Liturgia delle Ore - Letture
Venerdi della 7° settimana del tempo ordinario
Vangelo secondo Luca 9
1Egli allora chiamò a sé i Dodici e diede loro potere e autorità su tutti i demòni e di curare le malattie.2E li mandò ad annunziare il regno di Dio e a guarire gli infermi.3Disse loro: "Non prendete nulla per il viaggio, né bastone, né bisaccia, né pane, né denaro, né due tuniche per ciascuno.4In qualunque casa entriate, là rimanete e di là poi riprendete il cammino.5Quanto a coloro che non vi accolgono, nell'uscire dalla loro città, scuotete la polvere dai vostri piedi, a testimonianza contro di essi".6Allora essi partirono e giravano di villaggio in villaggio, annunziando dovunque la buona novella e operando guarigioni.
7Intanto il tetrarca Erode sentì parlare di tutti questi avvenimenti e non sapeva che cosa pensare, perché alcuni dicevano: "Giovanni è risuscitato dai morti",8altri: "È apparso Elia", e altri ancora: "È risorto uno degli antichi profeti".9Ma Erode diceva: "Giovanni l'ho fatto decapitare io; chi è dunque costui, del quale sento dire tali cose?". E cercava di vederlo.
10Al loro ritorno, gli apostoli raccontarono a Gesù tutto quello che avevano fatto. Allora li prese con sé e si ritirò verso una città chiamata Betsàida.11Ma le folle lo seppero e lo seguirono. Egli le accolse e prese a parlar loro del regno di Dio e a guarire quanti avevan bisogno di cure.12Il giorno cominciava a declinare e i Dodici gli si avvicinarono dicendo: "Congeda la folla, perché vada nei villaggi e nelle campagne dintorno per alloggiare e trovar cibo, poiché qui siamo in una zona deserta".13Gesù disse loro: "Dategli voi stessi da mangiare". Ma essi risposero: "Non abbiamo che cinque pani e due pesci, a meno che non andiamo noi a comprare viveri per tutta questa gente".14C'erano infatti circa cinquemila uomini. Egli disse ai discepoli: "Fateli sedere per gruppi di cinquanta".15Così fecero e li invitarono a sedersi tutti quanti.16Allora egli prese i cinque pani e i due pesci e, levati gli occhi al cielo, li benedisse, li spezzò e li diede ai discepoli perché lo distribuissero alla folla.17Tutti mangiarono e si saziarono e delle parti loro avanzate furono portate via dodici ceste.
18Un giorno, mentre Gesù si trovava in un luogo appartato a pregare e i discepoli erano con lui, pose loro questa domanda: "Chi sono io secondo la gente?".19Essi risposero: "Per alcuni Giovanni il Battista, per altri Elia, per altri uno degli antichi profeti che è risorto".20Allora domandò: "Ma voi chi dite che io sia?". Pietro, prendendo la parola, rispose: "Il Cristo di Dio".21Egli allora ordinò loro severamente di non riferirlo a nessuno.
22"Il Figlio dell'uomo, disse, deve soffrire molto, essere riprovato dagli anziani, dai sommi sacerdoti e dagli scribi, esser messo a morte e risorgere il terzo giorno".
23Poi, a tutti, diceva: "Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua.
24Chi vorrà salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per me, la salverà.25Che giova all'uomo guadagnare il mondo intero, se poi si perde o rovina se stesso?
26Chi si vergognerà di me e delle mie parole, di lui si vergognerà il Figlio dell'uomo, quando verrà nella gloria sua e del Padre e degli angeli santi.
27In verità vi dico: vi sono alcuni qui presenti, che non morranno prima di aver visto il regno di Dio".
28Circa otto giorni dopo questi discorsi, prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo e salì sul monte a pregare.29E, mentre pregava, il suo volto cambiò d'aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante.30Ed ecco due uomini parlavano con lui: erano Mosè ed Elia,31apparsi nella loro gloria, e parlavano della sua dipartita che avrebbe portato a compimento a Gerusalemme.32Pietro e i suoi compagni erano oppressi dal sonno; tuttavia restarono svegli e videro la sua gloria e i due uomini che stavano con lui.33Mentre questi si separavano da lui, Pietro disse a Gesù: "Maestro, è bello per noi stare qui. Facciamo tre tende, una per te, una per Mosè e una per Elia". Egli non sapeva quel che diceva.34Mentre parlava così, venne una nube e li avvolse; all'entrare in quella nube, ebbero paura.35E dalla nube uscì una voce, che diceva: "Questi è il Figlio mio, l'eletto; ascoltatelo".36Appena la voce cessò, Gesù restò solo. Essi tacquero e in quei giorni non riferirono a nessuno ciò che avevano visto.
37Il giorno seguente, quando furon discesi dal monte, una gran folla gli venne incontro.38A un tratto dalla folla un uomo si mise a gridare: "Maestro, ti prego di volgere lo sguardo a mio figlio, perché è l'unico che ho.39Ecco, uno spirito lo afferra e subito egli grida, lo scuote ed egli da' schiuma e solo a fatica se ne allontana lasciandolo sfinito.40Ho pregato i tuoi discepoli di scacciarlo, ma non ci sono riusciti".41Gesù rispose: "O generazione incredula e perversa, fino a quando sarò con voi e vi sopporterò? Conducimi qui tuo figlio".42Mentre questi si avvicinava, il demonio lo gettò per terra agitandolo con convulsioni. Gesù minacciò lo spirito immondo, risanò il fanciullo e lo consegnò a suo padre.43E tutti furono stupiti per la grandezza di Dio.
Mentre tutti erano sbalorditi per tutte le cose che faceva, disse ai suoi discepoli:44"Mettetevi bene in mente queste parole: Il Figlio dell'uomo sta per esser consegnato in mano degli uomini".45Ma essi non comprendevano questa frase; per loro restava così misteriosa che non ne comprendevano il senso e avevano paura a rivolgergli domande su tale argomento.
46Frattanto sorse una discussione tra loro, chi di essi fosse il più grande.47Allora Gesù, conoscendo il pensiero del loro cuore, prese un fanciullo, se lo mise vicino e disse:48"Chi accoglie questo fanciullo nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, accoglie colui che mi ha mandato. Poiché chi è il più piccolo tra tutti voi, questi è grande".
49Giovanni prese la parola dicendo: "Maestro, abbiamo visto un tale che scacciava demòni nel tuo nome e glielo abbiamo impedito, perché non è con noi tra i tuoi seguaci".50Ma Gesù gli rispose: "Non glielo impedite, perché chi non è contro di voi, è per voi".
51Mentre stavano compiendosi i giorni in cui sarebbe stato tolto dal mondo, si diresse decisamente verso Gerusalemme52e mandò avanti dei messaggeri. Questi si incamminarono ed entrarono in un villaggio di Samaritani per fare i preparativi per lui.53Ma essi non vollero riceverlo, perché era diretto verso Gerusalemme.54Quando videro ciò, i discepoli Giacomo e Giovanni dissero: "Signore, vuoi che diciamo che 'scenda un fuoco dal cielo e li consumi'?".55Ma Gesù si voltò e li rimproverò.56E si avviarono verso un altro villaggio.
57Mentre andavano per la strada, un tale gli disse: "Ti seguirò dovunque tu vada".58Gesù gli rispose: "Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell'uomo non ha dove posare il capo".59A un altro disse: "Seguimi". E costui rispose: "Signore, concedimi di andare a seppellire prima mio padre".60Gesù replicò: "Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu va' e annunzia il regno di Dio".61Un altro disse: "Ti seguirò, Signore, ma prima lascia che io mi congedi da quelli di casa".62Ma Gesù gli rispose: "Nessuno che ha messo mano all'aratro e poi si volge indietro, è adatto per il regno di Dio".
Secondo libro delle Cronache 7
1Appena Salomone ebbe finito di pregare, cadde dal cielo il fuoco, che consumò l'olocausto e le altre vittime, mentre la gloria del Signore riempiva il tempio.2I sacerdoti non potevano entrare nel tempio, perché la gloria del Signore lo riempiva.3Tutti gli Israeliti, quando videro scendere il fuoco e la gloria del Signore sul tempio, si prostrarono con la faccia a terra sul pavimento, adorarono e celebrarono il Signore 'perché è buono, perché la sua grazia dura sempre'.4Il re e tutto il popolo sacrificarono vittime al Signore.5Il re Salomone offrì in sacrificio ventiduemila buoi e centoventimila pecore; così il re e tutto il popolo dedicarono il tempio.6I sacerdoti attendevano al servizio; i leviti con tutti gli strumenti musicali, fatti dal re Davide, celebravano il Signore, 'perché la sua grazia dura sempre', eseguendo le laudi composte da Davide. I sacerdoti suonavano le trombe di fronte ai leviti, mentre tutti gli Israeliti stavano in piedi.
7Salomone consacrò il centro del cortile di fronte al tempio; infatti ivi offrì gli olocausti e il grasso dei sacrifici di comunione, poiché l'altare di bronzo, eretto da Salomone, non poteva contenere gli olocausti, le offerte e i grassi.8In quel tempo Salomone celebrò la festa per sette giorni; tutto Israele, dall'ingresso di Amat al torrente di Egitto, un'assemblea grandissima, era con lui.9Nel giorno ottavo ci fu una riunione solenne, essendo durata la dedicazione dell'altare sette giorni e sette giorni anche la festa.10Il ventitré del settimo mese Salomone congedò il popolo perché tornasse alle sue case contento e con la gioia nel cuore per il bene concesso dal Signore a Davide, a Salomone e a Israele suo popolo.
11Salomone terminò il tempio e la reggia; attuò quanto aveva deciso di fare nella casa del Signore e nella propria.12Il Signore apparve di notte a Salomone e gli disse: "Ho ascoltato la tua preghiera; mi sono scelto questo luogo come casa di sacrificio.13Se chiuderò il cielo e non ci sarà più pioggia, se comanderò alle cavallette di divorare la campagna e se invierò la peste in mezzo al mio popolo,14se il mio popolo, sul quale è stato invocato il mio nome, si umilierà, pregherà e ricercherà il mio volto, perdonerò il suo peccato e risanerò il suo paese.15Ora i miei occhi sono aperti e i miei orecchi attenti alla preghiera fatta in questo luogo.16Ora io mi sono scelto e ho santificato questo tempio perché la mia presenza vi resti sempre; e lì saranno sempre i miei occhi e il mio cuore.17Se tu camminerai davanti a me come ha camminato Davide tuo padre, facendo quanto ti ho comandato, e osserverai i miei statuti e decreti,18consoliderò il trono del tuo regno come ho promesso a Davide tuo padre dicendogli: Non mancherà per te un successore che regni in Israele.19Ma se voi devierete e abbandonerete i decreti e i comandi, che io ho posto innanzi a voi e andrete a servire dèi stranieri e a prostrarvi a loro,20vi sterminerò dal paese che vi ho concesso, e ripudierò questo tempio, che ho consacrato al mio nome, lo renderò la favola e l'oggetto di scherno di tutti i popoli.21Riguardo a questo tempio, già così eccelso, chiunque vi passerà vicino stupirà e dirà: Perché il Signore ha agito così con questo paese e con questo tempio?22Si risponderà: Perché hanno abbandonato il Signore Dio dei loro padri, che li aveva fatti uscire dal paese d'Egitto, e si sono legati a dèi stranieri, prostrandosi davanti a loro e servendoli. Per questo egli ha mandato su di loro tutte queste sciagure".
Salmi 9
1'Al maestro del coro. In sordina. Salmo. Di Davide.'
2Loderò il Signore con tutto il cuore
e annunzierò tutte le tue meraviglie.
3Gioisco in te ed esulto,
canto inni al tuo nome, o Altissimo.
4Mentre i miei nemici retrocedono,
davanti a te inciampano e periscono,
5perché hai sostenuto il mio diritto e la mia causa;
siedi in trono giudice giusto.
6Hai minacciato le nazioni, hai sterminato l'empio,
il loro nome hai cancellato in eterno, per sempre.
7Per sempre sono abbattute le fortezze del nemico,
è scomparso il ricordo delle città che hai distrutte.
8Ma il Signore sta assiso in eterno;
erige per il giudizio il suo trono:
9giudicherà il mondo con giustizia,
con rettitudine deciderà le cause dei popoli.
10Il Signore sarà un riparo per l'oppresso,
in tempo di angoscia un rifugio sicuro.
11Confidino in te quanti conoscono il tuo nome,
perché non abbandoni chi ti cerca, Signore.
12Cantate inni al Signore, che abita in Sion,
narrate tra i popoli le sue opere.
13Vindice del sangue, egli ricorda,
non dimentica il grido degli afflitti.
14Abbi pietà di me, Signore,
vedi la mia miseria, opera dei miei nemici,
tu che mi strappi dalle soglie della morte,
15perché possa annunziare le tue lodi,
esultare per la tua salvezza
alle porte della città di Sion.
16Sprofondano i popoli nella fossa che hanno scavata,
nella rete che hanno teso si impiglia il loro piede.
17Il Signore si è manifestato, ha fatto giustizia;
l'empio è caduto nella rete, opera delle sue mani.
18Tornino gli empi negli inferi,
tutti i popoli che dimenticano Dio.
19Perché il povero non sarà dimenticato,
la speranza degli afflitti non resterà delusa.
20Sorgi, Signore, non prevalga l'uomo:
davanti a te siano giudicate le genti.
21Riempile di spavento, Signore,
sappiano le genti che sono mortali.22Perché, Signore, stai lontano,
nel tempo dell'angoscia ti nascondi?
23Il misero soccombe all'orgoglio dell'empio
e cade nelle insidie tramate.
24L'empio si vanta delle sue brame,
l'avaro maledice, disprezza Dio.
25L'empio insolente disprezza il Signore:
"Dio non se ne cura: Dio non esiste";
questo è il suo pensiero.
26Le sue imprese riescono sempre.
Son troppo in alto per lui i tuoi giudizi:
disprezza tutti i suoi avversari.
27Egli pensa: "Non sarò mai scosso,
vivrò sempre senza sventure".
28Di spergiuri, di frodi e d'inganni ha piena la bocca,
sotto la sua lingua sono iniquità e sopruso.
29Sta in agguato dietro le siepi,
dai nascondigli uccide l'innocente.
30I suoi occhi spiano l'infelice,
sta in agguato nell'ombra come un leone nel covo.
Sta in agguato per ghermire il misero,
ghermisce il misero attirandolo nella rete.
31Infierisce di colpo sull'oppresso,
cadono gl'infelici sotto la sua violenza.
32Egli pensa: "Dio dimentica,
nasconde il volto, non vede più nulla".
33Sorgi, Signore, alza la tua mano,
non dimenticare i miseri.
34Perché l'empio disprezza Dio
e pensa: "Non ne chiederà conto"?
35Eppure tu vedi l'affanno e il dolore,
tutto tu guardi e prendi nelle tue mani.
A te si abbandona il misero,
dell'orfano tu sei il sostegno.
Spezza il braccio dell'empio e del malvagio;
36Punisci il suo peccato e più non lo trovi.
37Il Signore è re in eterno, per sempre:
dalla sua terra sono scomparse le genti.
38Tu accogli, Signore, il desiderio dei miseri,
rafforzi i loro cuori, porgi l'orecchio
39per far giustizia all'orfano e all'oppresso;
e non incuta più terrore l'uomo fatto di terra.
Salmi 73
1'Salmo. Di Asaf.'
Quanto è buono Dio con i giusti,
con gli uomini dal cuore puro!
2Per poco non inciampavano i miei piedi,
per un nulla vacillavano i miei passi,
3perché ho invidiato i prepotenti,
vedendo la prosperità dei malvagi.
4Non c'è sofferenza per essi,
sano e pasciuto è il loro corpo.
5Non conoscono l'affanno dei mortali
e non sono colpiti come gli altri uomini.
6Dell'orgoglio si fanno una collana
e la violenza è il loro vestito.
7Esce l'iniquità dal loro grasso,
dal loro cuore traboccano pensieri malvagi.
8Scherniscono e parlano con malizia,
minacciano dall'alto con prepotenza.
9Levano la loro bocca fino al cielo
e la loro lingua percorre la terra.
10Perciò seggono in alto,
non li raggiunge la piena delle acque.
11Dicono: "Come può saperlo Dio?
C'è forse conoscenza nell'Altissimo?".
12Ecco, questi sono gli empi:
sempre tranquilli, ammassano ricchezze.
13Invano dunque ho conservato puro il mio cuore
e ho lavato nell'innocenza le mie mani,
14poiché sono colpito tutto il giorno,
e la mia pena si rinnova ogni mattina.
15Se avessi detto: "Parlerò come loro",
avrei tradito la generazione dei tuoi figli.
16Riflettevo per comprendere:
ma fu arduo agli occhi miei,
17finché non entrai nel santuario di Dio
e compresi qual è la loro fine.
18Ecco, li poni in luoghi scivolosi,
li fai precipitare in rovina.
19Come sono distrutti in un istante,
sono finiti, periscono di spavento!
20Come un sogno al risveglio, Signore,
quando sorgi, fai svanire la loro immagine.
21Quando si agitava il mio cuore
e nell'intimo mi tormentavo,
22io ero stolto e non capivo,
davanti a te stavo come una bestia.
23Ma io sono con te sempre:
tu mi hai preso per la mano destra.
24Mi guiderai con il tuo consiglio
e poi mi accoglierai nella tua gloria.
25Chi altri avrò per me in cielo?
Fuori di te nulla bramo sulla terra.
26Vengono meno la mia carne e il mio cuore;
ma la roccia del mio cuore è Dio,
è Dio la mia sorte per sempre.
27Ecco, perirà chi da te si allontana,
tu distruggi chiunque ti è infedele.
28Il mio bene è stare vicino a Dio:
nel Signore Dio ho posto il mio rifugio,
per narrare tutte le tue opere
presso le porte della città di Sion.
Osea 4
1Ascoltate la parola del Signore, o Israeliti,
poiché il Signore ha un processo
con gli abitanti del paese.
Non c'è infatti sincerità né amore del prossimo,
né conoscenza di Dio nel paese.
2Si giura, si mentisce, si uccide,
si ruba, si commette adulterio,
si fa strage e si versa sangue su sangue.
3Per questo è in lutto il paese
e chiunque vi abita langue
insieme con gli animali della terra
e con gli uccelli del cielo;
perfino i pesci del mare periranno.
4Ma nessuno accusi, nessuno contesti;
contro di te, sacerdote, muovo l'accusa.
5Tu inciampi di giorno
e il profeta con te inciampa di notte
e fai perire tua madre.
6Perisce il mio popolo per mancanza di conoscenza.
Poiché tu rifiuti la conoscenza,
rifiuterò te come mio sacerdote;
hai dimenticato la legge del tuo Dio
e io dimenticherò i tuoi figli.
7Tutti hanno peccato contro di me;
cambierò la loro gloria in vituperio.
8Essi si nutrono del peccato del mio popolo
e sono avidi della sua iniquità.
9Il popolo e il sacerdote avranno la stessa sorte;
li punirò per la loro condotta,
e li retribuirò dei loro misfatti.
10Mangeranno, ma non si sazieranno,
si prostituiranno, ma non avranno prole,
perché hanno abbandonato il Signore
per darsi alla prostituzione.
11Il vino e il mosto tolgono il senno.
12Il mio popolo consulta il suo pezzo di legno
e il suo bastone gli dà il responso,
poiché uno spirito di prostituzione li svia
e si prostituiscono, allontanandosi dal loro Dio.
13Sulla cima dei monti fanno sacrifici
e sui colli bruciano incensi
sotto la quercia, i pioppi e i terebinti,
perché buona è la loro ombra.
Perciò si prostituiscono le vostre figlie
e le vostre nuore commettono adulterio.
14Non punirò le vostre figlie se si prostituiscono,
né le vostre nuore se commettono adulterio;
poiché essi stessi si appartano con le prostitute
e con le prostitute sacre offrono sacrifici;
un popolo, che non comprende, va a precipizio.
15Se ti prostituisci tu, Israele,
non si renda colpevole Giuda.
Non andate a Gàlgala,
non salite a Bet-Avèn,
non giurate per il Signore vivente.
16E poiché come giovenca ribelle si ribella Israele,
forse potrà pascolarlo il Signore
come agnello in luoghi aperti?
17Si è alleato agli idoli Èfraim,
18si accompagna ai beoni;
si son dati alla prostituzione,
han preferito il disonore alla loro gloria.
19Un vento li travolgerà con le sue ali
e si vergogneranno dei loro sacrifici.
Apocalisse 21
1Vidi poi un nuovo cielo e una nuova terra, perché il cielo e la terra di prima erano scomparsi e il mare non c'era più.2Vidi anche la città santa, la nuova Gerusalemme, scendere dal cielo, da Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo.3Udii allora una voce potente che usciva dal trono:
"'Ecco la dimora' di Dio con gli uomini!
'Egli dimorerà tra di loro
ed essi saranno suo popolo
ed egli sarà il "Dio-con-loro"'.
4'E tergerà ogni lacrima dai loro occhi';
non ci sarà più la morte,
né lutto, né lamento, né affanno,
perché le cose di prima sono passate".
5E Colui che sedeva sul trono disse: "Ecco, io faccio nuove tutte le cose"; e soggiunse: "Scrivi, perché queste parole sono certe e veraci.
6Ecco sono compiute!
Io sono l'Alfa e l'Omega,
il Principio e la Fine.
'A colui che ha sete' darò 'gratuitamente'
acqua della fonte 'della vita'.
7Chi sarà vittorioso erediterà questi beni;
'io sarò il suo Dio ed egli sarà mio figlio'.
8Ma per i vili e gl'increduli, gli abietti e gli omicidi, gl'immorali, i fattucchieri, gli idolàtri e per tutti i mentitori è riservato lo stagno ardente di fuoco e di zolfo. È questa la seconda morte".
9Poi venne uno dei sette angeli che hanno le sette coppe piene degli ultimi sette flagelli e mi parlò: "Vieni, ti mostrerò la fidanzata, la sposa dell'Agnello".10L'angelo mi trasportò in spirito su di un monte grande e alto, e mi mostrò la città santa, Gerusalemme, che scendeva dal cielo, da Dio, risplendente della gloria di Dio.11Il suo splendore è simile a quello di una gemma preziosissima, come pietra di diaspro cristallino.12La città è cinta da un grande e alto muro con dodici 'porte': sopra queste porte stanno dodici angeli e 'nomi' scritti, i nomi delle dodici 'tribù dei figli d'Israele'.13'A oriente tre porte, a settentrione tre porte, a mezzogiorno tre porte e ad occidente tre porte'.14Le mura della città poggiano su dodici basamenti, sopra i quali sono i dodici nomi dei dodici apostoli dell'Agnello.
15Colui che mi parlava aveva come misura una canna d'oro, per misurare la città, le sue porte e le sue mura.16La città è a forma di quadrato, la sua lunghezza è uguale alla larghezza. L'angelo misurò la città con la canna: misura dodici mila stadi; la lunghezza, la larghezza e l'altezza sono eguali.17Ne misurò anche le mura: sono alte centoquarantaquattro braccia, secondo la misura in uso tra gli uomini adoperata dall'angelo.18Le mura sono costruite con diaspro e la città è di oro puro, simile a terso cristallo.19Le fondamenta delle mura della città sono adorne di ogni specie di pietre preziose. Il primo fondamento è di diaspro, il secondo di zaffìro, il terzo di calcedònio, il quarto di smeraldo,20il quinto di sardònice, il sesto di cornalina, il settimo di crisòlito, l'ottavo di berillo, il nono di topazio, il decimo di crisopazio, l'undecimo di giacinto, il dodicesimo di ametista.21E le dodici porte sono dodici perle; ciascuna porta è formata da una sola perla. E la piazza della città è di oro puro, come cristallo trasparente.
22Non vidi alcun tempio in essa perché il Signore Dio, l'Onnipotente, e l'Agnello sono il suo tempio.23La città non ha bisogno della luce del sole, né della luce della luna perché la gloria di Dio la illumina e la sua lampada è l'Agnello.
24'Le nazioni cammineranno alla sua luce
e i re della terra a lei porteranno la loro magnificenza'.
25'Le' sue 'porte non si chiuderanno mai durante il giorno',
poiché non vi sarà più notte.
26'E porteranno a lei la gloria' e l'onore 'delle nazioni'.
27'Non entrerà in essa nulla d'impuro',
né chi commette abominio o falsità,
ma solo quelli che sono scritti
nel libro della vita dell'Agnello.
Capitolo XXXVIII: Il buon governo di sé nelle cose esterne e il ricorso a Dio nei pericolo
Leggilo nella Biblioteca1. O figlio, tu devi attentamente mirare a questo, che dappertutto, e in qualunque azione ed occupazione esterna, tu rimanga interiormente libero e padrone di te; che le cose siano tutte sotto di te, e non tu sotto di esse. Cosicché tu abbia a dominare e governare i tuoi atti, e tu non sia come un servo o mercenario, ma tu sia libero veramente come l'ebreo, che passa dalla servitù alla condizione di erede e alla libertà dei figli di Dio. I figli di Dio stanno al di sopra delle cose di questo mondo, e tengono gli occhi fissi all'eterno; guardano con l'occhio sinistro le cose che passano, e con il destro le cose del cielo; infine non sono attratti, così da attaccarvisi, dalle cose di questo tempo, ma traggono le cose a sé, perché servano al bene, così come sono state disposte da Dio e istituite dal sommo artefice. Il quale nulla lascia, in alcuna sua creatura, che non abbia il suo giusto posto.
2. Se, di fronte a qualunque avvenimento, non ti fermerai all'apparenza esterna e non apprezzerai con occhio carnale tutto ciò che vedi ed ascolti; se, all'incontro, in ogni questione, entrerai subito, come Mosè, sotto la tenda, per avere consiglio dal Signore, udrai talvolta la risposta di Dio, e ne uscirai istruito su molte cose di oggi e del futuro. Era solito Mosè ritornare alla sua tenda, per dubbi e quesiti da risolvere; era solito rifugiarsi nella preghiera, per alleviare i pericoli e le perversità degli uomini. Così anche tu devi rifugiarti nel segreto del tuo cuore, implorando con tanta intensità l'aiuto divino. Che se - come si legge - Giosuè e i figli di Israele furono raggirati dai Gabaoniti, fu proprio perché non chiesero prima il responso del Signore; ma, facendo troppo affidamento su questi allettanti discorsi, furono traditi da una falsa benevolenza.
DISCORSO 241 NEI GIORNI DI PASQUA SULLA RISURREZIONE DEI CORPI, CONTRO I PAGANI
Discorsi - Sant'Agostino
Leggilo nella Biblioteca
Conoscenza naturale di Dio.
1. Una verità di fede propria dei cristiani è la resurrezione dei morti. Di tale verità, cioè della resurrezione dei morti, Cristo nostro capo ci ha dato in se stesso la prova, fornendo anche alla nostra fede un modello, di modo che le membra debbono sperare per se stesse, ciò ' che in antecedenza è avvenuto nel capo. Ieri vi parlavamo dei sapienti del paganesimo - coloro che vengono chiamati filosofi - e in particolare di coloro che sono stati i più qualificati. Vi sottolineavamo com'essi, scrutando la natura, attraverso le opere del creato sono pervenuti alla conoscenza dell'Artefice. Non avevano ascoltato i Profeti, non avevano ricevuto la Legge divina, ma Dio, pur rimanendo in silenzio, parlava in certo qual modo alla loro mente attraverso le opere che aveva cosparse nel mondo, e la stessa bellezza dell'universo costituiva per loro un richiamo a ricercare l'Artefice delle cose. Non potevano infatti accettare l'ipotesi che il cielo e la terra ci fossero senza uno che li avesse fatti. Di costoro così parla il beato apostolo Paolo: L'ira di Dio - dice - si palesa dal cielo contro ogni empietà. Che significa? Contro ogni empietà? L'ira di Dio si palesa dal cielo non solo contro i Giudei, che ricevettero la legge e si ribellarono all'Autore della legge, ma anche contro ogni empietà del mondo pagano. E affinché nessuno sussumesse: Ma perché questo, dal momento che costoro non hanno ricevuto la legge? prosegue affermando: E contro ogni ingiustizia di coloro che tengono la verità asservita all'iniquità. Provati a ribattere: Ma qual è questa verità? Si tratta infatti di gente che non ha ricevuto la legge né ascoltato i Profeti. Ascolta qual è questa verità. Dice: Poiché quel che di Dio è conoscibile è stato loro manifestato. In che maniera manifestato? Ascolta ancora: Dio l'ha loro manifestato. E se vuoi sapere ancora in qual maniera lo abbia loro manifestato, dal momento che una legge non l'ha loro data, ascolta come: In effetti, a cominciare dalla creazione del mondo, le cose invisibili di lui si comprendono mediante la penetrazione delle cose create. Le cose invisibili di lui, cioè quanto in Dio c'è d'invisibile; a cominciare dalla creazione del mondo, cioè da quando egli formò il mondo; si comprendono mediante la penetrazione delle cose create, cioè: le cose invisibili vengono comprese attraverso la penetrazione delle altre. Non esclusa l'eterna - riferisco ancora le parole dell'Apostolo e le ricollego alle precedenti -, non esclusa l'eterna sua potenza e maestà. Sottintendi: Vengono comprese attraverso tale penetrazione. Affinché non possano avanzare scuse. E perché non lo possono? Perché avendo conosciuto Dio, non l'hanno glorificato come Dio né l'hanno ringraziato 1. Non dice che non hanno conosciuto Dio, ma: Avendolo conosciuto.
Dalle creature e dal composito umano si risale a Dio.
2. Come l'hanno conosciuto? Attraverso le cose create. Interroga la bellezza della terra, del mare, dell'aria rarefatta e dovunque espansa; interroga la bellezza del cielo e l'ordine delle stelle; interroga il sole che col suo splendore illumina il giorno e la luna che con la sua luce attenua l'oscurità della notte che al giorno tien dietro; interroga gli animali che si muovono nell'acqua, che popolano la terra o svolazzano nel cielo: han celata l'anima mentre il corpo è visibile; è visibile ciò che ha bisogno d'esser retto, è invisibile ciò che lo regge. Interroga tutte queste cose. Esse ti risponderanno: Guardaci pure e osserva come siamo belle. La loro bellezza è come un loro inno di lode. Ora, queste creature, così belle ma pur mutevoli, chi le ha fatte se non uno che è bello in modo immutabile? Da ultimo passarono a scrutare l'uomo per poter conoscere, adoperando l'acume della mente, Dio creatore dell'intero universo; e dell'uomo interrogarono (così mi avviavo a dire) il corpo e l'anima. Interrogavano ciò da cui essi stessi risultavano costituiti: il corpo che vedevano e l'anima che non vedevano. Eppure, il loro corpo non l'avrebbero veduto se non in virtù dell'anima. Lo vedevano, sì, con gli occhi, ma colui che guardava attraverso queste finestre stava dentro. E, per finire, osserva come, allontanandosi il padrone che vi abita, la casa crolla; allontanandosi colui che lo teneva in piedi l'uomo cade e, appunto perché cade, lo si chiama cadavere. Nel cadavere gli occhi restano sani, ma per quanto li si apra, non vedono nulla. Restano anche gli orecchi ma è partito chi era in grado di ascoltare. Parimenti è della lingua: resta lo strumento ma se ne è andato il musicista che lo suonava. Ebbene, i filosofi interrogarono questi due elementi, il corpo visibile e l'anima invisibile, e riscontrarono che l'elemento invisibile è più nobile di quello visibile, che cioè l'anima, occulta nell'uomo, è superiore e che il corpo, visibile, è inferiore. Esaminarono questi due elementi, li scrutarono a fondo, discussero sull'uno e sull'altro, e conclusero che quanto compone lo stesso uomo è di natura mutevole. Muta il corpo col succedersi delle età, perché si deteriora, perché ha bisogno di alimenti per ristorarsi, perché viene meno e nella vita e nella morte. Passarono poi a considerare l'anima, che ovviamente riscontrarono superiore e si meravigliarono per il fatto che era invisibile. Tuttavia dovettero concludere che anch'essa è soggetta a mutazioni: ora vuole ora non vuole, ora sa ora non sa, ora ricorda ora dimentica, ora teme ora azzarda, ora avanza verso la sapienza ora si affloscia nella stoltezza. Videro dunque che anche l'anima è mutevole e si spinsero anche al di sopra di lei cercando qualcosa che fosse immutabile.
Stoltezza dell'uomo che adora gli idoli.
3. In tal modo, servendosi delle cose create da Dio, giunsero a conoscere colui che le aveva create. Ma - dice l'Apostolo - non lo glorificarono come Dio né lo ringraziarono. Ma divennero stolti nei loro pensieri e il loro cuore, istupidito, divenne tenebroso. Pur chiamandosi sapienti, divennero insipienti. Attribuendo a sé le cose che avevano ricevuto persero ciò che possedevano. Considerandosi, per così dire, chi sa che cosa, divennero insipienti. E dove arrivarono? Dice: E scambiarono la gloria dell'incorruttibile Dio forgiandosela simile alla figura dell'uomo corruttibile. Si riferisce agli idoli, e, a questo riguardo, era poco dire che si forgiarono idoli somiglianti all'uomo e conformarono l'artefice al risultato del loro lavoro. Era poco questo. E allora che cosa ci aggiunsero? E di uccelli e di quadrupedi e di serpenti 2. Tutti questi animali, muti e privi di ragione, quei grandi sapienti (dico per dire) li presero per loro dèi. Ti rimproveravo perché adoravi il simulacro di un uomo: cosa dovrò farti adesso che ti vedo adorare una statua raffigurante un cane, un serpente, un coccodrillo? Poiché fino a questo punto sono arrivati. Quanto s'erano spinti in alto con le loro ricerche, tanto sono sprofondati in basso allorché sono caduti. Chi infatti precipita da un luogo elevato cola a picco molto più in profondità.
Pazzesche ipotesi sulla sorte dell'anima umana dopo morte.
4. Orbene, costoro - come vi ricordavo ieri - si misero a ricercare sulla sorte dell'uomo nel mondo avvenire, cioè terminata la vita presente. Fecero le loro ricerche da uomini, ma, essendo uomini, come avrebbero potuto conoscere [la verità]? Non avendo la rivelazione divina, non avendo ascoltato i Profeti, non poterono trovarla, e si contentarono di far delle congetture. E quello che essi riuscirono a ipotizzare ve l'ho riferito ieri. Dicono: le anime dei cattivi, uscite [dal corpo], essendo macchiate da colpe, tornano immediatamente in altri corpi; le anime dei sapienti e dei giusti, invece, uscite dal corpo dopo una vita buona se ne volano al cielo. Va' pure avanti! Mi piace, mi piace! Hai trovato loro un posto: spiccano il volo e arrivano in cielo. Ma lì che fanno? Rispondono: Se ne vanno lì e godono il riposo in compagnia degli dèi. Loro sedi sono le stelle. Non avete trovato un posto malvagio per il loro riposo! Lasciatecele almeno per sempre e non scacciatele via! Tuttavia - sono loro che aggiungono questo - dopo un lungo succedersi di tempi esse dimenticano completamente la miseria di una volta e cominciano a desiderare il ritorno nel corpo. Le assale questa voglia e tornano a soffrire e tollerare daccapo le peripezie della vita presente. Tornano a dimenticarsi di Dio o, magari, a bestemmiarlo; tornano a provare il richiamo dei piaceri del corpo e a lottare contro le passioni disordinate. Ma da dove tornano a sobbarcarsi a queste miserie e con che scopo? Dimmelo! Perché fanno così? Perché hanno dimenticato. Se hanno dimenticato tutti i mali dimentichino anche i piaceri carnali! Questo solo, per loro disavventura, ricordano, cioè quello che le ha rovinate... E tornano: ma perché? Perché trovano piacevole abitare in un corpo come prima. Come provano un tal piacere se non perché ricordano che un tempo hanno abitato nel corpo? Togli via ogni ricordo, e forse otterrai che rimane la sapienza. Non rimanga null'altro che possa richiamare indietro.
Continua la polemica sullo stesso tema.
5. Un autore celebre fra loro rimase inorridito quando negli inferi un padre si fece vedere dal suo figlio o, meglio, quando lui stesso fingeva una tale apparizione. Quasi tutti conoscete il fatto; o magari foste in pochi a conoscerlo! Ma, se è vero che pochi lo conoscete dai libri, molti lo sapete attraverso le rappresentazioni teatrali. Enea scese negli inferi e suo padre gli presentò le anime di romani famosi che si sarebbero incarnate. Enea rimase esterrefatto ed esclamò:
O padre, creder debbo che alcune anime eccelse.
da qui se ne vanno in cielo e ai lenti corpi
fanno ancor ritorno?
Voleva dire: è proprio da credersi che vanno in cielo e di nuovo fan ritorno?
Tristi! Un desio sì folle hanno del sole? 3
Il figlio capiva le cose più a fondo di quel che il padre potesse spiegare. Egli disapprovava il desiderio di quelle anime che volevano tornare di nuovo ad abitare nel corpo. Chiama folle quel desiderio e sventurate quelle anime anche se non si vergogna di loro. Ebbene, questo sarebbe il vertice a cui voi, filosofi, siete giunti: supporre che le anime riescano a purificarsi fino a conseguire una purezza somma, ma poi, a causa di questa stessa purezza, dimentichino tutte le esperienze fatte e per tale dimenticanza ritornino alle miserie di quand'erano nel corpo! Ditemi, vi prego: Se tali cose fossero vere non sarebbe meglio ignorarle? Anche se fossero vere, dico, essendo luride, sono senz'altro false, non sarebbe meglio ignorarle? O pretendi forse dirmi: Se non saprai queste cose non sarai un filosofo? Ma perché dovrei saperle? Potrei forse essere adesso migliore di quando sarò in cielo? Se in cielo, quando sarò più saggio e più perfetto, dimenticherò tutte le cose imparate quaggiù e il non saperle sarà per me raggiungere una condizione migliore, lascia che le ignori fin da adesso. Dici che chi abita in cielo dimentica tutto: ebbene, lasciami ignorare tutte queste cose ora che sono sulla terra. Alla fine delle fini dimmi, per favore: Queste anime, quando si trovano nel cielo, sanno o non sanno che dovranno sperimentare di bel nuovo le miserie della vita presente? Scegli quel che preferisci. Se sono al corrente delle miserie così grandi che dovranno subire, al solo pensiero che un giorno dovranno essere in tali miserie, come possono essere beate? Come possono essere beate se manca loro la sicurezza? Prevedo quindi la risposta che sceglierai: mi dirai che sono nell'ignoranza. Celebri dunque l'ignoranza come prerogativa del cielo mentre non tolleri che l'abbia io cittadino della terra; e a me, che sono sulla terra, vuoi insegnare quello che, stando alle tue parole, non conoscerò quando mi troverò in cielo. Dici: Non lo sanno. Se non lo sanno e nemmeno pensano che avranno da tribolare, sono beate perché preda dell'errore. Pensano infatti di non dover subire quei mali che di fatto subiranno: e pensare il falso che cos'è se non commettere un errore? Saranno quindi felici in base a un errore; saranno beate non per l'eternità ma per la falsità... Oh, ci liberi la Verità, affinché possiamo essere veramente beati! Non è infatti priva di senso la parola del Redentore: Se il Figlio vi libererà, allora sarete liberi per davvero 4. Del resto egli aveva anche detto: Se rimarrete nella mia parola, sarete veramente miei discepoli, e conoscerete la verità, e la verità vi renderà liberi 5.
Certe conclusioni dei filosofi sono ridicole.
6. Ascoltate ora un errore più grossolano: un errore che dobbiamo compiangere o, piuttosto, irridere. Tu, sapiente, filosofo (per esempio, Pitagora, Platone, Porfirio o chiunque altro fra loro), quaggiù, in questa terra, cosa intendi raggiungere col tuo filosofare? Risponde: La vita beata. E questa vita beata quando l'avrai? Risponde ancora: Quando avrò consegnato questo corpo alla terra. Adesso dunque si conduce una vita piena di miserie, ma si ha almeno la speranza di una vita beata; lassù, dove si vivrà la vita beata, si starà invece nella speranza di tornare alla vita colma di miserie. Vuol dire che la speranza d'essere infelici ci dona la felicità, mentre la speranza della felicità ci rende infelici. Sbarazziamoci una buona volta di tutte queste fandonie; ridiamone perché son false, proviamone dispiacere perché c'è chi le crede conquiste notevoli. Cose di questo genere sono, miei fratelli, grandi pazzie inventate da grandi dotti. Quant'è meglio per noi mantenerci fedeli alle sublimi, anche se occulte, verità insegnateci dai nostri grandi santi! Dicono i filosofi che le anime purificate tornano [in terra] per amore dei corpi: esenti da colpa, divenute sapienti e pure, le anime tornano nel corpo per amore del corpo. Tale è dunque l'amore conseguito da un'anima che ha raggiunto la purificazione? Un amore di questo genere non è una colossale porcheria?
Secondo Porfirio l'anima deve separarsi dal corpo.
7. Occorre rifuggire da ogni sorta di corpo 6. Così sentenziò e scrisse un grande filosofo del paganesimo, cioè Porfirio. Nato più recentemente, quando il Cristianesimo si era già affermato, fu un acerrimo nemico della religione cristiana; tuttavia, vergognandosi e, almeno parzialmente, costretto dai cristiani a rettificare le insensatezze più enormi, disse che occorre rifuggire da ogni corpo. Disse ogni corpo in quanto ogni corpo sarebbe un legame gravoso per l'anima. Pertanto, se in maniera assoluta ogni corpo, comunque esso sia, è da fuggirsi, non troverai alcun adito per presentarmi elogi in fatto di corpo; non potrai certo farmi accettare le lodi che la nostra fede, aderendo all'insegnamento di Dio, tributa al corpo. In effetti è vero che il corpo come lo abbiamo al presente è così fatto che proprio in esso scontiamo la pena del peccato, ed, essendo corpo corruttibile, appesantisce l'anima 7. Tuttavia è anche vero che il corpo, tale qual è, ha una sua bellezza, un'ordinata disposizione delle membra, la pluralità dei sensi qua e là dislocati, la statura eretta, e tutte le altre doti che stupiscono quanti sanno valutarle a dovere. Oltre a tutto questo, esso sarà del tutto incorruttibile, immortale e dotato di agilità per cui gli sarà facilissimo muoversi. Ma Porfirio ribatte: " È inutile che mi decanti il corpo, qualunque esso sia. L'anima, se vuol essere beata, deve rifuggire da qualsiasi corpo". È quel che dicono i filosofi. Ma sono nell'errore, vaneggiano: e lo dimostro subito, senza protrarre all'infinito la discussione. Dico che l'anima, di cui si tessono gli elogi, deve avere chi le stia soggetto. Sono due realtà fra loro interdipendenti, e quella che si elogia e quella che le è soggetta. Al di sopra di tutti gli esseri c'è Dio, e a lui sono sottoposte tutte le creature. Però, anche riguardo all'anima, se merita una qualche considerazione dinanzi a Dio, deve a sua volta avere qualcosa che le sia sottoposto. Ma non voglio polemizzare ancora su questo argomento; mi limiterò a leggervi passi dei vostri libri. Voi asserite che l'intero mondo fisico, cioè il cielo, la terra, i mari con tutti gli esseri giganteschi che vi sono e così fino agli ultimi elementi incommensurabili, tutto è animato. Tutti questi elementi e l'intero corpo che risulta dal loro insieme, voi dite che è una grande realtà animata, avente cioè una sua propria anima, pur non avendo i sensi del corpo, in quanto al di fuori non c'è nulla che sia oggetto della sensorietà. Questo complesso ha però un intelletto ed è in unione con Dio: e la stessa anima del mondo si chiamerebbe Giove o Ecate, e sarebbe lei come un'anima universale che regge il mondo e lo costituisce come una specie di essere vivente. Dello stesso mondo voi dite che è eterno, che durerà per sempre e non avrà fine. Ma se questo mondo è eterno e rimane senza fine e se, per di più, è un mondo animato, ne segue che l'anima così concepita sarà trattenuta per sempre dentro questo mondo. Perché si dovrebbe - in tal caso - fuggire ogni sorta di corpo? E come facevi a dire: Occorre fuggire ogni sorta di corpo? Io piuttosto direi: Beate quelle anime che possederanno per sempre corpi incorruttibili. Tu, che dici: Occorre fuggire da ogni corpo, devi uccidere il mondo. Tu mi imponi di fuggire lontano dalla mia carne: ebbene, fa' sì che il tuo Giove fugga lontano dal cielo e dalla terra!
Confronto fra Porfirio e Platone.
8. E che dire di quanto abbiamo trovato in Platone, maestro di tutti costoro, in un libro da lui scritto e nel quale tratta di problemi cosmologici? Egli presenta Dio nell'atto di costruire gli dèi, di formare cioè le divinità celesti, tutte le stelle, il sole e la luna. Asserisce quindi che Dio è l'artefice degli dèi celesti e che le stelle hanno un'anima intellettuale, con cui comprendono Dio, e quei corpi visibili che noi osserviamo 8. Per farvi intendere dico così: Questo sole visibile voi non lo vedreste se non fosse un corpo; e questo è vero. Nessuna stella voi vedreste, e nemmeno la luna, se non fossero corpi; e ciò dicendo egli è nella verità. In modo analogo dice anche l'Apostolo: Ci sono corpi celesti e ci sono corpi terrestri. E continua: Altro è lo splendore dei corpi celesti e altro quello dei corpi terrestri. Parlando poi dello splendore dei corpi celesti l'Apostolo prosegue dicendo: Altro è lo splendore del sole, altro quello della luna e altro quello delle stelle, poiché ogni stella è, quanto a splendore, diversa dall'altra. Così sarà nella resurrezione dei morti 9. Notate come ai corpi dei santi è promessa una gloria, e una gloria che in ciascuno si diversifica da quella degli altri perché in ciascuno sono diversi i meriti della carità. Ma loro cosa dicono? Che queste stelle visibili sono, certo, dei corpi ma posseggono ciascuno la propria anima intellettiva, e sono divinità 10. Cominciamo con i corpi. È vero quel che dicono quando li ritengono corpi; ma perché polemizzare sul fatto se abbiano o meno ciascuno la propria anima? Veniamo piuttosto al nocciolo della questione. Platone ci descrive lui stesso Dio che interpella gli dèi che ha creati con l'uso di sostanza corporea e sostanza incorporea e, tra l'altro dice loro così: Avendo voi avuto un'origine, non potete essere immortali ed esenti da dissolvimento. A queste parole essi dovevano già mettersi a tremare. Perché? Perché desideravano l'immortalità e rifuggivano dalla morte. Per escludere un tale timore, proseguendo il discorso dice loro: Non sarete dissolti né ci sarà destino mortale che vi annienti. Nulla infatti prevarrà sulla mia decisione, anzi il legame che da parte mia vi garantisce la perpetuità è più grande di tutti gli altri vincoli da cui siete astretti 11. Ecco, Dio rassicura degli dèi da lui stesso fabbricati: dà loro la sicurezza dell'immortalità, la sicurezza che non dovranno abbandonare i globi del loro corpo. È dunque vero che si deve rifuggire da ogni corpo? A mio avviso, una risposta è già stata data, e voi l'avete compresa. Per quanto potevamo parlarvi, per quanto l'orario in cui è stato tenuto il discorso lo consentiva, per quanto eravate in grado di recepire noi abbiamo loro dato la risposta. Quanto poi a quello che essi dicono - e con un certo acume - sulla resurrezione dei corpi (tanto da pensare che a noi manchino risposte adeguate), è un tema troppo ampio per esporvelo oggi. Avendovi una volta promesso che in questi giorni approfondirò nei suoi vari aspetti il problema della resurrezione della carne, preparate - con l'aiuto del Signore - il cuore e gli orecchi ad ascoltare quel che ancora rimane. Ne parleremo domani.
1 - Rm 1, 18-21.
2 - Rm 1, 21-23.
3 - VERG., Aen 6, 719-721.
4 - Gv 8, 36.
5 - Gv 8, 31-32.
6 - PORPHYR., fragm.(ex De regressu animae sec. AUG. in De Civ. Dei 10, 29, 2; 22, 26).
7 - Cf. Sap 9, 15.
8 - PLATO, Tm 38c-40b.
9 - 1 Cor 15, 40-42.
10 - PLATO, Tm 41b.
11 - PLATO, Tm 41b. Cf. AUG. De Civ. Dei 13, 16; 22, 26; Serm. 242, 5. 7.
Capitolo IX: Offrire noi stessi a Dio, con tutto quello che è in noi, pregando per tutti
Libro IV: Libro del sacramento del corpo di Cristo - Tommaso da Kempis
Leggilo nella BibliotecaParola del discepolo
1. Tue sono le cose, o Signore, quelle del cielo e quelle della terra: a te voglio, liberamente, offrire me stesso e restare tuo per sempre. O Signore, con cuore sincero, oggi io mi dono a te in perpetuo servizio, in obbedienza e in sacrificio di lode perenne. Accettami, insieme con questa offerta santa del tuo corpo prezioso, che io - alla presenza e con l'assistenza invisibile degli angeli - ora ti faccio, per la mia salvezza e per la salvezza di tutto il popolo, O Signore, sull'altare della tua espiazione offro a te tutti i miei peccati e le colpe da me commesse al cospetto tuo e dei tuoi santi angeli, dal giorno in cui fui capace di peccare fino ad oggi; affinché tutto tu accenda e consumi nel fuoco del tuo amore, cancellando ogni macchia dei miei peccati; affinché tu purifichi la mia coscienza da ogni colpa; affinché tu mi ridia la tua grazia, che ho perduta col peccato, tutto perdonando e misericordiosamente accogliendomi nel bacio della pace. Che posso io fare per i miei peccati, se non confessarli umilmente nel pianto e pregare senza posa per avere la tua intercessione? Ti scongiuro, dammi benevolo ascolto, mentre mi pongo dinanzi a te, o mio Dio. Grande disgusto io provo per tutti i miei peccati; non voglio più commetterne, anzi di essi mi dolgo e mi dorrò per tutta la vita, pronto a fare penitenza e, per quanto io possa, a pagare per essi. Rimetti, o Signore, rimetti i miei peccati, per il tuo santo nome: salva l'anima mia, che tu hai redenta con il tuo sangue prezioso. Ecco, io mi affido alla tua misericordia; mi metto nelle tue mani. Opera tu con me secondo la tua bontà, non secondo la mia perfidia e la mia iniquità.
2. Anche tutto quello che ho di buono, per quanto sia molto poco e imperfetto, lo offro a te, affinché tu lo perfezioni e lo santifichi; affinché ti sia gradito e tu voglia accettarlo, accrescendone il valore; affinché tu voglia portarmi - inoperoso e inutile piccolo uomo, qual sono - a un termine beato e glorioso. Offro parimenti a te tutti i buoni desideri delle persone devote e le necessità dei parenti e degli amici, dei fratelli e delle sorelle, di tutti i miei cari e di coloro che, per amor tuo, fecero del bene a me o ad altri; infine di tutte le persone - quelle ancora in vita e quelle che già hanno lasciato questo mondo - che da me desiderarono e chiesero preghiere e sante Messe, per loro e per tutti i loro cari. Che tutti sentano venire sopra di sé l'aiuto della tua grazia, l'abbondanza della consolazione, la protezione dai pericoli, la liberazione dalle pene! Che tutti, liberati da ogni male, ti rendano in letizia grazie solenni. Ancora, e in modo speciale, ti offro preghiere e sacrifici di espiazione per quelli che mi hanno fatto qualche torto, mi hanno cagionato dolore, mi hanno calunniato o recato danno, mi hanno messo in difficoltà; e anche per tutti quelli ai quali io ho dato talora motivo di tristezza e di turbamento, di dolore o di scandalo, con parole o con fatti, consciamente oppure no, affinché tu perdoni parimenti a tutti noi i nostri peccati e le offese vicendevoli. O Signore, strappa dai nostri cuori ogni sospetto, ogni sdegno, ogni collera, ogni contesa e tutto ciò che possa ferire la carità e affievolire l'amore fraterno. Abbi compassione, o Signore, di noi che imploriamo la tua misericordia; concedi la tua grazia a noi che ne abbiamo bisogno; fa che noi siamo fatti degni di godere della tua grazia e che possiamo avanzare verso la vita eterna.
9 dicembre 1976 - QUANDO LE SENTINELLE NON VIGILANO!
Mons. Ottavio Michelini
Figlio mio, scrivi:
I Vescovi col Papa sono i custodi dei valori inestimabili della verità, cioè di quel patrimonio formato dalla mia dottrina e dalla mia parola.
I Vescovi col Papa sono i naturali custodi dei valori morali e spirituali gratuitamente dati alla mia Chiesa.
I Vescovi col Papa sono i custodi dei valori inestimabili della fede, della mia dottrina e della parola viva perché divina ed eterna che non muta col mutar dei tempi come non pochi pensano nella mia Chiesa, quali i teologi eretici, sì, eretici, perché superbi e presuntuosi; i Vescovi col Papa sono i naturali custodi dei valori spirituali della Redenzione, della mia Legge che non muta e non può mutare mai anche essa eterna e divina e che quindi nessuno sulla terra, neppure il mio Vicario, ha il potere di manipolarla e asservirla all'orgoglio e all'egoismo umano.
I Vescovi col Papa avevano, hanno e avranno il sacro dovere di oculata e perseverante vigilanza, perché questi tesori spirituali sono da Dio gratuitamente dati all'umanità perché l'umanità si possa emancipare dalla tirannia del principe delle tenebre e così (p. 90) liberarsi del male ed elevarsi per congiungersi a Dio Uno e Trino, Alfa e Omega, Creatore e Signore di ogni cosa.
Era ed è compito dei Vescovi proteggere la fede dagli attacchi delle forze oscure del male che scimmiottando Dio, si servono per la loro azione demolitrice proprio di coloro che da Dio prescelti dovrebbero essere figli devoti, fedeli, amorosi e zelanti della Sua gloria e del bene delle anime; ma purtroppo non pochi consacrati, oscurati dalla superbia, piaga terribile e profonda del Mio Corpo Mistico, non si sono resi conto dell'opera satanica di sfacelo e di rovina da parte dei miei nemici, che sono i vostri nemici, e nemici della Mia Chiesa, e quando anche hanno avvertito il pericolo non hanno reagito con quella energia e forza dovuta, perché avevano paura di perdere il loro prestigio, avevano ed hanno paura di perdere la loro dignità.
E se un cieco si fa guida...
Come si spiega, figlio mio, il dilagare dell'errore, dell'immoralità?
Come spiegare il pullulare dell'eresia, come spiegare perfino l'apologia di leggi contro natura, come l'aborto, il diritto alla prostituzione, l'apologia del delitto?
E' vero, non sono mancate voci di protesta da parte dei pochi buoni, ma è altresì vero che è (p. 91) mancata quella mobilitazione in massa nella mia Chiesa usando tutti i mezzi leciti consentiti, sia spirituali, sia materiali, per la difesa dei diritti divini della verità e del bene delle anime. Gravissima colpa per Vescovi e sacerdoti che non hanno reagito come avrebbero dovuto, ma molte volte, per motivi che è meglio tacere, si sono essi stessi indirettamente resi complici e strumenti di male.
Vedi, figlio mio, le contraddizioni reali e palesi della pastorale moderna, tanto è vero che per questa insipienza, le strutture della Chiesa sono tutte in via di eliminazione, o quanto meno in crisi, mentre funzionano a gonfie vele le strutture di Satana, cioè della società ateizzata e materializzata da Satana per la divulgazione di tutti i mali dottrinali, morali e spesso anche fisici.
Oh quanta cecità e debolezza nella mia Chiesa! I Santi e i Martiri non furono, non sono tuttora, ne mai saranno dei pavidi!
I nemici di Dio e della mia Chiesa si sono uniti per il male; se lo fossero in pari misura uniti per il bene i miei Vescovi e i miei sacerdoti, il volto della mia Chiesa non sarebbe quale è oggi!
Tremenda responsabilità per le gravissime omissioni!
Certo non varrà la giustificazione e l'affermazione fatta a Me, Eterno Giudice, che i mezzi del progresso (p. 92) moderno, in particolare i mezzi di comunicazione sono i responsabili dei mali esistenti in seno alla mia Chiesa... Sono Dio e ben conosco tutte le radici della crisi presente; ben conosco le varie origini, per questo dico che le giustificazioni addotte poco servono alla mia giustizia divina.
Gli stessi mezzi e la stessa tecnologia potevano servire al bene e potevano servire ad arginare il male se una fede viva, spoglia da infatuazioni razionalistiche o marxiste, se una fede operante e pura fosse stata opposta alle forze del male.
Sarò Io nel mio giudizio a valutare il grado di responsabilità collettiva e personale dei miei sacerdoti e dei miei Vescovi!
Sarà inutile ogni evasione, dal giudizio di Dio nessuno può né potrà sfuggire mai. Sulla coscienza di molti Pastori e sacerdoti stanno tremende responsabilità; richiamo le gravissime omissioni che vi sono state per arginare le forze del male, che non solo andavano arginate, ma contrattaccate con tutti i mezzi che io Gesù e la Madre mia, con l'esempio, con l'umiltà, con la preghiera, con la penitenza, vi abbiamo insistentemente insegnato.
Ripeto ancora una volta che hanno svisato sostanzialmente la regola di vita cristiana; la vita è prova; la vita è lotta contro le forze oscure dell'inferno che la insidiano; svisare questo è svisare il cristianesimo; (p. 93) è svisare la Redenzione, è intaccarla nella sua essenza.
No, figlio mio, meglio sarebbe e più sapiente non ribellarsi, ma umilmente pentirsi degli errori compiuti.
Ti benedico e voglimi bene. (p. 94)