Sotto il Tuo Manto

Lunedi, 21 luglio 2025 - San Lorenzo da Brindisi (Letture di oggi)

Siete ricaduti per sventura in peccato? Non scoraggiatevi. Ritornate a confessarvi subito colle debite disposizioni. Il confessore ha da Dio potestà  ed ordine di perdonarvi eziandio se foste caduti non solo sette, ma settanta volte sette. Coraggio, confidenza e fermo proposito. Cor contritum et humiliatum Deus non despiciet. (San Giovanni Bosco)

Liturgia delle Ore - Letture

Giovedi della 0° settimana del tempo di Quaresima (Giovedì dopo le Ceneri)

Questa sezione contiene delle letture scelte a caso, provenienti dalle varie sezioni del sito (Sacra Bibbia e la sezione Biblioteca Cristiana), mentre l'ultimo tab Apparizioni, contiene messaggi di apparizioni a mistici o loro scritti. Sono presenti testi della Valtorta, Luisa Piccarreta, don Stefano Gobbi e testimonianze di apparizioni mariane riconosciute.

Vangelo secondo Luca 3

1Nell'anno decimoquinto dell'impero di Tiberio Cesare, mentre Ponzio Pilato era governatore della Giudea, Erode tetrarca della Galilea, e Filippo, suo fratello, tetrarca dell'Iturèa e della Traconìtide, e Lisània tetrarca dell'Abilène,2sotto i sommi sacerdoti Anna e Caifa, la parola di Dio scese su Giovanni, figlio di Zaccaria, nel deserto.3Ed egli percorse tutta la regione del Giordano, predicando un battesimo di conversione per il perdono dei peccati,4com'è scritto nel libro degli oracoli del profeta Isaia:

'Voce di uno che grida nel deserto:
Preparate la via del Signore,
raddrizzate' i suoi 'sentieri!'
5'Ogni burrone sia riempito,
ogni monte e ogni colle sia abbassato;
i passi tortuosi siano diritti;
i luoghi impervi spianati.'
6'Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio!'

7Diceva dunque alle folle che andavano a farsi battezzare da lui: "Razza di vipere, chi vi ha insegnato a sfuggire all'ira imminente?8Fate dunque opere degne della conversione e non cominciate a dire in voi stessi: Abbiamo Abramo per padre! Perché io vi dico che Dio può far nascere figli ad Abramo anche da queste pietre.9Anzi, la scure è già posta alla radice degli alberi; ogni albero che non porta buon frutto, sarà tagliato e buttato nel fuoco".
10Le folle lo interrogavano: "Che cosa dobbiamo fare?".11Rispondeva: "Chi ha due tuniche, ne dia una a chi non ne ha; e chi ha da mangiare, faccia altrettanto".12Vennero anche dei pubblicani a farsi battezzare, e gli chiesero: "Maestro, che dobbiamo fare?".13Ed egli disse loro: "Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato".14Lo interrogavano anche alcuni soldati: "E noi che dobbiamo fare?". Rispose: "Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno, contentatevi delle vostre paghe".15Poiché il popolo era in attesa e tutti si domandavano in cuor loro, riguardo a Giovanni, se non fosse lui il Cristo,16Giovanni rispose a tutti dicendo: "Io vi battezzo con acqua; ma viene uno che è più forte di me, al quale io non son degno di sciogliere neppure il legaccio dei sandali: costui vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco.17Egli ha in mano il ventilabro per ripulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel granaio; ma la pula, la brucerà con fuoco inestinguibile".
18Con molte altre esortazioni annunziava al popolo la buona novella.

19Ma il tetrarca Erode, biasimato da lui a causa di Erodìade, moglie di suo fratello, e per tutte le scelleratezze che aveva commesso,20aggiunse alle altre anche questa: fece rinchiudere Giovanni in prigione.

21Quando tutto il popolo fu battezzato e mentre Gesù, ricevuto anche lui il battesimo, stava in preghiera, il cielo si aprì22e scese su di lui lo Spirito Santo in apparenza corporea, come di colomba, e vi fu una voce dal cielo: "Tu sei il mio figlio prediletto, in te mi sono compiaciuto".

23Gesù quando incominciò il suo ministero aveva circa trent'anni ed era figlio, come si credeva, di Giuseppe, figlio di Eli,24figlio di Mattàt, figlio di Levi, figlio di Melchi, figlio di Innài, figlio di Giuseppe,25figlio di Mattatìa, figlio di Amos, figlio di Naum, figlio di Esli, figlio di Naggài,26figlio di Maat, figlio di Mattatìa, figlio di Semèin, figlio di Iosek, figlio di Ioda,27figlio di Ioanan, figlio di Resa, figlio di Zorobabèle, figlio di Salatiel, figlio di Neri,28figlio di Melchi, figlio di Addi, figlio di Cosam, figlio di Elmadàm, figlio di Er,29figlio di Gesù, figlio di Elièzer, figlio di Iorim, figlio di Mattàt, figlio di Levi,30figlio di Simeone, figlio di Giuda, figlio di Giuseppe, figlio di Ionam, figlio di Eliacim,31figlio di Melèa, figlio di Menna, figlio di Mattatà, figlio di Natàm, figlio di Davide,32figlio di Iesse, figlio di Obed, figlio di Booz, figlio di Sala, figlio di Naàsson,33figlio di Aminadàb, figlio di Admin, figlio di Arni, figlio di Esrom, figlio di Fares, figlio di Giuda,34figlio di Giacobbe, figlio di Isacco, figlio di Abramo, figlio di Tare, figlio di Nacor,35figlio di Seruk, figlio di Ragau, figlio di Falek, figlio di Eber, figlio di Sala,36figlio di Cainam, figlio di Arfàcsad, figlio di Sem, figlio di Noè, figlio di Lamech,37figlio di Matusalemme, figlio di Enoch, figlio di Iaret, figlio di Malleèl, figlio di Cainam,38figlio di Enos, figlio di Set, figlio di Adamo, figlio di Dio.


Genesi 43

1La carestia continuava a gravare sul paese.2Quando ebbero finito di consumare il grano che avevano portato dall'Egitto, il padre disse loro: "Tornate là e acquistate per noi un po' di viveri".3Ma Giuda gli disse: "Quell'uomo ci ha dichiarato severamente: Non verrete alla mia presenza, se non avrete con voi il vostro fratello!4Se tu sei disposto a lasciar partire con noi nostro fratello, andremo laggiù e ti compreremo il grano.5Ma se tu non lo lasci partire, noi non ci andremo, perché quell'uomo ci ha detto: Non verrete alla mia presenza, se non avrete con voi il vostro fratello!".6Israele disse: "Perché mi avete fatto questo male, cioè far sapere a quell'uomo che avevate ancora un fratello?".7Risposero: "Quell'uomo ci ha interrogati con insistenza intorno a noi e alla nostra parentela: È ancora vivo vostro padre? Avete qualche fratello? e noi abbiamo risposto secondo queste domande. Potevamo sapere ch'egli avrebbe detto: Conducete qui vostro fratello?".
8Giuda disse a Israele suo padre: "Lascia venire il giovane con me; partiremo subito per vivere e non morire, noi, tu e i nostri bambini.9Io mi rendo garante di lui: dalle mie mani lo reclamerai. Se non te lo ricondurrò, se non te lo riporterò, io sarò colpevole contro di te per tutta la vita.10Se non avessimo indugiato, ora saremmo già di ritorno per la seconda volta".11Israele loro padre rispose: "Se è così, fate pure: mettete nei vostri bagagli i prodotti più scelti del paese e portateli in dono a quell'uomo: un po' di balsamo, un po' di miele, resina e laudano, pistacchi e mandorle.12Prendete con voi doppio denaro, il denaro cioè che è stato rimesso nella bocca dei vostri sacchi lo porterete indietro: forse si tratta di un errore.13Prendete anche vostro fratello, partite e tornate da quell'uomo.14Dio onnipotente vi faccia trovare misericordia presso quell'uomo, così che vi rilasci l'altro fratello e Beniamino. Quanto a me, una volta che non avrò più i miei figli, non li avrò più...!".
15Presero dunque i nostri uomini questo dono e il doppio del denaro e anche Beniamino, partirono, scesero in Egitto e si presentarono a Giuseppe.
16Quando Giuseppe ebbe visto Beniamino con loro, disse al suo maggiordomo: "Conduci questi uomini in casa, macella quello che occorre e prepara, perché questi uomini mangeranno con me a mezzogiorno".17Il maggiordomo fece come Giuseppe aveva ordinato e introdusse quegli uomini nella casa di Giuseppe.18Ma quegli uomini si spaventarono, perché venivano condotti in casa di Giuseppe, e dissero: "A causa del denaro, rimesso nei nostri sacchi l'altra volta, ci si vuol condurre là: per assalirci, piombarci addosso e prenderci come schiavi con i nostri asini".
19Allora si avvicinarono al maggiordomo della casa di Giuseppe e parlarono con lui all'ingresso della casa;20dissero: "Mio signore, noi siamo venuti già un'altra volta per comperare viveri.21Quando fummo arrivati ad un luogo per passarvi la notte, aprimmo i sacchi ed ecco il denaro di ciascuno si trovava alla bocca del suo sacco: proprio il nostro denaro con il suo peso esatto. Allora noi l'abbiamo portato indietro22e, per acquistare i viveri, abbiamo portato con noi altro denaro. Non sappiamo chi abbia messo nei sacchi il nostro denaro!".23Ma quegli disse: "State in pace, non temete! Il vostro Dio e il Dio dei padri vostri vi ha messo un tesoro nei sacchi; il vostro denaro è pervenuto a me". E portò loro Simeone.
24Quell'uomo fece entrare gli uomini nella casa di Giuseppe, diede loro acqua, perché si lavassero i piedi e diede il foraggio ai loro asini.25Essi prepararono il dono nell'attesa che Giuseppe arrivasse a mezzogiorno, perché avevano saputo che avrebbero preso cibo in quel luogo.26Quando Giuseppe arrivò a casa, gli presentarono il dono, che avevano con sé, e si prostrarono davanti a lui con la faccia a terra.27Egli domandò loro come stavano e disse: "Sta bene il vostro vecchio padre, di cui mi avete parlato? Vive ancora?".28Risposero: "Il tuo servo, nostro padre, sta bene, è ancora vivo" e si inginocchiarono prostrandosi.29Egli alzò gli occhi e guardò Beniamino, suo fratello, il figlio di sua madre, e disse: "È questo il vostro fratello più giovane, di cui mi avete parlato?" e aggiunse: "Dio ti conceda grazia, figlio mio!".30Giuseppe uscì in fretta, perché si era commosso nell'intimo alla presenza di suo fratello e sentiva il bisogno di piangere; entrò nella sua camera e pianse.31Poi si lavò la faccia, uscì e, facendosi forza, ordinò: "Servite il pasto".32Fu servito per lui a parte, per loro a parte e per i commensali egiziani a parte, perché gli Egiziani non possono prender cibo con gli Ebrei: ciò sarebbe per loro un abominio.33Presero posto davanti a lui dal primogenito al più giovane, ciascuno in ordine di età ed essi si guardavano con meraviglia l'un l'altro.34Egli fece portare loro porzioni prese dalla propria mensa, ma la porzione di Beniamino era cinque volte più abbondante di quella di tutti gli altri. E con lui bevvero fino all'allegria.


Salmi 26

1'Di Davide.'

Signore, fammi giustizia:
nell'integrità ho camminato,
confido nel Signore, non potrò vacillare.
2Scrutami, Signore, e mettimi alla prova,
raffinami al fuoco il cuore e la mente.

3La tua bontà è davanti ai miei occhi
e nella tua verità dirigo i miei passi.
4Non siedo con gli uomini mendaci
e non frequento i simulatori.
5Odio l'alleanza dei malvagi,
non mi associo con gli empi.

6Lavo nell'innocenza le mie mani
e giro attorno al tuo altare, Signore,
7per far risuonare voci di lode
e per narrare tutte le tue meraviglie.
8Signore, amo la casa dove dimori
e il luogo dove abita la tua gloria.

9Non travolgermi insieme ai peccatori,
con gli uomini di sangue non perder la mia vita,
10perché nelle loro mani è la perfidia,
la loro destra è piena di regali.
11Integro è invece il mio cammino;
riscattami e abbi misericordia.

12Il mio piede sta su terra piana;
nelle assemblee benedirò il Signore.


Salmi 103

1'Di Davide.'

Benedici il Signore, anima mia,
quanto è in me benedica il suo santo nome.
2Benedici il Signore, anima mia,
non dimenticare tanti suoi benefici.

3Egli perdona tutte le tue colpe,
guarisce tutte le tue malattie;
4salva dalla fossa la tua vita,
ti corona di grazia e di misericordia;
5egli sazia di beni i tuoi giorni
e tu rinnovi come aquila la tua giovinezza.

6Il Signore agisce con giustizia
e con diritto verso tutti gli oppressi.
7Ha rivelato a Mosè le sue vie,
ai figli d'Israele le sue opere.

8Buono e pietoso è il Signore,
lento all'ira e grande nell'amore.
9Egli non continua a contestare
e non conserva per sempre il suo sdegno.
10Non ci tratta secondo i nostri peccati,
non ci ripaga secondo le nostre colpe.

11Come il cielo è alto sulla terra,
così è grande la sua misericordia su quanti lo temono;
12come dista l'oriente dall'occidente,
così allontana da noi le nostre colpe.
13Come un padre ha pietà dei suoi figli,
così il Signore ha pietà di quanti lo temono.

14Perché egli sa di che siamo plasmati,
ricorda che noi siamo polvere.
15Come l'erba sono i giorni dell'uomo,
come il fiore del campo, così egli fiorisce.
16Lo investe il vento e più non esiste
e il suo posto non lo riconosce.

17Ma la grazia del Signore è da sempre,
dura in eterno per quanti lo temono;
la sua giustizia per i figli dei figli,
18per quanti custodiscono la sua alleanza
e ricordano di osservare i suoi precetti.
19Il Signore ha stabilito nel cielo il suo trono
e il suo regno abbraccia l'universo.

20Benedite il Signore, voi tutti suoi angeli,
potenti esecutori dei suoi comandi,
pronti alla voce della sua parola.
21Benedite il Signore, voi tutte, sue schiere,
suoi ministri, che fate il suo volere.
22Benedite il Signore, voi tutte opere sue,
in ogni luogo del suo dominio.
Benedici il Signore, anima mia.


Ezechiele 32

1Il primo giorno del dodicesimo mese dell'anno decimosecondo, mi fu rivolta questa parola del Signore:2"Figlio dell'uomo, intona un lamento sul faraone re d'Egitto dicendo:

Leone fra le genti eri considerato;
ma eri come un coccodrillo nelle acque,
erompevi nei tuoi fiumi
e agitavi le acque con le tue zampe,
intorbidandone i corsi".
3Dice il Signore Dio:
"Tenderò contro di te la mia rete
con una grande assemblea di popoli
e ti tireranno su con la mia rete.
4Ti getterò sulla terraferma
e ti abbandonerò al suolo.
Farò posare su di te tutti gli uccelli del cielo
e sazierò di te tutte le bestie della terra.
5Spargerò per i monti la tua carne
e riempirò le valli della tua carogna.
6Farò bere alla terra il tuo scolo,
il tuo sangue, fino ai monti,
e i burroni saranno pieni di te.
7Quando cadrai estinto, coprirò il cielo
e oscurerò le sue stelle,
velerò il sole di nubi e la luna non brillerà.8Oscurerò tutti gli astri del cielo su di te
e stenderò sulla tua terra le tenebre.
Parola del Signore Dio.

9Sgomenterò il cuore di molti popoli, quando farò giungere la notizia della tua rovina alle genti, in regioni a te sconosciute.10Per te farò stupire molti popoli e tremeranno i loro re a causa tua, quando sguainerò la spada davanti a loro. Ognuno tremerà ad ogni istante per la sua vita, nel giorno della tua rovina".11Poiché dice il Signore Dio: "La spada del re di Babilonia ti raggiungerà.

12Abbatterò la tua moltitudine con la spada dei prodi,
dei popoli più feroci;
abbatteranno l'orgoglio dell'Egitto
e tutta la sua moltitudine sarà sterminata.
13Farò perire tutto il suo bestiame
sulle rive delle grandi acque,
che non saranno più turbate da piede d'uomo,
né unghia d'animale le intorbiderà.
14Allora farò ritornare tranquille le loro acque
e farò scorrere i loro canali come olio.
Parola del Signore Dio.
15Quando avrò fatto dell'Egitto una terra desolata,
tutta priva di quanto contiene,
quando avrò percosso tutti i suoi abitanti,
allora si saprà che io sono il Signore.

16Questo è un lamento e lo si canterà. Lo canteranno le figlie delle genti, lo canteranno sull'Egitto e su tutta la sua moltitudine". Oracolo del Signore Dio.

17Ai quindici del primo mese, dell'anno decimosecondo, mi fu rivolta questa parola del Signore:18"Figlio dell'uomo, intona un canto funebre sugli abitanti dell'Egitto. Falli scendere insieme con le figlie di nazioni potenti, nella regione sotterranea, con quelli che scendono nella fossa.

19Di chi tu sei più bello?
Scendi e giaci con i non circoncisi.

20Cadranno fra gli uccisi di spada; la spada è già consegnata. Colpite a morte l'Egitto e tutta la sua gente.21I più potenti eroi si rivolgeranno a lui e ai suoi ausiliari e dagli inferi diranno: Vieni, giaci con i non circoncisi, con i trafitti di spada.22Là è Assur e tutta la sua gente, intorno al suo sepolcro, uccisi, tutti trafitti di spada;23poiché le loro sepolture sono poste nel fondo della fossa e la sua gente è intorno alla sua tomba: uccisi, tutti, trafitti di spada, essi che seminavano il terrore nella terra dei viventi.
24Là è Elam e tutto il suo esercito, intorno al suo sepolcro. Uccisi, tutti, trafitti di spada, scesi non circoncisi nella regione sotterranea, essi che seminavano il terrore nella terra dei viventi. Ora portano la loro ignominia con quelli che scendono nella fossa.25In mezzo ai trafitti posero il suo giaciglio e tutta la sua gente intorno al suo sepolcro, tutti non circoncisi, trafitti di spada; perché avevano sparso il terrore nella terra dei viventi, portano la loro ignominia con quelli che scendono nella fossa; sono stati collocati in mezzo ai trafitti di spada.
26Là è Mesech, Tubal e tutta la sua gente, intorno al suo sepolcro: tutti non circoncisi, trafitti di spada, perché incutevano il terrore nella terra dei viventi.27Non giaceranno al fianco degli eroi caduti da secoli, che scesero negli inferi con le armi di guerra, con le spade disposte sotto il loro capo e con gli scudi sulle loro ossa, perché tali eroi erano un terrore nella terra dei viventi.28Così tu giacerai fra i non circoncisi e con i trafitti di spada.
29Là è Edom, i suoi re e tutti i suoi prìncipi che, nonostante il loro valore, sono posti con i trafitti di spada: giacciono con i non circoncisi e con quelli che scendono nella fossa.30Là sono tutti i prìncipi del settentrione, tutti quelli di Sidòne, che scesero con i trafitti, nonostante il terrore sparso dalla loro potenza; giacciono i non circoncisi con i trafitti di spada e portano la loro ignominia con quelli che scendono nella fossa.
31Il faraone li vedrà e si consolerà alla vista di tutta questa moltitudine; il faraone e tutto il suo esercito saranno trafitti di spada. Oracolo del Signore Dio.32Perché aveva sparso il terrore nella terra dei viventi, ecco giace in mezzo ai non circoncisi, con i trafitti di spada, egli il faraone e tutta la sua moltitudine". Parola del Signore Dio.


Lettera ai Romani 4

1Che diremo dunque di Abramo, nostro antenato secondo la carne?2Se infatti Abramo è stato giustificato per le opere, certo ha di che gloriarsi, ma non davanti a Dio.3Ora, che cosa dice la Scrittura? 'Abramo ebbe fede in Dio e ciò gli fu accreditato come giustizia'.4A chi lavora, il salario non viene calcolato come un dono, ma come debito;5a chi invece non lavora, ma crede in colui che giustifica l'empio, la sua fede gli viene accreditata come giustizia.6Così anche Davide proclama beato l'uomo a cui Dio accredita la giustizia indipendentemente dalle opere:


7'Beati quelli le cui iniquità sono state perdonate
e i peccati sono stati ricoperti;'
8'beato l'uomo al quale il Signore non mette in conto
il peccato'!

9Orbene, questa beatitudine riguarda chi è circonciso o anche chi non è circonciso? Noi diciamo infatti che 'la fede fu accreditata ad Abramo come giustizia'.10Come dunque gli fu accreditata? Quando era circonciso o quando non lo era? Non certo dopo la circoncisione, ma prima.11Infatti egli ricevette 'il segno della circoncisione' quale sigillo della giustizia derivante dalla fede che aveva già ottenuta quando non era ancora circonciso; questo perché fosse padre di tutti i non circoncisi che credono e perché anche a loro venisse accreditata la giustizia12e fosse padre anche dei circoncisi, di quelli che non solo hanno la circoncisione, ma camminano anche sulle orme della fede del nostro padre Abramo prima della sua circoncisione.

13Non infatti in virtù della legge fu data ad Abramo o alla sua discendenza la promessa di diventare erede del mondo, ma in virtù della giustizia che viene dalla fede;14poiché se diventassero eredi coloro che provengono dalla legge, sarebbe resa vana la fede e nulla la promessa.15La legge infatti provoca l'ira; al contrario, dove non c'è legge, non c'è nemmeno trasgressione.16Eredi quindi si diventa per la fede, perché ciò sia per grazia e così la promessa sia sicura per tutta la discendenza, non soltanto per quella che deriva dalla legge, ma anche per quella che deriva dalla fede di Abramo, il quale è padre di tutti noi.17Infatti sta scritto: 'Ti ho costituito padre di molti popoli'; [è nostro padre] davanti al Dio nel quale credette, che dà vita ai morti e chiama all'esistenza le cose che ancora non esistono.

18Egli ebbe fede sperando contro ogni speranza e così divenne 'padre di molti popoli', come gli era stato detto: 'Così sarà la tua discendenza'.19Egli non vacillò nella fede, pur vedendo già come morto il proprio corpo - aveva circa cento anni - e morto il seno di Sara.20Per la promessa di Dio non esitò con incredulità, ma si rafforzò nella fede e diede gloria a Dio,21pienamente convinto che quanto egli aveva promesso era anche capace di portarlo a compimento.22Ecco perché 'gli fu accreditato come giustizia'.
23E non soltanto per lui è stato scritto che gli fu accreditato come giustizia,24ma anche per noi, ai quali sarà egualmente accreditato: a noi che crediamo in colui che ha risuscitato dai morti Gesù nostro Signore,25il quale è stato messo a morte per i nostri peccati ed è stato risuscitato per la nostra giustificazione.


Capitolo LV: La corruzione della natura e la potenza della grazia divina

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1. O Signore mio Dio, che mi hai creato a tua immagine e somiglianza, concedimi questa grazia grande, indispensabile per la salvezza, come tu ci hai rivelato; così che io possa superare la mia natura, tanto malvagia, che mi trae al peccato e alla perdizione. Ché, nella mia carne, io sento, contraria alla "legge della mia ragione, la legge del peccato" (Rm 7,23), la quale mi fa schiavo e di frequente mi spinge ad obbedire ai sensi. E io non posso far fronte alle passioni peccaminose, provenienti da questa legge del peccato, se non mi assiste la tua grazia santissima, infusa nel mio cuore, che ne avvampa. Appunto una tua grazia occorre, una grazia grande, per vincere la natura, sempre proclive al male, fin dal principio. Infatti, per colpa del primo uomo Adamo, la natura decadde, corrotta dal peccato; e la triste conseguenza di questa macchia passò in tutti gli uomini, talché quella "natura", da te creata buona e retta, ormai è intesa come "vizio e debolezza della natura corrotta". Così, per la libertà che le è lasciata, la natura trascina verso il male e verso il basso. E quel poco di forza che rimane nella natura è come una scintilla coperta dalla cenere. E' questa la ragione naturale, che, pur se circondata da oscurità, è ancora capace di giudicare il bene ed il male, e di separare il vero dal falso; anche se non riesce a compiere tutto quello che riconosce come buono, anche se non possiede la pienezza del lume della verità e la perfetta purezza dei suoi affetti. E' per questo, o mio Dio, che "nello spirito, mi compiaccio della tua legge" (Rm 7,22), sapendo che il tuo comando è buono, giusto e santo, tale che ci invita a fuggire ogni male e ogni peccato. Invece, nella carne, io mi sottometto alla legge del peccato, obbedendo più ai sensi che alla ragione. E' per questo che "volere il bene mi è facile, ma a compiere il bene non riesco" (Rm 7,18). E' per questo che vado spesso proponendomi molte buone cose; ma mi manca la grazia che mi aiuti nella mia debolezza, e mi ritiro e vengo meno anche per una piccola difficoltà. E' per questo che mi avviene di conoscere la via della perfezione e di vedere con chiarezza quale debba essere la mia condotta; ma poi, schiacciato dal peso della corruzione dell'umanità, non riesco a salire a cose più elevate.

2. La tua grazia, o Signore, mi è davvero massimamente necessaria per cominciare, portare avanti e condurre a compimento il bene: "senza di essa non posso far nulla" (Gv 15,5), "mentre tutto posso in te" che mi dai forza, con la tua grazia (Fil 4,13). Grazia veramente di cielo, questa; mancando la quale i nostri meriti sono un nulla, e un nulla si devono considerare anche i doni naturali. Abilità e ricchezza, bellezza e forza, intelligenza ed eloquenza, nulla valgono presso di te, o Signore, se manca la grazia. Ché i doni di natura li hanno sia i buoni che i cattivi; mentre dono proprio degli eletti è la grazia, cioè l'amore di Dio. Rivestiti di tale grazia, gli eletti sono ritenuti degni della vita eterna. Tutto sovrasta, questa grazia; tanto che né il dono della profezia, né il potere di operare miracoli, né la più alta contemplazione non valgono nulla, senza di essa. Neppure la fede, neppure la speranza, né le altre virtù sono a te accette, senza la carità e la grazia.

3. O grazia beata, che fai ricco di virtù chi è povero nello spirito e fai ricco di molti beni chi è umile di cuore, vieni, discendi in me, colmami, fin dal mattino della tua consolazione, cosicché l'anima mia non venga meno per stanchezza e aridità interiore! Ti scongiuro, o Signore: che io trovi grazia ai tuoi occhi. La tua gloria mi basta (2Cor 12,9), pur se non otterrò tutto quello cui tende la natura umana. Anche se sarò tentato e angustiato da molte tribolazioni, non temerò alcun male, finché la tua grazia sarà con me. Essa mi dà forza, guida ed aiuto; vince tutti i nemici, è più sapiente di tutti i sapienti. Essa è maestra di verità e di vita, luce del cuore, conforto nell'afflizione. Essa mette in fuga la tristezza, toglie il timore, alimenta la pietà, genera le lacrime. Che cosa sono io mai, senza la grazia, se non un legno secco, un ramo inutile, da buttare via? "La tua grazia, dunque, o Signore, mi preceda sempre e mi segua, e mi conceda di essere sempre pronto a operare, per Gesù Cristo, Figlio tuo. Amen. (Messale Romano, oremus della XVI domenica dopo Pentecoste).


La città di Dio - libro Ventesimo: aspetti dell'ultimo giudizio

La città di Dio - Sant'Agostino d'Ippona

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Impostazione del problema (1-4)


Autorità della Scrittura sul giudizio finale.
1. 1. Dovendo esporre sul giorno dell'ultimo giudizio di Dio ciò che Egli ci concederà e discuterne contro infedeli e miscredenti, devo prima porre, come a fondamento di un edificio, le testimonianze della sacra Scrittura. Coloro che non vogliono credere in esse tentano di negarle con meschine dimostrazioni umane, false e ingannatrici, allo scopo di dimostrare o che ha un altro significato il testo riportato dalla sacra Scrittura o di negare che è d'ispirazione divina. Ritengo infatti che non vi sia un individuo il quale, se ha compreso i testi come sono stati trasmessi e ha creduto che sono stati trasmessi dal sommo, vero Dio mediante persone sante, non li accetti e non presti loro consenso, tanto se lo confessa apertamente, come se si vergogna o teme di ammetterlo per un qualche pregiudizio, o anche se per una caparbietà, molto simile all'idiozia, si affanna a difendere con grande accanimento ciò che ritiene o crede falso contro ciò che ritiene o crede vero.

Giudizio finale argomento del libro.
1. 2. Nella ufficiale professione di fede ogni Chiesa del vero Dio ritiene che il Cristo verrà dal cielo a giudicare i vivi e i morti 1. Consideriamo questo evento come il giorno dell'ultimo giudizio, cioè la fine del tempo. È incerto per quanti giorni si prolunghi il giudizio, ma ogni individuo che ha letto, sia pure distrattamente, quelle pagine, sa che, secondo il modo d'esprimersi della sacra Scrittura, di solito "giorno" si usa in luogo di "tempo". Perciò, quando parliamo del giudizio di Dio, aggiungiamo: l'ultimo o finale, perché anche adesso giudica e ha giudicato fin dall'origine del genere umano, cacciando dal paradiso terrestre e allontanando dall'albero della vita i progenitori che avevano commesso il grande peccato 2. Anzi senza dubbio proferì un giudizio anche quando non risparmiò gli angeli che avevano peccato 3, il cui principe, in sé pervertito, pervertì per invidia gli uomini e non senza il suo sovrano, giusto giudizio, nell'atmosfera e sulla terra l'esistenza dei demoni e degli uomini è molto infelice a causa di errori e di sofferenze. Però se non vi fosse stato il peccato, non senza un giudizio favorevole e giusto manterrebbe nella felicità eterna ogni creatura ragionevole unita con grande fedeltà a lui suo Signore. Decide con giudizio non solo in generale del modo di essere dei demoni e degli uomini affinché siano infelici per la colpa del primo peccato, ma anche delle opere personali dei singoli, che essi compiono con l'arbitrio della volontà. Anche i demoni supplicano di non essere tormentati 4 e non senza giustizia o sono risparmiati o afflitti, ciascuno secondo la particolare perversità. Anche gli uomini, il più delle volte palesemente, sempre in segreto, espiano con ordinamento divino per le proprie azioni, sia in questa vita sia dopo la morte, sebbene nessun uomo compie buone azioni se non è soccorso dall'aiuto di Dio e nessun demone o uomo compie cattive azioni se non è permesso dall'uno, identico, giustissimo giudizio di Dio. Dice l'Apostolo: In Dio non v'è ingiustizia 5, e in un altro passo: Sono imperscrutabili i suoi giudizi e misteriose le sue vie 6. Dunque in questo libro tratterò, per quanto egli lo concederà, non dei primi e degli intermedi giudizi di Dio ma del giudizio finale, quando il Cristo verrà dal cielo per giudicare i vivi e i morti 7. Esso infatti propriamente è considerato giorno del giudizio, poiché allora non vi sarà appiglio a una cavillosa lamentela che l'ingiusto sia felice e il giusto infelice. Allora si manifesterà unicamente la vera e piena felicità di tutti i buoni e la degna e grandissima infelicità di tutti i malvagi.

Il giudizio di Dio e la vita umana.
2. In questa vita impariamo a tollerare con animo sereno i mali che subiscono anche i buoni e a non sopravvalutare i beni che conseguono anche i cattivi e perciò nelle circostanze, in cui non si manifesta la giustizia di Dio, è salutare il suo insegnamento. Noi non sappiamo in base a quale giudizio di Dio il buono sia povero e il malvagio sia ricco, perché questi goda, sebbene noi presumiamo che dovrebbe essere afflitto da tormenti per la sua depravata condotta e l'altro sia nel pianto, sebbene la vita lodevole suggerisce che dovrebbe essere nella gioia; non sappiamo come l'innocente esca dal tribunale, non solo invendicato ma anche condannato, o perché angariato dal sopruso del giudice o perché travolto da false testimonianze, e al contrario il suo avversario criminale lo schernisca non solo perché impunito ma anche indennizzato; non sappiamo perché il miscredente goda ottima salute e il credente si strugga nella malattia; perché giovani sanissimi si diano al brigantaggio e bimbi, che neanche a parole hanno potuto offendere qualcuno, siano afflitti dalla violenza di varie infermità; perché un individuo utile agli interessi umani sia rapito da una morte immatura e un altro, che all'apparenza non sarebbe dovuto neanche nascere, viva per di più molto a lungo; perché uno zeppo di delitti sia elevato a cariche onorifiche e invece il buio di un'esistenza ignobile occulti un uomo senza macchia. E vi sono altri casi del genere che è impossibile elencare e calcolare. Facciamo l'ipotesi che simili evenienze, nel loro quasi non senso, si ripetano, sicché in questa vita, in cui, come dice un Salmo: L'uomo è divenuto come un'apparenza e i suoi giorni trascorrono come un'ombra 8, soltanto i cattivi conseguano questi beni effimeri e soltanto i buoni subiscano questi mali. Il fatto si potrebbe riferire al giusto o anche benevolo giudizio di Dio in modo che coloro, i quali non conseguiranno i beni eterni che rendono felici, si illudano secondo la loro malvagità o siano compensati secondo la misericordia di Dio con i beni nel tempo; invece coloro, che non dovranno subire le pene eterne, siano afflitti dai mali nel tempo a causa dei loro peccati di qualsiasi specie ed entità e siano stimolati dai mali a potenziare le virtù. Ma poiché in questa vita non solo i buoni sono nel male e i cattivi nel bene, e ciò sembra ingiusto, ma spesso anche ai cattivi tocca in sorte il male e ai buoni il bene, più imperscrutabili divengono i suoi giudizi e misteriose le sue vie 9. Noi dunque ignoriamo con quale giudizio Dio, in cui si ha somma potenza, sapienza e giustizia e non si ha alcuna debolezza, insipienza e ingiustizia, operi tali fatti o permetta che avvengano. Impariamo tuttavia a nostro vantaggio a non sopravvalutare il bene e il male, che osserviamo comuni ai buoni e ai cattivi, a perseguire il bene che è proprio dei buoni ed evitare il male che è proprio dei cattivi. Quando poi giungeremo al giudizio di Dio, il cui tempo fin d'ora si denomina propriamente giorno del giudizio e talora giorno del Signore, si manifesteranno sommamente giuste non solo le sentenze di giudizio allora emesse, ma tutte quelle emesse dal principio e tutte quelle che fino a quel tempo saranno emesse. Allora si manifesterà anche per quale giusto giudizio di Dio avviene che attualmente molti e quasi tutti i giusti giudizi di Dio siano un mistero per la conoscenza e il pensiero dei mortali, sebbene non è un mistero per la fede dei credenti che è giusto sia un mistero.

Salomone sul giudizio di Dio e sulla vita umana.
3. Salomone, il più sapiente re d'Israele, che regnò in Gerusalemme, ha così esordito nel libro che è denominato l'Ecclesiaste ed anche dai Giudei è incluso nel canone della sacra Scrittura: Insignificanza di coloro che sono nell'insignificanza, ha detto l'Ecclesiaste, insignificanza di coloro che sono nella insignificanza, tutto è insignificanza. Quale vantaggio per l'uomo in ogni suo affanno in cui si affanna sotto il sole? 10. E da questo suo pensiero, deducendone altri, ricorda le tribolazioni e gli inganni di questa vita e insieme il fluire e il dileguarsi del tempo, perché in esso nulla si conserva di duraturo, nulla di stabile. Deplora anche in certo senso che nell'insignificanza delle cose sotto il sole, sebbene vi sia il prevalere della saggezza sulla stoltezza, della luce sulle tenebre e sebbene gli occhi del saggio siano sulla sua testa e lo stolto invece cammini nelle tenebre, un'identica evenienza tocca a tutti, sia pure in questa vita che si trascorre sotto il sole. Evidentemente indica i mali che costatiamo comuni a buoni e cattivi 11. Afferma anche che i buoni subiscono il male come se fossero cattivi, e i cattivi conseguono il bene come se fossero buoni, quando dice: V'è un'insignificanza che è avvenuta sulla terra, perché vi sono i giusti ai quali è toccata la sorte degli empi, ed empi ai quali è toccata la sorte dei giusti. Questo ho detto che è insignificante 12. Per quanto gli è parso sufficiente, l'uomo altamente sapiente ha dedicato, a segnalare tale insignificanza, tutto il libro suddetto, soltanto nell'intento di farci desiderare quella vita che non ha l'insignificanza sotto questo sole, ma la verità in colui che ha creato questo sole. Dunque forseché non è vero che l'uomo diviene insignificante perché soltanto per un giusto e retto giudizio di Dio è reso simile alla insignificanza 13? Però nei giorni della sua insignificanza è di notevole rilievo se resiste o si adegua alla verità e se è privo o partecipe della vera pietà, non per conseguire i beni ed evitare i mali di questa vita, effimeri nel loro dileguarsi, ma in vista del futuro giudizio con il quale vi saranno per il giusto il bene, per i cattivi il male, che saranno senza fine. Infine questo sapiente ha concluso il libro citato con le parole: Temi Dio e osserva i suoi comandamenti, perché questo è ogni uomo; infatti Dio addurrà in giudizio qualsiasi azione anche in ogni individuo spregevole, buona e cattiva 14. Non era possibile un'affermazione più breve, più vera, più utile. Dice: Temi Dio e osserva i suoi comandamenti, perché guesto è ogni uomo. Chi infatti è qualche cosa è questo: custode dei comandamenti di Dio, perché chi non lo è, è un nulla; non si restituisce al modello della verità chi rimane nella conformità alla insignificanza. Poiché ogni azione, cioè ogni atto che si compie dall'uomo in questa vita, buona e cattiva Dio l'addurrà in giudizio anche in ogni individuo spregevole, cioè in ogni individuo che in questo mondo è considerato degno di disprezzo e quindi neanche è considerato, però Dio considera anche lui, non lo disprezza e quando giudica non lo tralascia.

Prima il Nuovo e poi il Vecchio Testamento.
4. Fra le testimonianze della sacra Scrittura sull'ultimo giudizio di Dio, che ho stabilito di scegliere, prima si devono addurre quelle dai libri del Nuovo Testamento e poi quelle dell'Antico Testamento. Sebbene quelle dell'Antico siano anteriori nel tempo, tuttavia per la loro importanza si devono anteporre quelle del Nuovo, perché le antiche sono preannuncio delle nuove. Dunque saranno allegate prima le nuove testimonianze e, per suffragarle più autorevolmente, saranno addotte anche le antiche. Fra le antiche si hanno la Legge e i Profeti, fra le nuove il Vangelo e le Lettere degli Apostoli. Dice infatti l'Apostolo: Per mezzo della Legge infatti si ha la conoscenza del peccato. Ora invece, indipendentemente dalla Legge, si è manifestata la giustizia di Dio, testimoniata dalla Legge e dai Profeti, giustizia di Dio per mezzo della fede in Gesù Cristo, per tutti quelli che credono 15. Tale giustizia di Dio appartiene al Nuovo Testamento ed ha la testimonianza dai libri dell'Antico Testamento, cioè dalla Legge e dai Profeti. Prima quindi si deve esporre il motivo processuale e poi introdurre i testimoni. Nel dimostrare che si deve rispettare tale procedimento Cristo Gesù stesso afferma: Lo scriba divenuto istruito nel regno dei cieli è simile a un padrone di casa che estrae dal suo forziere cose nuove e cose vecchie 16. Non ha detto: "Cose vecchie e cose nuove", e l'avrebbe detto se non avesse preferito rispettare l'ordine dei valori anziché i tempi.

Il giudizio finale nel Nuovo Testamento (5-20)


In Matteo Gesú annunzia il giudizio finale...
5. 1. Quindi il Salvatore stesso, nel rimproverare le città in cui aveva compiuto grandi prodigi, e non avevano creduto, e nel preferire ad esse città straniere, dice: Ebbene vi dico che per Tiro e Sidone vi sarà maggiore indulgenza che per voi 17; e poco dopo per un'altra città afferma: Vi dico in verità che nel giorno del giudizio per la città di Sodoma vi sarà maggiore indulgenza che per te 18. Nel passo con molta evidenza annunzia che vi sarà il giorno del giudizio. In un altro passo afferma: Gli uomini di Ninive si alzeranno nel giudizio contro questa progenie e la condanneranno perché fecero penitenza alla predicazione di Giona ed ora qui v'è uno più grande di Giona. La regina del Sud si alzerà nel giudizio contro questa progenie e la condannerà perché venne dai confini della terra ad ascoltare la sapienza di Salomone ed ora qui vi è uno più grande di Salomone 19. Da questo passo apprendiamo due verità: che si avrà il giudizio e che si avrà assieme alla risurrezione dei morti. Infatti quando accennava agli avvenimenti degli abitanti di Ninive e della regina del Sud, senza dubbio parlava di persone morte, ma di essi predisse che sarebbero risorti nel giorno del giudizio. Non ha detto però che condanneranno, come se fossero essi a giudicare, ma perché gli altri nel confronto con loro saranno condannati.

... nella separazione di buoni e cattivi.
5. 2. In un altro passo ha parlato della mescolanza di buoni e cattivi nel tempo e poi della separazione che avverrà certamente nel giorno del giudizio. Ha usato la parabola della semina del grano e in seguito della zizzania; e spiegandola ai suoi discepoli disse: Colui che semina il buon seme è il Figlio dell'uomo; il campo è il mondo; il buon seme sono i figli del Regno, la zizzania sono i figli del maligno e il nemico che l'ha seminata è il diavolo; la mietitura rappresenta la fine del mondo e i mietitori sono gli angeli. Come dunque si raccoglie la zizzania e si brucia nel fuoco, così avverrà alla fine del mondo. Il Figlio dell'uomo manderà i suoi angeli, i quali raccoglieranno dal suo regno tutti gli scandali e tutti gli operatori d'iniquità e li getteranno nella fornace ardente dove sarà pianto e stridore di denti. Allora i giusti splenderanno come il sole nel regno del Padre loro. Chi ha orecchi intenda 20. In questo passo non ha nominato il giudizio o il giorno del giudizio, ma lo ha indicato molto più evidentemente con i concetti stessi e ha predetto che avverrà alla fine del tempo.

Anche gli eletti giudicheranno.
5. 3. Allo stesso modo disse ai suoi discepoli: In verità vi dico che voi che mi avete seguito, nella nuova creazione, quando il Figlio dell'uomo sederà sul trono del suo potere, anche voi sederete su dodici troni a giudicare le dodici tribù d'Israele 21. Da questo passo apprendiamo che Gesù giudicherà assieme ai suoi discepoli. Quindi in un'altra circostanza disse ai Giudei: Se io in Belzebub scaccio i demoni, i vostri figli in chi li scacceranno? Perciò essi saranno i vostri giudici 22. E poiché ha detto che sederanno sopra dodici troni non dobbiamo pensare che giudicheranno con lui soltanto dodici individui. Col numero dodici infatti è stata indicata una particolare totalità d'individui che giudicano sulla base delle due componenti del numero sette con cui è espresso frequentemente un tutto. Le due componenti, cioè tre e quattro, moltiplicati fra loro, dànno il dodici; infatti quattro per tre e tre per quattro fanno dodici. Si può dare anche un'altra analisi del numero dodici che valga allo scopo. Altrimenti, poiché al posto di Giuda il traditore, come si legge, fu scelto l'apostolo Mattia 23, l'apostolo Paolo, che si è affaticato più degli altri 24, non avrebbe il trono in cui assidersi per giudicare. Eppure dichiara che anche egli appartiene, assieme agli altri santi, al numero dei giudici, quando afferma: Non sapete che giudicheremo gli angeli? 25. La medesima osservazione sul numero dodici si deve fare per coloro che devono essere giudicati. È stato detto: A giudicare le dodici tribù d'Israele, ma non per questo la tribù di Levi, che è la tredicesima, non dovrà essere giudicata da loro, ovvero giudicheranno soltanto quel popolo e non anche le altre nazioni. Poiché poi ha detto: Nella nuova creazione 26, senza dubbio nel concetto di nuova creazione ha voluto che s'intendesse la risurrezione dei morti. Infatti la nostra carne sarà nuovamente creata mediante la non soggezione al divenire come la nostra anima è stata nuovamente donata all'essere mediante la fede.

Confronto fra le testimonianze scritturistiche.
5. 4. Tralascio molte testimonianze, le quali sull'ultimo giudizio sembrano riferite in modo che, considerate attentamente, appaiono ambigue o piuttosto relative ad altro argomento. Possono, cioè, riferirsi alla venuta del Salvatore con la quale egli viene alla sua Chiesa nel durare di questo tempo, cioè nei suoi membri, uno a uno, di volta in volta, perché tutta intera è il suo corpo; oppure alla devastazione della Gerusalemme terrena perché anche di essa spesso parla come se parlasse della fine del mondo e dell'ultimo universale giudizio. Ne consegue che è possibile discernere soltanto quelle testimonianze che, riferite con un medesimo significato dai tre evangelisti Matteo, Marco e Luca 27, vengono confrontate fra di loro. Difatti uno esprime l'argomento in forma più oscura, l'altro più chiara, sicché si può evidenziare con quale intento si espongono concetti che si esprimono sul medesimo argomento. Ho cercato in qualche modo di ottenere questo risultato in una lettera che ho scritto all'uomo di felice memoria Esichio, vescovo di Salona. La lettera ha per titolo: La fine del mondo 28.

Giudizio e discriminazione in Matteo e Giovanni.
5. 5. Quindi ora esporrò il testo che si ha nel Vangelo di Matteo sulla separazione dei buoni e dei cattivi mediante il giudizio strettamente di persona e finale del Cristo. Egli dice: Quando il Figlio dell'uomo verrà nella sua gloria con tutti i suoi angeli, si sederà sul trono della sua gloria e saranno riunite davanti a lui tutte le genti, ed egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dai capri, e porrà le pecore alla sua destra e i capri alla sua sinistra. Allora il Re dirà a quelli che stanno alla sua destra: Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo. Io infatti ho avuto fame e mi avete dato da mangiare; ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi. Allora i giusti gli risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo veduto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando ti abbiamo visto forestiero e ti abbiamo ospitato, o nudo e ti abbiamo vestito? E quando ti abbiamo visto ammalato o in carcere e siamo venuti a visitarti? Rispondendo il Re dirà loro: In verità vi dico: ogni volta che avete compiuto queste azioni per uno solo di questi miei fratelli più piccoli l'avete fatto a me. Poi dirà a quelli che saranno alla sua sinistra: Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli 29. Poi egualmente anche ad essi rammenta che non hanno compiuto le opere che, come ho ricordato, hanno compiuto quelli alla destra. Ed egualmente ad essi, i quali chiedono quando lo hanno visto in condizione di indigenza di quelle opere, risponde che ciò che non è stato fatto per i suoi amici più piccoli non è stato fatto per lui. E nel concludere il discorso afferma: E andranno questi al tormento eterno, i giusti alla vita eterna 30. L'evangelista Giovanni poi afferma esplicitamente che egli ha preannunciato il verificarsi del giudizio nella risurrezione dei morti. Ha premesso appunto: Il Padre infatti non giudica nessuno, ma ha rimesso ogni giudizio al Figlio affinché tutti onorino il Figlio come onorano il Padre; chi non onora il Figlio non onora il Padre che lo ha mandato. E subito aggiunge: In verità, in verità vi dico: chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato ha la vita eterna e non va incontro al giudizio, ma è passato dalla morte alla vita 31. In questo passo ha detto che i suoi eletti non andranno al giudizio. Dunque essi mediante il giudizio saranno separati dai malvagi e posti alla sua destra perché in questo passo ha usato giudizio in luogo di condanna. Non andranno a un simile giudizio coloro che ascoltano la sua parola e credono a colui che lo ha mandato.

Le due risurrezioni in Giovanni...
6. 1. Quindi soggiunge: In verità, in verità vi dico che è venuto il tempo, ed è questo, in cui i morti udranno la voce del Figlio di Dio e coloro che l'avranno ascoltata avranno la vita. Come infatti il Padre ha la vita in se stesso, così ha dato al Figlio di avere la vita in se stesso 32. Non parla ancora della seconda risurrezione, cioè del corpo, poiché si avrà alla fine, ma della prima che avviene nel tempo. Per distinguerla ha detto: È venuto il tempo, ed è questo. Essa infatti non è del corpo ma dell'anima. Anche l'anima ha la sua morte mediante la mancanza di fede e i peccati. Sono morti di questa morte coloro di cui il Signore dice: Lascia che i morti seppelliscano i loro morti 33, nel senso, cioè, che i morti nell'anima seppelliscano i morti nel corpo. E appunto per questi morti nell'anima per mancanza di fede e di onestà egli dice: È venuto il momento, ed è questo, in cui i morti udranno la voce del Figlio di Dio e coloro che l'udranno vivranno. In coloro che udranno ha inteso coloro che obbediranno, crederanno e persevereranno fino alla fine. In questo passo non ha indicato alcuna differenza di buoni e cattivi. Per tutti infatti è un bene udire la sua voce e vivere passando alla vita della fede dalla morte della mancanza di fede. Di questa morte ha detto l'apostolo Paolo: Quindi tutti sono morti. Ed egli è morto per tutti, perché quelli che vivono non vivano per se stessi, ma per colui che è morto e risuscitato per loro 34. Dunque tutti sono morti, nessuno escluso, nel peccato tanto originale che volontario o perché ignorano o perché, pur sapendo, non operano il bene. E per tutti i morti è morto un solo vivo che, cioè, non aveva assolutamente alcun peccato affinché coloro, che vivono mediante la remissione, non vivano più per se stessi ma per colui che è morto per tutti a causa dei nostri peccati ed è risuscitato per la nostra giustificazione 35. Questo affinché tutti noi, credendo in lui che redime l'incredulo 36, riscattati dalla incredulità, quasi restituiti alla vita dalla morte, potessimo appartenere alla prima risurrezione che avviene nel tempo. Alla prima infatti non appartengono se non coloro che saranno felici nell'eternità; ed egli insegnerà che alla seconda, di cui sta per parlare, fanno parte i felici e gli infelici. L'attuale è della misericordia, l'altra del giudizio. Per questo in un Salmo è stato scritto: Ti canterò, Signore, misericordia e giudizio 37.

... e i due giudizi, uno di condanna.
6. 2. Riguardo a tale giudizio aggiunge le parole: E gli ha dato il potere di giudicare perché è il Figlio dell'uomo 38. Nel passo lascia intendere che verrà per giudicare nella medesima carne in cui era venuto per essere giudicato. Nell'intento dice: Poiché è il Figlio dell'uomo. E soggiungendo sull'argomento di cui trattiamo dice: Non vi meravigliate di questo, poiché verrà il tempo in cui tutti quelli che sono nei sepolcri udranno la sua voce e ne usciranno, quelli che operarono il bene per una risurrezione di vita, quelli che operarono il male per una risurrezione di giudizio 39. È il concetto di giudizio che poco prima, come adesso, aveva usato per condanna. Disse infatti: Chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato ha la vita eterna e non va incontro al giudizio, ma è passato dalla morte alla vita 40. Difatti, poiché appartiene alla prima risurrezione, con cui nel tempo si passa dalla morte alla vita, non andrà incontro alla condanna che ha indicato col termine di giudizio, come anche nel passo in cui dice: Coloro che hanno operato il male andranno incontro alla risurrezione del giudizio, cioè alla condanna. Risorga nella prima risurrezione chi non vuole essere condannato nella seconda. Infatti viene un tempo, ed è questo, in cui i morti udranno la voce del Figlio di Dio e coloro che l'avranno ascoltato vivranno 41, cioè non andranno incontro alla condanna che è considerata la seconda morte. In essa, dopo la seconda risurrezione, che sarà dei corpi, andranno a finire coloro che non risorgono nella prima che è delle anime. Infatti dice ancora: Verrà un tempo dunque, in cui tutti coloro che sono nei sepolcri udranno la sua voce e ne usciranno 42. Non ha detto secondo il modo della prima risurrezione: E coloro che l'ascolteranno vivranno. Infatti non tutti vivranno di quella vita che sola si deve considerare vita perché è felice. Certamente non senza una qualche vita potrebbero udire e, poiché la carne è risuscitata, uscire dai sepolcri. Indica la ragione per cui non tutti vivranno con le parole che seguono: Coloro che hanno operato il bene, egli dice, andranno nella risurrezione della vita; sono questi quelli che vivranno; coloro poi che hanno operato il male andranno nella risurrezione del giudizio 43; ed essi sono coloro che non vivranno poiché moriranno della seconda morte. Hanno operato il male perché sono vissuti male; sono vissuti male perché non sono rivissuti nella prima risurrezione delle anime, che è nel tempo, o anche non hanno perseverato fino alla fine nella condizione in cui erano. Due sono dunque le nuove creazioni, di cui ho già parlato, una secondo la fede che avviene nel tempo mediante il battesimo; l'altra secondo la carne che avverrà con la sua immortalità, fuori del divenire mediante l'universale, ultimo giudizio. Così si hanno due risurrezioni, una prima che è nel tempo ed è dell'anima, ed essa non consente di giungere alla seconda morte; e una seconda che non è nel tempo, ma sarà alla fine del tempo, e non è dell'anima ma del corpo ed essa, attraverso il giudizio finale, introduce alcuni alla seconda morte, altri a quella vita che non ha morte.

Un passo dell'Apocalisse e i millenaristi.
7. 1. Giovanni evangelista ancora, nel libro intitolato l'Apocalisse, ha parlato delle due risurrezioni in termini tali che la prima di esse, non compresa da alcuni dei nostri, è stata anche per di più volta in favole grottesche. Dice appunto nel libro menzionato l'apostolo Giovanni: Ho visto poi un angelo che scendeva dal cielo con la chiave dell'abisso e una gran catena in mano. Afferrò il dragone, il serpente antico, soprannominato il diavolo e Satana, e lo incatenò per mille anni, lo gettò nell'abisso, ve lo chiuse e ne sigillò la porta affinché non traesse più in errore le nazioni fino al compimento di mille anni; dopo questi avvenimenti dovrà essere sciolto per un po' di tempo. Poi ho visto alcuni troni e alcuni che vi si sedettero e fu dato il potere di giudicare. E le anime degli uccisi a causa della testimonianza di Gesù e della parola di Dio e coloro che non hanno adorato la bestia e la sua statua e non hanno ricevuto il marchio sulla fronte o sulla mano regnarono con Gesù mille anni; gli altri non tornarono in vita fino al compimento dei mille anni. Questa è la prima risurrezione. Beato e santo chi ha parte in questa prima risurrezione. Su di essi non ha potere la seconda morte, ma saranno sacerdoti di Dio e del Cristo e regneranno con lui per mille anni 44. Coloro, che sulla base delle parole di questo libro hanno congetturato che la prima risurrezione sarà dei corpi, sono stati spinti soprattutto dal numero di mille anni. Sembrò loro opportuno che nei santi in quella condizione avvenisse la celebrazione del sabato di un sacrale grande periodo di tempo, cioè con un periodo di riposo dopo seimila anni, da quando è stato creato l'uomo e per la pena del grande peccato fu espulso dalla felicità del paradiso nelle tribolazioni dell'attuale soggezione alla morte. Poiché si ha nella Scrittura: Un solo giorno nel Signore come mille anni e mille anni come un sol giorno 45, passati seimila anni come sei giorni, dovrebbe seguire il settimo del sabato negli ultimi mille anni per celebrare, cioè, il sabato con la risurrezione dei santi. L'opinione sarebbe comunque ammissibile se in quel sabato fosse riservato ai santi qualche godimento spirituale. Anch'io una volta ho avuto questa opinione. Ma essi dicono che coloro, i quali risusciteranno in quel tempo, attenderanno a sfrenate orge carnali, nelle quali sarebbe così abbondante il cibo e le bevande non solo da violare la moderazione, ma da sorpassare perfino la misura dell'incredibile. Ma queste storie possono essere credute soltanto dai carnali. Gli spirituali definiscono coloro che le credono con la parola greca che noi, derivando parola da parola, potremmo denominare i "millenaristi". È lungo ribatterli dettagliatamente; piuttosto dobbiamo esporre come si deve interpretare questo passo della Scrittura.

Simbologia del numero mille.
7. 2. Lo stesso Signore Gesù Cristo dice: Nessuno può entrare nella casa di un uomo forte e rubare i suoi arnesi se prima non ha incatenato l'uomo forte 46. Per forte ha voluto intendere il diavolo, perché ha potuto tenere prigioniero il genere umano, e per gli arnesi, che avrebbe sottratto, Gesù ha inteso i suoi futuri credenti che quegli teneva avvinti nelle varie azioni immorali. Affinché dunque quest'essere forte fosse incatenato, il suddetto Apostolo nell'Apocalisse vide un angelo che scendeva dal cielo con la chiave dell'abisso e una gran catena in mano. Afferrò - soggiunge - il dragone, il serpente antico, soprannominato il diavolo e Satana, e lo incatenò per mille anni 47, cioè represse e frenò il suo potere di sedurre e dominare coloro che dovevano essere liberati. I mille anni si possono interpretare, per quanto mi risulta, in due sensi. Il primo è che questo evento si verifica negli ultimi mille anni, cioè nel sesto millennio, quale sesto giorno, del quale attualmente scorrono le fasi di successione. Seguirà poi il sabato che non ha sera, cioè il riposo dei santi che non ha fine. In tal senso avrebbe denominato mille anni l'ultima parte della serie di millenni, come giorno che rimaneva fino al termine della serie dei tempi, con quel modo figurato di parlare per cui la parte è significata dal tutto. Ovvero in un altro senso ha usato i mille anni in luogo di tutti gli anni della serie dei tempi, in modo che in un numero perfetto si avvertisse il tutto del tempo. Il numero mille infatti rende cubo il quadrato del numero dieci. Dieci per dieci appunto fanno cento che è già una figura quadrata ma bidimensionale; affinché si levi in altezza e diventi solida di nuovo cento si moltiplica per dieci e si ha mille. Inoltre il numero cento talora si usa per indicare un tutto come quando il Signore ha promesso a chi abbandona tutti i suoi beni e lo segue: Avrà in questo tempo cento volte tanto 48. L'Apostolo, interpretando in un certo senso questo passo, dice: Come se non avessimo nulla e possediamo tutto 49. Già prima era stato detto: Tutto il mondo della ricchezza è dell'uomo di fede 50. A più forte ragione il mille si usa per un tutto poiché è il solido del quadrato di dieci. Si spiega anche più chiaramente il passo di un Salmo: Si ricorda per sempre della sua alleanza, della parola che ha rivolto a mille generazioni 51, cioè a tutte.

Il diavolo incatenato nell'abisso...
7. 3. Continua: E lo gettò nell'abisso, senza dubbio gettò il diavolo nell'abisso, parola con cui è stato indicato il numero incalcolabile degli increduli perché il loro cuore è senza fondo nella malvagità contro la Chiesa di Dio. Certamente il diavolo era già nell'abisso, ma si afferma appunto che vi fu gettato perché, respinto dai credenti, iniziò a dominare più fortemente gli increduli. È più dominato dal diavolo infatti chi non solo è estraniato da Dio, ma anche senza motivo odia coloro che a lui si dedicano. Continua: Ve lo rinchiuse e ne sigillò la porta affinché non inducesse più in errore i popoli fino al compimento di mille anni 52. Ve lo rinchiuse è detto nel senso che gli rese impossibile, cioè, di oltrepassare il termine vietato. Mi pare che con l'aggiunta: E ne sigillò la porta volle che si ignorassero coloro che sono dalla parte del diavolo e coloro che non vi sono. Il fatto in questo mondo è interamente nascosto perché è incerto se chi sembra che stia in piedi non cada e chi sembra che sia a terra non si rialzi 53. Con la catena e la spranga di questo divieto il diavolo è potentemente impedito dall'indurre in errore i popoli, che prima induceva in errore e dominava sebbene appartenessero al Cristo. Dio infatti li ha scelti prima della creazione del mondo per sottrarli dal potere delle tenebre 54 e trasferirli nel Regno del Figlio del suo amore 55, come dice l'Apostolo. Il credente non ignora che anche ora egli induce in errore i popoli e li trascina alla pena eterna, ma se non predestinati alla vita eterna. Non turbi il fatto che spesso il diavolo induca in errore anche coloro che, già rigenerati in Cristo, percorrono le vie di Dio. Il Signore, infatti, conosce i suoi 56, e quegli non induce in errore alcuno di loro verso l'eterna condanna. Il Signore li conosce come Dio, al quale non è nascosto nulla neanche del futuro, non come un uomo che conosce l'uomo al presente, seppure lo conosce, perché non ne conosce il sentimento e non conosce neanche se stesso come sarà nel futuro. Per questo dunque il diavolo è stato incatenato e chiuso nell'abisso affinché non induca più in errore i popoli, da cui è costituita la Chiesa, perché prima che fossero la Chiesa, li traeva in errore. Non è stato detto: Affinché non traesse in errore qualcuno, ma: Affinché non traesse in errore i popoli, nei quali certamente ha voluto indicare la Chiesa. Fino - soggiunge - al compimento di mille anni, cioè, o ciò che rimane del sesto giorno, il quale si compie con mille anni, ovvero tutti gli anni con i quali il tempo deve svolgersi nella successione.

... affinché non tragga in errore i popoli.
7. 4. Affinché non traesse in errore i popoli fino al compimento di mille anni 57 non si deve interpretare nel senso che poi trarrà in errore soltanto i popoli, dai quali è composta la Chiesa della predestinazione, perché egli dalla catena e dalla spranga è stato impedito di trarli in errore. Ma o è un particolare modo d'esprimersi che ricorre talora nella Bibbia, come in un Salmo: Così i nostri occhi al Signore nostro Dio finché abbia pietà di noi 58; infatti non significa che quando avrà avuto pietà, gli occhi dei suoi servi non saranno rivolti al Signore loro Dio. Ovvero è questa la serie delle parole: E lo rinchiuse e ne sigillò la porta fino al compimento di mille anni. La frase interposta: Affinché non traesse più in errore i popoli ha un significato tale che è libera dal contesto e da intendersi separatamente, come se fosse aggiunta alla fine, in modo che l'intera espressione suoni così: E lo rinchiuse e ne sigillò la porta fino al compimento di mille anni affinché non traesse più in errore i popoli, cioè: ve lo chiuse appunto finché si compissero i mille anni, affinché egli non traesse più in errore i popoli.

Il diavolo incatenato e la Chiesa.
8. 1. Continua: Dopo questi avvenimenti dovrà essere sciolto per un po' di tempo 59. Se per il diavolo essere incatenato e rinchiuso significa non trarre in errore la Chiesa, il suo scioglimento significa che lo potrà? No, giammai la Chiesa, predestinata ed eletta prima della creazione del mondo 60, sarà da lui condizionata all'errore poiché di essa è stato detto: Il Signore conosce i suoi 61. E tuttavia essa sarà nel mondo anche in quel tempo in cui il diavolo dovrà essere slegato, come è stata e sarà nel mondo in ogni tempo, da quando è stata istituita, evidentemente nei suoi fedeli che succedono col nascere a quelli che muoiono. Poco dopo infatti soggiunge che il diavolo liberato istigherà alla guerra contro di essa i popoli tratti in errore in tutto il mondo, e il numero dei nemici sarà come la sabbia del mare. Dice: Marciarono su tutta la superficie della terra e cinsero d'assedio l'accampamento dei santi e la città diletta, ma un fuoco scese dal cielo da Dio e li distrusse; e il diavolo, che li aveva indotti in errore, fu gettato nello stagno di fuoco e di zolfo, dove sono anche la bestia e il falso profeta; e saranno tormentati giorno e notte per sempre 62. Questo evento perciò concerne l'ultimo giudizio, ma ho pensato di richiamarlo in questo punto affinché non si pensi che in quel breve tempo, in cui il diavolo sarà slegato, sulla terra non vi sarà più la Chiesa, perché non ve la troverà quando sarà slegato o perché la scompaginerà, perseguitandola con tutti i mezzi. Ciò non significa che il diavolo sarà legato per tutto il tempo, che il libro dell'Apocalisse include, cioè dalla prima venuta del Cristo sino alla fine del tempo, che sarà la sua seconda venuta, in maniera che il suo incatenamento, per lo spazio definito di mille anni, consista nel non indurre in errore la Chiesa, perché anche slegato non potrà certamente indurla in errore. Se infatti per lui l'essere legato significa non avere possibilità o consenso d'indurla in errore, l'essere slegato non significherebbe altro che avere possibilità o consenso per indurla in errore. Non sia mai! L'incatenamento del diavolo significa che non gli è consentito impiegare ogni forma di tentazione che può, con la violenza o con l'inganno, per trarre gli uomini dalla sua parte o costringendoli con la violenza o ingannandoli con la menzogna. Se gli fosse permesso in sì lungo tempo e per la grande debolezza di molti, prostrerebbe, se già credono, e impedirebbe di credere moltissimi che sono tali quali Dio non permette che subiscano questo male. Perché non lo faccia è stato incatenato.

Dio e il diavolo slegato.
8. 2. Sarà slegato quando si avrà un breve periodo di tempo, poiché si legge nella Scrittura che assalirà con le proprie forze e con quelle dei suoi adepti per tre anni e sei mesi 63, e quando saranno tali quelli con cui dovrà combattere che non potranno essere sconfitti dal suo attacco e agguato. Se non fosse mai slegato, si manifesterebbe di meno il suo potere ostile, sarebbe meno sperimentato il fedelissimo coraggio della città santa e poi sarebbe meno evidenziato quanto bene l'Onnipotente si sia valso della grande malizia di lui. Egli non gli ha completamente impedito di tentare i santi, sebbene estromesso dalla loro coscienza, con la quale si crede in Dio, affinché traessero profitto dal suo attacco all'esterno. Dio lo ha poi legato in quelli che sono dalla sua parte affinché non ostacolasse, impiegando la maggiore malizia possibile, le tante persone deboli, da cui si deve accrescere e completare la Chiesa, alcuni vicini a credere, altri già credenti, distogliesse cioè i primi dalla fede religiosa e fiaccasse gli altri. Lo scioglierà alla fine affinché la città di Dio osservi quale forte avversario ha superato a infinita gloria del suo redentore, soccorritore, liberatore. A confronto di quei santi e fedeli che vivranno allora, noi che cosa siamo? Infatti per sottoporli a prova sarà slegato un sì gran nemico col quale noi, sebbene legato, ci battiamo tra tanti pericoli. Però non v'è dubbio che anche in questo intervallo di tempo alcuni soldati di Cristo sono stati e sono prudenti e coraggiosi. Quindi anche se vivessero nella soggezione alla morte in quel tempo, in cui quegli sarà slegato, eviterebbero con grande prudenza i suoi agguati e sosterrebbero con grande coraggio i suoi attacchi.

Il diavolo legato e slegato e i fedeli.
8. 3. L'incatenamento del diavolo non solo fu in atto da quando la Chiesa ha cominciato a diffondersi oltre la Giudea in varie nazioni, ma è in atto e sarà in atto fino al termine del tempo, quando dovrà essere slegato. Anche attualmente infatti gli uomini dalla condizione d'infedeli, nella quale li dominava, si convertono alla fede e si convertiranno senza dubbio fino a quel termine; e certamente per ciascuno questo forte sarà legato quando l'uomo, quasi fosse una sua proprietà, gli sarà sottratto. L'abisso poi, in cui fu chiuso, non fu ripieno, dopo la loro morte, con quelli che vivevano quando vi fu chiuso all'inizio, ma ad essi si sono susseguiti altri venendo al mondo e, finché abbia termine il tempo, si susseguono coloro che odiano i cristiani, ed egli continuamente viene chiuso nei loro cuori ciechi senza fondo come in un abisso. L'ipotesi poi che negli ultimi tre anni e sei mesi, quando, slegato, incrudelirà con tutte le forze, qualcuno verrà alla fede che non aveva, è un interrogativo di rilievo. È stato scritto: Come può uno entrare nella casa di un forte per rapire gli arnesi se prima non lo avrà legato? 64. Questo quesito non avrà senso se, anche slegato, gli sono rapiti. Sembra quindi che un tale pensiero induca a credere che in quello spazio di tempo, quantunque breve, nessuno può aderire al popolo cristiano ma che il diavolo si batterà con quelli che sono riconosciuti cristiani; ed anche se alcuni di loro sconfitti lo seguiranno, non appartengono al numero predestinato dei figli di Dio. Non senza motivo lo stesso apostolo Giovanni, autore della citata Apocalisse, in una sua lettera afferma di alcuni: Sono usciti di mezzo a noi, ma non erano dei nostri, perché se fossero stati dei nostri, sarebbero rimasti con noi 65. Ma che avverrà dei bambini? È veramente incredibile che non siano coinvolti figli di cristiani, già nati e non ancora battezzati, perché in quel tempo ancora in età infantile, e che altri non nascano in quei giorni; o se vi saranno, che non siano condotti in qualche modo dai genitori al lavacro di rigenerazione. Se avverrà, in che modo questi suoi arnesi sono rapiti al diavolo già slegato, giacché nessuno entra nella sua casa per rapirgli gli arnesi se prima non lo avrà legato? Al contrario si deve piuttosto credere che in quel tempo non mancheranno quelli che si allontaneranno dalla Chiesa e quelli che vi aderiranno. Certamente i genitori saranno così forti per battezzare i piccoli e forti anche coloro che professeranno la fede per la prima volta affinché sconfiggano quel forte sebbene non incatenato, affinché, cioè, avvistino con la prudenza e respingano con la fortezza lui che insidia con tutte le astuzie e assale con tutte le forze, quali prima non aveva usato, e così si sottraggano a lui sebbene non incatenato. Non per questo è falso questo pensiero del Vangelo: Come può entrare uno nella casa di un forte per rapire i suoi arnesi, se prima non lo avrà legato? Stando al vero significato del suo pensiero la regola è stata rispettata nel senso che è stata ampliata la Chiesa, essendo stato legato il forte e rapiti i suoi arnesi, fra tutti i popoli in ogni direzione da uomini robusti e deboli. Così essa, con la stessa fede incrollabile di eventi preannunziati e realizzati per volere di Dio, può sottrarre gli arnesi al diavolo quantunque slegato. Si deve ammettere però che languisce la carità di molti 66 quando sovrabbonda la malvagità e che molti, poiché non sono scritti nel libro della vita, si arrenderanno alle persecuzioni di inaudita ferocia e alle insidie del diavolo ormai slegato. Così si deve ammettere che quanti sono buoni fedeli e alcuni che sono ancora fuori, con l'aiuto della grazia di Dio e mediante l'attenzione alla sacra Scrittura, in cui sono preannunziati altri eventi e la fine, che avvertono vicina, saranno più costanti nel credere quel che non credevano e più forti nel vincere il diavolo sebbene non legato. Se così avverrà, si deve pensare che il suo incatenamento è avvenuto prima affinché seguisse la sua spoliazione, legato o slegato che fosse, poiché sull'argomento è stato detto: Come può entrare uno nella casa di un forte per rapire i suoi arnesi se prima non l'avrà legato?

Doppio significato del regno dei cieli.
9. 1. Frattanto, mentre il diavolo è incatenato per mille anni, i santi regnano con Cristo anch'essi per mille anni, da intendere senza dubbio identici agli altri e con identico significato, cioè nel tempo della sua prima venuta. Non si tratta infatti di quel regno, del quale alla fine si dirà: Venite, benedetti del Padre mio, ricevete il Regno preparato per voi 67. Se in un determinato altro senso, assai diverso, non regnassero con lui nel tempo i suoi santi, perché dice ad essi: Da questo momento io sono con voi fino alla fine del tempo 68, la Chiesa, sempre nel tempo, non si considererebbe suo regno o regno dei cieli. Certamente, mentre scorre il tempo, viene istruito quello scriba di cui ho parlato poco fa 69, il quale estrae dal suo forziere cose nuove e cose vecchie; e dalla Chiesa i mietitori devono raccogliere le erbacce che egli ha permesso crescessero insieme al grano fino alla mietitura. Esponendo questo concetto ha detto: La mietitura è la fine del tempo, i mietitori sono gli angeli. Come dunque si raccolgono le erbacce e si bruciano col fuoco, così avverrà alla fine del tempo; il Figlio dell'uomo manderà i suoi angeli i quali raccoglieranno dal suo regno tutti gli scandali 70; dunque non dal regno in cui non vi sono scandali. Saranno dunque raccolti dal suo regno che nel tempo è la Chiesa. Allo stesso modo dice: Chi dunque dichiarerà abrogato uno solo di questi precetti, anche i più piccoli, e insegnerà così agli uomini, sarà considerato il più piccolo nel regno dei cieli; chi invece li osserverà e così insegnerà, sarà considerato grande nel regno dei cieli 71. Afferma che l'uno e l'altro sono nel regno dei cieli, tanto e chi non osserva i precetti che insegna, poiché dichiararli abrogati significa non osservare, non compiere, come e chi li osserva e così insegna, ma quello il più piccolo, costui grande. E subito soggiunge: Vi dico che se la vostra giustizia non sorpasserà quella degli scribi e dei farisei 72, cioè di coloro che dichiarano abrogato ciò che insegnano. In un altro passo dice infatti dei farisei: Dicono e non osservano 73. Dunque se la vostra giustizia non sorpasserà la loro, cioè che voi non abroghiate ma osserviate quel che insegnate, non entrerete - dice - nel Regno dei cieli 74. In un senso dunque si deve intendere il Regno dei cieli, in cui vi sono tutti e due, chi dichiara abrogato ciò che insegna e chi lo osserva, ma quello il più piccolo, costui grande; e in un altro senso s'intende il regno dei cieli in cui non entra se non chi osserva. Perciò, quando si ha l'una e l'altra specie, si ha la Chiesa qual è nel tempo, quando se ne ha una sola si ha la Chiesa quale sarà allorché non vi sarà più il cattivo. Pertanto anche nel tempo la Chiesa è regno di Cristo e regno dei cieli. Anche nel tempo regnano con lui i suoi santi ma in modo diverso da come regneranno alla fine e con lui non regnano le erbacce, sebbene nella Chiesa crescano assieme al frumento 75. Regnano con lui coloro che eseguono ciò che dice l'Apostolo: Se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove si trova Cristo assiso alla destra di Dio; pensate alle cose di lassù non a quelle della terra 76. Di essi dice anche che il loro modo di vivere è nei cieli 77. Infine regnano con lui quelli che vissero in tal modo nel suo regno da essere essi stessi il suo regno. Ma in che modo sono regno di Cristo coloro che, per non dire altro, sebbene sono nella Chiesa, finché si svellano alla fine del tempo dal suo regno tutti gli scandali, tuttavia vi cercano i propri interessi, non quelli di Gesù Cristo?

Ministero sacerdotale per vivi e defunti.
9. 2. Il libro dell'Apocalisse parla dunque di questo regno di servizio in armi, in cui si è ancora in conflitto con il nemico e talora si resiste ai vizi che assalgono, talora si ha il dominio su di essi che si arrendono fino a che si giunga a quel regno di grande pace, in cui si regnerà senza nemico; parla anche della prima risurrezione che avviene nel tempo. Infatti dopo aver detto che il diavolo è incatenato per mille anni e che poi sarà slegato per breve tempo, compendiando quel che nei mille anni compie la Chiesa o si compie in essa, dice: E vidi dei troni e coloro che vi sedevano e fu dato il potere di giudicare 78. Non si deve pensare che la frase si riferisca all'ultimo giudizio, ma in essa si devono intendere i troni dei capi e i capi stessi, ai quali è affidato il governo della Chiesa nel tempo. Ed è evidente che il conferimento del potere di giudicare non è espresso meglio che con quel che è stato detto: Ciò che legherete sulla terra sarà legato anche in cielo e ciò che scioglierete sulla terra sarà sciolto anche in cielo 79. Perciò dice l'Apostolo: Spetta forse a me giudicare quelli di fuori? Non sono quelli di dentro che voi giudicate? 80. Continua l'Apocalisse: E le anime degli uccisi a causa della testimonianza di Gesù e della parola di Dio 81; si sottintende quello che dice di seguito: Regnarono con Cristo mille anni, cioè le anime dei martiri non ancora restituite al proprio corpo. Infatti le anime dei fedeli defunti non sono separate dalla Chiesa che anche nel tempo è il regno di Cristo. Altrimenti anche all'altare di Dio non si farebbe la loro memoria in comunione col corpo di Cristo; e non gioverebbe in pericolo di morte ricevere il battesimo affinché questa vita non termini senza di esso e neanche ottenere la riconciliazione, se per caso si è separati dal corpo di Cristo a causa della penitenza pubblica o della coscienza in peccato. Si compiono questi riti appunto perché i fedeli anche defunti sono sue membra. Dunque sebbene non ancora nel corpo, tuttavia la loro anima già regna con lui, mentre decorrono i mille anni. Nel medesimo libro e in altri si legge: Beati i morti che muoiono nel Signore. D'ora innanzi, dice lo Spirito, affinché riposino dalle loro fatiche perché le loro opere li seguono 82. Dapprima dunque regna nel tempo con Cristo la Chiesa nei vivi e nei morti. Dice l'Apostolo: Per questo è morto Cristo, per essere il Signore dei vivi e dei morti 83. Ma l'Apocalisse ha menzionato soltanto l'anima dei martiri; essi infatti soprattutto regnano da morti perché hanno lottato per la verità fino alla morte. Ma come da una parte il tutto, comprendiamo che anche gli altri morti appartengono alla Chiesa che è il regno di Cristo.

La bestia simbolo del paganesimo.
9. 3. Dobbiamo intendere congiuntamente dei vivi e dei morti la frase che segue: E coloro che non hanno adorato la bestia e la sua statua e non hanno ricevuto il marchio sulla fronte o sulla mano 84. Sebbene sia da indagare più attentamente quale sia questa bestia, tuttavia non contrasta con la retta fede che s'interpreti come la stessa città pagana e il popolo dei pagani contrario al popolo cristiano e alla città di Dio. La sua statua a me sembra la sua finzione in quegli individui che professano la fede e vivono da pagani. Fingono di essere quel che non sono e sono considerati cristiani non in un vero ritratto ma in una rappresentazione ingannevole. Alla medesima bestia appartengono infatti non soltanto quelli che sono apertamente nemici del nome di Cristo e della sua città molto gloriosa, ma anche le erbacce che alla fine del tempo devono essere estirpate dal suo regno che è la Chiesa 85. E coloro che non adorano la bestia e la sua immagine sono certamente coloro che eseguono ciò che dice l'Apostolo: Non siate di coloro che portano il giogo con gli infedeli 86. Non adorano infatti significa: non concordano, non si assoggettano; non ricevono il marchio, cioè il contrassegno della colpa; nella fronte per la dottrina che professano; sulla mano per le opere che compiono. Dunque liberi da simili mali, tanto se vivono ancora nella soggezione alla morte o, se già morti, regnano con Cristo fin d'ora in una forma conveniente a questo tempo per tutto il periodo indicato con i mille anni.

Due vite e due morti.
9. 4. Soggiunge: Gli altri non tornarono in vita 87. Infatti è questo il momento in cui i morti odono la voce del Figlio di Dio e quelli che l'udranno torneranno in vita 88. Gli altri dunque non torneranno in vita. L'aggiunta: Fino al compimento di mille anni si deve interpretare nel senso che non tornarono in vita nel tempo in cui dovevano, passando, cioè, dalla morte alla vita. Perciò quando giungerà il giorno, in cui avviene la risurrezione dei corpi, non passeranno dai sepolcri alla vita, ma al giudizio, cioè alla condanna che è considerata la seconda morte. Chi non sarà tornato in vita fino al compimento dei mille anni, cioè non avrà udito la voce del Figlio di Dio e non sarà passato dalla morte alla vita per tutto il tempo in cui avviene la prima risurrezione, certamente nella seconda risurrezione, che è della carne, passerà alla seconda morte con la carne stessa. Prosegue infatti e dice: Questa è la prima risurrezione: beato e santo chi ha parte in questa prima risurrezione 89, cioè ne sarà partecipe. Ne sarà partecipe non solo se torna in vita dalla morte, che si ha nel peccato, ma persisterà nello stato in cui è tornato in vita. Su di essi - dice - non ha potere la seconda morte 90. Lo ha quindi sugli altri, dei quali precedentemente ha detto: Gli altri non tornarono in vita fino al compimento di mille anni 91. Difatti in tutto questo periodo di tempo, che considera di mille anni, chiunque, per quanto a lungo sia vissuto nel corpo, non è tornato in vita dalla morte, in cui lo tratteneva la mancanza di fede, affinché, tornando in vita in questo senso, divenisse partecipe della prima risurrezione e in lui non avesse potere la seconda morte.

Anche le anime risorgono.
10. Alcuni pensano che soltanto ai corpi è possibile applicare il concetto di risurrezione e perciò sostengono che anche la prima sarà di essi. A chi spetta il cadere, dicono, spetta anche il rialzarsi. Ora i corpi cadono con la morte e dal loro cadere si denominano cadaveri. Quindi, soggiungono, la risurrezione non può essere delle anime ma dei corpi. Ma costoro che cosa ribattono contro l'Apostolo 92 che la chiama risurrezione? Erano risorti nell'uomo interiore e non in quello esteriore coloro ai quali dice: Se siete risorti con Cristo, gustate le cose di lassù 93. Ha espresso il medesimo significato in un altro passo con parole diverse quando dice: Affinché, come Cristo è risorto dai morti nella gloria del Padre, così anche noi ci poniamo in cammino in una nuova vita 94. Ne consegue anche questo pensiero: Svegliati tu che dormi e rialzati dalla morte e Cristo ti illuminerà 95. E riguardo alla loro teoria, che possono rialzarsi soltanto quelli che cadono e perciò la risurrezione spetta ai corpi e non alle anime, perché il cadere è proprio dei corpi, ascoltino: Non allontanatevi da lui per non cadere 96; e: Sta in piedi o cade per il suo Signore 97; e: Chi pensa di stare in piedi eviti di cadere 98. Penso che una simile caduta si debba evitare nell'anima e non nel corpo. Se dunque la risurrezione è di coloro che cadono, ed anche le anime cadono, si deve ammettere che anche le anime si rialzano. Il brano dell'Apocalisse: In essi la seconda morte non ha potere; e la frase che segue: Ma saranno sacerdoti di Dio e del Cristo e regneranno con lui mille anni 99, non riguardano soltanto i vescovi e i preti, sebbene ormai nella Chiesa in senso proprio essi sono considerati sacerdoti. Come però a causa dell'unzione sacramentale consideriamo tutti i fedeli unti del Signore, consideriamo sacerdoti tutti i fedeli perché sono membra dell'unico Sacerdote. Di essi dice l'apostolo Pietro: Stirpe santa, sacerdozio regale 100. Con criterio, sebbene in breve e di passaggio, l'Apocalisse propone che il Cristo è Dio con le parole: Sacerdoti di Dio e del Cristo, cioè del Padre e del Figlio. Tuttavia nella condizione di servo 101, in quanto Figlio dell'uomo, Cristo è divenuto anche sacerdote per sempre secondo l'ordine di Melchisedec 102. Dell'argomento ho trattato più volte in quest'opera 103.

Gog e Magog e l'ultima persecuzione.
11. L'Apocalisse continua: E quando i mille anni saranno compiuti Satana sarà liberato dal suo carcere e uscirà per trarre in errore i popoli che sono ai quattro punti cardinali della terra, Gog e Magog, e li condurrà in guerra; il loro numero è come l'arena del mare 104. Dunque alla fine li trarrà in errore allo scopo di condurli alla guerra. Anche prima traeva in errore, nei modi in cui poteva, attraverso numerosi e svariati atti di malvagità. Uscirà significa che balzerà dai nascondigli dell'odio in aperta persecuzione. Sarà, nell'imminenza dell'ultimo giudizio, l'ultima persecuzione che in tutto il mondo subirà la Chiesa, cioè tutta la città di Cristo da tutta la città del diavolo, qualunque sia l'estensione dell'una e dell'altra sulla terra. Questi popoli, che denomina Gog e Magog, non si devono intendere come popoli non civili, stanziati in una parte della terra, ovvero i Geti e Massageti, come alcuni suppongono, a causa della lettera iniziale del loro nome, ovvero altri stranieri non associati al diritto romano. Con la frase: Popoli esistenti ai quattro punti cardinali della terra è stato indicato che essi sono in tutto il mondo ed ha soggiunto che essi sono Gog e Magog. Apprendiamo che come significato dei nomi Gog corrisponde a "tetto", e Magog "dal tetto", cioè come casa e chi esce di casa. Dunque sono i popoli nei quali precedentemente abbiamo inteso che era rinchiuso il diavolo come in un abisso ed è lui che in certo senso da essi si svincola ed esce, in modo che essi sono il tetto ed egli dal tetto. Se poi applichiamo l'uno e l'altro ai popoli, non uno a loro e l'altro al diavolo, essi sono il tetto perché nel tempo egli è rinchiuso in essi e in certo senso vi è occultato il nemico antico; ed essi saranno dal tetto, allorché dal coperto balzeranno fuori in un odio aperto. Con la frase: E marciarono su tutta la superficie della terra e assediarono l'accampamento dei santi e la città diletta 105, non si afferma che sono venuti o verranno a un solo luogo, come se in un solo determinato luogo vi siano l'accampamento dei santi e la città diletta. Questa infatti non è altro che la Chiesa di Cristo diffusa in tutto il mondo. Perciò dovunque essa sarà alla fine, poiché sarà estesa a tutti i popoli, concetto che è stato indicato con il termine "superficie della terra", ivi sarà l'accampamento dei santi, ivi sarà la diletta città di Dio, ivi con la mostruosità di quella persecuzione sarà assediata da tutti i suoi nemici poiché anche essi saranno con lei fra tutti quei popoli. Sarà cioè avvinghiata, stretta, compressa nell'angustia della sofferenza e non abbandonerà la sua difesa armata che è stata espressa con il concetto di accampamento.

Il fuoco dal cielo e la fermezza dei santi.
12. Non si deve pensare che nella frase: E discese un fuoco dal cielo e li divorò 106 sia indicato il definitivo tormento che si avrà quando si dirà: Via da me, maledetti, nel fuoco eterno! 107. Allora essi saranno immersi nel fuoco e non verrà su di essi un fuoco dal cielo. Nel passo s'interpreta bene il fuoco dal cielo con la fermezza dei santi, per cui non si piegheranno ai persecutori per eseguire la loro volontà. Cielo è infatti il firmamento e a causa della sua fermezza i nemici saranno tormentati da uno zelo bruciante poiché non potranno attirare i santi di Cristo alla parte dell'Anticristo. Sarà questo il fuoco che li divorerà, ed esso è da Dio, poiché per dono di Dio i santi diventano invincibili e i nemici ne sono tormentati. Come infatti lo zelo è proposto nel bene: Lo zelo della tua casa mi ha divorato 108, così al contrario: Lo zelo ha invaso il popolo rozzo ed ora un fuoco divorerà gli avversari 109. Ed ora appunto, escluso cioè il fuoco dell'ultimo giudizio. Oppure supponiamo che abbia considerato come fuoco che viene dal cielo e li divorerà quel tormento da cui saranno colpiti i persecutori della Chiesa che, alla venuta di Cristo, egli troverà ancora in vita sulla terra, quando ucciderà l'Anticristo con un soffio della sua bocca 110. Anche in tale ipotesi questo non sarà l'ultimo tormento dei reprobi, ma quello che soffriranno, avvenuta la risurrezione dei corpi.

Computo dei mille anni e dei tre e mezzo.
13. Quest'ultima persecuzione, che sarà attuata dall'Anticristo, come è stato già detto 111, perché se ne è parlato precedentemente anche nel libro dell'Apocalisse 112, e nel profeta Daniele 113, durerà tre anni e sei mesi. Giustamente si controverte se questo periodo, quantunque breve, appartenga ai mille anni, durante i quali, come dice l'Apocalisse, il diavolo è incatenato e i santi regnano con Cristo, o se questo breve tempo si aggiunga a quegli anni e sia uno di più. Infatti se affermeremo che appartengono agli stessi anni, si riscontrerà che il regno dei santi con Cristo non dura il medesimo tempo ma si amplia in un periodo più lungo di quello in cui il diavolo è incatenato. Ovviamente i santi regneranno con il loro Re soprattutto durante la stessa persecuzione per vincere i numerosi atti di malvagità, quando il diavolo non sarà più incatenato sicché potrà perseguitarli con tutte le sue forze. In che senso dunque questo brano della Bibbia assegna ai mille anni l'uno e l'altro evento, cioè l'incatenamento del diavolo e il regno dei santi dal momento che, nello spazio di tre anni e sei mesi, cessa prima l'incatenamento del diavolo che il regno dei santi con Cristo durante questi mille anni?. Supponiamo che il breve periodo di questa persecuzione non sia computato con i mille anni, ma sia da aggiungere al loro compimento in modo che s'intenda in senso proprio la premessa: I sacerdoti di Dio e del Cristo regneranno con lui mille anni, e l'aggiunta: E quando i mille anni saranno compiuti, Satana sarà liberato dal suo carcere 114. Con questa lettura il brano esprime che il regno dei santi e la catena del diavolo cesseranno insieme, sicché in seguito il periodo della persecuzione non riguarderà né il regno dei santi né la prigionia di Satana, l'uno e l'altro di mille anni, ma è stato aggiunto ed è fuori computo. Con questa ipotesi saremo costretti ad ammettere che in quella persecuzione i santi non regneranno con Cristo. Ma non si può ammettere che in quel tempo le sue membra non regneranno con lui poiché in maggior numero e con maggiore fortezza saranno uniti a lui in un periodo in cui, quanto è più furioso l'attacco del conflitto, tanto maggiore sarà la gloria di non cedere e tanto più folta la corona del martirio. Ovvero, se a causa dei patimenti che soffriranno non si deve pensare che regneranno, ne conseguirà pure il non dovere intendere che quei santi, i quali erano perseguitati, regnassero con Cristo nel periodo della loro afflizione anche negli spazi di tempo anteriori durante i mille anni. Perciò anche coloro, la cui anima l'autore dell'Apocalisse scrive di aver visto, perché uccisi a causa della testimonianza a Gesù e della parola di Dio, non avrebbero regnato con Cristo, quando soffrivano la persecuzione e anch'essi non sarebbero regno di Cristo, sebbene egli li avesse in retaggio in forma eminente. È un pensiero veramente assurdo e da respingersi incondizionatamente. Certamente le anime vincitrici dei gloriosi martiri, superati e terminati tutti i dolori e sofferenze, dopo aver deposto il corpo soggetto a morire, hanno regnato e regnano con Cristo fino al compimento dei mille anni, affinché in seguito regnino con la riassunzione del corpo non più soggetto a morire. Quindi in questi tre anni e mezzo le anime degli uccisi per la testimonianza a Gesù, tanto quelle che erano già uscite dal corpo come quelle che usciranno a causa dell'ultima persecuzione, regneranno con lui fino a che termini il tempo che causa la morte e si passi in quel regno in cui morte non v'è. Dunque saranno di più gli anni dei santi che regnano con Cristo che quelli della prigionia per incatenamento del diavolo, perché essi regneranno con il proprio re, Figlio di Dio, anche per quei tre anni e mezzo, sebbene il diavolo non sia ancora legato. Quando dunque udiamo: I sacerdoti di Dio e di Cristo regneranno con lui mille anni e quando i mille anni saranno compiuti, Satana sarà liberato dal suo carcere, rimane un dilemma. O intendiamo che non sono i mille anni di questo regno dei santi ad avere termine, ma dell'incatenamento del diavolo nel carcere in modo che ogni parte abbia da portare a termine i mille anni, cioè tutti gli anni che le spettano, con diverse e particolari dimensioni, più lunga per il regno dei santi, più breve per la prigionia del diavolo. Ovvero, poiché il periodo di tre anni e sei mesi è molto breve, si ammetta che non si è voluto calcolarlo, tanto quello che sembra includere la più breve prigionia di Satana, come quello che sembra includere il più lungo regno dei santi. In questi termini sui quattrocento anni mi sono espresso nel sedicesimo libro di quest'opera 115, poiché erano un po' di più e tuttavia sono stati considerati quattrocento. Se si è attenti, spesso nella Bibbia si rinvengono simili espressioni.

Nel giudizio la coscienza e il libro della vita.
14. Dopo questa rievocazione dell'ultima persecuzione il testo riepiloga brevemente tutto ciò che con l'ultimo giudizio soffriranno il diavolo e la città nemica con il suo principe. Dice: E il diavolo, che li traeva in errore, fu gettato nello stagno di fuoco e zolfo, dove sono anche la bestia e lo pseudoprofeta e vi saranno tormentati giorno e notte per sempre 116. Ho indicato precedentemente che per bestia s'intende la stessa società pagana. Il suo pseudoprofeta è o l'Anticristo o quell'immagine o figura ingannevole, di cui ho parlato in quel passo 117. Di seguito, presentando in compendio lo stesso ultimo giudizio, che avverrà nella seconda risurrezione dei morti, cioè dei corpi, nel narrare come gli fu rivelato, dice: Vidi poi un grande trono bianco e colui che sedeva su di esso, dal cui cospetto erano scomparsi il cielo e la terra e non vi fu più lo spazio per essi 118. Non dice: Ho visto un gran trono bianco e colui che sedeva su di esso e dal suo cospetto erano scomparsi il cielo e la terra, perché il fatto non avvenne allora, cioè prima che fosse dato il giudizio sui vivi e sui morti, ma ha detto di aver visto che sedeva sul trono colui dal cui cospetto erano scomparsi il cielo e la terra, ma in seguito. Condotto a termine il giudizio, cesseranno questo cielo e questa terra, poiché avranno inizio un cielo nuovo e una terra nuova 119. Infatti questo mondo cesserà con una metamorfosi, non con una totale distruzione. Per questo l'Apostolo dice: Passa la conformazione di questo mondo, vorrei che voi foste senza preoccupazione 120. Passa dunque la conformazione, non l'essenza. Giovanni, dopo aver detto che aveva visto colui che sedeva sul trono, dal cui aspetto erano scomparsi il cielo e la terra, evento che avverrà in seguito, soggiunge: E vidi i morti grandi e piccoli e furono aperti i libri; fu aperto anche un altro libro, che è proprio dell'esistenza di ciascuno, e i morti furono giudicati in base a ciò che era scritto nei libri, ciascuno secondo le proprie azioni 121. Ha detto che furono aperti i libri e il libro, ma non ha taciuto quale fosse il libro, cioè quello che è proprio dell'esistenza di ciascuno. Si deve comprendere quindi che i libri indicati precedentemente sono i libri santi, dell'Antico e del Nuovo Testamento, affinché con essi si mostrasse quali precetti Dio ha comandato che fossero osservati; invece con quello, che è proprio dell'esistenza di ogni uomo, quale dei precetti ciascuno avesse o non avesse osservato. Se questo libro si giudicasse con criteri umani, chi sarebbe in grado di valutarne l'importanza e il volume? O quanto tempo si richiederebbe per poter leggere un libro in cui è scritta tutta la vita di tutti gli uomini? O vi sarà un numero di angeli, pari a quello degli uomini, e ciascuno udrà che la propria vita è esposta dall'angelo a lui assegnato? Dunque non vi sarà un unico libro di tutti ma uno di ognuno. Quando questo passo indica che s'intenda un libro solo, afferma: E un altro libro fu aperto. Si deve quindi tener presente un potere divino, per cui avviene che a ciascuno siano richiamate alla memoria tutte le proprie opere, buone e cattive, e che siano esaminate con mirabile prontezza da un immediato atto della mente in modo che la consapevolezza accusi o scusi la coscienza e in tal modo simultaneamente tutti e ciascuno siano giudicati. Questo divino potere ha certamente avuto il nome di "libro" perché in esso in certo qual senso si legge ogni particolare che mediante tale potere viene rievocato. Per indicare quali morti, piccoli e grandi, devono essere giudicati, dice per riepilogare, quasi tornando all'argomento che aveva omesso o piuttosto differito: E il mare restituì morti ch'erano in esso, la morte e l'aldilà resero i morti che detenevano 122. Senza dubbio il fatto avvenne prima che i morti fossero giudicati e tuttavia il giudizio è stato indicato prima. È appunto quanto ho detto, che egli, cioè, riepilogando è tornato all'argomento che aveva tralasciato. Ora invece ha seguito l'ordine dovuto e per chiarirlo più convenientemente ha di nuovo trattato, nel punto giusto, del giudizio dei morti di cui aveva già parlato. Aveva detto infatti: E il mare restituì morti che erano in esso, la morte e l'aldilà resero i morti che detenevano, e subito ha aggiunto: E ciascuno fu giudicato secondo le proprie azioni 123. E quel che aveva detto precedentemente: E i morti furono giudicati secondo le proprie azioni.

Significato di mare e aldilà nel giudizio finale.
15. Ma quali sono i morti che erano nel mare e che esso ha restituito? Non si può pensare infatti che quelli i quali muoiono nel mare non siano nell'aldilà, o che soltanto i loro corpi sono conservati nel mare ovvero, ed è più assurdo, che il mare conteneva i buoni e l'aldilà i cattivi. Chi lo penserebbe? Ma ragionevolmente alcuni ritengono che in questo passo il mare sta a significare il tempo presente. Per indicare quindi che coloro i quali Cristo troverà ancora in vita devono essere giudicati assieme a quelli che risorgeranno, ha considerato morti anch'essi; alcuni buoni, perché di essi si dice: Siete morti e la vostra vita è nascosta con Cristo in Dio 124, alcuni cattivi perché di essi si dice: Lascia che i morti seppelliscano i propri morti 125. Possono essere considerati morti anche perché hanno un corpo soggetto alla morte, e per questo dice l'Apostolo: Il vostro corpo è morto a causa del peccato, ma il vostro spirito è vivo a causa della giustificazione 126. Indica così che nell'uomo il quale vive, unito ancora al corpo, si ha l'uno e l'altro, tanto il corpo morto, come lo spirito che è vita. Non ha detto corpo soggetto alla morte, ma morto, sebbene poco dopo li definisce anche, come più ordinariamente si designano, corpi soggetti a morire 127. Il mare dunque restituì questi morti che erano in esso, cioè il tempo presente restituì tutti gli uomini che erano in esso perché non erano ancora morti. La morte e l'aldilà - soggiunge - resero i morti che detenevano 128. Il mare li restituì perché si presentarono nella condizione in cui si trovavano; invece la morte e l'aldilà li resero perché li richiamarono alla vita, da cui erano già separati. E non senza ragione non gli bastò dire: la morte o l'aldilà, ma sono stati indicati l'una e l'altro: la morte per i buoni che poterono subire soltanto la morte e non l'aldilà dei reprobi, ed esso per i cattivi perché negli inferi scontano anche la pena. Forse non è assurdo ritenere che i santi antichi, i quali professarono la fede del Cristo venturo furono negli inferi, ma in condizioni assai diverse dalle pene dei reprobi finché il sangue di Cristo e la sua discesa in quei luoghi li trassero fuori. Successivamente senza dubbio i buoni fedeli, riscattati da quel prezzo versato, non conoscono affatto gli inferi fino a quando, riassunto anche il corpo, riscuotano i beni che meritano. Dopo aver detto: Furono giudicati ciascuno secondo le proprie azioni, soggiunge in succinto come furono giudicati con le parole: La morte e l'inferno furono gettati nello stagno di fuoco 129. Con questi termini ha indicato il diavolo, perché è autore delle pene infernali, e insieme tutta la congrega dei demoni. E lo stesso concetto che anticipando aveva espresso precedentemente in forma più evidente: Il diavolo, che li traeva in errore, fu gettato nello stagno di fuoco e di zolfo 130. E il concetto che in quel passo in forma più oscura aveva aggiunto: Dove sono anche la bestia e lo pseudoprofeta 131, si ha qui in forma più esplicita con le parole: Coloro, che non furono scritti nel libro della vita, furono gettati nello stagno di fuoco 132. Questo passo non assegna a Dio la memoria, affinché non sia tratto in errore dall'oblio, ma indica la predestinazione di coloro, ai quali sarà data la vita eterna. Dio non li ignora e in questo passo si legge che li conosce, o meglio la sua stessa prescienza su di loro, che non può errare, è il libro della vita, in cui sono scritti, sono cioè oggetto di prescienza.

Cielo e terra nuovi.
16. Finito il giudizio, con cui l'Apocalisse ha premesso che devono essere giudicati i cattivi, rimane che parli anche dei buoni. Infatti, dopo aver sviluppato quel che dal Signore è stato espresso in breve: Così andranno questi alla pena eterna, continua a sviluppare quel che nel Vangelo vi è connesso: E i giusti alla vita eterna 133. Dice appunto: Vidi un nuovo cielo e una nuova terra. Infatti il cielo e la terra di prima erano svaniti e non v'è più il mare 134. Si avrà con tale sequenza l'avvenimento che precedentemente anticipando ha esposto, che, cioè, ha visto colui il quale sedeva sul trono, dal cui aspetto scomparvero cielo e terra 135. Dunque prima saranno giudicati coloro che non sono scritti nel libro della vita e gettati nel fuoco eterno. Penso che nessun uomo sappia, se non colui al quale lo Spirito di Dio lo rivela 136, che razza di fuoco sia questo e in quale parte del mondo o della realtà brucerà. Allora la conformazione di questo mondo cesserà col divampare simultaneo dei fuochi del mondo, come avvenne il diluvio con l'inondazione delle acque del mondo. Con quel divampare simultaneo del mondo, come ho detto, le proprietà degli elementi posti nel divenire, le quali convenivano ai nostri corpi posti nel divenire, cesseranno del tutto nel fuoco. Lo stesso essere sussistente avrà quelle proprietà che convengano, attraverso una meravigliosa trasformazione, a corpi non posti nel divenire, in modo che il mondo, trasformato in meglio, si adegui ad uomini trasformati in meglio anche nel loro essere fisico. Riguardo alla frase: Non v'è più il mare, non saprei dire se si prosciugherà con quello straordinario calore o se anch'esso si trasformerà in meglio. Abbiamo letto che vi saranno un cielo nuovo e una terra nuova, ma non ricordo di aver letto alcunché da qualche parte sul mare nuovo, salvo la frase che si ha in questo stesso libro: Come un mare di vetro simile al cristallo 137. Ma in quel passo non parlava della fine dei tempi e non sembra che abbia usato "mare" con significato proprio, ma come mare. Tuttavia anche in questo passo, siccome il linguaggio profetico ama mescolare il parlare figurato con il proprio e così in un certo senso velare quel che si dice, ha potuto dire di quel mare: E non v'è più il mare, come prima aveva detto: Il mare restituì i morti che in esso erano 138. Allora infatti non vi sarà più questo tempo, agitato e turbolento con la vita degli esseri posti nel divenire, che ha espresso figuratamente con la parola "mare".

Nella Gerusalemme dell'alto non vi saranno pianto e dolore.
17. Continua: Vidi anche la città nuova grande Gerusalemme scendere dal cielo da Dio, pronta come una sposa ornata per il suo sposo. Udii allora una potente voce che usciva dal trono e diceva: Ecco la dimora di Dio con gli uomini. Egli dimorerà tra di loro ed essi saranno il suo popolo ed egli sarà il "Dio con loro". E asciugherà ogni lacrima dai loro occhi, non vi sarà più la morte, né pianto né lamento né affanno perché le cose di prima sono passate. E colui che sedeva sul trono disse: Ecco, io faccio nuove tutte le cose 139. Si dice che questa città discende dal cielo perché è dal cielo la grazia con cui Dio le ha dato vita. Per questo le si dice anche per mezzo di Isaia: Io sono il Signore che ti dà vita 140. E dal cielo fin dalla sua origine discende, da quando continuamente i suoi cittadini aumentano nella successione del tempo, con la grazia di Dio che viene dall'alto mediante il lavacro di rigenerazione nello Spirito Santo mandato dal cielo. Ma col giudizio di Dio, che sarà l'ultimo, mediante il suo Figlio Gesù Cristo si manifesterà il suo splendore così grande e così nuovo in modo che non rimarranno tracce della tarda età, giacché i corpi della soggezione al divenire e alla morte di una volta passeranno alla immunità dal divenire e dalla morte. Mi sembra quindi proprio di eccessiva mancanza di riguardo attribuire questo evento al tempo presente, in cui la città regna col suo re per mille anni. Dice infatti molto apertamente: E asciugherà ogni lacrima dai loro occhi non vi sarà più la morte, né pianto né lamento né affanno. Chi dunque è così idiota e insensato in una ostinatissima diatriba da affermare che negli affanni di questa soggezione alla morte, non dico il popolo santo, ma ciascuno dei santi trascorra, trascorrerà o abbia trascorso la vita senza lacrime e sofferenze? Piuttosto quanto uno è più santo e pieno di un santo desiderio, tanto più è abbondante il suo pianto nel pregare. È la voce di un cittadino della Gerusalemme di lassù che dice: Le mie lacrime sono divenute il mio pane giorno e notte 141; e: Ogni notte laverò nel pianto il mio letto, inonderò di lacrime il mio giaciglio 142; e: Il mio gemito non ti è nascosto 143; e: Il mio dolore si è esasperato 144. E sono certamente suoi figli coloro che gemono come sotto un peso, da cui non vogliono essere spogliati, ma rivestiti dall'alto, affinché ciò che è soggetto al morire sia assorbito dalla vita 145. E sono quelli stessi che, avendo le primizie dello Spirito, gemono interiormente perché attendono l'adozione a figli, la redenzione del proprio corpo 146. E lo stesso Paolo era certamente cittadino della Gerusalemme dell'alto e lo era ancor di più quando per gli Israeliti, suoi fratelli secondo la stirpe, aveva in sé una grande tristezza e nel suo cuore una continua sofferenza 147. La morte non sarà più in questa città soltanto quando si dirà: Dov'è, o morte, il tuo ardire? Dov'è, o morte, il tuo pungolo? Il pungolo della morte è il peccato 148. Certamente non vi sarà quando si dirà: Dov'è? Ora invece non un qualunque debole cittadino di quella città ma lo stesso Giovanni grida nella sua lettera: Se diciamo di essere senza peccato, inganniamo noi stessi e la verità non è in noi 149. Anche in questo libro, intitolato l'Apocalisse, vi sono molti concetti oscuri per spronare il pensiero del lettore e ve ne sono pochi, dalla cui chiarezza si possano investigare gli altri con impegno, soprattutto perché ripete le medesime espressioni in molte forme da sembrare che enunci concetti diversi, sebbene si riscontri che enuncia i medesimi in forma diversa. Si eccettuano però le frasi: Asciugherà ogni lacrima dai loro occhi, non vi sarà più la morte, né pianto né lamento né affanno. Infatti con tanta chiarezza sono stati espressi questi concetti sulle condizioni fuori del tempo e sull'immortalità ed eternità dei santi, poiché soltanto in quel tempo e spazio non vi saranno tali sofferenze, che non dobbiamo cercare o leggere nella sacra Scrittura pensieri più evidenti se ritenessimo questi oscuri.

In Pietro cielo e terra nel cataclisma finale.
18. Ora vediamo che cosa ha scritto l'apostolo Pietro sul giudizio. Dice: Verranno negli ultimi giorni uomini che scherniranno con ironia, si comporteranno secondo le proprie passioni e diranno: Dov'è la promessa della sua venuta? Infatti da quando i nostri padri sono morti tutto procede come al principio della creazione. Ma costoro ignorano, perché lo vogliono, che i cieli esistevano da lungo tempo e la terra dall'acqua e ordinata mediante l'acqua dalla parola di Dio, e che per queste cause il mondo di allora scomparve sommerso dall'acqua. Ora i cieli e la terra attuali sono stati reintegrati dalla medesima parola e riservati al fuoco per il giorno del giudizio e della perdizione dei reprobi. Ma voi non dovete perdere di vista, carissimi, che un solo giorno davanti a Dio è come mille anni, e mille anni come un giorno solo. Il Signore non ritarda la promessa nel modo con cui alcuni concepiscono il ritardo, ma attende con pazienza per voi perché non vuole che alcuno perisca ma che tutti si riconcilino con la penitenza. Verrà il giorno del Signore come un ladro e in esso i cieli con grande fragore passeranno, gli elementi si dissolveranno con un incendio, la terra e le creature, che in essa sono, saranno distrutte dal fuoco. Poiché dunque tutte queste cose devono dissolversi così, quali non dovete essere voi nella santità della condotta perché aspettate e vi disponete alla venuta del Signore, mediante la quale i cieli si dissolveranno e gli elementi bruciati saranno ridotti al nulla? Noi aspettiamo dunque secondo le sue promesse nuovi cieli e nuova terra, nei quali dimora la giustizia 150. Nel passo Pietro non dice nulla della risurrezione dei morti, ma abbastanza della fine del mondo. Ricordando poi l'avvenuto diluvio sembra che abbia voluto in certo senso avvertirci sul nostro modo di credere in quali proporzioni alla fine dei tempi questo mondo scomparirà. Dice appunto che al tempo del diluvio fu distrutto il mondo che allora esisteva, e non soltanto la terra ma anche i cieli, sebbene in essi riscontriamo lo spazio atmosferico, il cui volume l'acqua, crescendo, aveva superato. Dunque tutta o quasi tutta l'atmosfera, che denomina il cielo o meglio i cieli, ma questi in basso non quelli in alto, dove sono disposti il sole, la luna e le stelle, era ridotta a una massa liquida. Così era scomparsa assieme alla terra, il cui primo aspetto era stato distrutto dal diluvio. Ora - dice - i cieli e la terra attuali sono stati reintegrati dalla medesima parola e riservati al fuoco per il giorno del giudizio e della perdizione dei reprobi 151. Quindi quei cieli e quella terra, cioè quel mondo, che scomparve col diluvio e fu reintegrato con la medesima acqua, è destinato all'ultimo fuoco per il giorno del giudizio e della perdizione dei reprobi. Non dubita infatti di parlare, a causa di una radicale trasformazione, della futura perdizione anche degli uomini, pur conservandosi il loro essere, sebbene negli eterni tormenti. Qualcuno può chiedere, se dopo l'avvenuto giudizio questo mondo brucerà prima che siano reintegrati il nuovo cielo e la nuova terra, dove saranno i santi nel momento della conflagrazione, perché è indispensabile che essi, avendo un corpo, siano in un determinato spazio. Posso rispondere che saranno nelle parti più alte, dove non salirà la fiamma di quell'incendio come neanche l'acqua del diluvio. Avranno infatti un corpo tale da stabilirsi dove vorranno. Ma non temeranno neanche il fuoco di quel divampare fulmineo, perché sono resi immuni dalla morte e dal divenire, se il corpo, ancora soggetto a morte e corruzione, dei tre individui poté rimanere illeso nella fornace ardente 152.

L'Anticristo in Paolo ai Tessalonicesi...
19. 1. Noto che si devono tralasciare molti brani del Vangelo e degli Apostoli sull'ultimo giudizio di Dio, affinché questo libro non si estenda in un'eccessiva lunghezza, ma non si deve tralasciare affatto l'apostolo Paolo. Egli, scrivendo ai fedeli di Tessalonica, dice: Vi preghiamo, fratelli, riguardo alla venuta del Signore nostro Gesù Cristo e della nostra comunione con lui di non lasciarvi così facilmente confondere nel pensiero e turbare né da pretese ispirazioni, né da parole, né da qualche lettera fatta passare come nostra, quasi che il giorno del Signore sia imminente, affinché nessuno v'inganni in qualche modo. Prima infatti dovrà venire l'apostata e dovrà essere rivelato l'uomo iniquo, il figlio della rovina, colui che si contrappone e s'innalza sopra ogni essere che viene detto Dio o è oggetto di culto fino a sedere nel tempio di Dio, ostentandosi come Dio. Non ricordate che, mentre ero ancora tra voi, venivano dette queste cose? E ora sapete ciò che impedisce la sua manifestazione affinché avvenga a suo tempo. Il mistero dell'iniquità è già in atto. Frattanto chi ora lo trattiene lo trattenga, finché esca di mezzo e allora sarà rivelato l'empio e il Signore Gesù lo distruggerà con il soffio della sua bocca e lo annienterà con la luce della sua venuta, perché la presenza dell'empio avverrà nella potenza di Satana con ogni specie di portenti, di segni e prodigi di menzogna e con ogni sorta d'empio inganno per quelli che si perdono, perché non hanno accolto l'amore della verità per essere salvi. Perciò Dio invierà loro una giustificazione dell'errore affinché credano alla menzogna e così siano giudicati tutti coloro che non hanno creduto alla verità, ma hanno acconsentito all'iniquità 153.

... con qualche difficoltà d'interpretazione...
19. 2. Non v'è dubbio che ha espresso questi concetti sull'Anticristo e che non si avrà il giorno del giudizio 154, considerato come giorno del Signore, se prima non verrà colui che egli chiama apostata fuggitivo, evidentemente, da Dio Signore. Se questo epiteto si può applicare rettamente a tutti gli empi, molto di più a lui. Però è incerto in quale tempio sederà, se sulla rovina del tempio costruito dal re Salomone ovvero nella Chiesa. L'Apostolo non considererebbe tempio di Dio il tempio di un dio o di un demone. Perciò alcuni sostengono che nel passo per Anticristo non s'intende il capo stesso, ma in senso figurato tutto il suo corpo, cioè la moltitudine di uomini che a lui appartiene come capo. Pensano inoltre che anche in latino più correttamente si dice, come in greco, non nel tempio di Dio, ma: segga in qualità di tempio di Dio, come se egli sia il tempio di Dio che è la Chiesa. Diciamo, ad esempio: Siede in qualità di amico, cioè come amico, o altri casi in cui si è soliti esprimersi con questo tipo di linguaggio. Una riflessione sulla frase: E ora sapete ciò che impedisce la sua manifestazione; sapete, cioè, che cosa è in ritardo e qual è la causa della dilazione affinché avvenga a suo tempo. Poiché ha detto che lo sapevano, non ha inteso dirlo apertamente. Perciò noi, che non sappiamo quel che essi sapevano, desideriamo ma non siamo in grado di giungere, sia pure con insistenza, a ciò che pensava l'Apostolo, soprattutto perché i concetti, che ha aggiunto, rendono più astruso il significato. Infatti che significa: Già il mistero dell'iniquità è in atto. Frattanto chi ora lo trattiene lo trattenga, finché sia tolto di mezzo, e allora sarà rivelato l'empio 155? Io confesso che proprio non capisco quel che ha detto. Tuttavia non passerò sotto silenzio le ipotesi di uomini che ho avuto possibilità di ascoltare o leggere.

... in riferimento a Roma e ai falsi Cristiani...
19. 3. Alcuni pensano che si è parlato dell'impero romano e che perciò l'apostolo Paolo non lo ha voluto esprimere apertamente per non incorrere nell'ingiusta accusa che auspicasse a danno dell'Impero di Roma, mentre ci si riprometteva che fosse perenne. Poteva sembrare che nella frase: Il mistero dell'iniquità è già in atto 156 avesse voluto che vi si ravvisasse Nerone, le cui azioni apparivano come quelle dell'Anticristo 157. Perciò alcuni ipotizzano che risorgerà e diverrà l'Anticristo. Altri invece pensano che non sia stato ucciso ma allontanato segretamente affinché fosse ritenuto ucciso e rimanesse nascosto vivo, nel vigore dell'età in cui era quando fu creduto morto finché al momento opportuno riappaia e sia restituito al regno 158. Ma a me sembra molto assurda l'incomparabile ubbìa dei sostenitori di tale ipotesi. Tuttavia non assurdamente si ritiene che il pensiero, espresso dall'Apostolo con le parole: Frattanto chi ora lo trattiene lo trattenga finché esca di mezzo 159, si riferisca all'Impero di Roma, come se fosse detto: Frattanto chi ora comanda comandi finché esca di mezzo, cioè sia tolto di mezzo. Non v'è dubbio che in: E allora sarà rivelato l'empio, è indicato l'Anticristo. Alcuni invece pensano che le frasi: Sapete che cosa impedisce la sua manifestazione, e: Il mistero dell'iniquità è già in atto 160, siano dette soltanto dei malvagi e dei falsi cristiani, che appartengono alla Chiesa, finché giungano a un numero tale da costituire un numeroso popolo per l'Anticristo e che questo è il mistero dell'iniquità perché sembra occulto. Pensano che per questo l'Apostolo esorta i fedeli a perseverare con fermezza nella fede che professano, dicendo: Frattanto chi ora lo trattiene lo trattenga finché sia tolto di mezzo, cioè finché esca di mezzo alla Chiesa il mistero dell'iniquità che ora è occulto. Pensano che al medesimo mistero si riferisca quel che nella sua lettera dice Giovanni evangelista: Ragazzi, questa è l'ultima ora e come avete udito che l'Anticristo dovrà venire, di fatto ora molti sono divenuti anticristi; da questo conosciamo che è l'ultima ora. Sono usciti da noi, ma non erano dei nostri. Che se fossero dei nostri, certamente sarebbero rimasti con noi 161. Come dunque, affermano questi testi, prima della fine, in quest'ora che Giovanni considera l'ultima, sono usciti dalla Chiesa molti eretici, che egli reputa come molti anticristi, così alla fine usciranno da essa tutti coloro che non apparterranno a Cristo, ma all'Anticristo, e allora si manifesterà.

... ma tutto rientra nel giusto giudizio di Dio.
19. 4. Dunque gli esegeti, chi in un senso chi in un altro, interpretano le astruse espressioni dell'Apostolo. Tuttavia non v'è dubbio sul suo pensiero, che cioè Cristo non verrà a giudicare i vivi e i morti 162, se prima non verrà il suo avversario, l'Anticristo, a trarre in errore i morti nell'anima, sebbene attiene a un giusto giudizio di Dio che da lui siano tratti in errore. Infatti: La sua presenza - come ha scritto - avverrà nella potenza di Satana con ogni specie di portenti di segni e prodigi di menzogna e con ogni sorta di empio inganno per quelli che si perdono 163. Allora sarà slegato Satana e agirà mediante l'Anticristo con ogni sorta di prodigi in forma sorprendente ma menzognera. Di solito si controverte se questi fatti sono stati considerati segni e prodigi di menzogna, perché l'Anticristo ingannerà i sensi umani attraverso immagini illusorie, in modo che sembra eseguire quel che non esegue; ovvero se, quantunque quei fatti saranno veri prodigi, trascineranno all'inganno coloro i quali crederanno che possano verificarsi soltanto per volere di Dio, perché ignorano l'ardimento del diavolo, soprattutto quando riceverà un potere che non ha mai avuto. Quando infatti cadde il fuoco dal cielo e con una sola vampata distrusse la numerosa servitù assieme ai numerosi armenti di bestiame del santo Giobbe e un turbine di venti investendo e abbattendo la casa uccise i suoi figli, non si trattò d'immagini illusorie, tuttavia furono opere di Satana, al quale Dio aveva concesso il potere 164. Quindi soltanto alla fine apparirà per quale loro aspetto quei fatti sono stati considerati prodigi e segni di menzogna. Ma per qualunque di essi sia stato enunziato quel concetto, saranno tratti in errore con quei segni e prodigi coloro che lo meriteranno, perché - dice l'Apostolo - non hanno accolto l'amore della verità per essere salvi. E non ha dubitato di aggiungere queste parole: Perciò Dio invierà loro una giustificazione dell'errore affinché credano alla menzogna. Quindi Dio manderà il diavolo a compiere questi fatti, egli con un giusto giudizio, sebbene l'altro li compia con una ingiusta e malvagia deliberazione. Affinché - soggiunge - siano giudicati tutti quelli che non hanno creduto alla verità, ma hanno acconsentito all'iniquità 165. Quindi i giudicati saranno tratti in errore e i tratti in errore saranno giudicati. Ma coloro che sono giudicati saranno tratti in errore con quel giudizio di Dio arcanamente giusto e giustamente arcano, con il quale non ha mai cessato di giudicare fin dall'inizio del peccato della creatura ragionevole. Invece coloro che sono tratti in errore saranno giudicati con l'ultimo palese giudizio da Cristo Gesù che giudicherà molto giustamente, perché fu giudicato molto ingiustamente.

Paolo nella prima lettera ai Tessalonicesi sulla risurrezione.
20. 1. Ma nel passo citato l'Apostolo tace sulla risurrezione dei morti; invece scrivendo ai medesimi Tessalonicesi, nella prima lettera dice: Non vogliamo lasciarvi nell'ignoranza, fratelli, circa quelli che sono morti affinché non siate nell'afflizione come gli altri che non hanno speranza. Poiché se noi crediamo che Gesù è morto e risuscitato, così Dio radunerà per mezzo di Gesù insieme con lui anche quelli che sono morti. Questo vi diciamo sulla parola del Signore: Noi che viviamo e saremo ancora in vita per la venuta del Signore, non precederemo quelli che sono morti prima, perché il Signore stesso, a un ordine e alla voce dell'Arcangelo e al suono della tromba di Dio, discenderà dal cielo e i morti in Cristo risorgeranno prima, poi noi, i vivi, i superstiti, saremo rapiti insieme con loro tra le nubi incontro a Cristo nell'aria e così saremo sempre col Signore 166. Queste parole dell'Apostolo mostrano con molta chiarezza che si avrà la risurrezione dei morti, quando Cristo verrà precisamente per giudicare i vivi e i morti.

Il problema dei superstiti...
20. 2. Ma abitualmente si pone il problema: se coloro che Cristo troverà in vita sulla terra, la cui esistenza l'Apostolo trasferiva in sé e in coloro che vivevano al suo tempo, non moriranno affatto, oppure nel medesimo attimo di tempo in cui, assieme a coloro che risorgeranno, rapiti nelle nubi incontro a Cristo nell'aria, passeranno con mirabile prontezza all'immortalità attraverso la morte. Non si deve infatti affermare l'impossibilità che, mentre sono portati per l'aria verso l'alto, in quell'attimo di tempo muoiano e risorgano. L'inciso: E in tal modo saremo sempre col Signore 167 non si deve interpretare come se avesse affermato che vivi rimarranno sempre nell'aria; infatti anche egli non rimarrà sempre lì perché per venire l'attraverserà. A lui che viene e non che rimane si andrà incontro, ma in tal modo saremo col Signore, cioè vi saremo con corpi dotati d'eternità dovunque saremo con lui. Sembra che l'Apostolo stesso ci sproni a questa interpretazione in modo da intendere che anche quelli, che il Signore troverà in vita nel mondo, in un breve intervallo di tempo subiranno la morte e riceveranno l'immortalità, nel passo in cui dice: In Cristo tutti avranno la vita 168. In un altro passo, parlando della risurrezione dei corpi, dice: Ciò che tu semini non ha vita, se non muore 169. Non ha senso infatti che coloro, i quali Cristo troverà in vita nel mondo, avranno la vita in lui mediante l'immortalità, anche se non muoiono, quando riflettiamo che appunto per questo è stato detto: Ciò che tu semini non ha vita, se non muore. Facciamo l'ipotesi di considerare seminati soltanto i corpi umani, che con la morte in qualche modo ritornano alla terra, come si esprime la condanna pronunziata da Dio contro il trasgressore padre dell'uman genere: Sei terra e in terra tornerai 170. Si dovrebbe allora ammettere che coloro, i quali Cristo, quando verrà, troverà non ancora separati dal corpo, non sono compresi in queste parole, né in quelle dell'Apostolo né in quelle della Genesi perché, rapiti in alto sulle nubi, non sono certamente seminati perché non vanno e non ritornano alla terra, sia che non esperimentino affatto la morte, sia che muoiano per un attimo nell'aria.

... anche nella prima lettera ai Corinzi.
20. 3. Ma si presenta un altro problema sul pensiero che ha espresso l'Apostolo parlando della risurrezione dei corpi ai fedeli di Corinto: Tutti risorgeremo, o come riportano altri codici : Tutti dormiremo 171. Poiché dunque non può avvenire la risurrezione se non precede la morte e nel passo citato per atto del dormire non possiamo intendere altro che la morte, in qual senso tutti dormiranno o risorgeranno se molti, che Cristo troverà ancora in vita, non dormiranno e non risorgeranno? Se dunque ammetteremo che i santi, i quali saranno ancora in vita alla venuta di Cristo e saranno rapiti incontro a lui, usciranno dal corpo soggetto a morire, nell'atto stesso del rapire, e torneranno al corpo, reso immediatamente immortale, non troveremo difficoltà nelle parole dell'Apostolo, tanto quando dice: Ciò che tu semini non ha vita, se non muore, come quando dice: Tutti risorgeremo, o: Tutti dormiremo. Infatti essi saranno resi alla vita, mediante l'immortalità, soltanto se prima, quantunque per un attimo, muoiano e perciò non saranno privi della risurrezione perché la precedono col dormire, sebbene brevissimo, tuttavia reale. Poi non ci deve sembrare incredibile che i corpi in un grande numero siano, per così dire, seminati nell'aria e che tornino immediatamente in vita in condizioni di non soggezione alla morte e al divenire. Crediamo infatti a quel che il medesimo Apostolo dice con molta chiarezza, cioè che la risurrezione avverrà in un batter d'occhio 172, e che la polvere dei più antichi cadaveri si trasformerà con grande facilità e con impareggiabile prontezza nelle parti del corpo che vivrà senza fine. E non dobbiamo supporre che i santi saranno immuni da quella condanna: Sei terra e in terra ritornerai 173, se il loro corpo, mentre muoiono, non andrà a finire in terra, ma nella condizione in cui morrà nell'atto stesso del rapire, nella medesima risorgerà, mentre è trasferito nell'aria. In terra tornerai significa: perduta la vita, tornerai ad essere ciò che eri prima di averla, cioè privo dell'anima sarai ciò che eri prima di essere vivificato dall'anima. Dio infatti alitò su di un volto di terra il soffio della vita, quando l'uomo divenne anima che vive. La frase verrebbe a significare: Sei terra animata e non lo eri, sarai terra esanime come eri, come è, anche prima che si putrefaccia, il corpo dei morti, come sarà anche quello dei santi, se morrà, dovunque morrà, quando è privo della vita che dovrà immediatamente riavere. Dunque torneranno in terra perché da uomini vivi saranno terra, allo stesso modo che va in cenere ciò che diventa cenere, va alla vecchiaia ciò che diventa vecchio, va in anfora ciò che dall'argilla diventa anfora, e ci esprimiamo in questi termini in altri seicento esempi. Come avverrà ciò che ora secondo le forze della nostra debole ragione in qualche modo congetturiamo, allora si verificherà in modo che possiamo averne conoscenza. È indispensabile, se vogliamo essere cristiani, credere che la risurrezione dei morti avverrà anche nell'essere fisico, quando Cristo verrà a giudicare i vivi e i morti, ma non per questo la nostra fede è priva di contenuto su questo evento, se ancora non siamo in grado di capire come avverrà. Ma ormai, come abbiamo promesso precedentemente 174, dobbiamo esporre, nei limiti in cui sembrerà sufficiente, che cosa hanno preannunziato i libri profetici dell'Antico Testamento, sull'ultimo giudizio di Dio. Come penso, non sarà necessario che gli argomenti siano trattati ed esposti con un discorso diffuso, se il lettore si sarà dato da fare per essere spronato da quelli che abbiamo premesso.

Il giudizio finale nell'Antico Testamento (21-30)


La felicità nella risurrezione secondo Isaia...
21. 1. Dice il profeta Isaia: Risorgeranno i morti, risorgeranno anche coloro che erano nei sepolcri e si allieteranno tutti coloro che sono sulla terra; infatti la rugiada, che da te proviene, per loro sarà salute; invece la terra degli empi andrà in rovina 175. Tutta la prima parte del passo riguarda la risurrezione dei beati. Invece l'inciso: E la terra degli empi andrà in rovina s'interpreta correttamente nel senso che la rovina della dannazione ghermirà il corpo dei reprobi. Se poi vogliamo considerare con maggiore attenzione e precisione il brano citato, alla prima risurrezione si deve riferire la frase: Risorgeranno i morti, alla seconda quella che segue: Risorgeranno anche quelli che erano nei sepolcri. E se ci poniamo il problema di quei santi, che il Signore troverà vivi in terra, a loro convenientemente si aggiudica quel che ha aggiunto: E si allieteranno tutti coloro che sono sulla terra; infatti la rugiada, che da te proviene, per loro sarà salute. In questo punto con molta esattezza interpretiamo la salute come immortalità, perché completa salute è quella che non si ristabilisce con i cibi, quali medicine di ogni giorno. Il medesimo profeta, per stimolare prima la speranza dei buoni e poi per spaventare i cattivi, anche del giorno del giudizio parla in questi termini: Così dice il Signore: Ormai io, come un fiume di pace e un torrente in piena, devio verso di loro la gloria dei popoli. I loro figli saranno portati sulle spalle e posti sulle ginocchia saranno consolati. Come una madre può consolare un figlio, così io vi consolerò e in Gerusalemme sarete consolati. Lo vedrete e gioirà il vostro cuore e le vostre ossa germoglieranno come erba. La mano del Signore si manifesterà a coloro che l'adorano e minaccerà i ribelli. Ecco infatti che il Signore verrà come un fuoco e i suoi carri come un turbine per distribuire nello sdegno la vendetta e in una fiamma di fuoco la distruzione. Nel fuoco del Signore infatti sarà giudicata la terra e con la sua spada ogni uomo; molti saranno i colpiti dal Signore 176. Nella promessa dei beni, per fiume di pace dobbiamo certamente intendere l'abbondanza di quella pace, di cui non ve ne può essere una più grande. Da essa saremo irrorati alla fine; ne ho parlato a lungo nel libro precedente. Il profeta dice che il Signore devierà questo fiume di pace verso coloro ai quali promette tanta felicità per farci intendere che in quel luogo di tranquillità, che è nei cieli, tutte le cose sono nella quiete mediante quel fiume. Però giacché la pace della non soggezione al divenire e alla morte da quel luogo affluirà anche ai corpi di terra, ha detto che devierà questo fiume affinché dall'alto si riversi al basso e renda gli uomini eguali agli angeli. Nella Gerusalemme non dobbiamo scorgere quella che è schiava con i propri figli ma, stando all'Apostolo, la libera nostra madre che è libera nei cieli 177. Lì, dopo gli stenti delle tribolazioni e preoccupazioni della soggezione alla morte, saremo consolati come suoi bambini sorretti sulle spalle e ginocchi. Infatti, poiché ignari e novellini, quella felicità, per noi insolita, ci accoglierà con attenzioni molto carezzevoli. Lì vedremo e gioirà il nostro cuore. Non ha indicato che cosa vedremo, ma Dio certamente, affinché si adempia in noi la promessa del Vangelo: Beati i puri di cuore perché vedranno Dio 178. Vedranno anche tutto quel mondo che noi nel tempo non vediamo ma che, credendo in grado molto inferiore a quel che è e in termini incomparabili, facciamo oggetto di pensiero nei limiti dell'intelligenza umana. Vedrete - dice - e gioirà il vostro cuore. Qui credete, lì vedrete.

... e la pena per i dannati.
21. 2. Ha detto: Gioirà il vostro cuore, ma affinché non pensassimo che i beni di Gerusalemme spettino soltanto al nostro spirito, ha aggiunto: Le vostre ossa germoglieranno come erba. Con la frase ha espresso per sineddoche la risurrezione dei corpi, quasi ad esprimere un pensiero di cui non aveva parlato. Essa infatti non avverrà quando la vedremo, ma la vedremo quando sarà avvenuta. Anche precedentemente aveva parlato di un cielo nuovo e di una terra nuova e, nel contempo, spesso e con varie espressioni parlava dei beni che sono promessi ai santi nella fine. Vi saranno - dice - un cielo nuovo e una terra nuova, gli uomini non ricorderanno i precedenti e il ricordo non tornerà nel loro cuore, ma troveranno in Gerusalemme gioia e giubilo. Ormai renderò un giubilo Gerusalemme e una gioia il mio popolo e proverò giubilo in Gerusalemme e gioia nel mio popolo e non si udrà più in essa voce di pianto 179, e altri concetti che alcuni tentano di riferire ai mille anni, intesi in senso letterale. Nel metodo dei Profeti infatti il linguaggio figurato s'intreccia con quello proprio, affinché un'applicazione assennata giunga con utile e giovevole impegno al significato spirituale. Invece l'infingardaggine fisica o l'ottusità dell'intelligenza priva di cultura ed esercizio, appagata dall'aspetto letterario, non riflette che l'indagine deve essere condotta sul significato. È sufficiente quel che ho detto sulle parole del profeta che nel testo vengono prima del brano in esame. In questo brano, dal quale ho deviato ad esse, dopo aver detto: Le vostre ossa germoglieranno come erba, per indicare che con queste parole si riferiva alla risurrezione della carne, ma soltanto dei buoni, ha aggiunto: La mano del Signore si manifesterà a coloro che l'adorano. È senz'altro la mano di chi separerà i propri adoratori da coloro che lo insultano. E connettendo su di essi di seguito i concetti afferma: E minaccerà i ribelli o, come legge un altro traduttore: gli increduli 180. Però alla fine non minaccerà, ma le parole, che ora si dicono con minaccia, allora si adempiranno nell'effettività. Ecco infatti - soggiunge - che il Signore verrà come un fuoco e i suoi carri come un turbine per distribuire nello sdegno la vendetta e in una fiamma di fuoco la distruzione. Nel fuoco del Signore infatti sarà giudicata tutta la terra e con la sua spada ogni carne; molti saranno i feriti dal Signore 181. Tanto col fuoco come con il turbine e la spada indica la condanna del giudizio appunto perché afferma che il Signore stesso verrà come un fuoco, certamente per coloro ai quali la sua venuta sarà di condanna. Per i suoi carri poi, espressi al plurale, intendiamo non incongruamente il ministerio degli angeli. Nel concetto che tutta la terra e ogni carne è giudicata col suo fuoco e con la sua spada non dobbiamo includere gli spirituali e i santi, ma i terreni e i carnali, sulla cui qualità è stato detto: Coloro che hanno prudenza per le cose della terra 182, e: Avere la prudenza conforme alla carne è la morte 183. Questi tali dal Signore sono considerati interamente carne, quando dice: Il mio spirito non rimarrà in uomini di tal fatta perché sono carne 184. Per quanto riguarda la frase: Molti saranno i feriti dal Signore, si commenta che mediante queste ferite avverrà la seconda morte. È possibile certamente che fuoco, spada e ferita siano interpretati in bene. Infatti il Signore ha detto che vuole mandare il fuoco sulla terra 185; agli apostoli sono apparse lingue di fuoco che si dividevano quando venne lo Spirito Santo 186; il Signore stesso dice: Non sono venuto a portare la pace sulla terra ma la spada 187; la Scrittura definisce la parola di Dio come una spada a doppio taglio a causa della duplice lama dei due Testamenti 188; nel Cantico dei cantici 189 la santa Chiesa si considera ferita dalla carità perché colpita da frecce nello slancio d'amore. Ma poiché nel brano leggiamo e ascoltiamo che il Signore verrà come vendicatore, è evidente il senso con cui si devono interpretare queste parole.

Il Signore e la grazia nel Nuovo Testamento.
21. 3. Poi passati brevemente in rassegna quelli che mediante il giudizio subiranno la perdizione, per indicare i peccatori e gli empi, sotto la metafora dei cibi proibiti dall'antica Legge poiché non se ne privarono, Isaia espone in compendio dall'inizio la grazia del Nuovo Testamento, svolgendo e terminando il discorso dalla prima venuta del Salvatore all'ultimo giudizio, di cui stiamo trattando. Narra infatti che il Signore dichiara la sua venuta per riunire tutti i popoli ed essi sarebbero arrivati e avrebbero visto la sua gloria 190. Dice in merito l'Apostolo: Tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio 191. Il Signore dice anche che compirà per loro dei prodigi affinché attoniti credano in lui; che invierà i convertiti fra di essi ai vari popoli e alle isole lontane, le quali non hanno mai udito il suo nome e non hanno visto la sua gloria. Predice che essi annunzieranno la sua gloria fra i popoli e aduneranno i fratelli di coloro ai quali parlava, cioè nella fede sotto Dio Padre i fratelli degli Israeliti credenti; condurranno anche da tutti i popoli nella santa città di Gerusalemme, che ora mediante i santi fedeli è diffusa nei vari paesi, un'offerta al Signore in bestie da soma e mezzi di trasporto 192. Si comprende facilmente che queste bestie e questi mezzi sono aiuti divini per qualsiasi genere di ministeri di Dio, sia angelici che umani. Gli uomini infatti credono dove sono aiutati da Dio e, dove credono, ivi convengono. Il Signore li ha paragonati, quasi per analogia, ai figli d'Israele che nella sua casa offrono a lui le proprie vittime con salmi ed è un rito che in ogni parte la Chiesa già compie. Ha promesso inoltre che avrebbe scelto da essi per sé sacerdoti e leviti e osserviamo egualmente che ora ciò si avvera. Infatti il sacerdozio non è secondo la discendenza della carne e del sangue, quale era il primo secondo l'ordine di Aronne, ma come era conveniente nel Nuovo Testamento, in cui sommo sacerdote secondo l'ordine di Melchisedec 193 è Cristo; ora notiamo che sacerdoti e leviti sono eletti secondo il merito che in ognuno apporterà la grazia divina. Ed essi devono essere stimati non in base a questo titolo che spesso ottengono, sebbene indegni, ma in base a quella santità che non è comune ai buoni e ai cattivi.

Distinzione di buoni e cattivi.
21. 4. Dopo aver parlato dell'evidente e a noi assai nota bontà di Dio, che ora viene offerta alla Chiesa, ha promesso anche il fine, al quale si giungerà quando mediante l'ultimo giudizio avverrà la separazione di buoni e cattivi. Dice infatti mediante il profeta o da parte del Signore dice il profeta: Come il nuovo cielo e la nuova terra rimarranno per sempre davanti a me, oracolo del Signore, così dureranno la vostra progenie e il vostro nome e si avrà mese da mese, sabato da sabato. Verrà ogni uomo alla mia presenza ad adorare in Gerusalemme, ha detto il Signore. Uscendo vedranno le membra degli uomini che si sono ribellati contro di me. Il loro verme non morirà e il loro fuoco non si spegnerà e saranno in vista ad ogni uomo 194. Il profeta ha posto fine al libro con l'evento con cui avrà fine il tempo. Alcuni non hanno tradotto: membra degli uomini, ma: cadaveri degli uomini maschi, indicando con cadaveri l'evidente pena dei corpi. Sebbene ordinariamente "cadavere" sia definita soltanto la carne esanime, quelli invece saranno corpi animati, altrimenti non potranno subire tormenti, a meno che, siccome saranno corpi di morti, cioè di quelli che cadranno alla seconda morte, non assurdamente si possono considerare anche cadaveri. Ne consegue il pensiero che del medesimo profeta ho riportato in precedenza: Senza dubbio la terra degli empi cadrà 195. È evidente che l'etimologia di cadavere è da cadere. È evidente anche il motivo per cui quei traduttori hanno usato il termine di uomini maschi, invece di quello di uomini in generale. Non si penserà che in quel tormento non vi saranno le donne cattive perché l'uno e l'altro sesso è rappresentato dal più forte, soprattutto perché da esso la donna è stata tratta 196. Ma per quanto attiene particolarmente all'argomento, anche per i buoni si dice: Verrà ogni carne, poiché il popolo eletto sarà riunito da ogni stirpe umana, sebbene non tutti gli uomini saranno presenti, perché molti saranno nei tormenti. Ma, come avevo cominciato a dire, siccome per i buoni è designata la carne e per i malvagi le membra o cadaveri, è indicato chiaramente che dopo la risurrezione della carne, e la fede in essa è confermata da questa terminologia, l'evento, per cui i buoni e i cattivi saranno distribuiti ai rispettivi fini, è il giudizio futuro.

Gli eletti e le pene dei dannati.
22. Ma come usciranno i buoni per vedere le pene dei malvagi? Lasceranno forse con uno spostamento del corpo quella patria di felicità e si recheranno nei luoghi di pena per osservare di fisica presenza i tormenti dei malvagi? No certamente, ma andranno fuori mediante un atto del pensiero. Col termine di "esser fuori" infatti è stato espresso il concetto che saranno fuori coloro i quali saranno tormentati. Perciò anche il Signore definisce quei luoghi "le tenebre di fuori" 197, alle quali si oppone quell'entrata, su cui si dice al servo buono: Entra nella gioia del tuo padrone 198. E non si pensi che i cattivi, per essere oggetto di pensiero, entreranno nella gioia ma, per così dire, uscirà verso di loro il pensiero, con cui i buoni li conosceranno, perché conosceranno ciò che è fuori. Coloro che saranno nei tormenti ignoreranno ciò che avviene dentro, nella gioia del Signore; invece coloro, che saranno in quella gioia, sapranno quel che avviene di fuori, nelle tenebre di fuori. E perciò è stato detto: Andranno fuori 199, perché non saranno loro nascosti quei fatti che avverranno fuori di loro. Se infatti i Profeti hanno potuto conoscere tali fatti, sebbene ancora non avvenuti, perché nella loro intelligenza di esseri soggetti alla morte vi era Dio, nei limiti in cui vi era, certamente i santi non soggetti alla morte non ignoreranno fatti già avvenuti, dal momento che Dio sarà tutto in tutti 200. Saranno stabili dunque nella felicità dei santi la progenie e il nome; la progenie, di cui Giovanni dice: La progenie del Signore dimora in lui 201; il nome perché di esso, mediante Isaia, è stato detto: Darò loro un nome eterno 202. Si avrà per loro mese da mese e sabato da sabato 203, come a dire luna da luna e riposo da riposo. Gli eletti infatti saranno l'uno e l'altro, quando da queste ombre vecchie e divenienti passeranno alle luci nuove e perenni. È stato variamente interpretato dai vari esegeti il fuoco che non si spegne e il verme che non muore nelle pene dei malvagi 204. Alcuni hanno riferito l'uno e l'altro al corpo, altri l'uno e l'altro alla coscienza, altri il fuoco in senso proprio al corpo e il verme per metafora alla coscienza, il che è più attendibile. Ma ora non è il momento di discutere su questa differenza. Ho intrapreso infatti a completare questo libro sull'ultimo giudizio con cui avviene la distinzione di buoni e cattivi; dei premi e castighi si deve trattare più diligentemente in altra parte.

In Daniele le quattro bestie e i dieci re.
23. 1. Daniele svolge la profezia sull'ultimo giudizio in modo da preannunziare che anche l'Anticristo verrà prima e da sviluppare l'esposizione dei fatti fino al regno eterno dei beati. Dopo aver visto in visione profetica quattro bestie, che simboleggiano quattro regni, e il quarto sconfitto da un re, in cui si ravvisa l'Anticristo, e dopo questi fatti il regno eterno del Figlio dell'uomo che evidentemente è il Cristo, dice: Cadde nell'angoscia la mia coscienza, io Daniele, per il mio stato interiore, e le visioni della mia mente mi turbavano. Mi accostai - soggiunge - a uno di coloro che stavano in piedi e chiedevo a lui il vero significato di tutti quei fatti ed egli me ne diede la spiegazione 205. Poi espone ciò che ha udito da colui, al quale aveva chiesto su tutti quei fatti e come se gliene desse la spiegazione, così continua: Le quattro grandi bestie rappresentano quattro grandi regni che sorgeranno dalla terra e saranno sterminati; i santi dell'Altissimo riceveranno il regno e lo possederanno nel tempo e fino al tempo dei tempi. E chiedevo - aggiunge - con insistenza sulla quarta bestia, che era diversa da tutte le altre e molto terribile perché aveva denti di ferro e artigli di bronzo, che mangiava e stritolava e il resto se lo metteva sotto i piedi e lo calpestava. Chiedevo anche delle dieci corna che aveva sulla testa e sull'ultimo corno, che era spuntato e davanti al quale erano cadute tre delle prime corna e sul motivo per cui quel corno aveva occhi e una bocca, che parlava di grandi imprese, e perché appariva più grande delle altre corna. Io guardavo e quel corno faceva guerra ai santi e li vinceva, finché venne il Vegliardo e fu resa giustizia ai santi dell'Altissimo e giunse il tempo in cui i santi possedettero il regno 206. Daniele dice di avergli chiesto queste spiegazioni. Poi, soggiungendo di seguito quel che aveva udito, dice: E disse (cioè quel tale, al quale aveva chiesto, rispose e disse): La quarta bestia sarà un quarto regno sulla terra che prevarrà su tutti i regni, divorerà la terra, la stritolerà e la calpesterà. Le dieci corna significano che sorgeranno dieci re da quel regno e dopo di loro ne sorgerà uno, che supererà nel male i precedenti, abbatterà tre re e proferirà insulti contro l'Altissimo e distruggerà i santi dell'Altissimo; penserà di mutare i tempi e la legge e gli sarà concesso per un tempo, più tempi e la metà di un tempo. Si terrà poi il giudizio e gli toglieranno il potere per sterminarlo e distruggerlo del tutto. Allora il regno, il potere e la grandezza dei re, che sono sotto il cielo, saranno dati ai santi dell'Altissimo, il cui regno sarà eterno e tutti gli imperi lo serviranno e obbediranno. Qui ha fine il discorso. Io, Daniele. Molti pensieri mi turbavano, il colore del mio volto si cambiò e ho conservato nel mio cuore queste parole 207. Alcuni hanno spiegato che i quattro regni sono quelli degli Assiri, Persiani, Macedoni e Romani. Coloro che desiderano sapere con quale criterio abbiano dato tale spiegazione leggano il libro del prete Girolamo su Daniele, compilato con competenza e metodo 208. Comunque anche chi legge sonnecchiando non può dubitare che si deve sopportare, sia pure per breve tempo, lo spietato regno dell'Anticristo contro la Chiesa, fino a che, con l'ultimo giudizio di Dio, i beati posseggano il regno perenne. Anche dal numero dei giorni, che sarà indicato in seguito, appare chiaro, e talora nella Scrittura è indicato col numero dei mesi, che un tempo, i tempi e una metà di tempo sono un anno, due anni e una metà, e perciò tre anni e mezzo 209. Può sembrare che nel passo in latino questi tempi siano indicati in forma indeterminata, ma sono stati indicati al duale che il latino non ha. Come il greco, così si dice che lo abbia l'ebraico. Sono stati quindi definiti "tempi", ma come se fossero due tempi. Confesso di essere preoccupato che ci inganniamo sui dieci re, che l'Anticristo incontrerebbe nelle persone dei dieci individui e così egli arriverebbe impreveduto, giacché non esistono tanti re nel mondo romano. Perciò col dieci può essere simboleggiato l'insieme dei re, dopo i quali egli verrà. Così con mille, cento e sette è simboleggiato il più delle volte un tutto e con molti altri numeri che al momento non occorre ricordare.

Convergenza di Daniele e Matteo.
23. 2. In un altro passo il medesimo Daniele scrive: Vi sarà un tempo di angoscia, come non c'era mai stato dal sorgere delle nazioni fino a quel tempo. E in quel tempo sarà salvato tutto il tuo popolo che si troverà scritto nel libro. Molti di quelli che dormono sotto un mucchio di terra si sveglieranno: gli uni alla vita eterna e gli altri alla vergogna e all'infamia eterna. I saggi risplenderanno come lo splendore del firmamento e i giusti come le stelle per sempre 210. Questo brano è molto simile al pensiero del Vangelo soltanto sulla risurrezione dei corpi morti. Difatti nel Vangelo si dice che i morti sono nei sepolcri 211, e qui che dormono sotto un mucchio di terra o, come altri hanno tradotto: nella polvere della terra ; nel Vangelo si dice: avanzeranno, qui: si leveranno in piedi; lì: quanti fecero il bene per una risurrezione di vita e quanti fecero il male per una risurrezione di condanna 212; in questo passo: gli uni alla vita eterna e gli altri alla vergogna e all'infamia eterna. Non si ritenga divergente il pensiero perché nel Vangelo è detto: Tutti coloro che sono nei sepolcri, invece nel brano il profeta non ha detto che tutti, ma: molti di quelli che dormono sotto un mucchio di terra. Talora la Scrittura usa molti per tutti. Anche ad Abramo fu detto: Ti ho reso padre di molti popoli 213, e in un altro passo il Signore dice: Nella tua discendenza saranno benedetti tutti i popoli 214. Sulla risurrezione anche allo stesso profeta Daniele si annunzia poco dopo: Anche tu va' a riposarti; vi sono ancora dei giorni per il compimento di tutto; riposerai e ti rialzerai per la tua sorte alla fine dei giorni 215.

La fine del mondo nel Salmo 101.
24. 1. Molti pensieri si hanno sull'ultimo giudizio nei Salmi, ma la maggior parte di passaggio e stringatamente. Ma non passerò sotto silenzio quel che si dice molto chiaramente sulla fine del mondo: In principio tu hai creato la terra, o Signore, e opera delle tue mani sono i cieli. Essi avranno fine, ma tu rimani, tutti si logoreranno come una veste, come una coperta tu li muterai e saranno mutati, ma tu resti lo stesso e i tuoi anni non avranno fine 216. Ma perché Porfirio, sebbene lodi la religiosità degli ebrei, mediante la quale da loro è adorato un Dio grande, vero e adorabile dalle stesse divinità, e poi, anche attraverso i responsi dei propri dèi, incolpa di massima stoltezza i cristiani perché pensano che questo mondo avrà fine?. Eppure nei libri sacri degli ebrei si dice a Dio che, per consenso di un sì grande filosofo, anche le stesse divinità onorano tremando: I cieli sono opera delle tue mani, essi avranno fine. Forse che quando i cieli avranno fine, il mondo, di cui i cieli sono la parte più alta e sicura, non avrà fine? Se questo modo di pensare dispiace a Giove, dal cui responso più autorevole, come scrive questo filosofo, è stata biasimata come falsa la fede dei cristiani, perché non biasima come stoltezza anche la sapienza degli ebrei, dal momento che si trova nei loro libri veramente religiosi? Se in quella sapienza, che a Porfirio piace al punto da difenderla anche con i responsi dei propri dèi, si legge che i cieli avranno fine, perché tale ipocrisia è così insignificante che nella fede dei cristiani condannino, fra gli altri o più degli altri l'assunto, per cui si crede che il mondo avrà fine sebbene, se esso non avrà fine, neanche i cieli la possono avere? Nelle sacre Scritture, che sono soltanto nostre e non comuni a noi e agli ebrei, cioè nel Vangelo e negli scritti degli Apostoli si legge: Trascorre l'aspetto di questo mondo 217; si legge: il mondo passa 218; si legge: il cielo e la terra passeranno 219. Credo che: Trascorre, Passa, Passeranno sono espressioni più moderate di: Avranno fine. Anche in una lettera dell'apostolo Pietro, in cui si afferma che il mondo di allora ebbe fine perché sommerso dall'acqua 220, è abbastanza chiaro quale parte dell'insieme del mondo è stata indicata e in quali proporzioni si dice che ebbe fine e quali sono i cieli destinati ad essere consegnati al fuoco nel giorno del giudizio e della perdizione dei reprobi. Poco appresso dice ancora: Il giorno del Signore verrà come un ladro e allora i cieli passeranno come in un uragano, gli elementi consumati dal calore si dissolveranno, la terra e tutti gli oggetti che vi sono saranno distrutti dal fuoco; e soggiunge: Poiché tutte queste cose avranno fine, quali dovrete essere voi? 221. Si può intendere che avranno fine quei cieli che ha detto destinati ad essere consegnati al fuoco e che gli elementi, i quali saranno consumati dal calore, siano quelli che sono posti in questa più bassa parte del mondo, funestata da inondazioni e uragani, nella quale ha detto che i cieli sono come innestati, esclusi quindi quelli in alto che rimangono nella propria interezza e nella cui consistenza sono inserite le stelle. Infatti anche il passo, in cui si dice che le stelle cadranno dal cielo, a parte che con molto maggiore attendibilità si può interpretare diversamente, lascia intendere piuttosto che quei cieli rimarranno, seppure da essi le stelle cadranno 222. Potrebbe essere un linguaggio figurato, ed è più attendibile; oppure è un fenomeno che avverrà in questo cielo più basso, certamente in forma più singolare di quel che ora avviene. Per questo anche la celebre stella di Virgilio: Portando una fiaccola corse con molta luce 223, e si nascose nella foresta di Ida. Non sembra che il brano, che ho riportato dal Salmo, faccia eccezione per un cielo di cui non si possa dire che avrà fine. Nell'inciso: I cieli sono opera delle tue mani, essi periranno 224, come nessuno di essi viene eccettuato dall'opera di Dio, così nessuno dalla propria fine. Non si degneranno infatti, mediante il pensiero dell'apostolo Pietro che odiano violentemente, di difendere la religiosità degli ebrei approvata dai responsi dei propri dèi. Almeno, per non ritenere che tutto il mondo avrà fine, si separi una parte dal tutto nella frase: Essi avranno fine, nel senso che soltanto i cieli in basso avranno fine. In questo senso anche in quella lettera dell'apostolo Pietro una parte si separa dal tutto perché vi si afferma che il mondo ha avuto fine, sebbene abbia avuto fine la parte in basso con i suoi cieli. Ma coloro, i quali sostengono che non può aver fine tutto l'uman genere né con le acque né con le fiamme, non si degneranno, come ho detto, né di accettare il pensiero dell'apostolo Pietro, né di accordare al cataclisma finale quanto sappiamo che ha effettuato il diluvio. Resta quindi loro di dire che i propri dèi hanno lodato la sapienza degli ebrei perché non avevano letto questo Salmo.

Il giudizio nel Salmo 49.
24. 2. Anche nel Salmo 49 è relativo al giudizio di Dio il brano: Dio verrà visibilmente, il nostro Dio, e non rimarrà in silenzio. Davanti a lui arderà un fuoco e attorno a lui si avrà una tempesta violenta. Convocherà il cielo nell'alto e la terra a contraddistinguere il suo popolo. Riunite a lui i suoi giusti che stabiliscono la sua alleanza sopra i sacrifici 225. Noi interpretiamo il brano in relazione al Signore Gesù Cristo, perché speriamo che verrà dal cielo a giudicare i vivi e i morti. Verrà visibilmente fra giusti e ingiusti per giudicare con giustizia egli che prima è venuto nel segreto per essere giudicato dagli ingiusti con ingiustizia. Egli, ripeto, verrà visibilmente e non rimarrà in silenzio; si manifesterà palesemente nella voce del giudice egli che, essendo venuto nel segreto, tacque davanti al giudice quando fu condotto per essere immolato come una pecora e fu senza voce come un agnello alla presenza di chi lo tosa. È un fatto che su di lui leggiamo profeticamente preannunziato da Isaia 226 e che notiamo adempiuto nel Vangelo 227. Ho già parlato del fuoco e della tempesta in che senso si devono interpretare, quando trattai un simile argomento nella profezia di Isaia 228. Il concetto espresso con le parole: Convocherà il cielo nell'alto, poiché i beati e i giusti giustamente sono considerati il cielo, corrisponde senz'altro a ciò che dice l'Apostolo: Saremo rapiti assieme a loro nelle nubi incontro a Cristo nell'aria 229. Infatti stando all'espressione letterale non si capirebbe perché è convocato il cielo nell'alto come se fosse possibile che non sia in alto. Supponiamo che nella frase seguente: E la terra a contraddistinguere il suo popolo, sia sottinteso: convocherà, cioè che convocherà anche la terra e non sia sottinteso nell'alto. Allora secondo la retta fede l'espressione ha questo significato: che come cielo sono designati quelli che giudicheranno con lui e come terra quelli che dovranno essere giudicati, sicché nell'inciso: Convocherà il cielo nell'alto non intendiamo che li rapirà nell'aria, ma che li farà sedere sugli scranni da giudice. La frase: Convocherà il cielo nell'alto si può anche interpretare nel senso che convocherà gli angeli nei sublimi luoghi dell'alto e con essi scenderà per compiere il giudizio e convocherà anche la terra, cioè gli uomini, certamente per essere giudicati nella terra. Se poi sia da sottintendere l'uno e l'altro termine nell'inciso: e la terra, cioè tanto convocherà, come in alto, in modo che questo ne sia il senso: Convocherà il cielo in alto e anche la terra convocherà in alto, ritengo che la migliore interpretazione sia che tutti saranno rapiti incontro a Cristo nell'aria, ma il cielo è indicato a causa delle anime e la terra a causa dei corpi. Inoltre: Contraddistinguere il suo popolo significa senz'altro separare i buoni dai cattivi, come le pecore dai capri. Poi il discorso è rivolto agli angeli con le parole: Riunite a lui i suoi giusti, poiché mediante il ministero degli angeli si compie una così grande operazione. Se poi ci chiediamo quali giusti riuniranno a lui gli angeli, dice: Coloro che stabiliscono la sua alleanza sopra i sacrifici. È proprio questa tutta la vita dei giusti: stabilire l'alleanza di Dio sopra i sacrifici. Infatti o le opere di beneficenza sono sopra i sacrifici, cioè da preporre ai sacrifici secondo la parola di Dio che dice: Preferisco la beneficenza al sacrificio 230, oppure se sopra i sacrifici si traduce "nei sacrifici", come si dice che avviene "sulla" terra ciò che avviene "nella" terra, certamente le opere di beneficenza sono i sacrifici con cui si è graditi a Dio. Ricordo di averne parlato nel libro decimo di questa opera 231. Nelle opere di beneficenza i giusti stabiliscono l'alleanza di Dio perché le compiono sulla base delle promesse che sono contenute nella nuova alleanza. Quindi Cristo, ovviamente nell'ultimo giudizio, dirà ai suoi giusti riuniti a sé e stabiliti alla sua destra: Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo. Infatti ho avuto fame e mi avete dato da mangiare 232, e gli altri pensieri che nel testo si esprimono sulle buone opere dei giusti e sul loro premio eterno mediante la sentenza di chi giudica.

Malachia e le pene di purificazione.
25. C'è poi il profeta Malachiele o Malachia, ritenuto anche un angelo o anche il sacerdote Esdra, di cui altri libri della Scrittura sono inseriti nel canone. Girolamo afferma che questa è l'opinione degli Ebrei su di lui 233. Egli annunzia profeticamente l'ultimo giudizio con le parole: Ecco viene, dice il Signore onnipotente, e chi sopporterà il giorno della sua venuta o potrà resistere nel guardarlo? Perché egli verrà come il fuoco di una fornace e come la liscivia dei lavandai; sederà per struggere e raffinare come argento e come oro; purificherà i figli di Levi e li metterà in fusione come oro e argento; offriranno al Signore oblazioni nella giustizia e sarà gradito al Signore il sacrificio di Giuda e Gerusalemme come nei giorni antichi e come negli anni lontani. Mi accosterò a voi nel giudizio e sarò un testimone pronto contro gli incantatori, contro gli adùlteri e contro coloro che giurano il falso nel mio nome, contro coloro che frodano il salario degli operai, che opprimono con la forza le vedove, che picchiano gli orfani e fanno torto nel giudizio al forestiero e non mi temono, dice il Signore onnipotente, perché io sono il Signore Dio vostro e non cambio 234. Da queste parole sembra risultare assai chiaramente che in quel giudizio per alcuni vi saranno pene di purificazione. Non si possono interpretare diversamente le parole: Chi sopporterà il giorno della sua venuta o potrà resistere a guardarlo? Perché egli verrà come il fuoco di una fornace e come la liscivia dei lavandai; sederà per struggere e purificare come argento e come oro; purificherà i figli di Levi e li metterà in fusione come oro e argento. Anche Isaia dice qualcosa di simile: Il Signore laverà le macchie dei figli e delle figlie di Sion e detergerà il sangue di mezzo a loro con lo spirito di giustizia e con lo spirito di purificazione 235. Ma forse si deve intendere che saranno resi mondi dalle macchie e in certo senso depurati, quando i cattivi verranno separati da loro attraverso il giudizio di pena, sicché il loro allontanamento alla condanna sarà una purificazione per i buoni, poiché per il resto vivranno senza essere frammischiati con gli altri. Ma quando Malachia dice: Purificherà i figli di Levi e li metterà in fusione come oro e argento; offriranno al Signore oblazioni nella giustizia e sarà gradito al Signore il sacrificio di Giuda e Gerusalemme, fa capire che quegli stessi, che saranno purificati, saranno graditi al Signore in seguito con sacrifici di giustizia e perciò essi stessi saranno resi mondi dalla propria ingiustizia, per cui non erano graditi al Signore. Inoltre, quando saranno stati purificati, essi stessi saranno oblazioni nella totale e definitiva giustizia. In tale condizione non offrono a Dio nulla di più gradito che se stessi. Però il trattare più attentamente il problema delle pene di purificazione, si deve differire per un po'. Di seguito nei figli di Levi, in Giuda e Gerusalemme dobbiamo scorgere la Chiesa di Dio costituita, non soltanto dagli Ebrei, ma anche dagli altri popoli. E non sarà come è nel tempo in cui, se diciamo che siamo senza peccato, inganniamo noi stessi e in noi non è la verità 236, ma come sarà alla fine, purificata attraverso l'ultimo giudizio, come l'aia con la vagliatura 237, perché saranno resi puri dal fuoco anche quelli per i quali tale depurazione era indispensabile, in modo che non vi sia alcuno che offra il sacrificio per i propri peccati. Infatti tutti coloro, che offrono con questo intento, sono certamente nei peccati e offrono per averne il perdono in modo che, dopo aver offerto un sacrificio che sia a Dio gradito, siano perdonati.

Il sacrificio di giustizia nel giudizio...
26. 1. Volendo Dio dimostrare che alla fine la sua città non rimarrà in tale condizione di vita, ha detto che i figli di Levi offriranno oblazioni nella giustizia, e quindi non nel peccato e conseguentemente non per il peccato. Da ciò si possono comprendere le parole che Malachia ha detto di seguito: Sarà gradito al Signore il sacrificio di Giuda e Gerusalemme come nei giorni antichi e come negli anni lontani 238, cioè che i Giudei si ripromettono inutilmente, secondo la Legge dell'Antico Testamento, i tempi passati dei propri sacrifici. Infatti allora non offrivano oblazioni nella giustizia ma nei peccati, poiché principalmente e primieramente le offrivano per i peccati al punto che il sacerdote stesso, che certamente dobbiamo ritenere più giusto degli altri, per comando di Dio era solito offrire prima per i propri peccati, poi per quelli del popolo 239. Perciò è opportuno spiegare come si deve interpretare la frase: Come nei giorni antichi e come negli anni lontani. Forse richiama quel tempo in cui i progenitori furono nel paradiso. Allora, puri e incontaminati da ogni colpa e macchia di peccato, offrivano se stessi a Dio come oblazioni purissime. Però dopo che ne furono cacciati per la trasgressione commessa e che in essi fu condannata la natura umana, ad eccezione del solo Mediatore e di qualunque bambino dopo il lavacro di rigenerazione, nessuno è immune dalla colpa, come si ha nella Scrittura, neanche il bimbo, la cui vita sulla terra è di un solo giorno 240. Si potrebbe rispondere che giustamente si può dire che offrano oblazioni nella giustizia anche coloro i quali le offrono nella fede. Infatti il giusto vive di fede 241, quantunque inganni se stesso se pensasse di essere senza peccato 242, e perciò non lo pensi perché vive di fede. Ma chi potrà affermare che questo tempo di fede si può adeguare a quel fine, poiché coloro che offrirebbero oblazioni nella giustizia saranno purificati col fuoco dell'ultimo giudizio? Perciò, poiché si deve credere che dopo tale purificazione i giusti saranno senza alcun peccato, certamente quel tempo, per quanto attiene ad essere senza peccato, non si può paragonare ad alcun tempo. Si esclude quello in cui i progenitori, prima della trasgressione, vissero in una intemerata felicità. Giustamente quindi s'intende che il concetto suddetto è stato espresso con le parole: Come nei giorni antichi e come negli anni lontani. Anche dopo che per mezzo d'Isaia sono stati promessi un cielo nuovo e una terra nuova, fra gli altri concetti che, mediante allegorie e simboli, egli espone, e la preoccupazione di evitare lungaggini mi ha impedito di darne una conveniente spiegazione, dice: Secondo i giorni dell'albero della vita saranno i giorni del mio popolo 243. Chi ha avuto in mano la sacra Scrittura non ignora dove Dio ha piantato l'albero della vita e che, essendo stato ordinato ai progenitori di non mangiarne, quando la loro trasgressione li cacciò dal paradiso, a quell'albero fu posta una terribile difesa di fuoco 244.

... sarà veramente senza macchia.
26. 2. Qualcuno può affermare che i giorni dell'albero della vita, di cui ha parlato il profeta Isaia, sono i giorni in atto della Chiesa di Cristo, i quali si trascorrono nel tempo, e che Cristo stesso profeticamente è denominato "albero della vita" perché è la Sapienza di Dio, della quale Salomone dice: È un albero di vita per tutti coloro che la prescelgono 245. Può dire anche che i progenitori non hanno trascorso alcuni anni nel paradiso perché ne furono cacciati molto presto, sicché in quel luogo non ebbero alcun figlio e che quindi non è possibile intravedere quel periodo in quell'espressione: Come nei giorni antichi e come negli anni lontani. Tralascio la discussione per non essere costretto, giacché andrebbe per le lunghe, a esaminare tutti gli assunti, affinché la verità accertata renda evidente qualcuno di essi. Noto però un altro significato per non farci ritenere che i giorni antichi e gli anni lontani dei sacrifici carnali ci siano stati promessi mediante il profeta come un grande dono. Era prescritto infatti che le oblazioni della vecchia Legge fossero offerte con animali di qualsiasi specie senza macchia e senza alcun difetto 246, e simboleggiavano gli uomini santi, come è stato soltanto il Cristo, assolutamente senza peccato. Infatti, dopo il giudizio, quando saranno purificati anche col fuoco coloro che sono meritevoli di tale purificazione, in tutti i beati non si troverà affatto alcun peccato e in tale stato offriranno se stessi nella giustizia, sicché tali oblazioni saranno assolutamente senza macchia e senza alcun difetto. Saranno allora certamente come nei giorni antichi e come negli anni lontani, quando come simbolo di questo evento futuro si offrivano oblazioni veramente pure. Dunque nella carne immortale e nella intelligenza dei beati vi sarà la purezza che era rappresentata per allegoria nel corpo di quegli animali.

Il giudizio e la coscienza dei reprobi in Malachia.
26. 3. Poi, per quelli che non sono meritevoli di purificazione ma di condanna, Malachia dice: Mi avvicinerò a voi e sarò un testimone pronto contro gli incantatori, contro gli adùlteri 247, e il resto. Elencati i delitti degni di condanna, aggiunge: Poiché io sono il Signore Dio vostro e non cambio 248, come a dire: Sebbene la vostra colpa vi abbia cambiato in peggio e la mia grazia in meglio, io non cambio. Afferma altresì che sarà testimone, perché al proprio tribunale non ha bisogno di testimoni, e che sarà pronto, sia perché verrà all'improvviso e il suo giudizio, a causa della venuta inattesa, sarà molto rapido, anche se sembrava in ritardo, sia perché dimostrerà colpevoli le coscienze senza un lungo discorso. Si ha nella Scrittura: L'interrogatorio dell'empio infatti sarà nei suoi pensieri 249; e dice l'Apostolo: Con i pensieri che accusano o anche difendono nel giorno in cui Dio giudicherà i segreti degli uomini mediante Gesù Cristo, secondo il mio Vangelo 250. Anche in questo senso dunque si deve intendere che il Signore sarà un testimone pronto, perché senza indugio richiamerà alla memoria per dimostrare colpevole e punire la coscienza.

Separazione dei buoni e dei cattivi.
27. Anche il brano che, nel libro diciottesimo 251, trattando un altro argomento, ho desunto da questo profeta, riguarda il giudizio finale. In esso dice: Essi diverranno, dice il Signore onnipotente, mia proprietà nel giorno che io preparo e li prediligerò come un padre predilige il figlio che gli è sottomesso; io cambierò e voi noterete la differenza fra l'uomo giusto e l'ingiusto, fra colui che serve Dio e colui che non lo serve. Perché ecco viene il giorno ardente come il forno e li brucerà; e tutti gli stranieri e tutti gli operatori d'iniquità saranno come paglia e quel giorno venendo li incendierà, dice il Signore onnipotente, e non rimarrà di loro né radice né tralcio. E sorgerà per voi, che temete il mio nome, il sole di giustizia e la salvezza nelle sue ali e voi uscirete e saltellerete come vitelli liberati dal giogo; calpesterete gli empi e saranno cenere sotto i vostri piedi, dice il Signore onnipotente 252. Quando la differenza di premi e pene, che distingue i beati dai reprobi e sotto questo sole nella utopia della vita presente non si scorge 253, si manifesterà chiaramente sotto quel sole di giustizia nello svelarsi di quella vita, allora si avrà un giudizio quale mai si ebbe.

La vera felicità è solo dei giusti.
28. Poi il medesimo profeta, con la frase: Ricordatevi della Legge di Mosè, mio servo; a lui l'ho affidata sull'Oreb per tutto Israele 254, opportunamente fa appello a ordinamenti e decisioni, dopo aver indicato la grande distinzione che avverrà fra coloro che osservano e coloro che trasgrediscono la Legge. Questo affinché imparino contemporaneamente a intendere la Legge nello spirito e scorgano in essa il Cristo, perché da lui, come giudice, si deve operare la distinzione fra buoni e cattivi. Non senza ragione egli, il Signore, ha detto ai Giudei: Se credeste a Mosè, credereste anche a me perché di me egli ha scritto 255. Infatti, interpretando secondo la carne la Legge e ignorando che le sue promesse relative alla terra sono allegorie dei valori del cielo, giunsero a tali lamentele che osarono dire: È sciocco chi serve Dio; che vantaggio abbiamo ricevuto dall'avere custodito i suoi comandamenti e dall'avere camminato in preghiera davanti al Signore onnipotente? Dobbiamo invece proclamare beati gli stranieri e sono favoriti tutti quelli che compiono ingiustizia 256. Il profeta, da queste loro parole, è stato spinto, per così dire, a preannunziare un giudizio tale, in cui i malvagi neanche all'apparenza siano felici, ma appaia con grande chiarezza che sono assai infelici e i buoni non siano afflitti da alcuna sofferenza, sia pure momentanea, ma godano di un'evidente, perenne felicità. Anche poco prima Malachia aveva riferito alcune parole di costoro i quali affermano: Chiunque fa il male è come se fosse buono agli occhi del Signore e proprio questi gli sono graditi 257. Sono giunti, ripeto, a queste lamentele contro Dio, interpretando secondo la carne la Legge di Mosè. Perciò anche nel Salmo 72 dice il Salmista che i suoi piedi inciampavano e i suoi passi vacillavano 258, evidentemente nella caduta, perché ha invidiato i peccatori vedendo la loro tranquillità; arriva al punto di dire fra l'altro: Come l'ha saputo Dio, c'è forse conoscenza nell'Altissimo? 259 e di dire anche: Forseché invano ho conservato puro il mio cuore e ho lavato fra gli innocenti le mie mani? 260. Per risolvere questo difficilissimo problema, che si propone quando sembra che i buoni siano infelici e i malvagi felici, aggiunge: Questa angoscia è in me finché non entro nel santuario di Dio e non penso all'ultimo fine 261. Infatti con l'ultimo giudizio non sarà più così, ma si manifesterà una realtà diversa nella palese infelicità dei reprobi e nell'evidente felicità dei beati.

Il ritorno di Elia in Malachia.
29. Poi, dopo aver ammonito i Giudei di tenere a mente la Legge di Mosè, poiché prevedeva che essi per molto tempo non l'avrebbero interpretata secondo lo spirito, come conveniva, ma secondo la carne, Malachia soggiunge: Ormai, prima che giunga il giorno grande e luminoso del Signore, io invierò a voi Elia di Tesbe che volgerà il cuore del padre al figlio e il cuore dell'uomo al suo prossimo, affinché io venendo non colpisca la terra con lo sterminio 262. È assai ricorrente nelle parole e nei sentimenti dei fedeli che i Giudei, nell'ultimo tempo prima del giudizio, crederanno nel Cristo vero, cioè nel nostro Cristo attraverso l'esposizione della Legge per mezzo del grande e meraviglioso profeta Elia. Si spera appunto, e non a torto, che egli verrà prima della venuta del giudice Salvatore, perché non a torto si crede che egli è tuttora in vita. Fu rapito infatti con un carro di fuoco fuori dell'esperienza umana ed è un fatto che la Scrittura attesta con grande chiarezza 263. Quando verrà, spiegando secondo lo spirito la Legge che attualmente i Giudei interpretano secondo la carne, volgerà il cuore del padre al figlio, cioè il cuore dei padri ai figli, poiché i Settanta hanno usato il singolare per il plurale. Questo è il significato: che anche i figli, cioè i Giudei, comprendano la Legge come l'hanno compresa i loro padri, cioè i Profeti, tra i quali v'era anche Mosè. Così infatti il cuore dei padri si volgerà ai figli quando la capacità di pensare dei padri s'incontrerà con quella dei figli; e il cuore dei figli ai loro padri, quando i figli pensano in conformità a ciò che hanno pensato i loro padri, sebbene i Settanta abbiano letto: E il cuore dell'uomo si volgerà al suo prossimo. Sono infatti molto vicini nel rapporto padri e figli. Nella versione dei Settanta, che hanno tradotto con ispirazione profetica, si può riscontrare un altro significato, e anche più scelto, se s'intende che Elia volgerà il cuore di Dio Padre al Figlio, certamente non per ottenere che il Padre ami il Figlio, ma per insegnare che il Padre ama il Figlio in modo che anche i Giudei amino il medesimo Cristo, che è il nostro, mentre prima lo odiavano. Per i Giudei infatti ora il Padre ha il cuore contrario al nostro Cristo, questo essi pensano. Per essi quindi il cuore di lui si volgerà al Figlio, quando essi, volgendo il proprio cuore, apprenderanno l'amore del Padre per il Figlio. L'inciso che segue: E il cuore dell'uomo al suo prossimo, cioè che Elia volgerà il cuore dell'uomo al suo prossimo, s'interpreta molto bene se s'intende che è il cuore dell'uomo per Cristo uomo. Infatti, sebbene sia nell'essenza divina il nostro Dio, ricevendo l'essenza di schiavo 264 si è degnato di essere anche nostro prossimo. Questo dunque farà Elia. Affinché io non venga - soggiunge - e colpisca la terra con lo sterminio. Sono terra coloro che s'intendono delle cose della terra, come fino ad oggi sono i Giudei carnali. Da questo pervertimento sono derivate quelle lamentele contro Dio: Gli sono graditi i cattivi 265, e: È sciocco chi si sottomette a Dio 266.

Anche nei Profeti il Dio che verrà è Cristo.
30. 1. Molti sono i testi della sacra Scrittura sull'ultimo giudizio di Dio e andrei per le lunghe se li raccogliessi tutti. Sia sufficiente quel che abbiamo esaminato come predetto profeticamente dai libri sacri del Nuovo e Antico Testamento. Ma nell'Antico, a differenza del Nuovo, non è stato indicato con evidenza che il giudizio avverrà per mezzo di Cristo, cioè che Cristo verrà come giudice dal cielo, perché quando nell'Antico Testamento il Signore Dio dice che verrà o si dice che il Signore Dio verrà, non ne consegue che sia il Cristo. Il Signore Dio è il Padre e il Figlio e lo Spirito Santo; però non conviene che noi lasciamo questo punto senza chiarirlo. Anzitutto dunque si deve far notare in quali termini Gesù Cristo parla come il Signore Dio nei libri profetici e tuttavia è d'immediata evidenza che è Gesù Cristo, sicché quando non è così evidente e si dice tuttavia che il Signore Dio verrà per l'ultimo giudizio, si possa intendere che è Gesù Cristo. V'è un passo del profeta Isaia che mostra chiaramente quel che sto dicendo. Dio infatti per mezzo del profeta dice: Ascoltami, Giacobbe e Israele, con cui sto parlando. Io sono il primo e sarò per sempre; la mia mano ha posto le fondamenta della terra e la mia destra ha reso stabile il cielo. Li chiamerò, verranno insieme, si raduneranno tutti e udranno. Chi lo ha avvertito su questo? Perché ti amavo ho soddisfatto il tuo desiderio su Babilonia per sgombrare la razza dei Caldei. Io ho parlato e ho chiamato, l'ho accompagnato e ho reso felice il suo cammino. Avvicinatevi a me e ascoltate questi fatti. Fin dal principio non ho parlato in segreto, quando avvenivano ero presente. E ora il Signore Dio e il suo Spirito mi hanno inviato 267. In realtà è lo stesso che parlava come il Signore Dio e tuttavia non vi si ravvisava Gesù Cristo se non avesse aggiunto: E ora il Signore Dio e il suo Spirito mi hanno inviato. Lo ha detto nella forma di schiavo usando per un evento futuro il verbo al passato come in un altro passo del medesimo profeta: È stato condotto per essere immolato come una pecora 268. Non ha detto: Sarà condotto, ma ha usato il verbo al passato per un fatto che doveva avvenire. E ripetutamente il linguaggio profetico si esprime così.

E' considerato onnipotente...
30. 2. In Zaccaria v'è un passo, il quale mostra con chiarezza questo pensiero, cioè che l'Onnipotente ha inviato l'Onnipotente, evidentemente Dio Padre Dio Figlio. Questo è il passo: Così dice il Signore onnipotente: Dopo l'impresa gloriosa mi ha inviato ai popoli che vi hanno depredato, perché chi tocca voi è come se toccasse la pupilla del suo occhio. Ecco, io alzerò la mano contro di loro e diverranno bottino di coloro che furono loro schiavi e saprete che il Signore onnipotente mi ha inviato 269. Il Signore onnipotente dice di essere inviato dal Signore onnipotente. Chi oserà dire che nel passo non si tratta di Cristo che parla alle pecore perdute della casa d'Israele? Dice nel Vangelo: Non sono stato inviato se non alle pecore perdute della casa d'Israele 270. Nel testo citato le ha paragonate alla pupilla dell'occhio di Dio a causa dell'eminente sentimento di amore. Anche gli Apostoli appartengono a questo tipo di pecore. Ma si ha qualcosa dopo la gloria della risurrezione, evidentemente la sua, poiché prima che avvenisse l'Evangelista dice: Gesù non era stato ancora glorificato 271. Dopo di essa infatti fu inviato ai popoli nei suoi Apostoli e così si è avverato quel che si legge in un Salmo: Mi libererai dai contrasti del popolo, mi porrai a capo delle nazioni 272. Questo affinché coloro che avevano depredato gli Israeliti e dei quali gli Israeliti erano stati schiavi, mentre erano assoggettati alle nazioni, non fossero a loro volta depredati col medesimo risultato, ma essi divenissero bottino degli Israeliti. Gesù l'aveva promesso agli Apostoli dicendo: Vi renderò pescatori di uomini 273, e a uno di loro: D'ora in poi sarai pescatore di uomini 274. Diverrebbero bottino dunque, ma in bene, come i vasi rapiti a quel forte, ma legato da uno più forte 275.

... sebbene sia annunziato nella sua passione.
30. 3. Egualmente per mezzo del medesimo profeta il Signore dice: In quel giorno farò in modo di allontanare tutti i popoli che vengono contro Gerusalemme e riverserò sulla casa di Davide e sugli abitanti di Gerusalemme lo spirito di grazia e di perdono; volgeranno lo sguardo a me per il fatto che mi hanno insultato e verseranno per questo un pianto come per una persona molto cara e proveranno dolore come per un unigenito 276. Forseché soltanto Dio può allontanare tutti i popoli nemici dalla santa città di Gerusalemme, i quali vengono contro di essa, cioè sono suoi avversari, oppure, come altri hanno tradotto, vengono per essa, cioè per sottometterla; o potrà versare sulla casa di Davide e sugli abitanti della medesima città lo spirito di grazia e di perdono? Certamente è un'attribuzione di Dio e dalla prospettiva di Dio sono dette quelle parole per mezzo del profeta. Eppure Cristo mostra di essere egli stesso quel Dio che opera cose così grandi e così divine, aggiungendo le parole: Volgeranno lo sguardo a me per il fatto che mi hanno insultato e verseranno per questo un pianto come per una persona molto cara (o amata) e proveranno dolore come per un unigenito. Certamente in quel giorno si pentiranno i Giudei, anche quelli che riceveranno lo spirito di grazia e di perdono perché hanno insultato il Cristo nella sua passione, quando lo vedranno venire nella sua grandezza e riconosceranno che egli è colui che prima nei propri antenati hanno deriso nella sua umiltà. Ed anche i loro antenati, autori di sì grande scelleratezza, nel risorgere, lo vedranno, ma per essere puniti, non riscattati. Non si devono quindi ravvisare loro nelle parole: Riverserò sulla casa di Davide e sugli abitanti di Gerusalemme lo spirito di grazia e di perdono; volgeranno lo sguardo a me per il fatto che mi hanno insultato. Vi si devono ravvisare i provenienti dalla loro stirpe che in quel tempo, Elia mediante, crederanno. Ma come noi diciamo ai Giudei: Avete ucciso il Cristo, sebbene siano stati i loro antenati a compiere il delitto, così i discendenti si affliggeranno di aver compiuto in un certo senso quel che hanno compiuto gli altri, perché discendono dalla loro stirpe. Sebbene dunque, ormai eletti per aver ricevuto lo spirito di grazia e di perdono, non saranno condannati con i loro antenati delinquenti, si affliggeranno tuttavia, come se essi abbiano compiuto quel che è stato compiuto dagli altri. Non si affliggeranno quindi per l'accusa di un delitto, ma per un sentimento di bontà. Con avvedutezza l'inciso, che nei Settanta suona così: Volgeranno lo sguardo a me per il fatto che mi hanno insultato, è stato tradotto dal testo ebraico che ha: Volgeranno lo sguardo a me che hanno trafitto. Da queste parole si rileva con maggior evidenza che Cristo è stato crocefisso. Ma l'insulto, che i Settanta hanno preferito rilevare, non è mancato in tutta la sua passione. Difatti lo hanno insultato mentre era arrestato, legato, giudicato, coperto con il vituperio di una veste di derisione, coronato di spine, battuto con una canna sulla testa, adorato a ginocchi piegati per scherno, mentre portava la sua croce ed era appeso. Quindi non seguendo una sola traduzione ma unendo l'una e l'altra, quando leggiamo tanto hanno insultato, come hanno trafitto, riconosciamo più ampiamente la genuina vicenda della passione del Signore.

Cristo sarà giudice perché fu giudicato.
30. 4. Poiché dunque nei libri dei Profeti si legge che Dio verrà per eseguire il giudizio, sebbene non sia indicata alcuna distinzione, unicamente sulla base del giudizio si deve rilevare il Cristo poiché, anche se il Padre giudicherà, giudicherà con la venuta del Figlio dell'uomo. Infatti il Padre non giudicherà alcuno con la manifestazione della sua presenza, ma ha rimesso ogni giudizio al Figlio 277, poiché questi, il quale si manifesterà come uomo per giudicare, come uomo è stato giudicato. E non è un altro uomo quello di cui, in Isaia, Dio allo stesso modo parla con l'appellativo di Giacobbe e Israele, nella cui stirpe ebbe l'esistenza. Ecco il testo: Giacobbe, mio servo, io lo sosterrò; Israele, mio eletto, la mia anima lo ha accolto. Ho infuso il mio Spirito in lui, enuncerà il giudizio ai popoli. Non griderà e non tacerà e non si udrà la sua voce al di fuori. Non spezzerà la canna incrinata e non spegnerà il lucignolo fumigante, ma enuncerà il giudizio con verità. Risplenderà e non si abbatterà finché non stabilisce il giudizio sulla terra e nel suo nome spereranno i popoli 278. Nel testo ebraico non si ha Giacobbe e Israele, ma i Settanta, evidentemente, con l'intento di avvertire che l'inciso mio servo, si deve interpretare in relazione alla forma di servo, in cui l'Altissimo si è manifestato nella più grande umiltà, hanno aggiunto il nome per segnalare colui dalla cui stirpe è stata assunta la forma di servo. È stato infuso lo Spirito su di lui perché nella testimonianza del Vangelo si è mostrato in forma di colomba 279; ha enunciato il giudizio ai popoli perché ha predetto che sarebbe avvenuto ciò che ai popoli era nascosto; per benignità non ha gridato, ma non ha cessato dall'esaltare la verità; ma non si è udita e non si ode la sua voce al di fuori perché non si obbedisce a lui da coloro che sono tagliati fuori dal suo corpo; non ha spezzato e non ha spento perfino i Giudei, suoi persecutori, i quali per la perdita della compattezza sono stati paragonati a una canna incrinata e per la mancanza di luce a un lucignolo fumigante, poiché ha loro perdonato, dato che non era ancora venuto a giudicarli ma ad essere giudicato da loro. Ha senz'altro enunciato il giudizio nella verità perché ha predetto loro quando dovrebbero essere puniti se persistessero nella malvagità. Risplendette sul monte il suo viso 280, nel mondo la sua fama; non è stato abbattuto o calpestato perché non si è arreso ai suoi persecutori, per cessare d'esistere, né in sé né nella sua Chiesa; quindi non è avvenuto e non avverrà quel che i suoi nemici hanno detto o dicono: Quando morirà e perirà il suo nome? 281. Finché non stabilisce il giudizio sulta terra. È stato reso manifesto quel che cercavamo perché nascosto: è il giudizio finale che stabilirà in terra quando egli stesso verrà dal cielo. Riguardo al giudizio vediamo già adempiuto quel che è espresso nell'ultimo inciso: Nel suo nome spereranno i popoli. Sulla base di questo fatto, che non è possibile negare, si creda anche quel che si nega senza criterio. Chi avrebbe sperato che anche coloro, i quali ancora non vogliono credere in Cristo, sono spettatori assieme a noi e poiché non possono negare, digrignano e sbavano con i denti 282? Chi, dico ancora, avrebbe sperato che i popoli avessero sperato nel nome di Cristo, quando veniva arrestato, legato, percosso, deriso, crocefisso, dal momento che perfino i discepoli avevano perduto la speranza che avevano cominciato ad avere in lui? Quel che ha allora sperato soltanto il ladrone sulla croce, ora lo sperano i popoli, sparsi in ogni parte 283, e a fin di non morire per l'eternità, si segnano con la croce in cui Cristo è morto.

Gli eventi del giudizio finale.
30. 5. Dunque nega o dubita che l'ultimo giudizio avverrà come è preannunziato nei citati libri della Bibbia se non colui che, per non saprei quale incredibile malanimo o ignoranza, non crede in essi, sebbene abbiano già segnalato la propria veridicità al mondo intero. Abbiamo appreso che in quel giudizio o attorno a quel giudizio si verificheranno questi avvenimenti: la venuta di Elia di Tesbe, la fede dei Giudei, la persecuzione dell'Anticristo, il giudizio di Cristo, la risurrezione dei morti, la discriminazione di buoni e cattivi, il cataclisma del mondo e la sua rinascita. Si deve credere che si avranno tutti questi avvenimenti, ma in quali misure e con quale successione si verifichino lo insegnerà più la realtà dei fatti di quanto attualmente riesce a raggiungere alla perfezione il pensiero umano. Ritengo però che si avvereranno nella successione da me indicata.

Quel che rimane da dire negli altri due libri.
30. 6. Per mantenere con l'aiuto di Dio gli impegni presi ci rimangono due libri, attinenti a quest'opera, uno sulla pena dei malvagi, l'altro sulla felicità dei giusti. In essi, come Dio lo concederà, si confuteranno soprattutto i ragionamenti umani che contro le predizioni e promesse divine certi sventurati sembrano saggiamente rosicchiare per sé e disprezzano come falsi e ridicoli gli alimenti della fede che dà salute. Coloro invece che sono saggi secondo Dio, ritengono la veritiera onnipotenza di Dio come il più valido argomento di tutti i capi di dottrina che sembrano incredibili agli uomini e tuttavia sono contenuti nella sacra Scrittura, la cui veridicità è stata già in molti modi confermata. Ritengono infatti come certo che in nessun modo Dio ha potuto mentire e che può compiere ciò che al non credente è impossibile.


DAL 1900 AL 1914: "STORIA DELLA VITA DI UNA DELLE SUE FIGLIE"

Il diario di Santa Teresa di Los Andes - Santa Teresa di Los Andes

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DAL 1900 AL 1914

"STORIA DELLA VITA DI UNA DELLE SUE FIGLIE"

Riassunto e divisione della mia vita

Madre: lei crederà di trovarsi davanti una storia interessante. Non voglio che si inganni. La storia che lei leggerà non è la storia della mia vita, ma la vita intima di una povera persona che, senza alcun merito, Gesù Cristo ha amato in modo speciale e ha colmato di benefici e grazie.

La storia della mia persona si riassume in due parole: "Soffrire ed Amare". Ecco qui tutta la mia vita da quando mi resi conto di tutto, cioè dai sei anni o anche prima. Soffrivo, ma Gesù mi insegnò a soffrire in silenzio e a sfogare in Lui il mio povero cuore. Lei comprende, Madre, che il cammino che mi indicò Gesù fin da piccola fu quello che Egli percorse ed amò; e siccome Egli mi amava, cercò di nutrire la mia povera anima con la sofferenza.

La mia vita si divide in due periodi: più o meno dall'età della ragione fino alla Prima Comunione. Gesù mi colmò di favori tanto nel primo periodo come nel secondo; cioè dalla Prima Comunione fino ad ora; o, meglio fino alla mia entrata nel porto del Carmelo.

Coccolata da tutti La mia famiglia

Nacqui nel 1900, il 13 luglio! Mia madre si chiama Lucia Solar de Fernàndez e mio padre Miguel Fernàndez Jara.

Abitavamo con il nonno, già anziano. Si chiamava Eulogio Solar. Si può dire che era un santo. Lo si vedeva tutto il giorno scorrere i grani del suo rosario.

Gesù non volle che nascessi povera come Lui. Nacqui in mezzo alle ricchezze, coccolata da tutti.

Ero la quarta figlia. La maggiore si chiamava Lucia, aveva sette anni; Miguel, il secondo, sei anni e Lucho, il terzo, aveva tre anni. Nella casa di mio nonno abitava anche mia zia Juanita Solar con quattro figli. Lo zio Luis Alberto Dominquez era già morto. Il maggiore dei miei cugini aveva tredici anni e il minore cinque. Abitava con noi anche la zia Teresa Vicuna, con due figli; un altro era morto ancor piccolo; il maggiore si chiamava Tomas Bernardo (il nome dello zio); la seconda, Teresita, aveva otto anni. Abitava anche con noi lo zio Francisco che era celibe ed aveva ventitré anni.

Poco dopo nacque Rebeca, un anno e otto mesi dopo di me. Ero molto timida, anche se molto coccolata. Rebeca era tutto il contrario. Entrambe eravamo molto coccolate. Con il nonno facevamo ciò che volevamo, ingannandolo con baci e carezze.

Fin da piccola mi dicevano che ero la più carina dei miei fratelli, non me ne accorgevo. Le stesse parole me le ripetevano quando ero più grande, di nascosto dalla mamma che non gradiva ciò. Dio solo sa quanto mi è costato estirpare questo orgoglio o vanità che si impossessò del mio cuore quando fui più grande. Avevo un carattere timido ed un cuore molto sensibile. Per tutto piangevo, ma avevo un carattere assai dolce, non mi arrabbiavo mai con nessuno.

Desiderio della Comunione Il collegio

Quando ebbe luogo il terremoto del 1906, Gesù incominciò a prendere il mio cuore per sé.

Ricordo che mamma e zia Juanita ci portavano a Messa e ci spiegavano sempre tutto; ed alla Messa, quando arrivava la Comunione, mi accendevo del desiderio di ricevere Nostro Signore. Domandavo alla mamma questo favore, ma grazie a Dio non mi trovò preparata per questo atto sublime. Ricordo che mamma e zia Juanita mi sedevano sul tavolo e mi interrogavano sull'Eucaristia. Rispondevo alle domande, ma siccome mi vedevano tanto piccola non me la lasciavano fare.

A sette anni mi confessai. Ci prepararono le suore.

Ma prima voglio raccontarle la mia entrata al collegio. Il nonno non voleva affatto che entrassimo, però alla fine vinse mamma e mi mandò dalle Teresiane. Andavo dopo pranzo ed uscivo alle cinque, ma non frequentai quasi mai. Dopo un mese mi tolsero perché avevo notato che le maestre non vigilavano abbastanza durante le ricreazioni e che una bambina non era molto decente; raccontai alla mamma ciò che era successo.

Mamma si lamentò. Allora, in collera, la Madre Superiora mi mise in disparte il giorno dei voti e mi diede un brutto voto e poi mi rimproverò dicendo che quelle cose non si dicevano. Mi meravigliai perché mi avevano sempre detto che dovevo raccontare tutto alla mamma. Mi misero in castigo. Piansi moltissimo e quando tornai a casa, mamma scrisse una lettera alla Superiora dicendo che non sarei ritornata. Mi rallegrai perché le bambine erano molto litigiose. Soffrivo a causa di una che cercava sempre di farmi del male; mi toglieva sempre il velo quando andavamo in cappella. Io, piccola, non sapevo difendermi. Avevo una cugina che picchiavano moltissimo e io la dovevo difendere. Le altre mi volevano bene. Non ho conservato affetto per quel collegio, anche se là imparai a leggere.

Morte del nonno

Nel 1907 il nonno morì come un santo. Ricordo perfettamente quando andammo al fondo a Chacabuco che stava tanto bene. Vi andammo con la zia Teresa e i suoi bambini, perché lui non si separava mai da noi.

Ogni pomeriggio ci faceva montare a cavallo, tirando a sorte chi doveva essere la prima; toccava sempre a Rebeca. Stava bene, ma una notte gli venne un attacco di paralisi. Immediatamente mia zia lo riportò a Santiago, dove subito gli dissero che non c'era rimedio. Lo facevano soffrire con delle cure terribili, finché il povero vecchietto non sapeva più come stava. Il 13 maggio, giorno della sua morte, ricevette i Sacramenti. Chiamò i suoi figli e diede loro i suoi consigli. Accanto alla sua camera c'era l'oratorio. Quando iniziò la Messa lo videro con il viso sconvolto e diceva: "toglietelo" e si copriva la faccia con le mani. Erano terribili tentazioni del demonio. Mamma sparse l'acqua benedetta e il diavolo se ne andò. Poi lo tentò un'altra volta e se ne andò perché la sua morte fosse come era stata la sua vita: in pace. Quando alla consacrazione fu alzata l'Ostia, la sua anima volò al cielo senza che nessuno se ne accorgesse. Sembrava addormentato. La sua morte fu quella di un santo, come lo era stata la sua vita.

Immediatamente ci avvertirono a Chacabuco. Ricordo che ero a letto e dormivo e vennero ad avvertirci. Noi bambine non ci rendemmo conto, ma non piangemmo perché non volevano dire nulla a mio fratello Lucho che, malaticcio, era da poco uscito da una malattia mortale. Così noi, senza fare troppo sforzo, rimanemmo zitte. Più tardi quando ci stavamo vestendo, Lucho incominciò a gridare e a piangere amaramente. Andarono da lui e diceva: "Perché mi hanno ingannato? Perché non mi hanno avvertito? Mio nonno è morto". E piangeva molto. Non si seppe come lo avesse saputo, perché nessuno glielo aveva detto. Nonno lo avvertì mentre dormiva.

Pochi giorni dopo arrivò lo zio Francisco piangendo e raccontando le cose più tristi, allora incominciai a piangere molto, senza che mi si potesse consolare. Ci ricondussero a Santiago e trovando la camera vuota mi fece una impressione così grande che mi sembrava che tutto era finito. E rimasi così triste che non è possibile immaginare.

Poco tempo dopo la casa fu venduta e il fondo fu diviso in tre parti. La parte del mezzo toccò a don Salvador Huidobro, quella della salita allo zio Francisco e quella dei Bagni a, mia mamma.

La casa di Santiago rimase allo zio Eugenio.

Noi traslocammo a Calle Santo Domingo; anche questa casa, come l'altra, è piena di dolci ricordi. Mi accadde una cosa degna di essere raccontata. La notte, quando ci spegnevano la luce in camera, ma rimaneva accesa quella della camera della mia "Mamita", vedevo apparire il nonno ai piedi del letto di Rebeca, però vedevo solo metà del corpo. Mi apparve per otto giorni di seguito. Morivo di paura e andavo nel letto di Rebeca. Da li non lo vedevo.

Devozione alla Vergine Maria

Preparazione alla Prima Comunione

Quando andammo a Chacabuco per l'ultima volta, la zia Juanita, affinché io prendessi una medicina, mi regalò la statua della Madonna di Lourdes di porcellana che stava sempre accanto al mio letto. Presi la medicina e me la regalò. Questa è la Vergine che non ha mai smesso di consolarmi, e di ascoltarmi.

A quel tempo risale la mia devozione alla Vergine Maria. Fu mio fratello Lucho ad insegnarmi questa devozione che ho avuto e che avrò, così spero, fino alla morte. Tutti i giorni Lucho mi invitava a recitare il rosario e facemmo entrambi la promessa di recitarlo tutta la vita. Ciò che finora ho fatto. Solo una volta, quando ero più piccola, me ne dimenticai.

Da allora si può dire che Nostro Signore mi prese per mano, con la Santissima Vergine Maria. A partire da quel periodo, il mio carattere divenne iracondo, mi prendevano delle arrabbiature feroci, ma non erano frequenti. Dopo nessuno riusciva a

farmi perdere la pazienza. I bambini, i miei fratelli, lo facevano a proposito. Mi dicevano moltissime cose per farmi arrabbiare, ma facevo come se non li sentissi. Per questo mamma mi coccolava, ma dopo, quando venivo contrariata per qualunque motivo, mi mettevo a piangere e anche con pianto isterico.

Quando andammo a Chacabuco, venne con noi una cugina di mamma che non mi poteva soffrire, mentre Rebeca era la sua coccolina. Non si può immaginare quanto questo mi facesse soffrire, con lei ero terribile, non accettavo niente da lei.

Nel 1907 entrammo in collegio. Lei sa, Madre, quante noie demmo con il nostro carattere. Ricordiamo bene quando mamma le raccontava i litigi che facevamo con i nostri fratelli e lei ci chiamava e ci esortava ad essere buone.

È da questa epoca che Nostro Signore mi indicò la sofferenza. Papà perse una parte del patrimonio, e così fummo costretti a vivere più modestamente.

Ogni giorno domandavo a mamma il permesso per fare la Prima Comunione, finché nel 1910 accondiscese. Incominciai la preparazione. Mi sembrava, Madre cara, che quel giorno non arrivasse mai e piangevo dal desiderio di ricevere Nostro Signore; per un anno mi preparai a farlo, durante quel tempo la Vergine mi aiutò a purificare il cuore da ogni imperfezione.

Durante il mese del Sacro Cuore modificai il mio carattere completamente, tanto che mamma era felice di vedere che mi preparavo così bene alla Prima Comunione.

Mi costava obbedire perché, soprattutto quando mi comandavano, per pigrizia, tardavo a muovermi. Allora dissi a me stessa che anche se non mi comandavano sarei andata di corsa prima degli altri. Non litigavo con i bambini. A volte mi mordevo le labbra e mi sbrigavo nel vestirmi. Facevo dei fioretti che appuntavo in un libretto, era pieno di fioretti quel libretto. Che differenza tra allora e adesso! Come vorrei tornare a quell'epoca! Ma, forse non ho ricevuto più favori da Gesù?

Prima Comunione

Il giorno della Prima Comunione fu un giorno senza nubi, per me.

Mi ricordo la confessione generale: quando uscii mi misero un velo bianco. Nel pomeriggio chiesi perdono. Ricordo ancora l'impressione del papà. Andai a chiedergli perdono e mi baciò. Allora mi inginocchiai piangendo e gli dissi di perdonarmi tutte le preoccupazioni che gli avevo dato con la mia condotta. A papà vennero le lacrime, mi alzò e mi baciava dicendo che non c'era motivo per chiedergli perdono perché non lo avevo mai disgustato e che era molto contento vedendomi così buona. Sì, papà, perché tu eri troppo indulgente e buono con me. Chiesi perdono alla mamma, che piangeva, a tutti i miei fratelli e infine alla mia "Mamita" ed agli altri domestici. Tutti mi rispondevano commossi. Stavo in ritiro, rimanevo da sola e non mangiavo a tavola con gli altri.

L'11 settembre 1910 anno del centenario della mia patria, anno di felicità e del ricordo più puro che avrò in tutta la mia vita.

Quel bel giorno per me fu un giorno bello anche per la natura. Il sole spandeva i suoi raggi ricolmando la mia anima di felicità e di ringraziamenti al Creatore.

Mi svegliai presto. Mamma mi vestì, mi fece indossare l'abito, mi pettinò. Fece tutto lei, ma io non pensavo a nulla. Ero indifferente a tutto, meno l'anima mia per Dio. Quando arrivammo ripetevamo il "rosario della Prima Comunione": invece della Ave Maria si ripeteva: Vieni Gesù mio, vieni. O mio Salvatore, vieni Tu stesso a preparare il mio cuore.

Finalmente arrivò il momento. Entrammo in cappella a due a due. Lei, Madre, era davanti a Mons. Jara che ci avrebbe dato la Santa Comunione era dietro e chiudeva la processione. Tutte entrammo con gli occhi bassi, senza vedere nessuno, ci inginocchiammo nei banchi ricoperti di tulle bianco con un giglio ed una candela al fianco. Mons. Jara ci disse parole tanto tenere e belle che tutte piangevamo. Ricordo una cosa che ci disse:

"Chiedete a Gesù che se doveste commettere un peccato mortale vi prenda oggi che le vostre anime sono pure come la neve delle montagne. Pregatelo per i vostri genitori, gli autori della vostra esistenza. E per quelli che li hanno persi, ora è il momento per incontrarli. Sì, si sono avvicinati qui per essere testimoni dell'unione intima delle vostre anime con Gesù Cristo. Guardate gli angeli dell'altare, care bambine, guardateli, vi invidiano. Tutto il cielo è presente". Piangevo. Infine ci disse che non voleva ritardare di più l'unione con Gesù, ormai eravamo assetate di Lui e Gesù lo stesso.

Ci avvicinammo all'altare mentre cantavano il bel canto Anima felice che mai dimenticherò.

Non si può descrivere quello che avvenne nella mia anima con Gesù. Gli chiesi mille volte che mi prendesse e sentii per la prima volta la sua cara voce. "Gesù, ti amo, ti adoro!" Lo pregai per tutti. Sentivo la Vergine vicino a me. Come si dilata il cuore! Per la prima volta sentii una pace deliziosa. Dopo il ringraziamento passammo nel cortile per distribuire doni ai poveri e per abbracciare i familiari. Il papà mi baciava e mi sollevava tra le sue braccia felice.

Quel giorno vennero a casa molte bambine. E’ inutile parlare dei regali che ricevetti: il comò e il letto ne erano pieni.

Passò quel giorno così lieto che sarà l'unico della mia vita.

Poco tempo dopo cambiammo casa. Ma Gesù da quel primo abbraccio non mi lasciò e mi prese per se.

Tutti i giorni mi comunicavo e parlavo a lungo con Gesù. Ma la mia devozione speciale era per la Vergine Maria. Le raccontavo tutto. Da quel giorno la terra, per me, non aveva più attrattiva. Volevo morire e domandavo a Gesù che mi portasse via l'otto dicembre.

L'8 dicembre, sempre ammalata

La Vergine Maria e Gesù mi parlano

Tutti gli anni ero ammalata l'8 dicembre; tanto che credevano che morissi. A dodici anni ebbi la difterite. L'8 dicembre ero vicina a morire. Mamma credette che sarei morta perché una mia zia era morta di questa malattia e l'avevo contratta peggio di lei. Quella zia mori a dodici anni. Fin da piccola era una santa. Per fare penitenze metteva pietrucce nelle scarpe, si flagellava con rami spinosi fino al sangue. Nella sua ultima malattia quando i medici le toglievano dalla gola le membrane che si formavano lei prendeva le pinze, le baciava e diceva:

"Questi sono gli strumenti che mi porteranno in cielo", poi prendeva il suo crocifisso e diceva: "Dottori, fatemi quello che volete". Quando arrivò l'ora della morte, chiese perdono ai miei nonni e poi a tutti, chiese scusa per i disturbi dati durante la malattia, poi rimase in estasi e disse: "Come è grande, come è immenso Dio!" e morì con il sorriso sulle labbra. Ma non assomigliavo a lei. Non meritavo ancora il cielo e Nostro Signore non mi prese.

Nel 1913 ebbi una febbre spaventosa. A quel tempo Nostro Signore mi chiamava per sé, ma non facevo caso alla sua voce. Allora, lo scorso anno (1914), mi mandò l'appendicite e questo mi fece udire la sua cara voce che mi chiamava per farmi sua sposa più tardi al Carmelo.

La mia devozione alla Vergine Maria era molto grande. Un giorno in cui avevo una grande pena per una cosa, la raccontai alla Vergine e la pregai per la conversione di un peccatore. Allora Lei mi rispose. Da allora la Vergine Maria, quando la chiamo, mi parla. Una volta le presentai un dubbio che avevo. Allora mi rispose una voce; mi dissi: non è la voce della Madre mia perché non può dirmi questo. La chiamai e mi disse che mi aveva risposto il demonio. Ebbi paura. Ella mi disse che quando sentivo la sua voce le chiedessi: "Sei tu Madre mia?". E faccio sempre così. Ogni volta che desideravo sapere una cosa gliela chiedevo e sempre ciò che mi diceva risultava vero. L'attacco di appendicite aggravò il mio stato di salute e dovetti rimanere a letto, per cui mi tolsero dal collegio, cosa che mi rallegrò molto.

Un giorno ero sola nella mia camera. Con la malattia ero diventata così viziata che non potevo stare sola. Il giorno a cui mi riferisco, Lucita era ammalata ed Elisea una domestica che accudiva mio nonno le teneva compagnia. Allora sentii invidia e pena ed incominciai a piangere. I miei occhi pieni di lacrime si fissarono su un quadro del Sacro Cuore ed udii una voce molto dolce che mi diceva: "Come! Juanita,... sono solo nell'altare per tuo amore e tu non sopporti un momento?". Da allora Gesù mi parla. E passavo ore intere conversando con Lui. E così mi piaceva stare sola. Mi insegnava come dovevo soffrire e non lamentarmi... e l'intima unione con Lui. Allora mi disse che mi voleva per sé. Che voleva che diventassi Carmelitana. Madre, non può immaginare ciò che Gesù faceva nella mia anima. In quel tempo non vivevo in me stessa. Era Gesù che viveva in me. Mi alzavo alle sette, quando svegliavano Rebeca per il collegio. Seguivo un orario tutto il giorno, ma facevo tutto con Gesù e per Gesù.

Nostro Signore mi mostrò come fine la santità. L'avrei raggiunta facendo tutto nel miglior modo possibile. Poco tempo dopo il Padre, mio confessore, mi ripeté le stesse parole. Allora gli raccontai tutto.

Operazione di appendicite

I miei dolori e la malattia peggioravano ogni giorno. L'8 dicembre mi sentii morire. Da quel giorno rimasi a letto per alzarmi solo dopo l'operazione. La mamma incominciò una novena a suor Teresa di Gesù Bambino (Carmelitana allora appena morta) della quale sono molto devota. Migliorai ma il 24, mamma dimenticò di recitare la novena la sera ed ecco che all'indomani mi svegliai molto peggio. A mezzogiorno ebbi una crisi dalla quale si credette che sarei morta; ma nostro Signore volle conservarmi in vita. Come è buono il Signore con me.

Si decise di farmi operare. Mi portarono all'Ospedale San Vicente il lunedì 28. Solo Dio sa quello che soffrii. Dover andare a morire fuori casa mi dava pena. Inoltre avevo una ripugnanza così grande a dormire in letti dove vi erano stati altri ammalati... così mi diventava terribile andarci.

Ignacito entrava nella mia camera con gli occhietti pieni di lacrime, ma appena mi vedeva, si asciugava le lacrime e si metteva a giocare. Non l'ho visto piangere neppure un momento, cosa mirabile per un bambino che aveva appena compiuto quattro anni. Andai con mamma e "Mamita" il lunedì in automobile. Arrivai alla pensione come morta a causa delle coliche, ma poi mi ripresi.

Mi comunicai alle 5 del mattino. Che comunione! Credevo che fosse l'ultima. Chiesi a Nostro Signore con tutta l'anima che mi desse coraggio e serenità. Che cosa sarebbe stato di me senza l'aiuto di Gesù! O Gesù dolcissimo, ti amo!

Vennero le bambine a trovarmi. Giocai tranquillamente a carte con loro. Più tardi venne l'infermiera a preparami. Poi il medico ecc.

Dopo pranzo ero tanto nervosa che non sapevo cosa mi succedeva, incominciai a piangere e a ridere. Mamma mi diede una medicina e rimasi più tranquilla. Alle due arrivarono le bambine con zia Juanita, le chiesi che rimanesse durante l'operazione. Me lo promise. Venne poi lo zio Eulogio, fratello della mamma, e Juanita Ossa de Valdés che mi trascinarono in una conversazione ben distante da ciò che pensavo. Era per distrarmi. Ma mi preparavo a morire. In quel momento arrivò la Madre a prendermi. Non so dire quanto erano buone le Madri con me. Mi teneva compagnia quando poteva, metteva dei fiori nella mia camera perché apparisse allegra.

Presi la statua della Madonna, abbracciai il Crocefisso lo baciai e dissi: "Presto Vi contemplerò faccia a faccia. Addio". Mi diedero una quantità di reliquie e salii sulla barella. Mi spingevano le zie, ma accanto c'era mamma, Lucita e Rebeca. Ad ogni suora che vedevo dicevo di pregare per me e conversavo con tutte. Percorsi due isolati per arrivare alla clinica. Attraversai il reparto degli uomini. Non ne potevo più dalla voglia di piangere. Quando vidi uno degli anziani domestici che era stato operato, ebbi pena pensando che non lo avrei più rivisto, e mi sembrava che mi portavano come un agnello al macello per uccidermi, incominciai a piangere. Mi sfuggi un grido ed un singhiozzo, però mi dissi che non dovevo piangere, mi asciugai le lacrime e finsi di essere serena per non dare pena a mamma. Poi chiesi a Gesù che la mamma non si congedasse da me e Gesù me lo concesse. Mamma e zio Eulogio rimasero indietro senza che me ne accorgessi.

Quando arrivai alla clinica gli inservienti mi fecero salire i gradini. Allora Lucia e Rebeca mi dissero addio... quell'addio fu per me come un dardo che mi spezzò il cuore e mi caddero le lacrime. Ma, non avevo forse promesso a Gesù di non piangere? Facendo uno sforzo mi asciugai le lacrime e dissi loro addio.

Vennero i medici. Mi misi a parlare con loro tranquillamente, ma mi sembravano dei macellai; tuttavia Gesù vinse per me. Prima che mi dessero il cloroformio baciai la mia medaglia e mi posi nel cuore di Gesù dicendo addio al mondo.

Papà e zia Juanita dovevano assistere all'operazione, ma papà non ebbe il coraggio. Quando mi risvegliai avevo male alla testa e non sapevo dove fossi. Credevo di venire dall'altro mondo, tanto che ad ogni persona che vedevo mi mettevo a piangere. Il dolore era terribile e il cloroformio mi causò effetti terribili, pero mi ricordavo di offrire tutto a Nostro Signore, perché mamma me lo ricordava. Solo per un istante mi disperai, ma immediatamente me ne pentii.

Il giorno di capodanno mi giunse una lettera. La Madre che mi curava, era molto buona, quel giorno, dopo la comunione mi disse: "C'è una lettera per te". Ero felice e dicevo che le mie amiche mi avevano scritto. Ma quale non fu la mia sorpresa quando la aprii ed era di Gesù, in francese. Era la preziosa lettera che la Madre mi inviava con delle immagini bellissime. Quella buona Madre aveva mille delicatezze. Tutti i giorni mi portava dei fiori perché la camera fosse allegra. Un medico della pensione mi inviò delle orchidee, che sono dei fiori molto costosi. Era la prima volta che mi inviavano dei fiori e li mandai a Gesù. Questo sacrificio mi costò molto, ma lo feci.




13 novembre 1943

Madre Pierina Micheli

S. Stanislao. Quanti ricordi! Che cambiamento nell'anima mia... Allora era trasportata da un fervore straordinario... ora da una straor­dinaria desolazione... che importa, anima mia, quello che conta è glorificare Dio nella Volontà Divina...