Liturgia delle Ore - Letture
Giovedi della 3° settimana del tempo di Quaresima
Vangelo secondo Luca 7
1Quando ebbe terminato di rivolgere tutte queste parole al popolo che stava in ascolto, entrò in Cafàrnao.2Il servo di un centurione era ammalato e stava per morire. Il centurione l'aveva molto caro.3Perciò, avendo udito parlare di Gesù, gli mandò alcuni anziani dei Giudei a pregarlo di venire e di salvare il suo servo.4Costoro giunti da Gesù lo pregavano con insistenza: "Egli merita che tu gli faccia questa grazia, dicevano,5perché ama il nostro popolo, ed è stato lui a costruirci la sinagoga".6Gesù si incamminò con loro. Non era ormai molto distante dalla casa quando il centurione mandò alcuni amici a dirgli: "Signore, non stare a disturbarti, io non son degno che tu entri sotto il mio tetto;7per questo non mi sono neanche ritenuto degno di venire da te, ma comanda con una parola e il mio servo sarà guarito.8Anch'io infatti sono uomo sottoposto a un'autorità, e ho sotto di me dei soldati; e dico all'uno: Va' ed egli va, e a un altro: Vieni, ed egli viene, e al mio servo: Fa' questo, ed egli lo fa".9All'udire questo Gesù restò ammirato e rivolgendosi alla folla che lo seguiva disse: "Io vi dico che neanche in Israele ho trovato una fede così grande!".10E gli inviati, quando tornarono a casa, trovarono il servo guarito.
11In seguito si recò in una città chiamata Nain e facevano la strada con lui i discepoli e grande folla.12Quando fu vicino alla porta della città, ecco che veniva portato al sepolcro un morto, figlio unico di madre vedova; e molta gente della città era con lei.13Vedendola, il Signore ne ebbe compassione e le disse: "Non piangere!".14E accostatosi toccò la bara, mentre i portatori si fermarono. Poi disse: "Giovinetto, dico a te, alzati!".15Il morto si levò a sedere e incominciò a parlare. Ed egli lo diede alla madre.16Tutti furono presi da timore e glorificavano Dio dicendo: "Un grande profeta è sorto tra noi e Dio ha visitato il suo popolo".17La fama di questi fatti si diffuse in tutta la Giudea e per tutta la regione.
18Anche Giovanni fu informato dai suoi discepoli di tutti questi avvenimenti. Giovanni chiamò due di essi19e li mandò a dire al Signore: "Sei tu colui che viene, o dobbiamo aspettare un altro?".20Venuti da lui, quegli uomini dissero: "Giovanni il Battista ci ha mandati da te per domandarti: Sei tu colui che viene o dobbiamo aspettare un altro?".21In quello stesso momento Gesù guarì molti da malattie, da infermità, da spiriti cattivi e donò la vista a molti ciechi.22Poi diede loro questa risposta: "Andate e riferite a Giovanni ciò che avete visto e udito: 'i ciechi riacquistano la vista', gli zoppi camminano, i lebbrosi vengono sanati, i sordi odono, i morti risuscitano, 'ai poveri è annunziata la buona novella'.23E beato è chiunque non sarà scandalizzato di me!".
24Quando gli inviati di Giovanni furono partiti, Gesù cominciò a dire alla folla riguardo a Giovanni: "Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna agitata dal vento?25E allora, che cosa siete andati a vedere? Un uomo avvolto in morbide vesti? Coloro che portano vesti sontuose e vivono nella lussuria stanno nei palazzi dei re.26Allora, che cosa siete andati a vedere? Un profeta? Sì, vi dico, e più che un profeta.27Egli è colui del quale sta scritto:
'Ecco io mando davanti a te il mio messaggero,
egli preparerà la via davanti' a te.
28Io vi dico, tra i nati di donna non c'è nessuno più grande di Giovanni, e il più piccolo nel regno di Dio è più grande di lui.29Tutto il popolo che lo ha ascoltato, e anche i pubblicani, hanno riconosciuto la giustizia di Dio ricevendo il battesimo di Giovanni.30Ma i farisei e i dottori della legge non facendosi battezzare da lui hanno reso vano per loro il disegno di Dio.
31A chi dunque paragonerò gli uomini di questa generazione, a chi sono simili?32Sono simili a quei bambini che stando in piazza gridano gli uni agli altri:
Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato;
vi abbiamo cantato un lamento e non avete pianto!
33È venuto infatti Giovanni il Battista che non mangia pane e non beve vino, e voi dite: Ha un demonio.34È venuto il Figlio dell'uomo che mangia e beve, e voi dite: Ecco un mangione e un beone, amico dei pubblicani e dei peccatori.35Ma alla sapienza è stata resa giustizia da tutti i suoi figli".
36Uno dei farisei lo invitò a mangiare da lui. Egli entrò nella casa del fariseo e si mise a tavola.37Ed ecco una donna, una peccatrice di quella città, saputo che si trovava nella casa del fariseo, venne con un vasetto di olio profumato;38e fermatasi dietro si rannicchiò piangendo ai piedi di lui e cominciò a bagnarli di lacrime, poi li asciugava con i suoi capelli, li baciava e li cospargeva di olio profumato.
39A quella vista il fariseo che l'aveva invitato pensò tra sé. "Se costui fosse un profeta, saprebbe chi e che specie di donna è colei che lo tocca: è una peccatrice".40Gesù allora gli disse: "Simone, ho una cosa da dirti". Ed egli: "Maestro, di' pure".41"Un creditore aveva due debitori: l'uno gli doveva cinquecento denari, l'altro cinquanta.42Non avendo essi da restituire, condonò il debito a tutti e due. Chi dunque di loro lo amerà di più?".43Simone rispose: "Suppongo quello a cui ha condonato di più". Gli disse Gesù: "Hai giudicato bene".44E volgendosi verso la donna, disse a Simone: "Vedi questa donna? Sono entrato nella tua casa e tu non m'hai dato l'acqua per i piedi; lei invece mi ha bagnato i piedi con le lacrime e li ha asciugati con i suoi capelli.45Tu non mi hai dato un bacio, lei invece da quando sono entrato non ha cessato di baciarmi i piedi.46Tu non mi hai cosparso il capo di olio profumato, ma lei mi ha cosparso di profumo i piedi.47Per questo ti dico: le sono perdonati i suoi molti peccati, poiché ha molto amato. Invece quello a cui si perdona poco, ama poco".48Poi disse a lei: "Ti sono perdonati i tuoi peccati".49Allora i commensali cominciarono a dire tra sé: "Chi è quest'uomo che perdona anche i peccati?".50Ma egli disse alla donna: "La tua fede ti ha salvata; va' in pace!".
Secondo libro dei Re 18
1Nell'anno terzo di Osea figlio di Ela, re di Israele, divenne re Ezechia figlio di Acaz, re di Giuda.2Quando egli divenne re, aveva venticinque anni; regnò ventinove anni in Gerusalemme. Sua madre si chiamava Abi, figlia di Zaccaria.3Fece ciò che è retto agli occhi del Signore, secondo quanto aveva fatto Davide suo antenato.4Egli eliminò le alture e frantumò le stele, abbatté il palo sacro e fece a pezzi il serpente di bronzo, eretto da Mosè; difatti fino a quel tempo gli Israeliti gli bruciavano incenso e lo chiamavano Necustan.5Egli confidò nel Signore, Dio di Israele. Fra tutti i re di Giuda nessuno fu simile a lui, né fra i suoi successori né fra i suoi predecessori.6Attaccato al Signore, non se ne allontanò; osservò i decreti che il Signore aveva dati a Mosè.7Il Signore fu con Ezechia e questi riuscì in tutte le iniziative. Egli si ribellò al re d'Assiria e non gli fu sottomesso.8Sconfisse i Filistei fino a Gaza e ai suoi confini, dal più piccolo villaggio fino alle fortezze.
9Nell'anno quarto del re Ezechia, cioè l'anno settimo di Osea figlio di Ela, re di Israele, Salmanassar re di Assiria marciò contro Samaria e la assediò.10Dopo tre anni la prese; nell'anno sesto di Ezechia, cioè l'anno nono di Osea re di Israele, Samaria fu presa.11Il re d'Assiria deportò gli Israeliti in Assiria, destinandoli a Chelach, al Cabor, fiume del Gozan, e alle città della Media.12Ciò accadde perché quelli non avevano ascoltato la voce del Signore loro Dio e ne avevano trasgredito l'alleanza e non avevano ascoltato né messo in pratica quanto aveva loro comandato Mosè, servo di Dio.
13Nell'anno quattordici del re Ezechia, Sennàcherib re di Assiria assalì e prese tutte le fortezze di Giuda.14Ezechia, re di Giuda, mandò a dire al re d'Assiria in Lachis: "Ho peccato; allontànati da me e io sopporterò quanto mi imporrai". Il re di Assiria impose a Ezechia re di Giuda trecento talenti d'argento e trenta talenti d'oro.15Ezechia consegnò tutto il denaro che si trovava nel tempio e nei tesori della reggia.16In quel tempo Ezechia staccò dalle porte del tempio del Signore e dagli stipiti l'oro, di cui egli stesso re di Giuda li aveva rivestiti, e lo diede al re d'Assiria.
17Il re d'Assiria mandò il 'tartan', il capo delle guardie e il gran coppiere da Lachis a Gerusalemme, al re Ezechia, con un grande esercito. Costoro salirono e giunsero a Gerusalemme; si fermarono al canale della piscina superiore, sulla strada del campo del lavandaio.
18Essi chiesero del re e incontro a loro vennero Eliakìm figlio di Chelkia, il maggiordomo, Sebna lo scriba e Ioach figlio di Asaf, l'archivista.19Il gran coppiere disse loro: "Riferite a Ezechia: Dice il gran re, il re d'Assiria: Che fiducia è quella su cui ti appoggi?20Pensi forse che la semplice parola possa sostituire il consiglio e la forza nella guerra? Ora, in chi confidi ribellandoti a me?21Ecco, tu confidi su questo sostegno di canna spezzata, che è l'Egitto, che penetra nella mano, forandola, a chi vi si appoggia; tale è il faraone re di Egitto per chiunque confida in lui.22Se mi dite: Noi confidiamo nel Signore nostro Dio, non è forse quello stesso del quale Ezechia distrusse le alture e gli altari, ordinando alla gente di Giuda e di Gerusalemme: Vi prostrerete soltanto davanti a questo altare in Gerusalemme?23Ora vieni al mio signore, re d'Assiria; io ti darò duemila cavalli, se potrai procurarti cavalieri per essi.24Come potresti fare retrocedere uno solo dei più piccoli servi del mio signore? Eppure tu confidi nell'Egitto per i carri e i cavalieri.25Ora, non è forse secondo il volere del Signore che io sono venuto contro questo paese per distruggerlo? Il Signore mi ha detto: Va' contro questo paese e distruggilo".
26Eliakìm figlio di Chelkia, Sebna e Ioach risposero al gran coppiere: "Parla, ti prego, ai tuoi servi in aramaico, perché noi lo comprendiamo; non parlare in ebraico, mentre il popolo che è sulle mura ascolta".27Il gran coppiere replicò: "Forse io sono stato inviato al tuo signore e a te dal mio signore per pronunziare tali parole e non piuttosto agli uomini che stanno sulle mura, i quali saranno ridotti a mangiare i loro escrementi e a bere la loro urina con voi?".28Il gran coppiere allora si alzò e gridò a gran voce in ebraico: "Udite la parola del gran re, del re d'Assiria:29Dice il re: Non vi inganni Ezechia, poiché non potrà liberarvi dalla mia mano.30Ezechia non vi induca a confidare nel Signore, dicendo: Certo, il Signore ci libererà, questa città non sarà messa nelle mani del re d'Assiria.31Non ascoltate Ezechia, poiché dice il re d'Assiria: Fate la pace con me e arrendetevi; allora ognuno potrà mangiare i frutti della sua vigna e dei suoi fichi, ognuno potrà bere l'acqua della sua cisterna,32finché io non venga per condurvi in un paese come il vostro, in un paese che produce frumento e mosto, in un paese ricco di pane e di vigne, in un paese di ulivi e di miele; voi vivrete e non morirete. Non ascoltate Ezechia che vi inganna, dicendovi: Il Signore ci libererà!33Forse gli dèi delle nazioni hanno liberato ognuno il proprio paese dalla mano del re d'Assiria?34Dove sono gli dèi di Amat e di Arpad? Dove sono gli dèi di Sefarvàim, di Ena e di Ivva? Hanno essi forse liberato Samaria dalla mia mano?35Quali mai, fra tutti gli dèi di quelle nazioni, hanno liberato il loro paese dalla mia mano? Potrà forse il Signore liberare Gerusalemme dalla mia mano?".
36Quelli tacquero e non gli risposero neppure una parola, perché l'ordine del re era: "Non rispondete loro".
37Eliakìm figlio di Chelkia, il maggiordomo, Sebna lo scriba e Ioach figlio di Asaf, l'archivista, si presentarono a Ezechia con le vesti stracciate e gli riferirono le parole del gran coppiere.
Siracide 25
1Di tre cose mi compiaccio e mi faccio bella,
di fronte al Signore e agli uomini:
concordia di fratelli, amicizia tra vicini,
moglie e marito che vivono in piena armonia.
2Tre tipi di persone io detesto,
la loro vita è per me un grande orrore:
un povero superbo, un ricco bugiardo,
un vecchio adultero privo di senno.
3Nella giovinezza non hai raccolto;
come potresti procurarti qualcosa nella vecchiaia?
4Come s'addice il giudicare ai capelli bianchi,
e agli anziani intendersi di consigli!
5Come s'addice la sapienza ai vecchi,
il discernimento e il consiglio alle persone eminenti!
6Corona dei vecchi è un'esperienza molteplice,
loro vanto il timore del Signore.
7Nove situazioni io ritengo felici nel mio cuore,
la decima la dirò con le parole:
un uomo allietato dai figli,
chi vede da vivo la caduta dei suoi nemici;
8felice chi vive con una moglie assennata,
colui che non pecca con la sua lingua,
chi non deve servire a uno indegno di lui;
9fortunato chi ha trovato la prudenza,
chi si rivolge a orecchi attenti;
10quanto è grande chi ha trovato la sapienza,
ma nessuno supera chi teme il Signore.
11Il timore del Signore è più di ogni cosa;
chi lo possiede a chi potrà esser paragonato?
12Qualunque ferita, ma non la ferita del cuore;
qualunque malvagità, ma non la malvagità di una donna;
13qualunque sventura, ma non la sventura
causata dagli avversari;
qualunque vendetta, ma non la vendetta dei nemici.
14Non c'è veleno peggiore del veleno di un serpente,
non c'è ira peggiore dell'ira di un nemico.
15Preferirei abitare con un leone e con un drago
piuttosto che abitare con una donna malvagia.
16La malvagità di una donna ne àltera l'aspetto,
ne rende il volto tetro come quello di un orso.
17Suo marito siede in mezzo ai suoi vicini
e ascoltandoli geme amaramente.
18Ogni malizia è nulla, di fronte alla malizia di una
donna,
possa piombarle addosso la sorte del peccatore!
19Come una salita sabbiosa per i piedi di un vecchio,
tale la donna linguacciuta per un uomo pacifico.
20Non soccombere al fascino di una donna,
per una donna non ardere di passione.
21Motivo di sdegno, di rimprovero e di grande disprezzo
è una donna che mantiene il proprio marito.
22Animo abbattuto e volto triste
e ferita al cuore è una donna malvagia;
23mani inerti e ginocchia infiacchite,
tale colei che non rende felice il proprio marito.
24Dalla donna ha avuto inizio il peccato,
per causa sua tutti moriamo.
25Non dare all'acqua un'uscita
né libertà di parlare a una donna malvagia.
26Se non cammina al cenno della tua mano,
toglila dalla tua presenza.
Salmi 145
1'Lodi. Di Davide.'
Alef. O Dio, mio re, voglio esaltarti
e benedire il tuo nome
in eterno e per sempre.
2Bet. Ti voglio benedire ogni giorno,
lodare il tuo nome
in eterno e per sempre.
3Ghimel. Grande è il Signore e degno di ogni lode,
la sua grandezza non si può misurare.
4Dalet. Una generazione narra all'altra le tue opere,
annunzia le tue meraviglie.
5He. Proclamano lo splendore della tua gloria
e raccontano i tuoi prodigi.
6Vau. Dicono la stupenda tua potenza
e parlano della tua grandezza.
7Zain. Diffondono il ricordo della tua bontà immensa,
acclamano la tua giustizia.
8Het. Paziente e misericordioso è il Signore,
lento all'ira e ricco di grazia.
9Tet. Buono è il Signore verso tutti,
la sua tenerezza si espande su tutte le creature.
10Iod. Ti lodino, Signore, tutte le tue opere
e ti benedicano i tuoi fedeli.
11Caf. Dicano la gloria del tuo regno
e parlino della tua potenza,
12Lamed. per manifestare agli uomini i tuoi prodigi
e la splendida gloria del tuo regno.
13Mem. Il tuo regno è regno di tutti i secoli,
il tuo dominio si estende ad ogni generazione.
14Samech. Il Signore sostiene quelli che vacillano
e rialza chiunque è caduto.
15Ain. Gli occhi di tutti sono rivolti a te in attesa
e tu provvedi loro il cibo a suo tempo.
16Pe. Tu apri la tua mano
e sazi la fame di ogni vivente.
17Sade. Giusto è il Signore in tutte le sue vie,
santo in tutte le sue opere.
18Kof. Il Signore è vicino a quanti lo invocano,
a quanti lo cercano con cuore sincero.
19Res. Appaga il desiderio di quelli che lo temono,
ascolta il loro grido e li salva.
20Sin. Il Signore protegge quanti lo amano,
ma disperde tutti gli empi.
21Tau. Canti la mia bocca la lode del Signore
e ogni vivente benedica il suo nome santo,
in eterno e sempre.
Geremia 3
1Se un uomo ripudia la moglie
ed essa, allontanatasi da lui,
si sposa con un altro uomo,
tornerà il primo ancora da lei?
Forse una simile donna non è tutta contaminata?
Tu ti sei disonorata con molti amanti
e osi tornare da me? Oracolo del Signore.
2Alza gli occhi sui colli e osserva:
dove non ti sei disonorata?
Tu sedevi sulle vie aspettandoli,
come fa l'Arabo nel deserto.
Così anche la terra hai contaminato
con impudicizia e perversità.
3Per questo sono state fermate le piogge
e gli scrosci di primavera non sono venuti.
Sfrontatezza di prostituta è la tua,
ma tu non vuoi arrossire.
4E ora forse non gridi verso di me: Padre mio,
amico della mia giovinezza tu sei!
5Serberà egli rancore per sempre?
Conserverà in eterno la sua ira?
Così parli, ma intanto ti ostini
a commettere il male che puoi".
6Il Signore mi disse al tempo del re Giosia: "Hai visto ciò che ha fatto Israele, la ribelle? Si è recata su ogni luogo elevato e sotto ogni albero verde per prostituirsi.7E io pensavo: Dopo che avrà fatto tutto questo tornerà a me, ma essa non è ritornata. La perfida Giuda sua sorella ha visto ciò,8ha visto che ho ripudiato la ribelle Israele proprio per tutti i suoi adultéri, consegnandole il documento del divorzio, ma la perfida Giuda sua sorella non ha avuto alcun timore. Anzi anch'essa è andata a prostituirsi;9e con il clamore delle sue prostituzioni ha contaminato il paese; ha commesso adulterio davanti alla pietra e al legno.10Ciò nonostante, la perfida Giuda sua sorella non è ritornata a me con tutto il cuore, ma soltanto con menzogna". Parola del Signore.11Allora il Signore mi disse: "Israele ribelle si è dimostrata più giusta della perfida Giuda.12Va' e grida tali cose verso il settentrione dicendo:
Ritorna, Israele ribelle, dice il Signore.
Non ti mostrerò la faccia sdegnata,
perché io sono pietoso, dice il Signore.
Non conserverò l'ira per sempre.
13Su, riconosci la tua colpa,
perché sei stata infedele al Signore tuo Dio;
hai profuso l'amore agli stranieri
sotto ogni albero verde
e non hai ascoltato la mia voce. Oracolo del Signore.
14Ritornate, figli traviati - dice il Signore - perché io sono il vostro padrone. Io vi prenderò uno da ogni città e due da ciascuna famiglia e vi condurrò a Sion.15Vi darò pastori secondo il mio cuore, i quali vi guideranno con scienza e intelligenza.16Quando poi vi sarete moltiplicati e sarete stati fecondi nel paese, in quei giorni - dice il Signore - non si parlerà più dell'arca dell'alleanza del Signore; nessuno ci penserà né se ne ricorderà; essa non sarà rimpianta né rifatta.17In quel tempo chiameranno Gerusalemme trono del Signore; tutti i popoli vi si raduneranno nel nome del Signore e non seguiranno più la caparbietà del loro cuore malvagio.18In quei giorni la casa di Giuda andrà verso la casa di Israele e tutte e due torneranno insieme dalla regione settentrionale nel paese che io avevo dato in eredità ai loro padri.
19Io pensavo:
Come vorrei considerarti tra i miei figli
e darti una terra invidiabile,un'eredità che sia l'ornamento più prezioso dei popoli!
Io pensavo: Voi mi direte: Padre mio,
e non tralascerete di seguirmi.
20Ma come una donna è infedele al suo amante,
così voi, casa di Israele, siete stati infedeli a me".
Oracolo del Signore.
21Sui colli si ode una voce,
pianto e gemiti degli Israeliti,
perché hanno reso tortuose le loro vie,
si sono dimenticati del Signore loro Dio.
22"Ritornate, figli traviati,
io risanerò le vostre ribellioni".
"Ecco, noi veniamo a te
perché tu sei il Signore nostro Dio.
23In realtà, menzogna sono le colline,
come anche il clamore sui monti;
davvero nel Signore nostro Dio
è la salvezza di Israele.
24L'infamia ha divorato fino dalla nostra giovinezza
il frutto delle fatiche dei nostri padri,
i loro greggi e i loro armenti,
i loro figli e le loro figlie.
25Avvolgiamoci nella nostra vergogna,
la nostra confusione ci ricopra,
perché abbiamo peccato contro il Signore nostro Dio,
noi e i nostri padri,
dalla nostra giovinezza fino ad oggi;
non abbiamo ascoltato la voce del Signore nostro Dio".
Prima lettera a Timoteo 1
1Paolo, apostolo di Cristo Gesù, per comando di Dio nostro salvatore e di Cristo Gesù nostra speranza,2a Timòteo, mio vero figlio nella fede: grazia, misericordia e pace da Dio Padre e da Cristo Gesù Signore nostro.
3Partendo per la Macedonia, ti raccomandai di rimanere in Èfeso, perché tu invitassi alcuni a non insegnare dottrine diverse4e a non badare più a favole e a genealogie interminabili, che servono più a vane discussioni che al disegno divino manifestato nella fede.5Il fine di questo richiamo è però la carità, che sgorga da un cuore puro, da una buona coscienza e da una fede sincera.6Proprio deviando da questa linea, alcuni si sono volti a fatue verbosità,7pretendendo di essere dottori della legge mentre non capiscono né quello che dicono, né alcuna di quelle cose che dànno per sicure.
8Certo, noi sappiamo che la legge è buona, se uno ne usa legalmente;9sono convinto che la legge non è fatta per il giusto, ma per gli iniqui e i ribelli, per gli empi e i peccatori, per i sacrileghi e i profanatori, per i parricidi e i matricidi, per gli assassini,10i fornicatori, i pervertiti, i trafficanti di uomini, i falsi, gli spergiuri e per ogni altra cosa che è contraria alla sana dottrina,11secondo il vangelo della gloria del beato Dio che mi è stato affidato.
12Rendo grazie a colui che mi ha dato la forza, Cristo Gesù Signore nostro, perché mi ha giudicato degno di fiducia chiamandomi al mistero:13io che per l'innanzi ero stato un bestemmiatore, un persecutore e un violento. Ma mi è stata usata misericordia, perché agivo senza saperlo, lontano dalla fede;14così la grazia del Signore nostro ha sovrabbondato insieme alla fede e alla carità che è in Cristo Gesù.
15Questa parola è sicura e degna di essere da tutti accolta: Cristo Gesù è venuto nel mondo per salvare i peccatori e di questi il primo sono io.16Ma appunto per questo ho ottenuto misericordia, perché Gesù Cristo ha voluto dimostrare in me, per primo, tutta la sua magnanimità, a esempio di quanti avrebbero creduto in lui per avere la vita eterna.
17Al Re dei secoli incorruttibile, invisibile e unico Dio, onore e gloria nei secoli dei secoli. Amen.
18Questo è l'avvertimento che ti do, figlio mio Timòteo, in accordo con le profezie che sono state fatte a tuo riguardo, perché, fondato su di esse, tu combatta la buona battaglia19con fede e buona coscienza, poiché alcuni che l'hanno ripudiata hanno fatto naufragio nella fede;20tra essi Imenèo e Alessandro, che ho consegnato a satana perché imparino a non più bestemmiare.
Capitolo XLV: Non fare affidamento su alcuno: le parole facilmente ingannano
Leggilo nella Biblioteca1. "Aiutami, o Signore, nella tribolazione, perché è vana la salvezza che viene dagli uomini" (Sal 59,13). Quante volte non trovai affatto fedeltà, proprio là dove avevo creduto di poterla avere; e quante volte, invece, la trovai là dove meno avevo creduto. Vana è, dunque, la speranza negli uomini, mentre in te, o Dio, sta la salvezza dei giusti. Sii benedetto, o Signore mio Dio, in tutto quanto ci accade. Deboli siamo, e malfermi; facilmente ci inganniamo e siamo mutevoli. Quale uomo è tanto prudente e tanto attento da saper sempre custodire se stesso, così da non cadere mai in qualche delusione e incertezza? Ma non cadrà così facilmente colui che confida in te, o Signore, e ti cerca con semplicità di cuore. Che se incontrerà una tribolazione, in qualunque modo sia oppresso, subitamente ne sarà strappato da te, o sarà da te consolato, poiché tu non abbandoni chi spera in te, fino all'ultimo. Cosa rara è un amico sicuro, che resti tale in tutte le angustie dell'amico. Ma tu, o Signore, tu solo sei sempre pienamente fedele: non c'è amico siffatto, fuori di te.
2. Quale profonda saggezza ci fu in quell'anima santa che poté dire: il mio spirito è saldo, e fondato su Cristo! Se così fosse anche per me, non sarei tanto facilmente agitato da timori umani, né mi sentirei ferito dalle parole. Chi può mai prevedere ogni cosa e cautelarsi dai mali futuri? Se, spesso, anche ciò che era previsto riesce dannoso, con quanta durezza ci colpirà ciò che è imprevisto? Perché non ho meglio provveduto a me misero?; e perché mi sono affidato tanto leggermente ad altri? Siamo uomini, nient'altro che fragili uomini, anche se molti ci ritengono e ci dicono angeli. Oh, Signore, a chi crederò; a chi, se non a te? Tu sei la verità che non inganna e non può essere ingannata; mentre "l'uomo è sempre bugiardo" (Sal 115,11), debole, insicuro e mutevole, specie nelle parole, tanto che a stento ci si può fidare subito di quello che, in apparenza, pur ci sembra buono. Con quanta sapienza tu già ci avevi ammonito che ci dobbiamo guardare dagli uomini; che "nemici dell'uomo sono i suoi più vicini" (Mt 10,36); che non si deve credere se uno dice: "ecco qua, ecco là!" (Mt 24,23; Mc 13,21)! Ho imparato a mie spese, e voglia il cielo che ciò mi serva per acquistare maggiore prudenza e non ricadere nella stoltezza. Bada, mi dice taluno, bada bene, e serba per te quel che ti dico. Ma, mentre io sto zitto zitto, credendo che la cosa resti segreta, neppure lui riesce a tacere ciò per cui mi aveva chiesto il silenzio: improvvisamente mi tradisce, tradendo anche se stesso; e se ne va. Oh, Signore, difendimi da siffatte fandonie e dalla gente stolta, cosicché io non cada nelle loro mani, e mai non commetta simili cose. Da' alla mia bocca una parola vera e sicura, e lontana da me il linguaggio dell'inganno. Che io mi guardi in ogni modo da ciò che non vorrei dover sopportare da altri.
3. Quanta bellezza e quanta pace, fare silenzio intorno agli altri; non credere pari pari ad ogni cosa, né andare ripetendola; rivelare sé stesso soltanto a pochi; cercare sempre te, che scruti i cuori, senza lasciarsi portare di qua e di là da ogni vuoto discorso; volere che ogni cosa interiore ed esterna, si compia secondo la tua volontà! Quale tranquillità, fuggire le apparenze umane, per conservare la grazia celeste; non ambire a ciò che sembri assicurare ammirazione all'esterno, e inseguire invece, con ogni sollecitudine, ciò che assicura emendazione di vita e fervore! Di quanto danno fu, per molti, una virtù a tutti nota e troppo presto lodata. Di quanto vantaggio fu, invece, una grazia conservata nel silenzio, durante questa nostra fragile vita, della quale si dice a ragione che è tutta una tentazione e una lotta!
DISCORSO 7 IL ROVETO BRUCIAVA MA NON SI CONSUMAVA DISCORSO TENUTO NEL DIGIUNO DI QUINQUAGESIMA
Discorsi - Sant'Agostino
Leggilo nella BibliotecaIl grande miracolo del roveto.
1. Ascoltata la divina lettura, anche noi abbiamo guardato con cuore aperto al grande miracolo che aveva richiamato tutta l'attenzione del servo di Dio Mosè, e noi stessi ci siamo fatti attenti [per sapere] come mai nel roveto apparve il fuoco ma il roveto non si consumava 1. Notiamo anzitutto che la Sacra Scrittura poco sopra ha detto che l'angelo del Signore apparve a Mosè nel roveto 2.E poi che Mosè parlava non già con un angelo, ma con il Signore. La terza cosa che notiamo: avendo Mosè richiesto a Dio il suo nome, onde avere di che rispondere ai figli d'Israele che gli avrebbero domandato quale fosse il nome del Dio che lo aveva inviato a loro, Dio rispose: Io sono colui che sono. Non lo disse per modo di dire, ma ripetendolo aggiunse: Questo dirai ai figli d'Israele: Colui che è mi ha mandato a voi 3. Infine, dopo aver rivelato il suo nome, aggiunse ancora: Questo dirai loro: Il Signore Dio dei vostri padri, Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe mi ha mandato a voi. Questo sarà il mio nome per sempre 4. Su queste cose ascoltate quanto il Signore ci concede di dire. Sono cose grandi che si perdono nella profondità dei misteri di Dio; se tentassimo di spiegarle in modo adeguato e sufficiente, non basterebbero né le forze né il tempo.
Il roveto figura del popolo giudaico.
2. Quello che possiamo brevemente dire non sarà inutile né vano, ma porterà alla delucidazione di qualche segreto. Nel roveto c'era il fuoco e tuttavia il roveto non si consumava 5. Il roveto è un genere di spine e non poté essere menzionato in modo elogiativo ciò che la terra produsse per il peccatore. Infatti fu detto all'uomo dopo il primo peccato: La terra ti produrrà spine e rovi 6. Né il fatto stesso che il roveto non si consumava, cioè che non era circondato dalle fiamme, lo dobbiamo giudicare positivamente 7. Se la fiamma, nella quale apparve l'angelo o il Signore - anche quando venne lo Spirito Santo furono viste lingue diverse come di fuoco 8 - significa qualcosa di buono, dobbiamo essere afferrati da questo fuoco, ma non in maniera da non essere consumati a causa della nostra durezza. Il roveto che non si consumava significava il popolo che resisteva a Dio. Il roveto significava il popolo spinoso dei giudei, al quale Mosè veniva inviato. Il roveto non si consumava perché la durezza dei giudei, come ho già detto, resisteva alla legge di Dio. Se quel popolo non fosse rappresentato dal roveto, Cristo non sarebbe stato da lui coronato di spine 9.
Questione controversa: apparve a Mosè Dio o un suo angelo?
3. Se poi colui che parlava a Mosè, chiamato sia angelo del Signore sia Signore, fosse la stessa identica persona, è molto difficile stabilirlo; non lo si può affermare temerariamente ma bisogna prudentemente investigare. Due sono le opinioni che qui si possono portare; qualunque delle due sia la vera, tutte e due sono secondo la fede. Dicendo: quale delle due sia la vera, ho inteso dire: quale delle due abbia inteso dire lo scrittore. Quando noi studiando le Scritture vi intendiamo qualcosa che forse non ha inteso dire lo scrittore, [lo possiamo], tuttavia non dobbiamo ritenere un senso contrario alla regola della fede, alla regola della verità, alla regola della pietà. Propongo tutte e due le opinioni. Forse ce ne potrà essere anche una terza che a me sfugge. Delle due che vi propongo scegliete quella che volete. Alcuni affermano che è stato chiamato sia angelo del Signore che Signore perché si trattava di Cristo, di cui chiaramente afferma il profeta che è angelo del gran consiglio 10. Angelo è un nome che indica l'ufficio, non la natura. In greco infatti si chiama angelo chi in latino è detto messaggero. Messaggero è nome che indica azione: chi agisce, cioè annunzia qualcosa, si chiama messaggero. Chi negherà che Cristo ci abbia annunziato il regno dei cieli? Perciò l'angelo, cioè il messaggero, viene inviato da colui che tramite lui deve annunziare qualcosa. Chi negherà che Cristo è stato inviato? Colui che tante volte ha detto: Non sono venuto a fare la mia volontà, ma la volontà di chi mi ha inviato 11, è proprio lui il messaggero. Anche quella piscina di Siloe significa Inviato. Per questo a quel tale cui aveva spalmato di fango gli occhi comandò di lavarvisi la faccia 12. Si aprirà soltanto l'occhio di colui che viene mondato da Cristo. Perciò l'angelo è lo stesso Signore.
Unità e Trinità di Dio secondo la fede cattolica.
4. Qui occorre però evitare un altro pericolo. Non mancano eretici che affermano che le nature del Padre e del Figlio sono distinte e diverse e che i due non sono di un'unica e identica sostanza. La fede cattolica crede invece che il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo sono un unico Dio, Trinità di un'unica sostanza, inseparabile e uguale, non confusa per mescolanza né separata per divisione. Quelli che si sforzano di provare che il Figlio non è della stessa sostanza del Padre, l'argomentano da questo, che il Figlio è stato veduto dai loro padri. Invece: il Padre - dicono - non è stato veduto; e l'invisibile e il visibile sono di natura diversa. Per questo - continuano - del Padre è stato detto che nessun uomo l'ha visto né lo può vedere 13, per cui colui che è stato visto non solo da Mosè, ma anche da Abramo, non solo da Abramo ma anche dallo stesso Adamo e dagli altri padri, si crede essere non Dio Padre, ma piuttosto il Figlio e viene considerato creatura. La fede cattolica non dice così. Che cosa dice? È Dio il Padre, è Dio il Figlio; immutabile il Padre, immutabile il Figlio; eterno il Padre, coeterno il Figlio; invisibile il Padre, invisibile il Figlio. Se dici invisibile il Padre e visibile il Figlio, distingui, anzi separi le sostanze. Come hai trovato grazia, tu che hai perso la fede? La questione si risolve in questo modo. Dio Padre, Figlio e Spirito Santo, è per natura propria invisibile. Ma si è manifestato quando ha voluto e a chi ha voluto. Non come è, ma come ha voluto colui al quale servono tutte le creature. La tua anima, essendo invisibile nel tuo corpo, per manifestarsi si serve della voce; e la voce, nella quale si manifesta la tua anima quando parli, non è la sostanza della tua anima: una cosa è l'anima, un'altra è la voce; tuttavia l'anima si manifesta anche in una realtà che non è essa stessa. Così anche Dio, se si è manifestato nel fuoco, non è fuoco; se si è manifestato nel fumo, non è fumo; se si è manifestato in un suono, non è un suono. Queste realtà non sono Dio, ma manifestano Dio. Convinti di questo, crediamo con certezza che il Figlio che appare a Mosè poté essere chiamato sia Signore che angelo del Signore.
Altra questione: fu inviato Cristo o un angelo di Dio?
5. Altri affermano che fu veramente un angelo del Signore, non Cristo, ma un angelo inviato; costoro debbono provare perché è stato chiamato Signore. Come coloro, che credono sia stato Cristo, debbono provare per quale motivo è stato chiamato angelo, così a quelli che dicono sia stato un angelo si chiede per quale motivo è stato chiamato Signore. Coloro che dicono sia stato Cristo, già ho ricordato come escono da questa difficoltà, cioè perché sia stato chiamato angelo: il profeta chiaramente chiama il Signore Cristo angelo del grande consiglio 14. Coloro che affermano sia stato un angelo, debbono spiegare perché sia stato chiamato Signore. Ed essi spiegano: "Come nelle Scritture parla il profeta e si dice che è il Signore a parlare, non perché il profeta è il Signore ma perché il Signore è nel profeta, così quando il Signore si degna di parlare attraverso un angelo, come attraverso un apostolo, come attraverso un profeta, si può rettamente chiamare angelo per se stesso e Signore perché Dio è in lui". Certamente Paolo era un uomo e Cristo era Dio e tuttavia così dice l'Apostolo: Volete la prova che in me parla Cristo? 15. Ha detto anche il profeta: Ascolterò ciò che dice in me il Signore Dio 16. Chi parla in un uomo può parlare anche in un angelo. Per questo apparve a Mosè l'angelo del Signore e lo si chiama: Signore! e lui risponde: Io sono colui che sono 17. È la voce dell'abitante, non del tempio.
La apparizione ad Abramo.
6. Se era Cristo, quando fu chiamato angelo, per il fatto che era uno solo, che faremo quando ad Abramo apparvero in tre? Che dire qui? Apparvero tre e Abramo come parlando ad uno solo lo chiama Signore 18. Che dire? Perché tre? Era la Trinità? Perché allora "Signore"? Perché la Trinità non è tre signori ma un solo Signore, e la Trinità è un solo Dio, non tre dèi; una sola sostanza, tre persone. Il Padre non è il Figlio, il Figlio non è il Padre, lo Spirito Santo non è né il Padre né il Figlio. Ma il Padre non è Padre se non del Figlio, il Figlio non è Figlio se non del Padre, lo Spirito è del Padre e del Figlio. Nei riguardi di quelle tre persone alcuni dicono però che uno era superiore agli altri, e che Abramo lo chiamò Signore quando apparve con gli altri due: era Cristo con i suoi angeli. Come interpretare però l'altro fatto quando due persone furono inviate a Sodoma per manifestarsi al fratello di Abramo Loth e questi riconobbe in essi la divinità, e pur vedendone due li chiama "Signore" 19? Abramo nei tre riconobbe il Signore, Loth nei due riconobbe il Signore. Per non separare la Trinità e per non ammettere nel fatto di Sodoma una dualità, credo che possiamo meglio intendere che i nostri padri riconoscevano negli angeli il Signore, si rivolgevano a colui che era dentro alle forme esterne, adoravano non le persone che lo portavano ma colui che inabitava in esse. Questa opinione è confermata non soltanto dalla Lettera agli Ebrei, dove si dice: Se la parola pronunciata per mezzo degli angeli si rivelò efficace... 20 - parlava dell'Antico Testamento, confermò che allora parlavano gli angeli ma nei suoi angeli veniva onorato Dio e che attraverso gli angeli si faceva sentire l'abitante interiore - ma anche dalle parole dette da Stefano negli Atti degli Apostoli, nel rispondere e nel rimproverare i giudei: Duri di cervice e incirconcisi di cuore e di orecchie - duri di cervice cioè spine non consumate - voi sempre avete resistito allo Spirito Santo 21. Il roveto non si consumava perché le spine dei peccati resistevano al fuoco dello Spirito Voi sempre avete resistito allo Spirito Santo. Quale dei profeti non hanno ucciso i vostri padri? 22. E prosegue: Voi che avete ricevuto la legge per ministero degli angeli e non l'avete osservata 23. Se avesse detto "dell'angelo" e non degli angeli, non sarebbero mancati coloro che avrebbero detto: "riguarda Cristo" perché Cristo è stato chiamato angelo del gran consiglio 24. Se il termine "angelo" significa Cristo, forse anche "angeli" significa Cristo? Dice l'apostolo Paolo che l'eredità di Abramo fu trasmessa dall'Antico Testamento fino al Nuovo. E come fu trasmessa? Fu trasmessa - disse - dagli angeli per mezzo di un mediatore 25.
Il significato di: Io sono colui che sono.
7. Era dunque un angelo, e nell'angelo il Signore rispondeva a Mosè che gli chiedeva il proprio nome: Io sono Colui che sono. Questo dirai ai figli di Israele: Colui che è mi ha mandato a voi 26. Essere è nome indicante immutabilità. Tutto ciò che muta termina di essere quello che era e comincia ad essere quello che non era. L'essere è. Il vero essere, il genuino essere, il puro essere non ce l'ha se non chi non muta. Ha il vero essere colui al quale è detto: Tu le muti ed esse mutano, ma tu sei sempre lo stesso 27. Che significa: Io sono Colui che sono, se non: sono eterno? Che significa: Io sono Colui che sono, se non: non posso mutare? Nessuna creatura, non il cielo, non la terra, non l'angelo, non la virtù, non i troni, non le dominazioni, non le potestà. Avendo già un nome che esprime eternità, in più s'è degnato di avere un nome che esprimesse misericordia: Io sono il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe 28. Il primo per sé, il secondo per noi. Se volesse essere soltanto ciò che è per sé, che cosa saremmo noi? Se Mosè capì bene, anzi proprio perché capì bene, quando gli fu detto: Io sono Colui che sono, Colui che è mi ha mandato a voi 29, credette che questo era troppo elevato per gli uomini [dai quali andava], vide che questo era molto al di sopra della capacità comprensiva degli uomini. Chi infatti ha bene capito "ciò che è" ed "è" veramente, perché è stato ispirato in qualche maniera dalla luce della veracissima essenza o anche solo fugacemente come un lampo, vede se stesso assai più in basso, lontanissimo, enormemente diverso, come disse anche il salmista: Io ho detto nella mia estasi 30. Con la mente rapita in alto vide non so che cosa, che era più elevata delle sue possibilità. E questo era la Verità. Ho detto - disse - nella mia estasi. Che cosa? Sono scacciato dalla presenza dei tuoi occhi 31. Mosè si vedeva molto diverso e non adatto a comprendere non quello che vedeva ma quello che gli si diceva; acceso dal desiderio di vedere l'essere, chiedeva a Dio col quale parlava: Mostrami te stesso 32. Quasi disperando Mosè per la grande distanza da quella preminenza dell'essere, Dio lo risollevò mentre stava per disperare, perché lo vide timoroso, come dicendogli: Poiché ho detto: Io sono Colui che sono, e: Colui che è mi ha mandato, hai intuito cosa sia l'essere e hai disperato di capire. Risolleva la speranza: Io sono il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe 33. Sono ciò che sono, sono l'essere, ma non voglio sottrarmi agli uomini. Se pertanto in qualche modo possiamo cercare Dio e trovare colui che è, e per giunta posto non lontano da ciascuno di noi: In Lui infatti viviamo ci muoviamo e siamo 34, lodiamo la sua ineffabile essenza e amiamo la sua misericordia.
1 - Cf. Es 3, 2.
2 - Cf. At 7, 30.
3 - Es 4, 14.
4 - Es 3, 15.
5 - Cf. Es 3, 2.
6 - Gn 3, 18.
7 - Cf. Es 3, 2.
8 - Cf. At 2, 3.
9 - Cf. Mt 27, 29
10 - Is 9, 6 (sec. LXX).
11 - Gv 6, 38.
12 - Cf. Gv 9, 7.
13 - 1 Tm 6, 16.
14 - Cf. Is 9, 6.
15 - 2 Cor 13, 3.
16 - Sal 84, 9.
17 - Es 3, 14.
18 - Cf. Gn 18, 2.
19 - Cf. Gn 19, 1-2.
20 - Eb 2, 2.
21 - At 7, 51.
22 - At 7, 52.
23 - At 7, 53.
24 - Is 9, 6.
25 - Gal 3, 19.
26 - Es 3, 14.
27 - Sal 101, 28.
28 - Es 3, 15.
29 - Es 3, 14.
30 - Sal 30, 23.
31 - Sal 30, 23.
32 - Es 33, 18.
33 - Es 3, 14.
34 - At 17, 27-28.
23 - Maria santissima dà alcuni insegnamenti a santa Elisabetta su richiesta di lei.
La mistica Città di Dio - Libro terzo - Suor Maria d'Agreda
Leggilo nella Biblioteca283. Era inevitabile il ritorno di Maria santissima a Nazaret, essendo già nato il precursore di Cristo; anche se santa Elisabetta, prudente e saggia, si uniformava in questo alla disposizione divina e con tale riflessione moderava in parte il suo dolore, desiderava compensare in qualche modo con l'insegnamento della Madre della sapienza la solitudine in cui sarebbe rimasta. Con questo intento le parlò dicendole: «Signora mia e madre del mio Creatore, io conosco che già preparate la vostra partenza e prevedo la mia solitudine per la mancanza della vostra amabile compagnia e della vostra protezione. Vi supplico, cugina mia, che in vostra assenza io meriti di restare con qualche istruzione, che mi aiuti a dirigere tutte le mie azioni per il maggiore compiacimento dell'Altissimo. Nel vostro talamo verginale tenete il Maestro che dà orientamento ai saggi e la fonte stessa della luce che per mezzo di lui comunicate a tutti. Trasmettete, dunque, alla vostra serva qualcuno dei raggi che riverberano nel vostro purissimo spirito, affinché il mio sia illuminato ed indirizzato per i sentieri retti della giustizia finché arrivi a vedere il Dio degli dei in Sion».
284. Queste parole di santa Elisabetta mossero in Maria santissima una specie di tenera compassione e con essa rispose, dando a sua cugina insegnamenti celesti per regolarsi nel tempo di vita che le restava, che sarebbe stato breve. L'Altissimo stesso si sarebbe preso cura del bambino ed anche la stessa Regina ne avrebbe fatto richiesta a sua Maestà. Sebbene non sia possibile riferire tutto ciò di cui la clementissima Signora avvertì e consigliò santa Elisabetta in questi dolcissimi discorsi per prendere da lei congedo, dirò qualcosa di ciò che comprendo, come mi è stato manifestato, per quanto lo possono i miei scarsi termini. Disse Maria santissima: «Cugina ed amica mia, il Signore vi ha scelta per le sue opere e per i suoi altissimi misteri, poiché si è degnato di comunicarvi tanta luce ed ha voluto che io vi aprissi il mio cuore. In esso vi porto scritta per presentarvi davanti alla sua grandezza. Non dimenticherò l'umile pietà che avete mostrato verso la più inutile tra le creature; spero dal mio Figlio santissimo e mio Signore che ne riceverete copiosa rimunerazione».
285. «Sollevate sempre il vostro spirito e la vostra mente alle altezze e, con la luce della grazia che avete, non perdete di vista l'immutabile essere di Dio, eterno ed infinito, e la degnazione della sua bontà immensa, con la quale si è mosso a creare ed a formare dal niente le creature per innalzarle alla sua gloria ed arricchirle con i suoi doni. Per questo ogni creatura è debitrice verso la misericordia dell'Altissimo, ma lo siamo ancor più noi, che egli ha contraddistinto con tanta abbondanza in questa conoscenza e luce, affinché estendiamo i nostri sforzi sino a compensare con la nostra riconoscenza la cieca ingratitudine dei mortali, i quali malgrado tale luce si trovano tanto lontani dal conoscere e magnificare il loro Creatore. Questo deve essere il nostro compito, sgombrando del tutto il nostro cuore, affinché libero cammini verso il suo felice fine. Perciò, amica mia, vi raccomando di allontanarlo e deviarlo da tutto ciò che è terreno, anche se si trattasse di cose lecite, affinché, distaccata dagli impedimenti della terra, siate pronta a levarvi su alle chiamate divine, attendiate la venuta del Signore e quando giunga rispondiate con gioia e senza il dolore che l'anima sente quando giunge il momento di dividersi dal corpo e da tutto il rimanente che eccessivamente ama. Adesso, che è tempo di patire e di acquistare la corona, facciamo in modo di meritarla e di camminare speditamente per arrivare all'intima unione con il nostro vero e sommo Bene».
286. «Procurate con speciale sottomissione di ubbidire a Zaccaria, vostro marito e capo, e di amarlo e servirlo per tutti i vostri giorni. Offrite sempre vostro figlio al suo Creatore; in sua Maestà e per lui potete amarlo come madre, perché sarà un grande profeta e con lo zelo di Elia, che gli sarà dato, difenderà la legge e l'onore dell'Altissimo, procurando l'esaltazione del suo santo nome. Ed il mio Figlio santissimo, il quale lo ha eletto come suo precursore e come annunciatore della sua venuta, lo favorirà come suo familiare, lo riempirà dei doni della sua destra, lo farà grande ed ammirabile di generazione in generazione e manifesterà al mondo la sua grandezza e santità»
287. «Con ardente zelo fate in modo che in tutta la vostra famiglia sia temuto, venerato e riverito il santo nome del nostro Signore, Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe. Avrete inoltre grande sollecitudine nel favorire i bisognosi e i poveri, per quanto sarà possibile. Arricchiteli con i beni temporali, che l'Altissimo con generosità vi ha concesso affinché con la medesima liberalità li dispensiate agli indigenti. Spettano più a loro che a voi, in quanto tutti siamo figli di un solo Padre che sta nei cieli e al quale appartiene l'intero creato e non è ragionevole che, essendo il padre ricco, voglia che un figlio sia facoltoso e che suo fratello viva povero ed abbandonato. In ciò sarete molto gradita al Dio delle misericordie immortale. Continuate quello che fate ed eseguite ciò che avete pensato, poiché Zaccaria lo rimette alla vostra dispensazione. Con tale permesso potete essere generosa. Con tutte le tribolazioni che il Signore vi manderà, confermerete la vostra speranza e con le creature sarete benigna, mansueta, umile, affabile e molto paziente con intimo giubilo dell'anima, benché alcune di esse siano strumento del vostro esercizio e della vostra corona. Benedite eternamente il Signore per gli altissimi misteri che vi ha manifestato e domandategli la salvezza delle anime con incessante amore e zelo. E pregherete per me la sua grandezza, che mi guidi e diriga, affinché io dispensi degnamente e con suo compiacimento il mistero che la sua bontà immensa ha affidato a così vile e povera serva. Mandate avviso al mio sposo, affinché venga ad accompagnarmi nel ritorno; frattanto, disponete la circoncisione del vostro bambino e chiamatelo Giovanni perché tale nome gli ha dato l'Altissimo ed è decreto della sua immutabile volontà».
288. Queste ed altre parole di vita eterna, dette da Maria santissima, produssero nel cuore di Elisabetta effetti tanto divini che la santa restò per qualche tempo assorta ed ammutolita per la forza dello spirito che la illuminava, ammaestrava e sublimava in pensieri e sentimenti così elevati, perché l'Altissimo si serviva delle parole della sua madre purissima come di strumento per vivificare e rinnovare il cuore della sua serva. Questa, poi, quando si fu un po' calmato il suo pianto, parlò e disse: «Signora mia e regina di tutto il creato, sono ammutolita tra il dolore e la consolazione. Udite le parole dell'intimo del mio cuore, poiché qui si formano quelle che io non posso manifestare. I miei sentimenti vi diranno ciò che la mia lingua non può pronunciare. All'Onnipotente rimetto il contraccambio dei favori che mi fate, perché egli è il rimuneratore di quanto noi poveri riceviamo. Solo vi chiedo che, essendo voi in tutto la mia protezione e la causa di ogni mio bene, mi otteniate grazia e forza per mettere in pratica il vostro insegnamento e tollerare la privazione della vostra dolce compagnia, perché è molto grande il mio dolore».
289. Si trattò immediatamente della circoncisione del bambino di Elisabetta, perché già si avvicinava il tempo determinato dalla legge. Secondo il costume dei giudei, specialmente dei nobili, si riunirono nella casa di Zaccaria molti suoi parenti e conoscenti e si misero a parlare del nome da dare al bambino. Erano soliti, infatti, riflettere e consultarsi molto su ciò ed era loro uso discutere il nome che si doveva porre ai figli. In questa occasione, inoltre, la ragione era straordinaria per la nobiltà di Zaccaria e di santa Elisabetta e perché tutti consideravano la meraviglia del suo avere concepito e partorito, essendo vecchia e sterile, e supponevano che in ciò si racchiudesse qualche grande mistero. Zaccaria era ancora muto e così fu necessario che presiedesse quella riunione sua moglie santa Elisabetta. Oltre all'alto concetto ed alla venerazione che tutti avevano di lei, ella, dopo la visita e la conoscenza della Regina del cielo e dei suoi misteri e la lunga conversazione avuta con lei, era così rinnovata e sublimata in santità che tutti i parenti, i vicini e molti altri si accorsero di tale mutamento; infatti, anche dal viso lasciava trasparire un certo splendore, che la rendeva ammirabile, e si conobbe in lei il riverbero dei raggi della Divinità, nella cui vicinanza viveva.
290. L'umilissima signora Maria santissima fu presente a questa riunione, perché santa Elisabetta con molta insistenza le chiese tale favore e la fece arrendere su ciò frapponendo una specie di comando molto rispettoso ed umile. La grande Signora ubbidì, ma solo dopo avere ottenuto dall'Altissimo che non la facesse conoscere e non manifestasse nessuno dei suoi segreti benefici per clii fosse applaudita e celebrata. L'umilissima fra gli umili conseguì il suo desiderio. E siccome quelli del mondo lasciano umiliare coloro che non si manifestano e contraddistinguono con ostentazione, non ci fu chi riflettesse su di lei con attenzione particolare, salvo la sola santa Elisabetta, la quale la mirava con interna ed esterna venerazione e riconosceva che dalla sua direzione era regolata la buona riuscita di quella determinazione. Avvenne subito ciò che è riferito nel Vangelo di san Luca, cioè che alcuni chiamavano il bambino Zaccaria, come suo padre; ma la prudente madre, assistita dalla Maestra santissima, disse: «No, si chiamerà Giovanni». I parenti replicarono che nessuno della loro stirpe aveva portato tale nome, poiché sempre si è avuto grande stima dei più illustri antenati per imitarli in qualche cosa. Santa Elisabetta, però, insistette nuovamente perché il bambino si chiamasse Giovanni.
291. Benché Zaccaria si trovasse muto, i parenti desideravano sapere attraverso dei segni ciò che egli sentiva in ordine a questo. Facendo egli intendere che gli porgessero una penna, scrisse: Giovanni è il suo nome. Mentre scriveva, Maria santissima, usando la potestà di regina concessale da Dio sopra la natura, comandò al mutismo di Zaccaria di lasciarlo libero ed alla sua lingua di sciogliersi e benedire il Signore, perché ne era giunto il momento. A questo comando divino, Zaccaria fu liberato e cominciò a parlare, con meraviglia e timore di tutti gli astanti, come dice il Vangelo. Se è verità che il santo arcangelo Gabriele, come appare dal medesimo Vangelo, disse a Zaccaria che per la sua incredulità sarebbe restato muto finché si fosse adempiuto quanto gli annunciava, questo non ècontrario a quello che qui dico, perché il Signore quando rivela qualche decreto della sua divina volontà, benché efficace e assoluto, non sempre spiega i mezzi con cui lo deve eseguire, così come li prevede nella sua conoscenza infinita. L'angelo dichiarò a Zaccaria la pena della sua incredulità nel mutismo, ma non gli disse che gli sarebbe stato tolto per intercessione di Maria santissima, benché Dio lo avesse previsto e determinato.
292. Come la voce di Maria signora nostra fu strumento della santificazione del bambino Giovanni e di sua madre Elisabetta, così il suo segreto comando e la sua preghiera fecero in modo che si sciogliesse la lingua di Zaccaria ed egli fosse riempito di Spirito Santo e del dono della profezia. Allora, questi parlò e disse: «Benedetto il Signore Dio d'Israele, perché ha visitato e redento il suo popolo, e ha suscitato per noi una salvezza potente nella casa di Davide, suo servo, come aveva promesso per bocca dei suoi santi profrti d'un tempo: salvezza dai nostri nemici, e dalle mani di quanti ci odiano. Così egli ha concesso misericordia ai nostri padri e si è ricordato della sua santa alleanza, del giuramento fatto ad Abramo, nostro padre, di concederci, liberati dalle mani dei nemici, di servirlo senza timore, in santità e giustizia al suo cospetto, per tutti i nostri giorni. E tu, bambino, sarai chiamato profeta dell'Altissimo perché andrai innanzi al Signore a preparargli le strade, per dare al suo popolo la conoscenza della salvezza nella remissione dei suoi peccati, grazie alla bontà misericordiosa del nostro Dio, per cui verrà a visitarci dall'alto un sole che sorge per rischiarare quelli che stanno nelle tenebre e nell'ombra della morte e dirigere i nostri passi sulla via della pace ».
293. Zaccaria in questo cantico compendiò i sublimi arcani che tutti gli antichi profeti avevano espresso più diffusamente riguardo alla divinità e all'umanità di Cristo, e alla redenzione da lui operata. In poche parole racchiuse molti e grandi misteri, che penetrò con la copiosa grazia che illuminò il suo spirito e lo innalzò con ardentissimo fervore davanti a coloro che erano presenti alla circoncisione di suo figlio, perché tutti videro il miracolo per cui gli si sciolse la lingua e profetizzò. Non mi sarà facile spiegare quanto profondamente il santo sacerdote li penetrò.
294. Disse: Benedetto il Signore Dio d'Israele, conoscendo che, mentre il Signore poteva operare la redenzione del suo popolo e dargli la salvezza eterna con il solo suo volere e con la sola sua parola, non si valse solo del suo potere, ma anche della sua immensa bontà e misericordia. Così, il medesimo Figlio dell'eterno Padre scese a visitare il suo popolo come fratello nella natura umana, maestro nell'insegnamento e nell'esempio e redentore nella vita, passione e morte di croce. Zaccaria conobbe allora l'unione delle due nature nella persona del Verbo e con chiarezza soprannaturale vide questo grande mistero già operato nel talamo verginale di Maria santissima. Comprese similmente l'esaltazione dell'umanità del Verbo con il trionfo che Cristo Dio e uomo doveva conseguire dando la salvezza eterna al genere umano, secondo le promesse divine fatte a Davide suo padre e antenato. Seppe anche che questa stessa promessa era stata fatta al mondo per mezzo delle profezie dei santi e dei profeti sin dalla sua fondazione, perché già da allora Dio aveva cominciato a predisporre la natura e ordinare la grazia per la venuta del suo Figlio, dirigendo fin da Adamo tutte le sue opere a questo felice fine.
295. Comprese come l'Altissimo aveva ordinato che con questi mezzi conseguissimo la salvezza e la vita eterna, che i nostri nemici avevano perso per la loro superbia e per la loro pertinace disubbidienza, a causa delle quali erano stati precipitati nell'abisso, ed i posti che sarebbero spettati loro, se fossero stati ubbidienti, erano stati destinati a quelli che sarebbero stati tali fra i mortali. Conobbe che da allora si erano rivolti contro questi l'inimicizia e l'odio del serpente antico, concepiti contro Dio stesso, nella cui mente divina noi stavamo allora racchiusi e decretati dalla sua eterna e santa volontà. Comprese anche che, essendo i nostri progenitori Adamo ed Eva decaduti dalla sua amicizia e grazia, egli li aveva rialzati e posti in luogo e stato di speranza e non li aveva abbandonati né castigati come gli angeli ribelli; anzi, per assicurare i loro discendenti della misericordia che usava con loro, aveva inviato e destinato i vaticini e le figure, con cui aveva disposto l'antica alleanza che egli doveva ratificare e compiere nella nuova con la venuta del Salvatore. Ne aveva fatto la promessa al nostro padre Abramo con la fermezza del giuramento di renderlo padre del suo popolo e della fede, affinché questa speranza avesse maggiore solidità ed affinché, assicurati da così ammirabile e potente beneficio come fu il prometterci e donarci il suo medesimo Figlio fatto uomo insieme alla libertà di figli di adozione, nella quale per mezzo di lui saremmo stati rigenerati, servissimo lo stesso Dio senza timore dei nostri nemici, già vinti ed abbattuti dal nostro Redentore.
296. Affinché comprendessimo quanto il Verbo eterno ci aveva acquistato con la sua venuta per servire con libertà l'Altissimo, disse che aveva rinnovato il mondo con la santità e la giustizia e fondato la sua nuova legge di grazia per tutti i giorni del secolo presente e per quelli di ciascuno dei figli della Chiesa, nella quale questi devono vivere in santità e giustizia, dal momento che possono farlo. Poiché Zaccaria conobbe in suo figlio Giovanni il principio del compimento di così grandi misteri, che la divina luce gli mostrava, rivolgendosi a lui si congratulò e profetizzando gli palesò la sua dignità, la sua santità ed il suo ministero. Disse: E tu, bambino, sarai chiamato profeta dell'Altissimo, perché andrai innanzi al suo volto, che è la sua divinità, a preparargli le vie con la luce che darai al suo popolo circa la venuta del suo Redentore, affinché con la tua predicazione i giudei abbiano notizia e conoscenza della loro salvezza eterna, che è Cristo nostro Signore, Messia loro promesso, lo ricevano disponendosi con un battesimo di conversione per il perdono dei peccati e sappiano che egli viene per la remissione delle loro colpe e di quelle di tutto il mondo. A tutto questo, infatti, lo mossero le viscere della sua misericordia, per la quale, e non per i nostri meriti, si degnò di visitarci, nascendo e discendendo dall'alto, dal seno del suo eterno Padre, per dare luce a quelli che, ignorando la verità per così lunghi secoli, sono stati e stanno come seduti nelle tenebre e nell'ombra dell'eterna morte e per indirizzare i loro ed i nostri passi sulla via della vera pace che aspéttiamo.
297. Zaccaria comprese per rivelazione divina tutti questi misteri con la più grande pienezza e profondità e li racchiuse nella sua profezia. Alcuni di coloro che, presenti, lo ascoltarono furono anche illuminati con i raggi della luce dell'Altissimo per conoscere che era già arrivato il tempo del Messia e l'adempimento delle antiche profezie. Per questo, di fronte a così nuovi prodigi e a tali meraviglie, stupefatti dicevano: «Che sarà mai questo bambino, con il quale la mano del Signore si mostra tanto potente ed ammirabile?». Il bambino fu poi circonciso e gli posero il nome di Giovanni; in ciò suo padre e sua madre concordarono miracolosamente. Essi adempirono la legge in tutto. Queste meraviglie si divulgarono per le montagne della Giudea.
298. Regina e signora dell'intero creato, stupefatta da queste opere meravigliose compiute per vostro intervento dal braccio dell'Onnipotente nei vostri servi Elisabetta, Giovanni e Zaccaria, considero come in esse la divina Provvidenza e la vostra rara discrezione agirono in modo diverso. La vostra dolcissima parola servi come strumento perché il figlio e la madre venissero santificati con la pienezza dello Spirito Santo, e questa opera fu nascosta ed eseguita in segreto. Affinché, poi, Zaccaria parlasse e venisse illuminato, intervennero solo la vostra preghiera ed il vostro nascosto comando; questo beneficio fu manifesto ai circostanti, i quali conobbero la grazia del Signore nel santo sacerdote. Ignoro la ragione di questi prodigi e presento alla vostra benignità la mia ignoranza, affinché come mia maestra mi guidiate.
Risposta ed insegnamento della Regina e signora del mondo
299. Figlia mia, per due ragioni rimasero nascosti gli effetti divini che il mio Figlio santissimo operò per mezzo mio in san Giovanni ed in sua madre, ma non quelli compiuti in Zaccaria. L'una fu che Elisabetta mia serva parlò con chiarezza in lode del Verbo incarnato nel mio grembo ed in lode mia, ma non era ancora opportuno che il mistero e la mia dignità venissero rivelati tanto espressamente, perché la venuta del Messia si doveva manifestare con altri mezzi più convenienti. L'altra ragione fu che non tutti i cuori erano disposti come quello di Elisabetta per accogliere così preziosa e nuova semenza e non avrebbero ricevuto misteri tanto sublimi con la dovuta venerazione. Inoltre, il sacerdote Zaccaria, per la sua dignità, era più adatto per manifestare ciò che era allora opportuno rivelare; da lui gli altri potevano ricevere il principio della luce con più favorevole disposizione che da santa Elisabetta alla presenza di suo marito. Ciò che questa disse fu riservato per il tempo debito. Sebbene le parole del Signore portino in se stesse la forza, infatti, il sacerdote era mezzo più idoneo per persone ignoranti nei misteri divini.
300. Conveniva similmente accreditare ed onorare la dignità sacerdotale, perché l'Altissimo ha tanta stima dei sacerdoti che, se in essi trova la dovuta disposizione, sempre li esalta e comunica loro il suo spirito, affinché il mondo li abbia in venerazione, come suoi eletti ed unti; in loro le meraviglie del Signore si manifestano con meno rischi. Se essi corrispondessero alla propria dignità, le loro sarebbero opere di serafini ed il loro aspetto quello di angeli tra le altre creature. Il loro volto dovrebbe risplendere come quello di Mosè, quando uscì dalla conversazione con il Signore. Almeno, devono comunicare con gli altri uomini in modo che si facciano rispettare e venerare dopo lo stesso Dio. Voglio manifestarti, o carissima, che oggi l'Altissimo è molto sdegnato con il mondo per le offese che riceve al riguardo tanto dai sacerdoti quanto dai laici: dai sacerdoti, perché, dimentichi della loro altissima dignità, la oltraggiano facendosi vili, spregevoli, troppo confidenziali, e molti anche scandalosi, dando cattivo esempio al mondo per il disprezzo che hanno della loro santificazione; dai laici, poi, dato che sono temerari ed arroganti contro gli unti del Signore, poiché, sebbene questi siano imperfetti e di vita non lodevole, essi devono onoraili e venerarli sulla terra in luogo di Cristo mio figlio santissimo.
301. Pure per questa venerazione dovuta al sacerdote mi comportai differentemente con Zaccaria e con santa Elisabetta. Anche se l'Altissimo ordinò che io fossi il canale e lo strumento per comunicare loro il suo divino Spirito, io salutai Elisabetta in modo tale da mostrare con la voce del mio saluto una certa superiorità per comandare al peccato originale che suo figlio aveva e che da quel momento doveva essergli perdonato per mezzo delle mie parole, rimanendo pieni di Spirito Santo il figlio e la madre. Poiché io non avevo contratto il peccato originale, ma ne ero libera ed immune, usai un modo imperioso in quella occasione, comandandogli come signora che aveva trionfato su di esso per esserne stata preservata dall'Altissimo, e non come vittima della schiavitù comune a tutti i figli di Adamo che peccarono in lui. Per liberare Giovanni da questa servitù e prigionia del peccato, il Signore volle che io comandassi con autorità, come colei che non gli era mai stata soggetta. Non salutai, però, Zaccaria in questo modo, ma pregai per lui, serbandogli la riverenza richiesta dalla sua dignità e dalla mia modestia. Anzi, per il rispetto che si deve al sacerdote, neppure avrei comandato alla sua lingua di sciogliersi, anche se lo feci in modo mentale e nascosto, se non me lo avesse ordinato l'Altissimo, facendomi anche conoscere che la persona del sacerdote non era ben disposta a causa dell'imperfezione e del difetto del mutismo, perché egli con tutte le sue facoltà deve stare pronto per il servizio e la lode del Signore. Poiché del rispetto per i sacerdoti ti parlerò in un altra occasione, basti adesso questo per rispondere al tuo dubbio.
302. L'insegnamento che ora ti do è questo: procura di venire ammaestrata nel cammino della virtù e della vita eterna da tutte le persone con le quali avrai a che fare, siano esse superiori o inferiori. In questo imiterai ciò che operò verso di me la mia serva Elisabetta, chiedendo a tutti nel modo e con la prudenza convenienti che ti istruiscano, perché per mezzo di questa umiltà il Signore dispone talvolta la buona direzione e riuscita ed invia la sua luce divina; così farà con te, se procederai con sincera discrezione e zelo della virtù. Fa' anche in modo di non dare spazio in te ad alcuna adulazione e fuggi le conversazioni nelle quali appare, perché questo fascino oscura la luce e perverte la mente imprudente. Il Signore con le anime che ama molto è tanto geloso che si ritira nell'istante stesso in cui esse accettano lodi dagli uomini e si compiacciono delle loro adulazioni, perché con questa leggerezza si rendono indegne dei suoi favori. Non è possibile che stiano insieme in un'anima l'adulazione del mondo ed i regali dell'Altissimo, i quali sono veri, santi, puri, stabili e umiliano, purificano, pacificano ed illuminano il cuore. Al contrario, le carezze e le lusinghe delle creature sono vane, incostanti, fallaci, impure e menzognere, come uscite dalla bocca di quelli che non cessano mai di mentire; e tutto ciò che è menzogna, è opera del nemico.
303. Il tuo Sposo, figlia mia carissima, non vuole che i tuoi orecchi ascoltino o accolgano favole false e terrene né che le adulazioni del mondo le macchino ed infettino; perciò, voglio che contro tutti questi inganni velenosi tu le tenga chiuse e difese, custodendole con forza, affinché non giungano a percepirli. Se il tuo padrone e Signore si diletta di parlarti al cuore con parole di vita eterna, sarà ben ragionevole che, per ricevere le sue carezze ed attendere al suo amore, tu ti renda insensibile, sorda e morta a tutto ciò che è terreno e che tutto sia tormento e morte per te. Considera che gli sei debitrice di favori grandi e che tutto l'inferno unito insieme vuole pervertire la tua natura, valendosi della sua debolezza, in modo che sia arrendevole con le creature ed ingrata al Dio eterno. Veglia e resistigli salda nella fede 33 del tuo amato Signore e sposo.
11 marzo 1974. Grandi nell'amore.
Don Stefano Gobbi
«Hai avuto oggi come un segno: la conferma di quanto ti amo, figlio. Ho permesso che proprio fino all'ultimo, tutto fosse contro, a quanto Io ti avevo predetto; poi, quasi in maniera miracolosa, è avvenuto quanto ti avevo promesso. È perché ti voglio far crescere nella fiducia in Me. Ti devi lasciar condurre da questa fiducia senza mai opporre resistenza, anzi quasi da essa portato e condotto in ogni momento della tua giornata. Sollevati sempre più in alto, fino a vivere abitualmente nel mio Cuore Immacolato. Allora l'essere abitualmente in Me sarà come l'aria per la tua anima, che ti consentirà di respirare e di vivere. Ogni Sacerdote che si è consacrato al mio Cuore Immacolato e che partecipa del mio Movimento è chiamato a vivere così. Talvolta il mio Cuore si rattrista nel vedere che dei figli a Me consacrati non sono totalmente miei. Non mi donano tutto: perché si tengono ancora qualcosa? Nulla, nulla devono più possedere: devono essere solo bambini, i miei bambini più piccoli. Poiché Io li chiamo ad essere grandi nell'amore, nella santità, nell'eroismo, essi devono diventare i più piccoli. Oh, non ancora i miei Sacerdoti sono tutti i miei piccoli figli; ma Io li renderò così, perché solo così essi potranno crescere nella fiducia verso di Me. Quando saranno perfetti nell'infanzia dello spirito, quando la loro sola preoccupazione sarà quella di lasciarsi condurre dalla fiducia in Me, allora saranno pronti per il mio grande disegno. Figli miei, lasciatevi formare e lavorare da Me. Senza che voi stessi e gli altri si accorgano, Io completamente vi trasformerò, vi darò grandi doni di amore, vi chiamerò ad una sempre più profonda unione con Me. Per questo vi chiedo di affidarvi a Me: se questa donazione non sarà perfetta, voi mi legherete le mani e Io stessa non potrò operare secondo il mio volere. Oh, datevi completamente a Me, figli miei generosi e prediletti! »