Sotto il Tuo Manto

Venerdi, 4 luglio 2025 - Sant´Elisabetta di Portogallo (Letture di oggi)

Sul Calvario, Gesù disse al ladrone che stava morendo con Lui questa frase sconvolgente: "Oggi sarai con me in paradiso!" "Oggi!" e non fra cento o mille anni. Questa frase mi risuona nell'anima come un messaggio di speranza. Io, che penso al Purgatorio come un luogo o uno stato o una condizione dove trascorrere molto tempo prima di entrare nel Regno dei cieli, devo comprendere che i calcoli appartengono alla terra e non al cielo, alla giustizia umana e non alla gratuità  dell'amore soprannaturale. La grazia non è il frutto o il merito di un adeguato numero di buone opere per meritarla. La grazia è la grazia, cioè gratuità . La salvezza non dipende da me ma dalla gratuità  dell'amore di Dio. (Don Nikola Vucic)

Liturgia delle Ore - Letture

Lunedi della 1° settimana del tempo di Quaresima

Questa sezione contiene delle letture scelte a caso, provenienti dalle varie sezioni del sito (Sacra Bibbia e la sezione Biblioteca Cristiana), mentre l'ultimo tab Apparizioni, contiene messaggi di apparizioni a mistici o loro scritti. Sono presenti testi della Valtorta, Luisa Piccarreta, don Stefano Gobbi e testimonianze di apparizioni mariane riconosciute.

Vangelo secondo Giovanni 10

1"In verità, in verità vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore per la porta, ma vi sale da un'altra parte, è un ladro e un brigante.2Chi invece entra per la porta, è il pastore delle pecore.3Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore una per una e le conduce fuori.4E quando ha condotto fuori tutte le sue pecore, cammina innanzi a loro, e le pecore lo seguono, perché conoscono la sua voce.5Un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui, perché non conoscono la voce degli estranei".6Questa similitudine disse loro Gesù; ma essi non capirono che cosa significava ciò che diceva loro.
7Allora Gesù disse loro di nuovo: "In verità, in verità vi dico: io sono la porta delle pecore.8Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati.9Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvo; entrerà e uscirà e troverà pascolo.10Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza.11Io sono il buon pastore. Il buon pastore offre la vita per le pecore.12Il mercenario invece, che non è pastore e al quale le pecore non appartengono, vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge e il lupo le rapisce e le disperde;13egli è un mercenario e non gli importa delle pecore.14Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me,15come il Padre conosce me e io conosco il Padre; e offro la vita per le pecore.16E ho altre pecore che non sono di quest'ovile; anche queste io devo condurre; ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge e un solo pastore.17Per questo il Padre mi ama: perché io offro la mia vita, per poi riprenderla di nuovo.18Nessuno me la toglie, ma la offro da me stesso, poiché ho il potere di offrirla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo comando ho ricevuto dal Padre mio".
19Sorse di nuovo dissenso tra i Giudei per queste parole.20Molti di essi dicevano: "Ha un demonio ed è fuori di sé; perché lo state ad ascoltare?".21Altri invece dicevano: "Queste parole non sono di un indemoniato; può forse un demonio aprire gli occhi dei ciechi?".

22Ricorreva in quei giorni a Gerusalemme la festa della Dedicazione. Era d'inverno.23Gesù passeggiava nel tempio, sotto il portico di Salomone.24Allora i Giudei gli si fecero attorno e gli dicevano: "Fino a quando terrai l'animo nostro sospeso? Se tu sei il Cristo, dillo a noi apertamente".25Gesù rispose loro: "Ve l'ho detto e non credete; le opere che io compio nel nome del Padre mio, queste mi danno testimonianza;26ma voi non credete, perché non siete mie pecore.27Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono.28Io do loro la vita eterna e non andranno mai perdute e nessuno le rapirà dalla mia mano.29Il Padre mio che me le ha date è più grande di tutti e nessuno può rapirle dalla mano del Padre mio.30Io e il Padre siamo una cosa sola".
31I Giudei portarono di nuovo delle pietre per lapidarlo.32Gesù rispose loro: "Vi ho fatto vedere molte opere buone da parte del Padre mio; per quale di esse mi volete lapidare?".33Gli risposero i Giudei: "Non ti lapidiamo per un'opera buona, ma per la bestemmia e perché tu, che sei uomo, ti fai Dio".34Rispose loro Gesù: "Non è forse scritto nella vostra Legge: 'Io ho detto: voi siete dèi'?35Ora, se essa ha chiamato dèi coloro ai quali fu rivolta la parola di Dio (e la Scrittura non può essere annullata),36a colui che il Padre ha consacrato e mandato nel mondo, voi dite: Tu bestemmi, perché ho detto: Sono Figlio di Dio?37Se non compio le opere del Padre mio, non credetemi;38ma se le compio, anche se non volete credere a me, credete almeno alle opere, perché sappiate e conosciate che il Padre è in me e io nel Padre".39Cercavano allora di prenderlo di nuovo, ma egli sfuggì dalle loro mani.

40Ritornò quindi al di là del Giordano, nel luogo dove prima Giovanni battezzava, e qui si fermò.41Molti andarono da lui e dicevano: "Giovanni non ha fatto nessun segno, ma tutto quello che Giovanni ha detto di costui era vero".42E in quel luogo molti credettero in lui.


Numeri 26

1Il Signore disse a Mosè e ad Eleazaro, figlio del sacerdote Aronne:2"Fate il censimento di tutta la comunità degli Israeliti, dall'età di vent'anni in su, secondo i loro casati paterni, di quanti in Israele possono andare in guerra".3Mosè e il sacerdote Eleazaro dissero loro nelle steppe di Moab presso il Giordano di fronte a Gèrico:4"Si faccia il censimento dall'età di vent'anni in su, come il Signore aveva ordinato a Mosè e agli Israeliti, quando uscirono dal paese d'Egitto".
5Ruben primogenito d'Israele. Figli di Ruben: Enoch, da cui discende la famiglia degli Enochiti; Pallu, da cui discende la famiglia dei Palluiti;6Chezron, da cui discende la famiglia degli Chezroniti; Carmi, da cui discende la famiglia dei Carmiti.7Tali sono le famiglie dei Rubeniti: quelli che furono registrati erano quarantatremilasettecentotrenta.8Figli di Pallu: Eliab.9Figli di Eliab: Nemuel, Datan e Abiram. Questi sono quel Datan e quell'Abiram, membri del consiglio, che si ribellarono contro Mosè e contro Aronne con la gente di Core, quando questa si era ribellata contro il Signore;10la terra spalancò la bocca e li inghiottì insieme con Core, quando quella gente perì e il fuoco divorò duecentocinquanta uomini, che servirono d'esempio.11Ma i figli di Core non perirono.
12Figli di Simeone secondo le loro famiglie. Da Nemuel discende la famiglia dei Nemueliti; da Iamin la famiglia degli Iaminiti; da Iachin la famiglia degli Iachiniti; da Zocar la famiglia dei Zocariti;13da Saul la famiglia dei Sauliti.14Tali sono le famiglie dei Simeoniti. Ne furono registrati ventiduemiladuecento.
15Figli di Gad secondo le loro famiglie. Da Sefon discende la famiglia dei Sefoniti; da Agghi la famiglia degli Agghiti; da Suni la famiglia dei Suniti;16da Ozni la famiglia degli Ozniti; da Eri la famiglia degli Eriti;17da Arod la famiglia degli Aroditi; da Areli la famiglia degli Areliti.18Tali sono le famiglie dei figli di Gad. Ne furono registrati quarantamilacinquecento.
19Figli di Giuda: Er e Onan; ma Er e Onan morirono nel paese di Canaan.20Ecco i figli di Giuda secondo le loro famiglie: da Sela discende la famiglia degli Selaniti; da Perez la famiglia dei Pereziti; da Zerach la famiglia degli Zerachiti.21I figli di Perez furono: Chezron da cui discende la famiglia dei Chezroniti; Amul da cui discende la famiglia degli Amuliti.22Tali sono le famiglie di Giuda. Ne furono registrati settantaseimilacinquecento.
23Figli di Issacar secondo le loro famiglie: da Tola discende la famiglia dei Tolaiti; da Puva la famiglia dei Puviti;24da Iasub la famiglia degli Iasubiti; da Simron la famiglia dei Simroniti.25Tali sono le famiglie di Issacar. Ne furono registrati sessantaquattromilatrecento.
26Figli di Zàbulon secondo le loro famiglie: da Sered discende la famiglia dei Serediti; da Elon la famiglia degli Eloniti; da Iacleel la famiglia degli Iacleeliti.27Tali sono le famiglie degli Zabuloniti. Ne furono registrati sessantamilacinquecento.
28Figli di Giuseppe secondo le loro famiglie: Manàsse ed Efraim.29Figli di Manàsse: da Machir discende la famiglia dei Machiriti. Machir generò Gàlaad. Da Gàlaad discende la famiglia dei Galaaditi.30Questi sono i figli di Gàlaad: Iezer da cui discende la famiglia degli Iezeriti; Elek da cui discende la famiglia degli Eleciti;31Asriel da cui discende la famiglia degli Asrieliti; Sichem da cui discende la famiglia dei Sichemiti;32Semida da cui discende la famiglia dei Semiditi; Efer da cui discende la famiglia degli Eferiti.33Ora Zelofcad, figlio di Efer, non ebbe maschi ma soltanto figlie e le figlie di Zelofcad si chiamarono Macla, Noa, Ogla, Milca e Tirza.34Tali sono le famiglie di Manàsse: gli uomini registrati furono cinquantaduemilasettecento.
35Questi sono i figli di Efraim secondo le loro famiglie: da Sutelach discende la famiglia dei Sutelachiti; da Beker la famiglia dei Bekeriti; da Tacan la famiglia dei Tacaniti.36Questi sono i figli di Sutelach: da Erano è discesa la famiglia degli Eraniti.37Tali sono le famiglie dei figli di Efraim. Ne furono registrati trentaduemilacinquecento. Questi sono i figli di Giuseppe secondo le loro famiglie.
38Figli di Beniamino secondo le loro famiglie: da Bela discende la famiglia dei Belaiti; da Asbel la famiglia degli Asbeliti; da Airam la famiglia degli Airamiti;39da Sufam la famiglia degli Sufamiti;40da Ufam la famiglia degli Ufamiti. I figli di Bela furono Ard e Naaman; da Ard discende la famiglia degli Arditi; da Naaman discende la famiglia dei Naamiti.41Tali sono i figli di Beniamino secondo le loro famiglie. Gli uomini registrati furono quarantacinquemilaseicento.
42Questi sono i figli di Dan secondo le loro famiglie: da Suam discende la famiglia dei Suamiti. Sono queste le famiglie di Dan secondo le loro famiglie.43Totale per le famiglie dei Suamiti: ne furono registrati sessantaquattromilaquattrocento.
44Figli di Aser secondo le loro famiglie: da Imna discende la famiglia degli Imniti; da Isvi la famiglia degli Isviti; da Beria la famiglia dei Beriiti.45Dai figli di Beria discendono: da Eber la famiglia degli Eberiti; da Malchiel la famiglia dei Malchieliti.46La figlia di Aser si chiamava Sera.47Tali sono le famiglie dei figli di Aser. Ne furono registrati cinquantatremilaquattrocento.
48Figli di Nèftali secondo le loro famiglie: da Iacseel discende la famiglia degli Iacseeliti; da Guni la famiglia dei Guniti;49da Ieser la famiglia degli Ieseriti; da Sillem la famiglia dei Sillemiti.50Tali sono le famiglie di Nèftali secondo le loro famiglie. Gli uomini registrati furono quarantacinquemilaquattrocento.
51Questi sono gli Israeliti che furono registrati: seicentounmilasettecentotrenta.
52Il Signore disse a Mosè:53"Il paese sarà diviso tra di essi, per essere la loro proprietà, secondo il numero delle persone.54A quelli che sono in maggior numero darai in possesso una porzione maggiore; a quelli che sono in minor numero darai una porzione minore; si darà a ciascuno la sua porzione secondo il censimento.55Ma la ripartizione del paese sarà gettata a sorte; essi riceveranno la rispettiva proprietà secondo i nomi delle loro tribù paterne.56La ripartizione delle proprietà sarà gettata a sorte per tutte le tribù grandi o piccole".
57Questi sono i leviti dei quali si fece il censimento secondo le loro famiglie: da Gherson discende la famiglia dei Ghersoniti; da Keat la famiglia dei Keatiti; da Merari la famiglia dei Merariti.
58Queste sono le famiglie di Levi: la famiglia dei Libniti, la famiglia degli Ebroniti, la famiglia dei Macliti, la famiglia dei Musiti, la famiglia dei Coriti. Keat generò Amram.59La moglie di Amram si chiamava Iochebed, figlia di Levi, che nacque a Levi in Egitto; essa partorì ad Amram Aronne, Mosè e Maria loro sorella.60Ad Aronne nacquero Nadab e Abiu, Eleazaro e Itamar.61Ora Nadab e Abiu morirono quando presentarono al Signore un fuoco profano.62Gli uomini registrati furono ventitremila: tutti maschi, dall'età di un mese in su. Non furono compresi nel censimento degli Israeliti perché non fu data loro alcuna proprietà tra gli Israeliti.
63Questi sono i registrati da Mosè e dal sacerdote Eleazaro, i quali fecero il censimento degli Israeliti nelle steppe di Moab presso il Giordano di Gèrico.64Fra questi non vi era alcuno di quegli Israeliti dei quali Mosè e il sacerdote Aronne avevano fatto il censimento nel deserto del Sinai,65perché il Signore aveva detto di loro: "Dovranno morire nel deserto!". E non ne rimase neppure uno, eccetto Caleb figlio di Iefunne, e Giosuè figlio di Nun.


Giobbe 39

1Sai tu quando figliano le camozze
e assisti al parto delle cerve?
2Conti tu i mesi della loro gravidanza
e sai tu quando devono figliare?
3Si curvano e depongono i figli,
metton fine alle loro doglie.
4Robusti sono i loro figli, crescono in campagna,
partono e non tornano più da esse.
5Chi lascia libero l'asino selvatico
e chi scioglie i legami dell'ònagro,
6al quale ho dato la steppa per casa
e per dimora la terra salmastra?
7Del fracasso della città se ne ride
e gli urli dei guardiani non ode.
8Gira per le montagne, sua pastura,
e va in cerca di quanto è verde.
9Il bufalo si lascerà piegare a servirti
o a passar la notte presso la tua greppia?
10Potrai legarlo con la corda per fare il solco
o fargli erpicare le valli dietro a te?
11Ti fiderai di lui, perché la sua forza è grande
e a lui affiderai le tue fatiche?
12Conterai su di lui, che torni
e raduni la tua messe sulla tua aia?
13L'ala dello struzzo batte festante,
ma è forse penna e piuma di cicogna?
14Abbandona infatti alla terra le uova
e sulla polvere le lascia riscaldare.
15Dimentica che un piede può schiacciarle,
una bestia selvatica calpestarle.
16Tratta duramente i figli, come se non fossero
suoi,
della sua inutile fatica non si affanna,
17perché Dio gli ha negato la saggezza
e non gli ha dato in sorte discernimento.
18Ma quando giunge il saettatore, fugge agitando le
ali:
si beffa del cavallo e del suo cavaliere.
19Puoi tu dare la forza al cavallo
e vestire di fremiti il suo collo?
20Lo fai tu sbuffare come un fumaiolo?
Il suo alto nitrito incute spavento.
21Scalpita nella valle giulivo
e con impeto va incontro alle armi.
22Sprezza la paura, non teme,
né retrocede davanti alla spada.
23Su di lui risuona la faretra,
il luccicar della lancia e del dardo.
24Strepitando, fremendo, divora lo spazio
e al suono della tromba più non si tiene.
25Al primo squillo grida: "Aah!..."
e da lontano fiuta la battaglia,
gli urli dei capi, il fragor della mischia.
26Forse per il tuo senno si alza in volo lo sparviero
e spiega le ali verso il sud?
27O al tuo comando l'aquila s'innalza
e pone il suo nido sulle alture?
28Abita le rocce e passa la notte
sui denti di rupe o sui picchi.
29Di lassù spia la preda,
lontano scrutano i suoi occhi.
30I suoi aquilotti succhiano il sangue
e dove sono cadaveri, là essa si trova.


Salmi 41

1'Al maestro del coro. Salmo. Di Davide.'

2Beato l'uomo che ha cura del debole,
nel giorno della sventura il Signore lo libera.
3Veglierà su di lui il Signore,
lo farà vivere beato sulla terra,
non lo abbandonerà alle brame dei nemici.
4Il Signore lo sosterrà sul letto del dolore;
gli darai sollievo nella sua malattia.

5Io ho detto: "Pietà di me, Signore;
risanami, contro di te ho peccato".
6I nemici mi augurano il male:
"Quando morirà e perirà il suo nome?".
7Chi viene a visitarmi dice il falso,
il suo cuore accumula malizia
e uscito fuori sparla.

8Contro di me sussurrano insieme i miei nemici,
contro di me pensano il male:
9"Un morbo maligno su di lui si è abbattuto,
da dove si è steso non potrà rialzarsi".
10Anche l'amico in cui confidavo,
anche lui, che mangiava il mio pane,
alza contro di me il suo calcagno.

11Ma tu, Signore, abbi pietà e sollevami,
che io li possa ripagare.
12Da questo saprò che tu mi ami
se non trionfa su di me il mio nemico;
13per la mia integrità tu mi sostieni,
mi fai stare alla tua presenza per sempre.
14Sia benedetto il Signore, Dio d'Israele,
da sempre e per sempre. Amen, amen.


Geremia 19

1Così disse il Signore a Geremia: "Va' a comprarti una brocca di terracotta; prendi alcuni anziani del popolo e alcuni sacerdoti con te2ed esci nella valle di Ben-Hinnòn, che è all'ingresso della Porta dei cocci. Là proclamerai le parole che io ti dirò.3Riferirai: Ascoltate la parola del Signore, o re di Giuda e abitanti di Gerusalemme. Così dice il Signore degli eserciti, Dio di Israele: Ecco io manderò su questo luogo una sventura tale che risuonerà negli orecchi di chiunque la udrà,4poiché mi hanno abbandonato e hanno destinato ad altro questo luogo per sacrificarvi ad altri dèi, che né essi né i loro padri né i re di Giuda conoscevano. Essi hanno riempito questo luogo di sangue innocente;5hanno edificato alture a Baal per bruciare nel fuoco i loro figli come olocausti a Baal. Questo io non ho comandato, non ne ho mai parlato, non mi è mai venuto in mente.
6Perciò, ecco, verranno giorni - dice il Signore - nei quali questo luogo non si chiamerà più Tofet e valle di Ben-Hinnòn, ma piuttosto valle della Strage.7Io renderò vani i piani di Giuda e di Gerusalemme in questo luogo. Li farò cadere di spada davanti ai loro nemici e per mezzo di coloro che attentano alla loro vita e darò i loro cadaveri in pasto agli uccelli dell'aria e alle bestie selvatiche.8Ridurrò questa città a una desolazione e a oggetto di scherno; quanti le passeranno vicino resteranno stupiti e fischieranno davanti a tutte le sue ferite.9Farò loro mangiare la carne dei figli e la carne delle figlie; si divoreranno tra di loro durante l'assedio e l'angoscia in cui li stringeranno i nemici e quanti attentano alla loro vita.
10Tu poi, spezzerai la brocca sotto gli occhi degli uomini che saranno venuti con te11e riferirai loro: Così dice il Signore degli eserciti: Spezzerò questo popolo e questa città, così come si spezza un vaso di terracotta, che non si può più accomodare. Allora si seppellirà perfino in Tofet, perché non ci sarà più spazio per seppellire.12Così farò - dice il Signore - riguardo a questo luogo e ai suoi abitanti, rendendo questa città come Tofet.13Le case di Gerusalemme e le case dei re di Giuda saranno impure come il luogo di Tofet; cioè tutte le case, sui tetti delle quali essi bruciavano incenso a tutta la milizia del cielo e facevano libazioni ad altri dèi".
14Quando Geremia tornò da Tofet dove il Signore lo aveva mandato a profetizzare, si fermò nell'atrio del tempio del Signore e disse a tutto il popolo:15"Dice il Signore degli eserciti, Dio di Israele: Ecco io manderò su questa città e su tutte le sue borgate tutto il male che le ho preannunziato, perché essi si sono intestarditi, rifiutandosi di ascoltare le mie parole".


Atti degli Apostoli 19

1Mentre Apollo era a Corinto, Paolo, attraversate le regioni dell'altopiano, giunse a Èfeso. Qui trovò alcuni discepoli2e disse loro: "Avete ricevuto lo Spirito Santo quando siete venuti alla fede?". Gli risposero: "Non abbiamo nemmeno sentito dire che ci sia uno Spirito Santo".3Ed egli disse: "Quale battesimo avete ricevuto?". "Il battesimo di Giovanni", risposero.4Disse allora Paolo: "Giovanni ha amministrato un battesimo di penitenza, dicendo al popolo di credere in colui che sarebbe venuto dopo di lui, cioè in Gesù".5Dopo aver udito questo, si fecero battezzare nel nome del Signore Gesù6e, non appena Paolo ebbe imposto loro le mani, scese su di loro lo Spirito Santo e parlavano in lingue e profetavano.7Erano in tutto circa dodici uomini.

8Entrato poi nella sinagoga, vi poté parlare liberamente per tre mesi, discutendo e cercando di persuadere gli ascoltatori circa il regno di Dio.9Ma poiché alcuni si ostinavano e si rifiutavano di credere dicendo male in pubblico di questa nuova dottrina, si staccò da loro separando i discepoli e continuò a discutere ogni giorno nella scuola di un certo Tiranno.10Questo durò due anni, col risultato che tutti gli abitanti della provincia d'Asia, Giudei e Greci, poterono ascoltare la parola del Signore.

11Dio intanto operava prodigi non comuni per opera di Paolo,12al punto che si mettevano sopra i malati fazzoletti o grembiuli che erano stati a contatto con lui e le malattie cessavano e gli spiriti cattivi fuggivano.
13Alcuni esorcisti ambulanti giudei si provarono a invocare anch'essi il nome del Signore Gesù sopra quanti avevano spiriti cattivi, dicendo: "Vi scongiuro per quel Gesù che Paolo predica".14Facevano questo sette figli di un certo Sceva, un sommo sacerdote giudeo.15Ma lo spirito cattivo rispose loro: "Conosco Gesù e so chi è Paolo, ma voi chi siete?".16E l'uomo che aveva lo spirito cattivo, slanciatosi su di loro, li afferrò e li trattò con tale violenza che essi fuggirono da quella casa nudi e coperti di ferite.17Il fatto fu risaputo da tutti i Giudei e dai Greci che abitavano a Èfeso e tutti furono presi da timore e si magnificava il nome del Signore Gesù.18Molti di quelli che avevano abbracciato la fede venivano a confessare in pubblico le loro pratiche magiche19e un numero considerevole di persone che avevano esercitato le arti magiche portavano i propri libri e li bruciavano alla vista di tutti. Ne fu calcolato il valore complessivo e trovarono che era di cinquantamila dramme d'argento.20Così la parola del Signore cresceva e si rafforzava.

21Dopo questi fatti, Paolo si mise in animo di attraversare la Macedonia e l'Acaia e di recarsi a Gerusalemme dicendo: "Dopo essere stato là devo vedere anche Roma".22Inviati allora in Macedonia due dei suoi aiutanti, Timòteo ed Erasto, si trattenne ancora un po' di tempo nella provincia di Asia.

23Verso quel tempo scoppiò un gran tumulto riguardo alla nuova dottrina.24Un tale, chiamato Demetrio, argentiere, che fabbricava tempietti di Artémide in argento e procurava in tal modo non poco guadagno agli artigiani,25li radunò insieme agli altri che si occupavano di cose del genere e disse: "Cittadini, voi sapete che da questa industria proviene il nostro benessere;26ora potete osservare e sentire come questo Paolo ha convinto e sviato una massa di gente, non solo di Èfeso, ma si può dire di tutta l'Asia, affermando che non sono dèi quelli fabbricati da mani d'uomo.27Non soltanto c'è il pericolo che la nostra categoria cada in discredito, ma anche che il santuario della grande dea Artémide non venga stimato più nulla e venga distrutta la grandezza di colei che l'Asia e il mondo intero adorano".
28All'udire ciò s'infiammarono d'ira e si misero a gridare: "Grande è l'Artémide degli Efesini!".29Tutta la città fu in subbuglio e tutti si precipitarono in massa nel teatro, trascinando con sé Gaio e Aristarco macèdoni, compagni di viaggio di Paolo.30Paolo voleva presentarsi alla folla, ma i discepoli non glielo permisero.31Anche alcuni dei capi della provincia, che gli erano amici, mandarono a pregarlo di non avventurarsi nel teatro.32Intanto, chi gridava una cosa, chi un'altra; l'assemblea era confusa e i più non sapevano il motivo per cui erano accorsi.
33Alcuni della folla fecero intervenire un certo Alessandro, che i Giudei avevano spinto avanti, ed egli, fatto cenno con la mano, voleva tenere un discorso di difesa davanti al popolo.34Appena s'accorsero che era Giudeo, si misero tutti a gridare in coro per quasi due ore: "Grande è l'Artémide degli Efesini!".35Alla fine il cancelliere riuscì a calmare la folla e disse: "Cittadini di Èfeso, chi fra gli uomini non sa che la città di Èfeso è custode del tempio della grande Artémide e della sua statua caduta dal cielo?36Poiché questi fatti sono incontestabili, è necessario che stiate calmi e non compiate gesti inconsulti.37Voi avete condotto qui questi uomini che non hanno profanato il tempio, né hanno bestemmiato la nostra dea.38Perciò se Demetrio e gli artigiani che sono con lui hanno delle ragioni da far valere contro qualcuno, ci sono per questo i tribunali e vi sono i proconsoli: si citino in giudizio l'un l'altro.39Se poi desiderate qualche altra cosa, si deciderà nell'assemblea ordinaria.40C'è il rischio di essere accusati di sedizione per l'accaduto di oggi, non essendoci alcun motivo per cui possiamo giustificare questo assembramento".41E con queste parole sciolse l'assemblea.


Capitolo XVI: Sopportare i difetti degli altri

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1. Quei difetti, nostro od altrui, che non riusciamo a correggere, li dobbiamo sopportare con pazienza, fino a che Dio non disponga altrimenti. Rifletti che, per avventura, questa sopportazione è la cosa più utile per te, come prova di quella pazienza, senza della quale ben poco contano i nostri meriti. Tuttavia, di fronte a tali difficoltà, devi chiedere insistentemente che Dio si degni di venirti in aiuto e che tu riesca a sopportarle lietamente. Se uno, ammonito una volta e un'altra ancora, non si acquieta, cessa di litigare con lui; rimetti invece ogni cosa in Dio, affinché in tutti noi, suoi servi, si faccia la volontà e la gloria di Lui, che ben sa trasformare il male in bene. Sforzati di essere paziente nel tollerare i difetti e le debolezze altrui, qualunque essi siano, giacché anche tu presenti molte cose che altri debbono sopportare.  

2. Se non riesci a trasformare te stesso secondo quella che pure è la tua volontà, come potrai pretendere che gli altri si conformino al tuo desiderio? Vogliamo che gli altri siano perfetti; mentre noi non correggiamo le nostre manchevolezze. Vogliamo che gli altri si correggano rigorosamente; mentre noi non sappiamo correggere noi stessi. Ci disturba una ampia libertà degli altri; mentre non sappiamo negare a noi stessi ciò che desideriamo. Vogliamo che gli altri siano stretti entro certe regole; mentre noi non ammettiamo di essere un po' più frenati. In tal modo, dunque, è chiaro che raramente misuriamo il prossimo come noi stessi. Se fossimo tutti perfetti, che cosa avremmo da patire dagli altri, per amore di Dio? Ora, Dio così dispone, affinché apprendessimo a portare l'uno i pesi dell'altro (Gal 6,2). Infatti non c'è alcuno che non presenti difetti o molestie; non c'è alcuno che basti a se stesso e che, di per sé, sia sufficientemente saggio. Occorre, dunque, che ci sopportiamo a vicenda, che a vicenda ci consoliamo, che egualmente ci aiutiamo e ci ammoniamo. Quanta virtù ciascuno di noi abbia, ciò appare al momento delle avversità: non sono le occasioni che fanno fragile l'uomo, ma esse mostrano quale esso è.


DISCORSO 198 CONTRO LE FESTE PAGANE DEL 1° GENNAIO

Discorsi - Sant'Agostino

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La festa pagana di capodanno.

1. Vedo, fratelli, che oggi vi siete riuniti come per celebrare una grande festa e che siete più numerosi del solito. Esorto pertanto la vostra Carità a ricordare quello che ora avete cantato, perché non avvenga che mentre la lingua grida il cuore rimanga muto ma ciò che avete fatto risuonare vicendevolmente alle vostre orecchie con la voce lo gridiate con amore presso le orecchie di Dio. Cantavate questo versetto del Salmo: Salvaci, Signore Dio nostro radunaci di mezzo alle genti, affinché esaltiamo il tuo santo nome 1. Ora sarete veramente radunati di mezzo alle genti se non vi fate attrarre dalla festa che i pagani celebrano oggi con gioia mondana e carnale, con strepito di futili e osceni canti, con conviti e danze turpi, con la celebrazione stessa di una festa che non ha motivo di essere; se non provate interesse insomma per quello che fanno i pagani.

La separazione tra i cristiani e i pagani.

2. Voi dunque avete cantato - e il suono di questo sacro canto echeggia ancora nei vostri orecchi -: Salvaci, Signore Dio nostro radunaci di mezzo alle genti. Chi può essere radunato di mezzo alle genti se non quando diventa salvato? E pertanto coloro che ancora si mescolano ai pagani non sono salvati. Coloro che vengono radunati di mezzo alle genti vengono salvati con la salvezza della fede, della speranza, dell'autentica carità, con la salvezza spirituale con la salvezza delle promesse di Dio. Chi crede, spera e ama non per questo si può ritenere salvato; bisogna vedere che cosa crede in che cosa spera, che cosa ama. Qualunque tipo di vita si conduca nessuno vive senza questi tre sentimenti dell'animo: la fede, la speranza, l'amore. Se non credi le stesse cose che credono i pagani, se non speri nelle stesse cose in cui sperano i pagani, se non ami le stesse cose che amano i pagani, allora vieni radunato di mezzo alle genti, vieni segregato, cioè separato dalle genti. Se c'è una così profonda separazione dell'animo, non temere se non ci può essere ancora quella fisica. Ci può essere separazione maggiore di questa, che mentre i pagani ritengono dèi i demoni, tu credi nell'unico e vero Dio? I pagani sperano nelle cose futili del mondo, tu speri nella vita eterna insieme a Cristo? i pagani amano il mondo, mentre tu ami l'artefice del mondo? Chi dunque crede diversamente dai pagani, chi spera in altre cose, chi ama altre cose, lo dimostri con la vita, lo provi con i fatti. Se parteciperai alla festa delle strenne, come un qualunque pagano, se giocherai ai dadi, se ti ubriacherai, in che modo credi diversamente, speri diversamente, ami beni diversi? Come puoi cantare a fronte alta: Salvaci, Signore Dio nostro, radunaci di mezzo alle genti? Sarai separato dai pagani se, pur materialmente vivendo insieme ad essi, condurrai una vita diversa. Quale sia questa vostra separazione dai pagani guardatela voi, dal modo come vi comportate, da come ne date prova. Il Signore nostro Gesù Cristo, Figlio di Dio, che per noi si è fatto uomo, ha già pagato per noi un prezzo. Sì, egli ha pagato il suo prezzo: e lo ha pagato per riscattarci, per radunarci di mezzo alle genti. Se tu ti mescoli ai pagani, non vuoi seguire colui che ti ha riscattato; e ti mescoli ai pagani se conduci la stessa vita, fai le stesse cose, hai gli stessi sentimenti, se credi, speri e ami come loro. Ti mostri ingrato al tuo Redentore, non tieni conto del prezzo per te pagato, del sangue dell'Agnello immacolato. Per seguire il tuo Redentore, che ti ha riscattato con il suo sangue, non mescolarti ai pagani con l'avere lo stesso comportamento e il fare le stesse cose. Essi si scambiano le strenne, voi fate le elemosine; essi si divertono con canti lascivi, voi ricreatevi con l'ascolto delle Scritture; essi corrono al teatro, voi correte alla chiesa; essi si ubriacano, voi digiunate. Se oggi non potete digiunare, per lo meno consumate un pasto sobrio. Se farete così, sarete coerenti con quanto avete cantato: Salvaci, Signore Dio nostro, radunaci di mezzo alle genti.

Vita dei cristiani e vita dei pagani.

3. Molti oggi si sentiranno a disagio in coscienza di fronte a questo discorso che hanno ascoltato. Abbiamo detto: Non fate le strenne, fate piuttosto le elemosine ai poveri. Anzi, non è sufficiente che facciate le elemosine, ma fatele in misura più abbondante del solito. Non volete farle in maniera più abbondante? Ma almeno fatele! Tu mi dirai: Quando faccio la strenna ne ricevo anch'io in cambio. E che? Quando fai l'elemosina ai poveri non ne ricevi niente in contraccambio? Certo, l'oggetto della tua fede e della tua speranza deve essere diverso da quello dei pagani. Ma se dici che dando ai poveri non te ne viene niente, sei diventato uno dei pagani. Invano allora hai cantato: Salvaci, Signore Dio nostro, radunaci di mezzo alle genti. Non dimenticare quel proverbio che dice: Chi dà ai poveri mai sarà nel bisogno 2. Hai già dimenticato ciò che dirà il Signore a coloro che avranno aiutato i poveri: Venite, benedetti del Padre mio, ricevete il regno 3? E ciò che verrà detto a coloro che invece non li avranno aiutati: Mandateli al fuoco eterno 4? Ora insieme a coloro che hanno ascoltato con gioia queste parole ci saranno certamente anche alcuni che non le hanno ascoltate con molto piacere. Io ora parlo ai cristiani autentici. Se diversa è la vostra fede, diversa la vostra speranza, diverso il vostro amore rispetto ai pagani, vivete anche diversamente da essi e dimostrate con un comportamento differente che differente è la vostra fede, la vostra speranza e la vostra carità. Ascoltate il consiglio dell'Apostolo: Non ritornate sotto il giogo degli infedeli. Quale relazione ci può essere fra la giustizia e l'iniquità? O quale unione tra la luce e le tenebre? O qual parte ha il fedele con l'infedele? Qual rapporto tra il tempio di Dio e gli idoli? 5. E altrove dice: Ciò che i pagani sacrificano è sacrificato ai demoni e non a Dio. Ora io non voglio che voi siate in comunione con i demoni 6. Perciò il loro comportamento soddisfa i loro dèi. Ma l'Apostolo che ha detto: Non voglio che voi siate in comunione con i demoni, volle che i cristiani si distinguessero nel modo di vivere e di comportarsi da coloro che adorano i demoni. Infatti quei demoni si dilettano dei canti frivoli, si dilettano degli spettacoli poco seri, delle varie sconcezze teatrali, delle demenze del circo, delle crudeltà dell'anfiteatro, delle contese violente di coloro che attaccano liti e dispute fino a crearsi delle inimicizie per fare tifo per uomini funesti, per un mimo, un commediante, un pantomimo, un auriga, un gladiatore. Chi fa queste cose è come se bruciasse ai demoni l'incenso del suo cuore. Gli spiriti ingannatori infatti godono di quelli che riescono ad ingannare e si nutrono dei cattivi costumi e della vita turpe e disonesta di coloro che hanno ingannato e sedotto. Ma quanto a voi - dice l'Apostolo - non è cosi che vi è stato insegnato Cristo, se ben lo avete inteso e se siete stati in lui ammaestrati 7. Non abbiate alcun rapporto con loro. Eravate un tempo tenebre, ma ora siete luce nel Signore: vivete dunque da figli della luce 8: affinché anche noi che vi stiamo comunicando la parola di Dio possiamo alla fine, con voi e per voi, godere di quella luce intramontabile.

 


1 - Sal 105, 47.

2 - Prv 28, 26.

3 - Mt 25, 34.

4 - Cf. Mt 25, 41.

5 - 2 Cor 6, 14-16.

6 - 1 Cor 10, 20.

7 - Ef 4, 20-21.

8 - Ef 5, 7-8.


14 - Si narrano la conversione di san Paolo

La mistica Città di Dio - Libro settimo - Suor Maria d'Agreda

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248. La nostra madre Chiesa, guidata dallo Spirito San­to, celebra la conversione di san Paolo come uno dei mira­coli più considerevoli e a consolazione dei peccatori, perché questi da persecutore, violento e bestemmiatore, in base a quello che egli stesso afferma, grazie alla misericordia divi­na divenne un apostolo. A ciò partecipò anche la Regina , così che non si può tralasciare nella sua Storia questa rara meraviglia, la cui eccellenza si comprenderà meglio spie­gando in che condizioni egli si trovasse quando il suo no­me era Saulo, ed esponendo le ragioni per le quali era fau­tore dei decreti di Mosè e nemico di quelli di sua Maestà.

249. Per due motivi si contraddistingueva nel giudai­smo: l'uno era la sua indole naturale e l'altro l'astuzia del demonio che l'aveva saputa individuare. Aveva un cuore grande, era magnanimo, solerte, attivo, efficiente e co­stante in quello che si prefiggeva; inoltre, aveva acqui­stato parecchie buone qualità e si vantava di essere un profondo conoscitore e maestro della legge, anche se in realtà ne era ignorante poiché la sua scienza era soltan­to umana e terrena e, come tanti altri israeliti, la inten­deva solo esteriormente senza l'illuminazione celeste ne­cessaria per penetrarla con verità. Siccome credeva che la sua fosse autentica sapienza ed era accanito nel so­stenere le tradizioni dei padri, stimava indegno e incoe­rente che contro di esse si divulgassero dei nuovi pre­cetti, inventati da un uomo crocifisso come reo, mentre il liberatore dall'Egitto li aveva ricevuti sul monte diret­tamente da Dio. Per questo iniziò a disprezzare e odiare il Nazareno, le sue parole e i suoi discepoli. Le doti mo­rali che aveva, se si possono chiamare tali perché prive di carità, contribuivano a confermarlo nell'errore: con es­se presumeva di sé osservando che in altro dava nel se­gno e giudicava e agiva rettamente, come accade fre­quentemente a molti figli di Adamo che si compiacciono quando compiono qualcosa di positivo e con questa sod­disfazione non si sforzano di correggersi in vizi maggio­ri. Viveva e operava così ingannato e, attaccato com'era alle antiche prescrizioni, era convinto di onorare l'Altis­simo, mentre non aveva capito che quelle, nei riti e nel­le immagini, erano transitorie e non eterne e che sareb­be nato un profeta più forte e saggio di Mosè, secondo quanto era stato preannunciato.

250. Al suo importuno zelo e alla sua innata irruenza si aggiunse la malizia di Lucifero e dei suoi ministri, che provavano a irritarlo, a metterlo in movimento e ad au­mentare il suo sdegno verso il nostro Salvatore. Ho parla­to spesso delle loro macchinazioni infernali, e una di que­ste consisteva proprio nel cercare con attentissima vigi­lanza chi fosse più adatto per tendenze e consuetudini ad essere strumento della loro malvagità. Essi, anche se pos­sono tentare le anime singolarmente, da soli non sono in grado di innalzare in pubblico lo stendardo, facendosi ca­pi di qualche setta o scovando chi si schieri contro l'On­nipotente; per ciò, infatti, si devono servire di alcuni tra i mortali, che a loro volta vengano seguiti da altri ugual­mente ciechi e abbagliati. Il dragone era furibondo nel ve­dere il felice principio della cristianità e ne temeva il pro­gresso, bruciando inoltre di smisurata invidia poiché an­che gli esseri inferiori erano sollevati alla partecipazione della gloria del Signore, che egli, per la sua superbia, non aveva meritato. Riconobbe le inclinazioni, le abitudini e lo stato della coscienza del giovane, e ritenne che tutto qua­drasse con la sua brama di mandare in rovina la comu­nità ecclesiale per mano di alcuni increduli adeguati per tale abominio.

251. Satana consultò i suoi e insieme decisero di assi­stere continuamente il futuro fedele per insinuare in lui suggestioni e ragioni conformi all'indignazione che egli ave­va verso il gregge del nostro pastore. Erano sicuri che le avrebbe accettate tutte se avessero dato loro l'aspetto di al­trettanti suoi trionfi, eccitandolo con qualche falsa e illu­soria sembianza di virtù, e attuarono il loro intento senza perdere né tempo né occasione alcuna. Saulo disapprova­va gli insegnamenti evangelici dall'inizio della predicazio­ne, ma finché il Redentore rimase quaggiù non si dichiarò un custode così ardente della legge e la sua collera si ma­nifestò solo dopo la lapidazione di santo Stefano. In quella circostanza il serpente trovò il suo cuore pronto ad ese­guire tutte le perversità che fomentava in lui, e diventò tan­to arrogante nella propria malignità che gli parve di non poter desiderare di meglio e che costui si sarebbe piegato a qualunque scelleratezza.

252. Pretese allora che ammazzasse di persona tutti gli apostoli e, temerarietà ancor più raccapricciante, addirit­tura la stessa Maria. La sua crudeltà arrivò sino a questo punto, ma in tale follia si sbagliò perché egli, che era d'in­dole nobile e generosa, ponderando la cosa interiormente ritenne che non fosse degno di lui macchiarsi di un simi­le tradimento da vile sicario, mentre avrebbe potuto an­nientare la dottrina di Gesù con l'intelligenza e il diritto. Il cittadino di Tarso avvertì una grande ripugnanza a pen­sare di sopprimere la beatissima Madre, sia per il rispetto che le si doveva come donna sia perché era stata ammi­revole e costante nella passione del suo Unigenito e gli sem­brava che le spettasse venerazione; la compativa, poi, per tutte le pene acerbissime che aveva sopportato. La pietà per la sofferenza di lei contribuì ad accelerare la sua con­versione. Per queste riflessioni non accolse quell'inumano suggerimento e non acconsentì neppure all'uccisione dei Dodici, anche se aveva l'apparenza di un'impresa confa­cente al suo audace coraggio. Rifiutando di compiere que­ste atrocità si propose, però, di superare tutti i giudei nel­l'oppressione della Chiesa, fino alla sua distruzione.

253. Il principe delle tenebre e i suoi si accontentarono di tale risoluzione, poiché non potevano conseguire di più. Affinché si comprenda la loro ira verso il Creatore e le sue opere, sia noto che in quello stesso giorno ci fu un altro conciliabolo per discutere sul modo in cui riuscire a man­tenere a lungo l'esistenza terrena di un individuo così adat­to per mettere in atto le loro iniquità. Avevano chiaro di non possedere nessuna autorità sulla vita, né per donarla né per toglierla, se non con la licenza dell'Altissimo in qualche caso speciale, ma ugualmente si vollero costituire suoi medici e tutori, stimolando la sua immaginazione perché stesse lontano da quanto lo danneggiava e facesse uso di quello che gli giovava, e applicando altre cause naturali per conservargli la salute. Nonostante tante attenzioni, non fu­rono in grado di impedire che la grazia agisse in lui, da­to che questa era volontà divina; per altro, non si preoc­cupavano di quel particolare, non sospettando affatto che egli avrebbe accettato la lieta novella e che la sua presen­za sarebbe stata utile proprio per la loro disfatta. È la sa­pienza superna che ordina ciò, inducendo in errore il de­monio affinché cada nella fossa e nel laccio che ha teso e le sue macchinazioni vadano a favore dei disegni celesti, senza che possa opporsi.

254. Sua Maestà aveva stabilito che la conversione di Paolo fosse più mirabile e gloriosa, e dunque permise che egli, incitato da Lucifero con l'evento del primo martirio, si recasse dal sommo sacerdote, minacciando strage con­tro i cristiani dispersi fuori da Gerusalemme e sollecitan­do lettere al fine di essere autorizzato a imprigionare in città chiunque avesse rintracciatoti. Il giovane si disse di­sposto a dare se stesso e i suoi beni, facendo a proprie spese e senza nessun salario quel viaggio in difesa dei pre­cetti dei suoi antenati, perché non prevalessero i nuovi. Questa offerta inclinò maggiormente il suo interlocutore ad accondiscendere alla richiesta e fu subito mandato a Damasco, dove si erano ritirati alcuni dei discepoli. Anda­rono anche i ministri della giustizia e qualche soldato, ma la compagnia più cospicua era costituita da numerose le­gioni di diavoli usciti dall'inferno per assisterlo in una si­mile avventura, convinti com'erano che in questa maniera, avvalendosi di lui, avrebbero soffocato la fede una volta per tutte. In realtà tale era la mira che egli aveva e che sa­tana suggeriva a lui e a chi era con lui; per adesso, però, lasciamolo su questa strada.

255. Niente di ciò era nascosto alla Vergine, in quanto, oltre alle visioni con cui penetrava ogni più impercettibile pensiero, era informata di tutto dai Dodici. Da tempo sa­peva, inoltre, che Saulo sarebbe diventato apostolo, predi­catore delle genti e personaggio assai insigne ed esempla­re nella comunità dei credenti, e questo le era stato svela­to dal Signore come si è raccontato nella seconda parte della Storia. Provò un acuto dolore constatando che cre­sceva la persecuzione, che si faceva attendere il frutto che costui avrebbe apportato con tanta lode del supremo Re e che intanto i fedeli, ignorando l'imperscrutabile segreto, si rattristavano e si avvilivano molto perché erano al corren­te dello sdegno con cui erano ricercati. Stimò, allora, con la sua saggezza il peso di quella missione, e si rivestì di decisione e confidenza per domandare il rimedio della si­tuazione e la trasformazione dell'intimo di quell'avversario; prostrata al cospetto di Gesù levò questa supplica:

256. «Eccelso Figlio dell'eterno Padre, Dio vero da Dio vero, generato dalla sua stessa sostanza e nato dal mio grembo per vostra ineffabile benignità, mio tesoro, come vivrò io, vostra serva e custode della vostra Chiesa, se la violenza contro di essa prevale e non è sconfitta dal vostro straordinario potere? Come soffrirò vedendo spregiato il prezzo della vostra passione? Se voi mi affidate i vostri pic­coli, e io li curo e li proteggo con affetto materno, come potrò avere conforto scorgendoli oppressi perché confes­sano il vostro nome e vi amano sinceramente? A voi ap­partengono la grandezza e la potenza e non è opportuno che il drago, ostile calunniatore dei vostri fratelli, si vanti contro di voi. Confondete l'antica superbia di questo ser­pente, che torna a sollevarsi e a scagliarsi rabbiosamente sulle pecore del vostro gregge. Considerate in che inganno tenga irretito colui che voi avete designato come vostro in­viato. È ormai ora di dispiegare il vigore del vostro brac­cio e di redimere quell'anima, che deve magnificare voi e beneficare l'intero universo».

257. Maria perseverò a lungo in questa orazione, pron­ta a penare e a morire, se necessario, per la salvezza dei battezzati e per il rinnovamento interiore del futuro mis­sionario. Siccome il Redentore aveva determinato di ope­rare ciò attraverso la sua intercessione, discese dall'empi­reo e le apparve nel cenacolo, dove ella stava raccolta. Le si rivolse con la consueta tenerezza: «Mia diletta, in cui ho trovato la compiacenza del mio volere, che cosa chiedete? Che cosa bramate?». L'umile Principessa si abbassò ancora al suolo, come era solita fare davanti a lui, lo adorò e af­fermò: «Sovrano immenso, da sempre leggete le menti e i cuori delle creature, e le mie ansie sono palesi ai vostri oc­chi. La mia è l'invocazione di chi conosce la vostra illimi­tata bontà verso di noi e di chi è madre dei cristiani, av­vocata dei peccatori e vostra ancella. Dal momento che ho ricevuto tutto gratuitamente, non posso temere che le mie aspirazioni siano disprezzate. Volgete lo sguardo sull'affli­zione di coloro che avete generato col vostro sangue pre­zioso e soccorreteli prontamente come padre premuroso».

258. Egli desiderava ascoltare la sua voce e perciò in questa circostanza si lasciò implorare di più, come per mer­canteggiare quello che anelava di concederle; ebbe con lei alcuni fervidi colloqui e le parlò: «Carissima, in che modo sarà soddisfatta la mia equità, affinché io sia clemente con quell'uomo tanto scettico e malizioso, che è degno di ri­provazione e castigo poiché collabora con i miei nemici per eliminare i discepoli e cancellare il mio ricordo dal mondo?». Di fronte a una logica di giustizia così convin­cente, non mancò la soluzione alla Regina della prudenza e della misericordia: «Mio incommensurabile Unigenito, per l'elezione di Paolo non furono di impedimento le sue colpe, né queste acque spensero il fuoco del vostro amo­re$, come voi mi avete rivelato. Furono molto più efficaci i vostri meriti, grazie ai quali avete già predisposto la co­struzione della comunità ecclesiale; quindi, io non recla­mo niente che non sia già stato decretato. Mi duole che egli avanzi verso la rovina sua e degli altri, e che ritardi la vostra gloria, la gioia degli angeli' e dei santi, la conso­lazione dei retti, la fiducia dei rei e la confusione dei ten­tatori. Orsù, dunque, non ignorate i miei appelli ed ese­guite quanto avete stabilito, così che io vi veda esaltato, perché è giunto il tempo e l'occasione è propizia. Non tol­lero più che un simile bene resti lontano».

259. In questa elevazione la fiamma della carità av­vampò talmente nel suo petto che le avrebbe consumato la vita, se il Figlio stesso non gliel'avesse conservata pur permettendo che percepisse allora con i suoi sensi qualche dolore per essere in tale maniera obbligato da un ardore tanto acceso; ma egli, non potendo più resistere a questa forza che lo feriva intimamente, le diede sollievo assicu­rando: «Mia prescelta, si compia senza indugio la vostra volontà. Io farò con Saulo quanto domandate, ed egli di­venterà immediatamente difensore di ciò che ora combat­te e predicatore del Vangelo. Vado subito a renderlo par­tecipe della mia amicizia».

260. Quando fu sparito, ella continuò a pregare e ad os­servare chiaramente quello che stava succedendo. Poco do­po, sulla via di Damasco, sua Maestà si manifestò in una nuvola di splendore al giovane, che a cavallo si dirigeva velocemente là mentre la sua irritazione andava sempre crescendo. Questi fu avvolto dentro e fuori da un fulgore che lo avvinse senza che potesse opporsi. E cadendo a ter­ra udì una voce che gli diceva: «Saulo, Saulo, perché mi per­seguiti?». Rispose: «Chi sei, o Signore?». E la voce: «Io so­no Gesù, che tu perseguiti!». E ancora: «Duro è per te ri­calcitrare contro il pungolo». Ribatté di nuovo con più tre­more: «Signore, che cosa vuoi che io faccia?». I suoi ac­compagnatori sentirono tutto, ma non scorsero che la nu­be luminosa, rimanendo lungamente attoniti per un avve­nimento così inaspettato e repentino, e quasi tramortiti per lo spavento.

261. Questa singolare meraviglia fu mirabile più per il mutamento nascosto che per quello apparente; egli, infatti, non solo si trovò prostrato, cieco e inerte, tanto che se non avesse avuto il conforto superno sarebbe venuto meno, ma interiormente fu trasformato più di quando, dal nulla, ave­va cominciato ad esistere. Era in una condizione maggior­mente distante da quella precedente di quanto non lo sia­no la luce dalle tenebre e il cielo dalla terra, perché passò dall'immagine e somiglianza di un diavolo a quella di un serafino. La sapienza della Trinità dispose che in tale mi­racolo, in virtù della crocifissione, fosse schiacciata la ma­lizia del dragone, contrapponendo gli effetti della reden­zione alla caduta e alle sue conseguenze. Così accadde e, come Lucifero a causa della sua superbia da angelo si era tramutato in demonio, la santità di Cristo cambiò Saulo da demonio in angelo nella grazia: nella natura angelica la su­prema bellezza discese alla somma bruttezza e in quella umana la più grande bruttezza si sollevò alla più sublime bellezza; satana, nemico di Dio, discese dal più alto dei cie­li alle profondità della terra, mentre costui, amico dello stes­so Dio, ascese dalla terra al più alto dei cieli.

262. Siccome il trionfo non sarebbe stato sufficiente­mente glorioso se non fosse stato concesso a quest'ultimo più di ciò di cui era stato privato il principe del male, l'On­nipotente aggiunse tale eccellenza alla vittoria conseguita. Il serpente, anche se era precipitato da uno stato eminen­te, non aveva perso il godimento perpetuo poiché questo non gli era stato elargito ed egli non l'aveva guadagnato; a Paolo, invece, nel medesimo istante in cui fu reso giu­sto, venne comunicata anche la visione della Divinità, pur se transitoria. O efficacia insuperabile del potere infinito! O valore incommensurabile delle opere e della passione dell'Unigenito! Certamente era logico che, se la colpa in un attimo aveva fatto divenire demonio l'angelo, la grazia fos­se più sovrabbondante, innalzando tanto un mortale. Que­sto prodigio fu più eccelso che quello di aver dato origine all'universo e a quanti vi abitano, di aver dato la vista ai ciechi, la salute agli infermi e la risurrezione ai defunti. Noi, corrotti, ci dobbiamo rallegrare per la speranza che una simile remissione ci lascia; infatti, abbiamo come sal­vatore, padre e fratello quello stesso che lo liberò e che per noi non è meno forte di quanto non lo sia stato per lui.

263. Mentre egli stava abbassato al suolo, contrito per i suoi misfatti e rinnovato completamente dai numerosi doni infusi, fu opportunamente illuminato in tutte le sue facoltà. Venne sollevato così all'empireo, che definì terzo cielo, con­fessando di non sapere se tale rapimento fosse stato anche nel corpo o solo nello spirito. Qui contemplò l'Altissimo in­tuitivamente, ma di passaggio: apprese i suoi perfetti attributi, i misteri dell'incarnazione, del nostro riscatto, della Chiesa e della legge evangelica; capì, inoltre, il beneficio in­comparabile che aveva ricevuto, nonché le suppliche che per lui avevano fatto Stefano e Maria, la quale con i propri me­riti, uniti a quelli del Figlio, aveva accelerato e preparato nel consenso della Provvidenza la sua adesione alla fede. Da al­lora fu pieno di gratitudine verso di lei, che considerò sem­pre sua riparatrice. Intese ancora il mandato di apostolo al quale era chiamato e quanto in esso avrebbe dovuto fatica­re e tribolare sino al martirio. Insieme a questi gli furono rivelati molti altri arcani che, come egli stesso afferma, non gli era permesso di riferire. Volle adempiere, sacrificando tutto, ciò che era volontà del Signore, che accettò l'offerta delle sue labbra e in presenza della sua corte lo nominò pre­dicatore, dottore delle genti e vaso di elezione destinato a propagare ovunque il lieto annuncio.

264. Quello fu un momento di enorme felicità e di gau­dio accidentale per i beati, che composero nuovi cantici di lode per celebrare sua Maestà per un evento così straordi­nario; infatti, se la conversione di qualunque peccatore pro­voca ad essi tanta gioia, quale sarà stato il loro giubilo per questa che manifestava la magnificenza e la bontà del Crea­tore e che giovava a tutti? Al termine dell'estasi Saulo fu tra­sformato in san Paolo e, alzandosi, si accorse di non poter vedere. Fu guidato a Damasco, a casa di un suo conoscen­te, e tra l'ammirazione generale vi rimase per tre giorni sen­za prendere né cibo né bevanda ed in intensa orazione. Al­l'arrivo si inginocchiò e, pentito amaramente, anche se era già stato perdonato, con sofferenza e avversione per il suo passato proruppe in queste parole: «Ahimè, in quali tenebre ho vissuto e quanto velocemente sarei giunto alla perdizione! Oh, amore sconfinato! Oh, compassione senza misura! Oh, soavità dolcissima della tenerezza superna! Chi mai, im­menso sovrano, vi spinse a dar prova di una tale benevo­lenza verso questo vostro nemico e bestemmiatore? Ma chi lo avrebbe potuto se non voi stesso e l'intercessione di co­lei che è vostra madre e sposa? Quando io nell'oscurità vi perseguitavo, voi, benigno, mi siete venuto incontro; quan­do io andavo a spargere il sangue innocente, che avrebbe gridato per sempre contro di me, voi, clemente, mi avete la­vato col vostro e mi avete reso partecipe della vostra divi­nità. Come canterò in eterno le vostre misericordie? Come piangerò una condotta tanto ripugnante ai vostri occhi? Tut­to ciò che esiste esalti la vostra grandezza. Io diffonderò la buona novella e la difenderò in mezzo ai pagani». Ripeteva queste e altre espressioni con ineffabile dolore e con altri atti di ardentissima carità, umiltà e riconoscenza.

265. Trascorso quel tempo, Cristo comparve ad Anania, un credente della città, gli si rivolse confidenzialmente e gli indicò la strada per la dimora di un certo Giuda, dove avreb­be trovato in profondo raccoglimento Saulo di Tarso, che simultaneamente ebbe un'altra visione, nella quale scorse che tale discepolo gli si avvicinava e gli imponeva le mani per togliergli la cecità. Questi, però, non avendo avuto an­cora notizia di lui, rispose: «Riguardo a quest'uomo ho udi­to il male che ha già fatto ai vostri seguaci e, non ancora soddisfatto, è venuto qui con l'autorizzazione di arrestare tutti coloro che vi pregano. Ora comandate a me, sempli­ce pecorella, di cercare il lupo che mi vuole divorare?». Il Redentore replicò: «Va, perché egli è per me uno strumento eletto per portare il mio nome dinanzi ai popoli, ai re e ai fi­gli d'Israele; e io gli mostrerò quanto dovrà soffrire per il mio nome»; gli palesò così tutto quello che era capitato.

266. Fidandosi di questo, egli si recò subito da lui e gli disse: «Saulo, fratello mio, mi ha mandato a te il Signore Gesù, che ti è apparso sulla via per la quale venivi, perché tu riacquisti la vista e sia colmo di Spirito Santo». Il gio­vane dopo aver ricevuto la comunione, che lo rinvigorì e lo rassicurò, rese grazie per tutti questi favori e si nutrì dopo molte ore di digiuno. Si fermò per un po' insieme ai fedeli di quel posto, domandando loro pietà e imploran­doli di accoglierlo come servo e fratello, benché fosse il più piccolo e il più indegno. Avuto il loro assenso, uscì im­mediatamente nelle sinagoghe a proclamare il Nazareno come salvatore del mondo, e lo faceva con tanto fervore e zelo che chi lo ascoltava si stupiva ed esclamava: «Ma co­stui non è quel tale che a Gerusalemme infieriva contro quel­li che invocano questo nome ed era venuto qua precisamente per condurli in catene dai sommi sacerdoti?».

267. Predicava con sempre più ardire e con rinnovate energie, confondendo i giudei a tal punto che essi fecero un complotto per ucciderlo. Questa miracolosa conver­sione avvenne il venticinque di gennaio, data in cui viene solennizzata, al compiersi del primo mese del trentaseiesi­mo anno dalla nascita del Messia, un anno e un mese do­po la lapidazione di Stefano, che infatti ebbe luogo il pri­mo giorno dopo la fine del trentaquattresimo anno da es­sa; in quel periodo san Giacomo era già impegnato nella sua missione.

268. Ritorniamo a interessarci della nostra Principessa, che tramite le consuete illuminazioni era informata di tut­to ciò che concerneva il nuovo apostolo: il suo infausto passato, il furore contro la Chiesa , la caduta da cavallo, il mutamento, il singolare beneficio di essere sollevato all'empireo e di contemplare l'Altissimo, e tutto il resto che stava avvenendo a Damasco. Era opportuno che le fosse rivelato questo sublime mistero, sia perché era Madre di Dio e della comunità ecclesiale, sia perché ella sola era ca­pace di glorificare convenientemente il supremo Re, più dello stesso Paolo e dell'intero corpo mistico; inoltre, non era ragionevole che un simile prodigio rimanesse senza la dovuta gratitudine. Ella fu la prima a celebrarlo con quel­la corrispondenza a cui poteva estendersi tutta l'umanità e invitò innumerevoli angeli, che scesero dal cielo per com­porre con lei un inno di lode per magnificare la potenza, la sapienza e la generosità del Padre, e un altro per esal­tare i meriti del suo Unigenito, per i quali era stata rea­lizzata tale meraviglia. Questi apprezzò la sua riconoscen­za e fedeltà e si compiacque di quanto aveva operato a vantaggio dei devoti.

269. Non si possono omettere le supposizioni dell'anti­co oppressore in relazione al posto che avrebbe occupato nell'intimo della Vergine e al giudizio che ella si sarebbe fatta di lui, prima così ostile al nostro Maestro; queste ri­flessioni nacquero non dall'ignoranza, ma dall'umiltà e dal rispetto che aveva per lei. Era all'oscuro che a Maria fos­se già noto l'accaduto e, anche se gli era stata manifesta­ta la sua clemenza di mediatrice, si abbatteva e sgomen­tava a causa della precedente immoralità considerandosi indegno della sua grazia. Gli sembrava che per cancellare colpe tanto gravi fosse indispensabile una misericordia in­finita, mentre ella era una semplice creatura; tuttavia, lo incoraggiava il fatto che avesse perdonato i crocifissori di Cristo. Gli altri gli raccontavano della sua dolcezza verso i malfattori e i bisognosi, e in lui si accendeva sempre di più il desiderio di vederla, di prostrarsi davanti a lei e di baciare il terreno che calpestava. Subito, però, era turba­to dalla vergogna di presentarsi a colei che aveva realmente generato il Redentore, che doveva essere estremamente offesa e che viveva in carne mortale. Si chiedeva se fosse buona cosa supplicarla di punirlo, perché ciò avrebbe po­tuto costituire una specie di riparazione, e nel medesimo tempo credeva che nella sua magnanimità non ci sarebbe stato spazio per la vendetta, in quanto ella, invece di far­si giustizia, aveva ottenuto per lui una ricca indulgenza.

270. Sua Maestà permise che tra siffatti ragionamenti il suo eletto sopportasse alcune amare ma soavi pene, e in­fine questi, parlando tra sé, proferì: «Fatti forza, uomo vi­le e traviato, poiché di sicuro ti accoglierà e scuserà quel­la stessa che intercedette per te, per essere vera madre di chi si offrì anche per il tuo riscatto. Si comporterà come lui, giacché entrambi sono benevoli e non disprezzano un cuore affranto e umiliato». Tali timori e pensieri non era­no nascosti alla nostra sovrana, che penetrando tutto con la sua scienza capì che egli per molto ancora non avreb­be avuto modo di andare da lei a Gerusalemme e quindi, mossa da caritatevole affetto, decise di dargli dal suo riti­ro la consolazione di cui aveva necessità. Per questo fece venire uno dei suoi custodi e affermò: «Spirito superno e ministro del mio Signore, ho compassione del dolore che Paolo sta provando. Vi prego di raggiungerlo in fretta e di confortarlo nelle sue paure; inoltre, vi rallegrerete con lui per la sua fortunata sorte e lo avvertirete che deve essere perennemente grato a chi lo ha attirato alla sua amicizia e lo ha prescelto, usando con lui solo tanta liberalità. A mio nome gli direte che in tutte le sue fatiche lo soccor­rerò premurosamente e sarò sua serva come lo sono di tut­ti gli apostoli e di quanti predicano la dottrina evangelica. Impartitegli la benedizione specificando che la invio da parte di colui che ha voluto prendere dimora nel mio grem­bo e alimentarsi al mio seno».

271. Il messaggero adempì puntualmente il comando, arrivando velocemente da lui, che continuava a stare in orazione, e apparendo in forma umana circondato di mi­rabile luce e bellezza. Era il giorno successivo al battesi­mo del giovane, quattro dopo la sua conversione. Questi ascoltò con incomparabile mansuetudine, riverenza e gioia e proclamò: «Angelo leggiadro, io, infimo tra tutti, vi imploro che, come vi sono palesi i miei torti verso l'Al­tissimo e la sua sconfinata benignità, così gli rendiate lo­de, poiché mi ha concesso la dignità di figlio anche se non la meritavo. Io mi allontanavo da lui ed egli mi ha seguito; io fuggivo ed egli mi è venuto incontro; io mi ab­bandonavo ciecamente alla morte ed egli mi ha donato la vita; io lo perseguitavo ed egli mi ha innalzato alla fa­miliarità con lui, contraccambiando le maggiori ingiurie con i più grandi benefici. Nessuno fu tanto odioso e in­fame come me, eppure nessuno fu tanto abbondante­mente favorito: mi tirò fuori dalla bocca del leone affin­ché fossi una pecorella del suo gregge. Voi siete testimo­ne di quello che dichiaro; aiutatemi, dunque, ad essere eternamente riconoscente. Vi scongiuro poi di riferire al­ la Regina che questo suo ignobile schiavo è ai suoi pie­di e venera il suolo da lei calcato, e che con animo con­trito le domanda fervidamente di rimettere i debiti a chi ha osato oltraggiare il suo Unigenito, scordandosi degli affronti e agendo con un simile bestemmiatore come don­na che, sempre vergine, concepì, partorì e allevò quello stesso che la trasse all'esistenza e tra tutti destinò pro­prio lei a ciò. È legittimo che mi sia dato il castigo per tanti errori e sono pronto a riceverlo; ma possa io speri­mentare l'indulgenza del suo sguardo, ella non mi re­spinga dalla sua protezione e mi ammetta nella Chiesa che ama immensamente, perché intendo dedicarmi tutto alla difesa di questa, obbedendo costantemente a colei che confesso mia liberatrice».

272. Maria udì con speciale giubilo tali parole dal mes­so del cielo, benché nella sua sapienza ne fosse già al cor­rente, ed esaltò l'Onnipotente per quanto aveva realizzato nel nuovo discepolo e per il vantaggio che ne sarebbe sca­turito per tutti i cristiani. Nel prossimo capitolo, nei limi­ti delle mie possibilità, comunicherò il turbamento e l'op­pressione che questo miracolo causò nei demoni e altri se­greti riguardanti la loro malizia.

 

Insegnamento della Regina del cielo

273. Carissima, nessuno deve ignorare che Dio avreb­be potuto trasformare il suo avversario senza tutte le me­raviglie che invece interpose, ma le fece per dimostrare agli uomini quanto la sua bontà sia incline a perdonarli e a sollevarli alla sua grazia, e per insegnare loro come debbano cooperare e rispondere alle sue chiamate sull'e­sempio di lui. Egli ridesta e interpella molti con la forza delle sue ispirazioni e del suo appoggio. Tanti sono doci­li, vengono giustificati e si accostano ai sacramenti; però, non tutti perseverano su questa via e sono ancora meno quelli che vanno oltre e avanzano verso la perfezione, co­sì che spesso, incominciando con lo spirito, declinano e finiscono con la carne. La ragione per cui non restano saldi e ripiombano subito nelle colpe è che al momento della loro adesione alla fede non affermano come Paolo: «Signore, che cosa ambite fare di me e che cosa devo fa­re io per voi?». Alcuni, certo, lo asseriscono con le lab­bra, ma non con tutto il loro essere, dove riservano sem­pre un po' di amore di se stessi, dell'onore, della roba, del piacere e dell'occasione del peccato, nel quale ritor­nano presto a inciampare e cadere.

274. LApostolo fu un vivo modello dei convertiti non solo perché passò da un estremo di perversione a un altro di straordinaria santità, ma anche perché collaborò intenzionalmente a tale vocazione, distaccandosi completamen­te dal suo empio stato e dal suo stesso volere e rimetten­dosi interamente a quello divino. Questa abnegazione e questo arrendersi al disegno della Provvidenza sono con­tenuti nell'espressione sopra riportata, che proferì con com­punzione e umiltà. In ciò consistette, per quanto dipende­va da lui, tutto il suo rimedio. Decise di non avere facoltà né sensi per l'avvenire, ove si trattasse di servire i rischi della vita materiale nella quale aveva vagato. Si rimise al beneplacito superno, in qualunque maniera l'avesse potu­to conoscere, per conformarsi ad esso senza ritardo né re­plica; in consonanza con questo adempì immediatamente il primo ordine, entrando in città e facendo tutto quello che Ananìa gli comandò. Siccome sua Maestà, che scruta la mente e saggia i cuori`, vide l'autenticità con cui egli corrispondeva e si abbandonava del tutto alle sue deter­minazioni, lo accettò con tanto compiacimento e moltiplicò in lui i suoi favori, che egli non sarebbe stato in grado di meritare e neanche di accogliere se non si fosse disposto in tal modo.

275. Tenendo conto di queste verità, esercitati con ogni pienezza in quello che parecchie volte ti ho intimato e pro­posto, cioè rinnega te stessa, allontanati da tutte le creatu­re e dimenticati di ogni realtà visibile, apparente e fallace. Ripeti spesso, più interiormente che con la voce: «Signore, che cosa ambite fare di me?»; infatti, se hai sete di effet­tuare oppure ammettere qualche atto o moto per la tua vo­lontà, non sarà credibile che aneli soltanto e in assoluto al­la sua. Un utensile non compie altre operazioni se non quel­le definite dai gesti dell'artefice, perché altrimenti potrebbe resistere a chi lo domina. Lo stesso avviene tra l'Altissimo e l'anima: se questa ha dei desideri e non aspetta di essere mossa, si oppone a quello di lui che, serbandole intatto il privilegio del libero arbitrio, la lascia errare poiché lo vuole e non attende di essere diretta dal suo Autore.

276. Giacché non conviene che egli conduca miracolo­samente tutte le azioni dei mortali, che in caso contrario potrebbero addurre di essersi ingannati, ha posto la legge nel loro intimo e poi nella Chiesa, così che regolandosi su di essa discernano ciò che gli è gradito e lo attuino. Ha stabilito poi tra i cattolici i superiori e i ministri, affinché dando ascolto a loro come a lui stesso, che li assiste, tut­ti gli obbediscano in essi e abbiano questa sicurezza. Tu ne possiedi in grande abbondanza e puoi benissimo non acconsentire ad alcun movimento, discorso, progetto o pensiero, né fare quello che agogni in qualunque cosa sen­za l'autorizzazione di chi ti governa, perché a loro ti in­via Dio, come Paolo ad Ananìa. Il tuo vincolo, però, è an­cora più stretto dato che egli ti ha guardato con speciale affetto e benevolenza e chiede che tu sia uno strumento nelle sue mani, sostenendoti e indirizzandoti da se stesso, per mezzo di me e dei custodi con fedeltà, attenzione e assiduità, come ti è noto. Medita, dunque, quanto sia giu­sto che tu muoia totalmente al tuo volere perché risusci­ti in te il suo, ed egli solo animi ciò che sei e ciò che fai. Arresta ogni tuo ragionamento e considera che, se anche nel tuo intelletto fossero sommati la sapienza dei più dot­ti, il consiglio dei più prudenti e tutta l'intelligenza natu­rale degli angeli, con tutto questo non riusciresti ad ese­guire i decreti celesti, né a intenderli confusamente, come invece accadrebbe se ti rassegnassi e ti consegnassi inte­gralmente a lui. Egli solo sa che cosa ti sia utile e con amore eterno lo brama, ha tracciato i tuoi sentieri e ti ac­compagna su di essi: permetti che la sua luce ti guidi senza perdere tempo a riflettere su quello che tu debba fare, poiché in questo sta il pericolo di sbagliare e nella mia dottrina tutta la tua tranquillità e la tua felice riuscita; scrivila dentro di te e mettila in pratica con tutte le for­ze, affinché tu possa guadagnarti la mia intercessione e per essa il Signore ti tragga a sé.


22-9 Luglio 4, 1927 Offerta della Comunione. Come la nostra volontà sono accidenti in cui si moltiplica Gesù, come contiene la sorgente dei Sacramenti.

Luisa Piccarreta (Libro di Cielo)

(1) Stavo facendo il ringraziamento che avevo ricevuto la Santa Comunione e pensavo tra me che volevo offerirla a tutti e a ciascun abitatore del Cielo, a ciascun anima del Purgatorio, a tutti i viventi che sono e staranno, non solo, ma vorrei dare al sole il mio Gesù Sacramentato, al cielo stellato, ai prati fioriti, insomma a ciascuna cosa creata per dargli la gloria ed il trionfo di tutte le opere sue. Ma mentre dicevo, pensavo tra me: “Sono le mie solite sciocchezze, come io posso formare tanti Gesù? Ciò è impossibile”. Ed il mio amato Gesù movendosi nel mio interno mi ha detto:

(2) “Figlia mia, come nell’ostia Sacramentale ci sono i piccoli accidenti del pane e dentro di essi si nasconde il tuo Gesù vivo e vero e tanti Gesù per quante ostie ci sono, così nell’anima ci sono gli accidenti della volontà umana, non soggetti a consumarsi come gli accidenti della mia Vita Sacramentale, perciò più fortunati e più solidi e come la Vita Eucaristica si moltiplica nelle ostie, così la mia Volontà Divina moltiplica mia Vita in ogni atto di volontà umana, la quale più che accidente si presta alla moltiplicazione della mia Vita. Come tu facevi scorrere la tua nella mia Volontà e volevi darmi a ciascuno, così la mia formava la mia Vita nella tua e sprigionava fuori della sua luce la mia Vita dandomi a ciascuno ed Io, oh! come mi sentivo felice che la piccola figlia del mio Volere, negli accidenti della sua volontà, formava tante mie Vite per darmi non solo alle creature animate, ma a tutte le cose da me create. Onde Io mi sentivo, come moltiplicavo la mia Vita, che mi costituivo re di tutti: Re del sole, del mare, re dei fiori, delle stelle, del cielo, insomma di tutto. Figlia mia, chi vive nella mia Volontà tiene in sé la fonte della sorgente dei sacramenti e può moltiplicarmi quanto vuole e come vuole”.

(3) Onde io sono rimasta in dubbio sull’ultima frase scritta qui sopra ed il mio amato Gesù ha soggiunto:

(4) “Figlia mia, i sacramenti uscirono dalla mia Volontà come tante fontanine, le misi fuori di Essa, riserbandosi in Essa la sorgente da cui ricevono continuamente ciascuna fontana i beni ed i frutti che ciascuna contengono e agiscono a secondo le disposizioni di chi li riceve, sicché per mancanza di disposizioni da parte delle creature, le fontane dei sacramenti non producono i beni grandi che contengono. Molte volte gettano acque e le creature non restano lavate, altre volte consacrano imprimendo un carattere divino ed incancellabile, ma con tutto ciò non si veggono santificate. Un’altra fontana partorisce la Vita del tuo Gesù continuamente, la ricevono questa Vita, ma non si vede né gli effetti, né la vita del tuo Gesù in loro. Quindi ogni sacramento ha il suo dolore perché non veggono in tutte le creature i loro frutti ed i beni che contengono. Ora chi vive nella mia Volontà facendola regnare come nel suo proprio regno, possedendo Essa la sorgente dei sacramenti, qual meraviglia che chi vive nel mio Voler Divino possederà la sorgente di tutti i sacramenti e sentirà in sé la natura dei sacramenti con tutti gli effetti e beni che contengono? E ricevendoli dalla Chiesa sentirà che è cibo che lei possiede, ma che lo prende per dargli quella gloria completa a quei sacramenti di cui essa ne possiede la sorgente, per glorificare quella stessa Volontà Divina che li istituì, perché solo in Essa ci sarà perfetta gloria a tutte le nostre opere. Perciò sospiro tanto il regno del Fiat Supremo, perché esso solo metterà l’equilibrio a tutto. Darà alle creature tutti i beni che vuole e riceverà la gloria che esse le devono”.