Liturgia delle Ore - Letture
Lunedi della 8° settimana del tempo ordinario
Vangelo secondo Giovanni 13
1Prima della festa di Pasqua Gesù, sapendo che era giunta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, dopo aver amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine.2Mentre cenavano, quando già il diavolo aveva messo in cuore a Giuda Iscariota, figlio di Simone, di tradirlo,3Gesù sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani e che era venuto da Dio e a Dio ritornava,4si alzò da tavola, depose le vesti e, preso un asciugatoio, se lo cinse attorno alla vita.5Poi versò dell'acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l'asciugatoio di cui si era cinto.6Venne dunque da Simon Pietro e questi gli disse: "Signore, tu lavi i piedi a me?".7Rispose Gesù: "Quello che io faccio, tu ora non lo capisci, ma lo capirai dopo".8Gli disse Simon Pietro: "Non mi laverai mai i piedi!". Gli rispose Gesù: "Se non ti laverò, non avrai parte con me".9Gli disse Simon Pietro: "Signore, non solo i piedi, ma anche le mani e il capo!".10Soggiunse Gesù: "Chi ha fatto il bagno, non ha bisogno di lavarsi se non i piedi ed è tutto mondo; e voi siete mondi, ma non tutti".11Sapeva infatti chi lo tradiva; per questo disse: "Non tutti siete mondi".
12Quando dunque ebbe lavato loro i piedi e riprese le vesti, sedette di nuovo e disse loro: "Sapete ciò che vi ho fatto?13Voi mi chiamate Maestro e Signore e dite bene, perché lo sono.14Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i vostri piedi, anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri.15Vi ho dato infatti l'esempio, perché come ho fatto io, facciate anche voi.16In verità, in verità vi dico: un servo non è più grande del suo padrone, né un apostolo è più grande di chi lo ha mandato.17Sapendo queste cose, sarete beati se le metterete in pratica.18Non parlo di tutti voi; io conosco quelli che ho scelto; ma si deve adempiere la Scrittura: 'Colui che mangia il pane con me, ha levato contro di me il suo calcagno'.19Ve lo dico fin d'ora, prima che accada, perché, quando sarà avvenuto, crediate che Io Sono.20In verità, in verità vi dico: Chi accoglie colui che io manderò, accoglie me; chi accoglie me, accoglie colui che mi ha mandato".
21Dette queste cose, Gesù si commosse profondamente e dichiarò: "In verità, in verità vi dico: uno di voi mi tradirà".22I discepoli si guardarono gli uni gli altri, non sapendo di chi parlasse.23Ora uno dei discepoli, quello che Gesù amava, si trovava a tavola al fianco di Gesù.24Simon Pietro gli fece un cenno e gli disse: "Di', chi è colui a cui si riferisce?".25Ed egli reclinandosi così sul petto di Gesù, gli disse: "Signore, chi è?".26Rispose allora Gesù: "È colui per il quale intingerò un boccone e glielo darò". E intinto il boccone, lo prese e lo diede a Giuda Iscariota, figlio di Simone.27E allora, dopo quel boccone, satana entrò in lui. Gesù quindi gli disse: "Quello che devi fare fallo al più presto".28Nessuno dei commensali capì perché gli aveva detto questo;29alcuni infatti pensavano che, tenendo Giuda la cassa, Gesù gli avesse detto: "Compra quello che ci occorre per la festa", oppure che dovesse dare qualche cosa ai poveri.30Preso il boccone, egli subito uscì. Ed era notte.
31Quand'egli fu uscito, Gesù disse: "Ora il Figlio dell'uomo è stato glorificato, e anche Dio è stato glorificato in lui.32Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito.33Figlioli, ancora per poco sono con voi; voi mi cercherete, ma come ho già detto ai Giudei, lo dico ora anche a voi: dove vado io voi non potete venire.34Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri.35Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri".
36Simon Pietro gli dice: "Signore, dove vai?". Gli rispose Gesù: "Dove io vado per ora tu non puoi seguirmi; mi seguirai più tardi".37Pietro disse: "Signore, perché non posso seguirti ora? Darò la mia vita per te!".38Rispose Gesù: "Darai la tua vita per me? In verità, in verità ti dico: non canterà il gallo, prima che tu non m'abbia rinnegato tre volte".
Deuteronomio 14
1Voi siete figli per il Signore Dio vostro; non vi farete incisioni e non vi raderete tra gli occhi per un morto.2Tu sei infatti un popolo consacrato al Signore tuo Dio e il Signore ti ha scelto, perché tu fossi il suo popolo privilegiato, fra tutti i popoli che sono sulla terra.
3Non mangerai alcuna cosa abominevole.4Questi sono gli animali che potrete mangiare: il bue, la pecora e la capra;5il cervo, la gazzella, il daino, lo stambecco, l'antilope, il bufalo e il camoscio.6Potrete mangiare di ogni quadrupede che ha l'unghia bipartita, divisa in due da una fessura, e che rumina.7Ma non mangerete quelli che rùminano soltanto o che hanno soltanto l'unghia bipartita, divisa da una fessura e cioè il cammello, la lepre, l'ìrace, che rùminano ma non hanno l'unghia bipartita; considerateli immondi;8anche il porco, che ha l'unghia bipartita ma non rumina, lo considererete immondo. Non mangerete la loro carne e non toccherete i loro cadaveri.
9Fra tutti gli animali che vivono nelle acque potrete mangiare quelli che hanno pinne e squame;10ma non mangerete nessuno di quelli che non hanno pinne e squame; considerateli immondi.
11Potrete mangiare qualunque uccello mondo;12ecco quelli che non dovete mangiare:13l'aquila, l'ossìfraga e l'aquila di mare, il nibbio e ogni specie di falco,14ogni specie di corvo,15lo struzzo, la civetta, il gabbiano e ogni specie di sparviero,16il gufo, l'ibis, il cigno,17il pellicano, la fòlaga, l'alcione,18la cicogna, ogni specie di airone, l'ùpupa e il pipistrello.19Considererete come immondo ogni insetto alato; non ne mangiate.20Potrete mangiare ogni uccello mondo.
21Non mangerete alcuna bestia che sia morta di morte naturale; la darai al forestiero che risiede nelle tue città, perché la mangi, o la venderai a qualche straniero, perché tu sei un popolo consacrato al Signore tuo Dio.
Non farai cuocere un capretto nel latte di sua madre.
22Dovrai prelevare la decima da tutto il frutto della tua sementa, che il campo produce ogni anno.23Mangerai davanti al Signore tuo Dio, nel luogo dove avrà scelto di stabilire il suo nome, la decima del tuo frumento, del tuo mosto, del tuo olio e i primi parti del tuo bestiame grosso e minuto, perché tu impari a temere sempre il Signore tuo Dio.24Ma se il cammino è troppo lungo per te e tu non puoi trasportare quelle decime, perché è troppo lontano da te il luogo dove il Signore tuo Dio avrà scelto di stabilire il suo nome - perché il Signore tuo Dio ti avrà benedetto -,25allora le convertirai in denaro e tenendolo in mano andrai al luogo che il Signore tuo Dio avrà scelto,26e lo impiegherai per comprarti quanto tu desideri: bestiame grosso o minuto, vino, bevande inebrianti o qualunque cosa di tuo gusto e mangerai davanti al Signore tuo Dio e gioirai tu e la tua famiglia.27Il levita che abita entro le tue città, non lo abbandonerai, perché non ha parte né eredità con te.
28Alla fine di ogni triennio metterai da parte tutte le decime del tuo provento del terzo anno e le deporrai entro le tue città;29il levita, che non ha parte né eredità con te, l'orfano e la vedova che saranno entro le tue città, verranno, mangeranno e si sazieranno, perché il Signore tuo Dio ti benedica in ogni lavoro a cui avrai messo mano.
Salmi 55
1'Al maestro del coro. Per strumenti a corda. Maskil.'
'Di Davide.'
2Porgi l'orecchio, Dio, alla mia preghiera,
non respingere la mia supplica;
3dammi ascolto e rispondimi,
mi agito nel mio lamento e sono sconvolto
4al grido del nemico, al clamore dell'empio.
Contro di me riversano sventura,
mi perseguitano con furore.
5Dentro di me freme il mio cuore,
piombano su di me terrori di morte.
6Timore e spavento mi invadono
e lo sgomento mi opprime.
7Dico: "Chi mi darà ali come di colomba,
per volare e trovare riposo?
8Ecco, errando, fuggirei lontano,
abiterei nel deserto.
9Riposerei in un luogo di riparo
dalla furia del vento e dell'uragano".
10Disperdili, Signore,
confondi le loro lingue:
ho visto nella città violenza e contese.
11Giorno e notte si aggirano
sulle sue mura,
12all'interno iniquità, travaglio e insidie
e non cessano nelle sue piazze
sopruso e inganno.
13Se mi avesse insultato un nemico,
l'avrei sopportato;
se fosse insorto contro di me un avversario,
da lui mi sarei nascosto.
14Ma sei tu, mio compagno,
mio amico e confidente;
15ci legava una dolce amicizia,
verso la casa di Dio camminavamo in festa.
16Piombi su di loro la morte,
scendano vivi negli inferi;
perché il male è nelle loro case,
e nel loro cuore.
17Io invoco Dio
e il Signore mi salva.
18Di sera, al mattino, a mezzogiorno mi lamento e sospiro
ed egli ascolta la mia voce;
19mi salva, mi dà pace da coloro che mi combattono:
sono tanti i miei avversari.
20Dio mi ascolta e li umilia,
egli che domina da sempre.
Per essi non c'è conversione
e non temono Dio.
21Ognuno ha steso la mano contro i suoi amici,
ha violato la sua alleanza.
22Più untuosa del burro è la sua bocca,
ma nel cuore ha la guerra;
più fluide dell'olio le sue parole,
ma sono spade sguainate.
23Getta sul Signore il tuo affanno
ed egli ti darà sostegno,
mai permetterà che il giusto vacilli.
24Tu, Dio, li sprofonderai nella tomba
gli uomini sanguinari e fraudolenti:
essi non giungeranno alla metà dei loro giorni.
Ma io, Signore, in te confido.
Salmi 140
1'Al maestro del coro. Salmo. Di Davide.'
2Salvami, Signore, dal malvagio,
proteggimi dall'uomo violento,
3da quelli che tramano sventure nel cuore
e ogni giorno scatenano guerre.
4Aguzzano la lingua come serpenti;
veleno d'aspide è sotto le loro labbra.
5Proteggimi, Signore, dalle mani degli empi,
salvami dall'uomo violento:
essi tramano per farmi cadere.
6I superbi mi tendono lacci
e stendono funi come una rete,
pongono agguati sul mio cammino.
7Io dico al Signore: "Tu sei il mio Dio;
ascolta, Signore, la voce della mia preghiera".
8Signore, mio Dio, forza della mia salvezza,
proteggi il mio capo nel giorno della lotta.
9Signore, non soddisfare i desideri degli empi,
non favorire le loro trame.
10Alzano la testa quelli che mi circondano,
ma la malizia delle loro labbra li sommerge.
11Fa' piovere su di loro carboni ardenti,
gettali nel bàratro e più non si rialzino.
12Il maldicente non duri sulla terra,
il male spinga il violento alla rovina.
13So che il Signore difende la causa dei miseri,
il diritto dei poveri.
14Sì, i giusti loderanno il tuo nome,
i retti abiteranno alla tua presenza.
Isaia 36
1Nell'anno decimoquarto del re Ezechia, Sennàcherib re di Assiria assalì e si impadronì di tutte le fortezze di Giuda.2Il re di Assiria mandò poi da Lachis a Gerusalemme contro il re Ezechia il gran coppiere con un grande esercito. Egli fece sosta presso il canale della piscina superiore, sulla strada del campo del lavandaio.
3Gli andarono incontro Eliakìm figlio di Chelkìa, il maggiordomo, Sebnà lo scrivano e Ioach figlio di Asaf, l'archivista.4Il gran coppiere disse loro: "Riferite a Ezechia: Così dice il grande re, il re di Assiria: Che significa questa sicurezza che dimostri?5Pensi forse che la semplice parola possa sostituire il consiglio e la forza nella guerra? Ora, in chi confidi tu, che ti ribelli contro di me?6Ecco, tu confidi nell'Egitto, in questo sostegno di canna spezzata che penetra la mano e la fora a chi vi si appoggia; tale è il faraone re d'Egitto per chiunque confida in lui.7Se mi dite: Noi confidiamo nel Signore nostro Dio, non è forse lo stesso a cui Ezechia distrusse le alture e gli altari, ordinando alla gente di Giuda e di Gerusalemme: Vi prostrerete solo davanti a questo altare?8Or bene, fa' una scommessa con il mio signore, il re di Assiria; io ti darò duemila cavalli, se puoi procurarti cavalieri per essi.9Come potresti far indietreggiare uno solo dei più piccoli sudditi del mio signore? Eppure tu confidi nell'Egitto per i carri e i cavalieri!10Ora, è forse contro il volere del Signore che io mi sono mosso contro questo paese per distruggerlo? Il Signore mi ha detto: Muovi contro questo paese e distruggilo".
11Eliakìm, Sebnà e Ioach risposero al gran coppiere: "Parla ai tuoi servi in aramaico, poiché noi lo comprendiamo; non parlare in ebraico alla portata degli orecchi del popolo che è sulle mura".12Il gran coppiere replicò: "Forse sono stato mandato al tuo signore e a te dal mio signore per dire tali parole o non piuttosto agli uomini che stanno sulle mura, i quali presto saranno ridotti a mangiare i loro escrementi e a bere la loro urina con voi?".
13Il gran coppiere allora si alzò e gridò in ebraico: "Udite le parole del gran re, del re di Assiria.14Dice il re: Non vi inganni Ezechia, poiché egli non potrà salvarvi.15Ezechia non vi induca a confidare nel Signore dicendo: Certo, il Signore ci libererà; questa città non sarà messa nelle mani del re di Assiria.16Non date ascolto a Ezechia, poiché così dice il re di Assiria: Fate la pace con me e arrendetevi; allora ognuno potrà mangiare i frutti della propria vigna e del proprio fico e ognuno potrà bere l'acqua della sua cisterna,17finché io non venga per condurvi in un paese come il vostro, paese di frumento e di mosto, di pane e di vigne.18Non vi illuda Ezechia dicendovi: Il Signore ci libererà. Gli dèi delle nazioni hanno forse liberato ognuno il proprio paese dalla mano del re di Assiria?19Dove sono gli dèi di Amat e di Arpad? Dove sono gli dèi di Sefarvàim? Hanno essi forse liberato Samaria dalla mia mano?20Quali mai, fra tutti gli dèi di quelle regioni, hanno liberato il loro paese dalla mia mano? Potrà forse il Signore liberare Gerusalemme dalla mia mano?".
21Quelli tacquero e non gli risposero neppure una parola, perché l'ordine del re era: "Non rispondetegli".
22Eliakìm figlio di Chelkìa, il maggiordomo, Sebnà lo scrivano e Ioach figlio di Asaf, l'archivista, si presentarono a Ezechia con le vesti stracciate e gli riferirono le parole del gran coppiere.
Prima lettera ai Corinzi 5
1Si sente da per tutto parlare di immoralità tra voi, e di una immoralità tale che non si riscontra neanche tra i pagani, al punto che uno convive con la moglie di suo padre.2E voi vi gonfiate di orgoglio, piuttosto che esserne afflitti, in modo che si tolga di mezzo a voi chi ha compiuto una tale azione!3Orbene, io, assente col corpo ma presente con lo spirito, ho già giudicato come se fossi presente colui che ha compiuto tale azione:4nel nome del Signore nostro Gesù, essendo radunati insieme voi e il mio spirito, con il potere del Signore nostro Gesù,5questo individuo sia dato in balìa di satana per la rovina della sua carne, affinché il suo spirito possa ottenere la salvezza nel giorno del Signore.
6Non è una bella cosa il vostro vanto. Non sapete che un po' di lievito fa fermentare tutta la pasta?7Togliete via il lievito vecchio, per essere pasta nuova, poiché siete azzimi. E infatti Cristo, nostra Pasqua, è stato immolato!8Celebriamo dunque la festa non con il lievito vecchio, né con lievito di malizia e di perversità, ma con azzimi di sincerità e di verità.
9Vi ho scritto nella lettera precedente di non mescolarvi con gli impudichi.10Non mi riferivo però agli impudichi di questo mondo o agli avari, ai ladri o agli idolàtri: altrimenti dovreste uscire dal mondo!11Vi ho scritto di non mescolarvi con chi si dice fratello, ed è impudico o avaro o idolàtra o maldicente o ubriacone o ladro; con questi tali non dovete neanche mangiare insieme.12Spetta forse a me giudicare quelli di fuori? Non sono quelli di dentro che voi giudicate?13Quelli di fuori li giudicherà Dio. 'Togliete il malvagio di mezzo a voi'!
Capitolo I: L'imitazione di cristo e il disprezzo di tutte le vanita' del mondo
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1. "Chi segue me non cammina nelle tenebre" (Gv 8,12), dice il Signore. Sono parole di Cristo, le quali ci esortano ad imitare la sua vita e la sua condotta, se vogliamo essere veramente illuminati e liberati da ogni cecità interiore. Dunque, la nostra massima preoccupazione sia quella di meditare sulla vita di Gesù Cristo. Già l'insegnamento di Cristo è eccellente, e supera quello di tutti i santi; e chi fosse forte nello spirito vi troverebbe una manna nascosta. Ma accade che molta gente trae un ben scarso desiderio del Vangelo dall'averlo anche più volte ascoltato, perché è priva del senso di Cristo. Invece, chi vuole comprendere pienamente e gustare le parole di Cristo deve fare in modo che tutta la sua vita si modelli su Cristo. Che ti serve saper discutere profondamente della Trinità, se non sei umile, e perciò alla Trinità tu dispiaci? Invero, non sono le profonde dissertazioni che fanno santo e giusto l'uomo; ma è la vita virtuosa che lo rende caro a Dio. Preferisco sentire nel cuore la compunzione che saperla definire. Senza l'amore per Dio e senza la sua grazia, a che ti gioverebbe una conoscenza esteriore di tutta la Bibbia e delle dottrine di tutti i filosofi? "Vanità delle vanità, tutto è vanità" (Qo 1,2), fuorché amare Dio e servire lui solo. Questa è la massima sapienza: tendere ai regni celesti, disprezzando questo mondo.
2. Vanità è dunque ricercare le ricchezze, destinate a finire, e porre in esse le nostre speranze. Vanità è pure ambire agli onori e montare in alta condizione. Vanità è seguire desideri carnali e aspirare a cose, per le quali si debba poi essere gravemente puniti. Vanità è aspirare a vivere a lungo, e darsi poco pensiero di vivere bene. Vanità è occuparsi soltanto della vita presente e non guardare fin d'ora al futuro. Vanità è amare ciò che passa con tutta rapidità e non affrettarsi là, dove dura eterna gioia. Ricordati spesso di quel proverbio: "Non si sazia l'occhio di guardare, né mai l'orecchio è sazio di udire" (Qo 1,8). Fa', dunque, che il tuo cuore sia distolto dall'amore delle cose visibili di quaggiù e che tu sia portato verso le cose di lassù, che non vediamo. Giacché chi va dietro ai propri sensi macchia la propria coscienza e perde la grazia di Dio.
LETTERA 213: Atti ecclesiastici redatti da Agostino, già vecchio nel designare Eraclio a proprio successore.
Lettere - Sant'Agostino
Leggilo nella BibliotecaScritta il 26 settembre 426.
Atti ecclesiastici redatti da Agostino, già vecchio (n. 1) nel designare Eraclio a proprio successore (nn. 2-4) perché frattanto lo sollevasse in parte dal governo della diocesi d'Ippona (nn. 5-6).
ATTI ECCLESIASTICI
Agostino e la questione del successore di Severo.
1. Sotto il gloriosissimo Teodosio, console per la dodicesima volta, e Valentiniano Augusto, console per la seconda volta, il 26 settembre, dopo che il vescovo Agostino si fu assiso in cattedra assieme a Religiano e Martiniano, suoi colleghi d'episcopato, nella chiesa della Pace a Ippona, alla presenza dei preti Saturnino, Leporio, Barnaba, Fortunaziano, Rustico, Lazzaro ed Eraclio, alla presenza altresì del clero e d'una gran folla di fedeli, il vescovo Agostino così parlò:
Senza frapporre alcun indugio, si deve fare quanto ieri ho promesso alla Carità vostra e per cui ho desiderato che vi radunaste qui in gran numero, come vedo che avete fatto. Poiché, se volessi parlarvi d'un altro argomento voi stareste in attesa di quello e non prestereste ascolto. In questa vita siamo tutti mortali, ma l'ultimo giorno di questa vita è per ogni individuo sempre incerto. Tuttavia nell'infanzia si spera di giungere alla puerizia, dalla puerizia all'adolescenza; nell'adolescenza alla giovinezza; nella giovinezza, all'età adulta; nell'età adulta, all'età matura; nell'età matura alla vecchiaia. Non si è sicuri di giungervi, ma si spera. La vecchiaia, al contrario, non ha davanti a se alcun altro periodo da potere sperare: la sua stessa durata è incerta. Certo è solo che non resta più alcun'altra età che possa succedere alla vecchiaia. Io, per volontà di Dio, giunsi in questa città nel vigore della mia vita; ma ora la mia giovinezza è passata e io sono ormai vecchio. So che dopo la morte dei vescovi le chiese sono abitualmente turbate da individui ambiziosi e litigiosi, e debbo prendere le necessarie precauzioni per risparmiare a questa città, nella misura che m'è possibile, ciò ch'io stesso ho dovuto constatare con dolore. Come la Carità vostra sa bene, torno proprio ora dalla chiesa di Milevi. I fratelli di quella località, e specialmente i servi di Dio, mi hanno pregato di recarmi colà, poiché dopo la morte di Severo, mio fratello e collega di episcopato, di felice memoria, si temevano dei turbamenti. Io mi ci sono recato e, per sua misericordia, il Signore ci è venuto in aiuto, come egli ha voluto. In tal modo essi hanno accettato tranquillamente per vescovo colui che il loro vescovo aveva designato da vivo. Avendo essi conosciuto la volontà del vescovo precedente, ora defunto, essi l'hanno accolta di buon grado. Tuttavia era stata omessa una formalità, cosa questa che procurava ad alcuni del malumore. Il nostro fratello Severo, credendo fosse sufficiente indicare il proprio successore al clero, non ne aveva fatto parola ai suoi fedeli; di qui quella specie di malumore in alcuni. Per dirla in breve, questo malumore, grazie a Dio, è stato dissipato e la gioia è ritornata. È stato ordinato come vescovo quello designato dal predecessore. Orbene, per evitare ogni lamentela sul mio conto, porto alla conoscenza di voi tutti la mia volontà che credo pure volontà di Dio: desidero avere per successore il prete Eraclio.
Il popolo gridò per ventitrè volte: "Sia ringraziato Dio! Sia lodato Cristo! ", poi per sedici volte: " Cristo ascoltaci! Viva Agostino! " e ancora per otto volte: " Te per Padre, te per vescovo! ".
Verbali della elezione d'Eraclio a successore di Agostino
2. Tornato di nuovo il silenzio, il vescovo Agostino riprese:
Non c'è bisogno ch'io ne tessa le lodi. Ammiro la sua saggezza e rispetto la sua modestia. È sufficiente, perché voi lo conoscete. Dico soltanto: ciò ch'io desidero, so che lo desiderate anche voi; se prima lo avessi ignorato, me ne sarei reso conto oggi. Ecco ciò che desidero e chiedo a Dio con ferventi preghiere nonostante il freddo della mia tarda età; vi esorto, vi raccomando, vi scongiuro di chiederlo a Dio insieme con me: si degni Dio di fondere insieme tutte le vostre anime nella pace di Cristo, e di dare stabilità a ciò ch'egli ha operato in noi. Egli che mi ha mandato quest'uomo, lo conservi, lo serbi sano e salvo, lo preservi dal male, affinché colui che nella mia vita è stato la mia gioia, mi sostituisca alla mia morte. Come voi vedete, i cancellieri ecclesiastici stenografano ciò che diciamo noi e ciò che dite voi: non andranno perdute né le mie parole né le vostre acclamazioni. Per dirla più chiaramente: stiamo adesso redigendo i verbali canonici con cui desidero vedere confermata la mia volontà per quanto ciò è in potere degli uomini.
I fedeli allora gridarono trentasei volte: " Sia ringraziato Dio! Sia lodato Cristo! Cristo, ascoltaci! Viva Agostino! ". L'ultima acclamazione fu ripetuta tredici volte, poi per otto volte si acclamò: " È cosa degna e giusta! "; cinque volte: " Egli lo ha meritato, ne è ben degno! " e sei volte: " Egli è degno e giusto!".
I fedeli approvano il proposito di Agostino
3. Tornato il silenzio, il vescovo Agostino disse:
Come dunque vi dicevo, desidero che la mia volontà e la vostra venga confermata con questi verbali ecclesiastici, per quanto è in potere degli uomini; per quanto invece riguarda la volontà nascosta dell'Onnipotente, preghiamo tutti, come ho detto, affinché Dio renda stabile quanto ha fatto in mezzo a noi.
I fedeli acclamarono sedici volte: " Ti ringraziamo per la tua decisione "; " Così sia! " dodici volte; e poi per sei volte: " Te per nostro Padre! Eraclio per nostro vescovo! ".
L'elezione a vescovo di Agostino contro i canoni ignorati.
4. Ristabilitosi il silenzio, il vescovo Agostino disse:
Io so quanto sapete anche voi, ma non voglio che a lui succeda quel che successe a me. Molti di voi lo sanno; non lo sanno solo coloro che a quel tempo non erano ancora nati, o non erano in età di comprendere. Io fui ordinato vescovo quando era ancora vivo il vegliardo Valerio, padre e vescovo mio di santa memoria, e occupai la cattedra insieme con lui; ma né io né lui si sapeva che ciò era proibito dal concilio di Nicea. Non voglio dunque che questo mio figlio sia rimproverato per ciò di cui fui rimproverato io.
I fedeli acclamarono per tredici volte: " Sia ringraziato Dio! Cristo sia lodato!".
Agostino propone di dedicarsi tutto alla Scrittura.
5. Tornato il silenzio, il vescovo Agostino soggiunse:
Eraclio rimarrà prete com'è adesso; diventerà vescovo quando Dio vorrà. Ma con l'aiuto della misericordia di Cristo ho intenzione di fare una cosa che fin'ora non ho fatto. Voi sapete che cosa volevo fare da alcuni anni, ma non me lo avete permesso. Noi avevamo stabilito di comune accordo che per cinque giorni della settimana nessuno m'importunasse in modo che potessi occuparmi nello studio della S. Scrittura come i miei fratelli e padri, miei colleghi di episcopato, s'erano degnati d'incaricarmi nei due Concili di Numidia e di Cartagine. Di questo accordo erano stati redatti i verbali, da voi approvati con le vostre acclamazioni; vi faccio leggere quanto fu deciso e le vostre acclamazioni. L'accordo però fu osservato solo per breve tempo; in seguito fu violato, contrariamente alla mia volontà, e ora non mi si lascia mai del tempo libero per ciò che desidero fare; sia al mattino che al pomeriggio io sono coinvolto negli affari della gente. Ora vi supplico e vi scongiuro nel nome di Cristo di accettare ch'io riversi il peso delle mie occupazioni su questo giovane sacerdote che è Eraclio, che oggi io, nel nome di Cristo, designo quale mio successore nell'episcopato.
I fedeli acclamarono per ventisei volte: "Ti ringraziamo per la tua decisione".
I fedeli invitati a sottoscrivere i verbali.
6. Ristabilitosi il silenzio, il vescovo Agostino così proseguì:
Ringrazio la vostra carità e benevolenza davanti al Signore nostro Dio o piuttosto ringrazio Dio a proposito di essa. Ebbene, fratelli miei, per tutto ciò per cui ricorrevate a me, rivolgetevi ad Eraclio; se questi avrà bisogno di consigli, non gli rifiuterò il mio aiuto; mai e poi mai ne lo priverò. Rivolgetevi comunque a lui per tutto ciò per cui ricorrevate a me. Quanto a lui, o si rivolga a me per un consiglio quando non troverà come debba agire oppure chieda aiuto a chi egli sa ch'è per lui come un padre. In tal modo a voi non mancherà nulla e io, finalmente, se Dio mi concederà ancora un po' di vita, non dedicherò quel poco di questa mia vita né alla pigrizia né all'inerzia, ma l'impiegherò, nella misura che Dio mi permetterà e concederà, allo studio delle Sacre Scritture. Questo studio gioverà a Eraclio e per suo tramite anche a voi. Nessuno mi privi di questo tempo libero da preoccupazioni, perché il mio tempo è pieno di grandi occupazioni. Vedo di aver trattato con voi tutti i punti della cosa per la quale vi avevo invitati. Vi rivolgo ora una ultima preghiera: tutti quelli che sanno scrivere, abbiano la bontà di firmare questi verbali. Qui mi occorre ch'io abbia la vostra risposta; date il segno del consenso con un'acclamazione.
I fedeli acclamarono per venticinque volte: " Così sia! "; per ventotto volte: " È cosa degna e giusta! "; per altre quattordici volte ripeterono: " Così sia! Così sia! " e per venticinque ancora: " Da molto tempo ne sei degno e te lo meriti! "; per tredici volte acclamarono: " Ti ringraziamo per la tua decisione " e per diciotto volte: " Cristo, dacci ascolto, conserva Eraclio ".
I fedeli invitati a pregare durante la S. Messa.
7. Fattosi di nuovo silenzio, il vescovo Agostino disse:
È bene che celebriamo all'altare del sacrificio l'azione divina; durante quest'ora di supplica raccomando caldamente alla Carità vostra di lasciar da parte tutte le vostre preoccupazioni e tutte le vostre questioni e di pregare il Signore per questa Chiesa, per me e per il prete Eraclio.
Capitolo XXI: In Dio, al di sopra di ogni bene e di ogni dono, dobbiamo trovare la nostra pace
Libro III: Dell'interna consolazione - Tommaso da Kempis
Leggilo nella Biblioteca1. O anima mia, in ogni cosa e al di sopra di ogni cosa, troverai riposo, sempre, nel Signore, perché lui stesso costituisce la pace dei santi, in eterno. Dammi, dolcissimo e amabilissimo Gesù, di trovare quiete in te. In te, al di sopra di ogni creatura, di ogni ben e di ogni bellezza; al di sopra di ogni gloria ed onore, potere e autorità; al di sopra di tutto il sapere, il più penetrante; al di sopra di ogni ricchezza e capacità; al di sopra di ogni letizia e gioia, e di ogni fama e stima degli uomini; al di sopra di ogni dolcezza, consolazione, speranza o promessa umana; al di sopra di ogni ambita ricompensa, di ogni dono o favore che, dall'alto, tu possa concedere; al di sopra di ogni motivo di gaudio e di giubilo, che mente umana possa concepire e provare; infine, al di sopra degli Angeli, degli Arcangeli e di tutte le schiere celesti, al di sopra delle cose visibili e delle cose invisibili, e di tutto ciò che non sia tu, Dio mio. In verità, o Signore mio Dio, tu sei eccellentissimo su ogni cosa; tu solo sei l'altissimo e l'onnipotente; tu solo dai ogni appagamento e pienezza e ogni dolcezza e conforto; tu solo sei tutta la bellezza e l'amabilità; tu solo sei, più d'ogni cosa, ricco di nobiltà e di gloria; in te sono, furono sempre e saranno, tutti quanti i beni, compiutamente. Perciò, qualunque cosa tu mi dia, che non sia te stesso, qualunque cosa tu mi riveli di te, o mi prometta, senza che io possa contemplare o pienamente possedere te, è ben poco e non mi appaga. Ché, in verità, il mio cuore non può realmente trovare quiete, e totale soddisfazione se non riposi in te, portandosi più in alto di ogni dono e di ogni creatura.
2. Cristo Gesù, mio sposo tanto amato, amico vero, signore di tutte le creature, chi mi darà ali di vera libertà, per volare e giungere a posarmi in te? Quando mi sarà dato di essere completamente libero da me stesso e di contemplare la tua soavità, o Signore mio Dio? Quando mi raccoglierò interamente in te, cosicché, per amor tuo, non mi accorga di me stesso, ma soltanto di te, al di là del limite di ogni nostro sentire e in un modo che non tutti conoscono? Ma eccomi qui ora a piangere continuamente e a portare dolorosamente la mia infelicità. Giacché, in questa valle di miserie, molti mali mi si parano innanzi: sovente mi turbano, mi rattristano e mi ottenebrano; sovente mi intralciano il cammino o me ne distolgono, tenendomi legato e impacciato, tanto da non poter accostarmi liberamente a te, a godere del gioioso abbraccio, costantemente aperto agli spiriti beati. Che il mio sospiro e la grande e varia desolazione di questo mondo abbiano a commuoverti, o Gesù, splendore di eterna gloria, conforto dell'anima pellegrina. A te è rivolta la mia faccia; senza che io dica nulla, è il mio silenzio che ti parla. Fino a quando tarderà a venire il mio Signore? Venga a me, che sono il suo poverello, e mi dia letizia; stenda la sua mano e strappi me misera da ogni angustia. Vieni, vieni: senza di te non ci sarà una sola giornata, anzi una sola ora, gioiosa, perché la mia gioia sei tu, e vuota è la mia mensa senza di te. Un pover'uomo, io sono, quasi chiuso in un carcere e caricato di catene, fino a che tu non mi abbia rifatto di nuovo, con la tua presenza illuminante, mostrandomi un volto benevolo, e fino a che tu non mi abbia ridato la libertà. Vadano altri cercando altra cosa, invece di te, dovunque loro piaccia. Quanto a me, nulla mi è ora gradito, nulla mi sarà mai gradito, fuori di te, mio Dio, mia speranza e salvezza eterna. Né tacerò, o smetterò di supplicare, fino a che non torni a me la tua grazia e la tua parola non si faccia sentire dentro di me.
3. Ecco, sono qua; eccomi a te, che mi hai invocato. Le tue lacrime, il desiderio dell'anima tua, la tua umiliazione e il pentimento del tuo cuore mi hanno piegato e mi hanno fatto avvicinare a te. Dicevo io allora: ti avevo invocato, Signore, avevo desiderato di godere di te, pronto a rinunciare ad ogni cosa per te; ma eri stato tu, per primo, che mi avevi mosso a cercarti. Sii dunque benedetto, o Signore, tu che hai usato tale bontà con questo tuo servo, secondo la grandezza della tua misericordia. Che cosa mai potrà dire ancora, al tuo cospetto, il tuo servo, se non parole di grande umiliazione dinanzi a te, sempre ricordandosi della propria iniquità e della propria bassezza? Non c'è, infatti, tra tutte le meraviglie del cielo e della terra, cosa alcuna che ti possa somigliare. Le tue opere sono perfette, e giusti i tuoi comandi; per la tua provvidenza si reggono tutte le cose. Sia, dunque, lode e gloria a te, o sapienza del Padre. La mia bocca, la mia anima e insieme tutte le cose create ti esaltino e ti benedicano.
34-39 Giugno 6, 1937 Interesse che Dio tiene che la creatura viva nella sua Volontà. Dote che darà. Sentinella di Gesù per supplire in ciò che si manca, e se occorre farà anche miracoli. Esempio d’un re.
Luisa Piccarreta (Libro di Cielo)
(1) Mi sento tra le braccia del Voler Divino e pensavo tra me: “Mi sembra difficile che si possa vivere perfettamente in Esso, la vita è piena d’intoppi, di pene e di circostanze tali, che resta come assorbita e sfugge il suo rapido corso che come respiro e palpito dovrebbe correre in quel Fiat Divino, come respiro e palpito il suo nel nostro, che corre sempre per darci vita senza mai fermarsi”. Ed il mio dolce Gesù compatendo la mia ignoranza, tutto bontà mi ha detto:
(2) “Figlia mia benedetta, tu devi sapere che la prima cosa più interessante, è che il nostro Ente Supremo vuole che la creatura faccia vita nella nostra Volontà, essendo stato questo l’unico scopo per cui l’abbiamo dato la vita. Ora, quando Noi vogliamo, diamo tutti i mezzi, gli aiuti, le cose necessarie che ci vogliono per far che potesse darci quello che vogliamo da essa, e se occorre un miracolo continuato da parte nostra, lo facciamo, purché otteniamo il nostro intento. Tu non sai che significa un’atto voluto da Noi e compiuto nella creatura, è tanto il suo valore, la gloria che ci dà, che giunge a farsi corona nostra, abbraccia l’Eterno, ed è tanto il contento che ci dà, che mettiamo il nostro Essere Divino a disposizione della creatura, per fare che il nostro atto voluto e compiuto avesse la sua vita in essa. Ora, la prima dote che diamo a chi vuol vivere nella nostra Volontà Divina, il primo appoggio, la difesa sicura, sono le verità, queste aprono l’ingresso, le stradanno la via e gelose si mettono come fide sentinelle intorno a chi vuol vivere nel mio Fiat, la luce delle nostre verità che appartengono ad Esso non si sposta più da sopra la fortunata, la investe, la carezza, la plasma, la bacia, e si dà a sorsi a sorsi alla sua intelligenza per farsi comprendere, e questo per corteggio della Vita del mio Volere che regna in essa. Le verità quando si sprigionano dal nostro seno, hanno il loro compito del bene che devono fare, le anime che devono chiudere nella luce che posseggono, e perciò sono tutt’occhi sopra di esse, le fissano tanto, che non le possono sfuggire, né si stancano, ancorché passassero secoli stanno sempre al loro posto. Vedi dunque che gran dote darò a chi deve vivere nel nostro Eterno Volere, tutte le conoscenze che ho manifestato sopra di Essa, i valori immensi, i suoi pregi, il suo amore, e l’amore che mi ha spinto a manifestarle, sarà la grande dote e dote divina che darò a chi vorrà vivere nel mio Fiat, nella quale troveranno tutti gli aiuti sovrabbondanti per rendersi ricchi e felici. Troveranno in queste verità la madre tenera che prendendole nel suo grembo come piccoli bambini, le fascia di luce, l’imbocca il cibo, le fa dormire sul suo seno, per tenerli sicuri cammina nei loro passi, opera nelle loro mani, parla nella voce, ama e palpita nei loro cuori, e per tenerli attenti e divertiti le fa da maestra, dicendoli le scene incantevoli della patria celeste. In queste verità troveranno chi piange e soffre insieme con loro, chi sa mettere a traffico anche il loro respiro; le più piccole cose, gli stessi nonnulli li cambierà in conquiste divine, ed eterni valori”.
(3) Ed io: “Mio Gesù, Tu hai ragione, ma la debolezza umana è tanta, che io temo che faccia le scappatine da dentro la tua Volontà”. E Gesù riprendendo il suo dire ha soggiunto:
(4) “Figlia mia, il tuo timore mi dispiace, tu devi sapere ch’è tanto il mio interesse, l’amore che mi brucia ché voglio che l’anima viva nella mia Volontà, che prendo Io l’impegno di tutto, la supplisco in tutto, però faccio questo quando ci è stata una decisione ferma e costante di voler vivere in Essa, e da parte sua non manca, fa quanto più può. Senti un mio segreto figlia mia, e dove mi fa giungere il mio Amore, senti che faccio quando per stretta necessità della vita umana, questa vita che è anche mia, per pene che Io stesso dispongo, quindi la creatura resta come intontita e smarrita, quindi non sa seguire gli atti della Vita che regna in essa, Io che voglio che questa Vita non resti spezzata, perché essendo Essa, Vita, non virtù che si possono fare atti ad intervalli e a circostanze, ma la Vita c’è tutta la necessità dell’atto continuo, Io che sto a guardia e geloso ne mantengo la sentinella, come vedo che essa interrompe il suo corso, faccio Io quello che dovrebbe far essa, onde il mio operare nel mio Fiat la scuote e ritorna in sé stessa, e segue il suo corso nel mio Volere, ed Io senza neppure dirle nulla della sua fermata, riannodo da dove lasciò e dove seguì l’atto mio, in modo che la Vita del mio Fiat non resta spezzata in essa, perché ho supplito Io a tutto, molto più che nella sua volontà, essa voleva, ma la debolezza l’ha interrotto. Ecco perciò è tanto il mio Amore che voglio che si viva nella mia Volontà, che a qualunque costo, ancorché ci volessero miracoli continuati Io li farò. Ma hai tu notato la mia tenerezza, il mio forte Amore? Ché avendo mancato al suo corso Io non la rimprovero, non le dico nulla e se vedo che avverte che ha mancato le faccio coraggio, la compatisco per non metterle sfiducia e tutto bontà le dico: “Non temere, ho supplito Io per te, e tu starai più attenta, non è vero? Ed essa al vedere la mia bontà mi ama di più. Io lo so che devo dare del mio per far che la creatura viva nella mia Volontà, e perciò farò come un re che ama molto che il suo regno sia popolato; costui fa sentire a tutto il mondo, che chiunque voglia venire nel suo regno lo vuol sapere per mandarli la moneta per il viaggio, che le farà trovare un’abitazione a loro disposizione, vesti e cibi abbondanti; il re si compromette di dare a loro tali ricchezze, da renderli ricchi e felici; sarà tanta la bontà di questo re, che farà vita insieme col popolo, che lo ama tanto che con le sue ricchezze li ha riscattati dalle miserie ed infelicità della vita. Tale sono Io, farò sapere al mondo intero che voglio il popolo del mio Volere Divino, e purché mi danno il loro nome e mi faranno conoscere che vogliono venire nel mio regno, Io le darò tutti i beni; in esso le infelicità non avranno luogo, ognuno possederà il regno suo, sarà re di sé stesso, e faranno vita insieme col loro Creatore. Io sfoggerò tanto nel dare, che tutti ne resteranno rapiti.
(5) Figlia mia, oh! come lo sospiro questo vivere della creatura nella mia Volontà, e tu prega e sospiralo insieme con Me, e ti sia dolce il mettere la vita per un regno sì santo”.