Sotto il Tuo Manto

Giovedi, 5 giugno 2025 - San Bonifacio (Letture di oggi)

Tra tutte le tribolazioni umane non ve n'è una più grande della coscienza delle proprie colpe. (Sant'Agostino)

Liturgia delle Ore - Letture

Martedi della 1° settimana del tempo di Quaresima

Questa sezione contiene delle letture scelte a caso, provenienti dalle varie sezioni del sito (Sacra Bibbia e la sezione Biblioteca Cristiana), mentre l'ultimo tab Apparizioni, contiene messaggi di apparizioni a mistici o loro scritti. Sono presenti testi della Valtorta, Luisa Piccarreta, don Stefano Gobbi e testimonianze di apparizioni mariane riconosciute.

Vangelo secondo Marco 13

1Mentre usciva dal tempio, un discepolo gli disse: "Maestro, guarda che pietre e che costruzioni!".2Gesù gli rispose: "Vedi queste grandi costruzioni? Non rimarrà qui pietra su pietra, che non sia distrutta".3Mentre era seduto sul monte degli Ulivi, di fronte al tempio, Pietro, Giacomo, Giovanni e Andrea lo interrogavano in disparte:4"Dicci, quando accadrà questo, e quale sarà il segno che tutte queste cose staranno per compiersi?".

5Gesù si mise a dire loro: "Guardate che nessuno v'inganni!6Molti verranno in mio nome, dicendo: "Sono io", e inganneranno molti.7E quando sentirete parlare di guerre, non allarmatevi; bisogna infatti che ciò avvenga, ma non sarà ancora la fine.8Si leverà infatti nazione contro nazione e regno contro regno; vi saranno terremoti sulla terra e vi saranno carestie. Questo sarà il principio dei dolori.
9Ma voi badate a voi stessi! Vi consegneranno ai sinedri, sarete percossi nelle sinagoghe, comparirete davanti a governatori e re a causa mia, per render testimonianza davanti a loro.10Ma prima è necessario che il vangelo sia proclamato a tutte le genti.11E quando vi condurranno via per consegnarvi, non preoccupatevi di ciò che dovrete dire, ma dite ciò che in quell'ora vi sarà dato: poiché non siete voi a parlare, ma lo Spirito Santo.12Il fratello consegnerà a morte il fratello, il padre il figlio e i figli insorgeranno contro i genitori e li metteranno a morte.13Voi sarete odiati da tutti a causa del mio nome, ma chi avrà perseverato sino alla fine sarà salvato.

14Quando vedrete 'l'abominio della desolazione' stare là dove non conviene, chi legge capisca, allora quelli che si trovano nella Giudea fuggano ai monti;15chi si trova sulla terrazza non scenda per entrare a prender qualcosa nella sua casa;16chi è nel campo non torni indietro a prendersi il mantello.17Guai alle donne incinte e a quelle che allatteranno in quei giorni!18Pregate che ciò non accada d'inverno;19perché quei giorni saranno 'una tribolazione, quale non è mai stata dall'inizio della creazione', fatta da Dio, 'fino al presente', né mai vi sarà.20Se il Signore non abbreviasse quei giorni, nessun uomo si salverebbe. Ma a motivo degli eletti che si è scelto ha abbreviato quei giorni.21Allora, dunque, se qualcuno vi dirà: "Ecco, il Cristo è qui, ecco è là", non ci credete;22perché sorgeranno falsi cristi e falsi profeti e faranno segni e portenti per ingannare, se fosse possibile, anche gli eletti.23Voi però state attenti! Io vi ho predetto tutto.

24In quei giorni, dopo quella tribolazione,

'il sole si oscurerà
e la luna non darà più il suo splendore'
25'e gli astri si metteranno a cadere' dal cielo
'e le potenze che sono nei cieli' saranno sconvolte.

26Allora vedranno 'il Figlio dell'uomo venire sulle nub'i con grande potenza e gloria.27Ed egli manderà gli angeli e riunirà i suoi eletti dai quattro venti, dall'estremità della terra fino all'estremità del cielo.

28Dal fico imparate questa parabola: quando già il suo ramo si fa tenero e mette le foglie, voi sapete che l'estate è vicina;29così anche voi, quando vedrete accadere queste cose, sappiate che egli è vicino, alle porte.30In verità vi dico: non passerà questa generazione prima che tutte queste cose siano avvenute.31Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno.32Quanto poi a quel giorno o a quell'ora, nessuno li conosce, neanche gli angeli nel cielo, e neppure il Figlio, ma solo il Padre.

33State attenti, vegliate, perché non sapete quando sarà il momento preciso.34È come uno che è partito per un viaggio dopo aver lasciato la propria casa e dato il potere ai servi, a ciascuno il suo compito, e ha ordinato al portiere di vigilare.35Vigilate dunque, poiché non sapete quando il padrone di casa ritornerà, se alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino,36perché non giunga all'improvviso, trovandovi addormentati.37Quello che dico a voi, lo dico a tutti: Vegliate!".


Genesi 39

1Giuseppe era stato condotto in Egitto e Potifar, consigliere del faraone e comandante delle guardie, un Egiziano, lo acquistò da quegli Ismaeliti che l'avevano condotto laggiù.2Allora il Signore fu con Giuseppe: a lui tutto riusciva bene e rimase nella casa dell'Egiziano, suo padrone.3Il suo padrone si accorse che il Signore era con lui e che quanto egli intraprendeva il Signore faceva riuscire nelle sue mani.4Così Giuseppe trovò grazia agli occhi di lui e divenne suo servitore personale; anzi quegli lo nominò suo maggiordomo e gli diede in mano tutti i suoi averi.5Da quando egli lo aveva fatto suo maggiordomo e incaricato di tutti i suoi averi, il Signore benedisse la casa dell'Egiziano per causa di Giuseppe e la benedizione del Signore fu su quanto aveva, in casa e nella campagna.6Così egli lasciò tutti i suoi averi nelle mani di Giuseppe e non gli domandava conto di nulla, se non del cibo che mangiava. Ora Giuseppe era bello di forma e avvenente di aspetto.
7Dopo questi fatti, la moglie del padrone gettò gli occhi su Giuseppe e gli disse: "Unisciti a me!".8Ma egli rifiutò e disse alla moglie del suo padrone: "Vedi, il mio signore non mi domanda conto di quanto è nella sua casa e mi ha dato in mano tutti i suoi averi.9Lui stesso non conta più di me in questa casa; non mi ha proibito nulla, se non te, perché sei sua moglie. E come potrei fare questo grande male e peccare contro Dio?".10E, benché ogni giorno essa ne parlasse a Giuseppe, egli non acconsentì di unirsi, di darsi a lei.
11Ora un giorno egli entrò in casa per fare il suo lavoro, mentre non c'era nessuno dei domestici.12Essa lo afferrò per la veste, dicendo: "Unisciti a me!". Ma egli le lasciò tra le mani la veste, fuggì e uscì.13Allora essa, vedendo ch'egli le aveva lasciato tra le mani la veste ed era fuggito fuori,14chiamò i suoi domestici e disse loro: "Guardate, ci ha condotto in casa un Ebreo per scherzare con noi! Mi si è accostato per unirsi a me, ma io ho gridato a gran voce.15Egli, appena ha sentito che alzavo la voce e chiamavo, ha lasciato la veste accanto a me, è fuggito ed è uscito".
16Ed essa pose accanto a sé la veste di lui finché il padrone venne a casa.17Allora gli disse le stesse cose: "Quel servo ebreo, che tu ci hai condotto in casa, mi si è accostato per scherzare con me.18Ma appena io ho gridato e ho chiamato, ha abbandonato la veste presso di me ed è fuggito fuori".19Quando il padrone udì le parole di sua moglie che gli parlava: "Proprio così mi ha fatto il tuo servo!", si accese d'ira.
20Il padrone di Giuseppe lo prese e lo mise nella prigione, dove erano detenuti i carcerati del re.

22Così il comandante della prigione affidò a Giuseppe tutti i carcerati che erano nella prigione e quanto c'era da fare là dentro, lo faceva lui.23Il comandante della prigione non si prendeva cura più di nulla di quanto gli era affidato, perché il Signore era con lui e quello che egli faceva il Signore faceva riuscire.


Proverbi 6

1Figlio mio, se hai garantito per il tuo prossimo,
se hai dato la tua mano per un estraneo,
2se ti sei legato con le parole delle tue labbra
e ti sei lasciato prendere dalle parole della tua bocca,
3figlio mio, fa' così per liberartene:
poiché sei caduto nelle mani del tuo prossimo,
va', gèttati ai suoi piedi, importuna il tuo prossimo;
4non concedere sonno ai tuoi occhi
né riposo alle tue palpebre,
5lìberatene come la gazzella dal laccio,
come un uccello dalle mani del cacciatore.

6Va' dalla formica, o pigro,
guarda le sue abitudini e diventa saggio.
7Essa non ha né capo,
né sorvegliante, né padrone,
8eppure d'estate si provvede il vitto,
al tempo della mietitura accumula il cibo.
9Fino a quando, pigro, te ne starai a dormire?
Quando ti scuoterai dal sonno?
10Un po' dormire, un po' sonnecchiare,
un po' incrociare le braccia per riposare
11e intanto giunge a te la miseria, come un vagabondo,
e l'indigenza, come un mendicante.

12Il perverso, uomo iniquo,
va con la bocca distorta,
13ammicca con gli occhi, stropiccia i piedi
e fa cenni con le dita.
14Cova propositi malvagi nel cuore,
in ogni tempo suscita liti.
15Per questo improvvisa verrà la sua rovina,
in un attimo crollerà senza rimedio.

16Sei cose odia il Signore,
anzi sette gli sono in abominio:
17occhi alteri, lingua bugiarda,
mani che versano sangue innocente,
18cuore che trama iniqui progetti,
piedi che corrono rapidi verso il male,
19falso testimone che diffonde menzogne
e chi provoca litigi tra fratelli.

20Figlio mio, osserva il comando di tuo padre,
non disprezzare l'insegnamento di tua madre.
21Fissali sempre nel tuo cuore,
appendili al collo.
22Quando cammini ti guideranno,
quando riposi veglieranno su di te,
quando ti desti ti parleranno;
23poiché il comando è una lampada e l'insegnamento una luce
e un sentiero di vita le correzioni della disciplina,
24per preservarti dalla donna altrui,
dalle lusinghe di una straniera.
25Non desiderare in cuor tuo la sua bellezza;
non lasciarti adescare dai suoi sguardi,
26perché, se la prostituta cerca un pezzo di pane,
la maritata mira a una vita preziosa.
27Si può portare il fuoco sul petto
senza bruciarsi le vesti
28o camminare sulla brace
senza scottarsi i piedi?
29Così chi si accosta alla donna altrui,
chi la tocca, non resterà impunito.
30Non si disapprova un ladro, se ruba
per soddisfare l'appetito quando ha fame;
31eppure, se è preso, dovrà restituire sette volte,
consegnare tutti i beni della sua casa.
32Ma l'adultero è privo di senno;
solo chi vuole rovinare se stesso agisce così.
33Incontrerà percosse e disonore,
la sua vergogna non sarà cancellata,
34poiché la gelosia accende lo sdegno del marito,
che non avrà pietà nel giorno della vendetta;
35non vorrà accettare alcun compenso,
rifiuterà ogni dono, anche se grande.


Salmi 45

1'Al maestro del coro. Su "I gigli...". Dei figli di Core.'
'Maskil. Canto d'amore.'

2Effonde il mio cuore liete parole,
io canto al re il mio poema.
La mia lingua è stilo di scriba veloce.

3Tu sei il più bello tra i figli dell'uomo,
sulle tue labbra è diffusa la grazia,
ti ha benedetto Dio per sempre.
4Cingi, prode, la spada al tuo fianco,
nello splendore della tua maestà ti arrida la sorte,
5avanza per la verità, la mitezza e la giustizia.
6La tua destra ti mostri prodigi:
le tue frecce acute
colpiscono al cuore i nemici del re;
sotto di te cadono i popoli.

7Il tuo trono, Dio, dura per sempre;
è scettro giusto lo scettro del tuo regno.
8Ami la giustizia e l'empietà detesti:
Dio, il tuo Dio ti ha consacrato
con olio di letizia, a preferenza dei tuoi eguali.

9Le tue vesti son tutte mirra, aloè e cassia,
dai palazzi d'avorio ti allietano le cetre.

10Figlie di re stanno tra le tue predilette;
alla tua destra la regina in ori di Ofir.

11Ascolta, figlia, guarda, porgi l'orecchio,
dimentica il tuo popolo e la casa di tuo padre;
12al re piacerà la tua bellezza.
Egli è il tuo Signore: pròstrati a lui.
13Da Tiro vengono portando doni,
i più ricchi del popolo cercano il tuo volto.

14La figlia del re è tutta splendore,
gemme e tessuto d'oro è il suo vestito.
15È presentata al re in preziosi ricami;
con lei le vergini compagne a te sono condotte;
16guidate in gioia ed esultanza
entrano insieme nel palazzo del re.

17Ai tuoi padri succederanno i tuoi figli;
li farai capi di tutta la terra.
18Farò ricordare il tuo nome
per tutte le generazioni,
e i popoli ti loderanno in eterno, per sempre.


Ezechiele 3

1Mi disse: "Figlio dell'uomo, mangia ciò che hai davanti, mangia questo rotolo, poi va' e parla alla casa d'Israele".2Io aprii la bocca ed egli mi fece mangiare quel rotolo,3dicendomi: "Figlio dell'uomo, nutrisci il ventre e riempi le viscere con questo rotolo che ti porgo". Io lo mangiai e fu per la mia bocca dolce come il miele.4Poi egli mi disse: "Figlio dell'uomo, va', recati dagli Israeliti e riferisci loro le mie parole,5poiché io non ti mando a un popolo dal linguaggio astruso e di lingua barbara, ma agli Israeliti:6non a grandi popoli dal linguaggio astruso e di lingua barbara, dei quali tu non comprendi le parole: se a loro ti avessi inviato, ti avrebbero ascoltato;7ma gli Israeliti non vogliono ascoltar te, perché non vogliono ascoltar me: tutti gli Israeliti sono di dura cervice e di cuore ostinato.8Ecco io ti do una faccia tosta quanto la loro e una fronte dura quanto la loro fronte.9Come diamante, più dura della selce ho reso la tua fronte. Non li temere, non impaurirti davanti a loro; sono una genìa di ribelli".
10Mi disse ancora: "Figlio dell'uomo, tutte le parole che ti dico accoglile nel cuore e ascoltale con gli orecchi:11poi va', recati dai deportati, dai figli del tuo popolo, e parla loro. Dirai: Così dice il Signore, ascoltino o non ascoltino".
12Allora uno spirito mi sollevò e dietro a me udii un grande fragore: "Benedetta la gloria del Signore dal luogo della sua dimora!".13Era il rumore delle ali degli esseri viventi che le battevano l'una contro l'altra e contemporaneamente il rumore delle ruote e il rumore di un grande frastuono.14Uno spirito dunque mi sollevò e mi portò via; io ritornai triste e con l'animo eccitato, mentre la mano del Signore pesava su di me.15Giunsi dai deportati di Tel-Avìv, che abitano lungo il canale Chebàr, dove hanno preso dimora, e rimasi in mezzo a loro sette giorni come stordito.

16Al termine di questi sette giorni mi fu rivolta questa parola del Signore: "Figlio dell'uomo, ti ho posto per sentinella alla casa d'Israele.17Quando sentirai dalla mia bocca una parola, tu dovrai avvertirli da parte mia.18Se io dico al malvagio: Tu morirai! e tu non lo avverti e non parli perché il malvagio desista dalla sua condotta perversa e viva, egli, il malvagio, morirà per la sua iniquità, ma della sua morte io domanderò conto a te.19Ma se tu ammonisci il malvagio ed egli non si allontana dalla sua malvagità e dalla sua perversa condotta, egli morirà per il suo peccato, ma tu ti sarai salvato.
20Così, se il giusto si allontana dalla sua giustizia e commette l'iniquità, io porrò un ostacolo davanti a lui ed egli morirà; poiché tu non l'avrai avvertito, morirà per il suo peccato e le opere giuste da lui compiute non saranno più ricordate; ma della morte di lui domanderò conto a te.21Se tu invece avrai avvertito il giusto di non peccare ed egli non peccherà, egli vivrà, perché è stato avvertito e tu ti sarai salvato".

22Anche là venne sopra di me la mano del Signore ed egli mi disse: "Alzati e va' nella valle; là ti voglio parlare".23Mi alzai e andai nella valle; ed ecco la gloria del Signore era là, simile alla gloria che avevo vista sul canale Chebàr, e caddi con la faccia a terra.24Allora uno spirito entrò in me e mi fece alzare in piedi ed egli mi disse: "Va' e rinchiuditi in casa.25Ed ecco, figlio dell'uomo, ti saranno messe addosso delle funi, sarai legato e non potrai più uscire in mezzo a loro.26Ti farò aderire la lingua al palato e resterai muto; così non sarai più per loro uno che li rimprovera, perché sono una genìa di ribelli.27Ma quando poi ti parlerò, ti aprirò la bocca e tu riferirai loro: Dice il Signore Dio: chi vuole ascoltare ascolti e chi non vuole non ascolti; perché sono una genìa di ribelli".


Prima lettera ai Corinzi 11

1Fatevi miei imitatori, come io lo sono di Cristo.
2Vi lodo poi perché in ogni cosa vi ricordate di me e conservate le tradizioni così come ve le ho trasmesse.3Voglio però che sappiate che di ogni uomo il capo è Cristo, e capo della donna è l'uomo, e capo di Cristo è Dio.4Ogni uomo che prega o profetizza con il capo coperto, manca di riguardo al proprio capo.5Ma ogni donna che prega o profetizza senza velo sul capo, manca di riguardo al proprio capo, poiché è lo stesso che se fosse rasata.6Se dunque una donna non vuol mettersi il velo, si tagli anche i capelli! Ma se è vergogna per una donna tagliarsi i capelli o radersi, allora si copra.
7L'uomo non deve coprirsi il capo, poiché egli è immagine e gloria di Dio; la donna invece è gloria dell'uomo.8E infatti non l'uomo deriva dalla donna, ma la donna dall'uomo;9né l'uomo fu creato per la donna, ma la donna per l'uomo.10Per questo la donna deve portare sul capo un segno della sua dipendenza a motivo degli angeli.11Tuttavia, nel Signore, né la donna è senza l'uomo, né l'uomo è senza la donna;12come infatti la donna deriva dall'uomo, così l'uomo ha vita dalla donna; tutto poi proviene da Dio.13Giudicate voi stessi: è conveniente che una donna faccia preghiera a Dio col capo scoperto?14Non è forse la natura stessa a insegnarci che è indecoroso per l'uomo lasciarsi crescere i capelli,15mentre è una gloria per la donna lasciarseli crescere? La chioma le è stata data a guisa di velo.16Se poi qualcuno ha il gusto della contestazione, noi non abbiamo questa consuetudine e neanche le Chiese di Dio.

17E mentre vi do queste istruzioni, non posso lodarvi per il fatto che le vostre riunioni non si svolgono per il meglio, ma per il peggio.18Innanzi tutto sento dire che, quando vi radunate in assemblea, vi sono divisioni tra voi, e in parte lo credo.19È necessario infatti che avvengano divisioni tra voi, perché si manifestino quelli che sono i veri credenti in mezzo a voi.20Quando dunque vi radunate insieme, il vostro non è più un mangiare la cena del Signore.21Ciascuno infatti, quando partecipa alla cena, prende prima il proprio pasto e così uno ha fame, l'altro è ubriaco.22Non avete forse le vostre case per mangiare e per bere? O volete gettare il disprezzo sulla chiesa di Dio e far vergognare chi non ha niente? Che devo dirvi? Lodarvi? In questo non vi lodo!
23Io, infatti, ho ricevuto dal Signore quello che a mia volta vi ho trasmesso: il Signore Gesù, nella notte in cui veniva tradito, prese del pane24e, dopo aver reso grazie, lo spezzò e disse: "Questo è il mio corpo, che è per voi; fate questo in memoria di me".25Allo stesso modo, dopo aver cenato, prese anche il calice, dicendo: "Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue; fate questo, ogni volta che ne bevete, in memoria di me".26Ogni volta infatti che mangiate di questo pane e bevete di questo calice, voi annunziate la morte del Signore finché egli venga.27Perciò chiunque in modo indegno mangia il pane o beve il calice del Signore, sarà reo del corpo e del sangue del Signore.28Ciascuno, pertanto, esamini se stesso e poi mangi di questo pane e beva di questo calice;29perché chi mangia e beve senza riconoscere il corpo del Signore, mangia e beve la propria condanna.30È per questo che tra voi ci sono molti ammalati e infermi, e un buon numero sono morti.31Se però ci esaminassimo attentamente da noi stessi, non saremmo giudicati;32quando poi siamo giudicati dal Signore, veniamo ammoniti per non esser condannati insieme con questo mondo.
33Perciò, fratelli miei, quando vi radunate per la cena, aspettatevi gli uni gli altri.34E se qualcuno ha fame, mangi a casa, perché non vi raduniate a vostra condanna. Quanto alle altre cose, le sistemerò alla mia venuta.


Capitolo XXXII: Rinnegare se stessi e rinunciare ad ogni desiderio

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1. O figlio, se non avrai rinnegato totalmente te stesso, non potrai avere una perfetta libertà. Infatti sono come legati, tutti coloro che portano amore alle cose e a se stessi, pieni di bramosia e di curiosità, svagati, sempre in cerca di mollezze. Essi vanno spesso immaginando e raffigurando, non ciò che è di Gesù Cristo, ma ciò che è perituro; infatti ogni cosa che non è nata da Dio scomparirà.

Tieni ben ferma questa massima, breve e perfetta: tralascia ogni cosa; rinunzia alle brame e troverai la pace. Quando avrai attentamente meditato nel tuo cuore questa massima, e l'avrai messa in pratica, allora comprenderai ogni cosa. O Signore, non è, questa, una faccenda che si possa compiere in un giorno; non è un gioco da ragazzi. Che anzi in queste brevi parole si racchiude tutta la perfezione dell'uomo di fede.  

2. O figlio, non devi lasciarti piegare, non devi subito abbatterti, ora che hai udito quale è la strada di chi vuole essere perfetto. Devi piuttosto sentirti spinto a cose più alte; almeno ad aspirare ad esse col desiderio. Volesse il cielo che così fosse per te; che tu giungessi a non amare più te stesso, e ad attenerti soltanto alla volontà mia e di colui che ti ho mostrato quale padre. Allora tu mi saresti assai caro e la tua vita si tramuterebbe tutta in una pace gioiosa. Ma tu hai ancora molte cose da abbandonare; e se non rinunzierai a tutte le cose e del tutto, per me, non otterrai quello che chiedi. "Il mio invito è che, per farti più ricco, tu acquisti da me l'oro colato" (Ap 3,18), vale a dire la celeste sapienza, che sovrasta tutto ciò che è basso; che tu lasci indietro e la sapienza di questo mondo ed ogni soddisfazione di se stesso ed ogni compiacimento degli uomini. Il mio invito è che tu, in luogo di ciò che è ritenuto prezioso e importante in questo mondo, acquisti una cosa disprezzante: la vera sapienza, che viene dal cielo ed appare qui disprezzata assai, piccola e quasi lasciata in oblio. Sapienza che non presume molto di sé, non ambisce ad essere magnificata quaggiù e viene lodata a parole da molti, i quali, con la loro vita, le stanno invece lontani. Eppure essa è la gemma preziosa, che i più lasciano in disparte. 


DISCORSO 265/F ASCENSIONE DEL SIGNORE

Discorsi - Sant'Agostino

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Cristo nostro fratello.

1. In questo giorno, fratelli, come sapete, celebriamo la solennità dell'ascensione del Signore. Come avete udito, Cristo è asceso al Padre suo e Padre nostro, al Dio suo e Dio nostro 1. Come abbiamo meritato, di diventare fratelli di Cristo? In nessun modo avremmo potuto sperare di diventare suoi fratelli se egli non avesse assunto la nostra debolezza. Noi siamo diventati suoi fratelli perché egli è diventato uomo. Colui che era nostro Signore si è degnato di essere nostro fratello; nostro Signore da sempre, nostro fratello da un certo momento; nostro Signore nella natura di Dio, nostro fratello nella natura di servo. Infatti, pur possedendo la natura divina, non ritenne una rapina la sua uguaglianza con Dio: ecco il Signore. Come divenne nostro fratello? Annientò se stesso, prendendo la natura di servo 2. Se fosse diventato soltanto nostro fratello, sarebbe già tanto. Ma prese la natura di servo, si è degnato di essere servo. Servo nostro o no? Anche nostro. Di se stesso infatti Cristo disse: Non sono venuto per essere servito ma per servire 3. Di lui, il Profeta preannunziò che il giusto avrebbe giustificato le moltitudini con il suo servizio 4. Ma non insuperbiamoci per questo. In genere qualunque padrone si mette a servire i suoi servi ammalati, per poter riavere dei servi sani che gli prestino i loro servizi. Si mette a servire i suoi servi ammalati per farli guarire. Nostro Signore ha servito degli ammalati. Non ha confezionato con la sua infermità delle medicine per degli ammalati? Per degli ammalati ha effuso il suo sangue, con il collirio del suo sangue ha spalmato, gli occhi di ciechi.

La diversa figliolanza di Cristo e degli uomini.

2. È diventato dunque per bontà nostro fratello colui che per natura è nostro Signore. Disse: Ascendo al Dio mio e Dio vostro, al Padre mio e Padre vostro 5. A quali persone. Cristo, comandò di riferire queste sue parole? Va' - disse - di' ai miei fratelli, e poiché sono loro fratello, ascendo al Padre mio e Padre vostro, al Dio mio e Dio vostro. Non disse: "Ascendo al Padre nostro ", né: " Ascendo al Dio nostro ". Non è priva di significato ben preciso la frase: Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro. Questa distinzione indica qualcosa che non debbo lasciare sotto silenzio. Padre mio perché sono il Figlio unigenito; Padre vostro perché per mio mezzo siete stati adottati. Ma perché Dio mio? Cristo non è stato creato, ma è l'Unigenito. Perché allora Dio mio? Lo spiega il Salmo. Dio mio perché ha assunto la natura ,di servo: Dal grembo di mia madre tu sei il mio Dio 6. Se prescindi dal grembo della madre nel quale è diventato uomo, colui al quale ascende non è il suo Dio ma il suo Padre. Padre suo lo è sempre, eterno Padre dell'eterno Figlio, Ma perché potesse essere anche Dio suo fu necessario che, ci fosse di mezzo un grembo materno; così il Profeta poté dire: Tu sei il mio Dio 7. Tuttavia non alla stessa maniera come lo è per noi. Infatti Dio è Dio nostro perché, pur essendo noi peccatori, ci ha salvati; è Dio suo invece perché egli divenne uomo, pur senza peccato. Perciò Cristo, arrivato al punto della frase: ascendo a Dio fece la distinzione: ... al Dio mio e al Dio vostro. Dio mio in che senso? Perché sono uomo. Perché allora non dici una volta sola " nostro " se anche tu sei uomo come noi siamo uomini? Ma una cosa è l'uomo senza peccato, venuto a togliere i peccati, un'altra è l'uomo con il peccato, presso il quale [l'uomo senza peccato] è venuto per liberarlo dal peccato. Si tratta qui di una distinzione, non di una separazione. Abbiamo tutti un Padre nei cieli, ma Cristo in modo diverso perché, Figlio unico senza peccato, ci ha adottati. Abbiamo tutti un Dio nei cieli, ma Cristo in modo diverso perché egli è senza peccato mentre noi siamo peccatori.

Facciamo parte di una grande famiglia.

3. [Pur peccatori], siamo stati trattati con quella benevolenza di cui parla l'Apostolo: Eredi di Dio e coeredi di Cristo 8. Abbiamo un Padre nei cieli, facciamo parte di una grande famiglia. Di lì il Figlio scese fino a noi per diventare nostro fratello. Non lasciò il Padre quando venne in mezzo a noi né abbandonò noi quando ritornò al Padre. Crediamo in Cristo asceso al cielo, crediamolo presente in mezzo a noi. In che modo è in cielo se è rimasto con noi? In quanto Dio. La mia parola è con me ed è con voi; è con me nella mia mente ed è con voi nelle vostre orecchie. Se la mia parola ha questa possibilità, non la poté avere la Parola di Dio? Discese certo, quando era qui sulla terra. Che cosa significa che discese? Che si mostrò Cristo Gesù. In che modo Gesù si mostrò? Facendosi uomo. Che cosa significa dunque che ascese? Che il corpo di Cristo è stato innalzato in cielo, non che la divinità ha cambiato posto. Dove ascese, di lì discenderà di nuovo; e come è asceso così discenderà. Lo affermano gli angeli, non noi. I discepoli stavano guardandolo mentre Gesù ascendeva e veniva sottratto al loro sguardo. Dissero loro degli angeli: Uomini di Galilea, perché state a guardare? Questo Gesù ritornerà allo stesso modo come lo avete visto salire in cielo 9. Che cosa significa: ritornerà allo stesso modo? Verrà a giudicare nella stessa natura nella quale è stato giudicato. Si è reso visibile ai giusti e anche agli empi, e verrà per essere visto e dai giusti e dagli empi. Gli empi potranno vederlo, ma non potranno regnare con lui.

Conclusione esortativa.

4. Festeggiamo dunque questo santo giorno dell'Ascensione a quaranta giorni dalla Risurrezione; insieme a noi lo celebra infatti il mondo intero. E anche la Pentecoste, a cinquanta giorni dalla risurrezione, viene celebrata insieme a noi dalla Chiesa intera sparsa in tutto il mondo. Le celebrazioni che si fanno a venti e a trenta giorni dalla risurrezione sono dunque una consuetudine africana, non hanno un significato liturgico riconosciuto dalla Chiesa intera.

 


1 - Cf. Gv 20, 17.

2 - Fil 2, 6.

3 - Mt 20, 28.

4 - Cf. Is 53, 11.

5 - Gv 20, 17.

6 - Sal 21, 11.

7 - Sal 21, 11.

8 - Rm 8, 17.

9 - At 1, 11.


25 - Gesù, Maria e Giuseppe per volontà divina si stabiliscono nella città di Eliopoli.

La mistica Città di Dio - Libro quarto - Suor Maria d'Agreda

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653. Le memorie rimaste in molti paesi d'Egitto di alcuni prodigi che operò il Verbo incarnato hanno potuto dare motivo ai santi e ad altri autori, perché alcuni scrivessero che i nostri esuli abitarono in una città ed altri affermassero lo stesso di altre. Tutti, però, possono dire la verità ed accordarsi distinguendo il periodo che si trattennero in Ermopoli, in Menfi o Babilonia d'Egitto ed in Mataria, perché non solo si fermarono in queste città, ma anche in altre. Ciò che io ho compreso è che, essendo passati per esse, giunsero ad Eliopoli e qui fissarono la loro dimora. I santi angeli che li guidavano, infatti, dissero alla divina Regina e a san Giuseppe che dovevano fermarsi in quella città. Qui, come in altre parti, oltre alla rovina degli idoli e dei loro templi avvenuta con il loro arrivo, il Signore voleva operare altre meraviglie per sua gloria e riscatto di molte anime. Dispose così che agli abitanti di quella città, secondo il felice auspicio del suo nome che significa città del sole, apparisse il Sole di giustizia' e di grazia e li illuminasse abbondantemente. Con questo annuncio stabilirono lì la loro abituale abitazione. San Giuseppe subito iniziò a cercarla offrendo l'affitto adeguato, ed il Signore dispose che trovasse una casa umile e povera, adatta a loro abitazione, un po' fuori città, come la desiderava la Regina del cielo.

654. Trovata dunque questa casa in Eliopoli, vi fissarono la loro dimora. La celeste Signora con il suo santissimo Figlio ed il suo sposo Giuseppe, entrando subito in questo luogo appartato, si prostrò a terra baciandola con profonda umiltà ed affettuosa riconoscenza, rendendo grazie all'Altissimo per aver ritrovata quella quiete dopo un così gravoso e lungo peregrinare. Ringraziò la stessa terra e gli elementi che qui la sostentavano, perché nella sua incomparabile umiltà si giudicava sempre indegna di tutto ciò che riceveva. Adorò Dio e offrì a lui quanto, in quel luogo, avrebbe dovuto compiere. Interiormente gli fece dono delle sue facoltà e dei suoi sensi, e promise di soffrire pronta, serena e coscienziosa quante tribolazioni all'Onnipotente fosse piaciuto inviarle in quell'esilio, poiché la sua saggezza le prevedeva ed il suo affetto le abbracciava. Con la sapienza divina le stimava molto, perché aveva intuito che nel giudizio divino sono bene accette e che il santissimo Figlio le avrebbe considerate come eredità e ricchissimo tesoro. Dopo questa nobile attività si umiliò a spazzare e a rassettare la povera casetta con l'aiuto dei santi angeli, facendosi prestare perfino lo strumento con cui ripulirla. I nostri santi forestieri si ritrovarono sufficientemente sistemati in ordine alla casa; mancavano, però, di tutto ciò che riguarda il vitto e le suppellettili necessarie per vivere. L'approvvigionamento miracoloso, con il quale erano stati sostentati per mano degli angeli, cessò, poiché ora si trovavano in un paese abitato. Il Signore li pose nuovamente alla mensa normale dei più poveri, che è il mendicare l'elemosina. Essendo ormai nella necessità e patendo la fame, san Giuseppe andò a chiederla per amore di Dio. I poveri, con tale esempio, non si lamentino della loro sventura e non si vergognino di porvi rimedio usando questo mezzo, quando non ne troveranno altro, poiché subito si iniziò a mendicare per sostenere la vita del medesimo Signore di tutto il creato, il quale volle assoggettarsi a ciò anche per impegnarsi a restituire all'occasione il cento per uno.

655. Così come avvenne negli altri paesi d'Egitto, nei primi tre giorni di permanenza ad Eliopoli, la Regina del cielo non ebbe per sé e per il suo Unigenito altro sostentamento, se non quello che chiese in elemosina san Giuseppe, padre putativo, fino a quando egli, con il suo lavoro, non cominciò a procurare qualche aiuto. Fece una nuda predella nella quale potesse sdraiarsi la vergine Madre ed una culla per il Figlio. Il santo sposo, infatti, non aveva altro letto che la nuda terra e la casa rimase senza mobili sino a che, con il proprio sudore, poté acquistarne alcuni dei più indispensabili per vivere tutti e tre. Non voglio passare sotto silenzio ciò che mi è stato rivelato, cioè che, tra tanta estrema povertà e necessità, Maria e Giuseppe non fecero mai menzione della casa di Nazaret, né dei loro parenti ed amici, né dei regali dei re che essi avevano distribuito e che, invece, avrebbero potuto conservare. Parlarono di tutt'altro e, nel trovarsi in tanta ristrettezza e desolazione, non si lamentarono rivolgendo il pensiero al passato e temendo il futuro. In tutto, anzi, conservarono un'incomparabile gioia e pace, rimettendosi alla divina Provvidenza nella loro più grande scomodità e povertà. Oh, viltà dei nostri cuori infedeli! Quante afflizioni e penose inquietudini proviamo nel vederci poveri e con qualche bisogno! Subito ci rammarichiamo di aver perso un'occasione in cui avremmo potuto trovare qualche soluzione, pensando che, se avessimo fatto l'una o l'altra cosa, non ci troveremmo in questa o in quella pena. Tutte queste angosce sono vane e stoltissime, perché non sono di nessun vantaggio. In genere sentiamo il danno procuratoci e non il peccato per il quale l'abbiamo meritato, mentre sarebbe stato saggio non aver dato origine alle nostre pene, che spesso ci meritiamo, con le colpe. Siamo tardi e duri di cuore per intendere le cose spirituali in merito alla nostra giustificazione ed agli aumenti della grazia; inoltre, siamo terreni e materiali, ed anche temerari nel consegnarci alle concupiscenze del mondo ed ai suoi affanni. Certamente, la vita dei nostri pellegrini è una severa riprensione della nostra rozzezza e bassezza.

656. La prudentissima Signora ed il suo sposo, con allegrezza e privi di ogni bene temporale, presero dimora nella povera casetta che avevano trovato. Delle tre stanzine, in cui era divisa, una fu consacrata a tempio o santuario dove stesse il bambino Gesù e con lui la sua purissima madre. Qui fu posta la culla e la nuda predella sino a che, dopo alcuni giorni, col lavoro di san Giuseppe e con la compassione di alcune donne devote affezionatesi alla Regina, giunsero ad avere qualche cosa per potersi riparare tutti. Un'altra stanzina fu destinata al santo sposo, che vi dormiva e vi si raccoglieva per pregare. La terza gli serviva come officina e bottega per esercitare il suo mestiere. Vedendo la gran Signora l'estrema povertà in cui si trovavano, e che il lavoro di san Giuseppe doveva essere maggiore per potersi sostentare in un paese dove non erano conosciuti, decise di aiutarlo come poteva; si procurò del lavoro da fare con le proprie mani, per mezzo di quelle pie donne che avevano cominciato a frequentarla, innamorate della sua modestia e soavità. Tutto ciò che faceva e toccava usciva perfettissimo dalle sue mani; così si sparse la voce della sua abilità nei lavori e non gliene mancarono per alimentare il suo Figlio, vero Dio e vero uomo.

657. Per procurarsi tutto quello che era necessario per il vitto, per vestire san Giuseppe, per arredare la casa, benché poveramente, e per pagare l'affitto, le parve bene impiegare tutto il giorno nel lavoro, vegliando tutta la notte nei suoi esercizi spirituali. Determinò così, non perché avesse qualche avidità, e neppure perché di giorno mancasse alla contemplazione, poiché rimaneva sempre in essa ed alla presenza del Dio bambino, come tante volte si è detto e si dirà. Però gli speciali esercizi, nei quali spendeva alcune ore del giorno, volle trasferirli alla notte per poter lavorare di più, senza domandare né aspettare che Dio operasse miracoli in ciò che con la sua operosità e con l'aumento del lavoro poteva conseguire. In tali casi, infatti, chiederemmo miracoli più per comodità che per necessità. È vero che la prudente Regina domandava all'eterno Padre che la sua misericordia li provvedesse del necessat1o per alimentare il suo Figlio unigenito, ma al tempo stesso lavorava. Come chi non confida in sé né nel proprio impegno, lavorando chiedeva ciò che, con tale mezzo, concede il Signore alle altre creature.

658. Gesù si compiacque molto dell'accortezza di sua Madre e della conformità che gli dimostrava con la sua stretta povertà e, in contraccambio di questa fedeltà, volle alleggerirla alquanto del lavoro che aveva incominciato. Un giorno dalla culla così le parlò: «Madre mia, voglio sistemare la tua vita e le tue preoccupazioni materiali». La divina Madre si pose subito in ginocchio e rispose: «Dolcissimo amore mio e Signore di tutto il mio essere, io vi lodo e magnifico perché avete accondisceso al mio desiderio e pensiero. Questo era propenso a far sì che la vostra divina volontà regolasse i miei passi, indirizzasse le mie opere secondo il vostro consenso, e regolasse le mie occupazioni in ciascuna ora del giorno secondo il vostro compiacimento. Poiché in voi Dio si è fatto uomo e vi siete degnato di accondiscendere ai miei desideri, parlate, luce dei miei occhi, perché la vostra serva vi ascolta». Disse il Signore: «Madre mia carissima, all'inizio della notte - per noi le nove - vi porrete a dormire e riposerete un poco. Dalla mezzanotte fino al far del giorno rimarrete in contemplazione con me, e loderemo il mio eterno Padre; poi preparerete il necessario per il sostentamento vostro e di san Giuseppe. Dopo di che mi nutrirete, nelle vostre braccia, fino all'ora terza, in cui mi riporrete in quelle del vostro sposo per sollievo della sua fatica. Voi vi ritirerete nella vostra stanza fino a quando verrà l'ora di dargli da mangiare; poi ritornerete al lavoro. Poiché qui non avete le sacre Scritture, che vi procuravano consolazione, leggerete nella mia scienza la dottrina della vita eterna, affinché in tutto mi seguiate perfettamente. E pregate sempre il mio eterno Padre per i peccatori».

659. Con questa norma si regolò Maria santissima per tutto il tempo che dimorò in Egitto. Ogni giorno dava il latte tre volte al bambino Gesù. Quando, infatti, egli le indicò l'orario in cui doveva allattarlo la prima volta, non le ordinò di non darglielo altre volte, come lei aveva fatto fin dalla sua nascita. Quando la divina Madre lavorava, stava sempre alla presenza del bambino Gesù in ginocchio e, tra i colloqui e i discorsi che facevano, era molto facile che il Re dalla culla e la Regina dal suo lavoro formassero misteriosi cantici di lode. Se questi fossero stati scritti, sarebbero più eminenti di tutti i salmi e i cantici che celebra la Chiesa, e di quanto in essa oggi si serba scritto. Non vi è dubbio che il medesimo Dio parlerebbe per mezzo della sua umanità e della sua santissima Madre con maggiore sublimità e più magnificamente che per mezzo di Davide, Mosè, Maria, Anna e di tutti i Profeti. Questi cantici facevano sentire la divina Madre sempre rinnovata, e colma di nuovo amore verso Dio, desiderosa di unirsi a lui. Ella sola era la fenice che rinasceva in questo incendio, l'aquila reale che poteva mirare fissamente il sole dell'ineffabile luce così da vicino come nessun'altra creatura ha mai potuto. Ella attuava il fine per cui il Verbo di Dio prese carne nel suo corpo verginale, quello cioè di guidare e portare al suo eterno Padre le creature razionali. Era la sola, tra tutte, non condizionata dal peccato né dai suoi effetti, né da passioni o cupidigie, libera da tutto ciò che è terreno e appesantisce la natura. Così volava dietro al suo amato, innalzandosi a sublimi dimore, e non riposava se non nel suo centro, che è la Divinità. Poiché aveva sempre davanti agli occhi la via e la luce, cioè il Verbo incarnato, e gli affetti ed i desideri rivolti all'essere immutabile di Dio, correva fervorosa a lui e stava più nel fine che nel mezzo, più dove amava che dove viveva.

660. Alcune volte Gesù bambino dormiva davanti alla sua felice e fortunata Madre, affinché, anche in questo, si attuasse quanto dice il Cantico: Io dormo, ma il mio cuore veglia. Per lei il santissimo corpo di suo Figlio era un cristallo purissimo e chiaro, attraverso il quale guardava e penetrava l'interno della sua anima divinizzata, con tutti gli atti interiori che essa compiva; così ella si mirava e rimirava in quello specchio immacolato. Alla divina Signora era di speciale consolazione vedere tanto deste le facoltà dell'anima santissima del suo Figlio in opere così gloriose di uomo e Dio insieme e, nel medesimo tempo, vedere dormire i sensi del bambino con tanta quiete e rara bellezza, essendo ciò dovuto all'unione ipostatica dell'umanità con la divinità. La nostra lingua non è in grado di narrare, senza svilirne l'oggetto, i dolci affetti, le infiammate elevazioni e gli atti sublimi che Maria santissima faceva in queste occasioni; però, dove mancano le parole, operi la fede ed il cuore.

661. Quando era tempo di dare a san Giuseppe il conforto di tenere il bambino Gesù, sua madre gli diceva: «Figlio e Signore mio, guardate il vostro servo fedele con amore di figlio e di padre, e compiacetevi nella purezza della sua anima tanto sincera ed accetta agli occhi vostri». Ed al santo diceva: «Sposo mio, ricevete nelle vostre braccia il Signore che chiude nel suo pugno tutto il cielo e tutta la terra, ai quali diede l'essere per la sola sua bontà infinita, e sollevate la vostra stanchezza con colui che è la gloria di tutto il creato». Il santo riceveva questo favore con profonda umiltà e riconoscenza. Era solito domandare alla sua celeste sposa se potesse osare di fare al bambino qualche carezza. Assicurato dalla prudente Madre, egli gliele faceva e, con questo conforto, dimenticava il fastidio delle sue fatiche e tutte, anzi, gli diventavano facili e molto dolci. Anche mentre prendevano il cibo, Maria santissima e san Giuseppe tenevano con loro il bambino e, dopo avergli dato da mangiare, la divina Regina dava così maggiore e più dolce alimento alla sua anima che al corpo, venerandolo, adorandolo ed amandolo come Dio eterno, e, cullandolo nelle sue braccia come bambino, lo accarezzava con la tenerezza di una madre affettuosa verso il suo figlio diletto. Non è possibile valutare l'attenzione con la quale si esercitava nei suoi due compiti di creatura: l'uno, verso il suo Creatore, considerandolo nella sua divinità come Figlio dell'eterno Padre, Re dei re, Signore dei signori, il creatore che mantiene in vita tutto l'universo; l'altro, guardandolo come vero uomo nella sua infanzia, per servirlo ed allevarlo. Nelle due posizioni, entrambe motivo di amore, ella era tutta infiammata ed accesa in atti eroici di meraviglia, lode ed affettuosa devozione. Quanto al resto operato dai due celesti sposi, posso solamente dire che essi erano di ammirazione agli angeli, e che portavano al culmine la santità ed il compiacimento del Signore.

 

Insegnamento che mi diede la Regina del cielo

 

662. Figlia mia, essendo proprio vero che io, con il mio Figlio santissimo ed il mio sposo, entrai in Egitto dove non avevamo amici né parenti, in un paese di religione diversa, senza rifugio, protezione né aiuto umano per nutrire un Figlio che io tanto amavo, ben si lasciano comprendere le tribolazioni ed i disagi che sopportammo, dato che il Signore permetteva che ne fossimo afflitti. La tua considerazione non può rendersi conto della pazienza e della tolleranza con la quale li pativamo, né gli stessi angeli sono in grado di valutare il premio che mi diede l'Altissimo per l'amore con il quale sopportai tutto, più che se fossi stata in grandissima prosperità. È vero che mi affliggeva molto vedere il mio sposo in tanta necessità e ristrettezza, ma in questa medesima pena benedicevo il Signore e la vivevo in letizia. Figlia mia, desidero che, in ogni occasione in cui ti porrà il Signore, tu mi imiti in questa elevata sopportazione e serena dilatazione di cuore ed anche che, in esse, tu sappia distinguere con prudenza ciò che spetta al tuo interno e ciò che spetta all'esterno, dando a ciascuno di essi quel che devi, nell'azione e nella contemplazione, senza che l'una di queste due cose impedisca l'altra.

663. Quando mancherà alle tue suddite il necessario per la vita, lavora per procurarlo debitamente. Lasciare qualche volta la tua quiete per questo obbligo non è un perderla, tanto più quando osserverai il consiglio che ti ho dato molte volte, cioè di non perdere di vista il Signore per qualsiasi occupazione. Tutto infatti potrai fare con la sua divina luce e grazia, se sarai sollecita senza turbarti. Quando con mezzi umani si può guadagnare convenientemente ciò di cui si ha bisogno, non si devono aspettare miracoli, né astenersi dal lavorare, nella speranza che Dio provvederà e soccorrerà in modo soprannaturale. Egli aiuta con mezzi piacevoli, comuni ed idonei; inoltre, la fatica del corpo è un mezzo opportuno, affinché anch'esso con l'anima compia il suo sacrificio al Signore, acquistandosi il merito nella modalità ad esso consona. La creatura, lavorando, può lodare Dio ed adorarlo in spirito e verità. Tuttavia, affinché tu possa eseguire ciò, indirizza tutte le tue azioni alla benevolenza che attualmente il Signore ti mostra ed esaminale con lui, pesandole nella sua bilancia, con l'attenzione fissa alla divina luce che t'infonde l'Onnipotente.


13 DICEMBRE.

Suor Maria della Croce

Nelle vostre azioni non cercate di far piacere a nessuno, se non al buon Dio. Per Lui dovete far tutto, senza rispetto umano né mai stancarvi; inoltre voi sapete quel che Nostro Signore vi ha raccomandato 25 volte al giorno. Se amate veramente il buon Dio, in quei momenti Egli non vi negherà nulla di quanto Gli chiederete... Sì, siete misera, è vero, umiliatevi, Gesù però non sempre concede le sue grazie ai più santi.

Preparatevi sempre con grande diligenza alla santa Comunione, alla confessione, all'ufficio divino; in una parola, a tutto ciò che ha per fine un'unione più grande con Nostro Signore. ... Tuttavia dovrebbe riuscirvi molto meno difficile che non a tante altre il vedere Gesù sempre presente nel vostro cuore; dopo le grazie che vi ha concesso a tal riguardo, non dovreste trovar difficoltà a raccogliervi!

Vi ho già detto che il buon Dio cerca nel mondo anime che Lo amino, ma con amore di fanciullo, con tenerezza rispettosa, è vero, ma cordiale. Ebbene, di codeste anime non ne trova! Il loro numero è più piccolo di quanto si creda. Si restringe troppo il Cuore del buon Dio. Si considera troppo grande il buon Gesù da poterLo accostare e l'amore che si ha per Lui è freddo. Il rispetto infine degenera in una certa indifferenza. So che non tutte le anime riescono a comprendere codesto amore che Nostro Signore richiede; ma voi, cui Gesù lo ha fatto comprendere, risarciteLo di tale indifferenza, di tale freddezza. ChiedeteGli che allarghi il vostro cuore affinché possa contenere molto amore. Con le vostre tenerezze e le rispettose familiarità che Gesù vi permette, potete riparare quel che non a tutti è dato comprendere. Fatelo e soprattutto amate molto!

Non stancatevi mai di lavorare! Ricominciate ogni giorno come se non aveste fatto ancor nulla! Questa continua rinunzia alla propria volontà ed ai propri comodi, al proprio modo di vedere, è un lungo martirio ben meritorio e bene accetto al buon Dio.

II buon Dio vi vuole straordinaria, non quanto all'esteriore, bensì quanto all'interiore. Egli richiede da voi un'unione sì grande che bisogna che giungiate a non perderLo mai di vista, neppure nel fervore delle vostre occupazioni.