Sotto il Tuo Manto

Giovedi, 5 giugno 2025 - San Bonifacio (Letture di oggi)

O umiltà , fiore stupendo sono poche le anime che ti possiedono! Forse perché sei così bella e, al tempo stesso, tanto difficile da conquistare? Dell'umiltà  Dio si rallegra. Sopra un'anima umile, egli apre i cieli e fa scendere un mare di grazia. A un'anima così Dio non rifiuta nulla. In tal modo essa diventa onnipotente e influisce sulla sorte del mondo intero. Più essa si umilia, più Dio si china su di lei, la copre della sua grazia, l'accompagna in tutti i momenti della vita. O umiltà , getta le tue radici nel mio essere. (Santa Faustina Kowalska)

Liturgia delle Ore - Letture

Domenica della 1° settimana del tempo di Quaresima

Questa sezione contiene delle letture scelte a caso, provenienti dalle varie sezioni del sito (Sacra Bibbia e la sezione Biblioteca Cristiana), mentre l'ultimo tab Apparizioni, contiene messaggi di apparizioni a mistici o loro scritti. Sono presenti testi della Valtorta, Luisa Piccarreta, don Stefano Gobbi e testimonianze di apparizioni mariane riconosciute.

Vangelo secondo Luca 17

1Disse ancora ai suoi discepoli: "È inevitabile che avvengano scandali, ma guai a colui per cui avvengono.2È meglio per lui che gli sia messa al collo una pietra da mulino e venga gettato nel mare, piuttosto che scandalizzare uno di questi piccoli.3State attenti a voi stessi!

Se un tuo fratello pecca, rimproveralo; ma se si pente, perdonagli.4E se pecca sette volte al giorno contro di te e sette volte ti dice: Mi pento, tu gli perdonerai".

5Gli apostoli dissero al Signore:6"Aumenta la nostra fede!". Il Signore rispose: "Se aveste fede quanto un granellino di senapa, potreste dire a questo gelso: Sii sradicato e trapiantato nel mare, ed esso vi ascolterebbe.

7Chi di voi, se ha un servo ad arare o a pascolare il gregge, gli dirà quando rientra dal campo: Vieni subito e mettiti a tavola?8Non gli dirà piuttosto: Preparami da mangiare, rimboccati la veste e servimi, finché io abbia mangiato e bevuto, e dopo mangerai e berrai anche tu?9Si riterrà obbligato verso il suo servo, perché ha eseguito gli ordini ricevuti?10Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare".

11Durante il viaggio verso Gerusalemme, Gesù attraversò la Samarìa e la Galilea.12Entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi i quali, fermatisi a distanza,13alzarono la voce, dicendo: "Gesù maestro, abbi pietà di noi!".14Appena li vide, Gesù disse: "Andate a presentarvi ai sacerdoti". E mentre essi andavano, furono sanati.15Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce;16e si gettò ai piedi di Gesù per ringraziarlo. Era un Samaritano.17Ma Gesù osservò: "Non sono stati guariti tutti e dieci? E gli altri nove dove sono?18Non si è trovato chi tornasse a render gloria a Dio, all'infuori di questo straniero?". E gli disse:19"Alzati e va'; la tua fede ti ha salvato!".

20Interrogato dai farisei: "Quando verrà il regno di Dio?", rispose:21"Il regno di Dio non viene in modo da attirare l'attenzione, e nessuno dirà: Eccolo qui, o: eccolo là. Perché il regno di Dio è in mezzo a voi!".

22Disse ancora ai discepoli: "Verrà un tempo in cui desidererete vedere anche uno solo dei giorni del Figlio dell'uomo, ma non lo vedrete.23Vi diranno: Eccolo là, o: eccolo qua; non andateci, non seguiteli.24Perché come il lampo, guizzando, brilla da un capo all'altro del cielo, così sarà il Figlio dell'uomo nel suo giorno.25Ma prima è necessario che egli soffra molto e venga ripudiato da questa generazione.26Come avvenne al tempo di Noè, così sarà nei giorni del Figlio dell'uomo:27mangiavano, bevevano, si ammogliavano e si maritavano, fino al giorno in cui Noè entrò nell'arca e venne il diluvio e li fece perire tutti.28Come avvenne anche al tempo di Lot: mangiavano, bevevano, compravano, vendevano, piantavano, costruivano;29ma nel giorno in cui Lot uscì da Sòdoma piovve fuoco e zolfo dal cielo e li fece perire tutti.30Così sarà nel giorno in cui il Figlio dell'uomo si rivelerà.31In quel giorno, chi si troverà sulla terrazza, se le sue cose sono in casa, non scenda a prenderle; così chi si troverà nel campo, non torni indietro.32Ricordatevi della moglie di Lot.33Chi cercherà di salvare la propria vita la perderà, chi invece la perde la salverà.34Vi dico: in quella notte due si troveranno in un letto: l'uno verrà preso e l'altro lasciato;35due donne staranno a macinare nello stesso luogo: l'una verrà presa e l'altra lasciata".36.37Allora i discepoli gli chiesero: "Dove, Signore?". Ed egli disse loro: "Dove sarà il cadavere, là si raduneranno anche gli avvoltoi".


Deuteronomio 2

1Allora cambiammo direzione e partimmo per il deserto verso il Mare Rosso, come il Signore mi aveva detto, e girammo intorno al monte Seir per lungo tempo.2Il Signore mi disse:3Avete girato abbastanza intorno a questa montagna; volgetevi verso settentrione.4Da' quest'ordine al popolo: Voi state per passare i confini dei figli di Esaù, vostri fratelli, che dimorano in Seir; essi avranno paura di voi; state bene in guardia:5non muovete loro guerra, perché del loro paese io non vi darò neppure quanto ne può calcare la pianta di un piede; infatti ho dato il monte di Seir in proprietà a Esaù.6Comprerete da loro con denaro le vettovaglie che mangerete e comprerete da loro con denaro anche l'acqua da bere.7Perché il Signore tuo Dio ti ha benedetto in ogni lavoro delle tue mani, ti ha seguito nel tuo viaggio attraverso questo grande deserto; il Signore tuo Dio è stato con te in questi quaranta anni e non ti è mancato nulla.
8Allora passammo oltre i nostri fratelli, i figli di Esaù, che abitano in Seir, lungo la via dell'Araba, per Elat ed Ezion-Gheber. Poi ci voltammo e avanzammo in direzione del deserto di Moab.9Il Signore mi disse: Non attaccare Moab e non gli muovere guerra, perché io non ti darò nulla da possedere nel suo paese; infatti ho dato Ar ai figli di Lot, come loro proprietà.
10Prima vi abitavano gli Emim: popolo grande, numeroso, alto di statura come gli Anakiti.11Erano anch'essi considerati Refaim come gli Anakiti; ma i Moabiti li chiamavano Emim.12Anche Seir era prima abitata dagli Hurriti, ma i figli di Esaù li scacciarono, li distrussero e si stabilirono al posto loro, come ha fatto Israele nel paese che possiede e che il Signore gli ha dato.
13Ora alzatevi e passate il torrente Zered! E attraversammo il torrente Zered.14La durata del nostro cammino, da Kades-Barnea al passaggio del torrente Zered, fu di trentotto anni, finché tutta quella generazione di uomini atti alla guerra scomparve dall'accampamento, come il Signore aveva loro giurato.15Anche la mano del Signore era stata contro di loro, per sterminarli dall'accampamento finché fossero annientati.16Quando tutti quegli uomini atti alla guerra furono passati nel numero dei morti,17il Signore mi disse:18Oggi tu stai per passare i confini di Moab, ad Ar, e ti avvicinerai agli Ammoniti.19Non li attaccare e non muover loro guerra, perché io non ti darò nessun possesso nel paese degli Ammoniti; infatti l'ho dato in proprietà ai figli di Lot.
20Anche questo paese era reputato paese di Refaim: prima vi abitavano i Refaim e gli Ammoniti li chiamavano Zanzummim:21popolo grande, numeroso, alto di statura come gli Anakiti; ma il Signore li aveva distrutti davanti agli Ammoniti, che li avevano scacciati e si erano stabiliti al loro posto.22Così il Signore aveva fatto per i figli di Esaù che abitano in Seir, quando distrusse gli Hurriti davanti a loro; essi li scacciarono e si stabilirono al loro posto e vi sono rimasti fino ad oggi.23Anche gli Avviti, che dimoravano in villaggi fino a Gaza, furono distrutti dai Kaftoriti, usciti da Kaftor, i quali si stabilirono al loro posto.
24Suvvia, levate l'accampamento e passate la valle dell'Arnon; ecco io metto in tuo potere Sicon, l'Amorreo, re di Chesbon, e il suo paese; comincia a prenderne possesso e muovigli guerra.25Oggi comincerò a incutere paura e terrore di te ai popoli che sono sotto tutto il cielo, così che, all'udire la tua fama, tremeranno e saranno presi da spavento dinanzi a te.
26Allora mandai messaggeri dal deserto di Kedemot a Sicon, re di Chesbon, con parole di pace, e gli feci dire:27Lasciami passare nel tuo paese; io camminerò per la strada maestra, senza volgermi né a destra né a sinistra.28Tu mi venderai per denaro contante le vettovaglie che mangerò e mi darai per denaro contante l'acqua che berrò; permettimi solo il transito,29come mi hanno permesso i figli di Esaù, che abitano in Seir, e i Moabiti che abitano in Ar, finché io abbia passato il Giordano per entrare nel paese che il Signore nostro Dio sta per darci.30Ma Sicon, re di Chesbon, non ci volle lasciar passare nel suo paese, perché il Signore tuo Dio gli aveva reso inflessibile lo spirito e ostinato il cuore, per mettertelo nelle mani, come appunto è oggi.31Il Signore mi disse: Vedi, ho cominciato a mettere in tuo potere Sicon e il suo paese; da' inizio alla conquista impadronendoti del suo paese.32Allora Sicon uscì contro di noi con tutta la sua gente per darci battaglia a Iaaz.33Il Signore nostro Dio ce lo mise nelle mani e noi abbiamo sconfitto lui, i suoi figli e tutta la sua gente.34In quel tempo prendemmo tutte le sue città e votammo allo sterminio ogni città, uomini, donne, bambini; non vi lasciammo alcun superstite.35Soltanto asportammo per noi come preda il bestiame e le spoglie delle città che avevamo prese.36Da Aroer, che è sull'orlo della valle dell'Arnon, e dalla città che è sul torrente stesso, fino a Gàlaad, non ci fu città che fosse inaccessibile per noi: il Signore nostro Dio le mise tutte in nostro potere.37Ma non ti avvicinasti al paese degli Ammoniti, a tutta la riva dal torrente Iabbok, alle città delle montagne, a tutti i luoghi che il Signore nostro Dio ci aveva proibito di attaccare.


Giobbe 33

1Ascolta dunque, Giobbe, i miei discorsi,
ad ogni mia parola porgi l'orecchio.
2Ecco, io apro la bocca,
parla la mia lingua entro il mio palato.
3Il mio cuore dirà sagge parole
e le mie labbra parleranno chiaramente.
4Lo spirito di Dio mi ha creato
e il soffio dell'Onnipotente mi dà vita.
5Se puoi, rispondimi,
prepàrati davanti a me, sta' pronto.
6Ecco, io sono come te di fronte a Dio
e anch'io sono stato tratto dal fango:
7ecco, nulla hai da temere da me,
né graverò su di te la mano.
8Non hai fatto che dire ai miei orecchi
e ho ben udito il suono dei tuoi detti:
9"Puro son io, senza peccato,
io sono mondo, non ho colpa;
10ma egli contro di me trova pretesti
e mi stima suo nemico;
11pone in ceppi i miei piedi
e spia tutti i miei passi!".
12Ecco, in questo ti rispondo: non hai ragione.
Dio è infatti più grande dell'uomo.
13Perché ti lamenti di lui,
se non risponde ad ogni tua parola?
14Dio parla in un modo
o in un altro, ma non si fa attenzione.
15Parla nel sogno, visione notturna,
quando cade il sopore sugli uomini
e si addormentano sul loro giaciglio;
16apre allora l'orecchio degli uomini
e con apparizioni li spaventa,
17per distogliere l'uomo dal male
e tenerlo lontano dall'orgoglio,
18per preservarne l'anima dalla fossa
e la sua vita dalla morte violenta.
19Lo corregge con il dolore nel suo letto
e con la tortura continua delle ossa;
20quando il suo senso ha nausea del pane,
il suo appetito del cibo squisito;
21quando la sua carne si consuma a vista d'occhio
e le ossa, che non si vedevano prima, spuntano fuori,
22quando egli si avvicina alla fossa
e la sua vita alla dimora dei morti.
23Ma se vi è un angelo presso di lui,
un protettore solo fra mille,
per mostrare all'uomo il suo dovere,
24abbia pietà di lui e dica:
"Scampalo dallo scender nella fossa,
ho trovato il riscatto",
25allora la sua carne sarà più fresca che in gioventù,
tornerà ai giorni della sua adolescenza:
26supplicherà Dio e questi gli userà benevolenza,
gli mostrerà il suo volto in giubilo,
e renderà all'uomo la sua giustizia.
27Egli si rivolgerà agli uomini e dirà:
"Avevo peccato e violato la giustizia,
ma egli non mi ha punito per quel che meritavo;
28mi ha scampato dalla fossa
e la mia vita rivede la luce".
29Ecco, tutto questo fa Dio,
due volte, tre volte con l'uomo,
30per sottrarre l'anima sua dalla fossa
e illuminarla con la luce dei viventi.
31Attendi, Giobbe, ascoltami,
taci e io parlerò:
32ma se hai qualcosa da dire, rispondimi,
parla, perché vorrei darti ragione;
33se no, tu ascoltami
e io ti insegnerò la sapienza.


Salmi 19

1'Al maestro del coro. Salmo. Di Davide.'
2I cieli narrano la gloria di Dio,
e l'opera delle sue mani annunzia il firmamento.
3Il giorno al giorno ne affida il messaggio
e la notte alla notte ne trasmette notizia.

4Non è linguaggio e non sono parole,
di cui non si oda il suono.
5Per tutta la terra si diffonde la loro voce
e ai confini del mondo la loro parola.

6Là pose una tenda per il sole
che esce come sposo dalla stanza nuziale,
esulta come prode che percorre la via.
7Egli sorge da un estremo del cielo
e la sua corsa raggiunge l'altro estremo:
nulla si sottrae al suo calore.

8La legge del Signore è perfetta,
rinfranca l'anima;
la testimonianza del Signore è verace,
rende saggio il semplice.
9Gli ordini del Signore sono giusti,
fanno gioire il cuore;
i comandi del Signore sono limpidi,
danno luce agli occhi.
10Il timore del Signore è puro, dura sempre;
i giudizi del Signore sono tutti fedeli e giusti,
11più preziosi dell'oro, di molto oro fino,
più dolci del miele e di un favo stillante.

12Anche il tuo servo in essi è istruito,
per chi li osserva è grande il profitto.
13Le inavvertenze chi le discerne?
Assolvimi dalle colpe che non vedo.
14Anche dall'orgoglio salva il tuo servo
perché su di me non abbia potere;
allora sarò irreprensibile,
sarò puro dal grande peccato.

15Ti siano gradite le parole della mia bocca,
davanti a te i pensieri del mio cuore.
Signore, mia rupe e mio redentore.


Ezechiele 8

1Al quinto giorno del sesto mese dell'anno sesto, mentre mi trovavo in casa e dinanzi a me sedevano gli anziani di Giuda, la mano del Signore Dio si posò su di me2e vidi qualcosa dall'aspetto d'uomo: da ciò che sembravano i suoi fianchi in giù, appariva come di fuoco e dai fianchi in su appariva come uno splendore simile all'elettro.3Stese come una mano e mi afferrò per i capelli: uno spirito mi sollevò fra terra e cielo e mi portò in visioni divine a Gerusalemme, all'ingresso del cortile interno, che guarda a settentrione, dove era collocato l'idolo della gelosia, che provocava la gelosia.4Ed ecco là era la gloria del Dio d'Israele, simile a quella che avevo visto nella valle.
5Mi disse: "Figlio dell'uomo, alza gli occhi verso settentrione!". Ed ecco a settentrione della porta dell'altare l'idolo della gelosia, proprio all'ingresso.6Mi disse: "Figlio dell'uomo, vedi che fanno costoro? Guarda i grandi abomini che la casa d'Israele commette qui per allontanarmi dal mio santuario! Ne vedrai altri ancora peggiori".7Mi condusse allora all'ingresso del cortile e vidi un foro nella parete.8Mi disse: "Figlio dell'uomo, sfonda la parete". Sfondai la parete, ed ecco apparve una porta.9Mi disse: "Entra e osserva gli abomini malvagi che commettono costoro".10Io entrai e vidi ogni sorta di rettili e di animali abominevoli e tutti gli idoli del popolo d'Israele raffigurati intorno alle pareti11e settanta anziani della casa d'Israele, fra i quali Iazanià figlio di Safàn, in piedi, davanti ad essi, ciascuno con il turibolo in mano, mentre il profumo saliva in nubi d'incenso.12Mi disse: "Hai visto, figlio dell'uomo, quello che fanno gli anziani del popolo d'Israele nelle tenebre, ciascuno nella stanza recondita del proprio idolo? Vanno dicendo: Il Signore non ci vede... il Signore ha abbandonato il paese...".13Poi mi disse: "Hai visto, figlio dell'uomo? Vedrai che si commettono nefandezze peggiori di queste".14Mi condusse all'ingresso del portico della casa del Signore che guarda a settentrione e vidi donne sedute che piangevano Tammuz.15Mi disse: "Hai visto, figlio dell'uomo? Vedrai abomini peggiori di questi".16Mi condusse nell'atrio interno del tempio; ed ecco all'ingresso del tempio, fra il vestibolo e l'altare, circa venticinque uomini, con le spalle voltate al tempio e la faccia a oriente che, prostrati, adoravano il sole.17Mi disse: "Hai visto, figlio dell'uomo? Come se fosse piccola cosa per la casa di Giuda, commettere simili nefandezze in questo luogo, hanno riempito il paese di violenze, per provocare la mia collera. Eccoli, vedi, che si portano il ramoscello sacro alle narici.18Ebbene anch'io agirò con furore. Il mio occhio non s'impietosirà; non avrò compassione: manderanno alte grida ai miei orecchi, ma non li ascolterò".


Atti degli Apostoli 27

1Quando fu deciso che ci imbarcassimo per l'Italia, consegnarono Paolo, insieme ad alcuni altri prigionieri, a un centurione di nome Giulio della coorte Augusta.2Salimmo su una nave di Adramitto, che stava per partire verso i porti della provincia d'Asia e salpammo, avendo con noi Aristarco, un Macèdone di Tessalonica.3Il giorno dopo facemmo scalo a Sidone e Giulio, con gesto cortese verso Paolo, gli permise di recarsi dagli amici e di riceverne le cure.4Salpati di là, navigammo al riparo di Cipro a motivo dei venti contrari5e, attraversato il mare della Cilicia e della Panfilia, giungemmo a Mira di Licia.6Qui il centurione trovò una nave di Alessandria in partenza per l'Italia e ci fece salire a bordo.7Navigammo lentamente parecchi giorni, giungendo a fatica all'altezza di Cnido. Poi, siccome il vento non ci permetteva di approdare, prendemmo a navigare al riparo di Creta, dalle parti di Salmóne,8e costeggiandola a fatica giungemmo in una località chiamata Buoni Porti, vicino alla quale era la città di Lasèa.

9Essendo trascorso molto tempo ed essendo ormai pericolosa la navigazione poiché era già passata la festa dell'Espiazione, Paolo li ammoniva dicendo:10"Vedo, o uomini, che la navigazione comincia a essere di gran rischio e di molto danno non solo per il carico e per la nave, ma anche per le nostre vite".11Il centurione però dava più ascolto al pilota e al capitano della nave che alle parole di Paolo.12E poiché quel porto era poco adatto a trascorrervi l'inverno, i più furono del parere di salpare di là nella speranza di andare a svernare a Fenice, un porto di Creta esposto a libeccio e a maestrale.
13Appena cominciò a soffiare un leggero scirocco, convinti di potere ormai realizzare il progetto, levarono le ancore e costeggiavano da vicino Creta.14Ma dopo non molto tempo si scatenò contro l'isola un vento d'uragano, detto allora "Euroaquilone".15La nave fu travolta nel turbine e, non potendo più resistere al vento, abbandonati in sua balìa, andavamo alla deriva.16Mentre passavamo sotto un isolotto chiamato Càudas, a fatica riuscimmo a padroneggiare la scialuppa;17la tirarono a bordo e adoperarono gli attrezzi per fasciare di gòmene la nave. Quindi, per timore di finire incagliati nelle Sirti, calarono il galleggiante e si andava così alla deriva.18Sbattuti violentemente dalla tempesta, il giorno seguente cominciarono a gettare a mare il carico;19il terzo giorno con le proprie mani buttarono via l'attrezzatura della nave.20Da vari giorni non comparivano più né sole, né stelle e la violenta tempesta continuava a infuriare, per cui ogni speranza di salvarci sembrava ormai perduta.
21Da molto tempo non si mangiava, quando Paolo, alzatosi in mezzo a loro, disse: "Sarebbe stato bene, o uomini, dar retta a me e non salpare da Creta; avreste evitato questo pericolo e questo danno.22Tuttavia ora vi esorto a non perdervi di coraggio, perché non ci sarà alcuna perdita di vite in mezzo a voi, ma solo della nave.23Mi è apparso infatti questa notte un angelo del Dio al quale appartengo e che servo,24dicendomi: Non temere, Paolo; tu devi comparire davanti a Cesare ed ecco, Dio ti ha fatto grazia di tutti i tuoi compagni di navigazione.25Perciò non perdetevi di coraggio, uomini; ho fiducia in Dio che avverrà come mi è stato annunziato.26Ma è inevitabile che andiamo a finire su qualche isola".
27Come giunse la quattordicesima notte da quando andavamo alla deriva nell'Adriatico, verso mezzanotte i marinai ebbero l'impressione che una qualche terra si avvicinava.28Gettato lo scandaglio, trovarono venti braccia; dopo un breve intervallo, scandagliando di nuovo, trovarono quindici braccia.29Nel timore di finire contro gli scogli, gettarono da poppa quattro ancore, aspettando con ansia che spuntasse il giorno.30Ma poiché i marinai cercavano di fuggire dalla nave e già stavano calando la scialuppa in mare, col pretesto di gettare le ancore da prora, Paolo disse al centurione e ai soldati:31"Se costoro non rimangono sulla nave, voi non potrete mettervi in salvo".32Allora i soldati recisero le gòmene della scialuppa e la lasciarono cadere in mare.
33Finché non spuntò il giorno, Paolo esortava tutti a prendere cibo: "Oggi è il quattordicesimo giorno che passate digiuni nell'attesa, senza prender nulla.34Per questo vi esorto a prender cibo; è necessario per la vostra salvezza. Neanche un capello del vostro capo andrà perduto".35Ciò detto, prese il pane, rese grazie a Dio davanti a tutti, lo spezzò e cominciò a mangiare.36Tutti si sentirono rianimati, e anch'essi presero cibo.37Eravamo complessivamente sulla nave duecentosettantasei persone.38Quando si furono rifocillati, alleggerirono la nave, gettando il frumento in mare.
39Fattosi giorno non riuscivano a riconoscere quella terra, ma notarono un'insenatura con spiaggia e decisero, se possibile, di spingere la nave verso di essa.40Levarono le ancore e le lasciarono andare in mare; al tempo stesso allentarono i legami dei timoni e spiegata al vento la vela maestra, mossero verso la spiaggia.41Ma incapparono in una secca e la nave vi si incagliò; mentre la prua arenata rimaneva immobile, la poppa minacciava di sfasciarsi sotto la violenza delle onde.42I soldati pensarono allora di uccidere i prigionieri, perché nessuno sfuggisse gettandosi a nuoto,43ma il centurione, volendo salvare Paolo, impedì loro di attuare questo progetto; diede ordine che si gettassero per primi quelli che sapevano nuotare e raggiunsero la terra;44poi gli altri, chi su tavole, chi su altri rottami della nave. E così tutti poterono mettersi in salvo a terra.


Capitolo XII: I vantaggi delle avversità

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1. E' bene per noi che incontriamo talvolta difficoltà e contrarietà; queste, infatti, richiamano l'uomo a se stesso, nel profondo, fino a che comprenda che quaggiù egli è in esilio e che la sua speranza non va riposta in alcuna cosa di questo mondo. E' bene che talvolta soffriamo contraddizione e che la gente ci giudichi male e ingiustamente, anche se le nostre azioni e le nostre intenzioni sono buone. Tutto ciò suol favorire l'umiltà, e ci preserva dalla vanagloria. Invero, proprio quando la gente attorno a noi ci offende e ci scredita, noi aneliamo con maggior forza al testimone interiore, Iddio.  

2. Dovremmo piantare noi stessi così saldamente in Dio, da non avere necessità alcuna di andar cercando tanti conforti umani. Quando un uomo di buona volontà soffre tribolazioni e tentazioni, o è afflitto da pensieri malvagi, allora egli sente di aver maggior bisogno di Dio, e di non poter fare nulla di bene senza di lui. E si rattrista e piange e prega, per il male che soffre; gli viene a noia che la vita continui; e spera che sopraggiunga la morte (2 Cor 1,8), così da poter scomparire e dimorare in Cristo (Fil 1,23). Allora egli capisce che nel mondo non può esserci completa serenità e piena pace.


LETTERA 55: Agostino risponde alle restanti questioni di Gennaro sui riti ecclesiastici

Lettere - Sant'Agostino

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Scritta poco dopo la precedente.

Agostino risponde alle restanti questioni di Gennaro sui riti ecclesiastici, su ciò che non si può trascurare o che si deve tollerare, soffermandosi sul senso e la celebrazione della Pasqua, sull'allegoria della luna e i significati mistici del sabato e della domenica (n. 1-20) e sottolineando l'utilità delle varie allegorie relative ai giorni della settimana, al triduo della Passione e alla Croce e la liceità della varietà di consuetudini (n. 21-39).

RISPOSTA AI QUESITI DI GENNARO

LIBRO II

Agostino, pur oppresso da occupazioni, s'affretta a rispondere.

1. 1. Dopo avere scorso la tua lettera con cui mi ricordi di soddisfare il debito di spiegarti gli altri quesiti già da molto tempo inviatimi, non ho potuto sopportare di frapporre indugi ad accontentare il tuo ardente desiderio, che mi è gratissimo e carissimo; pur trovandomi oppresso da una congerie d'occupazioni, ho voluto sbrigare come più importante quella di rispondere alle tue domande. Tralascio pertanto di parlare più a lungo della tua lettera per non essere impedito dal soddisfare finalmente il mio debito.

La data della Pasqua.

1. 2. Tu mi domandi "perché mai l'anniversario in cui si celebra la passione del Signore non ricorre lo stesso giorno dell'anno, come [succede per] il giorno in cui si dice che sia nato" e poi soggiungi: "E se ciò avviene per causa del sabato e della luna, che c'entra mai in ciò l'osservanza del sabato e della luna?". Sappi dunque anzitutto che il giorno della Natività del Signore non si celebra con un rito sacramentale, ma si rievoca solo il ricordo della sua nascita e perciò non occorreva altro che indicare con una solennità religiosa il giorno dell'anno in cui ricorre l'anniversario dell'avvenimento stesso. Si ha invece un rito sacramentale in una celebrazione quando non solo si commemora un avvenimento ma lo si fa pure in modo che si capisca il significato di ciò che deve riceversi santamente. Noi quindi celebriamo la Pasqua in modo che non solo rievochiamo il ricordo d'un fatto avvenuto, cioè la morte e la risurrezione di Cristo, ma lo facciamo senza tralasciare nessuno degli altri elementi che attestano il rapporto ch'essi hanno col Cristo, ossia il significato dei riti sacri celebrati. In realtà, come dice l'Apostolo: Cristo morì a causa dei nostri peccati e risorse per la nostra giustificazione 1 e pertanto nella passione e risurrezione del Signore è ìnsito il significato spirituale del passaggio dalla morte alla vita. La stessa parola Pascha non è greca, come si crede comunemente, ma ebraica, come affermano quelli che conoscono le due lingue; insomma il termine non deriva da "passione", ossia "sofferenza", per il fatto che in greco "patire" si dice , ma dal fatto che si passa, come ho detto, dalla morte alla vita, com'è indicato dalla parola ebraica: in questa lingua infatti "passaggio" si dice Pascha, come affermano i dotti. A cos'altro volle accennare lo stesso Signore col dire: Chi crede in me, passerà dalla morte alla vita 2? Si comprende allora che il medesimo evangelista volle esprimere ciò specialmente quando, parlando del Signore che si apprestava a celebrare la Pasqua coi discepoli, dice: Avendo Gesù visto ch'era giunta l'ora di passare da questo mondo al padre etc. 3. Nella passione e risurrezione del Signore vien messo dunque in risalto il passaggio dalla presente vita mortale a quella immortale, ossia il passaggio dalla morte alla vita.

Il Mistico passaggio.

2. 3. Presentemente noi compiamo questo passaggio per mezzo della fede, che ci ottiene il perdono dei peccati e la speranza della vita eterna, se amiamo Dio e il prossimo, in quanto la fede opera in virtù della carità 4 e il giusto vive mediante la fede 5. Ma vedere ciò che si spera, non è sperare: ciò che infatti si vede, perché sperarlo? Se invece speriamo ciò che non vediamo, lo aspettiamo con paziente attesa 6. In conformità a questa fede, speranza e carità, con cui abbiamo cominciato a vivere nella grazia, già siamo morti insieme con Cristo e col battesimo siamo sepolti con lui nella morte 7, come dice l'Apostolo: Poiché il nostro uomo vecchio fu crocifisso con lui 8; e siamo risorti con lui, poiché ci risuscitò insieme con lui, e ci fece sedere nei cieli insieme con lui 9. Ecco perché l'Apostolo ci esorta: Pensate alle cose di lassù, non alle cose terrene 10. Ma poi soggiunge dicendo: Poiché voi siete morti e la vostra vita è nascosta con Cristo in Dio. Quando Cristo, vostra vita, comparirà, allora voi apparirete con lui vestiti di gloria 11; con ciò c'indica chiaramente che vuol farci capire come adesso il nostro passaggio dalla morte alla vita (che avviene in virtù della fede) si compie mediante la speranza della futura risurrezione e della gloria finale, quando cioè questo elemento corruttibile, ossia questo corpo in cui ora gemiamo, si rivestirà dell'immortalità 12. Noi infatti abbiamo fin d'ora le primizie dello Spirito in virtù della fede, ma gemiamo ancora nel nostro intimo, aspettando l'adozione, la redenzione del nostro corpo, poiché solo in speranza siamo già stati salvati 13. Dato che siamo in questa speranza, il corpo è bensì morto per causa del peccato, ma lo spirito è vivo per causa della giustizia. Ma fa' attenzione a quel che segue: Ora, se lo Spirito di Colui che risuscitò Cristo dai morti abita in voi, Colui che risuscitò Cristo dai morti vivificherà pure i vostri corpi mortali per mezzo dei suo Spirito abitante in voi 14. Pertanto la Chiesa intera, che si trova nel pellegrinaggio della natura soggetta alla morte, aspetta che si compia alla fine del mondo ciò che ci è stato mostrato in antecedenza avverato nel corpo di nostro Signore Gesù Cristo ch'è il primogenito dei redivivi 15, poiché anche il suo corpo, di cui è capo egli stesso, non è altro che la Chiesa.

La risurrezione finale.

3. 4. Alcuni, pertanto, considerando l'espressione che ricorre nell'Apostolo, che cioè noi siamo morti con Cristo 16 e siamo risuscitati con Lui, e non comprendendo in qual senso lo dica, hanno pensato che la risurrezione sia già avvenuta e non occorra più sperarla alla fine dei tempi. Tra costoro - dice egli - vi sono Imeneo e Fileto, i quali hanno deviato dalla verità, dicendo che la risurrezione è già avvenuta, e sovvertono la fede di alcuni 17. Costoro sono confutati e biasimati dall'Apostolo, il quale tuttavia dice che siamo risorti con Cristo. Ma in qual modo tale evento s'è compiuto in noi, se non, come dice egli stesso, in virtù della fede, della speranza e della carità secondo le primizie dello Spirito? Ma poiché la speranza di ciò che si vede non è speranza. e perciò speriamo ciò che non vediamo, aspettiamo per mezzo della pazienza 18; rimane ancora che si compia la redenzione del nostro corpo, aspettando la quale noi gemiamo intimamente. Ecco perché Paolo dice pure: Siate contenti nella speranza, pazienti nella sofferenza 19.

Perché la Pasqua ricorre nel mese delle nuove spighe.

3. 5. Il rinnovamento della nostra vita è pertanto il passaggio dalla morte alla vita, che s'inizia in virtù della fede, affinché nella speranza siamo contenti e nella sofferenza siamo pazienti, benché il nostro uomo esteriore si vada disfacendo mentre quello interiore si rinnova di giorno in giorno 20. Proprio in vista della nuova vita e dell'uomo nuovo di cui ci si comanda di rivestirci 21 spogliandoci di quello vecchio, purificandoci dal vecchio fermento per essere una pasta nuova, essendo già stato immolato Cristo, nostra Pasqua 22, proprio in vista di questo rinnovamento della vita è stato stabilito per questa celebrazione il primo mese dell'anno, che perciò si chiama il mese dei nuovi raccolti 23. Inoltre poiché nel volgere dei secoli è adesso apparsa la terza epoca, la risurrezione del Signore è avvenuta dopo tre giorni. La prima epoca infatti è quella anteriore alla Legge, la seconda quella della Legge, la terza quella della Grazia, in cui si rivela il piano misterioso di Dio prima nascosto nell'oscurità delle profezie. Ciò è dunque indicato pure dal numero dei giorni d'ogni fase lunare poiché nelle Scritture il numero sette suol essere simbolo di una certa perfezione e perciò la Pasqua si celebra la terza settimana della luna, cioè nel giorno che cade tra il quattordici e il ventuno del mese.

I Manichei e le fasi della luna.

4. 6. Vi è racchiuso pure un altro mistero; se ti sarà oscuro per il fatto d'essere meno istruito in siffatte cose, non t'addolorare e non credere ch'io sia migliore di te per il fatto d'averle apprese durante gli studi della mia fanciullezza. Poiché chi vuol vantarsi, si vanti di questo, d'aver cioè senno e conoscere che io sono il Signore 24. Alcuni appassionati di tali cose fecero molte ricerche sui numeri e sui movimenti delle stelle. E quelli di essi che fecero indagini più acute arguirono che le fasi della luna crescente e della luna calante provengono dal giro della sua sfera e non già dal fatto che ad essa si aggiunga qualche sostanza quando cresce e la perda quando cala, come credono nella loro aberrazione i Manichei: costoro dicono ch'essa viene riempita, come una nave, da una porzione fuggitiva di Dio, ch'essi con cuore e linguaggio sacrilego non si peritano di credere e proclamare unita ai Principi delle tenebre e macchiata delle loro sozzure. Affermano dunque che quella parte di Dio, purificatasi con enormi sforzi dall'immondizia fuggendo da tutto il mondo e da tutte le fogne, si ricongiunge con Dio, che piange fintanto che non torni; la luna però si riempirebbe solo per la durata di mezzo mese, mentre metà del mese si riverserebbe nel sole come in un'altra nave. Tuttavia fra queste esecrande bestemmie non poterono mai immaginare per qual motivo mai, sia quando comincia che quando cessa di risplendere, appaia come una falce luminosa, o perché cominci a decrescere a partire dalla metà del mese e non giunga piena fino alla fine del mese per versare quel che ha di superfluo.

Le fasi lunari.

4. 7. Al contrario, coloro che studiano questi fenomeni mediante precisi calcoli matematici, riuscirono non solo a spiegare la causa delle eclissi di sole e di luna, ma pure a predire molto tempo prima il momento in cui sarebbero avvenute, e perfino fissarne in antecedenza nelle loro opere scritte, il ripetersi a determinati intervalli di tempo in base a calcoli precisi. Coloro che leggono con intelligenza quegli scritti, predicono allo stesso modo i medesimi fenomeni, i quali avvengono proprio nel modo e nel tempo da essi predetto. Quegli studiosi non sono bensì meritevoli di perdono secondo l'espressione della Sacra Scrittura in quanto, se giunsero a sapere tanto da formarsi una concezione dell'universo e del suo Signore, non lo trovarono più facilmente 25, come avrebbero potuto se avessero pregato con sentimenti di religione. Essi comunque dalle stesse estremità delle falci lunari, opposte al sole sia nella fase crescente che in quella calante, dedussero che la luna è illuminata dal sole e, quanto più si allontana da esso, tanto più riceve i suoi raggi nella parte che si mostra alla terra, mentre al contrario quanto più gli si avvicina dopo la prima metà del mese, a partire dall'altra metà dell'orbita, tanto più è illuminata nella parte superiore, e non può ricevere i raggi nella parte rivolta alla terra e perciò sembra calare. Se però si suppone la luna dotata di luce propria, l'avrebbe solo da una parte della metà della sua sfera e mostrerebbe quella parte alla terra un po' alla volta allontanandosi dal sole fino a mostrarla intera, mostrerebbe cioè per così dire un accrescimento senza opporre alla propria massa nulla che le facesse difetto, ma con l'esporre quel che aveva in effetto; poi di nuovo nascondendo un po' alla volta quanto prima appariva, sembrerebbe calare. Ma qualunque cosa si pensi di queste ipotesi, una cosa è chiara a chiunque esamini attentamente il fenomeno, che cioè la luna cresce ai nostri occhi solo allontanandosi dal sole e cala solo avvicinandoglisi dall'altra parte.

Di che cosa sono simbolo il sole e la luna.

5. 8. Fa' ora attenzione a ciò che si legge nei Proverbi: Il saggio persevera saldo come il sole, lo stolto invece cambia come la luna 26. E chi è il saggio che persevera se non il sole di giustizia di cui è detto: È sorto per me il sole di giustizia 27? Nel giorno del giudizio gli empi battendosi il petto per il fatto che questo sole non è spuntato per loro, diranno: Non è brillata per noi la luce della giustizia e il sole non è spuntato per noi 28. Non si tratta di questo sole visibile agli occhi corporei, che Dio fa sorgere sui buoni e sui cattivi come pure fa piovere sui giusti e sugl'ingiusti 29. Si tratta di una di quelle similitudini tratte, come sempre, dalle cose visibili e adatte a significare le cose invisibili. Chi è dunque lo stolto che cambia come la luna, se non Adamo, nel quale tutti hanno peccato? Poiché l'anima dell'uomo allentandosi dal sole della giustizia, cioè dalla interiore contemplazione dell'immutabile verità, rivolge tutte le sue potenze spirituali alle cose terrene, per cui vieppiù gli si ottenebrano le facoltà interne e superiori. Appena però comincia a tornare all'immutabile sapienza, quanto più le si avvicina con sentimenti religiosi, tanto più si sciupa l'uomo esterno, ma l'interno si rinnova di giorno in giorno e tutta la luce dell'ingegno, prima rivolta alle cose inferiori, si rivolge ora alle superiori e si stacca per così dire dalle cose terrene, perché muoia sempre di più a questa vita e la sua vita sia nascosta con Cristo in Dio 30.

La data della Pasqua rispetto alle fasi della luna.

5. 9. L'uomo dunque fa un cambiamento tanto peggiore quanto più si spinge verso le cose esteriori e respinge dalla sua vita le realtà interiori 30bis: una tale condizione pare migliore alla terra, ossia a coloro che gustano soltanto le cose terrene 31, dal momento che il peccatore viene lodato per le brame del suo cuore e chi compie il male viene benedetto 32. L'uomo, al contrario, cambia in meglio quando a poco a poco distoglie la sua attenzione e la sua gloria dalle cose terrene, che si vedono in questa vita, e le indirizza alle cose superiori e interne; questa condizione sembra meno buona alla terra ossia a quelli che hanno il gusto delle cose terrene. Ecco perché gli empi, nel loro inutile pentimento finale, tra gli altri numerosi loro rimpianti dovranno esclamare: Sono costoro quelli che noi consideravamo un tempo come oggetto di scherno e come tipi da coprire d'obbrobri. Siamo noi i pazzi che stimavamo pazzia la loro vita 33. Ecco perché lo Spirito Santo, per mostrarci con una similitudine i misteri invisibili attraverso le cose visibili, e attraverso le cose corporee i misteri spirituali, volle che il passaggio da una vita all'altra, cioè la Pasqua, fosse celebrata [nel periodo che va] dalla quattordicesima alla ventunesima luna; dalla quattordicesima, affinché si prendesse la similitudine della luna per indicare la terza epoca già ricordata non solo per il fatto che di lì comincia la terza settimana, ma per lo stesso fatto di rivolgersi dalle cose esteriori a quelle interiori; fino alla ventunesima invece a causa dello stesso numero corrispondente al triplo di sette, numero, questo, con cui spesso è indicata la totalità delle cose, numero simboleggiante pure la stessa Chiesa per il fatto ch'esso rappresenta la totalità dei fedeli.

La luna simbolo della Chiesa.

6. 10. Ecco perché l'apostolo Giovanni nell'Apocalisse scrive alle sette Chiese 34. La Chiesa però, trovandosi ancora nella condizione mortale propria degli uomini fatti di carne, è indicata nella Sacra Scrittura col nome di luna a causa della mutevolezza della natura umana. Ecco pure il perché di quell'espressione: Hanno preparato le loro saette nella faretra per saettare quelli che sono di cuore retto, quando la luna è oscura 35. Infatti prima che avvenga quanto dice l'Apostolo: Quando comparirà Cristo, vostra vita, allora voi pure comparirete con lui nella gloria 36, la Chiesa durante il suo pellegrinaggio sembra oscura, perché geme a causa di molte iniquità: e allora sono da temere le insidie degl'ipocriti seduttori, che volle indicati nel termine "saette". Ecco perché in un altro passo, a proposito dei fedelissimi banditori della verità, generati in ogni luogo della Chiesa, è detto che essa è come la luna testimone fedele nel cielo 37. Cantando, il Salmista del regno di Dio: Spunterà - dice - nei giorni di lui la giustizia con abbondanza di pace fino a tanto che non vi sia più la luna 38, cioè l'abbondanza della pace crescerà fino a quando essa non distruggerà interamente ciò chè mutevole nella condizione della nostra mortalità. Allora sarà distrutta l'ultima nemica, ossia la morte, e sarà distrutto interamente tutto ciò che deriva dalla debolezza della carne e ci oppone resistenza e ci impedisce di giungere alla perfetta pace, quando cioè questo corpo corruttibile si rivestirà dell'incorruttibilità e questo corpo mortale si rivestirà dell'immortalità 39. Ecco perché le mura della città chiamata Gerico, la quale in ebraico si dice che significa luna, caddero dopo che attorno ad esse fu portata per sette volte l'arca dell'Alleanza 40. Cos'altro infatti fa ora l'annuncio del regno di Dio simboleggiato dall'arca portata intorno a Gerico, se non distruggere, mediante i sette doni dello Spirito Santo e il concorso del libero arbitrio, tutti i baluardi della vita mortale, cioè qualsiasi speranza di questa vita che si oppone alla speranza della vita futura? Ecco perché le mura caddero mentre l'arca girava loro attorno, senza essere percosse da nessun colpo violento, ma spontaneamente. Vi sono inoltre altri passi della Sacra Scrittura che nella luna ci fanno vedere simboleggiata la Chiesa, la quale nella condizione mortale della presente vita compie il suo pellegrinaggio tra le pene e le fatiche, lontana dalla celeste Gerusalemme di cui sono cittadini i santi Angeli.

Influsso delle stelle e libero arbitrio.

6. 11. Gli stolti però, che non vogliono cambiarsi in meglio, non devono per questo pensare che si debbano adorare gli astri del cielo per il fatto che talora questi sono presi nella Sacra Scrittura come simboli e figure dei misteri divini, perché ogni creatura può essere presa a simbolo. Per lo stesso motivo non dobbiamo neppure incorrere nel giudizio di condanna pronunciato dalla bocca dell'Apostolo nei riguardi di alcuni, i quali adorarono e servirono la creatura a preferenza del Creatore ch'è benedetto per tutti i secoli 41. Come infatti non adoriamo le bestie, sebbene Cristo sia chiamato agnello 42 e vitello 43, e neppure le fiere perché egli è stato chiamato il leone della tribù di Giuda 44 e neppure le pietre perché pietra era il Cristo 45 e neppure il monte Sion perché in esso è raffigurata la Chiesa 46, così non adoriamo neppure il sole o la luna, sebbene da queste creature della volta celeste come da molte altre creature terrestri si prendano figure simboliche per rappresentare e far comprendere realtà sacre e mistiche.

Simboli e realtà sacre.

7. 12. Sono quindi detestabili e ridicole le pazzie dei Manichei; allorché noi rinfacciamo ad essi le loro sciocche trovate con le quali precipitano altri nell'errore in cui son precipitati prima essi stessi, pare loro d'essere spiritosi ed eloquenti rispondendoci: "E perché voi pure celebrate la Pasqua fissandola in base a un computo solare e lunare?". Come se noi biasimassimo il moto regolare degli astri o l'avvicendarsi delle stagioni, stabiliti dal sommo ottimo Dio, e non precisamente la loro eresia, la quale si serve di realtà create dalla somma Sapienza per suffragare le falsissime opinioni della loro insipienza! Se infatti gli astrologi volessero rinfacciarci che prendiamo delle similitudini dagli astri e dalle stelle del cielo per indicare simbolicamente delle realtà sacre e misteriose, ci rinfaccino pure anche gli aruspici che ci venga detto: Siate semplici come colombe; ci rinfaccino pure gl'incantatori di serpenti che ci venga detto: [Siate] astuti come serpenti 47; ci rinfaccino pure anche gli istrioni che nei Salmi nominiamo la cetra. Così pure, poiché da tali cose prendiamo dei simboli per rappresentare i significati misteriosi delle parole di Dio, dicano pure, se loro piace, che noi ne ricaviamo auspici o prepariamo farmaci o cerchiamo d'imitare scene immorali! Soltanto dei pazzi da legare potrebbero affermare una simile cosa.

L'osservazione dei fenomeni naturali.

7. 13. Noi quindi non siamo soliti trarre congetture circa il futuro delle nostre azioni dal sole o dalla luna, dalle stagioni o dalle vicende dei mesi, per non correre il rischio di far naufragare il libero arbitrio nelle pericolosissime tempeste della vita umana e andare a sbattere, per così dire, negli scogli d'una miseranda schiavitù. Noi al contrario, per indicare il significato sacro d'una cosa, prendiamo ormai a simbolo, con profondo sentimento religioso e con cristiana libertà, le cose adatte di tutta la creazione, come i venti, il mare, la terra, i volatili, i pesci, le bestie, gli alberi, gli uomini; noi usiamo tali paragoni [solo] nei nostri discorsi, mentre nella celebrazione dei sacramenti ci serviamo d'un numero assai limitato di cose, come l'acqua, il frumento, il vino e l'olio. Anche durante il tempo in cui l'antico popolo viveva nella schiavitù della Legge, fu ordinata la celebrazione di molti riti sacri che ora ci sono tramandati solo affinché ne conosciamo l'intimo significato. Per questo motivo noi non osserviamo né i giorni, né gli anni, né i mesi né le stagioni, per non sentirci dire dall'Apostolo: Temo per voi d'essermi affaticato inutilmente in mezzo a voi 48. Egli infatti biasima coloro che dicono: "[Oggi] non partirò, perché è un giorno di cattivo augurio", oppure: "perché la luna si trova nella tal fase", oppure: "Partirò affinché gli affari vadano bene, poiché la posizione delle stelle è propizia", oppure: "Questo mese non mi darò al commercio, poiché la mia stella compie il mese", oppure: "Mi darò al commercio, poiché la mia stella comincia il mese", "Quest'anno non pianterò la vigna, perché è bisestile". Nessun individuo saggio però pensa che siano da biasimare quelli che osservano le circostanze dei tempi perché dicono: "Oggi non parto, perché s'è scatenata una tempesta" oppure: "Non m'imbarcherò, perché ci sono ancora strascichi dell'inverno" oppure: "È tempo di seminare, perché la terra è satura delle piogge autunnali" e così dicasi degli altri fenomeni naturali osservati nella ordinatissima rivoluzione degli astri in rapporto ai mutamenti atmosferici e all'umidità, capaci di variare la natura delle stagioni. Di tali astri, quando vennero creati, fu detto: Servano per segnali, per ricorrenze, per giorni e per anni 49. Se inoltre altre immagini simboliche son prese non solo dal cielo e dagli astri, ma pure dalle creature inferiori al fine d'indicare l'attuazione del piano divino della salvezza, esse sono come un insegnamento assai eloquente ed efficace della salvezza, capaci di commuovere i sentimenti dei discepoli elevandoli dalle cose visibili alle invisibili, dalle corporali alle spirituali, dalle temporali alle eterne.

Pasqua, rinnovamento spirituale.

8. 14. Ma nessuno di noi sta a considerare, nel tempo in cui si celebra la Pasqua, se il sole si trova nella costellazione chiamata dell'Ariete, dove realmente si trova nel mese dei nuovi raccolti. Comunque si chiami quella regione del cielo, o Ariete o con altro nome, noi sappiamo dalla S. Scrittura che tutte le stelle furono create da Dio, il quale le dispose nelle zone da lui volute; quali che siano le costellazioni in cui dividono le regioni del cielo trapunte di stelle disposte in ordinati raggruppamenti, quali che siano i nomi con cui vengono contrassegnate, quale che sia la costellazione in cui si trovi il sole nel mese dei nuovi raccolti, la ricorrenza celebrativa della Pasqua ve lo incontrerà per indicare il significato simbolico del mistero consistente nel rinnovamento della vita, di cui abbiamo parlato abbastanza. Del resto, anche se fosse possibile che la costellazione sia stata chiamata Ariete a causa della conformazione della sua figura, la parola di Dio non esiterebbe nemmeno per questo a trarne un significato simbolico di qualche realtà sacra, allo stesso modo che trasse rappresentazioni simboliche per indicare allegoricamente le cose da altre creature non solo celesti ma anche terrestri, come le prese da Orione e dalle Pleiadi, dal monte Sinai e dal monte Sion, dai fiumi chiamati Geon, Phison, Tigri, Eufrate, come le prese dallo stesso Giordano, tante volte nominato nei santi misteri.

Osservazioni inutili e superstiziose.

8. 15. Ma una cosa è osservare le costellazioni per esaminare i fenomeni atmosferici, come fanno gli agricoltori, o come fanno i naviganti per contrassegnare le regioni del mondo e segnare la rotta della navigazione da un punto preciso verso una determinata meta, come fanno i piloti delle navi e i viaggiatori che attraversano i deserti sabbiosi nell'interno delle regioni torride, prive di vere strade; una cosa ben diversa è menzionare qualche costellazione, per indicare il significato simbolico d'una dottrina utile; una cosa del tutto diversa da queste osservazioni utili son quelle futili e false di coloro che osservano le costellazioni non per conoscere le condizioni dell'atmosfera o le vie che attraversano le regioni o solo le caratteristiche delle stagioni o le rassomiglianze con le realtà spirituali, ma per prevedere gli eventi come fossero già predisposti dal fato; chi non lo capisce?

Pasqua giudaica e Pasqua cristiana.

9. 16. Ma passiamo ormai oltre e vediamo perché nel celebrare la Pasqua si osserva che preceda il sabato, poiché ciò è caratteristico della religione cristiana. I Giudei infatti osservano solo il mese delle nuove messi e la luna dal quattordicesimo al ventunesimo suo giorno. Ora, la Pasqua giudaica, in cui subì la passione il Signore, cadde in modo che tra la sua morte e la risurrezione intercorse il giorno di sabato. I nostri padri reputarono quindi opportuno che non solo la nostra festività venisse distinta da quella giudaica, ma che nella celebrazione anniversaria della Passione si osservasse dai posteri ciò che deve credersi compiuto non senza ragione da Colui, ch'esiste prima dei tempi e dal quale sono stati creati i tempi, il quale venne nella pienezza dei tempi 50. È lui che ha il potere di dare la propria vita e di riprenderla di nuovo 51; e perciò quando diceva: Non è ancor giunta la mia ora 52, non aspettava un'ora predisposta dal fato, ma quella più opportuna per far conoscere e far risaltare il piano misterioso della salvezza.

Il sabato figura del riposo eterno.

9. 17. Ciò che adesso facciamo con la fede e con la speranza e ci sforziamo di raggiungere con la carità, è precisamente il riposo santo e perpetuo da ogni fatica e da ogni molestia; per giungere ad esso noi compiamo il passaggio da questa vita, che nostro Signore Gesù Cristo ebbe la bontà d'insegnarci e di santificare con la sua passione. Questo riposo però non consiste in un'infingarda inattività, ma in un'ineffabile tranquillità di riposante attività. Poiché alla fine delle opere della nostra vita noi ci riposiamo affinché godiamo nell'attività della vita eterna. Ma poiché siffatta attività si compie lodando Iddio senza fatica delle membra e senz'affanno di pensieri, il riposo per cui si passa a tale attività non è seguito da alcuna fatica, ossia l'attività non comincia in modo che finisca il riposo, poiché non è un tornare alle fatiche e agli affanni, ma è un'attività che conserva ciò che costituisce la caratteristica del riposo, ossia agire senza affaticarsi, pensare senza preoccuparsi. Poiché dunque per mezzo del riposo si torna alla prima vita, dalla quale l'anima cadde in peccato, questo riposo è simboleggiato nel sabato. Quella prima vita che si restituisce a coloro che tornano dall'esilio di questa vita e che ricevono il vestito più bello 53, è simboleggiata dal primo giorno della settimana, che noi chiamiamo Domenica. Esamina i sette giorni, leggi la Genesi 54 e troverai il settimo giorno senza sera, poiché simboleggia il riposo senza fine. La prima vita non fu dunque eterna per l'uomo peccatore, mentre l'ultimo riposo sarà eterno e perciò anche l'ottavo giorno avrà la felicità eterna, poiché il riposo eterno è incluso, non concluso nell'ottavo, altrimenti non sarebbe eterno. L'ottavo giorno sarà quindi come il primo, sicché la prima vita non sarà annullata, ma tramutata in eterna.

Dio solo è il riposo dell'anima.

10. 18. All'antico popolo fu tuttavia comandato di celebrare il sabato accompagnandolo col riposo del corpo, affinché fosse simbolo della santificazione che si accompagna al riposo elargito dallo Spinto Santo. In nessun passo della Genesi leggiamo che venissero santificati i primi giorni, mentre del solo sabato è detto: E Dio santificò il settimo giorno 55. In realtà amano il riposo tanto le anime pie quanto le empie, le quali però non sanno, per lo più, come giungere a quel che amano. Gli stessi corpi, in virtù della forza di gravità, non cercano di raggiungere se non quel che cercano le anime per la forza delle loro passioni. Poiché, allo stesso modo che il corpo tende col suo peso a muoversi verso il basso o verso l'alto fino a tanto che non raggiunga la posizione verso la quale tende e non vi si riposi - l'olio infatti, se si getta in aria, tende col suo peso verso il basso, mentre, se si mette nell'acqua, tende in alto - così le anime tendono a ciò che amano per raggiungerlo e riposarvisi. Molti sono bensì i piaceri che si provano attraverso il corpo, ma non si trova in essi il riposo eterno e nemmeno un riposo di lunga durata e perciò insozzano l'anima, anzi l'appesantiscono impedendole la sua naturale inclinazione per cui è spinta verso le cose celesti. Quando però l'anima si compiace di se stessa, non si compiace ancora delle cose immutabili ed è quindi ancora superba, poiché considera se stessa come il sommo bene, mentre molto superiore ad essa è Iddio. Ma non vien lasciata senza punizione in questo peccato, poiché Dio si oppone ai superbi, agli umili invece dà la grazia 56. Quando invece ripone le sue compiacenze in Dio, in Lui trova il vero, sicuro, eterno riposo, che andava cercando in altri beni senza trovarlo. Ecco perché nel Salmo siamo così esortati: Riponi le tue compiacenze nel Signore ed Egli ti darà ciò che domanda il tuo cuore 57.

Che significa il riposo del settimo giorno.

10. 19. Poiché dunque la carità di Dio è stata diffusa nei nostri cuori per opera dello Spirito Santo, che ci è stato elargito 58, perciò è ricordata la santificazione del settimo giorno, in cui è comandato il riposo. Ma poiché non possiamo fare il bene senza il suo aiuto, come dice l'Apostolo: Dio infatti opera in voi il volere e l'operare secondo la buona volontà 59 e non potremo riposarci dopo tutte le nostre opere buone compiute in questa vita, se non siamo stati santificati e perfetti per l'eternità, perciò dello stesso Dio si dice che avendo compiute tutte le opere assai buone, il settimo giorno si riposò da qualsiasi opera da lui fatta 60. Con ciò volle simboleggiare il riposo futuro che avrebbe dato agli uomini dopo le buone opere. Come infatti, quando compiamo il bene, si dice che opera in noi lui per dono del quale compiamo il bene, così quando riposiamo, si dice che a riposare è lui per dono del quale noi riposiamo.

Tutta l'attività terrena dev'essere diretta al riposo eterno.

11. 20. Per conseguenza nei primi tre precetti dei Decalogo riguardanti Dio - gli altri sette riguardano il prossimo, cioè l'uomo, poiché da due precetti dipende tutta la Legge 61 - si trova il terzo sull'osservanza del sabato, affinché nel primo precetto comprendiamo l'adorazione dovuta al Padre quando ci proibisce di adorare un'immagine di Dio fabbricata dall'uomo, non perché Dio non abbia la sua immagine, ma perché non si deve adorare alcuna sua immagine che non sia quella identica a lui stesso, né l'immagine deve adorarsi al posto di lui ma insieme con lui. E siccome la creatura è mutevole e perciò è detto: Ogni creatura è soggetta alla leggerezza 62 e ogni creatura in particolare mostra la natura di tutte, affinché nessuno mettesse tra le creature il Verbo, Figlio di Dio, per mezzo del quale tutto è stato fatto 63, segue l'altro precetto: Non servirti del nome di Dio senza motivo 64. Nel terzo precetto della Legge ci viene indicato lo Spirito Santo, in virtù del quale ci vien largito il riposo che cerchiamo ovunque ma che non troviamo se non nell'amore di Dio, dal momento che la sua carità è diffusa nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato largito 65, poiché Dio santificò il settimo giorno 66, in cui si riposò. Ciò è stato scritto sull'osservanza del sabato non già perché pensiamo di trovare il riposo in questa vita, ma affinché le buone opere che compiamo tendano solo verso il riposo eterno. Ricorda soprattutto quanto già più sopra ho ricordato, che siamo salvati nella speranza, ma la speranza di ciò che si vede non è più speranza 67.

Potenza psicologica dei segni e delle allegorie.

11. 21. Orbene, tutte queste cose, che ci sono presentate sotto figure simboliche, hanno lo scopo d'alimentare e in un certo qual modo di attizzare il fuoco dell'amore, per mezzo del quale, come da una forza, noi siamo trascinati al di sopra o all'interno di noi stessi verso la pace. Così presentate, esse commuovono e accendono l'amore con più forza che se ci fossero proposte nude senza alcuna raffinazione simbolica delle realtà sacre. È difficile spiegare il motivo di ciò. Ma sta il fatto che una verità annunciata per mezzo di un'immagine allegorica commuove, piace ed è apprezzata maggiormente che se fosse annunciata nel modo più chiaro e coi termini appropriati. Io credo che il sentimento dell'anima, finché rimane legato alle cose terrene, è più lento a infiammarsi; se invece viene portato verso immagini corporee e da queste trasportato alle realtà spirituali, che gli vengono mostrate da quelle figure, viene per così dire ad acquistare un nuovo vigore dallo stesso processo di trasposizione e con amore più ardente è trascinato al riposo eterno, come il fuoco d'una fiaccola s'accende più forte se viene agitata.

Significato allegorico del sabato.

12. 22. Perciò fra tutti i dieci comandamenti solo quello riguardante il riposo del sabato ci viene ordinato di osservarlo in senso allegorico; ci siamo proposti di comprenderne dunque il significato allegorico e non già di praticarlo pure col riposo corporale. Il sabato è bensì il simbolo del riposo spirituale, del quale è detto nel salmo: Riposatevi e riconoscete ch'io sono il Signore 68, riposo al quale sono chiamati gli uomini dallo stesso Dio con le parole: Venite a me, voi tutti che siete affaticati e aggravati, e io vi darò sollievo, prendete il mio giogo su di voi e imparate da me che sono mite e umile di cuore e troverete riposo alle anime vostre 69. Tutti gli altri comandamenti invece li osserviamo come veri e propri precetti senza intenderli affatto simbolicamente. Infatti sappiamo chiaramente cosa vuol dire non adorare gl'idoli; non servirsi senza motivo del nome del Signore nostro Dio, e onorare il padre e la madre, e non fornicare, non uccidere e non rubare, non dire falsa testimonianza, non desiderare la moglie del prossimo, non desiderare nulla di ciò che appartiene al prossimo 69bis, non enunciano un significato simbolico e ne hanno un altro mistico ma si osservano secondo il loro significato letterale. Non ci si comanda tuttavia di osservare il sabato nel suo significato letterale di riposo dall'attività fisica, come lo osservano i Giudei, il cui modo di osservare il precetto così come suona letteralmente è giudicato ridicolo qualora non è simbolo d'un altro riposo spirituale. Non è quindi illogico pensare che tutto ciò che nella Sacra Scrittura è detto allegoricamente vale ad eccitare l'amore con cui tendiamo al riposo, dal momento che l'unico precetto del Decalogo espresso in forma allegorica è quello del riposo, che naturalmente viene cercato col desiderio ma viene trovato santo e sicuro solo in Dio.

La Domenica, festa propria dei Cristiani.

13. 23. La domenica invece è stata indicata chiaramente come giorno sacro non per i Giudei, ma per i Cristiani per causa della risurrezione del Signore e da allora si cominciò a celebrarla come giorno di festa. In realtà tutte le anime dei santi sono bensì nel riposo prima ancora della risurrezione del corpo, ma non si trovano nell'attività di cui sono vivificati i corpi quando saranno ripresi dalle anime. Di questa attività è simbolo l'ottavo giorno, ch'è pure il primo, poiché la risurrezione non elimina, ma glorifica il riposo. Col corpo infatti non torneranno le molestie del corpo, poiché non vi sarà più la corruzione. Bisogna infatti che questo corpo corruttibile si rivesta dell'incorruttibilità e questo corpo mortale si rivesta dell'immortalità 70. Prima della risurrezione del Signore ai santi Patriarchi pieni di spirito profetico non era certo nascosta l'allegoria dell'ottavo giorno con cui viene significata la risurrezione; infatti qualche salmo è intitolato "per l'ottava" 71 e i bambini venivano circoncisi l'ottavo giorno dopo la nascita 72 e nell'Ecclesiaste, per simboleggiare i due Testamenti, si dice: Da' loro sette parti e a quelli otto 73. Tale significato simbolico però rimane riservato e segreto e fu insegnato solo che si doveva celebrare il sabato. Infatti i morti godevano già il riposo ma non v'era ancora la risurrezione di nessuno fino a quando venisse chi risorgendo dai morti ormai non morisse mai più e la morte non dominasse più su di lui 74. Solo dopo avvenuta la risurrezione del corpo del Signore (affinché precedesse nel Capo della Chiesa ciò che il corpo della Chiesa doveva sperare per la fine) si sarebbe cominciato a celebrare ormai la Domenica, ossia l'ottavo giorno, che è pure il primo. Si comprende pure il motivo per cui fu bensì ai Giudei comandato di celebrare la Pasqua, quando fu loro comandato di uccidere e mangiare l'agnello, rito questo che prefigura evidentissimamente la Passione del Signore, ma non fu loro comandato che facessero attenzione alla data del sabato e alla coincidenza del mese delle nuove messi con la terza settimana della luna. A contrassegnare il medesimo giorno con la sua passione doveva essere piuttosto il Signore, ch'era venuto per mostrare chiaramente anche la Domenica, cioè l'ottavo giorno ch'è pure il primo.

Significato simbolico dei tre giorni della Passione.

14. 24. Ora considera attentamente i tre giorni santi della crocifissione, della sepoltura e della risurrezione del Signore. Di questi tre misteri compiamo nella vita presente ciò di cui è simbolo la croce, mentre compiamo per mezzo della fede e della speranza ciò di cui è simbolo la sepoltura e la risurrezione. Adesso infatti vien detto all'uomo: Prendi la tua croce e seguimi 75. La carne vien crocifissa quando vengono fatte morire le nostre membra terrene, la fornicazione, l'impurità, la lussuria, l'avarizia 76 e tutte le altre passioni di tal fatta, delle quali l'Apostolo dice: Se infatti vivrete secondo la carne morrete; se invece mediante lo spirito farete morire le opere del corpo, vivrete 77. Perciò di se stesso dice: Il mondo è crocifisso per me com'io per il mondo 78. E, in un altro passo: Ben sapendo - dice - che il nostro uomo vecchio fu crocifisso con lui affinché fosse distrutto il corpo del peccato sicché non siamo più schiavi del peccato 79. Tutto il tempo dunque in cui le nostre opere fanno sì che sia distrutto il corpo del peccato, tutto il tempo in cui si corrompe l'uomo esterno, perché si rinnovi di giorno in giorno quello interiore, è il tempo della croce.

Le quattro dimensioni della Croce secondo la condizione mortale.

14. 25. Queste opere sono pure certamente buone ma ancora penose, il cui premio è il riposo. Sta scritto però: Siate pieni di gioia nella speranza 80, affinché noi sorretti dal pensiero del riposo futuro affrontiamo con gioia i travagli provenienti dalle nostre opere. Di questa gioia è simbolo l'allargarsi della croce nel legno trasversale su cui vengono confitte le mani, nelle quali sappiamo che sono simboleggiate le opere buone, come nella larghezza è figurata la gioia di chi compie le opere buone poiché la tristezza è causa di angustie; la parte più alta invece, sulla quale si pone la testa, simboleggia la ricompensa che si aspetta dall'altissima giustizia di Dio, il quale renderà a ciascuno secondo le sue opere, cioè la vita eterna a quelli i quali con la costanza nel fare il bene ricercano la gloria, l'onore e l'immortalità 81. Perciò anche la parte più lunga, su cui viene disteso tutto il corpo, è simbolo della tolleranza, per cui sono chiamati longanimi quelli che sopportano. La parte invece più profonda, conficcata nella terra, simboleggia il mistero della realtà religiosa. Ricorderai infatti, se non m'inganno, le parole dell'Apostolo, che potrei usare a proposito di quello significato della croce nel passo ove dice: Radicati e fondati nella carità affinché siate capaci di comprendere con tutti i santi quale sia la larghezza, la lunghezza, l'altezza e la profondità 82. Le cose poi che non vediamo né possediamo ma che compiamo con la fede e la speranza, sono state simboleggiate negli altri due giorni. Poiché le cose che facciamo adesso, come inchiodati coi chiodi dei comandamenti nel timore di Dio, com'è scritto: Inchioda col tuo timore le mie carni 83, sono considerate come necessarie ma non da desiderarsi e bramarsi per se stesse. Ecco perché l'Apostolo dice che è assai meglio il suo desiderio di sciogliersi dal corpo ed essere con Cristo; ma il rimanere in vita è necessario - egli dice - per il vostro bene 84. La frase dunque essere sciolto dal corpo ed essere con Cristo indica l'inizio del riposo che non è interrotto, ma reso glorioso dalla risurrezione, che ora è creduta fermamente per mezzo della fede e perciò il giusto vive per mezzo della fede 85. Ignorate forse - dice - che quanti siamo stati battezzati in Gesù Cristo siamo stati immersi come nella morte di lui? Siamo stati dunque sepolti con lui nell'immersione come per la morte 86. E come, se non mediante la fede? Ciò infatti non ha avuto compimento in noi, che ancora gemiamo nell'anima mentre aspettiamo l'adozione, la redenzione del nostro corpo. Nella speranza infatti siamo salvati. Ma la speranza di ciò che si vede non è speranza. Poiché ciò che si vede, perché anche lo si spera? Se invece si spera ciò che non si vede, si aspetta con la pazienza 87.

La felicità solo dopo questa vita.

14. 26. Tieni a mente quanto spesso ti ricordo questa massima: non dobbiamo credere di diventare felici fin d'ora in questa vita e liberi da tutte le difficoltà; evitiamo tale falsa persuasione affinché, quando siamo nelle strettezze temporali, non mormoriamo sacrilegamente contro Dio, come se non volesse concederci ciò che ci ha promesso. Ci ha promesso, è vero, anche le cose necessarie a questa vita, ma altro è il sollievo degli infelici, altro la gioia dei beati. O Signore - dice il Salmista - in seguito alle molte afflizioni del mio cuore, le tue consolazioni mi deliziarono l'anima 88. Non mormoriamo dunque nelle difficoltà per non perdere l'effusione di gioia, di cui si dice: Siate pieni di gioia nella speranza, a cui segue: pazienti nell'afflizione 89. La vita nuova s'incomincia dunque nella fede, si svolge nella speranza ma raggiungerà la sua perfezione solo quando la morte sarà assorbita nella vittoria 90, quando sarà distrutto l'ultimo nemico, la morte 91, quando saremo trasformati e diventati come angeli. Tutti infatti - dice - risorgeremo, ma non tutti saremo trasformati 92. Il Signore pure dice: Saranno uguali agli Angeli di Dio 93. Poiché adesso siamo stati afferrati da Dio nel timore mediante la fede, allora invece arriveremo ad afferrare la meta nella carità mediante la visione diretta. Poiché fin quando siamo nel corpo, siamo esuli lontani dal Signore, poiché camminiamo nella fede e non nella visione diretta 94. Lo stesso Apostolo che dice: per afferrare come sono stato afferrato, confessa apertamente di non aver raggiunto la perfezione. Fratelli - egli dice - non credo d'aver raggiunto la meta 95. Ma perché la stessa speranza è per noi sicura in base alla promessa della Verità, l'Apostolo dopo aver detto: Siamo stati quindi sepolti con lui mediante l'immersione per la morte, prosegue dicendo: affinché allo stesso modo che Cristo risorse dai morti per la gloria del Padre; così anche noi camminiamo in una vita nuova 96. Camminiamo dunque nella realtà delle fatiche, ma pure nella speranza del riposo, nella carne della realtà vecchia ma pure nella speranza della realtà nuova. Dice infatti: Il corpo è morto bensì per causa del peccato, ma lo spirito è vivo in virtù della giustizia. Orbene, se lo Spirito di Colui, che risuscitò Gesù Cristo dai morti, abita in voi, vivificherà pure i vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito abitante in voi 97.

Il mistero della Pasqua.

15. 27. Queste realtà spirituali vengono celebrate durante la ricorrenza anniversaria della Pasqua (naturalmente in un grande mistero di significato simbolico, come già tu comprendi) in base all'autorità delle Sacre Scritture e per consenso della Chiesa universale sparsa per tutto il mondo. Nelle Sacre Scritture dell'Antico Testamento non è prescritto il tempo per la celebrazione della Pasqua se non nel mese delle nuove spighe dalla decima quarta alla ventesima prima luna; ma poiché dal Vangelo risulta chiaro in quali giorni il Signore fu crocifisso e rimase nel sepolcro e risorse, dai concili dei Padri fu aggiunta pure l'osservanza di quei giorni e tutto il mondo cristiano si persuase che la Pasqua deve essere celebrata in quel modo.

Digiuno quaresimale e simbolismo del numero quaranta.

15. 28. L'origine del digiuno della Quaresima si trova non solo nella Sacra Scrittura del Vecchio Testamento, per l'esempio di Mosè 98 e di Elia 99, ma anche nel Vangelo, poiché il Signore digiunò altrettanti giorni 100 dimostrando così che il Vangelo non è in contrasto con la Legge e i Profeti. Poiché in Mosè è personificata la Legge, in Elia sono personificata i Profeti, tra i quali Cristo apparve glorioso sul monte 101, affinché fosse più evidente ciò che di lui afferma l'Apostolo: avendo la testimonianza della Legge e dei Profeti 102. In qual parte dell'anno dunque si sarebbe potuto stabilire più convenientemente la pratica della Quaresima se non in quella contigua e vicina alla Domenica della Passione? Poiché essa è figura di questa vita travagliosa, alla quale è necessaria la continenza per tenersi lontano dall'amicizia del mondo, la quale non cessa naturalmente di farci false carezze, di spargere attorno a noi e vantare le sue false attrattive. La presente vita poi è raffigurata - a mio parere - dal numero quaranta. Mi spiego: nel numero dieci è la perfezione della nostra felicità; essa è raffigurata pure nel numero otto, perché esso si riconduce al primo, come pure nel numero quaranta, poiché la creatura ch'è raffìgurata dal numero sette s'unisce al Creatore, in cui si mostra chiaramente l'unità della Trinità. Ripeto: il numero dieci è stato annunciato per questa vita in tutto il mondo, poiché esso è pure diviso nei quattro punti cardinali ed è formato dai quattro elementi e cambia secondo le quattro stagioni. Ora, dieci per quattro fa quaranta; se poi il numero quaranta si conta nelle sue parti e si aggiunge il numero dieci, si ha cinquanta come la ricompensa della fatica e della continenza. Non per nulla lo stesso Signore visse su questa terra e in questa terra con i Discepoli per quaranta giorni dopo la risurrezione e dieci giorni dopo la sua ascensione al cielo mandò lo Spirito Santo promesso, quando arrivò il giorno della Pentecoste. Questo cinquantesimo giorno contiene un altro significato simbolico, poiché sette per sette fa quarantanove e poiché si ritorna all'inizio che è l'ottavo, identico al primo, si ha il risultato di cinquanta giorni che si celebrano dopo la risurrezione del Signore, non più nella figura simbolica della fatica, ma del riposo e della gioia. Per questo motivo vengono interrotti i digiuni e preghiamo stando in piedi, il che è simbolo della risurrezione. Per questo motivo quest'usanza viene osservata all'altare anche tutte le domeniche e si canta l'alleluia, che significa che la nostra azione futura non è se non lodare Dio, come sta scritto: Beati coloro che abitano nella tua casa, o Signore; essi ti loderanno per tutti i secoli 102bis.

Armonia dei due Testamenti.

16. 29. Ma i cinquanta giorni sono messi in risalto anche nella S. Scrittura e non solo nel Vangelo per il fatto che allora discese lo Spirito Santo, ma anche nei Libri del Vecchio Testamento. Poiché anche allora, dopo la celebrazione della Pasqua compiuta con l'uccisione dell'agnello, si contano cinquanta giorni fino al giorno in cui sul monte Sinai fu data la Legge, scritta col dito di Dio, al servo di Dio Mosè. Orbene, nel Vangelo si mostra chiaramente che il dito di Dio significa lo Spirito Santo. Infatti lo stesso fatto espresso da un Evangelista con le parole: Mediante il dito di Dio scaccio i demoni 103, un altro lo esprime così: Io scaccio i demoni mediante lo Spirito di Dio 104. Chi non preferirebbe a tutti gl'imperi di questo mondo, anche se ridotti in pace con straordinaria fortuna, la gioia che procurano i divini misteri quando rifulgono ai nostri occhi alla luce della pura ed esatta dottrina (17-b)? Non è forse vero che, al modo che i due Serafini innalzano lodi all'Altissimo in un perfetto accordo di voci mentre rispondono l'uno all'altro: Santo, Santo, Santo è il Signore degli eserciti 105, così i due Testamenti ripetono la santa verità con pieno accordo? Viene ucciso l'agnello, viene celebrata la Pasqua e dopo cinquanta giorni viene data la Legge del timore scritta col dito di Dio 106; viene ucciso il Cristo, il quale si lasciò condurre ad essere immolato come una pecora 107, secondo quanto afferma il profeta Isaia; viene celebrata la vera Pasqua e dopo cinquanta giorni viene dato lo Spirito d'amore, ch'è il dito di Dio contrario alle persone egoiste, le quali perciò portano un giogo aspro e un fardello pesante ma non trovano riposo per le loro anime, poiché la carità non cerca il proprio tornaconto 108. Ecco perché l'animosità degli eretici è sempre senza pace; a proposito di essi l'Apostolo afferma che i loro sforzi sono simili a quelli dei maghi del Faraone: Come infatti Iamnes e Mambres si opposero a Mosè, costoro si oppongono alla verità, come persone dalla mente corrotta, reprobe riguardo alla fede; ma non approderanno a nulla, poiché la loro stoltezza sarà nota a tutti, come lo fu la stoltezza di quelli 108bis. Poiché la corruzione della loro mente li riempì di turbamento e li fece fallire al terzo prodigio, dovendo così ammettere ch'era loro contrario lo Spirito Santo, ch'era invece in Mosè. Infatti, mentr'erano sconfitti, esclamarono: Qui è il dito di Dio 109! E come lo Spirito Santo quando è benevolo e placato concede pace ai miti ed umili di cuore, così quando è contrario e ostile tormenta con l'inquietudine i violenti e i superbi. Simbolo di tale inquietudine erano le zanzare, oppressi dalle quali i maghi del Faraone persero il loro potere, e confessarono: Qui c'è il dito di Dio!

La Pasqua ebraica.

16. 30. Leggi l'Esodo e considera quanti giorni dopo la celebrazione della Pasqua fu data la Legge. Dio parla a Mosè nel deserto del Sinai il terzo giorno del terzo mese. Osserva dunque il primo giorno dopo l'inizio del terzo mese e considera cosa dica tra l'altro: Discendi - dice - rendi testimonianza al popolo e purificali oggi e domani, lavino i loro vestiti e siano pronti per il terzo giorno. Poiché il terzo giorno il Signore discenderà dal monte Sinai al cospetto di tutto il popolo 110. Fu allora dunque che venne data la Legge, cioè il terzo giorno del terzo mese. Conta pertanto dal giorno quattordici del primo mese, in cui fu celebrata la Pasqua, fino al terzo giorno del terzo mese e avrai diciassette giorni del primo mese, trenta del secondo mese e tre del terzo, che dànno il totale di cinquanta. La Legge dentro l'arca significa la santificazione del corpo del Signore, mediante la cui risurrezione ci è promesso il riposo futuro, per conseguire il quale ci viene ispirata la carità dallo Spirito Santo. Ma lo Spirito ancora non era stato largito, perché Gesù non era stato ancora glorificato 111. Per questo stesso motivo fu proclamata dal Salmista la profezia: Sorgi, o Signore, per entrare nel tuo riposo, tu e l'arca della tua santificazione 112. Per questo abbiamo ricevuto fin d'ora il pegno per amarlo e desiderarlo. Tutti poi sono chiamati nel nome dei Padre e del Figlio e dello Spirito Santo 113 al riposo dell'altra vita, alla quale si giunge passando da questa vita, passaggio simboleggiato dalla Pasqua.

Simbolismo dei numeri.

17. 31. Per questo motivo il numero cinquanta moltiplicato per tre con l'aggiunta del numero tre, per meglio esprimere l'eccellenza del simbolo, si trova pure in quei grossi pesci che già il Signore ordinò di trarre su dal lato destro della barca dopo la risurrezione, per dimostrare la nuova vita; e le reti non si ruppero 113bis, per indicare che allora non ci sarà più inquietudine da parte degli eretici. Allora l'uomo perfetto e quieto, purificato nell'anima e nel corpo dalle parole di Dio caste come l'argento della terra purificato col fuoco, purgato sette volte dalle scorie 114, riceverà per ricompensa un danaro 115 affinché facciano diciassette. Poiché pure in questo numero, come in altri che forniscono mutevoli simbolismi, si trova un meraviglioso significato simbolico. Né senza un motivo nel Libro dei Re si legge intero il solo salmo decimosettimo 116 poiché è simbolo di quel regno in cui non avremo l'avversario. Esso infatti è intitolato: Nel giorno in cui Dio liberò David dalle mani di tutti i suoi nemici e dalla mano di Saul 117. Chi difatti è rappresentato allegoricamente in David, se non Colui il quale, venuto sulla terra come vero uomo discendente dalla stirpe di David 118, è veramente sottoposto ancora alle sofferenze da parte dei nemici nel suo Corpo, ch'è la Chiesa? Perciò al suo persecutore, da lui abbattuto con la parola e in certo qual modo assorbito e inserito nel suo Corpo mistico, fece sentire dal cielo questo rimprovero: Saulo, Saulo, perché mi perseguiti? 119 Quando mai poi il suo Corpo sarà strappato dalle mani dì tutti i suoi nemici, se non quando sarà distrutta l'ultima nemica, cioè la morte 120? A questo tempo appartiene il numero dei centocinquantatre pesci. Infatti il numero diciassette elevato al quadrato di tre fa la somma di centocinquantatre. Contando da uno a diciassette, addizionando tutti i numeri intermedi, otterrai la somma suddetta; cioè a uno aggiungerai due e otterrai tre; a tre aggiungerai tre e fa sei; aggiungi quattro, fa dieci; aggiungi cinque e fa quindici; aggiungi sei, fa ventuno; di questo passo aggiungi tutti gli altri oltre a diciassette e fa centocinquantatre.

Il canto dell'alleluia.

17. 32. Quanto ti ho detto sul tempo della Pasqua e della Pentecoste ha fondamento saldissimo nella S. Scrittura, mentre la pratica dei quaranta giorni di digiuno della Pasqua è stabilita dalla concorde tradizione della Chiesa, come pure l'usanza che gli otto giorni dei neofiti fossero celebrati in modo distinto da tutti gli altri, cioè in modo che l'ottavo corrispondesse al primo quanto alla solennità. Riguardo invece al cantare l'Alleluia durante quei soli cinquanta giorni nella Chiesa non è osservato dappertutto, poiché vi sono luoghi ove lo si canta pure in altri tempi e ciò varia secondo le diverse usanze dei luoghi, ma dappertutto lo si canta in quegli stessi cinquanta giorni. Quanto poi all'usanza di pregare in piedi durante quei cinquanta giorni e in tutte le domeniche ignoro se è una pratica universale. Ti ho comunque spiegato per quanto ho potuto (e credo abbastanza chiaramente) quel che la Chiesa pratica a tal proposito.

La lavanda dei piedi.

18. 33. Riguardo alla lavanda dei piedi, essa fu raccomandata dal Signore in quanto simbolo dell'umiltà, ch'era venuto a insegnare, com'egli stesso subito dopo spiegò; a proposito di essa è stato da te chiesto qual'è il tempo più conveniente per insegnare una sì gran virtù pure con l'azione. A mio avviso è l'epoca della Pasqua in cui il suo pregio potrebbe esser messo in risalto con più devozione. Ma perché non sembrasse che il rito facesse parte del sacramento del battesimo, molti non lo vollero accogliere nella pratica ordinaria. Alcuni anzi non si peritarono di sopprimerne l'usanza. Alcuni invece scelsero o il terzo giorno dell'ottava (dato che il numero tre ha un significato simbolico più alto in molti riti sacri) o la stessa ottava, per dargli un rilievo più conforme al mistero e distinguerlo dal sacramento del battesimo.

Varie consuetudini e canto ecclesiastico.

18. 34. Non comprendo perché mi hai chiesto di scriverti qualche considerazione a proposito delle usanze praticate nei diversi luoghi; poiché non solo non è necessario saperlo, ma la sola e saluberrima regola da osservarsi riguardo ad esse è che non solo non dobbiamo riprovare quelle che non sono contrarie alla fede né ai buoni costumi, anzi hanno la capacità d'esortare ad una vita più santa dovunque le vediamo stabilirsi o sappiamo già stabilite, ma dobbiamo pure lodarle e imitarle qualora non s'opponga la debolezza di alcuni, per evitare cioè un male maggiore. Se invece tale debolezza non impedisce che si possano sperare, per quelli che le desiderano, vantaggi maggiori dei danni che si possano temere da parte di coloro che le potrebbero biasimare senza giusto motivo, occorre senz'altro fare soprattutto ciò che può esser difeso mediante l'autorità delle Sacre Scritture, come l'uso di cantare inni e salmi, il canto dei quali ci è raccomandato dal precetto dello stesso Signore e degli Apostoli. A proposito di quest'ultima usanza, tanto utile per commuovere l'animo alla devozione e infiammare il cuore d'amore verso Dio, si riscontra una gran varietà: molti membri della Chiesa in Africa sono piuttosto freddi ed apatici, per cui i Donatisti ci rimproverano che in chiesa noi siamo troppo sobri nel cantare i divini cantici dei Profeti, mentre essi non si attengono ad alcuna sobrietà nel cantare salmi composti dall'ingegno umano e dai quali si sentono eccitati come allo squillo delle trombe. Inoltre, quando i fratelli si radunano nell'assemblea ecclesiale, le lodi sacre non devono cantarsi solo quando si fa la lettura e l'omelia relativa, oppure quando il vescovo recita preghiere ad alta voce o viene indetta la preghiera dell'assemblea dalla viva voce del diacono.

Quali sono le consuetudini da abolire.

19. 35. Negli altri intervalli di tempo non vedo assolutamente che cosa di meglio o di più utile, di più santo possa farsi dai Cristiani riuniti nell'assemblea ecclesiale. Quanto poi alle altre pratiche, le quali vengono introdotte fuori delle consuetudini e che si prescrivono da rispettare come riti sacri, io non posso approvarle, sebbene non mi arrischi a riprovare troppo apertamente molte di simili usanze, al fine di evitare lo scandalo di alcune persone devote o turbolente. Quel che però maggiormente m'addolora è il fatto che sono trascurate molte cose saluberrime prescritte dalla S. Scrittura, mentre in ogni cosa regna un tal caos di pregiudizi e di prevenzioni, che si rimprovera più aspramente un neofita che durante l'ottava di Pasqua abbia toccato la terra a piedi nudi, che uno il quale abbia affogato la mente nell'ubriachezza. Penso quindi che senza alcun dubbio debbano sopprimersi, qualora se ne abbia la possibilità, tutte siffatte usanze che non si fondano sull'autorità delle Sacre Scritture, né si trovano stabilite in sinodi episcopali, né sono state confermate o corroborate dalla consuetudine della Chiesa universale, ma presentano diversità sì innumerevoli secondo i diversi sentimenti dei differenti luoghi, che è difficile o del tutto impossibile trovare le cause per cui furono istituite. Sebbene infatti non si possa sapere in qual modo tali pratiche siano contrarie alla fede, esse tuttavia opprimono la religione come una cappa di schiavitù, mentre la misericordia di Dio la volle esente da altri vincoli che non fossero i pochissimi e ben determinati sacramenti che si celebrano nella Chiesa. In caso contrario sarebbe assai più tollerabile la condizione dei Giudei, i quali, sebbene non abbiano conosciuto il tempo della libertà, sono tuttavia soggetti solo alle imposizioni della Legge e non ai preconcetti umani! Ora, la Chiesa di Dio, la quale si trova a vivere tra molta paglia e molta zizzania 121, tollera molte storture, pur non approvando né tacendo né praticando le usanze contrarie alla fede e all'onestà.

Tutto è puro per i puri.

20. 36. Mi hai pure scritto che alcuni fratelli si astengono dal mangiare le carni, ritenendole immonde; ciò è evidentemente contrario alla fede e alla retta dottrina. Se dunque io volessi discutere più a lungo su questo soggetto, qualcuno potrebbe pensare che l'apostolo Paolo abbia dato delle norme poco o non troppo chiare a questo riguardo; egli al contrario, tra le molte altre cose che dice su questa materia, detesta talmente l'empia opinione degli eretici, da dire: Lo Spirito poi dice chiaramente che negli ultimi tempi alcuni apostateranno dalla fede aderendo a spiriti ingannatori e a dottrine diaboliche [insegnate] da impostori pieni d'ipocrisia, che hanno la coscienza indurita, che vietano il matrimonio e l'uso di certi cibi creati da Dio per esser presi con rendimento di grazie dai fedeli e da tutti coloro che hanno conosciuto la verità; poiché ogni cosa creata da Dio è buona e nulla è da rigettarsi quando se ne usa con rendimento di grazie, perché viene santificato dalla parola di Dio e dalla preghiera 122. L'Apostolo inoltre così parla di queste cose in un altro passo: Tutto è puro per i puri; per i corrotti e per gl'increduli invece nulla è puro, avendo contaminata l'intelligenza e la coscienza 123. Leggi da te stesso tutto il resto che segue e ricordalo pure a tutti quelli che puoi, affinché non rendano in se stessi inutile la grazia di Dio, poiché sono stati chiamati alla libertà, ma non devono prendere la libertà come pretesto per assecondare gli istinti carnali 124 e non devono perciò rifiutare di astenersi dal mangiare alcuni cibi per tenere a freno la concupiscenza carnale, sotto il pretesto che non è loro permesso di agire in modo superstizioso e proprio degli infedeli.

Sortilegi tratti dal Vangelo.

20. 37. Riguardo poi a coloro che leggono le sorti nelle pagine del Vangelo, sebbene ciò sia preferibile al fatto di correre a consultare i demoni, tuttavia non approvo neppure questa usanza di voler far servire agli affari temporali e alla vanità di questa vita le parole divine proferite per la vita futura.

La carità, pienezza della legge.

21. 38. Se non reputerai queste mie risposte soddisfacenti ai tuoi quesiti, non conosci sufficientemente le mie forze e le mie occupazioni. Io infatti sono così lontano dal reputare, come tu hai creduto, che nulla mi sia ignoto, che non ho letto nella tua lettera nulla di più doloroso perché ciò è palesemente falso. Mi meraviglio anzi che tu ignori che io non solo ignoro molte altre cose riguardo ad altri innumerevoli argomenti, ma che pure nel campo delle Sacre Scritture ignori più cose di quanto io ne sappia. Ma proprio per questo nutro una non vana speranza nel nome di Cristo; poiché non solo credo al mio Dio che tutta la Legge e i Profeti sono compendiati nei due precetti della carità 125 ma ho esperimentato e lo esperimento ogni giorno, dal momento che non c'è mistero o espressione per quanto oscura della S. Scrittura, da me spiegato, nel quale non trovo i medesimi due precetti. Scopo infatti della prescrizione è la carità derivante da un cuore puro, da una coscienza retta e da una fede sincera 126; e compimento della Legge è l'amore 127.

Scienza e carità.

21. 39. Tu quindi, carissimo, leggi e impara queste cose ed altre simili ma sempre ricordandoti il verissimo detto che la scienza gonfia, la carità edifica 128. La carità invece non è gelosa né si gonfia d'orgoglio 129. Sèrviti dunque della scienza come d'una macchina per innalzare l'edificio della carità che rimane in eterno anche quando la scienza sarà distrutta 130. La scienza è molto utile se serve solo allo scopo della carità, mentre per sè stessa, priva di questo scopo, è provato ch'è non solo superflua ma pure dannosa. So però fino a che punto la santa riflessione ti custodisca al riparo delle ali 131 del Signore Dio nostro. Tuttavia ho voluto richiamare alla tua memoria questi pensieri per quanto brevi poiché conosco che la tua stessa carità, che non è gelosa, darà e leggerà a molti questa lettera.

 

 

1 - Rm 4, 25.

2 - Gv 5, 24.

3 - Gv 13, 1.

4 - Gal 5, 6.

5 - Ab 2, 4.

6 - Rm 8, 24.

7 - 2 Tm 2, 12; Rm 6, 4.

8 - Rm 6, 6.

9 - Ef 2, 6.

10 - Col 3, 1 2.

11 - Col 3, 3.

12 - 1 Cor 15, 53.

13 - Rm 8, 23.

14 - Rm 8, 10 s.

15 - Col 1, 18.

16 - Rm 6, 8; Col 2, 20; 2 Tm 2, 11.

17 - 2 Tm 2, 17.

18 - Rm 8, 23 24.

19 - Rm 12, 12.

20 - 2 Cor 4, 16.

21 - Col 3, 9 s.

22 - 1 Cor 5, 7.

23 - Es 23, 15.

24 - Ger 9, 23.

25 - Sap 13, 9.

26 - Sir 27, 12.

27 - Ml 3, 20 (= Vulg. 4, 2).

28 - Sap 5, 6.

29 - Mt 5, 45.

30 - Cf. Col 3, 3.

30bis - Sir 10, 9.

31 - Fil 3, 19.

32 - Sal 9, 24 (= 10, 3).

33 - Sap 5, 3 s.

34 - Ap 1, 4.

35 - Sal 10, 3 sec. LXX.

36 - Col 3, 4.

37 - Sal 88, 38.

38 - Sal 71, 7.

39 - 1 Cor 15, 26 53 s.

40 - Gs 6, 16 20.

41 - Rm 1, 25.

42 - Gv 1, 29.

43 - Ez 43, 19.

44 - Ap 5, 5.

45 - 1 Cor 10, 4; Mt 21, 42.

46 - 1 Pt 3, 4.

47 - Mt 10, 16.

48 - Gal 4, 11.

49 - Gn 1, 14.

50 - Gal 4, 4.

51 - Gv 10, 18.

52 - Gv 2, 4.

53 - Lc 15, 22 s.

54 - Gn 2, 2 s.

55 - Gn 2, 3.

56 - 1 Pt 5, 5; Gc 4, 6.

57 - Sal 36, 4.

58 - Rm 5, 5.

59 - Fil 2, 13.

60 - Gn 1, 31; 2, 2.

61 - Mt 22, 40.

62 - Rm 8, 20.

63 - Gv 1, 3.

64 - Es 20, 7; Dt 5, 11.

65 - Rm 5, 5.

66 - Gn 2, 3.

67 - Rm 8, 24.

68 - Sal 45, 11.

69 - Mt 11, 28 s.

69bis - Es 20, 1-17; Dt 5, 6 21.

70 - 1 Cor 15, 53.

71 - Sal 6, 11.

72 - Gn 17, 12.

73 - Qo 11, 2.

74 - Rm 6, 9.

75 - Mt 16, 24.

76 - Col 3, 5.

77 - Rm 8, 13.

78 - Gal 6, 14.

79 - Rm 6, 6.

80 - Rm 12, 12.

81 - Rm 2, 6 s.

82 - Ef 3, 17 s.

83 - Sal 118, 120.

84 - Fil 1, 23 s.

85 - Ab 2, 4.

86 - Rm 6, 3.

87 - Rm 8, 24 s.

88 - Sal 93, 19.

89 - Rm 12, 12.

90 - 1 Cor 15, 54.

91 - 1 Cor 15, 26.

92 - 1 Cor 15, 51.

93 - Lc 20, 36.

94 - 2 Cor 5, 6.

95 - Fil 3, 12 s.

96 - Rm 6, 4.

97 - Rm 8, 10 s.

98 - Es 34, 29.

99 - 1 Re 19, 8.

100 - Mt 4, 2.

101 - Mt 17, 1-13; Mc 9, 2-13; Lc 9, 28-36.

102 - Sal 83, 5.

102bis - Sal 83, 5.

103 - Lc 11, 20.

104 - Mt 12, 28.

105 - Is 6, 3.

106 - Es 31, 18.

107 - Is 53, 7.

108 - 1 Cor 13, 5.

108bis - 2 Tm 3, 8 s.

109 - Es 8, 19.

110 - Es 19, 20.

111 - Gv 7, 39.

112 - Sal 131, 8.

113 - Mt 28, 19.

113bis - Gv 21, 6-11.

114 - Sal 11, 7.

115 - Cf. Mt 20, 2 9-10 13.

116 - 2 Sam 22, 2-51.

117 - 2 Sam 22, 1.

118 - Rm 1, 3.

119 - At 9, 4.

120 - 1 Cor 15, 26.

121 - Mt 13, 24-30.

122 - 1 Tm 4, 1-5.

123 - Tt 1, 15.

124 - Gal 5, 13.

125 - Mt 21, 40; Mc 12, 28-33.

126 - 1 Tm 1, 5.

127 - Rm 13, 10.

128 - 1 Cor 8, 1.

129 - 1 Cor 13, 4.

130 - 1 Cor 13, 8.

131 - Sal 16, 8; 56, 2.


«Tocca a te!» disse il becchino

I sogni di don Bosco - San Giovanni Bosco

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La sera del 30 ottobre 1868, alle comunità riunite degli studenti e artigiani, Don Bosco raccontò questo sogno.
Tutti i giovani sono in cortile che si divertono. Incomincia a imbrunire, cessano i giochi, si formano crocchi in attesa che la campana chiami allo studio; c’è ancora qualcuno che passeggia; in tanto la sera si avanza e appena appena si può distinguere un giovane dall’altro. Ed ecco entrare dalla portineria due becchini che, camminando con passo concitato, portano sulle spalle una cassa da morto. I giovani, al loro passaggio, fanno largo. Quei due uomini vengono avanti e depongono la bara per terra in mezzo al cortile. I giovani si dispongono intorno formando un vasto circolo, ma nessuno parla per la paura. I becchini tolgono il coperchio alla cassa.
In quell’istante compare la luna con la sua luce chiara, viva, e lentamente fa un primo giro intorno alla cupola di Maria Ausiliatrice, ne fa un secondo e poi ne comincia un terzo, ma non lo finisce e si ferma sopra la chiesa, quasi fosse per cadere.
Intanto, appena la luna ebbe illuminato il cortile, uno dei becchini fece un giro, poi un altro dinanzi alle file degli alunni, fissando ben da vicino il volto di ciascuno finché, vedutone uno sulla cui fronte stava scritto: «Morieris» (morirai), lo prese per metterlo nella cassa. — Tocca a te! — gli disse.
Quegli gridava:
— Sono ancora giovane, vorrei prepararmi, fare delle opere buone che non ho fatto finora.
— Io non debbo rispondere a questo.
— Ma almeno possa ancora andare a rivedere i miei parenti.
— Io non posso rispondere a questo. Vedi là la luna? Ha fatto un giro, poi un altro, poi un poco più di mezzo giro; appena scomparirà, tu verrai con me.
Poco dopo la luna scomparve dall’orizzonte e il becchino prese il giovane per la vita, Io distese nella cassa, gli avvitò sopra il coperchio e senz’altro lo portò via, aiutato dal compagno.
Dopo due giri e mezzo di luna (due mesi e mezzo) la profezia si avverava.
Il segretario Don Gioachino Berto, parlando dell’avveramento del sogno, commenta. « Noi eravamo già assuefatti a vedere avverarsi tali predizioni, sicché ci avrebbe recato stupore, come di eccezione alla regola, il vederne alcuna non avverata».


28 gennaio 1979. Festa di San Tommaso d'Aquino. Primo segno: la confusione.

Don Stefano Gobbi

«Figli prediletti, rifugiatevi nel mio Cuore Immacolato. Il regno glorioso di Cristo sarà preceduto da una grande sofferenza che servirà a purificare la Chiesa e il mondo e a condurli al loro completo rinnovamento. Gesù ha già iniziato la sua misericordiosa opera di rinnovamento con la Chiesa, sua Sposa. Vari segni vi indicano che è giunto per la Chiesa il tempo della purificazione: il primo di essi è la confusione che vi regna. Questo infatti è il tempo della più grande confusione.

La confusione si è diffusa all'interno della Chiesa, ove ogni cosa viene sovvertita in campo dogmatico, liturgico e disciplinare. Vi sono verità rivelate da mio Figlio e che la Chiesa ha per sempre definito con la sua divina e infallibile autorità. Queste verità sono immutabili, come immutabile è la Verità stessa di Dio. Molte di esse fanno parte di veri e propri misteri, perché non sono e non potranno mai essere comprese dalla umana intelligenza. L'uomo le deve accogliere con umiltà, attraverso un atto di pura fede e di ferma fiducia in Dio che le ha rivelate e le propone agli uomini di tutti i tempi, attraverso il magistero della Chiesa. Ma ora si è diffusa la tendenza così pericolosa di volere penetrare e comprendere tutto - anche il mistero - giungendo così ad accogliere della Verità solo quella parte che è comprensibile dalla umana intelligenza.

Si vuole svelare il mistero stesso di Dio. Si rifiuta quella verità che non è razionalmente compresa. Si tende a riproporre razionalisticamente tutta la verità rivelata, nella illusione di renderla accettabile a tutti. Così si corrompe la verità con l'errore. L'errore viene diffuso nella maniera più pericolosa, cioè come un modo nuovo e aggiornato di comprendere la Verità; e si finisce con il sovvertire le stesse verità che sono il fondamento della fede cattolica. Non si negano apertamente, ma si accolgono in maniera equivoca giungendo nella dottrina al più grave compromesso con l'errore che mai si sia compiuto. Alla fine ancora si parla e si discute, ma non si crede più e la tenebra dell'errore si diffonde. La confusione, che tende a regnare all'interno della Chiesa e a sovvertire le sue verità, è il primo segno che vi indica con certezza che per essa è giunto il tempo della sua purificazione. La Chiesa infatti è Cristo che misticamente vive fra voi. Cristo è la Verità.

La Chiesa deve perciò sempre risplendere della Luce di Cristo che è la Verità. Ma ora il suo Avversario è riuscito a fare entrare nel suo interno tanta tenebra con la sua opera subdola e ingannatrice. E oggi la Chiesa è oscurata dal fumo di Satana. Satana ha anzitutto oscurato l'intelligenza ed il pensiero di tanti miei figli, seducendoli con l'orgoglio e la superbia, e per loro mezzo ha oscurato la Chiesa. Voi, figli prediletti della Mamma Celeste, Voi apostoli del mio Cuore Immacolato, a questo oggi siete chiamati: a combattere con la parola e con l'esempio, perché sia sempre più accolta da tutti la Verità. Così per mezzo della Luce sarà sconfitta la tenebra della confusione. Perciò voi dovete vivere alla lettera il Vangelo di mio Figlio Gesù. Dovete essere solo Vangelo vissuto. Poi dovete a tutti annunciare, con forza e con coraggio, il Vangelo che vivete.

La vostra parola avrà la forza dello Spirito Santo che vi riempirà, e la Luce della Sapienza che vi dona la Mamma Celeste. Per questo quanto più la confusione, entrata all'interno della Chiesa, aumenterà la grande sofferenza della sua purificazione, tanto più Essa per mezzo di voi esperimenterà il conforto e l'aiuto della mia azione materna. Da voi la Chiesa sarà aiutata a uscire dalla tenebra, per rinascere allo splendore divino della sua immutabile Verità».