Sotto il Tuo Manto

Lunedi, 21 luglio 2025 - San Lorenzo da Brindisi (Letture di oggi)

Non affannatevi per i cattivi pensieri. Altro è sentire altro è acconsentire. (San Francesco di Sales)

Liturgia delle Ore - Letture

Domenica della 7° settimana del tempo ordinario

Questa sezione contiene delle letture scelte a caso, provenienti dalle varie sezioni del sito (Sacra Bibbia e la sezione Biblioteca Cristiana), mentre l'ultimo tab Apparizioni, contiene messaggi di apparizioni a mistici o loro scritti. Sono presenti testi della Valtorta, Luisa Piccarreta, don Stefano Gobbi e testimonianze di apparizioni mariane riconosciute.

Vangelo secondo Marco 14

1Mancavano intanto due giorni alla Pasqua e agli Azzimi e i sommi sacerdoti e gli scribi cercavano il modo di impadronirsi di lui con inganno, per ucciderlo.2Dicevano infatti: "Non durante la festa, perché non succeda un tumulto di popolo".

3Gesù si trovava a Betània nella casa di Simone il lebbroso. Mentre stava a mensa, giunse una donna con un vasetto di alabastro, pieno di olio profumato di nardo genuino di gran valore; ruppe il vasetto di alabastro e versò l'unguento sul suo capo.4Ci furono alcuni che si sdegnarono fra di loro: "Perché tutto questo spreco di olio profumato?5Si poteva benissimo vendere quest'olio a più di trecento denari e darli ai poveri!". Ed erano infuriati contro di lei.
6Allora Gesù disse: "Lasciatela stare; perché le date fastidio? Ella ha compiuto verso di me un'opera buona;7i poveri infatti li avete sempre con voi e potete beneficarli quando volete, me invece non mi avete sempre.8Essa ha fatto ciò ch'era in suo potere, ungendo in anticipo il mio corpo per la sepoltura.9In verità vi dico che dovunque, in tutto il mondo, sarà annunziato il vangelo, si racconterà pure in suo ricordo ciò che ella ha fatto".

10Allora Giuda Iscariota, uno dei Dodici, si recò dai sommi sacerdoti, per consegnare loro Gesù.11Quelli all'udirlo si rallegrarono e promisero di dargli denaro. Ed egli cercava l'occasione opportuna per consegnarlo.

12Il primo giorno degli Azzimi, quando si immolava la Pasqua, i suoi discepoli gli dissero: "Dove vuoi che andiamo a preparare perché tu possa mangiare la Pasqua?".13Allora mandò due dei suoi discepoli dicendo loro: "Andate in città e vi verrà incontro un uomo con una brocca d'acqua; seguitelo14e là dove entrerà dite al padrone di casa: Il Maestro dice: Dov'è la mia stanza, perché io vi possa mangiare la Pasqua con i miei discepoli?15Egli vi mostrerà al piano superiore una grande sala con i tappeti, già pronta; là preparate per noi".16I discepoli andarono e, entrati in città, trovarono come aveva detto loro e prepararono per la Pasqua.

17Venuta la sera, egli giunse con i Dodici.18Ora, mentre erano a mensa e mangiavano, Gesù disse: "In verità vi dico, uno di voi, 'colui che mangia con me', mi tradirà".19Allora cominciarono a rattristarsi e a dirgli uno dopo l'altro: "Sono forse io?".20Ed egli disse loro: "Uno dei Dodici, colui che intinge con me nel piatto.21Il Figlio dell'uomo se ne va, come sta scritto di lui, ma guai a quell'uomo dal quale il Figlio dell'uomo è tradito! Bene per quell'uomo se non fosse mai nato!".

22Mentre mangiavano prese il pane e, pronunziata la benedizione, lo spezzò e lo diede loro, dicendo: "Prendete, questo è il mio corpo".23Poi prese il calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti.24E disse: "Questo è il mio sangue, il sangue dell'alleanza versato per molti.25In verità vi dico che io non berrò più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo nel regno di Dio".

26E dopo aver cantato l'inno, uscirono verso il monte degli Ulivi.27Gesù disse loro: "Tutti rimarrete scandalizzati, poiché sta scritto:

'Percuoterò il pastore e le pecore saranno disperse'.

28Ma, dopo la mia risurrezione, vi precederò in Galilea".29Allora Pietro gli disse: "Anche se tutti saranno scandalizzati, io non lo sarò".30Gesù gli disse: "In verità ti dico: proprio tu oggi, in questa stessa notte, prima che il gallo canti due volte, mi rinnegherai tre volte".31Ma egli, con grande insistenza, diceva: "Se anche dovessi morire con te, non ti rinnegherò". Lo stesso dicevano anche tutti gli altri.

32Giunsero intanto a un podere chiamato Getsèmani, ed egli disse ai suoi discepoli: "Sedetevi qui, mentre io prego".33Prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e cominciò a sentire paura e angoscia.34Gesù disse loro: "La mia anima è triste fino alla morte. Restate qui e vegliate".35Poi, andato un po' innanzi, si gettò a terra e pregava che, se fosse possibile, passasse da lui quell'ora.36E diceva: "Abbà, Padre! Tutto è possibile a te, allontana da me questo calice! Però non ciò che io voglio, ma ciò che vuoi tu".37Tornato indietro, li trovò addormentati e disse a Pietro: "Simone, dormi? Non sei riuscito a vegliare un'ora sola?38Vegliate e pregate per non entrare in tentazione; lo spirito è pronto, ma la carne è debole".39Allontanatosi di nuovo, pregava dicendo le medesime parole.40Ritornato li trovò addormentati, perché i loro occhi si erano appesantiti, e non sapevano che cosa rispondergli.
41Venne la terza volta e disse loro: "Dormite ormai e riposatevi! Basta, è venuta l'ora: ecco, il Figlio dell'uomo viene consegnato nelle mani dei peccatori.42Alzatevi, andiamo! Ecco, colui che mi tradisce è vicino".

43E subito, mentre ancora parlava, arrivò Giuda, uno dei Dodici, e con lui una folla con spade e bastoni mandata dai sommi sacerdoti, dagli scribi e dagli anziani.44Chi lo tradiva aveva dato loro questo segno: "Quello che bacerò, è lui; arrestatelo e conducetelo via sotto buona scorta".45Allora gli si accostò dicendo: "Rabbì" e lo baciò.46Essi gli misero addosso le mani e lo arrestarono.47Uno dei presenti, estratta la spada, colpì il servo del sommo sacerdote e gli recise l'orecchio.48Allora Gesù disse loro: "Come contro un brigante, con spade e bastoni siete venuti a prendermi.49Ogni giorno ero in mezzo a voi a insegnare nel tempio, e non mi avete arrestato. Si adempiano dunque le Scritture!".
50Tutti allora, abbandonandolo, fuggirono.51Un giovanetto però lo seguiva, rivestito soltanto di un lenzuolo, e lo fermarono.52Ma egli, lasciato il lenzuolo, fuggì via nudo.

53Allora condussero Gesù dal sommo sacerdote, e là si riunirono tutti i capi dei sacerdoti, gli anziani e gli scribi.54Pietro lo aveva seguito da lontano, fin dentro il cortile del sommo sacerdote; e se ne stava seduto tra i servi, scaldandosi al fuoco.55Intanto i capi dei sacerdoti e tutto il sinedrio cercavano una testimonianza contro Gesù per metterlo a morte, ma non la trovavano.56Molti infatti attestavano il falso contro di lui e così le loro testimonianze non erano concordi.57Ma alcuni si alzarono per testimoniare il falso contro di lui, dicendo:58"Noi lo abbiamo udito mentre diceva: Io distruggerò questo tempio fatto da mani d'uomo e in tre giorni ne edificherò un altro non fatto da mani d'uomo".59Ma nemmeno su questo punto la loro testimonianza era concorde.60Allora il sommo sacerdote, levatosi in mezzo all'assemblea, interrogò Gesù dicendo: "Non rispondi nulla? Che cosa testimoniano costoro contro di te?".61Ma egli taceva e non rispondeva nulla. Di nuovo il sommo sacerdote lo interrogò dicendogli: "Sei tu il Cristo, il Figlio di Dio benedetto?".62Gesù rispose: "Io lo sono!

E vedrete 'il Figlio dell'uomo
seduto alla destra della Potenza
e venire con le nubi del cielo'".

63Allora il sommo sacerdote, stracciandosi le vesti, disse: "Che bisogno abbiamo ancora di testimoni?64Avete udito la bestemmia; che ve ne pare?". Tutti sentenziarono che era reo di morte.
65Allora alcuni cominciarono a sputargli addosso, a coprirgli il volto, a schiaffeggiarlo e a dirgli: "Indovina". I servi intanto lo percuotevano.

66Mentre Pietro era giù nel cortile, venne una serva del sommo sacerdote67e, vedendo Pietro che stava a scaldarsi, lo fissò e gli disse: "Anche tu eri con il Nazareno, con Gesù".68Ma egli negò: "Non so e non capisco quello che vuoi dire". Uscì quindi fuori del cortile e il gallo cantò.69E la serva, vedendolo, ricominciò a dire ai presenti: "Costui è di quelli".70Ma egli negò di nuovo. Dopo un poco i presenti dissero di nuovo a Pietro: "Tu sei certo di quelli, perché sei Galileo".71Ma egli cominciò a imprecare e a giurare: "Non conosco quell'uomo che voi dite".72Per la seconda volta un gallo cantò. Allora Pietro si ricordò di quella parola che Gesù gli aveva detto: "Prima che il gallo canti due volte, mi rinnegherai per tre volte". E scoppiò in pianto.


Tobia 13

1Allora Tobi scrisse questa preghiera di esultanza e disse:

"2Benedetto Dio che vive in eterno
il suo regno dura per tutti i secoli;
Egli castiga e usa misericordia,
fa scendere negli abissi della terra,
fa risalire dalla grande Perdizione
e nulla sfugge alla sua mano.
3Lodatelo, figli d'Israele, davanti alle genti;
Egli vi ha disperso in mezzo ad esse
4per proclamare la sua grandezza.
Esaltatelo davanti ad ogni vivente;
è lui il Signore, il nostro Dio,
lui il nostro Padre, il Dio per tutti i secoli.
5Vi castiga per le vostre ingiustizie,
ma userà misericordia a tutti voi.
Vi raduna da tutte le genti,
fra le quali siete stati dispersi.
6Convertitevi a lui con tutto il cuore e con tutta l'anima,
per fare la giustizia davanti a Lui,
allora Egli si convertirà a voi
e non vi nasconderà il suo volto.
7Ora contemplate ciò che ha operato con voi
e ringraziatelo con tutta la voce;
benedite il Signore della giustizia
ed esaltate il re dei secoli.
8Io gli do lode nel paese del mio esilio
e manifesto la sua forza e grandezza
a un popolo di peccatori.
Convertitevi, o peccatori,
e operate la giustizia davanti a lui;
chi sa che non torni ad amarvi
e vi usi misericordia?
9Io esalto il mio Dio e celebro il re del cielo
ed esulto per la sua grandezza.
10Tutti ne parlino
e diano lode a lui in Gerusalemme.
Gerusalemme, città santa,
ti ha castigata per le opere dei tuoi figli,
e avrà ancora pietà per i figli dei giusti.
11Da' lode degnamente al Signore
e benedici il re dei secoli;
egli ricostruirà in te il suo tempio con gioia,
12per allietare in te tutti i deportati,
per far contenti in te tutti gli sventurati,
per tutte le generazioni dei secoli.
13Come luce splendida brillerai sino ai confini della terra;
nazioni numerose verranno a te da lontano;
gli abitanti di tutti i confini della terra
verranno verso la dimora del tuo santo nome,
portando in mano i doni per il re del cielo.
Generazioni e generazioni esprimeranno in te l'esultanza
e il nome della città eletta durerà nei secoli.
14Maledetti coloro che ti malediranno,
maledetti saranno quanti ti distruggono,

demoliscono le tue mura,
rovinano le tue torri
e incendiano le tue abitazioni!
Ma benedetti sempre quelli che ti ricostruiranno.
15Sorgi ed esulta per i figli dei giusti,
tutti presso di te si raduneranno
e benediranno il Signore dei secoli.
Beati coloro che ti amano
beati coloro che gioiscono per la tua pace.
16Beati coloro che avranno pianto per le tue sventure:
gioiranno per te e vedranno tutta la tua gioia per sempre.
Anima mia, benedici il Signore, il gran re,
17Gerusalemme sarà ricostruita
come città della sua residenza per sempre.
Beato sarò io, se rimarrà un resto della mia discendenza
per vedere la tua gloria e dar lode al re del cielo.
Le porte di Gerusalemme
saranno ricostruite di zaffiro e di smeraldo
e tutte le sue mura di pietre preziose.
Le torri di Gerusalemme si costruiranno con l'oro
e i loro baluardi con oro finissimo.
Le strade di Gerusalemme saranno lastricate
con turchese e pietra di Ofir.
18Le porte di Gerusalemme risuoneranno di canti di esultanza,
e in tutte le sue case canteranno: "Alleluia!
Benedetto il Dio d'Israele
e benedetti coloro che benedicono il suo santo nome
per sempre e nei secoli!".


Salmi 52

1'Al maestro del coro. Maskil. Di Davide.'
2'Dopo che l'idumeo Doeg venne da Saul per informarlo e dirgli: "Davide è entrato in casa di Abimelech".'

3Perché ti vanti del male
o prepotente nella tua iniquità?

4Ordisci insidie ogni giorno;
la tua lingua è come lama affilata,
artefice di inganni.
5Tu preferisci il male al bene,
la menzogna al parlare sincero.
6Ami ogni parola di rovina,
o lingua di impostura.

7Perciò Dio ti demolirà per sempre,
ti spezzerà e ti strapperà dalla tenda
e ti sradicherà dalla terra dei viventi.
8Vedendo, i giusti saran presi da timore
e di lui rideranno:
9"Ecco l'uomo che non ha posto in Dio la sua difesa,
ma confidava nella sua grande ricchezza
e si faceva forte dei suoi crimini".

10Io invece come olivo verdeggiante
nella casa di Dio.
Mi abbandono alla fedeltà di Dio
ora e per sempre.
11Voglio renderti grazie in eterno
per quanto hai operato;
spero nel tuo nome, perché è buono,
davanti ai tuoi fedeli.


Salmi 55

1'Al maestro del coro. Per strumenti a corda. Maskil.'
'Di Davide.'

2Porgi l'orecchio, Dio, alla mia preghiera,
non respingere la mia supplica;
3dammi ascolto e rispondimi,
mi agito nel mio lamento e sono sconvolto
4al grido del nemico, al clamore dell'empio.

Contro di me riversano sventura,
mi perseguitano con furore.

5Dentro di me freme il mio cuore,
piombano su di me terrori di morte.
6Timore e spavento mi invadono
e lo sgomento mi opprime.

7Dico: "Chi mi darà ali come di colomba,
per volare e trovare riposo?
8Ecco, errando, fuggirei lontano,
abiterei nel deserto.
9Riposerei in un luogo di riparo
dalla furia del vento e dell'uragano".

10Disperdili, Signore,
confondi le loro lingue:
ho visto nella città violenza e contese.
11Giorno e notte si aggirano
sulle sue mura,
12all'interno iniquità, travaglio e insidie
e non cessano nelle sue piazze
sopruso e inganno.
13Se mi avesse insultato un nemico,
l'avrei sopportato;
se fosse insorto contro di me un avversario,
da lui mi sarei nascosto.
14Ma sei tu, mio compagno,
mio amico e confidente;
15ci legava una dolce amicizia,
verso la casa di Dio camminavamo in festa.

16Piombi su di loro la morte,
scendano vivi negli inferi;
perché il male è nelle loro case,
e nel loro cuore.
17Io invoco Dio
e il Signore mi salva.
18Di sera, al mattino, a mezzogiorno mi lamento e sospiro
ed egli ascolta la mia voce;
19mi salva, mi dà pace da coloro che mi combattono:
sono tanti i miei avversari.
20Dio mi ascolta e li umilia,
egli che domina da sempre.

Per essi non c'è conversione
e non temono Dio.
21Ognuno ha steso la mano contro i suoi amici,
ha violato la sua alleanza.
22Più untuosa del burro è la sua bocca,
ma nel cuore ha la guerra;
più fluide dell'olio le sue parole,
ma sono spade sguainate.

23Getta sul Signore il tuo affanno
ed egli ti darà sostegno,
mai permetterà che il giusto vacilli.

24Tu, Dio, li sprofonderai nella tomba
gli uomini sanguinari e fraudolenti:
essi non giungeranno alla metà dei loro giorni.
Ma io, Signore, in te confido.


Geremia 27

1Al principio del regno di Sedecìa figlio di Giosia, re di Giuda, fu rivolta questa parola a Geremia da parte del Signore.
2Mi dice il Signore: "Procùrati capestri e un giogo e mettili sul tuo collo.3Quindi manda un messaggio al re di Edom, al re di Moab, al re degli Ammoniti, al re di Tiro e al re di Sidòne per mezzo dei loro messaggeri venuti a Gerusalemme da Sedecìa, re di Giuda,4e affida loro questo mandato per i loro signori: Dice il Signore degli eserciti, Dio di Israele, così parlerete ai vostri signori:5Io ho fatto la terra, l'uomo e gli animali che sono sulla terra, con grande potenza e con braccio potente e li do a chi mi piace.6Ora ho consegnato tutte quelle regioni in potere di Nabucodònosor re di Babilonia, mio servo; a lui ho consegnato perfino le bestie selvatiche perché lo servano.7Tutte le nazioni saranno soggette a lui, a suo figlio e al nipote, finché anche per il suo paese non verrà il momento. Allora molte nazioni e re potenti lo assoggetteranno.8La nazione o il regno che non si assoggetterà a lui, Nabucodònosor, re di Babilonia, e che non sottoporrà il collo al giogo del re di Babilonia, io li punirò con la spada, la fame e la peste - dice il Signore - finché non li avrò consegnati in suo potere.9Voi non date retta ai vostri profeti né ai vostri indovini né ai vostri sognatori né ai vostri maghi né ai vostri stregoni, che vi dicono: Non sarete soggetti al re di Babilonia!10Costoro vi predicono menzogne per allontanarvi dal vostro paese e perché io vi disperda e così andiate in rovina.11Invece io lascerò stare tranquilla sul proprio suolo - dice il Signore - la nazione che sottoporrà il collo al giogo del re di Babilonia e gli sarà soggetta; essa lo coltiverà e lo abiterà".
12A Sedecìa re di Giuda, io ho parlato proprio allo stesso modo: "Piegate il collo al giogo del re di Babilonia, siate soggetti a lui e al suo popolo e conserverete la vita.13Perché tu e il tuo popolo vorreste morire di spada, di fame e di peste, come ha preannunziato il Signore per la nazione che non si assoggetterà al re di Babilonia?14Non date retta alle parole dei profeti che vi dicono: Non sarete soggetti al re di Babilonia! perché essi vi predicono menzogne.15Io infatti non li ho mandati - dice il Signore - ed essi predicono menzogne in mio nome; perciò io sarò costretto a disperdervi e così perirete voi e i profeti che vi fanno tali profezie".
16Ai sacerdoti e a tutto questo popolo ho detto: "Dice il Signore: Non ascoltate le parole dei vostri profeti che vi predicono che gli arredi del tempio del Signore saranno subito riportati da Babilonia, perché essi vi predicono menzogne.17Non ascoltateli! Siate piuttosto soggetti al re di Babilonia e conserverete la vita. Perché questa città dovrebbe esser ridotta in una desolazione?18Se quelli sono veri profeti e se la parola del Signore è con essi, intercedano dunque presso il Signore degli eserciti perché gli arredi rimasti nel tempio del Signore e nella casa del re di Giuda e a Gerusalemme non vadano a Babilonia".
19Così dice il Signore degli eserciti riguardo alle colonne, al mare di bronzo, alle basi e al resto degli arredi che sono ancora in questa città20e che Nabucodònosor, re di Babilonia, non prese quando deportò Ieconia figlio di Ioiakìm, re di Giuda, da Gerusalemme in Babilonia con tutti i notabili di Giuda e di Gerusalemme.21Dice dunque così il Signore degli eserciti, Dio di Israele, riguardo agli arredi rimasti nel tempio del Signore, nella casa del re di Giuda e a Gerusalemme:22"Saranno portati a Babilonia e là rimarranno finché non li ricercherò - parola del Signore - e li porterò indietro e li riporrò in questo luogo".


Prima lettera di Giovanni 2

1Figlioli miei, vi scrivo queste cose perché non pecchiate; ma se qualcuno ha peccato, abbiamo un avvocato presso il Padre: Gesù Cristo giusto.2Egli è vittima di espiazione per i nostri peccati; non soltanto per i nostri, ma anche per quelli di tutto il mondo.

3Da questo sappiamo d'averlo conosciuto: se osserviamo i suoi comandamenti.4Chi dice: "Lo conosco" e non osserva i suoi comandamenti, è bugiardo e la verità non è in lui;5ma chi osserva la sua parola, in lui l'amore di Dio è veramente perfetto. Da questo conosciamo di essere in lui.6Chi dice di dimorare in Cristo, deve comportarsi come lui si è comportato.
7Carissimi, non vi scrivo un nuovo comandamento, ma un comandamento antico, che avete ricevuto fin da principio. Il comandamento antico è la parola che avete udito.8E tuttavia è un comandamento nuovo quello di cui vi scrivo, il che è vero in lui e in voi, perché le tenebre stanno diradandosi e la vera luce già risplende.9Chi dice di essere nella luce e odia suo fratello, è ancora nelle tenebre.10Chi ama suo fratello, dimora nella luce e non v'è in lui occasione di inciampo.11Ma chi odia suo fratello è nelle tenebre, cammina nelle tenebre e non sa dove va, perché le tenebre hanno accecato i suoi occhi.

12Scrivo a voi, figlioli,
perché vi sono stati rimessi i peccati in virtù del suo nome.
13Scrivo a voi, padri,
perché avete conosciuto colui che è fin dal principio.
Scrivo a voi, giovani,
perché avete vinto il maligno.
14Ho scritto a voi, figlioli,
perché avete conosciuto il Padre.
Ho scritto a voi, padri,
perché avete conosciuto colui che è fin dal principio.
Ho scritto a voi, giovani,
perché siete forti,
e la parola di Dio dimora in voi
e avete vinto il maligno.

15Non amate né il mondo, né le cose del mondo! Se uno ama il mondo, l'amore del Padre non è in lui;16perché tutto quello che è nel mondo, la concupiscenza della carne, la concupiscenza degli occhi e la superbia della vita, non viene dal Padre, ma dal mondo.17E il mondo passa con la sua concupiscenza; ma chi fa la volontà di Dio rimane in eterno!

18Figlioli, questa è l'ultima ora. Come avete udito che deve venire l'anticristo, di fatto ora molti anticristi sono apparsi. Da questo conosciamo che è l'ultima ora.19Sono usciti di mezzo a noi, ma non erano dei nostri; se fossero stati dei nostri, sarebbero rimasti con noi; ma doveva rendersi manifesto che non tutti sono dei nostri.20Ora voi avete l'unzione ricevuta dal Santo e tutti avete la scienza.21Non vi ho scritto perché non conoscete la verità, ma perché la conoscete e perché nessuna menzogna viene dalla verità.22Chi è il menzognero se non colui che nega che Gesù è il Cristo? L'anticristo è colui che nega il Padre e il Figlio.23Chiunque nega il Figlio, non possiede nemmeno il Padre; chi professa la sua fede nel Figlio possiede anche il Padre.
24Quanto a voi, tutto ciò che avete udito da principio rimanga in voi. Se rimane in voi quel che avete udito da principio, anche voi rimarrete nel Figlio e nel Padre.25E questa è la promessa che egli ci ha fatto: la vita eterna.
26Questo vi ho scritto riguardo a coloro che cercano di traviarvi.27E quanto a voi, l'unzione che avete ricevuto da lui rimane in voi e non avete bisogno che alcuno vi ammaestri; ma come la sua unzione vi insegna ogni cosa, è veritiera e non mentisce, così state saldi in lui, come essa vi insegna.
28E ora, figlioli, rimanete in lui, perché possiamo aver fiducia quando apparirà e non veniamo svergognati da lui alla sua venuta.29Se sapete che egli è giusto, sappiate anche che chiunque opera la giustizia, è nato da lui.


Capitolo XI: Vagliare e frenare i desideri del nostro cuore

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1. Figlio, tu devi imparare ancora molte cose, fin qui non bene apprese. Signore, quali sono queste cose? Che tu indirizzi il tuo desiderio interamente secondo la mia volontà; che tu non stia attaccato a te stesso; che ardentemente tu brami di seguire la mia volontà. Sovente vari desideri ti accendono e urgono in te fortemente. Ma devi riflettere se tu sia mosso dall'impulso di rendere onore a me o non piuttosto di far piacere a te stesso. Se si tratta di me, sarai pienamente felice, comunque io voglia che vadano le cose; se invece c'è sotto una qualunque tua voglia, ecco, è questo che ti impedisce e ti appesantisce. Guardati, dunque, dal basarti troppo su un desiderio concepito senza che io sia stato consultato; affinché poi tu non abbia a pentirti; affinché non abbia a disgustarti ciò che dapprima ti era sembrato caro e che avevi agognato, come preferibile sopra ogni cosa.  

2. In verità, non ogni moto, pur se ci appare degno di approvazione, va subito favorito; ne ogni moto che ci ripugna va respinto fin dal principio. Occorre talvolta che tu usi il freno, anche nell'intraprendere e nel desiderare cose buone. Ché il tuo animo potrebbe poi esser distolto da ciò, come cosa eccessiva; o potresti ingenerare scandalo in altri, per essere andato al di là delle regole comuni; o potresti d'un tratto cadere in agitazione perché ti si ostacola. Altra voce, invece, occorre che tu faccia violenza a te stesso, andando virilmente contro l'impulso dei sensi. Occorre che tu non faccia caso a ciò che la carne desidera o non desidera, preoccupandoti piuttosto che essa, pur contro voglia, sia sottomessa allo spirito. Occorre che la carne sia imbrigliata e costretta a stare soggetta, fino a che non sia pronta a tutto; fino a che non sappia accontentarsi, lieta di poche e semplici cose, senza esitare di fronte ad alcuna difficoltà.


Contro il Manicheo Secondino - libro secondo

Contro il manicheo Secondino - Sant'Agostino d'Ippona

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CONTRO IL MANICHEO SECONDINO


La buona coscienza di Agostino.

1. La benevolenza che traspare dalla tua lettera mi è gradita. Ma se devo ricambiare il tuo affetto, sono triste perché sei rimasto tenacemente legato a falsi sospetti, in parte riguardo me, in parte contro la stessa verità che non può essere cambiata. Ma ciò che di non vero attribuisci al mio animo, facilmente trascuro. Infatti mi attribuisci ciò che, sebbene non riconosca in me, potrebbe tuttavia esserci in un uomo. Quindi sebbene sbagli sul mio conto, non sbagli nell’inserirmi nel numero degli uomini, poiché ciò che reputi essere in me, potrebbe essere comunque nell’animo umano, sebbene non ci sia nel mio. Quindi non c’è bisogno che mi sforzi a levarti questa idea. Infatti la tua speranza non dipende da me, e nulla impedisce che tu possa essere buono prima che lo diventi io. Pensa di Agostino ciò che vuoi: la sola coscienza non mi accusi agli occhi di Dio. Come dice l’Apostolo: A me interessa poco essere giudicato da voi, o da un tribunale terrestre 1. Io non ti darò il contraccambio, per non osar pensare male in qualche cosa della tua mente, che non posso capire. E non dico che tu mi abbia voluto offendere subdolamente, ma di te penso tutto ciò che tu stesso scrivi di te nella tua lettera. Perciò non importa che tu non abbia pensato bene sul mio conto, ritenendo che io abbia lasciato l’eresia dei Manichei per paura di qualche scomodità materiale che mi sarebbe potuta venire dall’aderire alla vostra comunità, o per il desiderio di onore che mi sarebbe potuto derivare dalla Chiesa cattolica. Tuttavia, per quanto mi riguarda, non pensando male di te, credo che il tuo sospetto sia benevolo e ritengo che tu mi abbia scritto non per accusarmi, ma per correggermi. Se poi avessi la bontà di credermi, tu che attacchi i segreti del mio animo, che non posso tirar fuori e mostrare ai tuoi occhi, facilmente cambieresti idea e non vorresti più affermare temerariamente ciò che non sai.

Perché Agostino ha lasciato i Manichei.

2. Lo ammetto, ho lasciato i Manichei per paura, ma per paura di quelle parole che ha detto l’apostolo Paolo: Lo Spirito dice chiaramente che nei tempi a venire alcuni abbandoneranno la fede, dando ascolto agli spiriti seduttori e alle dottrine dei demoni impartite da ipocriti impostori, che hanno la coscienza bruciata, che proibiscono le nozze ed il cibo che Dio ha creato, per azione di grazia, perché se ne sfamassero i fedeli e coloro che conobbero la verità. Ogni creatura di Dio è infatti buona, e non deve essere respinto nulla di ciò che può essere percepito per opera di grazia 2. Sebbene con queste parole l’Apostolo abbia voluto descrivere forse altri eretici, tuttavia brevemente e chiaramente ha descritto soprattutto i Manichei. Per questa paura, pur avendo solo la saggezza di un ragazzo, me ne andai da quella comunità. Ammetto anche di aver desiderato ardentemente l’onore, per allontanarmi da lì, ma quell’onore di cui parla l’Apostolo: Gloria, onore e pace a chi opera il bene 3. Ora chi tenterà di operare il bene, se riterrà che il male non sia nella volontà mutevole, ma nella natura immutabile? Da cui viene che lo stesso Signore, a coloro che pur essendo malvagi pensavano di dire cose buone, disse: O fate albero e frutti buoni, o albero e frutti malvagi 4. Ma ai malvagi mutati in buoni, l’Apostolo dice: Siete stati una volta oscurità, adesso siete luce nel Signore 5. Ma se non vuoi credermi sui sentimenti che nutre il mio animo, pensa ciò che vuoi, bada solo a ciò che pensi della stessa verità. Non ti prenda nessuna tentazione che non sia umana 6. Umano infatti è l’errore che tu credi essere nel mio animo, che potrebbe esserci anche se non c’è. Credi essere verità la sacrilega favola persiana, che è assolutamente falsa e del tutto ingannevole riguardo non solo ad un uomo qualsiasi, ma anche riguardo al sommo Dio, ed è intrecciata ed inchiodata a terribili menzogne. Non posso lasciar correre, né trascurare simile morte dell’anima. Infatti è ciò di cui posso discutere con te. Infatti non solo riguardo al mio animo, di cui non posso dire niente di più se non di credermi, ma se non lo vuoi fare, non so che fare.Sbagli anche riguardo alla luce dell’anima che le menti razionali, quanto più pure tanto più serenamente vedranno. Se mi ascoltassi con pazienza, ti dimostrerei quanto è lontano dalla verità ciò che pensi. Come infatti non posso percepire le sensazioni che provano i tuoi occhi, né tu quelle dei miei, ma riguardo ad esse possiamo credere o non credere, mentre entrambi possiamo indicare l’immagine che è visibile ai nostri occhi, così è anche riguardo alle emozioni delle nostre anime, che sono solo le nostre, se ci piace ci crediamo, se non ci piace non ci crediamo. Allo stesso modo osserviamo con menti serene la ragione della verità, che non è mia né tua, ma per entrambi è posta per essere osservata, senza la nebbia dell’ostinazione.

Gesù primogenito e re di tutte le luci.

3. Non ti porterò altri documenti, per dimostrare l’errore di Mani, se non la stessa tua lettera. Scrivi infatti: Ringrazio l’ineffabile e santissima Maestà di Dio, ed il suo primogenito sovrano di tutte le luci, Gesù Cristo. Dimmi di quali luci sia re Gesù Cristo, di quelle che ha creato o di quelle che ha generato? Noi infatti diciamo che Dio Padre ha generato un Figlio uguale a lui, per mezzo di lui ha poi creato, cioè ha stabilito e fatto le creature inferiori, che evidentemente non possono essere quel che è colui che fece e per cui fece. Così poiché per mezzo di lui fece i secoli, giustamente è detto dall’Apostolo re dei secoli 7, come chi sta in alto per chi sta in basso, e forte nel governare, governando chi necessita di un governo. Ma tu, quando chiami Gesù Cristo re di tutte le luci, se le ha generate, dimmi perché non sono uguali a chi le ha generate? Se poi le consideri uguali, come mai lo definisci sovrano di esse, dato che il re deve governare, e in nessun modo quelli che sono governati possono essere uguali a colui che li governa? Ma se poi queste luci non le ha generate, ma le ha create, da dove le creò? Se le propagò da se stesso, perché sono inferiori? Perché degenerarono? Se non da se stesso dimmi da dove? O forse non generò né creò i lumi su cui regna? Hanno origine e natura propria, ma sicuramente sono meno forti, poiché si aspettano o desiderano essere governati dal vicino più potente. Non capisci che se è così, oltre al popolo delle tenebre, ci sono altre due nature, e che l’una ha bisogno dell’altra, ma nessuna delle due dipende dallo stesso principio dell’altra? Tu di certo rifiuterai questa opinione, perché del tutto contraria a quella di Mani, che tenta di affermare che non costituiscono due nature il re dei lumi e i lumi che sono governati, ma ci sono il regno delle luci e quello delle tenebre. Ti rifugerai nel dire che i lumi sono generati e quando domanderò perché siano inferiori, probabilmente tenterai di dire che sono uguali. Ma se nuovamente ti domandassi perché siano governati e tu negassi che lo siano, allora ti chiederò perché abbiano un re. Ove non vedo altra soluzione per la tua ingenuità, se non di pentirti dell’entrata che hai messo nella tua lettera, attraverso cui tu stesso non riesci ad uscire. Ma anche se ti dovessi pentire e dicessi che non bisogna considerare sconfitto Mani perché nella tua lettera hai commesso qualche imprudenza, citerò innumerevoli passi dai libri di Mani, dove parla del regno della luce che per natura è opposto al regno delle tenebre, e dove parla non di un regno, ma di regni. Perché nella stessa lettera del rovinoso Fondamento, parlando di Dio Padre, dice: Non essendoci nei suoi regni nulla di mancante o di malfermo. Dove poi esistono regni, chi è tanto cieco da non capire che non possono esserci re in tutto uguali a coloro su cui regnano? Se vuoi riflettere, chi è tanto vicino e tanto conveniente all’onestà del tuo cuore da farti pentire di aver scritto queste cose nella tua lettera? Senza dubbio Gesù Cristo è re dei lumi che non sono in alcun modo uguali a lui, ma sottomessi, ed è rettore di loro beati. Pentiti piuttosto d’essere stato di Mani, di cui la fronte veritiera della tua lettera con un solo colpo ha abbattuto le ingannevoli macchinazioni. Poiché infatti Cristo è re dei lumi, né creò da se stesso creature inferiori su cui regnare, né li prese vicino a sé per regnare su di essi, lui che non li generò né li creò, perché non ci fossero due generi di bene, indipendenti l’uno dall’altro, senza bisogno l’uno dell’altro, cosa che è contraria all’ordine della verità. Resta che non generò quei lumi su cui regna, che sono buoni, poiché sono inferiori, né li ha usurpati, poiché sono suoi, ma Dio li ha fatti e li ha stabiliti.

Omogeneità di natura fra Dio e i suoi prodotti.

4. Se volessi chiedere da dove Dio creò i lumi, e cominciassi ad immaginare il soccorso di una materia che Dio stesso non fece, perché non sembri che l’onnipotente non possa fare ciò che vuole senza l’aiuto di un qualcosa che non ha fatto, di nuovo così subiresti le inesplicabili ombre dell’errore. Ma aggiungendo per un colpo di genio i detti profetici riguardo alla sublime ed ineffabile Maestà: Disse e le cose sono state fatte; comandò e furono create 8. In questo modo vedrai in che senso nella religione cattolica si dica che Dio fece dal nulla tutte le cose molto buone 9. Se infatti le avesse create da qualcosa, le avrebbe create o da se stesso, o da altro. Ma se da se stesso, Dio le ha generate e non le ha create. Ma perché dunque ha generato esseri inferiori? Se infatti non fossero inferiori, Dio non potrebbe essere loro re. Se non le ha generate da se stesso, non le ha create nemmeno da altro che non ha fatto. Se infatti le avesse fatte da altro, esisteva già un qualche bene che lui non aveva fatto, da cui avrebbe stabilito il regno per sé. Se è così, Dio non è più il creatore delle cose buone, poiché esisteva un bene che non aveva creato (infatti non dal male aveva fatto i lumi su cui regnare). Resta perciò che se li fece da qualcosa, li fece da qualcosa che aveva già fatto.

La primogenitura di Cristo.

5. Da ciò viene che dobbiamo ammettere che Dio abbia creato dal nulla le prime origini delle cose che voleva stabilire. Altrimenti, quando hai detto che Gesù Cristo è primogenito dell’ineffabile e santissima Maestà di Dio, vuoi che s’intenda non secondo la concezione umana, per la quale Cristo si è degnato, come dice l’Apostolo e come crede la fede cattolica, di avere fratelli per adozione rispetto ai quali è primogenito 10, ma vuoi piuttosto che s’intenda secondo la stessa eccellenza della divinità, così che i lumi su cui governa siano suoi fratelli, non fatti dal Padre per lui, ma generati dal Padre dopo di lui e, dato che sono stati generati dopo, lui è primogenito, ma tutti sono della stessa sostanza del Padre? Se credi che sia così, per prima cosa vai contro il Vangelo, dove Gesù Cristo è anche detto unigenito: E abbiamo visto, dice, la sua gloria che come quella di un unigenito proviene dal Padre. Non avrebbe assolutamente detto la verità se l’eterna virtù e santità del Figlio, che è della stessa sostanza del Padre ed è prima di tutte le creature, avesse fratelli della stessa sostanza. Poiché i testi sacri parlano di un Figlio unigenito e primogenito: unigenito perché non ha fratelli, primogenito perché li ha, non riusciresti in nessun modo a comprendere come le due cose si accordino al Figlio, secondo la stessa natura della divinità. Ma la fede cattolica, che distingue tra Creatore e creatura, non ha alcuna difficoltà nel comprendere questi due termini, accogliendo unigenito secondo ciò che è scritto: In principio c’era il Verbo, ed il Verbo era in Dio, e Dio era il Verbo 11, primogenito di tutte le creature secondo quanto dice l"Apostolo: Così è primogenito di molti fratelli 12, che il padre generò per una fraterna società, non della stessa sostanza, ma per adozione di grazia. Leggi così le scritture: non troverai mai che Cristo è figlio di Dio per adozione. Di noi poi molto spesso è detto: Avete ricevuto lo spirito di adozione dei figli, aspettando l’adozione, la redenzione del nostro corpo 13; Per ricevere l’adozione dei figli 14; Ci ha predestinato ad essere figli adottivi 15; Gente santa, popolo destinato all’adozione 16; Vi ha chiamato per mezzo del nostro Vangelo all’adozione della gloria del nostro Signore Gesù Cristo 17, e tutti gli altri passi del genere che possono venire incontro nel ricordarli o nel leggerli. Infatti una cosa è che per l’eccellenza del padre sia l’unico Figlio di Dio, altra che per una grazia misericordiosa ricevano il potere di diventare figli di Dio credendo in lui. Diede loro la possibilità - dice san Giovanni - di diventare figli di Dio 18. Quindi non lo erano per natura, ma ebbero la possibilità di esserlo credendo nel suo unico figlio, che non ha risparmiato, ma a noi tutti lo ha consegnato 19, per renderlo in rapporto a lui unigenito, in rapporto a noi primogenito. Quindi da quello è unigenito, non dalla carne, dal sangue, o dalla volontà dell’uomo, né dalla volontà della carne, ma da Dio, per lui diviene primogenito dei fratelli nella Chiesa: Il Verbo divenne carne, e abitò tra noi 20. Noi in quanto siamo stati per natura figli dell’ira 21 e della vendetta, legati al vincolo della mortalità, pur essendo lui il creatore, che senza alcun dubbio dall’alto al basso dispone ogni cosa per misura, numero e peso 22, tuttavia noi siamo nati dalla carne, dal sangue e dalla volontà dell’uomo o dalla volontà della carne, ma dopo che abbiamo ricevuto il potere di diventare figli di Dio, noi siamo nati non dalla carne, dal sangue, o dalla volontà dell’uomo, o dalla volontà della carne, ma da Dio, non con uguale natura, ma per la grazia dell’adozione.

Cristo e i suoi fratelli.

6. Quindi se ti concedessi che Gesù Cristo non sia l’unico figlio del Padre, secondo la stessa divina sostanza, ma che abbia fratelli nati dopo di lui, nei confronti dei quali è primogenito, come potrebbe essere loro re? Te lo chiedo, oppure oseresti dire che è più forte perché nato per primo? Ti dovresti vergognare di credere che sia così. Se non è ciò che pensi, cos’è che pensi? Addolcisci il tuo animo e rendilo mite nel considerare la verità senza ostinazione. Vorrei chiederti anche in che modo intendi che Gesù Cristo sia primogenito in quella divina, ottima ed eterna sostanza: perché nato per primo nel tempo, così da considerarlo primogenito rispetto a quelli che sono nati dopo in quel regno (né possiamo dire di quante ore, giorni, mesi, o anni sia più anziano chi è nato per primo, ma tuttavia pensiamo che per un certo intervallo e spazio temporale queste generazioni si siano succedute), o forse non nel tempo, ma per la stessa eccellenza di una divinità più alta, per la quale meritò di essere re sui suoi fratelli lumi, e lo consideriamo primogenito, come nato in un principato? Se risponderai che nel tempo è il primo e maggiore dei fratelli, e per questo gli è stato dato il regno sui fratelli, perché nascendo li ha preceduti, e perché egli c’era quando quelli non c’erano ancora, perché lo chiami fratello? Perché vuoi fare precipitare il tuo cuore in un precipizio di empietà, ritenendo che quella divina e somma natura possa cadere nella mutabilità del tempo, e che possa esistere qualcosa che non ci fu prima? O forse, poiché occorreva che di là si facessero avanzare delle luci contro la stirpe delle tenebre, chiami generazioni queste stesse manifestazioni che pensi essere state fatte nel tempo per combattere nel tempo? Quindi non bastava una luce, perché tutta quella guerra la faceva per virtù divina. Ma se c’era bisogno di molti, l’ordine spirituale permette di pensare che l’ingresso è stato troppo stretto, perché potessero uscire insieme allo stesso tempo e che quello che dei fratelli fosse uscito per primo fosse detto primogenito e meritasse di divenire re sugli altri? Non voglio affrontare minuziosamente ogni argomento, per non essere prolisso, per il tuo ingegno capace di cogliere tutto da poche cose. Eleva dunque lo spirito, sgombra la nebbia della contesa. Vedo che né secondo i luoghi, né secondo i tempi, i moti, i progressi, l’origine, il tramonto ci possano essere cambiamenti, se non in una natura mutevole, che tuttavia se non venisse da Dio artefice e creatore, l’Apostolo non avrebbe detto: E onorarono e riverirono le creature piuttosto che il Creatore, che è benedetto nei secoli 23.

Differenza fra Creatore e creatura.

7. In questo passo, due sono le cose assolutamente importanti, che ti prego di considerare con me. La prima è che se si trattasse di una creatura estranea a Dio, l’Apostolo non avrebbe parlato di Dio come di un creatore; la seconda è che se il Creatore e la creatura fossero della stessa sostanza, l’Apostolo non avrebbe sottolineato che: Servirono la creatura piuttosto che il Creatore, poiché chiunque avesse servito non avrebbe smesso di onorare quella stessa sostanza. Come infatti nessuno può servire il Figlio senza servire anche il Padre, perché sono entrambi della stessa sostanza, così nessuno potrebbe servire la creatura senza servire il Creatore, se fossero entrambi della stessa sostanza. Quindi se tu distinguessi e capissi, comprenderesti che c’è molta differenza tra Creatore e creatura e dovresti comprendere come la creatura non sia la prole del Creatore. Se lo fosse non sarebbe inferiore, ma uguale e della stessa sostanza, e per questo chiunque servisse e onorasse la creatura, nello stesso tempo servirebbe e onorerebbe il suo Creatore e Padre. Ma per lo stesso fatto che sono stati ripresi e considerati detestabili dall’Apostolo coloro i quali hanno onorato e servito la creatura piuttosto che il Creatore, è dimostrato chiaramente che le loro sostanze siano diverse. Allo stesso modo infatti non può essere visto e compreso il Figlio, se nello stesso non è compreso il Padre. Lo stesso Figlio infatti dice: Chi vede me vede anche il Padre 24, e così non può essere onorato il Figlio senza che si onori il Padre. E perciò se il Figlio è una creatura, e non può essere onorato senza che sia onorato anche il Creatore, non sono dannati coloro i quali onorano la creatura piuttosto che il Creatore. Credo che tu capisca in questo modo che non ti conviene dire che Gesù Cristo è primogenito della segretissima ed ineffabile Maestà e re di tutte le luci, a meno che la smetti di essere un manicheo così da non distinguere tra creatura e Creatore. Così Gesù Cristo è unigenito perché è Verbo di Dio, Dio in Dio 25, allo stesso modo immutabile ed eterno, non pensando di essere uguale a Dio per usurpazione 26. Allo stesso modo è primogenito di tutte le creature, perché in lui tutte le cose sono state create, nei cieli e sulla terra, le cose visibili e quelle invisibili. Conosci infatti la lettera dell’Apostolo ai Colossesi 27.

I gradi della creazione.

8. Perciò quando ti domando da dove vengano tutte le creature che, per quanto buone nel loro genere, sono comunque inferiori al Creatore e a lui che è immutabile corrispondono loro che sono mutabili, tu non saprai rispondere altro se non che la creatura è stata fatta dal nulla. E perciò quando pecca, quella creatura e la parte di lei che pecca può tendere al nulla, non perché lo sia, ma perché ha meno vigore ed è meno forte. Infatti se tu spingessi fino al limite estremo di questa diminuzione di vigore e forza, non rimarrebbe nulla. La creatura ama di sua volontà la vanità quando, abbandonata la stabilità della verità, segue le cose opinabili, cioè che mutano. Mentre quando sconta la giusta punizione, non di sua volontà soggiace alla vanità, com’è sottomessa nell’uomo che pecca. Infatti questo dice l’Apostolo: Ogni creatura è sottomessa alla vanità non per propria volontà 28. Infatti l’uomo riassume in sé tutto. C’è qualcosa nell’uomo che è invisibile in rapporto all’anima, e visibile in rapporto al corpo. Ogni creatura poi è in parte visibile, in parte invisibile, ma non tutte le creature possono riassumersi negli animali, in cui non c’è niente di intellettuale. L’Apostolo dice che la creatura è sottomessa nella speranza, per la misericordia del Liberatore, per la remissione dei peccati e l’adozione di grazia. Se non volessi ammettere che la creatura è stata fatta dal Padre per mezzo del Figlio nella bontà dello Spirito Santo, Trinità che rimane sempre consustanziale, eterna e immutabile, e che è stata fatta dal nulla, non uguale al Creatore e mutabile, sarei costretto a dire in maniera sacrilega che Dio abbia generato da se stesso qualcosa che non è uguale al generante, e che possa essere sottomessa alla vanità. Ma se dicessi che sono uguali, sarebbero entrambi mutabili. Quale peggiore empietà che questa di credere, dire e preferire per una perversa convinzione un Dio che muta in peggio, piuttosto che con giusta convinzione mutare se stessi in meglio? Se avrai paura di dire che Dio sia mutevole, poiché grande ed evidentissima sarebbe l’empietà, dirai allora che la creatura sia immutabile, così da renderla uguale al Creatore e di una stessa sostanza, ma a questo punto la tua stessa lettera di nuovo ti risponderà. Onde viene quell’anima che poni in mezzo agli spiriti e della quale dici che dal principio la sua stessa natura diede la vittoria, ma ad essa imponi una legge ed una condizione che se essa agirà concordemente allo spirito delle virtù, avrà con quello vita eterna e possiederà quel regno verso cui ci invita ad andare nostro Dio, ma se dallo spirito dei vizi comincia ad essere tratta, e dopo il consenso si pente, troverà la fonte del perdono di tali sozzure. Di certo ti sei reso conto che queste parole provengono dalla tua stessa lettera e ti accorgi anche di aver stabilito che la natura dell’anima sia mutevole. Infatti acconsentire allo spirito dei vizi e di nuovo pentirsi, che altro è se non mutare ora in meglio, ora in peggio? E questo ti spinge a dire un’evidentissima verità. La tua stessa anima, anche se tu volessi dissimulare, ti spingerebbe a prestare attenzione alla sua mutabilità, e di tutte le volte che da quando sei nato hai cambiato volontà, dottrine, dimenticanze e consensi, l’anima stessa sarebbe testimone dei suoi cambiamenti, e non ci sarebbe bisogno di addurre altre prove.

Mutabilità delle creature.

9. Ma se non ritieni di trovare alcun soccorso dall’affermare che l’anima sia mutevole, perché hai aggiunto: Non ha peccato di sua volontà, ma sotto la spinta di un altro, è spinta infatti dalla mescolanza della carne, non dalla sua volontà? Forse vuoi che si intenda in questa frase che l’anima sia immutabile nella sua natura, mutabile per la mescolanza ad una natura diversa. È come se si volesse sapere perché è così e non se è così. Perché in questo modo i corpi di Ettore e Aiace e di tutti gli uomini e animali sarebbero detti invulnerabili, se non ci fossero il colpo e la caduta, con i quali potrebbe essere loro inflitta una ferita. Ma in verità il corpo del solo Achille, o per finzione poetica e per qualche forza occulta, fu detto invulnerabile, poiché pur essendo colpito dai dardi non veniva trafitto, ma da quella parte da cui poté essere trafitto, da quella non fu invulnerabile. Come il corpo che è invulnerabile non è reso vulnerabile dal tocco e dall’impeto di nessuna cosa, così l’anima se fosse stata immutabile, non sarebbe stata mutata dalla mescolanza di nessuna natura. Ecco perché noi che diciamo che il Verbo di Dio sia immutabile, anche se ha assunto la carne mortale e vulnerabile per insegnarci a disprezzare la morte e tutti i mali del corpo, non esitiamo a crederlo nato da vergine; voi invece, poiché credete con empia perversità che il Figlio di Dio sia vulnerabile, temete di consegnarlo alla carne. Però dicendo che la sua sostanza sia come quella dell’anima, affermate che sia unito alla carne, tanto da non esitare a crederlo mutato in peggio. Scegli dunque di dire e di credere ciò che vuoi: che Dio sia mutevole, così da credere che dalla sostanza di un Padre mutevole sia nata una prole mutevole, ma di certo comprendi quanto grande sia l’empietà; oppure che Dio sia immutabile, ma la prole generata dalla sua sostanza sia mutevole, ma ti accorgi come anche questa asserzione sia empia e assurda. Oppure ammetti che Dio sia immutabile e così anche ciò che è nato dalla sua sostanza ugualmente non muta, ed è allo stesso modo sommo e grandissimo bene, e lo riterrai di un’immutabilità inviolabile. Mentre gli altri beni, che sono inferiori e che noi chiamiamo creature, non li ha fatti da se stesso, altrimenti sarebbero uguali, ma tuttavia in quanto beni, lui stesso li ha fatti dal nulla poiché non sono uguali. Se crederai a questo non sarai empio, dimenticherai i Persiani e sarai nostro.

La lotta contro le potenze malvage.

10. 1. Infatti l’Apostolo dice: Non abbiamo una lotta contro la carne ed il sangue, ma contro i principati e le potestà 29 che, deviando per empia volontà verso la propria gloria e verso il proprio onore, invidiano alle anime pie il ritorno al cielo. Ma questa è la differenza tra la vostra opinione e la nostra fede, poiché voi credete che quei principi, nati dalla loro stessa natura, che Dio non generò né fece, ma ebbe prossimi ed in eterna vicinanza, abbiano mosso guerra a Dio, e l’abbiano fatto prima della commistione tra bene e male. Il grande male consiste nella necessità da parte di Dio di dover mescolare con i principi la sua sostanza che deve essere afflitta, turbata, mutata in errore ed immersa nell’oblio di se stessa, al punto di aver bisogno di un liberatore, un correttore, un emendatore, un maestro. Ti accorgi quanto stoltamente e fantasticamente venga detto ciò, a quanto grande delitto di empietà costringa? Noi per la fede cristiana siamo convinti che sia contrario al sommo Dio solo ciò che non esiste. Tutto ciò che in qualche modo è, deriva da colui che è in alto, e nel suo genere è bene, ma alcune cose di più, altre di meno. E crediamo che tutte le cose buone che sono state create da Dio creatore sono ordinate in certi e distinti gradi, parte per intervalli di luoghi e sedi, come tutte le cose materiali; parte per effetto di premi o castighi, come l’anima o si eleva al riposo o è sottomessa alle sofferenze. E per questo quei principi, contro i quali l’Apostolo dice che dobbiamo lottare, sono i primi che sopportano le pene dei loro peccati prima di fare il male. Infatti nessun invidioso per ledere un altro, non è di tormento prima a se stesso. Poi i più forti fanno del male ai più deboli, nessuno infatti supera un altro se non è più potente. Ma comunque i principi malvagi sono più deboli adesso, che se fossero rimasti nello stadio originario e nella giustizia. Interessa sapere poi in che cosa uno sia più forte di un altro, se nel corpo, come i cavalli rispetto agli uomini, o per la natura dell’anima, come ciò che è razionale rispetto a ciò che non lo è; o per disposizione dell’anima, come chi è giusto rispetto a chi non lo è; o nell’ordine del potere, come il comandante rispetto al soldato o al provinciale. Il potere si crede che venga da quello sommo di Dio, spesso anche quello dei peggiori sui migliori, cioè dei cattivi sui giusti, che o possiedono già la giustizia o si sforzano a possederla; per questo è dato che messi alla prova attraverso la loro costanza siano messi in evidenza 30, o per la loro speranza, o come esempio agli altri. Dice l’Apostolo: Sappiamo che la sofferenza produce la costanza, la costanza l’approvazione, e l’approvazione la speranza 31. Da queste cose nasce il combattimento, quando l’uomo fedele è costretto a lottare contro i principi e le potestà di angeli prevaricatori, e contro gli spiriti del male, quando essi ricevono il potere di tentare e l’uomo fedele l’ordine di sopportare. Per questo accade che vincano su un essere inferiore e siano vinti da uno più potente. Vincono soprattutto un corpo più debole e sono vinti da una mente più forte. Si combatte con la costanza contro la loro forza, con la prudenza contro le insidie, perché non ci costringano a piegarci ad un pericoloso consenso, e non ci portino a sbagliare. Poiché la virtù e la sapienza sono di Dio, e per mezzo di esse tutte le cose sono state create; poiché nelle cose che sono state fatte, quando quelle alte declinano verso quelle basse, dove c’è ogni peccato e ogni sorta di male, la potenza imita la virtù e la furbizia imita la sapienza. Quando allontanatesi ritornano, la magnanimità imita la potenza, la dottrina la sapienza. Anche i peccatori imitano lo stesso Dio Padre con empia superbia, i giusti con pia liberalità. Infine la cupidigia degli empi imita lo Spirito Santo, ma lo imita anche la carità dei retti. Però, restare lontano dall’imitazione di Dio, da cui, per cui ed in cui le stesse nature sono state fatte, per l’una è cosa cattiva, per l’altra buona. Non è strano se quando entrano in conflitto quelli che fanno il bene e quelli che fanno il male l’imitazione dei peccatori è superata dall’imitazione di quelli che fanno il bene. I cattivi infatti vengono precipitati per la loro superbia, i buoni esaltati per la loro umiltà.

La mutazione del corpo risorto.

10. 2. Se poi sembra strano che i più forti nello spirito siano i più deboli nel corpo, non c’è da stupirsi che, liberati dalla remissione dei peccati, siano provati dalla mortalità del corpo coloro che saranno incoronati dall’immortalità. Infatti non è facile evitare la sofferenza, se non per colui che, liberato dal corpo, abbia vinto per meriti. Ecco perché l’Apostolo dice: Se poi Cristo è in voi, il corpo è morto per il peccato, ma lo spirito è vita per la giustizia. Se poi il suo spirito, che ha fatto resuscitare Gesù Cristo dalla morte, abita in voi, colui che ha fatto resuscitare Gesù Cristo farà resuscitare anche i vostri corpi mortali attraverso il suo spirito che abita in voi 32. Dunque l’anima che porta la carne mortale per la pena del peccato, se muterà in meglio vivrà non secondo la carne mortale, e cambierà in meglio e meriterà di avere un corpo immortale. Ma alla fine, quando la morte ultima nemica sarà distrutta, questo corpo corruttibile vestirà l’incorruttibilità, non in quel globo vostro fantastico, ma per effetto di quel cambiamento di cui l’Apostolo dice: Tutti risorgeremo, ma non tutti cambieremo. Infatti dopo aver detto: I morti resusciteranno incorruttibili e noi cambieremo, aggiunse spiegando di quale cambiamento parlava: È necessario infatti che ciò che è corruttibile si vesta dell’incorruttibilità e ciò che è mortale dell’immortalità. Paolo trattava la questione del corpo di quelli che risorgono, che aveva posto così: Ma qualcuno chiederà in che modo risorgeranno i morti e con quale corpo ritorneranno 33. Leggi con pia attenzione e con concentrazione questo passo senza essere turbato da un’ostinata tensione ed il tuo ingegno, con l’aiuto di Dio e senza avere bisogno di nessun interprete, non troverà altro se non ciò che dico. E adesso riporta l’attenzione su ciò di cui avevamo deciso di discutere, e vedi già, se puoi, che io non dico che i giusti non combattano contro nulla, ma contro quelle sostanze che vennero meno perché non rimasero nella verità.

Declinazione verso il male e perdita dell’essere.

11. Venir meno del resto non è certo nulla, ma tendere verso il nulla. Quando infatti quelle cose che sono superiori piegano verso quelle che sono inferiori, a ribellarsi non sono quelle verso cui deviano, ma quelle che deviano e che cominciano ad essere meno di quanto erano, non rispetto a ciò verso cui inclinano, ma rispetto alla loro stessa natura. Infatti l’anima che inclina verso il corpo non diventa corpo, tuttavia a causa di un manchevole desiderio in un certo modo si materializza. Così anche una qualche sublimità angelica che, allettata di più da quella che era la sua grandezza, ha deviato il suo affetto verso ciò che è meno, comincia ad essere meno di quanto era, e per il cammino intrapreso si volge verso ciò che è nulla. Infatti quanto una cosa è meno, tanto più è vicina al niente. Quando poi queste defezioni sono volontarie, giustamente vengono riprese e sono chiamate peccati. Quando poi vengono dietro a queste defezioni volontarie disagi, dolori e avversità, che sopportiamo contro la nostra volontà, giustamente i peccati o vengono puniti con supplizi, o lavati via attraverso delle prove. Se vuoi esaminare ogni cosa con animo sereno, smetti di accusare le nature e le stesse sostanze. Se poi vuoi qualcosa di più ampio e descrittivo riguardo questi argomenti, leggi i miei tre volumi che s’intitolano De Libero Arbitrio, che puoi trovare in Campania a Nola, presso il nobile servo di Dio Paolino.

Il peccato dell’anima.

12. Adesso però mi devo ricordare di rispondere alla tua lettera con una mia, sebbene molto più lunga. Perciò ho trattato diversi argomenti, per non essere costretto a ripetere su ogni punto le stesse cose. Ma ti avevo promesso che con la tua stessa lettera ti avrei convinto di quanto false fossero le cose in cui credi, e quanto veritiera fosse la religione cattolica. Certamente la grande differenza tra noi e voi è che voi pensate che il male sia sostanza, noi invece neghiamo che lo sia, e lo intendiamo come allontanamento da ciò che è più grande, verso ciò che è meno. Adesso dunque ascoltami. Affermi infatti nella lettera a proposito dell’anima che essa sia condotta al peccato per colpa della mescolanza con la carne, non per la sua volontà. Se è così, Dio onnipotente deve venire in aiuto di ogni anima e nessuna deve essere condannata, perché non ha peccato di sua volontà. Stabilito questo, crollerebbe quell’opinione terribile che Mani pronuncia riguardo ai supplizi delle anime, pure quelle che provengono dal regno della luce. Tu opportunamente l’hai sottolineata dicendo: Ma se, dopo aver conosciuto se stessa, acconsentirà al male, e non si armerà contro il nemico, per la sua volontà peccherà. Giustamente ammetti che possa accadere che l’anima pecchi di sua volontà, ma dimmi a quale male deve acconsentire per peccare di sua volontà? Certamente quello a cui attribuisci una sostanza.

Il consenso al male e la salvezza dell’anima.

13. Ma mi accorgo che ci sono già tre realtà e credo che anche tu con me te ne sia accorto. L’anima che acconsente al male, lo stesso male a cui acconsente, sono due poi terzo lo stesso consenso. Infatti dici che tale consenso non sia l’anima, ma dell’anima. Dunque di queste tre cose, l’anima è una sostanza; il male, acconsentendo al quale l’anima pecca volontariamente secondo la vostra opinione è anch’esso una sostanza. Quindi vi chiedo che pensate che sia il consenso medesimo: una sostanza o nella sostanza? Se tu rispondessi che fosse una sostanza, ammetteresti che esistano non due, ma tre sostanze. Oppure soltanto due, perché il consenso dell’anima che acconsente al male è della stessa sostanza dell’anima? Adesso ti chiedo se questo consenso sia cattivo o buono. Se è buono, l’anima non pecca quando acconsente al male. Non solo lo dichiara la verità, ma lo scrivi tu stesso: " L’anima pecca di sua volontà ". Perciò è cattivo questo consenso, e per questo anche la sostanza dell’anima; e se questo consenso è la stessa sostanza dell’anima, entrambi sono della stessa sostanza. Non vedi cosa sei costretto ad ammettere: che l’anima ed il male non siano una sostanza buona e l’altra cattiva, ma tutte e due cattive. A questo punto potresti provare ad attribuire il consenso colpevole non all’anima che acconsente al male, ma allo stesso male a cui acconsente, così possano esserci due sostanze, una buona l’altra cattiva: si dice pertanto che l’anima viene dalla parte del bene, mentre il consenso dell’anima, che acconsente al male, ed il male stesso a cui acconsente, provengono insieme da un’altra parte, e attribuiti entrambi dall’anima alla natura malvagia. Ma chi ha mai detto simili assurdità? Infatti l’anima non acconsente, se non è suo il consenso, ma se è lei che acconsente, allora è suo il consenso. Ancora, se è dell’anima il consenso ed esso è male, è dell’anima questo male. Infatti se anche questo male provenisse da quel male a cui l’anima acconsente, l’anima necessariamente non aveva il male prima di acconsentire. Perciò che genere di bene è l’anima se al suo arrivo quel male è raddoppiato, o per dirlo più dolcemente è aumentato?

Il consenso è anch’esso una sostanza?

14. Quindi se è sostanza questo consenso che risulta essere cattivo, scopriamo che è nel potere dell’anima che una sostanza cattiva ci sia o non ci sia, dato che questo consenso dipende dall’anima. Se non dipendesse da lei, l’anima non acconsentirebbe di sua volontà. Tu stesso hai detto che pecca di sua volontà per questo consenso. Dunque, come ho detto, l’anima ha il potere che una sostanza cattiva ci sia o non ci sia. Che altro è una sostanza, se non una natura? Ci sarà dunque una natura tale che non sia naturale né all’anima, perché se non vuole non esiste, né a quel male a cui l’anima acconsente di sua volontà; non potete infatti dire che il male sia naturale al popolo delle tenebre, perché esso è stabilito tramite una volontà estranea, cioè la volontà dell’anima. Dunque a quale natura lo attribuiremo, cioè questo consenso, se la sua natura è tale che non può essere attribuita come naturale né all’anima, né alla nazione delle tenebre, a meno che non si vada contro Mani, affermando che ci sono non due, ma tre nature? Perché anche se un tempo esse furono due, adesso pero che è sorto tale consenso sono diventate tre. E la terza, che è nata dall’anima che acconsente e dal male a cui l’anima ha acconsentito, devi quasi considerarla come una figlia di questi due. Ma questo consenso essendo nato da due nature, delle quali una è buona e l’altra è cattiva, ti chiedo perché tale consenso non sia neutro. Come infatti ciò che è nato da un cavallo e da un asino, non è né cavallo né asino, così ciò che è nato da una natura buona e da una cattiva, non dovrebbe essere né buono né cattivo. Tu invece dici che il consenso sia cattivo, dici infatti che l’anima pecchi di sua volontà quando acconsente al male. Oppure potresti supporre che la natura buona e quella cattiva siano come i due sessi, maschile e femminile, e come dal maschio e dalla femmina non nasce un essere neutro, ma o un maschio o una femmina, così dal bene e dal male non nasce una terza natura, che non sia né bene e né male, ma un altro male? Se fosse così, dov’è quella natura vittoriosa dell’anima? È tanto separata che non può nascere piuttosto un altro bene? Non ti accorgi dunque che parli di sessi diversi, e non di nature? Se infatti fra bene e male ci fosse diversità di nature, da loro ne nascerebbe una terza, che non potrebbe essere né bene né male. Anzi certamente la stessa unione risulterebbe essere sterile, non nascerebbe quindi una terza natura. Se infatti dagli animali che sopra ho menzionato, quando si accoppiano, non nascono se non un mulo o una mula, che non sono né asino né cavallo, quanto è più necessario che sia così nella tanto grande ed immensa diversità che c’è tra bene e male? Oppure se dalla loro unione non nascesse nessuna nuova natura, comunque essa non sarebbe cattiva, anche se non potrebbe essere buona. Resta dunque che non possiamo evitare simili incredibili deliri, se non ammettiamo che il consenso, che risulta malvagio e colpevole, non è sostanza, ma stia in qualche sostanza.

Peccato e nullificazione della natura.

15. Cerchiamo con grande attenzione dunque in quale sostanza sia. Del resto a chi non è chiaro che, come la persuasione avviene solo in chi si persuade, così il consenso solo in una natura che è consenziente? L’anima dunque, quando acconsente al male, è essa stessa sostanza, mentre il suo consenso non è sostanza. Ormai credo che tu abbia chiaro in quale sostanza stia, vedi cioè che questo consenso sia nell’anima, e che è peccato, e sei certo che per questo esiste il male. Da ciò comprendi come in una buona sostanza, come l’anima, ci possa essere il male, che non è sostanza come il consenso, e che per colpa di questo male l’anima sia definita malvagia. L’anima peccatrice è malvagia e pecca quando acconsente al male. Quindi c’è una ed una sola cosa, cioè che l’anima in quanto sostanza è buona, in quanto possiede qualcosa di male che non è sostanza, cioè questo consenso, allora è cattiva. Non per un miglioramento, infatti, ma per difetto ha questo consenso. È in difetto quando acconsente al male, comincia ad essere e a valere di meno rispetto a quanto valeva quando, non acconsentendo a nessuno, era salda nella virtù. Essa è tanto peggiore quanto più si è allontanata da ciò che è sommo verso ciò che è minore, così che l’anima stessa sia minore. Poi quanto più è minore, tanto più si avvicina al niente. Infatti ciò che è minore tende a non essere del tutto, finché non giunga ad essere nulla, ma è chiaro che il difetto è l’inizio del perire. Apri dunque gli occhi del tuo cuore per vedere, se puoi, come ogni sostanza sia qualcosa di bene e perciò il male sia mancanza di sostanza, dato che essere sostanza è una cosa buona. Né ogni difetto è colpevole, ma solo quello volontario, per il quale l’anima razionale declina, abbandonato il suo creatore, verso creature inferiori a lei, ed è questo il peccato. Le altre mancanze che non sono volontarie, o sono conseguenza delle pene, così che i peccati siano puniti secondo l’ordine e la regola della somma giustizia, o intervengono secondo i gradi delle cose inferiori, sicché quelle che precedono cedono a quelle che vengono dopo, così che ogni bellezza temporale si realizzi a turno, ciascuna secondo il suo genere. Prendiamo come esempio il discorso: esso, in un certo modo, si realizza da sillabe che muoiono e da quelle che nascono, che sono separate da sicuri intervalli di tempo, e riempiti i loro spazi con ordinata successione di quelle che seguono, procedono finché tutto il discorso non è portato a termine. Non in base agli stessi suoni che si succedono, ma secondo l’ordine stabilito da chi parla, dipende quanto si allunga o si abbrevia la sillaba, o in quale maniera le singole lettere custodiscano il tempo dei loro luoghi, poiché l’arte che crea il discorso non schiamazza con suoni, né stravolge e cambia il discorso con le scansioni; così tuttavia la bellezza temporale è intessuta da nascita e morte, da partenze e arrivi delle cose temporali, di intervalli definiti e certi, finché non giunge al termine stabilito. Non si può considerare malvagia tale bellezza solo perché nelle creature spirituali possiamo comprendere e ammirare le cose migliori, ma anche questa nel suo genere ha un certo decoro e suggerisce a chi vive correttamente la somma sapienza di Dio, che è posta in alto, oltre ogni limite temporale, che l’ha creata e la governa.

Il male è una sostanza?

16. Suvvia, rifletti adesso su ciò che dicevi essere il male, acconsentendo al quale l’anima pecca volontariamente, se ha una qualche sostanzialità oppure non gli puoi attribuire sostanza. Infatti ti chiedo che cosa attiri il consenso dell’anima: forse irrompe invano, e perciò si dice che acconsenta, perché è mossa a godere da qualche piacere suo? Se è così, non è giusto che venga detto malvagio, solo perché lo si ama in maniera non giusta. Se infatti dimostro che qualcosa sia amata in modo non giusto, la colpa non è dell’amato, ma di chi ama. Certo ammetterai che la natura di una cosa non sia sempre viziosa per il solo fatto che il consenso di chi la desidera viziosamente si riversa in lei. Quanto ciò mi aiuti, lo dimostrerò poi. Ma per dimostrare ciò che ho promesso, che cosa scelgo tra le tante cose che mi vengono in mente? Che cosa scelgo se non che noi lodiamo come celeste la creatura, voi invece l’adorate come parte dello stesso Creatore? Che cosa c’è infatti tra tutte le cose visibili di più luminoso di questo sole? Ma se qualcuno desiderasse immoderatamente la sua luce genererebbe liti e battaglie tra vicini se, trovato un qualche potere con il quale possa raggiungere ciò che desidera, vedesse che le loro case, davanti alle sue finestre aperte, impediscono al sole di penetrare dappertutto. Forse è colpa del sole che quello preferì la sua luce, tanto da osare di anteporla alla luce della giustizia, e volendo ricevere con più abbondanza nella casa del corpo la luce della vista carnale, chiuse la porta del cuore e gli occhi della sua mente alla luce della giustizia? Vedi come una cosa buona possa essere amata di un amore non buono. Ecco perché ciò che tu dici essere il male, acconsentendo al quale l’anima pecca, io dico che è buono nel suo genere, ma bene a cui sarebbe meglio che l’anima non acconsentisse. Essendo infatti superiore al corpo, ed avendo Dio superiore a lei, sebbene nel suo genere la natura del corpo sia buona, tuttavia l’anima pecca e peccando diventa cattiva, se accorda al corpo, ossia all’inferiore, il consenso di un amore che deve a Dio, ossia al superiore.

Il male come defectus di una sostanza.

17. Dirai che non consideri essere colpevole il consenso, quando la cosa amata non agisce per attirare il consenso a sé, ma che allora l’anima acconsente, quando ciò a cui ha acconsentito la seduce o la costringe a qualcosa, e perciò è male, perché l’ha persuasa e convinta a commettere un’azione malvagia? È una seconda questione, che deve essere trattata a suo tempo secondo il suo ordine. Ma riprendiamo prima il concetto di peccato, di cui credo che si sia discusso abbastanza: ormai risulta chiaro che possa succedere che una cosa buona nel suo genere sia amata male, e che essa non debba essere biasimata per colpa di chi la ama in maniera non giusta. E se un’anima che pecca per tale amore ed è diventata malvagia, persuade un’altra a tale peccato, forse non è anche quella che acconsente a chi la persuade a tale peccato, corrotta per lo stesso peccato per il quale è corrotta quella a cui presta ascolto? Dunque il primo peccato è anteporre per amore la creatura, per quanto buona, al Creatore; il secondo è spingere un altro a fare qualcosa con la persuasione o con la costrizione. Nessuno infatti può voler condurre alla depravazione un altro se non è lui per primo depravato. Peccano di loro volontà coloro i quali desiderano condurre al peccato gli altri, o per stolta benevolenza, o per maliziosa invidia. Infatti chi, se non amasse i propri figli di un amore perverso, li convincerebbe a non stimare turpe ogni guadagno, ma di conquistare una grande ricchezza con qualsiasi mezzo? Certo non li odia, però gli dà consigli pericolosi. E lo stesso genitore è corrotto dall’amore di tali cose, pur non essendo male l’oro e l’argento, come anche il sole di cui sopra ho detto, ma la colpa è dell’amante smodato di una cosa buona. Quando per invidia qualcuno vuole che un altro pecchi, ama con smoderata superbia l’onore, ed in quello desidera eccellere e superare gli altri: vedendo che l’onore, il più grande ed il più vero, si accorda alla virtù, per non essere superato desidera che gli altri precipitino dalla sommità della giustizia alla voragine dell’ingiustizia. In questo modo il diavolo si affatica a convincere e costringere al peccato. O forse la colpa è dell’onore, perché il diavolo amandolo in maniera smodata ed empia, divenne lui stesso empio? Oppure è cattiva la stessa sostanza angelica del diavolo che Dio ha creato, perché è una sostanza? Ma quando, abbandonato l’amore di Dio e rivoltosi all’eccessivo amore di se stesso, desiderò apparire uguale a lui, fu precipitato dal gonfiarsi della sua stessa superbia. Dunque il diavolo non è malvagio in quanto sostanza, ma in quanto sostanza divenuta malvagia perché ha preferito se stesso a chi l’ha creato; e perciò è cattivo, perché è meno di quanto sarebbe se avesse amato colui che è l'essere per eccellenza. Dunque male è la mancanza. Anzi ogni venir meno da ciò che è tende al nulla, come ogni progresso da ciò che è meno tende ad essere di più. L’onore supremo, quale la pietà degli uomini religiosi manifesta, lo si deve a Dio. Dunque chi ama l’onore imita Dio. Ma mentre le anime umili vogliono essere onorate in lui, i superbi invece senza di lui. Gli umili che tendono a Dio si elevano più degli ingiusti. Mentre coloro che si elevano contro Dio, divengono inferiori ai giusti. Tutto ciò dipende in conformità alla distribuzione dei premi e delle pene, perché gli uni amarono Dio sopra se stessi, gli altri amarono se stessi al posto di Dio.

La natura buona dell’anima.

18. Credo che per te sia facile comprendere dalle parole della tua stessa lettera, con le quali hai detto: L’anima quando acconsente al male, pecca di sua volontà, che non esiste nessuna cattiva natura, o amore di una cattiva natura ma, essendo tutte le nature nel loro genere buone, il male è il peccato che ha luogo per volontà dell’anima, quando preferisce la creatura allo stesso Creatore, o per sua volontà, quando è malvagia, o per il consiglio di un altro, quando acconsente al male. E neanche così diviene cattiva, con i conseguenti castighi, perché tutto sia disposto secondo i meriti dal Creatore massimamente buono nella creatura buona, ma non massimamente buona, poiché Dio non la fece da se stesso, ma dal nulla. Tu hai poi posto due nature, delle quali una vuoi che sia buona, l’altra cattiva; piuttosto una del bene, l’altra del male, infatti la natura anche peccando da buona diventa cattiva. Ammetti tuttavia che quella natura che dici buona, acconsentendo al male, faccia male, cioè pecchi di sua volontà. Io invece le considero entrambe buone, ma una delle due fa il male persuadendo, l’altra acconsentendo. Così come il consenso di una non è sostanza, nemmeno il cattivo consiglio dell’altra lo è. E come questa, se non acconsentirà, rimarrà buona, conservando l’integrità della sua natura, così l’altra se non persuaderà sarà migliore. Infatti se una non commettesse il peccato di persuadere, sarebbero entrambe integre e nel loro genere lodevoli. Se infatti due volte pecca quella che commette il male e persuade al male, una sola volta pecca quella che soltanto acconsente a fare il male. Tuttavia entrambe diventano cattive per i peccati, loro che non sono cattive per natura. Se questa natura è malvagia per il cattivo consiglio così anche l’altra lo è per il consenso. Forse però credi che sia peggio persuadere, piuttosto che acconsentire, e che una sia cattiva, l’altra peggiore. Tuttavia non deve essere tanto grande la preferenza delle persone, né tanto ingiusto il gusto di giudicare, da dire una volta che peccano entrambe, sebbene una più gravemente dell’altra, che una sia la natura del male, l’altra natura del bene. E non piuttosto si dicano o entrambe buone, e migliore quella che pecca di meno, o entrambe cattive, e peggiore quella che pecca di più.

Origine del peccato.

19. 1. Ma da dove viene il male che è chiamato peccato, se non esiste una natura del male? Dimmi da dove abbia origine quel cattivo consenso in quella natura che ammetti e dichiari essere buona. Infatti tutto ciò che subisce di acconsentire al male, non lo subirebbe, se non potesse subirlo. Ti chiedo da dove derivi questa possibilità di subire. Sarebbe infatti meglio se non l’avesse. Dunque non è la natura del sommo bene, della quale ci possa essere niente di migliore. Perciò se questa natura ha la facoltà di acconsentire o non acconsentire, non pecca perché vinta. Ti chiedo ancora da dove venga questo cattivo consenso, poiché nessuna natura contraria la obbliga. Se poi è costretta ad acconsentire perché non può fare altrimenti, non pecca di sua volontà, come dicevi, quando non acconsente di sua volontà. Ma di nuovo ti chiedo da dove venga la possibilità che lei sia ingannata, se è ingannata. Infatti prima che lo sia, non potrebbe mai subire un inganno se non ci fosse in lei la possibilità di subirlo. In nessun modo può acconsentire se non con la volontà, se poi è costretta, bisogna dire che cede piuttosto che acconsente. Ma in qualunque modo tu lo chiami, chiedo a te, acuto e solerte uomo, ed al tuo ingegno romano di cui ti vanti, donde ricavi questa natura del bene la possibilità di subire ciò che subisce quando acconsente al male. Come infatti nel legno, prima che venga spezzato, c’è la fragilità, perché il legno non è infrangibile solo perché non c’è nessuno che lo rompa, allo stesso modo ti domando da dove abbiano origine, in questa natura, la fragilità e la flessibilità, prima che ad un cattivo consenso, o con la forza venga rotta, o con la persuasione piegata. Se per la vicinanza del male c’era già una qualche fragilità, come sono soliti essere corrotti i corpi per l’esalazione dalla vicina palude, era già dunque corruttibile, se l’ha potuta corrompere il contagio pestifero di quella vicinanza. Ti chiedo dunque da dove venga quella corruttibilità.

Corruzione e corruttibilità.

19. 2. Ti prego di fare attenzione a quello che dico e di cedere all’evidenza della verità. Non ti chiedo infatti donde venga la corruzione: mi risponderesti infatti che viene dal corruttore, e so già che intendi che il corruttore sia un non so quale principe della stirpe delle tenebre, che a stento avvolto in coltri di nebbia può essere tirato fuori e trattenuto. Ma ti chiedo da dove venga la corruttibilità, anche prima che arrivi il corruttore. Se non ci fosse la corruttibilità o non esisterebbe nessun corruttore, oppure l’aggressione di un qualsivoglia corruttore non nuocerebbe affatto. Dunque quando avrai trovato da dove venga nella natura buona questa corruttibilità, prima che essa venga corrotta da una natura contraria, o se non vuoi dire che essa venga corrotta, da dove viene certo questa mutabilità, prima che essa sia mutata dall’ostilità dell’avversario; infatti non si può dire che non muti in peggio una natura che da saggia diviene stolta, e che si dimentica di se stessa, tu infatti hai usato queste parole dicendo: Se dopo aver conosciuto se stessa acconsentirà al male, dunque cambia in peggio quando si dimentica di se stessa, così che ricordatasi di se stessa, si riconosca di nuovo; in nessun modo sarebbe potuta cambiare se non fosse stata mutabile prima di essere mutata. Quando dunque avrai trovato da dove venga questa mutabilità nella sostanza del sommo bene prima che fosse avvenuta alcuna mescolanza tra bene e male, di certo smetterai di voler sapere da me da dove venga il male. Se ci pensi bene, nessuna mutabilità temporale può esserci nella natura del sommo bene, né che proviene da lei stessa né per l’azione di qualche altro, contrariamente a quella natura che Mani immagina e che considera essere assolutamente buona, e di cui convince i suoi credenti. Cerca e rispondi, se puoi, da dove venga questa mutabilità, che non viene all’improvviso ma che si manifesta al momento opportuno. Infatti la natura non potrebbe essere mutata dal nemico se non potesse essere affatto mutata. Avendolo potuto, ha dimostrato di non essere immutabile. Dunque quando si ritiene che questa mutabilità sia nella sostanza del sommo bene, cioè nella sostanza di Dio, se non ti ostini, ti accorgi con quanta follia lo si bestemmi. Quando si parla di una creatura che Dio non generò né produsse dalla sua sostanza, ma fece dal nulla, non si parla del sommo bene ma comunque di un bene che non potrebbe esistere se non venisse da quello sommo, che è Dio. Infatti Dio, che è sommo ed immutabile bene, ha creato tutte le cose buone, ma non sommamente e immutabilmente buone, dagli Angeli dei cieli fino alle ultime bestie e piante della terra, ciascuna secondo la propria dignità di natura, tutte ordinate nei luoghi opportuni. Ma tra queste, la creatura razionale, attaccandosi al suo Creatore, cioè Dio che l’ha fatta e l’ha stabilita per l’obbedienza dell’amore, conserva la sua natura nell’eternità, nella verità e nella carità di lui. Quando però l’abbandona per arrogante disubbidienza, si immerge nel peccato per il suo libero arbitrio, e misera subisce un supplizio secondo un giusto giudizio. E questo è tutto il male che consiste in parte nell’agire male, in parte nel soffrire giustamente. Non mi domanderai più da dove venga il male, dato che tu stesso ti sei dato una risposta dicendo che l’anima quando avrà conosciuto se stessa, se acconsente al male, pecca di sua volontà. Ecco da dove viene il male: dalla volontà stessa dell’anima. Questa volontà non è una natura, ma una colpa e per questo contraria alla natura a cui nuoce privandola del bene, in cui sarebbe beata se non avesse voluto peccare. Tu non ritieni che questa volontà di peccare si agiti nell’anima, se non per azione di un altro male che credi essere una natura, una natura che Dio non ha creato, e affermi che l’anima stessa sia la natura di Dio. Ne segue che questa non so che natura del male, quando determina nell’anima, con la sua persuasione, la volontà del peccato, spinge nel peccato Dio sconfitto.

Mutabilità e origine del male.

20. 1. Ecco di quale empietà, di quali nefande e orribili bestemmie non vuoi liberarti, attribuendo la vita, la sensibilità, la parola, la misura, la bellezza, l’ordine e tanti altri beni alla natura che non è stata creata da Dio, ammettendo invece nella stessa natura di Dio, prima di qualsiasi mescolanza col male, la stessa mutabilità per la quale diveniva vulnerabile e per la quale era costretto a temere vedendo che una grande rovina e devastazione minacciava i suoi santi secoli, a meno che non opponesse un nume eccellente, illustre e potente per virtù. E perché tutto questo, se non perché quella natura e sostanza di Dio tiene così legato e sottomesso il nemico da subirlo peccando anche se è legato, né esca del tutto purificata da questo già sconfitto e perché dannata lo custodisca racchiuso? Quale magnifica scusa della necessità della guerra avete trovato nel vostro Dio, per rispondere a ciò che vi viene opposto, quando vi si domanda che cosa avrebbe fatto il popolo delle tenebre a Dio se egli non avesse voluto combattere contro esse. Se diceste che quella guerra gli sarebbe stata di qualche danno, allora ammettereste che Dio sia corruttibile e vulnerabile. Se poi diceste che non avrebbe potuto nuocergli, vi si domanderà: " Perché dunque ha combattuto? perché ha consegnato ai nemici la sua sostanza da corrompere, da violare, da costringere a tutti i peccati? ". Non vi siete mai tirati fuori da questo dilemma.

Rispondete: che cosa avrebbe fatto il popolo delle tenebre a Dio se egli non avesse voluto combattere contro esse?

20. 2. Credete di aver trovato una buona e sicura risposta per dire: " È grande iniquità desiderare le cose degli altri, iniquità alla quale Dio avrebbe dato il suo assenso se non avesse voluto combattere contro quella gente che aveva osato commettere tale iniquità ". Questa risposta avrebbe una qualche apparenza di giustizia se la natura del vostro Dio si fosse almeno mantenuta integra e non corrotta in questa guerra, e se non avesse fatto alcun male unita alle membra nemiche né costretta né sedotta. ma quando dite che, divenuta prigioniera, acconsente a tanti delitti ed infamie, quando infine dite che non possa purificarsi del tutto da quell’immane empietà, per la quale è diventata nemica della santa luce di cui è parte, donde credete che giustamente subisca gli eterni supplizi di quell’enorme globo, chi non si rende conto quanto sarebbe stato meglio lasciare il nemico nella sua malvagità ed alle sue vane macchinazioni, piuttosto che consegnargli una parte di quel Dio, della cui potenza si nutrisse e la cui gloria corrotta associasse alla propria malvagità? Chi è accecato da tanta ostinazione da non comprendere e non vedere con quanta minore iniquità il popolo delle tenebre tenterebbe invano di invadere una natura estranea, di quanto non abbia fatto Dio nel consegnare la sua natura da invadere, da costringere al peccato e da condannare alla pena anche se solo in parte? Questo significa non aver voluto acconsentire alla malvagità e senza alcuna necessità aver creato tanta malvagità? Oppure c’era la necessità, come lo stesso Mani non si vergognò di dire, e voi vi vergognate? Egli disse: Dio ha visto una grande rovina e distruzione minacciare i suoi santi secoli, a meno che non opponesse ad esse una divinità eccellente, illustre e potente per virtù. Ma voi ragionate in maniera più acuta, se dite che Dio abbia combattuto per quel motivo perché non gli nuocesse il popolo delle tenebre, dite che Dio sia violabile e corruttibile, che qualcosa avrebbe potuto nuocergli se non avesse voluto combattere. Allontanate ed espellete dai vostri cuori e dalla vostra fede anche questa battaglia ed alla fine maledite e condannate tutta quella favola, intessuta dell’orrore di quelle empie ed immonde bestemmie. Ti chiedo infatti, come prima, come mai non temete di dire che sia violabile la buona natura e corruttibile Dio, sicché la natura del vostro Dio, se non ha potuto esercitare la sua forza per non essere catturata, prigioniera non ha potuto almeno conservare la giustizia, quando invece lo poté fare Daniele, lui che osò ridere dei leoni, lui che per niente scosso dal terrore, per la sua pietà non cedette all’iniquità di coloro che l’avevano fatto prigioniero, né perse in condizione di schiavitù fisica la giustizia e la liberalità dell’animo paziente e saggio 34. Ma voi dite che la natura di Dio fu fatta prigioniera, e divenne malvagia, né può essere del tutto purificata ed è costretta alla fine a dannarsi. Ma se conosceva dall’eternità il male che le doveva venire, non doveva concedere a quello nessuna parte della sua divinità. Tu poi hai detto essere inenarrabile la questione riguardo alla vicinanza di terre e regioni contigue al regno della luce e al popolo delle tenebre (il discorso che fa Mani è ridicolo per tutti gli uomini intelligenti) e che queste cose sono chiamate da Cristo " destra " e " sinistra "; noi sappiamo che vuole che siano intesi non come luoghi fisici, ma come felicità e miseria secondo i meriti di ciascuno. Ma il vostro pensiero carnale rimane talmente attaccato a luoghi fisici che dite il sole visibile, e di conseguenza corporeo, che non può che essere contenuto in un luogo fisico, è Dio e parte di Dio. Ma è stupido discutere con voi di queste cose, come potreste comprendere una cosa immateriale quando ancora non ammettete che Dio sia incorruttibile?

Le Scritture dei Giudei: la critica manichea.

21. Ma come un buon amico benevolmente mi rimproveri che lasciai Mani e sono passato ai Libri dei Giudei. Essi sono coloro che soffocano il vostro errore e le vostre menzogne, in essi infatti fu profetizzato il Cristo, quale la verità di Dio l’ha fatto e non quale la vanità di Mani l’ha immaginato. Ma tu che sei un uomo molto cortese attacchi l’Antico Testamento, perché c’è scritto nel profeta: Va’, prendi una prostituta e fa’ figli di prostituta, perché grazie alla prostituzione il paese si allontanerà da Dio 35, pur leggendo nel Vangelo: Le meretrici e i pubblicani vi precederanno nel regno dei cieli 36. So da dove viene la tua indignazione: non ti dispiace tanto della meretrice che si prostituisce quanto che la prostituzione sia cambiata nel matrimonio e convertita alla castità coniugale. Voi credete che il vostro Dio nel procreare i figli venga legato a più forti vincoli carnali e credete che le meretrici possano essere perdonate perché stanno attente a non rimanere incinte, e così libere dal dover partorire possano servire la lussuria. perché il frutto del concepimento della donna da voi è inteso come carcere e vincolo di Dio. Anche questo vi dispiace: Saranno due in una sola carne, quando l’Apostolo spiega il grande mistero di Cristo e della santa Chiesa 37. Vi dispiace: Crescete e moltiplicatevi 38, perché non si moltiplichino le carceri del vostro Dio. Confesso di aver appreso nella Chiesa cattolica che come l’anima così il corpo, dei quali una è la reggitrice, l’altro è il suddito, allo stesso modo il bene dell’anima e il bene del corpo vengano dal sommo bene, dal quale viene ogni cosa buona, sia grande che piccola, sia celeste che terrestre, sia spirituale che materiale, sia temporale che eterna. E per questo non devono essere rimproverate le une, perché le altre sono da preferire.

Il rifiuto manicheo delle carni e delle nozze.

22. Quanto all’affermazione che poni tra le cose riprovevoli, ossia: Scanna e mangia 39, c’è anche negli Atti degli Apostoli, da intendere in senso spirituale. In realtà anche in senso materiale non deve essere disprezzato il cibo ma l’eccesso. Specialmente a voi l’espressione di astenersi dalla carne dovrebbe piacere anche in senso materiale, perché voi immoliate le carni, spezzando così le catene, ed il vostro Dio possa fuggire da una misera prigione. E se lì rimanesse qualcosa di lui, mangiandola la purifichereste nell’officina dello stomaco. Mi attacchi anche sul fatto che mi sia dispiaciuto della sterilità di Sara. In realtà non mi sono precisamente dispiaciuto di ciò, perché anche questa sterilità fu profetizzata. Invece alle vostre sacrileghe favole si adatta il dolersi, non della sterilità di Sara ma della fecondità, poiché per voi ogni fecondità di donna è una dura calamità di Dio. Non è incredibile, perché in voi del tutto si compie ciò che è stato predetto: Proibiscono le nozze 40. Infatti non detestate tanto l’unione carnale quanto le nozze, poiché in esse l’unione carnale serve a procreare e non è vizio, ma dovere. Da questo dovere è esente la continenza degli uomini e delle sante donne, non perché così hanno evitato un male, ma perché così hanno scelto una condizione migliore. Ma bisogna comprendere che lo stesso dovere coniugale dei padri e delle madri, come furono Abramo e Sara, derivi non dalla società umana, ma da un dono divino. Infatti poiché era necessario che Cristo venisse nella carne, per trasmettere quella carne era necessario il matrimonio di Sara e la verginità di Maria.

Gesto e parole di Abramo, quando ha chiesto al servo il giuramento di fedeltà.

23. Da dove viene anche ciò che con incredibile incomprensione deridendo hai ricordato: Poni la mano sotto la mia coscia. Questo è ciò che Abramo disse al suo servo, chiedendo che giurasse fedeltà. Poni la mano sotto la mia coscia - disse - e giura per il Dio del cielo 41. Allora quel servo ubbidendo giurava, ma Abramo ordinandoglielo profetizzava che il Dio del cielo sarebbe venuto in quella carne che sarebbe stata generata da quella coscia. Ma voi, uomini casti e puri, questo disprezzate, detestate, aborrite, perché temete per il Figlio di Dio, che nessun contatto con la carne avrebbe potuto mutare, il solo utero della vergine, ma non esitate ad immergere la natura mutata e alterata del Dio vivente nell’utero di ogni femmina, non solo degli uomini ma anche delle bestie. E per questo inorridite di una coscia del Patriarca proprio voi che, dovunque trovate cosce non dico di profeti, ma di qualsiasi prostituta, dovreste giurare per il vostro dio, che vi è tanto turpemente imprigionato? Vi ripugna toccare castamente una parte del corpo umano, ma non vi vergognate di giurare su un Dio tanto turpemente legato. Inveite contro l’Arca di Noè 42, che rappresentava la Chiesa e tutti i popoli di cui doveva essere formata attraverso ogni animale, e per ridicolizzarla la chiamate a causa delle bestie di ogni specie che c’erano dentro. Ma qui mi congratulo con te che, senza accorgertene o per ignoranza, hai usato un termine giusto: " pancarpo " infatti significa " ogni frutto ", che della Chiesa è spiritualmente vero. Solo non ti accorgi che Noè è entrato sano nell’arca con i suoi parenti tra quelle bestie, ed è uscito sano, ed è stato più fortunato del vostro Dio, che dalla ferina rabbia del popolo delle tenebre fu dilaniato e divorato. Così lui non fu " pancarpo ", ma è divenuto proprio " camparcus ", poiché è stato fatto a pezzi con ogni ferocia. Ti prenderai gioco della lotta di Giacobbe con l’angelo 43, dov’è prefigurata profeticamente la lotta del popolo di Israele con la carne di Cristo. Ma in qualunque modo la intendi, quanto meglio sarebbe stato se il vostro Dio avesse combattuto con l’uomo piuttosto che essere vinto e fatto prigioniero dal popolo dei demoni. A torto accusi Abramo di aver venduto il pudore della moglie, perché senza mentire ha detto che fosse sua sorella, ma per umana prudenza ha taciuto che fosse sua moglie 44, affidando al suo Dio il compito di custodire la sua castità. Se non avesse fatto ciò che poteva fare, avrebbe dimostrato di non avere fede in Dio, ma di tentare Dio. Tuttavia non vedi che il vostro Dio non vendette ma regalò, non una moglie ma le sue stesse membra, ai nemici perché le contaminassero, le corrompessero, le deturpassero. Certo desidereresti, se si potesse, che la natura del vostro Dio ritornasse splendida dai suoi nemici, così come intatta Sara fu restituita allo sposo.

Perché Agostino ha lasciato l’errore manicheo per farsi cattolico.

24. Lodi quelli che un tempo furono i miei costumi ed i miei studi, e chiedi chi li abbia all’improvviso cambiati. Quindi facendo delle perifrasi ricordi l’antico nemico di tutti i fedeli e dei santi e dello stesso Signore Gesù Cristo, e vuoi fare intendere che sia il diavolo che li ha cambiati. Che cosa potrei risponderti del mio cambiamento se non che in quel modo ho pensato di divenire migliore, se avessi abbandonato e ripudiato il vostro errore per convertirmi alla Chiesa cattolica e alla fede? E ho fatto bene, poiché dal male mi sono rivolto al bene, ma tu stesso risolvi per me la questione con il termine che hai usato per indicare il mio " cambiamento ". Infatti se la mia anima, come dite voi, fosse la natura di Dio non potrebbe essere mutata né in meglio - come io ritengo - né in peggio, come intendi tu, né da se stessa né per lo stimolo di qualche altra cosa. Così quando ho lasciato questo errore e scelsi quella fede in cui si crede piamente che la natura di Dio sia immutabile, perché s’intende sapientemente, il mio mutamento non dispiace se non a coloro a cui dispiace un Dio immutabile. Poi il diavolo è nemico dei santi non perché si levi contro di loro quale nemico da un avverso principio di una natura contraria, ma perché invidia loro l’onore celeste, dal quale egli stesso è stato allontanato. Infatti lui mutato, tenta di mutare gli altri. Del resto, come avete abbondantemente detto nella favola persiana di quel Mani, se lui muta gli altri senza mutare egli stesso, certo è più grande e vincitore. Ma se, come voi affermate, non è nemico di Dio, ma è amico della santa luce e migliore di quelli che inganna, chi li fece diventare nemici del santo lume, a cui lui stesso è amico? Per questo Mani dice che le anime furono condannate a quell’eterno supplizio dell’orribile ammasso, perché sopportarono di vagare lontano dalla loro primitiva luminosa natura e allora divennero nemiche della luce. Mentre Mani vuole che la stessa mente del popolo delle tenebre creò i corpi degli animali, bruciando dal desiderio di trattenere presso di sé la luce. Cerca di allontanarti da queste finzioni così vane e sacrileghe, cambiando in meglio con l’aiuto di colui che non cambia né in meglio, né in peggio.

Il Salvatore spirituale.

25. Dici: Siamo sfuggiti perché abbiamo seguito un Salvatore spirituale. Infatti la sua audacia è arrivata a tal punto che, se il nostro Signore fosse stato di carne, ci sarebbe stata rescissa ogni speranza. Se la ragione per cui dite questo è che non credete che Cristo abbia avuto un corpo di carne, non dovete porre la speranza in Mani, che è nato da un uomo e da una donna come tutti gli altri uomini. Perché dunque riponete tanta speranza in lui? Infatti in questa tua stessa lettera, per impaurirmi, tu stesso hai detto: Chi ti farà da avvocato davanti al giusto tribunale del giudice, quando per tua stessa testimonianza sarai accusato riguardo alle parole e alle azioni? Il Persiano che hai accusato non si presenterà. Eccetto lui chi ti consolerà mentre piangi? Chi salverà il Punico? Tu hai detto che, escluso Mani, nessuno potrà essere consolatore e salvatore. Quindi come hai fatto a dire, trattando delle passioni di Cristo, che siete sfuggiti [al demonio] perché avete seguito un salvatore spirituale, cosicché il nemico non lo potesse uccidere come se avesse un corpo di carne? Se dunque il nemico uccide il vostro Mani, che è fatto di carne perché possa essere il vostro salvatore, come fai a dire: Escluso lui chi ti consolerà mentre piangi? Chi salverà il Punico? Vedi cosa ci sia nell’eresia e nella dottrina dei demoni, nell’ipocrisia degli impostori 45. Vuoi che Mani dica la verità di un falso Cristo. Infatti se Cristo nel mostrare ai discepoli che dubitavano 46 la carne, la morte, la risurrezione ed infine i punti delle ferite e dei chiodi, è stato del tutto falso e bugiardo, allora Mani riguardo al Cristo ha detto il vero. Ma se Cristo mostrò vera carne, vera morte, vera risurrezione, vere cicatrici, allora Mani ha mentito riguardo a Cristo. E questa è la differenza che ci separa in questo dibattito, perché hai scelto di credere che Mani dica la verità, mentre credi che Cristo dica il falso. Io credo invece che Mani abbia mentito su Cristo come su altre cose, piuttosto che Cristo su qualche cosa (soprattutto riguardo a ciò su cui pose la speranza dei credenti, cioè sulla passione e risurrezione). Infatti colui che dice che quando Cristo, dopo quella che è considerata la sua morte, apparve ai suoi discepoli che dubitavano e che credevano di vedere uno spirito dicendo: Toccate le mie mani ed i piedi; e guardate, perché lo spirito non ha carne né ossa, mentre io le ho 47, quando ad uno di essi che non credeva disse: Metti le mani sul mio costato e non essere incredulo, ma credente 48, tutto questo non lo mostrava realmente, ma in maniera ingannevole. Dico che chi dice ciò non è uno che predica Cristo ma che lo accusa. Ma dici che Mani predica il Cristo e si dice suo apostolo. Questa è una ragione in più perché sia detestato ed evitato. Se infatti parlasse di Cristo accusandolo, lui a sua volta potrebbe vantarsi di essere amante della verità, denunciando la falsità di un altro. Ma adesso inconsapevole ed incauto si tradisce, e lodando e predicando uno che mente, mostra chiaramente a chi osserva con attenzione che cosa faccia lui stesso e che cosa ami. Fuggi dunque, amico, questa peste, perché Mani non ti renda (cosa impossibile) un fedele con inganno, come quel discepolo che vogliono che Cristo abbia reso fedele, quando a lui disse: Metti le mani sul mio costato e non essere incredulo, ma credente. Come infatti intende la dolcissima verità, che cos’è che Cristo disse al discepolo se non: " Tocca ciò che porto, tocca ciò che ho portato, tocca la vera carne, tocca i segni delle vere ferite, tocca i veri buchi dei chiodi e credendo alle cose vere, non essere più incredulo, ma credente "? Ma secondo le vane e sacrileghe assurdità di Mani, che cos’è che ha detto Cristo al discepolo, se non: " Tocca ciò che simulo di essere, tocca ciò che fingo ", se non: " Tocca la falsa carne, tocca i falsi luoghi delle false ferite, e non essere incredulo delle mie bugiarde membra, sicché tu possa essere fedele credendo il falso "? Tali fedeli ha Mani, tutti della dottrina dei demoni e degli impostori.

Gli eletti.

26. 1. Fuggi, ti prego, non ti fare ingannare dal pretesto del piccolo numero, poiché lo stesso Signore ha detto che la via stretta è per pochi 49. Vuoi essere tra i pochi, ma sono i peggiori. Infatti è vero che ci sono pochi del tutto innocenti, ma tra gli stessi peccatori, gli assassini sono meno dei ladri, gli incestuosi meno degli adulteri, infine le favole o le storie degli antichi hanno meno Medee e Fedra, che donne colpevoli di altre empietà e delitti, meno Oco e Busiride che uomini colpevoli di altre colpe e crimini. Vedi dunque che presso di voi l’eccessivo orrore dell’empietà non renda merito alla minore quantità. Tali cose vengono lette, dette e credute, ed incredibile che in quell’errore cadano e vi rimangano molti invece che pochi. L’esiguo numero dei santi, dei quali stretta è la via, viene messa a confronto con il gran numero dei peccatori. Questa esiguità si nasconde nel numero molto più grande della paglia. Ma nello stesso granaio della Chiesa cattolica ora deve essere riunita, triturata, ed alla fine ventilata e purificata 50. Ed è necessario che ti unisca ad essa, se sinceramente desideri essere un fedele, e perché fidandoti della falsità, così come è stato scritto, non diventi pasto dei venti 51, cioè esca degli spiriti immondi. Infatti se l’apostolo Paolo, che citi, stimò danno e sterco, per guadagnarsi Cristo 52, non le scritture dei saggi dell’Antico Testamento e tutto quel patrimonio profetico di parole e fatti, ma l’eccellenza carnale della stirpe giudaica e lo zelo di perseguitare i Cristiani (che lo accendeva come se fosse una cosa lodevole) a favore delle Sinagoghe erranti del popolo paterno, che non riconoscono il Cristo, ma la giustizia che viene dalla Legge della quale i Giudei, non avendo compreso la grazia di Dio, superbamente si gloriano. A maggior ragione devi rigettare queste scritture che sono piene di nefandezze e di bestemmie, dove la natura della verità, la natura del sommo bene, la natura di Dio è descritta tante volte mutabile, tante volte vinta, corrotta, ed inspiegabilmente inquinata da una parte e condannata alla fine dalla stessa verità. Le devi rigettare e non come sterco, ma come veleno, e dovrai passare, finita la contesa, alla Chiesa cattolica e alla fede, che come è stata profetizzata molto tempo prima, così è stata rivelata a suo tempo.

Esortazione alla conversione al bene.

26. 2. E ti dico ciò perché la tua mente non è natura del male, che non esiste, né la natura di Dio, altrimenti invano avrei parlato con una natura immutabile. Ma poiché è mutata abbandonando Dio, e lo stesso suo cambiamento è male, si muti ancora rivolgendosi al bene immutabile, con l’aiuto dello stesso bene immutabile; e tale suo cambiamento sarà la liberazione dal male. Se disprezzi questo ammonimento, credendo ancora che ci siano due nature, una mutevole del bene che mescolata al male poté acconsentire all’ingiustizia, l’altra immutabile del male che unita al bene non poté acconsentire alla giustizia, allora ripeti quella vergognosa favola, che sparge esecrabili e turpi bestemmie ad orecchie che prudono di fornicazione, perché sei nel gregge di cui è stato predetto: Ci sarà un tempo in cui non sopporteranno la sana dottrina, ma secondo i loro desideri, si accumuleranno maestri per farsi solleticare le orecchie, distogliendo il proprio udito dalla verità, lo rivolgeranno alle favole 53. Se poi accogli prudentemente questa ammonizione, rivolto all’immutabile Dio con lodevole cambiamento, ti troverai tra quelli di cui l’Apostolo dice: Siete stati un tempo tenebra, adesso luce nel Signore 54. Ciò non potrà essere detto della natura di Dio, poiché non fu mai malvagia e degna del nome delle tenebre, né riguardo alla natura del male, che se esistesse, mai potrebbe mutare e diventare luce. Ma giustamente e correttamente si è detto di quella natura che non è immutabile, ma abbandonata quella luce immutabile dalla quale è stata fatta, si ottenebra in sé, ma che se si converte alla luce immutabile, diventa luce non in se stessa, ma nel Signore. Infatti non risplende da se stessa, poiché non è vera luce, ma illuminata da colui di cui è detto: Era la luce vera, che illumina ogni uomo che viene in questo mondo 55. Ecco ciò che devi credere, devi comprendere, devi tenere, se vuoi essere buono nella partecipazione al Bene immutabile, perché tu non puoi esistere per te stesso: bene che non potresti perdere se tu fossi immutabile, né ricevere se non fossi immutabile.


Note:

 

1 - 1 Cor 4, 3.

2 - 1 Tm 4, 1-4.

3 - Rm 2, 10.

4 - Mt 12, 33.

5 - Ef 5, 8.

6 - Cf. 1 Cor 10, 13.

7 - Cf. 1 Tm 1, 17.

8 - Sal 148, 5.

9 - Cf. Gn 1, 31.

10 - Cf. Rm 8, 29.

11 - Gv 1, 14. 1.

12 - Col 1, 18.

13 - Rm 8, 15. 23.

14 - Gal 4, 5.

15 - Ef 1, 5.

16 - 1 Pt 2, 9.

17 - 2 Ts 2, 12-13.

18 - Gv 1, 12.

19 - Rm 8, 32.

20 - Gv 1, 14.

21 - Cf. Ef 2, 3.

22 - Cf. Sap 11, 21.

23 - Rm 1, 25.

24 - Gv 14, 9.

25 - Cf. Gv 1, 1.

26 - Cf. Fil 2, 6.

27 - Cf. Col 1, 15-16.

28 - Rm 8, 20.

29 - Ef 6, 12.

30 - Cf. 1 Cor 11, 19.

31 - Rm 5, 3-4.

32 - Rm 8, 10-11.

33 - 1 Cor 15, 26. 51-53. 35.

34 - Cf. Dn 6; 14.

35 - Os 1, 2.

36 - Mt 21, 31.

37 - Cf. Gn 2, 24; Ef 5, 31-32.

38 - Gn 1, 28.

39 - At 10, 13.

40 - 1 Tm 4, 3.

41 - Gn 24, 2-3.

42 - Cf. Gn 7.

43 - Cf. Gn 32, 24-25.

44 - Cf. Gn 12, 20.

45 - Cf. 1 Tm 4, 1-2.

46 - Cf. Gv 20, 20.

47 - Lc 24, 39.

48 - Gv 20, 27.

49 - Cf. Mt 7, 14.

50 - Cf. Mt 3, 12.

51 - Cf. Os 12, 1.

52 - Cf. Fil 3, 8.

53 - 2 Tm 4, 3-4.

54 - Ef 5, 8.

55 - Gv 1, 9.


28 - Cristo, nostro redentore, incomincia a chiamare e a ricevere i suoi discepoli alla presenza del Battista.

La mistica Città di Dio - Libro quinto - Suor Maria d'Agreda

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1017. Gesù, dopo aver trascorso i dieci mesi successivi al digiuno spostandosi tra le genti della Giudea e operando privatamente grandi miracoli, decise di manifestarsi al mondo. In passato non aveva proclamato nascostamente la verità, ma non si era dichiarato Messia e maestro della vita; adesso, secondo il disegno della divina sapienza, era giunta l'ora di farlo. Tornò dunque dal suo precursore, affinché, mediante la testimonianza che questi doveva rendergli pubblicamente, la luce incominciasse a risplendere nelle tenebre. Giovanni, per una rivelazione dall'alto, apprese che colui che attendeva era arrivato e per lui era ormai tempo di farsi conoscere come redentore e vero Figlio dell'eterno Padre. Mentre aspettava con questa illuminazione interiore, lo vide avvicinarsi e con mirabile giubilo esclamò davanti ai suoi: «Ecco l'agnello di Dio!». Questa confessione richiamava e supponeva non solo quella che, nei medesimi termini, aveva fatto in altre occasioni, ma anche l'insegnamento che egli aveva dato, più in particolare, a quanti stavano ad ascoltarlo. Fu come se avesse detto: «Ecco l'agnello di Dio, del quale vi ho annunciato la venuta per riscattare l'umanità e aprire la strada del cielo». Questa fu l'ultima volta che egli stette con lui in modo naturale, anche se in un'altra maniera godette della sua presenza alla propria morte, come esporrò in seguito.

1018. Udirono il Battista due dei suoi primi discepoli e, in virtù dell'espressione da lui pronunciata e della grazia che ricevettero nell'intimo, si incamminarono dietro al Salvatore, il quale, volgendosi ad essi con amabilità, domandò che cosa cercassero. Risposero che desideravano sapere dove abitava, per cui egli li tenne con sé e quel giorno si fermarono presso di lui, come riferisce il quarto evangelista. Questi specifica che uno dei due era Andrea, fratello di Simon Pietro, senza indicare il nome dell'altro; secondo ciò che ho inteso, si trattava di lui stesso, ma non volle svelarlo per la sua profonda modestia. Così egli e il compagno furono le primizie dell'apostolato, perché, recependo le parole di colui che allora li guidava, seguirono all'istante il Signore senza alcun appello diretto da parte sua. Subito dopo Andrea s'imbatté in suo fratello, gli comunicò che aveva trovato il Messia, cioè il Cristo, e lo condusse a lui, che esclamò: «Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; ti chiamerai Cefa (che vuol dire Pietro)». Tutto questo accadde ai confini della Giudea, da dove sua Maestà decise di partire l'indomani. Vide Filippo e lo chiamò con sé. Questi raccontò immediatamente a Natanaele ciò che gli era successo e come aveva incontrato il Messia, Gesù di Nazaret; portato al suo cospetto, dopo il colloquio narrato da san Giovanni alla fine del primo capitolo della sua opera anch'egli andò con lui.

1019. Con queste cinque persone, che furono le fondamenta iniziali per la costruzione della Chiesa, il Maestro entrò nella provincia della Galilea predicando e battezzando apertamente; dette così l'avvio alla vocazione dei Dodici. Quando si accostarono a lui, rischiarò i loro cuori, accese in essi il fuoco del divino amore e li preparò con larghe benedizioni. Non è possibile spiegare degnamente quanto gli costò l'educazione di questi e degli altri per edificare la comunità dei credenti: li cercò con sollecitudine e sconfinata cura; li attirò con potenti, frequenti ed efficaci aiuti della sua grazia; li illuminò con favori incomparabili; li accolse con mirabile clemenza; li nutrì col latte dolcissimo del suo insegnamento; li tollerò con invincibile mitezza; li accarezzò come un affettuosissimo padre i suoi bambini piccoli e teneri. La formazione che dava loro per farli passare dallo stato terreno a quello celeste, a cui egli li elevava con la dottrina e con l'esempio, era impegnativa, poiché la natura è stupida e rozza per le materie sublimi e delicate dell'interiorità, nelle quali essi dovevano essere non solamente perfetti discepoli, ma esperti pedagoghi. In questo egli lasciò ai superiori, ai principi e ai capi una somma lezione di pazienza, mansuetudine e carità su ciò che devono praticare verso i loro sudditi. Non fu minore la fiducia che diede a noi peccatori circa la sua benigna misericordia, giacché questa non venne meno con essi a causa dei loro difetti e delle loro mancanze, né delle loro inclinazioni e passioni; al contrario, cominciò a mostrare la sua magnanimità, affinché noi fossimo rincuorati e non ci scoraggiassimo tra le innumerevoli imperfezioni della nostra fragile e bassa condizione.

1020. La Regina , la quale nei modi da me più volte ripetuti conosceva tutti i prodigi che il Signore realizzava in tali circostanze, ringraziava il Padre per i primi fedeli e nel suo spirito li accettava come figli suoi, così come lo erano di Cristo, offrendoli con nuovi cantici di lode e di giubilo. In questa occasione ebbe una visione particolare, in cui l'Altissimo le palesò ancora le sue determinazioni circa la redenzione e la maniera in cui questa doveva essere principiata ed eseguita. Le fu detto: «Carissima colomba mia, prescelta tra migliaia, è necessario che tu accompagni ed assista il mio e tuo Unigenito nelle fatiche che sosterrà per salvare gli uomini; già si avvicina il tempo della sua afflizione e io devo manifestare la mia sapienza e benevolenza per colmarli dei miei tesori. Voglio affrancarli per mezzo di lui dalla schiavitù del demonio, e diffondere l'abbondanza della mia grazia e dei miei doni su tutti coloro che si disporranno a confessare il Verbo fatto carne e a seguirlo come guida dei loro sentieri verso la felicità senza fine che tengo in serbo per essi. Voglio sollevare dalla polvere e arricchire i poveri, abbattere i superbi, innalzare gli umili e dare la vista ai ciechi che stanno nelle tenebre della morte. Voglio esaltare i miei amici ed eletti e rendere noto il mio grande e santo nome. Voglio inoltre, nel concretizzare questo, che tu, mia diletta, collabori col tuo amato e lo imiti, perché io sarò con te in tutto ciò che farai».

1021. Maria rispose: «Re supremo dell'intero universo, dalla cui mano ogni essere è plasmato e mantenuto in esistenza, benché questo vile verme sia polvere e cenere parlerò davanti a voi per la vostra bontà immensa. Ricevete dunque, Dio eterno, il cuore della vostra ancella, pronto per l'adempimento del vostro beneplacito. Gradite l'olocausto non solo delle mie labbra, ma anche del più intimo dell'anima mia; con questo intendo obbedire alla vostra volontà. Eccomi prostrata alla vostra presenza regale: si compia interamente in me ciò che a voi piace. In caso fosse possibile, però, io aspirerei a patire fino all'estremo, sia per affrontare la morte con il vostro e mio Figlio, sia per liberarlo da essa: questo esaudirebbe tutti i miei desideri e sarei al culmine della gioia se la spada della vostra giustizia ferisse me, che sono stata più vicina alla colpa. Sua Maestà è impeccabile per natura e per gli attributi della sua divinità. O sovrano rettissimo, so che, essendo voi offeso dall'ingiuria delle trasgressioni, la vostra equità esige soddisfazione da una persona uguale a voi e tutti sono infinitamente distanti da questa dignità; ma è anche vero che ciascuna delle opere di Cristo è sovrabbondante per il riscatto del mondo, ed egli ne ha già effettuate molte. Se, posto ciò, è ammissibile che io perisca affinché sia conservata la sua vita di valore inestimabile, sono risoluta a farlo; se invece la vostra decisione è immutabile, concedetemi almeno, eccelso Padre, qualora sia per voi ragionevole, che io mi consumi con lui. Asseconderò questo vostro comando come già quello di stargli accanto nei suoi affanni. Mi soccorra, però, il potere della vostra destra, perché possa conformarmi a lui e attuare il vostro decreto e il mio anelito».

1022. Non riesco con le mie parole a illustrare più chiaramente ciò che ho compreso circa i gesti eroici e mirabili che la nostra Signora fece in tale frangente, nell'ascoltare questo precetto celeste, e il fervore ardentissimo col quale bramò la sofferenza, sia per risparmiarla a Gesù sia per sopportarla con lui. Le azioni ardenti di profondo affetto obbligano tanto l'Altissimo che egli, anche quando risultano impossibili, si considera servito e appagato dalla leale e integra intenzione, e in qualche maniera le premia come se fossero state eseguite. Quanto, allora, non dovette meritare la Madre della grazia e della pietà offrendosi in sacrificio? Né il pensiero umano né quello angelico arrivano a penetrare un così sublime sacramento d'amore, giacché per lei sarebbe stato dolce penare e morire, e il dolore di non farlo con il suo Unigenito fu maggiore che quello di restare viva giungendo fino a vederlo crocifisso; ma al riguardo dirò meglio a suo tempo. Da questo si coglie la somiglianza che la sua gloria ha con quella del Salvatore e che la sua santità ha col suo modello; infatti, in lei tutto era proporzionato a tale carità, che si estese al sommo grado immaginabile per una semplice creatura. Con questa disposizione ella uscì dalla suddetta estasi. Fu ordinato di nuovo ai custodi di dirigerla e aiutarla in ciò che doveva realizzare ed essi, come suoi fedelissimi ministri, presero ad assisterla abitualmente in forma visibile, accompagnandola ovunque.

 

Insegnamento della Regina del cielo

1023. Carissima, tutti gli atti di Cristo manifestano l'amore divino verso di noi e rivelano quanto questo sia differente dal nostro. Noi, infatti, siamo tanto meschini, limitati, avari e deboli che di solito non amiamo se non siamo provocati da qualche bene che supponiamo nell'amato; dunque, il nostro amore nasce dal bene che trova nell'oggetto. Quello divino, invece, siccome ha origine in se stesso ed è efficace per fare ciò che vuole, non cerca le anime in quanto degne, ma piuttosto le ama per renderle tali con l'amore. Quindi, nessuno deve diffidare della bontà del Signore; non deve, però, neppure confidare in questa verità in modo vano e temerario, aspettandosi da lui i favori che demerita, perché egli osserva una giustizia a noi nascosta e, benché abbia amore per tutti e desideri che tutti siamo salvi, nella distribuzione dei suoi doni e dei frutti di tale sentimento, che non nega ad alcuno, usa una determinata misura. Non possiamo esaminare né penetrare questo segreto, per cui bisogna stare attenti a non far diventare inutile la prima grazia e vocazione, perché non sappiamo se essendo ingrati perderemo la seconda, ma solamente che in caso contrario questa non ci verrà negata. Al principio viene concessa un'illuminazione interiore, affinché in presenza di essa gli uomini siano redarguiti e convinti dei loro peccati, del loro infelice stato e del pericolo della dannazione; ma la superbia li fa tanto stolti e duri di cuore che molti sono quelli che fanno resistenza, mentre altri sono pigri nel muoversi e non cominciano mai a corrispondere, così che si lasciano sfuggire gli effetti iniziali dell'amore di Dio e si rendono inadatti per altri. Senza l'ausilio della grazia non si può né evitare il male, né fare il bene, né discernerlo; da ciò nasce il precipitare di abisso in abisso, perché, non apprezzandola e rifiutandola, e privandosi conseguentemente degli altri sostegni, inevitabilmente si cade in maniera rovinosa in colpe abominevoli e ci si immerge ciecamente in esse.

1024. Rifletti, dunque, accuratamente alla luce che la generosità dell'Onnipotente ha infuso nel tuo intimo, giacché per quella che hai ricevuto con la conoscenza della mia storia, quando anche non ne avessi avuto altra, saresti già tanto obbligata da essere più riprensibile di tutti agli occhi di Dio e ai miei, davanti agli angeli e ai mortali, se non te ne giovassi. Ti serva ancora di esempio ciò che fecero i discepoli del mio beatissimo Figlio e la prontezza con cui lo seguirono e imitarono. Anche se da parte sua il tollerarli, sopportarli ed educarli fu un beneficio speciale, essi lo valorizzarono al meglio mettendo in pratica i suoi insegnamenti. Nonostante fossero di natura fragile, non si impedirono di accoglierne altri più grandi dalla sua mano ed estesero le loro aspirazioni a molto più di quello che era possibile alle loro forze. Facendo questo con sincerità e diligenza, voglio che tu ti conformi a me in quello che a tal fine ti ho narrato delle mie opere e nell'anelito che avevo di perire per lui o con lui, se mi fosse stato consentito. Prepara il tuo cuore per quanto ti svelerò in seguito riguardo alla sua passione e al resto della mia vita; con tali cognizioni compirai ciò che è più elevato e santo. Ti avverto, mia diletta, che ho da rimproverare i cristiani, come altre volte ti ho accennato, per la dimenticanza e la poca considerazione che hanno per quello che Gesù ed io affrontammo per essi. Si consolano con una fede superficiale e, immemori, non ponderano quanto ottengono per ciascuna di tali azioni e quale sarebbe il dovuto contraccambio. Tu, però, non darmi questo dispiacere, dal momento che ti faccio capace e partecipe di arcani tanto venerabili e di così magnifici misteri, nei quali troverai intelligenza, ammaestramento e l'esercizio della più alta e sublime perfezione. Sollevati sopra te stessa ed impegnati coscienziosamente, affinché ti sia data sempre più grazia e, corrispondendo ad essa, ti riesca di assommare molti meriti e premi eterni.


12 agosto 1945

Maria Valtorta

S. Chiara d'Assisi

   Vedo — e non sembrerà una cosa impossibile a vedersi perché noto a molti e molti — il miracolo della cacciata degli assalitori dal convento di Assisi per opera di Suor Chiara1. Ma mi è gioia vederlo, e degli altri non mi curo. Le descrivo ciò che vedo.
   Un ben misero conventino, basso basso, dal tetto molto spiovente in avanti, dal piccolo chiostro che grida la grande parola francescana da ogni sua pietra: "Povertà", dai corridoietti bui, brevi, stretti, in cui si aprono le porticine delle celle.
   Spavento e dolore agitano la povera dimora di pace. Il convento è sonoro come un alveare di voci di preghiera e di gemiti. E veramente come un alveare sbigottito da una invasione sembra questo piccolo convento. Il rumore della lotta esterna penetra pure, unendo le sue voci di ferocia alle voci di pietà.
   Non so se sia una conversa quella che porta la notizia che le orde nemiche tentano di invadere il convento o se è qualche assisano che avverte le Clarisse del pericolo. So che lo sgomento raggiunge il suo culmine mentre tutte si precipitano nella cella della Badessa, che è prostrata in preghiera presso la sponda del suo giaciglio e che si alza cerea, consumata, ma tanto bella e solenne, per accogliere le sue figlie impaurite. Le ascolta e dà ordine di scendere in coro con ordine e con fede, col silenzio della Regola, "perché" dice "nessuna cosa per tremenda che sia deve fare dimenticare la santa Regola".
   E lei le segue ed entra nel piccolo, misero coretto oltre il quale è la chiesetta sbarrata, buia, con le uniche due fiammelle: l'una nella chiesa, l'altra nel coro, che splendono calme davanti al ciborio, di là per le anime del mondo che troppo poco si ricordano di Dio, di qua per le anime di Gesù che in quella fiammella perpetua vedono il simbolo di se stesse.
   Pregano, sobbalzando ad ogni urlo più forte e più vicino. E quando una, certo una conversa, rientra, urlando senza ritegno per il luogo: "Madre, sono alla porta!", le clarisse si piegano come se fossero già colpite a morte.
   Suor Chiara no. Anzi si alza in piedi e si porta proprio in mezzo al coro e dice: "Non temete. Essi sono uomini e sono fuori. Noi siamo qui, dentro, e con Gesù. Ricordate la sua parola2: 'Non vi sarà torto un capello'. Noi siamo le sue colombe. Egli non permetterà che le profanino gli sparvieri".
 Di fuori l'onda del tumulto si fa più forte, smentendo le sue parole. Ma lei non si sgomenta. Vedendo che le clarisse sono troppo terrorizzate per poter vincere dubbio e terrore, si volge a Dio. "Mio dolce Gesù, perdona se la tua povera Chiara osa porre le mani là dove solo un sacerdote può porle. Ma qui non ci sei che Tu e noi. Una di noi deve dunque dirti: 'Vieni'. Le mie mani sono lavate di pianto. Possono toccare il tuo trono", e risoluta va al ciborio, lo apre, ne prende non l'ostensorio, come si dice, ma una custodia simile ad una pisside, e non è di metallo prezioso, mi pare di avorio o di madreperla, almeno nell'esterno e per quanto concede di vedere la poca luce. Lo prende e lo tiene con la riverenza con cui terrebbe il Dio bambino. Scende sicura i pochi scalini e va salmodiando verso la porta del convento, e le suore la seguono tremanti e soggiogate.
   "Apri la porta, figlia".
   "Ma sono lì fuori! Sentite che urli e che urti?".
   "Apri la porta, figlia".
   "Ma irromperanno qui dentro!".
   "Apri la porta. È l'ubbidienza!" e Chiara, prima dolce e persuasiva, assume un tono imperioso che non ammette tergiversazioni. È la antica feudataria usa al comando e la grande Badessa che richiama all'ubbidienza.
   La clarissa apre, con un gemito e un tremito che rallenta l'operazione, e le altre, dietro alla Badessa, hanno lo stesso tremito. Si segnano chiudendo gli occhi, pronte al martirio, si calano il velo per morire velate.
   L'uscio è finalmente socchiuso. L'urlo degli assalitori si muta in grido di vittoria e, cessando di usare le armi, si gettano a corsa verso l'uscio che si apre.
   Chiara, bianca nel viso come la teca che porta ben alta, unico velo al suo volto di claustrata, fa due, tre, cinque passi fuori della soglia. Non so se veda chi ha di fronte, la sua terra, i suoi nemici. Non credo. I suoi occhi non fanno che adorare il Santissimo che ella porta. Alta e magrissima, consumata come è, bianca come un giglio, lenta nel passo, pare un angelo o un fantasma. A me pare angelo, agli altri deve parere un fantasma. La loro baldanza si frange, si arresta, e vedendole fare un altro passo in avanti si volge in fuga disordinata.
   È allora che Chiara vacilla, e curva, come prossima a cadere, si affretta a rientrare oltre la soglia. "Sono fuggiti. Sia benedetto il Signore! Ora… ora sorreggete la vostra Madre. Perché io possa riportarlo sul suo altare. Cantate, figlie, e sorreggetemi. Ora è ben stanca la madre vostra". Ha infatti un viso da morente, come avesse dato tutte le sue forze. Ma ha anche un sorriso tanto dolce, e tanta forza nelle mani ceree per tenere stretta la custodia!
   Rientrano in coro e Chiara depone nel ciborio la teca intonando il "Te Deum" e rimanendo poi riversa sui due gradini dell'altare come fosse morta, mentre le clarisse continuano l'inno di grazie.
   Questo è ciò che vedo. E per me c'è questo solo: poche parole di S. Chiara, nella sua veste paradisiaca, non di clarissa:
   «Con questo» e indica il Ss. Sacramento «tutto si vince. Sarà la grande forza del Paradiso e della Terra finché vi saranno i bisogni della Terra. Per i meriti infiniti del Corpo Ss. annichilito per noi, noi santi del Cielo otteniamo grazie per voi, e per Esso voi ottenete vittorie. Sia lodato l'Agnello eucaristico! Il Signore ti dia pace e benedizione.»
 

   [Seguono il capitolo 251 e, in data 13, 14 e 15 agosto 1945, i capitoli 252, 253 e 254 dell'opera L'EVANGELO]
           


   1 Suor Chiara è la ben nota santa Chiara da Assisi (1193-1253), compagna di san Francesco e fondatrice delle Clarisse.
           
   2 la sua parola, che può essere collegata con la rassicurante promessa riferita in Matteo 10, 30-31; Luca 21, 18.