia per il fatto che il
nostro Salvatore aveva cambiato l'acqua in vino e si manifestò la sua
gloria; i suoi discepoli credettero in lui e furono confermati
maggiormente nella fede. Anche molti altri presenti lo riconobbero come
il vero Messia e lo seguirono sino alla città di Cafarnao, dove, una
volta partito da Cana, sua Maestà si recò con sua Madre e i discepoli.
Qui cominciò a predicare, presentandosi ormai come maestro degli uomini.
Quello che dice l'Evangelista non è un negare altri segni operati
nascostamente, anzi è un supporlo, perché vuol dire che in questo
prodigio mostrò la sua gloria, a differenza dei precedenti, nei quali
non aveva voluto essere riconosciuto perché non era giunto il tempo
stabilito dalla divina sapienza. È certo che in Egitto ne aveva operati
molti ed ammirevoli, quali la distruzione dei templi e dei loro idoli,
come si è già detto. In tutte queste meraviglie Maria santissima faceva
atti d'insigne virtù a lode dell'Altissimo e in rendimento di grazie,
perché il suo santo nome si era rivelato. Ella attendeva al sostegno dei
nuovi credenti e al servizio del suo Figlio santissimo, e a tutto dava
la massima perfezione con la sua incomparabile sapienza. Era poi
sollecita nella carità, invocando l'eterno Padre e supplicandolo di
disporre gli animi e i cuori degli uomini affinché le parole e la luce
del Verbo incarnato li illuminassero e fugassero le tenebre della loro
ignoranza.
Insegnamento della Regina del cielo
1042. Figlia mia, è senza scuse la dimenticanza di cui generalmente
sono colpevoli i figli della Chiesa quando non si adoperano per far
conoscere la magnificenza del loro Dio e il suo santo nome a tutte le
creature razionali. Questa negligenza è più colpevole dopo che per
questo il Verbo eterno si è incarnato nel mio grembo, ha ammaestrato il
mondo e lo ha riscattato. A tal fine appunto sua Maestà fondò la santa
Chiesa e l'arricchì di tesori spirituali, di ministri ed anche di altri
beni temporali. Tutto ciò non solo deve servire per conservare la Chiesa
con i figli che ha già, ma anche per farla crescere e attrarre altri
alla rigenerazione della fede cattolica. Tutti devono contribuirvi,
affinché si ricavi un maggior frutto dalla morte del Redentore. Alcuni
possono farlo con preghiere e fervidi desideri della diffusione del
santo nome di Dio, altri con elemosine, altri con esortazioni, altri col
loro lavoro e con la loro sollecitudine. Tuttavia, se in questa
tiepidezza sono meno colpevoli gli ignoranti e i poveri, che forse non
hanno chi ricordi loro tale dovere, sono, al contrario, assai degni di
riprensione i ricchi e i potenti, e molto più i ministri e i prelati
della Chiesa, ai quali spetta maggiormente questo compito. Intanto molti
di essi, dimentichi di così terribile responsabilità, di cui dovranno
rendere conto, trasformano la vera gloria di Cristo in gloria loro
propria. Spendono il patrimonio del sangue del Salvatore per opere e
fini che non sono degni di essere nominati e a causa loro periscono
moltissime anime che con i mezzi opportuni sarebbero potute venire al
grembo della santa Chiesa, o almeno essi avrebbero merito ed il Signore
la gloria di avere ministri fedeli. Lo stesso peso sovrasta i principi e
i potenti del mondo, i quali hanno ricevuto dalla mano di Dio onore,
ricchezze ed altri beni temporali per impiegarli a lode di sua Maestà,
ma su nessuna cosa riflettono meno che sopra un simile dovere.
1043. Per tutti questi abusi voglio che ti addolori e ti adoperi -
per quanto potranno le tue forze - affinché la gloria dell'Altissimo sia
manifestata. Impegnati a far sì che egli venga conosciuto da tutte le
nazioni e che perfino dalle pietre sorgano figli di Abramo, poiché Dio è
onnipotente in tutto. Per trarre tutti al soave giogo del Vangelo,
chiedi al Signore che invii operai e ministri idonei alla sua Chiesa,
perché la messe è abbondante e pochi sono i lavoratori fedeli e zelanti
per raccoglierla. Sia vivo esempio per te ciò che ti ho manifestato
della mia sollecitudine e del materno amore con cui io mi prodigavo
insieme a mio Figlio per guadagnargli le anime e conservarle nella sua
dottrina e sequela. Mai si affievolisca nell'intimo del tuo cuore la
fiamma di questa carità e di questo zelo! Voglio inoltre che il silenzio
e la modestia, che io conservai alle nozze, siano per te e per le tue
religiose norma inviolabile con cui misurare sempre le azioni esteriori,
la riservatezza, la moderazione e la sobrietà nel parlare, specialmente
quando vi trovate alla presenza degli uomini; queste virtù, infatti,
sono ornamenti che abbelliscono la sposa di Cristo, affinché trovi
grazia ai suoi occhi divini.
San Luis (Argentina), 19 marzo 1996. Solennità di San Giuseppe. Protettore e difensore.
Don Stefano Gobbi
«Oggi termini il tuo lungo viaggio in tutta l'Argentina, con un grande Cenacolo che fai con i Sacerdoti e tanti Seminaristi del mio Movimento.Così celebrate la solennità liturgica del mio castissimo sposo Giuseppe. Hai visto, in questa grande Nazione, come Io sono amata e glorificata da tanti miei figli. Questa terra è da Me particolarmente amata e protetta ed Io la coltivo con particolare cura, nel sicuro rifugio del mio Cuore Immacolato. Desidero che qui il mio Movimento Sacerdotale Mariano si diffonda ancora di più.
Chiedo che si moltiplichino ovunque i Cenacoli familiari, che Io vi offro come aiuto potente, per salvare la famiglia cristiana dai grandi pericoli che la minacciano. Affidatevi alla potente protezione del mio castissimo sposo Giuseppe. Imitate il suo silenzio operoso, la sua preghiera, la sua umiltà, la sua fiducia, il suo lavoro. Sia in voi la sua docile e preziosa collaborazione al disegno del Padre Celeste, nel dare aiuto e protezione, amore e sostegno al suo divin Figlio Gesù. Ora che entrate nei tempi dolorosi e decisivi affidate a Lui anche il mio Movimento.
Lui è il protettore e il difensore di questa mia Opera di amore e di misericordia.
- Protettore e difensore nelle dolorose vicende che vi attendono.
- Protettore e difensore contro le numerose insidie che, in maniera subdola e pericolosa, sempre più vi tende il mio e vostro Avversario.
- Protettore e difensore nei momenti della grande prova, che ormai vi attende, negli ultimi tempi della purificazione e della grande tribolazione.
Mentre manifesto la mia gratitudine a questa nazione di Argentina, per l'omaggio di amore e di preghiera che ovunque ho ricevuto, con Gesù ed il mio castissimo sposo Giuseppe, vi benedico nel Nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo».