Liturgia delle Ore - Letture
Lunedi della 2° settimana del tempo di Quaresima
Vangelo secondo Matteo 2
1Gesù nacque a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode. Alcuni Magi giunsero da oriente a Gerusalemme e domandavano:2"Dov'è il re dei Giudei che è nato? Abbiamo visto sorgere la sua stella, e siamo venuti per adorarlo".3All'udire queste parole, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme.4Riuniti tutti i sommi sacerdoti e gli scribi del popolo, s'informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Messia.5Gli risposero: "A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta:
6'E tu, Betlemme', terra di Giuda,
'non sei' davvero 'il più piccolo capoluogo di Giuda:
da te uscirà infatti un capo
che pascerà il mio popolo, Israele.'
7Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire con esattezza da loro il tempo in cui era apparsa la stella8e li inviò a Betlemme esortandoli: "Andate e informatevi accuratamente del bambino e, quando l'avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch'io venga ad adorarlo".
9Udite le parole del re, essi partirono. Ed ecco la stella, che avevano visto nel suo sorgere, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino.10Al vedere la stella, essi provarono una grandissima gioia.11Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, e prostratisi lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra.12Avvertiti poi in sogno di non tornare da Erode, per un'altra strada fecero ritorno al loro paese.
13Essi erano appena partiti, quando un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: "Alzati, prendi con te il bambino e sua madre e fuggi in Egitto, e resta là finché non ti avvertirò, perché Erode sta cercando il bambino per ucciderlo".
14Giuseppe, destatosi, prese con sé il bambino e sua madre nella notte e fuggì in Egitto,15dove rimase fino alla morte di Erode, perché si adempisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta:
'Dall'Egitto ho chiamato il mio figlio.'
16Erode, accortosi che i Magi si erano presi gioco di lui, s'infuriò e mandò ad uccidere tutti i bambini di Betlemme e del suo territorio dai due anni in giù, corrispondenti al tempo su cui era stato informato dai Magi.17Allora si adempì quel che era stato detto per mezzo del profeta Geremia:
18'Un grido è stato udito in Rama,
un pianto e un lamento grande;
Rachele piange i suoi figli
e non vuole essere consolata, perché non sono più.'
19Morto Erode, un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe in Egitto20e gli disse: "Alzati, prendi con te il bambino e sua madre e va' nel paese d'Israele; perché sono morti coloro che insidiavano la vita del bambino".21Egli, alzatosi, prese con sé il bambino e sua madre, ed entrò nel paese d'Israele.22Avendo però saputo che era re della Giudea Archelào al posto di suo padre Erode, ebbe paura di andarvi. Avvertito poi in sogno, si ritirò nelle regioni della Galilea23e, appena giunto, andò ad abitare in una città chiamata Nàzaret, perché si adempisse ciò che era stato detto dai profeti: "Sarà chiamato Nazareno".
Numeri 20
1Ora tutta la comunità degli Israeliti arrivò al deserto di Sin il primo mese e il popolo si fermò a Kades. Qui morì e fu sepolta Maria.
2Mancava l'acqua per la comunità: ci fu un assembramento contro Mosè e contro Aronne.3Il popolo ebbe una lite con Mosè, dicendo: "Magari fossimo morti quando morirono i nostri fratelli davanti al Signore!4Perché avete condotto la comunità del Signore in questo deserto per far morire noi e il nostro bestiame?5E perché ci avete fatti uscire dall'Egitto per condurci in questo luogo inospitale? Non è un luogo dove si possa seminare, non ci sono fichi, non vigne, non melograni e non c'è acqua da bere".
6Allora Mosè e Aronne si allontanarono dalla comunità per recarsi all'ingresso della tenda del convegno; si prostrarono con la faccia a terra e la gloria del Signore apparve loro.7Il Signore disse a Mosè:8"Prendi il bastone e tu e tuo fratello Aronne convocate la comunità e alla loro presenza parlate a quella roccia, ed essa farà uscire l'acqua; tu farai sgorgare per loro l'acqua dalla roccia e darai da bere alla comunità e al suo bestiame".
9Mosè dunque prese il bastone che era davanti al Signore, come il Signore gli aveva ordinato.10Mosè e Aronne convocarono la comunità davanti alla roccia e Mosè disse loro: "Ascoltate, o ribelli: vi faremo noi forse uscire acqua da questa roccia?".11Mosè alzò la mano, percosse la roccia con il bastone due volte e ne uscì acqua in abbondanza; ne bevvero la comunità e tutto il bestiame.
12Ma il Signore disse a Mosè e ad Aronne: "Poiché non avete avuto fiducia in me per dar gloria al mio santo nome agli occhi degli Israeliti, voi non introdurrete questa comunità nel paese che io le dò".13Queste sono le acque di Mèriba, dove gli Israeliti contesero con il Signore e dove Egli si dimostrò santo in mezzo a loro.
14Mosè mandò da Kades messaggeri al re di Edom per dirgli: "Dice Israele tuo fratello: Tu sai tutte le tribolazioni che ci sono avvenute:15come i nostri padri scesero in Egitto e noi in Egitto dimorammo per lungo tempo e gli Egiziani maltrattarono noi e i nostri padri.16Noi gridammo al Signore ed egli udì la nostra voce e mandò un angelo e ci fece uscire dall'Egitto; eccoci ora in Kades, che è città ai tuoi estremi confini.17Permettici di passare per il tuo paese; non passeremo né per campi, né per vigne e non berremo l'acqua dei pozzi; seguiremo la via Regia, senza deviare né a destra né a sinistra, finché avremo oltrepassati i tuoi confini".18Ma Edom gli rispose: "Tu non passerai sul mio territorio; altrimenti uscirò contro di te con la spada".19Gli Israeliti gli dissero: "Passeremo per la strada maestra; se noi e il nostro bestiame berremo la tua acqua, te la pagheremo; lasciaci soltanto transitare a piedi".20Ma quegli rispose: "Non passerai!". Edom mosse contro Israele con molta gente e con mano potente.21Così Edom rifiutò a Israele il transito per i suoi confini e Israele si allontanò da lui.
22Tutta la comunità degli Israeliti levò l'accampamento da Kades e arrivò al monte Cor.23Il Signore disse a Mosè e ad Aronne al monte Cor, sui confini del paese di Edom:24"Aronne sta per essere riunito ai suoi antenati e non entrerà nel paese che ho dato agli Israeliti, perché siete stati ribelli al mio comandamento alle acque di Mèriba.25Prendi Aronne e suo figlio Eleazaro e falli salire sul monte Cor.26Spoglia Aronne delle sue vesti e falle indossare a suo figlio Eleazaro; in quel luogo Aronne sarà riunito ai suoi antenati e morirà".27Mosè fece come il Signore aveva ordinato ed essi salirono sul monte Cor, in vista di tutta la comunità.28Mosè spogliò Aronne delle sue vesti e le fece indossare a Eleazaro suo figlio; Aronne morì in quel luogo sulla cima del monte. Poi Mosè ed Eleazaro scesero dal monte.29Quando tutta la comunità vide che Aronne era morto, tutta la casa d'Israele lo pianse per trenta giorni.
Salmi 57
1'Al maestro del coro. Su "Non distruggere". Di Davide.'
'Miktam. Quando fuggì da Saul nella caverna.'
2Pietà di me, pietà di me, o Dio,
in te mi rifugio;
mi rifugio all'ombra delle tue ali
finché sia passato il pericolo.
3Invocherò Dio, l'Altissimo,
Dio che mi fa il bene.
4Mandi dal cielo a salvarmi
dalla mano dei miei persecutori,
Dio mandi la sua fedeltà e la sua grazia.
5Io sono come in mezzo a leoni,
che divorano gli uomini;
i loro denti sono lance e frecce,
la loro lingua spada affilata.
6Innàlzati sopra il cielo, o Dio,
su tutta la terra la tua gloria.
7Hanno teso una rete ai miei piedi,
mi hanno piegato,
hanno scavato davanti a me una fossa
e vi sono caduti.
8Saldo è il mio cuore, o Dio,
saldo è il mio cuore.
9Voglio cantare, a te voglio inneggiare:
svègliati, mio cuore,
svègliati arpa, cetra,
voglio svegliare l'aurora.
10Ti loderò tra i popoli, Signore,
a te canterò inni tra le genti.
11perché la tua bontà è grande fino ai cieli,
e la tua fedeltà fino alle nubi.
12Innàlzati sopra il cielo, o Dio,
su tutta la terra la tua gloria.
Salmi 140
1'Al maestro del coro. Salmo. Di Davide.'
2Salvami, Signore, dal malvagio,
proteggimi dall'uomo violento,
3da quelli che tramano sventure nel cuore
e ogni giorno scatenano guerre.
4Aguzzano la lingua come serpenti;
veleno d'aspide è sotto le loro labbra.
5Proteggimi, Signore, dalle mani degli empi,
salvami dall'uomo violento:
essi tramano per farmi cadere.
6I superbi mi tendono lacci
e stendono funi come una rete,
pongono agguati sul mio cammino.
7Io dico al Signore: "Tu sei il mio Dio;
ascolta, Signore, la voce della mia preghiera".
8Signore, mio Dio, forza della mia salvezza,
proteggi il mio capo nel giorno della lotta.
9Signore, non soddisfare i desideri degli empi,
non favorire le loro trame.
10Alzano la testa quelli che mi circondano,
ma la malizia delle loro labbra li sommerge.
11Fa' piovere su di loro carboni ardenti,
gettali nel bàratro e più non si rialzino.
12Il maldicente non duri sulla terra,
il male spinga il violento alla rovina.
13So che il Signore difende la causa dei miseri,
il diritto dei poveri.
14Sì, i giusti loderanno il tuo nome,
i retti abiteranno alla tua presenza.
Daniele 13
1Abitava in Babilonia un uomo chiamato Ioakìm,2il quale aveva sposato una donna chiamata Susanna, figlia di Chelkìa, di rara bellezza e timorata di Dio.3I suoi genitori, che erano giusti, avevano educato la figlia secondo la legge di Mosè.4Ioakìm era molto ricco e possedeva un giardino vicino a casa ed essendo stimato più di ogni altro i Giudei andavano da lui.5In quell'anno erano stati eletti giudici del popolo due anziani: erano di quelli di cui il Signore ha detto: "L'iniquità è uscita da Babilonia per opera di anziani e di giudici, che solo in apparenza sono guide del popolo".6Questi frequentavano la casa di Ioakìm e tutti quelli che avevano qualche lite da risolvere si recavano da loro.7Quando il popolo, verso il mezzogiorno, se ne andava, Susanna era solita recarsi a passeggiare nel giardino del marito.8I due anziani che ogni giorno la vedevano andare a passeggiare, furono presi da un'ardente passione per lei:9persero il lume della ragione, distolsero gli occhi per non vedere il Cielo e non ricordare i giusti giudizi.10Eran colpiti tutt'e due dalla passione per lei,11ma l'uno nascondeva all'altro la sua pena, perché si vergognavano di rivelare la brama che avevano di unirsi a lei.12Ogni giorno con maggior desiderio cercavano di vederla. Un giorno uno disse all'altro:13"Andiamo pure a casa: è l'ora di desinare" e usciti se ne andarono.14Ma ritornati indietro, si ritrovarono di nuovo insieme e, domandandosi a vicenda il motivo, confessarono la propria passione. Allora studiarono il momento opportuno di poterla sorprendere sola.
15Mentre aspettavano l'occasione favorevole, Susanna entrò, come al solito, con due sole ancelle, nel giardino per fare il bagno, poiché faceva caldo.16Non c'era nessun altro al di fuori dei due anziani nascosti a spiarla.17Susanna disse alle ancelle: "Portatemi l'unguento e i profumi, poi chiudete la porta, perché voglio fare il bagno".18Esse fecero come aveva ordinato: chiusero le porte del giardino ed entrarono in casa dalla porta laterale per portare ciò che Susanna chiedeva, senza accorgersi degli anziani poiché si erano nascosti.19Appena partite le ancelle, i due anziani uscirono dal nascondiglio, corsero da lei e le dissero:20"Ecco, le porte del giardino sono chiuse, nessuno ci vede e noi bruciamo di passione per te; acconsenti e datti a noi.21In caso contrario ti accuseremo; diremo che un giovane era con te e perciò hai fatto uscire le ancelle".22Susanna, piangendo, esclamò: "Sono alle strette da ogni parte. Se cedo, è la morte per me; se rifiuto, non potrò scampare dalle vostre mani.23Meglio però per me cadere innocente nelle vostre mani che peccare davanti al Signore!".24Susanna gridò a gran voce. Anche i due anziani gridarono contro di lei25e uno di loro corse alle porte del giardino e le aprì.
26I servi di casa, all'udire tale rumore in giardino, si precipitarono dalla porta laterale per vedere che cosa stava accadendo.27Quando gli anziani ebbero fatto il loro racconto, i servi si sentirono molto confusi, perché mai era stata detta una simile cosa di Susanna.
28Il giorno dopo, tutto il popolo si adunò nella casa di Ioakìm, suo marito e andarono là anche i due anziani pieni di perverse intenzioni per condannare a morte Susanna.29Rivolti al popolo dissero: "Si faccia venire Susanna figlia di Chelkìa, moglie di Ioakìm". Mandarono a chiamarla30ed essa venne con i genitori, i figli e tutti i suoi parenti.31Susanna era assai delicata d'aspetto e molto bella di forme;32aveva il velo e quei perversi ordinarono che le fosse tolto per godere almeno così della sua bellezza.33Tutti i suoi familiari e amici piangevano.
34I due anziani si alzarono in mezzo al popolo e posero le mani sulla sua testa.35Essa piangendo alzò gli occhi al cielo, con il cuore pieno di fiducia nel Signore.36Gli anziani dissero: "Mentre noi stavamo passeggiando soli nel giardino, è venuta con due ancelle, ha chiuse le porte del giardino e poi ha licenziato le ancelle.37Quindi è entrato da lei un giovane che era nascosto, e si è unito a lei.38Noi che eravamo in un angolo del giardino, vedendo una tale nefandezza, ci siamo precipitati su di loro e li abbiamo sorpresi insieme.39Non abbiamo potuto prendere il giovane perché, più forte di noi, ha aperto la porta ed è fuggito.40Abbiamo preso lei e le abbiamo domandato chi era quel giovane, ma lei non ce l'ha voluto dire. Di questo noi siamo testimoni".41La moltitudine prestò loro fede poiché erano anziani e giudici del popolo e la condannò a morte.42Allora Susanna ad alta voce esclamò: "Dio eterno, che conosci i segreti, che conosci le cose prima che accadano,43tu lo sai che hanno deposto il falso contro di me! Io muoio innocente di quanto essi iniquamente hanno tramato contro di me".44E il Signore ascoltò la sua voce.
45Mentre Susanna era condotta a morte, il Signore suscitò il santo spirito di un giovanetto, chiamato Daniele,46il quale si mise a gridare: "Io sono innocente del sangue di lei!".
47Tutti si voltarono verso di lui dicendo: "Che vuoi dire con le tue parole?".48Allora Daniele, stando in mezzo a loro, disse: "Siete così stolti, Israeliti? Avete condannato a morte una figlia d'Israele senza indagare la verità!49Tornate al tribunale, perché costoro hanno deposto il falso contro di lei".
50Il popolo tornò subito indietro e gli anziani dissero a Daniele: "Vieni, siedi in mezzo a noi e facci da maestro, poiché Dio ti ha dato il dono dell'anzianità".51Daniele esclamò: "Separateli bene l'uno dall'altro e io li giudicherò".52Separati che furono, Daniele disse al primo: "O invecchiato nel male! Ecco, i tuoi peccati commessi in passato vengono alla luce,53quando davi sentenze ingiuste opprimendo gli innocenti e assolvendo i malvagi, mentre il Signore ha detto: Non ucciderai il giusto e l'innocente.54Ora dunque, se tu hai visto costei, di': sotto quale albero tu li hai visti stare insieme?". Rispose: "Sotto un lentisco".55Disse Daniele: "In verità, la tua menzogna ricadrà sulla tua testa. Già l'angelo di Dio ha ricevuto da Dio la sentenza e ti spaccherà in due".56Allontanato questo, fece venire l'altro e gli disse: "Razza di Canaan e non di Giuda, la bellezza ti ha sedotto, la passione ti ha pervertito il cuore!57Così facevate con le donne d'Israele ed esse per paura si univano a voi. Ma una figlia di Giuda non ha potuto sopportare la vostra iniquità.58Dimmi dunque, sotto quale albero li hai trovati insieme?". Rispose: "Sotto un leccio".59Disse Daniele: "In verità anche la tua menzogna ti ricadrà sulla testa. Ecco l'angelo di Dio ti aspetta con la spada in mano per spaccarti in due e così farti morire".
60Allora tutta l'assemblea diede in grida di gioia e benedisse Dio che salva coloro che sperano in lui.61Poi insorgendo contro i due anziani, ai quali Daniele aveva fatto confessare con la loro bocca di aver deposto il falso, fece loro subire la medesima pena alla quale volevano assoggettare il prossimo62e applicando la legge di Mosè li fece morire. In quel giorno fu salvato il sangue innocente.63Chelkìa e sua moglie resero grazie a Dio per la figlia Susanna insieme con il marito Ioakìm e tutti i suoi parenti, per non aver trovato in lei nulla di men che onesto.64Da quel giorno in poi Daniele divenne grande di fronte al popolo.
Prima lettera ai Corinzi 2
1Anch'io, o fratelli, quando sono venuto tra voi, non mi sono presentato ad annunziarvi la testimonianza di Dio con sublimità di parola o di sapienza.2Io ritenni infatti di non sapere altro in mezzo a voi se non Gesù Cristo, e questi crocifisso.3Io venni in mezzo a voi in debolezza e con molto timore e trepidazione;4e la mia parola e il mio messaggio non si basarono su discorsi persuasivi di sapienza, ma sulla manifestazione dello Spirito e della sua potenza,5perché la vostra fede non fosse fondata sulla sapienza umana, ma sulla potenza di Dio.
6Tra i perfetti parliamo, sì, di sapienza, ma di una sapienza che non è di questo mondo, né dei dominatori di questo mondo che vengono ridotti al nulla;7parliamo di una sapienza divina, misteriosa, che è rimasta nascosta, e che Dio ha preordinato prima dei secoli per la nostra gloria.8Nessuno dei dominatori di questo mondo ha potuto conoscerla; se l'avessero conosciuta, non avrebbero crocifisso il Signore della gloria.9Sta scritto infatti:
'Quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì,
né mai entrarono in cuore di uomo,
queste ha preparato Dio per coloro che lo amano'.
10Ma a noi Dio le ha rivelate per mezzo dello Spirito; lo Spirito infatti scruta ogni cosa, anche le profondità di Dio.11Chi conosce i segreti dell'uomo se non lo spirito dell'uomo che è in lui? Così anche i segreti di Dio nessuno li ha mai potuti conoscere se non lo Spirito di Dio.12Ora, noi non abbiamo ricevuto lo spirito del mondo, ma lo Spirito di Dio per conoscere tutto ciò che Dio ci ha donato.13Di queste cose noi parliamo, non con un linguaggio suggerito dalla sapienza umana, ma insegnato dallo Spirito, esprimendo cose spirituali in termini spirituali.14L'uomo naturale però non comprende le cose dello Spirito di Dio; esse sono follia per lui, e non è capace di intenderle, perché se ne può giudicare solo per mezzo dello Spirito.15L'uomo spirituale invece giudica ogni cosa, senza poter essere giudicato da nessuno.
16'Chi infatti ha conosciuto il pensiero del Signore
in modo da poterlo dirigere'?
Ora, noi abbiamo il pensiero di Cristo.
Capitolo XLVII: Ogni cosa gravosa va sopportata, per conseguire la vita eterna
Leggilo nella Biblioteca1. O figlio, non lasciarti sopraffare dai compiti che ti sei assunto per amor mio; non lasciarti mai abbattere dalle tribolazioni. In ogni evenienza ti dia, invece, forza e consolazione la mia promessa; ché io ben so ripagare al di là di qualsiasi limite e misura. Non durerà a lungo la tua sofferenza quaggiù; non continuerà per sempre il peso dei tuoi dolori. Attendi un poco, e li vedrai finire d'un tratto, questi dolori; verrà il momento in cui fatiche ed agitazioni cesseranno. E' poca cosa, e dura poco, tutto ciò che passa con questa vita. Fa quel che devi; lavora fedelmente nella mia vigna: io stesso sarò la tua ricompensa. Scrivi, leggi, canta, piangi, taci, prega, sopporta virilmente le avversità: premio a tutto questo, alle più grandi lotte, è la vita eterna. Sarà pace, in quell'ora che sa il Signore. E non ci sarà giorno e notte, come adesso, ma perpetua luce, chiarità infinita, pace ferma e sicura tranquillità. Allora non dirai: "chi mi libererà da questo corpo di morte?" (Rm 7,24); e non esclamerai "ohimé!, quanto si prolunga questo mio stare quaggiù" (Sal 119,5). Ché la morte sarà annientata e vi sarà piena salvezza, senza ombra di angustia; e, intorno a te, una gioia beata, una soave schiera gloriosa.
2. Oh!, se tu vedessi il premio eterno che ricevono i santi in cielo; se tu vedessi di quanta gloria esultano ora, essi che un tempo erano ritenuti spregevoli e quasi immeritevoli di vivere, per certo, ti getteresti subito a terra, preferendo essere inferiore a tutti, piuttosto che eccellere anche su di un solo; non desidereresti giorni lieti in questa vita, godendo piuttosto delle tribolazioni sopportate per amore di Dio,; infine crederesti che il guadagno più grande consiste nell'essere considerato un nulla tra gli uomini. Oh!, se queste cose avessero un gusto per te e ti scendessero nel profondo del cuore, come oseresti fare anche il più piccolo lamento? Forse che, per la vita eterna, non si deve sopportare ogni tribolazione? Non è cosa di poco conto, perdere o guadagnare il regno di Dio. Alza, dunque, il tuo sguardo al cielo: eccomi, insieme a tutti i miei santi, i quali sopportano grandi lotte, nella vita di quaggiù. Ora essi sono nella gioia, ricevono consolazione, stanno nella serenità, nella pace e nel riposo. E resteranno con me nel regno del Padre mio, per sempre.
DISCORSO 381 NEL NATALE DEGLI APOSTOLI PIETRO E PAOLO.
Discorsi - Sant'Agostino
Leggilo nella BibliotecaUniti in un'unica celebrazione: segno di concordia. Pietro: la scelta degli umili. Paolo: la misericordia è infinita.
1. Ricorre oggi, secondo la tradizione della Chiesa romana, l'anniversario del giorno in cui gli apostoli Pietro e Paolo ebbero in premio la corona del trionfo, dopo aver riportato vittoria sul diavolo. Solenne è la festa, e solenne sia il sermone in loro onore. Essi ascoltino da noi le lodi e preghino per noi. Da quanto ci hanno trasmesso i padri, sappiamo che la loro passione non avvenne nell'arco di un'unica giornata, ma che il giorno in cui subì il martirio Paolo coincise con il giorno natale di Pietro: per giorno natale intendo non il giorno in cui uscì dal ventre materno tra gli uomini, ma quello in cui uscì dai vincoli del corpo nella luce degli angeli. Per questo appunto in un unico giorno fu fissata la celebrazione della festa di entrambi. Vedo in questo un grande segno di concordia: colui che fu l'ultimo degli Apostoli si incontrò con il primo, che era stato apostolo con lui, poiché fu chiamato nello stesso giorno di Pietro, nello stesso giorno ricevette la corona. L'uno fu scelto nel tempo anteriore alla passione, l'altro dopo la sua ascensione: ineguali quanto al tempo, ma pari nella felicità eterna. L'uno fu fatto apostolo da pescatore, l'altro da persecutore; con il primo è stato scelto ciò che nel mondo è debole per confondere i forti 1, nell'altro sovrabbondò il peccato perché sovrabbondasse la grazia 2. In entrambi fu grande la grazia di Dio e risplendette la sua gloria poiché Dio non trovò in loro dei meriti, ma li creò. Chiamando nel suo regno anzitutto dei pescatori, e solo in seguito anche degli imperatori, egli volle dimostrare che chi si gloria deve gloriarsi nel Signore 3; non intendeva respingere dalla salvezza dotti, potenti, nobili con il preporre loro gente di poco conto, deboli ed incolti, ma scelse la pochezza dei deboli per guarire i superbi della loro boria. Se fossero stati chiamati da Cristo prima i ricchi, questi avrebbero pensato che in loro fossero state scelte ricchezza, facondia, eloquenza, splendore di scienza e di nobiltà, ovvero generosità, dignità e potere regale, e nell'orgoglio della loro riuscita mondana, avrebbero creduto di aver donato prima loro a Cristo quello che erano, e sarebbe così sembrato loro di ricevere da Cristo un ricambio, non un dono; ma in tal modo non avrebbero potuto né comprendere né conservare quello che Dio avrebbe operato in loro con la sua grazia. Secondo dunque un ottimo e ordinato procedere egli ha sollevato l'indigente dalla polvere, dall'immondizia ha rialzato il povero per farlo sedere tra i principi del suo popolo 4, ottenendo così che fosse reso evidente il fatto che da Dio provengono i doni dell'intelletto e della scienza. Con grande gioia dunque noi leviamo gloria a Dio vedendo un pescatore disprezzare le ricchezze di un potente, e un potente innalzare preghiere nella memoria di un pescatore; l'uno senza avvilirsi per la sua povertà, l'altro senza insuperbirsi per la sua ricchezza. Molto efficace è l'esempio di Paolo che Cristo trasformò da suo persecutore in suo Apostolo: a nessuno più è permesso di disperare della misericordia di Dio per la coscienza dei propri peccati. Ce lo dice Paolo stesso: Questa parola è sicura e degna di essere da tutti accolta: Cristo Gesù è venuto nel mondo per salvare i peccatori, e di questi il primo sono io. Ma appunto per questo ho ottenuto misericordia, perché Gesù Cristo ha voluto dimostrare in me, per primo, tutta la sua magnanimità per dare un esempio a tutti quelli che in futuro crederanno in lui per ricevere la vita eterna 5. Non può davvero disperare che dalla mano dell'Onnipotente gli venga la salvezza chi consideri questo esempio: colui che era nemico è diventato evangelizzatore, colui che era persecutore non solo è libero da punizioni, ma cinto della gloria di dottore, colui che aveva bramato spargere sangue incrudelendo sulle membra di Cristo, divenuto testimone della fede, sparge il proprio sangue per il nome di lui. Due luci brillano dunque per i popoli nella Roma che è la capitale dei popoli. Le ha accese Colui che illumina ogni uomo che viene in questo mondo. In una di esse Dio ha innalzato l'umile disprezzato, nell'altra ha guarito l'iniquità che doveva essere punita. Dal primo impariamo a non essere superbi, dall'altro a non disperare. Ci sono stati offerti esempi grandi e salutari: dobbiamo ricordarli sempre e, a loro gloria, magnificare la luce vera. Nessuno deve vantarsi di grandezze di questo mondo, poiché Pietro fu un pescatore. Nessuno deve sottrarsi alla misericordia di Dio, pensando alla propria iniquità, poiché Paolo fu un persecutore. Da uno sentiamo dire: Il Signore è rifugio dei poveri 6; dall'altro: Insegnerò agli iniqui le tue vie, e i peccatori a te ritorneranno 7.
1 - Cf. 1 Cor 1, 27.
2 - Cf. Rm 5, 20.
3 - Cf. 1 Cor 1, 31.
4 - Sal 112, 7-8.
5 - 1 Tm 1, 15-16.
6 - Sal 9, 10.
7 - Sal 50, 15.
4 - Si dividono in momenti successivi i decreti divini
La mistica Città di Dio - Libro primo - Suor Maria d'Agreda
Leggilo nella Biblioteca35. Compresi che quest'ordine doveva essere diviso nei seguenti momenti: nel primo Dio conobbe i suoi attributi divini e le sue perfezioni, con la propensione ed ineffabile inclinazione a comunicarsi fuori di sé. Questa fu la prima cognizione che Dio è comunicativo ad extra. Perciò Dio, vedendo la natura delle sue infinite perfezioni e l'efficace potenza che racchiudono in se stesse per compiere opere meravigliose, nella sua equità vide che ad una così grande bontà era più che opportuno comunicarsi, per operare secondo la sua inclinazione comunicativa e per esercitare la sua liberalità e misericordia, distribuendo con magnificenza fuori di sé la pienezza dei suoi infiniti tesori racchiusi nella divinità. Infatti, essendo infinito, a lui è molto più naturale fare grazie e doni di quanto non lo sia per il fuoco salire alla sua sfera, per la pietra tendere al centro e per il sole spandere la sua luce. Questo profondo mare di perfezioni, quest'abbondanza di tesori, questa impetuosa infinità di ricchezze, volge tutta a comunicarsi per sua inclinazione, ma anche per la volontà e la sapienza di Dio stesso, il quale, per la comprensione che ha di sé stesso, sa bene che fare doni e grazie, comunicandosi al di fuori, non è un diminuirle ma piuttosto un accrescerle, dando un opportuno sfogo a quella inestinguibile sorgente di ricchezze.
36. Dio guardava tutto ciò in quel primo momento, dopo la comunicazione ad intra (dentro se stesso) già avvenuta con le emanazioni eterne. E ponendovi attenzione, si trovò come condotto da se stesso a comunicarsi ad extra (al di fuori), riconoscendolo come cosa santa, giusta e misericordiosa, dato che nessuno glielo poteva impedire. Conforme al nostro modo d'intendere, ben possiamo immaginare che, in un certo senso, Dio non stava quieto, né tranquillo, finché non fosse arrivato al centro delle creature, nelle quali e con le quali trova le sue delizie, rendendole partecipi della sua divinità e delle sue perfezioni.
37. Due cose mi stupiscono, mi tengono sospesa e inteneriscono il mio tiepido cuore lasciandolo come annichilito in questa cognizione e luce che sperimento: la prima è quella inclinazione e quel peso che vidi in Dio e la veemenza della sua volontà di comunicare la propria divinità e i tesori della sua gloria; la seconda è l'ineffabile e incomprensibile immensità dei beni e dei doni che conobbi che voleva distribuire, e come li creava destinandoli a tal fine, rimanendo infinito come se niente avesse dato. Infatti io intesi che, in questa inclinazione e in questo suo desiderio, egli era disposto a santificare, giustificare e riempire di doni e di perfezioni tutte le creature insieme e ciascuna in particolare, dando ad ognuna più di quanto hanno tutti i santi angeli e serafini messi insieme, quantunque fossero stati capaci di ragione e dei suoi doni tutte le gocce e la sabbia del mare, tutte le stelle, le piante, gli elementi, e tutte le creature irrazionali, purché da parte loro si disponessero ad accoglierli e non opponessero alcun ostacolo alla sua grazia. Oh, terribile peccato e malizia del peccato! Tu sola basti per trattenere l'impetuosa corrente di tanti beni eterni!
38. Nel secondo momento conferì e decretò questa comunicazione della Divinità, perché fosse per maggiore gloria ad extra e per maggiore esaltazione di sua Maestà, manifestando la sua grandezza. In questo istante Dio guardò tale esaltazione come fine del comunicarsi e del farsi conoscere nella liberale profusione dei suoi attributi, usando cioè la sua onnipotenza per essere conosciuto, lodato e glorificato.
39. Nel terzo momento conobbe e determinò l'ordine e la disposizione, vale a dire le modalità di questo comunicarsi, in modo che, nell'effettuare una così ardua determinazione, si ottenesse il fine più glorioso. Non altrimenti determinò l'ordine che doveva esserci negli oggetti, la maniera e la differenza con cui comunicare loro la sua divinità e le sue qualità, in modo che quel moto, per così dire, del Signore avesse giuste ragioni e oggetti proporzionati, e si trovasse tra loro la più bella e ammirabile disposizione, armonia e subordinazione. In questa fase si determinò in primo luogo che il Verbo divino s'incarnasse e si rendesse visibile; si decretò la perfezione e i tratti della santissima umanità di Cristo nostro Signore, la quale così restò come impressa nella mente divina. In secondo luogo, fu presa la stessa decisione per gli altri ad imitazione di lui, ideandosi nella mente divina l'armonia dell'umana natura coi suoi ornamenti, composta di corpo organico ed anima propria, anima fornita di apposite facoltà per conoscere e godere il suo Creatore, discernendo tra bene e male, per amare con libera volontà lo stesso Signore.
40. Compresi che era necessario che questa unione ipostatica della seconda Persona della santissima Trinità con la natura umana fosse la prima opera e il primo oggetto in cui l'intelletto e la volontà divina uscissero ad extra, per ragioni altissime che non potrò spiegare. Una ragione è che, dopo essersi Dio conosciuto ed amato in se stesso, l'ordine migliore era quello di conoscere ed amare ciò che era più immediato alla sua divinità, cioè l'unione ipostatica. Un'altra ragione è che, essendosi comunicata sostanzialmente ad intra, doveva anche comunicarsi sostanzialmente ad extra, affinché l'intenzione e volontà divina cominciasse le sue opere per il fine più alto e le sue qualità si comunicassero con un ordine perfetto. Infatti quel fuoco della divinità doveva operare principalmente, e il più possibile, in ciò che più le era immediato, quale è appunto l'unione ipostatica, e in primo luogo doveva comunicare la sua divinità a chi doveva pervenire, dopo Dio, al più alto ed eccellente grado nella sua conoscenza e nel suo amore, nelle opere e nella gloria della sua stessa divinità. Diversamente, Dio si sarebbe esposto - secondo il nostro basso modo d'intendere - al pericolo di non conseguire questo fine, che era il solo che potesse avere proporzione con una così meravigliosa opera e giustificarla. Era anche conveniente e necessario, dato che Dio voleva creare molte creature, che le creasse con armonia e subordinazione, e che questa fosse la più ammirabile e gloriosa possibile. Conforme a ciò, doveva esservene una che fosse capo, a tutte superiore e immediatamente unita con Dio, per quanto fosse possibile, cosicché per essa tutte le altre in un certo modo potessero passare per giungere alla sua Divinità.
Per questa ed altre ragioni, che non posso spiegare, solamente nel Verbo incarnato si poté provvedere alla dignità delle opere di Dio, per conseguire così nella natura un bellissimo ordine, che altrimenti non vi sarebbe stato.
41. Nel quarto momento si decisero i doni e le grazie che all'umanità di Cristo nostro Signore, unita con la divinità, si dovevano dare. E qui l'Altissimo allargò la mano della sua liberale onnipotenza e dei suoi attributi, per arricchire quella santissima umanità e anima di Cristo con abbondanza di doni e di grazie, nella completa pienezza e nel sommo grado possibile. Così in tale stadio fu determinato quello che poi disse Davide: Un fiume e i suoi ruscelli rallegrano la città di Dio. Infatti il torrente dei suoi doni, orientandosi a questa umanità del Verbo, le comunicò tutta la scienza infusa e beata, tutta la grazia e la gloria, di cui la sua anima santissima era capace, e quanto conveniva ad un soggetto che era insieme Dio e uomo vero, capo di tutte le creature capaci della grazia e della gloria, che da quella corrente impetuosa doveva traboccare in loro con l'ordine in cui avvenne.
42. Il decreto della predestinazione della Madre del Verbo incarnato appartiene conseguentemente e come in secondo luogo a questa stessa fase, perché fu qui che io intesi che questa semplice creatura era stata pensata prima che Dio stabilisse di crearne qualunque altra. Così ella fu concepita nella mente di Dio prima di tutte, come spettava e conveniva alla dignità, all'eccellenza e ai doni dell'umanità del suo santissimo Figlio; subito tutto l'impeto del torrente della Divinità e dei suoi attributi si orientò verso di lei, per quanto era capace di riceverlo una semplice creatura, come si conveniva alla dignità di Madre.
43. Confesso che nel comprendere questi altissimi misteri e decreti fui rapita dall'ammirazione e sollevata fuori del mio stesso essere. Inoltre, conoscendo questa santissima e purissima creatura formata e ideata nella mente divina ab initio (fin dal principio) e prima di tutti i secoli, con giubilante fremito del mio spirito magnifico l'Onnipotente, che prese la stupenda e misteriosa decisione di crearci una così pura, grande, misteriosa e divina creatura, più per essere da tutte le altre ammirata con lode, che per essere descritta da alcuna. Tanta è questa mia ammirazione, che io potrei dire quello che diceva san Dionigi areopagita, che, cioè, se la fede non mi insegnasse e l'intelligenza di ciò che sto contemplando non mi facesse comprendere che è Dio colui che la formò nella sua idea e che solo la sua onnipotenza può aver formato e formare una simile immagine della sua Divinità, se questo, appunto, non mi fosse stato mostrato tutto ad un tempo, io avrei potuto senza dubbio sospettare che la Vergine madre fosse ella stessa una divinità.
44. Oh, quante lacrime sgorgano dai miei occhi, e quale dolorosa sorpresa prova la mia anima, vedendo che questo divino prodigio non è noto a tutti i mortali, né a tutti è manifesta questa meraviglia dell'Altissimo! Molto se ne conosce, è vero, ma è molto più quello che se ne ignora, poiché questo libro sigillato purtroppo non è stato ancora aperto. Io resto assorta nella conoscenza di questo tabernacolo di Dio e riconosco che il suo Autore è più ammirabile nella sua formazione che in quella di tutte le altre creature a lei inferiori. Infatti, quantunque la diversità delle creature manifesti mirabilmente la potenza di colui che le creò, tuttavia in questa sola, Regina di tutte, si racchiudono e contengono maggiori tesori che non in tutte le altre unite insieme e la varietà e il valore delle sue ricchezze glorificano chi ne è l'autore più di tutto il resto degli esseri creati messi insieme.
45. Fu qui che - a nostro modo d'intendere - si fece promessa al Verbo e si strinse con lui come una specie di contratto, riguardante sia la santità, la perfezione e i doni di grazia e di gloria, dei quali doveva essere adorna colei che era destinata ad essere sua Madre, sia la protezione, la custodia e la difesa che sarebbero state accòrdate a questa vera Città di Dio, nella quale Dio contemplò le grazie e i meriti che avrebbe acquistati per se stessa, nonché i frutti che avrebbe ottenuto per il suo popolo col suo amore, che avrebbe contraccambiato a sua Maestà. In questo medesimo momento, come terza ed ultima decisione, Dio determinò di creare il luogo in cui il Verbo incarnato e sua Madre avrebbero dovuto vivere e abitare. In vista di loro, e per loro soli, creò dapprima il cielo e la terra coi loro astri ed elementi e quanto in essi è contenuto. Successivamente, il suo intento e decreto fu per le membra di cui l'uomo-Dio doveva essere capo e per i servi dei quali doveva essere Re, poiché tutto ciò che è necessario e opportuno fu disposto e preparato precedentemente con provvidenza regale.
46. Passo al quinto momento, benché abbia già trovato quel che andavo cercando. In questo stadio, dunque, fu decretata la creazione della natura angelica. Di essa fu prevista e stabilita innanzi la creazione, nonché la disposizione ammirabile in nove cori e in tre gerarchie, essendo la più eccellente e corrispondente nell'essere spirituale alla Divinità. Del resto, quantunque la prima intenzione di Dio fosse quella di creare gli angeli per sua gloria e perché assistessero al trono di sua Altezza, lo conoscessero e l'amassero, tuttavia, conseguentemente e secondariamente, li destinò anche ad assistere, glorificare, onorare, riverire e servire, sia l'umanità divinizzata nel Verbo eterno, riconoscendola per capo, sia la sua santissima madre Maria, regina degli stessi angeli, perché fosse loro ordinato di portarli sulle loro mani in tutte le loro vie. In questa fase Cristo nostro Signore, con i suoi infiniti meriti presenti e previsti, meritò loro tutta la grazia che dovevano ricevere, essendo allo stesso tempo istituito loro capo, esempio e supremo re del quale sarebbero stati servi. E sebbene il numero degli angeli fosse quasi infinito, i meriti di Cristo nostro bene furono più che sufficienti per meritare loro la grazia.
47. A questo momento appartiene la predestinazione degli angeli buoni e la riprovazione dei cattivi. In esso Dio, nella sua scienza infinita, vide e conobbe col dovuto ordine tutte le opere degli uni e degli altri. Pertanto, con la sua libera volontà e liberale misericordia, predestinò quelli che lo avrebbero ubbidito e riverito e riprovò quelli che per il loro disordinato amor proprio si sarebbero levati in superbia e disobbedienza contro la sua Maestà. Contemporaneamente decise di creare il cielo empireo, dove manifestare la sua gloria e premiare in essa i buoni, nonché la terra e il resto per le altre creature e, nel centro e profondo di essa, l'inferno, per il castigo degli angeli cattivi.
48. Nel sesto momento fu stabilito di creare un popolo, un gruppo di uomini per Cristo già prima determinato nella mente e volontà divina. Fu deciso di formare l'uomo a sua immagine e somiglianza, affinché il Verbo incarnato avesse fratelli somiglianti ed inferiori e un popolo della sua stessa natura, di cui essere capo. In tale istante fu determinato l'ordine della creazione di tutta l'umana stirpe, la quale doveva avere origine da un uomo e una donna soli e da loro propagarsi fino alla Vergine e al suo Figlio, nell'ordine concepito. Si ordinarono anche, per i meriti dello stesso Cristo nostro bene, la grazia e i doni che sarebbero stati loro elargiti, nonché la giustizia originale, nel caso in cui avessero voluto perseverare in essa. Fu prevista la caduta di Adamo e, in lui, di tutti, fuorché della Regina, che in questo decreto non fu compresa. Fu ordinata la riparazione e che perciò Cristo fosse disposto alla sofferenza: per liberale grazia furono eletti i predestinati e per retta giustizia furono riprovati i presciti. Fu ordinato tutto ciò che è necessario e conveniente per la conservazione dell'umana natura e per conseguire questo fine della redenzione e della predestinazione, lasciando libera la volontà agli uomini, dato che questo era più conforme alla loro natura e alla divina giustizia. E non fu per loro un aggravio perché, se col libero arbitrio avrebbero potuto peccare, altresì con la grazia e con la luce della ragione avrebbero potuto non farlo. Inoltre Dio non voleva violentare nessuno, come pure a nessuno viene meno o nega il necessario. Infatti, avendo egli scritto la sua legge in tutti i cuori degli uomini, nessuno può discolparsi se non lo riconosce e non lo ama come sommo Bene e autore di tutto il creato.
49. Nel comprendere questi misteri, mi si mostrarono con grande chiarezza e forza i motivi altissimi che i mortali hanno di lodare e adorare la grandezza del Creatore e redentore di tutti, per essersi manifestato in queste opere e averci dimostrato la sua magnificenza. Ma, nello stesso tempo, conobbi quanto essi sono tardi nel riconoscere questi doveri e nel ricambiarlo di tali benefici. Per questo l'Altissimo si lamenta e si sdegna di tanto oblìo. E mi comandò ed esortò a fare bene attenzione a non cadere io pure in tale ingratitudine, ma piuttosto ad offrirgli un sacrificio di lode e un cantico nuovo, affinché anzi lo magnificassi al posto di tutte creature.
50. O altissimo e incomprensibile Signore mio! Chi potrebbe avere l'amore e la perfezione di tutti gli angeli e i giusti per proclamare ed esaltare degnamente la tua grandezza! Confesso, grande e potente Signore, che questa creatura vilissima non poté meritare un così grande beneficio, quale è il darmi questa conoscenza e questa luce così chiara della tua altissima Maestà, alla cui vista ora comprendo anche la mia piccolezza, che prima ignoravo, non conoscendo quale e quanta sia la virtù dell'umiltà che si apprende in questa scienza. Non che io voglia dire che ora la possieda, ma neanche nego che conobbi il cammino sicuro per trovarla, poiché la tua luce, o Altissimo, m'illuminò, la tua lampada m insegno i sentieri per vedere ciò che ero e che sono, e per temere quello che posso divenire. Rischiarasti, o Re altissimo, il mio intelletto ed infiammasti la mia volontà con l'oggetto nobilissimo di queste facoltà, attirandomi tutta al tuo volere. E questo confesso a tutti i mortali, perché mi abbandonino ed io abbandoni loro. Io sono per il mio diletto e, quantunque non lo meriti, il mio diletto è per me. Rinvigorisci, o Signore, la mia fiacchezza, affinché io corra dietro alla fragranza dei tuoi profumi, e correndo ti raggiunga, e raggiungendoti non ti lasci né ti perda.
51. In questo capitolo la mia espressione è inadeguata e incerta, poiché se ne potrebbero fare molti libri, ma taccio, perché non so parlare e sono donna ignorante, e perché il mio intento è stato solamente quello di manifestare come la Vergine madre fu pensata e prevista ante saecula nella mente divina. Per quello che ho compreso di questi altissimi misteri, mi rivolgo al mio cuore e, tutta raccolta in me stessa, in una silenziosa ammirazione, esalto l'Autore di siffatte grandezze col cantico dei beati, dicendo:
«Santo, santo, santo è il Signore degli eserciti».
Settembre 1941
Beata Edvige Carboni
Dopo la S. Comunione Gesù mi disse: Figlia mia, prega affinché il mondo si. converta, e che lo possa regnare in tutte le Nazioni. Io voglio assolutamente regnare.