Liturgia delle Ore - Letture
Sabato della 2° settimana del tempo di Quaresima
Vangelo secondo Luca 22
1Si avvicinava la festa degli Azzimi, chiamata Pasqua,2e i sommi sacerdoti e gli scribi cercavano come toglierlo di mezzo, poiché temevano il popolo.3Allora satana entrò in Giuda, detto Iscariota, che era nel numero dei Dodici.4Ed egli andò a discutere con i sommi sacerdoti e i capi delle guardie sul modo di consegnarlo nelle loro mani.5Essi si rallegrarono e si accordarono di dargli del denaro.6Egli fu d'accordo e cercava l'occasione propizia per consegnarlo loro di nascosto dalla folla.
7Venne il giorno degli Azzimi, nel quale si doveva immolare la vittima di Pasqua.8Gesù mandò Pietro e Giovanni dicendo: "Andate a preparare per noi la Pasqua, perché possiamo mangiare".9Gli chiesero: "Dove vuoi che la prepariamo?".10Ed egli rispose: "Appena entrati in città, vi verrà incontro un uomo che porta una brocca d'acqua. Seguitelo nella casa dove entrerà11e direte al padrone di casa: Il Maestro ti dice: Dov'è la stanza in cui posso mangiare la Pasqua con i miei discepoli?12Egli vi mostrerà una sala al piano superiore, grande e addobbata; là preparate".13Essi andarono e trovarono tutto come aveva loro detto e prepararono la Pasqua.
14Quando fu l'ora, prese posto a tavola e gli apostoli con lui,15e disse: "Ho desiderato ardentemente di mangiare questa Pasqua con voi, prima della mia passione,16poiché vi dico: non la mangerò più, finché essa non si compia nel regno di Dio".17E preso un calice, rese grazie e disse: "Prendetelo e distribuitelo tra voi,18poiché vi dico: da questo momento non berrò più del frutto della vite, finché non venga il regno di Dio".
19Poi, preso un pane, rese grazie, lo spezzò e lo diede loro dicendo: "Questo è il mio corpo che è dato per voi; fate questo in memoria di me".20Allo stesso modo dopo aver cenato, prese il calice dicendo: "Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue, che viene versato per voi".
21"Ma ecco, la mano di chi mi tradisce è con me, sulla tavola.22Il Figlio dell'uomo se ne va, secondo quanto è stabilito; ma guai a quell'uomo dal quale è tradito!".23Allora essi cominciarono a domandarsi a vicenda chi di essi avrebbe fatto ciò.
24Sorse anche una discussione, chi di loro poteva esser considerato il più grande.25Egli disse: "I re delle nazioni le governano, e coloro che hanno il potere su di esse si fanno chiamare benefattori.26Per voi però non sia così; ma chi è il più grande tra voi diventi come il più piccolo e chi governa come colui che serve.27Infatti chi è più grande, chi sta a tavola o chi serve? Non è forse colui che sta a tavola? Eppure io sto in mezzo a voi come colui che serve.
28Voi siete quelli che avete perseverato con me nelle mie prove;29e io preparo per voi un regno, come il Padre l'ha preparato per me,30perché possiate mangiare e bere alla mia mensa nel mio regno e siederete in trono a giudicare le dodici tribù di Israele.
31Simone, Simone, ecco satana vi ha cercato per vagliarvi come il grano;32ma io ho pregato per te, che non venga meno la tua fede; e tu, una volta ravveduto, conferma i tuoi fratelli".33E Pietro gli disse: "Signore, con te sono pronto ad andare in prigione e alla morte".34Gli rispose: "Pietro, io ti dico: non canterà oggi il gallo prima che tu per tre volte avrai negato di conoscermi".
35Poi disse: "Quando vi ho mandato senza borsa, né bisaccia, né sandali, vi è forse mancato qualcosa?". Risposero: "Nulla".36Ed egli soggiunse: "Ma ora, chi ha una borsa la prenda, e così una bisaccia; chi non ha spada, venda il mantello e ne compri una.37Perché vi dico: deve compiersi in me questa parola della Scrittura: 'E fu annoverato tra i malfattori'. Infatti tutto quello che mi riguarda volge al suo termine".38Ed essi dissero: "Signore, ecco qui due spade". Ma egli rispose "Basta!".
39Uscito se ne andò, come al solito, al monte degli Ulivi; anche i discepoli lo seguirono.40Giunto sul luogo, disse loro: "Pregate, per non entrare in tentazione".41Poi si allontanò da loro quasi un tiro di sasso e, inginocchiatosi, pregava:42"Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà".43Gli apparve allora un angelo dal cielo a confortarlo.44In preda all'angoscia, pregava più intensamente; e il suo sudore diventò come gocce di sangue che cadevano a terra.45Poi, rialzatosi dalla preghiera, andò dai discepoli e li trovò che dormivano per la tristezza.46E disse loro: "Perché dormite? Alzatevi e pregate, per non entrare in tentazione".
47Mentre egli ancora parlava, ecco una turba di gente; li precedeva colui che si chiamava Giuda, uno dei Dodici, e si accostò a Gesù per baciarlo.48Gesù gli disse: "Giuda, con un bacio tradisci il Figlio dell'uomo?".49Allora quelli che eran con lui, vedendo ciò che stava per accadere, dissero: "Signore, dobbiamo colpire con la spada?".50E uno di loro colpì il servo del sommo sacerdote e gli staccò l'orecchio destro.51Ma Gesù intervenne dicendo: "Lasciate, basta così!". E toccandogli l'orecchio, lo guarì.52Poi Gesù disse a coloro che gli eran venuti contro, sommi sacerdoti, capi delle guardie del tempio e anziani: "Siete usciti con spade e bastoni come contro un brigante?53Ogni giorno ero con voi nel tempio e non avete steso le mani contro di me; ma questa è la vostra ora, è l'impero delle tenebre".
54Dopo averlo preso, lo condussero via e lo fecero entrare nella casa del sommo sacerdote. Pietro lo seguiva da lontano.55Siccome avevano acceso un fuoco in mezzo al cortile e si erano seduti attorno, anche Pietro si sedette in mezzo a loro.56Vedutolo seduto presso la fiamma, una serva fissandolo disse: "Anche questi era con lui".57Ma egli negò dicendo: "Donna, non lo conosco!".58Poco dopo un altro lo vide e disse: "Anche tu sei di loro!". Ma Pietro rispose: "No, non lo sono!".59Passata circa un'ora, un altro insisteva: "In verità, anche questo era con lui; è anche lui un Galileo".60Ma Pietro disse: "O uomo, non so quello che dici". E in quell'istante, mentre ancora parlava, un gallo cantò.61Allora il Signore, voltatosi, guardò Pietro, e Pietro si ricordò delle parole che il Signore gli aveva detto: "Prima che il gallo canti, oggi mi rinnegherai tre volte".62E, uscito, pianse amaramente.
63Frattanto gli uomini che avevano in custodia Gesù lo schernivano e lo percuotevano,64lo bendavano e gli dicevano: "Indovina: chi ti ha colpito?".65E molti altri insulti dicevano contro di lui.
66Appena fu giorno, si riunì il consiglio degli anziani del popolo, con i sommi sacerdoti e gli scribi; lo condussero davanti al sinedrio e gli dissero:67"Se tu sei il Cristo, diccelo". Gesù rispose: "Anche se ve lo dico, non mi crederete;68se vi interrogo, non mi risponderete.69Ma da questo momento starà 'il Figlio dell'uomo seduto alla destra della potenza di Dio'".70Allora tutti esclamarono: "Tu dunque sei il Figlio di Dio?". Ed egli disse loro: "Lo dite voi stessi: io lo sono".71Risposero: "Che bisogno abbiamo ancora di testimonianza? L'abbiamo udito noi stessi dalla sua bocca".
Primo libro dei Re 11
1Ma il re Salomone amò donne straniere, moabite, ammonite, idumee, di Sidòne e hittite,2appartenenti a popoli, di cui aveva detto il Signore agli Israeliti: "Non andate da loro ed essi non vengano da voi: perché certo faranno deviare i vostri cuori dietro i loro dèi". Salomone si legò a loro per amore.3Aveva settecento principesse per mogli e trecento concubine; le sue donne gli pervertirono il cuore.4Quando Salomone fu vecchio, le sue donne l'attirarono verso dèi stranieri e il suo cuore non restò più tutto con il Signore suo Dio come il cuore di Davide suo padre.5Salomone seguì Astàrte, dea di quelli di Sidòne, e Milcom, obbrobrio degli Ammoniti.6Salomone commise quanto è male agli occhi del Signore e non fu fedele al Signore come lo era stato Davide suo padre.
7Salomone costruì un'altura in onore di Camos, obbrobrio dei Moabiti, sul monte che è di fronte a Gerusalemme, e anche in onore di Milcom, obbrobrio degli Ammoniti.8Allo stesso modo fece per tutte le sue donne straniere, che offrivano incenso e sacrifici ai loro dèi.
9Il Signore, perciò, si sdegnò con Salomone, perché aveva distolto il cuore dal Signore Dio d'Israele, che gli era apparso due volte10e gli aveva comandato di non seguire altri dèi, ma Salomone non osservò quanto gli aveva comandato il Signore.11Allora disse a Salomone: "Poiché ti sei comportato così e non hai osservato la mia alleanza né i decreti che ti avevo impartiti, ti strapperò via il regno e lo consegnerò a un tuo suddito.12Tuttavia non farò ciò durante la tua vita per amore di Davide tuo padre; lo strapperò dalla mano di tuo figlio.13Ma non tutto il regno gli strapperò; una tribù la darò a tuo figlio per amore di Davide mio servo e per amore di Gerusalemme, città da me eletta".
14Il Signore suscitò contro Salomone un avversario, l'idumeo Hadàd che era della stirpe regale di Edom.15Dopo la disfatta inflitta da Davide a Edom, quando Ioab capo dell'esercito era andato a seppellire i cadaveri e aveva ucciso tutti i maschi di Edom -16Ioab e tutto Israele vi si erano fermati sei mesi per sterminare tutti i maschi di Edom -17Hadàd con alcuni Idumei a servizio del padre fuggì in Egitto. Allora Hadàd era giovinetto.18Essi partirono da Madian e andarono in Paran; presero con sé uomini di Paran e andarono in Egitto dal faraone, che ospitò Hadàd, gli assicurò il mantenimento, parlò con lui e gli assegnò terreni.19Hadàd trovò grazia agli occhi del faraone, che gli diede in moglie una sua cognata, la sorella della regina Tafni.20La sorella di Tafni gli partorì il figlio Ghenubàt, che Tafni allevò nel palazzo del faraone. Ghenubàt visse nella casa del faraone tra i figli del faraone.21Quando Hadàd seppe in Egitto che Davide si era addormentato con i suoi padri e che era morto Ioab capo dell'esercito, disse al faraone: "Lasciami partire; voglio andare nel mio paese".22Il faraone gli rispose: "Ti manca forse qualcosa nella mia casa perché tu cerchi di andare nel tuo paese?". Quegli soggiunse: "No! ma, ti prego, lasciami andare".23Dio suscitò contro Salomone un altro avversario, Razòn figlio di Eliada, che era fuggito da Hadad-Èzer re di Zoba, suo signore.24Egli adunò gente contro di lui e divenne capo di una banda, quando Davide aveva massacrato gli Aramei. Quindi egli prese Damasco, vi si stabilì e ne divenne re.25aFu avversario di Israele per tutta la vita di Salomone.
25bEcco il male fatto da Hadàd: fu nemico di Israele e regnò su Edom.
26Anche Geroboamo, figlio dell'efraimita Nebàt, di Zereda - sua madre, una vedova, si chiamava Zerua -, mentre era al servizio di Salomone, insorse contro il re.27La causa della sua ribellione al re fu la seguente: Salomone costruiva il Millo e chiudeva la breccia apertasi nella città di Davide suo padre;28Geroboamo era un uomo di riguardo; Salomone, visto come il giovane lavorava, lo nominò sorvegliante di tutti gli operai della casa di Giuseppe.29In quel tempo Geroboamo, uscito da Gerusalemme, incontrò per strada il profeta Achia di Silo, che indossava un mantello nuovo; erano loro due soli, in campagna.30Achia afferrò il mantello nuovo che indossava e lo lacerò in dodici pezzi.31Quindi disse a Geroboamo: "Prendine dieci pezzi, poiché dice il Signore, Dio di Israele: Ecco lacererò il regno dalla mano di Salomone e ne darò a te dieci tribù.32A lui rimarrà una tribù a causa di Davide mio servo e a causa di Gerusalemme, città da me scelta fra tutte le tribù di Israele.33Ciò avverrà perché egli mi ha abbandonato, si è prostrato davanti ad Astàrte dea di quelli di Sidòne, a Camos dio dei Moabiti, e a Milcom dio degli Ammoniti, e non ha seguito le mie vie compiendo ciò che è retto ai miei occhi, osservando i miei comandi e i miei decreti, come aveva fatto Davide suo padre.34Non gli toglierò il regno di mano, perché l'ho stabilito capo per tutti i giorni della sua vita a causa di Davide, mio servo da me scelto, il quale ha osservato i miei comandi e i miei decreti.35Toglierò il regno dalla mano di suo figlio e ne consegnerò a te dieci tribù.36A suo figlio lascerò una tribù perché a causa di Davide mio servo ci sia sempre una lampada dinanzi a me in Gerusalemme, città che mi sono scelta per porvi il mio nome.37Io prenderò te e tu regnerai su quanto vorrai; sarai re di Israele.38Se ascolterai quanto ti comanderò, se seguirai le mie vie e farai quanto è giusto ai miei occhi osservando i miei decreti e i miei comandi, come ha fatto Davide mio servo, io sarò con te e ti edificherò una casa stabile come l'ho edificata per Davide. Ti consegnerò Israele;39umilierò la discendenza di Davide per questo motivo, ma non per sempre".
40Salomone cercò di uccidere Geroboamo, il quale però trovò rifugio in Egitto presso Sisach, re di quella regione. Geroboamo rimase in Egitto fino alla morte di Salomone.
41Le altre gesta di Salomone, le sue azioni e la sua sapienza, sono descritte nel libro della gesta di Salomone.42Il tempo in cui Salomone aveva regnato in Gerusalemme su tutto Israele fu di quaranta anni.43Salomone si addormentò con i suoi padri e fu sepolto nella città di Davide suo padre; gli succedette nel regno il figlio Roboamo.
Salmi 22
1'Al maestro del coro. Sull'aria: "Cerva dell'aurora". Salmo. Di Davide.'
2"Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?
Tu sei lontano dalla mia salvezza":
sono le parole del mio lamento.
3Dio mio, invoco di giorno e non rispondi,
grido di notte e non trovo riposo.
4Eppure tu abiti la santa dimora,
tu, lode di Israele.
5In te hanno sperato i nostri padri,
hanno sperato e tu li hai liberati;
6a te gridarono e furono salvati,
sperando in te non rimasero delusi.
7Ma io sono verme, non uomo,
infamia degli uomini, rifiuto del mio popolo.
8Mi scherniscono quelli che mi vedono,
storcono le labbra, scuotono il capo:
9"Si è affidato al Signore, lui lo scampi;
lo liberi, se è suo amico".
10Sei tu che mi hai tratto dal grembo,
mi hai fatto riposare sul petto di mia madre.
11Al mio nascere tu mi hai raccolto,
dal grembo di mia madre sei tu il mio Dio.
12Da me non stare lontano,
poiché l'angoscia è vicina
e nessuno mi aiuta.
13Mi circondano tori numerosi,
mi assediano tori di Basan.
14Spalancano contro di me la loro bocca
come leone che sbrana e ruggisce.
15Come acqua sono versato,
sono slogate tutte le mie ossa.
Il mio cuore è come cera,
si fonde in mezzo alle mie viscere.
16È arido come un coccio il mio palato,
la mia lingua si è incollata alla gola,
su polvere di morte mi hai deposto.
17Un branco di cani mi circonda,
mi assedia una banda di malvagi;
hanno forato le mie mani e i miei piedi,
18posso contare tutte le mie ossa.
Essi mi guardano, mi osservano:
19si dividono le mie vesti,
sul mio vestito gettano la sorte.
20Ma tu, Signore, non stare lontano,
mia forza, accorri in mio aiuto.
21Scampami dalla spada,
dalle unghie del cane la mia vita.
22Salvami dalla bocca del leone
e dalle corna dei bufali.
23Annunzierò il tuo nome ai miei fratelli,
ti loderò in mezzo all'assemblea.
24Lodate il Signore, voi che lo temete,
gli dia gloria la stirpe di Giacobbe,
lo tema tutta la stirpe di Israele;
25perché egli non ha disprezzato
né sdegnato l'afflizione del misero,
non gli ha nascosto il suo volto,
ma, al suo grido d'aiuto, lo ha esaudito.
26Sei tu la mia lode nella grande assemblea,
scioglierò i miei voti davanti ai suoi fedeli.
27I poveri mangeranno e saranno saziati,
loderanno il Signore quanti lo cercano:
"Viva il loro cuore per sempre".
28Ricorderanno e torneranno al Signore
tutti i confini della terra,
si prostreranno davanti a lui
tutte le famiglie dei popoli.
29Poiché il regno è del Signore,
egli domina su tutte le nazioni.
30A lui solo si prostreranno quanti dormono sotto terra,
davanti a lui si curveranno
quanti discendono nella polvere.
E io vivrò per lui,
31lo servirà la mia discendenza.
Si parlerà del Signore alla generazione che viene;
32annunzieranno la sua giustizia;
al popolo che nascerà diranno:
"Ecco l'opera del Signore!".
Salmi 107
1Alleluia.
Celebrate il Signore perché è buono,
perché eterna è la sua misericordia.
2Lo dicano i riscattati del Signore,
che egli liberò dalla mano del nemico
3e radunò da tutti i paesi,
dall'oriente e dall'occidente,
dal settentrione e dal mezzogiorno.
4Vagavano nel deserto, nella steppa,
non trovavano il cammino per una città dove abitare.
5Erano affamati e assetati,
veniva meno la loro vita.
6Nell'angoscia gridarono al Signore
ed egli li liberò dalle loro angustie.
7Li condusse sulla via retta,
perché camminassero verso una città dove abitare.
8Ringrazino il Signore per la sua misericordia,
per i suoi prodigi a favore degli uomini;
9poiché saziò il desiderio dell'assetato,
e l'affamato ricolmò di beni.
10Abitavano nelle tenebre e nell'ombra di morte,
prigionieri della miseria e dei ceppi,
11perché si erano ribellati alla parola di Dio
e avevano disprezzato il disegno dell'Altissimo.
12Egli piegò il loro cuore sotto le sventure;
cadevano e nessuno li aiutava.
13Nell'angoscia gridarono al Signore
ed egli li liberò dalle loro angustie.
14Li fece uscire dalle tenebre e dall'ombra di morte
e spezzò le loro catene.
15Ringrazino il Signore per la sua misericordia,
per i suoi prodigi a favore degli uomini;
16perché ha infranto le porte di bronzo
e ha spezzato le barre di ferro.
17Stolti per la loro iniqua condotta,
soffrivano per i loro misfatti;
18rifiutavano ogni nutrimento
e già toccavano le soglie della morte.
19Nell'angoscia gridarono al Signore
ed egli li liberò dalle loro angustie.
20Mandò la sua parola e li fece guarire,
li salvò dalla distruzione.
21Ringrazino il Signore per la sua misericordia
e per i suoi prodigi a favore degli uomini.
22Offrano a lui sacrifici di lode,
narrino con giubilo le sue opere.
23Coloro che solcavano il mare sulle navi
e commerciavano sulle grandi acque,
24videro le opere del Signore,
i suoi prodigi nel mare profondo.
25Egli parlò e fece levare
un vento burrascoso che sollevò i suoi flutti.
26Salivano fino al cielo,
scendevano negli abissi;
la loro anima languiva nell'affanno.
27Ondeggiavano e barcollavano come ubriachi,
tutta la loro perizia era svanita.
28Nell'angoscia gridarono al Signore
ed egli li liberò dalle loro angustie.
29Ridusse la tempesta alla calma,
tacquero i flutti del mare.
30Si rallegrarono nel vedere la bonaccia
ed egli li condusse al porto sospirato.
31Ringrazino il Signore per la sua misericordia
e per i suoi prodigi a favore degli uomini.
32Lo esaltino nell'assemblea del popolo,
lo lodino nel consesso degli anziani.
33Ridusse i fiumi a deserto,
a luoghi aridi le fonti d'acqua
34e la terra fertile a palude
per la malizia dei suoi abitanti.
35Ma poi cambiò il deserto in lago,
e la terra arida in sorgenti d'acqua.
36Là fece dimorare gli affamati
ed essi fondarono una città dove abitare.
37Seminarono campi e piantarono vigne,
e ne raccolsero frutti abbondanti.
38Li benedisse e si moltiplicarono,
non lasciò diminuire il loro bestiame.
39Ma poi, ridotti a pochi, furono abbattuti,
perché oppressi dalle sventure e dal dolore.
40Colui che getta il disprezzo sui potenti,
li fece vagare in un deserto senza strade.
41Ma risollevò il povero dalla miseria
e rese le famiglie numerose come greggi.
42Vedono i giusti e ne gioiscono
e ogni iniquo chiude la sua bocca.
43Chi è saggio osservi queste cose
e comprenderà la bontà del Signore.
Ezechiele 17
1Mi fu rivolta ancora questa parola del Signore:2"Figlio dell'uomo, proponi un enigma e racconta una parabola agli Israeliti.3Tu dirai: Dice il Signore Dio:
Un'aquila grande
dalle grandi ali
e dalle lunghe penne,
folta di piume
dal colore variopinto,
venne sul Libano
e portò via la cima del cedro;
4stroncò il ramo più alto
e lo portò in un paese di mercanti,
lo depose in una città di negozianti.
5Scelse un germoglio del paese
e lo depose in un campo da seme;
lungo il corso di grandi acque,
lo piantò come un salice,
6perché germogliasse
e diventasse una vite estesa,
poco elevata,
che verso l'aquila volgesse i rami
e le radici crescessero sotto di essa.
Divenne una vite,
che fece crescere i tralci
e distese i rami.
7Ma c'era un'altra aquila grande,
larga di ali,
folta di penne.
Ed ecco quella vite
rivolse verso di lei le radici
e tese verso di lei i suoi tralci,
perché la irrigasse
dall'aiuola dove era piantata.
8In un campo fertile,
lungo il corso di grandi acque,
essa era piantata,
per metter rami e dar frutto
e diventare una vite magnifica.
9Riferisci loro: Dice il Signore Dio:
Riuscirà a prosperare?
O non svellerà forse l'aquila le sue radici
e vendemmierà il suo frutto
e seccheranno tutti i tralci che ha messo?
Non ci vorrà un grande sforzo
o molta gente
per svellerla dalle radici.
10Ecco, essa è piantata:
riuscirà a prosperare?
O non seccherà del tutto
non appena l'avrà sfiorata il vento d'oriente?
Proprio nell'aiuola dove è germogliata, seccherà!".
11Mi fu rivolta ancora questa parola del Signore:12"Parla dunque a quella genìa di ribelli: Non sapete che cosa significa questo? Di' ancora: Ecco, il re di Babilonia è giunto a Gerusalemme, ha preso il re e i prìncipi e li ha trasportati con sé in Babilonia.13Si è scelto uno di stirpe reale e ha fatto un patto con lui, obbligandolo con giuramento. Ha deportato i potenti del paese,14perché il regno fosse debole e non potesse innalzarsi ed egli osservasse e mantenesse l'alleanza con lui.15Ma questi gli si è ribellato e ha mandato messaggeri in Egitto, perché gli fossero dati cavalli e molti soldati. Potrà prosperare, potrà scampare chi ha agito così? Chi ha infranto un patto potrà uscirne senza danno?16Per la mia vita, dice il Signore Dio, proprio nel paese del re che gli aveva dato il trono, di cui ha disprezzato il giuramento e infranto l'alleanza, presso di lui, morirà, in Babilonia.17Il faraone con le sue grandi forze e il suo ingente esercito non gli sarà di valido aiuto in guerra, quando si eleveranno terrapieni e si costruiranno baluardi per distruggere tante vite umane.18Ha disprezzato un giuramento, ha infranto un'alleanza: ecco, aveva dato la mano e poi ha agito in tal modo. Non potrà trovare scampo.
19Perciò così dice il Signore Dio: Com'è vero ch'io vivo, il mio giuramento che egli ha disprezzato, la mia alleanza che ha infranta li farò ricadere sopra il suo capo.20Stenderò su di lui la mia rete e rimarrà preso nel mio laccio. Lo porterò in Babilonia e là lo giudicherò per l'infedeltà commessa contro di me.21Tutti i migliori delle sue schiere cadranno di spada e i superstiti saranno dispersi a tutti i venti: così saprete che io, il Signore, ho parlato.
22Dice il Signore Dio:
Anch'io prenderò dalla cima del cedro,
dalle punte dei suoi rami coglierò un ramoscello
e lo pianterò sopra un monte alto, massiccio;
23lo pianterò sul monte alto d'Israele.
Metterà rami e farà frutti
e diventerà un cedro magnifico.
Sotto di lui tutti gli uccelli dimoreranno,
ogni volatile all'ombra dei suoi rami riposerà.
24Sapranno tutti gli alberi della foresta
che io sono il Signore,
che umilio l'albero alto e innalzo l'albero basso;
faccio seccare l'albero verde e germogliare l'albero secco.
Io, il Signore, ho parlato e lo farò".
Lettera ai Romani 11
1Io domando dunque: 'Dio avrebbe forse ripudiato il suo popolo'? Impossibile! Anch'io infatti sono Israelita, della discendenza di Abramo, della tribù di Beniamino.2'Dio non ha ripudiato il suo popolo', che egli ha scelto fin da principio. O non sapete forse ciò che dice la Scrittura, nel passo in cui Elia ricorre a Dio contro Israele?
3'Signore, hanno ucciso i tuoi profeti,
hanno rovesciato i tuoi altari
e io sono rimasto solo e ora vogliono la mia vita'.
4Cosa gli risponde però la voce divina?
'Mi sono riservato settemila uomini, quelli che non hanno piegato il ginocchio davanti a Baal'.
5Così anche al presente c'è un resto, conforme a un'elezione per grazia.6E se lo è per grazia, non lo è per le opere; altrimenti la grazia non sarebbe più grazia.
7Che dire dunque? Israele non ha ottenuto quello che cercava; lo hanno ottenuto invece gli eletti; gli altri sono stati induriti,8come sta scritto:
'Dio ha dato loro uno spirito di torpore,
occhi per non vedere e orecchi per non sentire,
fino al giorno d'oggi'.
9E Davide dice:
'Diventi la lor mensa un laccio', un tranello
'e un inciampo e serva loro di giusto castigo!'
10'Siano oscurati i loro occhi sì da non vedere,
e fa' loro curvare la schiena per sempre'!
11Ora io domando: Forse inciamparono per cadere per sempre? Certamente no. Ma a causa della loro caduta la salvezza è giunta ai pagani, per suscitare la loro gelosia.12Se pertanto la loro caduta è stata ricchezza del mondo e il loro fallimento ricchezza dei pagani, che cosa non sarà la loro partecipazione totale!
13Pertanto, ecco che cosa dico a voi, Gentili: come apostolo dei Gentili, io faccio onore al mio ministero,14nella speranza di suscitare la gelosia di quelli del mio sangue e di salvarne alcuni.15Se infatti il loro rifiuto ha segnato la riconciliazione del mondo, quale potrà mai essere la loro riammissione, se non una risurrezione dai morti?
16Se le primizie sono sante, lo sarà anche tutta la pasta; se è santa la radice, lo saranno anche i rami.17Se però alcuni rami sono stati tagliati e tu, essendo oleastro, sei stato innestato al loro posto, diventando così partecipe della radice e della linfa dell'olivo,18non menar tanto vanto contro i rami! Se ti vuoi proprio vantare, sappi che non sei tu che porti la radice, ma è la radice che porta te.
19Dirai certamente: Ma i rami sono stati tagliati perché vi fossi innestato io!20Bene; essi però sono stati tagliati a causa dell'infedeltà, mentre tu resti lì in ragione della fede. Non montare dunque in superbia, ma temi!21Se infatti Dio non ha risparmiato quelli che erano rami naturali, tanto meno risparmierà te!
22Considera dunque la bontà e la severità di Dio: severità verso quelli che sono caduti; bontà di Dio invece verso di te, a condizione però che tu sia fedele a questa bontà. Altrimenti anche tu verrai reciso.23Quanto a loro, se non persevereranno nell'infedeltà, saranno anch'essi innestati; Dio infatti ha la potenza di innestarli di nuovo!24Se tu infatti sei stato reciso dall'oleastro che eri secondo la tua natura e contro natura sei stato innestato su un olivo buono, quanto più essi, che sono della medesima natura, potranno venire di nuovo innestati sul proprio olivo!
25Non voglio infatti che ignoriate, fratelli, questo mistero, perché non siate presuntuosi: l'indurimento di una parte di Israele è in atto fino a che saranno entrate tutte le genti.26Allora tutto Israele sarà salvato come sta scritto:
'Da Sion uscirà il liberatore,
egli toglierà le empietà da Giacobbe.'
27'Sarà questa la mia alleanza con loro
quando distruggerò i loro peccati'.
28Quanto al vangelo, essi sono nemici, per vostro vantaggio; ma quanto alla elezione, sono amati, a causa dei padri,29perché i doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili!30Come voi un tempo siete stati disobbedienti a Dio e ora avete ottenuto misericordia per la loro disobbedienza,31così anch'essi ora sono diventati disobbedienti in vista della misericordia usata verso di voi, perché anch'essi ottengano misericordia.32Dio infatti ha rinchiuso tutti nella disobbedienza, per usare a tutti misericordia!
33O profondità della ricchezza, della sapienza e della scienza di Dio! Quanto sono imperscrutabili i suoi giudizi e inaccessibili le sue vie!
34'Infatti, chi mai ha potuto conoscere il pensiero
del Signore?
O chi mai è stato suo consigliere?'
35'O chi gli ha dato qualcosa per primo,
sì che abbia a riceverne il contraccambio'?
36Poiché da lui, grazie a lui e per lui sono tutte le cose. A lui la gloria nei secoli. Amen.
Capitolo XVIII: Sopportare serenamente le miserie di questo mondo sull’esempio di Cristo
Leggilo nella Biblioteca1. Figlio, io discesi dal cielo per la tua salvezza e presi sopra di me le tue miserie, non perché vi fossi costretto, ma per slancio d'amore; e ciò perché tu imparassi a soffrire e a sopportare senza ribellione le miserie di questo mondo. Infatti, dall'ora della mia nascita fino alla morte in croce, non venne mai meno in me la forza di sopportare il dolore. Ho conosciuto grande penuria di beni terreni; ho udito molte accuse rivolte a me; ho sopportato con dolcezza cose da far arrossire ed ingiurie; per il bene fatto ho ricevuto ingratitudine; per i miracoli, bestemmie; per il mio insegnamento, biasimi.
2. Signore, tu ben sapesti patire per tutta la tua vita, compiendo pienamente, in tal modo, la volontà del Padre tuo; perciò è giusto che io, misero peccatore, sappia sopportare me stesso, fin quando a te piacerà; è giusto che, per la mia salvezza, io porti il peso di questa vita corruttibile, fino a quando tu vorrai. In verità, anche se noi la sentiamo come un peso, la vita di quaggiù, per effetto della tua grazia, già fu resa capace di molti meriti e più tollerabile e luminosa, per noi, povera gente, in virtù del tuo esempio e dietro le orme dei tuoi santi. Anzi la nostra vita è piena di consolazione, molto più di quanto non fosse al tempo della vecchia legge, quando era ancora chiusa la porta del cielo e ancora era nascosta la via di esso; quando erano ben pochi quelli che si davano pensiero di cercare il regno dei cieli, e neppure i giusti, meritevoli di salvezza, avevano potuto entrare nella patria celeste, non essendo ancora stato pagato - prima della tua passione e della tua santa morte - il debito del peccato. Oh, come ti debbo ringraziare per avere mostrato a me, e a tutti i tuoi seguaci, la strada diritta e sicura verso l'eterno tuo regno! La nostra strada è la tua vita stessa: attraverso una santa capacità di patire camminiamo verso di te, che sei il nostro premio. Se tu non ci avessi preceduto, con questo insegnamento, chi si prenderebbe cura di seguirti? Quanti rimarrebbero indietro assai, se non potessero guardare al tuo esempio luminoso. Ecco, siamo ancora ben poco fervorosi, pur dopo tanti miracoli e nonostante i tuoi ammaestramenti; che cosa mai sarebbe di noi, se non avessimo avuto una così grande luce per seguirti?
LETTERA 103: Nettario scrive ad Agostino cercando di indurlo all'indulgenza usando blandizie ed esaltando un generico pacifismo.
Lettere - Sant'Agostino
Leggilo nella BibliotecaScritta all'inizio del 409.
Nettario scrive ad Agostino cercando di indurlo all'indulgenza usando blandizie ed esaltando un generico pacifismo (n. 1), ricordando che si deve amare non solo la patria celeste ma pure quella terrena (n. 2); la privazione dei beni è peggiore della morte; tutte le colpe sono uguali ed ugualmente degne di perdono (n. 3) perciò non deve essere applicata nessuna pena fisica o pecuniaria (n. 4).
AD AGOSTINO, SIGNORE GIUSTAMENTE ASSAI COMMENDEVOLE E FRATELLO SOTTO OGNI ASPETTO ONORANDO, NETTARIO AUGURA SALUTE NEL SIGNORE
Agostino è parso a Nettario come un focoso Cicerone.
1. Ricevuta la lettera dell'Eccellenza tua, con cui hai demolito il culto agli idoli e le cerimonie dei loro templi, ho avuto l'impressione di sentire la voce d'un filosofo, non però di quel tale che, si dice, era solito starsene appartato in un angolo oscuro del ginnasio dell'Accademia, immerso in profonda meditazione, col capo tra le ginocchia rialzate fino alla fronte, il quale, povero di scienza, nell'impossibilità di difendere le proprie idee, attaccava con calunnie le illustri scoperte e accusava le brillanti idee degli altri; ma vivamente colpito dalle tue parole, m'è parso vedere dritto davanti al mio sguardo l'antico console M. Tullio, il quale, dopo aver salvato la vita a innumerevoli suoi concittadini, coronato di alloro, portasse le insegne vittoriose dell'arengo forense nelle scuole stupefatte della Grecia: m'è parso che, ancora anelante, deponesse la tromba della sua voce e della sua lingua melodiosa che, ispirato da giusto sdegno, aveva fatto risuonare contro gli imputati e i parricidi dello Stato, respingendo dietro le spalle la stessa toga, sciogliendone le pieghe ben composte, facendole assumere l'aspetto d'un mantello greco.
Amare le due patrie: celeste e terrestre.
2. In conclusione, ho ascoltato volentieri le tue esortazioni all'adorazione e alla pietà verso l'altissimo Iddio: ho pure accolto con grato animo il tuo invito a contemplare la patria celeste. Mi sembrava infatti che tu parlassi non di una città racchiusa entro una cerchia di mura, né del mondo, che i filosofi nei loro trattati chiamano la patria comune di tutti, ma della città ove ha dimora e sede il sommo Dio e le anime che hanno ben meritato di Lui: alla quale tendono per vie e sentieri diversi tutte le leggi, la quale non si può descrivere a parole, ma può essere trovata solo col pensiero. Sebbene sia questa la città che dobbiamo certamente cercare ed amare soprattutto, tuttavia penso non si debba trascurare l'altra, in cui siamo nati e per cui siamo membri della stessa nazione: quella in cui i nostri occhi hanno visto per la prima volta la luce, che ci ha nutriti ed educati. Per esprimere poi un particolare relativo alla nostra questione dirò quanto affermano gli uomini più dotti, che cioè dopo la morte del corpo è preparata in cielo una dimora per i benemeriti di essa e che i servizi resi alle città che ci diedero i natali, sono come gradini per elevarci alla città superna ove dimorano, in più intima unione con Dio, coloro i quali risultano aver procurato la salvezza della patria col consiglio e con l'opera. Quando poi, facendo dello spirito, dici che la nostra città non arderebbe tanto per la guerra quanto piuttosto per le fiamme e per gli incendi, ciò non costituisce un rimprovero molto grave: è risaputo infatti che i fiori nascono per lo più dalle spine. Nessuno infatti dubita che le rose nascono dalle spine e le stesse spighe di grano siano protette da una palizzata di reste, cosicché molto spesso le cose soavi si trovano mescolate con le aspre.
Una vita di miserie è peggiore della morte.
3. Nell'ultima parte della lettera l'Eccellenza tua afferma che non si esige né la vita né il sangue d'alcuno per vendicare la Chiesa, ma che i colpevoli devono essere spogliati dei beni, cosa che temono di più. Io però - se non m'inganno - credo sia più insopportabile rimanere privi dei beni che essere uccisi. Poiché la morte - come spesso affermano gli scrittori nelle opere letterarie che tu ben conosci - toglie la sensazione di tutti i malanni, ed è più insopportabile trascinare una vita piena di malanni che porvi fine con la morte. Quanto affermo è dimostrato pure dalla natura stessa delle vostre occupazioni, con cui assistete i poveri, vi prendete cura degli afflitti, somministrate le medicine ai corpi malati; insomma fate del tutto perché i sofferenti non sentano a lungo i loro malanni. Riguardo poi alla misura dei peccati, non importa sapere a quale specie sembra appartenere il peccato, di cui si chiede il perdono. Anzitutto, se il pentimento dà diritto al perdono e cancella la colpa, esprime sicuramente tale pentimento con gli atti chi si raccomanda, chi abbraccia i piedi dell'offeso. Devi in secondo luogo sapere che tutti i peccati sono uguali, come pensano certi filosofi, e perciò anche il perdono dev'essere uguale per tutti. Se uno parla un po' troppo sfacciatamente, commette un peccato; se uno lancia delle insolenze o delle calunnie, commette un uguale peccato; se uno ruba la roba altrui, anche questo è da annoverarsi tra i peccati; se uno viola luoghi profani o sacri, neppure lui è da escludersi dal perdono. Insomma, non ci sarebbe alcuna occasione di perdonare, se prima non ci fossero dei peccati.
Le iatture dei cittadini muovano Agostino all'indulgenza.
4. Ho risposto dicendo forse troppo o troppo poco, come si suol dire, non quanto avrei dovuto ma solo quanto ho potuto. Orbene, ti prego e ti scongiuro (e magari potessi farlo di persona, perché tu vedessi pure le mie lacrime!) di riflettere chi tu sia, quale dottrina tu insegni, quale sia la tua attività. Considera lo spettacolo di una città, dalla quale siano fatti uscire quelli che dovrebbero essere condotti al supplizio; pensa ai lamenti delle madri, delle spose, dei figli, dei genitori, alla vergogna con cui tornerebbero in patria salvi ma torturati; pensa quali dolori e gemiti rinnoverebbe in essi la vista delle ferite e delle cicatrici! Dopo aver considerato attentamente tutte queste iatture, rivolgi innanzitutto la tua mente a Dio, pensa a quel che diranno gli uomini, rivolgi nel cuore sentimenti di bontà, d'amicizia e di fratellanza umana e cerca di conquistarti la lode piuttosto con il perdonare che col punire. E ciò ch'io dico valga per tutti quelli che si sono macchiati di colpe da essi confessate. A questi, in considerazione della religione cristiana, voi avete già perdonato e di ciò non cesserò mai di felicitarmi con voi. Difficilmente però si potrebbe spiegare quale crudeltà sia perseguitare degli innocenti e trascinare ad un processo capitale quelli che risultassero esenti da colpa. Se poi riuscissero a farsi assolvere, pensa, ti prego, all'odiosità che ricadrebbe sugli accusatori obbligati a lasciare andare in pace degli innocenti dopo aver rilasciato spontaneamente dei colpevoli. Il sommo Dio ti custodisca e ti conservi, come il difensore della sua religione e come l'ornamento della nostra città.
Prefazione - Introduzione
Il libro della grazia speciale - Santa Matilde di Hackeborn
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PREFAZIONE
Quando la Chiesa ha approvato il diffusissimo culto liturgico reso a Santa Metilde, essa non ha propriamente approvato il suo “Liber gratiae specialis”, ma si è fondata esclusivamente su questo volume per riconoscere l'eroica santità della nobile Contemplatrice Benedettina.
Mentre Domna Mechtildis Cantrix faceva ancora echeggiare delle sue devote melodie liturgiche il coro delle monache di Helfta, le sue mistiche elevazioni già venivano piamente trascritte, raccolte e meditate dentro e fuori della sua abbazia.
In seguito, diffuse largamente anche in Italia ed a Firenze, esse impressionarono talmente l'energica Fede di Dante Alighieri, che ne introdusse i più bei squarci nella Divina Commedia, facendo di Donna Matelda una delle più celestiali figure del mondo d'oltre tomba.
Dopo che il Certosino Lanspergio (+ 1539) curò la stampa delle Rivelazioni di S. Gertrude e di S. Metilde, il Liber gratiae specialis divenne per gli Scrittori Ascetici come uno dei più autorevoli libri di testo; così che da più secoli, per l'unanime consenso della Chiesa, esso va esercitando una grande influenza sulla pietà Cattolica, orientandola specialmente verso il Sacro Cuore di Gesù. Infatti, e stato il Liber gratiae specialis quello che, insieme all'Araldo del Divino Amore di S. Gertrude, sin dal secolo XIV ha preparato gli animi dei fedeli alle grandi rivelazioni del Sacro Cuore per opera di S. Margherita Alacoque.
Il titolo di: Liber gratiae specialis venne dato all'opera dal Signore stesso, il quale più volte dichiarò a Santa Metilde di approvare l'opera e di benedirne largamente i lettori.
Ecco il motivo pel quale anch'io ho incoraggiato il pio e bravo nostro D. M. Andreoletti a condurre a termine ed a pubblicare questa versione italiana del: Libro della Grazia speciale.
Peccato, che in Italiano il titolo non rifletta così bene il significato latino!
Lo si sarebbe potuto intitolare italianamente: Storia di un'anima privilegiata, se le mistiche contemplazioni della Veggente di Helfta, appunto perché esclusivamente ispirate alla sacra Liturgia, non si rivolgessero invece a tutte quante le anime Cattoliche.
Dopo il: sentire cum Ecclesia, qui, nell'Abbazia di Helfta, abbiamo esclusivamente: orare cum Ecclesia; meditari cum Ecclesia: questo e non altro.
Milano, 1 Maggio 1939.
+ ILDEFONSO Card. Arciv.
INTRODUZIONE
Santa Metilde di Hackeborn, di una nobile famiglia imparentata con l'Imperatore di Germania Federico II, nacque nel 1241. Della sua vita sappiamo ben poco, perché dobbiamo contentarci delle scarse notizie che se ne trovano in questo libro e in quello dell' Araldo del divino amore di santa Gertrude.
Nell'età di sette anni si fece accettare nel Monastero delle Benedettine di Rodensdorf, dove era già monaca sua sorella maggiore Gertrude. Questa, essendo stata eletta badessa del monastero di Helfta, vi condusse seco la sorella, che aveva 17 anni e la educò con la massima cura.
Metilde aveva ricevuto da Dio eminenti doni naturali, e particolarmente una bellissima voce, per cui le venne affidato l'ufficio di Domna cantrix, Maestra di canto in coro. Ella santamente adempiva il suo ufficio con somma grazia ed abilità, e sapeva dare alle melodie liturgiche espressioni celestiali, a segno che si meritò il plauso del Divino Sposo, il quale si compiacque di chiamarla sua Filomela (suo usignuolo). Col suo talento e la sua grande applicazione allo studio, Metilde in poco tempo fece mirabili progressi nelle scienze divine ed umane, crescendo in pari tempo nella santità. Venne pertanto chiamata ad istruire e formare le educande del monastero. Aveva 20 anni quando le fu affidata una fanciulla di cinque anni, per nome Gertrude, la quale dalla Santa ricevette un'educazione così perfetta sotto ogni rapporto che fu poi Gertrude la grande, santa essa pure.
Le doti naturali, la scienza e la grande santità fecero di Metilde il più prezioso tesoro del monastero; la sua fama irradiò fuori delle mura del chiostro e vi attirò molte persone di ogni ceto, anche sapienti e dotti, i quali da lontano vi accorrevano avidi di ricevere dottrina e consolazioni con gli ardori del divino amore; e a tutti la Santa, come una vera madre, porgeva lumi e conforti. A lei pure ricorse santa Gertrude per avere un giudizio sicuro su le grazie straordinarie che riceveva dal Signore.
Santa Metilde mori il 19 Novembre 1298 e, per concessione della S. Sede, è onorata come santa, il. 26 Febbraio, in parecchie famiglie dell'Ordine di san Benedetto.
Il “Libro della grazia speciale” venne diffuso principalmente da Giovanni Gerecht (in latino Justus), detto Lanspergio; la prima edizione latina preparata con seria diligenza dallo stesso Lanspergio, venne pubblicata nel 1536; ma il libro era già stato diffuso “subito dopo la morte della Santa sotto il titolo di Lode di dama Metilde. La città di Firenze era stata una delle prime a riceverlo, e sino alla rivoluzione si vide il popolo fiorentino ripetere ogni sera davanti alle sacre immagini le lodi che gli erano state trasmesse dalla monaca di Helfta”.
Per questa pubblicazione abbiamo usato della traduzione italiana del 1588, la quale in pochi anni ebbe parecchie edizioni, ma ora non si trova più se non nelle grandi biblioteche pubbliche. Essa è incompleta e molto abbreviata; l'abbiamo corretta e completata con le edizioni dei Benedettini, rispettando la divisione primitiva in cinque Libri verosimilmente fatta dal Lanspergio, aggiungendo in un 6° Libro la narrazione della morte di santa Metilde fatta da santa Gertrude. L'ordine dei capitoli e delle rivelazioni essendo diverso secondo le edizioni, evidentemente non ha nessuna importanza tanto per la cronologia come sotto il rapporto della logica. Nell'edizione italiana inoltre i capitoli talora sono molto lunghi e contengono cose affatto disparate senza nessun richiamo nel titolo. Abbiamo perciò creduto bene di adottare, secondo i casi, un ordine alquanto diverso e più logico. Un copioso indice analitico servirà a ritrovare con facilità i pensieri opportuni. Per altro non è stato nostro intento di fare un'opera critica, ad uso dei dotti, per la quale ci mancavano mezzi e competenza; abbiamo voluto offrire alle anime cristiane un buon libro dove la loro pietà troverà un alimento sostanzioso insieme e piacevole.
Ad uso dei fedeli che non sono addentro nelle questioni teologiche, non sarà inutile qualche schiarimento su le rivelazioni private in generale.
Con la morte degli Apostoli: venne definitivamente chiusa la rivelazione cristiana; è certo che Gesù Cristo per mezzo degli Apostoli ha detto alla sua Chiesa tutto quanto le occorre e potrà occorrerle in ogni tempo sino alla fine del mondo. Si chiamano rivelazioni private quelle che si dicono fatte da Dio, dopo gli Apostoli, ad anime sante in particolare. Tali: rivelazioni particolari, anche quando siano riconosciute come autentiche, non aggiungono nessuna verità nuova al depositò delle verità rivelate affidato alla Chiesa. Né si deve né si può dar loro quell'assenso di fede teologica che si presta alle verità insegnate dalla Chiesa come da Dio rivelate.
E ciò è vero anche nel caso in cui siano approvate dalla Chiesa, perché approvando tali rivelazioni, la Chiesa non intende proporre ai fedeli come oggetto di fede, ma solo dichiarare che si possono piamente credere, ossia che non contengono nulla di contrario né alla Fede né alla vera pietà; inoltre in certi casi riconosce che giovano a diffondere una luce nuova sopra verità rivelate e divozioni particolari. La Chiesa anzi accoglie queste rivelazioni con una certa diffidenza, perché facilmente potrebbero infiltrarsi in esse delle illusioni, non solo per l'azione, ingannatrice del demonio, ma anche perché l'anima che riceve tali: illuminazioni straordinarie potrebbe interpretarle male, sia per la loro oscurità perché Dio spesso presta soltanto una mezza luce, sia per l'imperfezione dei nostri vocaboli umani, sia per il pericolo di fermarsi troppo al senso letterale delle espressioni, dei simboli o delle immagini.
Alle rivelazioni private pertanto non si può prestare che un assenso di fede umana secondo le regole della prudenza. Perciò non commetterebbe peccato di eresia chi le mettesse in dubbio ed anche rifiutasse di ammetterle; ma in certi casi (come, a cagion d'esempio, per le rivelazioni del Sacro Cuore) sarebbe grave temerità respingerle e disprezzarle. La Chiesa ritiene passibili tali rivelazioni, poiché le prende in esame e talora le approva; pertanto chi le disprezzasse tutte in blocco, come “sogni di fantasie esaltate e inezie buone per donnicciuole” secondo il linguaggio di qualche protestante, avrebbe gran torto e mancherebbe grandemente al rispetto dovuto alla Chiesa medesima.
Notiamo che l'anima la quale direttamente riceve queste rivelazioni e le persone cui sano indirizzate, quando, dopo. seria esame, siano sicure che veramente vengono da Dio, non possono senza peccato rifiutare di prestarvi fede, perché sarebbe grave ingiuria contro la veracità divina. Neppure le persone estranee potrebbero senza peccato rifiutare di credere a cose rivelate privatamente quando fossero proprio sicure che Dio ha parlato, la qual cosa sarà assai difficile perché Dio alle persone direttamente interessate darà sempre maggiori e più chiari indizi del suo intervento.
Le rivelazioni di santa Metilde sono tra le più apprezzate nella Chiesa, quantunque non abbiano ricevuta nessuna approvazione particolare; avrebbe gran torto chi le disprezzasse, benché col simbolismo che contengono, urtino le nostre abitudini intellettuali moderne. Bisogna ricordare che “vennero scritte in un tempo in cui tutto si esprimeva con simboli; e inoltre che i nostri vocaboli, i nostri poveri vocaboli vennero inventati per gli usi ordinari della vita, e sono infelici, inquieti, stupiti, come mendicanti intorno ad un trono, quando si adoperano per esprimere i più sublimi fenomeni della vita mistica”.
Le visioni contenute. in questo libro sono per lo più simboliche; ma il simbolo sovente viene svelato da Gesù Cristo medesimo, tal'altra volta dalla Santa o da santa Gertrude dietro ispirazione di Metilde; quando non ne sia manifesta la spiegazione, con un po' di attenzione o di pratica se ne intende il significato.
Prescindendo pure dalla loro ispirazione divina, le rivelazioni di santa Metilde sono opera di gran pregio e di grande utilità per la mirabile dottrina che contengono; illuminano, infatti, di una luce tutta di amore e di pietà parecchi punti della fede, in modo particolare la bontà di Dio e il suo misericordioso amore verso di noi; Gesù Cristo e il suo ufficio di Mediatore che supplisce per le nostre deficienze davanti all'Eterno Padre; le grandi verità che troviamo in San Paolo su la vita di Gesù in noi e nel suo Corpo mistico; il potere ai Maria; la santa Comunione; il Purgatorio; la Comunione dei Santi tra loro e con noi; tutte queste verità vengono esposte in un modo che fa grande impressione.
Santa Metilde fu un'ardente apostola del Sacro Cuore quattro secoli prima delle grandi rivelazioni fatte da Nostro Signore a santa Margherita Maria ne parla frequentemente e ce lo rappresenta sotto i simboli più espressivi: la fornace ardente, il turibolo donde si innalza verso il Padre l'omaggio più perfetto. Vi è però qui una differenza, ed è questa che le rivelazioni di S. Margherita Maria hanno come oggetto quasi essenziale e carattere distintivo la riparazione all'amore di Gesù oltraggiato; questo carattere manca nelle rivelazioni di santa Metilde, quantunque vi si trovi qualche accenno alla riparazione, come quando in tempo di carnevale Gesù cerca un rifugio nel cuore della Santa.
Il Libro della grazia speciale non si può leggere senza sentirsi il cuore infiammato di amore per Gesù Cristo e di divota pietà per la sua Passione, e animato d'a una gran fiducia nella bontà e misericordia di Dio, a segno che si potrebbe chiamarlo il Libro dell'amore e della confidenza.
Da notarsi poi che le visioni della Santa sono avvolte in un'atmosfera liturgica; di solito, specialmente nel primo libro, l'ispirazione nasce da qualche circostanza liturgica che è il punto di partenza delle visioni e delle estasi. Da un'antifona, da un versetto o da un responsorio parte il raggio che illumina la mente della veggente e ne infiamma il cuore. Quali magnifici spettacoli ci presentano, specialmente nel primo Libro, le solennità liturgiche e le solenni comunioni! Vorremo quasi dire che S. Metilde vede e descrive il retroscena soprannaturale e mistico delle funzioni liturgiche. Con quale divozione e con qual frutto assisteremmo noi pure alle sacre funzioni, se ricordando le visioni di santa Metilde fossimo penetrati dal sentimento della presenza di Gesù Cristo e della sua divina Madre, degli Angeli e dei Santi, che vi prendono parte attiva in mezzo a noi!
Le rivelazioni private vanno intese e interpretate con prudenza, senza spingere all'eccesso la lettera e tenendo conto dell'ambiente del tempo in cui vennero fatte, ed anche delle disposizioni del soggetto da Dio scelto per suo strumento. Ciò è vero per tutti i mistici che da Dio ricevono illuminazioni straordinarie; Dio si adatta alla forma dell'istrumento che si degna di adoperare, perciò la sua ispirazione prende l'impronta della formazione intellettuale di quello. Tutto ciò è vero anche di santa Metilde, perciò le scene e le visioni che sono descritte nel suo libro, vanno lette con intenzione soprannaturale e interpretate secondo il retto criterio della fede.
Chi si scandalizzasse di certe espressioni, rimarrebbe “accecato non già dal braciere ardente, ma dal fumo che avvolge la fiamma, perché si sarebbe fermato alla scorza esterna mentre è d'uopo penetrare nella sostanza”. Daremo alcuni esempi.
Nelle rivelazioni di santa Metilde si dice spesso che Gesù è il nostro supplemento, quindi coi suoi meriti supplisce a tutte le nostre debolezze ed alle nostre colpe; questo non vuol dire che Egli ci doni qualche merito senza la nostra cooperazione o ci accordi il perdono delle colpe senza pentimento; ma significa che ci copre del suo amore e dei suoi meriti, dimodochè il Padre guardandoci attraverso Gesù Cristo è disposto ad usarci compatimento e misericordia e a darci tutte le grazie di cui abbiamo bisogno per far bene. Gesù Cristo non intende favorire la nostra pigrizia.
Così dobbiamo dire dell'intercessione dei Santi, ricordando. queste parole di san Giovanni Crisostomo: “Guardiamoci dal dormire nella pigrizia, riposando su l'aiuto dei Santi; le loro preghiere, hanno grande efficacia, ma per risentirne l'effetto, bisogna far penitenza e progredire nella virtù” (Hom. V in Matt.).
Si parta bene spesso in questo libro di accrescimento di meriti e di gloria nei Beati; è evidente che ciò si deve intendere di un aumento che si chiama accidentale, e non del merito sostanziale della visione intuitiva di Dio. Il merito essenziale è definitivamente costituito al punto della morte e non cresce più né mai diminuisce per tutta l'eternità. Si tratta dunque di un soprappiù accidentale, nel senso in cui Gesù disse che gli Angeli godono in cielo quando si converte qualche peccatore.
Quando sant'Agnese riceve da Gesù Cristo7 l'ordine di fare a santa Metilde il dono dei suoi propri meriti, sarebbe errore grossolano pensare che un Santo possa cedere ad un'altra anima il minimo grado di merito; bisogna intendere soltanto che quel Santo presenta a Dio i suoi meriti, con una intercessione più pressante a favore di quell'anima, perché possa ottenere le grazie di cui abbisogna. Tanto è vero che nelle visioni di santa Metilde, i Santi che avevano fatto dono dei loro meriti, li riprendono poi; li avevano dunque dato soltanto come in prestito, perché l'anima li offrisse a Dio per suo vantaggio.
Quando Gesù prega la Madre sua per Metilde e gliela raccomanda, sono preghiere fatte non da Gesù personalmente, ma dai fedeli che. formano il suo Corpo mistico, nel cuore dei quali Gesù forma queste preghiere, imprimendovi sentimenti di divozione fervente verso la Madre sua; oppure è questo un modo di esprimere l'estrema tenerezza di Gesù per sua Madre, tenerezza per la quale Egli è disposto ad accoglierne tutte le domande, come se a Lei le presentasse Egli medesimo. Il bacio dato da Gesù a Maria Vergine è l'espressione dell'amore incomparabile di cui il suo divin Cuore è infiammato verso di lei.
Quando Gesù si mette a disposizione di Metilde, come uno schiavo pronto il fare tutto ciò che le piacerà, vuole in tal modo significare l'ardente amore che lo induce a concederle tutte le grazie ch'ella desidererà secondo l'ordine della divina sapienza. Non possiamo noi dire che Dio è nostro servo, anzi come il nostro schiavo, poiché la nostra preghiera lo costringe a fare la nostra volontà?
In tutti questi casi basta un po' di buon senso cristiano per dissipare ogni difficoltà.
Nelle visioni di santa Metilde, v'è un simbolismo ammirabile; tutto è simbolico in quei magnifici quadri che ci inebriano di gioie celestiali, trasportandoci negli splendori del mondo soprannaturale; persino, ogni colore ha il suo mistico significato. Le vesti sfarzose con ricami e gemme preziose, in Gesù Cristo, nella, B. Vergine, negli angeli e nei Santi, naturalmente esprimono la santità, i meriti e la gloria celeste, cose che non si possono spiegare col nostro linguaggio umano, se non con simboli sfolgoranti della più sublime bellezza. Anche le pene del Purgatorio sono descritte con simboli stupendamente adatti ed espressivi.
Le scene ed espressioni di tenerezza, sensibile, che di frequente s'incontrano nelle visioni della Santa (baci, abbracci), sono simboli dell'amore santo e divino. Soprattutto rispetto a tali visioni è necessario elevarsi ben oltre le figure e le metafore e guardarsi da ogni idea di cose materiali e sensibili. Non trovando vocaboli adatti ad esprimere la unione mistica e la santa familiarità col suo divino Sposo, la Santa naturalmente ricorre al linguaggio ed alle scene dell'amore umano e sensibile, ad imitazione della Sposa del Cantico dei Cantici. Anche la Chiesa nella sua liturgia usa: tali espressioni e tali simboli applicandoli a Maria SS.
È il caso di dire: Omnia munda mundis: tutto, è puro e santo per chi ha puro il cuore; ed anche di ricordare le parole di Nostro Signore: Se il tuo occhio sarà semplice, tutto il tuo corpo sarà luminoso (Matth., VI, 22); se l'intenzione sarà buona, non si incontreranno ombre. Chi ha buon senso non si ferma all'esterno dei vocaboli, ma ne ricerca il senso mistico e più intimo.
Abbiamo dato questi schiarimenti generali onde evitare di introdurre frequenti note nel testo.
Le rivelazioni di santa Metilde, insieme con quelle di santa Gertrude, ebbero su la pietà una influenza considerevole, specialmente nei secoli XVI e XVII. È certo che gli iniziatori della scuola cosiddetta francese (De Bérulle, Condren, Olier) ne fecero l'oggetto delle loro meditazioni; se ne riconosce manifestamente l'influenza nei loro scritti su Gesù Cristo, su la sua vita in noi e, nel suo Corpo mistico, e su la nostra unione costante con Lui nelle opere nostre.
Lo studio delle Rivelazioni di santa Gertrude e di santa Metilde esercitò pure una grande influenza su la formazione di san Giovanni Eudes: il Libro della grazia speciale gli era particolarmente caro.
Aggiungeremo un'altra circostanza onorifica per santa Metilde. Gli amanti degli studi danteschi discutono tra loro per identificare quel personaggio che Dante introdusse nei canti XXVIII - XXXIII del Purgatorio nella Divina Commedia sotto il nome di Donna Matelda. L'opinione tradizionale si fermava alla celebre Matilde contessa di Canossa, la quale fu figlia spirituale e fedele cooperatrice e protettrice di san Gregorio VII. Vari eruditi moderni pensano invece che si tratti di santa Metilde di Hackeborn. Nella edizione francese dei Benedettini (1920) a pagina 163 in nota si legge che “dal confronto tra il canto XXVIII del Purgatorio col capitolò II della Parte II, risulta con evidenza che Dante volle indicare santa Metilde”.
Non è il caso di addentrarci qui in questa questione che va discussa dagli studiosi competenti; ne abbiamo fatto cenno unicamente a gloria di santa Metilde.
SAC. M. ANDREOLETTI..
NB. - La nostra edizione italiana porta questo titolo:
“LIBRO DELLA SPIRITUALE GRATIA, DELLE RIVELATIONI E VISIONI DELLA B. METTILDE VERGINE” diviso in cinque libri: NÈ quali si contengono mirabili sentimenti de' Divini Secreti della dolce Pietà di Dio N. S. mediante i quali ogni divoto Christiano, e specialmente le persone Religiose, ritroveranno una molto utile, e celeste Dottrina, per conoscere et intendere pienamente la dritta via da incamminarsi alla vera perfettione dello spirito.
Raccolto dal santiss. Gio. Lanspergio - Tradotti dal Latino in Italiano, dal R. D. Antonio Ballardini. In Venetia, appresso Nicolò Misserini 1588.
(Dalla prefazione):
(La Beata Mettilde) le cui meravigliose e stupende Rivelationi, e Visioni, chi legge e considera, le ritroverà piene veramente di altissimi e divinissimi sentimenti dello spirito di Dio, che grandemente illuminano le humane menti a conoscere et intendere gli occulti Misterii di Christo, e le secrete cose pertinenti alla nostra salute; et maravigliosamente infiammano i divoti cuori nell'Amor Divino...
Il clementissimo Iddio aprendo il thesoro delle sue divine gratie riempì talmente il santo vaso del virginal cuore di questa B. e Divotissima Vergine Mettilde, che non potendo contenere tanta copia et abbondanza di doni celesti, ha dato a tutti noi sufficiente materia con lo spargimento di quelli, di riempire e satiar parimenti li nostri spiriti per la soavità e dolceza di così santa e benedetta Lettione...
PROLOGO
La Benignità e Umanità del Nostro Salvatore Iddio, il quale tanto misericordiosamente apparve all'uman genere nell'Incarnazione, ogni giorno ancora maggiormente risplende nelle sue opere mirabili, e in questi ultimi tempi, anche in noi e a noi si degna di mostrarsi con tanta generosità. Quante meraviglie Dio abbia operato nei suoi eletti, nessuna lingua umana lo potrà spiegare. Quanti doni Egli sparga nell'anima che fedelmente lo ama, nessun umano discorso lo saprà manifestare: essa sola, quell'anima felice, merita di sperimentare con quale squisita dolcezza e bontà il Signore a lei si esibisca.
Tuttavia, desideriamo con l'aiuto di Dio e per quanto ne saremo capaci, narrare quanti doni Egli abbia sparsi in un'anima che lo amava con tutto il Cuore. Quest'anima santa, con gli occhi dello spirito vide innumerabili misteri dei celesti segreti; ma per la sua umiltà, reputandosi vilissima, non voleva manifestarli, Se non quando le Sue amiche intime Ve la costringevano. E quando si decideva a parlare, diceva una piccola parte soltanto delle cose mirabili che le erano rivelate, e questo per gloria di Dio e costretta dall'obbedienza.
Noi dunque descriveremo nel nome di Gesù, secondo il nostro poco sapere, quello che quell'anima ci ha narrato, a lode e gloria della Somma Veneranda Trinità. Onde vi preghiamo, carissimi in Cristo che leggerete questo libro, di ringraziare il Signore per le grazie ed i beni che da Lui, fonte di ogni bene, furono sparsi in quell'anima ed in ogni creatura.
Che se alcuno in questo libro trovasse cosa meno dottamente scritta, lo preghiamo che per carità ci perdoni perché abbiamo poca perizia nello scrivere, ricordando questo detto di Sant'Agostino: “È carattere e segnalato indizio di buon ingegno amare ed apprezzare nei discorsi non le parole ma le verità, non la forma ma la sostanza”.
Quantunque questo libro dir si possa essere tutto di rivelazioni e di visioni, e che ad ogni pagina contenga cose utilissime per l'edificazione e l'istruzione di tutti, nondimeno per l'utilità del lettore, lo distingueremo in cinque parti. Nella prima si porranno le rivelazioni che, secondo il tempo liturgico, riguardano le feste del Signore, dei Santi e specialmente della B. V. Maria. Nella seconda, riferiremo varie cose pertinenti alla persona cui vennero fatte queste rivelazioni, nelle quali la divozione e la carità dei lettori troveranno molto profitto. Nella terza parte, si porranno alcune istruzioni pertinenti alla divina lode del Signore come alla salute degli uomini. Nella quarta si descriveranno altre cose simili ad utilità e consolazione degli uomini. Nella quinta, infine, si tratterà delle anime dei fedeli, le quali dalla Santa furono vedute nel suo spirito ed aiutate.
Tutti coloro adunque, ai quali Dio infonde lo spirito della sua Carità, la quale, come dice l'Apostolo, tutto crede, tutto spera e si dà tutta a tutti; e quegli ancora che aspirano alla grazia di Dio, tutti accolgano con mente devota questo libro della Grazia Speciale, acciocché essi pure meritino di conseguire tutti quei beni che in detto libro sono scritti e che da Dio sono promessi. Ma se vi troveranno detti che non siano confermati dalla Scrittura, purché non siano contrari né al Vangelo né ai libri dell'Antico Testamento, li commettano alla grazia di Dio, il quale, nel presente come nel passato, quando vuole, manifesta a coloro che lo amano i segreti nascosti della sua sapienza e della sua bontà.
Preghiamo parimenti tutti quelli che leggeranno o udiranno leggere questo libro, di offrire a Nostro Signore Gesù Cristo qualche lode per quell'anima beata, onde almeno si dimostrino grati al Signore, perché si degna con tali incitamenti rinnovare questo mondo invecchiato e gli uomini sommersi nella pigrizia di ogni bene.
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PROEMIO
NASCITA DI SANTA METILDE E SUO INGRESSO NEL MONASTERO
Santa Metilde venne in tal modo prevenuta dalle benedizioni della Divina dolcezza (Ps. XX, 4), che nel momento medesimo della sua nascita, sembrando vicina a spirare, in gran fretta venne dai parenti portata in chiesa perché le fosse subito amministrato il santo Battesimo. Tuttavia, il sacerdote che la battezzò, uomo di grande santità, disse con ispirito profetico: “Perché temete? Questa bambina non è già vicina a morire; essa vivrà molti anni e diventerà una religiosa santa, in cui Dio opererà grandi meraviglie”.
Gesù Cristo rivelò poi a questa vergine il motivo per cui il battesimo le era stato conferito così presto: Egli voleva senza ritardo consacrarne l'anima come un tempio nel quale Dio abitasse con la sua grazia.
Giunta all'età di sette anni, Metilde accompagnò sua madre in un monastero vicino al castello dei suoi parenti e, benché in età ancora sì tenera, volle ad ogni costo rimanervi contro la volontà della genitrice; vi si trovava tanto felice che supplicò le monache ad una ad una di accoglierla nella loro compagnia. I genitori dovettero cedere, né poterono, né con le minacce, né con le carezze, condurla via dal chiostro.
Da quel momento la fanciulla incominciò ad infervorarsi nell'amor di Dio e a goderne con istupendo ardore la dolce e divina soavità. Ogni giorno progrediva sempre più nella pratica di tutte le virtù, a segno che in poco tempo si elevò alla santità più eminente. Tutti ne ammiravano la singolare mansuetudine, la profonda umiltà, la pazienza inalterabile, il grande amo te per la povertà e la fervente divozione. Progrediva principalmènte nella carità verso Dio e verso il prossimo; era squisitamente affabile con tutti, ma specialmente con le persone che si trovavano nell'afflizione e nella prova; a queste anime tribolate porgeva, come una vera madre, conforto e consolazione. Da tutti perciò era grandemente amata; ognuno desiderava di goderne la dolce compagnia; nessuno se ne partiva da lei senza ricevere ammaestramenti e consolazioni, benché, tali impegni le procurassero talvolta gravi noie e disturbi anche per lo spirito.
Fin dai primi anni Dio usava con lei una particolare familiarità, la ricolmava di doni singolari e le rivelava molte cose. Il Signore, in una parola, l'aveva arricchita di una grande abbondanza di beni di ogni sorta. Come se non volesse nulla tralasciare dei suoi tesori, alle gioie spirituali ed ai doni gratuiti soprannaturali, Egli aveva aggiunto i più bei doni naturali. La scienza, l'intelligenza, la conoscenza delle umane lettere, la voce di una meravigliosa soavità: tutto la rendeva adatta ad essere per il monastero un vero tesoro sotto ogni aspetto.
Tuttavia il suo dolcissimo Signore la teneva pure sotto il peso di continue prove e, per verità, dopo tanti doni non poteva mancarle quello della sofferenza; Metilde quindi soffriva quasi sempre forti dolori di capo ed altri acerbissimi mali, ma tutto sopportava in pace, anzi con gioia. L'unico dolore, che per lei era come un supplizio d'inferno, era quello di non poter fruire pienamente, secondo i desideri del suo cuore, della melliflua soavità della divina grazia, per unirsi tutt'intera al suo Diletto nella beata unione del suo amore.
11-59 Settembre 3, 1913 Quando Gesù mette l’anima nella sua Volontà, e lei fa stabile soggiorno nel suo Volere, si mette nelle sue stesse condizioni.
Luisa Piccarreta (Libro di Cielo)
(1) Mentre stavo pregando, ma io non so spiegarmi bene, può essere pure una mia fina superbia, non ci penso mai a me stessa, alle mie grandi miserie, ma sempre per riparare, per consolare Gesù, per i peccatori, per tutti, ma non che ci penso prima, no, solo basta mettermi a pregare e mi trovo in quel punto. Ora, io stavo in pensiero di ciò, ed il mio sempre amabile Gesù venendo mi ha detto:
(2) “Figlia mia, come? Ti dai pensiero per questo? Tu devi sapere che quando Io metto l’anima nella mia Volontà e lei fa stabile soggiorno nel mio Volere, essendo che la mia Volontà contiene tutti i beni possibili ed immaginabili, perciò l’anima si sente che abbonda di tutto e si mette nelle mie stesse condizioni, cioè che sente necessità di dare anziché di ricevere, si sente che lei di nulla ha bisogno, e se vuole può prendere ciò che vuole, non chiedere. E siccome la mia Volontà contiene una forza irresistibile di voler dare, allora è contenta quando dà, e mentre dà resta più assetata di dare, e a che strette si trova quando vuol dare e non trova a chi dare! Figlia, l’anima che fa la mia Volontà la metto alle mie stesse condizioni, e a parte delle mie grandi gioie e amarezze, e tutto il suo operato è suggellato col disinteresse di sé stessa. Ah! sì, chi fa il mio Volere è il vero sole che dà luce e calore a tutti, e si sente la necessità di dare questa luce e calore; e mentre dà a tutti, il sole non prende nulla da nessuno, perché lui è superiore a tutto e non c’è sulla terra chi può eguagliarlo nella luce e nel gran fuoco che contiene. Ah! se potessero vedere un’anima che fa la mia Volontà, la vedrebbero più che sole maestoso in atto di far bene a tutti, e quel che è più, scorgerebbero in questo sole Me stesso. Sicché il segno che l’anima è giunta a fare la mia Volontà, è se si sente in condizioni di dare. Hai capito? ”