Liturgia delle Ore - Letture
Lunedi della 8° settimana del tempo ordinario
Vangelo secondo Luca 19
1Entrato in Gèrico, attraversava la città.2Ed ecco un uomo di nome Zaccheo, capo dei pubblicani e ricco,3cercava di vedere quale fosse Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, poiché era piccolo di statura.4Allora corse avanti e, per poterlo vedere, salì su un sicomoro, poiché doveva passare di là.5Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: "Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua".6In fretta scese e lo accolse pieno di gioia.7Vedendo ciò, tutti mormoravano: "È andato ad alloggiare da un peccatore!".8Ma Zaccheo, alzatosi, disse al Signore: "Ecco, Signore, io do la metà dei miei beni ai poveri; e se ho frodato qualcuno, restituisco quattro volte tanto".9Gesù gli rispose: "Oggi la salvezza è entrata in questa casa, perché anch'egli è figlio di Abramo;10il Figlio dell'uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto".
11Mentre essi stavano ad ascoltare queste cose, Gesù disse ancora una parabola perché era vicino a Gerusalemme ed essi credevano che il regno di Dio dovesse manifestarsi da un momento all'altro.12Disse dunque: "Un uomo di nobile stirpe partì per un paese lontano per ricevere un titolo regale e poi ritornare.13Chiamati dieci servi, consegnò loro dieci mine, dicendo: Impiegatele fino al mio ritorno.14Ma i suoi cittadini lo odiavano e gli mandarono dietro un'ambasceria a dire: Non vogliamo che costui venga a regnare su di noi.15Quando fu di ritorno, dopo aver ottenuto il titolo di re, fece chiamare i servi ai quali aveva consegnato il denaro, per vedere quanto ciascuno avesse guadagnato.16Si presentò il primo e disse: Signore, la tua mina ha fruttato altre dieci mine.17Gli disse: Bene, bravo servitore; poiché ti sei mostrato fedele nel poco, ricevi il potere sopra dieci città.18Poi si presentò il secondo e disse: La tua mina, signore, ha fruttato altre cinque mine.19Anche a questo disse: Anche tu sarai a capo di cinque città.20Venne poi anche l'altro e disse: Signore, ecco la tua mina, che ho tenuta riposta in un fazzoletto;21avevo paura di te che sei un uomo severo e prendi quello che non hai messo in deposito, mieti quello che non hai seminato.22Gli rispose: Dalle tue stesse parole ti giudico, servo malvagio! Sapevi che sono un uomo severo, che prendo quello che non ho messo in deposito e mieto quello che non ho seminato:23perché allora non hai consegnato il mio denaro a una banca? Al mio ritorno l'avrei riscosso con gli interessi.24Disse poi ai presenti: Toglietegli la mina e datela a colui che ne ha dieci25Gli risposero: Signore, ha già dieci mine!26Vi dico: A chiunque ha sarà dato; ma a chi non ha sarà tolto anche quello che ha.27E quei miei nemici che non volevano che diventassi loro re, conduceteli qui e uccideteli davanti a me".
28Dette queste cose, Gesù proseguì avanti agli altri salendo verso Gerusalemme.
29Quando fu vicino a Bètfage e a Betània, presso il monte detto degli Ulivi, inviò due discepoli dicendo:30"Andate nel villaggio di fronte; entrando, troverete un puledro legato, sul quale nessuno è mai salito; scioglietelo e portatelo qui.31E se qualcuno vi chiederà: Perché lo sciogliete?, direte così: Il Signore ne ha bisogno".32Gli inviati andarono e trovarono tutto come aveva detto.33Mentre scioglievano il puledro, i proprietari dissero loro: "Perché sciogliete il puledro?".34Essi risposero: "Il Signore ne ha bisogno".
35Lo condussero allora da Gesù; e gettati i loro mantelli sul puledro, vi fecero salire Gesù.36Via via che egli avanzava, stendevano i loro mantelli sulla strada.37Era ormai vicino alla discesa del monte degli Ulivi, quando tutta la folla dei discepoli, esultando, cominciò a lodare Dio a gran voce, per tutti i prodigi che avevano veduto, dicendo:
38"'Benedetto colui che viene,'
il re, 'nel nome del Signore'.
Pace in cielo
e gloria nel più alto dei cieli!".
39Alcuni farisei tra la folla gli dissero: "Maestro, rimprovera i tuoi discepoli".40Ma egli rispose: "Vi dico che, se questi taceranno, grideranno le pietre".
41Quando fu vicino, alla vista della città, pianse su di essa, dicendo:42"Se avessi compreso anche tu, in questo giorno, la via della pace. Ma ormai è stata nascosta ai tuoi occhi.43Giorni verranno per te in cui i tuoi nemici ti cingeranno di trincee, ti circonderanno e ti stringeranno da ogni parte;44abbatteranno te e i tuoi figli dentro di te e non lasceranno in te pietra su pietra, perché non hai riconosciuto il tempo in cui sei stata visitata".
45Entrato poi nel tempio, cominciò a cacciare i venditori,46dicendo: "Sta scritto:
'La mia casa sarà casa di preghiera'.
Ma voi ne avete fatto 'una spelonca di ladri!'".
47Ogni giorno insegnava nel tempio. I sommi sacerdoti e gli scribi cercavano di farlo perire e così anche i notabili del popolo;48ma non sapevano come fare, perché tutto il popolo pendeva dalle sue parole.
Secondo libro dei Re 22
1Quando divenne re, Giosia aveva otto anni; regnò trentun anni in Gerusalemme. Sua madre, di Boscat, si chiamava Iedida figlia di Adaia.2Fece ciò che è retto agli occhi del Signore, imitando in tutto la condotta di Davide, suo antenato, senza deviare né a destra né a sinistra.
3Nell'anno diciotto del suo regno, Giosia mandò Safàn figlio di Asalia, figlio di Mesullàm, scriba, nel tempio dicendogli:4"Va' da Chelkia sommo sacerdote; egli raccolga il denaro portato nel tempio, che i custodi della soglia hanno raccolto dal popolo.5Lo consegni agli esecutori dei lavori, addetti al tempio; costoro lo diano a quanti compiono le riparazioni del tempio,6ossia ai falegnami, ai costruttori e ai muratori e l'usino per acquistare legname e pietre da taglio occorrenti per il restauro del tempio.7Non c'è bisogno di controllare il denaro consegnato nelle mani di costoro, perché la loro condotta ispira fiducia".
8Il sommo sacerdote Chelkia disse allo scriba Safàn: "Ho trovato nel tempio il libro della legge". Chelkia diede il libro a Safàn, che lo lesse.9Lo scriba Safàn quindi andò dal re e gli riferì: "I tuoi servitori hanno versato il denaro trovato nel tempio e l'hanno consegnato agli esecutori dei lavori, addetti al tempio".10Inoltre lo scriba Safàn riferì al re: "Il sacerdote Chelkia mi ha dato un libro". Safàn lo lesse davanti al re.
11Udite le parole del libro della legge, il re si lacerò le vesti.12Egli comandò al sacerdote Chelkia, ad Achikam figlio di Safàn, ad Acbor figlio di Michea, allo scriba Safàn e ad Asaia ministro del re:13"Andate, consultate il Signore per me, per il popolo e per tutto Giuda, intorno alle parole di questo libro ora trovato; difatti grande è la collera del Signore, che si è accesa contro di noi perché i nostri padri non hanno ascoltato le parole di questo libro e nelle loro azioni non si sono ispirati a quanto è stato scritto per noi".
14Il sacerdote Chelkia insieme con Achikam, Acbor, Safàn e Asaia andarono dalla profetessa Culda moglie di Sallùm, figlio di Tikva, figlio di Carcas, guardarobiere; essa abitava in Gerusalemme nel secondo quartiere.15L'interrogarono ed essa rispose loro: "Dice il Signore Dio di Israele: Riferite all'uomo che vi ha inviati da me:16Così parla il Signore: Eccomi, io faccio piombare una sciagura su questo luogo e sui suoi abitanti, attuando tutte le parole del libro lette dal re di Giuda,17perché hanno abbandonato me e hanno bruciato incenso ad altri dèi per provocarmi a sdegno con tutte le opere delle loro mani; la mia collera divamperà contro questo luogo e non si spegnerà!18Al re di Giuda, che vi ha inviati a consultare il Signore, riferirete: Queste cose dice il Signore Dio d'Israele: Quanto alle parole che hai udito,...19poiché il tuo cuore si è intenerito e ti sei umiliato davanti al Signore, udendo le mie parole contro questo luogo e contro i suoi abitanti, che cioè diverranno una desolazione e una maledizione, ti sei lacerate le vesti e hai pianto davanti a me, anch'io ti ho ascoltato. Oracolo del Signore.20Per questo, ecco, io ti riunirò ai tuoi padri; sarai composto nel tuo sepolcro in pace; i tuoi occhi non vedranno tutta la sciagura che io farò piombare su questo luogo". Quelli riferirono il messaggio al re.
Giobbe 35
1Eliu riprese a dire:
2Ti pare di aver pensato cosa giusta,
quando dicesti: "Ho ragione davanti a Dio"?
3O quando hai detto: "Che te ne importa?
Che utilità ne ho dal mio peccato"?
4Risponderò a te con discorsi
e ai tuoi amici insieme con te.
5Contempla il cielo e osserva,
considera le nubi: sono più alte di te.
6Se pecchi, che gli fai?
Se moltiplichi i tuoi delitti, che danno gli arrechi?
7Se tu sei giusto, che cosa gli dai
o che cosa riceve dalla tua mano?
8Su un uomo come te ricade la tua malizia,
su un figlio d'uomo la tua giustizia!
9Si grida per la gravità dell'oppressione,
si invoca aiuto sotto il braccio dei potenti,
10ma non si dice: "Dov'è quel Dio che mi ha
creato,
che concede nella notte canti di gioia;
11che ci rende più istruiti delle bestie
selvatiche,
che ci fa più saggi degli uccelli del cielo?".
12Si grida, allora, ma egli non risponde
di fronte alla superbia dei malvagi.
13Certo è falso dire: "Dio non ascolta
e l'Onnipotente non presta attenzione";
14più ancora quando tu dici che non lo vedi,
che la tua causa sta innanzi a lui e tu in lui speri;
15così pure quando dici che la sua ira non punisce
né si cura molto dell'iniquità.
16Giobbe dunque apre invano la sua bocca
e senza cognizione moltiplica le chiacchiere.
Salmi 84
1'Al maestro del coro. Su "I torchi...". Dei figli di Core. Salmo.'
2Quanto sono amabili le tue dimore,
Signore degli eserciti!
3L'anima mia languisce
e brama gli atri del Signore.
Il mio cuore e la mia carne
esultano nel Dio vivente.
4Anche il passero trova la casa,
la rondine il nido,
dove porre i suoi piccoli,
presso i tuoi altari,
Signore degli eserciti, mio re e mio Dio.
5Beato chi abita la tua casa:
sempre canta le tue lodi!
6Beato chi trova in te la sua forza
e decide nel suo cuore il santo viaggio.
7Passando per la valle del pianto
la cambia in una sorgente,
anche la prima pioggia
l'ammanta di benedizioni.
8Cresce lungo il cammino il suo vigore,
finché compare davanti a Dio in Sion.
9Signore, Dio degli eserciti, ascolta la mia preghiera,
porgi l'orecchio, Dio di Giacobbe.
10Vedi, Dio, nostro scudo,
guarda il volto del tuo consacrato.
11Per me un giorno nei tuoi atri
è più che mille altrove,
stare sulla soglia della casa del mio Dio
è meglio che abitare nelle tende degli empi.
12Poiché sole e scudo è il Signore Dio;
il Signore concede grazia e gloria,
non rifiuta il bene
a chi cammina con rettitudine.
13Signore degli eserciti,
beato l'uomo che in te confida.
Aggeo 2
1Il ventuno del settimo mese, questa parola del Signore fu rivelata per mezzo del profeta Aggeo:2Su, parla a Zorobabele figlio di Sealtièl, governatore della Giudea, a Giosuè figlio di Iozedàk, sommo sacerdote, e a tutto il resto del popolo:3Chi di voi è ancora in vita che abbia visto questa casa nel suo primitivo splendore? Ma ora in quali condizioni voi la vedete? In confronto a quella, non è forse ridotta a un nulla ai vostri occhi?4Ora, coraggio, Zorobabele - oracolo del Signore - coraggio, Giosuè figlio di Iozedàk, sommo sacerdote; coraggio, popolo tutto del paese, dice il Signore, e al lavoro, perché io sono con voi - oracolo del Signore degli eserciti -5secondo la parola dell'alleanza che ho stipulato con voi quando siete usciti dall'Egitto; il mio spirito sarà con voi, non temete.
6Dice infatti il Signore degli eserciti: Ancora un po' di tempo e io scuoterò il cielo e la terra, il mare e la terraferma.7Scuoterò tutte le nazioni e affluiranno le ricchezze di tutte le genti e io riempirò questa casa della mia gloria, dice il Signore degli eserciti.8L'argento è mio e mio è l'oro, dice il Signore degli eserciti.9La gloria futura di questa casa sarà più grande di quella di una volta, dice il Signore degli eserciti; in questo luogo porrò la pace - oracolo del Signore degli eserciti -.
10Il ventiquattro del nono mese, secondo anno di Dario, questa parola del Signore fu rivelata per mezzo del profeta Aggeo:11Dice il Signore degli eserciti: Interroga i sacerdoti intorno alla legge e chiedi loro:12Se uno in un lembo del suo vestito porta carne consacrata e con il lembo tocca il pane, il companatico, il vino, l'olio o qualunque altro cibo, questo verrà santificato? No, risposero i sacerdoti.13Aggeo soggiunse: "Se uno che è contaminato per il contatto di un cadavere tocca una di quelle cose, sarà essa immonda?" "Sì", risposero i sacerdoti, "è immonda".14Ora riprese Aggeo: "Tale è questo popolo, tale è questa nazione davanti a me - oracolo del Signore - e tale è ogni lavoro delle loro mani; anzi, anche ciò che qui mi offrono è immondo".
15Ora, pensate, da oggi e per l'avvenire: prima che si cominciasse a porre pietra sopra pietra nel tempio del Signore,16come andavano le vostre cose? Si andava a un mucchio da cui si attendevano venti misure di grano e ce n'erano dieci; si andava a un tino da cinquanta barili e ce n'erano venti.17Io vi ho colpiti con la ruggine, con il carbonchio e con la grandine in tutti i lavori delle vostre mani, ma voi non siete ritornati a me - parola del Signore -.18Considerate bene da oggi in poi (dal ventiquattro del nono mese, cioè dal giorno in cui si posero le fondamenta del tempio del Signore),19se il grano verrà a mancare nei granai, se la vite, il fico, il melograno, l'olivo non daranno più i loro frutti. Da oggi in poi io vi benedirò!
20Il ventiquattro del mese questa parola del Signore fu rivolta una seconda volta ad Aggeo:21"Parla a Zorobabele, governatore della Giudea, e digli: Scuoterò il cielo e la terra,22abbatterò il trono dei regni e distruggerò la potenza dei regni delle nazioni , rovescerò i carri e i loro equipaggi: cadranno cavalli e cavalieri; ognuno verrà trafitto dalla spada del proprio fratello.23In quel giorno - oracolo del Signore degli eserciti - io ti prenderò, Zorobabele figlio di Sealtièl mio servo, dice il Signore, e ti porrò come un sigillo, perché io ti ho eletto, dice il Signore degli eserciti".
Atti degli Apostoli 17
1Seguendo la via di Anfìpoli e Apollonia, giunsero a Tessalonica, dove c'era una sinagoga dei Giudei.2Come era sua consuetudine Paolo vi andò e per tre sabati discusse con loro sulla base delle Scritture,3spiegandole e dimostrando che il Cristo doveva morire e risuscitare dai morti; il Cristo, diceva, è quel Gesù che io vi annunzio.4Alcuni di loro furono convinti e aderirono a Paolo e a Sila, come anche un buon numero di Greci credenti in Dio e non poche donne della nobiltà.5Ma i Giudei, ingelositi, trassero dalla loro parte alcuni pessimi individui di piazza e, radunata gente, mettevano in subbuglio la città. Presentatisi alla casa di Giàsone, cercavano Paolo e Sila per condurli davanti al popolo.6Ma non avendoli trovati, trascinarono Giàsone e alcuni fratelli dai capi della città gridando: "Quei tali che mettono il mondo in agitazione sono anche qui e Giàsone li ha ospitati.7Tutti costoro vanno contro i decreti dell'imperatore, affermando che c'è un altro re, Gesù".8Così misero in agitazione la popolazione e i capi della città che udivano queste cose;9tuttavia, dopo avere ottenuto una cauzione da Giàsone e dagli altri, li rilasciarono.
10Ma i fratelli subito, durante la notte, fecero partire Paolo e Sila verso Berèa. Giunti colà entrarono nella sinagoga dei Giudei.11Questi erano di sentimenti più nobili di quelli di Tessalonica ed accolsero la parola con grande entusiasmo, esaminando ogni giorno le Scritture per vedere se le cose stavano davvero così.12Molti di loro credettero e anche alcune donne greche della nobiltà e non pochi uomini.13Ma quando i Giudei di Tessalonica vennero a sapere che anche a Berèa era stata annunziata da Paolo la parola di Dio, andarono anche colà ad agitare e sobillare il popolo.14Allora i fratelli fecero partire subito Paolo per la strada verso il mare, mentre Sila e Timòteo rimasero in città.15Quelli che scortavano Paolo lo accompagnarono fino ad Atene e se ne ripartirono con l'ordine per Sila e Timòteo di raggiungerlo al più presto.
16Mentre Paolo li attendeva ad Atene, fremeva nel suo spirito al vedere la città piena di idoli.17Discuteva frattanto nella sinagoga con i Giudei e i pagani credenti in Dio e ogni giorno sulla piazza principale con quelli che incontrava.18Anche certi filosofi epicurei e stoici discutevano con lui e alcuni dicevano: "Che cosa vorrà mai insegnare questo ciarlatano?". E altri: "Sembra essere un annnunziatore di divinità straniere"; poiché annunziava Gesù e la risurrezione.19Presolo con sé, lo condussero sull'Areòpago e dissero: "Possiamo dunque sapere qual è questa nuova dottrina predicata da te?20Cose strane per vero ci metti negli orecchi; desideriamo dunque conoscere di che cosa si tratta".21Tutti gli Ateniesi infatti e gli stranieri colà residenti non avevano passatempo più gradito che parlare e sentir parlare.
22Allora Paolo, alzatosi in mezzo all'Areòpago, disse:
"Cittadini ateniesi, vedo che in tutto siete molto timorati degli dèi.23Passando infatti e osservando i monumenti del vostro culto, ho trovato anche un'ara con l'iscrizione: Al Dio ignoto. Quello che voi adorate senza conoscere, io ve lo annunzio.24'Il Dio che ha fatto il mondo e tutto ciò che contiene', che è signore del cielo e della terra, non dimora in templi costruiti dalle mani dell'uomo25né dalle mani dell'uomo si lascia servire come se avesse bisogno di qualche cosa, essendo lui che dà a tutti la vita e il respiro e ogni cosa.26Egli creò da uno solo tutte le nazioni degli uomini, perché abitassero su tutta la faccia della terra. Per essi ha stabilito l'ordine dei tempi e i confini del loro spazio,27perché cercassero Dio, se mai arrivino a trovarlo andando come a tentoni, benché non sia lontano da ciascuno di noi.28In lui infatti viviamo, ci muoviamo ed esistiamo, come anche alcuni dei vostri poeti hanno detto: Poiché di lui stirpe noi siamo.
29Essendo noi dunque stirpe di Dio, non dobbiamo pensare che la divinità sia simile all'oro, all'argento e alla pietra, che porti l'impronta dell'arte e dell'immaginazione umana.30Dopo esser passato sopra ai tempi dell'ignoranza, ora Dio ordina a tutti gli uomini di tutti i luoghi di ravvedersi,31poiché egli ha stabilito un giorno nel quale dovrà giudicare la terra con giustizia per mezzo di un uomo che egli ha designato, dandone a tutti prova sicura col risuscitarlo dai morti".
32Quando sentirono parlare di risurrezione di morti, alcuni lo deridevano, altri dissero: "Ti sentiremo su questo un'altra volta".33Così Paolo uscì da quella riunione.34Ma alcuni aderirono a lui e divennero credenti, fra questi anche Dionìgi membro dell'Areòpago, una donna di nome Dàmaris e altri con loro.
Capitolo X: La gratitudine per la grazia divina
Leggilo nella Biblioteca1. Perché vai cercando quiete, dal momento che sei nato per la tribolazione? Disponiti a patire, più che ad essere consolato; a portare la croce, più che a ricevere gioia. Anche tra coloro che vivono nel mondo, chi non sarebbe felice - se potesse ottenerli in ogni momento - di non avere il conforto e la letizia dello spirito, poiché le gioie spirituali superano tutti i piaceri mondani e le delizie materiali? Le delizie del mondo sono tutte vuote o poco buone; mentre le delizie spirituali, esse soltanto, sono veramente piene di gioia ed innocenti, frutto delle virtù e dono soprannaturale di Dio agli spiriti puri. In verità però nessuno può godere a suo talento di queste divine consolazione, perché il tempo della tentazione non dà lunga tregua. E poi una falsa libertà di spirito e una eccessiva fiducia in se stessi sono di grande ostacolo a questa visita dall'alto. Dio ci fa dono dandoci la consolazione della grazia; ma l'uomo risponde in modo riprovevole se non attribuisce tutto a Dio con gratitudine. E così non possono fluire su di noi i doni della grazia, perché non sentiamo gratitudine per colui dal quale essa proviene e non riportiamo tutto alla sua fonte originaria. La grazia sarà sempre dovuta a chi è giustamente grato; mentre al superbo sarà tolto quello che suole esser dato all'umile. Non voglio una consolazione che mi tolga la compunzione del cuore; non desidero una contemplazione che mi porti alla superbia. Ché non tutto ciò che è alto è santo; non tutto ciò che è soave è buono; non tutti i desideri sono puri; non tutto ciò che è caro è gradito a Dio. Invece, accolgo con gioia una grazia che mi faccia essere sempre più umile e timorato, e che mi renda più pronto a lasciare me stesso. Colui che è stato formato dal dono della grazia ed ammaestrato dalla dura sottrazione di essa, non oserà mai attribuirsi un briciolo di bene; egli riconoscerà piuttosto di essere povero e nudo.
2. Da' a Dio ciò che è di Dio, e attribuisci a te ciò che è tuo: mostrati riconoscente a Dio per la grazia, e a te attribuisci soltanto il peccato, cosciente di meritare una pena per la colpa commessa. Mettiti al posto più basso, e ti sarà dato il più alto; giacché la massima elevazione non si ha che con il massimo abbassamento. I santi più alti agli occhi di Dio sono quelli che, ai propri occhi , sono i più bassi; essi hanno una gloria tanto più grande quanto più si sono sentiti umili. Ripieni della verità e della gloria celeste, non desiderano la vana gloria di questo mondo; basati saldamente in Dio, non possono in alcun modo insuperbire. Essi, che attribuiscono a Dio tutto quel che hanno ricevuto di bene, non vanno cercando di essere esaltati l'uno dall'altro, ma vogliono invece quella gloria, che viene soltanto da Dio; aspirano e sono tutti tesi a questo: che, in loro stessi e in tutti i beati, sia lodato Iddio sopra ogni cosa. Sii dunque riconoscente anche per la più piccola cosa; così sarai degno di ricevere doni più grandi. La cosa più piccola sia per te come la più grande; quello che è più disprezzabile sia per te come un dono straordinario. Se si guarda all'altezza di colui che lo dà, nessun dono sembrerà piccolo o troppo poco apprezzabile. Non è piccolo infatti ciò che ci viene dato dal Dio eccelso. Anche se ci desse pene e tribolazioni, tutto questo deve esserci gradito, perché il Signore opera sempre per la nostra salvezza, qualunque cosa permetta che ci accada. Chi vuol conservare la grazia divina, sia riconoscente quando gli viene concessa, e sappia sopportare quando gli viene tolta; preghi perché essa ritorni, sia prudente ed umile affinché non abbia a perderla.
Lettera ai cristiani di Magnesia
Sant'Ignazio di Antiochia - Sant'Ignazio di Antiochia
Leggilo nella Biblioteca
Saluto
Ignazio, Teoforo, alla Chiesa di Magnesia vicino al Meandro benedetta nella grazia di Dio Padre in Gesù Cristo nostro Salvatore il mio saluto e l’augurio di grande gioia in Dio Padre e in Gesù Cristo.
Unione col Cristo
I,1. Avendo conosciuto la disciplina della vostra carità verso Dio, pieno di Gioia ho pensato di parlarvi nella fede di Gesù Cristo. 2. Onorato di un nome di uno splendore divino, in queste catene che porto, canto alle chiese ed auguro loro l’unione nella carne e nello spirito di Gesù Cristo, nostra eterna vita, della fede e della carità, cui nulla è da preferire, e ciò che è più importante l’unione con Gesù e il Padre. Se rimaniamo in questa ed evitiamo ogni assalto del principe di questo mondo, raggiungeremo Dio.
II. Ho avuto l’onore di vedervi in Dama, vostro vescovo degno di Dio, nei degni presbiteri Basso ed Apollonio e nel diacono Zootione, mio conservo, della cui presenza mi auguro sempre di gioire. Egli è sottomesso la vescovo come alla grazia di Dio e al presbitero come alla legge di Gesù Cristo.
Sottomissione al vescovo
III,1. Conviene che voi non abusiate dell’età del vescovo, ma per la potenza di Dio Padre gli tributiate ogni riverenza. In realtà ho saputo che i vostri santi presbiteri non hanno abusato della giovinezza evidente di lui, ma saggi in Dio sono sottomessi a lui, non a lui, ma al Padre di Gesù Cristo che è il vescovo di tutti. 2. Per il rispetto di chi ci ha voluto bisogna obbedire senza ipocrisia alcuna, poichè non si inganna il vescovo visibile, bensì si mentisce a quello invisibile. Non si parla della carne, ma di Dio che conosce le cose invisibili.
IV,1. Bisogna non solo chiamarsi cristiani, ma esserlo; alcuni parlano sempre del vescovo ma poi agiscono senza di lui. Questi non sembrano essere onesti perchè si riuniscono non validamente contro il precetto.
Le due monete
V, 1. Poichè le cose hanno una fine e due cose ci sono davanti, la morte e la vita, ciascuno dovrà andare al suo posto. 2. Ci sono come due monete, una di Dio e l’altra del mondo ed ognuna di esse ha la sua impronta coniata; gli infedeli quella di questo mondo, i fedeli nella carità quella di Dio Padre per Gesù Cristo. Se non avessimo a morire spontaneamente per lui nella sua passione, la sua vita non sarebbe in noi.
La concordia
VI,1. Poichè nelle persone nominate sopra ho visto e amato tutta la comunità vi prego di essere solleciti a compiere ogni cosa nella concordia di Dio e dei presbiteri. Con la guida del vescovo al posto di Dio, e dei presbiteri al posto del collegio apostolico e dei diaconi a me carissimi che svolgono il servizio di Gesù Cristo che prima dei secoli era presso il Padre e alla fine si è rivelato. 2. Tutti avendo una eguale condotta rispettatevi l’un l’altro. Nessuno guardi il prossimo secondo la carne, ma in Gesù Cristo amatevi sempre a vicenda. Nulla sia tra voi che vi possa dividere, ma unitevi al vescovo e ai capi nel segno e nella dimostrazione della incorruttibilità.
Unico tempio di Dio
VII,1. Come il Signore nulla fece senza il Padre col quale è uno, nè da solo nè con gli apostoli, così voi nulla fate senza il vescovo e i presbiteri. Nè cercate che appaia lodevole qualche cosa per parte vostra, ma solo per la cosa stessa: una sola preghiera, una sola supplica, una sola mente, una sola speranza nella carità, nella gioia purissima che è Gesù Cristo, del quale nulla è meglio. 2. Accorrete tutti come all’unico tempio di Dio, intorno all’unico altare che è l’unico Gesù Cristo che procedendo dall’unico Padre è ritornato a lui unito.
Abbiamo ricevuto la grazia
VIII,1. Non fatevi ingannare da dottrine eterodosse nè da antiche favole che sono inutili; se viviamo ancora secondo la legge ammettiamo di non aver ricevuto la grazia. 2. I santi profeti vissero secondo Gesù Cristo. Per questo furono perseguitati poichè erano ispirati dalla sua grazia a rendere convinti gli increduli che c’è un solo Dio che si è manifestato per mezzo di Gesù Cristo suo Figlio, che è il suo verbo uscito dal silenzio e che in ogni cosa è stato di compiacimento a Lui che lo ha mandato.
Vivere secondo la domenica
IX,1. Dunque, quelli che erano per le antiche cose sono arrivati alla nuova speranza e non osservano più il sabato, ma vivono secondo la domenica, in cui è sorta la nostra vita per mezzo di Lui e della sua morte che alcuni negano. Mistero dal quale, invece, abbiamo avuto la fede e nel quale perseveriamo per essere discepoli di Gesù Cristo il solo nostro maestro. 2. Come noi possiamo vivere senza di Lui se anche i profeti quali discepoli nello spirito lo aspettavano come maestro? Per questo, quello che attendevamo giustamente, venendo li risuscitò dai morti.
Il nuovo lievito
X,1. Avvertiamo la sua bontà. Se egli ci imitasse come noi agiamo non ci saremmo più. Perciò divenuti suoi discepoli abbracciamo la vita secondo il cristianesimo. Chi è chiamato con un nome diverso da questo, non è di Dio. 2. Gettate via il cattivo fermento, vecchio ed acido e trasformatevi in un lievito nuovo che è Gesù Cristo. In lui prendete il sale perchè nessuno di voi si corrompa in quanto dall’odore sarete giudicati. 3. È stolto parlare di Gesù Cristo e continuare nel giudaismo. Non il cristianesimo ha creduto nel giudaismo, ma il giudaismo nel cristianesimo, in cui si è riunita ogni lingua che crede il Dio.
Convinzione piena nel Cristo
XI. Questo, carissimi, non perchè abbia saputo che alcuni tra voi si comportano in tal modo, ma, pur a voi inferiore, voglio mettervi in guardia di non abboccare all’amo della vanità, ma di essere convinti della nascita, della passione e della resurrezione avvenuta sotto il governo di Ponzio Pilato. Ciò è stato compiuto veramente e sicuramente da Gesù Cristo, nostra speranza, dalla quale nessuno si allontani.
Il giusto accusatore di se stesso
XII. Possa io gioire di voi in ogni cosa, se ne sono degno. Benchè incatenato, non sono più di uno di voi che siete liberi. So che non vi gonfiate e avete in voi Gesù Cristo. Piuttosto quando io vi lodo so che arrossite come è scritto:«Il giusto è accusatore di se stesso».
Saldi nei precetti del Signore e degli apostoli
XIII,1. Cercate di tenervi ben saldi nei precetti del Signore e degli apostoli perchè vi riesca bene tutto quanto fate nella carne e nello spirito, nella fede e nella carità, nel Figlio, nel Padre e nello Spirito, al principio e alla fine, con il vostro vescovo che è tanto degno e con la preziosa corona spirituale dei vostri presbiteri e dei Diaconi secondo Dio. 2. Siate sottomessi al vescovo e gli uni agli altri, come Gesù Cristo al Padre, nella carne, e gli apostoli a Cristo e al Padre e allo Spirito, affinchè l’unione sia carnale e spirituale.
Congedo
XIV. Sapendo che siete pieni di Dio, vi ho esortato con brevità. Ricordatevi di me nelle vostre preghiere perchè possa raggiungere Dio, e della Chiesa che è in Siria, della quale non sono degno di portare il nome. Ho bisogno della vostra preghiera unita in Dio e della carità affinchè la Chiesa di Siria per intercessione della vostra Chiesa sia aspersa di grazia.
XV. Vi salutano gli Efesini da Smirne, donde io vi saluto. Sono venuti per la gloria di Dio come anche voi e mi hanno prodigato ogni cosa con Policarpo, il vescovo e gli smirnesi. Vi salutano anche le altre Chiese nella gloria di Gesù Cristo. State bene nella concordia di Dio possedendo lo spirito inseparabile che è Gesù Cristo.
4 - Si narra come Maria beatissima, tre giorni dopo la discesa dal cielo, si manifesta agli apostoli parlando loro di persona.
La mistica Città di Dio - Libro settimo - Suor Maria d'Agreda
Leggilo nella Biblioteca39. Consiglio di nuovo a quelli che leggeranno questa Storia di non meravigliarsi delle vicende nascoste di Maria santissima in essa contenute e di non ritenerle incredibili per il solo fatto che il mondo le abbia finora ignorate. Anche se la Chiesa fino ad oggi non ha avuto notizie autentiche delle opere straordinarie da lei compiute dopo che suo Figlio fu salito al Padre, noi non possiamo negare che queste dovettero essere molte e grandiose, essendo ella maestra, custode e madre della legge evangelica che si stava diffondendo sotto la sua protezione. E se l'Altissimo la rinnovò per tale ministero e a suo favore manifestò la sua onnipotenza, allora nessun beneficio, seppur enorme, può essere negato a colei che fu unica e singolare tra le creature ove non sia in contrasto con le verità cattoliche.
40. La Regina rimase tre giorni nelle altezze contemplando Dio e poi tornò sulla terra il giorno corrispondente alla domenica dopo l'ascensione, chiamata "infra ottava" della festa. Per altri tre giorni lo splendore con cui era venuta da lassù rifulse in lei, e poi a poco a poco si attenuò. Solo san Giovanni fu iniziato al mistero perché non sembrava opportuno svelarlo agli altri apostoli, non essendo essi ancora in grado di recepirlo; sebbene ella fosse con loro, la luce che irradiava venne celata dal Signore, giacché lo stesso Evangelista, a cui fu concesso di poterla guardare, cadde prostrato al suolo, nonostante fosse sostenuto da una grazia speciale. Né d'altronde conveniva che fosse privata subito e in una volta sola degli effetti esteriori ed interiori ricevuti nell'empireo. Meglio se sua Maestà, nella sua infinita sapienza, li avesse temperati piano piano, fintanto che ella fosse tornata allo stato visibile più comune e avesse potuto conversare con gli Undici e con gli altri fedeli.
41. Il miracolo di essere stata personalmente sul trono della Trinità non è in contrasto con il racconto degli altri apostoli, laddove si riferisce che essi e le sante donne dopo l'ascensione perseverarono unanimi nella preghiera. La concordanza di questo con ciò che ho detto è inconfondibile: san Luca riporta quello che egli e i suoi compagni avevano visto nel cenacolo di Gerusalemme, non potendo quindi fare menzione di quanto ignorava. Il corpo purissimo della Vergine era presente in due luoghi, quantunque l'attenzione e l'uso delle facoltà e dei sensi fossero più perfetti nel cielo. Era pure vero che ella si trovava con gli Undici, rimirata da tutti, e che, allo stesso modo, li guardava dall'alto e univa le sue suppliche alle loro, offrendole al suo Unigenito, stando alla sua destra e ottenendo per la loro costanza doni particolari.
42. La Signora , nei tre giorni in cui dimorò nel cenacolo godendo degli effetti della gloria mentre diminuiva la luminosità che da quella le era ridondata, rimase impegnata nelle divine e ardenti manifestazioni di amore, gratitudine e ineffabile sottomissione, a tal punto che non trovo parole adatte a palesare quello che ho compreso di questo arcano, quantunque ciò che ho dichiarato risulti molto poco rispetto alla verità. Risvegliò una nuova ammirazione negli angeli e nei serafini che l'assistevano, i quali si interrogavano se fosse maggiore il miracolo compiuto dall'Onnipotente nell'innalzare una semplice creatura a tanti e tali favori oppure quello che ella, dopo essere stata elevata allo stato sublime e adornata di grazia e gloria sopra ogni altro essere, si umiliasse sino a reputarsi l'ultima di tutti. Gli stessi serafini erano come sospesi, a nostro modo di intendere, in questo stupore e afferrati da esso discorrevano tra di loro dicendo: «I demoni non si sarebbero sollevati in superbia se, prima di cadere, fossero giunti a conoscere questo raro modello di umiltà, che senza alcun difetto o mancanza ha sopperito in pienezza ai limiti e alle lacune di tale virtù di tutti gli altri. Ella sola ponderò degnamente la magnificenza e la grandezza del Creatore e la piccolezza di tutto il creato: sa quando e come egli voglia essere obbedito e adorato, e, sapendolo, prontamente si impegna ad eseguire la sua volontà. Come è possibile che la terra, in mezzo alle spine seminate tra i discendenti di Adamo, abbia prodotto questo purissimo giglio così gradito a Dio e così fragrante per i mortali? O che dal deserto del mondo, disabitato dalla grazia, sia sorto un essere così celestiale, ricolmo delle delizie dell'Altissimo? Siano eternamente lodate la sua sapienza e la sua bontà per aver formato una creatura così ordinata e degna di venerazione, per santa emulazione della nostra natura e per esempio e onore dell'umanità. E voi, benedetta fra le donne, scelta ed eletta fra tutti, siate conosciuta, esaltata e rispettata da tutte le generazioni. Godete per sempre del sublime dono che vi elargì vostro Figlio. Possa egli trovare in voi il suo gradimento e la sua compiacenza per la bellezza delle sue opere e dei suoi benefici! Possa l'immenso amore con il quale desidera la giustificazione di tutti essere saziato! Voi gli darete soddisfazione per tutti ed egli, guardando voi sola, non si pentirà di avere plasmato tanti ingrati. Se essi poi lo irritano e lo offendono, voi lo placate e lo rendete misericordioso e benevolo. Non meravigliamoci che si mostri indulgente e benigno verso gli uomini, dal momento che voi vivete con loro ed essi sono il vostro popolo».
43. Con tali elogi e altri cantici i ministri celesti celebrarono l'umiltà e le azioni virtuose della nostra sovrana e, prima di ritornare nell'empireo, la scortarono e la lasciarono nel cenacolo. Trascorsi i primi tre giorni dalla sua discesa, Maria avvertì che era già giunta l'ora di trattare e conversare con i fedeli. E così fece. Si rivolse con tenerezza materna verso gli apostoli e i discepoli, accompagnandoli nella preghiera che innalzavano e offrendola con lacrime a Gesù intercedendo per i presenti e per tutti quelli che nei secoli a venire avrebbero ricevuto la fede cattolica. Ogni giorno, senza tralasciarne alcuno fino a che visse, implorò il Signore di accelerare il tempo in cui nella Chiesa si potessero celebrare i divini misteri nelle festività, come egli aveva promesso. Gli chiese di inviare nel mondo per la conversione dei peccatori persone di singolare e sublime santità. L'ardore della sua carità verso i cristiani era a tal punto profondo che avrebbe potuto farle perdere anche la vita e, per recarle conforto e per moderare la forza della sua struggente brama, il Redentore le mandò uno dei serafini più alti, affinché l'assicurasse che i suoi aneliti sarebbero stati soddisfatti e le manifestasse i disegni della Provvidenza in ordine alla salvezza dei mortali.
44. La visione astrattiva di Dio rendeva così ineffabile l'incendio dell'ardore divino nel suo purissimo e castissimo intimo che ella sorpassava incomparabilmente i serafini più infiammati e vicini alla Trinità. Se talvolta discendeva un poco da queste altezze e percepiva meno gli effetti di questa fiamma, ciò accadeva perché potesse contemplare l'umanità del suo Unigenito: ella infatti non riconosceva dentro di sé nessuna immagine o rappresentazione di altre cose visibili, ad eccezione di quando si poneva in relazione attraverso i sensi con le creature. In questa viva memoria del suo diletto sentiva una certa naturale nostalgia per la sua lontananza, benché moderata e perfettissima come conviene ad una madre sommamente saggia. Dal momento che nel cuore del Figlio corrispondeva l'eco di questo affetto, egli si lasciava ferire dai suoi desideri, adempiendosi così la parola del Cantico dei cantici, dove si afferma che gli occhi con cui lo guardava la sua diletta Madre e sposa lo facevano volare e lo attiravano a tal punto da non potersi trattenere a discendere sulla terra.
45. Ciò avvenne molte volte, come dirò più avanti. La prima fu in uno dei pochi giorni che passarono prima della venuta dello Spirito Santo, quando ella era tornata tra noi e non ne erano ancora trascorsi sei dacché aveva incominciato a conversare con gli apostoli. In questo lasso di tempo sua Maestà scese in persona per farle visita e riempirla di nuovi doni e di ineffabili consolazioni. La candidissima colomba era malata di amore e come - in deliquio, che confessò esserle causato dal fervore inebriante della cella del Re. Egli, avvicinandosi a lei, la tenne stretta al suo seno con la mano sinistra della sua umanità divinizzata e con quella destra della divinità la illuminò, l'arricchì e la colmò di nuovi influssi che le diedero vita e forza. Si calmarono le ansie di questa cerva ferita potendo ella bere a sazietà alle sorgenti della salvezzas e sentirsi così ristorata e rinfrancata, ma solo per accendere sempre più la fiamma del suo fuoco amoroso che mai si estinse. Sollevata da questo male, si sentì immediatamente ancor più addolorata; guarì per ammalarsi di nuovo; tornò alla vita per morire nuovamente in preda alla morte del suo amore: questa infermità non conosce altra medicina né tollera altro rimedio. Quando la tenerissima Vergine recuperò un po' di energie e Cristo concesse vigore ai suoi sensi, gli si prostrò innanzi manifestandogli tutta la riconoscenza e la gratitudine perché le era stato concesso di vederlo, e lo supplicò con enorme ossequio di benedirla ulteriormente.
46. La prudentissima Regina non si aspettava tale beneficio, non solo perché era passato così poco tempo dal momento in cui ne era rimasta priva, ma anche perché il suo Unigenito non le aveva fatto sapere quando l'avrebbe visitata e la sua profonda umiltà non le permetteva di pensare che la bontà superna fosse incline a confortarla. Questa fu la prima volta che lo ricevette e il suo stupore fu tanto grande che rimase umiliata pensando bassamente di sé. Trascorse cinque ore rallegrandosi della presenza e delle carezze di Gesù e gli apostoli allora non intesero che cosa fosse successo, benché il suo aspetto esteriore e alcuni suoi gesti facessero presumere che si trattasse di qualcosa di straordinario e miracoloso; ma nessuno di loro ebbe il coraggio di interrogarla per il timore e il rispetto reverenziale che nutrivano verso di lei. Per separarsi dal Salvatore, quando realizzò che egli voleva ascendere si stese di nuovo al suolo e, chiedendogli ancora la benedizione, lo pregò, qualora si fosse degnato di recarsi ancora da lei come aveva fatto in quell'occasione, di concederle di riconoscere il difetto, che le sembrava di aver avuto, di non corrispondere con una gratitudine proporzionata ai molteplici favori ottenuti. Rivolse questa domanda sia perché lo stesso Signore le stava promettendo che sarebbe tornato altre volte da lei, sia perché, quando ancora vivevano insieme, era solita prostrarsi davanti a lui, confessandosi indegna dei suoi doni e lenta - almeno così le pareva - nel contraccambiarli, come si è detto nella seconda parte. E sebbene non potesse accusarsi di colpa alcuna, perché nessuna ne commise colei che era signora della santità, e neppure per ignoranza persuadersi di averne, essendo madre della sapienza, egli le permise di dare una giusta stima del debito che come pura creatura doveva a Dio in quanto Dio: in questa sublime conoscenza è profonda umiltà, le sembrava poco tutto quello che operava in contraccambio di grazie tanto straordinarie. Attribuiva tale sproporzione a sé e, pur non avendo alcuna responsabilità, voleva almeno ammettere l'inferiorità dell'essere terreno paragonato con la divina eccellenza.
47. Tra gli ineffabili benefici che le furono concessi, fu mirabile l'attenzione che Maria ebbe affinché gli Undici e gli altri discepoli si preparassero degnamente a ricevere lo Spirito Santo. Capiva quanto prezioso fosse ciò che il Padre della luce elargiva loro; conosceva anche la tenerezza e l'affezione che essi nutrivano verso il Maestro e come la tristezza che sentivano per la sua assenza li avrebbe turbati. Ora, per guarire questo loro difetto e renderli migliori sotto tutti gli aspetti ella, non appena fu arrivata in cielo, mandò uno dei suoi angeli al cenacolo, per manifestare loro la sua volontà e quella del Figlio: si elevassero e stessero in Dio, dove dimorava il loro amore attraverso la fede, piuttosto che in se stessi; non si lasciassero trascinare dalla sola vista della sua umanità, ma si servissero di essa come porta e strada per inoltrarsi nella divinità, dove avrebbero trovato la piena soddisfazione e il riposo. Dopo essere tornata quaggiù, la Signora li consolò nell'afflizione e li rincuorò nello sconforto: ogni giorno passava un'ora in conversazione con loro spiegando i misteri della fede a lei insegnati da Cristo, non usando il tono di maestra, ma scegliendo la forma della condivisione e dello scambio. Li consigliò inoltre di fermarsi a parlare tra sé un'altra ora, trattando intorno ai consigli, alle promesse, alla dottrina del Redentore. Una parte del giorno usassero l'orazione vocale recitando il ?Padre nostro? e alcuni salmi; il resto lo dedicassero a quella mentale; verso sera prendessero un pasto di pane e pesce e alla fine si concedessero un sonno moderato. Con la preghiera e col digiuno si preparassero così alla venuta del Paraclito.
48. Fin da quando era alla destra dell'Unigenito la vigilante Madre si era presa così cura di questa fortunata famiglia. Per dare a tutte le sue opere il massimo grado di perfezione, dopo essere scesa dall'empireo, non parlò mai agli apostoli senza che Pietro e Giovanni glielo chiedessero espressamente. Perciò domandò ed ottenne da Gesù che li ispirasse in tal senso, cosicché potesse essere loro sottomessa in tutto come a suoi vicari e sacerdoti. Le sue suppliche e i suoi desideri vennero esauditi. Ella obbediva come serva, dissimulando la dignità di regina, senza attribuirsi autorità o potere o superiorità alcuna, ma anzi comportandosi come se fosse stata l'ultima fra tutti. Durante quei giorni dischiuse loro il mistero della santissima Trinità in termini altissimi e arcani, ma in una forma intelligibile e adatta alla capacità di comprensione di ciascuno. Successivamente espose loro quello dell'unione ipostatica, dell'incarnazione e tutto ciò che aveva appreso, e comunicò loro che, per acquisire una cognizione più profonda, sarebbero stati di lì a poco illuminati dallo Spirito Santo.
49. Insegnò l'orazione mentale e spiegò il pregio singolare e la necessità di questo genere di preghiera: il principale compito e la più nobile occupazione degli esseri dotati di ragione deve consistere nell'innalzarsi con l'intelletto e la volontà sopra il creato per conoscere e amare Dio; nessun'altra cosa o preoccupazione venga anteposta a questo o frapposta per evitare che l'anima sia privata di un simile bene, il supremo della vita e il principio della felicità eterna. Indicò loro come dovessero essere grati al Padre delle misericordie per averci donato il Figlio come nostro salvatore e guida, e li fece anche riflettere sull'amore con cui egli ci aveva redenti pagando il prezzo della passione e della morte e sulla predilezione con cui li aveva scelti e chiamati ad essere suoi ministri tra tutti gli altri uomini, per vivere uniti a lui in un rapporto intimo e familiare e diventare i fondatori della Chiesa. Con tali esortazioni rischiarò gli Undici e gli altri, li infiammò e li aiutò affinché si preparassero a ricevere lo Spirito e le sue sante operazioni. E dal momento che la Principessa era in grado di penetrare i loro cuori, conoscendo il temperamento e le attitudini naturali di ciascuno, si adattava a tutti secondo le singole necessità, secondo la grazia e la disposizione che coglieva in essi, affinché esercitassero le virtù con gioia, consolazione e fortezza. Li esortò inoltre ad adorare l'immensità dell'Altissimo anche attraverso forme esteriori umili, quali le prostrazioni o altre azioni di culto e riverenza.
50. Tutti i giorni, mattino e sera, si recava da loro a chiedere la benedizione: prima da Pietro, poi da Giovanni e quindi dagli altri secondo il grado di anzianità. All'inizio tutti cercavano di sottrarsi dal compiere questo rito, perché la consideravano loro sovrana e madre del loro Signore, ma ella obbligò tutti a benedirla, spiegando l'alta dignità, i compiti del loro ministero e il sommo rispetto dovuto. Poiché in questa gara si trattava di sapere chi più si sarebbe umiliato, era già certo in anticipo che la Mae stra dell'umiltà dovesse vincere e i discepoli rimanere superati e istruiti dal suo esempio. D'altra parte le sue parole erano tanto soavi, ardenti e capaci di commuovere che quei primi fedeli vennero illuminati e furono guidati ad esercitare tutto ciò che vi era di più perfetto nelle virtù. Ora, riconoscendo essi stessi questi ineffabili effetti, ne parlavano gli uni con gli altri pieni di stupore: «Veramente in questa pura creatura ritroviamo il medesimo insegnamento e conforto che ci erano stati tolti nel momento in cui Cristo ascese al cielo. Le sue azioni, i suoi consigli e la comunicazione colma di dolcezza e mitezza ci ammaestrano e ci inducono all'impegno, proprio come succedeva quando il nostro Redentore conversava con noi. Adesso i nostri cuori si accendono nello stesso modo. Non vi è alcun dubbio che l'Eterno abbia colmato la Vergine di scienza e forza. Possiamo ormai asciugare le lacrime, perché egli ce l'ha donata come modello e consolazione e ci ha concesso di avere con noi questa viva Arca dell'alleanza, dove ha depositato la sua legge, la sua verga dei prodigi e la dolcissima manna per la nostra vita».
51. Se gli apostoli e i primi discepoli ci avessero lasciato scritto ciò che come testimoni oculari appresero da lei, ciò che compresero dalla sua eminente sapienza, ciò che da lei intesero e che si dissero in così lungo tempo, certamente avremmo una cognizione più chiara della sua santità e delle sue opere eroiche. Saremmo anche giunti alla convinzione che il suo Unigenito l'aveva resa partecipe di una specie di virtù divina simile alla sua, quantunque essa stesse in lui come nella sua fonte e nella sua origine e in lei come in un canale o acquedotto attraverso cui si comunicava a tutti e si continua a comunicare. Gli Undici furono privilegiati dal fatto di poter bere le acque del Salvatore e della dottrina della Regina castissima, attingendo alla stessa sorgente e ricevendole per mezzo dei sensi come conveniva a ragione del compito affidato loro: fondare la Chiesa e seminare la fede evangelica in tutto il mondo.
52. Per il tradimento e la morte di Giuda, il più infelice tra tutti i nati, il suo ministero era vacante e, come affermò Davide, si rendeva necessario consegnare il suo apostolato ad un'altra persona che fosse degna di sostenerlo, perché era volontà dell'Altissimo che, alla venuta del Paraclito, si trovasse compiuto il numero di dodici, come il Maestro li aveva contati al momento della chiamata. Maria notificò questo ordine agli apostoli durante una conversazione e tutti accettarono la proposta e la supplicarono di indicare colui che ritenesse il più meritevole e idoneo a diventare uno di loro. Ella non ignorava chi fosse il prescelto perché teneva scritti nel suo cuore i loro nomi, incluso quello di san Mattia; tuttavia, nella sua umile e profonda saggezza, pensò che fosse conveniente affidare tale scrutinio a Pietro, perché cominciasse ad espletare nella comunità ecclesiale l'incarico di pontefice. Quindi gli suggerì di procedere con l'elezione davanti ai fedeli, cosicché tutti lo vedessero operare come loro capo supremo. Egli fece come gli fu comandato.
53. San Luca riferisce come questo avvenne nel primo capitolo degli Atti. Racconta che, in quei giorni intermedi tra l'ascensione e la venuta dello Spirito Santo, il vicario di Cristo, avendo riunito i fratelli, gli stessi centoventi che erano stati presenti allorché sua Maestà era salito all'empireo, spiegò loro come avrebbe dovuto realizzarsi la profezia di Davide riguardo al tradimento di Giuda. Quest'ultimo, infatti, che faceva parte dei dodici, infelicemente aveva prevaricato e fatto da guida a quelli che avevano arrestato Gesù; lo aveva venduto al prezzo stabilito e col denaro aveva comprato il campo che nella lingua comune si chiamava Akeldamà. Alla fine, indegno della misericordia divina, si era impiccato ed era morto spargendo fuori tutte le sue viscere. La cosa era diventata nota a tutti gli abitanti di Gerusalemme e perciò era indispensabile nominare un'altra persona al suo posto per essere testimone della resurrezione. Era dunque opportuno che il nuovo eletto fosse tra i compagni che avevano seguito il Signore sin dal principio della predicazione e dal battesimo di Giovanni.
54. Terminato il discorso ed essendo tutti d'accordo di procedere all'elezione, ne fu affidata a Pietro la modalità. Egli stabilì che fra i settandue discepoli se ne scegliessero due, espressamente Giuseppe detto il Giusto e Mattia, e che poi su questi due si gettassero le sorti e venisse associato colui il cui nome fosse uscito per primo. Tale modo di agire ebbe l'approvazione di tutti: era per quel tempo molto sicuro perché la virtù divina compiva grandi meraviglie per fondare la Chiesa. Scrissero i nomi di entrambi su due foglietti con l'aggiunta "discepolo e apostolo di Gesù" e li posero in un vaso dove non potessero essere veduti. Tutti si misero a implorare Dio, che conosce il cuore di ciascuno, di aiutarli ad eleggere colui che fosse gradito alla sua volontà. Pietro estrasse dal vaso il biglietto in cui era scritto: "Mattia discepolo e apostolo di Gesù". Nel gaudio generale costui fu accettato come legittimo apostolo, i suoi compagni lo abbracciarono e la Vergine , che era stata sempre presente, gli chiese la benedizione, cosa che fecero anche gli altri. Poi tutti continuarono a pregare e a fare digiuno fino alla venuta dello Spirito Santo.
Insegnamento della Regina del cielo
55. Carissima, a ragione ti sei sorpresa dei segreti e sublimi favori che mi furono elargiti dalla destra di mio Figlio e dell'umiltà con cui li accoglievo e ne ero grata, come anche della carità e dell'attenzione che, in tale gioia, nutrivo verso i bisogni degli apostoli e dei credenti. È ormai tempo che tu raccolga il frutto di questa conoscenza: per adesso non puoi intendere di più e io non sento altra brama riguardo a te se non quella di avere una figlia fedele e una discepola che venga dietro a me con fervore. Accendi dunque il fuoco della tua viva fede, pensa che io sono tanto potente per aiutarti e fidati che lo farò superando le tue aspirazioni, e sarò generosa e prodiga nell'arricchirti e colmarti di beni e doni enormi. Ma per riceverli tu devi sottometterti più della terra e considerarti l'ultima tra le creature, perché, quanto a te, sei più inutile della più vile e disprezzata polvere e non sei altro che miseria e necessità. Alla luce di questo, soppesa attentamente quanta e quale sia verso di te la clemenza e la benevolenza dell'Altissimo, e quale grado di corrispondenza e riconoscenza tu gli debba: se colui che paga non ha motivo di gloriarsi fino a che non abbia saldato il conto per intero, tu, che non puoi soddisfare un debito così grande, è giusto che resti umiliata, perché rimarresti sempre debitrice anche se ti dessi da fare continuamente e secondo le tue possibilità. Che cosa succederebbe allora se ti comportassi da persona tiepida e negligente?
56. Con questa prudenza ed attenzione capirai come tu mi debba imitare nel cammino della fede viva, della speranza certa, della carità perfetta, dell'umiltà profonda e anche come esprimere il culto e la riverenza davanti all'infinita grandezza del Signore. Ti avviso nuovamente che la sagacia del serpente è molto vigile e pronta contro i mortali, perché non si curino della devozione e del culto verso l'Eterno e con vano ardire disprezzino questa virtù e tutte le altre che essa contiene in sé. Nei mondani e viziosi il diavolo insinua uno stoltissimo oblio delle verità cattoliche affinché la fede divina non ricordi loro il timore e la venerazione di Dio, e li rende con ciò molto simili ai pagani che non lo conoscono. Negli altri che desiderano la virtù e fanno alcune opere buone, suscita una pericolosa tiepidezza e negligenza: se la passano spensierati senza riflettere su quanto perdano per la mancanza di zelo. Infine cerca di ingannare con una grossolana confidenza coloro che vogliono avvicinarsi ad un grado di maggiore perfezione, perché, sia per i benefici che ottengono sia per la clemenza che sperimentano, si considerino molto intimi e familiari dell'Onnipotente e trascurino quell'umile atteggiamento di ossequio con cui dovrebbero stare alla presenza di colui innanzi al quale tremano le potestà del cielo, come esorta la santa Chiesa. E poiché in altre occasioni ti ho ammonita e avvisata di tale pericolo, ora è sufficiente che te lo ricordi.
57. Pretendo però che tu sia fedele e puntuale nel seguire questa dottrina, nel confessarla e nel metterla in pratica, agendo con semplicità e senza affettazioni, perché con l'esempio e le parole insegni a tutti coloro con cui converserai il santo timore e il rispetto dovuti al Creatore da parte delle creature, e particolarmente desidero che inculchi alle tue religiose questa scienza. Il più efficace insegnamento deve essere il tuo esempio quando agisci ed espleti il tuo dovere: non occultare né tralasciare le tue azioni per paura della vanità. Questo obbligo vale ancora di più per chi è chiamato al servizio dell'autorità, perché è suo compito esortare, indirizzare e far camminare i sudditi nel santo timore di Dio, e ciò avviene più efficacemente con l'esempio che con le parole. Soprattutto devi ammonire sulla stima che si deve avere per i sacerdoti, unti e consacrati del Signore. Imitandomi, chiedi loro sempre la benedizione, ogni volta che ti avvicinerai per ascoltarli o ti allontanerai prendendo licenza. E quando ti sembrerà di essere più favorita dalla bontà divina, volgi allora gli occhi alle necessità e alle sofferenze del tuo prossimo, al pericolo in cui si trovano i peccatori e prega per tutti con viva fede e confidenza, perché non è legittimo amore verso l'Autore della vita quello che si accontenta solo di gioire e si dimentica dei fratelli. Impegnati sollecita a implorare che quel sommo Bene che conosci e di cui partecipi si comunichi a tutti: egli non esclude nessuno, ciascuno è bisognoso della sua comunicazione e del suo aiuto. Cerca di riconoscere rettamente il mio affetto e di ricalcare le mie orme, e così saprai come comportarti in ogni circostanza.
20 luglio 1941
Madre Pierina Micheli
Oggi alla meditazione del pomeriggio il nemico, passava sotto la sedia e la fece cadere due volte. Ieri sera sbuffava imprecando contro il Padre e S. Silvestro.
- La Confessione è il Sacramento dove Gesù ha manifestato il più grande amore alle sue creature. Mi sono sentita fortemente commossa, e spinta a riparare per tutti gli oltraggi che Gesù riceve in questo Sacramento e per tutte le mie infedeltà, freddezze, ripugnanze. Gesù vivente nel Confessore! se fossi sempre profondamente animata da questa grande verità, con quale amore e unzione mi accosterei a questo Sacramento.
Prima della Confessione considererò la sconfinata bontà di Gesù nell'istituire questo Sacramento e andrò con una gran fede, un grande amore a ricevere da Gesù il perdono. Parlare con Gesù manifestarGli le mie miserie e ascoltare le sue parole di perdono. Quale conforto!