Liturgia delle Ore - Letture
Mercoledi della 3° settimana del tempo di Quaresima
Vangelo secondo Giovanni 12
1Sei giorni prima della Pasqua, Gesù andò a Betània, dove si trovava Lazzaro, che egli aveva risuscitato dai morti.2E qui gli fecero una cena: Marta serviva e Lazzaro era uno dei commensali.3Maria allora, presa una libbra di olio profumato di vero nardo, assai prezioso, cosparse i piedi di Gesù e li asciugò con i suoi capelli, e tutta la casa si riempì del profumo dell'unguento.4Allora Giuda Iscariota, uno dei suoi discepoli, che doveva poi tradirlo, disse:5"Perché quest'olio profumato non si è venduto per trecento denari per poi darli ai poveri?".6Questo egli disse non perché gl'importasse dei poveri, ma perché era ladro e, siccome teneva la cassa, prendeva quello che vi mettevano dentro.7Gesù allora disse: "Lasciala fare, perché lo conservi per il giorno della mia sepoltura.8I poveri infatti li avete sempre con voi, ma non sempre avete me".
9Intanto la gran folla di Giudei venne a sapere che Gesù si trovava là, e accorse non solo per Gesù, ma anche per vedere Lazzaro che egli aveva risuscitato dai morti.10I sommi sacerdoti allora deliberarono di uccidere anche Lazzaro,11perché molti Giudei se ne andavano a causa di lui e credevano in Gesù.
12Il giorno seguente, la gran folla che era venuta per la festa, udito che Gesù veniva a Gerusalemme,13prese dei rami di palme e uscì incontro a lui gridando:
'Osanna!
Benedetto colui che viene nel nome del Signore,'
il re d'Israele!
14Gesù, trovato un asinello, vi montò sopra, come sta scritto:
15'Non temere, figlia di Sion!
Ecco, il tuo re viene,
seduto sopra un puledro d'asina.'
16Sul momento i suoi discepoli non compresero queste cose; ma quando Gesù fu glorificato, si ricordarono che questo era stato scritto di lui e questo gli avevano fatto.17Intanto la gente che era stata con lui quando chiamò Lazzaro fuori dal sepolcro e lo risuscitò dai morti, gli rendeva testimonianza.18Anche per questo la folla gli andò incontro, perché aveva udito che aveva compiuto quel segno.19I farisei allora dissero tra di loro: "Vedete che non concludete nulla? Ecco che il mondo gli è andato dietro!".
20Tra quelli che erano saliti per il culto durante la festa, c'erano anche alcuni Greci.21Questi si avvicinarono a Filippo, che era di Betsàida di Galilea, e gli chiesero: "Signore, vogliamo vedere Gesù".22Filippo andò a dirlo ad Andrea, e poi Andrea e Filippo andarono a dirlo a Gesù.23Gesù rispose: "È giunta l'ora che sia glorificato il Figlio dell'uomo.24In verità, in verità vi dico: se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto.25Chi ama la sua vita la perde e chi odia la sua vita in questo mondo la conserverà per la vita eterna.26Se uno mi vuol servire mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servo. Se uno mi serve, il Padre lo onorerà.27Ora l'anima mia è turbata; e che devo dire? Padre, salvami da quest'ora? Ma per questo sono giunto a quest'ora!28Padre, glorifica il tuo nome". Venne allora una voce dal cielo: "L'ho glorificato e di nuovo lo glorificherò!".
29La folla che era presente e aveva udito diceva che era stato un tuono. Altri dicevano: "Un angelo gli ha parlato".30Rispose Gesù: "Questa voce non è venuta per me, ma per voi.31Ora è il giudizio di questo mondo; ora il principe di questo mondo sarà gettato fuori.32Io, quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me".33Questo diceva per indicare di qual morte doveva morire.34Allora la folla gli rispose: "Noi abbiamo appreso dalla Legge che il Cristo rimane in eterno; come dunque tu dici che il Figlio dell'uomo deve essere elevato? Chi è questo Figlio dell'uomo?".35Gesù allora disse loro: "Ancora per poco tempo la luce è con voi. Camminate mentre avete la luce, perché non vi sorprendano le tenebre; chi cammina nelle tenebre non sa dove va.36Mentre avete la luce credete nella luce, per diventare figli della luce".
Gesù disse queste cose, poi se ne andò e si nascose da loro.
37Sebbene avesse compiuto tanti segni davanti a loro, non credevano in lui;38perché si adempisse la parola detta dal profeta Isaia:
'Signore, chi ha creduto alla nostra parola?
E il braccio del Signore a chi è stato rivelato?'
39E non potevano credere, per il fatto che Isaia aveva detto ancora:
40'Ha reso ciechi i loro occhi
e ha indurito il loro cuore,
perché non vedano con gli occhi
e non comprendano con il cuore, e si convertano
e io li guarisca!'
41Questo disse Isaia quando vide la sua gloria e parlò di lui.42Tuttavia, anche tra i capi, molti credettero in lui, ma non lo riconoscevano apertamente a causa dei farisei, per non essere espulsi dalla sinagoga;43amavano infatti la gloria degli uomini più della gloria di Dio.
44Gesù allora gridò a gran voce: "Chi crede in me, non crede in me, ma in colui che mi ha mandato;45chi vede me, vede colui che mi ha mandato.46Io come luce sono venuto nel mondo, perché chiunque crede in me non rimanga nelle tenebre.47Se qualcuno ascolta le mie parole e non le osserva, io non lo condanno; perché non sono venuto per condannare il mondo, ma per salvare il mondo.48Chi mi respinge e non accoglie le mie parole, ha chi lo condanna: la parola che ho annunziato lo condannerà nell'ultimo giorno.49Perché io non ho parlato da me, ma il Padre che mi ha mandato, egli stesso mi ha ordinato che cosa devo dire e annunziare.50E io so che il suo comandamento è vita eterna. Le cose dunque che io dico, le dico come il Padre le ha dette a me".
Esdra 5
1Ma i profeti Aggeo e Zaccaria figlio di Iddo si rivolsero ai Giudei che erano in Giuda e a Gerusalemme, profetando in nome del Dio d'Israele, che li ispirava.2Allora Zorobabele figlio di Sealtiel, e Giosuè figlio di Iozadàk subito ripresero a costruire il tempio di Gerusalemme; con essi erano i profeti di Dio, che li incoraggiavano.3In quel tempo Tatténai, governatore della regione d'Oltrefiume, Setar-Boznai e i loro colleghi vennero da loro e dissero: "Chi vi ha dato ordine di ricostruire questa casa e di rialzare questa cinta di mura?4Chi sono e come si chiamano gli uomini che costruiscono questo edificio?".5Ma l'occhio vigile del loro Dio era sugli anziani dei Giudei: quelli non li costrinsero a desistere dai lavori in attesa che fosse portata a Dario una interpellanza e ne venisse in risposta un decreto su questo affare.
6Copia della lettera che Tatténai, governatore dell'Oltrefiume, Setar-Boznai e i loro colleghi, funzionari dell'Oltrefiume, mandarono al re Dario.7Gli mandarono un rapporto in cui era scritto: "Al re Dario salute perfetta!8Sia noto al re che siamo andati nella provincia della Giudea, al tempio del grande Dio: esso viene ricostruito con blocchi di pietra; si mette legname nelle pareti; questo lavoro viene fatto con diligenza e progredisce nelle loro mani.9Allora abbiamo interrogato quegli anziani e abbiamo loro detto: Chi ha dato ordine di ricostruire questo tempio e di rialzare questa cinta di mura?10Inoltre abbiamo domandato i loro nomi, per farteli conoscere; così abbiamo scritto il nome degli uomini che stanno loro a capo.11Essi hanno risposto: Noi siamo servitori del Dio del cielo e della terra e ricostruiamo il tempio che fu costruito una volta, or sono molti anni. Un grande re d'Israele lo ha costruito e lo ha portato a termine.12Ma poiché i nostri padri hanno provocato all'ira il Dio del cielo, egli li ha messi nelle mani di Nabucodònosor re di Babilonia, il Caldeo, che distrusse questo tempio e deportò a Babilonia il popolo.13Ma nel primo anno di Ciro re di Babilonia, il re Ciro ha dato ordine di ricostruire questo tempio;14inoltre gli arredi del tempio, d'oro e d'argento, che Nabucodònosor aveva portato via dal tempio di Gerusalemme e trasferito al tempio di Babilonia, il re Ciro li ha fatti togliere dal tempio di Babilonia e li ha fatti consegnare a un tale di nome Sesbassar, che egli aveva costituito governatore.15Ciro gli disse: Prendi questi arredi, portali nel tempio di Gerusalemme e fa' in modo che il tempio sia ricostruito al suo posto.16Allora questo Sesbassar venne, gettò le fondamenta del tempio in Gerusalemme e da allora fino ad oggi esso è in costruzione, ma non è ancora finito.17Ora, se piace al re, si cerchi negli archivi del re in Babilonia se vi è un decreto emanato dal re Ciro per ricostruire questo tempio in Gerusalemme: e ci si mandi la decisione del re".
Qoelet 12
1Ricòrdati del tuo creatore
nei giorni della tua giovinezza,
prima che vengano i giorni tristi
e giungano gli anni di cui dovrai dire:
"Non ci provo alcun gusto",
2prima che si oscuri il sole,
la luce, la luna e le stelle
e ritornino le nubi dopo la pioggia;
3quando tremeranno i custodi della casa
e si curveranno i gagliardi
e cesseranno di lavorare le donne che macinano,
perché rimaste in poche,
e si offuscheranno quelle che guardano dalle finestre
4e si chiuderanno le porte sulla strada;
quando si abbasserà il rumore della mola
e si attenuerà il cinguettio degli uccelli
e si affievoliranno tutti i toni del canto;
5quando si avrà paura delle alture
e degli spauracchi della strada;
quando fiorirà il mandorlo
e la locusta si trascinerà a stento
e il cappero non avrà più effetto,
poiché l'uomo se ne va nella dimora eterna
e i piagnoni si aggirano per la strada;
6prima che si rompa il cordone d'argento
e la lucerna d'oro s'infranga
e si rompa l'anfora alla fonte
e la carrucola cada nel pozzo
7e ritorni la polvere alla terra, com'era prima,
e lo spirito torni a Dio che lo ha dato.
8Vanità delle vanità, dice Qoèlet,
e tutto è vanità.
9Oltre a essere saggio, Qoèlet insegnò anche la scienza al popolo; ascoltò, indagò e compose un gran numero di massime.
10Qoèlet cercò di trovare pregevoli detti e scrisse con esattezza parole di verità.11Le parole dei saggi sono come pungoli; come chiodi piantati, le raccolte di autori: esse sono date da un solo pastore.12Quanto a ciò che è in più di questo, figlio mio, bada bene: i libri si moltiplicano senza fine ma il molto studio affatica il corpo.
13Conclusione del discorso, dopo che si è ascoltato ogni cosa: Temi Dio e osserva i suoi comandamenti, perché questo per l'uomo è tutto.
14Infatti, Dio citerà in giudizio ogni azione, tutto ciò che è occulto, bene o male.
Salmi 103
1'Di Davide.'
Benedici il Signore, anima mia,
quanto è in me benedica il suo santo nome.
2Benedici il Signore, anima mia,
non dimenticare tanti suoi benefici.
3Egli perdona tutte le tue colpe,
guarisce tutte le tue malattie;
4salva dalla fossa la tua vita,
ti corona di grazia e di misericordia;
5egli sazia di beni i tuoi giorni
e tu rinnovi come aquila la tua giovinezza.
6Il Signore agisce con giustizia
e con diritto verso tutti gli oppressi.
7Ha rivelato a Mosè le sue vie,
ai figli d'Israele le sue opere.
8Buono e pietoso è il Signore,
lento all'ira e grande nell'amore.
9Egli non continua a contestare
e non conserva per sempre il suo sdegno.
10Non ci tratta secondo i nostri peccati,
non ci ripaga secondo le nostre colpe.
11Come il cielo è alto sulla terra,
così è grande la sua misericordia su quanti lo temono;
12come dista l'oriente dall'occidente,
così allontana da noi le nostre colpe.
13Come un padre ha pietà dei suoi figli,
così il Signore ha pietà di quanti lo temono.
14Perché egli sa di che siamo plasmati,
ricorda che noi siamo polvere.
15Come l'erba sono i giorni dell'uomo,
come il fiore del campo, così egli fiorisce.
16Lo investe il vento e più non esiste
e il suo posto non lo riconosce.
17Ma la grazia del Signore è da sempre,
dura in eterno per quanti lo temono;
la sua giustizia per i figli dei figli,
18per quanti custodiscono la sua alleanza
e ricordano di osservare i suoi precetti.
19Il Signore ha stabilito nel cielo il suo trono
e il suo regno abbraccia l'universo.
20Benedite il Signore, voi tutti suoi angeli,
potenti esecutori dei suoi comandi,
pronti alla voce della sua parola.
21Benedite il Signore, voi tutte, sue schiere,
suoi ministri, che fate il suo volere.
22Benedite il Signore, voi tutte opere sue,
in ogni luogo del suo dominio.
Benedici il Signore, anima mia.
Daniele 13
1Abitava in Babilonia un uomo chiamato Ioakìm,2il quale aveva sposato una donna chiamata Susanna, figlia di Chelkìa, di rara bellezza e timorata di Dio.3I suoi genitori, che erano giusti, avevano educato la figlia secondo la legge di Mosè.4Ioakìm era molto ricco e possedeva un giardino vicino a casa ed essendo stimato più di ogni altro i Giudei andavano da lui.5In quell'anno erano stati eletti giudici del popolo due anziani: erano di quelli di cui il Signore ha detto: "L'iniquità è uscita da Babilonia per opera di anziani e di giudici, che solo in apparenza sono guide del popolo".6Questi frequentavano la casa di Ioakìm e tutti quelli che avevano qualche lite da risolvere si recavano da loro.7Quando il popolo, verso il mezzogiorno, se ne andava, Susanna era solita recarsi a passeggiare nel giardino del marito.8I due anziani che ogni giorno la vedevano andare a passeggiare, furono presi da un'ardente passione per lei:9persero il lume della ragione, distolsero gli occhi per non vedere il Cielo e non ricordare i giusti giudizi.10Eran colpiti tutt'e due dalla passione per lei,11ma l'uno nascondeva all'altro la sua pena, perché si vergognavano di rivelare la brama che avevano di unirsi a lei.12Ogni giorno con maggior desiderio cercavano di vederla. Un giorno uno disse all'altro:13"Andiamo pure a casa: è l'ora di desinare" e usciti se ne andarono.14Ma ritornati indietro, si ritrovarono di nuovo insieme e, domandandosi a vicenda il motivo, confessarono la propria passione. Allora studiarono il momento opportuno di poterla sorprendere sola.
15Mentre aspettavano l'occasione favorevole, Susanna entrò, come al solito, con due sole ancelle, nel giardino per fare il bagno, poiché faceva caldo.16Non c'era nessun altro al di fuori dei due anziani nascosti a spiarla.17Susanna disse alle ancelle: "Portatemi l'unguento e i profumi, poi chiudete la porta, perché voglio fare il bagno".18Esse fecero come aveva ordinato: chiusero le porte del giardino ed entrarono in casa dalla porta laterale per portare ciò che Susanna chiedeva, senza accorgersi degli anziani poiché si erano nascosti.19Appena partite le ancelle, i due anziani uscirono dal nascondiglio, corsero da lei e le dissero:20"Ecco, le porte del giardino sono chiuse, nessuno ci vede e noi bruciamo di passione per te; acconsenti e datti a noi.21In caso contrario ti accuseremo; diremo che un giovane era con te e perciò hai fatto uscire le ancelle".22Susanna, piangendo, esclamò: "Sono alle strette da ogni parte. Se cedo, è la morte per me; se rifiuto, non potrò scampare dalle vostre mani.23Meglio però per me cadere innocente nelle vostre mani che peccare davanti al Signore!".24Susanna gridò a gran voce. Anche i due anziani gridarono contro di lei25e uno di loro corse alle porte del giardino e le aprì.
26I servi di casa, all'udire tale rumore in giardino, si precipitarono dalla porta laterale per vedere che cosa stava accadendo.27Quando gli anziani ebbero fatto il loro racconto, i servi si sentirono molto confusi, perché mai era stata detta una simile cosa di Susanna.
28Il giorno dopo, tutto il popolo si adunò nella casa di Ioakìm, suo marito e andarono là anche i due anziani pieni di perverse intenzioni per condannare a morte Susanna.29Rivolti al popolo dissero: "Si faccia venire Susanna figlia di Chelkìa, moglie di Ioakìm". Mandarono a chiamarla30ed essa venne con i genitori, i figli e tutti i suoi parenti.31Susanna era assai delicata d'aspetto e molto bella di forme;32aveva il velo e quei perversi ordinarono che le fosse tolto per godere almeno così della sua bellezza.33Tutti i suoi familiari e amici piangevano.
34I due anziani si alzarono in mezzo al popolo e posero le mani sulla sua testa.35Essa piangendo alzò gli occhi al cielo, con il cuore pieno di fiducia nel Signore.36Gli anziani dissero: "Mentre noi stavamo passeggiando soli nel giardino, è venuta con due ancelle, ha chiuse le porte del giardino e poi ha licenziato le ancelle.37Quindi è entrato da lei un giovane che era nascosto, e si è unito a lei.38Noi che eravamo in un angolo del giardino, vedendo una tale nefandezza, ci siamo precipitati su di loro e li abbiamo sorpresi insieme.39Non abbiamo potuto prendere il giovane perché, più forte di noi, ha aperto la porta ed è fuggito.40Abbiamo preso lei e le abbiamo domandato chi era quel giovane, ma lei non ce l'ha voluto dire. Di questo noi siamo testimoni".41La moltitudine prestò loro fede poiché erano anziani e giudici del popolo e la condannò a morte.42Allora Susanna ad alta voce esclamò: "Dio eterno, che conosci i segreti, che conosci le cose prima che accadano,43tu lo sai che hanno deposto il falso contro di me! Io muoio innocente di quanto essi iniquamente hanno tramato contro di me".44E il Signore ascoltò la sua voce.
45Mentre Susanna era condotta a morte, il Signore suscitò il santo spirito di un giovanetto, chiamato Daniele,46il quale si mise a gridare: "Io sono innocente del sangue di lei!".
47Tutti si voltarono verso di lui dicendo: "Che vuoi dire con le tue parole?".48Allora Daniele, stando in mezzo a loro, disse: "Siete così stolti, Israeliti? Avete condannato a morte una figlia d'Israele senza indagare la verità!49Tornate al tribunale, perché costoro hanno deposto il falso contro di lei".
50Il popolo tornò subito indietro e gli anziani dissero a Daniele: "Vieni, siedi in mezzo a noi e facci da maestro, poiché Dio ti ha dato il dono dell'anzianità".51Daniele esclamò: "Separateli bene l'uno dall'altro e io li giudicherò".52Separati che furono, Daniele disse al primo: "O invecchiato nel male! Ecco, i tuoi peccati commessi in passato vengono alla luce,53quando davi sentenze ingiuste opprimendo gli innocenti e assolvendo i malvagi, mentre il Signore ha detto: Non ucciderai il giusto e l'innocente.54Ora dunque, se tu hai visto costei, di': sotto quale albero tu li hai visti stare insieme?". Rispose: "Sotto un lentisco".55Disse Daniele: "In verità, la tua menzogna ricadrà sulla tua testa. Già l'angelo di Dio ha ricevuto da Dio la sentenza e ti spaccherà in due".56Allontanato questo, fece venire l'altro e gli disse: "Razza di Canaan e non di Giuda, la bellezza ti ha sedotto, la passione ti ha pervertito il cuore!57Così facevate con le donne d'Israele ed esse per paura si univano a voi. Ma una figlia di Giuda non ha potuto sopportare la vostra iniquità.58Dimmi dunque, sotto quale albero li hai trovati insieme?". Rispose: "Sotto un leccio".59Disse Daniele: "In verità anche la tua menzogna ti ricadrà sulla testa. Ecco l'angelo di Dio ti aspetta con la spada in mano per spaccarti in due e così farti morire".
60Allora tutta l'assemblea diede in grida di gioia e benedisse Dio che salva coloro che sperano in lui.61Poi insorgendo contro i due anziani, ai quali Daniele aveva fatto confessare con la loro bocca di aver deposto il falso, fece loro subire la medesima pena alla quale volevano assoggettare il prossimo62e applicando la legge di Mosè li fece morire. In quel giorno fu salvato il sangue innocente.63Chelkìa e sua moglie resero grazie a Dio per la figlia Susanna insieme con il marito Ioakìm e tutti i suoi parenti, per non aver trovato in lei nulla di men che onesto.64Da quel giorno in poi Daniele divenne grande di fronte al popolo.
Lettera agli Ebrei 13
1Perseverate nell'amore fraterno.2Non dimenticate l'ospitalità; alcuni, praticandola, hanno accolto degli angeli senza saperlo.3Ricordatevi dei carcerati, come se foste loro compagni di carcere, e di quelli che soffrono, essendo anche voi in un corpo mortale.4Il matrimonio sia rispettato da tutti e il talamo sia senza macchia. I fornicatori e gli adùlteri saranno giudicati da Dio.
5La vostra condotta sia senza avarizia; accontentatevi di quello che avete, perché Dio stesso ha detto: 'Non ti lascerò e non ti abbandonerò'.6Così possiamo dire con fiducia:
'Il Signore è il mio aiuto, non temerò.
Che mi potrà fare l'uomo?'
7Ricordatevi dei vostri capi, i quali vi hanno annunziato la parola di Dio; considerando attentamente l'esito del loro tenore di vita, imitatene la fede.8Gesù Cristo è lo stesso ieri, oggi e sempre!9Non lasciatevi sviare da dottrine diverse e peregrine, perché è bene che il cuore venga rinsaldato dalla grazia, non da cibi che non hanno mai recato giovamento a coloro che ne usarono.10Noi abbiamo un altare del quale non hanno alcun diritto di mangiare quelli che sono al servizio del Tabernacolo.11Infatti i corpi degli animali, il cui sangue vien portato nel santuario dal sommo sacerdote per i peccati, vengono bruciati fuori dell'accampamento.12Perciò anche Gesù, per santificare il popolo con il proprio sangue, patì fuori della porta della città.13Usciamo dunque anche noi dall'accampamento e andiamo verso di lui, portando il suo obbrobrio,14perché non abbiamo quaggiù una città stabile, ma cerchiamo quella futura.15Per mezzo di lui dunque offriamo continuamente un sacrificio di lode a Dio, cioè il frutto di labbra che confessano il suo nome.
16Non scordatevi della beneficenza e di far parte dei vostri beni agli altri, perché di tali sacrifici il Signore si compiace.
17Obbedite ai vostri capi e state loro sottomessi, perché essi vegliano su di voi, come chi ha da renderne conto; obbedite, perché facciano questo con gioia e non gemendo: ciò non sarebbe vantaggioso per voi.
18Pregate per noi, poiché crediamo di avere una buona coscienza, desiderando di comportarci bene in tutto.19Con maggiore insistenza poi vi esorto a farlo, perché possa esservi restituito al più presto.
20Il Dio della pace che ha fatto tornare dai morti il Pastore grande delle pecore, 'in virtù del sangue di un'alleanza eterna', il Signore nostro Gesù,21vi renda perfetti in ogni bene, perché possiate compiere la sua volontà, operando in voi ciò che a lui è gradito per mezzo di Gesù Cristo, al quale sia gloria nei secoli dei secoli. Amen.
22Vi raccomando, fratelli, accogliete questa parola di esortazione; proprio per questo molto brevemente vi ho scritto.23Sappiate che il nostro fratello Timòteo è stato messo in libertà; se arriva presto, vi vedrò insieme con lui.24Salutate tutti i vostri capi e tutti i santi. Vi salutano quelli d'Italia. La grazia sia con tutti voi.
Capitolo XX: L'amore della solitudine e del silenzio
Leggilo nella Biblioteca1. Cerca il tempo adatto per pensare a te e rifletti frequentemente sui benefici che vengono da Dio. Tralascia ogni cosa umanamente attraente; medita argomenti che ti assicurino una compunzione di spirito, piuttosto che un modo qualsiasi di occuparti. Un sufficiente spazio di tempo, adatto per dedicarti a buone meditazioni, lo troverai rinunciando a fare discorsi inutilmente oziosi e ad ascoltare chiacchiere sugli avvenimenti del giorno. I più grandi santi evitavano, per quanto possibile, di stare con la gente e preferivano stare appartati, al servizio di Dio. E' stato detto: ogni volta che andai tra gli uomini ne ritornai meno uomo di prima (Seneca, Epist. VII, 3). E ne facciamo spesso esperienza, quando stiamo a lungo a parlare con altri. Tacere del tutto è più facile che evitare le intemperanze del discorrere, come è più facile stare chiuso in casa che sapersi convenientemente controllare fuori casa. Perciò colui che vuole giungere alla spiritualità interiore, deve, insieme con Gesù, ritirarsi dalla gente. Soltanto chi ama il nascondimento sta in mezzo alla gente senza errare; soltanto chi ama il silenzio parla senza vaneggiare; soltanto chi ama la sottomissione eccelle senza sbagliare; soltanto chi ama obbedire comanda senza sgarrare; soltanto colui che è certo della sua buona coscienza possiede gioia perfetta.
2. Però, anche nei santi, questo senso di sicurezza ebbe fondamento nel timore di Dio. Essi brillarono per straordinarie virtù e per grazia, ma non per questo furono meno fervorosi e intimamente umili. Il senso di sicurezza dei cattivi scaturisce, invece, dalla superbia e dalla presunzione; e , alla fine, si muta in inganno di se stessi. Non sperare di avere sicurezza in questo mondo, anche se sei ritenuto buon monaco o eremita devoto; spesso, infatti, coloro che sembravano eccellenti agli occhi degli uomini sono stati messi nelle più gravi difficoltà. Per molte persone è meglio dunque non essere del tutto esenti da tentazioni ed avere sovente da lottare contro di queste, affinché non siamo troppo sicure di sé, non abbiamo per caso a montare in superbia o addirittura a volgersi sfrenatamente a gioie terrene. Quale buona coscienza manterrebbe colui che non andasse mai cercando le gioie passeggere e non si lasciasse prendere dal mondo! Quale grande pace, quale serenità avrebbe colui che sapesse stroncare ogni vano pensiero, meditando soltanto intorno a ciò che attiene a Dio e alla salute dell'anima, e ponendo ben fissa ogni sua speranza in Dio! Nessuno sarà degno del gaudio celeste, se non avrà sottoposto pazientemente se stesso al pungolo spirituale. Ora, se tu vuoi sentire dal profondo del cuore questo pungolo, ritirati nella tua stanza, lasciando fuori il tumulto del mondo, come sta scritto: pungolate voi stessi, nelle vostre stanze (Sal 4,4). Quello che fuori, per lo più, vai perdendo, lo troverai nella tua cella; la quale diventa via via sempre più cara, mentre reca noi soltanto a chi vi sta di mal animo. Se, fin dall'inizio della tua venuta in convento, starai nella tua cella, e la custodirai con buona disposizione d'animo, essa diventerà per te un'amica diletta e un conforto molto gradito.
3. Nel silenzio e nella quiete l'anima devota progredisce e apprende il significato nascosto delle Scritture; nel silenzio e nella quiete trova fiumi di lacrime per nettarsi e purificarsi ogni notte, e diventa tanto più intima al suo creatore quanto più sta lontana da ogni chiasso mondano. Se, dunque, uno si sottrae a conoscenti e ad amici, gli si farà vicino Iddio, con gli angeli santi. E' cosa migliore starsene appartato a curare il proprio perfezionamento, che fare miracoli, dimenticando se stessi. Cosa lodevole, per colui che vive in convento, andar fuori di rado, evitare di apparire, persino schivare la gente. Perché mai vuoi vedere ciò che non puoi avere? "Il mondo passa, e passano i suoi desideri" (1Gv 2,17). I desideri dei sensi portano a vagare con la mente; ma, passato il momento, che cosa ne ricavi se non un peso sulla coscienza e una profonda dissipazione? Un'uscita piena di gioia prepara spesso un ritorno pieno di tristezza; una veglia piena di letizia rende l'indomani pieno di amarezza; ogni godimento della carne penetra con dolcezza, ma alla fine morde e uccide. Che cosa puoi vedere fuori del monastero, che qui tu non veda? Ecco, qui hai il cielo e la terra e tutti glie elementi dai quali sono tratte tutte le cose. Che cosa altrove potrai vedere, che possa durare a lungo sotto questo sole? Forse credi di poterti saziare pienamente; ma a ciò non giungerai. Ché, se anche tu vedessi tutte le cose di questo mondo, che cosa sarebbe questo, se non un sogno senza consistenza? Leva i tuoi occhi in alto, a Dio, e prega per i tuoi peccati e per le tue mancanze. Lascia le vanità alla gente vana; e tu attendi invece a quello che ti ha comandato Iddio. Chiudi dietro di te la tua porta, chiama a te Gesù, il tuo diletto, e resta con lui nella cella; ché una sì grande pace altrove non la troverai. Se tu non uscirai e nulla sentirai dal chiasso mondano, resterai più facilmente in una pace perfetta. E poiché talvolta sentire cose nuove reca piacere, occorre che tu sappia sopportare il conseguente turbamento dell'animo.
DISCORSO 152 DALLE PAROLE SEGUENTI DELL'APOSTOLO (ROM 7, 8. 1-4); FINO A: " DIO HA MANDATO IL PROPRIO FIGLIO IN UNA CARNE SIMILE A QUELLA DEL PECCATO ", ECC.
Discorsi - Sant'Agostino
Leggilo nella BibliotecaNon c'è difficoltà nell'oscurità del senso quando aiuta lo Spirito Santo.
1. La Carità vostra deve ricordare che ho trattato per voi una questione difficilissima da una Lettera dell'apostolo Paolo [nel discorso precedente], in cui egli dice: Infatti non quello che voglio io faccio, ma quello che detesto, quello io faccio 1. Perciò quelli che siete intervenuti ricordate: siate ora presenti con lo spirito per aggiungere questo a ciò che avete ascoltato. Prosegue infatti la lettura che è stata proclamata oggi, che certamente il lettore ha iniziato da quel punto. Dio ha mandato il proprio Figlio in una carne simile a quella del peccato e, in vista del peccato, ha condannato il peccato nella carne; perché la giustizia della legge si adempisse in noi, in modo che non camminiamo secondo la carne, ma secondo lo spirito 2. Ma il testo che è stato letto allora e non è stato commentato, è questo che segue: Io dunque, con la mente, servo la legge di Dio; con la carne, invece, la legge del peccato. Non c'è più dunque nessuna condanna per quelli che sono in Cristo Gesù. Poiché la legge dello spirito di vita in Cristo Gesù ti ha liberato dalla legge del peccato e della morte. Infatti ciò era impossibile alla legge perché la carne la rendeva impotente 3. E segue ciò che è stato letto oggi: Dio ha mandato il proprio Figlio in una carne simile a quella del peccato. Non c'è difficoltà nell'oscurità del senso quando aiuta lo Spirito Santo. Così ci aiuti per le vostre preghiere; perché è preghiera a Dio lo stesso desiderio, in quanto volete capire. Bisogna quindi che da lui vi attendiate l'aiuto. Noi infatti, come contadini nel campo, lavoriamo all'esterno. Ma se non ci fosse alcuno che operasse all'interno, né il seme si fisserebbe al terreno, né la cima spunterebbe nel campo, né potrebbe irrobustirsi lo stelo e giungere a diventare tronco; né rami, né frutti, né foglie potrebbero nascere. Per questo appunto l'Apostolo, facendo distinzione tra il lavoro degli operai e l'azione del Creatore, ha detto: Io ho piantato, Apollo ha irrigato, ma Dio ha fatto crescere. E ha aggiunto: Né chi pianta è qualche cosa, né chi irriga, ma Dio che fa crescere 4. Se Dio non fa crescere all'interno, è inutile questa voce che risuona alle vostre orecchie. Se invece fa crescere, ha valore un qualche cosa che piantiamo e irrighiamo, e non è inutile la nostra fatica.
Si tratta il medesimo argomento.
2. Vi ho già detto che quanto afferma l'Apostolo: Con la mente servo la legge di Dio, con la carne, invece, la legge del peccato 5, va inteso in questo modo: che alla carne dovete concedere niente di più dei desideri, senza i quali non può esistere. Ma, se avrete assecondato desideri perversi, e non avrete combattuto contro di essi, vinti, piangerete; ed è auspicabile che finiate col piangere, per non perdere sensibilità al rimorso. Quindi, per quanto è nei nostri voti, nella nostra volontà, nella nostra preghiera, quando diciamo: Non c'indurre in tentazione, ma liberaci dal male 6, aspiriamo certamente a questo: a che non esistano desideri perversi nella nostra carne. Ma non siamo in grado di conseguirlo finché viviamo quaggiù. Per questo afferma: Ma non c'è in me la capacità di attuarlo 7. Che ho il potere di fare? Non assecondare il desiderio perverso. Non c'è in me la capacità di attuare di non avere un desiderio perverso. Rimane, in questa lotta che, rifiutandosi la mente di consentire agli appetiti perversi, tu serva la legge di Dio; e non che tu serva la legge del peccato, mentre la carne ribolle di concupiscenza al di fuori del tuo assenso. La carne segue i suoi desideri; segui anche tu i tuoi. I desideri suoi da te non vengono soffocati, non vengono spenti; che non si estinguano i tuoi, così che, impegnandoti nella lotta, tu non sia fatto schiavo perché vinto.
Il male della concupiscenza nei battezzati non comporta colpa.
3. Così l'Apostolo prosegue dicendo: Non c'è più nessuna condanna per quelli che sono in Cristo Gesù 8. Anche se hanno gli appetiti della carne, che non assecondano, e se la legge nelle loro membra si oppone alla legge della loro mente, e vuole renderla schiava, tuttavia è perché, per la grazia del Battesimo e del lavacro della rigenerazione, è stata cancellata anche la stessa colpa con la quale eri nato. E tutto ciò che anteriormente hai consentito alla perversa concupiscenza - sia si tratti di qualsiasi turpitudine, sia di qualsiasi delitto, sia di qualunque maligno pensiero, sia di qualunque cattiva espressione -, tutte queste colpe sono state cancellate in quel fonte nel quale sei entrato schiavo, da dove sei uscito libero; dunque, poiché le cose stanno così: Non c'è più alcuna condanna per quelli che sono in Cristo Gesù 9. Prima c'è stata, ora non ce n'è alcuna. Da uno solo tutti condannati. La generazione aveva fatto questo male, la rigenerazione ha fatto questo bene. La legge dello Spirito di vita in Cristo Gesù, ti ha liberato dalla legge del peccato e della morte 10. E' presente nelle membra, ma non ti rende colpevole. Ne sei stato liberato; da libero, combatti; ma bada a non lasciarti vincere, per diventare di nuovo schiavo. Ti affatichi lottando ma ti rallegrerai nel trionfo.
Si deve evitare l'errore dei Manichei.
4. Ma vi ho detto, e dovete ricordarlo in particolar modo, perché non sia che, forse a causa di questa lotta - senza la quale l'uomo non può esistere, anche colui che vive nella giustizia: anzi è chi vive nella giustizia a trovarsi in essa, giacché chi non vive secondo giustizia non combatte ma si lascia sedurre -, a causa dunque di ciò arriviate a pensare all'esistenza di due nature derivanti da princìpi opposti, come vaneggiano i Manichei, come se il corpo non proceda da Dio. E' falso. Sia l'anima che il corpo procedono da Dio. Ma la natura umana, a causa del peccato, meritò questa lite in se stessa. E' dunque un'infermità: viene risanata, e sparisce. Il contrasto che ora esiste tra lo spirito e la carne è ordinato alla concordia; lo spirito si sforza in questo senso, a che la carne sia in armonia con esso. Allo stesso modo che in una casa abbiano un litigio il marito e la moglie; il marito deve preoccuparsi di questo, di rendere remissiva la moglie. La moglie resa docile si assoggetti al marito; sottomessa la moglie al marito, ecco la pace nella casa.
Triplice legge: la legge del peccato, la legge della fede, la legge delle opere.
5. Ma avendo detto: La legge dello spirito di vita in Cristo Gesù ti ha liberato dalla legge del peccato e della morte, ha presentato tali leggi alla nostra comprensione. Consideratele e distinguete: tale discernimento è molto necessario per voi. La legge - ha detto - dello spirito di vita, ecco una legge; ti ha liberato dalla legge del peccato e della morte, ecco una seconda legge. E prosegue: Ciò era impossibile alla legge perché la carne la rendeva impotente 11, ecco una terza legge. Oppure una sola legge è forse la sintesi delle due? Indaghiamo e, con l'aiuto del Signore, accertiamocene. Di quella legge buona che ha detto? La legge dello spirito di vita ti ha liberato dalla legge del peccato e della morte. Non ha detto che questa sia stata senza efficienza: Ti ha liberato - ha detto - la legge dello spirito di vita dalla legge del peccato e della morte. Quella legge buona ti ha liberato da questa legge cattiva. Qual è dunque la legge cattiva? Nelle mie membra vedo un'altra legge che muove guerra alla legge della mia mente, e mi rende schiavo della legge del peccato che è nelle mie membra 12. Per quale ragione anch'essa è chiamata " legge "? E' perfettamente giusto. Si è verificato in modo del tutto legittimo che all'uomo, il quale non volle obbedire al suo Signore, non fosse soggetta la propria carne. Sopra di te il tuo Signore, soggetta a te la tua carne. Obbedisci al più grande di te, perché ti serva chi è inferiore a te. Hai disprezzato chi ti è superiore, sei tormentato da ciò che ti è inferiore. Questa è dunque la legge del peccato, questa è anche la legge della morte. Infatti, a causa del peccato, la morte. Il giorno che ne mangiaste, morireste 13. Perciò questa legge del peccato seduce lo spirito e si sforza di assoggettarlo. Ma mi compiaccio della legge di Dio secondo l'uomo interiore 14. Appunto per questo avviene quella lotta, e proprio in quel combattimento si dice: Con la mente servo la legge di Dio, con la carne invece la legge del peccato. La legge dello spirito di vita ti ha liberato dalla legge del peccato e della morte 15. Allora come ti ha liberato quella legge dello spirito di vita? Anzitutto ha dato il perdono di tutti i peccati. Questa è infatti la legge di cui nel Salmo si dice a Dio: Abbi pietà di me secondo la tua legge 16. Legge di misericordia, legge di fede, non di opere. Qual è allora la legge delle opere? Avete già sentito esporre la legge buona della fede: La legge dello spirito di vita ti ha liberato dalla legge del peccato e della morte. Avete sentito anche dell'altra legge del peccato e della morte. Infatti ciò era impossibile alla legge perché la carne la rendeva impotente. Questa è dunque la legge che è stata nominata al terzo posto, quasi non raggiunga non so che cosa; ma quella legge dello spirito di vita porta a compimento, perché ti ha liberato dalla legge del peccato e della morte. Pertanto tale legge, che è stata nominata al terzo posto, la stessa legge che fu data al popolo per mezzo di Mosè sul monte Sinai, proprio questa è detta la legge delle opere. Questa sa minacciare, non soccorrere; sa comandare, non aiutare. E' proprio la legge che ha detto: Non desiderare. Al riguardo dice l'Apostolo: Non avrei conosciuto la concupiscenza se la legge non avesse detto: Non desiderare. E a che mi ha giovato l'aver detto la legge: Non desiderare? Il peccato infatti, prendendo occasione da questo comandamento, mi ha sedotto e, per mezzo di esso, mi ha dato la morte 17. Mi è stato imposto di non desiderare, e non ho osservato i comandi ma sono stato vinto. Prima della legge sono stato peccatore; ricevuta la legge, sono stato trasgressore. Il peccato infatti, prendendo occasione da questo comandamento, mi ha sedotto e, per mezzo di esso, mi ha dato la morte.
La Legge di Mosè è difesa contro i manichei.
6. Così - dice - la legge è veramente santa. Buona è dunque anche questa legge (perché anche questa riprovano i Manichei, come la carne). Di essa dice l'Apostolo: Così la legge è veramente santa e santo e giusto e buono è il comandamento. Ciò che è bene è allora diventato morte per me? No davvero! Ma il peccato per rivelarsi peccato, mi ha dato la morte servendosi di ciò che è bene. Sono parole dell'Apostolo, considerate e state attenti. Così la legge è veramente santa. Che così santo quanto: Non desiderare? Non sarebbe colpevole la prevaricazione della legge se questa stessa non fosse buona. Se non fosse infatti buona, non sarebbe invero una colpa trasgredire una cosa cattiva. Poiché in realtà è una colpa trasgredirla, di conseguenza è buona. Che così buono quanto: Non desiderare? Quindi la legge è veramente santa e santo e giusto e buono è il comandamento. Come insiste! come inculca! Quasi grida contro i calunniatori. Che dici, Manicheo? E' cattiva la legge che è stata data per mezzo di Mosè? E' cattiva, dicono. Che mostruosità! Che sfacciataggine! Tu hai detto una volta sola: " cattiva "; ascolta l'Apostolo che dice: La legge è veramente santa e santo e giusto e buono è il comandamento. Finalmente tu taci? Ciò che è bene - dice - è allora diventato morte per me? No davvero. Ma il peccato, per rivelarsi peccato, mi ha dato la morte servendosi di ciò che è bene. Anche qui dice: servendosi di ciò che è bene, e così accusa il reo senza cessare di lodare la legge. Servendosi di ciò che è bene - dice - mi ha procurato la morte. Per quale bene? Il comandamento. Per quale bene? La legge. Come ha procurato la morte? Per rivelarsi peccato; perché apparisse oltre misura peccato, peccando servendosi del comandamento 18. Perciò, oltre misura. Quando peccava, mancando il comandamento, era cosa abituale; quando peccò, servendosi del comandamento, oltrepassò la misura. Infatti quando uno non si trova di fronte ad un divieto, ritiene di agire bene; ricevuto il divieto, comincia a non voler fare: è vinto, è sedotto, è soggiogato; non gli resta altro che invocare la grazia, poiché non ha potuto osservare la legge.
Tre leggi.
7. E per questo, quella legge, di cui è stato detto: Infatti la legge dello spirito di vita ti ha liberato dalla legge del peccato e della morte 19, è la legge della fede, è la legge dello Spirito, è la legge della grazia, è la legge della misericordia. In realtà quella del peccato e della morte non è la legge di Dio, ma del peccato e della morte. Quell'altra, in verità, di cui dice l'Apostolo: La legge è santa e santo e giusto e buono il comandamento 20, è la legge di Dio, ma dei fatti, la legge delle opere; la legge delle opere, quella che impone, non giova; è la legge che ti rivela il peccato, non lo cancella. Da una legge ti è rivelato il peccato, da un'altra viene cancellato. Due sono i Testamenti: il Vecchio e il Nuovo. Ascolta le parole dell'Apostolo: Ditemi voi che volete essere sotto la legge: non sentite forse che dice la legge? Sta scritto infatti che Abramo ebbe due figli, uno dalla schiava e uno dalla libera. Ma quello dalla schiava è nato secondo la carne; quello dalla donna libera in virtù della promessa. Ora, tali cose sono dette per allegoria. Queste infatti sono i due Testamenti, uno quello del monte Sinai, che genera nella schiavitù rappresentata da Agar, schiava di Sara, che fu data ad Abramo e generò schiavo Ismaele. E' dunque il Vecchio Testamento, rappresentato da Agar, che genera nella schiavitù. Invece la Gerusalemme di lassù è libera ed è la nostra madre 21. Così i figli della grazia sono i figli della libera: i figli della lettera sono i figli della schiava. Cerca i figli della schiava: La lettera uccide. Cerca i figli della libera: Lo spirito, invece, dà vita 22. La legge dello Spirito di vita in Cristo Gesù ti ha liberato dalla legge del peccato e della morte, da cui non ti ha potuto liberare la legge della lettera. Infatti ciò era impossibile alla legge perché la carne la rendeva impotente 23. Poiché la tua carne era ribelle, la tua carne ti assoggettava; ascoltava la legge e più stimolava la tua concupiscenza. Perciò la legge della lettera era resa impotente a causa della carne; per questo alla legge della lettera era impossibile liberare dalla legge del peccato e della morte.
Solo la carne di Cristo non è carne di peccato.
8. Dio mandò il proprio Figlio in una carne simile a quella del peccato 24, non nella carne del peccato. Davvero nella carne, ma non nella carne del peccato. Perciò, ogni altra carne degli uomini è carne del peccato; la sola carne di lui non è carne del peccato, perché la madre non lo concepì dalla concupiscenza, ma dalla grazia. Avendo tuttavia la somiglianza della carne del peccato, per questo poté essere e allevato, e aver fame, e aver sete, e dormire, e affaticarsi, e morire. Dio mandò il proprio Figlio in una carne simile a quella del peccato.
In vista del peccato, come in Cristo è condannato il peccato.
9. E in vista del peccato egli ha condannato il peccato nella carne. In vista di quale peccato? Che peccato? In vista del peccato egli ha condannato il peccato nella carne; perché la giustizia della legge si adempisse in noi. Si adempia ormai in noi quella giustizia della legge; ormai quella giustizia che è comandata si adempia in noi per mezzo dello Spirito che aiuta: cioè per mezzo dello Spirito di vita, la legge della lettera si adempia in noi, che non camminiamo secondo la carne, ma secondo lo Spirito 25. Allora in vista di che peccato, quale peccato ha condannato il Signore? Vedo, vedo certo quale peccato ha condannato, vedo perfettamente: Ecco l'Agnello di Dio che toglie il peccato dal mondo 26. Quale peccato? Egli ha condannato ogni peccato, ogni nostro peccato. Ma con che peccato? Egli non aveva peccato; di lui è stato detto: Egli non commise peccato, né si trovò inganno nella sua bocca 27. Assolutamente nessuno, né ereditandolo, né aggiungendolo personalmente; non ebbe alcun peccato, né di origine né di ingiustizia personale. La vergine ne dimostra l'origine; anche la sua santa condotta di vita dimostra a sufficienza che egli non ha commesso nulla che fosse degno di morte. Per questo afferma: Ecco, viene il principe di questo mondo (indicando il diavolo), ma in me non troverà nulla. Non troverà motivo di farmi morire il principe della morte. E allora perché muori? Ma perché tutti sappiano che io faccio la volontà del Padre mio. Andiamo via da qui 28. E s'incamminò alla passione, verso la morte, morte volontaria, non di necessità, ma per libera decisione. Ho il potere di offrire la mia vita e il potere di riprenderla di nuovo. Nessuno me la toglie, ma la offro da me stesso e di nuovo la riprendo 29. Se ti stupisci del suo potere, comprendi la sua maestà. Cristo parla come parla Dio.
L'opinione di alcuni sul passo dell'Apostolo.
10. Allora con quale peccato condannò il peccato? Alcuni trovarono un modo d'intendere e giunsero ad una interpretazione ammissibile. Ma, a mio modo di vedere, fu tuttavia ridottissima la loro possibilità d'indagare che cosa abbia voluto dire l'Apostolo. Non dettero, però, un'interpretazione distorta: a voi dico prima questa, quindi espongo il mio pensiero e ciò che la stessa divina Scrittura afferma essere assolutamente certo. Richiedendosi loro: Con quale peccato condannò il peccato? Aveva il peccato? Risposero così: Con il peccato condannò il peccato, con il peccato non suo; tuttavia con il peccato condannò il peccato. Di chi il peccato allora, se non con il suo? Con il peccato di Giuda, con il peccato dei Giudei. Come infatti versò il sangue in remissione dei peccati? Perché fu crocifisso. Da chi fu crocifisso? Dai Giudei. Chi il traditore? Giuda. Giuda lo tradì quando i Giudei gli diedero la morte. Fecero bene o peccarono? Peccarono. Ecco con quale peccato condannò il peccato. E' stato detto bene ed è stato detto con verità, perché anche con il peccato dei Giudei Cristo condannò ogni peccato, perché, facendosi quelli persecutori, versò il sangue con il quale cancellò ogni peccato. Nondimeno, fa' attenzione a quel che vuol dire l'Apostolo in un altro passo: In nome di Cristo - egli dice - noi fungiamo da ambasciatori, come se Dio esortasse per mezzo nostro; vi supplichiamo in nome di Cristo, cioè come se Cristo vi supplicasse, noi vi supplichiamo in suo nome, lasciatevi riconciliare con Dio. E prosegue: Colui che non aveva conosciuto peccato... Dio - con il quale vi supplichiamo di essere riconciliati -, fece peccato a nostro favore, perché noi potessimo diventare giustizia di Dio per mezzo di lui 30, colui che non aveva conosciuto peccato, cioè Cristo-Dio, lui il Cristo, che non aveva conosciuto peccato. Si può forse intendere qui il peccato di Giuda, il peccato dei Giudei, il peccato di qualsiasi altro uomo, dal momento che senti dire: Colui che non aveva conosciuto peccato lo fece peccato in nostro favore? Chi? Nei confronti di chi? Dio nei confronti di Cristo, Dio fece Cristo peccato in nostro favore. Non ha detto: Dio lo fece peccatore in nostro favore, ma lo fece peccato. Se è un'empietà dire che Cristo abbia peccato, chi può tollerare che Cristo sia " peccato "? Eppure non possiamo contraddire l'Apostolo. Non gli possiamo dire: Che è ciò che vai dicendo? Poiché, dicendolo all'Apostolo, lo diciamo a Cristo stesso. Afferma infatti in un altro passo: O magari volete averne una prova che Cristo parla in me? 31
Una più certa interpretazione dell'Apostolo. In che modo Cristo fu trattato da peccatore.
11. Com'è dunque? La Carità vostra veda di comprendere un grande e profondo mistero. Sarete felici se ne avrete desiderato la comprensione e giungerete ad amarlo. Veramente, precisamente, Cristo Signore nostro, Gesù Salvatore nostro, Redentore nostro è stato fatto peccato perché noi fossimo giustizia di Dio in lui. In che modo? Ascoltate la legge. Coloro che conoscono sanno quel che io dico; e quelli che non conoscono leggano, oppure ascoltino. Nella legge erano chiamati " peccati " anche i sacrifici che si offrivano per i peccati. Quando la vittima per il peccato veniva portata, eccoti che dice la legge: I sacerdoti posino le loro mani sul peccato 32; cioè sulla vittima per il peccato. E che altro è Cristo se non sacrificio per il peccato? Come anche Cristo - dice - vi ha amato, e ha dato se stesso per voi, offrendosi a Dio in sacrificio di soave odore 33. Ecco con quale peccato condannò il peccato: con il sacrificio che egli divenne per i peccati, con esso condannò il peccato. Proprio questa è la legge dello spirito di vita, la quale ti ha liberato dalla legge del peccato e della morte 34. Perché quella legge, l'altra, la legge della lettera, la legge che comanda è senza dubbio buona; santo, e giusto e buono il comandamento 35; ma era impotente a causa della carne 36; dunque ciò che comandava non si poteva adempiere in noi. Così una legge, come dicevo inizialmente, ti può far conoscere il peccato, l'altra lo può cancellare; la legge della lettera può far conoscere il peccato, la legge della grazia può togliere il peccato.
1 - Rm 7, 15.
2 - Rm 8, 3-4.
3 - 1 Cor 3, 6-7.
4 - 1 Cor 3, 6-7.
5 - Rm 7, 25.
6 - Mt 6, 13.
7 - Rm 7, 18.
8 - Rm 8, 1.
9 - Rm 5, 16.
10 - Rm 8, 2.
11 - Rm 8, 3.
12 - Rm 7, 23.
13 - Gn 2, 17.
14 - Rm 7, 22.
15 - Rm 7, 25.
16 - Sal 118, 29.
17 - Rm 7, 7-8.
18 - Rm 7, 13.
19 - Rm 7, 9.
20 - Ibidem.
21 - Gal 4, 21-26.
22 - 2 Cor 3, 6.
23 - Rm 8, 3.
24 - Ibidem.
25 - Rm 8, 4.
26 - Gv 1, 29.
27 - 1 Pt 2, 22.
28 - Gv 14, 30-31.
29 - Gv 14, 30-31.
30 - 2 Cor 5, 20-21.
31 - 2 Cor 13, 3.
32 - Lv 4,
33 - Ef 5, 2.
34 - Gv 8, 2.
35 - Gv 7, 12.
36 - Ibidem.
Il castello interiore: quinte mansioni
Il castello interiore - Santa Teresa d'Avila
Leggilo nella BibliotecaCapitolo 1
In che modo l'anima si unisca a Dio durante l'orazione, e come conoscere se vi sia inganno
1 - In che modo, sorelle, vi potrei parlare delle ricchezze, dei tesori e delle delizie che si trovano nelle quinte mansioni? Di queste, come di quelle che ancora restano, sarebbe meglio non parlare, perché non vi sono termini sufficienti, come non vi è intelletto per comprenderle, né paragoni per spiegarle.
Le cose della terra sono troppo basse per servire a questo scopo. Ma siccome Voi, o Signor mio, vi siete compiaciuto che alcune delle vostre serve ne godano tanto spesso, mandate luce dal cielo affinché io le sappia illuminare, premunendole contro gli inganni del demonio quando si trasformerà in angelo di luce. Dopo tutto, esse non desiderano che di piacervi.
2 - Ho detto che in queste mansioni ne entrano soltanto alcune, mentre avrei dovuto dire che solo pochissime non vi entrano.
Anzi, siccome vi è il più e il meno, penso che certe particolarità siano soltanto di poche. Tuttavia, arrivare anche solo alle porte è sempre una grande grazia di Dio, perché molti sono i chiamati e pochi gli eletti. Così di noi che portiamo questo sacro abito del Carmine.
Tutte siamo chiamate all'orazione e alla contemplazione perché in ciò è la nostra origine e siamo progenie di quei santi Padri del monte Carmelo che in grande solitudine e nel totale disprezzo del mondo cercavano questa gioia, questa preziosa margherita di cui parliamo: eppure in poche ci disponiamo per ottenere che Dio ce la scopra.
Quanto all'esteriore si va bene, ma quanto alle virtù necessarie per arrivare a detto stato, ci manca ancora moltissimo, per cui non dobbiamo mai trascurarci, né in poco né in molto.
Facciamoci coraggio, sorelle mie, e siccome un po' di cielo lo possiamo godere fin da ora, supplichiamo il Signore a concederci di non rimanerne prive per nostra colpa, ma a mostrarcene la strada e a fortificarci l'anima, onde scavare sino a scoprire questo tesoro nascosto che sta dentro di noi. Se Dio si compiacerà di aiutarmi, ve ne dirò qualche cosa.
3 - Ho detto che ci fortifichi l'anima, acciocché intendiate che le forze del corpo, se Dio non le dà, non sono necessarie. Non solo Egli non impedisce ad alcuno di acquistarsi le sue ricchezze, ma si contenta che ognuno gli dia ciò che ha. Sia benedetto per sempre un così grande Signore!
Badate però, figliuole mie, che per acquistarvi ciò che dico, Egli esige che non vi riserviate nulla. Sia poco o molto quello che avete, lo vuol tutto per sé. Più o meno grandi saranno le grazie che ne avrete, ma sempre in proporzione di quello che vedrete di aver dato: per sapere se la nostra orazione arrivi o non arrivi all'unione, non vi è prova migliore.
Non crediate che questa orazione somigli al sonno, come la precedente: dico sonno in quanto che l'anima sembra che sia mezzo assopita, perché se pare che non sia del tutto addormentata, non si sente neppure sveglia.
Qui invece è addormentata - e addormentata profondamente - non solo a tutte le cose della terra, ma pure a se stessa, tanto che per la breve durata di questo fenomeno essa rimane così fuori di sé, da non poter formare alcun pensiero, neppure volendolo. Qui per sospendere il pensiero non c'è proprio da ricorrere ad alcuna industria. Se ama, non sa come, né chi; se vuole, non sa cosa vuole: è come se sia morta al mondo per più vivere in Dio.
4 - Ma è una morte deliziosa: morte, perché l'anima si sottrae a tutte le operazioni che può avere dall'unione col corpo; deliziosa, perché sembra che si separi dal corpo per meglio vivere in Dio.
Infatti, al corpo non so se rimanga tanto di vita da poter ancora respirare. Pensando ora a quest'ultima cosa, mi sembra che non gliene rimanga affatto. Almeno, se respira, non lo avverte.
L'intelletto vorrebbe tutto occuparsi per intendere qualche cosa di ciò che l'anima sente, ma siccome le sue forze non glielo permettono, rimane così sorpreso che, pur non perdendosi del tutto, non può muovere né mani né piedi, come si direbbe di una persona che fosse così svenuta da parerci morta.
Oh, segreti di Dio!... Non mi stancherei mai di parlarne, se pensassi di farne capire qualche cosa, disposta pure a dir mille spropositi pur di riuscirvi una volta sola, e procurare a Dio un maggior tributo di lodi.
5 - Ho detto che questa orazione non somiglia al sonno.
Nella mansione precedente, finché l'anima non ne abbia fatta una grandissima esperienza, rimane sempre con dubbio sui fenomeni subiti: se furono una sua illusione, se dormiva, se provennero da Dio o dal demonio trasformato in angelo di luce, e tanti altri timori: i quali del resto non è bene che manchino per il pericolo che qualche volta s'intrometta per davvero la nostra natura.
Se là le bestie velenose non hanno modo d'introdursi, vi possono penetrare certe lucertolette che per la loro sottigliezza si cacciano da per tutto: intendo parlare di quei piccoli pensieri provenienti dall'immaginazione e da quello che ho detto, i quali, benché non siano di danno - specialmente se si trascurano - spesso però infastidiscono.
Qui invece non possono entrare neppure le lucertolette più piccole, non essendovi immaginazione, memoria o intelletto capaci d'impedire un tanto bene.
Oso anzi affermare che se si tratta di vera unione con Dio, non vi può entrare a far danno nemmeno il demonio, perché allora Dio è unito all'essenza dell'anima, e il maligno non solo non ha ardire d'avvicinarsi, ma credo che di questi segreti non debba neppure intendersene.
La cosa è assai chiara. Se dicono che egli non conosce i nostri pensieri, a maggior ragione non deve conoscere questi segreti che Dio non confida neppure all'intelletto. Oh, stato felicissimo nel quale il maledetto non può fare alcun danno!
L'anima ne esce con grandissimi vantaggi, perché Dio opera in lei senza che alcuno vi metta ostacoli, neppure noi stessi. Che cosa allora non dovrà mai dare Chi tanto ama di dare, e può dare quanto vuole?
6 - Sembra che io v'ingeneri confusione. Ho detto se è unione di Dio, quasi che vi siano altre unioni. Altro se ve ne sono!...
Può darsi che in riguardo di certe vanità il demonio faccia uscire l'anima da se stessa per la grande passione con cui ella le ami, benché non nella stessa maniera né con gli stessi sentimenti di gioia, di soddisfazione, di diletto e di pace, di cui l'anima si sente ripiena quando l'operazione è da Dio.
I piaceri, le ebbrezze e le consolazioni della terra, nonché non essere paragonabili con i sentimenti che Dio produce, non hanno con essi alcuna relazione di origine, e ben diversa è l'impressione che ne risulta, come voi stesse avrete forse provato. Ho detto in altro luogo che è come se gli uni si sentano alla superficie del corpo e gli altri nel midollo delle ossa. Allora mi sono spiegata assai bene, ma ora meglio di così non so farlo.
7 - Però mi sembra che non siate ancora soddisfatte, e temiate di cadere in inganno.
Grande è la difficoltà che s'incontra nel discernimento di queste cose interiori.
Tuttavia, per coloro che ne hanno esperienza, può essere sufficiente quello che ho detto, nonostante che ben grande ne sia la differenza. Comunque, eccovi un segno evidente per non cadere in inganno ed accertarvi che l'operazione è di Dio.
Il Signore me l'ha riportato oggi alla memoria, e credo che sia sicuro. Nelle questioni più difficili, anche se mi pare di intenderle e di dire la verità, uso sempre questa espressione: Mi sembra; e ciò per far capire che se m'inganno, sono pronta a sottomettermi a coloro che ne san di più.
Costoro, benché di queste cose non abbiano esperienza, hanno però un certo senso che è loro proprio, e siccome Dio li destina a luce della sua Chiesa, quando si tratta di ammettere una verità li illumina Lui stesso.
Se non sono leggeri, ma veri servi di Dio, non solo non si scandalizzano di queste meraviglie, ma sono anzi persuasi che Dio ne possa fare assai di più; e se si tratta di fenomeni non ancora ben chiari, trovano modo di ammetterli studiando quelli che sono scritti.
8 - Di questo ho io grande esperienza, come l'ho di certi semi-dotti paurosi che mi costarono assai. Chi non crede che Dio sappia fare assai di più, e non ammette che possa essersi compiaciuto e possa tuttora compiacersi di comunicarsi talvolta con le sue creature, costui, secondo me, tien chiusa la porta a ogni divina effusione.
Voi, sorelle, guardatevene attentamente, credete sempre che Dio può fare assai di più, e non fermatevi mai ad esaminare se chi riceve queste grazie sia virtuoso o no. Il motivo lo sa il Signore: noi non dobbiamo intrometterci. Serviamo Iddio con umiltà c semplicità di cuore, lodandolo per queste sue opere meravigliose.
9 - Eccomi dunque al segno che io chiamo sicuro. Osservate quest'anima a cui Dio ha sospeso del tutto l'intelletto per meglio arricchirla della vera sapienza.
Per tutto il tempo che dura in questo stato - tempo sempre breve, e che all'anima sembra ancora più breve - ella non vede e non sente nulla.
Ma Dio s'imprime nel suo interno, e quando ella torna in sé, in nessun modo può dubitare che Dio sia stato in lei ed ella in Dio. Questa verità le rimane scolpita sì al vivo, da non poterne affatto dubitare né dimenticarla, neppure dopo molti anni, benché Dio non gliela rinnovi: senza poi dire degli altri effetti, sui quali tornerò più avanti.
In questa certezza sta appunto il segno che ho detto.
10 - Ma voi mi direte: Come si vede o s'intende che è Dio, se non si vede e non s'intende nulla?
Non dico che lo si veda allora, ma in seguito; e ciò non per visione, ma per una piena convinzione che rimane nell'anima e che non può essere che da Dio.
Conosco una persona che non sapeva che Dio si trova in ogni cosa per presenza, per potenza e per essenza. Ma lo intese chiaramente dopo un favore di questo genere ricevuto dal Signore.
Avendo interrogato uno di quei semidotti di cui ho parlato più sopra sul come Dio sia in noi, egli che ne sapeva quanto lei prima di questa illustrazione, le rispose che vi sta soltanto per la grazia; ma ella era talmente fissa nella verità, che non gli credette.
In seguito interrogò altre persone che le dissero la cosa come stava, e ne rimase molto consolata.
11 - Badate però di non cadere in errore pensando che questa certezza riguardi una forma corporale, come il corpo di nostro Signore Gesù Cristo presente invisibilmente nel santissimo Sacramento. Qui non vi è nulla di simile, perché non si tratta che della divinità.
Ma che certezza si può mai avere di una cosa che non si vede?
Io non lo so. Sono opere di Dio. Ma so di dire la verità. Se non vi fosse questa certezza, si avrebbe, secondo me, non già un'unione di tutta l'anima con Dio, ma soltanto di una sua potenza, oppure di un altro genere di grazie fra le molte che il Signore usa fare.
Dopo tutto, non è il caso d'indagare come questi fenomeni avvengano. A che tanto affaticarci quando la nostra intelligenza non li può comprendere?
Ci basti sapere che Chi li fa può fare ogni cosa. Sono operazioni di Dio, innanzi alle quali le nostre industrie sono nulla. Essendo incapaci di raggiungerle, guardiamoci pure dal volerle comprendere.
12 - A proposito di quest'impotenza, mi ricordo di ciò che dice la Sposa dei Cantici e che voi stesse avrete udito: Il Re mi ha condotta nella cella del vino, o piuttosto, come credo che dica: Mi ha introdotta. Insomma, non dice che vi sia andata da sé. Dice ancora che andava di qua e di là in cerca del suo Amato.
Ora, l'orazione di cui parlo è appunto la cella vinaria nella quale il Signore intende introdurci, ma quando e come vuol Lui.
Da noi, con i nostri sforzi, non vi possiamo entrare: bisogna che ci introduca Lui. Ed Egli lo fa quando entra nel centro dell'anima nostra. Qui, per meglio mostrare le sue meraviglie, vuole che altro non facciamo che assoggettargli la volontà, guardandoci bene dall'aprir le porte delle potenze e dei sensi che giacciono addormentati, perché intende entrare nel centro dell'anima senza passare per alcuna porta, come entrò dai suoi discepoli quando disse: Pax vobis, e come usci dal sepolcro senza smuovere la pietra.
Più avanti vorrà che l'anima lo goda nel centro di se stessa ben più intensamente che non qui; ma sarà nell'ultima mansione.
13 - Che grandi cose vedremo, figliuole mie, se cercheremo di non contemplare che la nostra miserabile bassezza, reputandoci indegne di essere le serve di questo eccelso Signore, le cui meraviglie ci sono affatto incomprensibili!...
Sia Egli per sempre benedetto: Amen.
Capitolo 2
Prosegue sul medesimo argomento, e dice con un grazioso paragone in che consiste l'orazione di unione, e quali gli effetti che lascia Capitolo degno di nota
1 - Vi parrà che di questa mansione vi abbia ormai detto ogni cosa; eppure mi rimane ancora molto, perché, come vi ho già fatto osservare, vi è il più e il meno.
Per ciò che riguarda l'unione, non credo di saperne dire di più, ma resta molto da parlare circa gli effetti che Dio produce nelle anime quando esse si dispongono a ricevere le sue grazie. Ne voglio dire qualche cosa, e nel contempo far conoscere lo stato in cui l'anima rimane.
Per farmi meglio capire, voglio servirmi di un paragone che trovo molto appropriato, per mezzo del quale vedremo che quantunque in questa operazione di Dio nell'anima noi non possiamo far nulla, tuttavia per ottenere che il Signore ce ne favorisca, possiamo far molto col disporci.
2 - Avrete già udito parlare delle meraviglie che Dio opera nella produzione della seta, invenzione di cui Egli solo poteva essere l'autore. Si tratta di piccoli semi, simili a granellini di pepe che io non ho mai veduto, ma di cui ho sentito parlare: perciò, se cado in qualche inesattezza la colpa non è mia.
A1 sopraggiungere dell'estate, quando i gelsi si coprono di foglie, questi semi cominciano a prender vita. Prima che spuntino quelle foglie di cui si devono nutrire, stanno là come morti; a poco a poco, con quell'alimento si sviluppano, finché, fatti più grandi, salgono sopra alcuni ramoscelli, ed ivi con la loro piccola bocca filano la seta che cavano dal loro interno, fabbricandosi certi bozzoli molto densi, nei quali ognuno di quegli insetti, che sono brutti e grossi, si rinchiude e muore. Ma poco dopo esce dal bozzolo una piccola farfalla bianca, molto graziosa.
Se questo fenomeno non cadesse sotto i nostri occhi, ma ci fosse raccontato come cosa di altri tempi, nessuno lo crederebbe. Infatti, come potremmo credere che un verme o un'ape, - esseri privi di ragione - siano tanto diligenti e industriosi nel lavorare per noi fino a rimetterci la vita come il povero bacolino nel suo lavoro?
Ecco un buon soggetto, sorelle, per intrattenervi a lungo in meditazione, senza null'altro aggiungere, bastando questo solo per farvi considerare le meraviglie e la sapienza del nostro Dio. Oh, se conoscessimo le proprietà delle cose! Come sarebbe vantaggioso meditare sopra queste meraviglie, compiacendoci di essere le spose da un Re così grande e sapiente!
3 - Tornando ora al nostro argomento, l'anima, di cui quel verme è l'immagine, comincia a prendere vita quando per il calore dello Spirito Santo, comincia a valersi dei soccorsi generali che Dio accorda a ognuno e a servirsi dei rimedi che Egli ha lasciato nella sua Chiesa, come le frequenti confessioni, le buone letture e le prediche: rimedi opportuni per l'anima che sia morta nel peccato e si trovi fra le occasioni cattive a causa della sua trascuratezza.
Ripreso a vivere con quei rimedi e pie meditazioni, vi si andrà pure sostentando finché sia cresciuta. E questo è il punto in cui la considero, poco curandomi di ciò che precede.
4 - Quando questo verme si è fatto grande - come abbiamo visto in principio di questo scritto - comincia à lavorare la seta e a fabbricarsi la casa nella quale dovrà morire.
Questa casa, come vorrei far intendere, è il nostro Signore Gesù Cristo. Mi pare di aver letto in qualche parte, o di aver udito, che la nostra vita è nascosta in Cristo, ovvero in Dio, che è poi lo stesso, oppure che Cristo è la nostra vita. Che il testo sia o non sia così, per il mio intento poco importa.
5 - Osservate qui, figliuole mie, quello che con l'aiuto di Dio possiamo fare: che Sua Maestà diventi nostra dimora fabbricata da noi stessi, come lo è in questa orazione di unione.
Dicendo che Dio è nostra dimora, e che questa dimora possiamo fabbricarcela da noi stessi per prendervi alloggio, sembra quasi che voglia dire di poter noi aggiungere o togliere a Dio qualche cosa.
E lo possiamo benissimo, ma non già aggiungendo o togliendo a Dio, bensì aggiungendo o togliendo a noi, come quei piccoli vermi, perché non avremo ancora ultimato quanto sarà in nostro potere che Egli verrà, e unendo alla sua grandezza la nostra lieve fatica, che è un nulla, le conferirà un valore così eccelso da meritare che Egli si costituisca in nostra stessa ricompensa.
Non contento di aver sostenute le spese maggiori, vorrà pure unire le nostre piccole pene alle molto grandi che Egli un giorno ha sofferto per non farne che una cosa sola.
6 - Orsù dunque, figliuole mie, mettetevi subito al lavoro!
Tessiamo questo piccolo bozzolo mediante lo spogliamento di ogni nostro amor proprio e volontà, distaccandoci da ogni cosa terrena e praticando opere di pedi orazione, di meditazione e di obbedienza, con resto che già sapete.
Oh, se mettessimo in pratica tutto quello che sappiamo e che ci hanno insegnato! E poi muoia, muoia pure questo verme, come il baco da seta dopo aver fatto il suo lavoro!
Allora ci accorgeremo di vedere Iddio e ci sentiremo sepolte nella sua grandezza, come il piccolo verme nel suo bozzolo. Dicendo che vedremo Iddio, dovete intendere nel modo con cui Egli si fa sentire in questa specie di unione.
7 - Passiamo ora a vedere come questo verme si trasformi, che è lo scopo di quanto finora vi ho detto.
Dico che quando il verme entra in questa orazione e vi rimane morto a tutte le cose del mondo, esce mutato in piccola farfalla bianca.
Oh, potenza di Dio! Oh, in che stato esce l'anima, dopo, essere rimasta nella grandezza di Dio e tanto a Lui unita come qui, sia pure per poco tempo, giacché, a mio parere, non si arriva mai a mezz'ora! In verità vi dico che essa non si riconosce più.
Pensate alla differenza fra un verme ributtante e una piccola farfalla bianca: così di lei.
L'anima ignora come abbia potuto meritare tanto bene, voglio dire che non sa di dove le sia venuto, perché conosce benissimo che a meritarlo non è da lei.
Si sente presa da un desiderio vivissimo di lodare Iddio, sino a bramare di distruggersi e di affrontare mille morti. Brame irresistibili di darsi a grandi sofferenze cominciano tosto ad occuparla senza che sappia liberarsene, e sospira con ardore di abbandonarsi alla penitenza, di stare in solitudine e di fare che tutti conoscano il suo Dio, sino a provare afflizione profonda nel vederlo offeso.
Nelle mansioni seguenti parlerò di questi effetti con particolari maggiori. Benché i fenomeni delle quinte mansioni siano quasi identici a quelli delle seguenti, tuttavia sono assai diversi quanto all'intensità degli effetti. Una anima che Dio ha condotto a questo punto, se si sforza di andare avanti, vedrà grandi meraviglie.
8 - Oh, lo spettacolo di questa piccola farfalla in continua agitazione! Eppure in tutta la sua vita non ha mai goduta tanta pace e soavità.
Vien proprio da lodare Iddio nel contemplarla così incapace a fermarsi e a riposare. No, dopo aver goduto di un tal bene, le cose della terra non la soddisfano più, specialmente se Dio l'abbia spesso inebriata di quel suo vino, dal quale si ricavano sempre nuovi vantaggi, quasi ogni volta.
Ormai non fa più conto di ciò che praticava quando era verme. Allora intesseva a poco a poco il suo bozzolo, ma ora le sono nate le ali; ed essendo capace di volare, perché contentarsi di andare ancora passo passo?
I suoi desideri sono immensi, e poco le sembra quanto possa fare per Iddio. Neppur più si meraviglia di ciò che i santi hanno fatto, perché sa per esperienza quanto il Signore aiuti, trasformando l'anima in modo tale da renderla irriconoscibile, quasi non sia più quella di prima.
La debolezza che le pareva di avere per non fare penitenza si è convertita in fortezza. E se precedentemente il suo attacco ai parenti, agli amici e ai beni terreni era tale che né i suoi atti interiori, né le sue decisioni, né la sua stessa volontà riuscivano ad infrangerlo, sembrandole anzi di attaccarvisi di più, ora invece si sente così libera da dispiacersi anche di quei rapporti che non può troncare senza offesa di Dio. Avendo sperimentato che il vero riposo non le può venire dalle creature, sente noia di tutto.
9 - Sembra che mi estenda troppo; eppure potrei dire assai di più. Chi ha ricevuto da Dio questa grazia, vedrà che non sono lunga.
Non è dunque da meravigliarsi se questa piccola farfalla, sentendosi straniera fra le cose della terra, cerchi di riposarsi in qualche altra parte. Ma dove andrà la poverina?
Tornare donde è uscita non può, giacché, come ho detto, non è cosa in suo potere, nonostante ogni suo possibile sforzo, finché Dio non si compiaccia di favorirla nuovamente. Che nuovi tormenti cominciano allora per lei! O Signore!...
E chi lo può credere dopo grazie così sublimi?
Sì, finché si vive, in un modo o in un altro si ha sempre da soffrire. Se qualcuno afferma di essere giunto a questo stato, sempre fra consolazioni e delizie, gli rispondo che non vi è giunto affatto o, per lo meno, che essendo entrato nella mansione precedente, vi ha goduto qualche rara consolazione, aiutata anche quella dalla sua naturale debolezza, per non dire forse dal demonio che gli abbia dato un po' di pace per muovergli in seguito una guerra più accanita.
10 - Non voglio dire con ciò che gli abitanti di questa mansione non abbiano la pace: l'hanno e molto grande, perchè le stesse sofferenze sono qui tanto preziose e di così eccellente radice che, nonostante la loro alta intensità, generano pace e contento.
Dal disgusto che ispirano le cose del mondo nasce nell'anima il desiderio di abbandonarlo; ed è un desiderio così penoso che la poverina, per aver un po' di sollievo, deve pensare essere volontà di Dio che viva in esilio.
Alle volte non basta neppur questo, perché l'anima, nonostante i suoi molti progressi, qui non è ancora così sottomessa al volere di Dio come lo sarà più avanti. Tuttavia non lascia di rassegnarsi, sia pure con pena e con abbondanza di lacrime, non potendo far altro perché di più non le è ancora concesso.
Sperimenta questa pena ogni qualvolta si mette in orazione, pena che in parte le deriva dal dolore vivissimo di vedere Iddio vilipeso e poco onorato dal mondo, e nel considerare il gran numero di eretici e di mori che van perduti, benché lo senta assai di più per la perdita dei cristiani.
Teme che molti sian quelli che si dannino, sebbene non ignori la grandezza della misericordia di Dio e sappia che quegli infelici possono sempre correggersi e salvarsi, nonostante la malvagità della loro vita.
11 - Oh, grandezza di Dio! Pochi anni, forse pochi giorni prima, quest'anima non pensava che a se stessa. Chi ora l'ha posta in sollecitudini così penose?
Noi non riusciremmo ad averne di sì intense neppure se vi consumassimo intorno molti anni di meditazione.
E che? Io dunque non potrei avere tali cure nemmeno impiegando giorni ed anni a meditare il gran male che è l'offesa di Dio, nel pensare che quanti si dannano sono suoi figli e miei fratelli, nel considerare i pericoli in cui ci troviamo e quanto ci sarebbe vantaggioso uscire una buona volta da questa miserabile vita?
No, figliuole! La pena che queste riflessioni producono non è come quella di cui parlo. Con l'aiuto di Dio, e indugiandoci molto nelle suddette riflessioni, possiamo pure averne, ma non mai così penetrante come l'altra, la quale sembra che stritoli e macini l'anima senza che essa vi contribuisca, né alle volte lo voglia.
Ma allora in che consiste? Donde viene? Ve lo voglio dire.
12 - Non vi ricordate di ciò che vi ho detto - sebbene non a questo proposito - in riguardo alla sposa che Dio ha introdotto nella cella vinaria, ordinando in lei la carità? E' quello che avviene qui.
L'abbandono con cui quest'anima si è rimessa nelle mani di Dio, unito al grande amore che ella gli porta, la rende così soggetta da non sapere né volere che una cosa: che Egli faccia di lei tutto quello che vuole.
Credo infatti che Dio non conceda mai questa grazia se non all'anima che già ritiene tutta sua. E così, senza che ella se ne accorga, fa in modo che esca da questo stato segnata con il suo sigillo. Del resto, qui l'anima non è più di una cera su cui s'imprima il sigillo.
La cera non s'imprime il sigillo da sé: essa non fa che tenersi pronta a riceverlo con la sua mollezza. Ma anche in questo non è essa che si modifica: ciò che essa fa è soltanto di stare immobile senza opporre resistenza.
Oh, bontà di Dio! Anche qui dev'esser tutto a vostre spese! L'unica cosa che chiedete è la nostra volontà: cioè, che la cera non opponga resistenza.
13 - Questo, dunque, sorelle, è quello che Dio fa per indurre l'anima a riconoscersi per sua. Le dà quello che ha, vale a dire, le stesse disposizioni avute in terra da suo Figlio: grazia veramente incomparabile. Chi più di suo Figlio ha desiderato di uscire da questa vita? Lo ha detto Lui stesso nella cena: Ho desiderato con desiderio Oh, Signore! E non pensavate alla morte che vi attendeva crudele, dolorosa e terribile?
- No, il grande amore e il desiderio che tutti gli uomini si salvassero, superavano di gran lunga quelle pene, senza poi dire che le ritenevo da nulla di fronte alle molte altre che poi ho patito, e che patisco tuttora da che sono nel mondo. -
14 - È proprio così, e l'ho meditato spesso. Pensando al dolore che ha sofferto e soffre un'anima di mia conoscenza - dolore così intollerabile che pur di non soffrirlo amerebbe meglio morire - mi domandavo: se così insopportabile è il tormento di un'anima la cui carità, dopo tutto, non è neppure paragonabile a quella di Cristo, che cosa avrà mai provato il Signore, e quale sarà mai stata la sua vita, avendo sempre innanzi ogni cosa e vedendo continuamente le gravi offese che si facevano al Padre suo?
Questo tormento dovette essere assai più grave di tutti quelli della sua sacratissima passione. Questa, se non altro, segnava la fine di ogni suo travaglio. E questo pensiero, unito alla consolazione di sapere che la sua morte sarebbe stata di nostro rimedio, e che con i suoi patimenti avrebbe dimostrato al Padre il grande amore che gli portava, doveva addolcire i suoi dolori.
Non è così che avviene anche fra noi? Quando uno si dà a grandi penitenze con alto impeto di amore, nemmeno quasi le sente.
Anzi, vorrebbe farne assai di più, e gli par tutto poca cosa...
Così nostro Signore in quell'occasione così propizia per dimostrare al Padre suo con quanta perfezione gli ubbidisse e quanto amasse noi uomini!
Oh, che gioia soffrire per fare la volontà di Dio! Ma vedere la Maestà di Dio continuamente offesa, e avvertire il gran numero di anime che si dannano, io lo credo così penoso che se nostro Signore fosse stato un semplice uomo, un giorno solo di questo tormento sarebbe bastato, a mio parere, per troncargli, non già una, ma molte vite.
Capitolo 3
Prosegue sul medesimo argomento, e parla di un'altra specie di unione, per raggiungere la quale giova molto l'amore del prossimo - Capitolo molto utile
1 - Torniamo ora alla nostra piccola colomba e vediamo qualche cosa di ciò che Dio le accorda in questo stato. Però - e bisogna esserne persuase - l'anima non deve mai lasciare d'avanzarsi nel servizio di Dio e nel proprio conoscimento, perché se si tiene paga di ricevere questa grazia e, credendosi sicura, vive trascurata, abbandonando la via del cielo, consistente nell'osservanza dei comandamenti, le avverrà come alla farfalla del baco, la quale getta il seme per dar vita ad altre farfalle, ma essa muore e rimane morta per sempre.
Dico che getta il seme, perché Dio vuole che grazie così grandi non siano date invano. Perciò, se quell'anima non se ne giova, fa in modo che se ne giovino gli altri.
Con i desideri e le virtù che le vengono dal perseverare nel bene, quell'anima comunica a varie altre il suo stesso calore. Anzi può rimanerle il desiderio di giovare al prossimo anche dopo aver perduto ogni calore, godendo di far conoscere le grazie che Dio accorda a chi lo ama e lo serve.
2 - Ciò è avvenuto a una persona di mia conoscenza. Nonostante il suo cattivo stato, godeva che altri si approfittassero delle grazie da lei avute, e si compiaceva d'insegnare il cammino dell'orazione a chi lo ignorava. In questo modo fece del gran bene, e il Signore le ritornò la sua luce.
È vero che non era ancora giunta ad avere gli effetti di cui parlo. Però, quanti son coloro che, chiamati da Dio all'apostolato, onorati come Giuda delle sue stesse comunicazioni ed elevati al regno come Saul, finiscono poi, per loro colpa, col perdersi!
Impariamo da ciò, sorelle mie, che il mezzo più sicuro per progredire in nuovi meriti e non mai perderci come questi infelici, è l'obbedienza, accompagnata dall'esatto adempimento della legge di Dio.
Parlo non solo alle anime che ricevono queste grazie, ma anche alle altre.
3 - Malgrado quello che ho detto, mi pare che questa mansione rimanga ancora molto buia. Tuttavia, siccome è di sommo interesse l'entrarvi, è bene non perderne la speranza, neppure se il Signore non comparta questi favori soprannaturali, perché con il suo aiuto la vera unione si può conseguire benissimo, sforzandosi di acquistarla col sottomettere la propria alla volontà di Dio.
Quanti dicono cosa, persuasi di non voler altro, e di essere anche disposti a sacrificare la vita! Se foste tali veramente, vi direi e non cesserei di ripetervi che questa grazia l'avete già. Di quell'altra unione accompagnata da delizie, non preoccupatevi affatto.
Il più prezioso di quella dipende tutto da questa, e non lo si può conseguire se non dopo essersi stabiliti nella sottomissione al volere di Dio. Oh, unione desiderabile che è mai questa!
Felice l'anima che l'ha raggiunta! Essa ha pace in questa e nell'altra vita, perché, a parte il pericolo di perdere Dio e il dolore di vederlo offeso, non vi è allora più nulla che la possa affliggere, non la povertà, non le malattie, neppure la morte, eccetto quella di coloro che nella Chiesa di Dio possono fare del bene, vedendo essa chiaramente che il Signore sa disporre le cose meglio di come ella le desideri.
4 - Dovete avvertire che non tutte le pene sono del medesimo genere. Alcune - come pure alcune gioie - sono un prodotto spontaneo della natura e della carità, come la compassione dei mali altrui, sofferta pure da nostro Signore quando risuscitò Lazzaro. Queste non solo non impediscono che l'anima stia unita alla volontà di Dio, e non la turbano con moti violenti afflittivi e di lunga durata, ma passano anche presto, e, come ho detto parlando delle delizie dell'orazione, lungi dal penetrare sino al fondo dell'anima, non toccano che i sensi e le potenze.
Il loro campo principale è nelle mansioni precedenti, mentre in quelle che dirò per ultimo non entrano neppure.
In questa specie di unione la sospensione delle potenze di cui ho fatto parola, non è necessaria. Il Signore è onnipotente: può arricchire le anime per molte vie, e farle arrivare a questa mansione senza la scorciatoia di cui ho parlato.
5 - Persuadetevi intanto, figliuole mie, che il verme deve assolutamente morire, e morire a nostre spese.
Nell'altra unione l'aiuta molto a morire la nuova vita che l'attende; ma qui bisogna che l'uccidiamo noi, pur continuando a vivere di questa vita. Ciò non si può fare se non a prezzo di grandi lotte; ma se ne avrà la ricompensa, e tanto grande quanto la vittoria.
Nessun dubbio che vi si possa giungere, purché l'unione con la volontà di Dio sia vera.
Questa è l'unione che io ho sempre desiderato e che non cesso mai di domandare a Dio, perché più evidente e più sicura.
6 - Oh, noi infelici! Come sono pochi quelli che la raggiungono!
Si crede di aver fatto tutto perché si è entrati in religione e si evita l'offesa di Dio! Ma, ohimé! restano ancora certi vermi che non si lasciano conoscere, finché, come quello che rose l'edera di Giona, non abbiano rovinata ogni virtù, quali l'amor proprio, la propria stima, i più piccoli giudizi temerari e certe mancanze di carità verso il prossimo che non si ama come noi stessi...
Se adempiamo i nostri doveri per forza, unicamente per non commettere peccato, siamo molto lontane dalle disposizioni necessarie per essere unite del tutto alla volontà di Dio!
7 - Secondo voi, figliuole mie, in che consiste questa divina volontà?
Nell'esser noi così perfette da formare una cosa sola col Figliuolo e col Padre, come Gesù Cristo ha domandato. Ma quanto ci manca per arrivare a questo punto!
Per me vi confesso che scrivendo queste cose, lo faccio con grandissima pena, perché vedo che per mia colpa ne sono ancora molto lontana. Per arrivarvi non è necessario che il Signore ci dia grandi consolazioni: basta quello che ci ha dato con l'aver mandato suo Figlio ad insegnarci la strada.
Non crediate però che la conformità alla volontà di Dio consista nel non sentire dispiacere se muore mio padre o mio fratello, oppure nel sopportare con gioia eventuali tribolazioni o infelicità.
Sarebbe buona cosa, ma alle volte potrebbe essere frutto di umana discrezione, in quanto che, vedendo che non v'è più rimedio, si fa di necessità virtù. Quanti atti di questo genere ed altri consimili seppero pur fare i filosofi con la loro sapienza!
Per noi la volontà di Dio non consiste che in due cose: nell'amore di Dio e nell'amore del prossimo. Qui devono convergere tutti i nostri sforzi.
E se lo faremo con perfezione, adempiremo la volontà di Dio e gli saremo unite. Ma quanto siamo lontane dall'osservare questi precetti nel modo che un tal Signore si merita! Piaccia a Dio di farci un giorno arrivare: cosa che del resto è in nostra mano, purché lo vogliamo!
8 - Il segno più sicuro per conoscere se pratichiamo questi due precetti è vedere con quale perfezione osserviamo quello che riguarda il prossimo.
Benché vi siano molti indizi per conoscere se amiamo Dio, tuttavia non possiamo esserne sicuri, mentre lo possiamo essere quanto all'amore del prossimo.
Anzi, più vi vedrete innanzi nell'amore del prossimo, più lo sarete anche nell'amore di Dio: statene sicure. Ci ama tanto Iddio, che in ricompensa dell'amore che avremo per il prossimo, farà crescere in noi, per via di mille espedienti, anche quello che nutriamo per Lui.
E di ciò non v'è dubbio.
9 - Di grande importanza per noi è osservare attentamente come su questo punto ci diportiamo,perché se vi mettiamo grande perfezione, tutto è fatto.
Ma per la miseria della nostra natura credo che non arriveremo mai ad avere perfetto amore del prossimo, se non lo faremo nascere dalla medesima radice dell'amore di Dio.
Perciò, sorelle mie, siccome l'affare è importantissimo, procuriamo di esaminare noi stesse fin nelle più piccole cose, senza far conto di certe idee che alle volte ci vengono in massa durante l'orazione, per le quali ci pare di esser pronte per amore del prossimo a intraprendere e a far cose molto grandi, anche per la salvezza di un'anima sola.
Se le nostre opere non vi corrispondono, non abbiamo motivo di crederci da tanto. Così si dica per ciò che riguarda l'umiltà e le altre virtù.
Le astuzie del demonio sono grandi. Per farci credere che possediamo una virtù, mentre non l'abbiamo, metterà in moto tutto l'inferno, e ne avrà ragione per il gran danno che ci può fare, perché queste virtù, derivando da tale radice, saranno sempre con qualche vanagloria, contrariamente a quelle di Dio, dalle quali esula con essa anche la superbia.
10 - Non posso a meno di ridere, alle volte, nel vedere quello che succede ad alcune anime. Quando sono in orazione, sembra loro di esser disposte per amor di Dio ad ogni umiliazione e pubblico scherno; ma poi, potendolo, nasconderebbero anche il più piccolo difetto!
Non parliamo se venissero accusate di una mancanza non commessa! Dio ce ne liberi!.. Ora, chi non può sopportare queste cose, si guardi bene dal far conto di ciò che in se stesso crede di stabilire, perché i suoi propositi non sono che un effetto di pura immaginazione, non un'efficace determinazione di volontà, nel qual caso la cosa sarebbe ben diversa.
È appunto per l'immaginazione che il demonio tende i suoi lacci e i suoi inganni. E a quelli che sono poco istruiti, come noi donne, ne può tendere moltissimi, perché non sappiamo distinguere la differenza che passa fra le potenze e l'immaginazione, né le molte altre cose che sono nel nostro interno.
Com'è facile, sorelle, distinguere fra voi chi ha il vero amore del prossimo da chi non lo possiede con tanta perfezione! Se comprendeste quanto importi tal virtù, non vi applichereste ad altro studio.
11 - Quando vedo delle anime tutte intente a rendersi conto dell'orazione che hanno, e così concentrate quando sono in essa da far pensare che rifuggano dal più piccolo movimento e dal divertire il pensiero per paura di perdere quel po' di gusto e di devozione che sentono, mi persuado che ancora non conoscono come si arrivi all'unione. Pensano che sia tutto nel far così.
No, sorella mia! Il Signore vuole opere. Vuole, ad esempio che non ti curi di perdere quella devozione per consolare un'ammalata a cui vedi di poter essere di sollievo, facendo tua la sua sofferenza, digiunando tu, se occorre, per dare a lei da mangiare; e ciò non tanto per lei, quanto perché sai che questa è la volontà di Dio.
Ecco in che consiste la vera unione con il volere di Dio!
Altrettanto se senti lodare una persona: devi rallegrarti di più che se quelle lodi fossero per te. E questo ti sarà facile, se avrai l'umiltà, nel qual caso le lodi sono piuttosto di pena. E ancora, godere che le virtù delle sorelle, siano conosciute, sentir pena di un loro difetto, come se fosse tuo, e cercare di coprirlo. Ma su questo punto mi sono già estesa in altro luogo.
12 - Sorelle, se in questo mancassimo, saremmo perdute! Piaccia a Dio che ciò non avvenga! Vi assicuro che facendo come ho detto, otterrete di arrivare a questa unione, mentre in caso contrario persuadetevi di non arrivarvi mai, nonostante che possiate avere devozione e delizie spirituali sino a credere d'esservi giunte, e andiate soggette, durante l'orazione di quiete, ad alcune piccole sospensioni, in base alle quali certe anime credono che tutto sia fatto.
Pregate il Signore che vi conceda l'amore del prossimo in tutta la sua perfezione e lasciate fare a Lui.
Se da parte vostra vi sforzerete e farete il possibile per procurarvelo; se costringerete la vostra volontà ad accondiscendere in tutte a quella delle sorelle, anche a scapito dei vostri diritti; se nonostante tutte le ripugnanze della natura, dimenticherete i vostri interessi per non attendere che ai loro, e, presentandosene l'occasione, prenderete su di voi ogni fatica per esentarne le altre, Egli vi darà più di quanto sappiate desiderare.
Non crediate che questo non vi debba costare, e che abbiate già fatto ogni cosa. Considerate quanto é costato al nostro Sposo l'amore che ha nutrito per noi: per liberarci dalla morte ha subito la morte più crudele, quella della croce.
Capitolo 4
Prosegue sul medesimo argomento e dichiara più ampiamente questa specie di orazione - Quanto importi camminare con attenzione, perché il demonio mette in opera ogni mezzo per far retrocedere le anime dalla via incominciata
1 - Mi pare che bramiate conoscere cosa faccia la colombina e dove vada a riposarsi, perché, sapendo ormai volare molto alto, non si ferma più né fra le dolcezze spirituali, né fra le soddisfazioni della terra.
Ma non posso appagare il vostro desiderio che all'ultima mansione; e anche allora piaccia a Dio che mi ricordi e abbia tempo di farlo. Sono già cinque mesi che ho cominciato questo lavoro; e siccome la mia testa non mi permette di rileggerlo, dev'essere un disordine completo, con alcune cose dette forse due volte. Ma dovendo servire per le mie sorelle, non me ne preoccupo.
2 - Vi voglio spiegare più chiaramente in che consista l'orazione di unione, servendomi di un paragone, conformemente al mio ingegno, e parleremo più a lungo di questa piccola farfalla, la quale, benché non sappia fermarsi né trovare in nulla il suo riposo, tuttavia non cessa di far del bene a sé e agli altri, nonostante ogni contraria apparenza.
3 - Avrete spesso sentito dire che Dio si sposa spiritualmente con le anime. Sia benedetta la sua misericordia per tanta umiliazione!...
Si tratta di un paragone grossolano; eppure non trovo nulla che faccia meglio intendere queste cose come il sacramento del matrimonio. Certo che la differenza è molto grande, perché nell'alleanza di cui parliamo non vi è nulla che non sia spirituale: quella corporea ne rimane molto lontana, e lontane le mille miglia dai gusti e dalle consolazioni spirituali che qui il Signore concede, sono pure le soddisfazioni di chi contrae matrimonio.
E' l'amore che si unisce all'amore, e si hanno operazioni così pure, delicate e soavi da non aver parole per esprimersi. Ma il Signore sa farle sentire benissimo.
4 - Benché l'unione non arrivi ancora ad essere fidanzamento spirituale, tuttavia vi succede come nel mondo, quando due devono fidanzarsi: si esamina se uno conviene all'altro e se desiderano di unirsi, poi si permette che si vedano, affinché ne siano entrambi soddisfatti.
Supponiamo nel caso nostro che il contratto sia già stipulato, che l'anima sia ben informata di quanto quell'unione le convenga, e sia decisa a sottomettersi in tutto alla volontà dello Sposo, non tralasciando nulla di quanto vedrà di suo gradimento.
Intanto il Signore, vedendo che l'anima è proprio in queste disposizioni, si dichiara contento di lei e, volendo farsi meglio conoscere, le concede la grazia di venire, come suol dirsi, a un incontro, per poi unirla a sé.
E tutto questo in brevissimo spazio di tempo, non essendovi di mezzo più alcun contratto, ma soltanto uno sguardo, mediante il quale l'anima vede - e in maniera molto misteriosa - chi sia lo Sposo che deve prendere, riportandone una tale conoscenza, quale non potrebbe acquistare neppure in mille anni con l'esercizio dei sensi e delle potenze.
Con quel semplice sguardo lo Sposo, essendo Quegli che è, fa l'anima più degna di andare a dargli la mano, mentre l'anima ne rimane talmente rapita da far poi tutto il possibile per realizzare il fidanzamento.
Ma se invece si trascura sino a porre le sue affezioni sopra altro oggetto che non sia Lui, perde ogni cosa, e con perdita tanto più grave quanto più eccelse sono le grazie che Egli le terrebbe riserbate: insomma, una perdita da non potersi descrivere.
5 - Anime cristiane che Dio ha condotto fin qui, vi prego per amor suo di non mai trascurarvi e di fuggire le occasioni, perché qui l'anima non è ancora così forte da saperle affrontare come dopo il fidanzamento, che ha luogo nella mansione seguente. L'incontro con lo Sposo qui è soltanto con uno sguardo; e il demonio mette in moto ogni cosa per combattere l'anima e impedirle di fidanzarsi. Dopo invece, vedendola tutta dello Sposo, va più a rilento e ne ha paura, conoscendo per esperienza che se qualche volta l'assale, egli ne rimane con gran perdita, ed ella con maggior vantaggio.
6 - Eppure ho conosciuto alcune persone molto avanzate che dopo esser giunte sin qui, il demonio è riuscito a far sue, mediante insidie ed astuzie sottili. Credo che, pur di riuscirvi, debba mobilitare tutto l'inferno, essendo persuaso che rovinare un'anima sola di queste è rovinarne una moltitudine.
V'è da ringraziare il Signore nel considerare il gran numero di anime che Dio attira a sé mediante il concorso di una sola. Quante migliaia ne han convertite i martiri! Quante una donzella come S. Orsola! Quante ne ha rapite al demonio un S. Domenico, un S. Francesco ed altri fondatori di Ordini! e quante gliene rapisce tuttora il P. Ignazio, fondatore della Compagnia!
Se è vero che essi ricevevano da Dio queste grazie, come appare dalla lettura della loro vita, è pur vero che, se giunsero a tanto, fu solo perché si sforzarono di non andar privi, per loro colpa, di un sì divino fidanzamento.
Ah, figliuole mie, il Signore è disposto a darci grazie non meno oggi che allora. Anzi, sembra quasi che oggi abbia maggior bisogno che si ricevano, perché pochi sono coloro che zelano, come allora, la sua gloria. Ma è che amiamo troppo noi stesse!
Siamo troppo attente a non perdere i nostri diritti ! Oh che grande inganno!...
Ci dia luce il Signore nella sua infinita misericordia, per non cadere fra tante tenebre!...
7 - Mi potreste esporre od opporre due difficoltà. Primo: se l'anima è così conforme al volere di Dio, come si è detto, e non vuol fare in nulla la propria volontà, come può cadere in inganno?
Secondo: per quali vie il demonio può introdursi in voi e rovinarvi in maniera tanto pericolosa se siete lontane dal mondo, frequentate tanto i sacramenti, senza poi dire che qui vivete in compagnia di angeli, giacché, per bontà di Dio, ognuna di voi non desidera che di servire e piacere in tutto al Signore? Che ciò accada a chi vive fra i pericoli del mondo, nessuna meraviglia!
Vi rispondo che avete ragione e che in questo il Signore ci ha fatto una grande grazia. Tuttavia, quando penso che Giuda viveva con gli apostoli e conversava con lo stesso Dio di cui udiva le parole, comprendo che non ci può essere sicurezza neppure nel nostro stato.
8 - Rispondendo ora alla prima difficoltà, dico che quest'anima non si perderebbe se si tenesse continuamente unita alla volontà di Dio. Ma viene il demonio con le sue grandi astuzie, e sotto colore di bene la distacca a poco a poco da quella divina volontà in certe piccole cosette, ingannandola in varie altre col farle credere che non siano cattive.
Le offusca l'intelligenza, le raffredda la volontà, le fa crescere l'amor proprio; e così, da una in altra cosa, la vien separando dal volere di Dio ed accostando al suo proprio.
Con questo rimane sciolta anche la seconda difficoltà, perché non vi è clausura tanto stretta che al demonio possa essere inaccessibile, né deserto così sperduto che egli non sappia rintracciare.
Però vi faccio osservare quest'altra cosa: il Signore potrebbe permettere tutto questo per vedere come si diporti quell'anima di cui vorrebbe servirsi per illuminare le altre, perché se ella ha da essere infedele, è meglio che lo sia subito, piuttosto di divenirlo quando può far danno a molte altre.
9 - Ecco il rimedio che mi sembra più efficace. Presupposto che si preghi continuamente per chiedere a Dio che ci sostenga con la sua mano, pensando spesso che se Egli ci abbandona, cadiamo subito e indubbiamente nell'abisso; presupposto di non mai commettere la pazzia di confidare in noi stesse, dobbiamo esaminare con particolare cura ed attenzione come ci esercitiamo nella virtù, se progrediamo o torniamo indietro, specialmente in ciò che riguarda l'amore vicendevole, il desiderio di essere tenute le ultime di tutte, e così pure come disimpegniamo le cose ordinarie.
Esaminandoci seriamente e pregando il Signore a illuminarci vedremo subito dove guadagniamo e dove invece perdiamo.
Non dovete credere che Dio, dopo avere elevato una anima tanto in alto, l'abbandoni poi sì facilmente che il demonio, per ciò ottenere, non debba molto faticare. Anzi, gli dispiace tanto la sua perdita che non cessa d'inviarle molti avvisi interiori: per cui il pericolo che corre non le può essere nascosto.
10 - Insomma, procuriamo di andar sempre innanzi e temiamo molto se non facciamo progressi, perché vuol dire che il demonio sta meditando qualche assalto. Non avanzare è un segno molto cattivo, perché l'amore non è mai ozioso: è impossibile che un'anima giunta tanto in alto cessi di andare innanzi.
Se aspira a diventare sposa di Dio, con il quale è già venuta ai primi accordi, non deve certo dormire.
Intanto, figliuole mie, per mostrarvi come il Signore tratta le anime che già considera sue spose, entriamo a parlare delle seste mansioni, e vedrete come sia insufficiente per disporci a tali grazie, non solo il poco che facciamo, ma neppure il molto che potremmo fare e soffrire.
Ben può essere che il Signore abbia disposto che mi ordinassero di scrivere queste cose, affinché, fissati gli sguardi sul premio, e vedendo quanto sia infinita la sua misericordia nel manifestarsi e comunicarsi con dei vermi come noi, dimentichiamo le nostre piccole soddisfazioni terrene, e corriamo infiammate dal suo amore, occupate soltanto della sua grandezza.
11 - Piaccia a Dio che di un argomento così difficile sappia almeno dire qualche cosa! Certo che se Egli e lo Spirito Santo non muovono la mia penna, ne sarò affatto incapace.
Ma nel caso che questo scritto non vi debba essere di profitto, prego il Signore di non permettermi di dir parola, non avendo io altro di mira - come Egli conosce e io ne posso giudicare - che di dar gloria al suo nome e ottenere che ci sforziamo di servirlo, dato che tanto ricompensa fin da questa terra, dove le sue grazie ci fanno intravvedere quanto ci darà un giorno nel cielo senza le interruzioni, i travagli e i pericoli che s'incontrano in questo mare tempestoso. Sarebbe un gran conforto poter vivere e lavorare sino alla fine del mondo per la gloria di un Dio così grande, nostro Sposo e Padrone! Ma vi è il pericolo di offenderlo e di finire col perderlo!...
Piaccia al Signore che meritiamo di rendergli almeno qualche servizio, scevro di quelle imperfezioni che sempre ci accompagnano, anche nelle buone opere! Amen.
4-64 Aprile 7, 1901 Vede la Risurrezione di Gesù. Parla della ubbidienza.
Luisa Piccarreta (Libro di Cielo)
(1) Continuando il mio adorabile Gesù a privarmi della sua presenza, mi sento un’amarezza, e come un coltello fitto nel cuore, che mi dà tale dolore da farmi piangere e stridare come un bambino. Ah! veramente mi pare d’essere divenuta come un bambino, che per poco che si allontana la madre, piange e grida tanto da mettere sottosopra tutta la casa, e non c’è nessun rimedio come farlo cessare dal piangere se pure non si vede di nuovo nelle braccia della Madre. Tale sono io, vera bambina nella virtù, ché se mi fosse possibile metterei sossopra Cieli e terra per trovare il mio sommo ed unico bene, ed allora mi quieto, quando mi trovo in possesso di Gesù. Povera bambinella che sono, mi sento ancora le fasce dell’infanzia che mi stringono, non so camminare da sola, sono molto debole, non ho la capacità degli adulti, che si lasciano guidare dalla ragione; ed ecco la somma necessità che ho di starmene con Gesù, o a torto o a diritto, non voglio saperne niente, quello che voglio sapere è che voglio Gesù, spero che il Signore voglia perdonare a questa povera bambinella, che delle volte commette degli spropositi.
(2) Onde, trovandomi in questa posizione, per poco ho visto il mio adorabile Gesù nell’atto della sua Risurrezione, con un volto tanto risplendente, da non paragonarsi a nessun altro splendore, e mi pareva che l’umanità Santissima di Nostro Signore, sebbene fosse carne viva, ma splendente e trasparente in modo che si vedeva con chiarezza la Divinità unita alla Umanità. Ora mentre lo vedevo così glorioso, una luce che veniva da lui, pareva che mi dicesse:
(3) “Tanta gloria mi ebbi alla mia Umanità per mezzo della perfetta ubbidienza, che distruggendo affatto la natura antica Me ne restituì la nuova natura gloriosa ed immortale. Così l’anima per mezzo dell’ubbidienza può formare in sé la perfetta risurrezione alle virtù, come: Se l’anima è afflitta, l’ubbidienza la farà risorgere alla gioia; se agitata, l’ubbidienza la farà risorgere alla pace; se tentata, l’ubbidienza le somministrerà la catena più forte come legare il nemico, e la farà risorgere vittoriosa dalle insidie diaboliche; se assediata da passioni e vizi, l’ubbidienza uccidendo questi, la farà risorgere alle virtù. Questo all’anima, ed a tempo suo, formerà la risurrezione anche del corpo”.
(4) Dopo ciò la luce si è ritirata, Gesù è scomparso, ed io sono lasciata con tal dolore, vedendomi di nuovo priva di Lui, che mi sento come se avessi una febbre ardente che mi fa smaniare e dare in delirio. Ah! Signore, datemi la forza a sopportarvi in questi indugi, ché mi sento venir meno.