Liturgia delle Ore - Letture
Giovedi della 1° settimana del tempo di Quaresima
Vangelo secondo Luca 23
1Tutta l'assemblea si alzò, lo condussero da Pilato2e cominciarono ad accusarlo: "Abbiamo trovato costui che sobillava il nostro popolo, impediva di dare tributi a Cesare e affermava di essere il Cristo re".3Pilato lo interrogò: "Sei tu il re dei Giudei?". Ed egli rispose: "Tu lo dici".4Pilato disse ai sommi sacerdoti e alla folla: "Non trovo nessuna colpa in quest'uomo".5Ma essi insistevano: "Costui solleva il popolo, insegnando per tutta la Giudea, dopo aver cominciato dalla Galilea fino a qui".
6Udito ciò, Pilato domandò se era Galileo7e, saputo che apparteneva alla giurisdizione di Erode, lo mandò da Erode che in quei giorni si trovava anch'egli a Gerusalemme.
8Vedendo Gesù, Erode si rallegrò molto, perché da molto tempo desiderava vederlo per averne sentito parlare e sperava di vedere qualche miracolo fatto da lui.9Lo interrogò con molte domande, ma Gesù non gli rispose nulla.10C'erano là anche i sommi sacerdoti e gli scribi, e lo accusavano con insistenza.11Allora Erode, con i suoi soldati, lo insultò e lo schernì, poi lo rivestì di una splendida veste e lo rimandò a Pilato.12In quel giorno Erode e Pilato diventarono amici; prima infatti c'era stata inimicizia tra loro.
13Pilato, riuniti i sommi sacerdoti, le autorità e il popolo,14disse: "Mi avete portato quest'uomo come sobillatore del popolo; ecco, l'ho esaminato davanti a voi, ma non ho trovato in lui nessuna colpa di quelle di cui lo accusate;15e neanche Erode, infatti ce l'ha rimandato. Ecco, egli non ha fatto nulla che meriti la morte.16Perciò, dopo averlo severamente castigato, lo rilascerò".17.18Ma essi si misero a gridare tutti insieme: "A morte costui! Dacci libero Barabba!".19Questi era stato messo in carcere per una sommossa scoppiata in città e per omicidio.
20Pilato parlò loro di nuovo, volendo rilasciare Gesù.21Ma essi urlavano: "Crocifiggilo, crocifiggilo!".22Ed egli, per la terza volta, disse loro: "Ma che male ha fatto costui? Non ho trovato nulla in lui che meriti la morte. Lo castigherò severamente e poi lo rilascerò".23Essi però insistevano a gran voce, chiedendo che venisse crocifisso; e le loro grida crescevano.24Pilato allora decise che la loro richiesta fosse eseguita.25Rilasciò colui che era stato messo in carcere per sommossa e omicidio e che essi richiedevano, e abbandonò Gesù alla loro volontà.
26Mentre lo conducevano via, presero un certo Simone di Cirène che veniva dalla campagna e gli misero addosso la croce da portare dietro a Gesù.27Lo seguiva una gran folla di popolo e di donne che si battevano il petto e facevano lamenti su di lui.28Ma Gesù, voltandosi verso le donne, disse: "Figlie di Gerusalemme, non piangete su di me, ma piangete su voi stesse e sui vostri figli.29Ecco, verranno giorni nei quali si dirà: Beate le sterili e i grembi che non hanno generato e le mammelle che non hanno allattato.
30Allora cominceranno a 'dire ai monti':
'Cadete su di noi!
e ai colli:
Copriteci!'
31Perché se trattano così il legno verde, che avverrà del legno secco?".
32Venivano condotti insieme con lui anche due malfattori per essere giustiziati.
33Quando giunsero al luogo detto Cranio, là crocifissero lui e i due malfattori, uno a destra e l'altro a sinistra.34Gesù diceva: "Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno".
'Dopo essersi poi divise le sue vesti, le tirarono a sorte'.
35Il popolo stava 'a vedere', i capi invece lo 'schernivano' dicendo: "Ha salvato gli altri, salvi se stesso, se è il Cristo di Dio, il suo eletto".36Anche i soldati lo schernivano, e gli si accostavano per porgergli 'dell'aceto', e dicevano:37"Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso".38C'era anche una scritta, sopra il suo capo: Questi è il re dei Giudei.
39Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: "Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e anche noi!".40Ma l'altro lo rimproverava: "Neanche tu hai timore di Dio e sei dannato alla stessa pena?41Noi giustamente, perché riceviamo il giusto per le nostre azioni, egli invece non ha fatto nulla di male".42E aggiunse: "Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno".43Gli rispose: "In verità ti dico, oggi sarai con me nel paradiso".
44Era verso mezzogiorno, quando il sole si eclissò e si fece buio su tutta la terra fino alle tre del pomeriggio.45Il velo del tempio si squarciò nel mezzo.46Gesù, gridando a gran voce, disse: "Padre, 'nelle tue mani consegno il mio spirito'". Detto questo spirò.
47Visto ciò che era accaduto, il centurione glorificava Dio: "Veramente quest'uomo era giusto".48Anche tutte le folle che erano accorse a questo spettacolo, ripensando a quanto era accaduto, se ne tornavano percuotendosi il petto.49Tutti i suoi conoscenti assistevano da lontano e così le donne che lo avevano seguito fin dalla Galilea, osservando questi avvenimenti.
50C'era un uomo di nome Giuseppe, membro del sinedrio, persona buona e giusta.51Non aveva aderito alla decisione e all'operato degli altri. Egli era di Arimatéa, una città dei Giudei, e aspettava il regno di Dio.52Si presentò a Pilato e chiese il corpo di Gesù.53Lo calò dalla croce, lo avvolse in un lenzuolo e lo depose in una tomba scavata nella roccia, nella quale nessuno era stato ancora deposto.54Era il giorno della parascève e già splendevano le luci del sabato.55Le donne che erano venute con Gesù dalla Galilea seguivano Giuseppe; esse osservarono la tomba e come era stato deposto il corpo di Gesù,56poi tornarono indietro e prepararono aromi e oli profumati. Il giorno di sabato osservarono il riposo secondo il comandamento.
Numeri 9
1Il Signore parlò ancora a Mosè nel deserto del Sinai, il primo mese del secondo anno, da quando uscirono dal paese d'Egitto, dicendo:2"Gli Israeliti celebreranno la pasqua nel tempo stabilito.3La celebrerete nel tempo stabilito, il quattordici di questo mese tra le due sere; la celebrerete secondo tutte le leggi e secondo tutte le prescrizioni e le usanze".4Mosè parlò agli Israeliti perché celebrassero la pasqua.5Essi celebrarono la pasqua il quattordici del mese al tramonto, nel deserto del Sinai; gli Israeliti agirono secondo tutti gli ordini che il Signore aveva dato a Mosè.
6Ora vi erano alcuni uomini che essendo immondi per aver toccato un morto, non potevano celebrare la pasqua in quel giorno. Si presentarono in quello stesso giorno davanti a Mosè e davanti ad Aronne;7quegli uomini dissero a Mosè: "Noi siamo immondi per aver toccato un cadavere; perché dovremo essere impediti di presentare l'offerta del Signore, al tempo stabilito, in mezzo agli Israeliti?".8Mosè rispose loro: "Aspettate e sentirò quello che il Signore ordinerà a vostro riguardo".9Il Signore disse a Mosè:10"Parla agli Israeliti e ordina loro: Se uno di voi o dei vostri discendenti sarà immondo per il contatto con un cadavere o sarà lontano in viaggio, potrà ugualmente celebrare la pasqua in onore del Signore.11La celebreranno il quattordici del secondo mese al tramonto; mangeranno la vittima pasquale con pane azzimo e con erbe amare;12non ne serberanno alcun resto fino al mattino e non ne spezzeranno alcun osso. La celebreranno secondo tutte le leggi della pasqua.13Ma chi è mondo e non è in viaggio, se si astiene dal celebrare la pasqua, sarà eliminato dal suo popolo; perché non ha presentato l'offerta al Signore nel tempo stabilito, quell'uomo porterà la pena del suo peccato.14Se uno straniero che soggiorna in mezzo a voi celebra la pasqua del Signore, si conformerà alle leggi e alle prescrizioni della pasqua. Avrete un'unica legge per lo straniero e per il nativo del paese".
15Nel giorno in cui la Dimora fu eretta, la nube coprì la Dimora, ossia la tenda della testimonianza; alla sera essa aveva sulla Dimora l'aspetto di un fuoco che durava fino alla mattina.16Così avveniva sempre: la nube copriva la Dimora e di notte aveva l'aspetto del fuoco.17Tutte le volte che la nube si alzava sopra la tenda, gli Israeliti si mettevano in cammino; dove la nuvola si fermava, in quel luogo gli Israeliti si accampavano.18Gli Israeliti si mettevano in cammino per ordine del Signore e per ordine del Signore si accampavano; rimanevano accampati finché la nube restava sulla Dimora.19Quando la nube rimaneva per molti giorni sulla Dimora, gli Israeliti osservavano la prescrizione del Signore e non partivano.20Se la nube rimaneva pochi giorni sulla Dimora, per ordine del Signore rimanevano accampati e per ordine del Signore levavano il campo.21Se la nube si fermava dalla sera alla mattina e si alzava la mattina, subito riprendevano il cammino; o se dopo un giorno e una notte la nube si alzava, allora riprendevano il cammino.22Se la nube rimaneva ferma sulla Dimora due giorni o un mese o un anno, gli Israeliti rimanevano accampati e non partivano: ma quando si alzava, levavano il campo.23Per ordine del Signore si accampavano e per ordine del Signore levavano il campo; osservavano le prescrizioni del Signore, secondo l'ordine dato dal Signore per mezzo di Mosè.
Sapienza 11
1Essa fece riuscire le loro imprese
per mezzo di un santo profeta:
2attraversarono un deserto inospitale,
fissarono le tende in terreni impraticabili,
3resistettero agli avversari, respinsero i nemici.
4Quando ebbero sete, ti invocarono
e fu data loro acqua da una rupe scoscesa,
rimedio contro la sete da una dura roccia.
5Ciò che era servito a punire i loro nemici,
nel bisogno fu per loro un beneficio.
6Invece della corrente di un fiume perenne,
sconvolto da putrido sangue
7in punizione di un decreto infanticida,
tu desti loro inaspettatamente acqua abbondante,
8mostrando per la sete di allora,
come avevi punito i loro avversari.
9Difatti, messi alla prova, sebbene puniti con misericordia,
compresero quali tormenti avevan sofferto gli empi,
giudicati nella collera,
10perché tu provasti gli uni come un padre che corregge,
mentre vagliasti gli altri come un re severo che condanna.
11Lontani o vicini erano ugualmente tribolati,
12perché un duplice dolore li colse
e un pianto per i ricordi del passato.
13Quando infatti seppero che dal loro castigo
quegli altri ricevevano benefici,
sentirono la presenza del Signore;
14poiché colui che avevano una volta esposto
e quindi respinto con scherni,
lo ammiravano alla fine degli eventi,
dopo aver patito una sete ben diversa da quella dei giusti.
15Per i ragionamenti insensati della loro ingiustizia,
da essi ingannati, venerarono
rettili senza ragione e vili bestiole.
Tu inviasti loro in castigo
una massa di animali senza ragione,
16perché capissero che con quelle stesse cose
per cui uno pecca, con esse è poi castigato.
17Certo, non aveva difficoltà la tua mano onnipotente,
che aveva creato il mondo da una materia senza forma,
a mandare loro una moltitudine di orsi e leoni feroci
18o belve ignote, create apposta, piene di furore,
o sbuffanti un alito infuocato
o esalanti vapori pestiferi
o folgoranti con le terribili scintille degli occhi,
19bestie di cui non solo l'assalto poteva sterminarli,
ma annientarli anche l'aspetto terrificante.
20Anche senza questo potevan soccombere con un soffio,
perseguitati dalla giustizia
e dispersi dallo spirito della tua potenza.
Ma tu hai tutto disposto con misura, calcolo e peso.
21Prevalere con la forza ti è sempre possibile;
chi potrà opporsi al potere del tuo braccio?
22Tutto il mondo davanti a te, come polvere sulla bilancia,
come una stilla di rugiada mattutina caduta sulla terra.
23Hai compassione di tutti, perché tutto tu puoi,
non guardi ai peccati degli uomini,
in vista del pentimento.
24Poiché tu ami tutte le cose esistenti
e nulla disprezzi di quanto hai creato;
se avessi odiato qualcosa, non l'avresti neppure creata.
25Come potrebbe sussistere una cosa, se tu non vuoi?
O conservarsi se tu non l'avessi chiamata all'esistenza?
26Tu risparmi tutte le cose,
perché tutte son tue, Signore, amante della vita,
Salmi 87
1'Dei figli di Core. Salmo. Canto.'
Le sue fondamenta sono sui monti santi;
2il Signore ama le porte di Sion
più di tutte le dimore di Giacobbe.
3Di te si dicono cose stupende,
città di Dio.
4Ricorderò Raab e Babilonia fra quelli che mi conoscono;
ecco, Palestina, Tiro ed Etiopia:
tutti là sono nati.
5Si dirà di Sion: "L'uno e l'altro è nato in essa
e l'Altissimo la tiene salda".
6Il Signore scriverà nel libro dei popoli:
"Là costui è nato".
7E danzando canteranno:
"Sono in te tutte le mie sorgenti".
Isaia 26
1In quel giorno si canterà questo canto nel paese di Giuda:
Abbiamo una città forte;
egli ha eretto a nostra salvezza
mura e baluardo.
2Aprite le porte:
entri il popolo giusto che mantiene la fedeltà.
3Il suo animo è saldo;
tu gli assicurerai la pace,
pace perché in te ha fiducia.
4Confidate nel Signore sempre,
perché il Signore è una roccia eterna;
5perché egli ha abbattuto
coloro che abitavano in alto;
la città eccelsa
l'ha rovesciata, rovesciata fino a terra,
l'ha rasa al suolo.
6I piedi la calpestano,
i piedi degli oppressi, i passi dei poveri.
7Il sentiero del giusto è diritto,
il cammino del giusto tu rendi piano.
8Sì, nella via dei tuoi giudizi,
Signore, noi speriamo in te;
al tuo nome e al tuo ricordo
si volge tutto il nostro desiderio.
9La mia anima anela a te di notte,
al mattino il mio spirito ti cerca,
perché quando pronunzi i tuoi giudizi sulla terra,
giustizia imparano gli abitanti del mondo.
10Si usi pure clemenza all'empio,
non imparerà la giustizia;
sulla terra egli distorce le cose diritte
e non guarda alla maestà del Signore.
11Signore, sta alzata la tua mano,
ma essi non la vedono.
Vedano, arrossendo, il tuo amore geloso per il popolo;
anzi, il fuoco preparato per i tuoi nemici li divori.
12Signore, ci concederai la pace,
poiché tu dài successo a tutte le nostre imprese.
13Signore nostro Dio, altri padroni,
diversi da te, ci hanno dominato,
ma noi te soltanto, il tuo nome invocheremo.
14I morti non vivranno più,
le ombre non risorgeranno;
poiché tu li hai puniti e distrutti,
hai fatto svanire ogni loro ricordo.
15Hai fatto crescere la nazione, Signore,
hai fatto crescere la nazione, ti sei glorificato,
hai dilatato tutti i confini del paese.
16Signore, nella tribolazione ti abbiamo cercato;a te abbiamo gridato nella prova, che è la tua correzione.
17Come una donna incinta che sta per partorire
si contorce e grida nei dolori,
così siamo stati noi di fronte a te, Signore.
18Abbiamo concepito, abbiamo sentito i dolori
quasi dovessimo partorire: era solo vento;
non abbiamo portato salvezza al paese
e non sono nati abitanti nel mondo.
19Ma di nuovo vivranno i tuoi morti,
risorgeranno i loro cadaveri.
Si sveglieranno ed esulteranno
quelli che giacciono nella polvere,
perché la tua rugiada è rugiada luminosa,
la terra darà alla luce le ombre.
20Va', popolo mio, entra nelle tue stanze
e chiudi la porta dietro di te.
Nasconditi per un momento
finché non sia passato lo sdegno.
21Perché ecco, il Signore esce dalla sua dimora
per punire le offese fatte a lui dagli abitanti della terra;
la terra ributterà fuori il sangue assorbito
e più non coprirà i suoi cadaveri.
Atti degli Apostoli 21
1Appena ci fummo separati da loro, salpammo e per la via diretta giungemmo a Cos, il giorno seguente a Rodi e di qui a Pàtara.2Trovata qui una nave che faceva la traversata per la Fenicia, vi salimmo e prendemmo il largo.3Giunti in vista di Cipro, ce la lasciammo a sinistra e, continuando a navigare verso la Siria, giungemmo a Tiro, dove la nave doveva scaricare.4Avendo ritrovati i discepoli, rimanemmo colà una settimana, ed essi, mossi dallo Spirito, dicevano a Paolo di non andare a Gerusalemme.5Ma quando furon passati quei giorni, uscimmo e ci mettemmo in viaggio, accompagnati da tutti loro con le mogli e i figli sin fuori della città. Inginocchiati sulla spiaggia pregammo, poi ci salutammo a vicenda;6noi salimmo sulla nave ed essi tornarono alle loro case.7Terminata la navigazione, da Tiro approdammo a Tolemàide, dove andammo a salutare i fratelli e restammo un giorno con loro.
8Ripartiti il giorno seguente, giungemmo a Cesarèa; ed entrati nella casa dell'evangelista Filippo, che era uno dei Sette, sostammo presso di lui.9Egli aveva quattro figlie nubili, che avevano il dono della profezia.10Eravamo qui da alcuni giorni, quando giunse dalla Giudea un profeta di nome Àgabo.11Egli venne da noi e, presa la cintura di Paolo, si legò i piedi e le mani e disse: "Questo dice lo Spirito Santo: l'uomo a cui appartiene questa cintura sarà legato così dai Giudei a Gerusalemme e verrà quindi consegnato nelle mani dei pagani".12All'udir queste cose, noi e quelli del luogo pregammo Paolo di non andare più a Gerusalemme.13Ma Paolo rispose: "Perché fate così, continuando a piangere e a spezzarmi il cuore? Io sono pronto non soltanto a esser legato, ma a morire a Gerusalemme per il nome del Signore Gesù".14E poiché non si lasciava persuadere, smettemmo di insistere dicendo: "Sia fatta la volontà del Signore!".
15Dopo questi giorni, fatti i preparativi, salimmo verso Gerusalemme.16Vennero con noi anche alcuni discepoli da Cesarèa, i quali ci condussero da un certo Mnasóne di Cipro, discepolo della prima ora, dal quale ricevemmo ospitalità.
17Arrivati a Gerusalemme, i fratelli ci accolsero festosamente.18L'indomani Paolo fece visita a Giacomo insieme con noi: c'erano anche tutti gli anziani.19Dopo aver rivolto loro il saluto, egli cominciò a esporre nei particolari quello che Dio aveva fatto tra i pagani per mezzo suo.20Quand'ebbero ascoltato, essi davano gloria a Dio; quindi dissero a Paolo: "Tu vedi, o fratello, quante migliaia di Giudei sono venuti alla fede e tutti sono gelosamente attaccati alla legge.21Ora hanno sentito dire di te che vai insegnando a tutti i Giudei sparsi tra i pagani che abbandonino Mosè, dicendo di non circoncidere più i loro figli e di non seguire più le nostre consuetudini.22Che facciamo? Senza dubbio verranno a sapere che sei arrivato.23Fa' dunque quanto ti diciamo: vi sono fra noi quattro uomini che hanno un voto da sciogliere.24Prendili con te, compi la purificazione insieme con loro e paga tu la spesa per loro perché possano radersi il capo. Così tutti verranno a sapere che non c'è nulla di vero in ciò di cui sono stati informati, ma che invece anche tu ti comporti bene osservando la legge.25Quanto ai pagani che sono venuti alla fede, noi abbiamo deciso ed abbiamo loro scritto che si astengano dalle carni offerte agli idoli, dal sangue, da ogni animale soffocato e dalla impudicizia".
26Allora Paolo prese con sé quegli uomini e il giorno seguente, fatta insieme con loro la purificazione, entrò nel tempio per comunicare il compimento dei giorni della purificazione, quando sarebbe stata presentata l'offerta per ciascuno di loro.
27Stavano ormai per finire i sette giorni, quando i Giudei della provincia d'Asia, vistolo nel tempio, aizzarono tutta la folla e misero le mani su di lui gridando:28"Uomini d'Israele, aiuto! Questo è l'uomo che va insegnando a tutti e dovunque contro il popolo, contro la legge e contro questo luogo; ora ha introdotto perfino dei Greci nel tempio e ha profanato il luogo santo!".29Avevano infatti veduto poco prima Tròfimo di Èfeso in sua compagnia per la città, e pensavano che Paolo lo avesse fatto entrare nel tempio.30Allora tutta la città fu in subbuglio e il popolo accorse da ogni parte. Impadronitisi di Paolo, lo trascinarono fuori del tempio e subito furono chiuse le porte.31Stavano già cercando di ucciderlo, quando fu riferito al tribuno della coorte che tutta Gerusalemme era in rivolta.32Immediatamente egli prese con sé dei soldati e dei centurioni e si precipitò verso i rivoltosi. Alla vista del tribuno e dei soldati, cessarono di percuotere Paolo.33Allora il tribuno si avvicinò, lo arrestò e ordinò che fosse legato con due catene; intanto s'informava chi fosse e che cosa avesse fatto.34Tra la folla però chi diceva una cosa, chi un'altra. Nell'impossibilità di accertare la realtà dei fatti a causa della confusione, ordinò di condurlo nella fortezza.35Quando fu alla gradinata, dovette essere portato a spalla dai soldati a causa della violenza della folla.36La massa della gente infatti veniva dietro, urlando: "A morte!".
37Sul punto di esser condotto nella fortezza, Paolo disse al tribuno: "Posso dirti una parola?". "Conosci il greco?, disse quello,38Allora non sei quell'Egiziano che in questi ultimi tempi ha sobillato e condotto nel deserto i quattromila ribelli?".39Rispose Paolo: "Io sono un Giudeo di Tarso di Cilicia, cittadino di una città non certo senza importanza. Ma ti prego, lascia che rivolga la parola a questa gente".40Avendo egli acconsentito, Paolo, stando in piedi sui gradini, fece cenno con la mano al popolo e, fattosi un grande silenzio, rivolse loro la parola in ebraico dicendo:
Capitolo XXI: La compunzione del cuore
Leggilo nella Biblioteca 1. Se vuoi fare qualche progresso conservati nel timore di Dio, senza ambire a una smodata libertà; tieni invece saldamente a freno i tuoi sensi, senza lasciarti andare a una stolta letizia. Abbandonati alla compunzione di cuore, e ne ricaverai una vera devozione. La compunzione infatti fa sbocciare molte cose buone, che, con la leggerezza di cuore, sogliono subitamente disperdersi. E' meraviglia che uno possa talvolta trovare piena letizia nella vita terrena, se considera che questa costituisce un esilio e se riflette ai tanti pericoli che la sua anima vi incontra. Per leggerezza di cuore e noncuranza dei nostri difetti spesso non ci rendiamo conto dei guai della nostra anima; anzi, spesso ridiamo stoltamente, quando, in verità, dovremmo piangere. Non esiste infatti vera libertà, né santa letizia, se non nel timore di Dio e nella rettitudine di coscienza. Felice colui che riesce a liberarsi da ogni impaccio dovuto a dispersione spirituale, concentrando tutto se stesso in una perfetta compunzione. Felice colui che sa allontanare tutto ciò che può macchiare o appesantire il suo spirito. Tu devi combattere da uomo: l'abitudine si vince con l'abitudine. Se impari a non curarti della gente, questa lascerà che tu attenda tranquillamente a te stesso. Non portare dentro di te le faccende degli altri, non impicciarti neppure di quello che fanno le persone più in vista; piuttosto vigila sempre e in primo luogo su di te, e rivolgi il tuo ammonimento particolarmente a te stesso, prima che ad altre persone, anche care. Non rattristarti se non ricevi il favore degli uomini; quello che ti deve pesare, invece, è la constatazione di non essere del tutto e sicuramente nella via del bene, come si converrebbe a un servo di Dio e a un monaco pieno di devozione.
2. E' grandemente utile per noi, e ci dà sicurezza di spirito, non ricevere molte gioie in questa vita; particolarmente gioie materiali. Comunque, è colpa nostra se non riceviamo consolazioni divine o ne proviamo raramente; perché non cerchiamo la compunzione del cuore e non respingiamo del tutto le vane consolazioni che vengono dal di fuori. Riconosci di essere indegno della consolazione divina, e meritevole piuttosto di molte sofferenze, Quando uno è pienamente compunto in se stesso, ogni cosa di questo mondo gli appare pesante e amara. L'uomo retto, ben trova motivo di pianto doloroso. Sia che rifletta su di sé o che vada pensando agli altri, egli comprende che nessuno vive quaggiù senza afflizioni; e quanto più severamente si giudica, tanto maggiormente si addolora. Sono i nostri peccati e i nostri vizi a fornire materia di giusto dolore e di profonda compunzione; peccato e vizi dai quali siamo così avvolti e schiacciati che raramente riusciamo a guardare alle cose celesti. Se il nostro pensiero andasse frequentemente alla morte, più che alla lunghezza della vita, senza dubbio ci emenderemmo con maggior fervore. Di più, se riflettessimo nel profondo del cuore alle sofferenze future dell'inferno e del purgatorio, accetteremmo certamente fatiche e dolori, e non avremmo paura di un duro giudizio. Invece queste cose non penetrano nel nostro animo; perciò restiamo attaccati alle dolci mollezze, restiamo freddi e assai pigri. Spesso, infatti, è sorta di spirituale povertà quella che facilmente invade il nostro misero corpo. Prega dunque umilmente il Signore che ti dia lo spirito di compunzione; e di', con il profeta: nutrimi, o Signore, "con il pane delle lacrime; dammi, nelle lacrime, copiosa bevanda" (Sal 79,6).
DISCORSO 346/A SUL VERBO DIVINO VENUTO A GUIDARE IL CAMMINO DEI CRISTIANI PERCHÉ NON SI AMI LA FELICITÀ TERRENA.
Discorsi - Sant'Agostino
Leggilo nella BibliotecaIl Verbo di Dio ci insegna il cammino da scegliere nella nostra vita.
1. Noi, o fratelli, siamo cristiani e ci proponiamo tutti di percorrere un cammino, ma anche se non ce lo proponessimo, di fatto lo percorriamo perché lo scorrere del tempo sospinge tutti quelli che vengono in questa vita a procedere oltre, e non permette a nessuno di restare qui. Non è concesso di indugiare pigramente: si deve camminare se non si vuol essere trascinati via. Su questo nostro cammino, a un bivio ci si è fatto incontro un uomo: ma non è un uomo, è Dio, che per gli uomini si è fatto uomo. Egli ci ha detto: Non incamminatevi per la via di sinistra: essa si presenta facile e piana, piena di delizie, è larga e battuta da molti, ma conduce alla morte. C'è invece un'altra via che presenta difficoltà fatiche angustie asprezze in gran numero: essa non solo è priva di piaceri, ma offre scarsi conforti umani. Incamminandovi su di essa, incontrerete difficoltà che potrete però superare presto, e giungerete così alla vetta del gaudio, vincendo quelle insidie da cui per altra via nessuno può scampare.
Quello che il Verbo di Dio aveva detto, si è sempre compiuto.
2. Se ripercorriamo il passato leggendo le sacre Scritture, troviamo che quell'uomo che si è fatto incontro a noi è il Verbo di Dio, il Verbo in persona che poi si è fatto uomo e ha abitato fra noi 1. Prima di farsi uomo e abitare fra noi, egli aveva parlato per mezzo dei Profeti. Fu certo Dio nel suo Verbo che parlò ad Abramo annunciandogli, quando lui era vecchio e Sara anziana e sterile, che la sua stirpe sarebbe andata in terra straniera: egli prestò fede alla parola e la parola si compì. Gli fu anche annunciato che il popolo che da lui sarebbe disceso sarebbe stato schiavo per quattrocento anni in Egitto, e così avvenne; che sarebbe stato liberato da quella schiavitù, e fu liberato; che avrebbe ricevuto in dono la terra promessa, e la ebbe. Eventi lontani e prossimi del futuro vennero annunciati e si compirono e ancora si vanno compiendo. Per mezzo dei Profeti la parola di Dio annunciò che quel popolo peccava e doveva essere consegnato nelle mani dei suoi nemici perché offendeva il suo Dio: e così avvenne. Annunciò che sarebbe stato condotto a Babilonia in schiavitù, e l'annuncio si compì. Annunciò che sarebbe venuto da quel popolo il Cristo nostro re, e Cristo è venuto, Cristo è nato, lui che era il Verbo che annunciava la sua stessa venuta. Fu annunciato che i Giudei l'avrebbero crocifisso, e lo crocifissero. Fu annunciato che sarebbe risorto e sarebbe stato glorificato, e così avvenne: è risorto ed è salito al cielo. Fu annunciato che tutta la terra avrebbe creduto nel suo nome, che i re avrebbero perseguitato la sua Chiesa: tutto si è compiuto. Fu annunciato che i re avrebbero creduto in lui, e la fede dei re è diventata una realtà: come dubitare della nostra fede in Cristo? Furono annunciate le lacerazioni causate dalle eresie, e noi oggi le vediamo, e gemiamo di dolore per lo strepito che esse fanno, diffondendosi intorno a noi. Fu annunciato l'abbattimento degli idoli per opera della Chiesa e nel nome di Cristo, e noi lo vediamo compiersi. Fu annunciato che sarebbero sopraggiunti nella Chiesa scandali e che vi si sarebbero trovate zizzania e pula. Tutto questo vediamo con i nostri occhi e sopportiamo con tutta la fortezza che Dio ci dona. Hai forse trovato qualche inganno nelle parole di colui che ti disse di incamminarti per questa via? Davanti a così grandi prove della sua veracità, devi con sicurezza, se tu sei un fedele, dichiarare: Lo riconosco veritiero in tutti questi casi poiché si è degnato di darne prove di fatto. Se mi dice sempre il vero, non può ingannarmi, e io credo vero tutto quello che egli dice perché non ha mai mentito, come ho potuto ben conoscere. Egli è il Verbo di Dio e non posso dubitare che dica il falso parlando di persona, se non ha mentito parlando per bocca dei suoi servi. Colui poi che ancora non lo conosce, che ancora dubita di Cristo può ben dire anche lui: Poiché tutto il mondo ormai crede in lui, devo pensare che dica il vero, e seguire la sua strada.
Ci dobbiamo convertire ora per essere pronti al giudizio finale.
3. O miei fratelli, a coloro che non credono, che non ascoltano la voce dei santi Padri, capiterà quello che capitò al tempo di Noè quando di tutta quella gente si salvarono solo quelli che erano entrati nell'arca. Se adesso costoro riflettessero e si allontanassero dalla via dell'empietà, convertendosi al nostro Signore, dandogli soddisfazione dei propri peccati e implorando la sua misericordia, avrebbero da lui il perdono delle proprie colpe e certo si salverebbero. Fu misericordioso Dio verso Ninive che con tre giorni di penitenza ottenne di essere salvata. Se pur brevissimo era lo spazio di tre giorni loro concesso, essi non disperarono che Dio nella sua misericordia non si piegasse a clemenza. Se dunque una città così grande ebbe tre giorni di tempo per ottenere la misericordia di Dio, immenso davvero fu lo spazio di cento, duecento, trecento anni in cui si andò costruendo l'arca. Da quando poi Cristo cominciò a tagliare dalla selva dei popoli, cioè della Chiesa, legna incorruttibile per l'arca della salvezza eterna, certo gli uomini riuscirebbero a salvarsi, se mutassero via e vita, se offrissero a Dio il sacrificio del loro cuore tribolato. Temano dunque gli uomini di farsi trovare non convertiti nel giorno terribile del giudizio. E noi, fratelli, da parte nostra impegnamoci a convertirci dalle vie del male e a mutare il nostro modo di vita finché abbiamo tempo di farlo, perché non ci sorprenda impreparati quel giorno: non mente mai colui che ne ha annunciato la venuta, e non se ne può dubitare: è la Verità. Fu così anche al tempo di Noè: Mangiavano, bevevano, compravano, vendevano, si ammogliavano e si maritavano, fino al giorno in cui Noè entrò nell'arca e venne il diluvio e li fece perire tutti 2. Essi ponevano la loro speranza in questo mondo e cercavano una sicurezza di vita, ma al di fuori della regione della sicurezza: e si salvarono solo quelli che erano entrati nell'arca.
Difficile l'ingresso nel regno eterno.
4. Molti, ascoltando queste esortazioni ad aspettare il giudizio, e a non lasciarsi sorprendere fuori dell'arca, come coloro che perirono nel diluvio, dicono che li spaventa l'annuncio del Vangelo, li atterrisce la parola di Dio, e chiedono che cosa fare. Se lo chiede il giovane, se lo chiede l'adolescente. E molti dicono: Non dovremo mangiare? non dovremo bere? dovremo far sempre digiuno? E chi aveva intenzione di fare un acquisto si chiede se rinunciarvi: non vorrebbero aggiungersi al numero di coloro che il diluvio fece perire. Chiediamoci che cosa fare, fratelli, perché se ci vengono chieste davvero queste dure rinunce, non ci resterebbe che piangere, come si rattristarono gli Apostoli sulla condizione del genere umano. Se vuoi essere perfetto, vendi quello che possiedi, dallo ai poveri e avrai un tesoro nel cielo; poi vieni e seguimi 3: si rattristò il giovane a cui Gesù aveva dato tale risposta e si allontanò da lui. Lo aveva chiamato maestro buono interrogandolo sul modo di procurarsi la vita eterna, e gli parve maestro buono finché alla domanda diede quella risposta com'era giusto; ma ascoltata la risposta, lui che era ricco, si rattristò. E al suo allontanarsi il Signore esclamò con amarezza: Come difficilmente un ricco entra nel regno dei cieli! 4, quasi che esso sia chiuso ai ricchi. Che cosa avverrà? E` stato chiuso. Ma lo stesso Gesù dice pure: Bussate e vi sarà aperto 5. Ci si potrebbe davvero augurare che i dannati nel fuoco siano così pochi come pochi sono i ricchi! Ma degli stessi ricchi molti entreranno nel regno dei cieli, mentre molti poveri andranno nel fuoco eterno se, pur non possedendo ricchezze, sono posseduti dalle passioni.
I ricchi non disperino del cielo: figura di Cristo è il "cammello" del Vangelo.
5. Si rattristarono allora i discepoli. Ma il Signore dice: Questo è difficile per gli uomini, ma a Dio tutto è possibile 6. Voi siete turbati per la difficoltà, poiché egli ha fatto riferimento al cammello; ma il cammello, che è un animale enorme, se vuole, può entrare per la cruna dell'ago. Ecco come è possibile. Non senza motivo Giovanni Battista, il precursore del Signore stesso, indossava una veste di peli di cammello: vuol dire che l'indumento che indossava era formato da colui che sarebbe venuto giudice dopo di lui, di cui egli dava testimonianza. Infatti nel cammello dobbiamo riconoscere una figura del nostro Signore Gesù Cristo: grande è il cammello, tuttavia capace di abbassare fino a terra il capo; ma nessuno può imporgli un carico se lui stesso non si abbassa fino a terra. Così anche Cristo umiliò se stesso fino alla morte 7, e questo fece per annientare mediante la sua morte colui che della morte aveva il potere, cioè il diavolo 8. Questa è la cruna dell'ago dalla quale passò lui con tutta la sua grandezza: nell'ago che punge vediamo la passione che egli soffrì di sua volontà, e nella cruna, che offre il passaggio, le sue sofferenze. Ecco il cammello passato ormai dalla cruna dell'ago. Non devono disperare i ricchi: essi entrano sicuramente nel regno dei cieli.
Ricchi e poveri davanti al giudice.
6. Ma distinguiamo per quali ricchi questo vale. Ecco un povero, coperto malamente di pochi panni, esulta e ride udendo che i ricchi non entreranno nel regno dei cieli. Questi miei miseri panni mi faranno entrare - dice -, ma non entreranno coloro che ci offendono e schiacciano: certo saranno esclusi uomini siffatti. Ma gli chiedo di esaminare bene se lui potrà entrare. Non entrerai se sei povero ma avido, se sei oppresso dalla miseria ma bruci di brame. Non sei neppure propriamente povero se lo sei per non aver potuto essere ricco, non per tua scelta: Dio guarda non ai mezzi, ma alla disposizione dell'animo. Se tu sei malvagio scostumato bestemmiatore ubriacone adultero superbo, certo non appartieni ai poveri di Dio, certo non sei tra coloro per i quali fu annunciato: Beati i poveri in spirito perché di essi è il regno dei cieli 9. E proprio quel ricco di contro al quale ti vantasti, quasi avessi tu il diritto di aspirare al regno dei cieli, io lo vedo invece povero in spirito, e quindi umile pio innocente: egli non bestemmia, obbedisce alla volontà di Dio e, se gli capita di subire perdite del suo patrimonio, subito dice: Il Signore ha dato, il Signore ha tolto; è avvenuto come è piaciuto al Signore: sia benedetto il nome del Signore! 10. Questo ricco umile e mite che non si ribella e non mormora, che obbedisce alla volontà del Signore, avrà il gaudio della terra dei vivi: Beati i miti perché erediteranno la terra 11. Forse invece tu che sei povero, sei superbo. Certo, come io lodo il ricco che è umile, così lodo anche il povero nel quale c'è umiltà: ma mentre il povero non ha di che vantarsi, il ricco ha da impegnarsi in una lotta. Perciò proprio il ricco entrerà di preferenza nel regno dei cieli, il quale invece verrà chiuso davanti a te, povero, perché viene chiuso davanti all'empio, al superbo, all'adultero, a chi bestemmia, a chi si ubriaca, a chi è avido. Chi ha avuto fiducia in colui che gli fece la promessa lo troverà fedele debitore. Il ricco che è umile, umano, fedele, può parlare così giustificandosi: Dio sa che non mi esalto in superbia; se mi capita di alzare la voce e dico qualche parola aspra, sono spinto a farlo dalla necessità di comandare, come vede Dio che legge nella coscienza: non intendo per questo pormi al di sopra degli altri. Dio penetra dentro le opere che seguono: i ricchi che sono impegnati nel bene, si manifestano generosi e condividono i loro averi con chi non ha nulla. Uno rivela l'umiltà proprio nell'essere insieme umile e ricco. Chi fa professione di bontà e pietà, deve condividere quello che ha con chi è nel bisogno, per prepararsi un tesoro che valga nel futuro, per ottenere la vita vera e beata 12. Vivendo in questo modo i ricchi possono essere sicuri che, quando verrà l'ultimo giorno, essi si troveranno nell'arca, saranno nell'edificio, non saranno esposti al diluvio. Non devono temere per il fatto che sono ricchi. Se dunque un ricco è giovane e non può vivere nella continenza, è legittimo che prenda moglie. Ma poiché poco è il tempo che ci rimane, da ora in poi quelli che sono sposati vivano come se non lo fossero; quelli che comprano, come se non possedessero nulla, quelli che piangono come se non piangessero; e quelli che godono come se non godessero; quelli che usano i beni di questo mondo, come se non se ne servissero: perché passa la scena di questo mondo 13.
Correggiamoci perché è prossima la venuta del giudice.
7. O miei fratelli, alcuni mormorano contro Dio lamentandosi dei nostri tempi: li dicono tristi duri gravosi, ma nondimeno vengono allestiti gli spettacoli. E più duri dei tempi sono coloro che la durezza dei tempi non vale a correggere. Trionfa ancora uno sfarzo folle, si aspira alle cose superflue, la brama non ha più limite. Quanti mali derivano comunemente da tutto ciò! E abbonda la lussuria a causa degli spettacoli teatrali e musicali e dei pantomimi. Proprio perché l'uomo intende usare male quello cui aspira, non lo otterrà. Lo insegna l'apostolo Giacomo: Voi desiderate qualcosa e, se non potete averla, siete pronti a uccidere. Qualcosa suscita la vostra invidia e, se non riuscite ad ottenerla, vi mettete a lottare, a far guerra.. . In realtà voi non ottenete perché le vostre intenzioni sono cattive: volete sprecare tutto nei vostri piaceri 14. Ci dobbiamo impegnare a correggerci, fratelli: sta per venire il giudice. Del fatto che egli è venuto, finora ci si è presi gioco, ma egli verrà e non avremo il tempo di prendercene gioco. Dobbiamo correggerci, fratelli, perché verranno tempi migliori che non sarà però concesso di godere a chi vive male. Ormai il nostro tempo declina, volge alla vecchiaia. E il nostro cammino non va verso la giovinezza. Che cosa mai possiamo sperare in questa vita? Volgiamo i nostri desideri di là da essa. La nostra speranza deve tendere unicamente al tempo annunciato dal Vangelo: non in conseguenza della venuta del Cristo i nostri tempi sono tristi, anzi proprio perché i tempi erano tristi e duri, egli è venuto a portare consolazione.
Le asprezze della vita sono necessarie. Cristo è venuto come medico.
8. Vi dico, fratelli, che dovevano esserci tempi duri e gravosi perché egli venisse. Pensiamo che cosa faremmo se non fosse con noi il potente consolatore. Il genere umano a partire da Adamo in poi giaceva malato: da quando siamo venuti al mondo, dopo la cacciata dal paradiso, la nostra è una vita di malati, e il nostro male è destinato ad aggravarsi nel tempo finale, in prossimità - è sperabile - della salvezza o, per alcuni, della morte. A questo genere umano giacente infermo nel gran letto del mondo venne in soccorso quel nostro gran medico. Un medico valente osserva e studia il corso della malattia, fa una prognosi sui suoi sviluppi e, quando è ancora lieve la sofferenza del malato, fa intervenire i suoi aiutanti; allo stesso modo il nostro medico mandò prima a visitarci i Profeti che ci portarono la loro parola, la loro predicazione, ed egli guarì alcuni per mezzo loro. Essi annunciarono un aggravamento del male in prossimità della fase finale, che avrebbe causato grave tormento al malato e avrebbe richiesto l'intervento del medico in persona a cui potesse direttamente ricorrere il malato. Era stato annunciato che avrebbe consolato e sanato chi avesse avuto fede in lui: Io percuoto e guarisco 15: e così avvenne. Egli è venuto, si è fatto uomo assumendo la nostra condizione di uomini mortali perché noi possiamo condividere la sua immortalità. Ma gli uomini sono ancora travagliati dalla malattia e, riarsi dalla febbre, con il respiro affannoso, si lamentano che da quando è arrivato il medico, le febbri sono diventate più violente, più grave il tormento, insostenibili i patimenti. Da qualunque parte sia giunto il medico, non sembra loro sia stata salutare la sua venuta. Questi i lamenti di chi è ancora immerso nella malattia delle vanità mondane, avendo rifiutato di ricevere dal medico, la medicina della sobrietà. Dio è venuto come medico, avendo visto gli uomini travagliati dai loro affanni, agitati nelle occupazioni molteplici di questo mondo che fanno perire la loro anima. Eppure essi osano dire che noi soffriamo di tale triste vita da quando è venuto il Cristo, e che il mondo ha perso le sue forze da quando ci sono i cristiani. Davvero sei stolto, o uomo malato! Non ha certo aggravato la tua malattia la venuta del medico: è un medico buono amoroso giusto, pieno di misericordia, che ha previsto la malattia, non l'ha causata. Egli è venuto a consolarti e guarirti veramente. Vuole solo toglierti quel superfluo, quelle cose dannose che tu bramavi rendendotene schiavo, e che non ti lasciavano guarire dalla febbre. Non è spietato il medico che toglie al malato i frutti nocivi: ti ha tolto quella funesta sicurezza che cercavi di conquistare. Devi liberarti da questo male che ti corrode dentro; anche il tuo soffrire, il tuo lamentarti fanno parte della cura del medico. Il medico non vuole curarti perché tu non patisca i tormenti che mal sopporti. Devono essere dolorosi i tempi della nostra vita perché non ci attacchiamo alla felicità terrena. E` necessario, è salutare che questa vita sia travagliata perché si ami l'altra vita. Nella nostra fiacchezza di spirito ci abbandoniamo ancora con tanto diletto ai piaceri terreni e ai divertimenti dell'anfiteatro, sì che abbiamo bisogno di vedere colpite tali manifestazioni. Per quante amarezze ci sconvolgano, non riusciamo a non sentire ancora dolce il mondo.
1 - Gv 1, 14.
2 - Lc 17, 27.
3 - Mt 19, 21.
4 - Mt 19, 23.
5 - Mt 7, 7.
6 - Mt 19, 26.
7 - Cf. Fil 2, 8.
8 - Eb 2, 14.
9 - Mt 5, 3.
10 - Gb 1, 21.
11 - Mt 5, 4.
12 - Cf. 1 Tm 6, 17-19.
13 - 1 Cor 7, 29-31.
14 - Gc 4, 2-3.
15 - Dt 32, 39.
28 - Lucifero persevera con le sue sette legioni nel tentare Maria santissima.
La mistica Città di Dio - Libro terzo - Suor Maria d'Agreda
Leggilo nella Biblioteca359. Se il principe delle tenebre avesse potuto retrocedere nella sua iniquità, le vittorie che la Regina del cielo aveva riportato sarebbero bastate per abbattere ed umiliare la sua esorbitante superbia. Siccome, però, egli si solleva sempre contro Dio e non è mai sazio della sua malizia, fu vinto, ma non si arrese volontariamente. Bruciava tra le fiamme del suo inestinguibile furore, vedendosi vinto da un'umile e giovane donna, mentre lui ed i suoi ministri infernali avevano sottomesso tanti uomini forti e donne magnanime. Questo nemico giunse a conoscere che Maria santissima era incinta, avendo Dio disposto così, anche se seppe solamente che nel suo grembo c'era un bambino vero, perché la divinità e gli altri misteri sempre rimanevano celati a questi nemici; così, si persuasero che non era il Messia promesso, essendo un bambino come gli altri. Questo inganno li dissuase anche dal credere che Maria santissima fosse la madre del Verbo, che temevano avrebbe loro schiacciato la testa. Tuttavia, giudicarono che da una donna tanto forte e vittoriosa dovesse nascere qualche uomo insigne in santità. Prevedendo ciò, il grande drago concepì contro il frutto di Maria santissima quel furore di cui san Giovanni parla nel capitolo dodicesimo dell'Apocalisse, da me altre volte riferito, attendendo che ella lo partorisse per divorarselo.
360. Lucifero sperimentò un'occulta virtù che l'opprimeva, nell'osservare con premura quel bambino racchiuso nel grembo della sua Madre santissima. Anche se sentiva solamente che alla sua presenza era debole di forze e come legato, questo bastava per inferocirlo e spingerlo a tentare con tutti i mezzi di uccidere quel Figlio a lui tanto sospetto e la Madre, che riconosceva tanto superiore in battaglia. Si manifestò alla purissima Signora in diverse maniere; prendendo spaventose forme visibili, come di toro ferocissimo e di drago terribile, o sotto altro aspetto, bramava avvicinarsi a lei, ma non poteva. Cercava di investirla e si sentiva impedito, senza sapere da chi né come. Si dimenava come una fiera legata ed emetteva così spaventosi ruggiti che, se Dio non li avesse tenuti nascosti, avrebbero sbigottito il mondo e molti sarebbero morti di paura. Lanciava dalla bocca fuoco e fumo di zolfo con schiume velenose. La divina Principessa vedeva ed ascoltava tutto ciò senza turbarsi più che se avesse visto un moscerino. Il nemico causò altri sconvolgimenti nei venti, nella terra e nella casa, scompigliando e mettendo sottosopra ogni cosa; ma neppure per questo Maria santissima perse la serenità e la tranquillità interiore ed esteriore, poiché sempre rimase invitta e superiore a tutto.
361. Al vedersi così superato, Lucifero aprì la sua immondissima bocca e, muovendo la sua lingua bugiarda e sporca, vomitò la malignità che teneva racchiusa in sé, proponendo e nominando alla presenza della celeste Imperatrice tutte le eresie e le sette infernali che aveva architettato con l'aiuto dei suoi depravati ministri. Quando erano stati tutti scacciati dal cielo ed avevano conosciuto che il Verbo divino si sarebbe incarnato per essere capo di un popolo che avrebbe arricchito con favori ed insegnamenti celesti, il drago aveva determinato di inventare errori, sette ed eresie contro tutte le verità che andava scoprendo in ordine alla conoscenza, all'amore ed al culto dell'Altissimo. I demoni avevano impiegato in questo i molti anni che erano passati sino alla venuta di Cristo Signore nostro al mondo. Lucifero, come serpente antico, teneva tutto questo veleno racchiuso nel suo petto. Allora lo vomitò interamente contro la Madre della verità e della purezza e, desiderando infettarla, proferì tutti gli errori che aveva inventato sino a quel giorno contro Dio e la sua verità.
362. Se nel capitolo precedente non è stato opportuno dichiarare tutte le tentazioni, meno ancora conviene riferire qui tali errori, perché non solamente ciò è pericoloso per i deboli, ma anche i molto robusti devono temere questo alito pestifero di Lucifero, che in questa occasione scagliò e diffuse tutto. Per quello che ho compreso, credo senza dubbio che non restò falsità, idolatria né eresia alcuna di quante se ne sono conosciute sino ad oggi nel mondo che questo drago non presentasse alla sovrana Maria, affinché la santa Chiesa in premio delle sue vittorie potesse cantare di lei con ogni verità che ella sola abbatté e soffocò tutte le eresie nel mondo intero. Molto operò la nostra vittoriosa Sulammita, nella quale niente si trovava che non fosse un coro di virtù, ordinate in forma di squadroni per opprimere, abbattere e confondere gli eserciti infernali. Ella contraddisse, detestò, anatematizzò tutte le loro falsità, ciascuna con invitta fede e confessione altissima, professando le verità contrarie, magnificando per queste il Signore come vero, giusto e santo e componendo cantici di lode nei quali erano racchiuse le virtù e la dottrina vera, santa, pura e lodevole. Domandò con fervorosa orazione al Signore che umiliasse in ciò la superba alterigia dei demoni, che li frenasse, affinché non spargessero tanti e così velenosi insegnamenti nel mondo, e che non prevalessero quelli che Lucifero già aveva sparso né quelli che avrebbe tentato di seminare in avvenire fra gli uomini.
363. Per questa grande vittoria della nostra celeste Regina e per la preghiera che fece, compresi che l'Altissimo giustamente impedì al demonio di seminare nel mondo come zizzania tanti errori quanti egli desiderava ed i peccati degli uomini meritavano. Anche se a causa di questi sono state tante le eresie e le sette che finora si sono viste, ve ne sarebbero state molte di più se Maria santissima non avesse schiacciato la testa al drago con tante insigni vittorie e preghiere. Nel dolore e nell'amarezza di vedere la santa Chiesa così afflitta da tanti nemici infedeli, ci può consolare un grande mistero che qui mi fu rivelato: in questo trionfo di Maria santissima ed in un altro che ella riportò dopo l'ascensione del suo Figlio santissimo al cielo - del quale parlerò nella terza parte - sua Maestà concesse alla nostra Regina, come premio di queste battaglie, che per la sua intercessione e per le sue virtù scomparissero le eresie e le sette presenti nel mondo. Non ho conosciuto il tempo stabilito per questo beneficio, ma, sebbene questa promessa del Signore abbia qualche condizione tacita o nascosta, sono certa che i principi cattolici ed i loro vassalli diverrebbero come strumenti di questa Signora nel debellare con grandi ed insigni vittorie gli infedeli, annientando le sette e gli errori che rovinano tanto il mondo, se si guadagnassero il favore della grande regina del cielo e della terra, la invocassero come loro unica avvocata e protettrice ed utilizzassero tutte le loro ricchezze ed il loro potere per l'esaltazione della fede e del nome di Dio e di Maria purissima; questa sarà forse la condizione della promessa.
364. Prima che nascesse Cristo nostro redentore, al demonio parve che egli stesse ritardando la sua venuta a causa dei peccati del mondo. Per impedirla del tutto pretese di aumentare questo ostacolo e di moltiplicare gli errori e le colpe fra i mortali; ma il Signore confuse la sua iniqua superbia, per mano della sua Madre santissima, con i trionfi grandiosi che questa riportò. Dopo la nascita e la morte di Cristo, poi, il medesimo drago pretese di rendere vano il frutto del suo sangue e l'effetto della nostra redenzione, per cui cominciò a seminare gli errori che, dopo gli Apostoli, hanno afflitto ed affliggono la santa Chiesa. Cristo Signore nostro ha affidato alla sua Madre santissima anche la vittoria contro questa iniquità infernale, perché solamente ella meritò tanto, o poté meritarlo. Per lei ebbe fine l'idolatria con la predicazione del Vangelo; per lei si estinsero altre sette antiche, come quelle di Ario, di Nestorio, di Pelagio e di altri; ella, ancora, ha aiutato la fatica e la sollecitudine dei re, dei principi, dei padri e dei dottori della santa Chiesa. Dunque, come si può dubitare che, se adesso con ardente zelo gli stessi principi cattolici, sia ecclesiastici sia laici, facessero ogni sforzo nell'aiutare - per così dire - questa divina Signora, ella tralascerebbe di assisterli, di renderli felicissimi in questa vita e nell'altra e di distruggere tutte le eresie del mondo? Appunto per tale fine il Signore ha tanto arricchito la sua Chiesa e le monarchie cattoliche, perché, se non fosse per questa ragione, starebbero meglio povere. Non era, però, opportuno operare tutto attraverso miracoli, ma conveniva farlo anche con i mezzi naturali, dei quali si possono avvalere con le ricchezze. Se poi essi adempiano o meno questo dovere, non tocca a me giudicarlo. Mi spetta solamente dire quello che il Signore mi ha fatto conoscere, cioè che malamente possiedono i titoli onorifici e la potestà suprema, che Dio ha loro concesso, se non aiutano e difendono la Chiesa e se non procurano con le loro ricchezze che non resti infruttuoso il sangue di Cristo nostro Signore, poiché in ciò i principi cristiani differiscono da quelli infedeli.
365. Ritornando al mio discorso, dico che l'Altissimo, con la sua conoscenza infinita, previde l'iniquità del drago infernale, il quale, mettendo in atto il suo sdegno contro la Chiesa con la semenza dei suoi errori, avrebbe turbato molti fedeli e trascinato dietro di sé con la sua coda le stelle del cielo militante, che sono i giusti, provocando la giustizia divina e quasi impedendo il frutto della redenzione. Sua Maestà determinò con immensa pietà di ovviare a questo danno che minacciava il mondo. Per disporre tutto con la maggiore equità e gloria del suo santo nome, volle che Maria santissima si impegnasse in ciò, perché ella sola era degna dei privilegi, dei doni e delle prerogative con cui doveva vincere l'inferno e perché solo questa eminentissima Signora era capace di un'impresa tanto ardua e di vincere il cuore del medesimo Dio con la sua santità e purezza, con i suoi meriti e le sue preghiere. Inoltre, ridondava a maggiore esaltazione della virtù divina che per tutta l'eternità fosse manifesto che egli aveva vinto il drago ed i suoi seguaci per mezzo di una semplice creatura, e donna, come Lucifero aveva rovinato il genere umano per mezzo di un'altra; per operare tutto ciò non ve n'era una più idonea di sua Madre perché da lei lo riconoscessero la Chiesa ed il mondo intero. Per queste ragioni e per altre che conosceremo in Dio, sua Maestà diede la spada della sua potenza in mano alla nostra vittoriosa condottiera, affinché troncasse la testa al drago infernale e continuasse poi a proteggere e difendere dal cielo la Chiesa militante nella misura delle tribolazioni e dei bisogni che nei tempi futuri si sarebbero a questa presentati.
366. Perseverando dunque Lucifero e le sue squadre infernali nella loro infelice contesa in forma visibile, la serenissima Maria mai volse verso di loro lo sguardo né fece loro attenzione, benché li udisse, perché così conveniva. E poiché l'orecchio non si chiude come l'occhio, ella procurava che ciò che dicevano non le muovesse né l'immaginazione né l'animo. Neppure disse loro altre parole se non quelle per ordinare a volte che tacessero nelle bestemmie. Tale comando era tanto efficace che li costringeva ad abbassare la bocca sino a terra, mentre la celeste Signora elevava cantici di lode e di gloria all'Altissimo. Con il suo solo parlare a sua Maestà e professare le verità divine, quelli rimanevano tanto oppressi e tormentati che si mordevano l'un l'altro come lupi feroci o come cani rabbiosi, perché qualsiasi azione dell'imperatrice Maria era per loro un dardo infuocato e qualunque sua parola un fulmine che li bruciava con maggiore tormento dello stesso inferno. Non si giudichi questa un'esagerazione, poiché il drago ed i suoi seguaci cercarono di fuggire e di allontanarsi dalla presenza di Maria santissima, che li tormentava, ma il Signore con una forza occulta li tratteneva per rendere più glorioso il trionfo della sua madre e sposa e per confondere maggiormente ed annientare la superbia di Lucifero. Per questo sua Maestà dispose e permise che i demoni stessi si umiliassero a chiedere alla purissima Signora di comandare loro di partire e di lanciarli lontano dalla sua presenza dove a lei piacesse. Così, ella li inviò imperiosamente all'inferno, dove dimorarono per qualche tempo. Per questo la grande vincitrice restò tutta assorta nelle lodi divine e nel rendimento di grazie.
367. Quando il Signore diede a Lucifero il permesso di rialzarsi, questi ritornò alla battaglia, prendendo come strumenti alcuni vicini di casa di san Giuseppe. Seminando fra loro una diabolica zizzania di discordie a causa di interessi temporali, prese la forma di una loro amica e li invitò a non alterarsi fra sé, perché di quella disuguaglianza aveva colpa Maria, sposa di Giuseppe. La donna che il demonio rappresentava godeva di credito e di autorità, per cui li persuase meglio. Anche se il Signore non permise che fosse violato in cosa grave il credito della sua Madre santissima, permise per sua gloria e maggiore corona che tutte queste persone ingannate la mettessero alla prova in questa occasione. Per questo andarono tutti d'accordo a casa di san Giuseppe ed alla presenza del santo sposo chiamarono Maria santissima e le dissero molte aspre parole, perché li inquietava nelle loro case e non li lasciava vivere in pace. Questo avvenimento apportò qualche dolore all'innocentissima Signora per la pena di san Giuseppe, il quale in quel medesimo tempo aveva già incominciato a riflettere sull'ingrossamento del suo grembo verginale; ed ella vedeva il suo cuore ed i pensieri che cominciavano a renderlo ansioso. Nonostante ciò, saggia e prudente, fece in modo di vincere e di liberarsi dalla sofferenza con l'umiltà e la viva fede. Non si discolpò né cercò di difendersi sul suo innocente procedere; anzi, si umiliò e con sottomissione pregò quelle vicine di perdonarla, se le aveva offese in qualcosa. Con parole piene di dolcezza e di sapienza le illuminò e pacificò, facendo loro conoscere che non avevano colpa alcuna le une nei confronti delle altre. Quelle, soddisfatte di ciò ed edificate dall'umiltà con la quale aveva loro risposto, ritornarono in pace alle loro case ed il demonio fuggì, perché non poté tollerare tanta santità e sapienza del cielo.
368. San Giuseppe restò alquanto mesto e pensieroso e si mise a riflettere, come si dirà nei capitoli seguenti. Il demonio, però, benché non sapesse il motivo principale della pena di san Giuseppe, si volle valere dell'occasione per inquietarlo, perché non ne tralascia nessuna. Congetturando che la causa fosse qualche dispiacere che egli avesse o con la sua sposa o per il trovarsi povero e con così scarsi beni, il demonio tirò ad ambedue le cose, anche se errò in esse. Cercò di suggestionare san Giuseppe, affinché si affliggesse della sua povertà e la vivesse con tristezza o impazienza; similmente gli fece presente che Maria sua sposa passava troppo tempo nei suoi ritiri e nelle sue preghiere e non lavorava, cosa che per persone così povere era grande oziosità e trascuratezza. San Giuseppe, però, magnanimo, retto di cuore e di sublime perfezione, disprezzò facilmente queste suggestioni e le scacciò da sé. Anche se non ci fosse stata altra ragione se non la sollecitudine che gli procurava segretamente la gravidanza della sua sposa, questa sola sarebbe bastata per affogare tutte le altre. Inoltre il Signore, lasciandolo al principio in balia di questi sospetti, lo alleggerì della tentazione del demonio per intercessione di Maria santissima, che stava attenta a quanto succedeva nel cuore del suo fedelissimo sposo. Ella pregò il suo santissimo Figlio di considerarsi servito e soddisfatto dalla pena che apportava al suo sposo il vederla incinta e di liberarlo dalle altre.
369. L'Altissimo dispose che la Principessa del cielo soffrisse questa lunga battaglia e permise a Lucifero e alle sue legioni di finire di dar prova di tutte le loro forze e malignità, affinché in tutto e per tutto restassero calpestati, schiacciati e vinti e l'umilissima signora conseguisse sull'inferno il maggiore trionfo che mai alcuna semplice creatura poté ottenere. Giunsero tutti questi squadroni di iniquità con il loro capo infernale e si presentarono innanzi alla serenissima Regina. Con furore indicibile rinnovarono riunite insieme tutte le tentazioni, che prima avevano presentato separatamente, ed aggiunsero quel poco che poterono. In tale circostanza ella rimase imperturbabile, superiore e serena come se fossero stati i supremi cori degli angeli ad udire le favole del nemico; nessuna impressione estranea toccò né alterò questo cielo di Maria santissima, benché gli spaventi, i terrori, le minacce, le adulazioni, le favole e le falsità fossero come parti di tutta la malizia riunita del drago, il quale vomitò tutta la sua corrente contro questa donna invitta e forte, Maria santissima.
370. Mentre la nostra Regina si trovava in questo conflitto, esercitando atti eroici di tutte le virtù contro i suoi nemici, venne a conoscere che l'Altissimo ordinava e voleva che ella umiliasse e schiacciasse la superbia del drago usando del potere di madre di Dio e dell'autorità di così grande dignità. Quindi, levandosi con ferventissimo ed invincibile valore, si rivolse ai demoni e disse: «Chi è pari al Signore nostro Dio che siede nell'alto ?». E, ripetendo queste parole, aggiunse subito: «Principe delle tenebre, autore del peccato e della morte, in nome dell'Altissimo ti comando di ammutolire e con i tuoi ministri ti lancio nel profondo delle caverne infernali, alle quali siete assegnati e dalle quali non uscirete finché il Messia promesso non vi schiacci e sottometta o ve ne dia licenza». La serenissima Imperatrice era piena di luce e di celeste splendore. Il superbo drago pretese di opporsi al suo comando, ma ella rivolse contro di lui la forza del proprio potere e lo umiliò più degli altri e con maggiore pena. I demoni caddero tutti insieme nell'abisso e rimasero nel profondo dell'inferno, come ho già detto sopra riguardo al mistero delll'incarnazione e dirò in seguito a proposito della tentazione e della morte di Cristo nostro Signore. Quando, poi, questo drago tornò a combattere contro la Regina del cielo nell'altra battaglia di cui parlerò a suo tempo, ella lo vinse tanto mirabilmente che schiacciò, con il suo Figlio santissimo, la testa di Lucifero. Questi rimase impotente, abbattuto e con le forze debilitate al punto che, se le creature umane non gliele danno con la loro malizia, possono molto bene vincerlo e resistergli con la grazia divina.
371. Immediatamente dopo, il Signore si manifestò alla sua Madre santissima ed in premio di così gloriosa vittoria le comunicò nuovi doni e favori. I mille angeli della sua custodia le si manifestarono corporalmente con innumerevoli altri e composero nuovi cantici a lode dell'Altissimo e sua. Con celeste armonia di dolci voci sensibili le cantarono ciò che il popolo ebreo cantò di Giuditta, figura di questo trionfo, e che la santa Chiesa applica a lei: «Tutta bella sei, Maria signora nostra, e non vi è in te macchia di colpa. Tu sei la gloria della Gerusalemme celeste, tu sei l'allegrezza d'Israele, tu sei l'onore del popolo del Signore. Tu sei colei che magnifica il suo santo nome. Tu sei l'avvocata dei peccatori, li difendi dal loro superbo nemico. O Maria, sei piena di grazia e di tutte le perfezioni!». L'umilissima Signora fu colma di giubilo, lodando l'Autore di ogni bene e riferendo tutto a lui, e tornò alla cura del suo sposo, come dirò nei capitoli seguenti.
Insegnamento che mi diede la Regina del cielo
372. Figlia mia, la cautela che l'anima deve usare per non mettersi a ragionare con i nemici invisibili non le impedisce di comandare loro con forza e autorità in nome dell'Altissimo di ammutolire e allontanarsi, rimanendo confusi. Così voglio che tu faccia nelle occasioni opportune quando ti perseguiteranno, perché per la creatura umana non c'è arma tanto potente contro la malizia del drago quanto il mostrarsi salda e superiore, confidando nel proprio essere figlia del Padre vero che sta nei cieli e dal quale riceve quella virtù e fiducia contro di lui. La causa di questo è che tutta la sollecitudine di Lucifero, dopo la sua caduta dal cielo, è rivolta ad allontanare le anime dal loro creatore e a seminare zizzania e divisione tra il Padre celeste e i figli adottivi e tra la sposa e lo Sposo delle anime. Quando conosce che qualcuna di esse è unita al suo creatore ed è membro vivo del suo capo Cristo, riprende vigore e forza nella volontà. Egli, allora, impiega la sua malizia per perseguitarla con rabbioso ed invidioso furore ed i suoi inganni per abbatterla; ma quando vede che non può conseguire ciò e che quello dell'Altissimo è rifugio e riparo vero ed inespugnabile per le anime, viene meno nei suoi sforzi e si riconosce oppresso con incomparabile tormento. E se la sposa generosa lo disprezza e rigetta con autorità, non c'è verme né formica più debole di questo superbo gigante.
373. Con la verità di questo insegnamento ti devi fare animo e fortificare quando l'Onnipotente disporrà che ti sorprenda la tribolazione e ti circondino i dolori della morte nelle grandi tentazioni, come io le ho sofferte, perché questa è la migliore occasione in cui lo sposo fa esperienza della fedeltà della vera sposa. Se questa è tale, l'amore non si deve contentare di soli affetti, senza dare altro frutto, perché il semplice desiderio, che niente costa all'anima, non è prova sufficiente del suo amore né della stima del bene che dice di apprezzare e di amare. La fortezza e la costanza nel patire con cuore generoso e magnanimo nelle tribolazioni sono prova del vero amore. Se tu desideri tanto dare qualche dimostrazione e soddisfazione al tuo sposo, la maggiore sarà che; quando ti troverai più afflitta e senza soccorso umano, allora ti mostri più invincibile e confidente nel tuo Dio e Signore e spera, se sarà necessario, contro ogni speranza; infatti, non si addormenta, non prende sonno il custode d'Israele e, quando sarà il momento, comanderà al mare e ai venti e ricondurrà la bonaccia.
374. Perciò, figlia mia, devi stare molto attenta alle tentazioni nel loro insorgere, quando si corre grande pericolo, se l'anima comincia subito a turbarsi per esse, allentando il freno alle passioni della concupiscenza o della irascibilità, dalle quali viene oscurata ed offuscata la luce della ragione. Se, infatti, il demonio conosce questo turbamento e sa che provoca una così grande confusione ed una così veemente tempesta nelle facoltà, poiché la sua crudeltà è tanto implacabile ed insaziabile, acquista maggiore vigore ed aggiunge fuoco a fuoco, infuriandosi sempre più, perché gli sembra che l'anima non abbia chi la difenda e la liberi dalle sue mani. Aumentando la violenza della tentazione, per chi subito ha cominciato ad arrendersi cresce ancora il pericolo di non resistere quando essa giunge al culmine. Ti avverto di tutto ciò, affinché tu tema il rischio delle prime trascuratezze. Non te le permettere mai in una questione di così grande importanza; anzi, al contrario devi perseverare nelle tue azioni in qualsiasi tentazione, continuando nel tuo intimo la dolce e devota conversazione con il Signore e mantenendo con il prossimo la soavità, la carità e l'affabilità prudente che devi usare, prevenendo con la preghiera e con la temperanza delle tue passioni il disordine che il nemico cerca di introdurre in esse.
25 settembre 1947
Maria Valtorta
Dice Gesù:
«Ti è stato chiesto se l'olio usato dai miei discepoli per guarire i malati aveva unicamente scopo curativo.
Ne ho già parlato nell'Opera. Ma compatisco chi non trova il punto in un'opera così vasta, e ripeto perciò: l'olio aveva solo potere curativo. Anzi, non aveva neanche quello in modo speciale. Aveva il solito potere curativo dell'olio che, ai tempi miei, era molto usato in forma di unguento da frizionare o stendere sulle parti malate, solo o con resine ed essenze. Il solito potere, per se stesso, che era molto relativo in certe serie malattie già arrivate ad uno stadio mortale o di cronicità. Proprio quelle che venivano presentate ai miei discepoli perché dichiarata vana ogni cura per esse.
Non era dunque l'olio per se stesso quello che guariva, se applicato dai miei apostoli, ma era il potere, che avevo dato loro, quello che guariva. L'olio non era che il mezzo usato per ottenere che il mio potere, comunicato agli apostoli, non assumesse forma che i miei nemici e nemici dei miei discepoli potessero accusare come demonico o magico.
Così, e solamente così, l'olio guariva i corpi. Così, e solamente così, fu l'olio, sino a che Io istituii il Sacramento dell'Olio Santo. Allora l'Olio Santo, composto secondo le regole [1] della liturgia mosaica, acquistò il potere di guarire le piaghe dell'anima, di cancellarne anche i segni, le cicatrici rimaste dopo l'assoluzione dei peccati ottenuta dopo sincera confessione e per i meriti del mio sacrificio.
Due poteri dell'olio ben distinti. Sui malati delle membra, e sino alla istituzione del Sacramento dell'Estrema Unzione, per guarire i mali del corpo. Sui morenti, prossimi al giudizio, per guarire l'anima prima del suo incontro con Dio Giudice e, se benigno si piegasse Dio alle preghiere dei congiunti, per rendere anche salute al corpo concedendogli nuovo tempo nel mondo per acquistare nuovi meriti, o meriti soltanto, se prima non ne aveva acquistati colui che otteneva per il Sacramento anche salute fisica.
Concludendo: l'olio sparso dai discepoli sui malati non fu sacramento altro che dopo che Io istituii il Sacramento da applicarsi in caso mortale, secondo il modo che la Sapienza aveva insegnato.»
1 le regole, che sono in Esodo 30, 22-33.