Liturgia delle Ore - Letture
Martedi della 1° settimana del tempo di Quaresima
Vangelo secondo Matteo 13
1Quel giorno Gesù uscì di casa e si sedette in riva al mare.2Si cominciò a raccogliere attorno a lui tanta folla che dovette salire su una barca e là porsi a sedere, mentre tutta la folla rimaneva sulla spiaggia.
3Egli parlò loro di molte cose in parabole.
E disse: "Ecco, il seminatore uscì a seminare.4E mentre seminava una parte del seme cadde sulla strada e vennero gli uccelli e la divorarono.5Un'altra parte cadde in luogo sassoso, dove non c'era molta terra; subito germogliò, perché il terreno non era profondo.6Ma, spuntato il sole, restò bruciata e non avendo radici si seccò.7Un'altra parte cadde sulle spine e le spine crebbero e la soffocarono.8Un'altra parte cadde sulla terra buona e diede frutto, dove il cento, dove il sessanta, dove il trenta.9Chi ha orecchi intenda".
10Gli si avvicinarono allora i discepoli e gli dissero: "Perché parli loro in parabole?".
11Egli rispose: "Perché a voi è dato di conoscere i misteri del regno dei cieli, ma a loro non è dato.12Così a chi ha sarà dato e sarà nell'abbondanza; e a chi non ha sarà tolto anche quello che ha.13Per questo parlo loro in parabole: perché pur vedendo non vedono, e pur udendo non odono e non comprendono.14E così si adempie per loro la profezia di Isaia che dice:
'Voi udrete, ma non comprenderete,
guarderete, ma non vedrete.'
15'Perché il cuore di questo popolo
si è indurito, son diventati duri di orecchi,
e hanno chiuso gli occhi,
per non vedere con gli occhi,
non sentire con gli orecchi
e non intendere con il cuore e convertirsi,
e io li risani.'
16Ma beati i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché sentono.17In verità vi dico: molti profeti e giusti hanno desiderato vedere ciò che voi vedete, e non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, e non l'udirono!
18Voi dunque intendete la parabola del seminatore:19tutte le volte che uno ascolta la parola del regno e non la comprende, viene il maligno e ruba ciò che è stato seminato nel suo cuore: questo è il seme seminato lungo la strada.20Quello che è stato seminato nel terreno sassoso è l'uomo che ascolta la parola e subito l'accoglie con gioia,21ma non ha radice in sé ed è incostante, sicché appena giunge una tribolazione o persecuzione a causa della parola, egli ne resta scandalizzato.22Quello seminato tra le spine è colui che ascolta la parola, ma la preoccupazione del mondo e l'inganno della ricchezza soffocano la parola ed essa non da' frutto.23Quello seminato nella terra buona è colui che ascolta la parola e la comprende; questi da' frutto e produce ora il cento, ora il sessanta, ora il trenta".
24Un'altra parabola espose loro così: "Il regno dei cieli si può paragonare a un uomo che ha seminato del buon seme nel suo campo.25Ma mentre tutti dormivano venne il suo nemico, seminò zizzania in mezzo al grano e se ne andò.26Quando poi la messe fiorì e fece frutto, ecco apparve anche la zizzania.27Allora i servi andarono dal padrone di casa e gli dissero: Padrone, non hai seminato del buon seme nel tuo campo? Da dove viene dunque la zizzania?28Ed egli rispose loro: Un nemico ha fatto questo. E i servi gli dissero: Vuoi dunque che andiamo a raccoglierla?29No, rispose, perché non succeda che, cogliendo la zizzania, con essa sradichiate anche il grano.30Lasciate che l'una e l'altro crescano insieme fino alla mietitura e al momento della mietitura dirò ai mietitori: Cogliete prima la zizzania e legatela in fastelli per bruciarla; il grano invece riponetelo nel mio granaio".
31Un'altra parabola espose loro: "Il regno dei cieli si può paragonare a un granellino di senapa, che un uomo prende e semina nel suo campo.32Esso è il più piccolo di tutti i semi ma, una volta cresciuto, è più grande degli altri legumi e diventa un albero, tanto che vengono gli uccelli del cielo e si annidano fra i suoi rami".
33Un'altra parabola disse loro: "Il regno dei cieli si può paragonare al lievito, che una donna ha preso e impastato con tre misure di farina perché tutta si fermenti".
34Tutte queste cose Gesù disse alla folla in parabole e non parlava ad essa se non in parabole,35perché si adempisse ciò che era stato detto dal profeta:
'Aprirò la mia bocca in parabole,'
proclamerò cose nascoste fin dalla fondazione del mondo.
36Poi Gesù lasciò la folla ed entrò in casa; i suoi discepoli gli si accostarono per dirgli: "Spiegaci la parabola della zizzania nel campo".37Ed egli rispose: "Colui che semina il buon seme è il Figlio dell'uomo.38Il campo è il mondo. Il seme buono sono i figli del regno; la zizzania sono i figli del maligno,39e il nemico che l'ha seminata è il diavolo. La mietitura rappresenta la fine del mondo, e i mietitori sono gli angeli.40Come dunque si raccoglie la zizzania e si brucia nel fuoco, così avverrà alla fine del mondo.41Il Figlio dell'uomo manderà i suoi angeli, i quali raccoglieranno dal suo regno tutti gli scandali e tutti gli operatori di iniquità42e li getteranno nella fornace ardente dove sarà pianto e stridore di denti.43Allora i giusti splenderanno come il sole nel regno del Padre loro. Chi ha orecchi, intenda!
44Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto in un campo; un uomo lo trova e lo nasconde di nuovo, poi va, pieno di gioia, e vende tutti i suoi averi e compra quel campo.
45Il regno dei cieli è simile a un mercante che va in cerca di perle preziose;46trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra.
47Il regno dei cieli è simile anche a una rete gettata nel mare, che raccoglie ogni genere di pesci.48Quando è piena, i pescatori la tirano a riva e poi, sedutisi, raccolgono i pesci buoni nei canestri e buttano via i cattivi.49Così sarà alla fine del mondo. Verranno gli angeli e separeranno i cattivi dai buoni50e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti.
51Avete capito tutte queste cose?". Gli risposero: "Sì".52Ed egli disse loro: "Per questo ogni scriba divenuto discepolo del regno dei cieli è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche".
53Terminate queste parabole, Gesù partì di là54e venuto nella sua patria insegnava nella loro sinagoga e la gente rimaneva stupita e diceva: "Da dove mai viene a costui questa sapienza e questi miracoli?55Non è egli forse il figlio del carpentiere? Sua madre non si chiama Maria e i suoi fratelli Giacomo, Giuseppe, Simone e Giuda?56E le sue sorelle non sono tutte fra noi? Da dove gli vengono dunque tutte queste cose?".57E si scandalizzavano per causa sua. Ma Gesù disse loro: "Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria e in casa sua".58E non fece molti miracoli a causa della loro incredulità.
Giudici 11
1Ora Iefte, il Galaadita, era uomo forte e valoroso, figlio di una prostituta; lo aveva generato Gàlaad.2Poi la moglie di Gàlaad gli partorì figli e, quando i figli della moglie furono adulti, cacciarono Iefte e gli dissero: "Tu non avrai eredità nella casa di nostro padre, perché sei figlio di un'altra donna".3Iefte fuggì lontano dai suoi fratelli e si stabilì nel paese di Tob. Attorno a Iefte si raccolsero alcuni sfaccendati e facevano scorrerie con lui.4Qualche tempo dopo gli Ammoniti mossero guerra a Israele.5Quando gli Ammoniti iniziarono la guerra contro Israele, gli anziani di Gàlaad andarono a prendere Iefte nel paese di Tob.6Dissero a Iefte: "Vieni, sii nostro condottiero e combatteremo contro gli Ammoniti".7Ma Iefte rispose agli anziani di Gàlaad: "Non siete forse voi quelli che mi avete odiato e scacciato dalla casa di mio padre? Perché venite da me ora che siete in difficoltà?".8Gli anziani di Gàlaad dissero a Iefte: "Proprio per questo ora ci rivolgiamo a te: verrai con noi, combatterai contro gli Ammoniti e sarai il capo di noi tutti abitanti di Gàlaad".9Iefte rispose agli anziani di Gàlaad: "Se mi riconducete per combattere contro gli Ammoniti e il Signore li mette in mio potere, io sarò vostro capo".10Gli anziani di Gàlaad dissero a Iefte: "Il Signore sia testimone tra di noi, se non faremo come hai detto".11Iefte dunque andò con gli anziani di Gàlaad; il popolo lo costituì suo capo e condottiero e Iefte ripeté le sue parole davanti al Signore in Mizpa.
12Poi Iefte inviò messaggeri al re degli Ammoniti per dirgli: "Che c'è tra me e te, perché tu venga contro di me a muover guerra al mio paese?".13Il re degli Ammoniti rispose ai messaggeri di Iefte: "Perché, quando Israele uscì dall'Egitto, si impadronì del mio territorio, dall'Arnon fino allo Iabbok e al Giordano; restituiscilo spontaneamente".14Iefte inviò di nuovo messaggeri al re degli Ammoniti per dirgli:15"Dice Iefte: Israele non si impadronì del paese di Moab, né del paese degli Ammoniti;16ma, quando Israele uscì dall'Egitto e attraversò il deserto fino al Mare Rosso e giunse a Kades,17mandò messaggeri al re di Edom per dirgli: Lasciami passare per il tuo paese, ma il re di Edom non acconsentì. Mandò anche al re di Moab, nemmeno lui volle e Israele rimase a Kades.18Poi camminò per il deserto, fece il giro del paese di Edom e del paese di Moab, giunse a oriente del paese di Moab e si accampò oltre l'Arnon senza entrare nei territori di Moab; perché l'Arnon segna il confine di Moab.19Allora Israele mandò messaggeri a Sicon, re degli Amorrei, re di Chesbon, e gli disse: Lasciaci passare dal tuo paese, per arrivare al nostro.20Ma Sicon non si fidò che Israele passasse per i suoi confini; anzi radunò tutta la sua gente, si accampò a Iaaz e combatté contro Israele.21Il Signore, Dio d'Israele, mise Sicon e tutta la sua gente nelle mani d'Israele, che li sconfisse; così Israele conquistò tutto il paese degli Amorrei che abitavano quel territorio;22conquistò tutti i territori degli Amorrei, dall'Arnon allo Iabbok e dal deserto al Giordano.23Ora il Signore, Dio d'Israele, ha scacciato gli Amorrei davanti a Israele suo popolo e tu vorresti possedere il loro paese?24Non possiedi tu quello che Camos tuo dio ti ha fatto possedere? Così anche noi possiederemo il paese di quelli che il Signore ha scacciati davanti a noi.25Sei tu forse più di Balak, figlio di Zippor, re di Moab? Mosse forse querela ad Israele o gli fece guerra?26Da trecento anni Israele abita a Chesbon e nelle sue dipendenze, ad Aroer e nelle sue dipendenze e in tutte le città lungo l'Arnon; perché non gliele avete tolte durante questo tempo?27Io non ti ho fatto torto e tu agisci male verso di me, muovendomi guerra; il Signore giudice giudichi oggi tra gli Israeliti e gli Ammoniti!".28Ma il re degli Ammoniti non ascoltò le parole che Iefte gli aveva mandato a dire.
29Allora lo spirito del Signore venne su Iefte ed egli attraversò Gàlaad e Manàsse, passò a Mizpa di Gàlaad e da Mizpa di Gàlaad raggiunse gli Ammoniti.30Iefte fece voto al Signore e disse: "Se tu mi metti nelle mani gli Ammoniti,31la persona che uscirà per prima dalle porte di casa mia per venirmi incontro, quando tornerò vittorioso dagli Ammoniti, sarà per il Signore e io l'offrirò in olocausto".32Quindi Iefte raggiunse gli Ammoniti per combatterli e il Signore glieli mise nelle mani.33Egli li sconfisse da Aroer fin verso Minnit, prendendo loro venti città, e fino ad Abel-Cheramin. Così gli Ammoniti furono umiliati davanti agli Israeliti.34Poi Iefte tornò a Mizpa, verso casa sua; ed ecco uscirgli incontro la figlia, con timpani e danze. Era l'unica figlia: non aveva altri figli, né altre figlie.35Appena la vide, si stracciò le vesti e disse: "Figlia mia, tu mi hai rovinato! Anche tu sei con quelli che mi hanno reso infelice! Io ho dato la mia parola al Signore e non posso ritirarmi".36Essa gli disse: "Padre mio, se hai dato parola al Signore, fa' di me secondo quanto è uscito dalla tua bocca, perché il Signore ti ha concesso vendetta sugli Ammoniti, tuoi nemici".37Poi disse al padre: "Mi sia concesso questo: lasciami libera per due mesi, perché io vada errando per i monti a piangere la mia verginità con le mie compagne".38Egli le rispose: "Va'!", e la lasciò andare per due mesi. Essa se ne andò con le compagne e pianse sui monti la sua verginità.39Alla fine dei due mesi tornò dal padre ed egli fece di lei quello che aveva promesso con voto. Essa non aveva conosciuto uomo; di qui venne in Israele questa usanza:40ogni anno le fanciulle d'Israele vanno a piangere la figlia di Iefte il Galaadita, per quattro giorni.
Proverbi 16
1All'uomo appartengono i progetti della mente,
ma dal Signore viene la risposta.
2Tutte le vie dell'uomo sembrano pure ai suoi occhi,
ma chi scruta gli spiriti è il Signore.
3Affida al Signore la tua attività
e i tuoi progetti riusciranno.
4Il Signore ha fatto tutto per un fine,
anche l'empio per il giorno della sventura.
5È un abominio per il Signore ogni cuore superbo,
certamente non resterà impunito.
6Con la bontà e la fedeltà si espia la colpa,
con il timore del Signore si evita il male.
7Quando il Signore si compiace della condotta di un uomo,
riconcilia con lui anche i suoi nemici.
8Poco con onestà è meglio
di molte rendite senza giustizia.
9La mente dell'uomo pensa molto alla sua via,
ma il Signore dirige i suoi passi.
10Un oracolo è sulle labbra del re,
in giudizio la sua bocca non sbaglia.
11La stadera e le bilance giuste appartengono al Signore,
sono opera sua tutti i pesi del sacchetto.
12È in abominio ai re commettere un'azione iniqua,
poiché il trono si consolida con la giustizia.
13Delle labbra giuste si compiace il re
e ama chi parla con rettitudine.
14L'ira del re è messaggera di morte,
ma l'uomo saggio la placherà.
15Nello splendore del volto del re è la vita,
il suo favore è come nube di primavera.
16È molto meglio possedere la sapienza che l'oro,
il possesso dell'intelligenza è preferibile all'argento.
17La strada degli uomini retti è evitare il male,
conserva la vita chi controlla la sua via.
18Prima della rovina viene l'orgoglio
e prima della caduta lo spirito altero.
19È meglio abbassarsi con gli umili
che spartire la preda con i superbi.
20Chi è prudente nella parola troverà il bene
e chi confida nel Signore è beato.
21Sarà chiamato intelligente chi è saggio di mente;
il linguaggio dolce aumenta la dottrina.
22Fonte di vita è la prudenza per chi la possiede,
castigo degli stolti è la stoltezza.
23Una mente saggia rende prudente la bocca
e sulle sue labbra aumenta la dottrina.
24Favo di miele sono le parole gentili,
dolcezza per l'anima e refrigerio per il corpo.
25C'è una via che pare diritta a qualcuno,
ma sbocca in sentieri di morte.
26L'appetito del lavoratore lavora per lui,
perché la sua bocca lo stimola.
27L'uomo perverso produce la sciagura,
sulle sue labbra c'è come un fuoco ardente.
28L'uomo ambiguo provoca litigi,
chi calunnia divide gli amici.
29L'uomo violento seduce il prossimo
e lo spinge per una via non buona.
30Chi socchiude gli occhi medita inganni,
chi stringe le labbra ha già commesso il male.
31Corona magnifica è la canizie,
ed essa si trova sulla via della giustizia.
32Il paziente val più di un eroe,
chi domina se stesso val più di chi conquista una città.
33Nel grembo si getta la sorte,
ma la decisione dipende tutta dal Signore.
Salmi 3
1'Salmo di Davide quando fuggiva il figlio Assalonne'.
2Signore, quanti sono i miei oppressori!
Molti contro di me insorgono.
3Molti di me vanno dicendo:
"Neppure Dio lo salva!".
4Ma tu, Signore, sei mia difesa,
tu sei mia gloria e sollevi il mio capo.
5Al Signore innalzo la mia voce
e mi risponde dal suo monte santo.
6Io mi corico e mi addormento,
mi sveglio perché il Signore mi sostiene.
7Non temo la moltitudine di genti
che contro di me si accampano.
8Sorgi, Signore,
salvami, Dio mio.
Hai colpito sulla guancia i miei nemici,
hai spezzato i denti ai peccatori.
9Del Signore è la salvezza:
sul tuo popolo la tua benedizione.
Isaia 1
1Visione che Isaia, figlio di Amoz, ebbe su Giuda e su Gerusalemme nei giorni di Ozia, di Iotam, di Acaz e di Ezechia, re di Giuda.
2Udite, cieli; ascolta, terra,perché il Signore dice:
"Ho allevato e fatto crescere figli,
ma essi si sono ribellati contro di me.
3Il bue conosce il proprietario
e l'asino la greppia del padrone,
ma Israele non conosce
e il mio popolo non comprende".
4Guai, gente peccatrice,
popolo carico di iniquità!
Razza di scellerati,
figli corrotti!
Hanno abbandonato il Signore,
hanno disprezzato il Santo di Israele,
si sono voltati indietro;
5perché volete ancora essere colpiti,
accumulando ribellioni?
La testa è tutta malata,
tutto il cuore langue.
6Dalla pianta dei piedi alla testa
non c'è in esso una parte illesa,
ma ferite e lividure
e piaghe aperte,
che non sono state ripulite, né fasciate,
né curate con olio.
7Il vostro paese è devastato,
le vostre città arse dal fuoco.
La vostra campagna, sotto i vostri occhi,
la divorano gli stranieri;
è una desolazione come Sòdoma distrutta.
8È rimasta sola la figlia di Sion
come una capanna in una vigna,
come un casotto in un campo di cocomeri,
come una città assediata.
9Se il Signore degli eserciti
non ci avesse lasciato un resto,
già saremmo come Sòdoma,
simili a Gomorra.
10Udite la parola del Signore,
voi capi di Sòdoma;
ascoltate la dottrina del nostro Dio,
popolo di Gomorra!
11"Che m'importa dei vostri sacrifici senza numero?"
dice il Signore.
"Sono sazio degli olocausti di montoni
e del grasso di giovenchi;
il sangue di tori e di agnelli e di capri
io non lo gradisco.
12Quando venite a presentarvi a me,
chi richiede da voi
che veniate a calpestare i miei atri?
13Smettete di presentare offerte inutili,
l'incenso è un abominio per me;
noviluni, sabati, assemblee sacre,
non posso sopportare delitto e solennità.
14I vostri noviluni e le vostre feste
io detesto,
sono per me un peso;
sono stanco di sopportarli.
15Quando stendete le mani,
io allontano gli occhi da voi.
Anche se moltiplicate le preghiere,
io non ascolto.
Le vostre mani grondano sangue.
16Lavatevi, purificatevi,
togliete il male delle vostre azioni
dalla mia vista.
Cessate di fare il male,
17imparate a fare il bene,
ricercate la giustizia,
soccorrete l'oppresso,
rendete giustizia all'orfano,
difendete la causa della vedova".
18"Su, venite e discutiamo"
dice il Signore.
"Anche se i vostri peccati fossero come scarlatto,
diventeranno bianchi come neve.
Se fossero rossi come porpora,
diventeranno come lana.
19Se sarete docili e ascolterete,
mangerete i frutti della terra.
20Ma se vi ostinate e vi ribellate,
sarete divorati dalla spada,
perché la bocca del Signore ha parlato".
21Come mai è diventata una prostituta
la città fedele?
Era piena di rettitudine,
la giustizia vi dimorava;
ora invece è piena di assassini!
22Il tuo argento è diventato scoria,
il tuo vino migliore è diluito con acqua.
23I tuoi capi sono ribelli
e complici di ladri;
tutti sono bramosi di regali,
ricercano mance,
non rendono giustizia all'orfano
e la causa della vedova fino a loro non giunge.
24Perciò, oracolo del Signore,
Dio degli eserciti,
il Potente di Israele:
"Ah, esigerò soddisfazioni dai miei avversari,
mi vendicherò dei miei nemici.
25Stenderò la mano su di te,
purificherò nel crogiuolo le tue scorie,
eliminerò da te tutto il piombo.
26Renderò i tuoi giudici come una volta,
i tuoi consiglieri come al principio.
Dopo, sarai chiamata città della giustizia,
città fedele".
27Sion sarà riscattata con la giustizia,
i suoi convertiti con la rettitudine.
28Tutti insieme finiranno in rovina ribelli e peccatori
e periranno quanti hanno abbandonato il Signore.
29Vi vergognerete delle querce
di cui vi siete compiaciuti,
arrossirete dei giardini
che vi siete scelti,
30poiché sarete come quercia
dalle foglie avvizzite
e come giardino senza acqua.
31Il forte diverrà come stoppa,
la sua opera come scintilla;
bruceranno tutte e due insieme
e nessuno le spegnerà.
Atti degli Apostoli 25
1Festo dunque, raggiunta la provincia, tre giorni dopo salì da Cesarèa a Gerusalemme.2I sommi sacerdoti e i capi dei Giudei gli si presentarono per accusare Paolo e cercavano di persuaderlo,3chiedendo come un favore, in odio a Paolo, che lo facesse venire a Gerusalemme; e intanto disponevano un tranello per ucciderlo lungo il percorso.4Festo rispose che Paolo stava sotto custodia a Cesarèa e che egli stesso sarebbe partito fra breve.5"Quelli dunque che hanno autorità tra voi, disse, vengano con me e se vi è qualche colpa in quell'uomo, lo denuncino".
6Dopo essersi trattenuto fra loro non più di otto o dieci giorni, discese a Cesarèa e il giorno seguente, sedendo in tribunale, ordinò che gli si conducesse Paolo.7Appena giunse, lo attorniarono i Giudei discesi da Gerusalemme, imputandogli numerose e gravi colpe, senza però riuscire a provarle.8Paolo a sua difesa disse: "Non ho commesso alcuna colpa, né contro la legge dei Giudei, né contro il tempio, né contro Cesare".9Ma Festo volendo fare un favore ai Giudei, si volse a Paolo e disse: "Vuoi andare a Gerusalemme per essere là giudicato di queste cose, davanti a me?".10Paolo rispose: "Mi trovo davanti al tribunale di Cesare, qui mi si deve giudicare. Ai Giudei non ho fatto alcun torto, come anche tu sai perfettamente.11Se dunque sono in colpa e ho commesso qualche cosa che meriti la morte, non rifiuto di morire; ma se nelle accuse di costoro non c'è nulla di vero, nessuno ha il potere di consegnarmi a loro. Io mi appello a Cesare".12Allora Festo, dopo aver conferito con il consiglio, rispose: "Ti sei appellato a Cesare, a Cesare andrai".
13Erano trascorsi alcuni giorni, quando arrivarono a Cesarèa il re Agrippa e Berenìce, per salutare Festo.14E poiché si trattennero parecchi giorni, Festo espose al re il caso di Paolo: "C'è un uomo, lasciato qui prigioniero da Felice, contro il quale,15durante la mia visita a Gerusalemme, si presentarono con accuse i sommi sacerdoti e gli anziani dei Giudei per reclamarne la condanna.16Risposi che i Romani non usano consegnare una persona, prima che l'accusato sia stato messo a confronto con i suoi accusatori e possa aver modo di difendersi dall'accusa.17Allora essi convennero qui e io senza indugi il giorno seguente sedetti in tribunale e ordinai che vi fosse condotto quell'uomo.18Gli accusatori gli si misero attorno, ma non addussero nessuna delle imputazioni criminose che io immaginavo;19avevano solo con lui alcune questioni relative la loro particolare religione e riguardanti un certo Gesù, morto, che Paolo sosteneva essere ancora in vita.20Perplesso di fronte a simili controversie, gli chiesi se voleva andare a Gerusalemme ed esser giudicato là di queste cose.21Ma Paolo si appellò perché la sua causa fosse riservata al giudizio dell'imperatore, e così ordinai che fosse tenuto sotto custodia fino a quando potrò inviarlo a Cesare".22E Agrippa a Festo: "Vorrei anch'io ascoltare quell'uomo!". "Domani, rispose, lo potrai ascoltare".
23Il giorno dopo, Agrippa e Berenìce vennero con gran pompa ed entrarono nella sala dell'udienza, accompagnati dai tribuni e dai cittadini più in vista; per ordine di Festo fu fatto entrare anche Paolo.24Allora Festo disse: "Re Agrippa e cittadini tutti qui presenti con noi, voi avete davanti agli occhi colui sul conto del quale tutto il popolo dei Giudei si è appellato a me, in Gerusalemme e qui, per chiedere a gran voce che non resti più in vita.25Io però mi sono convinto che egli non ha commesso alcuna cosa meritevole di morte ed essendosi appellato all'imperatore ho deciso di farlo partire.26Ma sul suo conto non ho nulla di preciso da scrivere al sovrano; per questo l'ho condotto davanti a voi e soprattutto davanti a te, o re Agrippa, per avere, dopo questa udienza, qualcosa da scrivere.27Mi sembra assurdo infatti mandare un prigioniero, senza indicare le accuse che si muovono contro di lui".
Capitolo VI: gli sregolati moti dell'anima
Leggilo nella BibliotecaOgni qual volta si desidera una cosa contro il volere di Dio, subito si diventa interiormente inquieti. Il superbo e l'avaro non hanno mai requie; invece il povero e l'umile di cuore godono della pienezza della pace. Colui che non è perfettamente morto a se stesso cade facilmente in tentazione ed è vinto in cose da nulla e disprezzabili. Colui che è debole nello spirito ed è, in qualche modo, ancora volto alla carne e ai sensi, difficilmente si può distogliere del tutto dalle brame terrene; e, quando pur riesce a sottrarsi a queste brame, ne riceve tristezza. Che se poi qualcuno gli pone ostacolo, facilmente si sdegna; se, infine, raggiunge quel che bramava, immediatamente sente in coscienza il peso della colpa, perché ha assecondato la sua passione, la quale non giova alla pace che cercava. Giacché la vera pace del cuore la si trova resistendo alle passioni, non soggiacendo ad esse. Non già nel cuore di colui che è attaccato alla carne, non già nell'uomo volto alle cose esteriori sta la pace; ma nel cuore di colui che è pieno di fervore spirituale.
LETTERA 24: S. Paolino scrive al vescovo Alipio d'aver ricevuto una sua lettera piena di carità ed affetto cristiano
Lettere - Sant'Agostino
Leggilo nella BibliotecaScritta prima dell'inverno dell'anno 394.
S. Paolino scrive al vescovo Alipio d'aver ricevuto una sua lettera piena di carità ed affetto cristiano (n. 1), insieme con le cinque opere di S. Agostino contro i Manichei, scusandosi del ritardo nell'inviargli la Storia universale di Eusebio di Cesarea (n. 2-3); esprime il vivo desiderio di conoscere meglio la vita di lui e soprattutto i suoi rapporti col vescovo Ambrogio di Milano mentre gli dà qualche notizia sulla propria vita (n. 4); gli chiede infine preghiere e corrispondenza epistolare inviandogli un pane in segno di comunione (n. 5-6).
PAOLINO E TERASIA PECCATORI AL MERITATAMENTE ONOREVOLE SIGNORE E BEATISSIMO PADRE ALIPIO
La carità soprannaturale, origine di ogni bene e di gioia
1. È vera carità, è perfetto amore quello che hai mostrato di nutrire in te nei confronti delle nostre umili persone, o signore veramente santo e meritamente beatissimo ed amabile. Infatti tramite il nostro domestico Giuliano, di ritorno da Cartagine, abbiamo ricevuto una lettera che ci arrecava una così chiara prova della tua Santità, che ci pareva non di ricevere un primo segno bensì la conferma della tua carità; poiché davvero questa carità è emanazione di Colui che dall'origine del mondo ci ha predestinati a Sé 1, nel quale siamo stati creati prima di essere nati, giacché Lui ci ha fatti e non noi stessi 2, Lui che ha fatto le cose che sono destinate ad essere. Pertanto, plasmati dalla prescienza e dall'opera di Lui in conformità di propositi e nell'unità della fede, ovvero nella fede dell'unità, siamo stati uniti dalla carità che precede la conoscenza, così da conoscerci vicendevolmente per rivelazione dello spirito prima di esserci visti col corpo. Perciò ci felicitiamo e ci gloriamo nel Signore, che, solo ed identico in ogni parte della terra, suscita in coloro che gli appartengono il suo amore per opera dello Spirito Santo che ha riversato su ogni uomo 3, colmando di letizia con le impetuose correnti del fiume la propria città 4. Tra i cui cittadini egli ha meritamente collocato te come principe tra i principi del suo popolo 5 su di un seggio apostolico, ed anche noi (che, caduti, ha rialzato e, mendichi, ha sollevato da terra) ha voluto fossimo annoverati nella vostra condizione. Ma ci rallegriamo maggiormente per questo dono del Signore: che ci ha posti ad abitare nel tuo cuore e si è degnato di farci penetrare così profondamente nelle tue viscere, che noi possiamo osare di contare con particolare fiducia sulla tua carità, dopo essere stati spinti a rivaleggiare con te da tali prove di affetto e da tali servigi, che non ci è possibile amarti con diffidenza o superficialmente.
Le opere di A. contro i Manichei.
2. Abbiamo infatti ricevuto un segno particolare del tuo affetto e della tua sollecitudine, l'opera di un uomo santo e perfetto in Cristo Signore, il nostro fratello Agostino, composta in cinque libri, per la quale proviamo tanta ammirazione e rispetto, da considerare le sue parole dettate da Dio. Perciò, confidando nella tua venerabile e fraterna carità per noi, abbiamo osato scrivere anche a lui mentre abbiamo fiducia che per mezzo tuo verremo scusati per la nostra imperizia e raccomandati alla sua Carità, così come a tutti i santi, con i cui saluti, benché essi siano lontani, ti sei degnato di allietarci, pronto senza dubbio a ricambiarli per parte nostra, accompagnati dal nostro ossequio, ai collaboratori della tua Santità nelle funzioni ecclesiastiche e a coloro che nei monasteri cercano di emulare la tua fede e la tua virtù. Infatti, sebbene tu viva fra le genti e sovrintendendo al popolo [di Dio], guidando con sollecite cure come vigile pastore le pecore del gregge del Signore 6, tuttavia, rinunciando al mondo e respingendo le sollecitazioni della carne e del sangue, ti sei creato tu stesso un deserto, separato dai molti e eletto fra i pochi.
La Storia ecclesiastica di Eusebio di Cesarea.
3. Per parte mia, come dono che ricambi almeno parzialmente il tuo, sebbene io sia in tutto inferiore a te, ti ho procurato, come tu mi avevi ingiunto, la famosa Storia Universale di Eusebio, venerabile vescovo di Costantinopoli. Ma c'è stato un ritardo nell'esecuzione dell'ordine per il fatto che, non possedendo io questa opera, secondo le tue istruzioni l'ho dovuta rintracciare a Roma presso il nostro veramente santissimo parente Domnione, il quale senza dubbio nel rendermi questo servigio mi ha ubbidito più prontamente avendogli io rivelato che doveva essere mandata a te. In ogni modo, poiché ti sei compiaciuto di comunicarmi anche i luoghi in cui potevi trovarti, secondo quanto tu stesso mi hai consigliato ho scritto al padre nostro Aurelio, tuo venerabile collega nell'episcopato, in modo che, se tu attualmente ti trovi ad Ippona, egli abbia la cortesia d'inviarti costà la nostra lettera e il manoscritto dopo averlo fatto trascrivere a Cartagine. Ed abbiamo anche pregato Comite ed Evodio, i santi uomini che abbiamo conosciuto attraverso le tue parole rivelatrici della loro carità, di prendersi cura di scrivergli questo affinché il nostro parente Domnione non rimanesse troppo tempo privo del suo codice e quello a te trasmesso potesse restare a tua disposizione senza necessità di restituirlo.
Rapporti con Ambrogio, vescovo di Milano.
4. E, poiché hai voluto colmare con grandi dimostrazioni d'affetto da parte tua me che non le meritavo e non me le aspettavo, io ti chiedo in maniera particolare questo: che, in cambio di questa Storia Universale, tu mi racconti tutta la storia della Santità tua, in modo da spiegarmi minutamente da quale famiglia e in quale casa 7 tu abbia avuto i natali e sia stato chiamato da un così potente Signore e come, prescelto fin dal seno di tua madre e dopo aver rinnegato la famiglia della carne e del sangue, tu sia inizialmente passato alla madre dei figli di Dio, che si allieta della sua prole, e sia stato chiamato a far parte della famiglia di coloro che sono insigniti della dignità regale dei sacerdozio 8. Confesso infatti che vorrei conoscere accuratamente quello a cui tu hai accennato, cioè di aver sentito il nome della mia umile persona a Milano, allorché ricevevi colà la prima iniziazione [al Cristianesimo], per conoscerti interamente, per rallegrarmi maggiormente se tu sei stato chiamato alla fede o consacrato al sacerdozio dal nostro padre Ambrogio, al quale io debbo particolare venerazione, per cui pare che colui che ci ha chiamati alla vita sia identico per entrambi. Infatti io pur essendo stato battezzato a Bordeaux da Delfino e consacrato [sacerdote] a Barcellona in Spagna da Lampio per la costrizione fattagli dal popolo improvvisamente infiammato, tuttavia sono stato sempre nutrito nella fede ed ora sono sostenuto nell'ordine sacerdotale dall'amore di Ambrogio. Egli infine ha voluto rivendicare la mia appartenenza al suo clero, cosicché, pur vivendo in luoghi diversi, sono considerato un suo prete.
Desidera l'aiuto della preghiera e della corrispondenza epistolare.
5. Ma perché tu nulla ignori di me, sappi che questo vecchio peccatore, da non molto tempo tratto dalle tenebre e dall'ombra della morte 9, ha cominciato a respirare il soffio dell'aura vitale e da non molto tempo ha messo mano all'aratro 10 ed ha preso su di sé la croce del Signore: possano le tue preghiere aiutarci affinché abbiamo la forza di portarla fino alla fine. Ai premi che ti sei meritato si aggiungerà anche questo se col tuo intervento avrai alleviato i nostri pesi. Infatti il santo che aiuta colui che soffre (non osiamo dire fratello) sarà esaltato come una grande città 11. E tu invero sei la città edificata sul monte o la lucerna accesa sul candelabro 12, che brilla nello splendore della luce settiforme; noi siamo, per così dire, nascosti sotto il moggio dei nostri peccati. Visitaci con le tue lettere e portaci nella luce in cui tu ti trovi a brillare agli occhi di tutti sugli aurei candelabri. Le tue parole saranno luce per il nostro cammino 13, e il nostro capo sarà unto dall'olio 14 della tua lucerna. E si accenderà la nostra fede quando dal soffio della tua bocca avremo attinto il cibo della mente e la luce dell'anima.
Invia un pane, simbolo d'unione.
6. La pace e la grazia di Dio siano con te e ti sia conservata in quel giorno la corona di giustizia, o signore e padre meritamente dilettissimo, venerabile e ardentemente desiderato. Ti preghiamo di salutare con grande affetto ed ossequio i benedetti compagni ed imitatori della Santità tua e nostri fratelli nel Signore (se lo permettono) che a Cartagine, a Tagaste, a Ippona e in tutte le tue parrocchie e in tutti i luoghi dell'Africa da te conosciuti servono il Signore nella fede cattolica. Se riceverai il manoscritto stesso appartenente al santo Domnione, avrai la bontà di rimandarcelo una volta trascritto. Ti prego di scrivermi quale mio inno tu abbia conosciuto. Per testimoniare la nostra unione abbiamo mandato alla tua Santità un pane in cui è simboleggiata l'unità della Trinità. Se ti degnerai d'accettarlo, farai di questo pane una eulogia.
1 - Ef 1, 4-5.
2 - Sal 99, 3.
3 - Gi 2, 28.
4 - Sal 112, 8.
5 - Sal 145, 8; 112, 7.
6 - Sal 99, 3.
7 - VERG., Aen. 8, 114.
8 - 1 Pt 2, 9.
9 - Sal 106, 14; Lc 1, 79, cf. 1 Pt 2, 9.
10 - Lc 9, 62.
11 - Prv 18, 19.
12 - Mt 5, 14-15.
13 - Sal 118, 105.
14 - Sal 22, 5.
Capitolo LI: Dedicarsi a cose più umili quando si viene meno nelle più alte
Libro III: Dell'interna consolazione - Tommaso da Kempis
Leggilo nella BibliotecaTu non riesci, o figlio, a persistere in un fervoroso desiderio di virtù e restare in un alto grado di contemplazione. Talora, a causa della colpa che è all'origine dell'umanità, devi scendere più in basso e portare il peso di questa vita corruttibile, pur contro voglia e con disgusto; disgusto e pesantezza di spirito, che sentirai fino a che vestirai questo corpo mortale. Nella carne, dunque, e sotto il peso della carne devi spesso patire, poiché non sei capace di stare interamente e continuamente in occupazioni spirituali e nella contemplazione di Dio. Allora devi rifugiarti in occupazioni umili e materiali e fortificarti con azioni degne; devi attendere, con ferma fiducia, che io venga dall'alto e mi manifesti a te; devi sopportare con pazienza il tuo esilio e la tua aridità di spirito, fino a che io non venga di nuovo a te, liberandoti da tutte le angosce. Invero ti farò dimenticare le tue fatiche, nel godimento della pace interiore; ti aprirò dinanzi il campo delle Scritture, nel quale potrai cominciare a correre con animo sollevato "la via dei mie comandamenti" (Sal 118,32). Allora dirai: "i patimenti di questo mondo non sono nulla in confronto alla futura gloria, che si rivelerà in noi" (Rm 8,18).
4-91 Ottobre 8, 1901 Quando l’anima opera unita con Gesù, suoi atti hanno gli stessi effetti del suo operare. Valore della intenzione.
Luisa Piccarreta (Libro di Cielo)
(1) Questa mattina, dopo d’avere stentato molto nell’aspettare il mio adorabile Gesù, io però mentre l’aspettavo facevo quanto più potevo d’unire tutto ciò che stavo operando nel mio interno, coll’interno di nostro Signore, intendendo dargli tutta quella gloria e riparazione che gli dava l’Umanità sua Santissima. Ora mentre ciò facevo, il benedetto Gesù è venuto e mi ha detto:
(2) “Figlia mia, quando l’anima se ne serve come mezzo d’operare della mia Umanità, fosse anche un pensiero, un respiro, un’atto qualunque, sono come tante gemme che escono dalla mia Umanità, e si presentano innanzi alla Divinità, e siccome escono per mezzo della mia Umanità, hanno gli stessi effetti del mio operare quando stavo sulla terra”.
(3) Ed io: “Ah! Signore, mi sento come un dubbio, come può essere che con la semplice intenzione nell’operare, fosse anche nelle minime cose, mentre considerandole sono cose da niente, vuote, e pare che la sola intenzione dell’unione vostra e di piacere solamente a voi le riempie, e voi l’innalzate in quel modo supremo facendola comparire come una cosa grandissima?”
(4) “Ah! figlia mia, vuoto è l’operare della creatura, fosse pure un’opera grande, ma è la mia unione e la semplice mira di piacere a Me che la riempie, e siccome il mio operare, fosse anche un respiro accede in un modo infinito tutte le opere delle creature insieme, ecco la causa che la rende sì grande, e poi, non sai tu che chi si serve come mezzo della mia Umanità, d’operare le sue azioni viene a nutrirsi dei frutti della mia stessa Umanità, e ad alimentarsi del mio stesso cibo? Oltre di ciò, non è forse la buona intenzione che fa l’uomo santo, e la cattiva che lo fa perverso? Non sempre si fanno cose diverse, ma le stesse azioni uno si santifica e l’altro si pervertisse”.
(5) Ora mentre ciò diceva, vedevo dentro di Nostro Signore un’albero verdeggiante, pieno di belli frutti, e quelle anime che operavano per piacere solo a Dio, e per mezzo dell’Umanità sua, le vedevo dentro di lui, sopra di quest’albero, e la sua Umanità serviva d’abitazione a quest’anime. Ma quanto era scarsissimo il loro numero.