Sotto il Tuo Manto

Giovedi, 5 giugno 2025 - San Bonifacio (Letture di oggi)

Se vuoi farti buono, pratica tre sole cose e tutto andrà  bene. Quali sono queste tre cose. Eccole: allegria, studio pietà . à‰ questo il grande programma, il quale praticando, tu potrai vivere felice, e fare molto bene all'anima. (San Giovanni Bosco)

Liturgia delle Ore - Letture

Domenica della 8° settimana del tempo ordinario

Questa sezione contiene delle letture scelte a caso, provenienti dalle varie sezioni del sito (Sacra Bibbia e la sezione Biblioteca Cristiana), mentre l'ultimo tab Apparizioni, contiene messaggi di apparizioni a mistici o loro scritti. Sono presenti testi della Valtorta, Luisa Piccarreta, don Stefano Gobbi e testimonianze di apparizioni mariane riconosciute.

Vangelo secondo Giovanni 14

1"Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me.2Nella casa del Padre mio vi sono molti posti. Se no, ve l'avrei detto. Io vado a prepararvi un posto;3quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, ritornerò e vi prenderò con me, perché siate anche voi dove sono io.4E del luogo dove io vado, voi conoscete la via".
5Gli disse Tommaso: "Signore, non sappiamo dove vai e come possiamo conoscere la via?".6Gli disse Gesù: "Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me.7Se conoscete me, conoscerete anche il Padre: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto".8Gli disse Filippo: "Signore, mostraci il Padre e ci basta".9Gli rispose Gesù: "Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me ha visto il Padre. Come puoi dire: Mostraci il Padre?10Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me; ma il Padre che è con me compie le sue opere.11Credetemi: io sono nel Padre e il Padre è in me; se non altro, credetelo per le opere stesse.
12In verità, in verità vi dico: anche chi crede in me, compirà le opere che io compio e ne farà di più grandi, perché io vado al Padre.13Qualunque cosa chiederete nel nome mio, la farò, perché il Padre sia glorificato nel Figlio.14Se mi chiederete qualche cosa nel mio nome, io la farò.
15Se mi amate, osserverete i miei comandamenti.16Io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Consolatore perché rimanga con voi per sempre,17lo Spirito di verità che il mondo non può ricevere, perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete, perché egli dimora presso di voi e sarà in voi.18Non vi lascerò orfani, ritornerò da voi.19Ancora un poco e il mondo non mi vedrà più; voi invece mi vedrete, perché io vivo e voi vivrete.20In quel giorno voi saprete che io sono nel Padre e voi in me e io in voi.21Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi mi ama. Chi mi ama sarà amato dal Padre mio e anch'io lo amerò e mi manifesterò a lui".
22Gli disse Giuda, non l'Iscariota: "Signore, come è accaduto che devi manifestarti a noi e non al mondo?".23Gli rispose Gesù: "Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui.24Chi non mi ama non osserva le mie parole; la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato.
25Queste cose vi ho detto quando ero ancora tra voi.26Ma il Consolatore, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, egli v'insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto.27Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore.28Avete udito che vi ho detto: Vado e tornerò a voi; se mi amaste, vi rallegrereste che io vado dal Padre, perché il Padre è più grande di me.29Ve l'ho detto adesso, prima che avvenga, perché quando avverrà, voi crediate.30Non parlerò più a lungo con voi, perché viene il principe del mondo; egli non ha nessun potere su di me,31ma bisogna che il mondo sappia che io amo il Padre e faccio quello che il Padre mi ha comandato. Alzatevi, andiamo via di qui".


Levitico 20

1Il Signore disse ancora a Mosè:2"Dirai agli Israeliti: Chiunque tra gli Israeliti o tra i forestieri che soggiornano in Israele darà qualcuno dei suoi figli a Moloch, dovrà essere messo a morte; il popolo del paese lo lapiderà.3Anch'io volgerò la faccia contro quell'uomo e lo eliminerò dal suo popolo, perché ha dato qualcuno dei suoi figli a Moloch con l'intenzione di contaminare il mio santuario e profanare il mio santo nome.4Se il popolo del paese chiude gli occhi quando quell'uomo dà qualcuno dei suoi figli a Moloch e non lo mette a morte,5io volgerò la faccia contro quell'uomo e contro la sua famiglia ed eliminerò dal suo popolo lui con quanti si danno all'idolatria come lui, abbassandosi a venerare Moloch.
6Se un uomo si rivolge ai negromanti e agli indovini per darsi alle superstizioni dietro a loro, io volgerò la faccia contro quella persona e la eliminerò dal suo popolo.7Santificatevi dunque e siate santi, perché io sono il Signore, vostro Dio.
8Osservate le mie leggi e mettetele in pratica. Io sono il Signore che vi vuole fare santi.
9Chiunque maltratta suo padre o sua madre dovrà essere messo a morte; ha maltrattato suo padre o sua madre: il suo sangue ricadrà su di lui.
10Se uno commette adulterio con la moglie del suo prossimo, l'adùltero e l'adùltera dovranno esser messi a morte.
11Se uno ha rapporti con la matrigna, egli scopre la nudità del padre; tutti e due dovranno essere messi a morte; il loro sangue ricadrà su di essi.
12Se uno ha rapporti con la nuora, tutti e due dovranno essere messi a morte; hanno commesso un abominio; il loro sangue ricadrà su di essi.
13Se uno ha rapporti con un uomo come con una donna, tutti e due hanno commesso un abominio; dovranno essere messi a morte; il loro sangue ricadrà su di loro.
14Se uno prende in moglie la figlia e la madre, è un delitto; si bruceranno con il fuoco lui ed esse, perché non ci sia fra di voi tale delitto.
15L'uomo che si abbrutisce con una bestia dovrà essere messo a morte; dovrete uccidere anche la bestia.16Se una donna si accosta a una bestia per lordarsi con essa, ucciderai la donna e la bestia; tutte e due dovranno essere messe a morte; il loro sangue ricadrà su di loro.
17Se uno prende la propria sorella, figlia di suo padre o figlia di sua madre, e vede la nudità di lei ed essa vede la nudità di lui, è un'infamia; tutti e due saranno eliminati alla presenza dei figli del loro popolo; quel tale ha scoperto la nudità della propria sorella; dovrà portare la pena della sua iniquità.
18Se uno ha un rapporto con una donna durante le sue regole e ne scopre la nudità, quel tale ha scoperto la sorgente di lei ed essa ha scoperto la sorgente del proprio sangue; perciò tutti e due saranno eliminati dal loro popolo.
19Non scoprirai la nudità della sorella di tua madre o della sorella di tuo padre; chi lo fa scopre la sua stessa carne; tutti e due porteranno la pena della loro iniquità.
20Se uno ha rapporti con la moglie di suo zio, scopre la nudità di suo zio; tutti e due porteranno la pena del loro peccato; dovranno morire senza figli.
21Se uno prende la moglie del fratello, è una impurità, egli ha scoperto la nudità del fratello; non avranno figli.
22Osserverete dunque tutte le mie leggi e tutte le mie prescrizioni e le metterete in pratica, perché il paese dove io vi conduco ad abitare non vi rigetti.23Non seguirete le usanze delle nazioni che io sto per scacciare dinanzi a voi; esse hanno fatto tutte quelle cose, perciò le ho in abominio24e vi ho detto: Voi possiederete il loro paese; ve lo darò in proprietà; è un paese dove scorre il latte e il miele. Io il Signore vostro Dio vi ho separati dagli altri popoli.
25Farete dunque distinzione tra animali mondi e immondi, fra uccelli immondi e mondi e non vi renderete abominevoli, mangiando animali, uccelli o esseri che strisciano sulla terra e che io vi ho fatto distinguere come immondi.26Sarete santi per me, poiché io, il Signore, sono santo e vi ho separati dagli altri popoli, perché siate miei.
27Se uomo o donna, in mezzo a voi, eserciteranno la negromanzia o la divinazione, dovranno essere messi a morte; saranno lapidati e il loro sangue ricadrà su di essi".


Salmi 34

1'Di Davide, quando si finse pazzo in presenza di Abimelech e, da lui scacciato, se ne andò.'

2Alef. Benedirò il Signore in ogni tempo,
sulla mia bocca sempre la sua lode.
3Bet. Io mi glorio nel Signore,
ascoltino gli umili e si rallegrino.
4Ghimel. Celebrate con me il Signore,
esaltiamo insieme il suo nome.

5Dalet. Ho cercato il Signore e mi ha risposto
e da ogni timore mi ha liberato.
6He. Guardate a lui e sarete raggianti,
non saranno confusi i vostri volti.
7Zain. Questo povero grida e il Signore lo ascolta,
lo libera da tutte le sue angosce.
8Het. L'angelo del Signore si accampa
attorno a quelli che lo temono e li salva.

9Tet. Gustate e vedete quanto è buono il Signore;
beato l'uomo che in lui si rifugia.
10Iod. Temete il Signore, suoi santi,
nulla manca a coloro che lo temono.
11Caf. I ricchi impoveriscono e hanno fame,
ma chi cerca il Signore non manca di nulla.

12Lamed. Venite, figli, ascoltatemi;
v'insegnerò il timore del Signore.
13Mem. C'è qualcuno che desidera la vita
e brama lunghi giorni per gustare il bene?

14Nun. Preserva la lingua dal male,
le labbra da parole bugiarde.
15Samech. Sta' lontano dal male e fa' il bene,
cerca la pace e perseguila.

16Ain. Gli occhi del Signore sui giusti,
i suoi orecchi al loro grido di aiuto.
17Pe. Il volto del Signore contro i malfattori,
per cancellarne dalla terra il ricordo.

18Sade. Gridano e il Signore li ascolta,
li salva da tutte le loro angosce.
19Kof. Il Signore è vicino a chi ha il cuore ferito,
egli salva gli spiriti affranti.

20Res. Molte sono le sventure del giusto,
ma lo libera da tutte il Signore.
21Sin. Preserva tutte le sue ossa,
neppure uno sarà spezzato.

22Tau. La malizia uccide l'empio
e chi odia il giusto sarà punito.
23Il Signore riscatta la vita dei suoi servi,
chi in lui si rifugia non sarà condannato.


Salmi 52

1'Al maestro del coro. Maskil. Di Davide.'
2'Dopo che l'idumeo Doeg venne da Saul per informarlo e dirgli: "Davide è entrato in casa di Abimelech".'

3Perché ti vanti del male
o prepotente nella tua iniquità?

4Ordisci insidie ogni giorno;
la tua lingua è come lama affilata,
artefice di inganni.
5Tu preferisci il male al bene,
la menzogna al parlare sincero.
6Ami ogni parola di rovina,
o lingua di impostura.

7Perciò Dio ti demolirà per sempre,
ti spezzerà e ti strapperà dalla tenda
e ti sradicherà dalla terra dei viventi.
8Vedendo, i giusti saran presi da timore
e di lui rideranno:
9"Ecco l'uomo che non ha posto in Dio la sua difesa,
ma confidava nella sua grande ricchezza
e si faceva forte dei suoi crimini".

10Io invece come olivo verdeggiante
nella casa di Dio.
Mi abbandono alla fedeltà di Dio
ora e per sempre.
11Voglio renderti grazie in eterno
per quanto hai operato;
spero nel tuo nome, perché è buono,
davanti ai tuoi fedeli.


Aggeo 2

1Il ventuno del settimo mese, questa parola del Signore fu rivelata per mezzo del profeta Aggeo:2Su, parla a Zorobabele figlio di Sealtièl, governatore della Giudea, a Giosuè figlio di Iozedàk, sommo sacerdote, e a tutto il resto del popolo:3Chi di voi è ancora in vita che abbia visto questa casa nel suo primitivo splendore? Ma ora in quali condizioni voi la vedete? In confronto a quella, non è forse ridotta a un nulla ai vostri occhi?4Ora, coraggio, Zorobabele - oracolo del Signore - coraggio, Giosuè figlio di Iozedàk, sommo sacerdote; coraggio, popolo tutto del paese, dice il Signore, e al lavoro, perché io sono con voi - oracolo del Signore degli eserciti -5secondo la parola dell'alleanza che ho stipulato con voi quando siete usciti dall'Egitto; il mio spirito sarà con voi, non temete.
6Dice infatti il Signore degli eserciti: Ancora un po' di tempo e io scuoterò il cielo e la terra, il mare e la terraferma.7Scuoterò tutte le nazioni e affluiranno le ricchezze di tutte le genti e io riempirò questa casa della mia gloria, dice il Signore degli eserciti.8L'argento è mio e mio è l'oro, dice il Signore degli eserciti.9La gloria futura di questa casa sarà più grande di quella di una volta, dice il Signore degli eserciti; in questo luogo porrò la pace - oracolo del Signore degli eserciti -.

10Il ventiquattro del nono mese, secondo anno di Dario, questa parola del Signore fu rivelata per mezzo del profeta Aggeo:11Dice il Signore degli eserciti: Interroga i sacerdoti intorno alla legge e chiedi loro:12Se uno in un lembo del suo vestito porta carne consacrata e con il lembo tocca il pane, il companatico, il vino, l'olio o qualunque altro cibo, questo verrà santificato? No, risposero i sacerdoti.13Aggeo soggiunse: "Se uno che è contaminato per il contatto di un cadavere tocca una di quelle cose, sarà essa immonda?" "Sì", risposero i sacerdoti, "è immonda".14Ora riprese Aggeo: "Tale è questo popolo, tale è questa nazione davanti a me - oracolo del Signore - e tale è ogni lavoro delle loro mani; anzi, anche ciò che qui mi offrono è immondo".

15Ora, pensate, da oggi e per l'avvenire: prima che si cominciasse a porre pietra sopra pietra nel tempio del Signore,16come andavano le vostre cose? Si andava a un mucchio da cui si attendevano venti misure di grano e ce n'erano dieci; si andava a un tino da cinquanta barili e ce n'erano venti.17Io vi ho colpiti con la ruggine, con il carbonchio e con la grandine in tutti i lavori delle vostre mani, ma voi non siete ritornati a me - parola del Signore -.18Considerate bene da oggi in poi (dal ventiquattro del nono mese, cioè dal giorno in cui si posero le fondamenta del tempio del Signore),19se il grano verrà a mancare nei granai, se la vite, il fico, il melograno, l'olivo non daranno più i loro frutti. Da oggi in poi io vi benedirò!

20Il ventiquattro del mese questa parola del Signore fu rivolta una seconda volta ad Aggeo:21"Parla a Zorobabele, governatore della Giudea, e digli: Scuoterò il cielo e la terra,22abbatterò il trono dei regni e distruggerò la potenza dei regni delle nazioni , rovescerò i carri e i loro equipaggi: cadranno cavalli e cavalieri; ognuno verrà trafitto dalla spada del proprio fratello.23In quel giorno - oracolo del Signore degli eserciti - io ti prenderò, Zorobabele figlio di Sealtièl mio servo, dice il Signore, e ti porrò come un sigillo, perché io ti ho eletto, dice il Signore degli eserciti".


Lettera ai Galati 1

1Paolo, apostolo non da parte di uomini, né per mezzo di uomo, ma per mezzo di Gesù Cristo e di Dio Padre che lo ha risuscitato dai morti,2e tutti i fratelli che sono con me, alle Chiese della Galazia.3Grazia a voi e pace da parte di Dio Padre nostro e dal Signore Gesù Cristo,4che ha dato se stesso per i nostri peccati, per strapparci da questo mondo perverso, secondo la volontà di Dio e Padre nostro,5al quale sia gloria nei secoli dei secoli. Amen.

6Mi meraviglio che così in fretta da colui che vi ha chiamati con la grazia di Cristo passiate ad un altro vangelo.7In realtà, però, non ce n'è un altro; solo che vi sono alcuni che vi turbano e vogliono sovvertire il vangelo di Cristo.8Orbene, se anche noi stessi o un angelo dal cielo vi predicasse un vangelo diverso da quello che vi abbiamo predicato, sia anàtema!9L'abbiamo già detto e ora lo ripeto: se qualcuno vi predica un vangelo diverso da quello che avete ricevuto, sia anàtema!10Infatti, è forse il favore degli uomini che intendo guadagnarmi, o non piuttosto quello di Dio? Oppure cerco di piacere agli uomini? Se ancora io piacessi agli uomini, non sarei più servitore di Cristo!

11Vi dichiaro dunque, fratelli, che il vangelo da me annunziato non è modellato sull'uomo;12infatti io non l'ho ricevuto né l'ho imparato da uomini, ma per rivelazione di Gesù Cristo.13Voi avete certamente sentito parlare della mia condotta di un tempo nel giudaismo, come io perseguitassi fieramente la Chiesa di Dio e la devastassi,14superando nel giudaismo la maggior parte dei miei coetanei e connazionali, accanito com'ero nel sostenere le tradizioni dei padri.15Ma quando colui che mi scelse fin dal seno di mia madre e mi chiamò con la sua grazia si compiacque16di rivelare a me suo Figlio perché lo annunziassi in mezzo ai pagani, subito, senza consultare nessun uomo,17senza andare a Gerusalemme da coloro che erano apostoli prima di me, mi recai in Arabia e poi ritornai a Damasco.
18In seguito, dopo tre anni andai a Gerusalemme per consultare Cefa, e rimasi presso di lui quindici giorni;19degli apostoli non vidi nessun altro, se non Giacomo, il fratello del Signore.20In ciò che vi scrivo, io attesto davanti a Dio che non mentisco.21Quindi andai nelle regioni della Siria e della Cilicia.22Ma ero sconosciuto personalmente alle Chiese della Giudea che sono in Cristo;23soltanto avevano sentito dire: "Colui che una volta ci perseguitava, va ora annunziando la fede che un tempo voleva distruggere".24E glorificavano Dio a causa mia.


Capitolo VI: gli sregolati moti dell'anima

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Ogni qual volta si desidera una cosa contro il volere di Dio, subito si diventa interiormente inquieti. Il superbo e l'avaro non hanno mai requie; invece il povero e l'umile di cuore godono della pienezza della pace. Colui che non è perfettamente morto a se stesso cade facilmente in tentazione ed è vinto in cose da nulla e disprezzabili. Colui che è debole nello spirito ed è, in qualche modo, ancora volto alla carne e ai sensi, difficilmente si può distogliere del tutto dalle brame terrene; e, quando pur riesce a sottrarsi a queste brame, ne riceve tristezza. Che se poi qualcuno gli pone ostacolo, facilmente si sdegna; se, infine, raggiunge quel che bramava, immediatamente sente in coscienza il peso della colpa, perché ha assecondato la sua passione, la quale non giova alla pace che cercava. Giacché la vera pace del cuore la si trova resistendo alle passioni, non soggiacendo ad esse. Non già nel cuore di colui che è attaccato alla carne, non già nell'uomo volto alle cose esteriori sta la pace; ma nel cuore di colui che è pieno di fervore spirituale.


LETTERA 169: Dopo un cenno ai suoi ultimi scritti Agostino risponde a due quesiti di Evodio

Lettere - Sant'Agostino

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Scritta nel 415.

Dopo un cenno ai suoi ultimi scritti (n. 1) Agostino risponde a due quesiti di Evodio: I) sulla Trinità. Contro chi è diretta la frase di S. Paolo: Chi ignora, sarà ignorato (nn. 24). Le tre facoltà dell'anima, immagine impropria della Trinità (nn. 5-6). L'umanità assunta dal Verbo e la c.d. " comunicazione degli idiomi " (n. 8). Risposta al Il): Immagini sensibili o. visioni delle Persone divine: la colomba (nn. 9-12). E. mandi uno a copiare le ultime opere di Agostino (n. 13).

AGOSTINO VESCOVO AL VESCOVO EVODIO

Intensa attività letteraria di Agostino.

1. 1. Se la Santità tua ci tiene tanto a conoscere le opere mi tengono maggiormente occupato e dalle quali non desidero essere distolto per attendere ad altro, manda qualcuno che te le ricopi. Parecchi scritti che avevo cominciati quest'anno prima di Pasqua all'avvicinarsi della Quaresima, sono stati già portati a termine. Ho aggiunto altri due libri ai tre della Città di Dio contro gli adoratori dei demoni, nemici della città celeste. In questi cinque libri credo d'aver addotto sufficienti ragioni contro coloro che reputano necessario alla felicità della vita presente il culto politeistico e che sono ostili ai Cristiani poiché ci considerano un ostacolo alla loro felicità 1. Come inoltre ho promesso nel primo libro, debbo confutare coloro che per la vita futura dopo la morte credono necessario il culto dei loro dèi 2, mentre noi siamo Cristiani proprio al fine di arrivare a possedere la vita futura. In un'opera assai voluminosa ho anche dettato e spiegato tre Salmi e cioè il 67° il 71° e il 77°. Sono attesi e richiesti con insistenza anche gli altri non ancora dettati né spiegati. In questi lavori non vorrei essere né distratto né ritardato da quesiti di qualsiasi genere che mi piombino addosso all'improvviso. Per il momento non vorrei occuparmi nemmeno dei libri Sulla Trinità che da tempo ho fra le mani ma non ho potuto ancor terminare perché mi costano molta fatica e penso che possano essere capiti solo da poche persone; mi premono maggiormente quegli scritti che spero saranno utili a un pubblico più vasto.

Chi riguarda la frase. Chi ignora, sarà ignorato.

1. 2. Quando l'Apostolo scrisse: Chi ignora, sarà ignorato 3, non intese dire, come scrivi tu nella tua lettera, che debba esser punito con questa sorta di castigo chi non è capace di discernere con la propria intelligenza l'ineffabile unità della Trinità, come nella nostra anima si distinguono la memoria, l'intelligenza e la volontà. L'Apostolo diceva ciò a proposito d'un'altra cosa. Leggi e vedrai che parlava di cose che fanno crescere la fede e la moralità di Molti 4, non ciò che arriva all'intelligenza di pochi, che, per quanta se ne possa avere in questa vita, è piuttosto scarsa per poter comprendere un mistero così profondo. In quel passo l'Apostolo raccomandava che al dono delle lingue si anteponesse quello di spiegare le Scritture; che le assemblee non si svolgessero in mezzo alla confusione, come se lo spirito profetico costringesse a parlare pure chi non ne avesse voglia; che le donne in chiesa tacessero, in modo che tutto si svolgesse con decoro e con ordine. Trattando di questi argomenti ecco quel che disse: Se uno crede d'essere profeta o spirituale, riconosca che quello ch'io vi scrivo è un comando del Signore. Se uno ignora ciò, sarà ignorato anche lui 5. Con queste parole voleva tenere a freno e richiamare all'ordine e alla pace i turbolenti, tanto più pronti alla ribellione, quanto più credevano d'essere superiori agli altri nello spirito, turbando ogni assemblea col loro spirito d'orgoglio. Se uno crede d'essere profeta o spirituale, riconosca che quel ch'io vi scrivo è un comando del Signore. Se uno ignora ciò, sarà ignorato anche lui. Se uno crede d'essere profeta, non lo è affatto proprio per questo, poiché il vero profeta conosce senz'alcun dubbio e non ha bisogno d'avvertimenti o d'esortazionì, poiché giudica tutto e non è giudicato da nessuno 6. A provocare dunque tumulti e disordini nella Chiesa erano coloro che credevano d'essere nella Chiesa ciò che non erano. L'Apostolo fa loro sapere che il suo è un comando del Signore, poiché Egli non è il Dio del disordine, ma della pace 7. Chi poi ignora ciò, sarà ìgnorato 8; cioè sarà riprovato. Non è infatti la conoscenza intellettiva o razionale quella con cui Dio conosce coloro ai quali dirà: Non vi conosco 9, poiché con queste parole si vuol far intendere la riprovazione di quei dannati.

La frase non riguarda la visione di Dio.

1. 3. Inoltre, dato che il Signore dice: Beati i puri di cuore, poiché vedranno Dio 10 e questa visione ci è promessa come il premio più grande alla fine della vita, non si deve temere che, se non possiamo vedere adesso chiaramente le verità di fede sulla natura di Dio, le parole: Chi ignora, sarà ignorato si riferiscano a questa nostra ignoranza. Poiché, infatti, nella sapienza di Dio il mondo, con tutta la sua sapienza, non ha conosciuto Dio; è piaciuto a Dio di salvare i credenti mediante la stoltezza della predicazione 11. Questa stoltezza della predicazione e questa follia di Dio, ch'è più sapiente degli uomini 12, guadagna alla salvezza molti individui in modo che dalla salvezza, che tale follia della predicazione procura ai fedeli, non saranno esclusi non solo coloro che non riescono ancora a comprendere con sicura intelligenza la natura di Dio, da loro ammessa per fede, ma altresì quelli che perfino nella propria anima non distinguono ancora la sostanza spirituale da ciò ch'è la materia in generale con la stessa certezza con cui sono certi di vivere, di conoscere e di volere.

Ci salva la croce di Cristo, non la scienza.

1. 4. Se Cristo è morto solo per coloro che sono in grado di distinguere le suddette verità con sicura intelligenza, le nostre fatiche nella Chiesa sono pressoché inutili. Se invece come dice la S. Scrittura, folle inferme di credenti accorrono a Cristo e a Cristo crocifisso 13 come al medico per esser guarite, affinché, ove abbondò il peccato, sovrabbondi la grazia 14; ecco che accade questa cosa meravigliosa: per effetto delle incommensurabili ricchezze della sapienza e scienza di Dio e dei suoi imperscrutabili disegni 15, alcuni che sanno distinguere le sostanze spirituali dalla materia e che per questo si credono grandi e scherniscono la stoltezza della predicazione, in virtù della quale i credenti si salvano, si smarriscono assai lontani dall'unica via che conduce alla vita eterna; molti invece i quali ripongono la propria gloria nella croce di Cristo e non s'allontanano dalla via della salvezza, anche se ignorano questioni su cui si discute con eccessiva sottigliezza, si salvano poiché non perisce neppure uno di quei piccolini 16 per i quali Cristo è morto, e giungono alla medesima eternità, verità e carità, cioè alla felicità stabile, sicura e completa, dove ogni cosa è chiara a coloro che ivi dimorano vedono e amano.

Unità di natura e trinità di persone in Dio.

2. 5. Crediamo dunque con fermezza e religioso amore in un sol Dio, Padre Figlio e Spirito Santo, senza però credere che il Padre sia il Figlio né che il Figlio sia il Padre né che lo Spirito, il quale procede dall'uno e dall'altro, sia il Padre o il Figlio. Non si deve pensare che nella Trinità ci possa essere distanza di tempi e di spazi, mentre si deve credere che le tre Persone sono eguali, coeterne in un'unica natura, né si deve pensare che dal Padre sia stata creata una creatura, dal Figlio un'altra e un'altra ancora dallo Spirito Santo, ma che tutte e singole le cose create, o che vengono create, sussistono in virtù della Trinità che le crea. Crediamo che nessuno può essere redento e salvato dal Padre senza il Figlio e lo Spirito Santo oppure dal Figlio senza il Padre e lo Spirito Santo, unico vero Dio e veramente immortale, cioè dall'unico Dio assolutamente immutabile. Nelle Scritture si affermano molte cose attribuite separatamente alle singole persone divine per farci capire che la Trinità, benché indivisibile, è sempre la Trinità. Inoltre allo stesso modo che le tre Persone non possono esser nominate nella stessa frazione di tempo allorché sono ricordate col suono delle parole, benché siano inseparabili, così in alcuni passi delle Scritture ci vengono mostrate separatamente, ora l'una, ora l'altra, mediante qualcuna delle creature, come per esempio il Padre nella voce che si udì: Mio Figlio sei tu 17, il Figlio nell'uomo di cui si rivestì incarnandosi nella Vergine 18, lo Spirito Santo nell'aspetto corporeo d'una colomba 19. Queste cose ci mostrano le tre persone separatamente ma in alcun modo divise tra loro.

Memoria, intelligenza, volontà: immagine della Trinità.

2. 6. Per far capire in qualche modo questa verità, prendiamo come esempio la memoria, l'intelligenza e la volontà. Quantunque enunciamo separatamente queste facoltà una alla volta in momenti diversi e particolari per ciascuna, non possiamo far nulla né parlare di una di esse senza il concorso delle altre due. Non dobbiamo tuttavia credere che il paragone di queste tre facoltà con la Trinità sia così esatto da corrispondere in ogni parte. Del resto, in una discussione, quale paragone riesce così calzante da adattarsi in ogni parte all'argomento per il quale dev'essere usato? O quando mai si può prendere una creatura per un paragone che si confaccia al Creatore? Si riscontra dunque che questa similitudine è dissimile in primo luogo per il fatto che le tre facoltà, cioè memoria, intelligenza e volontà, sono insite nell'anima, ma l'anima non è nessuna di queste tre facoltà. La Trinità invece non è insita in Dio, ma è Dio essa medesima. Qui risalta una semplicità meravigliosa, poiché non c'è diversità tra l'essere, l'intendere e qualsiasi altro attributo della natura di Dio, mentre invece, poiché l'anima esiste anche quando non comprende, il suo essere e il comprendere son due cose diverse. Inoltre chi oserebbe dire che il Padre non comprende da se stesso ma per mezzo del Figlio, come la memoria non comprende da se stessa ma per mezzo dell'intelligenza o piuttosto come l'anima, in cui sono insite queste facoltà, comprende solo mediante l'intelligenza, ricorda solo mediante la memoria e vuole solo mediante la volontà? Questo paragone è usato perché, in un modo quale che sia, si comprenda ciò: allo stesso modo cioè che quando si enuncia ognuna delle tre facoltà insite nell'anima mediante i termini che le denotano, il termine corrispondente a ciascuna non può essere enunciato senza il concorso di tutt'e tre le facoltà in quanto per enunciarle bisogna ricordare, comprendere e volere, così non c'è creatura con cui si denoti soltanto il Padre o soltanto il Figlio o soltanto lo Spirito Santo e non insieme la Trinità, senza che una tale creatura sia l'opera simultanea della Trinità che opera sempre indivisibilmente. Per conseguenza né la voce del Padre né l'anima e il corpo del Figlio né la colomba dello Spirito Santo sono stati fatti senza il concorso simultaneo delle tre Persone della Trinità.

L'umanità assunta nell'unica persona del Verbo incarnato.

2. 7. Il suono di quella voce, che subito cessò d'esistere, non s'identificò con l'unità della persona del Padre, né la forma esteriore della colomba s'identificò con l'unità della persona dello Spirito Santo, poiché anche essa cessò subito di esistere dopo aver adempiuto il suo ufficio simbolico, come la nube splendente che sul monte avvolse il Salvatore con i suoi tre Discepoli 20, oppure, se si preferisce, come il fuoco che simboleggiava lo Spirito Santo 21. Soltanto l'umanità, per redimere la quale si compivano tutte quelle manifestazioni simboliche, si uni, per un mirabile e singolare privilegio, nell'unità della persona del Verbo di Dio, ossia dell'unico Figlio di Dio, pur sussistendo il Verbo nella sua natura immutabile nella quale l'immaginazione umana non deve supporre nulla di composto con cui possa sussistere, poiché si legge nella S. Scrittura: Lo Spirito di sapienza è molteplice 22; ma è anche detto ch'egli è semplice 23. E' molteplice poiché ha molte virtù, ma è semplice poiché sussiste solo per quello che ha, come è detto che il Figlio ha la vita in sé stesso 24 ed è egli stesso la vita 25. L'uomo dunque si uni al Verbo ma il Verbo non si trasformò in uomo e perciò anche con la natura umana assunta si chiama sempre Figlio di Dio e per conseguenza il Figlio di Dio è immutabile e coeterno col Padre, ma solamente in quanto Verbo di Dio; il Figlio di Dio fu anche sepolto, ma solo in quanto corpo.

Attribuzioni reciproche delle due nature all'Uomo-Dio.

2. 8. Bisogna dunque vedere in qual senso si prendono i termini quando si parla del Figlio di Dio. Il numero delle persone non aumentò di certo con l'incarnazione del Verbo ma la Trinità rimase identica. Mi spiego: come in un uomo qualunque, eccettuato quell'unico il quale fu elevato in modo singolare all'unione col Verbo, l'anima e il corpo formano un'unica persona, così in Cristo il Verbo e l'Uomo sono un'unica persona. E così, come per esempio un uomo, si dice filosofo solo in relazione all'anima e tuttavia, con un'espressione assai appropriata e d'uso comune ma per nulla illogica, si dice ch'è stato ucciso, ch'è morto, ch'è stato sepolto, benché tutto questo si avveri solo in rapporto al corpo, così Cristo si dice Dio, Figlio di Dio, Signore della gloria e si usa qualsiasi altro appellativo di tal genere solo in relazione al Verbo, eppure giustamente si dice che Dio fu crocifisso, pur essendo certo che patì solo secondo la carne, non secondo la natura immutabile, per cui è Signore della gloria.

I simboli sensibili delle tre Persone.

2. 9. Il suono della voce del Padre, l'apparizione della colomba sotto forma corporea 26, le lingue simili al fuoco e biforcate che si posarono su ciascuno degli Apostoli 27, i fenomeni spaventosi apparsi sul monte Sinai 28, la colonna di nuvola durante il giorno e di fuoco durante la notte 29; furono fatti aventi un significato simbolico e sono passati. A proposito di tali fatti bisogna guardarsi soprattutto dal credere che la natura di Dio Padre Figlio e Spirito Santo possa mutarsi e trasformarsi. Non ci deve inoltre impressionare il fatto che il simbolo prenda il nome dalla cosa simboleggiata, come quando la S. Scrittura dice che lo Spirito Santo discese sotto l'aspetto corporeo simile a una colomba e si posò su Cristo 30. Così la pietra è CriSto 31, perché è simbolo di Cristo.

 La colomba apparsa al battesimo di Cristo.

3. 10. Mi meraviglio che, mentre credi che il suono di quella voce che disse: Mio Figlio sei tu 32, si sia potuto produrre non per opera d'un essere animato, ma per volontà divina dalla sola natura corporea, non credi poi che allo stesso modo sia potuto prodursi l'aspetto corporeo d'un animale qualsiasi e un movimento simile a quello d'un essere vivente solo per volontà di Dio senza l'interposizione d'alcuno spirito d'essere vivente. Se la creatura corporea ubbidisce a Dio senza l'aiuto dell'anima vivificante e riesce a produrre suoni simili a quelli emessi di solito da un corpo animato di modo che penetri negli orecchi qualcosa di simile a una locuzione articolata, perché mai non dovrebbe ubbidire in modo Che, senza l'aiuto dell'anima vivificante, si offrano alla vista l'aspetto e il moto d'un volatile in virtù della medesima potenza del Creatore? Può forse meritare questo privilegio il senso dell'udito e non il senso della vista? Eppure sono formati entrambi della stessa materia fisica, come lo sono pure ciò che risuona agli orecchi, ciò che appare alla vista, la voce articolata, le fattezze delle membra e il movimento che si percepisco con l'udito e con la vista, per cui è vero corpo quello che si percepisce con un senso del corpo e corpo non è se non quel che si percepisce col senso del corpo. L'anima, al contrario, non si percepisce con alcun senso del corpo e neppure in alcun essere animato. Non c'è quindi bisogno d'indagare in che modo apparve l'aspetto fisico della colomba, come non cerchiamo di sapere in che modo si fecero sentire le voci articolate d'un corpo. Se infatti poté non esserci bisogno d'un essere vivente quando la S. Scrittura dice che si fece sentire una voce, non " come una specie di voce ", con quanto maggior ragione poté non esserci bisogno quando dice " come una colomba "? Con tale parola la S. Scrittura volle indicare solo l'aspetto corporeo apparso agli occhi, ma non volle denotare la natura d'un essere vivente. Allo stesso modo la S. Scrittura dice: D'un tratto venne dal cielo un rumore come di vento che soffia impetuoso e apparvero loro delle lingue biforcute come di fuoco 33. Qui si parla di qualcosa che ha l'apparenza di vento e di fuoco sensibile, di qualcosa somigliante a sostanze consuete e note, ma non di sostanze consuete e note, create per una data circostanza.

Le visioni e la invisibile Trinità.

3. 11. Se un'argomentazione più sottile e un esame più profondo della questione ci dimostra che la sostanza, ch'è incapace di muoversi nel tempo e nello spazio, non si muove se non in virtù della sostanza che può muoversi solo nel tempo ma non nello spazio, ne consegue che tutte quelle cose furono prodotte con l'aiuto di qualche. creatura vivente, come vengono effettuate per mezzo degli angeli; ma parlare di ciò più accuratamente, sarebbe troppo lungo e nient'affatto necessario. A ciò s'aggiunga che ci sono visioni che appaiono tanto allo spirito quanto ai sensi del corpo, non solo a chi dorme o è in preda al delirio, ma anche a chi veglia ed è sano di mente, e non già mediante un inganno dei demoni che si beffano di noi, ma per mezzo d'una rivelazione spirituale, che si manifesta sotto aspetti corporei simili a corpi. Tali visioni non possono distinguersi del tutto se non ci vengono rivelate più chiaramente con l'aiuto di Dio e spiegate dall'intelligenza della mente, assai di rado quando hanno luogo ma più di frequente quando sono passate. Stando così le cose, quali che siano le visioni ricordate dalla S. Scrittura, sia che sembrino impressionare il nostro spirito come succede ai sensi del corpo, sia che vengano prodotte mediante sostanze corporee, sia che abbiano solo l'apparenza sensibile, ma in realtà sono causate da una sostanza spirituale, non dobbiamo giudicare temerariamente di quale delle due specie di visioni si tratti e, nel caso che siano corporee, se avvengano per l'intervento di qualche creatura vivente. Basta che crediamo senz'alcuna esitazione o che comprendiamo - per quanto è capace la nostra intelligenza - che la natura del Creatore, ossia della somma e ineffabile Trinità, è invisibile, immutabile, lontana e separata dai sensi della carne mortale, esente da qualsiasi mutabilità in meglio o in peggio o in qualunque altra successiva trasformazione.

Agostino è occupatissimo.

4. 12. Ecco quanto io, pur occupatissimo, ho potuto scrivere a te che sei libero da occupazioni, a proposito dei due quesiti propostimi, l'uno sulla Trinità e l'altro sulla colomba nella quale si velò lo Spirito Santo non già nella sua natura, ma in un aspetto simbolico 34. Allo stesso modo il Figlio di Dio fu crocifisso dai Giudei non in quanto è generato (eternamente) dal Padre, il quale così si esprime: Ti ho generato prima dell'aurora 35, ma in quanto uomo per l'umanità assunta nel seno della Vergine. Non ho creduto doveroso trattare a fondo tutti gli argomenti che m'hai proposti nella tua lettera, ma credo d'aver risposto ai due sui quali volevi sentire il mio parere, se non in modo da soddisfare la tua brama, tuttavia col senso dell'obbedienza dovuta alla tua Carità.

Agostino permette si copino le ultime sue opere.

4. 13. Oltre ai due libri, che più sopra ho ricordato d'avere aggiunti ai tre della Città di Dio e oltre all'esposizione di tre Salmi, ho scritto anche un libro Sull'origine dell'anima indirizzato al santo prete Girolamo per chiedergli come si possa difendere l'opinione da lui esposta come propria in una lettera a Marcellino, di santa memoria, che cioè " le singole anime sono create nuove per ognuno che nasce " 36; il mio intento mira a far sì che non vacilli la fede della Chiesa posta su solide basi, in virtù della quale crediamo con fermissima fede che tutti gli uomini muoiono per la loro unione con Adamo 37 e che son trascinati nella dannazione se non vengono redenti dalla grazia di Cristo, la quale produce il suo effetto perfino nei bambini mediante il battesimo. Ho scritto anche un'altra lettera 38 al medesimo Girolamo, per chiedergli come si debba intendere, a suo avviso, il passo della lettera di S. Giacomo che dice: Chi avrà osservata tutta la Legge, ma ne trasgredirà un solo precetto, si rende colpevole di tutti 39, senza però nascondergli la mia opinione in proposito, mentre nella lettera sull'origine dell'anima mi son limitato a chiedere il parere di Girolamo in una specie di discussione consultiva. Ho approfittato per questa cosa dell'occasione offertami da Orosio, un giovane prete molto santo e studioso che, infiammato del solo zelo per le Sante Scritture, era giunto da me fin dall'estremità della Spagna, cioè dalle coste dell'Oceano. L'ho persuaso a recarsi anche da Girolamo. Con uno scritto non voluminoso, ma della maggior brevità e chiarezza possibili, ho risposto anche ad alcuni quesiti del medesimo Orosio sull'eresia dei Priscillianisti e su alcune opinioni di Origene, non accolte dalla Chiesa e dalle quali egli era rimasto assai sconcertato. Ho scritto anche un'opera voluminosa contro l'eresia di Pelagio, dietro le pressanti premure di alcuni fratelli, che quello aveva attratti alla sua dannosissima opinione contraria alla grazia di Cristo. Se vorrai avere tutti questi scritti, manda qualcuno che te li ricopi. Permettimi inoltre di attendere allo studio e alla dettatura di cose che sono necessarie a molti e che perciò, a mio avviso, bisogna anteporre ai tuoi quesiti, che interessano ben poche persone.

 


1 - Cf. AUG., De civ. Dei 5, 26, 6 praef.; 10, 32.

2 - Cf. AUG., De civ. Dei 1, 36.

3 - 1 Cor 14, 38.

4 - 1 Cor 14, 1-37.

5 - 1 Cor 14, 37-38.

6 - 1 Cor 2, 15.

7 - 1 Cor 14, 33.

8 - 1 Cor 14, 38.

9 - Lc 13, 27.

10 - Mt 5, 8.

11 - 1 Cor 1, 21.

12 - 1 Cor 1, 25.

13 - 1 Cor 2, 2.

14 - Rm 5, 20.

15 - Rm 11, 33.

16 - Mt 18, 14.

17 - Lc 3, 22.

18 - Lc 2, 7.

19 - Mt 3, 16.

20 - Mt 17, 5.

21 - At 2, 3.

22 - Sap 7, 22.

23 - 1 Cor 12, 14. 11.

24 - Gv 5, 26.

25 - Gv 11, 25; 14, 16.

26 - Lc 3, 22.

27 - At 2, 3.

28 - Es 19, 18-19.

29 - Es 13, 21.

30 - Mc 1, 10.

31 - 1 Cor 10, 4.

32 - Mt 3, 17; Lc 3, 22.

33 - At 2, 3.

34 - Mt 3, 17; Mc 1, 10; Lc 3, 22.

35 - Sal 109, 3.

36 - Ep. 166, 1.

37 - 1 Cor 15, 22.

38 - Ep. 167.

39 - Gc 2, 10.


7. Postulante e novizia nel Carmelo (1888-1890)

Storia di un'anima - Santa Teresa di Lisieux

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Straziante separazione dai propri cari - Nell'arca benedetta - Pace profonda - Le prime prove - Vestizione religiosa - Regalo della neve - Angoscia per la malattia del padre - Pratica della povertà e delle «piccole» virtù

191 - Lunedì 9 aprile, giorno nel quale il Carmelo celebrava la festa dell'Annunciazione, rimandata a causa della quaresima, fu scelto come data del mio ingresso. La sera avanti tutta la famiglia era riunita intorno alla tavola alla quale io sedevo per l'ultima volta. Ah, come sono lancinanti quelle riunioni intime! Quando si vorrebbe vedersi dimenticate, ci vengono prodigate le carezze, le parole più tenere, che ci fanno sentire il sacrificio della separazione. Papà non diceva quasi nulla, ma il suo sguardo si fissava su me con amore. La zia piangeva di quando in quando, e lo zio mi usava mille premure affettuose. Giovanna e Maria erano altrettanto piene dì riguardi per me, soprattutto Maria la quale, prendendomi in disparte, mi chiese perdono dei dispiaceri che credeva di avermi dati. E infine la mia cara Leonia, tornata a casa da qualche mese dalla Visitazione, mi colmava più ancora di baci e di carezze. Soltanto di Celina non ho parlato, ma lei intuisce, Madre mia cara, in quale modo trascorse l'ultima notte che abbiamo passata insieme...

192 - La mattina del gran giorno, dopo aver dato un ultimo sguardo ai Buissonnets, nido grazioso della mia infanzia che non avrei rivisto mai più, partii al braccio del mio caro Re per salire la montagna del Carmelo... Come la vigilia, tutta la famiglia si trovò riunita per ascoltare la santa Messa e ricevere la Comunione. Appena Gesù discese nel cuore dei miei cari, intorno a me non intesi altro che singhiozzi, io sola non piansi, ma il cuore mi batteva con tanta violenza che mi parve impossibile fare un passo quando ci accennarono di avviarci verso la porta conventuale; mi mossi, tuttavia, pur domandandomi se non sarei morta, tanto mi martellava il cuore. Che momento fu quello! Bisogna esserci passati per sapere che cos'è.

193 - La mia emozione non si tradì all'esterno: dopo avere abbracciato tutti i miei cari, m'inginocchiai dinanzi al mio incomparabile Padre, chiedendogli la benedizione; per darmela, si mise egli stesso in ginocchio e mi benedisse piangendo. Fu uno spettacolo che dovette far sorridere gli angeli, quel vegliardo il quale presentava al Signore la figlia ancora nella primavera della vita. Dopo qualche istante, le porte dell'arca santa si chiusero dietro di me, e là ricevetti gli abbracci delle sorelle care le quali mi erano state mamme, e che da allora in poi avrei prese come modelli per le mie azioni. Finalmente i miei desideri erano compiuti, l'anima mia provava una pace così dolce e profonda che mi sarebbe impossibile esprimerla, e da sette anni e mezzo questa pace mi è rimasta, non mi ha abbandonata in mezzo alle prove più serie.

194 - Come tutte le postulanti, appena entrata fui condotta in coro: era nella penombra, a causa del Santissimo esposto e quello che mi colpì come prima cosa furono gli occhi della nostra santa madre Genoveffa che si fissarono su me; rimasi per un attimo in ginocchio ai piedi di lei, ringraziando il buon Dio del favore che mi concedeva di conoscere una santa, e poi seguii madre Maria di Gonzaga nei diversi ambienti del monastero: tutto mi pareva incantevole, mi credevo trasportata in un deserto, soprattutto la nostra celletta mi affascinava, ma la gioia che provavo era calma; non un soffio, sia pur lieve, ondulava le acque sulle quali vogava la mia navicella, non c'erano nubi nel mio cielo limpido... Ah! ero pienamente ricompensata di tutte le mie prove. Con quale gioia profonda ripetevo queste parole: «Per sempre, sono qui per sempre!...».

195 - Felicità non effimera, che non sarebbe svanita con «le illusioni dei primi giorni». Le illusioni... Dio mi ha fatto la grazia di non averne entrando nel Carmelo; ho trovato la vita religiosa tal quale me l'ero figurata, nessun sacrificio mi ha meravigliata, eppure, Madre mia cara, lei lo sa, i miei primi passi hanno incontrato più spine che rose! Sì, la sofferenza mi ha teso le braccia, e mi ci sono gettata con amore. Quello che venivo a fare nel Carmelo lo dichiarai ai piedi di Gesù Ostia, nell'esame che precedette la mia professione: «Sono venuta per salvare le anime, e soprattutto a pregare per i sacerdoti». Quando si vuole conseguire uno scopo, occorre prendere i mezzi adeguati: Gesù mi fece capire che voleva darmi delle anime per mezzo della croce e la mia attrattiva per il dolore crebbe in proporzione con la sofferenza. Per cinque anni quella fu la mia strada; ma al di fuori niente rivelava il mio patire, tanto più doloroso in quanto lo conoscevo io sola. Ah, quali sorprese avremo, alla fine del mondo, leggendo la storia delle anime! Quanti stupiranno vedendo per quale via è stata condotta l'anima mia!

196 - Ciò è tanto vero che, due mesi dopo il mio ingresso, il padre Pichon, essendo venuto per la professione di suor Maria del Sacro Cuore, rimase sorpreso vedendo ciò che il buon Dio operava nell'anima mia, e mi disse che il giorno prima mi aveva osservata mentre pregavo nel coro, e aveva creduto che il mio fervore fosse infantile e la mia via ben facile e dolce. Il mio colloquio col buon Padre fu per me una consolazione grande, ma velata di lacrime a causa delle difficoltà che provavo nell'aprire l'anima mia. Tuttavia feci una confessione generale quale non avevo fatta mai: alla fine il Padre mi disse queste parole, le più consolanti che abbiano mai echeggiato nell'anima mia: «In presenza di Dio, della Vergine Santa e di tutti i Santi, dichiaro che mai lei ha commesso un solo peccato mortale». Poi aggiunse: «ringrazi il buon Dio di ciò che fa per lei, perché, se l'abbandonasse, invece di essere un piccolo angelo, lei diverrebbe un piccolo demonio». Ah! non duravo fatica a crederlo, sentivo fino a che punto ero debole e imperfetta, ma la riconoscenza mi colmava l'anima; avevo tanto timore di aver macchiato la veste del mio Battesimo che una tale assicurazione uscita dalla bocca di un direttore come lo desiderava la nostra santa Madre Teresa, cioè tale che unisse la scienza alla virtù, mi pareva uscita dalla bocca stessa di Gesù... Il buon Padre mi disse ancora queste parole che mi sono rimaste impresse dolcemente nel cuore: «Figlia mia, che Nostro Signore sia sempre il suo Superiore e il suo Maestro di noviziato». Lo fu, infatti, ed anche «il mio Direttore».

197 - Non voglio dire, con ciò, che l'anima mia fosse chiusa alle mie superiore, ah! ben lungi da ciò, ho sempre cercato che fosse per loro un libro aperto; ma nostra Madre, spesso ammalata, aveva poco tempo per occuparsi di me. So che mi amava molto e diceva di me tutto il bene possibile, tuttavia il buon Dio permetteva che, senza accorgersene, fosse molto severa, non potevo incontrarla senza baciar terra, e lo stesso accadeva nei rari colloqui di direzione che avevo con lei. Che grazia inestimabile! Come agiva visibilmente il buon Dio in colei che faceva le sue veci! Cosa sarei divenuta io se, come credevano le persone del mondo, fossi stata il «giocattolo» della comunità? Forse, anziché vedere Nostro Signore nelle mie superiore, non avrei considerato se non le persone, e il cuore mio, così bene custodito nel mondo, si sarebbe attaccato umanamente nel chiostro. Fortunatamente fui preservata da tale sventura. Senza dubbio amavo molto nostra Madre, ma di un'affezione pura che mi innalzava verso lo Sposo dell'anima mia... Maestra era una vera santa, il perfetto esemplare delle prime carmelitane; tutto il giorno stavo con lei, perché ella mi insegnava a lavorare. La sua bontà verso me era illimitata, e tuttavia l'anima mia non si dilatava. Soltanto con sforzo mi era possibile di «fare» direzione, poiché non ero avvezza a parlar dell'anima mia, non sapevo come esprimere ciò che in essa accadeva. Una buona Madre anziana capì ciò che provavo, e un giorno mi disse ridendo in ricreazione: «Bambina mia, mi pare che non dobbiate aver gran che da dire alle vostre superiore». «Perché, Madre mia?». - «Perché la vostra anima è sommamente semplice, ma quando sarete perfetta, sarete ancora più semplice, più ci avviciniamo a Dio, più ci facciamo semplici». - La buona Madre aveva ragione: tuttavia, la difficoltà che provavo nell'aprire l'anima mia pur provenendo dalla mia semplicità, era una vera prova; lo riconosco ora, perché senza cessare di essere semplice, esprimo i miei pensieri molto facilmente.

199 - Ho detto che Gesù era stato «il mio Direttore». Entrando nel Carmelo feci conoscenza con colui che doveva compiere quell'ufficio, ma, appena mi ebbe accolta tra le sue figlie, partì per l'esilio. In tal modo l'avevo conosciuto soltanto per rimanerne priva. Ridotta a ricevere da lui una lettera l'anno su dodici che gliene scrivevo, il cuore mio si volse ben presto verso il Direttore dei direttori, e fu lui a istruirmi in quella scienza nascosta ai sapienti e ai saggi che egli si degna rivelare ai più piccoli.

200 - L’umile fiore trapiantato sulla montagna del Carmelo doveva aprirsi all'ombra della Croce; le lacrime, il Sangue di Gesù divennero rugiada, il Volto adorabile velato di lacrime fu il sole. Fino allora non avevo approfondito i tesori nascosti nel Volto Santo e fu per mezzo di lei, Madre mia cara, che imparai a conoscerli; allo stesso modo in cui, un tempo, lei ci aveva precedute tutte nel Carmelo, similmente era penetrata per prima nei misteri d'amore celati nel Volto del Nostro Sposo; allora lei mi chiamò, e io capii. Capii quale era la vera gloria. Colui il cui regno non è di questo mondo mi mostrò che la saggezza vera consiste nel «volere essere ignorati e considerati nulla» e nel «porre la propria gioia nel disprezzo di sé». Ah, come il Volto di Gesù, volevo che «il mio fosse veramente nascosto, che sulla terra nessuno mi riconoscesse». Avevo sete di soffrire e di essere dimenticata. Quanto misericordiosa è la via per la quale il buon Dio mi ha sempre guidata, mai mi ha fatto desiderare qualche cosa senza darmela, così il suo calice amaro mi parve delizioso.

201 - Dopo le feste radiose del mese di maggio, professione e velazione della nostra sorella cara, Maria, (la maggiore della famiglia che la più piccola ebbe l'onore di coronare nel giorno delle nozze), bisognava bene che la prova ci visitasse... L’anno prima, nel mese di maggio, Papà era stato colpito da un attacco di paralisi alle gambe, eravamo state in ansia grave, ma il temperamento forte del mio caro Re aveva preso ben presto il sopravvento, e i timori erano scomparsi; tuttavia più d'una volta, durante il viaggio a Roma, avevamo notato che si stancava facilmente, e non era più gaio come al solito. Quello che avevo accertato in modo particolare, era il progresso che Papà faceva nella perfezione; sull'esempio di san Francesco di Sales, era arrivato a padroneggiare la sua vivacità naturale a tal segno da sembrar la natura più dolce del mondo. Pareva che le cose della terra lo sfiorassero appena, prendeva facilmente il sopravvento sulle contrarietà, e in definitiva il Signore lo inondava di consolazioni; durante le sue visite quotidiane al santissimo Sacramento gli occhi suoi si empivano spesso di lacrime, e il suo viso respirava una beatitudine celeste... Quando Leonia uscì dalla Visitazione, egli non si afflisse, non fece alcun rimprovero al buon Dio per non esser stato esaudito nelle preghiere che gli aveva rivolte per ottenere la vocazione della sua cara figlia, anzi, andò a prenderla con una certa gioia. Ecco con quale fede Papà accettò la separazione dalla sua reginetta: l'annunciò in questi termini ai suoi amici di Alencon: «Cari amici, Teresa, la mia reginetta, è entrata ieri nel Carmelo! Dio solo può esigere un sacrificio come questo... Non mi compiangete, perché il mio cuore sovrabbonda di gioia».

202 - Era tempo che un servo tanto fedele ricevesse il premio delle sue fatiche, era giusto che il suo compenso somigliasse a quello che Dio dette al Re del Cielo, suo Figlio unico... Papà aveva offerto da poco tempo a Dio un altare; fu lui la vittima scelta per essere immolata con l'Agnello senza macchia. Lei conosce, Madre mia cara, le nostre amarezze del mese di giugno, soprattutto del 24, nell'anno 1888, quei ricordi sono impressi troppo profondamente nei nostri cuori perché sia necessario scriverli... Oh Madre mia, quanto abbiamo sofferto! Ed era solamente l'inizio della nostra prova. Tuttavia il tempo della mia vestizione era giunto: fui ricevuta dal capitolo, ma come pensare a fare una cerimonia? Già parlavano di darmi il santo abito senza farmi uscire, quando venne deciso di attendere. Contro ogni previsione il nostro caro Babbo si rimise dal suo secondo attacco, e Monsignor Vescovo stabilìla cerimonia al 10 gennaio.

203 - L'attesa era stata lunga, ma pure che bella festa! Niente mancò, niente, nemmeno la neve... Non so se le ho già parlato del mio amore per la neve? Quand'ero molto piccola, il suo candore mi rapiva; uno dei piaceri più grandi era passeggiare sotto i fiocchi bianchi. Donde mi veniva quel gusto della neve? Forse dal fatto che, essendo io un fiorellino d’inverno, il primo splendore della natura che videro i miei occhi dovette essere il suo manto bianco. Avevo sempre desiderato che nel giorno della mia vestizione la natura fosse, come me, vestita di bianco. Il giorno prima guardavo tristemente il cielo grigio dal quale sfuggiva ogni tanto un po' di pioggia fine, e la temperatura era così mite che non speravo più la neve. Il mattino dopo, il cielo non era cambiato; tuttavia la festa fu incantevole, e il fiore più bello fu il mio caro Re. Mai era stato più bello, più degno. Formò l'ammirazione di tutti, quel giorno fu il suo trionfo, l'ultima sua festa quaggiù. Aveva dato tutti i suoi figli al buon Dio, poiché avendogli anche Celina confidato la propria vocazione, lui aveva pianto di gioia, ed era andato a ringraziare Colui che «gli faceva l'onore di prendere tutte le sue figlie».

204 - Alla fine della cerimonia Monsignor Vescovo intonò il Te Deum, un sacerdote cercò di far notare che quell'inno veniva cantato soltanto alle professioni, ma l'avvio era dato, e il cantico del ringraziamento continuò fino alla fine. Non doveva essere completa quella festa, poiché in essa si riunivano tutte le altre? Dopo aver abbracciato un'ultima volta il mio Re caro, rientrai nella clausura, e la prima cosa che vidi nel chiostro fu «il mio Gesù Bambino rosa» che mi sorrideva in mezzo ai fiori e alle luci, e poi subito il mio sguardo si posò su dei fiocchi di neve: il cortile era bianco come me. Che delicatezza di Gesù! Prevenendo i desideri della sua piccola fidanzata, le regalava la neve... Della neve! Quale è dunque l'uomo, potente quanto si voglia, che riesca a far cadere dal cielo la neve per far piacere alla sua amata? Forse, le persone del mondo si posero questa domanda, certo si è che la neve della mia vestizione parve loro un piccolo miracolo, e tutta la città ne stupì. Trovarono che avevo uno strano gusto poiché mi piaceva la neve. Tanto meglio! ciò fece risaltare ancor più l'incomprensibile condiscendenza dello Sposo delle vergini, di colui che ama i gigli bianchi come la neve!

205 - Monsignore entrò dopo la cerimonia, fu di una bontà davvero paterna verso me. Era fiero di vedere che avevo - perseverato, diceva a tutti che ero la «sua figlioletta». Ogni volta che tornò dopo quella bella festa, sua Eccellenza fu sempre tanto buono con me, mi ricordo soprattutto della sua visita nel centenario di san Giovanni della Croce. Mi prese la testa tra le mani, mi fece tante carezze, mai ero stata tanto onorata! Nello stesso tempo il buon Dio mi fece pensare alle carezze che vorrà prodigarmi dinanzi agli angeli e ai Santi, e delle quali mi dava una debole immagine fin da questo mondo, così la consolazione che provai fu grande.

206 - Come ho detto, la giornata del 10 gennaio fu il trionfo del mio Re, io la paragono all'entrata di Gesù in Gerusalemme nel giorno delle Palme; come quella del nostro Divino Maestro, la gloria di un giorno fu seguita da una passione dolorosa, e questa passione non fu per lui solo; come i dolori di Gesù trafissero con una spada il cuore della sua Madre divina, così i nostri cuori sentirono le sofferenze di colui che noi amavamo più teneramente di ogni altro sulla terra. Ricordo che nel giugno 1888, nel momento delle nostre prime prove, dicevo: «Soffro molto, ma sento che posso sopportare prove più grandi». Non pensavo allora a quelle che mi erano riservate. Non sapevo che il 12 febbraio, un mese dopo la mia vestizione, il nostro Babbo amato avrebbe bevuto alla coppa più amara e più umiliante. Ah, quel giorno non ho detto che avrei potuto soffrire di più! Le parole non riescono ad esprimere le nostre angosce, perciò non cercherò di descriverle. Un giorno, in Cielo, ci piacerà di parlare delle nostre prove gloriose, non siamo già felici per averle sofferte? Sì, i tre anni del martirio di Papà mi sembrano i più amabili, i più fruttuosi di tutta la nostra vita, io non li darei per tutte le estasi e le rivelazioni dei Santi, il cuore mio trabocca di gratitudine pensando a quel tesoro inestimabile che deve causare una santa invidia agli Angeli della corte celeste.

207 - Un mio desiderio di sofferenze era colmato, tuttavia l'attrattiva verso il dolore non diminuiva in me, tanto che l'anima mia condivise presto le sofferenze del cuore. L’aridità era il mio pane quotidiano, e, privata di qualsiasi consolazione, ero tuttavia la creatura più felice, poiché tutti i miei desideri erano soddisfatti. Oh, Madre mia cara! Com'è stata dolce la nostra grande prova, poiché da tutti i nostri cuori sono usciti solamente sospiri d'amore e di riconoscenza! Noi non camminavamo più sui sentieri della perfezione, volavamo tutte e cinque! Le due povere esiliate di Caen, pur essendo ancora nel mondo, non erano già più del mondo. Ah, quali meraviglie ha operato la prova nell'anima della mia cara Celina! Tutte le lettere scritte da lei in quel periodo sono pervase di rassegnazione e d'amore. E chi potrà dire dei colloqui che avevamo? Lungi dal separarci, le grate del Carmelo univano più fortemente le nostre anime, avevamo gli stessi pensieri, gli stessi desideri, lo stesso amore di Gesù e delle anime! Quando Celina e Teresa parlavano tra loro, mai una parola delle cose terrene si mescolava alle loro conversazioni che già erano tutte nel Cielo. Come un tempo nel «belvedere», sognavamo le cose dell'eternità e, per godere ben presto di quel gaudio senza fine, sceglievamo quaggiù come nostra unica parte «la sofferenza e il disprezzo».

208 - In tal modo passò il tempo del mio fidanzamento: fu ben lungo per la povera Teresa! Alla fine del mio anno di noviziato Nostra Madre mi disse di non chiedere la professione, ché certamente il Superiore respingerebbe la mia istanza, dovetti attendere ancora otto mesi... Al primo momento mi fu ben difficile accogliere quel grande sacrificio, ma ben presto la luce mi si fece nell'anima; meditavo allora i «Fondamenti della vita spirituale» del Padre Surin; un giorno, durante l'orazione, capii che il mio desiderio vivo di far professione era mescolato con un grande amor proprio; poiché mi ero data a Gesù per fargli piacere, consolarlo, non dovevo obbligarlo a fare la mia volontà invece della sua; capii allora che una fidanzata dev'essere ornata nel giorno delle nozze, e che io non avevo fatto nulla a questo scopo, allora dissi a Gesù: «O Dio mio! non vi chiedo di pronunciare i miei santi voti, attenderò quanto vorrete voi, soltanto non voglio che per colpa mia la mia unione con voi sia differita, perciò mi metterò con tutto l'impegno a prepararmi una bella veste ricca di gemme; quando la troverete abbastanza ornata, sono sicura che nessuna creatura vi impedirà di scendere verso di me per unirmi con voi per sempre, o mio Amato!».

209 - Dopo la mia vestizione avevo già ricevuto luci abbondanti sulla perfezione religiosa, principalmente riguardo al voto di povertà. Durante il mio postulantato ero contenta di avere delle cose graziose per mio uso, e di trovare sotto mano tutto ciò che mi occorreva. «il mio Direttore» sopportava ciò pazientemente, perché non gli piace mostrare alle anime tutto nello stesso momento. Generalmente dà la sua luce a poco a poco. (All'inizio della mia vita spirituale, verso l'età dai tredici ai quattordici anni, mi chiedevo ciò che più tardi avrei avuto da acquistare perché credevo che mi fosse impossibile capire meglio la perfezione; ho riconosciuto ben presto che, più si va avanti su quel cammino, più ci crediamo lontani dalla meta, così ora mi rassegno a vedermi sempre imperfetta, e trovo in ciò la mia gioia...). Ritorno alle lezioni che mi dette «il mio Direttore». Una sera, dopo Compieta, cercai inutilmente la nostra piccola lampada sulle tavole destinate a quell'uso, era gran silenzio, impossibile reclamare. Capii che una suora, credendo di prendere la sua lampada, aveva preso la nostra, di cui avevo gran bisogno; invece di provar dispiacere essendone privata, fui ben felice, sentendo che la povertà consiste nel vedersi privi non soltanto delle cose piacevoli, bensì anche delle indispensabili, così nelle tenebre esteriori fui illuminata interiormente. Fui presa in quel tempo da un vero e proprio amore per gli oggetti più brutti e meno comodi, così vidi con gioia che mi veniva tolta la bella brocchina della nostra cella, e che mi veniva data una brocca grossa e tutta sbocconcellata.

210 - Facevo anche veri sforzi per non giustificarmi, cosa che mi pareva ben difficile, specie con la nostra Maestra, alla quale non avrei voluto tacere alcunché. Ecco la mia prima vittoria, non è molto grande, ma mi è costata molto: un vasetto collocato dietro una finestra venne trovato rotto; la nostra Maestra, credendo che l'avessi fatto cadere io, me lo mostrò, dicendomi di far più attenzione un'altra volta. Senza dir nulla baciai terra, poi promisi che nell'avvenire sarei stata più ordinata. A causa della mia scarsa virtù quelle pratiche mi costavano molto, e avevo bisogno di pensare che nel giudizio universale tutto sarebbe stato rivelato, perché facevo questa osservazione: quando si fa il proprio dovere senza mai giustificarsi, nessuno lo sa; al contrario, le imperfezioni appaiono subito.

211 - M'impegnavo soprattutto a praticare le virtù piccole, non avendo il destro per praticare le grandi, così mi piaceva ripiegare le cappe dimenticate dalle consorelle, e rendere a queste ultime tutti i piccoli servigi che potevo. Mi fu dato anche l'amore della mortificazione e fu tanto più grande in quanto niente mi era permesso per soddisfarlo. La sola piccola mortificazione che facevo nel mondo, e che consisteva nel non appoggiare il dorso quand'ero seduta, mi fu proibita a causa della mia propensione a curvarmi. Ahimè! il mio ardore certamente non sarebbe stato di lunga durata se mi avessero concesso molte penitenze... Quelle che mi permisero senza che io le chiedessi consistevano nel mortificare il mio amor proprio, ciò che mi procurava molto maggior vantaggio che non le penitenze corporali.

212 - Il refettorio, che fu il mio ufficio subito dopo la vestizione, mi offerse più d'una occasione per mettere il mio amor proprio al posto che gli spetta, cioè sotto i piedi. E’ vero che provavo grande consolazione perché ero nello stesso ufficio suo, Madre mia cara, e potevo contemplare da vicino le sue virtù, ma questo ravvicinamento mi era causa di sofferenza; non mi sentivo, come un tempo, libera di dire a lei tutto, c'era la regola da osservare, non potevo aprirle l'anima mia; insomma, ero al Carmelo, e non più ai Buissonnets sotto il tetto paterno!

213 - Tuttavia la Santa Vergine mi aiutava a preparare la veste dell'anima mia; appena fu compiuta, gli ostacoli svanirono da sé. Monsignor Vescovo mi mandò il permesso che avevo chiesto, la comunità mi ricevette e la mia professione fu fissata all'8 settembre. Tutto quello che ho scritto in poche parole richiederebbe molte pagine di particolari, ma queste pagine non verranno mai lette sulla terra; presto, Madre mia cara, le parlerò di tutte queste cose nella nostra casa paterna, nel Cielo bello al quale salgono i sospiri dei nostri cuori! La mia veste nuziale era pronta, impreziosita dai gioielli antichi che mi aveva dati il mio Fidanzato, ma ciò non bastava alla sua generosità. Voleva darmi un diamante nuovo dai riflessi innumerevoli. La prova di Papà era, con tutte le sue circostanze dolorose, i gioielli antichi, e il nuovo fu una prova ben piccola in apparenza, ma che mi fece soffrire molto.

214 - Da qualche tempo, poiché il nostro povero caro Babbo si sentiva un po' meglio, lo facevano uscire in carrozza, e si pensava perfino di farlo viaggiare in treno per venire a trovarci. Naturalmente Celina pensò subito che bisognava scegliere il giorno della mia velazione. «Per non stancarlo - diceva lei - non lo farò assistere a tutta la cerimonia, solamente alla fine andrò a prenderlo, e lo condurrò dolcemente fino alla grata, affinché Teresa riceva la sua benedizione». Ah, riconosco bene il cuore della mia Celina cara... è pur vero che «l'amore non pone mai pretesti d'impossibilità perché crede tutto possibile e tutto permesso». Invece, la prudenza umana trema a ciascun passo, e non osa, per così dire, posare il piede; così il buon Dio che voleva provarmi si servì di lei come di uno strumento docile, e il giorno delle mie nozze fui veramente orfana: non avevo più Padre sulla terra, ma potevo guardare al Cielo con fiducia e dire con piena verità: «Padre Nostro, che sei nei Cieli».


3-46 Marzo 2, 1900 L’unione dei voleri lega l’anima a Gesù.

Luisa Piccarreta (Libro di Cielo)

(1) Questa mattina, avendo fatto la santa comunione, il mio dolce Gesù si faceva vedere crocifisso, ed internamente mi sentivo tirata a specchiarmi in Lui, per potermi rassomigliare a Lui, e Gesù si specchiava in me, per tirarmi alla sua rassomiglianza. Mentre così faceva, io mi sentivo infondere in me i dolori del mio crocifisso Signore, che con tutta bontà mi ha detto:

(2) “Il tuo alimento voglio che sia il patire, non come solo patire, ma come frutto della mia Volontà. Il bacio più sincero che lega più forte la nostra amicizia è l’unione dei nostri voleri, ed il nodo indissolubile che ci stringerà in continui abbracciamenti sarà il continuo patire”.

(3) Mentre ciò diceva, il benedetto Gesù si è schiodato ed ha preso la sua croce e la distendeva nell’interno del mio corpo, ed io vi rimanevo pure tanto distesa che mi sentivo slogare le ossa, di più, una mano, ma non so dire certo di chi era, mi trapassava le mani ed i piedi, e Gesù che stava seduto sulla croce che stava distesa nel mio interno, tutto si compiaceva del mio patire e di colui che mi trapassava le mani, ed ha soggiunto:

(4) “Adesso mi posso riposare tranquillamente, non ho da prendermi neppure il fastidio di crocifiggerti, perché l’ubbidienza vuole operare tutto essa, ed Io liberamente ti lascio nelle mani dell’ubbidienza”.

(5) E sfuggendo da sopra la croce, si è messo sopra il mio cuore per riposarsi. Chi può dire quanto sono lasciata sofferente, stando in quella posizione? Dopo essere stata lungo tempo, Gesù non si brigava di sollevarmi come le altre volte, per farmi ritornare nello stato mio naturale. Quella mano che mi aveva messo sulla croce non la vedevo più, lo dicevo a Gesù, che mi rispondeva:

(6) “Chi ti ha messo sulla croce? Sono stato forse Io? E’ stata l’ubbidienza, e l’ubbidienza ti deve togliere”.

(7) Pare che questa volta aveva voglia di scherzare, ed a somma grazia ho ottenuto che mi liberasse il benedetto Gesù.