Liturgia delle Ore - Letture
Sabato della 3° settimana del tempo di Quaresima
Vangelo secondo Giovanni 6
1Dopo questi fatti, Gesù andò all'altra riva del mare di Galilea, cioè di Tiberìade,2e una grande folla lo seguiva, vedendo i segni che faceva sugli infermi.3Gesù salì sulla montagna e là si pose a sedere con i suoi discepoli.4Era vicina la Pasqua, la festa dei Giudei.5Alzati quindi gli occhi, Gesù vide che una grande folla veniva da lui e disse a Filippo: "Dove possiamo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?".6Diceva così per metterlo alla prova; egli infatti sapeva bene quello che stava per fare.7Gli rispose Filippo: "Duecento denari di pane non sono sufficienti neppure perché ognuno possa riceverne un pezzo".8Gli disse allora uno dei discepoli, Andrea, fratello di Simon Pietro:9"C'è qui un ragazzo che ha cinque pani d'orzo e due pesci; ma che cos'è questo per tanta gente?".10Rispose Gesù: "Fateli sedere". C'era molta erba in quel luogo. Si sedettero dunque ed erano circa cinquemila uomini.11Allora Gesù prese i pani e, dopo aver reso grazie, li distribuì a quelli che si erano seduti, e lo stesso fece dei pesci, finché ne vollero.12E quando furono saziati, disse ai discepoli: "Raccogliete i pezzi avanzati, perché nulla vada perduto".13Li raccolsero e riempirono dodici canestri con i pezzi dei cinque pani d'orzo, avanzati a coloro che avevano mangiato.
14Allora la gente, visto il segno che egli aveva compiuto, cominciò a dire: "Questi è davvero il profeta che deve venire nel mondo!".15Ma Gesù, sapendo che stavano per venire a prenderlo per farlo re, si ritirò di nuovo sulla montagna, tutto solo.
16Venuta intanto la sera, i suoi discepoli scesero al mare17e, saliti in una barca, si avviarono verso l'altra riva in direzione di Cafàrnao. Era ormai buio, e Gesù non era ancora venuto da loro.18Il mare era agitato, perché soffiava un forte vento.19Dopo aver remato circa tre o quattro miglia, videro Gesù che camminava sul mare e si avvicinava alla barca, ed ebbero paura.20Ma egli disse loro: "Sono io, non temete".21Allora vollero prenderlo sulla barca e rapidamente la barca toccò la riva alla quale erano diretti.
22Il giorno dopo, la folla, rimasta dall'altra parte del mare, notò che c'era una barca sola e che Gesù non era salito con i suoi discepoli sulla barca, ma soltanto i suoi discepoli erano partiti.23Altre barche erano giunte nel frattempo da Tiberìade, presso il luogo dove avevano mangiato il pane dopo che il Signore aveva reso grazie.24Quando dunque la folla vide che Gesù non era più là e nemmeno i suoi discepoli, salì sulle barche e si diresse alla volta di Cafàrnao alla ricerca di Gesù.25Trovatolo di là dal mare, gli dissero: "Rabbì, quando sei venuto qua?".
26Gesù rispose: "In verità, in verità vi dico, voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati.27Procuratevi non il cibo che perisce, ma quello che dura per la vita eterna, e che il Figlio dell'uomo vi darà. Perché su di lui il Padre, Dio, ha messo il suo sigillo".28Gli dissero allora: "Che cosa dobbiamo fare per compiere le opere di Dio?".29Gesù rispose: "Questa è l'opera di Dio: credere in colui che egli ha mandato".
30Allora gli dissero: "Quale segno dunque tu fai perché vediamo e possiamo crederti? Quale opera compi?31I nostri padri hanno mangiato la manna nel deserto, come sta scritto: 'Diede loro da mangiare un pane dal cielo'".32Rispose loro Gesù: "In verità, in verità vi dico: non Mosè vi ha dato il pane dal cielo, ma il Padre mio vi dà il pane dal cielo, quello vero;33il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo".34Allora gli dissero: "Signore, dacci sempre questo pane".35Gesù rispose: "Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà più fame e chi crede in me non avrà più sete.36Vi ho detto però che voi mi avete visto e non credete.37Tutto ciò che il Padre mi dà, verrà a me; colui che viene a me, non lo respingerò,38perché sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato.39E questa è la volontà di colui che mi ha mandato, che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma lo risusciti nell'ultimo giorno.40Questa infatti è la volontà del Padre mio, che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; io lo risusciterò nell'ultimo giorno".
41Intanto i Giudei mormoravano di lui perché aveva detto: "Io sono il pane disceso dal cielo".42E dicevano: "Costui non è forse Gesù, il figlio di Giuseppe? Di lui conosciamo il padre e la madre. Come può dunque dire: Sono disceso dal cielo?".
43Gesù rispose: "Non mormorate tra di voi.44Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato; e io lo risusciterò nell'ultimo giorno.45Sta scritto nei profeti: 'E tutti saranno ammaestrati da Dio'. Chiunque ha udito il Padre e ha imparato da lui, viene a me.46Non che alcuno abbia visto il Padre, ma solo colui che viene da Dio ha visto il Padre.47In verità, in verità vi dico: chi crede ha la vita eterna.48Io sono il pane della vita.49I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti;50questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia.51Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo".
52Allora i Giudei si misero a discutere tra di loro: "Come può costui darci la sua carne da mangiare?".53Gesù disse: "In verità, in verità vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell'uomo e non bevete il suo sangue, non avrete in voi la vita.54Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell'ultimo giorno.55Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda.56Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui.57Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia di me vivrà per me.58Questo è il pane disceso dal cielo, non come quello che mangiarono i padri vostri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno".
59Queste cose disse Gesù, insegnando nella sinagoga a Cafàrnao.60Molti dei suoi discepoli, dopo aver ascoltato, dissero: "Questo linguaggio è duro; chi può intenderlo?".61Gesù, conoscendo dentro di sé che i suoi discepoli proprio di questo mormoravano, disse loro: "Questo vi scandalizza?62E se vedeste il Figlio dell'uomo salire là dov'era prima?63È lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla; le parole che vi ho dette sono spirito e vita.64Ma vi sono alcuni tra voi che non credono". Gesù infatti sapeva fin da principio chi erano quelli che non credevano e chi era colui che lo avrebbe tradito.65E continuò: "Per questo vi ho detto che nessuno può venire a me, se non gli è concesso dal Padre mio".
66Da allora molti dei suoi discepoli si tirarono indietro e non andavano più con lui.
67Disse allora Gesù ai Dodici: "Forse anche voi volete andarvene?".68Gli rispose Simon Pietro: "Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna;69noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio".70Rispose Gesù: "Non ho forse scelto io voi, i Dodici? Eppure uno di voi è un diavolo!". Egli parlava di Giuda, figlio di Simone Iscariota: questi infatti stava per tradirlo, uno dei Dodici.
Secondo libro di Samuele 18
1Davide passò in rassegna la sua gente e costituì capi di migliaia e capi di centinaia per comandarla.2Divise la gente in tre corpi: un terzo sotto il comando di Ioab, un terzo sotto il comando di Abisài figlio di Zeruià, fratello di Ioab, e un terzo sotto il comando di Ittài di Gat. Poi il re disse al popolo: "Voglio uscire anch'io con voi!".3Ma il popolo rispose: "Tu non devi uscire, perché se noi fossimo messi in fuga, non si farebbe alcun caso di noi; quand'anche perisse la metà di noi, non se ne farebbe alcun caso, ma tu conti per diecimila di noi; è meglio che ti tenga pronto a darci aiuto dalla città".4Il re rispose loro: "Farò quello che vi sembra bene". Il re si fermò al fianco della porta, mentre tutto l'esercito usciva a schiere di cento e di mille uomini.5Il re ordinò a Ioab, ad Abisài e ad Ittài: "Trattatemi con riguardo il giovane Assalonne!". E tutto il popolo udì quanto il re ordinò a tutti i capi nei riguardi di Assalonne.
6L'esercito uscì in campo contro Israele e la battaglia ebbe luogo nella foresta di Èfraim.7La gente d'Israele fu in quel luogo sconfitta dai servi di Davide; la strage fu grande: in quel giorno caddero ventimila uomini.8La battaglia si estese su tutta la contrada e la foresta divorò in quel giorno molta più gente di quanta non ne avesse divorato la spada.
9Ora Assalonne s'imbatté nei servi di Davide. Assalonne cavalcava il mulo; il mulo entrò sotto i rami di un grande terebinto e la testa di Assalonne rimase impigliata nel terebinto e così egli restò sospeso fra cielo e terra; mentre il mulo che era sotto di lui passava oltre.10Un uomo lo vide e venne a riferire a Ioab: "Ho visto Assalonne appeso a un terebinto".11Ioab rispose all'uomo che gli portava la notizia: "Dunque, l'hai visto? E perché non l'hai tu, sul posto, steso al suolo? Io non avrei mancato di darti dieci sicli d'argento e una cintura".12Ma quell'uomo disse a Ioab: "Quand'anche mi fossero messi in mano mille sicli d'argento, io non stenderei la mano sul figlio del re; perché con i nostri orecchi abbiamo udito l'ordine che il re ha dato a te, ad Abisài e a Ittài: Salvatemi il giovane Assalonne!13Se io avessi commesso di mia testa una perfidia, poiché nulla rimane nascosto al re, tu stesso saresti sorto contro di me".14Allora Ioab disse: "Io non voglio perdere così il tempo con te". Prese in mano tre dardi e li immerse nel cuore di Assalonne, che era ancora vivo nel folto del terebinto.15Poi dieci giovani scudieri di Ioab circondarono Assalonne, lo colpirono e lo finirono.
16Allora Ioab suonò la tromba e il popolo cessò di inseguire Israele, perché Ioab aveva trattenuto il popolo.17Poi presero Assalonne, lo gettarono in una grande fossa nella foresta ed elevarono sopra di lui un enorme mucchio di pietre. Tutto Israele era fuggito ciascuno nella sua tenda.18Ora Assalonne mentre era in vita, si era eretta la stele che è nella Valle del re; perché diceva: "Io non ho un figlio che conservi il ricordo del mio nome"; chiamò quella stele con il suo nome e la si chiamò di Assalonne fino ad oggi.
19Achimaaz figlio di Zadòk disse a Ioab: "Correrò a portare al re la notizia che il Signore gli ha fatto giustizia contro i suoi nemici".20Ioab gli rispose: "Oggi tu non sarai l'uomo della buona notizia, la porterai un altro giorno; non porterai oggi la bella notizia perché il figlio del re è morto".21Poi Ioab disse all'Etiope: "Va' e riferisci al re quello che hai visto". L'Etiope si prostrò a Ioab e corse via.22Achimaaz, figlio di Zadòk, disse di nuovo a Ioab: "Qualunque cosa avvenga, lasciami correre dietro all'Etiope". Ioab gli disse: "Ma perché correre, figlio mio? La buona notizia non ti porterà nulla di buono".23E l'altro: "Qualunque cosa avvenga, voglio correre". Ioab gli disse: "Corri!". Allora Achimaaz prese la corsa per la strada della valle e oltrepassò l'Etiope.24Davide stava seduto fra le due porte; la sentinella salì sul tetto della porta dal lato del muro; alzò gli occhi, guardò ed ecco un uomo correre tutto solo.25La sentinella gridò e avvertì il re. Il re disse: "Se è solo, porta una buona notizia". Quegli andava avvicinandosi sempre più.26Poi la sentinella vide un altro uomo che correva e gridò al guardiano: "Ecco un altro uomo correre tutto solo!". E il re: "Anche questo porta una buona notizia".27La sentinella disse: "Il modo di correre del primo mi pare quello di Achimaaz, figlio di Zadòk". E il re disse: "È un uomo dabbene: viene certo per una lieta notizia!".28Achimaaz gridò al re: "Pace!". Prostratosi dinanzi al re con la faccia a terra, disse: "Benedetto sia il Signore tuo Dio che ha messo in tuo potere gli uomini che avevano alzato le mani contro il re mio signore!".29Il re disse: "Il giovane Assalonne sta bene?". Achimaàz rispose: "Quando Ioab mandava il servo del re e me tuo servo, io vidi un gran tumulto, ma non so di che cosa si trattasse".30Il re gli disse: "Mettiti là, da parte". Quegli si mise da parte e aspettò.31Ed ecco arrivare l'Etiope che disse: "Buone notizie per il re mio signore! Il Signore ti ha reso oggi giustizia, liberandoti dalle mani di quanti erano insorti contro di te".32Il re disse all'Etiope: "Il giovane Assalonne sta bene?". L'Etiope rispose: "Diventino come quel giovane i nemici del re mio signore e quanti insorgono contro di te per farti il male!".
Giobbe 12
1Giobbe allora rispose:
2È vero, sì, che voi siete la voce del popolo
e la sapienza morirà con voi!
3Anch'io però ho senno come voi,
e non sono da meno di voi;
chi non sa cose simili?
4Ludibrio del suo amico è diventato
chi grida a Dio perché gli risponda;
ludibrio il giusto, l'integro!
5"Per la sventura, disprezzo", pensa la gente
prosperosa,
"spinte, a colui che ha il piede tremante".
6Le tende dei ladri sono tranquille,
c'è sicurezza per chi provoca Dio,
per chi vuol ridurre Dio in suo potere.
7Ma interroga pure le bestie, perché ti
ammaestrino,
gli uccelli del cielo, perché ti informino,
8o i rettili della terra, perché ti istruiscano
o i pesci del mare perché te lo faccian sapere.
9Chi non sa, fra tutti questi esseri,
che la mano del Signore ha fatto questo?
10Egli ha in mano l'anima di ogni vivente
e il soffio d'ogni carne umana.
11L'orecchio non distingue forse le parole
e il palato non assapora i cibi?
12Nei canuti sta la saggezza
e nella vita lunga la prudenza.
13In lui risiede la sapienza e la forza,
a lui appartiene il consiglio e la prudenza!
14Ecco, se egli demolisce, non si può ricostruire,
se imprigiona uno, non si può liberare.
15Se trattiene le acque, tutto si secca,
se le lascia andare, devastano la terra.
16Da lui viene potenza e sagacia,
a lui appartiene l'ingannato e l'ingannatore.
17Rende stolti i consiglieri della terra,
priva i giudici di senno;
18scioglie la cintura dei re
e cinge i loro fianchi d'una corda.
19Fa andare scalzi i sacerdoti
e rovescia i potenti.
20Toglie la favella ai più veraci
e priva del senno i vegliardi.
21Sui nobili spande il disprezzo
e allenta la cintura ai forti.
22Strappa dalle tenebre i segreti
e porta alla luce le cose oscure.
23Fa grandi i popoli e li lascia perire,
estende le nazioni e le abbandona.
24Toglie il senno ai capi del paese
e li fa vagare per solitudini senza strade,
25vanno a tastoni per le tenebre, senza luce,
e barcollano come ubriachi.
Salmi 30
1'Salmo. Canto per la festa della dedicazione del tempio. Di Davide'.
2Ti esalterò, Signore, perché mi hai liberato
e su di me non hai lasciato esultare i nemici.
3Signore Dio mio,
a te ho gridato e mi hai guarito.
4Signore, mi hai fatto risalire dagli inferi,
mi hai dato vita perché non scendessi nella tomba.
5Cantate inni al Signore, o suoi fedeli,
rendete grazie al suo santo nome,
6perché la sua collera dura un istante,
la sua bontà per tutta la vita.
Alla sera sopraggiunge il pianto
e al mattino, ecco la gioia.
7Nella mia prosperità ho detto:
"Nulla mi farà vacillare!".
8Nella tua bontà, o Signore,
mi hai posto su un monte sicuro;
ma quando hai nascosto il tuo volto,
io sono stato turbato.
9A te grido, Signore,
chiedo aiuto al mio Dio.
10Quale vantaggio dalla mia morte,
dalla mia discesa nella tomba?
Ti potrà forse lodare la polvere
e proclamare la tua fedeltà?
11Ascolta, Signore, abbi misericordia,
Signore, vieni in mio aiuto.
12Hai mutato il mio lamento in danza,
la mia veste di sacco in abito di gioia,
13perché io possa cantare senza posa.
Signore, mio Dio, ti loderò per sempre.
Baruc 6
1Per i peccati da voi commessi di fronte a Dio sarete condotti prigionieri in Babilonia da Nabucodònosor re dei Babilonesi.2Giunti dunque in Babilonia, vi resterete molti anni e per lungo tempo fino a sette generazioni; dopo vi ricondurrò di là in pace.3Ora, vedrete in Babilonia idoli d'argento, d'oro e di legno, portati a spalla, i quali infondono timore ai pagani.4State attenti dunque a non imitare gli stranieri; il timore dei loro dèi non si impadronisca di voi.5Alla vista di una moltitudine che prostrandosi davanti e dietro a loro li adora, pensate: "Te dobbiamo adorare, Signore".6Poiché il mio angelo è con voi, egli si prenderà cura di voi.
7Essi hanno una lingua limata da un artefice, sono indorati e inargentati, ma sono simulacri falsi e non possono parlare.8Come si fa con una ragazza vanitosa, prendono oro e acconciano corone sulla testa dei loro dèi.9Talvolta anche i sacerdoti, togliendo ai loro dèi oro e argento, lo spendono per sé, dandone anche alle prostitute nei postriboli.
10Adornano poi con vesti, come si fa con gli uomini, questi idoli d'argento, d'oro e di legno; ma essi non sono in grado di salvarsi dalla ruggine e dai tarli.11Sono avvolti in una veste purpurea, ma bisogna pulire il loro volto per la polvere del tempio che si posa abbondante su di essi.12Come un governatore di una regione, il dio ha lo scettro, ma non stermina colui che lo offende.13Ha il pugnale e la scure nella destra, ma non si libera dalla guerra e dai ladri.14Per questo è evidente che non sono dèi; non temeteli, dunque!
15Come un vaso di terra una volta rotto diventa inutile, così sono i loro dèi, posti nei templi.16I loro occhi sono pieni della polvere sollevata dai piedi di coloro che entrano.17Come ad uno che abbia offeso un re si tiene bene sbarrato il luogo dove è detenuto perché deve essere condotto a morte, così i sacerdoti assicurano i templi con portoni, con serrature e con spranghe, perché non vengano saccheggiati dai ladri.18Accendono loro lumi, persino più numerosi che per se stessi, ma gli dèi non ne vedono alcuno.19Sono come una delle travi del tempio; il loro interno, come si dice, viene divorato e anch'essi senza accorgersene sono divorati dagli insetti che strisciano dalla terra, insieme con le loro vesti.20Il loro volto si annerisce per il fumo del tempio.21Sul loro corpo e sulla testa si posano pipistrelli, rondini e altri uccelli e anche i gatti.22Di qui potete conoscere che non sono dèi; non temeteli, dunque!
23L'oro di cui sono adorni per bellezza non risplende se qualcuno non ne toglie la patina; perfino quando venivano fusi, essi non se ne accorgevano.24Furono comprati a qualsiasi prezzo, essi che non hanno alito vitale.25Senza piedi, vengono portati a spalla, mostrando agli uomini la loro condizione vergognosa; arrossiscono anche i loro fedeli perché, se cadono a terra, non si rialzano più.26Neanche se uno li colloca diritti si muoveranno da sé, né se si sono inclinati si raddrizzeranno; si pongono offerte innanzi a loro come ai morti.27I loro sacerdoti vendono le loro vittime e ne traggono profitto; anche le mogli di costoro ne pongono sotto sale una parte e non ne danno né ai poveri né ai bisognosi; anche una donna in stato di impurità e la puerpera toccano le loro vittime.28Conoscendo dunque da questo che non sono dèi, non temeteli!
29Come infatti si potrebbero chiamare dèi? Perfino le donne presentano offerte a questi idoli d'argento, d'oro e di legno.30Nei templi i sacerdoti siedono con le vesti stracciate, la testa e le guance rasate, a capo scoperto.31Urlano alzando grida davanti ai loro dèi, come fanno alcuni durante un banchetto funebre.32I sacerdoti si portan via le vesti degli dèi e ne rivestono le loro mogli e i loro bambini.33Gli idoli non possono contraccambiare né il male né il bene ricevuto da qualcuno; non possono né costituire né spodestare un re;34nemmeno possono dare ricchezze né soldi. Se qualcuno, fatto un voto, non lo mantiene, non se ne curano.35Non liberano un uomo dalla morte né sottraggono il debole da un forte.36Non rendono la vista a un cieco né liberano un uomo dalle angosce.37Non hanno pietà della vedova né beneficano l'orfano.38Sono simili alle pietre estratte dalla montagna quegli idoli di legno, indorati e argentati. I loro fedeli saranno confusi.39Come dunque si può ritenere e dichiarare che costoro sono dèi?
40Inoltre, perfino gli stessi Caldei li disonorano; questi infatti quando trovano un muto incapace di parlare lo presentano a Bel pregandolo di farlo parlare, quasi che costui potesse sentire.41Costoro, pur rendendosene conto, non sono capaci di abbandonare gli idoli, perché non hanno senno.42Le donne siedono per la strada cinte di cordicelle e bruciano della crusca.43Quando qualcuna di esse, tratta in disparte da qualche passante, si è data a costui, schernisce la sua vicina perché non fu stimata come lei e perché la sua cordicella non fu spezzata.44Quanto avviene attorno agli idoli è menzogna; dunque, come si può credere e dichiarare che costoro sono dèi?
45Gli idoli sono lavoro di artigiani e di orefici; essi non diventano niente altro che ciò che gli artigiani vogliono che siano.46Coloro che li fabbricano non hanno vita lunga; come potrebbero le cose da essi fabbricate essere dèi?47Essi lasciano ai loro posteri menzogna e ignominia.48Difatti, quando sopraggiungono la guerra e le calamità, i sacerdoti si consigliano fra di loro sul come potranno nascondersi insieme con i loro dèi.49Come dunque è possibile non comprendere che non sono dèi coloro che non possono salvare se stessi né dalla guerra né dai mali?50Dopo tali fatti si riconoscerà che gli idoli di legno, indorati e argentati, sono una menzogna; a tutte le genti e ai re sarà evidente che essi non sono dèi, ma lavoro delle mani d'uomo e che sono privi di ogni qualità divina.51A chi dunque non sarà evidente che non sono dèi?
52Essi infatti non possono costituire un re sul paese né concedere la pioggia agli uomini;53non risolvono le contese, né liberano l'oppresso, poiché non hanno alcun potere; sono come cornacchie fra il cielo e la terra.54Infatti, se il fuoco si attacca al tempio di questi dèi di legno o indorati o argentati, mentre i loro sacerdoti fuggiranno e si metteranno in salvo, essi invece come travi bruceranno là in mezzo.55A un re e ai nemici non possono resistere.56Come dunque si può ammettere e pensare che essi siano dèi?
57Né dai ladri né dai briganti si salveranno questi idoli di legno, argentati e indorati, ai quali i ladri con la violenza tolgono l'oro, l'argento e la veste che li avvolge e poi fuggono tenendo la roba; essi non sono in grado di aiutare neppure se stessi.58Per questo vale meglio di questi dèi bugiardi un re che mostri coraggio oppure un arnese utile in casa, di cui si serve chi l'ha acquistato; anche meglio di questi dèi bugiardi è una porta, che tenga al sicuro quanto è dentro la casa o perfino una colonna di legno in un palazzo.59Il sole, la luna, le stelle, essendo lucenti e destinati a servire a uno scopo obbediscono volentieri.60Così anche il lampo, quando appare, è ben visibile; anche il vento spira su tutta la regione.61Quando alle nubi è ordinato da Dio di percorrere tutta la terra, eseguiscono l'ordine; il fuoco, inviato dall'alto per consumare monti e boschi, eseguisce il comando.62Gli idoli invece non assomigliano né per l'aspetto né per la potenza a queste cose.63Perciò non si deve ritenere né dichiarare che siano dèi, poiché non possono né rendere giustizia né beneficare gli uomini.64Conoscendo dunque che non sono dèi, non temeteli!
65Essi non maledicono né benedicono i re;66non mostrano alle genti segni nel cielo, né risplendono come il sole, né illuminano come la luna.67Le belve sono migliori di loro, perché possono fuggire in un riparo e provvedere a se stesse.68Dunque, in nessuna maniera è chiaro per noi che essi sono dèi; per questo non temeteli!
69Come infatti uno spauracchio che in un cocomeraio nulla protegge, tali sono i loro idoli di legno indorati e argentati;70ancora, i loro idoli di legno indorati e argentati si possono paragonare a un ramo nell'orto, su cui si posa ogni sorta di uccelli, o anche a un cadavere gettato nelle tenebre.71Dalla porpora e dal bisso che si logorano su di loro saprete che non sono dèi; infine saranno divorati e nel paese saranno una vergogna.72È migliore un uomo giusto che non abbia idoli, poiché sarà lontano dal disonore.
Lettera di Giacomo 4
1Da che cosa derivano le guerre e le liti che sono in mezzo a voi? Non vengono forse dalle vostre passioni che combattono nelle vostre membra?2Bramate e non riuscite a possedere e uccidete; invidiate e non riuscite ad ottenere, combattete e fate guerra! Non avete perché non chiedete;3chiedete e non ottenete perché chiedete male, per spendere per i vostri piaceri.4Gente infedele! Non sapete che amare il mondo è odiare Dio?
Chi dunque vuole essere amico del mondo si rende nemico di Dio.5O forse pensate che la Scrittura dichiari invano: fino alla gelosia ci ama lo Spirito che egli ha fatto abitare in noi?6Ci dà anzi una grazia più grande; per questo dice:
'Dio resiste ai superbi;
agli umili invece dà la sua grazia'.
7Sottomettetevi dunque a Dio; resistete al diavolo, ed egli fuggirà da voi.8Avvicinatevi a Dio ed egli si avvicinerà a voi. Purificate le vostre mani, o peccatori, e santificate i vostri cuori, o irresoluti.9Gemete sulla vostra miseria, fate lutto e piangete; il vostro riso si muti in lutto e la vostra allegria in tristezza.10Umiliatevi davanti al Signore ed egli vi esalterà.
11Non sparlate gli uni degli altri, fratelli. Chi sparla del fratello o giudica il fratello, parla contro la legge e giudica la legge. E se tu giudichi la legge non sei più uno che osserva la legge, ma uno che la giudica.12Ora, uno solo è legislatore e giudice, Colui che può salvare e rovinare; ma chi sei tu che ti fai giudice del tuo prossimo?
13E ora a voi, che dite: "Oggi o domani andremo nella tal città e vi passeremo un anno e faremo affari e guadagni",14mentre non sapete cosa sarà domani!
Ma che è mai la vostra vita? Siete come vapore che appare per un istante e poi scompare.15Dovreste dire invece: Se il Signore vorrà, vivremo e faremo questo o quello.16Ora invece vi vantate nella vostra arroganza; ogni vanto di questo genere è iniquo.17Chi dunque sa fare il bene e non lo compie, commette peccato.
Capitolo XLIV: Non ci si deve attaccare alle cose esteriori
Leggilo nella Biblioteca1. O figlio, molte cose occorre che tu le ignori, considerandoti come morto su questa terra, come uno per cui il mondo intero è crocifisso; molte altre cose, occorre che tu vi passi in mezzo, senza prestare ascolto, meditando piuttosto su ciò che costituisce la tua pace. Giova di più distogliere lo sguardo da ciò che non approviamo, lasciando che ciascuno si tenga il suo parere, piuttosto che metterci in accanite discussioni. Se sarai in regola con Dio e terrai conto del suo giudizio, riporterai più facilmente la vittoria.
2. Signore, a che punto siamo arrivati? Ecco per una perdita nelle cose di questo mondo, si piange; per un piccolo guadagno ci si affatica e si corre. Invece un danno spirituale passa nell'oblio, e a stento, troppo tardi, si ritorna in sé. Ci si preoccupa di ciò che non serve a nulla o a ben poco; e ciò che è sommamente necessario lo si lascia da parte con negligenza. Giacché l'uomo inclina tutto verso le cose esteriori, e beatamente vi si acquieta, se subito non si ravvede.
Contro il sermone degli ariani: replica
Contro il sermone degli ariani - Sant'Agostino d'Ippona
Leggilo nella BibliotecaIl nostro Signore Gesù Cristo è Dio
1. 1. Rispondo con questa dissertazione alla precedente dissertazione di coloro i quali, pur riconoscendo il Signore nostro Gesù Cristo come Dio, non vogliono tuttavia riconoscerlo come Dio vero e come un solo Dio con il Padre, presentandoci in questo modo due dèi di diversa e impari natura, l’uno vero, l’altro non vero, contro quanto sta scritto: Ascolta, Israele, il Signore è il tuo Dio, il Signore è uno solo 1. Infatti, se vogliono che ciò venga inteso come riferito al Padre, ne consegue che Cristo non è il Signore Dio nostro. Se, d’altra parte, deve essere inteso come riferito al Figlio, il Padre non sarà il Signore Dio nostro. Se invece deve essere riferito a entrambi, Padre e Figlio sono senz’altro l’unico Signore Dio nostro. E quanto sta scritto nel Vangelo: Che conoscano te, l’unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo 2, lo si deve intendere in questo modo, come se si dicesse: che conoscano come unico vero Dio te e colui che hai mandato, Gesù Cristo. Poiché anche di Cristo fu detto dall’apostolo Giovanni: Egli è il vero Dio e la vita eterna 3.
Il Figlio è coeterno al Padre.
1. 2. Allo stesso modo, quando dicono che Cristo fu costituito prima di tutti i secoli dalla volontà di Dio e del Padre suo, sono costretti ad ammettere che il Figlio è coeterno al Padre. Infatti, se ci fu un tempo in cui il Padre fu senza il Figlio, ci fu prima del Figlio un certo periodo di tempo in cui il Padre era da solo, senza di lui. Ed in che modo il Figlio era prima di tutti i secoli, se prima di lui ci fu un tempo in cui il Padre era senza di lui? Inoltre, se il Figlio era prima di tutti i tempi (non altrimenti si deve intendere infatti: In principio era il Verbo, e tutto è stato fatto per mezzo di lui 4, poiché anche il tempo non può esistere senza qualche movimento della creatura, per cui professiamo che anche i tempi sono stati creati da colui per mezzo del quale sono state create tutte le cose), senza dubbio il Figlio è coeterno al Padre. Ma lo definiscono costituito dalla volontà del Padre, non volendo dire Dio da Dio, uguale, generato e coeterno. Ma in nessun luogo leggono che il Figlio fu costituito dalla volontà del Padre prima di tutti i secoli. Ma dicono questo proprio perché sembri anteriore a lui la volontà del Padre, dalla quale vogliono che lui sia stato formato. E la loro argomentazione di solito è la seguente: chiedono se il Padre abbia generato il Figlio volontariamente o contro la sua volontà in modo che, se la risposta è che lo ha generato volontariamente, possano dire: " Dunque la volontà del Padre è anteriore ". D’altra parte, che lo abbia generato contro la sua volontà, chi potrebbe affermarlo? Ma perché conoscano quanto sono vane le loro parole, bisogna chiedere proprio a loro se Dio Padre sia Dio volontariamente o contro la sua volontà. Non oseranno infatti dire che egli non vuole essere Dio. Se, dunque, risponderanno che è Dio volontariamente, da ciò si deve dedurre la vacuità della loro argomentazione, in base alla quale si potrebbe affermare che la volontà di Dio Padre è anteriore a lui stesso. E che cosa si potrebbe dire di più stolto di questo?.
Il Figlio è Dio da Dio, non creato da Dio dal nulla.
2. 3. Poi affermano che il Figlio per volontà e comando del Padre mediante il suo potere fece sì che, dal nulla, esistessero tutte le cose del cielo e della terra, le cose visibili e invisibili, i corpi e le anime. Allora chiediamo loro se anche il Figlio sia stato creato dal Padre senza che niente preesistesse, cioè dal nulla. Se non oseranno affermarlo, allora egli è Dio da Dio, non creato da Dio dal nulla. E ciò indica che la natura del Padre e del Figlio è una sola e medesima natura. Infatti, un uomo, un animale, un uccello, un pesce non possono generare figli se non della loro medesima natura, e Dio non ha potuto? Se poi oseranno gettarsi a capofitto in un precipizio di empietà così profondo, da affermare che il Figlio unigenito è stato formato dal Padre dal nulla, cerchino per mezzo di chi il Figlio sia stato creato dal Padre dal nulla. Infatti, non ha potuto essere creato per mezzo di se stesso, come se già esistesse prima di essere creato, così da essere egli colui per mezzo del quale egli stesso è stato creato. E che bisogno c’era di crearlo, se già esisteva? O in che modo poteva essere creato affinché esistesse, egli che già esisteva prima di essere creato? Inoltre, se è stato creato dal Padre per mezzo di qualcun’altro, chi è quest’altro, dal momento che tutte le cose sono state create per mezzo di lui? Se poi è stato creato dal Padre senza nessuno, in che modo può essere stata fatta qualcosa dal Padre senza nessuno, dal momento che attraverso il Figlio, cioè attraverso il suo Verbo, è stata creata ogni cosa?.
La Trinità è un solo Dio e un solo creatore. Le missioni divine.
3. 4. Dicono: E prima di fare ogni cosa, fu costituito Dio e Signore di tutto, re e creatore, dotato nella sua natura di prescienza del futuro e nel creare in tutto ligio al mandato del Padre; per volontà e comando del Padre discese dal cielo e venne in questo mondo, come egli stesso dice: " Infatti non sono venuto da me stesso, ma Lui mi ha mandato" 5. Vorrei che costoro mi dicessero se ammettono due creatori. Ma non osano farlo; infatti uno solo è il creatore, poiché da lui, grazie a lui e per lui sono tutte le cose 6; e certamente un solo Dio è la stessa Trinità, e come c’è un solo Dio, così c’è un solo creatore. Cos’è ciò che dicono quando affermano che su comando del Padre il Figlio ha creato ogni cosa, come sostenendo che il Padre non ha creato, ma ha ordinato al Figlio di creare? Pensino, coloro che sentono carnalmente, con quali altre parole il Padre ha ordinato al suo unico Verbo. Nella finzione del loro cuore, infatti, formano quasi due soggetti, uno accanto all’altro, occupando ciascuno il loro posto, uno che dà ordini, l’altro che obbedisce. Non capiscono che lo stesso comando del Padre di creare ogni cosa non è se non il Verbo del Padre, per mezzo del quale tutte le cose sono state create. Il fatto, poi, che il Padre abbia mandato il Figlio, non può essere negato. Ma considerino, se possono, come lo ha mandato e con chi egli venne. Forse ha mentito quando dice: Io non sono solo, perché il Padre è con me 7? Ma, in qualunque modo capiscano che è stato mandato, è forse diversa la natura per il fatto che il Padre invia e il Figlio è inviato? A meno che un padre umano possa mandare il figlio umano pur essendo entrambi di un’unica e medesima sostanza, e non possa Dio; poiché un uomo che è inviato si separa da colui che lo invia, la qual cosa non è possibile in Dio. Ma il fuoco manda il suo splendore e non può lo splendore, che è mandato, essere separato dal fuoco che lo manda. Sebbene questo esempio, trattando di una creatura visibile, non possa essere del tutto applicato alla realtà divina. Quando infatti il fuoco manda lo splendore, lo splendore giunge più lontano di dove giunga il fuoco. Dunque, lo splendore mandato dal fuoco che è nella lucerna, se potesse parlare, non potrebbe dire con verità, nella parete dove è giunto senza il fuoco della lucerna: " Il fuoco che mi ha mandato è con me ". Invece il Figlio mandato dal Padre ha potuto dire: Il Padre è con me. Poiché dunque questo invio del Figlio da parte del Padre è del tutto ineffabile, né può essere compreso da nessuna intelligenza, costoro non trovano il modo di dimostrare che il Figlio sia di un’essenza diversa e inferiore; dal momento che neppure un uomo mandato da un altro uomo attesta che la natura di chi invia e di chi è inviato è diversa.
Le opere della Trinità sono inseparabili.
4. 4. Questo poi può essere compreso anche dal fatto che si dice che il Figlio è stato mandato dal Padre, poiché il Figlio è apparso in carne agli uomini, non il Padre. Chi, infatti, è inviato là dove si trova? Dove poi non è la Sapienza di Dio, che è Cristo, di cui si legge: Essa si estende da un confine all’altro con forza, e governa con bontà eccellente ogni cosa 8? Dal momento, dunque, che anche il Figlio è ovunque, come doveva essere inviato dove prima non era, se non apparendo come prima non era apparso? Per altro, leggiamo che è stato mandato anche lo Spirito Santo, che certamente non ha assunto la natura umana nell’unità della sua persona. Né dal solo Figlio è stato mandato, come è scritto: Quando me ne sarò andato, ve lo manderò 9; ma anche dal Padre, come è scritto: Il Padre lo invierà nel mio nome 10. Dove si dimostra che né il Padre ha mandato lo Spirito Santo senza il Figlio, né il Figlio senza il Padre, ma entrambi parimenti lo hanno mandato. Sono certamente inseparabili le opere della Trinità. Solo del Padre non si legge che sia stato mandato, poiché non ha autore da cui egli sia stato generato o da cui proceda. E perciò non per la diversità della natura, che nella Trinità non sussiste, ma per la sua stessa autorità, solamente del Padre non si dice che sia stato mandato. Non è infatti lo splendore o il calore che manda il fuoco, ma il fuoco manda sia lo splendore sia il calore. Benché queste cose siano molto dissimili; infatti, non si può trovare nulla, né nelle creature spirituali né in quelle corporee, che a ragione si possa paragonare alla Trinità, che è Dio.
Gli Ariani e l’eresia apollinarista.
5. 5. Dicono anche: E poiché tra tutti i gradi degli esseri spirituali e razionali, " l’uomo sembrava poco meno degli angeli " 11 a causa della natura e della fragilità del suo corpo, affinché non si considerasse vile e disperasse della sua salvezza, il Signore Gesù onorando la sua creatura, si è degnato di assumere la carne umana e ha mostrato che l’uomo non è vile, ma prezioso, come sta scritto: " Grande e prezioso è l’uomo " 12. E perciò l’uomo solo si è degnato di fare erede di suo Padre, e a sé coerede; in modo che ciò che di meno aveva ricevuto nella sua natura, di più l’ottenesse nell’onore. Dicendo questo, vogliono che si intenda che Cristo ha assunto la carne umana senza l’anima umana. Questa è l’eresia propria degli Apollinaristi; ma osserviamo che anche costoro, cioè gli Ariani, nelle loro dissertazioni sostengono non solo la diversità della natura nella Trinità, ma anche che Cristo non ha l’anima umana. Ma ciò apparirà in modo più evidente in quello che segue di questa dissertazione. Ora a quelle parole che abbiamo proposto risponderemo invitando a riesaminare il testo della lettera agli Ebrei che si riferisce a Cristo: Di poco l’hai fatto inferiore agli angeli 13; e considerino che non si riferisce alla diversità e alla diseguaglianza della natura del Padre e del Figlio ciò che si dice: Il Padre è più grande di me 14, ma piuttosto al fatto che il Figlio, nella forma di servo, per la debolezza nella quale ha potuto soffrire e morire, fu fatto inferiore anche agli angeli.
Non è diversa la natura del Padre e del Figlio.
6. 6. E così pure dicono: " Quando " - disse - " venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna " 15. Egli, che per volontà del Padre assunse la carne, per volontà e comando paterno visse in un corpo, così come egli stesso dice: " Sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato" 16. Egli per volontà del Padre fu battezzato a trent’anni, e per la voce e la testimonianza del Padre fu manifestato 17, e per volontà e comando del Padre predicava il Vangelo del regno dei cieli, come egli stesso dice: " Bisogna che io annunzi il Vangelo anche alle altre città; per questo sono stato mandato " 18, e: " Egli mi ha ordinato che cosa devo dire e annunziare " 19. E così per volontà e comando del Padre si incamminava con sollecitudine verso la passione e la morte, come egli stesso dice: " Padre, passi da me questo calice; però non come voglio io, ma come vuoi tu " 20. E lo stesso afferma l’Apostolo quando dice: "Si fece obbediente al Padre fino alla morte e alla morte di croce " 21. Con queste testimonianze delle sacre Scritture che cosa tentano di provare, se non che la natura del Padre e del Figlio è diversa, per il solo fatto che il Figlio si mostra obbediente al Padre? Tuttavia, non direbbero certo questo degli uomini; infatti, se fra gli uomini un figlio è obbediente a suo padre, non per questo la natura dei due è diversa.
Una sola e identica è la volontà del Padre e del Figlio.
7. 6. È possibile che ciò che afferma Gesù: Sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato 22, si riferisca al fatto che il primo uomo, Adamo (di cui l’Apostolo dice: A causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e con il peccato la morte, così anche la morte ha raggiunto tutti gli uomini perché tutti hanno peccato 23), facendo la sua volontà, non quella di colui dal quale è stato creato, sottomise l’intero genere umano ad una discendenza corrotta, assoggettandolo alla colpa e alla pena. Dunque, al contrario, colui dal quale dovevamo essere liberati, non fece la sua volontà, ma quella di colui dal quale fu inviato. Così, certamente, in questo passo si dice sua volontà, perché si comprenda che si tratta della volontà propria contro la volontà di Dio. Infatti, quando obbediamo a Dio, e da quella obbedienza siamo spinti a fare la sua volontà, non compiamo la volontà divina nolenti, ma volenti; e se la compiamo volentieri, in che modo non facciamo la nostra volontà, se non per il fatto che si dice nostra quella volontà che la Scrittura definisce così, intendendo la propria contro la volontà di Dio? Adamo seguì questa volontà, così da farci morire in lui; Cristo non la seguì, perché vivessimo in lui. Certo, della natura umana si può dire a ragione che in essa per disobbedienza restò una propria volontà, che è opposta alla volontà di Dio. Per ciò che si riferisce alla divinità del Figlio, una sola e identica è la volontà del Padre e del Figlio; e non può in alcun modo essere diversa, dal momento che la natura della Trinità immutabile è unica. Il Mediatore fra Dio e gli uomini, l’uomo Gesù Cristo 24, non fece la propria volontà, che è opposta a quella di Dio, perché non era soltanto uomo, ma Dio e uomo; in lui, per ammirabile e singolare grazia, la natura umana poté essere senza alcun peccato. Per questo disse: Sono disceso dal cielo, non per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato 25. Per questo motivo la sua obbedienza fu tanto grande che rese del tutto senza peccato l’uomo che portava, poiché era disceso dal cielo, cioè non era solamente uomo, ma anche Dio. Mostrò che c’è una sola persona in due nature (quella di Dio e quella dell’uomo); se ce ne fossero due, comincerebbe a esservi una quaternità, non una trinità. Perciò, poiché ci sono due sostanze e una sola persona, le parole: Sono disceso dal cielo, si riferiscono alla eccellenza di Dio; e l’aggiunta: non per fare la mia volontà, poiché Adamo fece la sua, si riferisce all’obbedienza dell’uomo. Cristo, poi, è entrambe le cose, cioè Dio e uomo; tuttavia in lui, in quanto uomo, è lodata l’obbedienza, che è contraria alla disobbedienza del primo uomo. Perciò l’Apostolo afferma: Come per la disobbedienza di un solo uomo, tutti sono stati costituiti peccatori, così anche per l’obbedienza di un solo uomo tutti saranno costituiti giusti 26.
La natura divina e umana nell’unica persona di Cristo.
8. 6. Né poiché ha detto: di un uomo, separò Dio che assunse l’uomo; poiché, come ho detto, e bisogna sottolinearlo molto, è una sola persona. Egli, infatti, è l’unico Cristo e sempre Figlio di Dio per natura, e Figlio dell’uomo avendo assunto la natura umana nel tempo per grazia; né l’ha assunta in modo che prima fosse creata e poi assunta, ma in modo che fosse creata mentre l’assumeva. E perciò, per questa unità della persona che si deve considerare nelle due nature, si dice anche che il Figlio dell’uomo è disceso dal cielo, sebbene abbia ricevuto la natura umana dalla Vergine che era sulla terra; e si dice che il Figlio di Dio è stato crocefisso e sepolto, sebbene questo sia stato sofferto non nella divinità, per la quale l’Unigenito è coeterno al Padre, ma nella debolezza della natura umana. Infatti, leggiamo che il Figlio dell’uomo discese dal cielo, ed egli stesso disse: Nessuno è mai salito al cielo, fuorché il Figlio dell’uomo che è disceso dal cielo, che è in cielo 27. Che il Figlio di Dio sia stato crocefisso e sepolto, lo professiamo tutti anche nel Simbolo. Da questo deriva l’affermazione dell’Apostolo: Se l’avessero conosciuto, non avrebbero crocifisso il Signore della gloria 28. Il santo Apostolo insegna questa unità della persona di Cristo Gesù Signore nostro, che consta di due nature, divina e umana, di modo che qualsiasi termine di una natura possa riferirsi all’altra, quelli divini alla natura umana e quelli umani alla natura divina, quando, esortandoci alla umiltà misericordiosa attraverso l’esempio di Cristo, afferma: Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù, il quale pur essendo di natura divina, non considerò una rapina la sua uguaglianza con Dio; ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini; apparso in forma umana, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce 29. Il nome di Cristo, poi, gli deriva da quanto è scritto nella profezia: Dio, il tuo Dio ti ha consacrato con olio di letizia, a preferenza dei tuoi eguali 30. Dunque, al fatto che si fece uomo si riferiscono le parole assumendo la condizione di servo, si presentò nella forma umana, forma che certamente iniziò ad assumere nel tempo; dello stesso Cristo, tuttavia, si dice: Essendo di natura divina; sicuramente era di natura divina prima che fosse stata assunta la condizione di servo e non era ancora Figlio dell’uomo, ma Figlio di Dio, per il quale l’uguaglianza col Padre non era una rapina, ma natura. Infatti, non vi si era innalzato con l’usurpazione, ma così era nato e questa è la verità. Dunque, non era ancora Cristo, cosa che cominciò ad essere quando si umiliò, non perdendo la natura divina, ma assumendo la condizione di servo. Ma se chiedessimo: Chi è colui che, essendo di natura divina, non ritenne una rapina essere uguale a Dio? Ci risponderebbe la voce dell’Apostolo: Cristo Gesù. Dunque, anche quella divinità assunse il nome di questa umanità. Ugualmente, se chiedessimo chi fu mai colui che si fece obbediente fino alla morte e alla morte di croce, a ragione si risponderebbe: Colui che, pur essendo di natura divina, non ritenne una rapina essere uguale a Dio. Dunque, anche questa umanità assunse il nome di quella divinità. Lo stesso Cristo, tuttavia, appare un gigante di doppia natura, sotto un aspetto obbediente, sotto un altro uguale a Dio; sotto un aspetto Figlio dell’uomo, sotto un altro Figlio di Dio; sotto un aspetto dice: Il Padre è più grande di me 31; secondo un altro: Io e il Padre siamo una cosa sola 32; sotto un aspetto non fa la sua volontà, ma quella di colui da cui è stato mandato 33; sotto un altro aspetto: Come il Padre risuscita i morti e dà la vita, così anche il Figlio dà la vita a chi vuole 34.
All’unità della persona di Cristo appartiene anche l’anima umana.
9. 7. Ugualmente proseguono e affermano: Ed egli, appeso alla croce, per volontà e comando del Padre consegnò nelle mani degli uomini la sua carne umana, che aveva preso dalla Santa Vergine Maria, ed affidò nelle mani del Padre la sua divinità, dicendo: " Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito " 35. Poiché Maria diede alla luce un corpo destinato a morire, mentre Dio immortale generò il Figlio immortale. Dunque, la morte di Cristo non rappresenta una menomazione della sua divinità, ma è l’abbandono del suo corpo. Come nella sua nascita dalla Vergine non ci fu la corruzione della sua divinità, ma l’assunzione del corpo, così anche nella sua morte non ci fu la passione e il venir meno della sua divinità, ma la separazione della sua carne. Come, infatti, chi strappa un vestito oltraggia colui che è vestito, così anche coloro che crocifissero la sua carne recarono offesa alla sua divinità. Ecco che in queste loro parole dimostrano chiaramente di negare che anche l’anima umana appartenga all’unità della persona di Cristo, ammettendo in Cristo solamente la carne e la divinità. Dal momento che, quando pendeva sul legno, disse: Padre nelle tue mani consegno il mio spirito, vogliono che si intenda che egli abbia affidato al Padre la sua divinità, non lo spirito umano, che è l’anima. A ragione, precedentemente in questa stessa dissertazione, quando vollero far intendere che Cristo fece la volontà del Padre, non la sua, ritenendo per questo che egli fosse di natura minore e diversa di quella del Padre, ricordarono quelle parole dove dice: Padre, passi da me questo calice. Però non come voglio io, ma come vuoi tu. Mentre tralasciarono le parole dove dice: La mia anima è triste fino alla morte 36. Ascoltino noi mentre ricordiamo queste parole: L’anima mia è triste fino alla morte; ho il potere di offrire la mia anima 37; Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici 38; e ciò che è stato profetizzato su di lui, come lo intesero gli apostoli: Poiché non abbandonerai la mia anima nell’inferno 39. E perché non si oppongano a queste e ad altre testimonianze del genere tratte dalle sacre Scritture, ammettano che Cristo ha unito al Verbo Unigenito non solo la carne ma anche l’anima umana, per essere una sola persona, che è Cristo, Verbo e uomo; ma l’uomo è anima e carne, e perciò Cristo è Verbo, anima e carne. E perciò bisogna intendere che ha due nature, divina e umana, così come la natura umana consta di anima e di carne. O se si fanno guidare da ciò che sta scritto: Il Verbo si è fatto carne 40, - qui infatti l’anima non viene nominata -, capiscano che carne sta per uomo, secondo il modo di parlare che prende la parte per il tutto; come: A te verrà tutta la carne 41; oppure: Dalle opere della legge nessuna carne sarà giustificata 42, parole espresse più chiaramente in un altro punto: Nessuno sarà giustificato per la legge 43, e ugualmente altrove: Non è giustificato l’uomo dalle opere della legge 44. Così quando disse: tutta la carne, è come se avesse detto " tutto l’uomo ". E quando disse il Verbo si è fatto carne, è come se avesse detto " il Verbo si è fatto uomo ". Questi, tuttavia, volendo intendere che l’uomo Cristo è fatto solamente di carne umana, non negheranno l’uomo, di cui si dice in modo assai chiaro: Uno solo è il mediatore fra Dio e gli uomini, l’uomo Gesù Cristo 45; mi meraviglio del fatto che non vogliano ammettere che è a motivo di questa natura umana che si è potuto dire: Il Padre è più grande di me; e non per quell’altra natura, per la quale invece si dice: Io e il Padre siamo una cosa sola. Chi infatti, potrebbe tollerare che un semplice uomo dica: " Io e Dio siamo una cosa sola"? E chi non ammetterà che un uomo dica: " Dio è più grande di me "? È la stessa cosa che ha detto san Giovanni: Dio è più grande del nostro cuore 46.
Senza l’anima la carne non può far nulla.
10. 8. Poi dicono: Egli, che per volontà e comando del Padre pienamente compì la missione che gli era stata affidata, per volontà e comando del Padre risuscitò il suo corpo dai morti; e con lo stesso corpo, come il Pastore con la pecora, il sacerdote con l’offerta, il re con la porpora e Dio con il tempio, fu innalzato alla gloria dal Padre. Bisogna chiedere a coloro che affermano queste cose quale pecora il pastore abbia riportato al Padre. Se infatti è la carne senza l’anima che riportò, cosa è questa pecora se non terra senza intelligenza, che non può neppure rendere grazie? Poiché, senza l’anima, cosa può la carne?
L’obbedienza del Figlio non attesta una diversità di natura rispetto al Padre.
11. 9. Ugualmente proseguono e dicono: Egli, che per volontà e comando del Padre è disceso dal cielo e vi è asceso, per volontà e comando del Padre siede alla sua destra sentendo il Padre che gli dice: "Siedi alla mia destra, finché io ponga i tuoi nemici a sgabello dei tuoi piedi " 47. Egli, che per volontà e comando del Padre siede alla sua destra, per volontà e comando del Padre verrà alla fine dei tempi, come proclama e dice l’Apostolo: " Il Signore stesso a un ordine, alla voce dell’arcangelo e al suono della tromba di Dio, discenderà dal cielo " 48. Egli, che per volontà e comando del Padre verrà, per volontà e comando del Padre giudicherà tutti con giustizia e darà a ciascuno secondo la sua fede e le sue opere; come egli stesso dice: " Il Padre non giudica nessuno, ma ha rimesso ogni giudizio al Figlio ". E ancora: " Giudico secondo quello che ascolto e il mio giudizio è giusto, perché non cerco la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato " 49. Perciò, nel giudicare antepone la presenza del Padre e pospone la sua divina dignità e il suo potere, dicendo: " Venite, benedetti del Padre mio " 50. Dunque, il Figlio è giudice giusto: l’onore e l’autorità sono di chi giudica, le leggi imperiali sono del Padre; come la supplica d’ufficio e la consolazione sono proprie dello Spirito Santo, la dignità del giudice giusto è propria del Dio Unigenito. Quanto abbiamo già risposto in precedenza, vale ugualmente anche contro queste affermazioni. Infatti, il fatto che il Figlio sia obbediente alla volontà e al comando del Padre nemmeno fra gli uomini dimostra una natura diversa e diseguale, del padre che comanda e del figlio che obbedisce. A ciò si aggiunge il fatto che Cristo non è soltanto Dio, e per questa natura è uguale al Padre; ma anche uomo, e per questa natura il Padre è più grande di lui, di cui non solo è Padre, ma anche Signore. Infatti, a questo si riferisce quella profezia: Il Signore mi disse: Tu sei mio Figlio 51. Certamente, qui emerge una sostanza inferiore per cui il Padre è più grande, e la condizione di servo che ha un Signore. Questa condizione della sua umanità, che assunse conservando la condizione divina, affinché fosse simile all’uomo e apparisse in forma umana 52, si manifesterà anche nel giudizio, nel quale giudicherà i vivi e i morti. Perciò è detto del Padre che non giudica nessuno, ma ha rimesso ogni giudizio al Figlio 53. E gli empi vedranno in Cristo la forma del Figlio dell’uomo quando saranno giudicati da lui, e di loro è detto: Vedranno colui che hanno trafitto 54. Però certamente non vedranno nello stesso Cristo la forma di Dio per cui è uguale al Padre. Da qui è derivata la profezia: Sia allontanato l’empio, perché non veda la maestà del Signore 55. A questo si riferiscono le parole: Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio 56. Infine questo è attestato chiaramente quando dice: E gli ha dato il potere di giudicare, perché è Figlio dell’uomo 57. E non, dunque, poiché è Figlio di Dio: in quanto tale, infatti, il suo potere è coeterno e identico al Padre; ma poiché è Figlio dell’uomo che cominciò a esistere nel tempo, perché il potere gli fosse dato nel tempo. Questo non si dice intendendo che non se lo sia dato egli stesso, cioè che la natura divina che è in lui non abbia dato il potere alla sua natura umana: guardiamoci dal crederlo. In che modo infatti il Padre farebbe qualcosa, se non attraverso il Figlio Unigenito? E nemmeno senza lo Spirito Santo, poiché sono inseparabili le opere della Trinità. E per il fatto che il Padre diede il potere al Figlio, poiché è Figlio dell’uomo, proprio attraverso quest’ultimo lo diede a se stesso in quanto Figlio di Dio. Infatti: Tutto è stato fatto per mezzo di lui, e senza di lui niente è stato fatto 58. Però il Figlio attribuisce al Padre con onore e convenientemente ciò che egli fa come Dio, poiché è Dio che procede dal Padre. Egli infatti è Dio da Dio; il Padre invece è Dio ma non da Dio.
In che senso il Figlio siede alla destra del Padre.
12. 9. Dicono: Sentì dal Padre: " Siedi alla mia destra " 59; e perciò siede alla destra del Padre, come se l’avesse fatto per ordine del Padre, non anche per suo potere. Certamente se ciò non fosse compreso in senso spirituale, il Padre sarebbe alla sinistra del Figlio. Che cosa è poi la destra del Padre se non quell’eterna e ineffabile felicità a cui giunse il Figlio dell’uomo, una volta conseguita l’immortalità della carne? Infatti, se con sapienza e con fede pensiamo la mano di Dio Padre in questo modo, ossia non secondo i lineamenti del corpo, che non ci sono in Dio, ma secondo il suo potere effettivo, cosa intenderemo se non lo stesso Unigenito attraverso il quale sono state create tutte le cose? Di lui il profeta ha detto: A chi è stato rivelato il braccio del Signore? 60 In che modo, poi, il Figlio ascolta il Padre? In che modo il Padre dice molte parole al suo unico Verbo? In che modo parla in modo transitorio a colui che parla permanentemente? In che modo dice qualcosa nel tempo a colui che gli è coeterno e nel quale erano già tutte le cose che gli dice nel tempo appropriato? Chi oserebbe chiedere ciò? Chi sarebbe in grado di trovare la risposta? E tuttavia: Disse il Signore al mio Signore: siedi alla mia destra 61; e poiché è stato detto, perciò è stato fatto. Perciò, che il Verbo si fece carne 62, questo era già nel Verbo. E poiché esisteva in verità prima di assumere la carne, perciò nella carne si è realizzato con piena efficacia; poiché nel Verbo era già senza tempo, perciò nella carne si è realizzato nel suo tempo. In questa carne ascese al cielo, lui che non ha abbandonato il cielo anche quando discese da esso; e in questa carne egli, che è il braccio del Padre, è seduto alla destra del Padre; in essa discenderà per il giudizio a un ordine, alla voce dell’arcangelo e al suono della tromba di Dio 63.
Il Verbo di Dio.
13. 9. Da queste parole essi vogliono dedurre che il potere del Figlio è minore, poiché si dice che egli discenderà a un ordine. Ma bisognerebbe chiedere loro per ordine di chi. Se affermano del Padre, bisogna chiedere loro di nuovo con quali parole temporali il Padre ordini al suo Verbo eterno di discendere dal cielo. Se invece è l’ordine stesso di Dio che si realizzerà a suo tempo, era già prima di tutti i tempi nello stesso Verbo di Dio. Ma se il Figlio di Dio, per il fatto di essere Figlio dell’uomo, discende dal cielo, allora per il fatto di essere Verbo, è lui stesso che ordina di discendere dal cielo. Infatti, se il Padre non lo comanda attraverso di lui, ne consegue che il Padre non comanda attraverso il suo Verbo; oppure dovrebbe esistere un altro Verbo attraverso il quale si comanda all’unico Verbo. E mi meraviglierei se, essendo quello unico, ce ne fosse un altro. Certamente, sono state espresse dal Padre al Figlio anche alcune parole nel tempo, come quando da una nube risuonò: Tu sei il mio Figlio prediletto 64; non tuttavia perché il Figlio Unigenito apprendesse qualcosa da esse, ma perché era opportuno che gli altri le sentissero. E così il suono di quelle parole passeggere dirette al Figlio non è stato prodotto senza il Figlio; altrimenti, non tutte le cose sarebbero state fatte attraverso di lui. Ma, forse, quando gli viene ordinato di discendere dal cielo, c’è bisogno di tali suoni e di tali parole, con le quali il Figlio possa conoscere la volontà del Padre? Sia lungi da noi il crederlo. Dunque qualunque cosa si dovrà fare riguardo al Figlio, il Padre non la farà se non attraverso il medesimo Figlio. Cioè riguardo a lui, poiché è Figlio dell’uomo ed è stato creato fra tutte le cose, ma anche attraverso di lui, poiché è Figlio di Dio e attraverso di lui sono state create dal Padre tutte le cose. Se poi le parole a un ordine, alla voce dell’arcangelo, vogliono intenderle come ordine dello stesso arcangelo, che cosa manca loro da dire se non che il Figlio Unigenito è minore anche degli Angeli, ai cui ordini si mostra obbediente, se colui a cui si comanda è minore di colui che comanda? Sebbene le parole a un ordine, alla voce dell’arcangelo, possano anche essere intese nel senso che la stessa voce dell’arcangelo venga considerata emessa per ordine di Dio, ossia che l’angelo, che si deve ritenere tromba di Dio, abbia ricevuto dal Signore Dio l’ordine di far sentire la sua voce, quella voce che sarà necessario che la creatura inferiore ascolti quando il Figlio di Dio discenderà dal cielo. È infatti la stessa tromba di cui dice in un altro punto: Suonerà infatti la tromba e i morti risorgeranno incorrotti 65.
Nella Trinità non c’è diversità di poteri come non c’è diversità di sostanze.
14. 9. Disse dunque il Figlio: Giudico secondo quello che ascolto 66; e lo disse, o per sottomissione umana, poiché è anche Figlio dell’uomo, o in base a quella immutabile e semplice natura che è del Figlio in quanto la riceve dal Padre. In questa natura non è distinto l’ascoltare, il vedere, l’essere, ma l’essere è uguale all’ascoltare e al vedere. Così riceve l’ascoltare e il vedere dal medesimo da cui riceve lo stesso essere. Infatti anche le parole che dice altrove: Il Figlio da sé non può fare nulla se non quello che vede fare dal Padre, sono molto più difficili da interpretare del testo citato da loro, dove dice: Giudico secondo quello che ascolto. Se infatti il Figlio da sé non può fare nulla se non quello che vede fare dal Padre 67, in che modo potrebbe giudicare se non vedesse giudicare il Padre? Ma il Padre non giudica nessuno, ma ha rimesso ogni giudizio al Figlio 68. Giudica dunque il Figlio dopo aver ricevuto dal Padre non qualche giudizio, ma tutti, sebbene non veda il Padre giudicare, poiché questi non giudica nessuno. In che modo dunque il Figlio da sé non può fare nulla se non quello che vede fare dal Padre, dal momento che giudica e non vede il Padre giudicare? Infatti non dice: Il Figlio da sé non può fare nulla se non quello che sente ordinare dal Padre, ma: Quello che vede fare dal Padre. Infatti prestino attenzione a questo, riflettano su questo, considerino questo e, per quanto è possibile, si purifichi la ricerca con la quale tentano con pensieri carnali di separare la sola e medesima natura della Trinità a causa della diversità delle sostanze e di ordinarla in base ai gradi dei poteri. Per questo, infatti, si dice che il Figlio non fa nulla da se stesso, poiché non viene da sé, e perciò qualunque cosa faccia, vede il Padre farla; poiché vede che egli ha ricevuto la facoltà di fare dallo stesso da cui vede che ha ricevuto l’esistenza, e quando dice che non può fare nulla, non è imperfezione, ma il rimanere in lui per il fatto di essere nato dal Padre. Come è lodevole che l’Onnipotente non possa mutare, così è lodevole che l’Onnipotente non possa morire. Infatti il Figlio potrebbe fare quello che non ha visto fare dal Padre, se potesse fare ciò che il Padre non fa per mezzo di lui; cioè se potesse peccare e non essere conforme a una natura immutabilmente buona, che è stata generata dal Padre. Poiché questo non è possibile, non può farlo non per imperfezione, ma per potenza.
Nella Trinità all’unità e indivisione della natura corrisponde l’unità di operazione delle Persone divine.
15. 9. Infatti, le opere del Padre e del Figlio sono le medesime, non perché il Figlio sia la stessa cosa che il Padre, ma perché non c’è nessuna opera del Figlio che il Padre non faccia attraverso di lui, né alcuna opera del Padre che egli non faccia attraverso il Figlio insieme a lui. Le cose che fa il Padre, le medesime le fa ugualmente il Figlio 69. Questa frase è del Vangelo, di conseguenza proferita dalla bocca dello stesso Figlio. Non sono dunque diverse le opere del Padre e del Figlio, ma le medesime; né sono fatte dal Figlio diversamente, ma ugualmente. Ma dato che il Figlio non fa altre opere somiglianti, ma le stesse che fa il Padre, cosa significa ugualmente se non con identica facilità e con identico potere? Se infatti, in verità, entrambi fanno le medesime cose, ma uno le facesse con più facilità e potere dell’altro, certamente il Figlio non le farebbe ugualmente. Però, dal momento che fa le medesime opere e le fa ugualmente, certamente non sono diverse le opere del Figlio e del Padre, né diverso è il potere di coloro che operano. Né di certo operano senza lo Spirito Santo; e infatti lo Spirito in alcun modo potrà essere separato dagli altri due nelle opere che devono fare entrambi. Così, in un modo mirabile e divino, tutti fanno le opere di tutti, e tutti fanno anche le opere di ciascuno. Infatti il cielo, la terra e ogni creatura sono opere di tutti. Del Figlio infatti si dice: Tutto è stato fatto per mezzo di lui 70. Chi poi oserebbe sottrarre l’opera di qualsiasi creatura allo Spirito Santo, che si caratterizza per concedere doni ai santi, di cui sta scritto: Ma tutte queste cose è l’unico e il medesimo Spirito che le opera, distribuendole a ciascuno come vuole 71? Infine, essendo Cristo Signore di tutto 72 e Dio benedetto sopra ogni cosa nei secoli 73, quale opera fra tutte può essere negata allo Spirito Santo, il quale ha formato lo stesso Cristo nel seno della Vergine? Infatti, quando la Vergine disse all’angelo che le annunziava il suo futuro parto: Come è possibile? Non conosco uomo, ricevette come risposta: Lo Spirito Santo scenderà su di te 74. Però sono definite opere di ciascuno quelle che chiaramente appartengono ad ogni persona singolarmente. Così l’essere nato dalla Vergine riguarda solo il Figlio 75; la voce dalla nube: Tu sei il mio Figlio prediletto, riguarda solo la persona del Padre; e solamente lo Spirito Santo è apparso nella forma corporea della colomba. Tuttavia la Trinità intera fece quella carne del solo Figlio, quella voce del solo Padre e quella forma del solo Spirito Santo 76; non perché ciascuno preso singolarmente sarebbe incapace senza gli altri di realizzare quello che deve operare, ma perché l’operazione non può essere separata, quando non solo la natura è uguale, ma anche indivisa. Così, pur essendo tre ed essendo ciascuno di loro singolarmente Dio, tuttavia non sono tre dèi. Infatti, il Padre è Dio, il Figlio è Dio e lo Spirito Santo è Dio; e il Figlio non è la stessa cosa del Padre, né lo Spirito è la stessa cosa del Padre o del Figlio; ma il Padre è sempre Padre, il Figlio sempre Figlio e lo Spirito è di entrambi, mai di uno solo dei due, o del Padre o del Figlio, ma lo Spirito è sempre di tutti e due; infatti, l’intera Trinità è un solo Dio. Chi negherebbe che non il Padre, non lo Spirito Santo, ma il Figlio abbia camminato sulle acque 77? Infatti, la carne è solo del Figlio e in virtù di quella carne ha potuto appoggiare i piedi sulle acque e muoversi su di esse. Guardiamoci, però, dal credere che lo abbia fatto senza il Padre, dal momento che di tutte le sue opere dice: Il Padre che è in me compie le sue opere 78; o senza lo Spirito Santo, dal momento che cacciare i demoni fu ugualmente opera del Figlio. Certo, la lingua di quella carne che ordinava ai demoni di uscire apparteneva solamente al Figlio, tuttavia dice: Io scaccio i demoni in virtù dello Spirito Santo 79. Ugualmente, chi se non solo il Figlio è risorto? Poiché solo lui, che aveva la carne, poté morire; tuttavia a questa azione, con cui solo il Figlio risorse, il Padre non era estraneo e di lui è scritto: Colui che ha resuscitato Gesù dai morti 80. O per caso il Figlio stesso non si resuscitò? E quelle parole: Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere 81? E il fatto che affermi di poter offrire la sua anima e di poter riprenderla di nuovo 82? Chi poi si mostrerebbe tanto insensato da ritenere che lo Spirito Santo non abbia cooperato alla resurrezione di Cristo come uomo, quando agì perché lo stesso Cristo come uomo esistesse?
L’immagine della Trinità creatrice nell’uomo.
16. 9. C’è nell’uomo qualcosa di simile, sebbene non sia da paragonare in nessun modo all’eccellenza di quella Trinità che è Dio; questa infatti è Dio, quello una creatura. Tuttavia, anche l’uomo ha alcune caratteristiche dove si può scorgere in qualche modo qualche cosa di quello che si dice della natura ineffabile di Dio. E infatti non è stato detto invano: Facciamo l’uomo a tua immagine, come se il Padre parlasse al Figlio; o a mia immagine, ma è stato detto: A nostra immagine 83. Questo si intende correttamente della natura della stessa Trinità. E così nell’anima dell’uomo pensiamo queste tre realtà: la memoria, l’intelligenza, la volontà; da queste tre deriva tutto ciò che facciamo. E quando queste tre realtà agiscono bene e rettamente, tutto quello che facciamo sarà buono e retto, se la dimenticanza non sorprende la memoria, l’errore l’intelligenza, l’iniquità la volontà. Così, certo, siamo conformi all’immagine di Dio. Dunque, ogni nostra opera deriva da queste tre realtà; infatti, non facciamo nulla che esse non facciano insieme. Quindi, quando parliamo di ciascuna, anche ciò che riguarda ognuna presa singolarmente è fatto da tutte. Né infatti il discorso che facciamo solamente a proposito della memoria, lo fa solo la memoria, ma l’intelligenza e la volontà collaborano ad esso, sebbene riguardi solo la memoria. È facilissimo vedere questo anche riguardo alle altre due. Infatti qualunque cosa dica l’intelligenza di se stessa, non lo dice senza la memoria e la volontà, e qualunque cosa dica o scriva la volontà di se stessa, non lo fa senza l’intelligenza e la memoria. Fino a che punto poi esse siano simili alla immutabile Trinità che è Dio, e ancora quanto siano da Essa diverse, sarebbe lungo esporlo con grande chiarezza. Ma ho ritenuto opportuno ricordare soltanto questo in modo da presentare qualcosa della stessa creatura: perché essi, se possono, capiscano che non è assurdo quello che diciamo del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, cioè che le loro opere sono fatte da tutti inseparabilmente, non solo quelle che riguardano tutti, ma anche quelle che riguardano i singoli.
Il Figlio è il Verbo del Padre.
17. 9. Dunque il Figlio giudica come ascolta 84, sia perché è Figlio dell’uomo, sia perché non è da se stesso, ma è il Verbo del Padre. Infatti, quando ascoltiamo, ciò che per noi è ricevere la parola per lui è essere il Verbo dal Padre. Poiché si può dire così, che il Padre abbia dato il Verbo al Figlio, perché, cioè, sia il Verbo; ugualmente si può dire che abbia dato la vita al Figlio, perché sia la vita. Egli stesso infatti dice: Come infatti il Padre ha la vita in se stesso, così ha concesso al Figlio di avere la vita in se stesso 85. Non in modo che sia una cosa lui stesso e un’altra la vita che è in lui, ma perché la vita stessa e lui siano la medesima cosa, così come il Padre non è niente altro che la vita che è in lui. Tuttavia, non fu il Figlio a dare la vita al Padre, poiché non generò il Padre, ma il Padre diede al Figlio la vita, generandolo come vita, dal momento che anche lui stesso è la vita. Non così, però, generò il Verbo, come se egli stesso fosse il Verbo. Quando poi diciamo vita, questa può intendersi come ciò che non proviene da altro: tale è la vita del Padre, o, per esprimerci più chiaramente, il Padre è la vita che non procede da altro per essere; se però diciamo Verbo, questo non lo si può intendere se non di qualcuno, ossia di colui dal quale anche procede. Come il Figlio è Dio da Dio, luce da luce, vita da vita, non così si può dire che il Verbo è dal Verbo, perché solo lui è il Verbo; e come è proprio del Padre generare il Verbo, così e proprio del Figlio essere il Verbo. E perciò giudica secondo quello che ascolta. Poiché, come il Verbo è generato perché il Verbo medesimo sia verità, così giudica secondo verità.
Non è diverso il potere del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.
18. 9. E il suo giudizio è giusto perché non cerca la sua volontà, ma la volontà di colui che lo ha mandato 86. Dicendo questo volle ricondurre la nostra considerazione a quell’uomo che, cercando la sua volontà, non quella di colui da cui è stato creato, non diede un giusto giudizio su se stesso, ma il giudizio giusto fu pronunciato su di lui. Certo egli, facendo la sua volontà e non quella di Dio, non credette che sarebbe morto; ma questo suo giudizio non fu giusto. E così fece la propria volontà e morì, poiché il giudizio di Dio è giusto. Il Figlio di Dio emette questo giudizio senza cercare la sua volontà, sebbene sia anche il Figlio dell’uomo; e questo non perché nel giudicare non vi sia nessuna volontà sua propria (chi sarà tanto stolto da dire questo?), ma perché la volontà sua propria non è tale da opporsi alla volontà del Padre. Se costoro pensassero queste cose, non ordinerebbero con i loro pensieri carnali i poteri e i compiti della Trinità in gradi impari, come se si trattasse di tre uomini di dignità ineguale e diversa: il Padre come imperatore, il Figlio come giudice, lo Spirito Santo come avvocato. Infatti affermano che le leggi imperiali, secondo cui giudica il Figlio, sono proprie del Padre e in esse pongono l’onore e l’autorità del Figlio che giudica; sostengono invece che l’intercessione d’ufficio e la consolazione dello Spirito Santo sono pertinenti alla dignità del giudice, cioè del Dio Unigenito; come se la dignità del giudice fosse nell’avere un avvocato e la dignità dell’imperatore fosse nel mandare un giudice a giudicare secondo le sue leggi imperiali. Col loro pensiero carnale non possono dimostrare tuttavia la diversità di natura fra queste tre persone, e questa è la questione principale tra noi e loro. Quando infatti riferiscono queste cose ai costumi dell’uomo, e non si allontanano dal modo di agire del genere umano che possono comprendere col pensiero (l’uomo naturale infatti non comprende le cose dello Spirito di Dio 87), che cos’altro ci fanno capire se non che l’imperatore, il giudice e l’avvocato sono uomini? Quindi, sebbene il giudice sia inferiore all’imperatore per il potere, non è un uomo da meno. Né un uomo da meno del giudice è l’avvocato, sebbene sia sottomesso nel suo compito al giudice. Dunque, sebbene ritengano diverso il potere del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, riconoscano uguale almeno la loro natura. Perché li configurano di una condizione inferiore a quella umana? Infatti, può accadere nelle vicende umane che chi è stato giudice divenga anche imperatore. Costoro non si degnano di concedere questo nella Trinità all’unico Figlio dell’imperatore. Ma se per caso, in virtù della norma del diritto o della consuetudine umana, hanno paura di commettere un delitto di lesa maestà contro il Figlio, ritengo che certamente debbano concedere all’avvocato di raggiungere a un certo punto il potere giudiziario. Non vogliono nemmeno questo. Dunque la condizione della Trinità è peggiore (guardiamoci dal pensarlo) di quella della mortalità del genere umano.
Come il Padre e il Figlio hanno mandato lo Spirito Santo, così il Padre e lo Spirito Santo hanno mandato il Figlio.
19. 9. Inoltre la sacra Scrittura, che non misura gli atti divini in base alla differenza dei poteri, ma all’ineffabilità delle opere, riconosce nostro avvocato anche lo stesso giudice, quando l’apostolo Giovanni dice: Se qualcuno ha peccato, abbiamo un avvocato presso il Padre: Gesù Cristo giusto 88. Lo afferma egli stesso, quando dice: Io pregherò il Padre ed Egli vi darà un altro avvocato 89. Né infatti lo Spirito Santo sarebbe un altro avvocato, se non lo fosse anche il Figlio. Egli, tuttavia, per dimostrare inseparabili le opere sue e quelle del Padre, disse: Quando me ne sarò andato, lo manderò a voi 90; sebbene in un altro passo dica: Colui che il Padre manderà nel mio nome 91. Dove appare chiaro che il Padre e il Figlio hanno mandato lo Spirito Santo. Come appare chiaro dal profeta che il Padre e lo Spirito Santo hanno mandato il Figlio. Infatti, chi, se non il Figlio, preannunciando il suo arrivo, dice attraverso Isaia: Ascoltatemi, Giacobbe e Israele, che ho chiamato: Io sono il primo e sono in eterno. È la mia mano quella che fondò la terra, la mia destra ha reso saldi i cieli. Quando io li chiamo, tutti insieme si presentano. Si radunano tutti insieme e ascoltano. Chi di essi ha predetto tali cose? Poiché ti ho amato, ho compiuto il tuo volere su Babilonia per estirpare la progenie dei Caldei. Io, io ho parlato; io l’ho chiamato, l’ho fatto venire e ho dato successo alle sue imprese. Avvicinatevi a me per udire questo. Fin dal principio non ho parlato in segreto; dal momento in cui questo è avvenuto io sono là. Ora il Signore Dio ha mandato me insieme con il suo Spirito 92? Che cosa c’è di più chiaro? Ecco, egli stesso si dice mandato dallo Spirito Santo, che ha posto le fondamenta della terra e ha disteso il cielo. E qui si riconosce l’Unigenito attraverso cui tutto è stato creato. Però il Consolatore che, secondo loro, ha il compito proprio della persona più bassa della Trinità, l’Apostolo lo chiama Dio, come leggiamo nella sua lettera ai Corinzi: Colui, che consola gli umili, ci ha consolato con la venuta di Tito 93. Dunque Dio è consolatore dei santi. Essi certo sono gli umili; perciò quei tre uomini nella fornace dicono: Benedite, pii e umili di cuore, il Signore 94. Così lo Spirito Santo che consola gli umili è Dio. Dunque costoro ammettano, cosa che non vogliono fare, che lo Spirito Santo è Dio. O se vogliono attribuire le parole dell’Apostolo al Padre o al Figlio, smettano di separare la persona dello Spirito Santo dal Padre e dal Figlio, in funzione del suo compito di consolatore.
Lo Spirito Santo è Dio.
20. 9. La pretesa di dimostrare che lo Spirito Santo è inferiore al Figlio, per il fatto che egli è avvocato di quel giudice, li porta ad anteporre, nella loro incredibile cecità, anche gli uomini santi a lui; di essi ha detto il Signore stesso: Siederete anche voi su dodici troni a giudicare le dodici tribù d’Israele 95. Allora rispondano: che cosa sarà lo Spirito Santo? Dal momento che essere giudice è proprio del Figlio, forse sarà avvocato anche presso i giudici umani? Sia lontana da un cuore fedele questa follia, pensare che lo Spirito Santo sia un avvocato inferiore a questi giudici; dal momento che essi certamente, per essere giudici, si riempiono di Spirito Santo e, vivendo secondo esso, diventano uomini spirituali. Infatti l’uomo spirituale giudica ogni cosa 96. In che modo, dunque, è minore del giudice colui che crea giudici, facendo sì che siano membra di quel giudice e suo tempio, come dice l’Apostolo: I vostri corpi sono membra di Cristo; e anche: Il vostro corpo è tempio dello Spirito Santo, che è in voi 97? E tuttavia se leggessero molto chiaramente nelle sacre Scritture che il re Salomone per ordine di Dio ha costruito un tempio in legno e pietra allo Spirito Santo, non potrebbero dubitare che lo Spirito Santo è Dio, e a lui legittimamente si tributerebbe nel popolo di Dio tanta sottomissione religiosa, che si chiama latria, che anche a lui costruirebbero un tempio, benché il Signore dica: Adorerai il Signore Dio tuo e lui solo servirai 98. Questo culto in greco si chiama . E osano affermare che non sia Dio chi ha come tempio non legno e pietre, ma le membra di Cristo! Così infatti sottomettono lo Spirito Santo al potere di Cristo, dal momento che il suo tempio sono le membra di Cristo. Sottomettono anche lo stesso Figlio alle leggi imperiali di Dio, benché egli sia il Verbo di Dio, mentre in nessun modo il verbo dell’imperatore è sottomesso alle leggi, ma fa le leggi.
Lo Spirito Santo procede dal Padre. Il carattere reciproco della relazione che sussiste tra il Figlio e lo Spirito.
21. 10. Certamente costoro, la cui dissertazione ho ricevuto, e a cui rispondo, non osano affermare che sia la stessa cosa essere creato e essere generato; e distinguono le due cose così da dire che il Figlio è stato generato dal Padre, mentre lo Spirito Santo è stato creato dal Figlio. E non possono aver letto questo nelle sacre Scritture, dal momento che il Figlio stesso afferma che lo Spirito Santo procede dal Padre.
21. 11. Affermano: Il Figlio annunzia il Padre, lo Spirito Santo annunzia il Figlio. Come se il Figlio non avesse annunziato che lo Spirito Santo sarebbe venuto o come se il Padre non avesse annunziato il Figlio, dicendo: Questi è il mio Figlio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto; ascoltatelo 99.
21. 12. E perciò non solo il Figlio rivela la gloria del Padre, ma anche il Padre rivela la gloria del Figlio. E non solo lo Spirito Santo rende manifesta la dignità del Figlio, ma anche il Figlio rende manifesta la dignità dello Spirito Santo.
21. 13. E come il Figlio è testimone del Padre, così il Padre è testimone del Figlio; e come lo Spirito Santo è testimone del Figlio, così il Figlio è testimone dello Spirito Santo.
21. 14. Lo Spirito Santo è mandato dal Padre e dal Figlio; e dal Padre e dallo Spirito è mandato il Figlio.
Il Figlio e lo Spirito Santo sono uguali al Padre.
22. 15. Dicono: Il Figlio è ministro del Padre, lo Spirito Santo è ministro del Figlio. E non badano al fatto che in questo modo considerano i santi apostoli migliori dello Spirito Santo; e dal momento che essi affermano di essere ministri di Dio, costoro certo non negheranno che gli apostoli siano ministri di Dio Padre. Senza dubbio sono stati fatti ministri di coloro nel cui nome hanno battezzato, cioè del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. E perciò, in base alle loro vane chiacchiere, i ministri della Trinità dovrebbero essere migliori dello Spirito Santo, se questi è minore per il fatto di essere ministro solo del Figlio.
22. 16. Sostengono: Il Figlio riceve ordini dal Padre, lo Spirito Santo riceve ordini dal Figlio. Non possono aver letto ciò nelle sacre Scritture, sebbene leggiamo che il Figlio fu obbediente secondo la forma di servo, per la quale il Padre è maggiore di lui; non però secondo la forma di Dio, nella quale lui e il Padre sono una cosa sola.
22. 17. E così si legge nelle sacre Scritture che il Figlio è sottoposto al Padre. In questo caso si riferisce alla forma del servo nella quale era sottoposto anche ai genitori umani, come dice il Vangelo: Partì con loro e tornò a Nazaret e stava loro sottomesso 100. Invece la sacra Scrittura non dice in nessun punto: lo Spirito Santo è sottoposto al Figlio.
22. 18. Di conseguenza anche ciò che ordina il Padre, il Figlio lo fa per la sua forma di servo; e quello che fa il Padre, lo fa anche il Figlio per la sua forma di Dio. Non dice infatti: " Qualunque cosa il Padre ordini, il Figlio la fa ", ma dice: Quello che il Padre fa, lo fa egualmente anche il Figlio 101. Inoltre, se affermano che lo Spirito Santo dice quello che gli comanda il Figlio, poiché sta scritto: Prenderà del mio e ve lo annunzierà 102, perché anche il Figlio non dice quello che gli comanda lo Spirito Santo, dal momento che l’Apostolo dice: I segreti di Dio nessuno li ha mai potuti conoscere se non lo Spirito di dio 103, e dal momento che lo stesso Gesù conferma che egli era pieno dello Spirito, come sta scritto: Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione, per annunziare ai poveri un lieto messaggio 104? Se, infatti, per questo è stato consacrato con l’unzione, per annunziare ai poveri un lieto messaggio, poiché lo Spirito del Signore era sopra di lui, quale lieto messaggio annunziava ai poveri, se non quello che aveva lo Spirito del Signore, di cui era pieno? Infatti, anche questo sta scritto di lui, che era pieno dello Spirito Santo 105.
Lo Spirito Santo è lo Spirito comune del Padre e del Figlio.
23. 19. Affermano: Il Figlio adora e onora il Padre; lo Spirito Santo adora e onora il Figlio. Qui non è necessario precisare scrupolosamente la differenza che c’è fra onorare e adorare; infatti, queste cose sul Figlio si predicano per la sua forma di servo. Dicano, se possono, dove hanno letto che il Figlio è adorato dallo Spirito Santo. Infatti, ciò che aggiungono, quando intendono provare questo, non è appropriato, poiché certamente sta scritto: Padre, io ti ho glorificato sopra la terra, compiendo l’opera che mi hai dato da fare 106; e a proposito dello Spirito Santo: Egli mi glorificherà, perché prenderà del mio e ve lo annunzierà 107; ma questo non si riferisce alla cosa di cui trattiamo. Infatti tutti coloro che adorano, onorano; però, non tutti coloro che onorano, adorano. Infatti anche i fratelli secondo l’Apostolo si onorano reciprocamente 108, tuttavia non si adorano tra loro. Altrimenti, se rendere onore fosse adorare, dicano, se sembra loro opportuno, che anche il Padre adora il Figlio, e che lo fa obbedendo al Figlio, il quale dice: Rendimi onore 109. Per quanto riguarda, poi, quello che ha detto dello Spirito Santo, Prenderà del mio, è il Figlio stesso che ha risolto la questione; non si pensi che lo Spirito Santo, come se discendesse attraverso distinti gradi, sia da lui, nello stesso modo in cui egli è dal Padre, dal momento che entrambi provengono dal Padre, l’uno perché è nato da lui, l’altro perché da lui procede; ed è assai difficile discernere le due cose nella sublimità della sua natura divina. Dunque, perché non si pensi questo, come ho detto, il Figlio di seguito ha aggiunto: Tutto quello che possiede il Padre è mio; per questo ho detto che prenderà del mio 110. Volendo così senza dubbio che si intendesse che prende dal Padre. E perciò da lui medesimo, poiché tutto quello che il Padre ha è suo. Ma tutto questo non è il riconoscimento della diversità della natura, bensì di un solo principio.
Lo Spirito Santo è Spirito del Padre e del figlio.
23. 20. È vero che lo Spirito da sé non parla, poiché non è da se stesso colui che procede dal Padre, così come anche il Figlio da sé non può fare nulla, poiché neppure lui è da se stesso, come già precedentemente ho esposto. Da ciò, tuttavia, non si desume che in tutto attende la volontà del Padre; non dice infatti a meno che non veda il Padre indicare, ma: Quello che vede il Padre fare 111, conformemente a quanto abbiamo già illustrato. Che poi lo Spirito Santo in tutto attende il comando di Cristo, come dicono, lo leggano, se possono. E quello che si dice: Non parlerà da sé, non è la stessa cosa che dire: " tutto ciò che avrà udito da me ", ma dirà tutto ciò che avrà udito 112. Perché poi ciò sia stato detto, è già stato chiarito poco prima nelle parole del Signore che ho ricordato, dove dice: Tutto quello che possiede il Padre è mio; per questo ho detto che prenderà del mio 113. Senza dubbio ciò che dirà proviene proprio da lì dove lo prenderà; poiché da dove ascolta, da lì procede. Infatti conosce il Verbo di Dio, procedendo da dove nasce il Verbo, così da essere lo Spirito comune del Padre e del Verbo.
Lo Spirito è da sempre Dio, senza inizio o fine di tempo.
24. 20. E non influisca il fatto che sia di tempo futuro il verbo prenderà, come se ancora non lo avesse. Di certo i tempi dei verbi si impiegano indifferentemente, dal momento che intendiamo l’eternità senza tempo. Infatti, lo ha preso, poiché procedette dal Padre, e lo prende, poiché procede dal Padre, e lo prenderà, poiché mai cesserà di procedere dal Padre. Allo stesso modo è Dio, e lo fu, e lo sarà; e certamente non ha, né ebbe, né avrà inizio o fine di tempo.
Come dev’essere intesa l’intercessione dello Spirito Santo.
25. 21. Dicono: Il Figlio rivolge preghiere per noi al Padre; lo Spirito supplica per noi il Figlio. Così come leggono che il Figlio rivolge preghiere al Padre, secondo ciò che abbiamo esposto sopra trattando di questo, trovino in base a che cosa possono affermare che lo Spirito supplica il Figlio. Infatti le parole che pronuncia l’Apostolo: Non sappiamo infatti che cosa sia conveniente domandare, ma lo Spirito stesso intercede con insistenza per noi con gemiti inesprimibili; e colui che scruta i cuori sa quali sono i desideri dello Spirito poiché egli intercede per i credenti secondo il disegno di Dio 114, in qualunque modo le intendano (ma in realtà è importante, riguardo a loro, che queste parole vengano intese nel modo in cui devono essere intese), vedranno che non dicono: " Intercede presso Cristo " o: " Intercede presso il Figlio "; si dice invece che lo Spirito Santo intercede, poiché ci fa supplicare. Allo stesso modo, quando Dio dice: Ora so 115, come se prima non sapesse, che cos’altro vuole esprimere se non: " Ho fatto in modo che tu conosca "? Da ciò derivano anche le parole dell’Apostolo: Ora invece che avete conosciuto Dio, anzi da Dio siete stati conosciuti 116; ciò viene detto perché non si attribuisca a se stessi il fatto di aver conosciuto Dio. Dunque ha detto: Siete stati conosciuti da Dio, cosicché capissero che Dio per sua grazia li ha resi suoi conoscitori. Secondo questo modo di esprimersi, è stato detto: E non vogliate rattristare lo Spirito Santo di Dio 117, cioè non vogliate rattristare noi che siamo rattristati da voi secondo lo Spirito di Dio. Poiché erano rattristati per la carità, che lo Spirito Santo diffondeva nei loro cuori 118, e per questo lo stesso Spirito faceva sì che essi si rattristassero per i mali dei fratelli. Infine, lo stesso Apostolo ha detto: Avete ricevuto uno spirito da figli adottivi per mezzo del quale gridiamo: Abbà, Padre 119. Ed esprimendo in un altro passo il medesimo pensiero, ha detto: Dio ha mandato nei vostri cuori lo Spirito del suo Figlio che grida: Abbà, Padre 120. In che modo lì si dice, per mezzo del quale gridiamo, e qui che grida, se non perché qui colui che grida fa gridare noi? Se però intendiamo colui che grida non come se facesse gridare noi, ma come se gridasse egli stesso, ecco che, dicendo Abbà, Padre, non supplica il Figlio, ma il Padre. Infatti, non oseranno dire che lo Spirito Santo sia il figlio di Cristo. Infatti, in verità, per non dire ciò, preferirono dire non generato dal Figlio, ma creato. Dunque, non sappiamo da noi stessi ciò per cui preghiamo, così come conviene, ma lo stesso Spirito intercede, cioè ci fa domandare quello che è secondo Dio; se non lo facesse, non pregheremmo se non secondo questo mondo, per soddisfare la concupiscenza della carne, la concupiscenza degli occhi e la superbia della vita, cose che non vengono dal Padre, ma dal mondo 121. Sebbene alcuni ritengano che le parole lo Spirito stesso intercede con gemiti 122 siano da interpretare in riferimento allo spirito dell’uomo.
Il Figlio è l’immagine somma del Padre.
26. 22. Sostengono che il Figlio è l’immagine viva e vera, propria e perfetta di tutta la bontà e sapienza e potenza del Padre. Ma l’apostolo Paolo non dice che egli è l’immagine della potenza di Dio e della sua sapienza, ma afferma che è egli stesso Dio, potenza di Dio e sapienza di Dio 123. Dunque, per il fatto stesso che il Figlio è immagine del Padre, è sua potenza e sua sapienza. Inoltre, è immagine piena e perfetta, cioè non creata da Lui dal nulla, ma da Lui generata, e non ha nulla di meno di Colui di cui è immagine; perciò il Figlio Unigenito è l’immagine somma del Padre, cioè è così simile da non esserci in essa nulla di diverso. Tuttavia, non hanno osato dire che lo Spirito Santo è l’immagine del Figlio, ma hanno detto che è la sua manifestazione. Per questo, non hanno detto che egli è stato generato, bensì che è stato creato dal Figlio; cosa che senz’altro non hanno letto nelle sacre Scritture.
Nella Trinità vi è un’unica e medesima natura.
27. 23. Quale cattolico, poi, affermerebbe che il Figlio è parte del Padre o che lo Spirito Santo è parte del Figlio? Essi pensarono di dover negare ciò, come se fra noi e loro sorgesse una qualche questione su questo problema. Diciamo che la Trinità è della medesima natura e in essa non chiamiamo una persona parte di un’altra. Ma essi negano che il Figlio sia parte del Padre e lo chiamano il proprio e dilettissimo, il perfetto e pieno Figlio unigenito; bisognerebbe chiedere loro quanto segue: coloro che Dio volontariamente fa figli suoi, generandoli col verbo di verità, quando giungono ad una perfezione tale da non poter essere più perfetti, sono essi stessi propri e dilettissimi, perfetti e pieni figli di Dio? Se lo fossero, egli non sarebbe il Figlio unigenito, poiché avrebbe molti suoi pari, ma sarebbe soltanto il primogenito. Se invece non lo fossero, come si dovrebbe intendere la pienezza e perfezione del Figlio se non come il suo essere completamente uguale a chi lo ha generato e proprio in nulla diseguale? E per dirlo con più brevità e maggior chiarezza, questi sono figli per grazia, quello per natura, poiché nei primi c’è partecipazione alla divinità, nel secondo pienezza. Sebbene anche lui, per il fatto di aver assunto la natura umana - il Verbo si è fatto carne 124 -, non lo sia per natura ma per grazia; tuttavia, la natura del Verbo, per la quale è uguale al Padre, rimane. Inoltre rispondano a questo: perché dicono che lo Spirito Santo non è il Figlio, ma la prima e principale opera del Figlio, sopra tutte le altre, come se quei figli che il Padre ha generato di sua volontà con una parola di verità 125 fossero migliori dello Spirito Santo? In che modo, infatti, non sono costretti a dire ciò, dal momento che, senza dubbio, è meglio essere figli del Padre che opera del Figlio? Pensino questo e correggano le loro vane ed empie bestemmie, e ammettano che in quella Trinità nessuna persona, ad eccezione del Figlio, che si è fatto uomo rimanendo Dio, è in assoluto una creatura, o qualcosa creato da Dio, ma tutto in Essa è Dio sommo, vero, immutabile.
Uguali il Padre, il figlio e lo spirito Santo.
27. 24. Guardiamoci infatti da coloro che pensano che il Padre sia maggiore del Figlio in quanto è suo Verbo unigenito; lo è, infatti, in quanto il Verbo si è fatto carne 126. Ma quale meraviglia, quando nella medesima carne si è fatto minore anche degli angeli? Guardiamoci da coloro che affermano in modo blasfemo che il Figlio è incomparabilmente maggiore e migliore dello Spirito Santo. Ugualmente è del tutto irragionevole credere che le membra del maggiore siano tempio del minore.
La generazione del Figlio.
28. 25. Il Padre, poi, è Dio e Signore del suo Figlio in quanto in quest’ultimo c’è la forma di servo che fu profetizzata nelle parole: Il Signore mi disse, tu sei mio Figlio 127. Anche il Figlio nella stessa profezia dice al Padre: Dal grembo di mia madre sei tu il mio Dio 128. Dunque, dal ventre di sua madre, dove ha assunto la natura umana, il Padre è suo Dio. Ed egli è suo Padre perché lo generò non solo prima che si incarnasse nel ventre di sua madre, ma coeterno prima di tutti i secoli. Hanno udito forse nei sogni che la sacra Scrittura ha detto che il Figlio è Dio e Signore dello Spirito Santo?
Il Padre genera e il Figlio opera senza alcun travaglio e fatica.
28. 26. Dicono: Il Padre con volontà ferma e impassibile generò il Figlio, il Figlio senza sforzo e fatica creò con la sua sola potenza lo Spirito. O singolare lode del Figlio e dello Spirito Santo! Come se il Padre ci avesse generato senza volerlo con volontà mutevole e suscettibile, Lui che ci ha generato volontariamente con il verbo di verità; o forse il Figlio ha creato con travaglio e fatica il cielo e la terra? Dunque, secondo costoro si devono equiparare queste opere al Figlio o allo Spirito Santo; però, se non si possono paragonare in alcun modo, che cosa è servito dire questo, su cui non si pone questione alcuna, dato che il Padre genera e il Figlio opera senza alcun travaglio e fatica? Vedano, in verità, come affermano che il Figlio con la sua sola potenza ha creato lo Spirito Santo. Infatti, in questo modo sono costretti ad affermare che il Figlio ha creato qualcosa che non ha visto creare dal Padre. O forse vorranno dire che anche il Padre ha creato lo Spirito Santo? Dunque il Figlio non lo avrebbe creato con la sua sola potenza. O forse il Padre per primo ne fece un altro, perché il Figlio potesse fare ciò che ha fatto, dal momento che non può fare se non quello che ha visto fare al Padre? E che cosa significa che non può fare altre cose simili, se non che quello che il Padre fa lo fa egualmente anche il Figlio 129? Se intendono riflettere su questo, senza dubbio saranno turbati da tutto ciò che hanno costruito con riflessione carnale.
Nella Trinità è identica la natura e identica la potenza. Solo alla Trinità dev’essere reso il vero culto.
29. 27. È vero poi che il Padre ha concesso l’esistenza a tutte le cose che sono; ed egli non ha avuto da nessuno ciò che è; tuttavia, a nessuno ha concesso di essere uguale a Lui, se non a suo Figlio, che è nato da Lui, e allo Spirito Santo, che procede da Lui. Stando così le cose, la differenza della Trinità non è quella che vogliono costoro, poiché nella Trinità è identica la natura, è identica la potenza: Perché tutti onorino il Figlio, come onorano il Padre 130, come egli stesso dice; e coloro che vogliono vivere secondo pietà, adorino il loro Dio e lui solo servano, cosa che fu ordinata anche agli antichi padri per legge di Dio; in nessun altro modo, infatti, è possibile servire il nostro unico Signore con quella servitù che si deve a Dio. In greco si chiama , parola che si usa quando si dice: Lui solo servirai 131. E dico che questo non può avvenire in nessun altro modo, se non ammettendo che tutta la Trinità è lo stesso Dio Signore nostro. Del resto, questa servitù che si definisce latria, i servi non devono tributarla a coloro che sono signori secondo la carne, ma tutti gli uomini devono tributarla al loro unico Signore Dio; dunque, non offriremo questa servitù al Figlio, se solo del Padre si dice: Lui solo servirai; o non la offriremo al Padre, se solo del Figlio si dice: Lui solo servirai. E se edificassimo allo Spirito Santo un tempio di terra, chi dubiterebbe che gli siamo sottomessi secondo latria, cioè con quella servitù di cui parlo ora? Che forse non gli tributiamo quella servitù che si chiama latria, dal momento che non gli costruiamo un tempio, ma noi stessi siamo suo tempio? O in che modo non lo è lo stesso Dio nostro, di cui l’Apostolo dice: Non sapete che siete tempio di Dio e lo Spirito di Dio abita in voi? E poco dopo: Glorificate dunque Dio nel vostro corpo 132. Inoltre, dice che i nostri corpi sono in noi tempio dello Spirito Santo. Poiché, quando serviamo il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo con quella servitù chiamata latria e sentiamo che la legge di Dio ordina che la tributiamo solo al Signore Dio nostro e a nessun altro, senza dubbio il solo e unico Dio Signore nostro è la stessa Trinità, alla quale solo e unicamente dobbiamo, secondo giustizia, tale servitù di pietà.
La inabitazione della Trinità.
30. 28. Dicono: E come nessuno può arrivare al Padre senza il Figlio, così nessuno può adorare in verità il Figlio senza lo Spirito Santo. Come se qualcuno potesse arrivare al Figlio senza il Padre, quando egli stesso dice: Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato 133. Come se potessimo arrivare allo Spirito Santo senza il Padre o il Figlio che con la loro grazia ce lo avvicinano. Che cos’altro è arrivare a loro, se non farli abitare in noi? In questo modo anche loro giungono a noi, dal momento che Dio è ovunque e non è circoscritto in nessun luogo corporeo. Lo stesso Salvatore dice di se stesso e del Padre: Noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui 134; e dello Spirito Santo dice: Se non me ne vado, non verrà a voi il Consolatore 135. Che significato hanno dunque le loro parole: E come nessuno può arrivare al Padre senza il Figlio, così nessuno può adorare in verità il Figlio senza lo Spirito Santo; dunque - aggiungono poi - nello Spirito Santo è adorato il Figlio?. Forse indicano la differenza della loro natura, sulla quale verte la questione fra noi e loro? Infatti, se nessuno, senza lo Spirito, può adorare in verità il Figlio, e nello Spirito Santo è adorato il Figlio, certamente anche lo Spirito Santo è verità, poiché, quando è adorato il Figlio in Lui, come anche essi dicono, è adorato in verità. Ma lo stesso Figlio dice: Io sono la verità 136. Dunque, è adorato anche in se stesso, poiché è adorato in verità. E perciò il Figlio è adorato e in se stesso e nello Spirito Santo. Chi, poi, è così empio da tenere il Padre separato da ciò? In che modo, infatti, non lo adoriamo anche nel Padre, in cui viviamo, ci muoviamo ed esistiamo 137? Quindi, anche noi diciamo che il Figlio è adorato nello Spirito Santo; però leggano, se possono, che il Figlio è adorato dallo Spirito Santo.
Come il Padre è glorificato attraverso il Figlio, così il Figlio è glorificato dal Padre.
31. 29. Infatti, chi nega che il Padre sia glorificato attraverso il Figlio ? Ma chi oserebbe negare che anche il Figlio è glorificato dal Padre? Lo stesso Figlio dice al Padre: Glorificami; e anche: Io ti ho glorificato 138. Glorificare, onorare e celebrare sono tre parole che hanno il medesimo significato, che in greco si esprime con il termine ; in latino, invece, per la varietà degli interpreti, si traduce ora in un modo, ora in un altro.
Non è possibile separare l’opera dello Spirito Santo né dal Figlio, né dal Padre.
32. 30. Affermano: Compito e cura dello Spirito Santo è santificare e custodire i santi; e non solo santificare gli esseri razionali, come alcuni pensano, ma anche molti esseri irrazionali. E coloro che sono caduti per la loro negligenza, ricondurli alla condizione primitiva; insegnare agli ignoranti, ammonire gli smemorati, convincere i peccatori, esortare i pigri perché pensino alla loro salvezza e agiscano con sollecitudine, condurre gli erranti sulla via della verità, curare gli infermi, limitare la fragilità del corpo con il vigore dell’anima, consolidare nell’amore della pietà e della castità, illuminare tutti; sopra ogni cosa concedere a ciascuno la fede e la carità, in rapporto al desiderio e alla diligenza, alla sincerità e alla semplicità della mente, alla misura della fede e all’importanza della relazione, distribuire la grazia secondo l’utilità e collocare ciascuno nell’occupazione e nel genere di vita a cui è adatto. Certamente, lo Spirito Santo fa queste cose, ma guardiamoci dal pensare che le faccia senza il Figlio. Chi infatti si allontana tanto dalla via della verità da negare che da Cristo i santi sono custoditi, coloro che sono caduti sono ricondotti alla loro condizione primitiva, gli ignoranti sono ammaestrati, gli smemorati sono ammoniti, i peccatori sono convinti, i pigri sono esortati, gli erranti sono condotti sulla via della verità, gli infermi sono curati, i ciechi sono illuminati, e tutte le altre cose che essi ritennero di dover attribuire allo Spirito Santo, come se egli le compisse da solo? E, tacendo delle altre cose, per non dilungarmi troppo, in che modo negheranno che Cristo insegna ai santi, a cui egli stesso dice: Non fatevi chiamare rabbi dalla gente, perché uno solo è il vostro maestro, Cristo 139? In che modo negheranno che i ciechi sono illuminati da Cristo, se di lui è stato scritto: Era la luce vera, quella che illumina ogni uomo 140? Dunque, lo Spirito Santo, come senza Cristo non ammaestra o non illumina nessuno, così senza Cristo non santifica nessuno. Scelgano da chi vogliono credere che siano state dette quelle parole che Dio dice attraverso il profeta: Perché si sappia che io sono colui che li santifica 141. Se credono che siano state dette dal Padre, perché separano da lui le azioni dello Spirito Santo, dal momento che ritengono che i santi sono santificati dallo Spirito Santo con azione propria e distinta? Se credono che siano state dette dal Figlio, almeno non separino da lui l’opera dello Spirito Santo santificatore. Se dallo Spirito Santo, anche lo Spirito è Dio (cosa che essi non vogliono ammettere), se ha detto attraverso il profeta: Perché si sappia che io sono colui che li santifica 142. Se poi, ed è la migliore interpretazione, quella voce espressa dal profeta si riferisce alla stessa Trinità, nessuno potrà dubitare che il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo sono un solo Dio, dal quale, grazie al quale e per il quale sono tutte le cose. A lui gloria nei secoli. Amen 143.
Le tre Persone divine non sono distinte né nella natura né nelle operazioni.
33. 31. Quando in questo modo ammettiamo che sono state fatte dallo Spirito Santo quelle cose che dissero che sono fatte da lui, non ne consegue quello che essi aggiungono: Lo Spirito Santo è distinto dal Figlio per natura e condizione, grado e volontà, dignità e potestà, virtù e opera. Infatti, neppure negli uomini la natura è diversa, benché possano essere separate le azioni, cosa che non è invece possibile nella Trinità. Inoltre, la condizione, il grado e la volontà, che si trovano nelle creature per la loro diversità e debolezza, non sono nella Trinità, che è eterna, uguale e impassibile. E la dignità, la potestà, la virtù, come potrebbero non essere uguali in tutte e tre le persone divine, le quali compiono le stesse cose nello stesso modo? Sostengono infatti che sono distinte per l’operare, mentre noi li convinciamo che ciò è assolutamente falso.
La distinzione delle Persone.
34. 32. Poi in questa dissertazione aggiungono: È impossibile che siano una sola e medesima cosa il Padre e il Figlio, colui che genera e colui che nasce, colui che è testimoniato e colui che testimonia, il più grande e colui che confida nel più grande, colui che siede e sta alla destra e colui che ha dato l’onore di tale seggio, colui che è stato mandato e colui che ha mandato; tanto meno possono essere una sola e medesima cosa il discepolo e il maestro, come egli stesso ha insegnato dicendo: " Come mi ha insegnato il Padre, così io parlo " 144; e neppure il somigliante e l’imitatore e colui a cui si somiglia e che si imita; né colui che prega e colui che esaudisce; né colui che rende grazie e colui che benedice; né colui che riceve l’ordine e colui che lo dà, né il ministro e colui che comanda, né il supplice e il sovrano, né il suddito e il superiore, né l’unigenito e l’ingenito, né il sacerdote e Dio. In parte parlano con assoluta verità, ma parlino contro i Sabelliani, non contro i cattolici. Infatti i Sabelliani dicono che il Figlio è uno e il medesimo che il Padre; noi invece diciamo che il Padre che genera e il Figlio generato sono due persone, ma non due nature diverse. Dunque, il Padre e il Figlio non sono uno e il medesimo, ma il Padre e il Figlio sono una cosa sola. Il fatto, poi, che il Padre sia maggiore non riguarda la natura di chi genera e del generato, ma la natura dell’uomo e di Dio. Secondo la forma di uomo assunto, siede e sta alla destra del Padre, prega, dispensa grazie, è sacerdote, ministro, supplice e suddito; secondo la forma di Dio, nella quale è uguale al Padre, è unigenito e coeterno a colui che lo ha generato. E sebbene sia il primogenito di ogni creatura, perché in lui furono create tutte le cose 145, egli fu generato prima che le cose fossero fatte; tuttavia è sempiterno come il Padre e non ha cominciato a esistere nel tempo. Infatti, diciamo del tutto giustamente che anche il Padre è anteriore a tutto ciò che fece, sebbene non sia generato. Niente infatti è tanto primo come ciò prima del quale non c’è nulla. Ma come niente è prima del Padre, così niente è prima del Figlio unigenito, certamente coeterno al Padre. Infatti, non perché questi ha generato e quello è stato generato, il Padre è antecedente nel tempo. Infatti, se fra il Padre che genera e il Figlio generato ci fosse del tempo, certamente il tempo sarebbe prima del Figlio e il Figlio non sarebbe più il primogenito di ogni creatura, poiché anche il tempo è, senza dubbio, una creatura; né sarebbe ogni cosa per mezzo di lui, se il tempo fosse prima di lui; ma ogni cosa è per mezzo di lui 146, e dunque non c’è alcun tempo prima di lui. E perciò, come il fuoco e lo splendore che è generato dal fuoco e che si diffonde tutto intorno cominciano ad essere nello stesso momento e quello che è generato non è preceduto da chi lo genera, così Dio Padre e il Figlio, Dio da Dio, cominciano ad essere nello stesso momento, poiché sono ugualmente senza nessun inizio nel tempo, né colui che è generato è preceduto da chi genera. E come il fuoco che genera e lo splendore generato sono coevi, così Dio Padre che genera e Dio Figlio che è generato sono coeterni. Ma poiché questo ultimo proviene dal primo e non il primo da quest’ultimo, perciò ha ricevuto il mandato dal Padre, essendo egli stesso il mandato del Padre; e il Padre lo istruisce, poiché egli è la dottrina paterna. Così riceve la vita dal Padre, poiché, come il Padre, egli stesso è la vita; così è simile al Padre e in nulla è completamente dissimile. Dandosi, dunque, il Padre e il Figlio reciproca testimonianza, ignoro come costoro possano sostenere che l’uno offra testimonianza e l’altro la riceva. Non dice forse il Padre: Questi è il Figlio mio prediletto 147? E non dice forse il Figlio: Il Padre, che mi ha mandato, mi dà testimonianza 148? Perché li distinguono in modo da affermare che il Padre è testimoniato e il Figlio offre testimonianza? Perché fino a tal punto sono mendaci, sordi e ciechi? A proposito del Padre che ha mandato e del Figlio che è stato inviato, si è già trattato sufficientemente e con larghezza nelle parti precedenti di questa dissertazione.
La Trinità è l’unico Dio.
35. 33. Certamente in nessun caso è ammissibile questa empietà che, delirando, afferma: Il Padre aveva prescienza che sarebbe stato Padre di suo Figlio, l’Unigenito di Dio; infatti, egli fu sempre Padre, avendo un Figlio coeterno e generato senza tempo, attraverso il quale fondò i tempi. E come non ebbe prescienza che sarebbe stato Dio, poiché lo era da sempre, così non ebbe prescienza che sarebbe stato Padre, poiché era da sempre con il Figlio. E il Padre non è più grande del Figlio grande, né più buono del Figlio buono, poiché non soltanto al Padre, ma a tutta la Trinità fu detto: Tu solo sei Dio grande 149. E non soltanto del Padre, ma di tutta la Trinità, come giustamente si interpreta, il Figlio ha detto: Nessuno è buono, se non Dio solo 150, quando lo chiamò maestro buono uno che ancora non lo considerava Dio; è come se gli avesse detto: " Se mi chiami buono, considerami Dio; nessuno infatti è buono, se non Dio solo ". Dunque la Trinità è l’unico Dio, grande e buono, che, unica e sola, come impone la sua legge, dobbiamo servire con quella servitù chiamata latria.
Il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo sono dell’unica e medesima sostanza. Il significato di homoousios.
36. 34. Guardiamoci, poi, dal dire che per umiltà, non per verità, il Figlio ha parlato così in qualche circostanza per stare sottomesso al Padre e provare, in questo modo, che egli è maggiore. Certamente, sappiamo che nel Figlio la forma di servo non è finta o simulata, ma vera; così, per la sua condizione umana e perché egli procede dal Padre, non il Padre è Dio che procede dal Figlio, fa tutte quelle affermazioni da cui costoro traggono l’occasione di credere e predicare che la natura del Padre e del Figlio è diversa. E mentre si immergono in questa così grande voragine di empietà, ci chiamano homousiani, come se un nuovo nome fosse un oltraggio. In tal modo, infatti, si presenta l’antichità della verità cattolica, che tutti gli eretici le impongono nomi diversi, mentre essi mantengono i loro propri in conformità dei quali sono chiamati da tutti. Certo gli Ariani e gli Eunomiani, non gli altri eretici, ci chiamano homousiani, poiché difendiamo contro il loro errore che il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo sono, con termine greco, oJmoouvsion, cioè dell’unica e medesima sostanza, o, per dirlo più espressamente, dell’unica e medesima essenza, che in greco si chiama oujsiva; per dirlo più chiaramente, dell’unica e medesima natura. E tuttavia se qualcuno di costoro che ci chiamano homousiani dicesse che suo figlio non è come lui, ma di diversa natura, il figlio preferirebbe essere diseredato da lui piuttosto che essere considerato così. Da quale empietà sono accecati costoro che, mentre ammettono che il Figlio è l’Unigenito di Dio, non vogliono ammettere che il Padre è della medesima natura, ma sostengono che è di una natura diversa, diseguale e dissimile in molti modi e per molti aspetti, come se non fosse nato da Dio, ma fosse stato da lui creato dal nulla; e perciò anch’egli sarebbe una creatura, figlio per grazia, non per natura? Ecco coloro che ci chiamano homousiani, come se un nome nuovo fosse una macchia, e non si considerano insensati quando sostengono questo.
La generazione eterna del Figlio.
37. 34. Quando poi ammettono che il Figlio è nato prima di tutti i secoli, siccome non vogliono contraddirsi, dicono che è nato prima di tutti i secoli, ma antepongono alla sua nascita un po’ di tempo, come se i secoli o le frazioni di secolo non fossero tempo. Ma l’affermazione dell’Apostolo, che il Figlio sarà sottomesso al Padre anche nel tempo futuro, quando dice: Allora anche lui sarà sottomesso a Colui che gli ha sottomesso ogni cosa 151, è cosa straordinaria, dal momento che nel Figlio permarrà quella forma umana rispetto alla quale sempre il Padre è maggiore? Benché non sia mancato chi ritenne di dover interpretare quella sottomissione del Figlio nel tempo futuro come una trasformazione della forma umana in sostanza divina, come se essere sottomessi a qualcosa fosse tramutarsi e trasformarsi in essa. Ma noi mostriamo che cosa pensiamo di questo: l’Apostolo con ciò ha piuttosto voluto dire che il Figlio si sottometterà al Padre anche allora, perché nessuno pensasse che in lui lo spirito e il corpo umano moriranno per una qualche conversione; perché Dio sia tutto, non soltanto in quella forma di uomo, ma in tutti 152, cioè perché la natura divina basti per avere la vita e per saziare di beni il nostro desiderio. Infatti, Dio sarà tutto in tutti, allorché cominceremo a non voler avere nulla tranne lui stesso. Certo, egli sarà tutto per noi quando non ci mancherà nulla, bastandoci lui solo.
Ancora sul Figlio come unico Verbo di Dio.
38. 34. Non so poi da dove essi traggano questa affermazione secondo cui il Figlio ha obbedito prima di assumere la carne. Forse ricevette l’ordine di assumere la carne per sembrare di aver fatto in seguito a un ordine quello che fece essendo stato inviato? Dunque, ritornino a quegli argomenti che sono stati discussi precedentemente e cerchino e trovino, se possono, con quale altro verbo il Padre avrebbe ordinato al suo unico Verbo e se sarebbe stato cosa degna che il Verbo eterno fosse sottomesso al verbo temporale di colui che ordina; e da qui capiscano che non l’ordine del Padre lo mosse, come se non fosse nell’ambito della sua potestà, ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo. Certamente poi aveva assunto la carne quando umiliò se stesso facendosi obbediente sino alla morte 153.
Conclusione.
39. 34. Credo di aver risposto a tutto ciò che è contenuto nel Sermone degli Ariani, che ci fu mandato da alcuni fratelli perché lo confutassimo. Perché potesse essere esaminato da coloro che leggono queste parole e desiderano verificare se è stato risposto a tutto, abbiamo ritenuto opportuno anteporlo a questa nostra dissertazione, perché prima sia letto quel discorso e poi la nostra risposta. Perciò non abbiamo interposto sempre le parole di quel testo, per non rendere troppo lunga la nostra opera che, infine, concludiamo in questo modo.
Note:
1 - Dt 6, 4.
2 - Gv 17, 3.
3 - 1 Gv 5, 20.
4 - Gv 1, 1. 3.
5 - Gv 8, 42.
6 - Cf. Rm 11, 36.
7 - Gv 16, 32.
8 - Sap 8, 1.
9 - Gv 16, 7.
10 - Gv 14, 26.
11 - Cf. Sal 8, 6.
12 - Prv 20, 6, sec. LXX.
13 - Eb 2, 7.
14 - Gv 14, 28.
15 - Gal 4, 4.
16 - Gv 6, 38.
17 - Cf. Lc 3, 21-23.
18 - Lc 4, 43.
19 - Gv 12, 49.
20 - Mt 26, 39. 59.
21 - Fil 2, 8.
22 - Gv 6, 38.
23 - Rm 5, 12.
24 - Cf. 1 Tm 2, 5.
25 - Gv 6, 38.
26 - Rm 5, 19.
27 - Gv 3, 13.
28 - 1 Cor 2, 8.
29 - Fil 2, 5-8.
30 - Sal 44, 8.
31 - Gv 14, 28.
32 - Gv 10, 30.
33 - Cf. Gv 6, 38.
34 - Gv 5, 21.
35 - Lc 23, 46.
36 - Mt 26, 39. 38.
37 - Gv 10, 18.
38 - Gv 15, 13.
39 - Sal 15, 10; At 2, 31. 13, 35.
40 - Gv 1, 14.
41 - Sal 64, 3.
42 - Rm 3, 20.
43 - Gal 3, 11.
44 - Gal 2, 16.
45 - 1 Tm 2, 5.
46 - 1 Gv 3, 20.
47 - Sal 109, 1.
48 - 1 Ts 4, 15.
49 - Gv 5, 22. 30.
50 - Mt 25, 34.
51 - Sal 2, 7.
52 - Cf. Fil 2, 6-7.
53 - Gv 5, 22.
54 - Zc 12, 10; Gv 19, 37.
55 - Is 26, 10.
56 - Mt 5, 8.
57 - Gv 5, 27.
58 - Gv 1, 3.
59 - Sal 109, 1.
60 - Is 53, 1.
61 - Sal 109, 1.
62 - Gv 1, 14.
63 - 1 Ts 4, 15.
64 - Mt 3, 17.
65 - 1 Cor 15, 52.
66 - Gv 5, 30.
67 - Gv 5, 19.
68 - Gv 5, 22.
69 - Gv 5, 19.
70 - Gv 1, 3.
71 - 1 Cor 12, 11.
72 - Cf. 1 Cor 8, 6.
73 - Cf. Rm 9, 5.
74 - Lc 1, 34-35.
75 - Cf. Mt 1, 20-25.
76 - Cf. Mt 3, 16.17.
77 - Cf. Mt 14, 25.
78 - Gv 14, 10.
79 - Mt 12, 28.
80 - Gal 1, 1.
81 - Gv 2, 19.
82 - Cf. Gv 10, 18.
83 - Gn 1, 26.
84 - Cf. Gv 5, 30.
85 - Gv 5, 26.
86 - Cf. Gv 5, 30.
87 - 1 Cor 2, 14.
88 - 1 Gv 2, 1.
89 - Gv 14, 16.
90 - Gv 16, 7.
91 - Gv 14, 26.
92 - Is 48, 12-16.
93 - 2 Cor 7, 6.
94 - Dn 3, 87.
95 - Mt 19, 28.
96 - 1 Cor 2, 15.
97 - 1 Cor 6, 15. 19.
98 - Dt 6, 13.
99 - Mt 17, 5.
100 - Lc 2, 51.
101 - Gv 5, 19.
102 - Gv 16, 14.
103 - 1 Cor 2, 11.
104 - Lc 4, 18, 21.
105 - Cf. Lc 4, 1.
106 - Gv 17, 4.
107 - Gv 16, 14.
108 - Cf. Rm 12, 10.
109 - Gv 17, 5.
110 - Gv 16, 15.
111 - Gv 5, 19.
112 - Gv 16, 13.
113 - Gv 16, 15.
114 - Rm 8, 26-27.
115 - Gn 22, 12.
116 - Gal 4, 9.
117 - Ef 4, 30.
118 - Cf. Rm 5, 5.
119 - Rm 8, 15.
120 - Gal 4, 6.
121 - Cf. 1 Gv 2, 16.
122 - Rm 8, 26.
123 - 1 Cor 1, 24.
124 - Gv 1, 14.
125 - Gc 1, 18.
126 - Gv 1, 14.
127 - Sal 2, 7.
128 - Sal 21, 11.
129 - Gv 5, 19.
130 - Gv 5, 23.
131 - Dt 6, 13.
132 - 1 Cor 6, 19. 20.
133 - Gv 6, 44.
134 - Gv 14, 25.
135 - Gv 16, 7.
136 - Gv 14, 6.
137 - Cf. At 17, 28.
138 - Gv 12, 28; 17, 5. 4.
139 - Mt 23, 8.
140 - Gv 1, 9.
141 - Es 31, 13.
142 - Ez 20, 12; cf. Lv 21, 23; 22, 9. 16.
143 - Cf. Rm 11, 36.
144 - Gv 8, 28.
145 - Col 15-16.
146 - Col 1, 16.
147 - Mt 3, 17.
148 - Gv 8, 18.
149 - Sal 85, 10.
150 - Mc 10, 18.
151 - 1 Cor 15, 28.
152 - Ibidem.
153 - Fil 2, 7-8.
17 - I re Magi ritornano per la seconda volta a vedere e ad adorare il bambino Gesù.
La mistica Città di Dio - Libro quarto - Suor Maria d'Agreda
Leggilo nella Biblioteca565. Dalla grotta della natività, i tre re se ne andarono a riposare in una locanda nella città di Betlemme. Quella notte, ritiratisi in disparte in una stanza, tra innumerevoli lacrime e sospiri si misero a parlare di ciò che avevano visto, degli effetti che avevano ricevuto e di ciò che avevano notato nel bambino Gesù e nella sua Madre santissima. Con questi discorsi s'infiammarono ancor più di amore divino, ammirando la maestà e lo splendore del bambino, la prudenza, la severità e il pudore della Madre, la santità dello sposo Giuseppe, la povertà di tutti e tre e l'umiltà del luogo dove aveva voluto nascere il Signore del cielo e della terra. I re sentivano la fiamma dell'incendio divino che bruciava i loro cuori devoti e, senza potersi contenere, proruppero in accenti di grande dolcezza e in atti di venerazione e amore, dicendo: «Che fuoco è questo che sperimentiamo? Che efficacia è quella di questo gran Re, che ci muove a tali desideri e affetti? Come dovremo comportarci con gli uomini? Come potremo frenare i nostri gemiti e sospiri? Che faranno quelli che hanno conosciuto così arcano, nuovo e sovrano mistero? O grandezza dell'Onnipotente, nascosta agli uomini e dissimulata sotto tanta povertà! O umiltà mai immaginata dai mortali! Se solo potessero venire tutti qui, affinché nessuno rimanesse privo di questa felicità!».
566. Facendo questi sublimi discorsi, i Magi considerarono la ristrettezza in cui si trovavano Gesù, Maria e Giuseppe nella grotta e decisero d'inviare loro immediatamente qualche regalo per mostrare il loro amore e per dare sfogo al desiderio che avevano di servirli, non potendo fare altra cosa. Inviarono dunque ad essi per mezzo dei loro servitori molti dei regali che avevano preparato e altri che procurarono. Maria santissima e san Giuseppe li ricevettero con umile riconoscenza e contraccambiarono non con semplici ringraziamenti, come fanno gli altri, ma con molte efficaci benedizioni, che per i tre re furono di consolazione spirituale. Per questo regalo la nostra grande Regina e signora si trovò ad avere i mezzi per preparare un lauto pranzo ai poveri, che erano spesso suoi convitati; essi, abituati alle sue elemosine e maggiormente affezionati alla soavità delle sue parole, la visitavano e cercavano frequentemente. 1 re si ritirarono a dormire pieni d'incomparabile giubilo e in sogno l'angelo diede loro istruzioni per il viaggio.
567. Il giorno seguente, allo spuntare dell'alba, ritornarono alla grotta della natività per offrire al Re celeste i doni che avevano preparato. Entrarono e, prostrati a terra, lo adorarono con nuova e profondissima umiltà; aprendo i loro tesori, come dice il Vangelo, gli offrirono oro, incenso e mirral. Parlarono poi con la divina Madre e la consultarono su molti dubbi concernenti i misteri della fede e su questioni riguardanti le loro coscienze e il governo dei loro stati; infatti desideravano far ritorno ai loro paesi ben informati e ammaestrati, per comportarsi santamente e perfettamente in tutto. La gran Signora, mentre li ascoltava con somma amabilità, parlava dentro di sé col bambino per sapere tutto ciò che doveva rispondere ed insegnare a quei nuovi figli della sua santa legge. Come maestra e strumento della Sapienza divina, rispose saggiamente a tutti i loro dubbi, santificandoli e istruendoli in maniera tale che, meravigliati e allettati dalla scienza e soavità della Regina, non potevano allontanarsi da lei e fu necessario che uno degli angeli del Signore dicesse loro che era sua volontà e che era indispensabile che ritornassero alle loro patrie. Non c'è da meravigliarsi che ciò accadesse loro, perché alle parole di Maria santissima furono illuminati dallo Spirito Santo e ricolmati di scienza infusa su tutto quello che avevano domandato e su molte altre materie.
568. La divina Madre ricevette i doni dei re e a nome loro li offrì al bambino Gesù. Sua Maestà con espressione grata mostrò di accettarli, li benedisse in maniera visibile ed essi compresero che attraverso tale benedizione, in cambio di ciò che gli avevano offerto, egli dava loro abbondanza di doni del cielo, cioè più del cento per uno. Offrirono poi alla divina principessa alcuni gioielli di grande valore, secondo il costume della loro patria; ma sua Altezza li restituì ai re, poiché non avevano alcun rapporto con il mistero, e conservò solamente i tre doni dell'oro, dell'incenso e della mirra. Per lasciarli partire di là maggiormente consolati, diede loro alcuni panni di quelli in cui aveva avvolto il bambino Dio, perché non aveva, né poteva avere, altri pegni d'amore visibili, con i quali rimandarli arricchiti dalla sua presenza. I tre re ricevettero queste reliquie con tale venerazione e stima che le custodirono, dopo averle incastonate in oro e guarnite di pietre preziose. Ed esse, a testimonianza della loro grandezza, diffondevano e spargevano un così copioso profumo, che si sentiva quasi a distanza di una lega. Si comunicava, però, solamente a quelli che avevano fede nella venuta di Dio nel mondo, mentre gli increduli non parteciparono di questo favore, né sentirono la fragranza delle preziose reliquie, con le quali i re operarono grandi miracoli nelle loro patrie.
569. Inoltre, questi proposero alla Madre del dolcissimo Gesù di servirla con i loro beni e con le loro proprietà; se non le gradiva, ma voleva vivere in quel luogo della nascita del suo Figlio santissimo, le avrebbero costruito lì una casa per dimorarvi con più comodità. La prudentissima Madre apprezzò queste offerte, senza però accettarle. I re, per congedarsi da lei, la pregarono con intimo affetto di non scordarsi mai di loro ed ella lo promise, mantenendo poi la parola data; lo stesso chiesero a san Giuseppe. Così, con la benedizione di tutti e tre, presero commiato con tale affetto e tenerezza che credettero di lasciare lì i loro cuori, convertiti in lacrime e sospiri. Poiché l'angelo in quella notte li ammonì in sogno di non tornare a Gerusalemme da Erode, nel partire da Betlemme presero un'altra strada4, venendo guidati dalla medesima stella, o da un'altra, che apparve loro a tal fine; essa li condusse sino al luogo dove si erano incontrati e di là ciascuno ritornò nella sua patria.
570. Il resto della vita di questi felicissimi re fu corrispondente alla loro divina vocazione, perché nei propri paesi vissero e si comportarono come discepoli della Maestra della santità, secondo l'insegnamento della quale governarono se stessi e i loro sudditi. Con l'esempio della loro vita e con l'annuncio che diedero del Salvatore del mondo, convertirono una grande moltitudine di anime alla conoscenza di Dio e al cammino della salvezza. Dopo ciò, sazi di giorni e colmi di meriti, finirono i loro anni in santità e giustizia, venendo favoriti in vita e in morte dalla Madre della misericordia. Partiti i re, la divina Signora e san Giuseppe proruppero in nuovi cantici di lode per le meraviglie dell'Altissimo, che confrontavano con le divine Scrittures e con le profezie dei Patriarchib, riconoscendo come queste si andavano adempiendo nel bambino Gesù. Tuttavia, la prudentissima Madre, che penetrava profondamente questi altissimi misteri, conservava e meditava tutto nel suo cuore. I santi angeli, che l'assistevano, si rallegrarono con la loro Regina per il fatto che il suo santissimo figlio, il Verbo incarnato, fosse conosciuto e adorato dagli uomini, e innalzarono a lui nuovi ca le misericordie che operava vers
Insegnamento che mi diede la Regina
571. Figlia mia, grandi furono i doni che i re Magi offrirono al mio Figlio santissimo, ma più grande fu l'amore col quale li diedero ed il mistero che significavano. Per tutti questi motivi furono assai graditi a sua Maestà. Io voglio che tu gli offra lo stesso affetto, rendendogli grazie per averti chiamata a vivere in povertà, perché ti assicuro, mia cara, che non vi è per l'Altissimo offerta più preziosa della povertà volontaria, dato che sono molto pochi oggi nel mondo quelli che usano bene delle ricchezze temporali e che le offrono al loro Dio e Signore con la liberalità e l'amore di questi santi re. I numerosi poveri del Signore sperimentano e attestano molto bene quanto crudele ed avara sia diventata la natura umana, poiché tra loro sono davvero pochi quelli che ricevono benefici dai ricchi. Questa durezza di cuore degli uomini offende gli angeli e contrista lo Spirito Santo, che vede come è avvilita e prostrata la nobiltà delle anime e come si danno alla turpe ingordigia del denaro con tutte le loro forze. Si appropriano delle ricchezze come se fossero state create per loro soli e le negano ai poveri, loro fratelli e della medesima carne e natura; anzi non le danno neppure a Dio, che le ha fatte, le conserva e può darle e toglierle a suo piacimento. Ciò che è più deplorevole, tuttavia, è che, mentre i ricchi con i loro beni potrebbero procurarsi la vita eterna', si guadagnano la perdizione, perché usano di questo beneficio del Signore come uomini stolti ed insensati.
572. Questo danno è generale nei figli di Adamo e per tale motivo è tanto eccellente e sicura la povertà volontaria. In essa, inoltre, condividendo in letizia il poco col povero, si viene a fare una grande offerta al Signore di tutti. Tu puoi farla con quello che ricevi per il tuo sostentamento, dandone una parte al povero e desiderando soccorrere tutti, se fosse possibile, con la tua fatica e il tuo sudore. Tuttavia, la tua continua offerta deve consistere nelle opere d'amore, che sono l'oro, cioè l'orazione continua, l'incenso, ovvero la sopportazione costante nelle sofferenze, e la mirra, ossia la vera mortificazione in tutto. Quello, poi, che farai per il Signore, offrilo con amore fervoroso e con prontezza, senza tiepidezza né timore, perché le opere rimandate o morte non sono sacrificio gradito agli occhi di sua Maestà. Per offrirgli incessantemente le tue opere è necessario che la fede e la luce divina siano sempre accese nel tuo cuore e ti mostrino l'oggetto che devi lodare e magnificare. Allo stesso modo, devi fare attenzione allo stimolo d'amore col quale la destra dell'Altissimo t'induce a non interrompere mai questo dolce esercizio, che tanto si addice alle spose di sua Maestà; infatti il titolo di sposa è segno di amore e sottintende un debito di continuo affetto.
26-30 Settembre 8, 1929 La nascita della Vergine fu la rinascita di tutta l’umanità.
Luisa Piccarreta (Libro di Cielo)
(1) La mia povera mente si perdeva nel mare immenso del Fiat Divino, dove si trova tutto in atto, come se non ci fosse né passato né futuro, ma tutto presente e tutto in atto; sicché qualunque cosa vuol trovare delle opere del suo Creatore nel Divin Volere, la piccola anima mia la trova come se in atto la stesse operando, e siccome stavo pensando alla nascita della mia Mamma Celeste, per darle i miei poveri omaggi, e chiamavo la Creazione tutta insieme con me ad inneggiare la Sovrana Regina, il mio dolce Gesù mi ha detto:
(2) “Figlia mia, anch’Io voglio inneggiare insieme con te e con tutta la Creazione la nascita dell’Altezza della Mamma mia. Tu devi sapere che questa nascita racchiuse in sé la rinascita di tutta l’umana famiglia, e la Creazione tutta si sentì rinata nella nascita della Regina del Cielo. Tutto tripudiò d’allegrezza, si sentivano felici nell’avere la loro Regina, ché fin’allora si sentivano come popolo a cui mancava la loro Regina, e nel loro mutismo aspettavano quel giorno felice per rompere il loro silenzio e dire: Gloria, amore, onore, a Colei che viene in mezzo a noi come Regina nostra, non più saremo senza difesa, senza chi ci domini, senza festa, giacché spuntò Colei che forma la nostra gloria imperitura. Questa celeste bambina, col tenere integra nell’anima sua la nostra Divina Volontà, senza mai fare la sua, riacquistò tutti i diritti dell’Adamo innocente presso il suo Creatore, e la sovranità su tutta la Creazione, perciò tutti si sentirono rinascere in Lei, e Noi vedevamo in questa Vergine Santa, nel suo piccolo cuore, tutti i germi delle umane generazioni. Quindi, per mezzo suo l’umanità riacquistava i diritti perduti, perciò la sua nascita fu la nascita più bella, più gloriosa; Essa, fin dal suo nascere racchiuse nel suo cuoricino materno, come in mezzo a due ali, tutte le generazioni come figli rinati nel suo vergine cuore, per riscaldarli, per tenerli difesi e crescerli e nutrirli col sangue del suo cuore materno. Ecco la causa perché questa tenera Madre Celeste ama tanto le creature, perché tutti sono rinati in Lei, e sente nel suo cuore la vita dei figli suoi. Che cosa non può fare la nostra Divina Volontà dove regna e tiene la sua Vita? Essa le racchiude tutto e tutti, e la fa apportatrice di bene a tutti. Sicché tutti sentono sotto il suo manto azzurro, l’ala materna della loro Madre Celeste, e trovano nel suo materno cuore il loro posticino dove mettersi al sicuro.
(3) Ora figlia mia, chi vive nella mia Divina Volontà rinnova la sua rinascita e raddoppia le rinascite a tutte le umane generazioni; la mia Suprema Volontà quando vive dentro d’un cuore e vi stende la pienezza della sua luce interminabile, accentra tutto e tutti, fa tutto, rinnova tutto, ridà tutto ciò che per secoli e secoli non ha potuto dare per mezzo delle altre creature. Sicché Essa si può chiamare l’alba del giorno, l’aurora che chiama il sole, il sole che rallegra tutta la terra, la illumina, la riscalda, e con le sue ali di luce, più che madre tenera, abbraccia tutto, feconda tutto, e col suo bacio di luce dà le più belle tinte ai fiori, la dolcezza più squisita ai frutti, la maturità a tutte le piante. Oh! se la mia Volontà Divina regnasse in mezzo alle creature, quanti prodigi non opererebbe in mezzo ad esse? Perciò sii attenta, ogni cosa che fai nel mio Fiat Divino è una rinascita che fai in Essa, e rinascere in Essa significa rinascere nell’ordine Divino, rinascere nella luce, rinascere nella santità, nell’amore, nella bellezza, ed in ogni atto di mia Volontà, l’umana volontà subisce la morte, morendo a tutti i mali, e rivive a tutti i beni”.