Liturgia delle Ore - Letture
Martedi della 1° settimana del tempo di Quaresima
Vangelo secondo Giovanni 5
1Vi fu poi una festa dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme.2V'è a Gerusalemme, presso la porta delle Pecore, una piscina, chiamata in ebraico Betzaetà, con cinque portici,3sotto i quali giaceva un gran numero di infermi, ciechi, zoppi e paralitici.4Un angelo infatti in certi momenti discendeva nella piscina e agitava l'acqua; il primo ad entrarvi dopo l'agitazione dell'acqua guariva da qualsiasi malattia fosse affetto.5Si trovava là un uomo che da trentotto anni era malato.6Gesù vedendolo disteso e, sapendo che da molto tempo stava così, gli disse: "Vuoi guarire?".7Gli rispose il malato: "Signore, io non ho nessuno che mi immerga nella piscina quando l'acqua si agita. Mentre infatti sto per andarvi, qualche altro scende prima di me".8Gesù gli disse: "Alzati, prendi il tuo lettuccio e cammina".9E sull'istante quell'uomo guarì e, preso il suo lettuccio, cominciò a camminare.
Quel giorno però era un sabato.10Dissero dunque i Giudei all'uomo guarito: "È sabato e non ti è lecito prender su il tuo lettuccio".11Ma egli rispose loro: "Colui che mi ha guarito mi ha detto: Prendi il tuo lettuccio e cammina".12Gli chiesero allora: "Chi è stato a dirti: Prendi il tuo lettuccio e cammina?".13Ma colui che era stato guarito non sapeva chi fosse; Gesù infatti si era allontanato, essendoci folla in quel luogo.14Poco dopo Gesù lo trovò nel tempio e gli disse: "Ecco che sei guarito; non peccare più, perché non ti abbia ad accadere qualcosa di peggio".15Quell'uomo se ne andò e disse ai Giudei che era stato Gesù a guarirlo.16Per questo i Giudei cominciarono a perseguitare Gesù, perché faceva tali cose di sabato.17Ma Gesù rispose loro: "Il Padre mio opera sempre e anch'io opero".18Proprio per questo i Giudei cercavano ancor più di ucciderlo: perché non soltanto violava il sabato, ma chiamava Dio suo Padre, facendosi uguale a Dio.
19Gesù riprese a parlare e disse: "In verità, in verità vi dico, il Figlio da sé non può fare nulla se non ciò che vede fare dal Padre; quello che egli fa, anche il Figlio lo fa.20Il Padre infatti ama il Figlio, gli manifesta tutto quello che fa e gli manifesterà opere ancora più grandi di queste, e voi ne resterete meravigliati.21Come il Padre risuscita i morti e dà la vita, così anche il Figlio dà la vita a chi vuole;22il Padre infatti non giudica nessuno ma ha rimesso ogni giudizio al Figlio,23perché tutti onorino il Figlio come onorano il Padre. Chi non onora il Figlio, non onora il Padre che lo ha mandato.24In verità, in verità vi dico: chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato, ha la vita eterna e non va incontro al giudizio, ma è passato dalla morte alla vita.25In verità, in verità vi dico: è venuto il momento, ed è questo, in cui i morti udranno la voce del Figlio di Dio, e quelli che l'avranno ascoltata, vivranno.26Come infatti il Padre ha la vita in se stesso, così ha concesso al Figlio di avere la vita in se stesso;27e gli ha dato il potere di giudicare, perché è Figlio dell'uomo.28Non vi meravigliate di questo, poiché verrà l'ora in cui tutti coloro che sono nei sepolcri udranno la sua voce e ne usciranno:29quanti fecero il bene per una risurrezione di vita e quanti fecero il male per una risurrezione di condanna.30Io non posso far nulla da me stesso; giudico secondo quello che ascolto e il mio giudizio è giusto, perché non cerco la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato.
31Se fossi io a render testimonianza a me stesso, la mia testimonianza non sarebbe vera;32ma c'è un altro che mi rende testimonianza, e so che la testimonianza che egli mi rende è verace.33Voi avete inviato messaggeri da Giovanni ed egli ha reso testimonianza alla verità.34Io non ricevo testimonianza da un uomo; ma vi dico queste cose perché possiate salvarvi.35Egli era una lampada che arde e risplende, e voi avete voluto solo per un momento rallegrarvi alla sua luce.
36Io però ho una testimonianza superiore a quella di Giovanni: le opere che il Padre mi ha dato da compiere, quelle stesse opere che io sto facendo, testimoniano di me che il Padre mi ha mandato.37E anche il Padre, che mi ha mandato, ha reso testimonianza di me. Ma voi non avete mai udito la sua voce, né avete visto il suo volto,38e non avete la sua parola che dimora in voi, perché non credete a colui che egli ha mandato.39Voi scrutate le Scritture credendo di avere in esse la vita eterna; ebbene, sono proprio esse che mi rendono testimonianza.40Ma voi non volete venire a me per avere la vita.
41Io non ricevo gloria dagli uomini.42Ma io vi conosco e so che non avete in voi l'amore di Dio.43Io sono venuto nel nome del Padre mio e voi non mi ricevete; se un altro venisse nel proprio nome, lo ricevereste.44E come potete credere, voi che prendete gloria gli uni dagli altri, e non cercate la gloria che viene da Dio solo?45Non crediate che sia io ad accusarvi davanti al Padre; c'è già chi vi accusa, Mosè, nel quale avete riposto la vostra speranza.46Se credeste infatti a Mosè, credereste anche a me; perché di me egli ha scritto.47Ma se non credete ai suoi scritti, come potrete credere alle mie parole?".
Primo libro dei Maccabei 10
1Nell'anno centosessanta Alessandro Epìfane, figlio di Antioco, s'imbarcò e occupò Tolemàide; vi fu riconosciuto re e cominciò a regnare.2Quando lo seppe, il re Demetrio radunò un esercito molto grande e gli mosse contro per fargli guerra.3Demetrio mandò anche lettere a Giònata con espressioni di amicizia per esaltarlo.4Diceva infatti: "Preveniamo costoro con la proposta di far pace con noi, prima che Giònata concluda un'alleanza con Alessandro contro tutti noi.5Si ricorderà certo di tutti i mali che abbiamo causati a lui, ai suoi fratelli e al suo popolo".6Gli concesse facoltà di raccogliere milizie, di preparare armi e considerarsi suo alleato e gli fece restituire gli ostaggi che erano nell'Acra.7Giònata venne in Gerusalemme e lesse le lettere davanti a tutto il popolo e a quelli dell'Acra.8Questi ebbero grande timore quando sentirono che il re gli aveva concesso facoltà di arruolare milizie.9Quelli dell'Acra restituirono gli ostaggi ed egli li rese ai loro genitori.10Giònata pose la residenza in Gerusalemme e incominciò a ricostruire e rinnovare la città.11Ordinò ai costruttori di edificare le mura e la cinta muraria del monte Sion con pietre quadrate per fortificazione, e così fecero.12Gli stranieri che stavano nelle fortezze edificate da Bàcchide fuggirono;13ognuno abbandonò la sua posizione e tornò alla sua terra;14solo in Bet-Zur erano rimasti alcuni traditori della legge e dei comandamenti; fu quello il loro rifugio.
15Il re Alessandro seppe dell'ambasciata che Demetrio aveva mandato a Giònata; gli narrarono anche le battaglie e gli atti di valore che egli e i suoi fratelli avevano compiuto e le fatiche sopportate16e disse: "Troveremo un altro come lui? Facciamocelo amico e alleato".17Scrisse e spedì a lui questa lettera:
18"Il re Alessandro al fratello Giònata salute.19Abbiamo sentito dire di te che sei uomo forte e potente e disposto ad essere nostro amico.20Noi dunque ti nominiamo oggi sommo sacerdote del tuo popolo e amico del re - gli aveva inviato anche la porpora e la corona d'oro - perché tu favorisca la nostra causa e mantenga amicizia con noi".21Giònata indossò le vesti sacre nel settimo mese dell'anno centosessanta nella festa delle Capanne e arruolò soldati e fece preparare molte armi.
22Demetrio venne a sapere queste cose e si rattristò e disse:23"Perché abbiamo lasciato che Alessandro ci prevenisse nell'accaparrarsi l'amicizia dei Giudei a suo sostegno?24Scriverò anch'io parole d'invito e proposte di onori e di doni, perché passino dalla nostra parte".25Scrisse loro in questi termini: "Il re Demetrio al popolo dei Giudei salute.26Avete osservato le nostre alleanze e siete rimasti nella nostra amicizia e non siete passati ai nostri nemici: l'abbiamo saputo e ne siamo felici.27Continuate dunque a mantenerci la vostra fedeltà e ricambieremo con favori quello che farete per noi.28Vi concederemo ampie immunità e vi invieremo doni.29Fin da ora dispenso voi ed esonero tutti i Giudei dal tributo e dalla tassa del sale e dalle corone.30Rinuncio anche da oggi in poi a riscuotere dalla Giudea e dai tre distretti che le sono annessi, dalla Samaria e dalla Galilea, la terza parte del grano e la metà dei frutti degli alberi che mi spetta, da oggi per sempre.31Gerusalemme sia santa ed esente con il suo distretto e così siano sacre le decime e i tributi.32Rinuncio anche al potere sull'Acra in Gerusalemme e la concedo al sommo sacerdote perché vi stabilisca uomini da lui scelti a presidiarla.33Rimetto in libertà senza compenso anche ogni persona giudea, fatta prigioniera fuori del paese di Giuda in tutti i miei domìni; tutti siano esonerati dai tributi, anche da quelli del bestiame.34Tutte le feste e i sabati e i noviluni e il triduo prima e il triduo dopo la festa siano tutti giorni di esenzione e di immunità per tutti i Giudei che sono nel mio regno;35nessuno avrà il potere di intentare causa contro di loro o di disturbarli per alcun motivo.36Si potranno arruolare nell'esercito del re fino a tremila Giudei e sarà dato loro il soldo, come spetta a tutte le forze del re.37Saranno posti di stanza alcuni di loro nelle più grandi fortezze del re, alcuni di loro saranno anche preposti agli affari di fiducia del regno; i loro superiori e i comandamenti saranno scelti tra di loro e potranno regolarsi secondo le loro leggi, come ha prescritto il re anche per la Giudea.38I tre distretti assegnati alla Giudea, detraendoli dalla regione della Samaria, saranno riconosciuti dalla Giudea e considerati come sottoposti a uno solo e non dipendenti da altra autorità che non sia quella del sommo sacerdote.39Assegno Tolemàide e le sue dipendenze come dono al tempio di Gerusalemme per le spese necessarie al santuario.40Io personalmente assegno ogni anno quindicimila sicli d'argento prelevati dai diritti del re sulle località più convenienti.41Gli ulteriori contributi che non sono stati versati dagli incaricati come negli anni precedenti, d'ora in poi saranno corrisposti per le opere del tempio.42Oltre a ciò i cinquemila sicli che venivano prelevati dall'ammontare delle entrate annuali del tempio sono anche condonati perché appartengono ai sacerdoti che vi prestano servizio.43Chiunque si rifugerà nel tempio di Gerusalemme e nella sua zona con debiti da rendere al re o per qualunque motivo, sarà dichiarato libero con quanto gli appartiene nel mio regno.44Per le costruzioni e i restauri nel tempio le spese saranno sostenute dalla cassa del re.45Anche per la costruzione delle mura e delle fortificazioni intorno a Gerusalemme le spese saranno sostenute dall'erario del re e così la costruzione di mura nella Giudea".
46Quando Giònata e il popolo intesero simili espressioni, non vi prestarono fede e non le accettarono, ricordando le grandi iniquità da lui compiute contro Israele e quanto li avesse fatti soffrire.47Ma preferirono Alessandro, perché questi era stato il primo ad avviare trattative di pace, e gli furono sempre alleati.
48Il re Alessandro raccolse grandi forze e uscì in campo contro Demetrio.49I due re attaccarono battaglia e l'esercito di Demetrio fu messo in fuga; Alessandro lo inseguì ed ebbe la meglio sulle sue truppe;50la battaglia infuriò fino al tramonto del sole e Demetrio cadde ucciso in quel giorno.
51Alessandro mandò allora ambasciatori al re Tolomeo con questo messaggio:52"Poiché sono rientrato nel mio regno e mi sono seduto sul trono dei miei padri, ho ripreso il comando e ho sconfitto Demetrio - egli si era impadronito del mio territorio53ma io gli ho mosso guerra ed egli e il suo esercito furono sconfitti dal nostro e ci siamo seduti sul trono del suo regno -54concludiamo tra di noi amicizia; tu concedimi in sposa tua figlia, io sarò tuo genero e offrirò a te e a lei doni degni di te".
55Tolomeo rispose: "Felice il giorno in cui sei tornato nella terra dei tuoi padri e ti sei seduto sul trono del loro regno.56Io farò quanto hai proposto nella lettera, ma tu vienimi incontro fino a Tolemàide, perché ci vediamo a vicenda, e io diventerò tuo suocero, come hai chiesto".
57Tolomeo partì dall'Egitto con la figlia Cleopatra e si recò a Tolemàide nell'anno centosessantadue.58Gli andò incontro il re Alessandro: Tolomeo gli diede sua figlia Cleopatra e celebrò le nozze con lei in Tolemàide secondo lo stile dei re con grande sfarzo.
59Il re Alessandro scrisse a Giònata di venirgli incontro.60Egli andò con grande parata a Tolemàide e s'incontrò con i due re; offrì loro e ai loro amici oro e argento e molti doni e si guadagnò il loro favore.61Si accordarono però contro di lui uomini pestiferi d'Israele, traditori della legge, per deporre contro di lui, ma il re non prestò loro ascolto.62Il re invece diede ordine di far deporre a Giònata le sue vesti e di rivestirlo della porpora e l'ordine fu eseguito.63Il re lo fece sedere accanto a sé e disse ai suoi ufficiali: "Attraversate con lui la città e proclamate che nessuno porti accuse contro di lui per qualunque motivo e nessuno gli rechi molestia in alcun modo".64Ora, quando i suoi accusatori videro gli onori che riceveva, come proclamava il banditore, e che era stato rivestito di porpora, si dileguarono tutti.65Il re gli conferì onori e lo ascrisse tra i suoi primi amici e lo costituì stratega e governatore della provincia.66Così Giònata tornò a Gerusalemme in pace e gioia.
67Nell'anno centosessantacinque Demetrio, figlio di Demetrio, venne da Creta nella terra dei suoi padri.68Il re Alessandro, quando lo seppe, ne fu assai preoccupato e tornò in Antiochia.69Demetrio affidò il governo della Celesiria ad Apollonio e questi raccolse un grande esercito, si accampò presso Iamnia e inviò al sommo sacerdote Giònata questo messaggio:
70"Soltanto tu ti sei alzato contro di noi e io sono diventato oggetto di derisione e di scherno a causa tua. Perché ti fai forte contro di noi stando sui monti?71Ora, se sei tanto sicuro delle tue forze, scendi contro di noi nella pianura e qui misuriamoci, perché con me c'è la forza delle città.72Infòrmati e sappi chi sono io e chi sono gli altri miei alleati. Questi ti diranno: Non potrete tener saldo il piede davanti a noi, perché già due volte sono stati da noi sconfitti i tuoi padri nella loro terra.73Così ora non potrai resistere alla cavalleria e a un esercito come il nostro in pianura, ove non c'è roccia né scoglio né luogo in cui rifugiarsi".74Quando Giònata intese le parole di Apollonio, ne ebbe l'animo irritato; scelse diecimila uomini e uscì da Gerusalemme. Suo fratello Simone gli venne incontro per aiutarlo.75Si accampò presso Giaffa, ma gli abitanti avevano chiuso la città, perché a Giaffa vi era un presidio di Apollonio. Le diedero l'assalto;76i cittadini spaventati aprirono e Giònata fu padrone di Giaffa.77Apollonio lo seppe e mise in campo tremila cavalli e molte truppe e si mosse verso Asdòd, come se intendesse fare quel percorso, ma subito si spinse nella pianura, poiché aveva una cavalleria numerosa sulla quale contava.78Giònata lo inseguì alle spalle in direzione di Asdòd e gli eserciti attaccarono battaglia.79Apollonio aveva lasciato un migliaio di cavalieri nascosti dietro di loro;80Giònata però si era accorto che c'era un appostamento dietro di lui. Quelli circondarono il suo schieramento e lanciarono frecce contro le truppe da mattina fino a sera.81Ma le truppe tennero fermo come aveva ordinato Giònata, mentre i cavalli di quelli si stancarono.82Allora Simone fece uscire le sue riserve e attaccò la falange e poiché la cavalleria ormai era esausta, quelli furono travolti e si diedero alla fuga;83i cavalieri si dispersero nella pianura e gli altri si rifugiarono in Asdòd ed entrarono in Bret-Dagon, il tempio del loro idolo, in cerca di scampo.84Giònata allora incendiò Asdòd e le città all'intorno, prese le loro spoglie e diede alle fiamme anche il tempio di Dagon e quanti vi si erano rifugiati.85Gli uccisi di spada e i morti tra le fiamme assommarono a circa ottomila uomini.86Poi Giònata tolse il campo di là e si accampò di fronte ad Ascalòna e i cittadini gli vennero incontro con grandi onori.87Così Giònata tornò in Gerusalemme con i suoi uomini carichi di bottino.88Il re Alessandro, udendo queste notizie, aumentò gli onori a Giònata;89gli inviò la fibbia d'oro che si usa inviare ai parenti del re e gli diede in possesso Ekròn e tutto il suo territorio.
Salmi 36
1'Al maestro del coro. Di Davide servo del Signore.'
2Nel cuore dell'empio parla il peccato,
davanti ai suoi occhi non c'è timor di Dio.
3Poiché egli si illude con se stesso
nel ricercare la sua colpa e detestarla.
4Inique e fallaci sono le sue parole,
rifiuta di capire, di compiere il bene.
5Iniquità trama sul suo giaciglio,
si ostina su vie non buone,
via da sé non respinge il male.
6Signore, la tua grazia è nel cielo,
la tua fedeltà fino alle nubi;
7la tua giustizia è come i monti più alti,
il tuo giudizio come il grande abisso:
uomini e bestie tu salvi, Signore.
8Quanto è preziosa la tua grazia, o Dio!
Si rifugiano gli uomini all'ombra delle tue ali,
9si saziano dell'abbondanza della tua casa
e li disseti al torrente delle tue delizie.
10È in te la sorgente della vita,
alla tua luce vediamo la luce.
11Concedi la tua grazia a chi ti conosce,
la tua giustizia ai retti di cuore.
12Non mi raggiunga il piede dei superbi,
non mi disperda la mano degli empi.
13Ecco, sono caduti i malfattori,
abbattuti, non possono rialzarsi.
Salmi 107
1Alleluia.
Celebrate il Signore perché è buono,
perché eterna è la sua misericordia.
2Lo dicano i riscattati del Signore,
che egli liberò dalla mano del nemico
3e radunò da tutti i paesi,
dall'oriente e dall'occidente,
dal settentrione e dal mezzogiorno.
4Vagavano nel deserto, nella steppa,
non trovavano il cammino per una città dove abitare.
5Erano affamati e assetati,
veniva meno la loro vita.
6Nell'angoscia gridarono al Signore
ed egli li liberò dalle loro angustie.
7Li condusse sulla via retta,
perché camminassero verso una città dove abitare.
8Ringrazino il Signore per la sua misericordia,
per i suoi prodigi a favore degli uomini;
9poiché saziò il desiderio dell'assetato,
e l'affamato ricolmò di beni.
10Abitavano nelle tenebre e nell'ombra di morte,
prigionieri della miseria e dei ceppi,
11perché si erano ribellati alla parola di Dio
e avevano disprezzato il disegno dell'Altissimo.
12Egli piegò il loro cuore sotto le sventure;
cadevano e nessuno li aiutava.
13Nell'angoscia gridarono al Signore
ed egli li liberò dalle loro angustie.
14Li fece uscire dalle tenebre e dall'ombra di morte
e spezzò le loro catene.
15Ringrazino il Signore per la sua misericordia,
per i suoi prodigi a favore degli uomini;
16perché ha infranto le porte di bronzo
e ha spezzato le barre di ferro.
17Stolti per la loro iniqua condotta,
soffrivano per i loro misfatti;
18rifiutavano ogni nutrimento
e già toccavano le soglie della morte.
19Nell'angoscia gridarono al Signore
ed egli li liberò dalle loro angustie.
20Mandò la sua parola e li fece guarire,
li salvò dalla distruzione.
21Ringrazino il Signore per la sua misericordia
e per i suoi prodigi a favore degli uomini.
22Offrano a lui sacrifici di lode,
narrino con giubilo le sue opere.
23Coloro che solcavano il mare sulle navi
e commerciavano sulle grandi acque,
24videro le opere del Signore,
i suoi prodigi nel mare profondo.
25Egli parlò e fece levare
un vento burrascoso che sollevò i suoi flutti.
26Salivano fino al cielo,
scendevano negli abissi;
la loro anima languiva nell'affanno.
27Ondeggiavano e barcollavano come ubriachi,
tutta la loro perizia era svanita.
28Nell'angoscia gridarono al Signore
ed egli li liberò dalle loro angustie.
29Ridusse la tempesta alla calma,
tacquero i flutti del mare.
30Si rallegrarono nel vedere la bonaccia
ed egli li condusse al porto sospirato.
31Ringrazino il Signore per la sua misericordia
e per i suoi prodigi a favore degli uomini.
32Lo esaltino nell'assemblea del popolo,
lo lodino nel consesso degli anziani.
33Ridusse i fiumi a deserto,
a luoghi aridi le fonti d'acqua
34e la terra fertile a palude
per la malizia dei suoi abitanti.
35Ma poi cambiò il deserto in lago,
e la terra arida in sorgenti d'acqua.
36Là fece dimorare gli affamati
ed essi fondarono una città dove abitare.
37Seminarono campi e piantarono vigne,
e ne raccolsero frutti abbondanti.
38Li benedisse e si moltiplicarono,
non lasciò diminuire il loro bestiame.
39Ma poi, ridotti a pochi, furono abbattuti,
perché oppressi dalle sventure e dal dolore.
40Colui che getta il disprezzo sui potenti,
li fece vagare in un deserto senza strade.
41Ma risollevò il povero dalla miseria
e rese le famiglie numerose come greggi.
42Vedono i giusti e ne gioiscono
e ogni iniquo chiude la sua bocca.
43Chi è saggio osservi queste cose
e comprenderà la bontà del Signore.
Geremia 38
1Sefatià figlio di Mattàn, Godolia figlio di Pascùr, Iucàl figlio di Selemia e Pascùr figlio di Malchia udirono queste parole che Geremia rivolgeva a tutto il popolo:2"Dice il Signore: Chi rimane in questa città morirà di spada, di fame e di peste, mentre chi passerà ai Caldei vivrà: per lui la sua vita sarà come bottino e vivrà.3Dice il Signore: Certo questa città sarà data in mano all'esercito del re di Babilonia che la prenderà".
4I capi allora dissero al re: "Si metta a morte questo uomo, appunto perché egli scoraggia i guerrieri che sono rimasti in questa città e scoraggia tutto il popolo dicendo loro simili parole, poiché questo uomo non cerca il benessere del popolo, ma il male".5Il re Sedecìa rispose: "Ecco, egli è nelle vostre mani; il re infatti non ha poteri contro di voi".
6Essi allora presero Geremia e lo gettarono nella cisterna di Malchia, principe regale, la quale si trovava nell'atrio della prigione. Calarono Geremia con corde. Nella cisterna non c'era acqua ma fango, e così Geremia affondò nel fango.
7Ebed-Mèlech l'Etiope, un eunuco che era nella reggia, sentì che Geremia era stato messo nella cisterna. Ora, mentre il re stava alla porta di Beniamino,8Ebed-Mèlech uscì dalla reggia e disse al re:9"Re mio signore, quegli uomini hanno agito male facendo quanto hanno fatto al profeta Geremia, gettandolo nella cisterna. Egli morirà di fame sul posto, perché non c'è più pane nella città".10Allora il re diede quest'ordine a Ebed-Mèlech l'Etiope: "Prendi con te da qui tre uomini e fa' risalire il profeta Geremia dalla cisterna prima che muoia".11Ebed-Mèlech prese con sé gli uomini, andò nella reggia, nel guardaroba del tesoro e, presi di là pezzi di cenci e di stracci, li gettò a Geremia nella cisterna con corde.
12Ebed-Mèlech disse a Geremia: "Su, mettiti i pezzi dei cenci e degli stracci alle ascelle sotto le corde". Geremia fece così.13Allora tirarono su Geremia con le corde, facendolo uscire dalla cisterna, e Geremia rimase nell'atrio della prigione.
14Il re Sedecìa mandò a prendere il profeta Geremia e, fattolo venire presso di sé al terzo ingresso del tempio del Signore, il re gli disse: "Ti domando una cosa, non nascondermi nulla!".15Geremia rispose a Sedecìa: "Se te la dico, non mi farai forse morire? E se ti do un consiglio, non mi darai ascolto".16Allora il re Sedecìa giurò in segreto a Geremia: "Com'è vero che vive il Signore che ci ha dato questa vita, non ti farò morire né ti consegnerò in balìa di quegli uomini che attentano alla tua vita!".
17Geremia allora disse a Sedecìa: "Dice il Signore, Dio degli eserciti, Dio di Israele: Se uscirai incontro ai generali del re di Babilonia, allora avrai salva la vita e questa città non sarà data in fiamme; tu e la tua famiglia vivrete;18se invece non uscirai incontro ai generali del re di Babilonia, allora questa città sarà messa in mano ai Caldei, i quali la daranno alle fiamme e tu non scamperai dalle loro mani".
19Il re Sedecìa rispose a Geremia: "Ho paura dei Giudei che sono passati ai Caldei; temo di essere consegnato in loro potere e che essi mi maltrattino".20Ma Geremia disse: "Non ti consegneranno a loro. Ascolta la voce del Signore riguardo a ciò che ti dico; ti andrà bene e tu vivrai;21 se, invece, rifiuti di uscire, questo il Signore mi ha rivelato:22Ecco, tutte le donne rimaste nella reggia di Giuda saranno condotte ai generali del re di Babilonia e diranno:
Ti hanno abbindolato e ingannato
gli uomini di tua fiducia.
I tuoi piedi si sono affondati nella melma,
mentre essi sono spariti.
23Tutte le donne e tutti i tuoi figli saranno condotti ai Caldei e tu non sfuggirai alle loro mani, ma sarai tenuto prigioniero in mano del re di Babilonia e questa città sarà data alle fiamme".
24Sedecìa disse a Geremia: "Nessuno sappia di questi discorsi perché tu non muoia.25Se i dignitari sentiranno che ho parlato con te e verranno da te e ti domanderanno: Riferiscici quanto hai detto al re, non nasconderci nulla, altrimenti ti uccideremo; raccontaci che cosa ti ha detto il re,26tu risponderai loro: Ho presentato la supplica al re perché non mi mandasse di nuovo nella casa di Giònata a morirvi".
27Ora tutti i dignitari vennero da Geremia e lo interrogarono; egli rispose proprio come il re gli aveva ordinato, così che lo lasciarono tranquillo, poiché la conversazione non era stata ascoltata.
28Geremia rimase nell'atrio della prigione fino al giorno in cui fu presa Gerusalemme.
Apocalisse 15
1Poi vidi nel cielo un altro segno grande e meraviglioso: sette angeli che avevano sette flagelli; gli ultimi, poiché con essi si deve compiere l'ira di Dio.
2Vidi pure come un mare di cristallo misto a fuoco e coloro che avevano vinto la bestia e la sua immagine e il numero del suo nome, stavano ritti sul mare di cristallo. Accompagnando il canto con le arpe divine,3cantavano il cantico di Mosè, servo di Dio, e il cantico dell'Agnello:
"Grandi e mirabili sono le tue opere,
o Signore Dio onnipotente;
giuste e veraci le tue vie,
o Re delle genti!
4Chi non temerà, o Signore,
e non glorificherà il tuo nome?
Poiché tu solo sei santo.
Tutte le genti verranno
e si prostreranno davanti a te,
perché i tuoi giusti giudizi si sono manifestati".
5Dopo ciò vidi aprirsi nel cielo il tempio che contiene la Tenda della Testimonianza;6dal tempio uscirono i sette angeli che avevano i sette flagelli, vestiti di lino puro, splendente, e cinti al petto di cinture d'oro.7Uno dei quattro esseri viventi diede ai sette angeli sette coppe d'oro colme dell'ira di Dio che vive nei secoli dei secoli.8Il tempio si riempì del fumo che usciva dalla gloria di Dio e dalla sua potenza: nessuno poteva entrare nel tempio finché non avessero termine i sette flagelli dei sette angeli.
Capitolo XVII: Affidare stabilmente in Dio ogni cura di noi stessi
Leggilo nella Biblioteca1. Figlio, lascia che io faccia con te quello che voglio: io so quello che ti è necessario. Tu hai pensieri umani e i tuoi sentimenti seguono spesso suggestioni umane. Signore, è ben vero quanto dici. La tua sollecitudine per me è più grande di ogni premura che io possa avere per me stesso. In verità, chi non rimette in te tutte le sue preoccupazioni si affida proprio al caso. Signore, purché la mia volontà sia continuamente retta e ferma in te, fai di me quello che ti piace. Giacché, qualunque cosa avrai fatto di me non può essere che per il bene. Se mi vuoi nelle tenebre, che tu sia benedetto; e se mi vuoi nella luce, che tu sia ancora benedetto. Se ti degni di darmi consolazione, che tu sia benedetto; e se mi vuoi nelle tribolazione, che tu sia egualmente benedetto.
2. Figlio, se vuoi camminare con me, questo deve essere il tuo atteggiamento. Devi essere pronto a patire, come pronto a godere; devi lietamente essere privo di tutto e povero, come sovrabbondante e ricco. Signore, qualunque cosa vorrai che mi succeda, la sopporterò di buon grado per tuo amore. Con lo stesso animo voglio accettare dalla tua mano bene e male, dolcezza e amarezza, gioia e tristezza; e voglio renderti grazie per ogni cosa che mi accada. Preservami da tutti i peccati, e non temerò né la morte né l'inferno. Purché tu non mi respinga per sempre cancellandomi dal libro della vita, qualunque tribolazione mi piombi addosso non mi farà alcun male.
DISCORSO 361 LA RISURREZIONE DEI MORTI.
Discorsi - Sant'Agostino
Leggilo nella BibliotecaUna frase di Paolo dà l'avvio al discorso.
1. 1. Quando, poco fa, veniva letto il passo della lettera dell'Apostolo abbiamo avvertito e apprezzato la reazione della vostra fede e della vostra carità: vi ha fatto inorridire quello che dicono coloro che ritengono che l'unica nostra vita sia quella che condividiamo con gli animali, mentre tutto quello che è proprio dell'uomo avrebbe fine e non vi sarebbe speranza di un'altra vita migliore. Dicono: Mangiamo e beviamo perché domani moriremo 1, cercando di sedurre le orecchie di ascoltatori corrotti. Di qui voglio prendere spunto per il mio discorso e su questo imperniarne lo svolgimento, collegandovi anche tutto quello che il Signore vorrà suggerirmi.
Due le questioni poste circa la risurrezione dei morti.
2. 2. Nostra speranza e nostra fede è la risurrezione dei morti. Essa è anche il nostro amore: lo accende l'annuncio delle cose che ancora non vediamo, e l'infiamma di un desiderio così intenso che, mentre noi crediamo quello che ancora non vediamo, i nostri cuori diventano capaci di quella beatitudine che ci è stata promessa nel futuro. Non dobbiamo quindi lasciarci prendere dall'amore delle cose temporali e visibili, quasi sperassimo di godere, quando risorgeremo, di piaceri e diletti sensibili simili a quelli che invece ora giova disprezzare proprio per vivere meglio e essere migliori. Se togliamo la fede nella risurrezione dei morti, crolla tutta la dottrina cristiana. Ma una volta posta salda la fede nella risurrezione dei morti, si deve distinguere nettamente la vita futura da questa nostra che passa, se si vuole avere una sicurezza interiore. Dunque il problema si pone così: se non v'è risurrezione dei morti, non v'è per noi speranza di vita futura, ma se vi sarà risurrezione dei morti, vi sarà veramente la vita futura. Quale sarà la vita futura, è il secondo punto da trattare. Due quindi i problemi: il primo, se vi sarà risurrezione dei morti, il secondo quale sarà la vita dei santi nella risurrezione.
La fede nella risurrezione dei morti è parte della fede cristiana.
3. 3. Chi dunque nega la risurrezione dei morti non è cristiano; chi poi crede che i risorti da morte vivranno la vita del corpo in forma carnale, è cristiano carnale. Quindi controbattere l'opinione di chi nega la risurrezione è un discorso da fare con chi è fuori dalla nostra fede, e non credo che ve ne sia alcuno qui presente. Perciò ritengo sarebbe superfluo che io indugiassi a dimostrare che i morti risorgono: il peso dell'autorità deve condurre il cristiano, che ha aderito con fede al Cristo e non teme che l'Apostolo dica menzogne. Basterà che ascolti: Se i morti non risorgono, è vana la nostra predicazione e vana la vostra fede 2. E ancora: Se i morti non risorgono, neanche Cristo è risorto 3. Ma se è risorto il Cristo che è la salvezza dei cristiani, non è impossibile che i morti risorgano perché colui che ha risuscitato il proprio Figlio, e Colui che ha risuscitato il suo corpo, ha dato in lui che è il capo, l'esempio al resto del corpo che è la Chiesa. Quindi potrebbe essere superfluo fermarsi su questa dimostrazione e si potrebbe passare all'altro aspetto di cui i cristiani discutono tra loro: quali saremo una volta risorti, come vivremo, di che cosa ci occuperemo, se avremo delle occupazioni; e se, non avendone, vivremo nell'ozio senza far nulla, o che cosa invece faremo; se mangeremo e berremo; se ci saranno unioni di maschi e femmine o ci sarà una vita comune semplice e incorrotta, e in questo caso, di che genere sarà in se stessa tale vita, con quali movimenti, con quale aspetto dei corpi. Di questo discutono i cristiani, ferma restando la fede nella risurrezione.
La preoccupazione dei cristiani carnali sollecita alla trattazione.
4. 4. Potrei dunque passare a questa parte della trattazione, per quanto sia possibile a uomini, quali noi e voi siamo, comprendere e trattare tale argomento; ma sono costretto a indugiare prima anche sul fatto stesso della risurrezione perché mi preoccupano quei nostri fratelli che sono troppo carnali e quasi pagani. Non sono qui presenti, io credo, dei pagani, e tutti voi siete cristiani, ma i pagani che irridono la risurrezione, non cessano di ripetere ogni giorno alle orecchie dei cristiani: Mangiamo e beviamo perché domani moriremo 4. A queste parole l'Apostolo soggiunge, esprimendo la sua preoccupazione: Le cattive compagnie corrompono i buoni costumi 5: perciò preoccupato anch'io di questo e sollecito verso chi è debole, parlerò pure su questo punto con un amore che non è solo paterno, ma anche in certo modo materno, dicendo quanto basta a dei cristiani, dato che tutti voi che siete qui presenti oggi, siete stati spinti a venire proprio da una grande devozione alle Scritture. Infatti oggi non è una di quelle solennità che fanno accorrere alla Chiesa anche le folle da teatro, mosse dalla festa che viene celebrata, non da pietà. Considerando appunto questo, tratterò prima della risurrezione dei morti, poi, per quanto Dio me lo permetterà, della vita futura dei giusti.
Contro chi intende condurre la vita come se tutto finisse con la morte.
5. 5. L'Apostolo dice: Temo che come il serpente nella sua malizia sedusse Eva, così i vostri pensieri vengano in qualche modo traviati dalla loro purezza nei confronti di Cristo 6. Tale traviamento viene prodotto dalle parole che ho citato: Mangiamo e beviamo perché domani moriremo 7. Chi ama e ricerca queste cose, e pensa che questa nostra sia la sola vita, chi non ha alcuna speranza al di là di essa, e non prega Dio o lo prega solo per queste cose terrene, chi avverte come gravosa ogni esortazione all'impegno, lo invito a prestare ascolto a questo che io dico con grande amarezza. Costoro vogliono mangiare e bere perché domani moriranno. Ma vorrei considerassero davvero che domani moriranno: non so chi potrebbe essere così insensato e perverso, così nemico della sua stessa anima da non pensare che domani con la sua morte saranno finite tutte le cose di cui si dà pensiero. E` scritto: In quel giorno svaniscono tutti i suoi disegni 8. Gli uomini, quando si avvicinano alla morte, si danno pensiero di fare testamento per quelli che lasciano qui; ma dovrebbero a maggior ragione darsi pensiero della loro anima. L'uomo pensa solo a coloro che abbandona, e non a se stesso che lascia tutte le cose terrene. Ma ecco i tuoi figli avranno i beni che tu lasci, tu invece resterai senza nulla, e ti logori dandoti pensiero solo del cammino terreno che essi devono continuare dopo di te, non della meta a cui devono giungere. Almeno dunque si pensasse davvero alla morte! Vi si pensa invece quando si vede qualcuno condotto alla sepoltura, e si fanno esclamazioni di questo genere: Poveretto, era così valido, ieri andava in giro; ovvero: Lo vidi una settimana fa e mi disse così e così: l'uomo è proprio un nulla. Ma queste sono parole che si dicono mentre il morto viene compianto, quando si prepara e si segue il suo funerale e lo si seppellisce; una volta sepolto il morto, sono sepolti anche tali pensieri. Ritornano le preoccupazioni che ci sono funeste, e l'erede dimentica colui che ha appena accompagnato alla sepoltura per darsi pensiero della successione, lui che a sua volta morirà. Ecco si ritorna agli inganni, alle ruberie, agli spergiuri, ci si dà ancora al vino e a tutti quei piaceri del corpo che non dico destinati a finire una volta goduti, ma che periscono proprio mentre si godono; e - cosa ancor più rovinosa - dall'aver sepolto un morto si ricava una ragione per seppellire il proprio cuore e si dice: Mangiamo e beviamo perché domani moriremo.
Contro chi obietta che nessuno è tornato dopo morte a informarci.
6. 6. Costoro irridono anche la fede di chi asserisce la risurrezione dei morti facendo dentro di sé discorsi di questo genere: Ecco, ora che costui è sepolto, voglio provare se fa sentire la sua voce; o se non si può sentire la sua, tenterò di sentire quella di mio padre, di mio nonno, di mio bisnonno. Ma proprio nessuno mai è risuscitato dalla tomba, nessuno ci ha mai raccontato che cosa si fa nell'aldilà: godiamocela finché siamo in vita; e quando saremo morti, se i nostri, genitori o parenti o amici, porteranno omaggi alla nostra tomba, questo potrà far piacere a loro, non riguarderà noi morti! Queste usanze ha deriso anche la Scrittura dove, riferendosi ad alcuni che non si accorgono dei beni che sono a loro disposizione, dice: come se offrissi cibarie a uno sepolto 9; è chiaro che ciò non si addice a chi è morto. Si tratta di una consuetudine propria dei pagani, che non appartiene alla tradizione conforme a verità, dei Patriarchi nostri padri; di essi si legge che celebrarono solennemente le esequie, ma non che portarono offerte sacrificali sulle tombe. Lo si può vedere anche nei costumi dei giudei che se non conservarono il frutto della virtù dei padri, ne mantennero però l'antica consuetudine in molte solennità. Quanto alla frase della Scrittura che alcuni contrappongono: Spezza il tuo pane e versa il tuo vino sulla tomba dei giusti, non darne invece ai peccatori 10, non è il caso di discutere perché i fedeli stessi sono in grado di intendere il senso che si deve dare alla frase, e sanno anche che si tratta di un'espressione di pietà in memoria dei defunti: l'escluderne i peccatori, cioè gli infedeli, è spiegato perché il giusto vivrà mediante la fede 11. Non si trasformino parole della Scrittura che risanano, in un mezzo per farsi del male, tentando di farne addirittura un laccio di morte per la propria anima. Il significato della frase è chiaro come chiaro è il significato del rito salutare dei cristiani.
Si deve ridestare in noi la fede.
7. 7. Ma torniamo a considerare quello che certuni mormorano alle orecchie dei deboli: Mangiamo e beviamo perché domani moriremo 12, e aggiungono che nessuno mai uscì dalla tomba, nessuno - né l'avo né il trisavolo o il padre - dopo la sepoltura fece mai ascoltare la sua voce. A costoro dovete rispondere voi cristiani, se siete cristiani, a meno che, volendo voi stessi bere fino all'ebbrezza quando siete tra la gente, vi rincresca di rispondere a coloro che tentano di corrompervi. Avete certo la risposta da dare; ma voi fluttuate tra le brame di piacere e preferite esserne inghiottiti e venir sepolti vivi. Trascinati dalla voce tentatrice, voi avvertite la brama di bere che vi invade l'animo sino a travolgervi con violenza: questo vostro indulgere a chi vi tenta, vi trattiene dal rispondere a chi vuol corrompervi, mentre le onde della passione si levano minacciose e vogliono travolgere il vostro cuore, nave abbandonata alla tempesta. O cristiano, sulla tua nave dorme Cristo, ridestalo, e lui comanderà alle tempeste di placarsi 13. Il fluttuare dei discepoli sulla nave quando Cristo dormiva, preannuncia il fluttuare dei cristiani quando in loro dorme la fede nel Cristo. Scrive infatti l'Apostolo: Il Cristo abita per la fede nei vostri cuori 14, poiché mentre come presenza, bellezza e divinità egli è sempre con il Padre, è alla destra del Padre nei cieli come presenza corporale, come presenza di fede egli è in tutti i cristiani. Tu dunque fluttui pericolosamente perché il Cristo dorme, cioè non riesci a vincere la brama che ha destato in te la voce tentatrice perché dorme in te la fede. Essa si è come assopita, ti sei dimenticato di essa. Ridestare il Cristo significa ridestare la fede, riportare alla tua memoria quello cui hai dato la tua adesione di fede. Ricorda dunque la tua fede, ridesta il Cristo: la tua stessa fede comanderà ai flutti da cui sei sbattuto e ai venti che soffiano su di te coloro che ti vogliono indurre al male: costoro subito si allontaneranno e subito tornerà la calma; e se ancora i persuasori di male continueranno a parlare, ormai non potranno né far inclinare la nave né sollevare i flutti né sommergere il veicolo che ti trasporta.
Prove a sostegno della nostra fede.
7. 8. Pensa dunque che cosa fare per ridestare il Cristo. Considera che cosa andava dicendo il persuasore che cerca di corrompere con parole di male chi vive bene: egli aveva detto che nessuno è uscito dalla tomba, che nessuno mai udì la voce né del padre né del nonno, che nessuno mai tornò a riferire che cosa si faccia di là.
8. 8. Ma tu, ridestato il Cristo sulla tua nave, ravvivata la tua fede, gli devi rispondere con sicurezza che è davvero stolto che egli dichiari che presterebbe fede solo a suo padre se risorgesse, perché è ben risorto colui che è il Signore di tutti, eppure lui non gli vuole credere. Cristo ha voluto morire e risorgere proprio perché tutti prestassimo fede a lui solo, non lasciandoci ingannare dai molti. Digli che suo padre, se risorgesse e parlasse, dovrebbe poi ancora morire, mentre il Cristo risorto ha tale potere sulla morte che non muore più: la morte non avrà più potere su di lui 15. Egli si mostrò ai discepoli e ai fedeli e poiché non bastava ad alcuni vederlo tale quale lo ricordavano, se non toccavano anche quello che vedevano, fece palpare il suo corpo nella sua consistenza. E così la fede fu confermata anche agli occhi oltre che ai cuori. Dopo essersi mostrato in questo modo, egli salì al cielo e mandò lo Spirito Santo ai suoi discepoli, e quindi fu predicato il Vangelo. Il mondo intero può attestare - così continuerai il tuo discorso - la verità di questo che diciamo: molte promesse si avverarono, molte attese ebbero compimento, e tutto il mondo vive ormai nella fede cristiana. Neppure coloro che ancora non credono nel Cristo, osano negare la sua risurrezione: la testimonianza di essa fu data in cielo e sulla terra, fu data dagli angeli e dagli inferi. E poiché tutto la proclama, gli chiederai come ancora si ostini a dire: Mangiamo e beviamo perché domani moriremo 16.
8. 9. Ma ecco, uno è pieno di tristezza perché è stata sepolta una persona a lui cara: all'improvviso non poté più udire la sua voce. Viveva, ed eccolo morto; mangiava e più non mangia, non ha più vita, non prende più parte alle gioie e alla letizia dei vivi.
Si fa l'esempio del seme.
9. 9. Ma a costui io domando se mai, quando ara, piange il seme. Quando uno semina un campo gettando il seme nella terra e rompendo le zolle per seppellirlo, non può essere così ignaro di quello che seguirà entro breve tempo, da piangere su quel frumento, ritornando con il pensiero all'estate quando il frumento, che ora è stato sepolto, era stato mietuto con tanta fatica e poi trasportato trebbiato battuto e quindi riposto nel granaio: lo si vedeva con gioia allora nel suo rigoglio, ed eccolo ora sparito dai nostri occhi: si vede la terra arata e non si vede più il frumento né in essa né nel granaio. Uno che, afflitto per questo, piangesse il frumento come morto e sepolto e, fissando le zolle e non vedendo più la messe nel campo, effondesse lacrime, non potrebbe che essere irriso anche da qualsiasi persona ignorante, perché nessuno, per quanto ignori altre cose, può ignorare la vicenda di cui egli si mostra così grossolanamente ignaro da piangere per essa. E se davvero costui piange essendo allo scuro della cosa, colui che la conosce certo lo esorterebbe a non essere triste, dicendogli che, se il frumento che abbiamo sepolto non è più nel granaio e non è più nelle nostre mani, quando però egli tornerà in questo campo, godrà di vedere la messe qui dove ora la nudità dell'aratura lo fa piangere. Colui che sa che cosa nascerà dal frumento gettato come seme, prova gioia anche nell'aratura; colui invece che diffida o piuttosto non ragiona, o, meglio, è ignaro, può forse in un primo momento essere afflitto, ma se ne va consolato se presta fede a chi sa, e attende anch'egli la messe futura.
Tutte le creature danno testimonianza della risurrezione.
10. 10. Mentre però il raccolto della messe siamo soliti vederlo ogni anno, del genere umano si raccoglierà invece una sola messe alla fine dei tempi. Nulla ora ne possono scorgere i nostri occhi: solo nel chicco-principe è stata data la prova di quello che sarà. Il Signore stesso dice: Se il chicco di grano rimarrà così com'è e non morirà, resterà solo 17. Allude alla sua morte perché verrà la risurrezione di molti, di quelli che crederanno in lui. Fu data la prova di un unico chicco, ma è una prova alla quale non possono non credere tutti quelli che vogliono essere grano. Eppure si deve riconoscere che tutte le creature ci parlano della risurrezione, se non siamo sordi, e da molte manifestazioni analoghe cui assistiamo ogni giorno, possiamo anche congetturare che cosa il Signore riservi al genere umano alla fine dei tempi. Mentre la risurrezione dei cristiani avverrà una volta sola, ogni giorno si addormentano e si risvegliano gli esseri animati: il sonno è simile alla morte, il risveglio alla risurrezione. Il fenomeno al quale assistiamo ogni giorno deve farci prestare fede all'evento che si compirà una volta sola. La luna percorre ogni mese le sua fasi - nasce, cresce, diventa piena, cala, scompare, e ancora poi si fa nuova -: questo che vediamo compiersi nella luna ogni mese, avviene una sola volta nella risurrezione nell'intero corso del tempo. In modo analogo si compie ogni mese nella luna quello che si compie ogni giorno in chi dorme. Similmente possiamo chiederci come le fronde degli alberi se ne vadano e ritornino, sparendo non si sa dove, venendo da non si sa dove: vediamo gli alberi apparire secchi nell'inverno, tornare verdi in primavera. E non si tratta di un fenomeno nuovo di quest'anno perché si verificò anche lo scorso anno: si arrestò la vegetazione nell'inverno dopo l'autunno, ma riprese attraverso la primavera nell'estate. L'anno dunque si rinnova nel corso del tempo: dovranno invece sparire, quando siano morti, gli uomini che sono fatti a immagine di Dio?
Altri esempi a prova della risurrezione.
11. 11. Qualcuno che non osservi abbastanza attentamente le trasformazioni delle cose e il loro rinascere, potrebbe obiettarmi che le foglie morte imputridiscono, e nascono foglie nuove. Ma se osserva bene, vede che anche quelle che imputridiscono si trasformano in forze della terra, perché dalla putredine di cose terrene viene ingrassata la terra. Lo osservano coloro che coltivano un campo; ma chi non coltiva campi e vive sempre in città, potrà constatare, dagli orti dei dintorni, quanta cura si ponga a raccogliere i rifiuti della città, da chi vengano acquistati a caro prezzo e dove siano trasportati. Chi non se ne intende può ritenerli cosa ormai spregevole e inutile. Non v'è chi non distolga lo sguardo dallo sterco: eppure si ha cura di raccogliere quello che si ha schifo di guardare. Quello che pareva ormai cosa consumata e spregevole si trasforma in ingrasso della terra, l'ingrasso diventa succo, il succo radice, e quello che dalla terra passa nella radice, per invisibili vie si diffonde nel tronco e nei rami e giunge ai germogli, ai frutti, alle foglie: e si ammira nel verde fiorente dell'albero quello che faceva schifo nel putrido sterco.
Il destino dei cadaveri.
12. 12. Non voglio che mi si faccia ora l'obiezione che alcuni hanno l'abitudine di fare, che il corpo del morto non si conserva intatto: costoro pretenderebbero, per credere alla risurrezione, che il cadavere restasse integro. Dunque soltanto gli Egiziani crederebbero con fondamento alla risurrezione, perché dedicano cure diligenti ai corpi dei defunti essiccandoli e indurendoli come bronzo: li chiamano " gabbare " [mummie]. Ma io domando come possano costoro ritenersi in grado di dichiarare fondata solo la fede degli egiziani nella risurrezione, incerta e debole invece la speranza dei cristiani. Essi non conoscono le segrete profondità della natura, là dove sono salve per il loro Creatore tutte le creature che sono state sottratte ai nostri sensi mortali. Più volte, quando o il passare stesso del tempo o qualche necessità non sacrilega porta ad aprire o scoperchiare qualche sepolcro, si trovano cadaveri putrefatti alla cui vista gemono coloro che sono soliti cercare godimento nella bellezza corporea e non possono non esclamare: Come potrà essere restituita alla vita, alla luce codesta cenere, come potrà acquistare la bellezza attesa? Quando ciò potrà accadere? Quando sperare qualcosa di vivo da tale cenere? Essi così esclamano vedendo nel sepolcro i morti ridotti a sola cenere, ma ripercorrano i trenta o cinquanta anni o più, che hanno vissuti, e si chiedano che cosa erano prima, dove erano. Nel sepolcro c'è almeno la cenere del morto. Il corpo di tutti noi che qui ora parliamo e ascoltiamo, tra pochi anni sarà cenere, ma pochi anni fa non era neppure cenere. Dunque colui che fu in grado di far esistere quello che non esisteva, non avrà forse il potere di rinnovare quello che esisteva?
Lo stesso Signore ci attesta la risurrezione.
13. 13. Cessino dunque dalle loro mormorazioni le cattive lingue che tentano di corrompere malvagiamente chi procede bene. E voi procedete con passo fermo, con piedi saldi sulla via, per non uscirne o non arrestarvi, ma come è scritto: Correte in modo da ottenere 18. Sia sempre vivo nel nostro cuore Cristo che ha voluto mostrare in sé, lui che è nostro capo, quello che noi, che siamo le sue membra, dobbiamo sperare. Noi sulla terra siamo affaticati, ma il nostro capo, in cielo, ormai non muore, non viene meno, non soffre. Ha però sofferto per noi poiché è stato messo a morte per i nostri peccati ed è stato risuscitato per la nostra giustificazione 19. Di questo ebbero esperienza con gli occhi coloro ai quali egli si mostrò, noi invece lo conosciamo per fede; tuttavia non possiamo essere accusati di falsità se non lo abbiamo visto con i nostri occhi dopo la sua risurrezione. Sta a nostro favore quello che il Signore stesso dichiarò al discepolo che dubitava e cercava di credere palpandolo: quando egli, convinto per aver toccato le sue cicatrici, esclamò: Mio Signore e mio Dio, il Signore gli disse: Perché mi hai veduto, hai creduto: beati quelli che credono senza aver visto 20. Mirate dunque con zelo alla vostra beatitudine e non lasciate che qualche cattivo persuasore scacci via dal vostro cuore quello che Cristo vi ha ben impresso.
13. 14. Non mi si ripeta dunque più quella obiezione. Essa viene fatta da tutti coloro che anche contro voglia si sono già adattati a riconoscere l'autorità di Cristo. Ormai si può dire che non vi siano quasi più pagani che osino contrapporsi con critiche a Cristo, anche se ancora rifiutano o rimandano la piena adesione di fede. Ma le critiche che non osano fare al Cristo, le fanno ai cristiani; riconoscono il capo, ma insultano ancora il suo corpo. Però il corpo che ascolta gli insulti di quanti accettano il capo, deve sapere di non essere staccato dal capo, bensì saldamente appoggiato su di esso. Infatti, se siamo staccati, dobbiamo temere le voci di insulto. E che non siamo staccati da lui, lo attesta il Signore stesso che a Paolo, quando ancora si chiamava Saulo e perseguitava la Chiesa, dice: Saulo, Saulo, perché mi perseguiti? 21. Eppure egli era già passato attraverso le mani degli empi Giudei, era penetrato nell'inferno, era risorto dal sepolcro, era salito al cielo, aveva fatto dono ai credenti dello Spirito Santo confermando il loro cuore, si era seduto alla destra del Padre a intercedere per noi: niente dunque aveva a temere dall'infierire di Saulo, lui che non doveva affrontare una seconda volta la morte, ma liberare noi da essa. Come Paolo poteva toccarlo, colpirlo, benché, come è scritto, fosse fremente minaccia e strage 22? Egli poteva attaccare i cristiani che vivevano ancora il travaglio terreno; ma come e quando avrebbe potuto attaccare il Cristo? Questi tuttavia leva il grido a nome delle sue membra. Non dice: Perché perseguiti i miei? In tal caso infatti crederemmo che egli alluda a suoi servi. Il rapporto invece dei cristiani con Cristo è più stretto di quello dei servi con il padrone e ne risulta una compagine diversa: diverso è l'ordine in cui le membra sono congiunte, diversa è l'unità che viene creata dalla carità. Il capo quindi parla per le sue membra e non chiede: perché perseguiti le mie membra, ma: Perché mi perseguiti?. Saulo non perseguitava direttamente il capo, ma le membra che sono congiunte al capo.
Infondata l'opinione che solo al Cristo sia stata possibile la risurrezione.
14. 14. Uso un paragone che ho più volte usato, ma è calzante a questo proposito perché fa comprendere bene la cosa: è come quando uno nella calca ti schiaccia un piede; non ti fa male alla lingua, ma la lingua esclama: Perché mi schiacci? Viene schiacciato il piede, e nessuna offesa è fatta alla lingua, ma uno solo è il corpo. Quindi se un membro soffre, tutte le membra soffrono insieme; e se un membro è onorato, tutte le membra gioiscono con lui 23. Se dunque la tua lingua parla a favore del tuo piede, non deve parlare a favore dei cristiani Cristo in cielo? E parlando per il piede, la lingua non dice: schiacci il mio piede, ma dice: mi schiacci, anche se essa non era toccata. Devi riconoscere il tuo capo in colui che parla per te dal cielo dicendo: Saulo, Saulo, perché mi perseguiti? 24. Dicendo questo, ho voluto mettervi in guardia, fratelli, perché non si insinuino tra voi quei malvagi persuasori di cui l'Apostolo dice: I cattivi discorsi corrompono i buoni costumi, perché essi dichiarano: Mangiamo e beviamo perché domani moriremo 25. Essi non osano contrapporsi al Cristo la cui autorità, riconosciuta in tutto il mondo, li fa tremare, ma, come è scritto: L'empio vede e si adira, digrigna i denti e si consuma 26: può adirarsi e consumarsi, ma non osa bestemmiare Cristo. Per questo essi si rivolgono a voi per dire che la risurrezione fu possibile solo a Cristo. Essi lo dicono in parte anche sinceramente, in parte per paura: ma bisogna distinguere che cosa osano dire, che cosa non osano.
Come contrapporsi all'insidia perversa di tale obiezione.
15. 15. Vi diranno dunque che voi sperate la risurrezione dei morti come conseguenza della risurrezione di Cristo, ma che la risurrezione dalla morte fu possibile a Cristo. Ed ecco cominciano a lodare Cristo, non però con il fine di rendergli onore, ma per indurre voi a disperare: è rovinosa astuzia del serpente questo tentativo di allontanarvi da Cristo facendone le lodi, e porre dell'inganno proprio nel celebrarlo, perché non si osa dirne male. Ne magnificano la maestà in modo da renderla cosa unica, perché non possiate sperare qualcosa di simile a quello che si manifestò nella sua risurrezione. Essi si mostrano così quasi più riverenti verso il Cristo, rinfacciandovi di osare mettervi a pari di lui pensando di poter risorgere anche voi perché egli è già risorto. Non dovete lasciarvi turbare da questo modo perverso di lodare il vostro Imperatore; ma se possono dare turbamento le insidie del nemico, la consolazione viene certo dall'umiltà e dalla umanità di Cristo. Mentre costoro vanno proclamando quanto l'altezza di Cristo ci trascenda, Cristo dice quanto si è abbassato verso di voi. A costoro dunque dovete rispondere, ridestando la vostra fede: quando dorme il Cristo, la burrasca e i flutti tempestosi mettono in difficoltà la nave 27. Ma quando avrete ridestata la fede riportando alla memoria quello a cui crediamo, la vostra risposta sarà pronta. Non avrete difficoltà a rispondere perché non sarete voi a parlare, ma il Cristo che abita in voi si servirà della vostra lingua come suo strumento, come sua spada, si servirà del vostro cuore, della vostra voce, egli che abita in voi e ha il possesso di voi, e resisterà così all'avversario e toglierà a voi ogni inquietudine. Badate dunque solo a svegliare lui che dorme, cioè a ridestare la fede che avete dimenticata.
La mortalità assunta dal Cristo lo fa nostro mediatore.
16. 16. Per aiutarvi a rispondere a tali persone, non dirò nulla di nuovo, ripeterò solo quello che voi già credete. Ridestate dunque la vostra fede, rispondete a chi vi dice che la risurrezione fu possibile solo a Cristo, ma non sarà possibile a noi, rispondete riconoscendo che egli poté risorgere in quanto appunto è Dio, e in quanto Dio egli aveva il potere di risorgere; ma proprio in quanto come Dio egli è onnipotente, noi dobbiamo sperare che egli avrà il potere di compiere anche in noi quello di cui, proprio per amor nostro, diede prova nella sua persona. E se domandiamo da dove Cristo è risorto, ci verrà risposto che risorse dai morti. E se ancora domandiamo perché egli morì, ci verrà risposto appunto che Dio non può morire, e non è possibile quindi che sia morto lui, il Verbo divino uguale al Padre, del quale il Padre si servì come artefice nella sua opera di onnipotente creatore, per mezzo del quale furono create tutte le cose, il Verbo che è sapienza immutabile che rimane in se stessa e tutto rinnova 28: Essa si estende da un confine all'altro con forza, governa con bontà eccellente ogni cosa 29. Tuttavia Cristo morì, e morì evidentemente perché: non considerò rapina il suo essere uguale a Dio, ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo. E a questa frase l'Apostolo aveva premesso: Pur essendo di natura divina 30. Aveva assunto la natura divina o essa gli apparteneva? l'Apostolo distingue le due cose usando due verbi diversi, assumere a proposito del suo farsi servo, essere a proposito della sua natura divina. Questa natura appunto gli era propria, l'altra l'assunse, e l'assunse per unire a sé la nuova natura formando con essa una cosa sola. In quanto era di natura divina, egli, come dice l'evangelista che era stato pescatore, era uguale a Dio: In principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio, e Dio era il Verbo 31, frase che ha lo stesso senso di quella già citata: Essendo di natura divina non considerò rapina il suo essere uguale a Dio, dove il vocabolo latino rapina [=preda] indica qualcosa che è possesso illecito, non quello che è inerente per natura. L'angelo tentò di usurpare l'uguaglianza con Dio, e cadde divenendo diavolo; tentò di usurparla l'uomo, e caduto divenne mortale; ma Cristo, che è nato uguale a Dio perché non è nato nel tempo, ma in quanto Figlio eterno dell'eterno Padre, nato da sempre, per mezzo del quale furono create tutte le cose, era di natura divina. Per farsi mediatore tra Dio e gli uomini, tra il giusto e i peccatori, tra l'immortale e i mortali, assunse qualcosa dai peccatori, dai mortali, senza perdere quello che aveva in comune con l'immortale, con il giusto: conservò da un lato la giustizia, dall'altro assunse la mortalità, per porsi di mezzo come riconciliatore e abbattere il muro dei nostri peccati. Per questo a lui il suo popolo canta: Con il mio Dio scavalcherò le mura 32. Restituendo a Dio quello che i peccati gli avevano sottratto, riscattando con il suo sangue quello che era posseduto dal diavolo, egli morì per noi e per noi risorse. Portò i nostri peccati non aderendo ad essi, ma facendosene carico, così come Giacobbe si coprì della pelle dei capretti per sembrare peloso al padre e riceverne la benedizione 33. Esaù, malvagio, aveva peli naturali, Giacobbe, buono, portava quelli di altri. Così gli uomini mortali sono ricoperti di peccati, ma i peccati non rivestivano colui che aveva detto: Ho il potere di offrire la mia vita e il potere di riprenderla di nuovo 34.
17. 16. Dunque la morte fu, nel nostro Signore, segno dei peccati altrui, non pena di peccati suoi. In tutti gli uomini l'essere soggetti alla morte è pena del peccato e deriva dal peccato originale nel quale tutti nasciamo, e quindi dalla caduta del primo uomo, non dalla discesa di Cristo sulla terra: si deve distinguere tra caduta e discesa in quanto il primo uomo cadde per la sua malizia, l'altro uomo discese per la sua misericordia. Infatti: Come tutti muoiono in Adamo, così tutti riceveranno la vita in Cristo 35. Poiché dunque egli portava i peccati altrui, dice: Quanto non ho rubato lo dovevo restituire 36, cioè egli moriva senza avere peccati. Altrove dichiara: Ecco, verrà il principe di questo mondo e in me non troverà nulla, volendo dire che non avrebbe trovato nulla che rendesse meritata la morte, poiché è il peccato che fa meritare la morte. E prosegue spiegando perché morirà: Ma perché tutti sappiano che io faccio la volontà del Padre mio, alzatevi, andiamo via di qui 37. Alzatosi va deciso verso la passione: lo fa in quanto con ciò faceva quello che il Padre gli aveva comandato, non perché lui che non aveva alcun peccato, dovesse qualcosa al principe dei peccatori. Dunque il nostro Signore Gesù Cristo portò con sé la natura divina, assunse da noi la natura mortale. Questa egli ricevette nel grembo della vergine Maria, dove congiunse se stesso, Verbo di Dio, con la natura umana, come sposo con la sposa nel talamo verginale, per uscire come sposo dalla stanza nuziale 38.
Per misericordia Cristo si fece mortale.
17. 17. Ma ritorniamo al discorso interrotto. La condizione di mortalità è derivata per tutti gli uomini dal peccato, mentre nel Signore essa è derivata dalla sua misericordia; ma anche la sua fu vera mortalità, non solo apparenza, come fu vera carne, veramente mortale anche la sua, una carne simile alla carne del peccato 39. Non è detta simile alla carne, perché è vera carne, ma simile alla carne del peccato, perché non è carne del peccato. Egli non assunse, come ho già detto, la condizione di mortalità quale conseguenza del peccato, ma spogliò se stesso assumendo la condizione di servo e facendosi obbediente fino alla morte 40. Che cosa era, dunque, e che cosa aveva? Appartiene al suo essere la divinità, mentre la mortalità fu assunta: per questo egli risorse con la stessa carne nella quale morì.
18. 17. Ormai potete rivolgervi a coloro che dicono che solo Cristo poté risorgere, e noi non lo potremo, e rispondere loro che Cristo è risorto nella carne che aveva assunto da noi, e che non avrebbe potuto risorgere se non si ammette la sua condizione di servo, nella quale soltanto gli era possibile morire. Dite loro che non possono pretendere di distruggere, con le lodi che loro fanno del Signore, quella fede che il Signore stesso ha costruito in noi. Proprio in quanto egli assunse la condizione di servo, egli morì, e così secondo essa è risorto. E poiché è risorto nella sua condizione di servo, noi non dobbiamo affatto disperare della risurrezione di chi è nella condizione di servo. Essi sono poi anche soliti attribuire la risurrezione di Cristo alla sua potenza di uomo, sostenendo che egli era uomo così giusto da avere anche la facoltà di risorgere dai morti. Tuttavia volendoli per un momento seguire nei loro discorsi e lasciando in disparte la considerazione della sua divinità, possiamo dire che, se egli era così giusto da meritare anche di risorgere dai morti, non poteva certo averci ingannato quando anche a noi promise la risurrezione.
Prove della risurrezione.
19. 18. Tutto quello che è stato detto, o fratelli, vi ha messo in grado di contrastare quelli che negano la risurrezione dei morti. Se ricordate, abbiamo detto quello che Dio si è degnato di suggerire come essenziale e quello che è testimoniato dalla natura e da esempi quotidiani: ci siamo richiamati da un lato alla onnipotenza di Dio, per il quale nulla è difficile - se poté creare quello che non esisteva, a maggior ragione egli può rinnovare quello che esisteva -, dall'altro al nostro stesso Signore e Salvatore Gesù Cristo, che sappiamo essere risorto: e non avrebbe potuto risorgere se non nella condizione di servo perché solo in questa condizione poté avvenire la morte dalla quale doveva risorgere. Quindi noi che siamo servi, dobbiamo sperare che si compia per noi nella nostra condizione di servi quello che egli si degnò di mostrare in anticipo nella sua condizione di servo. Devono dunque tacere quelle lingue che dicono: Mangiamo e beviamo perché domani moriremo 41; e voi dovete senz'altro rispondere: Digiuniamo e preghiamo perché domani moriremo.
Attesa del giorno finale; l'esempio di Noè.
20. 19. Ci resterebbe ora da dire quale sarà la vita dei giusti nella risurrezione, ma poiché ormai oggi vedete esaurito il tempo a disposizione, vi invito a ripensare quello che abbiamo detto, e pregate che vi possiamo dire un'altra volta quello che ci siamo impegnati a trattare. Soprattutto cercate di cogliere i motivi che ci hanno indotto a parlare, o fratelli, specialmente per le feste che in questi giorni celebrano i pagani. Considerate bene: questo mondo passa. Tenete presente l'annuncio dell'ultimo giorno che il Signore fa nel vangelo: quel giorno verrà come venne il diluvio al tempo di Noè. Mangiavano e bevevano, comperavano e vendevano, si ammogliavano e si maritavano fino al giorno in cui Noè entrò nell'arca, e venne il diluvio e li fece perire tutti 42. L'ammonimento che il Signore ci dà risulta anche altrove chiarissimo: State bene attenti che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni e ubriachezze 43. E ancora: State pronti con la cintura ai fianchi e le lucerne accese; siate simili a servi che aspettano il padrone quando torna da nozze 44. Restiamo nell'attesa della sua venuta perché non ci trovi intorpiditi. Come è male per una sposa non avere desiderio del proprio sposo, così ancor più è male per la Chiesa non avere desiderio di Cristo. Lo sposo terreno viene all'abbraccio carnale e viene accolto con intenso desiderio dalla sua casta sposa: sta per giungere lo sposo celeste a dare l'abbraccio eterno alla sua Chiesa, e rendere noi eterni coeredi con lui, mentre noi viviamo senza mostrare desiderio del suo arrivo, mostrando anzi di temerlo. Quel giorno annunziato verrà davvero all'improvviso, come venne il diluvio al tempo di Noè, e quanti - molti anche che oggi si dicono cristiani - sorprenderà così! Eppure la costruzione dell'arca continua da tanti anni perché quelli che non credono si destino 45. Durante i cento anni della costruzione dell'antica arca gli uomini non si destarono a riconoscere che, se quell'uomo di Dio andava costruendo l'arca, doveva essere imminente la rovina del genere umano, e quindi non cercarono di placare l'ira di Dio mutando vita in modo da piacere a Dio.
21. 19. Questo invece fecero gli abitanti di Ninive, i quali fecero penitenza e placarono l'ira di Dio.
Anche Ninive va presa a esempio.
21. 20. Giona aveva annunciato non la misericordia, ma la punizione imminente; non aveva detto che entro tre giorni Ninive sarebbe stata distrutta, e che invece Dio li avrebbe risparmiati, se avessero fatto penitenza in quei tre giorni. No, egli minacciò soltanto la distruzione e la preannunciò. Tuttavia quelli, sperando nella misericordia di Dio, si convertirono facendo penitenza, e Dio li risparmiò 46. Non si può dire che il profeta avesse mentito, come potrebbe sembrare se si interpretano in senso carnale le sue parole; se ne deve cogliere il senso spirituale per comprendere che avvenne proprio come il profeta aveva detto. Di fatto Ninive fu distrutta. Se si considera che cosa era Ninive, si vede che fu distrutta. Ninive era quella città dove si mangiava e beveva, si comprava e vendeva, si piantava e edificava dandosi agli spergiuri e alle menzogne, alle ubriachezze, ai delitti, alla corruzione: questa era Ninive. La Ninive che ci viene presentata, dove tutti si battono il petto tristi, si affliggono con cilici, si cospargono di cenere e fanno digiuni e preghiere, è un'altra Ninive. La precedente Ninive fu dunque davvero distrutta, perché sparì tutto quel modo di vivere.
La Chiesa è l'arca di Cristo: agli uomini spetta di entrarci.
22. 21. Dunque, fratelli, anche ora si costruisce l'arca, e quei cento anni della sua costruzione simboleggiano l'intero arco dei nostri tempi. Se quindi giustamente perirono coloro che non prestarono attenzione all'arca quando Noè la costruiva, una giusta punizione attende certo coloro che, ora che il Cristo costruisce la Chiesa, si disinteressano della salvezza. Tra Noè e Cristo v'è tanta differenza quanta ve n'è tra un servo e il suo padrone, anzi fra Dio e l'uomo, dato che servo e padrone si possono dire anche due uomini. Tuttavia quando era un uomo a costruire l'arca, coloro che non gli prestarono fede furono puniti in modo che servisse da ammonimento ai posteri. Ma ora a costruire la Chiesa attende Cristo, Dio che si è fatto uomo per noi: a fondamento dell'arca egli ha posto se stesso, e ogni giorno entrano a formare la compagine dell'arca, come assi che non imputridiscono, uomini fedeli che rinunciano alla vita di questo mondo. Come dunque si può ancora dire: Mangiamo e beviamo perché domani moriremo 47? Contrapponetevi a costoro, come già ho detto, dicendo: Digiuniamo e preghiamo perché domani moriremo. Costoro invitano a mangiare e bere perché non hanno speranza nella risurrezione, noi invece che crediamo e proclamiamo la risurrezione annunciata dai profeti, rivelata da Cristo e dagli Apostoli, e che abbiamo speranza di vivere dopo questa morte, dobbiamo perseverare, non gravare il nostro animo con dissipazioni e ubriachezze, ma essere vigilanti con le cinture ai fianchi e le lampade accese, nell'attesa del ritorno del nostro Signore. Digiuniamo e preghiamo non perché domani moriremo, ma per morire sereni. Quello che ancora dovrei trattare, fratelli, richiedetemelo, in nome del Signore, un'altra volta. Rivolti ora al Signore, ecc.
1 - 1 Cor 15, 32; Cf. Is 22, 13.
2 - 1 Cor 14, 14.
3 - 1 Cor 14, 13.
4 - 1 Cor 15, 32.
5 - 1 Cor 15, 33.
6 - 2 Cor 11, 3.
7 - 1 Cor 15, 32.
8 - Sal 145, 4.
9 - Sir 30, 18.
10 - Tb 4, 18.
11 - Rm 1, 17.
12 - 1 Cor 15, 32.
13 - Cf. Mt 8, 24-26.
14 - Ef 3, 17.
15 - Cf. Rm 6, 9.
16 - 1 Cor 15, 32.
17 - Gv 12, 24.
18 - 1 Cor 9, 24.
19 - Rm 4, 25.
20 - Gv 20, 24-29.
21 - At 9, 4.
22 - At 9, 1.
23 - 1 Cor 12, 26.
24 - At 9, 4.
25 - 1 Cor 15, 33. 32.
26 - Sal 111, 10.
27 - Cf. Mt 8, 24-26.
28 - Cf. Sap 7, 27.
29 - Cf. Sap 8, 1.
30 - Fil 2, 6-7.
31 - Gv 1, 1.
32 - Sal 17, 30.
33 - Cf. Gn 27, 16.
34 - Gv 10, 18.
35 - 1 Cor 15, 22.
36 - Sal 68, 5.
37 - Gv 14, 30-31.
38 - Cf. Sal 18, 6.
39 - Cf. Rm 8, 3.
40 - Fil 2, 7. 8.
41 - 1 Cor 15, 32.
42 - Lc 17, 27.
43 - Lc 21, 34.
44 - Lc 12, 35-36.
45 - Cf. Gn 6.
46 - Cf. Gio 3.
47 - 1 Cor 15, 32.
Parte 1
Quaderno II - Santa Faustina Kowalska
Leggilo nella Biblioteca G.M.G.
Canterò in eterno la Misericordia del Signore Di fronte a
tutto il popolo, Poiché questo è il più grande attributo dì Dio, E
per noi un miracolo continuo. Scaturisci dalla Trinità Divina, Ma da
un unico amorevole grembo; La Misericordia del Signore apparirà
all'anima, In tutta la sua grandezza, quando cadrà il velo. Dalla
sorgente della Tua Misericordia, o Signore, Sgorga ogni felicità e
vita, Perciò voi creature tutte ed elementi Cantate in estasi l'inno
della Misericordia. Le viscere della Misericordia di Dio sono state
aperte per noi Dalla vita di Gesù morto sulla Croce, Non dovresti
perciò dubitare né disperare, o peccatore, Ma confidare nella
Misericordia, poiché anche tu puoi diventare santo. Due sorgenti in
forma di raggi sono scaturite Dal Cuore di Gesù, Non per gli Angeli,
né per i Cherubini o i Serafini, Ma per la salvezza dei peccatori.
G.M.G. O VOLONTÀ DI DIO, SII IL MIO AMORE. O mio Gesù,
Tu sai che non avrei scritto nemmeno una lettera dell'alfabeto dì
mia iniziativa, e se scrivo lo faccio soltanto per un ordine preciso
della santa obbedienza.
DIO E ANIME. Sr. M. Faustina, del Santissimo Sacramento
O Gesù, o Dio nascosto, Il mio cuore Ti sente, Benché Ti coprano i veli. Tu sai che Ti amo.
Wilno, 24.XI.1935 G.M.G. Secondo Fascicolo. Dio SIA ADORATO.
O SS.ma Trinità, in cui è racchiusa la vita interiore di Dio Padre,
Figlio e Spirito Santo, o gioia eterna, inimmaginabile abisso
d'amore, che ti espandi su tutte le creature e le rendi felici,
onore e gloria al Tuo Nome per i secoli dei secoli. Amen. Quando
vengo a conoscere la Tua grandezza e la Tua bellezza, o mio Dio,
gioisco indicibilmente per il fatto che il Signore, al quale servo, è
tanto grande. Con amore e con gioia faccio la Sua santa volontà e
quanto più Lo conosco, tanto più ardentemente desidero amarLo. Ardo
dal desiderio di amarLo sempre più.
Il 14. In questo giovedì, mentre si faceva l'adorazione
notturna, sin dall 'inizio non mi è stato possibile pregare. Una
strana aridità si era impadronita di me, non riuscivo a riflettere
sulla dolorosa Passione di Gesù. Allora mi stesi sui pavimento a
forma di croce ed offrii la dolorosa Passione di Gesù al Padre
Celeste in riparazione dei peccati del mondo intero. Quando mi alzai
da terra dopo quella preghiera andai al mio inginocchiatoio, ad un
tratto vidi Gesù li vicino. Gesù aveva l'aspetto uguale a quello che
aveva durante la flagellazione. Teneva nelle mani una veste bianca,
che mi fece indossare, ed un cordone col quale mi cinse i fianchi e
mi copri con un manto rosso, tale e quale a quello con cui fu
coperto Lui durante la Passione, ed un velo dello stesso colore e mi
disse: « Tu e le tue compagne avrete un abito così. La Mia
vita, dalla nascita alla morte sulla Croce, sarà la vostra regola.
Specchiati su di Me e vivi secondo questo modello; desidero che tu
penetri più a fondo nel Mio spirito e tenga presente che sono mite
ed umile di Cuore ». Una volta avvertii nell'anima una
sollecitazione a mettermi all'opera ed a compiere tutto ciò che Dio
esigeva da me. Entrai un momento in cappella ed udii questa voce
nell'anima: « Perché hai paura? Pensi forse che Mi manchi l'onnipotenza e non possa venirti in aiuto?».
Ed in quell'istante avvertii nell'anima una forza singolare e nulla mi
sembravano tutte le contrarietà che mi potevano capitare
nell'adempimento della volontà di Dio. Venerdì, durante la S. Messa,
quando la mia anima era inondata dalla felicità di Dio, sentii
nell'anima queste parole: « La Mia Misericordia è giunta
alle anime attraverso il Cuore divino e umano di Gesù, come un raggio
di sole attraverso un cristallo». Sentii nell'anima e
compresi che ogni avvicinamento a Dio ci viene concesso per Gesù, in
Lui e per Lui. Un giorno in cui terminò la novena a Ostia Brama,
verso sera, dopo che erano state cantate le litanie, un sacerdote
portò il Santissimo Sacramento nell'ostensorio. Quando lo posò
sull'altare, vidi subito il Bambino Gesù, che allungava le Sue braccine
verso Sua Madre, che allora aveva l'aspetto vivo. Quando la Madonna
parlava con me, Gesù allungava le braccine verso il popolo lì
riunito. La Madre Santissima mi disse dì accettare tutte le
richieste di Dio come una bambina senza indagare minimamente; in
caso contrario la cosa non sarebbe piaciuta a Dio. In quell'istante
scomparve il Bambino Gesù e la Madonna perse l'aspetto vivo e l'immagine
del santuario rimase come era prima. La mia anima allora venne
inondata da una gioia ed un'esultanza grande e dissi al Signore: «
Fa' di me quello che ti piace; sono pronta a tutto. Ma Tu, Signore,
non allontanarTi da me nemmeno un istante ».
G.M.G. IN ONORE DELLA SANTA TRINITA’.
Pregai la Madre
Superiora di autorizzarmi a digiunare per quaranta giorni, prendendo
una fetta di pane ed un bicchiere d'acqua al giorno. Ma la Madre
Superiora non mi diede il permesso per quaranta giorni, ma solo per
sette giorni, uniformandosi al parere del confessore. «Non posso
esonerarla del tutto dagli impegni, e ciò per riguardo verso le altre
suore che potrebbero obiettare qualche cosa. Sorella, io le do il
permesso, quando è possibile, di dedicarsi alla preghiera o di
prendere nota di alcune cose, ma per quanto concerne il digiuno non
riesco ad escogitare nulla ». Poi aggiunse: « Adesso vada, sorella,
può darsi che mi venga qualche idea ». La domenica mattina compresi
interiormente che, quando la Madre Superiora mi aveva destinata in
portineria durante i pasti, pensava di potermi dare la possibilità
di digiunare. Al mattino non andai a colazione, ma poco dopo mi recai
dalla Madre Superiora e le dissi: « Dato che ho servizio alla porta,
mi sarà molto facile evitare di essere notata ». E la Madre
Superiora mi rispose: « Quando l'ho messa in tabella, pensavo
proprio a questo ». Adesso capisco perché avevo avuto interiormente
lo stesso pensiero.
24.XI.1935.
Domenica, primo giorno. Andai
subito davanti al Santissimo Sacramento e mi offrii insieme a Gesù,
che è nel SS.mo Sacramento, all'Eterno Padre. E subito udii
nell'anima queste parole: «Lo scopo tuo e delle tue compagne è
quello di unirti a Me nella maniera più stretta per mezzo
dell'amore. Concilierai la terra col cielo, mitigherai la giusta
collera di Dio ed impetrerai la Misericordia per il mondo. Affido
alle tue cure due perle preziose per il Mio Cuore, che sono le
anime dei sacerdoti e le anime dei religiosi; per loro pregherai in
modo particolare; la loro forza dipenderà dal vostro annientamento. Le
preghiere, i digiuni, le mortificazioni, le fatiche e tutte le
sofferenze, le unirai alla preghiera, al digiuno, alla
mortificazione, alla fatica ed alla sofferenza Mia ed allora avranno
valore di fronte al Padre Mio». Dopo la santa Comunione vidi Gesù, che mi disse queste parole: «Oggi
penetra nello spirito della Mia povertà ed organizza tutto, in modo
che i più poveri non abbiano nulla da invidiarti. Non nei grandi
palazzi e negli splendidi arredamenti, ma in un cuore puro e umile
trovo la Mia compiacenza ». Quando restai sola, cominciai a
riflettere sullo spirito di povertà. Vedo chiaramente che Gesù non
aveva nulla, benché fosse il Padrone dell'universo. Nasce in una
mangiatoia presa in prestito; durante la vita fa del bene a tutti,
ma Egli stesso non ha dove posare il capo. E sulla croce vedo il
massimo della Sua povertà, poiché non ha nemmeno la veste su di Sé. O
Gesù, col solenne voto di povertà, desidero assomigliare a Te; la
povertà mi sarà madre. Come non si possiede nulla esternamente e non si
dispone di nulla come proprietari, così occorre non desiderare nulla
interiormente. Come è grande la Tua povertà nel Sant.mo Sacramento!
C'è mai stata un'anima così abbandonata come Te, o Gesù, sulla
croce?
La castità - questo voto, lo si capisce per se stesso - proibisce tutto ciò che è vietato dal sesto e dal nono comandamento di Dio, naturalmente azioni, pensieri, parole, sentimenti e... Comprendo che il voto solenne si differenzia dal voto semplice, lo comprendo in tutta la sua estensione. Mentre riflettevo su ciò, sentii nell'anima queste parole: “Sei la Mia sposa per l'eternità, la tua purezza dev'essere maggiore di quella degli angeli, poiché con nessun angelo ho rapporti di così stretta intimità come con te. La più piccola azione della Mia sposa ha un valore infinito; un'anima pura ha una potenza incalcolabile davanti a Dio”. L'obbedienza. « Sono venuto a fare la volontà del Padre Mio. Sono stato ubbidiente ai genitori, ubbidiente ai carnefici, sono ubbidiente ai sacerdoti ». Comprendo, Gesù, lo spirito dell'obbedìenza ed in che cosa consiste. Esso non riguarda solo l'esecuzione esteriore, ma interessa anche la mente, la volontà ed il giudizio. Dando ascolto ai superiori, obbediamo a Dio. Poco importa se sia un angelo od un uomo a comandarmi in nome dì Dio: io debbo essere sempre obbedìente. Non scriverò molto sui voti, poiché essi sono per sé chiari e basati sul concreto, mi accingo piuttosto a gettare uno sguardo generale su questa congregazione.
RIASSUNTO GENERALE.
Non ci saranno mai case sfarzose, ma una modesta chiesetta e presso questa una piccola comunità, un piccolo gruppetto di anime, che sarà composto di non più di dìeci elementi, oltre ad altri due che dovranno sbrigare le varie necessità della congregazione all'esterno e fare i vari servizi in chiesa. Non porteranno un abito, ma vestiranno come i laici. Avranno i voti, ma semplici e saranno strettamente sottomesse alla superiora, che starà dìetro la grata. Avranno parte a tutti i beni spirituali della congregazione, ma non ce ne potrà essere mai più di due, preferibilmente una. Ogni casa sarà indipendente dall'altra, tuttavia per la regola, i voti e lo spirlto saranno unite fra dì loro nel modo più stretto. In casi eccezionali però si potrà inviare una suora da una casa all'altra, come è possibile e, per la fondazione di una nuova casa, prendere alcune religiose, se è necessario. Ogni casa sarà soggetta all'Ordinario del luogo. Ogni religiosa abiterà in una cella a parte, tuttavia la vita si svolgerà in comune, si riuniranno assieme per la preghiera, per i pasti e la ricreazione. Ogni religiosa che emette la professione, non vedrà più il mondo, nemmeno attraverso la grata, che verrà ostruita da un panno scuro, ed anche i colloqui saranno strettamente limitati. Sarà come una persona morta, che il mondo non comprende e che non comprende il mondo. Deve interporsi fra la terra e il cielo ed implorare incessantemente da Dio Misericordia per il mondo e forza per i sacerdoti, affinché le loro parole non risuonino invano ed affinché essi stessi riescano a mantenersi nella loro inconcepibile dignità - sebbene così esposti - senza alcuna macchia... Non importa se di queste anime ce ne saranno poche, ma saranno anime eroiche.
Per le anime pusillanimi e deboli non ci sarà posto. Fra di loro non ci sarà alcuna divisione in cori, né si divideranno in madri e mammine, né in reverende e reverendissime, ma saranno tutte uguali fra loro, anche se all'origine c'era fra loro una grande differenza. Sappiamo chi era Gesù e come si è umiliato e con chi ha avuto rapporti. Porteranno una veste uguale a quella che Egli ha portato durante la Passione, e non solo la veste, I ma dovranno imprimere su di sé le impronte per le quali Egli si distinse, e queste sono: la sofferenza ed il disprezzo. Ognuna dovrà tendere al massimo rinnegamento del proprio io e ad amare l'umiltà, e quella che si distinguerà maggiormente in questa virtù, sarà idonea a dirigere le altre. Dato che il Signore ci ha fatte compagne della Sua Misericordia, anzi di più, dispensatrici, dobbiamo avere un grande amore per ogni anima, a cominciare dalle anime elette fino alle anime che ancora non conoscono Dio. Con la preghiera e la mortificazione giungeremo fino ai paesi selvaggi, aprendo la strada ai missionari. Ricorderemo che il missionario è come il soldato al fronte, che non può resistere a lungo se non è sostenuto da forza esterna che non partecipa direttamente alla battaglia, ma gli fornisce tutto ciò di cui ha bisogno. Questo è rappresentato dalla preghiera. Ognuna pertanto deve distinguersi per spirito di apostolato. Mentre questa sera stavo scrivendo nella mia cella, ho udito questa voce: « Non uscire da questa congregazione, abbi pietà di te stessa. Ti attendono grandi sofferenze ». Mi sono girata in direzione della voce, ma non ho visto nulla ed ho continuato a scrivere. Ad un tratto ho avvertito un sussurro e queste parole: « Appena esci, ti distruggeremo. Non ci tormentare ».
Quando ho guardato, ho visto molti brutti ceffi, ma appena ho fatto col pensiero il segno della croce, sono spariti tutti immediatamente. Quanto è orribilmente brutto satana! Povere le anime dannate, che debbono vivere in sua compagnia; la sola sua vista è più ripugnante di tutte le pene dell'inferno. Dopo un momento ho udito questa voce nell'anima: « Non aver paura di nalla, non ti capiterà niente se Io non voglio ». Dopo queste parole del Signore, una forza misteriosa è entrata nella mia anima e gioisco immensamente della bontà di Dio. Il postulato. Età richiesta per essere accolta. Ogni persona dai quindici ai trent'anni può essere accolta. In primo luogo bisogna badare allo spirito dal quale è animata una data persona ed al carattere e vedere se ha una volontà decisa ed il coraggio di seguire le orme di Gesù e questo con gioia ed esultanza, poiché Dio ama chi dà gioiosamente. Deve disprezzare il mondo e se stessa. La mancanza della dote non sarà mai motivo di mancata accettazione. Ci devono essere naturalmente tutte le formalità; non accogliere quando ci sono situazioni imbrogliate. Inoltre non possono essere accolte persone melanconiche, propense alla tristezza, con malattie infettive, caratteri ambigui, sospettosi, inadatti alla vita religiosa. Bisogna fare grande attenzione nella scelta dei membri, poiché basta una persona inadatta per mettere in subbuglio tutto un convento.
La durata del postulato. il postulato durerà un anno. un quel periodo una data persona dovrebbe vedere se quel tipo di vita le piace e se è adatto o meno a lei e nello stesso tempo la maestra deve controllare attentamente se quella data persona è adatta o meno a quel sistema di vita. Dopo un anno, se risulta che ha buona volontà ed un sincero desiderio dì servire il Signore, bisogna accoglierla in noviziato. Il noviziato deve durare un anno senza alcuna interruzione. Le novizie devono essere istruite sulle virtù che riguardano i voti e sull'importanza dei voti stessi. La maestra deve mettere ogni impegno nel dar loro una solida formazione. Le eserciti nell'umiltà, poiché solo un cuore umile osserva con facilità i voti e prova grandi gioie che Dio elargisce alle anime fedeli. Non avranno l'impegno di un lavoro di responsabilità, in modo che possano dedìcarsi liberamente al proprio perfezionamento. Sono rigorosamente tenute ad osservare le regole e le norme in vigore, come del resto le postulanti. Dopo un anno di noviziato, se la novizia si è mostrata fedele, si può ammetterla a pronunciare i voti per un anno; questi devono essere ripetuti per tre anni. Allora può già avere incarichi di responsabilità, ma apparterrà al noviziato ed una volta alla settimana deve partecipare alle lezioni assieme alle novizie e gli ultimi sei mesi li passerà del tutto in noviziato, per prepararsi bene alla professione solenne. Per quel che riguarda il vitto, non faremo uso di carne. il vitto sarà tale che anche per questo i poveri non abbiano nulla da invidiarci. Tuttavia nei giorni di festa ci potrà essere qualche differenza rispetto ai giorni normali.
Ci saranno tre pasti al giorno; osserveremo rigorosamente i digiuni nello spirito primitivo e soprattutto i due grandi digiuni. Il vitto sia identico per turte le suore, escludendo qualsiasi eccezione, in modo che la vita comunitaria sia osservata in tutta la sua integrità, sia per il vitto che per il vestiario, come per l'arredamento della cella. Però se qualche suora si ammala, dovrà avere ogni miglior trattamento. Per quanto riguarda la preghiera. Un'ora dì meditazione, santa Messa e santa Comunione, le preghiere, due esami di coscienza, l'ulficio, il rosario, la lettura spirituale, un'ora dì preghiera durante la notte. Per quanto riguarda l'ordine del giorno e l'orario, si può far meglio quando cominceremo a vivere secondo questo sistema. Ad un tratto udii nell'anima queste parole: « Ti assicuro una entrata fissa con la quale vivrai. L'impegno tuo è una totale fiducia nella Mia bontà, il Mio impegno è quello di darti tutto ciò di cui hai bisogno. Divento Io stesso dipendente dalla tua fiducia; se la tua fiducia sarà grande, la Mia generosità non conoscerà limiti ». Sul lavoro. Come persone povere, eseguiranno da sole tutti i lavori che si debbono fare in convento.
Ognuna deve rallegrarsi se le capita un lavoro umiliante o contrario alla sua natura, poiché le sarà d'aiuto per la propria formazione interiore. La superiora cambierà spesso le mansioni delle suore ed in questo modo le aiuterà a staccarsi completamente da quelle minuzie, alle quali le donne hanno una particolare tendenza ad affezionarsi. In verità qualche volta mi vien da ridere quando vedo coi miei occhi delle anime, che hanno lasciato cose veramente grandi, attaccarsi a delle cianfiusaglie che non valgono nulla. Ogni suora starà per un mese in cucina, non escludendo nemmeno la superiora. Provino tutte qualsiasi fatica può capitare in convento, abbiano tutte sempre retta intenzione in tutto, poiché al Signore le situazioni poco chiare non piacciono affatto. Si accusino esse stesse delle mancanze esterne e chiedano la penitenza alla superiora; lo facciano in spirito di umiltà. Si amino vicendevolmente di un amore superiore, di un amore puro, vedendo in ogni consorella l'immagine dì Dio. La caratteristica particolare di questa piccola congregazione è l'amore, e qui non restringano il proprio cuore, ma vi racchiudano il mondo intero, dando concreta testimonianza ad ogni anima per mezzo della preghiera secondo la propria vocazione. Se secondo questo spirito saremo misericordiose, anche noi troveremo Misericordia. Ognuna dovrebbe avere un grande amore per la Chiesa. Come una brava figlia che ama la Madre prega per lei, così ogni anima cristiana deve pregare per la Chiesa, che per lei è Madre. E che dire poi di noi religiose, che ci siamo impegnate in modo particolare a pregare per la Chiesa? Quanto è grande dunque il nostro apostolato, sebbene sia così nascosto.
Queste piccole cose quotidiane saranno deposte ai piedi di Gesù come un'offerta di implorazione per il mondo. Ma, affinché l'offerta sia gradita a Dio, deve essere pura e affinché l'offerta sia pura, il cuore deve liberarsi da ogni attaccamento naturale ed indirizzare tutti i sentimenti verso il proprio Creatore, amando in Lui tutte le creature, secondo la Sua santa volontà. E se ognuna si comporta così, in spirito di fervore, apporterà gioia alla Chiesa. Oltre ai voti vedo una regola importantissima, sebbene tutte siano importanti; metto tuttavia questa al primo posto, ed è la regola del silenzio. Per la verità, se questa regola venisse osservata rigorosamente, sarei tranquilla anche per le altre. Le donne hanno una grande propensione a parlare. In verità lo Spirito Santo non parla alle anime distratte e ciarliere, ma per mezzo delle sue tacite ispirazioni parla alle anime raccolte, alle anime silenziose. Se venisse osservato scrupolosamente il silenzio, non ci sarebbero mormorazioni, amarezze, maldicenze, chiacchiere, non verrebbe maltrattato l'amore del prossimo, in una parola molte mancanze verrebbero evitate. Una bocca silenziosa è oro puro e dà testimonianza della santità interiore. Ma ora desidero parlare subito della seconda regola, cioè del « parlare ». Tacere quando si deve parlare è un'imperfezione e talvolta anche un peccato. E perciò tutte devono partecipare alla ricreazione, e la superiora non esoneri le suore dalla ricreazione, se non per un motivo molto importante.
La ricreazione sia allegra nello spirito di Dio. Durante la ricreazione c'è la possibilità di conoscersi a vicenda; ognuna esprima la propria opinione con semplicità per l'edificazione delle altre, e non per una qualche superiorità, oppure, Dio ne scampi, per bisticciare. Ciò sarebbe contrario alla perfezione ed allo spirito della nostra vocazione che deve distinguersi per l'amore. Due volte al giorno ci sarà una ricreazione di mezz'ora. Se qualche suora ha infranto il silenzio è tenuta ad accusarsi subito alla superiora ed a chiedere la penitenza; e la superiora per tale mancanza dia una penitenza pubblica, poiché se si comporterà diversamente, dovrà rispondere essa stessa davanti al Signore. Sulla clausura. Nei locali delimitati dalla clausura non potrà entrare nessuno, senza una speciale autorizzazione dell'Ordinario e ciò in casi eccezionali, come l'amministrazione dei sacramenti alle ammalate o l'assistenza e la preparazione alla morte o in occasione di funerali. Può capitare anche l'assoluta necessità dì fare entrare dentro la clausura qualche operaio per riparazioni da fare nel convento, ad ogni modo occorre ottenere prima una chiara autorizzazione.
La porta che conduce dentro la clausura deve essere sempre chiusa e la chiave deve averla solo la superiora. Dell'andata in parlatorio. Nessuna suora può andare in parlatorio senza un permesso speciale della superiora e la superiora non deve concedere permessi per andare di frequente in parlatorio. Coloro che sono morte per il mondo, non devono ritornarvi nemmeno con colloqui, ma se la superiora ritiene opportuno che una suora vada in parlatorio, si attenga alle seguenti norme: accompagni essa stessa quella suora, e se non può, incarichi una sua sostituta, la quale è obbligata alla discrezione e non riferirà quello che ha ascoltato in parlatorio, ma informerà dì tutto la superiora. I colloqui devono essere brevi, a meno che un riguardo per la persona non li prolunghi un po', ad ogni modo non deve mai venire scostato il panno della grata, se non in casi eccezionali, come può capitare in seguito ad una insistente richiesta del padre o della madre. Delle lettere. Ogni suora può inviare lettere siggillate all'Ordinario dal quale dipende la casa. All'infuori di ciò, per ogni lettera chiederanno il permesso e la consegneranno aperta alla superiora, e la superiora deve regolarsi con spirito d'amore e con prudenza. Essa ha il diritto d'inviarla o di trattenerla, secondo quello che sarà per la maggior gloria di Dio, ma desidererei tanto che questi scritti ci fossero il più raramente possibile.
Aiutiamo le anime con la preghiera e la mortificazione e non con gli scritti. Sulla confessione. I confessori per la comunità, sia quello ordinario, che quello straordinario, li assegna il Vescovo. Ci sarà un confessore ordinario che ascolterà le confessioni di tutta la comunità una volta la settimana. Il confessore straordinario verrà ogni tre mesi ed ogni suora è tenuta a presentarsi a lui, anche se non intende fare una vera confessione. Sia il confessore ordinario che quello straordinario non rimarranno in carica oltre i tre anni. Alla fine del triennio ci sarà una votazione segreta ed in base a questa la superiora sottoporrà la richiesta delle suore all'Ordinario. Ad ogni modo il confessore può essere confermato per un secondo ed anche per un terzo triennio. Le religiose si confesseranno vicino alla grata chiusa. Anche le conferenze che verranno tenute alla comunità, si svolgeranno attraverso la grata coperta da un panno scuro. Le suore non parleranno mai fra di loro della confessione e dei confessori; preghino piuttosto per loro, affinché Dio li illumini nel dirigere le loro anime. Della santa Comunione.
Le suore non parlino del fatto che una si accosta più di rado e un'altra più spesso alla santa Comunione. Si astengano dall'emettere giudizi su questa materia, su cui non hanno diritto di parlare. Ogni giudizio in merito appartiene esclusivamente al confessore. La Superiora può interrogare una data suora, però non al fine di conoscere il motivo per cui non si accosta alla santa Comunione, ma allo scopo di facilitarle la confessione. Le superiore non si azzardino ad entrare nell'ambito della coscienza delle suore. La superiora può disporre che qualche volta la comunità offra la Comunione per una determinata intenzione. Ogni suora deve preoccuparsi della massima purezza dell'anima, in modo da poter accogliere ogni giorno l'Ospite divino. Una volta che ero entrata in cappella, vidi i muri di una casa mezzo scombinata: le finestre erano prive dì vetri, la porta non era ultimata, c'era solo l'intelaiatura. Tutto ad un tratto sentii nell'anima queste parole: « Qui deve stare quel convento ». Per la verità non mi piacque molto che dovesse sorgere li, fra quelle rovine. Giovedì. Mi sono sentita molto sollecitata a dare inizio al più presto all'opera, secondo il desiderio del Signore.
Quando mi sono accostata alla santa confessione, ho anteposto una mia opinione all'opinione del confessore. In un primo momento non mi sono resa conto della cosa, ma mentre facevo l'ora santa ho visto Gesù/ nell'aspetto che ha nell'immagine, il quale mi ha detto che tutto ciò di cui parla con me e quello che mi chiede, debbo comunicarlo al confessore ed alle superiore. « E fa' soltanto quello per cui ottieni il permesso ». E Gesù mi ha fatto conoscere quanto poco Gli piaccia un'anima che agisce di proprio arbitrio. In quell'anima ho riconosciuto me stessa. Ho scorto in me quest'ombra dì spirito arbitrario, mi sono gettata nella polvere davanti alla Sua Maestà e col cuore spezzato Gli ho chiesto perdono. Gesù però non ha permesso che rimanessi a lungo in quello stato d'animo, ma un Suo sguardo divino ha riempito la mia anima dì una gioia così grande, che non ho parole per esprimerla. Gesù poi mi ha fatto sapere che debbo interrogarlo di più e consigliarmi con Lui. In verità quanto è dolce lo sguardo del mio Signore, il Suo occhio penetra nella mia anima fin negli angoli più segreti; c'è intesa fra il mio spirito e Dio senza pronunciare nemmeno una parola, sento che Egli vive in me e io in Lui. All'improvviso vidi quell'immagine in una piccola cappellina sconosciuta e vidi che quella cappellina in un attimo divenne una chiesa grande e bella e in quella chiesa vidi la Madonna col Bambino in braccio.
Ad un tratto il Bambino scomparve dalle braccia della Madonna e vidi l'immagine viva di Gesù crocifisso. La Madonna mi disse di comportarmi come Lui, che, nonostante le gioie, aveva sempre guardato intensamente la croce ed aggiunse che le grazie che Iddio mi concedeva non erano soltanto per me, ma anche per le altre anime. il Bambino Gesù che vedo durante la santa Messa, non è sempre identico; talvolta è molto esultante e altre volte non guarda affatto verso la cappella. Ora il più delle volte è lieto, quando celebra la santa Messa il nostro confessore. Sono rimasta enormemente stupita nel vedere quanto lo ami il Bambino Gesù. Qualche volta lo vedo con la fascia colorata. Prima di venire a Wilno e prima di conoscere questo confessore, avevo visto una volta una chiesa non grande e accanto ad essa questa comunità. Quel convento aveva dodici celle, ogni religiosa doveva avere la sua cella a parte. Vidi un sacerdote che mi aiutava nella sistemazione di quel convento e che poi conobbi alcuni anni dopo, ma l'avevo già conosciuto in visione. Vidi come sistemava tutto con grande dedizione in quel convento ed era aiutato anche da un altro sacerdote, che finora non ho conosciuto. Vidi la grata di ferro, dietro la quale c'era un panno scuro. In quella chiesa le suore non andavano. il giorno dell'Immacolata Concezione della Madonna, durante la santa Messa, sentii un fruscio di vesti e vidi la Madre Santissima risplendente e di una bellezza straordinaria. Aveva una veste bianca con una sciarpa azzurra e mi disse: « Mi dai una grande gioia quando adori la SS.ma Trinità per le grazie ed i privilegi che mi ha concesso ».
E scomparve subito. Delle penitenze e delle mortificazioni. Al primo posto ci sono le mortificazioni interiori, ma praticheremo anche mortificazioni esteriori, esattamente indicate in modo che tutte possano praticarle. Esse sono: tre giorni alla settimana faremo digiuno stretto. I giorni sono: venerdì, sabato e mercoledì. Ogni venerdì, per il tempo necessario a recitare il salmo 50, il Miserere, si sottoporranno alla disciplina, tutte alla stessa ora, nelle proprie celle. L'ora indicata, le tre del pomeriggio, l'offriranno per i peccatori che stanno per morire. Durante i due grandi digiuni come nei giorni del trimestre nelle vigilie, il vitto sarà questo: durante il giorno un pezzo di pane ed un po' d'acqua. Ciascuna procuri di praticare queste mortificazioni, che sono prescritte per tutte, ma se qualche suora desidera qualche cosa dì più, chieda il permesso alla superiora. Ed ecco un'altra mortificazione generale: a nessuna suora è permesso entrare nella cella dì un'altra, senza un permesso speciale della superiora; la superiora invece deve entrare talvolta anche inaspettatamente nelle celle delle suore, non per una qualche forma di spionaggio, ma in spirito d'amore e per la responsabilità che ha davanti a Dio. Nessuna chiuderà nulla a chiave; la regola sarà la chiave generale per tutte. Un giorno, dopo la santa Comunione, vidi all'improvviso il Bambino Gesù che era accanto al mio inginocchiatoio e si reggeva all'inginocchiatoio con entrambe le manine.
Benché fosse presente come un Bambino piccolo, la mia anima fu presa da timore e da paura, poiché vedevo in Lui il mio Giudice, il mio Signore e Creatore, davanti alla cui santità tremano gli angeli, e dall'altra parte la mia anima veniva inondata da un amore ineffabile, sotto l'influsso del quale mi sembrava di morire. Vedo ora che Gesù prima fortifica la mia anima e poi la rende idonea a trattare familiarmente con Sé, poiché diversamente non potrei sopportare quello che provo in quel momento. Il comportamento delle suore verso la superiora. Tutte le suore rispettino la superiora come Gesù stesso, come ho ricordato parlando del voto dell'obbedienza; trattino con lei con fiducia infantile, non mormorino mai, non disapprovino i suoi ordini, poiché questo non piace affatto al Signore. Ognuna si comporti con spirito dì fede nei confronti delle superiore, chieda con semplicità tutto quello di cui ha bisogno.
Dio ce ne guardi e non si ripeta mai, anzi non avvenga mai, che qualcuna di voi debba essere motivo di tristezza o di lacrime per la superiora. Ognuna sappia che, come il quarto comandamento obbliga i figli a rispettare i genitori, lo stesso è per una religiosa verso la superiora. Non è una buona religiosa quella che si permette e osa giudicare la superiora. Siano sincere con la superiora e le parlino con semplicità infantile di tutto e delle loro necessità. Le suore si rivolgeranno alla loro superiora in questi termini: « La prego, suora superiora ». Non le baceranno mai la mano ed ogni volta che l'incontreranno lungo i corridoi, come pure quando andranno nella cella della superiora, diranno: « Sia lodato Gesù Cristo », facendo un lieve inchino col capo. Le suore fra di loro diranno: «La prego suor... » aggiungendo il nome. Nei confronti della superiora si comportino con spirito di fede e non con sentimentalismi oppure con adulazione, cosa indegna di una religiosa e che la degraderebbe molto. Una religiosa dev'essere libera come una regina e lo sarà se vivrà con spirito di fede. Non dobbiamo ascoltare e rispettare la superiora perché è buona, santa, prudente, no, non per questo, ma soltanto perché per me occupa il posto di Dio ed ascoltando lei, obbedisco a Dio stesso. il comportamento della superiora verso le suore. La superiora deve distinguersi per l'umiltà e per l'amore verso ciascuna suora, senza alcuna eccezione.
Non si regoli sulla base della simpatia o dell'antipatia, ma secondo lo spirito dì Cristo. Sappia che Iddio le chiederà conto di ogni suora. Non faccia prediche alle suore, ma dia l'esempio di una profonda umiltà e di rinnegamento di sé e questo sarà l'insegnamento più efficace per le suddite. Sia risoluta, però mai aspra, abbia pazienza se la importunano con le stesse identiche domande, anche se dovesse ripetere cento volte la stessa cosa, ma sempre con la medesima calma. Cerchi di rendersi conto delle necessità delle suore e non aspetti che le vengano a chiedere questo o quello, poiché è differente l'indole delle anime. Se s'accorge che qualche suora è triste oppure sofferente, cerchi di aiutarla in tutti i modi e di confortarla; preghi molto e chieda lumi per sapersi comportare con ognuna di loro, poiché ogni anima è un mondo diverso. Iddio ha diversi modi di trattare con le anime, che talvolta per noi sono incomprensibilì ed inconcepibili, perciò la superiora sia prudente per non danneggiare l'azione di Dio in qualche anima. Non richiami mai le suore quando è nervosa, inoltre i rimproveri debbono essere sempre accompagnati da parole d'incoraggiamento.
Occorre far capire ad un'anima che deve riconoscere il proprio errore, ma non bisogna abbatterla. La superiora deve dìstinguersi per l'amore concreto verso le suore; prenda ogni difficoltà sulle proprie spalle; per alleggerire gli impegni alle suore, non pretenda alcun servizio da parte delle suore, le rispetti come spose di Gesù e sia sempre pronta a servirle sia dì giorno che di notte; sia più propensa a pregare che a comandare. Abbia un cuore sensibile per le sofferenze delle suore ed essa stessa studi e si concentri su di un libro aperto, Gesù Crocifisso. Preghi sempre fervorosamente per impetrare luce, e soprattutto quando ha qualcosa d'importante da decidere con qualche suora. Si guardi bene dall'entrare nell'ambito delle loro coscienze, poiché in questo campo ha la grazia solo il sacerdote; ma può capitare che qualche anima senta il bisogno di confidarsi con la superiora. La superiora quindi può ricevere le confidenze dì un'anima, ma non dimentichi il segreto, poiché nulla disgusta maggiormente un ‘anima del fatto che si dica ad altri ciò che essa ha detto in fiducia, cioè in segreto. Le donne hanno sempre la testa debole a questo riguardo; di rado s'incontra una donna che abbia la mente di un uomo. Procuri di essere profondamente unita a Dio e Dio governerà tramite lei, la Madonna sarà la superiora di quel convento e noi saremo le Sue figlie fedeli.
15.XII.33.
Oggi, dal primo mattino, una forza misteriosa mi spinge ad agire, non mi dà pace nemmeno per un minuto; un ardore misterioso si è acceso nel mio cuore che mi spinge all'azione, non riesco a contenerlo, è un martirio silenzioso noto soltanto a Dio. Faccia di me quello che Gli piace, il mio cuore è pronto a tutto. O Gesù, o mio carissimo Maestro, non allontanarTi da me nemmeno per un istante. Gesù, Tu lo sai bene quanto io sono debole da sola, pertanto la mia debolezza Ti obbliga a rimanere sempre con me. Una volta ho visto Gesù con una veste chiara. Fu nella serra. «Scrivi quello che ti dirò: Per Me è una delizia unirMi a te; attendo con un grande desiderio e non vedo l'ora che giunga il momento in cui abiterò sacramentalmente nel tuo convento. Il Mio Spirito riposerà in quel convento; benedirò in modo particolare i dintorni dove il convento si troverà. Per amore verso di voi allontanerò tutti i castighi che vengono equamente inflitti dalla giustizia del Padre Mio. Figlia Mia, il Mio Cuore si è piegato alle tue suppliche; il tuo compito ed impegno qui sulla terra è quello di impetrare la Misericordia per il mondo intero. Nessun'anima troverà giustificazione finché non si rivolgerà con fiducia alla Mia Misericordia e perciò la prima domenica dopo Pasqua dev'essere la festa della Misericordia ed i sacerdoti in quel giorno debbono parlare alle anime della Mia grande ed insondabile Misericordia. Ti nomino dispensatrice della Mia Misericordia. Dì al confessore che quest'immagine deve venire esposta in chiesa e non nel convento dentro la clausura. Attraverso questa immagine concederò molte grazie alle anime, perciò ogni anima deve poter accedere ad essa ». O Gesù mio, Verità eterna, non temo nulla, nessuna difficoltà, nessuna sofferenza; di una cosa soltanto ho paura, offendere Te. O Gesù mio, preferirei non esistere piuttosto che rattristarTi. O Gesù, Tu sai che il mio amore non conosce nessuno, soltanto Te, in Te è immersa l'anima mia. Quanto dovrebbe essere grande il fervore di ogni anima che vive in questo convento, se Iddio desidera abitare con noi. Ognuna ricordi che, se non siamo noi anime consacrate a supplicare Dio a concedere Misericordia, chi Lo supplicherà? Ogni suora arda come una pura vittima d'amore davanti alla Maestà di Dio, ma per essere gradita a Dio, si unisca strettamente a Gesù; soltanto con Lui, in Lui e per Lui, possiamo piacere a Dio.
21.XII.1935.
Una volta il confessore mi disse di andare a vedere una casa e controllare se era la stessa che avevo visto in visione. Quando andai col mio confessore a vedere quella casa, o meglio quelle macerie, a colpo d'occhio riconobbi che tutto era tale e quale l'avevo visto in visione. Quando toccai le tavole che erano inchiodate in sostituzione della porta, in quel preciso momento ebbi come un lampo, una forza penetrò nella mia anima dandomi la certezza assoluta; mi allontanai presto da quel luogo, con l'anima piena di gioia. Mi sembrava che una forza m'inchiodasse a quel luogo. Gioii enormemente avendo visto la piena corrispondenza dì quelle cose con quelle che avevo visto in visione. Quando il confessore parlò della sistemazione delle celle e di altre cose, conobbi tutto identico a come mi aveva detto Gesù. Sono oltremodo lieta che Iddio operi per mezzo di lui, ma non mi stupisco affatto per questo, che Iddio gli dia tanta luce, dato che in un cuore puro ed umile abita Iddio che è la luce stessa e tutte le sofferenze e le contrarietà esistono affinché sia manifestata la santità di un'anima. Quando tornai a casa, entrai subito nella nostra cappella, per riposare un momento ed all'improvviso udii nell'anima queste parole: « Non aver paura di nulla, Io sono con te; queste questioni sono nelle Mie mani e Io le realizzerò secondo la Mia Misericordia, e niente si può opporre alla Mia volontà ».
ANNO 1935. VIGILIA DI NATALE.
Fin dal mattino il mio spirito fu immerso in Dio. La Sua presenza mi penetrò da una parte all'altra. Verso sera, prima di cena, entrai un momento in cappella, per scambiare l'oplatek con coloro che sono lontano, che Gesù ama molto ed ai quali io debbo molta riconoscenza. Quando scambiai l'oplatek in spirito con una certa persona, udii nell'anima queste parole: « Il suo cuore per Me è il paradiso in terra». Quando uscii dalla cappella, in un attimo m'investì l'onnipotenza di Dio. Compresi allora quanto Dio ci ama. Oh, se le anime potessero rendersi conto di ciò e comprenderlo almeno in parte!
IL GIORNO DI NATALE.
La Messa di mezzanotte. Durante la santa Messa ho visto di nuovo il Bambino Gesù, straordinariamente bello, che allungava sorridendo le Sue manine verso di me. Dopo la santa Comunione ho sentito queste parole: « Io sono sempre nel tuo cuore, non solo nel momento in cui Mi accogli nella santa Comunione, ma sempre ». Ho vissuto queste feste in una grande gioia. O Santissima Trinità, Dio eterno, il mio spirito annega nella Tua bellezza; i secoli per Te sono nulla, Tu sei sempre lo stesso. Oh, quanto è grande la Tua Maestà! Gesù, quale è il motivo per cui nascondi la Tua Maestà, hai abbandonato il trono del cielo e dimori in mezzo a noi? Il Signore mi rispose: « Figlia Mia, l'amore Mi ha condotto qui e l'amore Mi trattiene. Figlia Mia, se sapessi che grande merito e ricompensa ha un atto di puro amore verso di Me, moriresti dalla gioia. Lo dico affinché ti unisca continuamente a Me per mezzo dell'amore, poiché questo è lo scopo della vita della tua anima; questo atto consiste in un atto di volontà. Sappi che un'anima pura è umile; quando ti umilii e ti annienti davanti alla Mia Maestà, allora t'inseguo con le Mie grazie, faccio uso della Mia onnipotenza per innalzarti ». Una volta che il confessore mi aveva dato per penitenza da recitare un «Gloria Patri », la cosa mi prese moltissimo tempo; ogni tanto cominciavo e non arrivavo a finire, poiché il mio spirito stava unendosi a Dio e non riuscivo ad esser presente a me stessa. Infatti certe volte, nonostante la mia volontà, vengo investita dall'onnipotenza di Dio e sono tutta immersa in Lui tramite l'amore, ed in quei casi non so quello che avviene attorno a me.
Quando dissi al confessore che quella breve preghiera mi prendeva talvolta moltissimo tempo e che certe volte non riuscivo a recitarla, il confessore mi disse di recitarla subito lì, nel confessionale. il mio spirito però era immerso in Dio e non riuscivo a pensare a quello che volevo, nonostante cercassi di sforzarmi. Allora il confessore mi disse: « La reciti con me ». Ripetei parola per parola, ma mentre ripetevo ogni parola, il mio spirito si immergeva nella Persona che avevo nominato. Una volta, parlando di un certo sacerdote, Gesù mi disse che questi anni sarebbero stati l'ornamento dei suoi anni di sacerdozio; i giorni della sofferenza sembrano sempre più lunghi, ma anch'essi passeranno, benché procedano così lentamente, che talvolta ci sembra che vadano quasi indietro, ma la loro fine verrà presto e poi ci sarà la gioia eterna ed inesprimibile. L'eternità... chi riesce a concepire ed a comprendere anche solo quest'unica parola che proviene da Te, o Dio ineffabile, cioè l'eternità? So che le grazie che mi concede Dio sono talvolta esclusivamente per certe anime. Questa consapevolezza mi dà una grande gioia, mi rallegro sempre del bene delle altre anime, come se lo possedessi io stessa. Una volta il Signore mi disse: « Mi feriscono di più le piccole imperfezioni delle anime elette, che i peccati delle anime che vivono nel mondo ».
Mi rattristai molto per il fatto che Gesù dovesse soffrire a causa delle anime elette, ma Gesù mi disse: « Non finisce con queste piccole imperfezioni, ti rivelo un segreto del Mio Cuore, quello che soffro da parte delle anime elette: l'ingratitudine per tante grazie è il nutrimento continuo per il Mio Cuore da parte delle anime elette. Il loro amore è tiepido, il Mio Cuore non può sopportarlo, queste anime Mi costringono a respingerle da Me. Altre non hanno fiducia nella Mia bontà e non vogliono mai gustare la dolce intimità nel proprio cuore, ma Mi cercano chissà dove, lontano, e non Mi trovano. Questa mancaaza di fiducia nella Mia bontà è quella che Mi ferisce maggionmente. Se la Mia morte non vi ha convinti del Mio amore, che cosa vi convincerà? Spesso un'anima Mi ferisce mortalmente e in tal caso nessuno Mi consola. Fanno uso delle Mie grazie per offenderMi. Ci sono delle anime che disprezzano le Mie grazie e tutte le dimostrazioni del Mio amore; non vogliono ascoltare i Miei richiami ma vanno nell'abisso infernale. La perdita di queste anime, Mi procura una tristezza mortale. In questo caso, benché sia Dio, non posso aiutare in nulla l'anima, poiché essa Mi disprezza; essendo libera Mi può disprezzare, oppure Mi può amare. Tu, dispensatrice della Mia Misericordia, parla a tutto il mondo della Mia bontà e così conforterai il Mio Cuore. Molte più cose ti dirò, quando parlerai con Me nel profondo del tuo cuore; lì nessuno può ostacolare la Mia azione, lì riposo come in un orto chiuso».
L'interno della mia anima è come un grande e magnifico mondo, in cui abita Iddio insieme a me. All'infuori di Dio nessun altro può accedervi. All'inizio di questa mia vita con Dio, ero oltremodo timorosa e cieca. il Suo bagliore mi aveva accecato e pensavo che Egli non fosse nel mio cuore, eppure erano momenti nei quali Iddio lavorava nella mia anima e l'amore diveniva più puro e più forte ed il Signore portò la mia volontà alla più stretta unione con la Sua santa volontà. Nessuno può comprendere quello che sto vivendo in questo magnifico palazzo della mia anima, dove dimoro continuamente col mio Amato. Nessuna cosa esterna mi ostacola nei rapporti familiari con Dio; anche se usassi i termini piu incisivi, questo e questo, non esprimerei nemmeno l'ombra di quello che prova la mia anima inebriata di felicità e d'amore inesprimibile, così grande e puro, quale è la sorgente dalla quale proviene, cioè Dio stesso. L'anima è totalmente imbevuta di Dio da parte a parte, lo sento fisicamente ed il corpo partecipa a questa gioia; sebbene capiti che le ispirazioni di Dio siano diverse nella stessa anima, tuttavia provengono dalla stessa identica fonte. Una volta vidi Gesù assetato e sul punto di svenire e mi disse: « Ho sete». Quando porsi l'acqua al Signore, la prese ma non bewe e scomparve subito. Era vestito come durante la Passione. “Quando rifletti su quello che ti dico nel profondo del cuore, ne ricavi un vantaggio maggiore di quello che avresti leggendo molti libri. Oh! se le anime volessero ascoltare la Mia voce, quando parlo nel profondo dei loro cuori, in breve tempo giungerebbero al massimo della santità”.
8.1.1936.
Quando andai dall'Arcivescovo e gli dissi che Gesù voleva da me che pregassi per impetrare la Misericordia divina per il mondo e che sorgesse una congregazione che impetrasse la Misericordia divina per il mondo e lo pregai perché mi concedesse l'autorizzazione per tutto quello che Gesù voleva da me, l'Arcivescovo mi disse queste parole: « Per quanto riguarda le preghiere, sorella, l'autorizzo, anzi l'esorto a pregare il più possibile per il mondo e ad impetrare per esso la Misericordia di Dio, poiché tutti abbiamo bisogno di Misericordia e certamente anche il confessore non le impedisce di pregare secondo questa intenzione. Per quanto riguarda questa congregazione attenda, sorella, che le cose si dispongano un po' più favorevolmente. Questa faccenda per sé è buona, ma non bisogna affrettarsi; se è volontà di Dio, un po' prima o un po' dopo si farà. Per qual motivo non dovrebbe esserci? Dopotutto ci sono tante diverse congregazioni, quindi anche questa sorgerà, se Dio lo vuole. La prego di stare pienamente tranquilla; il Signore può tutto. Procuri di stare strettamente unita a Dio e stia di buon animo ».
Queste parole mi procurarono una grande gioia. Dopo che avevo lasciato l'Arcivescovo, udii nell'anima queste parole: « Per confermare il tuo spirito parlo attraverso i Miei rappresentanti, in conformità di quello che esigo da te, ma sappi che non sarà sempre così. Ti contrasteranno in molte cose e per questo si manifesterà in te la Mia grazia e che questa faccenda è Mia, ma tu non aver paura di nulla, Io sono sempre con te. Sappi ancora questo, figlia Mia, che tutte le creature, sia che lo sappiano, sia che non lo sappiano, sia che vogliano, sia che non vogliano, fanno sempre la Mia volontà». Una volta vidi all'improvviso Gesù che aveva un aspetto di grande Maestà e mi disse queste parole: « Figlia Mia, se vuoi creo in questo momento un nuovo mondo più bello di questo e passerai in esso il resto dei tuoi giorni ». Risposi: « Non voglio nessun mondo, io voglio Te, Gesù, voglio amarTi con lo stesso amore col quale Tu ami me, di una cosa Ti supplico, rendi il mio cuore capace di amarTi. Mi stupisco molto, Gesù mio, che Tu mi abbia fatto una simile domanda, infatti che ne farei di questi mondi, anche se me ne offrissi mille? Che profitto ne avrei? Tu sai bene, Gesù, che il mio cuore muore di nostalgia per Te; tutto quello che è al di fuori di Te, per me è nulla ».
In quel preciso momento non vidi più nulla, ma una forza strana avvolse la mia anima ed un fuoco misterioso si accese nel mio cuore ed entrai in una specie di agonia per Lui ed inaspettatamente udii queste parole: « Con nessun'anima mi unisco, così intimamente e in questo modo, come con te, e questo per la profonda umiltà e l'amore ardente che hai per Me ». Una volta udii nell'anima queste parole: « Ho presente ogni palpito del tuo cuore; sappi, figlia Mia, che un solo tuo sguardo verso qualcun altro, Mi ferirebbe più di molti peccati commessi da un'altra anima ». L'amore scaccia la paura dall'anima. Da quando ho cominciato ad amare Iddio con tutto il mio essere, con tutta la forza del mio cuore, da quel momento è scomparsa la paura e, benché mi si parli in qualunque modo della Sua giustizia, non ho alcun timore di Lui, perché L'ho conosciuto bene. Dio è amore ed il Suo Spirito è la pace. Ed ora vedo che le mie azioni scaturite dall'amore, sono più perfette delle azioni che ho compiuto per timore. Ho posto la mia fiducia in Dio e non temo nulla, mi affido completamente alla Sua santa volontà, faccia di me quello che vuole, io in ogni caso Lo amerò sempre. Quando mi accosto alla santa Comunione, prego e supplico il Salvatore di voler frenare la mia lingua, affinché non offenda mai l'amore del prossimo. O Gesù, Tu sai quanto io desideri ardentemente nascondermi, affinché nessuno mi conosca, eccetto il Tuo dolcissimo Cuore. Desidero essere una modesta violetta nascosta tra l'erba, sconosciuta in un magnifico giardino recintato, dove crescono magnifiche rose e gigli. La bella rosa e lo stupendo giglio si vedono da lontano, ma per vedere la piccola violetta bisogna abbassarsi molto, solo il profumo la fa scoprire. Oh, come sono contenta di potermi nascondere così! O mio Sposo Divino, il fiore del mio cuore ed il profumo del mio amore puro sono per Te. La mia anima è immersa in Te, o Dio eterno. Dal momento in cui Tu stesso mi hai attratto verso di Te, o mio Gesù, più Ti conosco più ardentemente Ti desidero. Ho appreso nel cuore di Gesù che in paradiso, per le anime elette, c'è un paradiso a parte dove non possono entrare tutti, ma solo le anime elette. Una felicità inconcepibile nella quale sarà immersa l'anima. O Dio mio, non riesco proprio a descrivere questo nemmeno in minima parte.
Le anime sono imbevute della Sua Divinità, passano da bagliore a bagliore in una luce immutabile, ma mai monotona, sempre nuova, ma che non cambia mai. O SS.ma Trinità, fatti conoscere alle anime! O mio Gesù, non c'è nulla di meglio per un'anima delle umiliazioni. Nel disprezzo c'è il segreto della felicità, quando l'anima viene a conoscere che è una nullità, la miseria personIficata e che tutto quello che ha di buono in sé, è esclusivamente dono di Dio. Quando l'anima si avvede che tutto quello che ha in sé le è stato dato gratuitamente e che di suo c'è solo la miseria, questo la mantiene continuamente umile davanti alla Maestà di Dio e Dio, vedendo l'anima in tale disposizione, l'insegue con le Sue grazie. Quando l'anima si sprofonda nell'abisso della sua miseria, Dio fa uso della Sua onnipotenza per innalzarla. Se c'è sulla terra un anima veramente felice, questa è soltanto un'anima veramente umile. All'inizio l'amor proprio soffre molto per questo motivo, ma Iddio, dopo che l'anima ha affrontato valorosamente ripetuti combattimenti, le elargisce molta luce, con la quale essa viene a conoscere quanto tutto sia misero e pieno di illusioni. Nel suo cuore c'è soltanto Iddio. Un'anima umile non ha fiducia in se stessa, ma pone la sua fiducia in Dio. Dio difende l'anima umile e Lui stesso s'introduce nelle sue cose segrete ed è allora che l'anima esperimenta la più grande felicità, che nessuno può comprendere. Una volta di sera venne da me una delle Suore defunte, che in precedenza era già stata da me alcune volte. Quando l'avevo vista la prima volta era in uno stato di grande sofferenza, poi man mano venne in condizioni di sempre minor sofferenza e quella sera la vidi splendente di felicità e mi disse che era già in paradiso. Mi disse inoltre che Dio aveva provato con quella tribolazione questa casa, poiché la Madre Generale aveva dubitato non prestando fede a quello che avevo detto di quest'anima. Ma adesso, in segno che solo ora è in paradiso, Iddio benedirà questa casa. Poi mi si avvicinò e mi abbracciò affettuosamente e disse: « Ora debbo andare ».
Compresi quanto è stretto il legame che intercorre fra queste tre tappe della vita delle anime, cioè fra la terra, il purgatorio e il paradiso. Ho notato parecchie volte che Dio ha sottoposto a prove delle persone per il fatto che, come mi dice, non Gli piace l'incredulità. Una volta quando notai che Dio stava per provare un certo arciprete, che era mal disposto e non credeva a questa causa, ne fui addolorata e pregai Dio per lui ed il Signore gli alleviò le sofferenze. A Dio dispiace molto la diffidenza verso di Lui e per tale motivo alcune anime perdono molte grazie. La diffidenza di un'anima ferisce il Suo dolcissimo Cuore, che è pieno di bontà e di amore inesprimibile per noi. C'è una grande differenza col dovere del sacerdote, che talvolta non deve credere per poter accertare a fondo la veridicità dei doni o quelle grazie in una data anima; e quando lo fa per poter convincere meglio un anima e condurla ad una più profonda unione con Dio, ne avrà una grande, incalcolabile ricompensa. Ma non dare alcun peso e diffidare delle grazie di Dio in un'anima, per il solo fatto che non si riesce a sviscerarle ed a comprenderle col proprio cervello, questo non piace al Signore. Ho una gran pena per quelle anime che si imbattono in sacerdoti inesperti. Una volta un sacerdote mi chiese di pregare secondo la sua intenzione; promisi di pregare e chiesi una mortIficazione. Quando ottenni il permesso per una certa mortificazione, mi sentii spinta nell'anima a cedere a quel sacerdote per quel giorno tutte le grazie che la bontà di Dio mi aveva destinate. E pregai Gesù che si degnasse di mandare a me tutte le sofferenze e le tribolazioni esteriori ed interiori che quel sacerdote doveva soffrire quel giorno. Iddio accolse in parte questo mio desiderio e subito, non si sa come, cominciarono a venir fuori varie difficoltà e contrarietà, a tal punto che una delle Suore disse ad alta voce queste parole: « Il Signore deve entrarci in qualche modo in questa faccenda, poiché tutti ce l'hanno contro Suor Faustina ». I fatti riportati erano talmente infondati, che alcune suore li sostenevano ed altre li negavano ed io in silenzio li offrivo per quel sacerdote. Ma non finì qui; provai sofferenze interiori.
Dapprima fui presa da un'indisposizione e da un'avversione verso le suore, poi uno strano dubbio cominciò a tormentarmi e non riuscii a concentrarmi per la preghiera, mentre varie questioni mi frullavano in testa dandomi preoccupazioni. Quando, vinta dalla stanchezza, entrai in cappella, un dolore misterioso compresse la mia anima e cominciai a piangere silenziosamente. Ad un tratto udii nell'anima questa voce: « Figlia Mia, perché piangi? Dopotutto ti sei offerta da sola per questa sofferenza. Sappi che quello che tu hai ricevuto per quell'anima, è una parte molto piccola. Egli soffre ancora di più ». E chiesi al Signore perché si comportasse a questo modo con lui. Ed il Signore mi rispose che lo faceva per la triplice corona che gli era stata destinata: della verginità, del sacerdozio e del martirio. E subito la gioia invase la mia anima, al pensiero della grande gloria che avrebbe ottenuto in paradiso. Allora recitai il Te Deum per questa particolare grazia di Dio, cioè per aver appreso che Iddio si comporta così con coloro che intende avere vicino a Sé. E pertanto sono niente tutte le sofferenze, in confronto a quello che ci attende in paradiso. Un giorno, dopo la nostra santa Messa, all'improvviso vidi il mio confessore che stava celebrando la santa Messa nella chiesa di San Michele, davanti all'immagine della Madonna. Era l'offertorio della santa Messa e vidi il Bambino Gesù che si stringeva a lui, come se fosse fuggito davanti a qualcuno e cercasse rifugio presso di lui. Tuttavia, quando giunse il tempo della santa Comunione, scomparve come al solito. Ad un tratto vidi la Madre SS.ma che Lo copri col suo manto e disse: « Coraggio, Figlio mio, coraggio, Figlio mio», e disse ancora qualche cosa che non mi riuscì di sentire. Oh! come desidero ardentemente che ogni anima esalti la Tua Misericordia. Felice l'anima che invoca la Misericordia del Signore! Proverà quello che il Signore ha detto e cioè che la difenderà come Sua gloria. E chi oserà combattere contro Dio? Ogni anima esalti la Misericordia del Signore con la fiducia nella Sua Misericordia, per tutta la vita, e specialmente nell'ora della morte. Anima cara, non aver paura di nulla, chiunque tu sia; quanto più grande è il peccatore, tanto maggiore è il diritto che ha alla Tua Misericordia, o Signore. O bontà incomprensibile, Iddio per primo si abbassa verso il peccatore. O Gesù, desidero esaltare la Tua Misericordia per migliaia di anime. So bene, o Gesù mio, che debbo parlare alle anime della Tua bontà, della Tua inesprimibile Misericordia. Una volta che una certa persona mi aveva chiesto di pregare per lei, quando m'incontrai col Signore, Gli dissi queste parole: « Gesù, io amo in modo particolare le anime che ami Tu».
E Gesù mi rispose con queste parole: « Ed io concedo grazie particolari a quelle anime, per le quali tu intervieni presso di Me ». Gesù mi difende in modo misterioso, questa è veramente una grande grazia di Dio, che sto sperimentando da parecchio tempo. Una volta che si era ammalata gravemente, tanto che ne mori, una delle Suore e si era riunita tutta la Comunità, e c'era anche il sacerdote che diede l'assoluzione all'inferma, vidi all'improvviso una moltitudine di spiriti delle tenebre. In quel momento, dimenticandomi che ero in compagnia delle Suore, presi l'aspersorio e li spruzzai con acqua benedetta e scomparvero subito. Ma quando le Suore giunsero in refettorio, la Madre Superiora mi fece notare che non avrei dovuto aspergere l'ammalata in presenza del sacerdote, al quale appartiene tale funzione. Accettai l'ammonizione in spirito di penitenza, ma so per esperienza che l'acqua benedetta reca un grande sollievo al moribondi. Mio Gesù, Tu vedi quanto sono debole da sola, perciò dirigi Tu stesso tutte le mie questioni. Sappi, o Gesù, che io senza di Te non m'accosto nemmeno ad un problema, ma con Te affronto le cose più difficili.
29.1.1936.
La sera, quando ero nella cella, ad un tratto vidi una grande luce e in alto in quella luce una grande croce grigio scura ed all'improvviso venni attratta vicino alla croce e l'osservai attentamente, ma non capii nulla e pregavo per comprendere cosa volesse significare. Improvvisamente vidi Gesù e scomparve la croce. Gesù era seduto su una grande luce, i suoi piedi e le gambe fino alle ginocchia erano immersi in quella luce in modo tale che io non li vedevo. Gesù si piegò verso di me, mi guardò amabilmente e mi parlò della volontà del Padre Celeste. Mi disse che « l'anima più perfetta e santa è quella che fa la volontà del Padre Mio, ma tali anime sono poche». Guarda con un amore particolare l'anima che vive secondo la Sua volontà. E Gesù mi disse che io adempio la volontà di Dio in modo perfetto, cioè perfettamente e disse: « Per questo Mi unisco a te in modo così particolare e intimo e tratto familiarmente con te ». Iddio avvolge col Suo indicibile amore l'anima che vive secondo la Sua volontà. Compresi quanto sia grande l'amore di Dio per noi, quanto Egli sia semplice benché incomprensibile, quanto sia facile trattare con Lui, benché la Sua Maestà sia così grande. Con nessuno ho tale facilità di rapporto e tale libertà, come con Lui; neppure una madre naturale con un figlio sinceramente affezionato si comprendono così, come l'anima mia con Dio. Mentre ero in questa unione col Signore, ho visto due persone e non mi fu nascosto il loro intimo; è triste lo stato di queste anime, ma ho fiducia che anche loro finiranno col glorificare la divina Misericordia. Nello stesso momento vidi anche una certa persona ed in parte lo stato della sua anima e le grandi prove che Iddio manda a quest'anima.
Tali sofferenze riguardavano la sua mente, ed in una forma così acuta, che ne provai dispiacere e dissi al Signore: « Perché agisci così con lui? ». Ed il Signore mi rispose: « Per la sua triplice corona ». Ed il Signore mi fece anche conoscere quale ineffabile gloria attende l'anima che è simile a Gesù sofferente su questa terra. Tale anima sarà simile a Gesù anche nella gloria. Il Padre Celeste onora e stima le nostre anime in quanto vede in noi la somiglianza col Figlio Suo. Compresi che tale somiglianza a Gesù ci viene data qui, sulla terra. Vedo delle anime pure ed innocenti, sulle quali Iddio esercita la Sua giustizia e queste anime sono le vittime che sostengono il mondo e completano ciò che è mancato alla Passione di Gesù. Di queste anime non ce ne sono molte. Sono enormemente felice che Iddio mi abbia concesso di conoscere simili anime. O Santissima TrInità, o Dio Eterno, Ti ringrazio per avermi fatto conoscere la grandezza e la differenza dei gradi di gloria che dividono le anime. Oh, che grande differenza c'è fra un grado di più profonda conoscenza di Dio! Oh, se le anime potessero saperlo! O mio Dio, se potessi conquistarne uno in più, sopporterei volentieri tutti i tormenti che hanno patito i martiri tutti insieme.
Per la verità tutti questi tormenti mi sembrano nulla in confronto alla gloria che ci attende per tutta l'eternità. O Signore, immergi la mia anima nell'oceano della Tua Divinità e fammi la grazia di conoscerTi, poiché più Ti conosco, più ardentemente Ti desidero ed il mio amore per Te si rafforza. Sento nella mia anima una voragine insondabile, che soltanto Dio può colmare. Mi sciolgo in Lui come una goccia nell'oceano. Il Signore si è abbassato sulla mia miseria, come un raggio di sole su di una terra arida e sassosa. E tuttavia sotto l'influsso dei Suoi raggi la mia anima si è ricoperta di verde, di fiori e di frutti ed è divenuta un bel giardino per il Suo riposo. O mio Gesù, nonostante le Tue grazie, sento e vedo tutta la mia miseria. Comincio la giornata lottando e la termino lottando, appena rimuovo una difficoltà, al suo posto ne sorgono dieci da superare, ma non m'affliggo per questo, poiché so bene che questo è il tempo della lotta non della pace. Quando l'asprezza della battaglia supera le mie forze, mi getto come una bimba nelle braccia del Padre Celeste ed ho fiducia che non perirò. O mio Gesù, sono tanto propensa al male e questo mi costringe ad una vigilanza continua su di me, ma nulla mi scoraggia, ho fiducia nella grazia di Dio, che abbonda dov'è la più grande miseria. Fra le più grandi difficoltà e contrarietà non perdo la serenità interiore, né all'esterno l'equilibrio e questo scoraggia gli avversari. La pazienza nelle contrarietà rafforza l'anima.
2.11.1936.
Fin da quando mi svegliai la mattina al suono della campanella, s'impadronì di me una tale sonnolenza che, non riuscendo a svegliarmi del tutto, ricorsi all'acqua fredda e dopo due minuti la sonnolenza se ne andò. Quando giunsi alla meditazione, mi si affollò nella mente tutto un groviglio di pensieri insensati che mi fecero combattere per tutto il tempo della meditazione. Lo stesso avvenne durante le preghiere, ma quando usci la santa Messa nella mia anima stranamente regnò la quiete e la gioia. Ad un tratto vidi la Vergine SS.ma col Bambino Gesù ed il Nonno Santo,che era dietro la Madonna. La Madre Santissima mi disse: « Eccoti il Tesoro più prezioso ». E mi diede il Bambino Gesù. Appena presi il Bambino fra le braccia, scomparvero la Madonna e San Giuseppe e rimasi sola col Bambino Gesù. Gli dissi: « Io so che Tu sei il mio Signore e Creatore, benché sia così piccolo ». Gesù allungò le Sue braccine e mi guardò sorridendo. Il mio spirito era colmo di una gioia incomparabile. Gesù scomparve all'improvviso e la santa Messa era giunta al momento di accostarsi alla santa Comunione. Andai subito assieme alle suore a prendere la santa Comunione con l'anima ripiena della Sua presenza.
Dopo la santa Comunione sentii nel mio intimo queste parole: « Io sono nel tuo cuore quello Stesso che hai tenuto in braccio ». Allora pregai il Signore per una certa anima, affinché le concedesse la grazia per la lotta e le togliesse quella prova. « Come chiedi, così sarà fatto, ma il suo merito non diminuirà ». Grande fu la gioia della mia anima vedendo quanto Dio è buono e misericordioso; Dio dà tutto quello che Gli chiediamo con fiducia. Dopo ogni colloquio col Signore, la mia anima viene singolarmente rafforzata, una quiete profonda regna nella mia anima e mi rende talmente coraggiosa, che non temo nulla al mondo; ho un solo timore, quello di rattristare Gesù. O Gesù mio, Ti supplico per la bontà del Tuo dolcissimo Cuore, si calmi il Tuo sdegno e mostraci la Tua Misericordia. Le Tue Piaghe siano il nostro scudo di fronte alla giustizia del Padre Tuo. Ti ho riconosciuto, o Dio, come sorgente di Misericordia, con cui si ravviva e si nutre ogni anima. Oh, quanto è grande la Misericordia del Signore, al di sopra di tutti i suoi attributi! La Misericordia è il più grande attributo di Dio; tutto ciò che mi circonda mi parla di questo. La Misericordia è la vita delle anime, la Sua compassione è inesauribile, O Signore, guarda verso di noi, comportaTi con noi secondo la Tua sconfinata pietà, secondo la Tua grande Misericordia. Una volta ebbi il dubbio che una cosa che m'era capitata avesse offeso gravemente Gesù. Siccome non ero in grado di rendermene conto, decisi di non accostarmi alla santa Comunione finché non mi fossi confessata, sebbene avessi immediatamente espresso il mio dolore per l'accaduto. Ho infatti l'abitudine di manifestare il mio dolore dopo ogni minima mancanza. Nei giorni in cui non mi accostai alla santa Comunione non avvertii la presenza di Dio, soffrii indicibilmente per questo motivo, ma lo sopportai come punizione per il peccato.
Quando mi confessai, ricevetti un rimprovero, avrei potuto accostarmi alla santa Comunione, dato che quello che mi era capitato non era un impedimento a riceverla. Dopo la confessione, mi comunicai e tutto ad un tratto vidi Gesù che mi disse queste parole: « Sappi, figlia Mia, che per non esserti unita a Me nella santa Comunione, Mi hai procurato un dispiacere maggiore di quella piccola mancanza». Un giorno vidi una cappella e in essa sei suore che stavano accostandosi alla santa Comunione, amministrata dal nostro confessore, che era vestito con cotta e stola. In quella cappella non c’erano addobbi, né inginocchiatoi. Dopo la santa Comunione vidi Gesù nell'aspetto che ha nell'immagine. Gesù passò oltre e io Lo chiamai: «Come puoi, Signore, passare e non dir nulla? Io non faccio nulla senza di Te, devi rimanere con me e benedire me, questa Congregazione e la mia Patria ». Gesù fece un segno di croce e disse: « Non aver paura di nulla, Io sono sempre con te ». Negli ultimi due giorni, prima della Quaresima, avemmo un'ora di adorazione riparatrice assieme alle educande. Durante entrambe le ore vidi Gesù nell'aspetto che ha dopo la flagellazione e fui colpita da un dolore così acuto, che mi sembrava di provare nel corpo e nell'anima tutti quei tormenti.
22-23 Settembre 3, 1927 Fino a tanto che l’anima non faccia regnare la Volontà Divina, sarà sempre infelice ed inquieta. Diversità di martirio di anima e di corpo.
Luisa Piccarreta (Libro di Cielo)
(1) Stavo valicando il mare di luce del Fiat Divino seguendo i suoi atti ed oh! come comprendevo che tutto il bene sta in Esso. Ed il mio sempre amabile Gesù, movendosi nel mio interno mi ha detto:
(2) “Figlia mia, fino a quando la creatura non giunge a far regnare la mia Divina Volontà in essa, sarà sempre infelice, sempre inquieta, perché sentirà in sé, per quanto fosse buona, santa, dotta, ricca, che le manca la pienezza della felicità ed il mare della pace, che da nessuno lato la possono turbare e spezzare la sua felicità. Quindi potrà essere a metà felice e dimezzata la sua pace e siccome non è intera, la metà che le manca terrà la via aperta per portare l’infelicità e il disturbo. Vedi, anche nell’ordine naturale succede così: Uno è ricco, non gli manca nulla, possiede i suoi dieci, venti milioni oppure miliardi, ma conoscendo che potrebbe acquistare altro ed essere più ricco ancora, si sente inquieto, infelice e mettendo come da parte le sue ricchezze è tutto piede, tutto opere, tutto parole, tutto occhio alle altre ricchezze che vorrebbe acquistare. Poveretto, come può essere felice, pacifico, se gli manca la sorgente dei beni che gli dice, riposati, tutto è tuo e tutto ciò che vuoi è in tuo potere? Un altro è re, ma quanta infelicità sotto a quella corona: Timore di poter perdere il suo regno, speranze e avidità di acquistare altri regni, d’imperare a costo di guerre su tutto il mondo, sicché il possedere un regno non è altro che via aperta per rendere infelice ed inquieto il povero re. Un terzo è dotto, ma non possedendo tutte le scienze, sapendo di poter possedere altre scienze, non riposa, né si sente felice e pacifico, quante volte innanzi ad un altro più scienziato di lui si sente umiliato e sente l’infelicità che le manca la pienezza della scienza? Ora così succede nell’ordine soprannaturale: Quel tale è buono, ma non sente in sé che possiede la sorgente della bontà, perché si sente che alle occasioni la sua pazienza è debole, la sua fermezza nel bene è intermittente, la sua carità spesso spesso zoppica, la sua preghiera è incostante. Ciò lo rendono infelice, inquieto, perché vede che la sua bontà non è intera, è come a metà e l’altra metà che le manca serve a torturarlo e a infelicitarlo. Poveretto, come si vede chiaro che gli manca il regno della mia Divina Volontà, perché se regnasse in lui possederebbe la sorgente della bontà che gli direbbe: “Riposati, tutto è in tuo potere, sorgente di pazienza, di fermezza, di carità, di preghiera”. E sentendo in sé la sorgente, si sentirebbe distendere dentro e fuori di lui il mare della felicità e della pace, e l’infelicità ed inquietitudine non troverebbe più la via per entrare in lui. Un altro è santo, ma alle circostanze non sente in sé la sorgente della santità, la luce che tutto fa conoscere, tutto gli addita, la strada e la felicità, la conoscenza di Dio non è piena, l’eroismo delle virtù vacillano in lui, onde con tutta la sua santità non è felice, né pacifico, perché mancando il totale dominio del mio Fiat Divino, gli manca la sorgente della luce che eclissa il germe di tutti i mali e vi sostituisce la sorgente della felicità e della pace. Ecco perciò che fino a tanto che le creature non faranno regnare la mia Divina Volontà, nel mondo non si avrà neppure l’idea, né conoscenza vera di ciò che significa pace vera e pienezza di felicità. Tutte le cose per quanto buone e sante non avranno la loro pienezza, perché mancando il dominio ed il regnare del mio Supremo Volere, manca chi comunica la sorgente di tutte le felicità, che essendo sorgente si può prendere ciò che si vuole e come si vuole. Ecco perciò le mie premure perché la mia Volontà sia conosciuta e formi il suo regno in mezzo alle creature, perché voglio vederle felici e di quella felicità con cui la uscii nel crearle e furono messe fuori dal seno del loro Creatore che possiede tutte le felicità possibili ed immaginabili”.
(3) Dopo di ciò seguivo il santo Voler Divino e sentendomi priva del mio dolce Gesù deliravo, perché volevo Colui che facendomi smaniare mi faceva provare il più duro martirio, tanto da non poterne più. Ed il mio sempre amabile Gesù uscendo da dentro il mio interno mi ha detto:
(4) “Figlia mia il martirio dell’anima è più grande, più nobile, contiene un valore tanto grande che paragonato a quello del corpo, oh! come resta dietro. Questo è limitato, è piccolo di fronte a quello dell’anima. L’anima è luce, il corpo è materia e martirizzandosi il corpo, il sangue che versa non si allarga, non si diffonde lontano ma bagna solo quel piccolo spazio di terra dove si trova; perciò i suoi effetti sono limitati e sono a luoghi, a tempo e a persona. Invece quello dell’anima è luce e quando questa luce viene trafilata, messo sotto del torchio, la luce si diffonde, si innalza, si stende sempre più. Chi può restringere e circuire la luce del sole? Nessuno! Chi mai può impedire che i suoi raggi solari investano la terra tutta e facciano sentire il suo calore a tutti? Nessuno! Non c’è potenza contro la luce, non ci sono armi che possano ferirla e ucciderla, tutte le potenze insieme sono impotenti contro la luce, o vogliono o non vogliono sono costretti a dargli il suo corso e a farsi investire. E se qualcuno preso da pazzia pensasse di fermarla, la luce con una potenza tutta sua naturale si riderebbe di lui e vincitrice gli spruzzerebbe più luce. Ora l’anima è più che sole e quando soffre la mia privazione come gira e resta premuta sotto il torchio di essa, tanti raggi di più acquista per distendersi e allargarsi di più. E siccome è pena d’una vita Divina, l’anima facendo la Divina Volontà, in questo martirio offre l’atto più bello e la sua luce si stende tanto che nessuno la può raggiungere, perché entra in mezzo a questo martirio una Volontà Divina causata dalla privazione del tuo Gesù. La materia non entra affatto in questo martirio, ma tutto è luce: Luce è il tuo Gesù, luce è la mia Volontà, luce è l’anima tua, che formano tale incanto di luce che cielo e terra restano investiti e a tutti portano il beneficio del calore e della luce. Perciò il martirio del corpo è un nulla a confronto di questo”.