Sotto il Tuo Manto

Lunedi, 8 settembre 2025 - Natività Beata Vergine Maria (Letture di oggi)

Una volta che si prova il desiderio di avere del denaro, sopraggiunge il desiderio di possedere anche quello che ci si può procurare col denaro: il superfluo in genere, belle stanze, il lusso sulla tavola, più abiti, ventilatori e così via. Cresceranno anche i nostri biso­gni, perché una cosa tira l'altra e il risultato sarà  una infinita insoddisfazione. Questo è quanto accade. Se anche vi capitasse di dover avere delle cose, ricordate che i vostri superiori devono poter contare su di voi. In quanto religiosi dovete acquistare le cose più a buon mercato e il vostro buon esempio nel risparmia­re terrà  alto lo spirito di povertà . (Madre Teresa di Calcutta)

Liturgia delle Ore - Letture

Mercoledi della 3° settimana del tempo di Quaresima

Questa sezione contiene delle letture scelte a caso, provenienti dalle varie sezioni del sito (Sacra Bibbia e la sezione Biblioteca Cristiana), mentre l'ultimo tab Apparizioni, contiene messaggi di apparizioni a mistici o loro scritti. Sono presenti testi della Valtorta, Luisa Piccarreta, don Stefano Gobbi e testimonianze di apparizioni mariane riconosciute.

Vangelo secondo Matteo 23

1Allora Gesù si rivolse alla folla e ai suoi discepoli dicendo:2"Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei.3Quanto vi dicono, fatelo e osservatelo, ma non fate secondo le loro opere, perché dicono e non fanno.4Legano infatti pesanti fardelli e li impongono sulle spalle della gente, ma loro non vogliono muoverli neppure con un dito.5Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dagli uomini: allargano i loro filattéri e allungano le frange;6amano posti d'onore nei conviti, i primi seggi nelle sinagoghe7e i saluti nelle piazze, come anche sentirsi chiamare "rabbì" dalla gente.8Ma voi non fatevi chiamare "rabbì", perché uno solo è il vostro maestro e voi siete tutti fratelli.9E non chiamate nessuno "padre" sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello del cielo.10E non fatevi chiamare "maestri", perché uno solo è il vostro Maestro, il Cristo.11Il più grande tra voi sia vostro servo;12chi invece si innalzerà sarà abbassato e chi si abbasserà sarà innalzato.

13Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che chiudete il regno dei cieli davanti agli uomini; perché così voi non vi entrate, e non lasciate entrare nemmeno quelli che vogliono entrarci14.
15Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che percorrete il mare e la terra per fare un solo proselito e, ottenutolo, lo rendete figlio della Geenna il doppio di voi.
16Guai a voi, guide cieche, che dite: Se si giura per il tempio non vale, ma se si giura per l'oro del tempio si è obbligati.17Stolti e ciechi: che cosa è più grande, l'oro o il tempio che rende sacro l'oro?18E dite ancora: Se si giura per l'altare non vale, ma se si giura per l'offerta che vi sta sopra, si resta obbligati.19Ciechi! Che cosa è più grande, l'offerta o l'altare che rende sacra l'offerta?20Ebbene, chi giura per l'altare, giura per l'altare e per quanto vi sta sopra;21e chi giura per il tempio, giura per il tempio e per Colui che l'abita.22E chi giura per il cielo, giura per il trono di Dio e per Colui che vi è assiso.
23Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che pagate la decima della menta, dell'anèto e del cumìno, e trasgredite le prescrizioni più gravi della legge: la giustizia, la misericordia e la fedeltà. Queste cose bisognava praticare, senza omettere quelle.24Guide cieche, che filtrate il moscerino e ingoiate il cammello!
25Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che pulite l'esterno del bicchiere e del piatto mentre all'interno sono pieni di rapina e d'intemperanza.26Fariseo cieco, pulisci prima l'interno del bicchiere, perché anche l'esterno diventi netto!
27Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che rassomigliate a sepolcri imbiancati: essi all'esterno son belli a vedersi, ma dentro sono pieni di ossa di morti e di ogni putridume.28Così anche voi apparite giusti all'esterno davanti agli uomini, ma dentro siete pieni d'ipocrisia e d'iniquità.
29Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che innalzate i sepolcri ai profeti e adornate le tombe dei giusti,30e dite: Se fossimo vissuti al tempo dei nostri padri, non ci saremmo associati a loro per versare il sangue dei profeti;31e così testimoniate, contro voi stessi, di essere figli degli uccisori dei profeti.32Ebbene, colmate la misura dei vostri padri!

33Serpenti, razza di vipere, come potrete scampare dalla condanna della Geenna?34Perciò ecco, io vi mando profeti, sapienti e scribi; di questi alcuni ne ucciderete e crocifiggerete, altri ne flagellerete nelle vostre sinagoghe e li perseguiterete di città in città;35perché ricada su di voi tutto il sangue innocente versato sopra la terra, dal sangue del giusto Abele fino al sangue di Zaccaria, figlio di Barachìa, che avete ucciso tra il santuario e l'altare.36In verità vi dico: tutte queste cose ricadranno su questa generazione.

37Gerusalemme, Gerusalemme, che uccidi i profeti e lapidi quelli che ti sono inviati, quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli, come una gallina raccoglie i pulcini sotto le ali, e voi non avete voluto!38Ecco: 'la vostra casa vi sarà lasciata deserta!'39Vi dico infatti che non mi vedrete più finché non direte: 'Benedetto colui che viene nel nome del Signore!'".


Primo libro delle Cronache 11

1Tutti gli Israeliti si raccolsero intorno a Davide in Ebron e gli dissero: "Ecco noi siamo tue ossa e tua carne.2Anche prima, quando regnava Saul, tu guidavi nei movimenti le truppe di Israele. Inoltre il Signore tuo Dio ti ha detto: Tu pascerai il mio popolo, Israele; tu sarai capo del mio popolo Israele".3Tutti gli anziani di Israele si presentarono al re in Ebron. Davide concluse con loro un'alleanza in Ebron davanti al Signore. Con l'unzione consacrarono Davide re su Israele, secondo la parola pronunziata dal Signore per mezzo di Samuele.
4Davide con tutto Israele marciò contro Gerusalemme, cioè Gebus, ove c'erano i Gebusei, abitanti del paese.5Ma gli abitanti di Gebus dissero a Davide: "Tu qui non entrerai". Ma Davide prese la cittadella di Sion, che è la città di Davide.6Davide aveva detto: "Chi colpirà per primo i Gebusei diventerà capo e principe". Salì per primo Ioab, figlio di Zeruià, che divenne così capo.7Davide si stabilì nella cittadella, che perciò fu chiamata città di Davide.8Egli fortificò la città tutt'intorno, dal Millo per tutto il suo perimetro; Ioab restaurò il resto della città.9Davide cresceva sempre più in potenza e il Signore degli eserciti era con lui.
10Questi sono i capi dei prodi di Davide, che si erano affermati con il valore nel suo regno e che, insieme con tutto Israele, lo avevano costituito re, secondo la parola del Signore nei riguardi di Israele.11Ecco l'elenco dei prodi di Davide: Iasobeam figlio di un Cacmonita, capo dei Tre; egli brandì la lancia su trecento vittime in una sola volta.12Dopo di lui c'era Eleàzaro figlio di Dodo, l'Acochita; era uno dei tre prodi.13Egli fu con Davide in Pas-Dammim. I Filistei vi si erano riuniti per combattere; c'era un campo pieno di orzo. La truppa fuggì di fronte ai Filistei.14Egli allora si appostò in mezzo al campo, lo difese e sconfisse i Filistei; così il Signore operò una grande vittoria.
15Scesero tre dei trenta capi sulla roccia presso Davide, nella fortezza di Adullàm; il campo dei Filistei si estendeva nella valle di Rèfaim.16Davide era nella fortezza, mentre un presidio di Filistei era in Betlemme.17Davide ebbe un desiderio che espresse a parole: "Potessi bere l'acqua della cisterna che sta alla porta di Betlemme!".18I tre attraversarono il campo dei Filistei, attinsero l'acqua dalla cisterna che era alla porta di Betlemme e la portarono a Davide, ma egli non volle berla; la versò in libazione al Signore.19Egli disse: "Mi guardi il mio Dio dal compiere una cosa simile. Dovrei bere il sangue di quegli uomini insieme con la loro vita? Difatti l'hanno portata a rischio della propria vita". Non volle berla. Tali gesta compirono i tre prodi.
20Abisài fratello di Ioab era capo dei Trenta. Egli brandì la lancia contro trecento vittime e così divenne famoso fra i Trenta.21Fu stimato doppiamente fra i Trenta; divenne loro capo, ma non giunse ad eguagliare i Tre.
22Benaià, da Kabzeèl, era figlio di Ioiadà, uomo valoroso e pieno di prodezze. Egli uccise i due figli di Arièl di Moab; inoltre, sceso in una cisterna in un giorno di neve, vi uccise un leone.23Egli uccise anche un Egiziano alto cinque cubiti, il quale aveva in mano una lancia come un subbio di tessitore; gli andò incontro con un bastone, strappò la lancia dalla mano dell'Egiziano e lo uccise con la stessa lancia.24Tale gesta compì Benaià, figlio di Ioiadà; egli divenne famoso fra i trenta prodi.25Fra i Trenta fu molto stimato, ma non giunse a eguagliare i Tre. Davide lo mise a capo della sua guardia del corpo.
26Ecco i prodi valorosi: Asaèl fratello di Ioab, Elcanan figlio di Dodo, di Betlemme,27Sammòt di Charod, Chelez di Pelet,28Ira figlio di Ikkes di Tekòa, Abièzer di Anatòt,29Sibbekai di Cusa, Ilai di Acoch,30Macrai di Netofa, Cheled figlio di Baana, di Netofa,31Itai figlio di Ribai, di Gàbaa dei figli di Beniamino, Benaià di Piraton,32Curai di Nacale-Gaas, Abiel di Arbot,33Azmàvet di Bacurìm, Eliacba di Saalbon,34Iasen di Gun, Giònata figlio di Saghe, di Charar,35Achiam figlio di Sacar, di Carar, Elifèlet figlio di Ur,36Efer di Mechera, Achia di Pelon,37Chezro del Carmelo, Naarai figlio di Ezbai,38Gioele fratello di Natàn, Mibcar figlio di Agri,39Zelek l'Ammonita, Nacrai di Berot, scudiero di Ioab figlio di Zeruià,40Ira di Ieter, Gareb di Ieter,41Uria l'Hittita, Zabad figlio di Aclai,42Adina figlio di Zisa il Rubenita, capo dei Rubeniti, e con lui altri trenta,43Canan, figlio di Maaca, Giòsafat di Meten,44Uzzia di Astarot, Sama e Ieiel, figli di Cotam di Aroer,45Iediael figlio di Simri e Ioca suo fratello, di Tisi,46Eliel di Macavim, Ieribài e Osea, figli di Elnaam, Itma il Moabita,47Elièl, Obed e Iaasièl di Zoba.


Siracide 26

1Beato il marito di una donna virtuosa;
il numero dei suoi giorni sarà doppio.
2Una brava moglie è la gioia del marito,
questi trascorrerà gli anni in pace.
3Una donna virtuosa è una buona sorte,
viene assegnata a chi teme il Signore.
4Ricco o povero il cuore di lui ne gioisce,
in ogni tempo il suo volto appare sereno.
5Tre cose teme il mio cuore,
per la quarta sono spaventato:
una calunnia diffusa in città, un tumulto di popolo
e una falsa accusa: tutto questo è peggiore della morte;
6ma crepacuore e lutto è una donna gelosa di un'altra
e il flagello della sua lingua si lega con tutti.
7Giogo di buoi sconnesso è una donna malvagia,
colui che la domina è come chi acchiappa uno scorpione.
8Gran motivo di sdegno una donna ubriaca,
non riuscirà a nascondere la vergogna.
9La scostumatezza di una donna è nell'eccitazione degli
sguardi,
si riconosce dalle sue occhiate.
10Fa' buona guardia a una figlia libertina,
perché non ne approfitti, se trova indulgenza.
11Guàrdati dal seguire un occhio impudente,
non meravigliarti se ti spinge verso il male.
12Come un viandante assetato apre la bocca
e beve qualsiasi acqua a lui vicina,
così essa siede davanti a ogni palo
e apre a qualsiasi freccia la faretra.
13La grazia di una donna allieta il marito,
la sua scienza gli rinvigorisce le ossa.
14È un dono del Signore una donna silenziosa,
non c'è compenso per una donna educata.
15Grazia su grazia è una donna pudica,
non si può valutare il peso di un'anima modesta.
16Il sole risplende sulle montagne del Signore,
la bellezza di una donna virtuosa adorna la sua casa.
17Lampada che arde sul candelabro santo,
così la bellezza del volto su giusta statura.
18Colonne d'oro su base d'argento,
tali sono gambe graziose su solidi piedi.

19Due cose mi serrano il cuore,
la terza mi provoca all'ira:
un guerriero che languisca nella miseria,
uomini saggi trattati con disprezzo,
chi passa dalla giustizia al peccato;
il Signore lo tiene pronto per la spada.

20A stento un commerciante sarà esente da colpe,
un rivenditore non sarà immune dal peccato.


Salmi 18

1'Al maestro del coro. Di Davide, servo del Signore, che rivolse al Signore le parole di questo canto, quando il Signore lo liberò dal potere di tutti i suoi nemici,2 e dalla mano di Saul. Disse dunque:'

Ti amo, Signore, mia forza,
3Signore, mia roccia, mia fortezza, mio liberatore;
mio Dio, mia rupe, in cui trovo riparo;
mio scudo e baluardo, mia potente salvezza.
4Invoco il Signore, degno di lode,
e sarò salvato dai miei nemici.

5Mi circondavano flutti di morte,
mi travolgevano torrenti impetuosi;
6già mi avvolgevano i lacci degli inferi,
già mi stringevano agguati mortali.
7Nel mio affanno invocai il Signore,
nell'angoscia gridai al mio Dio:
dal suo tempio ascoltò la mia voce,
al suo orecchio pervenne il mio grido.

8La terra tremò e si scosse;
vacillarono le fondamenta dei monti,
si scossero perché egli era sdegnato.
9Dalle sue narici saliva fumo,
dalla sua bocca un fuoco divorante;
da lui sprizzavano carboni ardenti.
10Abbassò i cieli e discese,
fosca caligine sotto i suoi piedi.

11Cavalcava un cherubino e volava,
si librava sulle ali del vento.
12Si avvolgeva di tenebre come di velo,
acque oscure e dense nubi lo coprivano.
13Davanti al suo fulgore si dissipavano le nubi
con grandine e carboni ardenti.
14Il Signore tuonò dal cielo,
l'Altissimo fece udire la sua voce:
grandine e carboni ardenti.
15Scagliò saette e li disperse,
fulminò con folgori e li sconfisse.
16Allora apparve il fondo del mare,
si scoprirono le fondamenta del mondo,
per la tua minaccia, Signore,
per lo spirare del tuo furore.

17Stese la mano dall'alto e mi prese,
mi sollevò dalle grandi acque,
18mi liberò da nemici potenti,
da coloro che mi odiavano
ed eran più forti di me.
19Mi assalirono nel giorno di sventura,
ma il Signore fu mio sostegno;
20mi portò al largo,
mi liberò perché mi vuol bene.

21Il Signore mi tratta secondo la mia giustizia,
mi ripaga secondo l'innocenza delle mie mani;
22perché ho custodito le vie del Signore,
non ho abbandonato empiamente il mio Dio.
23I suoi giudizi mi stanno tutti davanti,
non ho respinto da me la sua legge;
24ma integro sono stato con lui
e mi sono guardato dalla colpa.
25Il Signore mi rende secondo la mia giustizia,
secondo l'innocenza delle mie mani davanti ai suoi occhi.

26Con l'uomo buono tu sei buono
con l'uomo integro tu sei integro,
27con l'uomo puro tu sei puro,
con il perverso tu sei astuto.
28Perché tu salvi il popolo degli umili,
ma abbassi gli occhi dei superbi.
29Tu, Signore, sei luce alla mia lampada;
il mio Dio rischiara le mie tenebre.
30Con te mi lancerò contro le schiere,
con il mio Dio scavalcherò le mura.

31La via di Dio è diritta,
la parola del Signore è provata al fuoco;
egli è scudo per chi in lui si rifugia.
32Infatti, chi è Dio, se non il Signore?
O chi è rupe, se non il nostro Dio?
33Il Dio che mi ha cinto di vigore
e ha reso integro il mio cammino;
34mi ha dato agilità come di cerve,
sulle alture mi ha fatto stare saldo;
35ha addestrato le mie mani alla battaglia,
le mie braccia a tender l'arco di bronzo.

36Tu mi hai dato il tuo scudo di salvezza,
la tua destra mi ha sostenuto,
la tua bontà mi ha fatto crescere.
37Hai spianato la via ai miei passi,
i miei piedi non hanno vacillato.
38Ho inseguito i miei nemici e li ho raggiunti,
non sono tornato senza averli annientati.
39Li ho colpiti e non si sono rialzati,
sono caduti sotto i miei piedi.
40Tu mi hai cinto di forza per la guerra,
hai piegato sotto di me gli avversari.

41Dei nemici mi hai mostrato le spalle,
hai disperso quanti mi odiavano.
42Hanno gridato e nessuno li ha salvati,
al Signore, ma non ha risposto.
43Come polvere al vento li ho dispersi,
calpestati come fango delle strade.
44Mi hai scampato dal popolo in rivolta,
mi hai posto a capo delle nazioni.
Un popolo che non conoscevo mi ha servito;
45all'udirmi, subito mi obbedivano,
stranieri cercavano il mio favore,
46impallidivano uomini stranieri
e uscivano tremanti dai loro nascondigli.

47Viva il Signore e benedetta la mia rupe,
sia esaltato il Dio della mia salvezza.
48Dio, tu mi accordi la rivincita
e sottometti i popoli al mio giogo,
49mi scampi dai nemici furenti,
dei miei avversari mi fai trionfare
e mi liberi dall'uomo violento.

50Per questo, Signore, ti loderò tra i popoli
e canterò inni di gioia al tuo nome.
51Egli concede al suo re grandi vittorie,
si mostra fedele al suo consacrato,
a Davide e alla sua discendenza per sempre.


Isaia 10

1Guai a coloro che fanno decreti iniqui
e scrivono in fretta sentenze oppressive,
2per negare la giustizia ai miseri
e per frodare del diritto i poveri del mio popolo,
per fare delle vedove la loro preda
e per spogliare gli orfani.
3Ma che farete nel giorno del castigo,
quando da lontano sopraggiungerà la rovina?
A chi ricorrerete per protezione?
Dove lascerete la vostra ricchezza?
4Non vi resterà che piegarvi tra i prigionieri
o cadere tra i morti.
Con tutto ciò non si calma la sua ira
e ancora la sua mano rimane stesa.

5Oh! Assiria, verga del mio furore,
bastone del mio sdegno.
6Contro una nazione empia io la mando
e la comando contro un popolo con cui sono in colleraperché lo saccheggi, lo depredi
e lo calpesti come fango di strada.
7Essa però non pensa così
e così non giudica il suo cuore,
ma vuole distruggere
e annientare non poche nazioni.
8Anzi dice: "Forse i miei capi non sono altrettanti re?
9Forse come Càrchemis non è anche Calne?
Come Arpad non è forse Amat?
Come Damasco non è forse Samaria?
10Come la mia mano ha raggiunto quei regni degli idoli,
le cui statue erano più numerose
di quelle di Gerusalemme e di Samaria,
11non posso io forse, come ho fatto
a Samaria e ai suoi idoli,
fare anche a Gerusalemme e ai suoi simulacri?".

12Quando il Signore avrà terminato tutta l'opera sua sul monte Sion e a Gerusalemme, punirà l'operato orgoglioso della mente del re di Assiria e ciò di cui si gloria l'alterigia dei suoi occhi.
13Poiché ha detto:

"Con la forza della mia mano ho agito
e con la mia sapienza, perché sono intelligente;
ho rimosso i confini dei popoli
e ho saccheggiato i loro tesori,
ho abbattuto come un gigante
coloro che sedevano sul trono.
14La mia mano, come in un nido, ha scovato
la ricchezza dei popoli.
Come si raccolgono le uova abbandonate,
così ho raccolto tutta la terra;
non vi fu battito d'ala,
nessuno apriva il becco o pigolava".
15Può forse vantarsi la scure con chi taglia per suo mezzo
o la sega insuperbirsi contro chi la maneggia?
Come se un bastone volesse brandire chi lo impugna
e una verga sollevare ciò che non è di legno!
16Perciò il Signore, Dio degli eserciti,
manderà una peste contro le sue più valide milizie;
sotto ciò che è sua gloria arderà un bruciore
come bruciore di fuoco;
17La luce di Israele diventerà un fuoco,
il suo santuario una fiamma;
essa divorerà e consumerà rovi
e pruni in un giorno,
18besso consumerà anima e corpo
e sarà come un malato che sta spegnendosi.
18ala magnificenza della sua selva e del suo giardino;
19il resto degli alberi nella selva
si conterà facilmente,
persino un ragazzo potrebbe farne il conto.

20In quel giorno
il resto di Israele e i superstiti della casa di Giacobbe
non si appoggeranno più su chi li ha percossi,
ma si appoggeranno sul Signore,
sul Santo di Israele, con lealtà.
21Tornerà il resto,
il resto di Giacobbe, al Dio forte.
22Poiché anche se il tuo popolo, o Israele,
fosse come la sabbia del mare,
solo un suo resto ritornerà;
è decretato uno sterminio
che farà traboccare la giustizia,
23poiché un decreto di rovina
eseguirà il Signore, Dio degli eserciti,
su tutta la regione.

24Pertanto così dice il Signore, Dio degli eserciti: "Popolo mio, che abiti in Sion, non temere l'Assiria che ti percuote con la verga e alza il bastone contro di te come già l'Egitto.25Perché ancora un poco, ben poco, e il mio sdegno avrà fine; la mia ira li annienterà".26Contro di essa il Signore degli eserciti agiterà il flagello, come quando colpì Madian sulla rupe dell'Oreb; alzerà la sua verga sul mare come fece con l'Egitto.

27In quel giorno
sarà tolto il suo fardello dalla tua spalla
e il suo giogo cesserà di pesare sul tuo collo.

Il distruttore viene da Rimmòn,
28raggiunge Aiàt, attraversa Migròn,
in Micmàs depone il bagaglio.
29Attraversano il passo;
in Gheba si accampano;
Rama trema,
fugge Gàbaa di Saul.
30Grida con tutta la tua voce, Bat-Gallìm,
sta' attenta, Làisa,
rispondile, Anatòt!
31Madmenà è in fuga,
e alla fuga si danno gli abitanti di Ghebim.
32Oggi stesso farà sosta a Nob,
agiterà la mano verso il monte della figlia di Sion,
verso il colle di Gerusalemme.
33Ecco il Signore, Dio degli eserciti,
che strappa i rami con fracasso;
le punte più alte sono troncate,
le cime sono abbattute.
34È reciso con il ferro il folto della selvae il Libano cade con la sua magnificenza.


Atti degli Apostoli 23

1Con lo sguardo fisso al sinedrio Paolo disse: "Fratelli, io ho agito fino ad oggi davanti a Dio in perfetta rettitudine di coscienza".2Ma il sommo sacerdote Ananìa ordinò ai suoi assistenti di percuoterlo sulla bocca.3Paolo allora gli disse: "Dio percuoterà te, muro imbiancato! Tu siedi a giudicarmi secondo la legge e contro la legge comandi di percuotermi?".4E i presenti dissero: "Osi insultare il sommo sacerdote di Dio?".5Rispose Paolo: "Non sapevo, fratelli, che è il sommo sacerdote; sta scritto infatti: 'Non insulterai il capo del tuo popolo'".
6Paolo sapeva che nel sinedrio una parte era di sadducei e una parte di farisei; disse a gran voce: "Fratelli, io sono un fariseo, figlio di farisei; io sono chiamato in giudizio a motivo della speranza nella risurrezione dei morti".7Appena egli ebbe detto ciò, scoppiò una disputa tra i farisei e i sadducei e l'assemblea si divise.8I sadducei infatti affermano che non c'è risurrezione, né angeli, né spiriti; i farisei invece professano tutte queste cose.9Ne nacque allora un grande clamore e alcuni scribi del partito dei farisei, alzatisi in piedi, protestavano dicendo: "Non troviamo nulla di male in quest'uomo. E se uno spirito o un angelo gli avesse parlato davvero?".10La disputa si accese a tal punto che il tribuno, temendo che Paolo venisse linciato da costoro, ordinò che scendesse la truppa a portarlo via di mezzo a loro e ricondurlo nella fortezza.11La notte seguente gli venne accanto il Signore e gli disse: "Coraggio! Come hai testimoniato per me a Gerusalemme, così è necessario che tu mi renda testimonianza anche a Roma".

12Fattosi giorno, i Giudei ordirono una congiura e fecero voto con giuramento esecratorio di non toccare né cibo né bevanda, sino a che non avessero ucciso Paolo.13Erano più di quaranta quelli che fecero questa congiura.14Si presentarono ai sommi sacerdoti e agli anziani e dissero: "Ci siamo obbligati con giuramento esecratorio di non assaggiare nulla sino a che non avremo ucciso Paolo.15Voi dunque ora, insieme al sinedrio, fate dire al tribuno che ve lo riporti, col pretesto di esaminare più attentamente il suo caso; noi intanto ci teniamo pronti a ucciderlo prima che arrivi".
16Ma il figlio della sorella di Paolo venne a sapere del complotto; si recò alla fortezza, entrò e ne informò Paolo.17Questi allora chiamò uno dei centurioni e gli disse: "Conduci questo giovane dal tribuno, perché ha qualche cosa da riferirgli".18Il centurione lo prese e lo condusse dal tribuno dicendo: "Il prigioniero Paolo mi ha fatto chiamare e mi ha detto di condurre da te questo giovanetto, perché ha da dirti qualche cosa".19Il tribuno lo prese per mano, lo condusse in disparte e gli chiese: "Che cosa è quello che hai da riferirmi?".20Rispose: "I Giudei si sono messi d'accordo per chiederti di condurre domani Paolo nel sinedrio, col pretesto di informarsi più accuratamente nei suoi riguardi.21Tu però non lasciarti convincere da loro, poiché più di quaranta dei loro uomini hanno ordito un complotto, facendo voto con giuramento esecratorio di non prendere cibo né bevanda finché non l'abbiano ucciso; e ora stanno pronti, aspettando che tu dia il tuo consenso".
22Il tribuno congedò il giovanetto con questa raccomandazione: "Non dire a nessuno che mi hai dato queste informazioni".

23Fece poi chiamare due dei centurioni e disse: "Preparate duecento soldati per andare a Cesarèa insieme con settanta cavalieri e duecento lancieri, tre ore dopo il tramonto.24Siano pronte anche delle cavalcature e fatevi montare Paolo, perché sia condotto sano e salvo dal governatore Felice".25Scrisse anche una lettera in questi termini:26"Claudio Lisia all'eccellentissimo governatore Felice, salute.27Quest'uomo è stato assalito dai Giudei e stava per essere ucciso da loro; ma sono intervenuto con i soldati e l'ho liberato, perché ho saputo che è cittadino romano.28Desideroso di conoscere il motivo per cui lo accusavano, lo condussi nel loro sinedrio.29Ho trovato che lo si accusava per questioni relative alla loro legge, ma che in realtà non c'erano a suo carico imputazioni meritevoli di morte o di prigionia.30Sono stato però informato di un complotto contro quest'uomo da parte loro, e così l'ho mandato da te, avvertendo gli accusatori di deporre davanti a te quello che hanno contro di lui. Sta' bene".
31Secondo gli ordini ricevuti, i soldati presero Paolo e lo condussero di notte ad Antipàtride.32Il mattino dopo, lasciato ai cavalieri il compito di proseguire con lui, se ne tornarono alla fortezza.33I cavalieri, giunti a Cesarèa, consegnarono la lettera al governatore e gli presentarono Paolo.34Dopo averla letta, domandò a Paolo di quale provincia fosse e, saputo che era della Cilicia, disse:35"Ti ascolterò quando saranno qui anche i tuoi accusatori". E diede ordine di custodirlo nel pretorio di Erode.


Capitolo XVI: Sopportare i difetti degli altri

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1. Quei difetti, nostro od altrui, che non riusciamo a correggere, li dobbiamo sopportare con pazienza, fino a che Dio non disponga altrimenti. Rifletti che, per avventura, questa sopportazione è la cosa più utile per te, come prova di quella pazienza, senza della quale ben poco contano i nostri meriti. Tuttavia, di fronte a tali difficoltà, devi chiedere insistentemente che Dio si degni di venirti in aiuto e che tu riesca a sopportarle lietamente. Se uno, ammonito una volta e un'altra ancora, non si acquieta, cessa di litigare con lui; rimetti invece ogni cosa in Dio, affinché in tutti noi, suoi servi, si faccia la volontà e la gloria di Lui, che ben sa trasformare il male in bene. Sforzati di essere paziente nel tollerare i difetti e le debolezze altrui, qualunque essi siano, giacché anche tu presenti molte cose che altri debbono sopportare.  

2. Se non riesci a trasformare te stesso secondo quella che pure è la tua volontà, come potrai pretendere che gli altri si conformino al tuo desiderio? Vogliamo che gli altri siano perfetti; mentre noi non correggiamo le nostre manchevolezze. Vogliamo che gli altri si correggano rigorosamente; mentre noi non sappiamo correggere noi stessi. Ci disturba una ampia libertà degli altri; mentre non sappiamo negare a noi stessi ciò che desideriamo. Vogliamo che gli altri siano stretti entro certe regole; mentre noi non ammettiamo di essere un po' più frenati. In tal modo, dunque, è chiaro che raramente misuriamo il prossimo come noi stessi. Se fossimo tutti perfetti, che cosa avremmo da patire dagli altri, per amore di Dio? Ora, Dio così dispone, affinché apprendessimo a portare l'uno i pesi dell'altro (Gal 6,2). Infatti non c'è alcuno che non presenti difetti o molestie; non c'è alcuno che basti a se stesso e che, di per sé, sia sufficientemente saggio. Occorre, dunque, che ci sopportiamo a vicenda, che a vicenda ci consoliamo, che egualmente ci aiutiamo e ci ammoniamo. Quanta virtù ciascuno di noi abbia, ciò appare al momento delle avversità: non sono le occasioni che fanno fragile l'uomo, ma esse mostrano quale esso è.


DISCORSO 241 NEI GIORNI DI PASQUA SULLA RISURREZIONE DEI CORPI, CONTRO I PAGANI

Discorsi - Sant'Agostino

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Conoscenza naturale di Dio.

1. Una verità di fede propria dei cristiani è la resurrezione dei morti. Di tale verità, cioè della resurrezione dei morti, Cristo nostro capo ci ha dato in se stesso la prova, fornendo anche alla nostra fede un modello, di modo che le membra debbono sperare per se stesse, ciò ' che in antecedenza è avvenuto nel capo. Ieri vi parlavamo dei sapienti del paganesimo - coloro che vengono chiamati filosofi - e in particolare di coloro che sono stati i più qualificati. Vi sottolineavamo com'essi, scrutando la natura, attraverso le opere del creato sono pervenuti alla conoscenza dell'Artefice. Non avevano ascoltato i Profeti, non avevano ricevuto la Legge divina, ma Dio, pur rimanendo in silenzio, parlava in certo qual modo alla loro mente attraverso le opere che aveva cosparse nel mondo, e la stessa bellezza dell'universo costituiva per loro un richiamo a ricercare l'Artefice delle cose. Non potevano infatti accettare l'ipotesi che il cielo e la terra ci fossero senza uno che li avesse fatti. Di costoro così parla il beato apostolo Paolo: L'ira di Dio - dice - si palesa dal cielo contro ogni empietà. Che significa? Contro ogni empietà? L'ira di Dio si palesa dal cielo non solo contro i Giudei, che ricevettero la legge e si ribellarono all'Autore della legge, ma anche contro ogni empietà del mondo pagano. E affinché nessuno sussumesse: Ma perché questo, dal momento che costoro non hanno ricevuto la legge? prosegue affermando: E contro ogni ingiustizia di coloro che tengono la verità asservita all'iniquità. Provati a ribattere: Ma qual è questa verità? Si tratta infatti di gente che non ha ricevuto la legge né ascoltato i Profeti. Ascolta qual è questa verità. Dice: Poiché quel che di Dio è conoscibile è stato loro manifestato. In che maniera manifestato? Ascolta ancora: Dio l'ha loro manifestato. E se vuoi sapere ancora in qual maniera lo abbia loro manifestato, dal momento che una legge non l'ha loro data, ascolta come: In effetti, a cominciare dalla creazione del mondo, le cose invisibili di lui si comprendono mediante la penetrazione delle cose create. Le cose invisibili di lui, cioè quanto in Dio c'è d'invisibile; a cominciare dalla creazione del mondo, cioè da quando egli formò il mondo; si comprendono mediante la penetrazione delle cose create, cioè: le cose invisibili vengono comprese attraverso la penetrazione delle altre. Non esclusa l'eterna - riferisco ancora le parole dell'Apostolo e le ricollego alle precedenti -, non esclusa l'eterna sua potenza e maestà. Sottintendi: Vengono comprese attraverso tale penetrazione. Affinché non possano avanzare scuse. E perché non lo possono? Perché avendo conosciuto Dio, non l'hanno glorificato come Dio né l'hanno ringraziato 1. Non dice che non hanno conosciuto Dio, ma: Avendolo conosciuto.

Dalle creature e dal composito umano si risale a Dio.

2. Come l'hanno conosciuto? Attraverso le cose create. Interroga la bellezza della terra, del mare, dell'aria rarefatta e dovunque espansa; interroga la bellezza del cielo e l'ordine delle stelle; interroga il sole che col suo splendore illumina il giorno e la luna che con la sua luce attenua l'oscurità della notte che al giorno tien dietro; interroga gli animali che si muovono nell'acqua, che popolano la terra o svolazzano nel cielo: han celata l'anima mentre il corpo è visibile; è visibile ciò che ha bisogno d'esser retto, è invisibile ciò che lo regge. Interroga tutte queste cose. Esse ti risponderanno: Guardaci pure e osserva come siamo belle. La loro bellezza è come un loro inno di lode. Ora, queste creature, così belle ma pur mutevoli, chi le ha fatte se non uno che è bello in modo immutabile? Da ultimo passarono a scrutare l'uomo per poter conoscere, adoperando l'acume della mente, Dio creatore dell'intero universo; e dell'uomo interrogarono (così mi avviavo a dire) il corpo e l'anima. Interrogavano ciò da cui essi stessi risultavano costituiti: il corpo che vedevano e l'anima che non vedevano. Eppure, il loro corpo non l'avrebbero veduto se non in virtù dell'anima. Lo vedevano, sì, con gli occhi, ma colui che guardava attraverso queste finestre stava dentro. E, per finire, osserva come, allontanandosi il padrone che vi abita, la casa crolla; allontanandosi colui che lo teneva in piedi l'uomo cade e, appunto perché cade, lo si chiama cadavere. Nel cadavere gli occhi restano sani, ma per quanto li si apra, non vedono nulla. Restano anche gli orecchi ma è partito chi era in grado di ascoltare. Parimenti è della lingua: resta lo strumento ma se ne è andato il musicista che lo suonava. Ebbene, i filosofi interrogarono questi due elementi, il corpo visibile e l'anima invisibile, e riscontrarono che l'elemento invisibile è più nobile di quello visibile, che cioè l'anima, occulta nell'uomo, è superiore e che il corpo, visibile, è inferiore. Esaminarono questi due elementi, li scrutarono a fondo, discussero sull'uno e sull'altro, e conclusero che quanto compone lo stesso uomo è di natura mutevole. Muta il corpo col succedersi delle età, perché si deteriora, perché ha bisogno di alimenti per ristorarsi, perché viene meno e nella vita e nella morte. Passarono poi a considerare l'anima, che ovviamente riscontrarono superiore e si meravigliarono per il fatto che era invisibile. Tuttavia dovettero concludere che anch'essa è soggetta a mutazioni: ora vuole ora non vuole, ora sa ora non sa, ora ricorda ora dimentica, ora teme ora azzarda, ora avanza verso la sapienza ora si affloscia nella stoltezza. Videro dunque che anche l'anima è mutevole e si spinsero anche al di sopra di lei cercando qualcosa che fosse immutabile.

Stoltezza dell'uomo che adora gli idoli.

3. In tal modo, servendosi delle cose create da Dio, giunsero a conoscere colui che le aveva create. Ma - dice l'Apostolo - non lo glorificarono come Dio né lo ringraziarono. Ma divennero stolti nei loro pensieri e il loro cuore, istupidito, divenne tenebroso. Pur chiamandosi sapienti, divennero insipienti. Attribuendo a sé le cose che avevano ricevuto persero ciò che possedevano. Considerandosi, per così dire, chi sa che cosa, divennero insipienti. E dove arrivarono? Dice: E scambiarono la gloria dell'incorruttibile Dio forgiandosela simile alla figura dell'uomo corruttibile. Si riferisce agli idoli, e, a questo riguardo, era poco dire che si forgiarono idoli somiglianti all'uomo e conformarono l'artefice al risultato del loro lavoro. Era poco questo. E allora che cosa ci aggiunsero? E di uccelli e di quadrupedi e di serpenti 2. Tutti questi animali, muti e privi di ragione, quei grandi sapienti (dico per dire) li presero per loro dèi. Ti rimproveravo perché adoravi il simulacro di un uomo: cosa dovrò farti adesso che ti vedo adorare una statua raffigurante un cane, un serpente, un coccodrillo? Poiché fino a questo punto sono arrivati. Quanto s'erano spinti in alto con le loro ricerche, tanto sono sprofondati in basso allorché sono caduti. Chi infatti precipita da un luogo elevato cola a picco molto più in profondità.

Pazzesche ipotesi sulla sorte dell'anima umana dopo morte.

4. Orbene, costoro - come vi ricordavo ieri - si misero a ricercare sulla sorte dell'uomo nel mondo avvenire, cioè terminata la vita presente. Fecero le loro ricerche da uomini, ma, essendo uomini, come avrebbero potuto conoscere [la verità]? Non avendo la rivelazione divina, non avendo ascoltato i Profeti, non poterono trovarla, e si contentarono di far delle congetture. E quello che essi riuscirono a ipotizzare ve l'ho riferito ieri. Dicono: le anime dei cattivi, uscite [dal corpo], essendo macchiate da colpe, tornano immediatamente in altri corpi; le anime dei sapienti e dei giusti, invece, uscite dal corpo dopo una vita buona se ne volano al cielo. Va' pure avanti! Mi piace, mi piace! Hai trovato loro un posto: spiccano il volo e arrivano in cielo. Ma lì che fanno? Rispondono: Se ne vanno lì e godono il riposo in compagnia degli dèi. Loro sedi sono le stelle. Non avete trovato un posto malvagio per il loro riposo! Lasciatecele almeno per sempre e non scacciatele via! Tuttavia - sono loro che aggiungono questo - dopo un lungo succedersi di tempi esse dimenticano completamente la miseria di una volta e cominciano a desiderare il ritorno nel corpo. Le assale questa voglia e tornano a soffrire e tollerare daccapo le peripezie della vita presente. Tornano a dimenticarsi di Dio o, magari, a bestemmiarlo; tornano a provare il richiamo dei piaceri del corpo e a lottare contro le passioni disordinate. Ma da dove tornano a sobbarcarsi a queste miserie e con che scopo? Dimmelo! Perché fanno così? Perché hanno dimenticato. Se hanno dimenticato tutti i mali dimentichino anche i piaceri carnali! Questo solo, per loro disavventura, ricordano, cioè quello che le ha rovinate... E tornano: ma perché? Perché trovano piacevole abitare in un corpo come prima. Come provano un tal piacere se non perché ricordano che un tempo hanno abitato nel corpo? Togli via ogni ricordo, e forse otterrai che rimane la sapienza. Non rimanga null'altro che possa richiamare indietro.

Continua la polemica sullo stesso tema.

5. Un autore celebre fra loro rimase inorridito quando negli inferi un padre si fece vedere dal suo figlio o, meglio, quando lui stesso fingeva una tale apparizione. Quasi tutti conoscete il fatto; o magari foste in pochi a conoscerlo! Ma, se è vero che pochi lo conoscete dai libri, molti lo sapete attraverso le rappresentazioni teatrali. Enea scese negli inferi e suo padre gli presentò le anime di romani famosi che si sarebbero incarnate. Enea rimase esterrefatto ed esclamò:

O padre, creder debbo che alcune anime eccelse.

da qui se ne vanno in cielo e ai lenti corpi

fanno ancor ritorno?

Voleva dire: è proprio da credersi che vanno in cielo e di nuovo fan ritorno?

Tristi! Un desio sì folle hanno del sole? 3

Il figlio capiva le cose più a fondo di quel che il padre potesse spiegare. Egli disapprovava il desiderio di quelle anime che volevano tornare di nuovo ad abitare nel corpo. Chiama folle quel desiderio e sventurate quelle anime anche se non si vergogna di loro. Ebbene, questo sarebbe il vertice a cui voi, filosofi, siete giunti: supporre che le anime riescano a purificarsi fino a conseguire una purezza somma, ma poi, a causa di questa stessa purezza, dimentichino tutte le esperienze fatte e per tale dimenticanza ritornino alle miserie di quand'erano nel corpo! Ditemi, vi prego: Se tali cose fossero vere non sarebbe meglio ignorarle? Anche se fossero vere, dico, essendo luride, sono senz'altro false, non sarebbe meglio ignorarle? O pretendi forse dirmi: Se non saprai queste cose non sarai un filosofo? Ma perché dovrei saperle? Potrei forse essere adesso migliore di quando sarò in cielo? Se in cielo, quando sarò più saggio e più perfetto, dimenticherò tutte le cose imparate quaggiù e il non saperle sarà per me raggiungere una condizione migliore, lascia che le ignori fin da adesso. Dici che chi abita in cielo dimentica tutto: ebbene, lasciami ignorare tutte queste cose ora che sono sulla terra. Alla fine delle fini dimmi, per favore: Queste anime, quando si trovano nel cielo, sanno o non sanno che dovranno sperimentare di bel nuovo le miserie della vita presente? Scegli quel che preferisci. Se sono al corrente delle miserie così grandi che dovranno subire, al solo pensiero che un giorno dovranno essere in tali miserie, come possono essere beate? Come possono essere beate se manca loro la sicurezza? Prevedo quindi la risposta che sceglierai: mi dirai che sono nell'ignoranza. Celebri dunque l'ignoranza come prerogativa del cielo mentre non tolleri che l'abbia io cittadino della terra; e a me, che sono sulla terra, vuoi insegnare quello che, stando alle tue parole, non conoscerò quando mi troverò in cielo. Dici: Non lo sanno. Se non lo sanno e nemmeno pensano che avranno da tribolare, sono beate perché preda dell'errore. Pensano infatti di non dover subire quei mali che di fatto subiranno: e pensare il falso che cos'è se non commettere un errore? Saranno quindi felici in base a un errore; saranno beate non per l'eternità ma per la falsità... Oh, ci liberi la Verità, affinché possiamo essere veramente beati! Non è infatti priva di senso la parola del Redentore: Se il Figlio vi libererà, allora sarete liberi per davvero 4. Del resto egli aveva anche detto: Se rimarrete nella mia parola, sarete veramente miei discepoli, e conoscerete la verità, e la verità vi renderà liberi 5.

Certe conclusioni dei filosofi sono ridicole.

6. Ascoltate ora un errore più grossolano: un errore che dobbiamo compiangere o, piuttosto, irridere. Tu, sapiente, filosofo (per esempio, Pitagora, Platone, Porfirio o chiunque altro fra loro), quaggiù, in questa terra, cosa intendi raggiungere col tuo filosofare? Risponde: La vita beata. E questa vita beata quando l'avrai? Risponde ancora: Quando avrò consegnato questo corpo alla terra. Adesso dunque si conduce una vita piena di miserie, ma si ha almeno la speranza di una vita beata; lassù, dove si vivrà la vita beata, si starà invece nella speranza di tornare alla vita colma di miserie. Vuol dire che la speranza d'essere infelici ci dona la felicità, mentre la speranza della felicità ci rende infelici. Sbarazziamoci una buona volta di tutte queste fandonie; ridiamone perché son false, proviamone dispiacere perché c'è chi le crede conquiste notevoli. Cose di questo genere sono, miei fratelli, grandi pazzie inventate da grandi dotti. Quant'è meglio per noi mantenerci fedeli alle sublimi, anche se occulte, verità insegnateci dai nostri grandi santi! Dicono i filosofi che le anime purificate tornano [in terra] per amore dei corpi: esenti da colpa, divenute sapienti e pure, le anime tornano nel corpo per amore del corpo. Tale è dunque l'amore conseguito da un'anima che ha raggiunto la purificazione? Un amore di questo genere non è una colossale porcheria?

Secondo Porfirio l'anima deve separarsi dal corpo.

7. Occorre rifuggire da ogni sorta di corpo 6. Così sentenziò e scrisse un grande filosofo del paganesimo, cioè Porfirio. Nato più recentemente, quando il Cristianesimo si era già affermato, fu un acerrimo nemico della religione cristiana; tuttavia, vergognandosi e, almeno parzialmente, costretto dai cristiani a rettificare le insensatezze più enormi, disse che occorre rifuggire da ogni corpo. Disse ogni corpo in quanto ogni corpo sarebbe un legame gravoso per l'anima. Pertanto, se in maniera assoluta ogni corpo, comunque esso sia, è da fuggirsi, non troverai alcun adito per presentarmi elogi in fatto di corpo; non potrai certo farmi accettare le lodi che la nostra fede, aderendo all'insegnamento di Dio, tributa al corpo. In effetti è vero che il corpo come lo abbiamo al presente è così fatto che proprio in esso scontiamo la pena del peccato, ed, essendo corpo corruttibile, appesantisce l'anima 7. Tuttavia è anche vero che il corpo, tale qual è, ha una sua bellezza, un'ordinata disposizione delle membra, la pluralità dei sensi qua e là dislocati, la statura eretta, e tutte le altre doti che stupiscono quanti sanno valutarle a dovere. Oltre a tutto questo, esso sarà del tutto incorruttibile, immortale e dotato di agilità per cui gli sarà facilissimo muoversi. Ma Porfirio ribatte: " È inutile che mi decanti il corpo, qualunque esso sia. L'anima, se vuol essere beata, deve rifuggire da qualsiasi corpo". È quel che dicono i filosofi. Ma sono nell'errore, vaneggiano: e lo dimostro subito, senza protrarre all'infinito la discussione. Dico che l'anima, di cui si tessono gli elogi, deve avere chi le stia soggetto. Sono due realtà fra loro interdipendenti, e quella che si elogia e quella che le è soggetta. Al di sopra di tutti gli esseri c'è Dio, e a lui sono sottoposte tutte le creature. Però, anche riguardo all'anima, se merita una qualche considerazione dinanzi a Dio, deve a sua volta avere qualcosa che le sia sottoposto. Ma non voglio polemizzare ancora su questo argomento; mi limiterò a leggervi passi dei vostri libri. Voi asserite che l'intero mondo fisico, cioè il cielo, la terra, i mari con tutti gli esseri giganteschi che vi sono e così fino agli ultimi elementi incommensurabili, tutto è animato. Tutti questi elementi e l'intero corpo che risulta dal loro insieme, voi dite che è una grande realtà animata, avente cioè una sua propria anima, pur non avendo i sensi del corpo, in quanto al di fuori non c'è nulla che sia oggetto della sensorietà. Questo complesso ha però un intelletto ed è in unione con Dio: e la stessa anima del mondo si chiamerebbe Giove o Ecate, e sarebbe lei come un'anima universale che regge il mondo e lo costituisce come una specie di essere vivente. Dello stesso mondo voi dite che è eterno, che durerà per sempre e non avrà fine. Ma se questo mondo è eterno e rimane senza fine e se, per di più, è un mondo animato, ne segue che l'anima così concepita sarà trattenuta per sempre dentro questo mondo. Perché si dovrebbe - in tal caso - fuggire ogni sorta di corpo? E come facevi a dire: Occorre fuggire ogni sorta di corpo? Io piuttosto direi: Beate quelle anime che possederanno per sempre corpi incorruttibili. Tu, che dici: Occorre fuggire da ogni corpo, devi uccidere il mondo. Tu mi imponi di fuggire lontano dalla mia carne: ebbene, fa' sì che il tuo Giove fugga lontano dal cielo e dalla terra!

Confronto fra Porfirio e Platone.

8. E che dire di quanto abbiamo trovato in Platone, maestro di tutti costoro, in un libro da lui scritto e nel quale tratta di problemi cosmologici? Egli presenta Dio nell'atto di costruire gli dèi, di formare cioè le divinità celesti, tutte le stelle, il sole e la luna. Asserisce quindi che Dio è l'artefice degli dèi celesti e che le stelle hanno un'anima intellettuale, con cui comprendono Dio, e quei corpi visibili che noi osserviamo 8. Per farvi intendere dico così: Questo sole visibile voi non lo vedreste se non fosse un corpo; e questo è vero. Nessuna stella voi vedreste, e nemmeno la luna, se non fossero corpi; e ciò dicendo egli è nella verità. In modo analogo dice anche l'Apostolo: Ci sono corpi celesti e ci sono corpi terrestri. E continua: Altro è lo splendore dei corpi celesti e altro quello dei corpi terrestri. Parlando poi dello splendore dei corpi celesti l'Apostolo prosegue dicendo: Altro è lo splendore del sole, altro quello della luna e altro quello delle stelle, poiché ogni stella è, quanto a splendore, diversa dall'altra. Così sarà nella resurrezione dei morti 9. Notate come ai corpi dei santi è promessa una gloria, e una gloria che in ciascuno si diversifica da quella degli altri perché in ciascuno sono diversi i meriti della carità. Ma loro cosa dicono? Che queste stelle visibili sono, certo, dei corpi ma posseggono ciascuno la propria anima intellettiva, e sono divinità 10. Cominciamo con i corpi. È vero quel che dicono quando li ritengono corpi; ma perché polemizzare sul fatto se abbiano o meno ciascuno la propria anima? Veniamo piuttosto al nocciolo della questione. Platone ci descrive lui stesso Dio che interpella gli dèi che ha creati con l'uso di sostanza corporea e sostanza incorporea e, tra l'altro dice loro così: Avendo voi avuto un'origine, non potete essere immortali ed esenti da dissolvimento. A queste parole essi dovevano già mettersi a tremare. Perché? Perché desideravano l'immortalità e rifuggivano dalla morte. Per escludere un tale timore, proseguendo il discorso dice loro: Non sarete dissolti né ci sarà destino mortale che vi annienti. Nulla infatti prevarrà sulla mia decisione, anzi il legame che da parte mia vi garantisce la perpetuità è più grande di tutti gli altri vincoli da cui siete astretti 11. Ecco, Dio rassicura degli dèi da lui stesso fabbricati: dà loro la sicurezza dell'immortalità, la sicurezza che non dovranno abbandonare i globi del loro corpo. È dunque vero che si deve rifuggire da ogni corpo? A mio avviso, una risposta è già stata data, e voi l'avete compresa. Per quanto potevamo parlarvi, per quanto l'orario in cui è stato tenuto il discorso lo consentiva, per quanto eravate in grado di recepire noi abbiamo loro dato la risposta. Quanto poi a quello che essi dicono - e con un certo acume - sulla resurrezione dei corpi (tanto da pensare che a noi manchino risposte adeguate), è un tema troppo ampio per esporvelo oggi. Avendovi una volta promesso che in questi giorni approfondirò nei suoi vari aspetti il problema della resurrezione della carne, preparate - con l'aiuto del Signore - il cuore e gli orecchi ad ascoltare quel che ancora rimane. Ne parleremo domani.

 


1 - Rm 1, 18-21.

2 - Rm 1, 21-23.

3 - VERG., Aen 6, 719-721.

4 - Gv 8, 36.

5 - Gv 8, 31-32.

6 - PORPHYR., fragm.(ex De regressu animae sec. AUG. in De Civ. Dei 10, 29, 2; 22, 26).

7 - Cf. Sap 9, 15.

8 - PLATO, Tm 38c-40b.

9 - 1 Cor 15, 40-42.

10 - PLATO, Tm 41b.

11 - PLATO, Tm 41b. Cf. AUG. De Civ. Dei 13, 16; 22, 26; Serm. 242, 5. 7.


Capitolo IX: Maria è con Dio la Signora di ogni razionale creatura, piissima, giustissima, certissima e famosissima.

Lo specchio della Beata Vergine Maria - Beato Corrado di Sassonia

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Conseguentemente consideriamo, o carissimi, che questo Signore di cui dicesi : il Signore con te, egli è il Signore in special modo della creatura razionale, come la stessa razionale creatura nel salmo dice (Psalm. 8, 1) : Signore, signor nostro ecc. Signore di tutti universalmente, Signore nostro specialmente ; così dunque Signor nostro, come dicesi nel 33° capo di Isaia : II Signore giudice nostro, il Signore legislatore nostro, il Signore re nostro. Il Signore nostro legislatore nel mondo ; il Signore giudice nostro nel giudizio ; il Signore re nostro, coronandoci in cielo. Questo speciale nostro Signore così con Maria fu che essa pure egli fece nostra speciale Signora. La qual cosa ben riconoscendo S. Bernardo dice (Serm. 2 de Avven. Dom. n. 2) : "O nostra Signora, mediatrice nostra, avvocata nostra, al tuo Figlio riconciliaci, al tuo Figlio raccomandaci, al tuo Figlio presentaci ". Ma ecco, questo speciale nostro Signore è Signore piissimo. Signore giustissimo. Signore certissimo. Signore famosissimo. Un Signore infatti che non fosse pio in benefizi, un signore che non fosse giusto nei giudizi, un Signore che non fosse certo nelle promesse, un signore che non fosse famoso fra i popoli, sarebbe meno considerato. Il Signor nostro dunque è Signore piissimo in liberalità. Signore giustissimo in equità, Signore certissimo in fedeltà, Signore famosissimo in reputazione.
In 1° luogo dunque considerate, o carissimi, che il Signor nostro speciale che è con Maria, è Signore piissimo nella liberalità della sua infinita misericordia. Egli infatti è il Signore di cui il Profeta dice (Psalm. 85, 5): Tu, o Signore, soave e mite e di molta misericordia per tutti coloro che ti invocano. Di molta misericordia è il Signore in molti benefizi temporali, spirituali ed eterni, che per la sua molta misericordia ci ha elargiti e mai cessa di elargirci. Dio voglia che non siamo ingrati a tante misericordie del Signore ! Dio voglia che siamo verso un Signore tanto misericordiosissimo molto grati con Isaia che di questo Signore nel 63° dice : Ricorderò le misericordie del Signore; la lode del Signore per tutti i doni che egli ci ha reso. Ecco, o Maria, chi è il Signore, quanto piissimo e misericordiosissimo è il Signore che è con te ! E poiché il Signore misericordiosissimo è con te misericordissimamente, per questo anche tu sei con lui misericordiosissima, onde di te si possa dire con verità quello di Isaia nel 16° capo:
Sarà preparato in misericordia il soglio di lui, e sederà sopra quello in verità. Il soglio della divina misericordia è Maria, madre di misericordia, in cui tutti trovano i conforti della misericordia. Infatti come abbiamo un Signore misericordiosissimo, così abbiamo una misericordiosissima Signora. Il Signor nostro è di molta misericordia per tutti coloro che 1' invocano e la nostra Signora è di molta misericordia per coloro che l’invocano. Per questo ottimamente S. Bernardo dice (Serm. 4 in Assunt. B. M. V. n. 8) : " Taccia chi ricorda, o Vergine Maria, che tu invocata non hai soccorso alle sue necessità. Il Signore dunque con te, o Maria misericordiosissima.
In 2° luogo considerate, o carissimi, che il Signor nostro speciale, che è con Maria, è giustissimo in equità, come ben dicesi di lui nel salmo (Psalm. 10, 8.) : Giusto il Signore e amante della giustizia ; e di nuovo (Psalm. 118, 137) : Giusto sei, o Signore, e retto il tuo giudizio. Giusto certamente è il Signore in tutti i giudizi, in tutte le cause, in tutti i fatti suoi, come un'altra volta nel salmo si dice (Psalm. 144, 17) : Giusto il Signore in tutte le sue vie. Il Signore è così giusto in tutte le vie della giustizia che per nessuna persona esce dalla via della giustizia ; e per questo ben si dice di lui nel capo 6° della Sapienza : Il Signore che è il dominatore di tutti (Verba : qui est omnium dominator, non amplius habentur in Vulgata) non darà esenzione ad alcuno e non avrà riguardo alla grandezza di nessuno, poiché è lui che ha fatto il piccolo e il grande, ed egualmente di tutti egli ha cura. Ecco, o Maria, chi è il Signore, quanto giustissimo è il Signore che è con te. E poiché il Signore giustissimo è con te giustissimamente, per questo tu pure sei giustissima con lui. Tu infatti sei la verga di Aaron (Num. 17, 8.), diritta, florida e fruttifera : diritta anzi rettissima per giustizia ed equità ; florida per verginità ; fruttifera per fecondità. Qual verga infatti sarebbe diritta se non fosse diritta la verga di Aaron? Quale anima sarebbe giusta, se non fosse giusta Maria ? Ciò è quel che dice anche S. Bernardo (Serm. in Nat. B. M. V. n. 5) : " Chi giusto se non giusta Maria da cui è sorto il sol di giustizia ? " II Signore dunque con te, o Maria giustissima.
In 3° luogo considerate, o carissimi, che il Signor nostro speciale che è con Maria, è certissimo in fedeltà e fedelissimo in certezza, come ne fa testimonio il profeta che dice (Psalm. 144, 13) : Fedele il Signore in tutte le sue parole. Ripensate dunque le sue parole, con cui promise la corona ai giusti e la geenna agli ingiusti, e sappiate che il Signore fedele terrà fede alle sue parole, ciò che ha detto fedelmente adempirà, come è detto nel 30° di Ezechiele : Io Signore ho parlato e adempirò. Alle sue parole, dico, il Signore fedelissimo tanta fede terrà da dire Egli stesso nel suo Vangelo (Matth. 24, 35) : “Il cielo e la terra spariranno, ma le mie parole non passeranno”. Ecco, o Maria, qual è il Signore, quant'è fedelissimo il Signore che è con te! E poiché il Signore fedelissimo è con te fedelissimamente, per questo anche tu sei fedelissima con lui. Tu infatti sei quella fedelissima colomba di Noè (Gen. 8, 11,et 7), che fra il Noè sommo e il mondo sommerso nel diluvio spirituale, sei fedelissima mediatrice. Il corvo fu infedele, ma la colomba fu fedele. Così ed Eva fu trovata infedele, Maria invece fedele, Eva fu infedelissima mediatrice di dannazione. Maria al contrario fedelissima mediatrice di salvezza; e perciò ben dice S. Bernardo (Serm, in Dom. inf. Oct. Assunt. B. M. V. n. 2) : " Fedele mediatrice Maria che propinò l’antidoto di salute agli nomini e alle donne". Il Signor dunque con te, o Maria fedelissima.
In 4° luogo considerate, o carissimi, che il Signor nostro speciale che è con Maria, è nominatissimo per fama. Egli è infatti un Signore di gran nome, testimonio Geremia che di lui dice nel 10° capo: Nessuno simile a te,  o Signore; grande sei tu e grande il nome tuo. Grande infatti per fama e per lode è il nome del Signore in ogni popolo, come dice il profeta (Psalm. 148, 11 et seg.) : I re della terra e tutti i popoli, i principi e tutti i giudici della terra, i giovani e le vergini, i vecchi con gli adolescenti lodino il nome di Dio. — La lode poi e la fama del nome del Signore si estende non solo ad ogni popolo ma anche ad ogni tempo, come apparisce dallo stesso profeta che dice (Psalm. 112, 2) : Sia il tuo nome benedetto da questo momento fin oltre i secoli. Similmente, la lode e la fama del nome del Signore non solo si estende ad ogni popolo, non solo ad ogni tempo, ma anche ad ogni luogo, come il già detto profeta dichiarandolo dice (Psalm. 112, 3.) : Dal sorgere del sole fino al tramonto lodevole il nome del Signore. Ecco, o Maria, quanto grande Signore, quanto famoso Signore è con te ! e poiché il Signore nominatissimo ossia famosissimo è con te, per questo anche tu sei famosissima ovvero nominatissima con lui. Tu infatti ben fosti raffigurata per quella Rut, di cui così si legge (Ruth. 4, 11) : Sia esempio di virtù in Efrata, e abbia un nome celebre in Betleem. cioè nella Chiesa. O Maria di celeberrimo nome, come potrebbe il nome tuo non esser celebre, mentre non può esser nominato senza anche l’utilità di chi lo nomina ? Lo attesta il tuo Bernardo dicendo (Potius Egbert. Serm. paneg. ad B. V. M. n. 6) : " O grande, o pia, o molto lodevole Maria! Tu né puoi esser nominata senza che tu infiammi, e neppur pensata, senza che tu ricrei gli affetti di coloro che ti amano ; tu non mai entri nella porta di una pia memoria senza una dolcezza a te da Dio infusa ". Maria dunque ottimamente è raffigurata anche per quella donna di famosissimo nome, Giuditta, di cui è scritto (ludith. 8, 8) : Costei era fra tutti famosissima, perché temeva il Signore molto, né vi era chi di lei dicesse una cattiva parola. Famosa infatti è Maria per le virtù e gli esempi suoi tanto lodevoli ; più famosa però per le misericordie e i benefizi suoi tanto inenarrabili, famosissima inoltre per le grazie e i privilegi suoi tanto mirabili. Che cosa infatti di più mirabile che esser madre e vergine ed esser la madre di Dio ? Che meraviglia dunque se è nel mondo famosa per tante migliaia di benefizi della sua misericordia, colei che è sì famosa per il suo unico benefizio circa Teofilo ? Dice infatti S. Bernardo (Potius Egbert. loc. cit. n. 2) : " Famoso testimonio della tua benignità, o Maria, è Teofilo per te rinnovato  ". II Signor dunque con te, o Maria famosissima.
Godi ora, o Maria famosissima, godi ora, o Maria, godi. Ecco, il Signore piissimo così è teco che tu sei seco piissima ; il Signore fedelissimo così è teco che tu sei seco fedelissima; il Signore giustissimo è così con te che tu sei con lui giustissima ; il Signore famosissimo è teco così che tu sei famosissima seco. Su dunque, o piissima Maria, salva noi empi per la tua pietà misericordiosissima ; orsù, o giustissima Maria, noi ingiusti salvaci per la tua giustissima equità ; orsù, o fedelissima Maria, noi perfidi salvaci per la tua certissima fedeltà ; orsù, o famosissima Maria, noi infami salvaci per la tua fama soavissima.


LE CONSACRAZIONI SONO UN SUCCESSO PER LA TERRA E UNA FESTA PER IL CIELO PC-14.1 14 giugno 1996 (Sacro Cuore di Gesù)

Catalina Rivas

Il Signore
Figlia Mia, voglio che tu scriva questo: Ciò che vi dico nell’intimità, ripetetelo alla luce del sole; ciò che
vi dico all’orecchio, predicatelo sopra i tetti. Voglio che si faccia una forte campagna in queste due settimane, perché la Consacrazione sia un successo per la terra e una festa per il Cielo. Non voglio che rimandiate oltre, ogni giorno farete un piccolo annuncio per invitare la popolazione a questo avvenimento. Distribuite i compiti ai vari gruppi di preghiera della città, lasciate un breve avviso nelle Parrocchie perché venga letto durante le messe. Vi prego, figli, questo è molto importante per il vostro Continente.

Quando comprenderanno gli uomini la Misericordia Divina? È come una madre che accarezzando il suo piccino, dice: Povero piccolo, non lo hai fatto apposta, tutto è dimenticato dal momento che Mi hai chiesto di perdonare la tua azione.