Sotto il Tuo Manto

Giovedi, 5 giugno 2025 - San Bonifacio (Letture di oggi)

Procura di conformarti sempre ed in tutto alla volontà  di Dio in ogni evento, e non temere. Questa conformità  è la via sicura per arrivare al cielo. (San Pio da Pietrelcina)

Liturgia delle Ore - Letture

Sabato della 2° settimana del tempo di Quaresima

Questa sezione contiene delle letture scelte a caso, provenienti dalle varie sezioni del sito (Sacra Bibbia e la sezione Biblioteca Cristiana), mentre l'ultimo tab Apparizioni, contiene messaggi di apparizioni a mistici o loro scritti. Sono presenti testi della Valtorta, Luisa Piccarreta, don Stefano Gobbi e testimonianze di apparizioni mariane riconosciute.

Vangelo secondo Luca 19

1Entrato in Gèrico, attraversava la città.2Ed ecco un uomo di nome Zaccheo, capo dei pubblicani e ricco,3cercava di vedere quale fosse Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, poiché era piccolo di statura.4Allora corse avanti e, per poterlo vedere, salì su un sicomoro, poiché doveva passare di là.5Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: "Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua".6In fretta scese e lo accolse pieno di gioia.7Vedendo ciò, tutti mormoravano: "È andato ad alloggiare da un peccatore!".8Ma Zaccheo, alzatosi, disse al Signore: "Ecco, Signore, io do la metà dei miei beni ai poveri; e se ho frodato qualcuno, restituisco quattro volte tanto".9Gesù gli rispose: "Oggi la salvezza è entrata in questa casa, perché anch'egli è figlio di Abramo;10il Figlio dell'uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto".

11Mentre essi stavano ad ascoltare queste cose, Gesù disse ancora una parabola perché era vicino a Gerusalemme ed essi credevano che il regno di Dio dovesse manifestarsi da un momento all'altro.12Disse dunque: "Un uomo di nobile stirpe partì per un paese lontano per ricevere un titolo regale e poi ritornare.13Chiamati dieci servi, consegnò loro dieci mine, dicendo: Impiegatele fino al mio ritorno.14Ma i suoi cittadini lo odiavano e gli mandarono dietro un'ambasceria a dire: Non vogliamo che costui venga a regnare su di noi.15Quando fu di ritorno, dopo aver ottenuto il titolo di re, fece chiamare i servi ai quali aveva consegnato il denaro, per vedere quanto ciascuno avesse guadagnato.16Si presentò il primo e disse: Signore, la tua mina ha fruttato altre dieci mine.17Gli disse: Bene, bravo servitore; poiché ti sei mostrato fedele nel poco, ricevi il potere sopra dieci città.18Poi si presentò il secondo e disse: La tua mina, signore, ha fruttato altre cinque mine.19Anche a questo disse: Anche tu sarai a capo di cinque città.20Venne poi anche l'altro e disse: Signore, ecco la tua mina, che ho tenuta riposta in un fazzoletto;21avevo paura di te che sei un uomo severo e prendi quello che non hai messo in deposito, mieti quello che non hai seminato.22Gli rispose: Dalle tue stesse parole ti giudico, servo malvagio! Sapevi che sono un uomo severo, che prendo quello che non ho messo in deposito e mieto quello che non ho seminato:23perché allora non hai consegnato il mio denaro a una banca? Al mio ritorno l'avrei riscosso con gli interessi.24Disse poi ai presenti: Toglietegli la mina e datela a colui che ne ha dieci25Gli risposero: Signore, ha già dieci mine!26Vi dico: A chiunque ha sarà dato; ma a chi non ha sarà tolto anche quello che ha.27E quei miei nemici che non volevano che diventassi loro re, conduceteli qui e uccideteli davanti a me".

28Dette queste cose, Gesù proseguì avanti agli altri salendo verso Gerusalemme.
29Quando fu vicino a Bètfage e a Betània, presso il monte detto degli Ulivi, inviò due discepoli dicendo:30"Andate nel villaggio di fronte; entrando, troverete un puledro legato, sul quale nessuno è mai salito; scioglietelo e portatelo qui.31E se qualcuno vi chiederà: Perché lo sciogliete?, direte così: Il Signore ne ha bisogno".32Gli inviati andarono e trovarono tutto come aveva detto.33Mentre scioglievano il puledro, i proprietari dissero loro: "Perché sciogliete il puledro?".34Essi risposero: "Il Signore ne ha bisogno".
35Lo condussero allora da Gesù; e gettati i loro mantelli sul puledro, vi fecero salire Gesù.36Via via che egli avanzava, stendevano i loro mantelli sulla strada.37Era ormai vicino alla discesa del monte degli Ulivi, quando tutta la folla dei discepoli, esultando, cominciò a lodare Dio a gran voce, per tutti i prodigi che avevano veduto, dicendo:

38"'Benedetto colui che viene,'
il re, 'nel nome del Signore'.
Pace in cielo
e gloria nel più alto dei cieli!".

39Alcuni farisei tra la folla gli dissero: "Maestro, rimprovera i tuoi discepoli".40Ma egli rispose: "Vi dico che, se questi taceranno, grideranno le pietre".

41Quando fu vicino, alla vista della città, pianse su di essa, dicendo:42"Se avessi compreso anche tu, in questo giorno, la via della pace. Ma ormai è stata nascosta ai tuoi occhi.43Giorni verranno per te in cui i tuoi nemici ti cingeranno di trincee, ti circonderanno e ti stringeranno da ogni parte;44abbatteranno te e i tuoi figli dentro di te e non lasceranno in te pietra su pietra, perché non hai riconosciuto il tempo in cui sei stata visitata".

45Entrato poi nel tempio, cominciò a cacciare i venditori,46dicendo: "Sta scritto:

'La mia casa sarà casa di preghiera'.
Ma voi ne avete fatto 'una spelonca di ladri!'".

47Ogni giorno insegnava nel tempio. I sommi sacerdoti e gli scribi cercavano di farlo perire e così anche i notabili del popolo;48ma non sapevano come fare, perché tutto il popolo pendeva dalle sue parole.


Deuteronomio 1

1Queste sono le parole che Mosè rivolse a tutto Israele oltre il Giordano, nel deserto, nella valle dell'Araba, di fronte a Suf, tra Paran, Tofel, Laban, Cazerot e Di-Zaab.2Vi sono undici giornate dall'Oreb, per la via del monte Seir, fino a Kades-Barnea.3Nel quarantesimo anno, l'undicesimo mese, il primo giorno del mese, Mosè parlò agli Israeliti, secondo quanto il Signore gli aveva ordinato di dir loro.4Dopo aver sconfitto Sicon, re degli Amorrei, che abitava in Chesbon, e Og, re di Basan, che abitava in Astarot e in Edrei,5oltre il Giordano, nel paese di Moab, Mosè cominciò a spiegare questa legge:
6"Il Signore nostro Dio ci ha parlato sull'Oreb e ci ha detto: Avete dimorato abbastanza su questa montagna;7voltatevi, levate l'accampamento e andate verso le montagne degli Amorrei e in tutte le regioni vicine: la valle dell'Araba, le montagne, la Sefela, il Negheb, la costa del mare, nel paese dei Cananei e nel Libano, fino al grande fiume, il fiume Eufrate.8Ecco, io vi ho posto il paese dinanzi; entrate, prendete in possesso il paese che il Signore ha giurato di dare ai vostri padri, Abramo, Isacco e Giacobbe, e alla loro stirpe dopo di essi.
9In quel tempo io vi ho parlato e vi ho detto: Io non posso da solo sostenere il carico del popolo.10Il Signore vostro Dio vi ha moltiplicati ed ecco oggi siete numerosi come le stelle del cielo.11Il Signore, Dio dei vostri padri, vi aumenti anche mille volte di più e vi benedica come vi ha promesso di fare.12Ma come posso io da solo portare il vostro peso, il vostro carico e le vostre liti?13Sceglietevi nelle vostre tribù uomini saggi, intelligenti e stimati, e io li costituirò vostri capi.

14Voi mi rispondeste: Va bene ciò che proponi di fare.15Allora presi i capi delle vostre tribù, uomini saggi e stimati, e li stabilii sopra di voi come capi di migliaia, capi di centinaia, capi di cinquantine, capi di decine, e come scribi nelle vostre tribù.16In quel tempo diedi quest'ordine ai vostri giudici: Ascoltate le cause dei vostri fratelli e giudicate con giustizia le questioni che uno può avere con il fratello o con lo straniero che sta presso di lui.17Nei vostri giudizi non avrete riguardi personali, darete ascolto al piccolo come al grande; non temerete alcun uomo, poiché il giudizio appartiene a Dio; le cause troppo difficili per voi le presenterete a me e io le ascolterò.18In quel tempo io vi ordinai tutte le cose che dovevate fare.
19Poi partimmo dall'Oreb e attraversammo tutto quel deserto grande e spaventoso che avete visto, dirigendoci verso le montagne degli Amorrei, come il Signore nostro Dio ci aveva ordinato di fare, e giungemmo a Kades-Barnea.20Allora vi dissi: Siete arrivati presso la montagna degli Amorrei, che il Signore nostro Dio sta per darci.21Ecco il Signore tuo Dio ti ha posto il paese dinanzi; entra, prendine possesso, come il Signore Dio dei tuoi padri ti ha detto; non temere e non ti scoraggiare!22Voi vi accostaste a me tutti e diceste: Mandiamo uomini innanzi a noi, che esplorino il paese e ci riferiscano sul cammino per il quale noi dovremo salire e sulle città nelle quali dovremo entrare.23La proposta mi piacque e scelsi dodici uomini tra di voi, uno per tribù.24Quelli si incamminarono, salirono verso i monti, giunsero alla valle di Escol ed esplorarono il paese.25Presero con le mani i frutti del paese, ce li portarono e ci fecero questa relazione: È buono il paese che il Signore nostro Dio sta per darci.26Ma voi non voleste entrarvi e vi ribellaste all'ordine del Signore vostro Dio;27mormoraste nelle vostre tende e diceste: Il Signore ci odia, per questo ci ha fatti uscire dal paese d'Egitto per darci in mano agli Amorrei e per distruggerci.28Dove possiamo andare noi? I nostri fratelli ci hanno scoraggiati dicendo: Quella gente è più grande e più alta di noi; le città sono grandi e fortificate fino al cielo; abbiamo visto là perfino dei figli degli Anakiti.
29Allora dissi a voi: Non spaventatevi e non abbiate paura di loro.30Il Signore stesso vostro Dio, che vi precede, combatterà per voi, come ha fatto tante volte sotto gli occhi vostri in Egitto31e come ha fatto nel deserto, dove hai visto come il Signore tuo Dio ti ha portato, come un uomo porta il proprio figlio, per tutto il cammino che avete fatto, finché siete arrivati qui.32Nonostante questo, non aveste fiducia nel Signore vostro Dio33che andava innanzi a voi nel cammino per cercarvi un luogo dove porre l'accampamento: di notte nel fuoco, per mostrarvi la via dove andare, e di giorno nella nube.
34Il Signore udì le vostre parole, si adirò e giurò:35Nessuno degli uomini di questa malvagia generazione vedrà il buon paese che ho giurato di dare ai vostri padri,36se non Caleb, figlio di Iefunne. Egli lo vedrà e a lui e ai suoi figli darò la terra che ha calcato, perché ha pienamente seguito il Signore.37Anche contro di me si adirò il Signore, per causa vostra, e disse: Neanche tu vi entrerai,38ma vi entrerà Giosuè, figlio di Nun, che sta al tuo servizio; incoraggialo, perché egli metterà Israele in possesso di questo paese.39E i vostri bambini, dei quali avete detto: Diventeranno oggetto di preda! e i vostri figli, che oggi non conoscono né il bene né il male, essi vi entreranno; a loro lo darò ed essi lo possiederanno.40Ma voi volgetevi indietro e incamminatevi verso il deserto, in direzione del Mare Rosso.
41Allora voi mi rispondeste: Abbiamo peccato contro il Signore! Entreremo e combatteremo in tutto come il Signore nostro Dio ci ha ordinato. Ognuno di voi cinse le armi e presumeste di salire verso la montagna.42Il Signore mi disse: Ordina loro: Non salite e non combattete, perché io non sono in mezzo a voi; voi sarete sconfitti davanti ai vostri nemici.43Io ve lo dissi, ma voi non mi ascoltaste; anzi vi ribellaste all'ordine del Signore, foste presuntuosi e osaste salire verso i monti.44Allora gli Amorrei, che abitano quella montagna, uscirono contro di voi, vi inseguirono come fanno le api e vi batterono in Seir fino a Corma.45Voi tornaste e piangeste davanti al Signore; ma il Signore non diede ascolto alla vostra voce e non vi porse l'orecchio.46Così rimaneste in Kades molti giorni, per tutto il tempo in cui vi siete rimasti.


Cantico 8

1Oh se tu fossi un mio fratello,
allattato al seno di mia madre!
Trovandoti fuori ti potrei baciare
e nessuno potrebbe disprezzarmi.
2Ti condurrei, ti introdurrei nella casa di mia madre;
m'insegneresti l'arte dell'amore.
Ti farei bere vino aromatico,
del succo del mio melograno.
3La sua sinistra è sotto il mio capo
e la sua destra mi abbraccia.

4Io vi scongiuro, figlie di Gerusalemme,
non destate, non scuotete dal sonno l'amata,
finché non lo voglia.

5Chi è colei che sale dal deserto,
appoggiata al suo diletto?
Sotto il melo ti ho svegliata;
là, dove ti concepì tua madre,
là, dove la tua genitrice ti partorì.

6Mettimi come sigillo sul tuo cuore,
come sigillo sul tuo braccio;
perché forte come la morte è l'amore,
tenace come gli inferi è la passione:
le sue vampe son vampe di fuoco,
una fiamma del Signore!
7Le grandi acque non possono spegnere l'amore
né i fiumi travolgerlo.
Se uno desse tutte le ricchezze della sua casa
in cambio dell'amore, non ne avrebbe che dispregio.

8Una sorella piccola abbiamo,
e ancora non ha seni.
Che faremo per la nostra sorella,
nel giorno in cui se ne parlerà?
9Se fosse un muro,
le costruiremmo sopra un recinto d'argento;
se fosse una porta,
la rafforzeremmo con tavole di cedro.
10Io sono un muro
e i miei seni sono come torri!
Così sono ai suoi occhi
come colei che ha trovato pace!
11Una vigna aveva Salomone in Baal-Hamòn;
egli affidò la vigna ai custodi;
ciascuno gli doveva portare come suo frutto
mille sicli d'argento.
12La vigna mia, proprio mia, mi sta davanti:
a te, Salomone, i mille sicli
e duecento per i custodi del suo frutto!

13Tu che abiti nei giardini
- i compagni stanno in ascolto -
fammi sentire la tua voce.
14"Fuggi, mio diletto,
simile a gazzella
o ad un cerbiatto,
sopra i monti degli aromi!".


Salmi 62

1'Al maestro del coro. Su "Iduthun". Salmo. Di Davide.'

2Solo in Dio riposa l'anima mia;
da lui la mia salvezza.
3Lui solo è mia rupe e mia salvezza,
mia roccia di difesa: non potrò vacillare.
4Fino a quando vi scaglierete contro un uomo,
per abbatterlo tutti insieme,
come muro cadente,
come recinto che crolla?
5Tramano solo di precipitarlo dall'alto,
si compiacciono della menzogna.
Con la bocca benedicono,
e maledicono nel loro cuore.

6Solo in Dio riposa l'anima mia,
da lui la mia speranza.
7Lui solo è mia rupe e mia salvezza,
mia roccia di difesa: non potrò vacillare.
8In Dio è la mia salvezza e la mia gloria;
il mio saldo rifugio, la mia difesa è in Dio.
9Confida sempre in lui, o popolo,
davanti a lui effondi il tuo cuore,
nostro rifugio è Dio.
10Sì, sono un soffio i figli di Adamo,
una menzogna tutti gli uomini,
insieme, sulla bilancia, sono meno di un soffio.

11Non confidate nella violenza,
non illudetevi della rapina;
alla ricchezza, anche se abbonda,
non attaccate il cuore.
12Una parola ha detto Dio,
due ne ho udite:
il potere appartiene a Dio,
tua, Signore, è la grazia;
13secondo le sue opere
tu ripaghi ogni uomo.


Isaia 37

1Quando udì, il re Ezechia si stracciò le vesti, si ricoprì di sacco e andò nel tempio del Signore.2Quindi mandò Eliakìm il maggiordomo, Sebnà lo scrivano e gli anziani dei sacerdoti ricoperti di sacco dal profeta Isaia figlio di Amoz,3perché gli dicessero: "Così dice Ezechia: Giorno di angoscia, di castigo e di vergogna è questo, perché i figli sono arrivati fino al punto di nascere, ma manca la forza per partorire.4Spero che il Signore tuo Dio, udite le parole del gran coppiere che il re di Assiria suo signore ha mandato per insultare il Dio vivente lo voglia castigare per le parole che il Signore tuo Dio ha udito. Innalza ora una preghiera per quel resto che ancora rimane in vita".
5Così andarono i ministri del re Ezechia da Isaia.6Disse loro Isaia: "Riferite al vostro padrone: Dice il Signore: Non temere per le parole che hai udite e con le quali i ministri del re di Assiria mi hanno ingiuriato.7Ecco io infonderò in lui uno spirito tale che egli, appena udrà una notizia, ritornerà nel suo paese e nel suo paese io lo farò cadere di spada".

8Ritornato il gran coppiere, trovò il re di Assiria che assaliva Libna. Egli, infatti, aveva udito che si era allontanato da Lachis.

9Appena Sennàcherib sentì dire riguardo a Tiràka, re di Etiopia: "È uscito per muoverti guerra"; inviò di nuovo messaggeri a Ezechia per dirgli:10"Direte così a Ezechia, re di Giuda: Non ti illuda il tuo Dio, in cui confidi, dicendoti: Gerusalemme non sarà consegnata nelle mani del re di Assiria;11ecco tu sai quanto hanno fatto i re di Assiria in tutti i paesi che hanno votato alla distruzione; soltanto tu ti salveresti?12Gli dèi delle nazioni che i miei padri hanno devastate hanno forse salvato quelli di Gozan, di Carran, di Rezef e la gente di Eden in Telassàr?13Dove sono il re di Amat e il re di Arpad e il re della città di Sefarvàim, di Enà e di Ivvà?".
14Ezechia prese la lettera dalla mano dei messaggeri, la lesse, quindi salì al tempio del Signore. Ezechia, spiegato lo scritto davanti al Signore,15lo pregò:16"Signore degli eserciti, Dio di Israele, che siedi sui cherubini, tu solo sei Dio per tutti i regni della terra; tu hai fatto i cieli e la terra.17Porgi, Signore, l'orecchio e ascolta; apri, Signore, gli occhi e guarda; ascolta tutte le parole che Sennàcherib ha mandato a dire per insultare il Dio vivente.18È vero, Signore, i re di Assiria hanno devastato tutte le nazioni e i loro territori;19hanno gettato i loro dèi nel fuoco; quelli però non erano dèi, ma solo lavoro delle mani d'uomo, legno e pietra; perciò li hanno distrutti.20Ma ora, Signore nostro Dio, liberaci dalla sua mano perché sappiano tutti i regni della terra che tu sei il Signore, il solo Dio".

21Allora Isaia, figlio di Amoz mandò a dire a Ezechia: "Così dice il Signore, Dio di Israele: Ho udito quanto hai chiesto nella tua preghiera riguardo a Sennàcherib re di Assiria.22Questa è la sentenza che il Signore ha pronunciato contro di lui:

Ti disprezza, ti deride
la vergine figlia di Sion.
Dietro a te scuote il capo
la figlia di Gerusalemme.
23Chi hai insultato e schernito?
Contro chi hai alzato la voce
e hai elevato, superbo, gli occhi tuoi?
Contro il Santo di Israele!
24Per mezzo dei tuoi ministri hai insultato il Signore
e hai detto: "Con la moltitudine dei miei carri
sono salito in cima ai monti,
sugli estremi gioghi del Libano,
ne ho reciso i cedri più alti,
i suoi cipressi migliori;
sono penetrato nel suo angolo più remoto,
nella sua foresta lussureggiante.
25Io ho scavato e bevuto
acque straniere,
ho fatto inaridire con la pianta dei miei piedi
tutti i torrenti dell'Egitto".
26Non l'hai forse sentito dire?
Da tempo ho preparato questo,
dai giorni antichi io l'ho progettato;
ora lo pongo in atto.
Era deciso che tu riducessi in mucchi di rovine
le fortezze;
27i loro abitanti impotenti
erano spaventati e confusi,
erano come l'erba dei campi,
come tenera verzura,
come l'erba dei tetti,
bruciata dal vento d'oriente.
28Io so quando ti alzi o ti metti a sedere,
io ti conosco sia che tu esca sia che rientri.
29Poiché tu infuri contro di me e la tua insolenza
è salita ai miei orecchi,
ti metterò il mio anello nelle narici
e il mio morso alle labbra;
ti farò tornare per la strada per cui sei venuto.

30Questo ti serva da segno:
si mangerà quest'anno ciò che nascerà dai semi caduti,
nell'anno prossimo quanto crescerà da sé,
ma nel terzo anno seminerete e mieterete,
pianterete vigne e ne mangerete il frutto.
31Ciò che scamperà della casa di Giuda
continuerà a mettere radici in basso
e a fruttificare in alto.
32Poiché da Gerusalemme uscirà un resto,
dei superstiti dal monte Sion.
Questo farà lo zelo del Signore degli eserciti.

33Pertanto dice il Signore contro il re di Assiria:
Non entrerà in questa città
né vi lancerà una freccia,
non l'affronterà con gli scudi
né innalzerà contro di essa un terrapieno.
34Ritornerà per la strada per cui è venuto;
non entrerà in questa città.
Oracolo del Signore:
35Io proteggerò questa città e la salverò,
per riguardo a me stesso e al mio servo Davide.

36Ora l'angelo del Signore scese e percosse nell'accampamento degli Assiri centottantacinquemila uomini. Quando i superstiti si alzarono al mattino, ecco erano tutti cadaveri.
37Sennàcherib re di Assiria levò le tende e partì; tornato a Ninive, rimase colà.38Ora, mentre egli era prostrato in venerazione nel tempio di Nisrok suo dio, i suoi figli Adram-Mèlech e Zarèzer lo uccisero di spada, mettendosi quindi al sicuro nel paese di Ararat.
Assarhàddon suo figlio regnò al suo posto.


Apocalisse 6

1Quando l'Agnello sciolse il primo dei sette sigilli, vidi e udii il primo dei quattro esseri viventi che gridava come con voce di tuono: "Vieni".2Ed ecco mi apparve un cavallo bianco e colui che lo cavalcava aveva un arco, gli fu data una corona e poi egli uscì vittorioso per vincere ancora.
3Quando l'Agnello aprì il secondo sigillo, udii il secondo essere vivente che gridava: "Vieni".4Allora uscì un altro cavallo, rosso fuoco. A colui che lo cavalcava fu dato potere di togliere la pace dalla terra perché si sgozzassero a vicenda e gli fu consegnata una grande spada.
5Quando l'Agnello aprì il terzo sigillo, udii il terzo essere vivente che gridava: "Vieni". Ed ecco, mi apparve un cavallo nero e colui che lo cavalcava aveva una bilancia in mano.6E udii gridare una voce in mezzo ai quattro esseri viventi: "Una misura di grano per un danaro e tre misure d'orzo per un danaro! Olio e vino non siano sprecati".
7Quando l'Agnello aprì il quarto sigillo, udii la voce del quarto essere vivente che diceva: "Vieni".8Ed ecco, mi apparve un cavallo verdastro. Colui che lo cavalcava si chiamava Morte e gli veniva dietro l'Inferno. Fu dato loro potere sopra la quarta parte della terra per sterminare con la spada, con la fame, con la peste e con le fiere della terra.
9Quando l'Agnello aprì il quinto sigillo, vidi sotto l'altare le anime di coloro che furono immolati a causa della parola di Dio e della testimonianza che gli avevano resa.10E gridarono a gran voce:

"Fino a quando, Sovrano,
tu che sei santo e verace,
non farai giustizia
e non vendicherai il nostro sangue
sopra gli abitanti della terra?".

11Allora venne data a ciascuno di essi una veste candida e fu detto loro di pazientare ancora un poco, finché fosse completo il numero dei loro compagni di servizio e dei loro fratelli che dovevano essere uccisi come loro.
12Quando l'Agnello aprì il sesto sigillo, vidi che vi fu un violento terremoto. Il sole divenne nero come sacco di crine, la luna diventò tutta simile al sangue,13le stelle del cielo si abbatterono sopra la terra, come quando un fico, sbattuto dalla bufera, lascia cadere i fichi immaturi.14Il cielo si ritirò come un volume che si arrotola e tutti i monti e le isole furono smossi dal loro posto.15Allora i re della terra e i grandi, i capitani, i ricchi e i potenti, e infine ogni uomo, schiavo o libero, si nascosero tutti nelle caverne e fra le rupi dei monti;16'e dicevano ai monti e alle rupi: Cadete sopra di noi e nascondeteci' dalla faccia di Colui che siede sul trono e dall'ira dell'Agnello,17perché è venuto il gran giorno della loro ira, e chi vi può resistere?


Capitolo XXX: Chiedere l’aiuto di Dio, nella fiducia di ricevere la sua grazia

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1. O figlio, io sono "il Signore, che consola nel giorno della tribolazione" (Na 1,7). Vieni a me, quando sei in pena. Quello che pone maggiore ostacolo alla celeste consolazione è proprio questo, che troppo tardi tu ti volgi alla preghiera. Infatti, prima di rivolgere a me intense orazioni, tu vai cercando vari sollievi e ti conforti in cose esteriori. Avviene così che nulla ti è di qualche giovamento, fino a che tu non comprenda che sono io la salvezza di chi spera in me, e che, fuori di me, non c'è aiuto efficace, utile consiglio, rimedio durevole.

Ora, dunque, ripreso animo dopo la burrasca, devi trovare nuovo vigore nella luce della mia misericordia. Giacché ti sono accanto, dice il Signore, per restaurare ogni cosa, con misura, non solo piena, ma colma.

C'è forse qualcosa che per me sia difficile; oppure somiglierò io ad uno che dice e non fa? Dov'è la tua fede? Sta saldo nella perseveranza; abbi animo grande e virilmente forte. Verrà a te la consolazione, al tempo suo. Aspetta me; aspetta: verrò e ti risanerò.

E' una tentazione quella che ti tormenta; è una vana paura quella che ti atterrisce. A che serve la preoccupazione di quel che può avvenire in futuro, se non a far sì che tu aggiunga tristezza a tristezza? "Ad ogni giorno basta la sua pena" (Mt 6,34). Vano e inutile è turbarsi o rallegrarsi per cose future, che forse non accadranno mai.

2. Tuttavia, è umano lasciarsi ingannare da queste fantasie; ed è segno della nostra pochezza d'animo lasciarsi attrarre tanto facilmente verso le suggestioni del nemico. Il quale non bada se ti illuda o ti adeschi con cose vere o false; non badare se ti abbatta con l'attaccamento alle cose presenti o con il timore delle cose future.

"Non si turbi dunque il tuo cuore, e non abbia timore" (Gv 14,27). Credi in me e abbi fiducia nella mia misericordia. Spesso, quando credi di esserti allontanato da me, io ti sono accanto; spesso, quando credi che tutto, o quasi, sia perduto, allora è vicina la possibilità di un merito più grande. Non tutto è perduto quando accade una cosa contraria. Non giudicare secondo il sentire umano. Non restare così schiacciato da alcuna difficoltà, da qualunque parte essa venga; non subirla come se ti fosse tolta ogni speranza di riemergere.

Non crederti abbandonato del tutto, anche se io ti ho mandato, a suo tempo, qualche tribolazione o se ti ho privato della sospirata consolazione. Così, infatti, si passa nel regno dei cieli. Senza dubbio, per te e per gli altri miei servi, essere provati dalle avversità è più utile che avere tutto a comando. Io conosco i pensieri nascosti; so che, per la tua salvezza, è molto bene che tu sia lasciato talvolta privo di soddisfazione, perché tu non abbia a gonfiarti del successo e a compiacerti di ciò che non sei. Quel che ho dato posso riprenderlo e poi restituirlo, quando mi piacerà. Quando avrò dato, avrò dato cosa mia; quando avrò tolto, non avrò tolto cosa tua; poiché mio è "tutto il bene che viene dato"; mio è "ogni dono perfetto" (Gc 1,17).

3.  Non indignarti se ti avrò mandato una gravezza o qualche contrarietà; né si prostri l'animo tuo: io ti posso subitamente risollevare, mutando tutta la tristezza in gaudio. Io sono giusto veramente, e degno di molta lode, anche quando opero in tal modo con te.

Se senti rettamente, se guardi alla luce della verità, non devi mai abbatterti così, e rattristarti, a causa delle avversità, ma devi piuttosto rallegrarti e rendere grazie; devi anzi considerare gaudio supremo questo, che io non ti risparmi e che ti affligga delle sofferenze.

"Come il padre ha amato me, così anch'io amo voi" (Gv 15,9), dissi ai miei discepoli diletti. E, per vero, non li ho mandati alle gioie di questo mondo, ma a grandi lotte; non li ho mandati agli onori, ma al disprezzo; non all'ozio, ma alla fatica, non a godere tranquillità, ma a dare molto frutto nella sofferenza.

Ricordati, figlio mio, di queste parole.


LETTERA 9: Agostino risponde alla precedente lettera di Nebridio dicendo che gli amici sono vicendevolmente presenti nello spirito

Lettere - Sant'Agostino

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Scritta dopo la precedente.

Agostino risponde alla precedente lettera di Nebridio dicendo che gli amici sono vicendevolmente presenti nello spirito (n. 1); egli accennerà solo qualche argomento per risolvere la difficile questione sui sogni inviati dalle potenze superiori (n. 2): che ciò sia possibile si dimostra con l'esempio delle passioni dell'anima, come l'ira, che traspaiono nel corpo (n. 3-4), infine esorta Nebridio a rileggere attentamente l'Ep. 7 ch'egli non ha capito (n. 5).

AGOSTINO A NEBRIDIO

Gli amici sono vicendevolmente presenti nello spirito.

1. Sebbene tu conosca il mio animo, tuttavia forse non sai quanto vorrei godere della tua presenza. Ma un giorno o l'altro Dio mi concederà questo privilegio così grande. Ho letto la tua lettera, giustificatissima, in cui ti lamenti della solitudine e di un certo abbandono da parte dei tuoi familiari, con cui la vita è dolcissima. Ma che altro potrei dirti a questo proposito se non quello che sono convinto che fai? Rifugiati nella tua anima e innalzala a Dio per quanto puoi. Là infatti tu trovi più sicuramente anche noi, non attraverso immagini corporee, di.cui ora dobbiamo far uso nel nostro ricordo, ma mediante pensiero, per cui tu capisci che non è il vivere nello stesso luogo quello che ci unisce.

Una difficile questione.

2. Esaminando le tue lettere alle cui domande impegnative ho dato risposte non dubbie, mi ha assai spaventato quella in cui mi domandi come avvenga che dalle potenze superiori o dai demoni vengano immessi in noi dei pensieri e dei sogni. È infatti una cosa importante, alla quale anche tu per la tua esperienza ben vedi che si dovrebbe rispondere non con una lettera, ma o di presenza con una conversazione oppure con un trattato. Cercherò tuttavia, ben conoscendo il tuo ingegno, di dare qualche chiarimento preliminare su tale questione, affinché o tu stesso possa inserire da solo il resto oppure non abbia affatto a disperare che si possa giungere ad una spiegazione probabile di un problema tanto importante.

Le passioni traspaiono nel corpo.

3. Ritengo infatti che ogni moto dell'animo produca qualche effetto sul corpo, e che esso giunga fino ai nostri sensi, così ottusi e lenti, quando più intensi sono i moti dell'animo: ad esempio quando ci adiriamo oppure siamo tristi o gioiosi. Da ciò è lecito arguire che anche quando noi facciamo qualche pensiero ed esso non si palesa a noi nel nostro corpo, può tuttavia palesarsi agli esseri viventi dell'aria o dell'etere, i cui sensi sono acutissimi e a confronto dei quali i nostri non si devono neppure considerare dei sensi. Quindi le impronte, per così dire, del proprio moto che l'animo stampa nel corpo, possono persistere e dare luogo quasi ad una caratteristica permanente; e quando esse siano state inconsciamente agitate e rimescolate, secondo la volontà di colui che le agita e le rimescola, suscitano in noi pensieri e sogni: e questo avviene con mirabile facilità. Se infatti è evidente che gli esercizi dei nostri corpi terreni e tardissimi (usando gli strumenti musicali o nei giochi dei funamboli e in tutti gli altri innumerevoli spettacoli di tal genere), sono giunti a dei risultati incredibili, non è per nulla assurdo che coloro, i quali per mezzo d'un corpo aereo o etereo agiscono in qualche modo nei corpi in cui penetrano senza violare l'ordine naturale, godano di una facilità di gran lunga maggiore per muovere tutto ciò che vogliono senza che noi ce ne accorgiamo e tuttavia subendo qualche effetto a seguito di tale azione. Infatti non ci accorgiamo nemmeno in che modo l'abbondanza del fiele ci spinga a scatti d'ira più frequenti, e tuttavia ci spinge, sebbene questa stessa abbondanza che ho detto si sia formata mentre noi ci adiravamo.

Che cos'è l'ira.

4. Ma tuttavia, se non vuoi accettare da me questo paragone alla leggera, esaminalo facendolo oggetto per quanto puoi della tua riflessione. Infatti se nell'animo si manifesta continuamente qualche difficoltà nell'agire e nel realizzare ciò che desidera, esso continuamente si adira. E l'ira, secondo la mia opinione, è il desiderio turbolento di togliere di mezzo le cose che impediscono la facilità della azione. Per questo nello scrivere di solito ci adiriamo non soltanto con gli uomini, ma con la penna e la urtiamo con violenza e la rompiamo; e i giocatori si adirano coi dadi e i pittori col pennello e chiunque con ogni strumento per colpa del quale crede di trovarsi in difficoltà. Ed anche i medici affermano che per questo continuo adirarsi la bile cresce. Per l'accrescimento della bile, poi, di nuovo e facilmente e quasi senza che esista alcuna ragione ci adiriamo. Così quello che l'animo ha provocato nel corpo col suo movimento, sarà in grado di agitarlo nuovamente.

Nebridio rimediti l'Ep. 7.

5. Questi fenomeni si potrebbero trattare con grande ampiezza e portare ad una conoscenza più sicura e più piena con testimonianze di molti fatti. Ma a questa lettera tu aggiungi quella sulle immaginazioni e sulla memoria, che ti ho mandato di recente, ed esaminala con maggiore attenzione; giacché dalla tua risposta m'è parso che tu non l'abbia compresa pienamente. Quando dunque a questa, che leggi adesso, avrai aggiunto dall'altra ciò che è stato detto là su una certa facoltà naturale dell'anima che diminuisce ed aumenta col pensiero qualsiasi cosa, forse non ti stupirà più perché avvenga che, pensando o sognando, possano delinearsi in noi anche le forme dei corpi che non abbiamo mai visti.


5 - I benefici che gli apostoli ricevettero da Cristo nostro redentore per la devozione verso la sua Madre santissima.

La mistica Città di Dio - Libro sesto - Suor Maria d'Agreda

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1079. Miracolo dei miracoli dell'onnipotenza divina e meraviglia delle meraviglie era il procedere della prudentissima Maria nei confronti del sacro collegio degli apostoli e dei discepoli di Cristo nostro Signore, suo figlio santissimo. Benché questa rara sapienza sia inesplicabile, se tentassi di manifestare tutto ciò che di essa mi viene fatto comprendere, sarebbe necessario scrivere un gran volume soltanto su questo argomento. Nel presente capitolo dirò qualcosa al riguardo; del resto parlerò nella misura in cui se ne presenterà l'opportunità: nell'insieme sarà molto poco, però se ne potrà ricavare quanto basta per la nostra istruzione. Il Maestro divino infondeva nel cuore di tutti i discepoli che accoglieva alla sua scuola una speciale venerazione per la sua santissima Madre, e ciò era opportuno, dovendo essi stare in sua compagnia e trattare tanto familiarmente con lei. Questa santa semente della divina luce era comune a tutti ma non in ugual misura, perché sua Maestà distribuiva tali doni secondo la volontà di Dio, le condizioni dei soggetti e la missione a cui li destinava. Sperimentando poi il dolcissimo tratto e l'ammirabile conversazione della grande Regina, crebbe negli apostoli l'amore reverenziale verso di lei; ella infatti parlava con loro e li amava, li consolava e assisteva, li ammaestrava e sollevava in tutte le necessità, cosicché non si allontanavano mai dalla sua presenza senza essere pieni di gioia interiore e di una consolazione maggiore di quella che essi stessi potessero desiderare. Questi benefici, tuttavia, davano più o meno frutto a seconda della disposizione del cuore di chi li riceveva.

1080. I discepoli si allontanavano dal cospetto della beatissima Vergine tutti ricolmi di ammirazione e si formavano un altissimo concetto di lei, della sua prudenza, sapienza, santità, purezza e maestà, unite ad una soavità così affabile ed umile che nessuno trovava le parole per spiegarla. Ciò accadeva anche per disposizione dell'Altissimo, perché - come dissi nel libro quinto al capitolo ventottesimo - non era ancora tempo che si manifestasse al mondo questa mistica arca della nuova alleanza. E come avviene a chi desidera parlare ma, non riuscendo a palesare il suo pensiero, lo riconcentra maggiormente nel suo cuore, così i santi apostoli, dolcemente costretti a tacere, esprimevano il proprio fervore amando ancor più Maria santissima e lodando intimamente il suo Creatore. Con la sua incomparabile scienza la gran Signora conosceva il temperamento di ciascuno, la grazia e lo stato in cui si trovava ed il ministero a cui era destinato; agiva perciò di conseguenza, sia nelle sue preghiere che nell'insegnamento e nelle parole che rivolgeva singolarmente ad ognuno di loro. Un simile modo di procedere in una semplice creatura, sempre misurato su ciò che piace a Dio, era per i santi angeli motivo di nuova e grande meraviglia. Inoltre, con imperscrutabile provvidenza, l'Onnipotente faceva sì che gli stessi apostoli corrispondessero ai favori loro accordati per mezzo della Vergine. Tutto ciò formava una divina armonia, nascosta agli uomini e manifesta solo agli spiriti celesti.

1081. Nel ricevere tali benefici san Pietro e san Giovanni furono privilegiati: il primo perché doveva essere vicario di Cristo e capo della Chiesa militante, e per questo primato sua Altezza lo amava e lo rispettava in modo speciale; il secondo perché doveva restare al posto del Signore stesso come figlio della purissima Signora e prendersi cura di lei. I due apostoli, sotto il governo e la custodia dei quali sarebbero state messe la Chiesa militante dei fedeli e la Chiesa mistica Maria, ebbero con la Regina del mondo un rapporto singolare. Tuttavia, san Giovanni si distinse subito nella venerazione per la Madre di Dio e al riguardo, essendo stato scelto per servirla e per ricevere la dignità di suo figlio adottivo, ricevette grazie particolari. Nella devozione a Maria anche gli altri apostoli superarono la nostra capacità di comprensione e d'immaginazione, ma l'evangelista Giovanni penetrò più di tutti gli imperscrutabili misteri della Città mistica e attraverso di essa ricevette maggiore luce divina, come testimonia il suo Vangelo. Tutta questa sapienza, infatti, gli fu concessa per intercessione della celeste Signora ed egli ottenne il privilegio di esser chiamato l'amato da Gesù' per il suo amore a lei, che contraccambiava per la stessa ragione. San Giovanni fu quindi per eccellenza il discepolo prediletto di Gesù e di Maria.

1082. Alcune qualità del santo Evangelista erano particolarmente gradite alla Regina di tutte le virtù. Oltre alla castità e alla purezza verginale, infatti, egli era dotato di una sincerità cristallina, di un'umiltà e di una mansuetudine che lo rendevano molto affabile e docile. Per queste virtù san Giovanni si distingueva fra gli apostoli e a motivo di esse la gran Signora fu più benevola con lui, che ebbe in sé disposizioni migliori perché nel suo intimo s'imprimesse amore reverenziale verso di lei e desiderio di servirla. Fin dalla sua prima chiamata egli incominciò ad emergere fra gli altri nel venerarla ed obbedirle come un umilissimo servo. L'aiutava con più continuità degli altri e, per quanto era possibile, procurava di stare alla sua presenza e alleggerirle alcuni lavori manuali. Qualche volta accadeva al fortunato Apostolo che, impegnandosi in queste opere umili, venisse a santa contesa con gli angeli della gran Signora, la quale però vinceva l'uno e gli altri e le eseguiva da sola; ella infatti trionfò sempre su tutti in umiltà. L'amato discepolo era anche molto diligente nel riferire a sua Altezza tutte le meraviglie che il Salvatore compiva quando ella non c'era, nel raccontarle dei nuovi seguaci e dei convertiti all'insegnamento del Maestro. Era sempre attento e vigilante per conoscere in cosa avrebbe potuto maggiormente servirla e compiacerla; e nella misura in cui giungeva a comprenderlo, subito lo faceva alla perfezione.

1083. San Giovanni si distinse per la venerazione verso la beatissima Vergine anche nel parlare, perché in sua presenza la chiamava "Signora" o "mia Signora" ed in sua assenza "Madre del nostro maestro Gesù". Inoltre, dopo l'ascensione del Signore, egli fu il primo a darle titoli come "Madre di Dio e del redentore del mondo" e, lei presente, "Madre e signora", oppure "Riparatrice del peccato" e "Signora delle genti"; in particolare, fu lui il primo a chiamarla "Maria di Gesù" come venne poi nominata molte volte nella Chiesa primitiva, avendo compreso che questo nome produceva una dolce armonia per gli orecchi e il cuore della gran Regina. Ed io desidero lodare con giubilo il Signore, perché senza che lo meritassi mi chiamò alla luce della santa Chiesa e della fede e alla vocazione religiosa con questo stesso nome. Gli altri discepoli conoscevano la predilezione di sua Altezza per san Giovanni e perciò molte volte gli domandavano di presentarsi a lei per intercedere con le sue preghiere in loro favore. In seguito dirò altre cose al riguardo, ma si potrebbe scrivere una lunga storia solamente sui benefici che l'Evangelista ricevette da Maria santissima.

1084. Dopo Pietro e Giovanni, fu molto amato dalla Vergine l'apostolo Giacomo, fratello dell'Evangelista. Costui ricevette dalla sua mano grazie mirabili, di alcune delle quali tratteremo nella terza parte. Ancora, sant'Andrea fu tra i più cari alla gran Signora, perché ella sapeva che sarebbe stato particolarmente devoto della passione del suo Maestro e che sarebbe morto anch'egli su una croce. Pur non trattenendomi a parlare distintamente degli altri apostoli, dirò che con rara prudenza, carità ed umiltà la Madre di Dio apprezzò gli uni per alcune virtù, gli altri per altre e tutti per il suo Figlio santissimo. Ella guardò sempre con tenero affetto anche la Maddalena, sia perché amava molto il Signore Gesù, sia perché la destra dell'Onnipotente facilmente sarebbe stata magnificata in lei. Maria santissima la trattò molto familiarmente e la illuminò su altissimi misteri; in tal modo il suo amore per il Maestro e la stessa Signora crebbe ancora di più. La santa si consultò con lei circa il suo desiderio di ritirarsi nel deserto per vivere sola con Dio, in continua penitenza e in contemplazione. In seguito, infatti, si ritirò in un eremo col beneplacito e la benedizione della dolcissima Madre, dopo essere stata da lei ampiamente istruita su quella vita. La Vergine immacolata andò a visitarla una volta di persona e molte altre per mezzo degli angeli che le inviava per incoraggiarla e consolarla in quella dura solitudine. Anche le altre donne che seguivano il Maestro della vita furono molto favorite da sua Altezza, la quale, a loro come a tutti i discepoli, concesse incomparabili benefici; anch'esse le furono quindi assai devote ed affezionate, perché trovarono in abbondanza la grazia tramite lei ed in lei, come nel deposito in cui Dio la teneva riposta per tutto il genere umano. Non mi dilungo ulteriormente su ciò, perché oltre a non essere necessario - data la conoscenza che se ne ha nella santa Chiesa - occorrerebbe molto tempo per trattare questa materia.

1085. Solo del malvagio apostolo Giuda dirò qualcosa di quanto mi è stato manifestato, sia perché lo richiede questa Storia, sia perché se ne sa di meno e infine perché servirà d'insegnamento ai peccatori, di proficuo esempio agli ostinati e di avvertimento ai poco devoti di Maria santissima. Ma potrà mai esserci qualcuno che lo sia poco verso una creatura adorabile come lei? Ella venne amata infinitamente da Dio stesso, dagli angeli con tutte le loro forze spirituali, dagli apostoli e dai santi con intimo e cordiale affetto; tutte le creature devono dunque gareggiare ad amarla, anche se il tutto sarà sempre meno di quel che merita. L'infelice Apostolo incominciò a deviare da questa strada maestra che conduce all'amore divino e ai suoi doni. La conoscenza che mi è stata data al riguardo perché ne scriva è quella che segue.

1086. Giuda venne alla scuola di Cristo nostro maestro mosso esteriormente dalla forza della sua dottrina e interiormente dal buono spirito che animava anche gli altri. Così attratto, domandò al Signore di accettarlo tra i suoi e il Signore lo accolse con i sentimenti di un padre amorevole, che non rifiuta nessuno che lo cerchi con verità. All'inizio l'Apostolo ricevette grandi favori dalla divina destra e con essi sorpassò alcuni degli altri discepoli, venendo prescelto per essere uno dei Dodici. Sua Maestà, infatti, lo amava secondo la giustizia presente, conforme allo stato della sua anima ed alle opere sante che compiva. La Madre della grazia e della misericordia lo guardò ancora benignamente per allora, anche se conobbe subito con la sua scienza infusa il tradimento che egli avrebbe perfidamente messo in atto alla fine del suo apostolato. Ma non per questo gli negò la sua intercessione e carità materna, e al contrario, con più zelo ed attenzione, si prese a cuore di giustificare - per quanto le era possibile - la causa del suo Figlio santissimo presso questo infelice apostolo, affinché la sua perfidia non trovasse pretesto alcuno quando l'avesse cercato. Sapendo che col rigore quel temperamento non si sarebbe vinto, ma anzi maggiormente inasprito, la prudentissima Vergine faceva sì che a Giuda non mancasse niente e con grandi dimostrazioni di tenerezza e dolcezza lo assisteva, gli parlava e lo trattava con più premura degli altri, ed egli a volte si mostrò grato di questi benefici. In tal modo, quando i discepoli ebbero delle discussioni su chi fosse più amato da Maria santissima - come accadde anche con il Figlio - Giuda non poté avere sospetti al riguardo.

1087. Ma poiché egli veniva poco aiutato dal suo carattere e nei suoi compagni si scorgevano difetti di uomini non del tutto confermati nella perfezione e nella grazia, l'imprudente discepolo cominciò a compiacersi di se stesso più di quello che doveva e a criticare le mancanze dei suoi fratelli notandole più delle sue. Ammesso questo primo inganno senza correzione, la trave andò crescendo nei suoi occhi quanto più con indiscreta presunzione guardava le pagliuzze negli occhi altrui e ne mormorava, pretendendo di correggere negli altri con più orgoglio che zelo i difetti più leggeri, mentre egli ne aveva di assai peggiori. In particolare Giuda criticò san Giovanni e lo giudicò intrigante col Maestro e la sua Madre santissima, sebbene egli stesso fosse così favorito da entrambi. Fin qui non commise che peccati veniali, senza perdere la grazia giustificante. Tali peccati, tuttavia, erano di natura cattiva e senza dubbio volontari; Giuda infatti diede libero ingresso alla vana compiacenza, a cui seguì una certa invidia, che lo indusse poi a calunniare e giudicare con poca carità l'operato dei suoi fratelli. Queste colpe aprirono la porta ad altre maggiori: subito diminuì il fervore della sua devozione, si raffreddò il suo amore verso Dio e verso il prossimo e si andò progressivamente estinguendo la sua luce interiore; di conseguenza cominciò a guardare gli apostoli e la beatissima Vergine con fastidio, detestando i loro modi e le loro opere santissime.

1088. La prudentissima Signora conosceva il difetto di Giuda e, cercando la sua salvezza e la sua guarigione prima che si abbandonasse alla morte del peccato, iniziò a parlargli e ad ammonirlo, come figlio carissimo, con estrema soavità e ragioni convincenti. E benché qualche volta la tempesta che cominciava a sollevarsi nel cuore inquieto dell'Apostolo si calmasse, egli non perseverava nella sua tranquillità, ma subito si esacerbava e si turbava. Dando più spazio al demonio, arrivò ad infuriarsi contro la mansuetissima colomba e con ipocrisia affettata tentava di celare le sue colpe o di negarle o di giustificarle con varie ragioni e pretesti, come se avesse potuto ingannare i suoi divini Maestri o nascondere loro il segreto del suo cuore. Perse così la venerazione interiore per la Madre della misericordia, disdegnando le ammonizioni e persino irritandosi alla dolcezza delle parole e degli avvertimenti che riceveva da lei. Con le sue eccessive irriverenze perse la grazia; il Signore si sdegnò gravemente e lo lasciò in balìa del suo proprio consiglio; Allontanandosi dalla grazia e dall'intercessione di Maria santissima, infatti, Giuda si chiuse le porte della misericordia e della salvezza. Dalla ripugnanza che egli fece entrare dentro di sé verso la Regina del cielo passò subito a sdegnarsi contro il Maestro divino e a odiarlo, disprezzando la sua dottrina e considerando molto dura la vita degli apostoli e la relazione con loro.

1089. Nonostante tutto, la divina provvidenza non lo abbandonò subito e continuò ad inviargli aiuti interiori, che erano più comuni di quelli ricevuti in precedenza, ma sempre sufficienti, se egli avesse voluto servirsene. A questi si aggiungevano le dolcissime esortazioni della clementissima Signora affinché si umiliasse a chiedere perdono a Cristo. Inoltre la Madre di pietà gli promise la misericordia da parte del Signore e da parte sua gli propose di accompagnarlo, d'intercedere in suo favore e di fare ella stessa penitenza per i suoi peccati, volendo da lui solo che se ne pentisse e si correggesse. La Vergine immacolata offrì tutti questi favori a Giuda al fine di riparare per tempo la sua caduta, sapendo che il male maggiore non è cadere ma non rialzarsi e perseverare nel peccato. Il superbo discepolo non poteva negare alla propria coscienza la testimonianza che questa gli rendeva del suo infelice stato, ma, incominciando ad indurirsi, temette la vergogna che poteva acquistargli gloria e cadde in quella che aumentò il suo peccato. Per siffatta vergogna non accettò i consigli salutari di sua Altezza, ed anzi negò il proprio errore, protestando falsamente che amava il suo Maestro e gli altri e che non aveva al proposito niente di cui emendarsi.

1090. Mirabile esempio di carità e di pazienza fu quello che ci lasciarono il nostro Salvatore e la sua Madre santissima con il loro comportamento nei riguardi di Giuda dopo la sua caduta nel peccato: lo tollerarono fra i discepoli a tal punto che non gli si mostrarono mai adirati, non mutarono atteggiamento verso di lui, né cessarono di trattarlo con la dolcezza che usavano con gli altri. Questa fu la ragione per cui agli apostoli restò celato il cuore malvagio di Giuda, nonostante che l'ordinaria convivenza e il tratto di lui fornissero numerosi indizi della sua cattiva coscienza. È infatti quasi impossibile fare sempre violenza alle proprie inclinazioni per dissimularle, e nelle cose che non sono deliberate operiamo sempre secondo il carattere e conformemente alle nostre abitudini, cosicché almeno in tali occasioni le facciamo conoscere a quelli che vivono assiduamente con noi. Ciò succedeva fra gli apostoli nei riguardi di Giuda; ma, poiché tutti vedevano l'affabilità e l'amore con cui Cristo nostro redentore e la gran Regina lo trattavano e non scorgevano in essi cambiamento alcuno, passavano sopra ai propri sospetti e ai segni che l'infelice Apostolo dava della sua caduta. Per la stessa ragione rimasero dubbiosi, quando nell'ultima cena sua Maestà disse che uno di loro lo avrebbe tradito e ciascuno domandò: «Sono forse io?». San Giovanni, per la maggiore familiarità col Signore, giunse ad avere una qualche conoscenza della malvagità di Giuda e nutrì al proposito più sospetti degli altri; perciò Gesù stesso gli indicò che era lui il traditore, come consta dal Vangelo. Fino ad allora, tuttavia, il Maestro non aveva fatto intendere ciò che stava succedendo a Giuda. In Maria santissima fu più ammirevole questa pazienza, in quanto ella era madre e semplice creatura e vedeva già da vicino che quel discepolo sleale avrebbe tradito il suo Figlio santissimo.

1091. Oh, ignoranza! Oh, stoltezza nostra! Quanto procediamo diversamente noi figli degli uomini se riceviamo qualche piccola ingiuria, mentre ne meritiamo tante! Quanto poco sopportiamo le debolezze altrui, mentre vogliamo che tutti tollerino le nostre! Quanto ci è difficile perdonare un'offesa, mentre ogni giorno e in ogni ora preghiamo il Padre che perdoni le nostre! Quanto siamo crudeli e pronti a divulgare le colpe dei nostri fratelli, mentre ci mostriamo così risentiti e sdegnati se qualcuno parla delle nostre! Non misuriamo nessuno con la stessa misura con cui vogliamo essere misurati noi, né vogliamo essere giudicati col giudizio che diamo degli altri'. Tutto ciò è perversità, tenebre ed alito della bocca del dragone infernale, che vuole opporsi all'eccellentissima virtù della carità e scompigliare l'ordine della ragione umana e divina; Dio, infatti, è amore, e colui che ama perfettamente dimora in Dio e Dio in lui8. Lucifero è ira e vendetta, chi si abbandona a tali passioni sta in lui ed egli lo domina in tutti i vizi che si oppongono al bene del prossimo. Confesso che la bellezza di questa nobilissima virtù ha sempre attratto i miei desideri e sempre ho bramato di possederla, ma vedo anche nel chiaro specchio di queste meraviglie di amore verso l'ingrato Apostolo che mai ne sono giunta al principio.

1092. Affinché il Signore non mi rimproveri di aver taciuto, aggiungerò a quanto detto un'altra cosa, che condusse Giuda alla rovina. Aumentando il numero dei discepoli, sua Maestà decise subito che uno di loro si sarebbe occupato di ricevere le elemosine e di gestirle come economo e maestro di casa per le necessità comuni e per pagare i tributi imperiali. Cristo nostro bene, senza indicare nessuno, propose tale servizio a tutti. Nello stesso momento Giuda lo desiderò avidamente per sé, mentre tutti gli altri lo temettero e decisero in cuor loro di evitarlo. Per ottenerlo, l'ingordo discepolo si umiliò a chiedere a san Giovanni di parlarne con la Regina santissima, affinché ella ne discutesse con suo Figlio. San Giovanni glielo domandò, ma la prudentissima Madre non volle presentare al Salvatore tale richiesta, sapendo che non era giusta né conveniente e che era frutto di cupidigia. Giuda presentò la stessa istanza per mezzo di san Pietro e di altri apostoli, sperando di raggiungere il suo intento con la loro cooperazione, ma non vi riuscì perché la clemenza dell'Altissimo voleva impedirlo, o giustificare la causa quando poi lo avrebbe permesso. Con questi ostacoli il cuore dell'Apostolo, posseduto già dall'avarizia, anziché calmarsi si accese ancora di più nella fiamma che infelicemente lo bruciava, essendo istigato da satana con pensieri ambiziosi e riprovevoli per chiunque, anche per una persona di un diverso stato di vita. Se quei pensieri negli altri sarebbero stati ignominiosi e sarebbe stata una colpa assecondarli, in Giuda ciò fu un delitto assai più grave, perché era discepolo alla scuola della più alta perfezione e stava alla presenza di Cristo, il sole di giustizia, e di Maria, la luna. D'altra parte, egli non poté non conoscere la scelleratezza che commetteva accettando tali suggestioni, sia nel giorno dell'abbondanza e della grazia quando il sole del suo divino Maestro lo illuminava, sia nella notte della tentazione, giacché in essa la luna Maria con i suoi influssi gli dava ciò che gli serviva per liberarsi dal veleno del serpente. Egli correva incontro alla propria rovina, poiché fuggiva dalla luce e si gettava in braccio alle tenebre; così ardì chiedere egli stesso a sua Altezza il ministero che pretendeva, perdendo il timore e nascondendo la sua ingordigia sotto la parvenza della virtù. Si avvicinò a lei e disse che la richiesta che Pietro e Giovanni suoi fratelli le avevano presentato a nome suo era frutto del desiderio di servire lei e suo Figlio con sollecitudine, perché non tutti mettevano in quel servizio la cura necessaria, per cui la supplicava di ottenerglielo dal Signore.

1093. Con grande mansuetudine, la Regina del mondo gli rispose: «Considera bene, o carissimo, ciò che domandi ed esamina se è retta la tua intenzione. Valuta se ti convenga bramare ciò che tutti gli altri discepoli tuoi fratelli temono e che non accetterebbero se non costretti da un comando del Maestro. Egli ti ama più di quanto tu ami te stesso e sa senza inganno ciò che è meglio per te: abbandonati alla sua santissima volontà, cambia il tuo intendimento e procura di accumulare tesori di umiltà e di povertà. Alzati da dove sei caduto: io ti porgerò la mano e mio Figlio userà con te la sua amorevole misericordia». Chi non si sarebbe arreso a queste dolcissime parole ed efficaci ragioni udite dalla bocca di una creatura così celeste ed amabile come la beatissima Vergine? Ma quel cuore fiero e diamantino non si addolcì né si commosse; anzi, si sdegnò interiormente e si sentì offeso dalla celeste Signora che gli offriva il rimedio per la sua mortale infermità. Infatti, un impeto sfrenato di ambizione e d'ingordigia nella concupiscenza subito irrita l'irascibilità contro chi lo arresta e gli fa reputare affronti i sani consigli. In quel momento, però, la mansuetissima colomba non disse altro a Giuda, a causa della sua ostinazione.

1094. Congedatosi da Maria santissima, l'Apostolo non trovava pace e, spogliatosi del pudore, della vergogna naturale ed anche della fede, risolse di ricorrere egli stesso al Salvatore. Come astuto pretendente, vestita la sua furia con pelle di pecorella, si accostò a sua Maestà e gli disse: «Maestro, io desidero fare la vostra volontà e servirvi come dispensiere e depositario delle elemosine che riceviamo; con esse provvederò ai poveri praticando il vostro insegnamento di fare al prossimo ciò che desideriamo sia fatto a noi e procurerò di farne la ripartizione con ordine ed equità, secondo il vostro volere, meglio di quanto si sia fatto sinora». Il discepolo ipocrita presentò al Signore queste ed altre ragioni, commettendo in una sola volta gravissimi peccati. In primo luogo menti, avendo un'intenzione tutta diversa da quella dichiarata; poi finse di essere quello che non era, perché bramava l'onore che non meritava, non volendo apparire per ciò che era, né essere quello che voleva apparire; inoltre mormorò contro i suoi fratelli, screditando loro e lodando se stesso. Queste sono tutte strade molto battute dagli ambiziosi. Il fatto su cui si vuole maggiormente riflettere è che egli perse la fede infusa, pretendendo d'ingannare sua Maestà con l'ipocrisia e la falsità dimostrate esteriormente. Infatti, se allora avesse creduto con fermezza che Gesù era veramente Dio come era vero uomo, non avrebbe potuto convincersi di poterlo ingannare, sapendo che, come Dio, gli sarebbe stata manifesta la parte più intima del suo cuore; e senza dubbio avrebbe desistito dal suo colpevole intento se avesse riflettuto e creduto che il Verbo incarnato, non solo come Dio con la sua scienza infinita ma anche come uomo con quella infusa e beatifica, lo poteva conoscere, come difatti lo conosceva. Giuda cessò di credere tutto ciò e agli altri peccati aggiunse l'eresia.

1095. In questo sleale discepolo si adempì quello che disse poi san Paolo: Coloro che vogliono arricchire, cadono nella tentazione, nel laccio e in molte bramosie insensate e funeste, che fanno affogare gli uomini in rovina e perdizione. L'attaccamento al denaro infatti è la radice di tutti i mali; per il suo sfrenato desiderio alcuni hanno deviato dalla fede e si sono da se stessi tormentati con molti dolori`. Tutto ciò accadde all'avido e perfido Giuda, la cui cupidigia fu tanto più vile e riprovevole quanto più vivo ed ammirevole fu l'esempio di alta povertà che egli ebbe presente in Cristo nostro bene, nella gran Signora e in tutti gli altri apostoli, i quali avevano con sé solo alcune elemosine di poco conto. Il discepolo s'immaginò che con i grandi miracoli del suo Maestro e con la moltitudine di quelli che lo seguivano e gli si avvicinavano sarebbero aumentate le offerte su cui poter mettere le mani, e siccome ciò non gli veniva concesso secondo le sue brame si lamentava con i discepoli stessi, come successe quando la Maddalena consumò aromi preziosi per ungere il Redentore. In quella circostanza, l'avidità lo indusse a calcolare il prezzo di tali aromi e a dire che quei denari, più di trecento, venivano tolti ai poveri, ai quali avrebbero potuto essere distribuiti. Parlava così perché gli dispiaceva molto non averli accumulati per sé, dato che dei poveri non si dava alcun pensiero. Anzi, si sdegnava assai contro la Madre della misericordia perché faceva tante elemosine, contro Gesù stesso perché non accettava più denaro, contro gli apostoli e i discepoli perché non ne cercavano, e con tutti era irritato e si mostrava offeso. Alcuni mesi prima della morte del Salvatore cominciò ad allontanarsi per lungo tempo dagli altri apostoli e da Cristo - perché la loro compagnia lo tormentava -, e interveniva solo per raccogliere le offerte. Durante questa lontananza il demonio gli pose in cuore di troncare definitivamente ogni rapporto con sua Maestà e di consegnarlo ai giudei.

1096. Ritorniamo intanto alla risposta data dal Maestro della vita quando Giuda gli domandò di tenere la cassa, perché da questo si manifesti sempre più l'imperscrutabilità dei giudizi dell'Altissimo. Il Redentore del mondo voleva allontanare il discepolo dal pericolo che conosceva nascondersi dietro la sua richiesta, poiché sapeva che in essa egli cercava la propria perdizione definitiva. E affinché costui non potesse dire di essersi ingannato, il Signore gli disse: «Sai, Giuda, ciò che desideri e domandi? Non essere tanto crudele con te stesso, giacché tu cerchi e chiedi il veleno e le armi con le quali ti puoi procurare la morte». Ma egli replicò: «Io, Maestro, desidero servirvi, impiegando le mie forze a beneficio della vostra comunità, e per questa via lo farò meglio che per qualsiasi altra, poiché mi offro di farlo senza alcuna mancanza». Con la pertinacia dell'Apostolo nel cercare ed amare il pericolo, Dio giustificò la sua causa. Giuda infatti oppose resistenza alla luce e s'indurì; ed essendogli stati mostrati l'acqua e il fuoco, la vita e la morte, stese la mano e scelse la propria rovina, restando così giustificata la giustizia ed esaltata la misericordia dell'Altissimo, che tante volte lo aveva invitato ed era entrata per le porte del suo cuore, da cui, però, egli la scacciò lasciandovi entrare il demonio. Circa la malvagità di Giuda, ad istruzione dei mortali dirò altre cose in seguito, sia per non dilungarmi maggiormente in questo capitolo, sia perché riguardano un'altra parte di questa Storia e accaddero in un momento diverso. Chi tra gli uomini soggetti a peccare non temerà grandemente vedendo uno della sua stessa natura che, alla scuola di Cristo e della sua Madre santissima, allevato col latte della loro dottrina e dei loro miracoli, in così breve tempo passò dallo stato di apostolo santo - facendo gli stessi prodigi degli altri - all'opposto stato diabolico? E che da semplice agnello si convertì in lupo rapace e sanguinario? Giuda cominciò dai peccati veniali e da questi passò a quelli gravissimi. Egli si mise in potere del demonio, il quale già sospettava che il Signore Gesù fosse Dio e scaricò su questo infelice discepolo, separato dal resto del piccolo gregge, l'ira che nutriva contro sua Maestà. Ma se adesso il furore di Lucifero è lo stesso, anzi maggiore, dopo che suo malgrado ha conosciuto Cristo come vero Dio e redentore, che cosa può sperare un'anima che si abbandoni a così inumano e crudele nemico, tanto ansioso e veemente nel procurare la nostra dannazione?

Insegnamento della Regina del cielo

1097. Figlia mia, ciò che hai scritto in questo capitolo costituisce uno degli ammonimenti più importanti per i mortali, che vivono nel pericolo di perdere il bene eterno. Infatti il semplice sollecitare l'intercessione delle mie preghiere e della mia clemenza, e temere con discrezione i giudizi dell'Altissimo, è l'unico mezzo efficace per salvarsi e avvicinarsi al premio. Voglio inoltre che tu sappia questo: uno dei segreti divini rivelati dal mio Figlio santissimo al suo e mio amato Giovanni nella notte dell'ultima cena fu che egli aveva acquistato questa predilezione per l'amore che mi portava e che Giuda era caduto per aver disprezzato la pietà da me dimostratagli. Allora l'Evangelista comprese alcuni dei grandi misteri che la divina destra mi aveva comunicato e che aveva operato in me; conobbe quanto io avrei dovuto esercitarmi, faticare e patire nella passione e sua Maestà gli comandò di avere speciale cura di me. Carissima, la purezza dell'anima che desidero da te deve essere superiore a quella degli angeli; se ti disponi a conseguirla, otterrai di essere mia figlia carissima come Giovanni e sposa molto amata e diletta di mio Figlio. Questo esempio e la rovina di Giuda ti serviranno sempre da stimolo e da avvertimento, affinché tu richieda con insistenza il mio amore e sia grata per quello che senza tuo merito io ti manifesto.

1098. Voglio che tu conosca anche un altro segreto ignorato dal mondo: uno dei peccati più brutti ed esecrabili davanti a Dio è che siano poco stimati i giusti, gli amici della Chiesa e specialmente io, che fui scelta come Madre sua per la salvezza universale di tutti. Se per il Signore e i santi del cielo è detestabile odiare i nemici, come potrà egli non soffrire che ciò sia fatto nei riguardi dei suoi amici carissimi, sui quali ha posto i suoi occhi e ai quali ha dato il suo amore? Tale ammonimento è più importante di quanto tu possa comprendere nella vita mortale; disprezzare i giusti è infatti uno dei segni di riprovazione. Schiva questo pericolo e non giudicare nessuno, tantomeno coloro che ti rimproverano ed ammaestrano. Non lasciarti attirare alle cose terrene, soprattutto agli uffici di governo in cui ciò che vi è di sensibile ed umano trascina quelli che vi si dedicano, offusca l'intelletto ed oscura la ragione. Non invidiare nessuno per l'onore che riceve, o per altre simili vanità; non bramare e non chiedere a Dio nient'altro che il suo amore e la sua santa amicizia, perché la creatura è piena d'inclinazioni cieche e, se non le controlla, desidera e chiede ciò che la conduce alla perdizione. Qualche volta il Signore le concede ciò come castigo di quelli e di altri peccati e per i suoi imperscrutabili giudizi, come successe a Giuda. Così gli uomini ricevono il premio di qualche opera buona - se l'hanno fatta - nei beni temporali che tanto bramano. Da questo intenderai - se lo consideri attentamente - l'inganno di molti amanti del mondo, che si ritengono felici e fortunati quando ottengono tutto quello che vogliono a soddisfazione delle loro passioni. Questa è la loro più grande infelicità, perché dopo non resta loro altro da ricevere per premio eterno, come invece accade ai giusti, che hanno disprezzato il mondo, nel quale spesso hanno incontrato avversità. Talvolta infatti Dio non appaga i loro desideri terreni per allontanarli e deviarli dal pericolo. Affinché tu non v'inciampi, ti ammonisco e comando di non indirizzarti mai verso alcuna cosa umana e di non bramarla. Separa la tua volontà da tutto; conservala libera e sovrana; preservala dalla schiavitù che segue al suo sbilanciarsi da una parte o dall'altra. Non desiderare più di ciò che sarà volere dell'Altissimo, poiché sua Maestà ha cura di quelli che si abbandonano alla sua provvidenza divina.


11-54 Maggio 21, 1913 Come si forma la vera consumazione.

Luisa Piccarreta (Libro di Cielo)

(1) Trovandomi nel solito mio stato, il mio sempre amabile Gesù mi ha detto:

(2) “Figlia mia, Io voglio la vera consumazione in te, non fantastica, ma vera, ma in modo semplice ed attuabile. Supponi che ti venisse un pensiero che non è per Me, tu devi distruggerlo e sostituire il divino, e così avrai fatto la consumazione del pensiero umano e avrai acquistato la vita del pensiero divino; così se l’occhio vuol guardare cosa che mi dispiace o che non si riferisce a Me, e l’anima si mortifica, ha consumato l’occhio umano e acquistato l’occhio della Vita Divina, e così il resto del tuo essere. Oh! come queste novelle vite divine me le sento scorrere in Me e prendono parte a tutto il mio operare, le amo tanto queste vite, che per amor loro cedo a tutto. Le prime sono queste anime innanzi a Me, e se le benedico, attraverso di loro vengono benedetti gli altri, sono le prime beneficiate, amate, e per mezzo loro vengono beneficiati e amati gli altri”.