Sotto il Tuo Manto

Martedi, 9 settembre 2025 - San Pietro Claver Sacerdote (Letture di oggi)

Il superbo finge di disprezzarsi per essere lodato. (Santo Curato d'Ars (San Giovanni Maria Vianney))

Liturgia delle Ore - Letture

Giovedi della 1° settimana del tempo di Quaresima

Questa sezione contiene delle letture scelte a caso, provenienti dalle varie sezioni del sito (Sacra Bibbia e la sezione Biblioteca Cristiana), mentre l'ultimo tab Apparizioni, contiene messaggi di apparizioni a mistici o loro scritti. Sono presenti testi della Valtorta, Luisa Piccarreta, don Stefano Gobbi e testimonianze di apparizioni mariane riconosciute.

Vangelo secondo Luca 20

1Un giorno, mentre istruiva il popolo nel tempio e annunziava la parola di Dio, si avvicinarono i sommi sacerdoti e gli scribi con gli anziani e si rivolsero a lui dicendo:2"Dicci con quale autorità fai queste cose o chi è che t'ha dato quest'autorità".3E Gesù disse loro: "Vi farò anch'io una domanda e voi rispondetemi:4Il battesimo di Giovanni veniva dal Cielo o dagli uomini?".5Allora essi discutevano fra loro: "Se diciamo "dal Cielo", risponderà: "Perché non gli avete creduto?".6E se diciamo "dagli uomini", tutto il popolo ci lapiderà, perché è convinto che Giovanni è un profeta".7Risposero quindi di non saperlo.8E Gesù disse loro: "Nemmeno io vi dico con quale autorità faccio queste cose".

9Poi cominciò a dire al popolo questa parabola: "Un uomo 'piantò una vigna', l'affidò a dei coltivatori e se ne andò lontano per molto tempo.10A suo tempo, mandò un servo da quei coltivatori perché gli dessero una parte del raccolto della vigna. Ma i coltivatori lo percossero e lo rimandarono a mani vuote.11Mandò un altro servo, ma essi percossero anche questo, lo insultarono e lo rimandarono a mani vuote.12Ne mandò ancora un terzo, ma anche questo lo ferirono e lo cacciarono.13Disse allora il padrone della vigna: Che devo fare? Manderò il mio unico figlio; forse di lui avranno rispetto.14Quando lo videro, i coltivatori discutevano fra loro dicendo: Costui è l'erede. Uccidiamolo e così l'eredità sarà nostra.15E lo cacciarono fuori della vigna e l'uccisero. Che cosa farà dunque a costoro il padrone della vigna?16Verrà e manderà a morte quei coltivatori, e affiderà ad altri la vigna". Ma essi, udito ciò, esclamarono: "Non sia mai!".17Allora egli si volse verso di loro e disse: "Che cos'è dunque ciò che è scritto:

'La pietra che i costruttori hanno scartata,
è diventata testata d'angolo'?

18Chiunque cadrà su quella pietra si sfracellerà e a chi cadrà addosso, lo stritolerà".19Gli scribi e i sommi sacerdoti cercarono allora di mettergli addosso le mani, ma ebbero paura del popolo. Avevano capito che quella parabola l'aveva detta per loro.

20Postisi in osservazione, mandarono informatori, che si fingessero persone oneste, per coglierlo in fallo nelle sue parole e poi consegnarlo all'autorità e al potere del governatore.21Costoro lo interrogarono: "Maestro, sappiamo che parli e insegni con rettitudine e non guardi in faccia a nessuno, ma insegni secondo verità la via di Dio.22È lecito che noi paghiamo il tributo a Cesare?".23Conoscendo la loro malizia, disse:24"Mostratemi un denaro: di chi è l'immagine e l'iscrizione?". Risposero: "Di Cesare".25Ed egli disse: "Rendete dunque a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio".26Così non poterono coglierlo in fallo davanti al popolo e, meravigliati della sua risposta, tacquero.

27Gli si avvicinarono poi alcuni sadducei, i quali negano che vi sia la risurrezione, e gli posero questa domanda:28"Maestro, Mosè ci ha prescritto: Se a qualcuno muore un fratello che ha moglie, ma senza figli, suo fratello si prenda la vedova e dia una discendenza al proprio fratello.29C'erano dunque sette fratelli: il primo, dopo aver preso moglie, morì senza figli.30Allora la prese il secondo31e poi il terzo e così tutti e sette; e morirono tutti senza lasciare figli.32Da ultimo anche la donna morì.33Questa donna dunque, nella risurrezione, di chi sarà moglie? Poiché tutti e sette l'hanno avuta in moglie".34Gesù rispose: "I figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito;35ma quelli che sono giudicati degni dell'altro mondo e della risurrezione dai morti, non prendono moglie né marito;36e nemmeno possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, essendo figli della risurrezione, sono figli di Dio.37Che poi i morti risorgono, lo ha indicato anche Mosè a proposito del roveto, quando chiama il Signore: 'Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe'.38Dio non è Dio dei morti, ma dei vivi; perché tutti vivono per lui".39Dissero allora alcuni scribi: "Maestro, hai parlato bene".40E non osavano più fargli alcuna domanda.

41Egli poi disse loro: "Come mai dicono che il Cristo è figlio di Davide,42se Davide stesso nel libro dei Salmi dice:

'Ha detto il Signore al mio Signore:
siedi alla mia destra,'
43'finché io ponga i tuoi nemici
come sgabello ai tuoi piedi?'

44Davide dunque lo chiama Signore; perciò come può essere suo figlio?".

45E mentre tutto il popolo ascoltava, disse ai discepoli:46"Guardatevi dagli scribi che amano passeggiare in lunghe vesti e hanno piacere di esser salutati nelle piazze, avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei conviti;47divorano le case delle vedove, e in apparenza fanno lunghe preghiere. Essi riceveranno una condanna più severa".


Deuteronomio 2

1Allora cambiammo direzione e partimmo per il deserto verso il Mare Rosso, come il Signore mi aveva detto, e girammo intorno al monte Seir per lungo tempo.2Il Signore mi disse:3Avete girato abbastanza intorno a questa montagna; volgetevi verso settentrione.4Da' quest'ordine al popolo: Voi state per passare i confini dei figli di Esaù, vostri fratelli, che dimorano in Seir; essi avranno paura di voi; state bene in guardia:5non muovete loro guerra, perché del loro paese io non vi darò neppure quanto ne può calcare la pianta di un piede; infatti ho dato il monte di Seir in proprietà a Esaù.6Comprerete da loro con denaro le vettovaglie che mangerete e comprerete da loro con denaro anche l'acqua da bere.7Perché il Signore tuo Dio ti ha benedetto in ogni lavoro delle tue mani, ti ha seguito nel tuo viaggio attraverso questo grande deserto; il Signore tuo Dio è stato con te in questi quaranta anni e non ti è mancato nulla.
8Allora passammo oltre i nostri fratelli, i figli di Esaù, che abitano in Seir, lungo la via dell'Araba, per Elat ed Ezion-Gheber. Poi ci voltammo e avanzammo in direzione del deserto di Moab.9Il Signore mi disse: Non attaccare Moab e non gli muovere guerra, perché io non ti darò nulla da possedere nel suo paese; infatti ho dato Ar ai figli di Lot, come loro proprietà.
10Prima vi abitavano gli Emim: popolo grande, numeroso, alto di statura come gli Anakiti.11Erano anch'essi considerati Refaim come gli Anakiti; ma i Moabiti li chiamavano Emim.12Anche Seir era prima abitata dagli Hurriti, ma i figli di Esaù li scacciarono, li distrussero e si stabilirono al posto loro, come ha fatto Israele nel paese che possiede e che il Signore gli ha dato.
13Ora alzatevi e passate il torrente Zered! E attraversammo il torrente Zered.14La durata del nostro cammino, da Kades-Barnea al passaggio del torrente Zered, fu di trentotto anni, finché tutta quella generazione di uomini atti alla guerra scomparve dall'accampamento, come il Signore aveva loro giurato.15Anche la mano del Signore era stata contro di loro, per sterminarli dall'accampamento finché fossero annientati.16Quando tutti quegli uomini atti alla guerra furono passati nel numero dei morti,17il Signore mi disse:18Oggi tu stai per passare i confini di Moab, ad Ar, e ti avvicinerai agli Ammoniti.19Non li attaccare e non muover loro guerra, perché io non ti darò nessun possesso nel paese degli Ammoniti; infatti l'ho dato in proprietà ai figli di Lot.
20Anche questo paese era reputato paese di Refaim: prima vi abitavano i Refaim e gli Ammoniti li chiamavano Zanzummim:21popolo grande, numeroso, alto di statura come gli Anakiti; ma il Signore li aveva distrutti davanti agli Ammoniti, che li avevano scacciati e si erano stabiliti al loro posto.22Così il Signore aveva fatto per i figli di Esaù che abitano in Seir, quando distrusse gli Hurriti davanti a loro; essi li scacciarono e si stabilirono al loro posto e vi sono rimasti fino ad oggi.23Anche gli Avviti, che dimoravano in villaggi fino a Gaza, furono distrutti dai Kaftoriti, usciti da Kaftor, i quali si stabilirono al loro posto.
24Suvvia, levate l'accampamento e passate la valle dell'Arnon; ecco io metto in tuo potere Sicon, l'Amorreo, re di Chesbon, e il suo paese; comincia a prenderne possesso e muovigli guerra.25Oggi comincerò a incutere paura e terrore di te ai popoli che sono sotto tutto il cielo, così che, all'udire la tua fama, tremeranno e saranno presi da spavento dinanzi a te.
26Allora mandai messaggeri dal deserto di Kedemot a Sicon, re di Chesbon, con parole di pace, e gli feci dire:27Lasciami passare nel tuo paese; io camminerò per la strada maestra, senza volgermi né a destra né a sinistra.28Tu mi venderai per denaro contante le vettovaglie che mangerò e mi darai per denaro contante l'acqua che berrò; permettimi solo il transito,29come mi hanno permesso i figli di Esaù, che abitano in Seir, e i Moabiti che abitano in Ar, finché io abbia passato il Giordano per entrare nel paese che il Signore nostro Dio sta per darci.30Ma Sicon, re di Chesbon, non ci volle lasciar passare nel suo paese, perché il Signore tuo Dio gli aveva reso inflessibile lo spirito e ostinato il cuore, per mettertelo nelle mani, come appunto è oggi.31Il Signore mi disse: Vedi, ho cominciato a mettere in tuo potere Sicon e il suo paese; da' inizio alla conquista impadronendoti del suo paese.32Allora Sicon uscì contro di noi con tutta la sua gente per darci battaglia a Iaaz.33Il Signore nostro Dio ce lo mise nelle mani e noi abbiamo sconfitto lui, i suoi figli e tutta la sua gente.34In quel tempo prendemmo tutte le sue città e votammo allo sterminio ogni città, uomini, donne, bambini; non vi lasciammo alcun superstite.35Soltanto asportammo per noi come preda il bestiame e le spoglie delle città che avevamo prese.36Da Aroer, che è sull'orlo della valle dell'Arnon, e dalla città che è sul torrente stesso, fino a Gàlaad, non ci fu città che fosse inaccessibile per noi: il Signore nostro Dio le mise tutte in nostro potere.37Ma non ti avvicinasti al paese degli Ammoniti, a tutta la riva dal torrente Iabbok, alle città delle montagne, a tutti i luoghi che il Signore nostro Dio ci aveva proibito di attaccare.


Proverbi 8

1La Sapienza forse non chiama
e la prudenza non fa udir la voce?
2In cima alle alture, lungo la via,
nei crocicchi delle strade essa si è posta,
3presso le porte, all'ingresso della città,
sulle soglie degli usci essa esclama:
4"A voi, uomini, io mi rivolgo,
ai figli dell'uomo è diretta la mia voce.
5Imparate, inesperti, la prudenza
e voi, stolti, fatevi assennati.
6Ascoltate, perché dirò cose elevate,
dalle mie labbra usciranno sentenze giuste,
7perché la mia bocca proclama la verità
e abominio per le mie labbra è l'empietà.
8Tutte le parole della mia bocca sono giuste;
niente vi è in esse di fallace o perverso;
9tutte sono leali per chi le comprende
e rette per chi possiede la scienza.
10Accettate la mia istruzione e non l'argento,
la scienza anziché l'oro fino,
11perché la scienza vale più delle perle
e nessuna cosa preziosa l'uguaglia".

12Io, la Sapienza, possiedo la prudenza
e ho la scienza e la riflessione.
13Temere il Signore è odiare il male:
io detesto la superbia, l'arroganza,
la cattiva condotta e la bocca perversa.
14A me appartiene il consiglio e il buon senso,
io sono l'intelligenza, a me appartiene la potenza.
15Per mezzo mio regnano i re
e i magistrati emettono giusti decreti;
16per mezzo mio i capi comandano
e i grandi governano con giustizia.
17Io amo coloro che mi amano
e quelli che mi cercano mi troveranno.
18Presso di me c'è ricchezza e onore,
sicuro benessere ed equità.
19Il mio frutto val più dell'oro, dell'oro fino,
il mio provento più dell'argento scelto.
20Io cammino sulla via della giustizia
e per i sentieri dell'equità,
21per dotare di beni quanti mi amano
e riempire i loro forzieri.

22Il Signore mi ha creato all'inizio della sua attività,
prima di ogni sua opera, fin d'allora.
23Dall'eternità sono stata costituita,
fin dal principio, dagli inizi della terra.
24Quando non esistevano gli abissi, io fui generata;
quando ancora non vi erano le sorgenti cariche d'acqua;
25prima che fossero fissate le basi dei monti,
prima delle colline, io sono stata generata.
26Quando ancora non aveva fatto la terra e i campi,
né le prime zolle del mondo;
27quando egli fissava i cieli, io ero là;
quando tracciava un cerchio sull'abisso;
28quando condensava le nubi in alto,
quando fissava le sorgenti dell'abisso;
29quando stabiliva al mare i suoi limiti,
sicché le acque non ne oltrepassassero la spiaggia;
quando disponeva le fondamenta della terra,
30allora io ero con lui come architetto
ed ero la sua delizia ogni giorno,
dilettandomi davanti a lui in ogni istante;
31dilettandomi sul globo terrestre,
ponendo le mie delizie tra i figli dell'uomo.

32Ora, figli, ascoltatemi:
beati quelli che seguono le mie vie!
33Ascoltate l'esortazione e siate saggi,
non trascuratela!
34Beato l'uomo che mi ascolta,
vegliando ogni giorno alle mie porte,
per custodire attentamente la soglia.
35Infatti, chi trova me trova la vita,
e ottiene favore dal Signore;
36ma chi pecca contro di me, danneggia se stesso;
quanti mi odiano amano la morte".


Salmi 139

1'Al maestro del coro. Di Davide. Salmo.'

Signore, tu mi scruti e mi conosci,
2tu sai quando seggo e quando mi alzo.
Penetri da lontano i miei pensieri,
3mi scruti quando cammino e quando riposo.
Ti sono note tutte le mie vie;
4la mia parola non è ancora sulla lingua
e tu, Signore, già la conosci tutta.
5Alle spalle e di fronte mi circondi
e poni su di me la tua mano.
6Stupenda per me la tua saggezza,
troppo alta, e io non la comprendo.

7Dove andare lontano dal tuo spirito,
dove fuggire dalla tua presenza?
8Se salgo in cielo, là tu sei,
se scendo negli inferi, eccoti.
9Se prendo le ali dell'aurora
per abitare all'estremità del mare,
10anche là mi guida la tua mano
e mi afferra la tua destra.
11Se dico: "Almeno l'oscurità mi copra
e intorno a me sia la notte";
12nemmeno le tenebre per te sono oscure,
e la notte è chiara come il giorno;
per te le tenebre sono come luce.

13Sei tu che hai creato le mie viscere
e mi hai tessuto nel seno di mia madre.
14Ti lodo, perché mi hai fatto come un prodigio;
sono stupende le tue opere,
tu mi conosci fino in fondo.

15Non ti erano nascoste le mie ossa
quando venivo formato nel segreto,
intessuto nelle profondità della terra.
16Ancora informe mi hanno visto i tuoi occhi
e tutto era scritto nel tuo libro;
i miei giorni erano fissati,
quando ancora non ne esisteva uno.
17Quanto profondi per me i tuoi pensieri,
quanto grande il loro numero, o Dio;
18se li conto sono più della sabbia,
se li credo finiti, con te sono ancora.

19Se Dio sopprimesse i peccatori!
Allontanatevi da me, uomini sanguinari.
20Essi parlano contro di te con inganno:
contro di te insorgono con frode.
21Non odio, forse, Signore, quelli che ti odiano
e non detesto i tuoi nemici?
22Li detesto con odio implacabile
come se fossero miei nemici.
23Scrutami, Dio, e conosci il mio cuore,
provami e conosci i miei pensieri:
24vedi se percorro una via di menzogna
e guidami sulla via della vita.


Isaia 31

1Guai a quanti scendono in Egitto per cercar aiuto,
e pongono la speranza nei cavalli,
confidano nei carri perché numerosi
e sulla cavalleria perché molto potente,
senza guardare al Santo di Israele
e senza cercare il Signore.
2Eppure anch'egli è capace di mandare sciagure
e non rinnega le sue parole.
Egli si alzerà contro la razza dei malvagi
e contro l'aiuto dei malfattori.
3L'Egiziano è un uomo e non un dio,
i suoi cavalli sono carne e non spirito.
Il Signore stenderà la sua mano:
inciamperà chi porta aiuto e cadrà chi è aiutato,
tutti insieme periranno.

4Poiché così mi ha parlato il Signore:
"Come per la sua preda
ruggisce il leone o il leoncello,
quando gli si raduna contro
tutta la schiera dei pastori,
e non teme le loro grida
né si preoccupa del loro chiasso,
così scenderà il Signore degli eserciti
per combattere sul monte Sion e sulla sua collina.
5Come gli uccelli proteggono i loro pulcini,
così il Signore degli eserciti proteggerà Gerusalemme;
egli la proteggerà, ed essa sarà salvata,
la risparmierà ed essa sarà liberata".

6Ritornate, Israeliti, a colui al quale vi siete profondamente ribellati.7In quel giorno ognuno rigetterà i suoi idoli d'argento e i suoi idoli d'oro, lavoro delle vostre mani peccatrici.

8Cadrà l'Assiria sotto una spada che non è di uomo;
una spada non umana la divorerà;
se essa sfugge alla spada,
i suoi giovani guerrieri saranno ridotti in schiavitù.
9Essa abbandonerà per lo spavento la sua rocca
e i suoi capi tremeranno per un'insegna.
Oracolo del Signore che ha un fuoco in Sion
e una fornace in Gerusalemme.


Prima lettera a Timoteo 6

1Quelli che si trovano sotto il giogo della schiavitù, trattino con ogni rispetto i loro padroni, perché non vengano bestemmiati il nome di Dio e la dottrina.2Quelli poi che hanno padroni credenti, non manchino loro di riguardo perché sono fratelli, ma li servano ancora meglio, proprio perché sono credenti e amati coloro che ricevono i loro servizi.

Questo devi insegnare e raccomandare.
3Se qualcuno insegna diversamente e non segue le sane parole del Signore nostro Gesù Cristo e la dottrina secondo la pietà,4costui è accecato dall'orgoglio, non comprende nulla ed è preso dalla febbre di cavilli e di questioni oziose. Da ciò nascono le invidie, i litigi, le maldicenze, i sospetti cattivi,5i conflitti di uomini corrotti nella mente e privi della verità, che considerano la pietà come fonte di guadagno.
6Certo, la pietà è un grande guadagno, congiunta però a moderazione!7Infatti non abbiamo portato nulla in questo mondo e nulla possiamo portarne via.8Quando dunque abbiamo di che mangiare e di che coprirci, contentiamoci di questo.9Al contrario coloro che vogliono arricchire, cadono nella tentazione, nel laccio e in molte bramosie insensate e funeste, che fanno affogare gli uomini in rovina e perdizione.10L'attaccamento al denaro infatti è la radice di tutti i mali; per il suo sfrenato desiderio alcuni hanno deviato dalla fede e si sono da se stessi tormentati con molti dolori.

11Ma tu, uomo di Dio, fuggi queste cose; tendi alla giustizia, alla pietà, alla fede, alla carità, alla pazienza, alla mitezza.12Combatti la buona battaglia della fede, cerca di raggiungere la vita eterna alla quale sei stato chiamato e per la quale hai fatto la tua bella professione di fede davanti a molti testimoni.
13Al cospetto di Dio che dà vita a tutte le cose e di Gesù Cristo che ha dato la sua bella testimonianza davanti a Ponzio Pilato,14ti scongiuro di conservare senza macchia e irreprensibile il comandamento, fino alla manifestazione del Signore nostro Gesù Cristo,

15che al tempo stabilito sarà a noi rivelata
dal beato e unico sovrano,
il re dei regnanti e signore dei signori,
16il solo che possiede l'immortalità,
che abita una luce inaccessibile;
che nessuno fra gli uomini ha mai visto né può vedere.
A lui onore e potenza per sempre. Amen.

17Ai ricchi in questo mondo raccomanda di non essere orgogliosi, di non riporre la speranza sull'incertezza delle ricchezze, ma in Dio, che tutto ci dà con abbondanza perché ne possiamo godere;18di fare del bene, di arricchirsi di opere buone, di essere pronti a dare, di essere generosi,19mettendosi così da parte un buon capitale per il futuro, per acquistarsi la vita vera.

20O Timòteo, custodisci il deposito; evita le chiacchiere profane e le obiezioni della cosiddetta scienza,21professando la quale taluni hanno deviato dalla fede.
La grazia sia con voi!


Capitolo XXIV: Guardarsi dall’indagare curiosamente la vita degli altri

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1. Figlio, non essere curioso; non prenderti inutili affanni. Che t'importa di questo e di quello? "Tu segui me" (Gv 21,22). Che ti importa che quella persona sia di tal fatta, o diversa, o quell'altra agisca e dica così e così? Tu non dovrai rispondere per gli altri; al contrario renderai conto per te stesso. Di che cosa dunque ti vai impicciando? Ecco, io conosco tutti, vedo tutto ciò che accade sotto il sole e so la condizione di ognuno: che cosa uno pensi, che cosa voglia, a che cosa miri la sua intenzione. Tutto deve essere, dunque, messo nelle mie mani. E tu mantieniti in pace sicura, lasciando che altri si agiti quanto crede, e metta agitazione attorno a sé: ciò che questi ha fatto e ciò che ha detto ricadrà su di lui, poiché, quanto a me, non mi può ingannare.  

2. Non devi far conto della vanità di un grande nome, né delle molte amicizie, né del particolare affetto di varie persone: tutte cose che sviano e danno un profondo offuscamento di spirito. Invece io sarò lieto di dirti la mia parola e di palesarti il mio segreto, se tu sarai attento ad avvertire la mia venuta, con piena apertura del cuore. Stai dunque in guardia, veglia in preghiera (1 Pt 4,7), e umiliati in ogni cosa (Sir 3,20).


Omelia 118: Presero le vesti e ne fecero quattro parti, e la tunica.

Commento al Vangelo di San Giovanni - Sant'Agostino d'Ippona

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1. Con l'aiuto del Signore, in questo discorso commenteremo ciò che avvenne presso la croce, dopo che egli fu crocifisso. I soldati poi, com'ebbero crocifisso Gesú, presero le sue vesti e ne fecero quattro parti, una per ciascun soldato, e la tunica. Ora questa tunica era senza cucitura, tessuta per intero dall'alto in basso. Perciò dissero tra loro: Non la stracciamo, ma tiriamo a sorte a chi tocchi. Perché si adempisse la Scrittura: Si divisero tra loro i miei vestiti e sulla mia tunica hanno tirato a sorte (Gv 19, 23-24). Si fece quanto i Giudei avevano voluto. Non furono essi a crocifiggere Gesú, ma i soldati agli ordini di Pilato, esecutori della sua sentenza. E tuttavia, se si tiene conto della loro ostinata volontà, delle insidie, dei maneggi, del fatto che glielo consegnarono e come finalmente riuscirono con urli a strappargli la sentenza, certamente dobbiamo dire che, ben più dei soldati, a crocifiggere Gesú furono i Giudei.

2. Ma non possiamo non soffermarci sul particolare che furono divise e tirate a sorte le vesti del Signore. Tutti e quattro gli evangelisti ricordano questo episodio, ma solo Giovanni ne parla diffusamente; e mentre gli altri tre ne parlano indirettamente, Giovanni ne parla di proposito e dettagliatamente. Matteo dice: Quando l'ebbero crocifisso, si divisero le sue vesti tirandole a sorte (Mt 27, 35). Marco: Poi lo crocifissero e si divisero le sue vesti, tirando a sorte la parte di ciascuno (Mc 15, 24). Luca: Dividendosi poi le sue vesti, le tirarono a sorte (Lc 23, 34). Giovanni, invece, precisa anche in quante parti divisero le sue vesti: in quattro, per prenderne ciascuno una parte. Donde risulta che erano quattro i soldati che avevano ricevuto dal procuratore l'ordine di crocifiggere Gesú. Lo dice chiaramente: I soldati, com'ebbero crocifisso Gesú, presero le sue vesti e ne fecero quattro parti, una parte per ciascun soldato, e la tunica. E' sottinteso che presero anche la tunica. In altri termini: Presero le sue vesti e ne fecero quattro parti, una per ciascun soldato, e presero anche la tunica. Giovanni cosí si esprime per farci intendere che le altre vesti non furono tirate a sorte. Tirano a sorte soltanto la tunica, che avevano preso insieme alle altre vesti, ma che non dividono come fanno con le altre vesti. L'evangelista ne spiega il motivo: Ora quella tunica era senza cucitura, tessuta per intero dall'alto in basso. E dice anche perché decisero di tirarla a sorte: Perciò dissero tra loro: Non stracciamola, ma tiriamo a sorte a chi tocchi. Appare cosí che essi avevano diviso le altre vesti in parti uguali, per cui non fu necessario tirarle a sorte; della tunica invece, che era tutta d'un pezzo, non sarebbero riusciti ad avere ciascuno una parte senza stracciarla; per avere poi solo degli stracci. Appunto per evitare questo, preferirono tirarla a sorte di modo che toccasse ad uno solo. La testimonianza profetica concorda perfettamente con la narrazione dell'evangelista Giovanni, come questi del resto sottolinea, soggiungendo: Perché si adempisse la Scrittura: Si divisero tra loro i miei vestiti e sulla mia tunica hanno tirato a sorte (cf. Sal 21, 19). Non dice: sorteggiarono le mie vesti, ma si divisero le mie vesti; e neppure dice che si divisero le sue vesti tirandole a sorte. Parlando delle altre vesti non dice affatto che siano state sorteggiate, mentre dice chiaramente: Hanno tirato a sorte la mia veste, riferendosi alla tunica che era rimasta. A proposito della tunica vi dirò quanto il Signore mi ispirerà, non appena avrò respinto le accuse che possono sorgere contro la concordanza degli evangelisti, dimostrando che nessuna parola degli altri evangelisti è in contrasto con la narrazione di Giovanni.

3. Matteo infatti, dicendo: Si divisero le sue vesti tirandole a sorte, ci fa intendere che anche la tunica, che fu tirata a sorte, faceva parte delle vesti che furono divise; sì, perché essendosi messi a dividere tutte le vesti, di cui faceva parte anche la tunica, pure su di essa gettarono la sorte. E' quanto dice anche Luca: Dividendosi le sue vesti, le tirarono a sorte; mentre erano intenti a dividersi le sue vesti, arrivarono alla tunica, che sorteggiarono, in modo da completare tra loro la divisione di tutte le vesti del Signore. L'unica differenza tra quanto dice Luca (dividendosi le sue vesti, gettarono le sorti) e quanto dice Matteo (si divisero le sue vesti tirandole a sorte) sta nel fatto che Luca, dicendo sorti, usa il plurale invece del singolare, variante non insolita nelle sante Scritture. Peraltro in alcuni codici di Luca si trova sorte al singolare. Soltanto il racconto di Marco sembra presentare qualche difficoltà. Dicendo infatti: Si divisero le sue vesti, tirando a sorte la parte di ciascuno, sembra voler dire che furono tirate a sorte tutte le vesti e non soltanto la tunica. Ma qui, come altrove, l'oscurità nasce dalla brevità. Egli dice: tirandole a sorte, come se volesse dire che le tirarono a sorte mentre le dividevano, cosa che effettivamente avvenne; infatti la divisione di tutte le sue vesti non sarebbe stata completa se la sorte non avesse chiarito a chi doveva toccare la tunica, risolvendo, o meglio prevenendo ogni motivo di discussione. L'espressione di Marco: tirando a sorte la parte di ciascuno, si riferisce alla tunica, non a tutte le vesti che furono divise. I soldati tirarono a sorte a chi dovesse toccare la tunica, di cui, peraltro, Marco non ci spiega come fosse tessuta e come, dopo aver fatto la spartizione delle vesti, essendo rimasta la tunica, per non stracciarla decisero di tirarla a sorte. Ecco perché egli dice che tirarono a sorte la parte di ciascuno per vedere a chi dovesse toccare la tunica. In conclusione viene a dire che i soldati si divisero le sue vesti, tirando a sorte per vedere a chi doveva toccare la tunica che era rimasta dopo la spartizione degli abiti in parti uguali.

[Uno per tutti, perché l'unità è in tutti.]

4. Qualcuno si domanderà che cosa significhi la divisione delle vesti in quattro parti e il sorteggio della tunica. La veste del Signore Gesú Cristo, divisa in quattro parti, raffigura la sua Chiesa distribuita in quattro parti, cioè diffusa in tutto il mondo, che appunto consta di quattro parti e che gradualmente e concordemente realizza la sua presenza nelle singole parti. E' per questo motivo che, altrove, il Signore dice che invierà i suoi angeli per raccogliere gli eletti dai quattro venti (cf. Mt 24, 31), cioè dalle quattro parti del mondo: oriente, occidente, aquilone e mezzogiorno. Quanto alla tunica tirata a sorte, essa significa l'unità di tutte le parti, saldate insieme dal vincolo della carità. E' della carità, infatti, che l'Apostolo dice: Voglio mostrarvi una via ancor più eccellente (1 Cor 12, 31); e altrove dice: e possiate conoscere l'amore di Cristo che sorpassa ogni conoscenza (Ef 3, 19); e ancora: Al di sopra di tutte le cose rivestitevi della carità la quale è il vincolo della perfezione (Col 3, 14). Se dunque la carità è la via più eccellente, se essa sorpassa ogni conoscenza, ed è al di sopra di tutti i precetti, giustamente la veste che la raffigura, si dice che è tessuta dall'alto. Essa è senza cucitura, cosí che non si può dividere; e tende all'unità, perché raccoglie tutti in uno. Cosí quando il Signore interrogò gli Apostoli, che erano dodici, cioè tre volte quattro, Pietro rispose a nome di tutti: Tu sei il Cristo Figlio del Dio vivente; e gli fu detto: A te darò le chiavi del regno dei cieli (Mt 16, 16 19), come se soltanto lui avesse ricevuto la potestà di legare e di sciogliere. Ma siccome Pietro aveva parlato a nome di tutti, anche la potestà che ricevette, la ricevette unitamente a tutti, come rappresentante dell'unità stessa. Ricevette la potestà uno per tutti, perché l'unità è in tutti. Cosí anche qui l'evangelista, dopo aver detto che la tunica era tessuta dall'alto in basso, aggiunge: per intero. Se per intero lo riferiamo a ciò che la tunica significa, possiamo ben dire che nessuno è privo di questa unità, se appartiene al tutto. E' da questa totalità, indicata dal termine greco, che la Chiesa prende il nome di "cattolica". La sorte poi che cosa sta a indicare se non la grazia di Dio? Cosí, in uno la grazia perviene a tutti, in quanto la sorte esprime il favore di tutti, dato che è nell'unità che la grazia perviene a tutti. E quando si tira a sorte non si tiene conto dei meriti delle singole persone, ma ci si affida all'occulto giudizio di Dio.

5. Il fatto che tutto questo sia stato compiuto da uomini malvagi, non cioè dai seguaci di Cristo, ma dai suoi persecutori, non significa che non possa raffigurare qualcosa di buono. Che dire infatti della stessa croce, che anch'essa certamente venne fabbricata e inflitta a Cristo dai nemici e dagli empi? E tuttavia bisogna ammettere che in essa vengono raffigurate le dimensioni di cui parla l'Apostolo: larghezza, lunghezza, altezza, profondità (Ef 3, 18). E' larga nella trave orizzontale su cui si estendono le braccia del crocefisso, e significa le opere buone compiute nella larghezza della carità; è lunga nella trave verticale che discende fino a terra, sulla quale sono fissati i piedi e il dorso, e significa la perseveranza attraverso la lunghezza del tempo sino alla fine; è alta nella sommità che si eleva al di sopra della trave orizzontale, e significa il fine soprannaturale al quale sono ordinate tutte le opere, poiché tutto quanto noi facciamo in larghezza e lunghezza, cioè con amore e perseveranza, deve tendere all'altezza del premio divino. E' profonda, infine, in quella parte della trave verticale che viene conficcata in terra; essa è nascosta e sottratta agli sguardi umani, ma tuttavia da essa sorge e si eleva verso il cielo la parte visibile della croce: significa che tutte le nostre buone azioni e tutti i beni scaturiscono dalla profondità della grazia di Dio, che sfugge alla nostra comprensione e al nostro giudizio. Ma anche se la croce di Cristo non significasse altro che quello che l'Apostolo dice: Coloro che appartengono a Cristo, hanno crocifisso la carne con le sue passioni e i suoi desideri (Gal 5, 24), questo sarebbe già un bene immenso. E tutto questo non può che essere frutto dello spirito buono, che nutre desideri contrari a quelli della carne, cosí come la croce di Cristo è stata fabbricata dal nemico, cioè dallo spirito del male. E infine qual è il segno di Cristo, che tutti conoscono, se non la croce di Cristo? Senza questo segno, che si pone sulla fronte dei credenti, che si traccia sull'acqua in cui vengono rigenerati o sull'olio della cresima con cui vengono unti o sul pane del sacrificio con cui vengono nutriti, nessuno di questi riti è valido. Perché allora non possiamo dire che anche le azioni dei malvagi possono rivestire un significato buono, dal momento che nella celebrazione dei misteri di Cristo ogni bene soprannaturale viene a noi attraverso il segno della sua croce, che fu opera di uomini malvagi? Con questo basta. Quello che segue, se Dio ci aiuterà, lo vedremo un'altra volta.


2 - Maria santissima assiste san Giacomo nel suo glorioso mar­tirio e porta la sua anima in cielo.

La mistica Città di Dio - Libro ottavo - Suor Maria d'Agreda

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392. Il nostro grande apostolo san Giacomo arrivò a Ge­rusalemme quando tutti i suoi abitanti insorgevano contro i seguaci del Redentore. Il drago e i suoi ministri avevano occultamente suscitato tale protesta, infettando più vio­lentemente con il loro velenoso fiato i cuori dei perfidi giu­dei e accendendo in essi lo zelo per la loro legge e la ge­losia della lieta novella proclamata da san Paolo, il quale, pur non essendosi trattenuto più di quindici giorni, aveva convertito molti in forza della virtù divina che agiva in lui, lasciando tutti colmi di stupore e di meraviglia. Quegli in­creduli, che si erano risollevati alla notizia della sua par­tenza, ben presto tornarono ad alterarsi per il sopraggiun­gere del nuovo predicatore, ugualmente ripieno di sapien­za e di ardore per il nome di Gesù; Lucifero, che non igno­rava la sua venuta, aizzava ed aumentava lo sdegno dei sommi sacerdoti e degli scribi, facendo in modo che fosse la causa di un ulteriore veleno che li turbasse e irritasse. Egli entrò in città annunciando con profondo fervore il Si­gnore crocifisso e la sua morte e risurrezione, e in breve tempo portò alla fede alcuni uomini, tra i quali uno chia­mato Ermogene e un altro chiamato Fileto, entrambi stre­goni che avevano stretto un patto con satana: il primo era più dotto nella magia, mentre il secondo era suo discepo­lo. Di ambedue vollero servirsi i suoi nemici per piegarlo con una disputa o, se avessero fallito, per togliergli la vi­ta con qualcuno dei loro malefici.

393. I demoni architettarono questa efferatezza per mez­zo dei giudei, strumenti della loro iniquità, poiché non po­tevano avvicinarsi di persona, schiacciati dalla grazia che sentivano in lui. Al momento della controversia, Fileto fu il primo ad affrontare l'Apostolo, perché, se non fosse riusci­to a convincerlo, sarebbe subentrato in sua vece il più esper­to Ermogene. Propose i suoi sofisticati e falsi argomenti, ma il suo rivale li dileguò come i raggi del sole dissipano le te­nebre, parlando con tanta luce ed efficacia che dovette ar­rendersi e aderire al Vangelo, di cui divenne da allora di­fensore; temendo però il suo maestro, supplicò il santo di proteggerlo da lui e dalle arti diaboliche con le quali lo avreb­be perseguitato per distruggerlo. Egli gli diede un piccolo panno che aveva ricevuto dalle mani di Maria beatissima e con tale reliquia gli permise di resistere ai sortilegi per di­versi giorni, finché Ermogene stesso non iniziò la disputa.

394. Questi non poté esimersene, benché ne avesse ti­more, perché si era impegnato a discutere con lui per scon­figgerlo. Si preoccupò così di rafforzare le proprie tesi er­rate con ragionamenti più sottili rispetto a quelli addotti dal suo allievo, ma i suoi sforzi risultarono vani contro il potere e la scienza del cielo, che nel suo avversario erano come un torrente impetuoso. Fu superato e obbligato a confessare Cristo e i suoi misteri, come era accaduto a Fi­leto, e a causa di ciò i diavoli si adirarono e lo maltratta­rono per il dominio che avevano avuto su di lui. Per re­spingerli, avendo appreso che il suo compagno se ne era liberato con quanto gli era stato regalato, chiese il mede­simo favore e san Giacomo gli donò il bastone che usava; con esso li mise in fuga perché non l'affliggessero e nep­pure gli si accostassero.

395. Il futuro martire, nell'operare queste e altre con­versioni, fu sostenuto dalle preghiere, dai gemiti e dai so­spiri che la Madre offriva dal suo oratorio in Efeso, dove, come si è già detto, conosceva per visione tutto quello che gli apostoli e i credenti compivano e aveva particolare cu­ra di lui poiché era prossimo al supplizio. I due perseve­rarono per qualche tempo nella fede, ma poi l'abbandona­rono fino a perderla completamente in Asia, come consta dalla seconda lettera a Timoteo, in cui san Paolo lo infor­ma che Bigello o Fileto e Ermogene si sono allontanati dal­la verità. Sebbene il seme della parola fosse giunto a spun­tare nei loro cuori, non affondò radici per opporsi alle ten­tazioni del principe del male, che avevano servito a lungo e con il quale avevano grande familiarità. Restarono sem­pre in loro i segni malvagi e le radici perverse dei vizi, che tornarono a prevalere facendoli precipitare.

396. Quando i giudei videro frustrata la loro vana fi­ducia, concepirono rinnovato sdegno contro Giacomo e de­cisero di eliminarlo condannandolo a morte come brama­vano. Con il denaro si accattivarono Democrito e Lisia, centurioni della milizia romana, e segretamente concerta­rono che costoro l'avrebbero catturato con le persone che avevano a disposizione e per dissimulare il tradimento avrebbero finto un tumulto o una rissa in uno dei giorni e dei luoghi in cui egli avrebbe predicato, consegnandolo nelle loro mani; l'attuazione di tale crudeltà fu a carico di Abiatar, che in quell'anno era il sommo sacerdote, e di Gio­sia, uno scriba con le sue stesse idee. Come pensarono, co­sì eseguirono. Essi si accesero d'ira perché, mentre l'Apo­stolo proclamava al popolo gli arcani della redenzione uma­na dimostrandoli con mirabile sapienza e con la testimo­nianza delle Scritture, gli uditori si mossero a lacrime di compunzione. Dato il segnale ai soldati, Abiatar ordinò a Giosia di prenderlo e questi gli buttò una corda al collo con l'accusa di sobillatore e promotore di una nuova reli­gione contro l'impero.

397. Si avvicinarono Democrito e Lisia con la loro gen­te, e lo condussero da Erode, figlio di Archelao, che era stato preparato interiormente dall'astuzia di Lucifero ed esternamente dalla malizia e dall'astio dei giudei. Il re, che incitato da questo aveva cominciato contro i discepoli, da lui aborriti, la persecuzione di cui parla san Luca nel ca­pitolo dodicesimo degli Atti, inviando truppe per oppri­merli e arrestarli, decretò che fosse decapitato subito, co­me era reclamato. Fu inesprimibile il gaudio del prigio­niero quando fu legato a somiglianza del suo Maestro e comprese ormai arrivato il momento, tanto atteso, di pas­sare da questa vita a quella imperitura attraverso il mar­tirio, come la Regina gli aveva preannunciato. Per tale be­neficio fece umili e fervorosi atti di riconoscenza, e pub­blicamente confessò e dichiarò ancora di credere in Gesù; ricordandosi, poi, di quello che le aveva domandato in Efe­so, cioè che lo assistesse nel suo trapasso, la chiamò dal profondo.

398. La Vergine , che era attenta a tutto ciò che gli ac­cadeva e con intensa preghiera lo accompagnava e favori­va, l'ascoltò dal suo oratorio e, stando assorta, osservò scen­dere una moltitudine immensa di spiriti superni di tutte le gerarchie: alcuni si diressero verso Gerusalemme circon­dandolo mentre veniva condotto al supplizio e altri si re­carono da lei. Uno di quelli di grado superiore le disse: «Imperatrice delle altezze, il Signore dell'universo vi co­manda di andare in fretta alla città santa per consolare il suo ministro e stargli accanto nell'estremo combattimento, nonché di esaudire i suoi pii desideri». Ella accondiscese con enorme gioia e gratitudine, magnificando l'Onnipo­tente per l'aiuto che concede a chi confida nella sua scon­finata misericordia e si pone sotto la sua protezione. Frat­tanto, il condannato era portato all'esecuzione e durante il tragitto compiva molti miracoli, sanando tutti coloro che soffrivano di varie malattie e liberando anche diversi in­demoniati; infatti, allorché si era diffusa la voce che stava per essere ammazzato, numerosi bisognosi erano accorsi per rimediare alla loro condizione prima che mancasse il comune mezzo del loro conforto.

399. Contemporaneamente gli angeli fecero sedere Ma­ria su un trono risplendente e la sollevarono sino al posto in cui era sul punto di essere giustiziato. Giacomo si in­ginocchiò per terra offrendosi in sacrificio e, alzati gli oc­chi al cielo, scorse nell'aria colei che stava invocando, ve­stita di divini splendori e di eccezionale bellezza, scortata dai suoi custodi. Davanti a uno spettacolo tanto straordi­nario arse di giubilo e fervore, e si commosse tutto in se stesso. Voleva gridare acclamandola vera Madre di Dio e signora di tutto, ma uno degli esseri supremi lo trattenne e dichiarò: «Servo dell'Eterno, conserva dentro di te que­sti preziosi sentimenti e non manifestare ai giudei la vici­nanza e la grazia della nostra sovrana, perché non ne so­no degni né sono capaci di capire, e anziché venerarla la odierebbero». Alle sue parole egli si contenne e in segreto, muovendo le labbra, le si rivolse così:

400. «Voi che avete generato il mio Salvatore, mia dife­sa, consolatrice degli afflitti, rifugio dei miseri, datemi la vostra benedizione, da me oltremodo sospirata in quest'o­ra. Presentate per me a vostro Figlio l'olocausto della mia vita, già acceso dalla brama di morire per l'onore del suo nome sull'altare delle vostre pure e candide mani, affinché sia accetto a colui che per me si immolò sulla croce. Affi­do il mio spirito in esse e attraverso di esse in quelle del mio Creatore». Dopo che ebbe pronunciato questo, guar­dando la Regina che parlava al suo cuore, gli venne tagliato il capo dal carnefice. Ella - o ammirabile benignità! - po­se la sua anima accanto a sé e la portò nell'empireo dinanzi al suo Unigenito, arrecando speciale gaudio e gloria a tut­ti i cittadini del paradiso, che si congratularono con lei in­tonando inni di lode. L'Altissimo accolse quell'anima e la collocò in un luogo eminente tra i principi del suo popolo, e la Vergine , prostrata davanti al suo seggio di maestà in­finita, compose un cantico come rendimento di grazie per il trionfo del primo apostolo martire. In questa occasione non contemplò la beatissima Trinità con visione intuitiva, ma astrattiva, e fu colmata di ulteriori benedizioni e favo­ri per sé e per la Chiesa , per la quale fece grandi richieste. La benedissero anche tutti i santi, e quindi gli angeli la ri­condussero al suo oratorio in Efeso, in cui uno di essi era rimasto con le sue sembianze mentre era assente. Quando vi giunse si stese al suolo, come era suo costume, ringra­ziando di nuovo per tutto ciò che era accaduto.

401. Quella notte i discepoli di san Giacomo raccolse­ro il suo corpo e di nascosto lo trasportarono al porto di Ioppe, dal quale per disposizione superna salparono con esso per la Galizia. Maria inviò loro uno dei suoi ministri perché li guidasse e li indirizzasse là dove era volontà ce­leste che sbarcassero ed essi avvertirono il suo aiuto, ben­ché non lo vedessero, poiché per tutto il viaggio interven­ne in loro soccorso, e spesso miracolosamente; quindi, è anche grazie a lei che la Spagna possiede a sua protezio­ne il tesoro di quelle sacre membra, nello stesso modo in cui ebbe l'Apostolo ancora in vita come maestro e primo testimone della fede, che ben si radicò nei suoi abitanti. Egli spirò nel quarantunesimo anno del Signore, il venti­cinque marzo, cinque anni e sette mesi dopo la sua par­tenza da Gerusalemme per recarsi lì a predicare, e sette anni dopo la crocifissione del Redentore.

402. Questo consta dal capitolo dodicesimo degli Atti, dove san Luca dice che, per la soddisfazione mostrata dai giudei per la sua uccisione, Erode fece imprigionare anche Pietro con l'intenzione di decapitarlo appena trascorsa la Pasqua dell'agnello e degli azzimi, che viene celebrata nei quattordici giorni della luna di marzo. Poiché nell'anno quarantunesimo quei giorni corrispondevano agli ultimi di quel mese secondo il calcolo solare del quale ci serviamo, da ciò si comprende che il suo supplizio precedette di po­co tale cattura, che avvenne il venticinque marzo e che poi seguirono la carcerazione e la Pasqua. La Chiesa non ne fa memoria nella data precisa, perché coincide con l'in­carnazione e di solito anche con i misteri della passione; la festa è stata dunque trasferita al venticinque luglio, quan­do il suo corpo fu trasportato in Spagna.

403. La sua morte e la rapidità con cui l'iniquo re gliel'a­veva procurata accrebbero ulteriormente l'empia crudeltà dei giudei, convinti che tormentandolo avrebbero avuto pronto lo strumento della vendetta. Lucifero e i suoi giu­dicarono la cosa nella medesima maniera e, come costoro con richieste e adulazioni, lo persuadevano con suggestio­ni a comandare l'arresto del vicario di Cristo, come in ef­fetti fece per mantenersi la loro benevolenza per i suoi fi­ni temporali. I demoni lo temevano molto per la forza che sperimentavano a loro danno e perciò segretamente acce­lerarono i tempi. Egli fu tenuto legato alle catene per es­sere giustiziato appena dopo la Pasqua e, sebbene il suo cuore fosse ben saldo, senza preoccupazione alcuna e con la stessa tranquillità che se fosse stato libero, tutti i fede­li della città erano in profondo affanno. A causa di questa sofferenza moltiplicarono le suppliche all'Altissimo affin­ché lo salvasse, perché la sua scomparsa avrebbe rappresentato un'immane rovina, e invocarono pure l'ausilio e la potente intercessione della Regina, dalla quale tutti aspet­tavano un rimedio.

404. Tale angustia non le era nascosta benché fosse in Efeso, poiché i suoi clementissimi occhi osservavano quan­to succedeva per mezzo della visione chiara che aveva di tutto, ed ella intensificava la preghiera con sospiri, pro­strazioni e lacrime di sangue, implorando la sua scarcera­zione e la difesa dei devoti. Le sue orazioni penetrarono i cieli e giunsero a ferire il suo Unigenito, che scese perso­nalmente e la trovò stesa al suolo con il volto verginale at­taccato alla polvere. Rialzandola, le parlò con tenerezza: «Madre mia, moderate il vostro dolore e manifestatemi ciò a cui anelate, perché io ve lo concederò e otterrete grazia presso di me per conseguirlo».

405. Con la presenza e le affettuose parole di Gesù ri­cevette coraggio, consolazione e gioia, giacché le pene dei credenti erano la ragione del suo martirio e il vedere san Pietro detenuto e in attesa dell'esecuzione l'affliggeva ol­tre ogni immaginazione, come anche l'apprensione per le possibili conseguenze nella comunità primitiva. Rinnovò le sue domande e dichiarò: «Mio diletto, voi conoscete bene le angosce della vostra Chiesa, le cui grida sono ar­rivate al vostro orecchio e invadono il mio intimo af­franto. Si propongono di uccidere il suo pastore: se per­mettete che questo avvenga adesso, il vostro piccolo greg­ge sarà disperso e i lupi infernali trionferanno su di voi come bramano. Or dunque, affinché io viva ordinate con autorità al mare e alla tempesta che i venti e le onde che investono questa piccola nave si quietino. Proteggete il capo del collegio apostolico e i vostri nemici restino con­fusi e, se sarà vostra volontà e a vostra gloria, si volga­no verso di me le tribolazioni, perché io patirò per i vo­stri figli e lotterò contro gli avversari invisibili con l'aiu­to della vostra destra».

406. Egli rispose: «Carissima, con la virtù e il potere che avete avuto da me, desidero che vi regoliate secondo il vo­stro volere: costruite e abbattete quanto ritenete sia conve­niente, ma vi sia noto che contro di voi si rivolterà tutto il furore dei diavoli». La prudentissima Signora lo ringraziò per questo beneficio e, offrendosi di combattere la guerra di sua Maestà, affermò: «Dio mio, mia speranza, la vostra ancella è pronta a faticare per le anime che costarono il vo­stro sangue. Benché io sia polvere inutile, voi siete infinita sapienza e potenza, e se mi assiste il vostro favore non te­merò il drago. Dal momento che nel vostro nome dispone­te che io decida e compia quello che è opportuno, intimo a Lucifero e ai suoi ministri, che stanno sconvolgendo i cri­stiani, di precipitare tutti nei loro antri e di ammutolire fi­no a quando la vostra provvidenza non darà loro licenza di risalire sulla terra». Le sue parole furono tanto efficaci che, nell'istante in cui le pronunciò ad Efeso, i demoni che era­no a Gerusalemme piombarono negli abissi senza riuscire a resistere alla forza superna che operava in lei.

407. Essi intesero che quella sciagura proveniva dalla nostra Maestra, che chiamavano nemica perché non osa­vano nominarla. Confusi e atterriti, rimasero nelle loro ca­verne finché non fu loro consentito di risollevarsi per af­frontarla in battaglia, come poi riferirò, e in questo tem­po esaminarono quali mezzi potessero scegliere a tale sco­po. Conseguito il trionfo contro il principe del male, per ottenerlo anche contro Erode e i giudei, Maria disse al Re­dentore: «Adesso, mio sovrano, se è vostro beneplacito un angelo andrà a liberare il vostro vicario». La proposta fu subito approvata e, per volontà di entrambi, come di su­premi monarchi, uno degli spiriti più eccelsi che erano pre­senti si recò alla prigione.

408. Appena vi giunse, nella notte precedente il giorno in cui Pietro doveva essere giustiziato, lo scorse legato tra i due soldati che lo custodivano insieme ad altri che sorvegliavano la porta, profondamente addormentato come loro perché privo di angustie. Per svegliarlo dovette scuoterlo e quello, assonnato, udì che gli era comandato: «Alzati in fretta, met­titi la cintura, allacciati i sandali, prendi il mantello e vieni con me». Gli caddero le catene e, senza capire che cosa gli stesse avvenendo e di che tipo di visione si trattasse, seguì il messaggero divino, il quale prima di sparire gli fece attra­versare alcune vie e gli rivelò che l'Altissimo lo aveva sciol­to dai ceppi per intercessione della Vergine. Quando tornan­do in sé comprese il misterioso beneficio, ne rese grazie.

409. Gli parve bene porsi al sicuro, informando innanzi­tutto i discepoli e Giacomo il Minore, per eseguire ciò con il consiglio di tutti. Si diresse velocemente alla casa di Maria, madre di Giovanni detto anche Marco, cioè al cenacolo do­ve erano riuniti, non senza afflizione, molti fedeli. Picchiò al portone e una serva, di nome Rode, scese per domandare chi fosse. Ella riconobbe la sua voce e, ricolma di gioia, la­sciandolo fuori corse a dare la notizia agli altri, che pensa­rono ad una sua fantasia; la fanciulla insisteva, ma essi, lon­tani dal supporre che il loro capo avesse potuto riacquistare la libertà, immaginarono che fosse il suo angelo. Intanto, egli in strada continuava a bussare e dunque finalmente gli fu aperto e fu accolto con enorme giubilo. Raccontò quanto era successo, affinché avvisassero in segreto Giacomo e gli altri fratelli. Prevedendo che immediatamente Erode lo avrebbe cercato scrupolosamente, decisero di allontanarlo dalla città quella notte stessa, per evitare che fosse di nuovo catturato. Allorché il re scoprì l'accaduto e non fu in grado di ritro­varlo, fece castigare le guardie e s'infuriò contro i cristiani, anche se, per la sua superbia e la sua empia condotta, Dio gli sbarrò la strada e lo punì severamente.

 

Insegnamento della Regina del cielo

410. Carissima, a causa degli effetti provocati in te dal singolare favore che Giacomo ricevette alla sua morte dal­la mia pietà, voglio rivelarti un dono che l'Eterno mi con­fermò quando gli portai la sua anima nell'empireo. Altre volte ti ho accennato qualcosa riguardo a questo segreto, ma adesso lo capirai meglio affinché ti preoccupi di esse­re veramente mia affezionatissima figlia. In quell'occasio­ne, il Padre mi parlò davanti a tutti i beati: «Colomba mia, eletta per mio compiacimento fra tutte le creature, sap­piano gli spiriti superni e i santi che a mia lode, a vostra esaltazione e a vantaggio degli uomini vi do la mia paro­la che, se essi al momento del trapasso vi invocheranno e si rivolgeranno sinceramente a voi sul suo modello, solle­citando il vostro intervento presso di me, io inclinerò ver­so di loro la mia clemenza, li guarderò con occhi benevo­li, li difenderò dai pericoli dell'ultima ora e scaccerò i cru­deli nemici che in quel passaggio si sforzano di farli peri­re. Attraverso di voi elargirò loro considerevoli aiuti per­ché resistano e si pongano in stato di grazia se collabore­ranno; voi me li presenterete ed essi otterranno il premio dalla mia destra generosa».

411. Tutta la Chiesa trionfante ed io con essa ringra­ziammo e magnificammo sua Maestà. Benché spetti ai ministri celesti il compito di condurre le anime al tribu­nale del giusto giudice appena vengono liberate dall'esi­lio terreno, ciò fu concesso anche a me, in modo subli­me ed eminente, e sovente faccio uso dei miei privilegi, così come accadde con alcuni degli apostoli. Poiché ti ve­do ansiosa di apprendere come potrai avere da me que­sto beneficio tanto prezioso, ti esorto a non privartene per ingratitudine o disattenzione. Innanzitutto lo guada­gnerai con la purezza, che è quello che più bramo da te e dagli altri, giacché il mio grande ardore per l'Onnipotente mi costringe a desiderare da tutti, con infinita ca­rità e tenerezza, l'osservanza della sua legge, perché nes­suno si allontani dalla sua amicizia; questo è quanto de­vi anteporre alla vita, morendo piuttosto che peccare con­tro il tuo sommo Bene.

412. Obbediscimi, segui il mio insegnamento, impe­gnati nell'imitare quello che di me scopri e scrivi, non frapporre intervalli nell'amare e non dimenticare mai, neppure per un istante, il profondo affetto al quale ti legò la sua immensa misericordia. Sii grata per ciò di cui sei debitrice a lui e a me, che è al di là delle tue possibilità di comprensione finché sei viatrice. Sii fedele nel corri­spondere, fervorosa nella devozione, pronta per quanto è più perfetto. Dilata il cuore e non permettere che si re­stringa con la pusillanimità, come il demonio pretende­rebbe da te. Stendi la mano a imprese forti e ardue, con­fidando sempre nel Signore; non ti avvilire e non ti ab­battere nelle avversità, non impedire il disegno di Dio in te né gli altissimi fini della sua gloria, tieni accesa la fe­de e la speranza nelle maggiori angustie e tentazioni. Per compiere tutto questo, trova ausilio nell'esempio dei miei servi e nella conoscenza che ti ho dato della felicissima sicurezza di coloro che sono sotto la protezione divina: con la fiducia e la dedizione verso di me, Giacomo ebbe nel martirio il particolare favore che ho spiegato e superò innumerevoli travagli, conquistando la corona; nella stes­sa maniera, Pietro stava tranquillo e sereno in prigione, senza mai perdere la pace interiore, e meritò che il mio Unigenito ed io avessimo una simile sollecitudine per la sua salvezza. I mondani figli delle tenebre non sono de­gni di tale soccorso, poiché si appoggiano sulle realtà vi­sibili e sulla loro astuzia diabolica. Sollevati e scuotiti da questi inganni, aspira a quello che è più eccelso, perché sarà con te il braccio vigoroso che operò in me tante me­raviglie.


24 dicembre 1941

Madre Pierina Micheli

 Grazie Gesù! se non veniva il Padre, a mettere in fuga il nemico e darmi Gesù, quale triste giornata! è vero che sono nella completa desolazione, cerco, voglio Gesù e mi sento respinta, è una tortura terribile... ma il Padre mi ha rassicurata. Le anime costano mi disse... tutto, Gesù, tutto...

Umiltà che dimentica se stessa completamente e soltanto si interessa della gloria di Dio e del bene delle anime! Come ne sono lontana!