Sotto il Tuo Manto

Martedi, 9 settembre 2025 - San Pietro Claver Sacerdote (Letture di oggi)

È all'insegna della spontaneità  questo incontro, ai margini di un pozzo, tra Gesù e la Samaritana. La vita della donna - molto chiacchierata dopo 5 matrimoni falliti - era racchiusa in quel andirivieni che ripeteva tutti i giorni, senza più attendersi nulla. Quello che era accaduto già  5 volte alla donna, accade spesso anche a noi: ci seduce un nonnulla, ma poi basta poco per gettarci amaramente nella solitudine. Eppure sembra quasi che persino nel ripetersi stanco di certi giorni, Dio possa fissare un appuntamento nuovo. Quell'Uomo, che le ricorda il suo passato doloroso, le offre acqua viva. "Signore, dammi questa acqua" - disse la donna. Mai parole più vere: nulla ci disseta, nulla ci soddisfa, se non l'amore di Gesù. La donna, per la prima volta si trova di fronte a un uomo che le offre da bere, ma senza quel ammiccamento come le accadeva in passato. Lei che si era convinta che l'amore fosse solo una terribile fregatura, molla la brocca e torna in città  per raccontare quello che le era accaduto. E così, mentre vaghiamo di pozzo in pozzo, aggiungendo sofferenza a sofferenza, Gesù ci offre l'acqua viva e ci fa capire che il nostro cuore è come un pozzo infinito che le cose finite non possono riempire. Sempre precaria, all'infuori di Gesù, è la nostra felicità . (Don Nikola Vucic)

Liturgia delle Ore - Letture

Sabato della 1° settimana del tempo di Quaresima

Questa sezione contiene delle letture scelte a caso, provenienti dalle varie sezioni del sito (Sacra Bibbia e la sezione Biblioteca Cristiana), mentre l'ultimo tab Apparizioni, contiene messaggi di apparizioni a mistici o loro scritti. Sono presenti testi della Valtorta, Luisa Piccarreta, don Stefano Gobbi e testimonianze di apparizioni mariane riconosciute.

Vangelo secondo Luca 7

1Quando ebbe terminato di rivolgere tutte queste parole al popolo che stava in ascolto, entrò in Cafàrnao.2Il servo di un centurione era ammalato e stava per morire. Il centurione l'aveva molto caro.3Perciò, avendo udito parlare di Gesù, gli mandò alcuni anziani dei Giudei a pregarlo di venire e di salvare il suo servo.4Costoro giunti da Gesù lo pregavano con insistenza: "Egli merita che tu gli faccia questa grazia, dicevano,5perché ama il nostro popolo, ed è stato lui a costruirci la sinagoga".6Gesù si incamminò con loro. Non era ormai molto distante dalla casa quando il centurione mandò alcuni amici a dirgli: "Signore, non stare a disturbarti, io non son degno che tu entri sotto il mio tetto;7per questo non mi sono neanche ritenuto degno di venire da te, ma comanda con una parola e il mio servo sarà guarito.8Anch'io infatti sono uomo sottoposto a un'autorità, e ho sotto di me dei soldati; e dico all'uno: Va' ed egli va, e a un altro: Vieni, ed egli viene, e al mio servo: Fa' questo, ed egli lo fa".9All'udire questo Gesù restò ammirato e rivolgendosi alla folla che lo seguiva disse: "Io vi dico che neanche in Israele ho trovato una fede così grande!".10E gli inviati, quando tornarono a casa, trovarono il servo guarito.

11In seguito si recò in una città chiamata Nain e facevano la strada con lui i discepoli e grande folla.12Quando fu vicino alla porta della città, ecco che veniva portato al sepolcro un morto, figlio unico di madre vedova; e molta gente della città era con lei.13Vedendola, il Signore ne ebbe compassione e le disse: "Non piangere!".14E accostatosi toccò la bara, mentre i portatori si fermarono. Poi disse: "Giovinetto, dico a te, alzati!".15Il morto si levò a sedere e incominciò a parlare. Ed egli lo diede alla madre.16Tutti furono presi da timore e glorificavano Dio dicendo: "Un grande profeta è sorto tra noi e Dio ha visitato il suo popolo".17La fama di questi fatti si diffuse in tutta la Giudea e per tutta la regione.

18Anche Giovanni fu informato dai suoi discepoli di tutti questi avvenimenti. Giovanni chiamò due di essi19e li mandò a dire al Signore: "Sei tu colui che viene, o dobbiamo aspettare un altro?".20Venuti da lui, quegli uomini dissero: "Giovanni il Battista ci ha mandati da te per domandarti: Sei tu colui che viene o dobbiamo aspettare un altro?".21In quello stesso momento Gesù guarì molti da malattie, da infermità, da spiriti cattivi e donò la vista a molti ciechi.22Poi diede loro questa risposta: "Andate e riferite a Giovanni ciò che avete visto e udito: 'i ciechi riacquistano la vista', gli zoppi camminano, i lebbrosi vengono sanati, i sordi odono, i morti risuscitano, 'ai poveri è annunziata la buona novella'.23E beato è chiunque non sarà scandalizzato di me!".
24Quando gli inviati di Giovanni furono partiti, Gesù cominciò a dire alla folla riguardo a Giovanni: "Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna agitata dal vento?25E allora, che cosa siete andati a vedere? Un uomo avvolto in morbide vesti? Coloro che portano vesti sontuose e vivono nella lussuria stanno nei palazzi dei re.26Allora, che cosa siete andati a vedere? Un profeta? Sì, vi dico, e più che un profeta.27Egli è colui del quale sta scritto:

'Ecco io mando davanti a te il mio messaggero,
egli preparerà la via davanti' a te.

28Io vi dico, tra i nati di donna non c'è nessuno più grande di Giovanni, e il più piccolo nel regno di Dio è più grande di lui.29Tutto il popolo che lo ha ascoltato, e anche i pubblicani, hanno riconosciuto la giustizia di Dio ricevendo il battesimo di Giovanni.30Ma i farisei e i dottori della legge non facendosi battezzare da lui hanno reso vano per loro il disegno di Dio.

31A chi dunque paragonerò gli uomini di questa generazione, a chi sono simili?32Sono simili a quei bambini che stando in piazza gridano gli uni agli altri:

Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato;
vi abbiamo cantato un lamento e non avete pianto!

33È venuto infatti Giovanni il Battista che non mangia pane e non beve vino, e voi dite: Ha un demonio.34È venuto il Figlio dell'uomo che mangia e beve, e voi dite: Ecco un mangione e un beone, amico dei pubblicani e dei peccatori.35Ma alla sapienza è stata resa giustizia da tutti i suoi figli".

36Uno dei farisei lo invitò a mangiare da lui. Egli entrò nella casa del fariseo e si mise a tavola.37Ed ecco una donna, una peccatrice di quella città, saputo che si trovava nella casa del fariseo, venne con un vasetto di olio profumato;38e fermatasi dietro si rannicchiò piangendo ai piedi di lui e cominciò a bagnarli di lacrime, poi li asciugava con i suoi capelli, li baciava e li cospargeva di olio profumato.
39A quella vista il fariseo che l'aveva invitato pensò tra sé. "Se costui fosse un profeta, saprebbe chi e che specie di donna è colei che lo tocca: è una peccatrice".40Gesù allora gli disse: "Simone, ho una cosa da dirti". Ed egli: "Maestro, di' pure".41"Un creditore aveva due debitori: l'uno gli doveva cinquecento denari, l'altro cinquanta.42Non avendo essi da restituire, condonò il debito a tutti e due. Chi dunque di loro lo amerà di più?".43Simone rispose: "Suppongo quello a cui ha condonato di più". Gli disse Gesù: "Hai giudicato bene".44E volgendosi verso la donna, disse a Simone: "Vedi questa donna? Sono entrato nella tua casa e tu non m'hai dato l'acqua per i piedi; lei invece mi ha bagnato i piedi con le lacrime e li ha asciugati con i suoi capelli.45Tu non mi hai dato un bacio, lei invece da quando sono entrato non ha cessato di baciarmi i piedi.46Tu non mi hai cosparso il capo di olio profumato, ma lei mi ha cosparso di profumo i piedi.47Per questo ti dico: le sono perdonati i suoi molti peccati, poiché ha molto amato. Invece quello a cui si perdona poco, ama poco".48Poi disse a lei: "Ti sono perdonati i tuoi peccati".49Allora i commensali cominciarono a dire tra sé: "Chi è quest'uomo che perdona anche i peccati?".50Ma egli disse alla donna: "La tua fede ti ha salvata; va' in pace!".


Rut 4

1Intanto Booz venne alla porta della città e vi sedette. Ed ecco passare colui che aveva il diritto di riscatto e del quale Booz aveva parlato. Booz gli disse: "Tu, quel tale, vieni e siediti qui!". Quello si avvicinò e sedette.2Poi Booz scelse dieci uomini fra gli anziani della città e disse loro: "Sedete qui". Quelli sedettero.3Allora Booz disse a colui che aveva il diritto di riscatto: "Il campo che apparteneva al nostro fratello Elimèlech, lo mette in vendita Noemi, che è tornata dalla campagna di Moab.4Ho pensato bene di informartene e dirti: Fanne acquisto alla presenza delle persone qui sedute e alla presenza degli anziani del mio popolo. Se vuoi acquistarlo con il diritto di riscatto, acquistalo, ma se non vuoi acquistarlo, dichiaramelo, che io lo sappia; perché nessuno fuori di te ha il diritto di riscatto e dopo di te vengo io". Quegli rispose: "Io intendo acquistarlo".5Allora Booz disse: "Quando acquisterai il campo dalla mano di Noemi, nell'atto stesso tu acquisterai anche Rut, la Moabita, moglie del defunto, per assicurare il nome del defunto sulla sua eredità".6Colui che aveva il diritto di riscatto rispose: "Io non posso acquistare con il diritto di riscatto, altrimenti danneggerei la mia propria eredità; subentra tu nel mio diritto, perché io non posso valermene".7Una volta in Israele esisteva questa usanza relativa al diritto del riscatto o della permuta, per convalidare ogni atto: uno si toglieva il sandalo e lo dava all'altro; era questo il modo di attestare in Israele.8Così chi aveva il diritto di riscatto disse a Booz: "Acquista tu il mio diritto di riscatto"; si tolse il sandalo e glielo diede.
9Allora Booz disse agli anziani e a tutto il popolo: "Voi siete oggi testimoni che io ho acquistato dalle mani di Noemi quanto apparteneva a Elimèlech, a Chilion e a Maclon,10e che ho anche preso in moglie Rut, la Moabita, già moglie di Maclon, per assicurare il nome del defunto sulla sua eredità e perché il nome del defunto non scompaia tra i suoi fratelli e alla porta della sua città. Voi ne siete oggi testimoni".11Tutto il popolo che si trovava alla porta rispose: "Ne siamo testimoni". Gli anziani aggiunsero: "Il Signore renda la donna, che entra in casa tua, come Rachele e Lia, le due donne che fondarono la casa d'Israele.

Procurati ricchezze in Efrata,
fatti un nome in Betlemme!

12La tua casa sia come la casa di Perez, che Tamar partorì a Giuda, grazie alla posterità che il Signore ti darà da questa giovane!".
13Così Booz prese Rut, che divenne sua moglie. Egli si unì a lei e il Signore le accordò di concepire: essa partorì un figlio.14E le donne dicevano a Noemi: "Benedetto il Signore, il quale oggi non ti ha fatto mancare un riscattatore perché il nome del defunto si perpetuasse in Israele!15Egli sarà il tuo consolatore e il sostegno della tua vecchiaia; perché lo ha partorito tua nuora che ti ama e che vale per te più di sette figli".16Noemi prese il bambino e se lo pose in grembo e gli fu nutrice.17E le vicine dissero: "È nato un figlio a Noemi!". Essa lo chiamò Obed: egli fu il padre di Iesse, padre di Davide.
18Questa è la discendenza di Perez: Perez generò Chezron; Chezron generò Ram;19Ram generò Amminadab;20Amminadab generò Nacson; Nacson generò Salmon;21Salmon generò Booz; Booz generò Obed;22Obed generò Iesse e Iesse generò Davide.


Siracide 14

1Beato l'uomo che non ha peccato con le parole
e non è tormentato dal rimorso dei peccati.
2Beato chi non ha nulla da rimproverarsi
e chi non ha perduto la sua speranza.

3A un uomo gretto non conviene la ricchezza,
a che servono gli averi a un uomo avaro?
4Chi accumula a forza di privazioni accumula per altri,
con i suoi beni faran festa gli estranei.
5Chi è cattivo con se stesso con chi si mostrerà buono?
Non sa godere delle sue ricchezze.
6Nessuno è peggiore di chi tormenta se stesso;
questa è la ricompensa della sua malizia.
7Se fa il bene, lo fa per distrazione;
ma alla fine mostrerà la sua malizia.
8È malvagio l'uomo dall'occhio invidioso;
volge altrove lo sguardo e disprezza la vita altrui.
9L'occhio dell'avaro non si accontenta di una parte,
l'insana cupidigia inaridisce l'anima sua.
10Un occhio cattivo è invidioso anche del pane
e sulla sua tavola esso manca.
11Figlio, per quanto ti è possibile, tràttati bene
e presenta al Signore le offerte dovute.
12Ricòrdati che la morte non tarderà
e il decreto degli inferi non t'è stato rivelato.
13Prima di morire fa' del bene all'amico,
secondo le tue possibilità sii con lui generoso.
14Non privarti di un giorno felice;
non ti sfugga alcuna parte di un buon desiderio.
15Forse non lascerai a un altro le tue sostanze
e le tue fatiche per esser divise fra gli eredi?
16Regala e accetta regali, distrai l'anima tua,
perché negli inferi non c'è gioia da ricercare.
17Ogni corpo invecchia come un abito,
è una legge da sempre: "Certo si muore!".
18Come foglie verdi su un albero frondoso:
le une lascia cadere, altre ne fa spuntare,
lo stesso avviene per le generazioni di carne e di sangue:
le une muoiono, altre ne nascono.
19Ogni opera corruttibile scompare;
chi la compie se ne andrà con essa.

20Beato l'uomo che medita sulla sapienza
e ragiona con l'intelligenza,
21e considera nel cuore le sue vie:
ne penetrerà con la mente i segreti.
22La insegue come uno che segue una pista,
si apposta sui suoi sentieri.
23Egli spia alle sue finestre
e starà ad ascoltare alla sua porta.
24Fa sosta vicino alla sua casa
e fisserà un chiodo nelle sue pareti;
25alzerà la propria tenda presso di essa
e si riparerà in un rifugio di benessere;
26metterà i propri figli sotto la sua protezione
e sotto i suoi rami soggiornerà;
27da essa sarà protetto contro il caldo,
egli abiterà all'ombra della sua gloria.


Salmi 83

1'Canto. Salmo. Di Asaf.'
2Dio, non darti riposo,
non restare muto e inerte, o Dio.

3Vedi: i tuoi avversari fremono
e i tuoi nemici alzano la testa.
4Contro il tuo popolo ordiscono trame
e congiurano contro i tuoi protetti.
5Hanno detto: "Venite, cancelliamoli come popolo
e più non si ricordi il nome di Israele".

6Hanno tramato insieme concordi,
contro di te hanno concluso un'alleanza;
7le tende di Edom e gli Ismaeliti,
Moab e gli Agareni,
8Gebal, Ammon e Amalek
la Palestina con gli abitanti di Tiro.
9Anche Assur è loro alleato
e ai figli di Lot presta man forte.

10Trattali come Madian e Sisara,
come Iabin al torrente di Kison:
11essi furono distrutti a Endor,
diventarono concime per la terra.
12Rendi i loro principi come Oreb e Zeb,
e come Zebee e Sàlmana tutti i loro capi;
13essi dicevano:
"I pascoli di Dio conquistiamoli per noi".

14Mio Dio, rendili come turbine,
come pula dispersa dal vento.
15Come il fuoco che brucia il bosco
e come la fiamma che divora i monti,
16così tu inseguili con la tua bufera
e sconvolgili con il tuo uragano.

17Copri di vergogna i loro volti
perché cerchino il tuo nome, Signore.
18Restino confusi e turbati per sempre,
siano umiliati, periscano;
19sappiano che tu hai nome "Signore",
tu solo sei l'Altissimo su tutta la terra.


Isaia 2

1Ciò che Isaia, figlio di Amoz, vide riguardo a Giuda e a Gerusalemme.

2Alla fine dei giorni,
il monte del tempio del Signore
sarà eretto sulla cima dei monti
e sarà più alto dei colli;
ad esso affluiranno tutte le genti.
3Verranno molti popoli e diranno:"Venite, saliamo sul monte del Signore,
al tempio del Dio di Giacobbe,
perché ci indichi le sue vie
e possiamo camminare per i suoi sentieri".
Poiché da Sion uscirà la legge
e da Gerusalemme la parola del Signore.
4Egli sarà giudice fra le genti
e sarà arbitro fra molti popoli.
Forgeranno le loro spade in vomeri,
le loro lance in falci;
un popolo non alzerà più la spada
contro un altro popolo,
non si eserciteranno più nell'arte della guerra.
5Casa di Giacobbe, vieni,
camminiamo nella luce del Signore.

6Tu hai rigettato il tuo popolo,
la casa di Giacobbe,
perché rigurgitano di maghi orientali
e di indovini come i Filistei;
agli stranieri battono le mani.
7Il suo paese è pieno di argento e di oro,
senza fine sono i suoi tesori;
il suo paese è pieno di cavalli,
senza numero sono i suoi carri.
8Il suo paese è pieno di idoli;
adorano l'opera delle proprie mani,
ciò che hanno fatto le loro dita.
9Perciò l'uomo sarà umiliato,
il mortale sarà abbassato;
tu non perdonare loro.
10Entra fra le rocce,
nasconditi nella polvere,
di fronte al terrore che desta il Signore,
allo splendore della sua maestà,
quando si alzerà a scuotere la terra.
11L'uomo abbasserà gli occhi orgogliosi,
l'alterigia umana si piegherà;
sarà esaltato il Signore, lui solo
in quel giorno.
12Poiché ci sarà un giorno del Signore degli eserciti
contro ogni superbo e altero,
contro chiunque si innalza ad abbatterlo;
13contro tutti i cedri del Libano alti ed elevati,
contro tutte le querce del Basan,
14contro tutti gli alti monti,
contro tutti i colli elevati,
15contro ogni torre eccelsa,
contro ogni muro inaccessibile,
16contro tutte le navi di Tarsis
e contro tutte le imbarcazioni di lusso.
17Sarà piegato l'orgoglio degli uomini,
sarà abbassata l'alterigia umana;
sarà esaltato il Signore, lui solo
in quel giorno
18e gli idoli spariranno del tutto.
19Rifugiatevi nelle caverne delle rocce
e negli antri sotterranei,
di fronte al terrore che desta il Signore
e allo splendore della sua maestà,
quando si alzerà a scuotere la terra.
20In quel giorno ognuno getterà
gli idoli d'argento e gli idoli d'oro,
che si era fatto per adorarli,
ai topi e ai pipistrelli,
21per entrare nei crepacci delle rocce
e nelle spaccature delle rupi,
di fronte al terrore che desta il Signore
e allo splendore della sua maestà,
quando si alzerà a scuotere la terra.
22Guardatevi dunque dall'uomo,
nelle cui narici non v'è che un soffio,
perché in quale conto si può tenere?


Lettera agli Ebrei 10

1Avendo infatti la legge solo un'ombra dei beni futuri e non la realtà stessa delle cose, non ha il potere di condurre alla perfezione, per mezzo di quei sacrifici che si offrono continuamente di anno in anno, coloro che si accostano a Dio.2Altrimenti non si sarebbe forse cessato di offrirli, dal momento che i fedeli, purificati una volta per tutte, non avrebbero ormai più alcuna coscienza dei peccati?3Invece per mezzo di quei sacrifici si rinnova di anno in anno il ricordo dei peccati,4poiché è impossibile eliminare i peccati con il sangue di tori e di capri.5Per questo, entrando nel mondo, Cristo dice:

'Tu non hai voluto né sacrificio né offerta,
un corpo invece mi hai preparato'.
6'Non hai gradito
né olocausti né sacrifici per il peccato'.
7'Allora ho detto: Ecco, io vengo
- poiché di me sta scritto nel rotolo del libro -
per fare, o Dio, la tua volontà'.

8Dopo aver detto prima 'non hai voluto e non hai gradito né sacrifici né offerte, né olocausti né sacrifici per il peccato', cose tutte che vengono offerte secondo la legge,9soggiunge: 'Ecco, io vengo a fare la tua volontà'. Con ciò stesso egli abolisce il primo sacrificio per stabilirne uno nuovo.10Ed è appunto per quella volontà che noi siamo stati santificati, per mezzo dell'offerta del corpo di Gesù Cristo, fatta una volta per sempre.

11Ogni sacerdote si presenta giorno per giorno a celebrare il culto e ad offrire molte volte gli stessi sacrifici che non possono mai eliminare i peccati.12Egli al contrario, avendo offerto un solo sacrificio per i peccati una volta per sempre 'si è assiso alla destra di Dio',13aspettando ormai solo che 'i suoi nemici vengano posti sotto i suoi piedi'.14Poiché con un'unica oblazione egli ha reso perfetti per sempre quelli che vengono santificati.15Questo ce lo attesta anche lo Spirito Santo. Infatti, dopo aver detto:

16'Questa è l'alleanza che io stipulerò' con loro
'dopo quei giorni, dice il Signore:
io porrò le mie leggi nei loro cuori
e le imprimerò nella loro mente',

17dice:
'E non mi ricorderò più dei loro peccati e delle loro
iniquità'.

18Ora, dove c'è il perdono di queste cose, non c'è più bisogno di offerta per il peccato.

19Avendo dunque, fratelli, piena libertà di entrare nel santuario per mezzo del sangue di Gesù,20per questa via nuova e vivente che egli ha inaugurato per noi attraverso il velo, cioè la sua carne;21avendo noi un sacerdote grande sopra la casa di Dio,22accostiamoci con cuore sincero nella pienezza della fede, con i cuori purificati da ogni cattiva coscienza e il corpo lavato con acqua pura.23Manteniamo senza vacillare la professione della nostra speranza, perché è fedele colui che ha promesso.
24Cerchiamo anche di stimolarci a vicenda nella carità e nelle opere buone,25senza disertare le nostre riunioni, come alcuni hanno l'abitudine di fare, ma invece esortandoci a vicenda; tanto più che potete vedere come il giorno si avvicina.

26Infatti, se pecchiamo volontariamente dopo aver ricevuto la conoscenza della verità, non rimane più alcun sacrificio per i peccati,27ma soltanto una terribile attesa del giudizio e la vampa di un fuoco che dovrà divorare i ribelli.28Quando qualcuno ha violato la legge di Mosè, 'viene messo a morte' senza pietà 'sulla parola di due o tre testimoni'.29Di quanto maggior castigo allora pensate che sarà ritenuto degno chi avrà calpestato il Figlio di Dio e ritenuto profano quel sangue dell'alleanza dal quale è stato un giorno santificato e avrà disprezzato lo Spirito della grazia?30Conosciamo infatti colui che ha detto: 'A me la vendetta! Io darò la retribuzione!' E ancora: 'Il Signore giudicherà il suo popolo'.31È terribile cadere nelle mani del Dio vivente!

32Richiamate alla memoria quei primi giorni nei quali, dopo essere stati illuminati, avete dovuto sopportare una grande e penosa lotta,33ora esposti pubblicamente a insulti e tribolazioni, ora facendovi solidali con coloro che venivano trattati in questo modo.34Infatti avete preso parte alle sofferenze dei carcerati e avete accettato con gioia di esser spogliati delle vostre sostanze, sapendo di possedere beni migliori e più duraturi.35Non abbandonate dunque la vostra franchezza, alla quale è riservata una grande ricompensa.36Avete solo bisogno di costanza, perché dopo aver fatto la volontà di Dio possiate raggiungere la promessa.

37Ancora 'un poco', infatti, 'un poco appena,
e colui che deve venire, verrà e non tarderà'.
38'Il mio giusto vivrà mediante la fede;
ma se indietreggia, la mia anima non si compiace in lui'.

39Noi però non siamo di quelli che indietreggiano a loro perdizione, bensì uomini di fede per la salvezza della nostra anima.


Capitolo XXX: Chiedere l’aiuto di Dio, nella fiducia di ricevere la sua grazia

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1. O figlio, io sono "il Signore, che consola nel giorno della tribolazione" (Na 1,7). Vieni a me, quando sei in pena. Quello che pone maggiore ostacolo alla celeste consolazione è proprio questo, che troppo tardi tu ti volgi alla preghiera. Infatti, prima di rivolgere a me intense orazioni, tu vai cercando vari sollievi e ti conforti in cose esteriori. Avviene così che nulla ti è di qualche giovamento, fino a che tu non comprenda che sono io la salvezza di chi spera in me, e che, fuori di me, non c'è aiuto efficace, utile consiglio, rimedio durevole.

Ora, dunque, ripreso animo dopo la burrasca, devi trovare nuovo vigore nella luce della mia misericordia. Giacché ti sono accanto, dice il Signore, per restaurare ogni cosa, con misura, non solo piena, ma colma.

C'è forse qualcosa che per me sia difficile; oppure somiglierò io ad uno che dice e non fa? Dov'è la tua fede? Sta saldo nella perseveranza; abbi animo grande e virilmente forte. Verrà a te la consolazione, al tempo suo. Aspetta me; aspetta: verrò e ti risanerò.

E' una tentazione quella che ti tormenta; è una vana paura quella che ti atterrisce. A che serve la preoccupazione di quel che può avvenire in futuro, se non a far sì che tu aggiunga tristezza a tristezza? "Ad ogni giorno basta la sua pena" (Mt 6,34). Vano e inutile è turbarsi o rallegrarsi per cose future, che forse non accadranno mai.

2. Tuttavia, è umano lasciarsi ingannare da queste fantasie; ed è segno della nostra pochezza d'animo lasciarsi attrarre tanto facilmente verso le suggestioni del nemico. Il quale non bada se ti illuda o ti adeschi con cose vere o false; non badare se ti abbatta con l'attaccamento alle cose presenti o con il timore delle cose future.

"Non si turbi dunque il tuo cuore, e non abbia timore" (Gv 14,27). Credi in me e abbi fiducia nella mia misericordia. Spesso, quando credi di esserti allontanato da me, io ti sono accanto; spesso, quando credi che tutto, o quasi, sia perduto, allora è vicina la possibilità di un merito più grande. Non tutto è perduto quando accade una cosa contraria. Non giudicare secondo il sentire umano. Non restare così schiacciato da alcuna difficoltà, da qualunque parte essa venga; non subirla come se ti fosse tolta ogni speranza di riemergere.

Non crederti abbandonato del tutto, anche se io ti ho mandato, a suo tempo, qualche tribolazione o se ti ho privato della sospirata consolazione. Così, infatti, si passa nel regno dei cieli. Senza dubbio, per te e per gli altri miei servi, essere provati dalle avversità è più utile che avere tutto a comando. Io conosco i pensieri nascosti; so che, per la tua salvezza, è molto bene che tu sia lasciato talvolta privo di soddisfazione, perché tu non abbia a gonfiarti del successo e a compiacerti di ciò che non sei. Quel che ho dato posso riprenderlo e poi restituirlo, quando mi piacerà. Quando avrò dato, avrò dato cosa mia; quando avrò tolto, non avrò tolto cosa tua; poiché mio è "tutto il bene che viene dato"; mio è "ogni dono perfetto" (Gc 1,17).

3.  Non indignarti se ti avrò mandato una gravezza o qualche contrarietà; né si prostri l'animo tuo: io ti posso subitamente risollevare, mutando tutta la tristezza in gaudio. Io sono giusto veramente, e degno di molta lode, anche quando opero in tal modo con te.

Se senti rettamente, se guardi alla luce della verità, non devi mai abbatterti così, e rattristarti, a causa delle avversità, ma devi piuttosto rallegrarti e rendere grazie; devi anzi considerare gaudio supremo questo, che io non ti risparmi e che ti affligga delle sofferenze.

"Come il padre ha amato me, così anch'io amo voi" (Gv 15,9), dissi ai miei discepoli diletti. E, per vero, non li ho mandati alle gioie di questo mondo, ma a grandi lotte; non li ho mandati agli onori, ma al disprezzo; non all'ozio, ma alla fatica, non a godere tranquillità, ma a dare molto frutto nella sofferenza.

Ricordati, figlio mio, di queste parole.


LETTERA 29: Agostino, semplice prete di Ippona, scrive all'amico Alipio, vescovo di Tagaste, ragguagliandolo con quali esortazioni riuscì a distogliere i fedeli dalla inveterata e indecente usanza di celebrare le feste dei santi con crapule

Lettere - Sant'Agostino

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Scritta verso la fine del 395.

Agostino, semplice prete di Ippona, scrive all'amico Alipio, vescovo di Tagaste, ragguagliandolo con quali esortazioni riuscì a distogliere i fedeli dalla inveterata e indecente usanza di celebrare le feste dei santi con crapule, indegne sempre dei Cristiani (n. 1-11) e lo esorta a pregare per il buon esito d'una causa coi Circoncellioni (n. 12).

LETTERA DI UN PRETE DI IPPONA AD ALIPIO VESCOVO DI TAGASTE SULL'ANNIVERSARIO DELLA NASCITA DI LEONZIO, UN TEMPO VESCOVO DI IPPONA

Una grande grazia ottenuta per le preghiere anche di Alipio.

1. Data l'assenza del fratello Macario non ho potuto per il momento scriverti nulla di sicuro sull'affare che non posso non avere a cuore: si dice però che tornerà presto, e allora si farà ciò che con l'aiuto di Dio potrà farsi. Quanto poi alla sollecitudine che noi abbiamo per loro, sebbene i concittadini nostri fratelli che erano presenti potessero rassicurarne i loro cari, tuttavia ci è stato offerto dal Signore un avvenimento degno del colloquio epistolare con cui ci consoliamo a vicenda, e nel meritarlo crediamo d'essere stati assai aiutati dalla vostra stessa sollecitudine che certamente non ha potuto non essere accompagnata da preghiere per noi.
Predica contro l'indecenza della festa detta della "Allegrezza".

2. Non possiamo perciò omettere di narrare alla vostra Carità quello che è accaduto, affinché Voi, che con noi avete profuso preghiere per ottenerlo, con noi rendiate grazie a Dio per l'ottenuto beneficio. Dopo la tua partenza ci era stato annunciato che il popolo tumultuava e diceva di non poter tollerare che fosse proibita quella festa che chiama "Allegrezza", sforzandosi invano di mascherare il nome dell'ubriachezza (come già si annunziava quando tu eri ancora presente); ma nel quarto giorno della settimana, continuando la lettura del Vangelo, avemmo, per occulto disegno di Dio onnipotente, l'opportunità di commentare il passo: Non date ciò che è santo ai cani e non gettate le vostre perle innanzi ai porci 1. Si trattò dunque dei cani e dei porci in modo da far arrossire quelli che protestavano contro i precetti di Dio latrando ostinatamente e quelli che erano dediti alle sozzure dei piaceri carnali, e si concluse in modo che vedessero quale nefandezza fosse fare entro le pareti della chiesa, col pretesto della religione, quello per cui se si fossero ostinati a farlo in casa loro, sarebbe stato doveroso escluderli dal Santo e dalle Perle della Chiesa.

Nefandezza della crapula nella casa di Dio.

3. Ma, per quanto queste considerazioni fossero state accolte di buon grado, tuttavia, poiché pochi erano i convenuti, non si era fatto abbastanza per un affare così importante. Inoltre questa predica divulgata fuori da coloro che vi avevano assistito secondo la capacità e l'inclinazione di ciascuno, trovò molti oppositori. Quando però fu spuntato il giorno dell'Ascensione ed una folla numerosa si raccolse all'ora della predica, si lesse il passo evangelico in cui il Signore, cacciati dal tempio i mercanti di bestiame e rovesciati i banchi dei cambiavalute, disse che la casa del Padre suo era stata trasformata da casa di preghiera in una spelonca di briganti 2. E, dopo aver suscitato la loro attenzione proponendo la questione dell'ubriachezza, recitai io stesso quel capitolo ed aggiunsi un commento per mostrare con quanto maggior sdegno e violenza nostro Signore avrebbe bandito i conviti degli ubriaconi (che sono vergognosi in qualsiasi luogo) dal tempio, donde bandì in questo modo i commerci leciti giacché si vendevano le cose necessarie per dei sacrifici a quel tempo leciti, e chiesi loro a chi ritenessero più simile la spelonca dei ladri, se a quelli che vendevano delle cose necessarie o a quelli che bevevano in maniera smodata.

Neppure nell'A. T. si riscontrano tal indecenze.

4. E poiché mi si tenevano pronti i passi della Scrittura da sottoporre loro, aggiunsi poi che lo stesso popolo giudaico, che viveva secondo la carne, in quel tempio in cui non si offriva ancora il corpo e il sangue del Signore, non solo non aveva mai celebrato conviti accompagnati dall'ubriachezza, ma neppure sobri; e che mai nella Storia Sacra si trova ch'esso si fosse ubriacato col pretesto della religione se non quando celebrò le feste dopo aver fabbricato l'idolo 3. E mentre dicevo questo, presi anche il volume e recitai tutto quel passo. Aggiunsi ancora con tutto il dolore di cui fui capace (poiché l'Apostolo per distinguere il popolo cristiano dall'insensibilità dei Giudei dice che la sua lettera è stata scritta non su tavole di pietra ma sulle tavole di carne del cuore 4) come non avremmo potuto, mentre il servo di Dio Mosè aveva spezzato a causa di quei principi le due tavole di pietra 5, spezzare i cuori di quei tali che, uomini del Nuovo Testamento, volevano, per celebrare le feste dei santi, offrire solennemente quegli spettacoli che il popolo del Vecchio Testamento celebrò una volta sola e per un idolo.

Come Paolo bolla le intemperanze dell'Agape cristiana.

5. Allora, restituito il volume dell'Esodo, sottolineando (per quanto il tempo lo permetteva) la gravità della colpa dell'ubriachezza, presi le lettere dell'apostolo Paolo e mostrai tra quali peccati fosse stata posta, leggendo il passo: Se si chiama "fratello" un impudico o un idolatra o un avaro o un diffamatore o un ubriacone o un ladro, con un simile individuo non mangiare neppure 6...; e gemendo ricordai loro con quanto pericolo noi banchettassimo con coloro che si abbandonavano all'ubriachezza anche solo nelle loro case. Lessi inoltre ciò che segue non molto dopo: Non illudetevi: né gli impudichi, né gli idolatri, né gli adulteri, né gli effeminati, né i sodomiti, né i ladri, né gli avari, né gli ubriaconi, né gli ingiuriatori, né i rapinatori avranno l'eredità del regno di Dio. Appunto questo siete stati; ma vi siete mondati, ma siete stati giustificati nel nome del Signor nostro Gesù Cristo e dallo Spirito del nostro Dio 7. Letto questo dissi di considerare come potessero udire le parole ma vi siete mondati quei fedeli i quali tolleravano che vi fossero nel loro cuore, cioè nel tempio interiore di Dio, le sozzure d'una tale concupiscenza alle quali è precluso il regno dei cieli. Si giunse poi al capitolo: Quando dunque voi vi radunate insieme, il vostro non è affatto un celebrare la cena del Signore: ciascuno infatti, nel mangiare, si mette innanzi il suo proprio pasto, sicché l'uno ha fame, l'altro è ubriaco: non avete dunque voi case per mangiare e bere? O non tenete in alcun conto la chiesa di Dio? 8 E dopo averlo recitato sottolineai con maggior diligenza che in chiesa non si debbono celebrare neppure dei conviti onesti e sobri, giacché l'Apostolo non ha detto: "non avete forse le case per ubriacarvi?" come se unicamente non fosse lecito ubriacarsi in chiesa, ma per mangiare e per bere: il che può farsi onestamente, ma fuori della chiesa, da coloro che hanno le case in cui potersi ristorare con gli alimenti necessari; eppure noi siamo ridotti in tali angustie per la corruzione dei tempi e il rilassamento dei costumi da non desiderare ancora conviti modesti, ma almeno che il regno dell'ubriachezza sia ridotto entro le pareti domestiche.

Frutti della carne e frutti dello spirito.

6. Ricordai ancora il capitolo del Vangelo che avevo trattato il giorno precedente, dove è detto dei falsi profeti: Li riconoscerete dai loro frutti 9. Quindi rammentai che in quel passo col nome di frutti non si indica altro che le opere: allora esaminai tra quali frutti fosse ricordata l'ubriachezza e recitai il passo della lettera ai Galati: Sono ben note le opere della carne, che sono fornicazioni, impurità, dissolutezza, idolatria, magie, inimicizie, risse, gelosie, rivalità, discordie, fazioni, invidie, ubriachezze, orge e cose simili a queste; riguardo alle quali vi predico, come vi ho già predetto, che coloro i quali commettono tali azioni non entreranno in possesso del regno di Dio 10. Dopo queste parole domandai come, dal frutto dell'ubriachezza, noi avremmo potuto essere riconosciuti come cristiani dal momento che il Signore comandò che si riconoscessero dai frutti. Aggiunsi ancora di leggere quel che segue: I frutti dello spirito, al contrario, sono: carità, gioia, pace, longanimità, benignità, bontà, fedeltà, mitezza, temperanza 11, e feci loro considerare quanto fosse vergognoso e lacrimevole che coi frutti della carne bramassero non solo di vivere in privato ma anche di rendere onore alla Chiesa e che, se fosse loro data la possibilità, avrebbero riempito tutto lo spazio di una così ampia basilica di turbe di banchettanti e di ubriaconi, mentre coi frutti dello spirito, ai quali erano esortati sia dall'autorità delle Scritture divine che dai nostri gemiti, non volevano offrire doni a Dio e con questi soprattutto celebrare le feste dei Santi.

Una perorazione particolarmente efficace.

7. Fatto questo restituii il volume e, dopo aver ordinato di pregare, per quanto fui capace e conforme all'urgenza stessa del pericolo e alle forze che il Signore si degnava di concedermi, posi davanti ai loro occhi il comune pericolo, sia di loro stessi, sia di noi, che di essi avremmo dovuto rendere conto al Principe dei pastori. Per l'umiliazione, le straordinarie contumelie, gli schiaffi, gli sputi in viso, le percosse, la corona di spine, la croce e il sangue di Lui, li supplicai che, se per conto loro essi avevano mancato in qualche modo, almeno avessero misericordia di noi e considerassero l'ineffabile carità dimostrata nei miei confronti dal vecchio Valerio, il quale non aveva esitato per causa loro ad impormi l'onere così pericoloso di spiegare le parole della Verità, e sovente aveva detto loro che le sue preghiere erano state esaudite per la nostra venuta e non si era certo rallegrato che noi fossimo venuti da lui per morire insieme a loro o per assistere alla loro morte ma perché insieme ci sforzassimo per conseguire la vita eterna. Infine dissi anche di avere sicura la fede in Colui che non sa mentire, il quale per bocca del suo profeta, promise parlando di nostro Signore Gesù Cristo: Se i suoi figli abbandoneranno la mia legge e non cammineranno secondo i miei precetti; se violeranno le mie giuste disposizioni, visiterò con la verga le loro iniquità e con la sferza i loro misfatti, ma non toglierò loro la mia misericordia 12; di avere pertanto fede in Lui che, se disprezzavano queste così gravi ammonizioni che erano state loro lette e rivolte oralmente, li avrebbe visitati con la verga e col flagello e non avrebbe permesso che fossero dannati insieme a questo mondo. E nel levare tali doglianze agii conforme ai sentimenti ed alle facoltà che mi offriva il nostro protettore e reggitore in rapporto alla grandezza dell'impresa e del pericolo. Non fui io a suscitare le loro lacrime con le mie lacrime, ma, nel dire tali cose (lo confesso), prevenuto dal loro pianto, non potei trattenere il mio. E dopo che già avevamo pianto insieme, posi fine al mio discorso con pienissima speranza nella loro correzione.

A. vince le ultime resistenze degli oppositori.

8. Ma all'indomani, spuntato il giorno per cui solevano prepararsi le gole e i ventri, mi si riferisce che alcuni di coloro che avevano assistito alla predica, non avevano ancora smesso di mormorare, e tanta forza esercitava su di essi la pessima abitudine che seguivano unicamente la sua voce e dicevano: "Perché adesso? Giacché non è che non fossero Cristiani coloro che in passato non proibirono queste cose". Udito questo, non sapevo assolutamente quali astuzie escogitare come più efficaci per commuoverli; mi disponevo tuttavia, se pensavano che si dovesse perseverare, a scuotere le mie vesti e andarmene dopo aver letto quel passo del profeta Ezechiele: L'esploratore si assolve se ha denunziato il pericolo, anche nel caso che quelli cui viene denunziato non abbiano voluto guardarsene 13. Ma allora il Signore dimostrò che non ci abbandona e in quali modi ci esorti ad aver fiducia in Lui: infatti prima dell'ora di salire sul pulpito, entrarono da me quegli stessi che avevo sentito essersi lagnati per l'opposizione fatta all'antica consuetudine. Accoltili cortesemente, con poche parole li indussi al partito che era ragionevole. E quando si giunse al momento della discussione, tralasciata la lettura che avevo preparata, perché non pareva più necessaria, feci alcune brevi considerazioni su questo stesso problema, dicendo non poter noi addurre niente di più conciso né di più vero contro coloro che dicono: "Perché adesso?", se non dire anche noi: "Almeno adesso".

Perché nella Chiesa primitiva furono tollerate certe usanze profane.

9. Tuttavia, perché non si avesse l'impressione che si facesse da noi ingiuria a coloro che prima di noi o permisero o non osarono proibire crimini così manifesti della folla ignorante, esposi loro per quale necessità pareva che usanze di tal genere fossero sorte nella Chiesa. Dato che, fatta la pace dopo così numerose e violente persecuzioni, le turbe dei gentili che desideravano diventare cristiane ne venivano distolte dal fatto che usavano consumare i giorni di festa coi loro idoli in copiosi banchetti e nella ubriachezza e non potevano facilmente astenersi da questi piaceri perniciosissimi eppure tanto inveterati, parve opportuno ai nostri antenati che si tollerasse per il momento questa parte di debolezza e che, dopo quelle che abbandonavano, celebrassero altre feste in onore dei santi Martiri almeno con un non simile sacrilegio, anche se con simile dissipazione. A coloro invece che erano già legati insieme dal nome di Cristo e sottoposti al giogo di così grande autorità, [parve opportuno che] s'impartissero salutari precetti di sobrietà, ai quali non potessero più resistere per rispetto e timore di chi li impartiva. Esser quindi ormai tempo - [concludevo] - che coloro che non osano negare la loro qualità di Cristiani comincino a vivere secondo la volontà di Cristo in maniera che vengano rigettate, adesso che sono Cristiani, quelle concessioni ch'erano state fatte affinché diventassero Cristiani.

L'ammonimento di S. Pietro contro gli intemperanti.

10. Esortai poi affinché volessimo essere imitatori delle Chiese transmarine in cui siffatte consuetudini in parte non furono mai accolte, in parte furono già corrette ad opera di buoni reggitori con l'ottemperanza del popolo. E poiché si adducevano esempi di quotidiana ubriachezza provenienti dalla basilica del beato apostolo Pietro, dissi in primo luogo aver noi udito che lo si era proibito sovente; ma, essendo la località lontana dalla residenza del vescovo e grande, in una città così vasta, la moltitudine delle persone che vivono secondo la carne (conservando soprattutto i pellegrini che giungono continuamente nuovi quella consuetudine e con tanta più forza quanto maggiore è la loro ignoranza), non si era ancora potuto frenare e stroncare una così orrenda calamità. Tuttavia, se onoravamo l'apostolo Pietro, dovevamo ascoltare i suoi precetti e tenere presente con molto maggiore devozione l'Epistola in cui si manifesta la sua volontà che non la basilica in cui non si manifesta; e subito, preso il volume, recitai il passo in cui dice: Avendo infatti Cristo sofferto nella carne per noi, armatevi anche voi della stessa convinzione, che Colui che ha sofferto nella carne si è staccato dalla carne per vivere il tempo che gli rimane da vivere nel corpo non più secondo le passioni umane ma secondo il volere di Dio. Giacché è già eccessivo per voi aver consumato il tempo trascorso secondo la volontà degli uomini, vivendo in dissolutezza, cupidigia, ubriachezza, orge e nefande idolatrie 14. Fatto questo, vedendo che tutti unanimemente, deplorando la cattiva abitudine, erano inclini alla buona volontà, li esortai a partecipare nelle ore pomeridiane alle divine letture ed al canto dei salmi; così pensavo che quel giorno si dovesse celebrare molto più puramente e sinceramente, e certo dalla folla dei convenuti si sarebbe potuto facilmente vedere chi seguisse la ragione e chi il ventre. Così, eseguite tutte le letture, il sermone ebbe termine.

Predica conclusiva nell'assemblea pomeridiana.

11. Nel pomeriggio poi accorse una folla maggiore che prima di mezzogiorno e fino all'ora della nostra uscita col vescovo si leggeva e si cantava alternativamente, e quando noi fummo usciti furono letti due salmi. Poi il Vecchio, ordinandomelo, costrinse mio malgrado me (che avrei già voluto che una giornata così pericolosa fosse giunta al termine), a dir loro qualcosa. Tenni un breve sermone per rendere grazie a Dio. E siccome sentivamo dire che nella basilica degli eretici erano stati da loro celebrati i soliti conviti, poiché proprio in quel tempo in cui da noi venivano fatte queste cose essi continuavano ancora a darsi al vino, io dissi che la bellezza del giorno è adornata dal paragone con la notte e il colore bianco diventa più gradito per la vicinanza di quello nero: similmente il nostro convegno per una celebrazione spirituale sarebbe stato forse meno lieto se non vi si fosse contrapposta la crapula carnale dell'altra parte. Li esortai inoltre perché, se avevano gustato quanto è soave il Signore, ricercassero insistentemente tali banchetti, invece devono temere coloro che ricercano come la cosa più importante quello che un giorno sarà distrutto, giacché ciascuno diviene compagno di quello che ama, e l'Apostolo inveì contro siffatte persone dicendo: Loro dio è il ventre 15, avendo inoltre detto in un altro passo: I cibi sono per il ventre e il ventre per i cibi, ma Dio distruggerà quello e questi 16. Perciò noi abbiamo il dovere di perseguire ciò che non viene meno, ciò che, remotissimo dall'affetto carnale, si conserva mediante la santificazione dello spirito. E, dette in tal senso, come la circostanza richiedeva, le parole che Dio si compiacque di suggerire, si celebrarono i soliti riti vespertini di ogni giorno e, ritirandoci noi col vescovo, i fratelli nello stesso luogo cantarono un inno mentre una non piccola moltitudine dell'uno e dell'altro sesso si trattenne a salmodiare finché il giorno si fu oscurato.

Pregare per il buon esito della causa contro i Circoncellioni

12. Vi ho esposto con la maggior brevità possibile quello che senza alcun dubbio voi avreste desiderato di conoscere. Pregate che Dio si degni tener lontani dai nostri sforzi ogni scandalo e ogni cosa incresciosa. Noi certamente, pur continuando a lavorare con fervore, facciamo grande affidamento su di voi, giacché tanto frequentemente ci si annunziano i doni (da Dio) concessi alla Chiesa spirituale di Tagaste. La nave coi fratelli non è ancora arrivata. Ad Asna, dove è prete il fratello Argenzio, i Circoncellioni invadendo la nostra basilica hanno fatto a pezzi l'altare. La causa viene discussa attualmente e vi supplichiamo molto di pregare affinché essa venga discussa pacificamente come si addice alla Chiesa Cattolica per schiacciare le lingue degli eretici senza pace. Abbiamo mandato una lettera all'Asiarca. Continuate a vivere beatissimi nel Signore memori di noi. Amen.

 


1 - Mt 7, 6.

2 - Mt 21, 12 s.

3 - Es 32, 6.

4 - 2 Cor 3, 3.

5 - Es 32, 19.

6 - 1 Cor 5, 11.

7 - 1 Cor 6, 9-11.

8 - 2 Cor 11, 20, 22.

9 - Mt 7, 16.

10 - Gal 5, 19-21.

11 - Gal 5, 22-23.

12 - Sal 88, 31-34.

13 - Cf. Ez 33, 9 (citazione a senso o secondo una versione diversa dalla Volgata).

14 - 1 Pt 4, 1-3.

15 - Fil 3, 19.

16 - 1 Cor 6, 13.


14 - Le attenzioni che Maria santissima ebbe nel corso della sua gravidanza

La mistica Città di Dio - Libro terzo - Suor Maria d'Agreda

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180. Appena la nostra Regina e signora ebbe ripreso i suoi sensi dopo l'estasi che ebbe nel concepimento del Verbo eterno incarnato, si prostrò a terra e lo adorò nel suo grembo, come si è già riferito. Questa adorazione continuò per tutta la sua vita. La cominciava ogni giorno a mezzanotte e sino all'altra seguente soleva ripetere le genuflessioni per trecento volte, e più, se ne aveva l'opportunità; in questo fu più diligente durante i nove mesi della sua divina gravidanza. Senza mancare ai doveri del suo stato, per adempiere pienamente anche quelli nuovi che aveva per la presenza del Figlio dell'eterno Padre nel suo talamo verginale, mise tutta la sua attenzione, con molte e fervorose suppliche, nel custodire bene il tesoro del cielo che le era stato affidato. Dedicò nuovamente a questo la sua anima santissima e le sue facoltà, esercitando tutti gli atti delle virtù in grado tanto eroico e sublime da muovere a nuova ammirazione gli angeli stessi. Consacrò anche tutte le azioni corporali al servizio del Dio che portava, bambino, nel suo corpo verginale. Se mangiava, dormiva, lavorava o riposava, tutto indirizzava al nutrimento ed alla custodia del suo dolcissimo figlio; ed in tutte queste opere s'infiammava sempre più nell'amore per Dio.

181. Il giorno dopo i mille angeli che la assistevano le si manifestarono in forma corporea e con profonda umiltà adorarono nel grembo della Madre il loro Re incarnato. Riconoscendola di nuovo come Regina e signora, le resero omaggio nel modo dovuto e le dissero: «Adesso, Signora, siete la vera arca dell'alleanza, perché racchiudete non solo le tavole della legge, ma il Legislatore stesso, e custodite la manna del cielo, che è il nostro pane vero. Ricevete dunque, Regina, le nostre congratulazioni per la vostra dignità e per la vostra somma fortuna, per la quale noi magnifichiamo l'Altissimo, perché giustamente vi ha eletta come sua madre e sua dimora. Ci offriamo di nuovo per il vostro ossequio e servizio, per ubbidirvi come vassalli del Re supremo ed onnipotente, del quale voi siete vera Madre». Questa offerta e questa venerazione dei santi angeli produssero nella Madre della sapienza nuovi ed incomparabili effetti di umiltà, di gratitudine e di amore per Dio. Infatti, in quel prudentissimo cuore, in cui stava il peso del santuario per dare a tutte le cose il giusto valore, fece grande impressione il vedersi riverita e riconosciuta come Signora e regina dagli spiriti angelici. È vero che era molto più il vedersi madre del medesimo re e Signore dell'intero creato; ma questa dignità e tutti questi benefici le si manifestavano meglio per mezzo dell'ossequio dei santi angeli.

182. Essi compivano tutto questo come esecutori e ministri della volontà dell'Altissimo. Quando la loro Regina e signora nostra si trovava sola, tutti la assistevano in forma corporea e la servivano nelle sue faccende ed occupazioni quotidiane. Se era impegnata in qualche lavoro manuale, le porgevano ciò che era necessario. Se per caso mangiava qualche volta in assenza di san Giuseppe, la servivano alla sua povera ed umile mensa. Da ogni parte la accompagnavano, aiutandola anche nel servire san Giuseppe. Malgrado tutti questi favori e aiuti, la purissima Signora non si dimenticava di domandare licenza al Maestro dei maestri per tutte le azioni e di chiedergli la sua direzione ed assistenza. Per questo, le sue opere erano talmente ben regolate e perfette che solamente il Signore lo può comprendere e ponderare.

183. Oltre a questo insegnamento ordinario, nel tempo in cui portava nel grembo il Verbo incarnato sentiva la sua divina presenza in diversi modi, tutti ammirabili e dolcissimi. Alcune volte egli le si manifestava in visione astrattiva, come sopra si è detto. Altre volte lo vedeva nel modo in cui stava nel suo tempio verginale, unito ipostaticamente alla natura umana. Altre volte le si manifestava l'umanità santissima, che ella guardava nel proprio grembo purissimo, come dietro un cristallo; questo genere di visione era di speciale consolazione e giubilo per la grande Regina. Altre volte ancora, conosceva che qualche influsso della gloria dell'anima santissima del bambino Dio ridondava nel corpo di lui; ella ne riceveva alcuni effetti, specialmente il chiarore e la luce che dal corpo naturale del figlio si riversavano nella madre con un irraggiamento ineffabile e divino. Questo favore la trasformava tutta in un altro essere, infiammando il suo cuore e causando in lei effetti tali da non poter essere spiegati da nessuna creatura. Si estenda pure e si dilati l'intelletto al di sopra dei più alti serafini, ma resterà oppresso da questa gloria, perché tutta questa santissima Regina era come un cielo infinito; ed in lei sola stava racchiusa quella grandezza e gloria che gli ampi confini dei cieli non possono abbracciare nè cingere.

184. Questi ed altri benefici si alternavano e si succedevano a seconda dei diversi atti della santissima Madre: lcuni spirituali ed altri manuali e corporali, alcuni nel servire il suo sposo ed altri in favore del prossimo. Tutto ciò, riunito e governato dalla sapienza di una giovane donna, produceva un'armonia ammirabile e dolcissima per il Signore e meravigliosa per tutti gli spiriti angelici. Quando, poi, la Signora del mondo restava un po' più nello stato ordinario, perché così disponeva l'Altissimo, subito pativa un deliquio, causato dalla forza e violenza del suo stesso amore. Per questo con verità poté dire quello che per lei disse Salomone in nome della sposa: Rinfrancatemi con pomi, perché io sono malata d'amore. Così succedeva che con la ferita penetrante di questo dolcissimo dardo giungeva all'estremo della vita; ma subito il braccio onnipotente dell'Altissimo la confortava in modo soprannaturale.

185. Talvolta, per darle qualche sollievo sensibile, per comando dello stesso Signore venivano a visitarla molti uccellini. Come se avessero la ragione, la salutavano con i loro movimenti, le facevano in coro lieti e ben accordati concenti e non partivano prima di avere ottenuto la sua benedizione. Questo avvenne specialmente appena ebbe concepito il Verbo eterno, come se volessero felicitarsi con lei per la sua alta dignità, dopo che l'ebbero fatto gli angeli santi. In quel giorno la Signora delle creature parlò loro, ordinando a diverse specie di uccelli che le stavano intorno di riconoscere il loro Creatore, di magnificarlo e lodarlo con i loro canti, esprimendo riconoscenza per l'esistenza e la bellezza che aveva dato loro. Per questo essi, ubbidendole subito come a loro signora, fecero di nuovo cori e canti con dolcissima armonia e, umiliandosi fino a terra, si inchinarono al Creatore ed a sua Madre, che lo portava nel grembo. Altre volte portavano fiori nei loro becchi e glieli ponevano tra le mani, aspettando che ordinasse loro di cantare o tacere, come preferiva. Avveniva anche che, quando era cattivo tempo, alcuni uccellini venissero a rifugiarsi presso la loro clementissima Signora; sua altezza li accoglieva e nutriva con ammirabile affetto per la loro innocenza, glorificando per loro il Creatore di ogni cosa.

186. Non ci devono parere strane queste meraviglie, perché, sebbene la materia nella quale erano compiute si possa reputare di poco conto, le opere dell'Altissimo sono tutte grandi e venerabili nei loro fini, e grandiose erano anche quelle della nostra prudentissima Regina in qualsiasi materia in cui le facesse. Chi sarà mai tanto ignorante o temerario da non capire quanto il conoscere la partecipazione dell'essere di Dio e delle sue perfezioni in tutte le creature sia azione degna della creatura razionale, e così in tutte cercarlo, trovarlo, benedirlo e magnificarlo come ammirabile, onnipotente, liberale e santo, appunto come faceva Maria santissima, senza che vi fossero tempo nè luogo nè creatura visibile per lei inutili? Anzi, come non si confonderà la nostra ingrata dimenticanza, come non si addolcirà la nostra durezza e come non si accenderà il nostro tiepido cuore vedendoci ripresi ed ammaestrati dalle stesse creature irrazionali, le quali soltanto per l'esistenza che ricevono da Dio lo lodano senza offenderlo, mentre gli uomini, che sono fatti a sua immagine e somiglianza ed hanno la capacità di conoscerlo e di goderio eternamente, lo dimenticano senza conoscerlo, se lo conoscono non lo lodano e senza volerlo servire lo offendono? Costoro non hanno alcun diritto di preferirsi alle bestie, poiché vengono ad essere peggiori di quelle.

Insegnamento che mi diede la Regina del cielo

187. Figlia mia, con l'aiuto dell'insegnamento che ti ho dato finora, puoi aspirare a procurarti la scienza divina che io bramo che tu apprenda, perché con essa tu intenda e conosca profondamente il decoro e la riverenza che devi usare con Dio. Di nuovo ti avverto che tra i mortali questa scienza è molto difficile e da pochi desiderata, e ciò con molto danno per loro. Così, quando si pongono di fronte all'Altissimo o si occupano del culto e servizio di lui, non si formano un concetto degno della sua grandezza infinita né si spogliano delle immagini tenebrose e delle opere terrene, che li rendono deformi, torpidi e carnali e quindi indegni e incapaci di trattare con la magnificenza dovuta la Divinità sovrana. A questa grossolanità segue un altro disordine, cioè che, se hanno a che fare con il prossimo, si abbandonano senza misura alle azioni esteriori, perdendo totalmente la memoria del loro Creatore e l'attenzione a lui dovuta; e con l'impeto delle passioni si danno in preda a tutto ciò che è terreno.

188. Voglio dunque, carissima, che ti allontani da questo pericolo ed apprenda quella scienza, il cui oggetto è l'essere immutabile di Dio, con i suoi infiniti attributi. Lo devi conoscere e devi unirti a lui in modo tale che nessuna cosa creata si frapponga tra il tuo spirito e la tua anima e il vero e sommo Bene. In ogni tempo, luogo, occupazione ed opera, lo devi contemplare, senza staccailo dall'intimo abbraccio del tuo cuore. Per questo ti comando di trattailo con magnificenza, con decoro, con riverenza e con intimo timore del tuo animo. Voglio che tu abbia ogni attenzione e stima per tutto ciò che riguarda il suo culto. Soprattutto, dovendo entrare alla sua presenza per pregare e supplicare, spogliati di ogni immagine sensibile e terrena. Poiché, inoltre, l'umana fragilità non può sempre essere stabile nella forza dell'amore nè sopportare i suoi moti violenti, potrai ammettere qualche sollievo conveniente e tale che pure in esso tu trovi Dio, come per esempio il lodarlo per la bellezza dei cieli e delle stelle, per la varietà delle erbe, per la gradevole vista dei campi, per le virtù degli elementi e maggiormente per la natura degli angeli e per la gloria dei santi.

189. Tuttavia, starai sempre bene attenta, senza scordarti mai questo insegnamento, che cioè per nessuna vicenda o sofferenza devi cercare sollievo o distrazione nelle creature umane, tanto più trattandosi di uomini. Nella tua natura debole ed inclinata a non preoccuparsi, infatti, potresti correre il pericolo di superare il limite di quello che è lecito e giusto, e il piacere sensibile potrebbe introdursi più di quello che conviene alle religiose, spose del mio Figlio santissimo. Questo pericolo non c'è solo per te, ma per tutte le creature umane che non stanno all'erta, perché, se si allenta il freno alla natura fragile, essa non bada più alla ragione nè alla vera luce dello spirito, ma scordandosi di tutto segue ciecamente l'impeto della passione, e la passione segue il piacere. Contro questo pericolo sono stati ordinati il ritiro e la clausura delle anime consacrate al mio figlio e Signore, per svellere dalla radice le occasioni infelici e disgraziate di quelle religiose che di propria volontà le cercano e si abbandonano ad esse. Il tuo sollievo, carissima, come quello delle tue sorelle, non deve essere pieno di pericolo e di veleno mortale, ma devi sempre cercare di proposito quello che troverai nel segreto del tuo cuore e stando ritirata con il tuo Sposo, che è fedele nel consolare l'afflitto e nell'assistere il tribolato.


4 novembre, ore 9,30 (dopo aver finito di scrivere le mie impressioni)

Maria Valtorta

Dice Gesù:
   «Hai detto bene.[532] È masticare della paglia, ed Io voglio che tu ti nutra di grano schietto. La paglia non nutre, empie senza nutrire. E così è di molta scienza.

   Quello che è sempre un pericolo in ogni scienza, è addirittura pernicioso quando è scienza delle cose di Dio. Ma è così, ormai. I dottori della scienza sacra dimenticano troppo di che trattano, a servizio di chi sono e di quali potenze parlano. Dimenticano anche a chi parlano e le conseguenze del loro insegnamento che, come onde, si ripercuotono al largo dopo aver colpito direttamente i primi che li leggono. Potrebbero esser “luci”. Sono fumo che vela la luce anche dove è.

   Amano fare sfoggio di erudizione umana. In verità ti dico che, se è più facile[533] che passi un cammello per una cruna che non un ricco si salvi, ancor più difficile sarà che un ecclesiastico umanamente dotto, o chiunque tratta di cose di religione con scienza umana, si salvino. Non solo avranno a rispondere per essersi satollati, empiti fino a traboccarne, di umana erudizione, negando il posto e espellendo da sé quanto è scienza santa, ma dovranno rispondere dell’incalcolabile male che hanno fatto ad altri, cominciando dai loro confratelli per scendere ai semplici fedeli e ai semplici uomini.

   In verità ti dico che la luce che innimberà la fronte di un umile credente, che sa dire unicamente le sue orazioni senza altre vertigini di coltura, farà arrossire di vergogna costoro, che come Epulone[534] hanno voluto tutti i cibi sulla loro mensa dimenticandone uno solo: quello della carità. E la Carità sarà chiusa per loro, sarà molto avara con loro. Come loro furono chiusi ed avari con Essa.

   Non è capito dai dotti il Cantico che adombra gli amorosi rapporti fra Dio e la Chiesa e fra Dio e le anime. Non lo può essere. Solo gli amorosi di Dio sentono il suono della ottava corda,[535] quel suono che è dato dal tocco del dito di Dio mosso dal­l’amore. Gli altri hanno le orecchie chiuse a quella voce celeste, che è la vera voce regina fra le voci che come coro la contornano e che sono voci per i sensi umani. Non è capito dai dotti, che fanno una nuova Babele[536] là dove si alza, come stelo di mistico cero, la Parola che non ha bisogno di erudizione umana per essere compresa, ma di purezza d’animo e di amore. E non sono capiti da coloro per i quali l’Amore si fa Pane, si fa Voce, si fa Lu­ce.

   Levatevi le frange e le filatterie[537] nelle quali vi pavoneggiate e vestitevi di una semplice tunica di puro lino cinta da porpurea fascia. È stata la veste del Cristo Maestro e sia la vostra. Purezza, o portatori della religione. Purezza sia la vostra veste. Purezza di carne, doppia purezza di cuore, tripla purezza di pensiero.

   Non distribuite, a chi vi chiede il pensiero di Dio, un pensiero contaminato dal vostro pensiero separato da Dio e saturo di erudizione umana. Amore, amore, amore intorno e dentro di voi. Intorno perché le folle lo vedano, e dentro perché è da quanto è nell’interno che si irraggia essenza all’esterno. E non potete infondere ciò che non possedete, non potete parlare, con giusta voce, di ciò che non comprendete.

   Le anime non hanno bisogno di scienza, ma di luce. Per la scienza ci sono già fin troppi volumi e troppi dotti. Date le parole della Sapienza alle folle. E datele con parole di sapienza attinte da Me.

   E ora che abbiamo parlato di ciò, prosegui a scrivere ancora sulla Sapienza[538]. Ho incastonato questa chiosa in mezzo al commento perché è il suo posto. Te l’ho concessa dopo l’ubbidienza perché l’ubbidienza mi rende benigno e più Maestro che mai. Ti voglio tenere come un bimbo buono per mano, e più sarai con anima di bambino buono e più ti sarò Padre e Maestro.

   “La sapienza custodì colui che Dio fece per primo... essa lo trasse dal suo peccato e gli diede il potere di governare le cose”.

   Adamo nel Paradiso terrestre, puro e ubbidiente, era direttamente istruito da Dio. Quando Adamo si macchiò della colpa[539], demeritò dell’insegnamento di Dio. Ultima cura paterna fu di dare vesti ai due e insegnare loro come coprire ciò che ormai era stimolo ai sensi contaminati. Come avrebbe potuto la prima coppia regolarsi sulla Terra se una forza spirituale non l’avesse guidata?

   Dio è sempre padre, figli che non ci pensate. E anche quando colpisce, non colpisce che per bontà e con bontà. Non vi getta nudi e derelitti su vie di rovina lasciandovi soli. Se vi attirate il castigo, Egli ad esso unisce spirituali aiuti. Ma voi, fatti di carne e sangue, questi non li apprezzate. Voi volete solo ciò che è gioia e cibo della vostra carne e del vostro sangue.

   Adamo non udì più la voce dell’Offeso. Ma l’Offeso non lo lasciò senza luci, poiché lo amava come opera delle sue mani. Gli dette luci di istinto e luci di pentimento. Le prime per la sua carne, le seconde per la sua anima. Col pentimento sincero meritò salvezza e coll’istinto regnò sulle cose.

   Nei figli le luci, che altro non sono che Sapienza, furono maestre di progresso. Meno in chi rigettando la Sapienza ascoltò l’Errore, ossia Satana, che gli armò la mano[540] della selce con cui fu spento l’innocente.

   La Sapienza istruì l’onesto perché salvasse la stirpe dell’uomo e le razze delle bestie nel castigo delle acque aperte sul mondo divenuto cloaca.

   La Sapienza accese al gran sacrificio Abramo e condusse in salvamento il suo cuore di padre, come condusse fuor del fuoco venuto dal Cielo il giusto e l’ubbidiente.

   La Sapienza non abbandona chi a Lei si affida con cuore puro e retto pensiero. Ma fugge da chi di suo vuol scegliersi il suo pasto e la sua via, e colui conosce i sentieri dell’errore e mangia il cibo della morte.

   Come sole che sempre più alto sale sulla volta del cielo e sempre più sfolgora e accende, così la Sapienza sempre più alta brillò agli uomini che la seppero amare. Dette progresso di spirito e progresso di intelligenza. Sfolgorò nel miracolo del Sinai[541], in cui dette agli uomini la Legge che non muta. E volesse ora la vostra durezza aprirsi davanti al sangue che bevete - perché di sangue sono divenuti i fiumi e i mari della Terra, e di sangue si nutre la spiga e il grappolo che vi dan pane e vino - volesse ora aprirsi a riaccogliere la Sapienza come si aprì[542] agli ebrei d’Egitto.

   Anche questo è castigo di Misericordia, figli. Siete voi che lo mutate in castigo di Giustizia. Riconoscetemi per Padre e non per re inesorabile. Fatemi Re, ma re d’amore, re della vostra casa: padre, padre vostro e non giudice.

   E non siete tutti - voi che vivete in Me e voi che da Me vi siete allontanati - tormentati ad un modo? I primi per il dolore dato dagli uomini, i secondi per il dolore non confortato da Dio? Non soffrite forse tutti, ora, sulla Terra? Fame è anche per i neutri, strage di pestilenze, pericoli di nuovi flagelli è su tutti, anche sui lontani, sui più neutri di tutti.

   Venite a Me per salvarvi! Piangete non solo di rimpianto per il benessere materiale che avete perduto, ma per il rimorso di avere demeritato da Dio. Piangete, ma piangete battendovi il petto, piangete sulle mie mani che, se vi hanno colpito, lo hanno fatto per amore, per svegliarvi dal sonno[543] morboso in cui eravate caduti e dove perirete se vi resterete.

   Cessate di adorare chi non è Dio. Non vi siete ancora persuasi che ciò che adorate contro la Legge vi diventa punizione? Non dite che non credevate, che non sapevate. Da un secolo vado aumentando le “voci” e le apparizioni, miracoli le une e le altre di Bontà, per richiamarvi alla mia Via. Da un secolo aumento il peso dei castighi per richiamarvi alla mia Legge. Non fate conto di nulla. E più Dio si allontana e più voi, in luogo di chiamarlo, vi allontanate.

   Come vi chiamerò per darvi nome esatto? Vi chiamerò “Malizia”, perché di malizia vi siete empiti, alla Malizia vi siete venduti.

   No, non potete accusarmi di nulla. Non sono Io che vi distruggo. Siete voi che avete chiuso le porte all’Amore, che vi vegliava come un padre curvo sulle cune dei figli, e avete aperto le porte a Satana.
   Nella mia Giustizia, che non può restare passiva, Io ancora sono indulgente. Vi ricordo, fra gli scrosci delle sventure, che Io sono Dio e non ve ne sono altri fuori di Me. Vi ricordo che Io sono il Potente e Perfetto e voi il fango che è qualcosa finché resta sotto l’azione della Grazia, rugiada santa che impedisce al fango di divenire polvere. Vi ricordo che chi si scosta da Me cade negli eccessi e provoca rovina. Vi ricordo che la parola e le promesse degli uomini sono nuvola che passa e che sovente si dissolve in fulmini, e che una sola è la Parola e la Promessa che salva. Quella del vostro Dio.


   E se a sorreggere la vostra tesi di indemoniati mi dite che nel punire cadono coi colpevoli anche i giusti,[544] Io vi dico che non Io ma voi siete i loro uccisori, e di quel sangue ve ne chiederò conto, o razza di iene che solo sbranando vivete, o razza di serpenti che passate strozzando o contaminate col vostro veleno menti e cuori.
   No, che non sarò severo con chi non seppe ciò che era Dio. Ma con voi cristiani, che siete dei Giuda, sarò di una severità spietata.»


[532] Hai detto bene, il giorno prima, alla fine.
[533] se è più facile… come in Matteo 19, 24; Marco 10, 25; Luca 18, 25.
[534] come Epulone nella parabola di Luca 16, 19-31.
[535] ottava corda, alludendo al canto dei Salmi. “Sull’ottava” si legge nel titolo di Salmo 6, 1; 12, 1.
[536] Babele, cioè confusione, come in Genesi 11, 9.
[537] le frange e le filatterie, come in Matteo 23, 5.
[538] sulla Sapienza, cioè sul libro della Sapienza, di cui la scrittrice inserisce, a matita, il rinvio a C. 10, 11-12, che riteniamo debba essere interpretato: Sapienza 10-12. La citazione testuale, che segue, è da Sapienza 10, 1-2.
[539] colpa, nel racconto di Genesi 3.
[540] gli armò la mano, come a Caino in Genesi 4, 8; istruì l’onesto, che era Noè, nel racconto di Genesi 6, 9-22; 7, 1-5; gran sacrificio, che è narrato in Genesi 22, 1-18; il giusto e l’ubbidiente, probabile riferimento ad Abramo e Lot, secondo quanto è detto in Genesi 19, 29.
[541] miracolo del Sinai, narrato in Esodo 19, 16-25; 20; Deuteronomio 5, che comprendono “la Legge che non muta”, commentata nel “dettato” del 21 ottobre.
[542] si aprì (sottinteso: il mare) come si narra in Esodo 14, 15-31.
[543] sonno è nostra correzione da sogno
[544] … i giusti… A questo punto la scrittrice annota in calce, a matita: Che abbia voluto alludere al Giusto, al suo Vicario minacciato da bombe due volte nemiche?