Sotto il Tuo Manto

Martedi, 9 settembre 2025 - San Pietro Claver Sacerdote (Letture di oggi)

L'essere seguace di Dio consiste nell'usare carità  verso il prossimo, nell'essere risoluto di seguire la sua volontà , nel confidare in Lui con semplicità  ed umiltà , e finalmente nel sopportare se stesso nelle proprie imperfezioni. (San Francesco di Sales)

Liturgia delle Ore - Letture

Venerdi della 6° settimana del tempo ordinario

Questa sezione contiene delle letture scelte a caso, provenienti dalle varie sezioni del sito (Sacra Bibbia e la sezione Biblioteca Cristiana), mentre l'ultimo tab Apparizioni, contiene messaggi di apparizioni a mistici o loro scritti. Sono presenti testi della Valtorta, Luisa Piccarreta, don Stefano Gobbi e testimonianze di apparizioni mariane riconosciute.

Vangelo secondo Giovanni 5

1Vi fu poi una festa dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme.2V'è a Gerusalemme, presso la porta delle Pecore, una piscina, chiamata in ebraico Betzaetà, con cinque portici,3sotto i quali giaceva un gran numero di infermi, ciechi, zoppi e paralitici.4Un angelo infatti in certi momenti discendeva nella piscina e agitava l'acqua; il primo ad entrarvi dopo l'agitazione dell'acqua guariva da qualsiasi malattia fosse affetto.5Si trovava là un uomo che da trentotto anni era malato.6Gesù vedendolo disteso e, sapendo che da molto tempo stava così, gli disse: "Vuoi guarire?".7Gli rispose il malato: "Signore, io non ho nessuno che mi immerga nella piscina quando l'acqua si agita. Mentre infatti sto per andarvi, qualche altro scende prima di me".8Gesù gli disse: "Alzati, prendi il tuo lettuccio e cammina".9E sull'istante quell'uomo guarì e, preso il suo lettuccio, cominciò a camminare.
Quel giorno però era un sabato.10Dissero dunque i Giudei all'uomo guarito: "È sabato e non ti è lecito prender su il tuo lettuccio".11Ma egli rispose loro: "Colui che mi ha guarito mi ha detto: Prendi il tuo lettuccio e cammina".12Gli chiesero allora: "Chi è stato a dirti: Prendi il tuo lettuccio e cammina?".13Ma colui che era stato guarito non sapeva chi fosse; Gesù infatti si era allontanato, essendoci folla in quel luogo.14Poco dopo Gesù lo trovò nel tempio e gli disse: "Ecco che sei guarito; non peccare più, perché non ti abbia ad accadere qualcosa di peggio".15Quell'uomo se ne andò e disse ai Giudei che era stato Gesù a guarirlo.16Per questo i Giudei cominciarono a perseguitare Gesù, perché faceva tali cose di sabato.17Ma Gesù rispose loro: "Il Padre mio opera sempre e anch'io opero".18Proprio per questo i Giudei cercavano ancor più di ucciderlo: perché non soltanto violava il sabato, ma chiamava Dio suo Padre, facendosi uguale a Dio.

19Gesù riprese a parlare e disse: "In verità, in verità vi dico, il Figlio da sé non può fare nulla se non ciò che vede fare dal Padre; quello che egli fa, anche il Figlio lo fa.20Il Padre infatti ama il Figlio, gli manifesta tutto quello che fa e gli manifesterà opere ancora più grandi di queste, e voi ne resterete meravigliati.21Come il Padre risuscita i morti e dà la vita, così anche il Figlio dà la vita a chi vuole;22il Padre infatti non giudica nessuno ma ha rimesso ogni giudizio al Figlio,23perché tutti onorino il Figlio come onorano il Padre. Chi non onora il Figlio, non onora il Padre che lo ha mandato.24In verità, in verità vi dico: chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato, ha la vita eterna e non va incontro al giudizio, ma è passato dalla morte alla vita.25In verità, in verità vi dico: è venuto il momento, ed è questo, in cui i morti udranno la voce del Figlio di Dio, e quelli che l'avranno ascoltata, vivranno.26Come infatti il Padre ha la vita in se stesso, così ha concesso al Figlio di avere la vita in se stesso;27e gli ha dato il potere di giudicare, perché è Figlio dell'uomo.28Non vi meravigliate di questo, poiché verrà l'ora in cui tutti coloro che sono nei sepolcri udranno la sua voce e ne usciranno:29quanti fecero il bene per una risurrezione di vita e quanti fecero il male per una risurrezione di condanna.30Io non posso far nulla da me stesso; giudico secondo quello che ascolto e il mio giudizio è giusto, perché non cerco la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato.
31Se fossi io a render testimonianza a me stesso, la mia testimonianza non sarebbe vera;32ma c'è un altro che mi rende testimonianza, e so che la testimonianza che egli mi rende è verace.33Voi avete inviato messaggeri da Giovanni ed egli ha reso testimonianza alla verità.34Io non ricevo testimonianza da un uomo; ma vi dico queste cose perché possiate salvarvi.35Egli era una lampada che arde e risplende, e voi avete voluto solo per un momento rallegrarvi alla sua luce.
36Io però ho una testimonianza superiore a quella di Giovanni: le opere che il Padre mi ha dato da compiere, quelle stesse opere che io sto facendo, testimoniano di me che il Padre mi ha mandato.37E anche il Padre, che mi ha mandato, ha reso testimonianza di me. Ma voi non avete mai udito la sua voce, né avete visto il suo volto,38e non avete la sua parola che dimora in voi, perché non credete a colui che egli ha mandato.39Voi scrutate le Scritture credendo di avere in esse la vita eterna; ebbene, sono proprio esse che mi rendono testimonianza.40Ma voi non volete venire a me per avere la vita.
41Io non ricevo gloria dagli uomini.42Ma io vi conosco e so che non avete in voi l'amore di Dio.43Io sono venuto nel nome del Padre mio e voi non mi ricevete; se un altro venisse nel proprio nome, lo ricevereste.44E come potete credere, voi che prendete gloria gli uni dagli altri, e non cercate la gloria che viene da Dio solo?45Non crediate che sia io ad accusarvi davanti al Padre; c'è già chi vi accusa, Mosè, nel quale avete riposto la vostra speranza.46Se credeste infatti a Mosè, credereste anche a me; perché di me egli ha scritto.47Ma se non credete ai suoi scritti, come potrete credere alle mie parole?".


Primo libro di Samuele 15

1Samuele disse a Saul: "Il Signore ha inviato me per consacrarti re sopra Israele suo popolo. Ora ascolta la voce del Signore.2Così dice il Signore degli eserciti: Ho considerato ciò che ha fatto Amalek a Israele, ciò che gli ha fatto per via, quando usciva dall'Egitto.3Va' dunque e colpisci Amalek e vota allo sterminio quanto gli appartiene, non lasciarti prendere da compassione per lui, ma uccidi uomini e donne, bambini e lattanti, buoi e pecore, cammelli e asini".4Saul convocò il popolo e passò in rassegna le truppe in Telaìm: erano duecentomila fanti e diecimila uomini di Giuda.5Saul venne alla città di Amalek e tese un'imboscata nella valle.6Disse inoltre Saul ai Keniti: "Andate via, ritiratevi dagli Amaleciti prima che vi travolga insieme con loro, poiché avete usato benevolenza con tutti gli Israeliti, quando uscivano dall'Egitto". I Keniti si ritirarono da Amalek.7Saul colpì Amalek da Avila procedendo verso Sur, che è di fronte all'Egitto.8Egli prese vivo Agag, re di Amalek, e passò a fil di spada tutto il popolo.9Ma Saul e il popolo risparmiarono Agag e il meglio del bestiame minuto e grosso, gli animali grassi e gli agnelli, cioè tutto il meglio, e non vollero sterminarli; invece votarono allo sterminio tutto il bestiame scadente e patito.
10Allora fu rivolta a Samuele questa parola del Signore:11"Mi pento di aver costituito Saul re, perché si è allontanato da me e non ha messo in pratica la mia parola". Samuele rimase turbato e alzò grida al Signore tutta la notte.
12Al mattino presto Samuele si alzò per andare incontro a Saul, ma fu annunziato a Samuele: "Saul è andato a Carmel, ed ecco si è fatto costruire un trofeo, poi è tornato passando altrove ed è sceso a Gàlgala".13Samuele raggiunse Saul e Saul gli disse: "Benedetto tu davanti al Signore; ho eseguito gli ordini del Signore".14Rispose Samuele: "Ma che è questo belar di pecore, che mi giunge all'orecchio, e questi muggiti d'armento che odo?".15Disse Saul: "Li hanno condotti qui dagli Amaleciti, come il meglio del bestiame grosso e minuto, che il popolo ha risparmiato per sacrificarli al Signore, tuo Dio. Il resto l'abbiamo votato allo sterminio".16Rispose Samuele a Saul: "Basta! Lascia che ti annunzi ciò che il Signore mi ha rivelato questa notte". E Saul gli disse: "Parla!".17Samuele cominciò: "Non sei tu capo delle tribù d'Israele, benché piccolo ai tuoi stessi occhi? Non ti ha forse il Signore consacrato re d'Israele?18Il Signore ti aveva mandato per una spedizione e aveva detto: Va', vota allo sterminio quei peccatori di Amaleciti, combattili finché non li avrai distrutti.19Perché dunque non hai ascoltato la voce del Signore e ti sei attaccato al bottino e hai fatto il male agli occhi del Signore?".20Saul insisté con Samuele: "Ma io ho obbedito alla parola del Signore, ho fatto la spedizione che il Signore mi ha ordinato, ho condotto Agag re di Amalek e ho sterminato gli Amaleciti.21Il popolo poi ha preso dal bottino pecore e armenti, primizie di ciò che è votato allo sterminio per sacrificare al Signore tuo Dio in Gàlgala".22Samuele esclamò:

"Il Signore forse gradisce gli olocausti e i sacrifici
come obbedire alla voce del Signore?
Ecco, obbedire è meglio del sacrificio,
essere docili è più del grasso degli arieti.
23Poiché peccato di divinazione è la ribellione,
e iniquità e 'terafim' l'insubordinazione.
Perché hai rigettato la parola del Signore,
Egli ti ha rigettato come re".

24Saul disse allora a Samuele: "Ho peccato per avere trasgredito il comando del Signore e i tuoi ordini, mentre ho temuto il popolo e ho ascoltato la sua voce.25Ma ora, perdona il mio peccato e ritorna con me, perché mi prostri al Signore".26Ma Samuele rispose a Saul: "Non posso ritornare con te, perché tu stesso hai rigettato la parola del Signore e il Signore ti ha rigettato perché tu non sia più re sopra Israele".27Samuele si voltò per andarsene ma Saul gli afferrò un lembo del mantello, che si strappò.28Samuele gli disse: "Il Signore ha strappato da te il regno d'Israele e l'ha dato ad un altro migliore di te.29D'altra parte la Gloria di Israele non mentisce né può ricredersi, perché Egli non è uomo per ricredersi".30Saul disse: "Ho peccato sì, ma onorami davanti agli anziani del mio popolo e davanti a Israele; ritorna con me perché mi prostri al Signore tuo Dio".31Samuele ritornò con Saul e questi si prostrò al Signore.
32Poi Samuele disse: "Conducetemi Agag, re di Amalek". Agag avanzò verso di lui tutto tremante, dicendo:

"Certo è passata l'amarezza della morte!".

33Samuele l'apostrofò:

"Come la tua spada ha privato di figli le donne,
così sarà privata di figli tra le donne tua madre".

Poi Samuele trafisse Agag davanti al Signore in Gàlgala.34Samuele andò quindi a Rama e Saul salì a casa sua a Gàbaa di Saul.35Né Samuele tornò a rivedere Saul fino al giorno della sua morte, ma Samuele piangeva per Saul, perché il Signore si era pentito di aver fatto regnare Saul su Israele.


Salmi 45

1'Al maestro del coro. Su "I gigli...". Dei figli di Core.'
'Maskil. Canto d'amore.'

2Effonde il mio cuore liete parole,
io canto al re il mio poema.
La mia lingua è stilo di scriba veloce.

3Tu sei il più bello tra i figli dell'uomo,
sulle tue labbra è diffusa la grazia,
ti ha benedetto Dio per sempre.
4Cingi, prode, la spada al tuo fianco,
nello splendore della tua maestà ti arrida la sorte,
5avanza per la verità, la mitezza e la giustizia.
6La tua destra ti mostri prodigi:
le tue frecce acute
colpiscono al cuore i nemici del re;
sotto di te cadono i popoli.

7Il tuo trono, Dio, dura per sempre;
è scettro giusto lo scettro del tuo regno.
8Ami la giustizia e l'empietà detesti:
Dio, il tuo Dio ti ha consacrato
con olio di letizia, a preferenza dei tuoi eguali.

9Le tue vesti son tutte mirra, aloè e cassia,
dai palazzi d'avorio ti allietano le cetre.

10Figlie di re stanno tra le tue predilette;
alla tua destra la regina in ori di Ofir.

11Ascolta, figlia, guarda, porgi l'orecchio,
dimentica il tuo popolo e la casa di tuo padre;
12al re piacerà la tua bellezza.
Egli è il tuo Signore: pròstrati a lui.
13Da Tiro vengono portando doni,
i più ricchi del popolo cercano il tuo volto.

14La figlia del re è tutta splendore,
gemme e tessuto d'oro è il suo vestito.
15È presentata al re in preziosi ricami;
con lei le vergini compagne a te sono condotte;
16guidate in gioia ed esultanza
entrano insieme nel palazzo del re.

17Ai tuoi padri succederanno i tuoi figli;
li farai capi di tutta la terra.
18Farò ricordare il tuo nome
per tutte le generazioni,
e i popoli ti loderanno in eterno, per sempre.


Salmi 119

1Alleluia.

Alef. Beato l'uomo di integra condotta,
che cammina nella legge del Signore.
2Beato chi è fedele ai suoi insegnamenti
e lo cerca con tutto il cuore.

3Non commette ingiustizie,
cammina per le sue vie.
4Tu hai dato i tuoi precetti
perché siano osservati fedelmente.

5Siano diritte le mie vie,
nel custodire i tuoi decreti.
6Allora non dovrò arrossire
se avrò obbedito ai tuoi comandi.
7Ti loderò con cuore sincero
quando avrò appreso le tue giuste sentenze.
8Voglio osservare i tuoi decreti:
non abbandonarmi mai.

9Bet. Come potrà un giovane tenere pura la sua via?
Custodendo le tue parole.
10Con tutto il cuore ti cerco:
non farmi deviare dai tuoi precetti.
11Conservo nel cuore le tue parole
per non offenderti con il peccato.
12Benedetto sei tu, Signore;
mostrami il tuo volere.
13Con le mie labbra ho enumerato
tutti i giudizi della tua bocca.
14Nel seguire i tuoi ordini è la mia gioia
più che in ogni altro bene.
15Voglio meditare i tuoi comandamenti,
considerare le tue vie.
16Nella tua volontà è la mia gioia;
mai dimenticherò la tua parola.

17Ghimel. Sii buono con il tuo servo e avrò vita,
custodirò la tua parola.
18Aprimi gli occhi perché io veda
le meraviglie della tua legge.
19Io sono straniero sulla terra,
non nascondermi i tuoi comandi.
20Io mi consumo nel desiderio
dei tuoi precetti in ogni tempo.
21Tu minacci gli orgogliosi;
maledetto chi devìa dai tuoi decreti.
22Allontana da me vergogna e disprezzo,
perché ho osservato le tue leggi.
23Siedono i potenti, mi calunniano,
ma il tuo servo medita i tuoi decreti.
24Anche i tuoi ordini sono la mia gioia,
miei consiglieri i tuoi precetti.

25Dalet. Io sono prostrato nella polvere;
dammi vita secondo la tua parola.
26Ti ho manifestato le mie vie e mi hai risposto;
insegnami i tuoi voleri.
27Fammi conoscere la via dei tuoi precetti
e mediterò i tuoi prodigi.
28Io piango nella tristezza;
sollevami secondo la tua promessa.
29Tieni lontana da me la via della menzogna,
fammi dono della tua legge.
30Ho scelto la via della giustizia,
mi sono proposto i tuoi giudizi.
31Ho aderito ai tuoi insegnamenti, Signore,
che io non resti confuso.
32Corro per la via dei tuoi comandamenti,
perché hai dilatato il mio cuore.

33He. Indicami, Signore, la via dei tuoi decreti
e la seguirò sino alla fine.
34Dammi intelligenza, perché io osservi la tua legge
e la custodisca con tutto il cuore.
35Dirigimi sul sentiero dei tuoi comandi,
perché in esso è la mia gioia.
36Piega il mio cuore verso i tuoi insegnamenti
e non verso la sete del guadagno.
37Distogli i miei occhi dalle cose vane,
fammi vivere sulla tua via.
38Con il tuo servo sii fedele alla parola
che hai data, perché ti si tema.
39Allontana l'insulto che mi sgomenta,
poiché i tuoi giudizi sono buoni.
40Ecco, desidero i tuoi comandamenti;
per la tua giustizia fammi vivere.

41Vau. Venga a me, Signore, la tua grazia,
la tua salvezza secondo la tua promessa;
42a chi mi insulta darò una risposta,
perché ho fiducia nella tua parola.
43Non togliere mai dalla mia bocca la parola vera,
perché confido nei tuoi giudizi.
44Custodirò la tua legge per sempre,
nei secoli, in eterno.
45Sarò sicuro nel mio cammino,
perché ho ricercato i tuoi voleri.
46Davanti ai re parlerò della tua alleanza
senza temere la vergogna.
47Gioirò per i tuoi comandi
che ho amati.
48Alzerò le mani ai tuoi precetti che amo,
mediterò le tue leggi.

49Zain. Ricorda la promessa fatta al tuo servo,
con la quale mi hai dato speranza.
50Questo mi consola nella miseria:
la tua parola mi fa vivere.
51I superbi mi insultano aspramente,
ma non devìo dalla tua legge.
52Ricordo i tuoi giudizi di un tempo, Signore,
e ne sono consolato.
53M'ha preso lo sdegno contro gli empi
che abbandonano la tua legge.
54Sono canti per me i tuoi precetti,
nella terra del mio pellegrinaggio.
55Ricordo il tuo nome lungo la notte
e osservo la tua legge, Signore.
56Tutto questo mi accade
perché ho custodito i tuoi precetti.

57Het. La mia sorte, ho detto, Signore,
è custodire le tue parole.
58Con tutto il cuore ti ho supplicato,
fammi grazia secondo la tua promessa.
59Ho scrutato le mie vie,
ho rivolto i miei passi verso i tuoi comandamenti.
60Sono pronto e non voglio tardare
a custodire i tuoi decreti.
61I lacci degli empi mi hanno avvinto,
ma non ho dimenticato la tua legge.
62Nel cuore della notte mi alzo a renderti lode
per i tuoi giusti decreti.
63Sono amico di coloro che ti sono fedeli
e osservano i tuoi precetti.
64Del tuo amore, Signore, è piena la terra;
insegnami il tuo volere.

65Tet. Hai fatto il bene al tuo servo, Signore,
secondo la tua parola.
66Insegnami il senno e la saggezza,
perché ho fiducia nei tuoi comandamenti.
67Prima di essere umiliato andavo errando,
ma ora osservo la tua parola.
68Tu sei buono e fai il bene,
insegnami i tuoi decreti.
69Mi hanno calunniato gli insolenti,
ma io con tutto il cuore osservo i tuoi precetti.
70Torpido come il grasso è il loro cuore,
ma io mi diletto della tua legge.
71Bene per me se sono stato umiliato,
perché impari ad obbedirti.
72La legge della tua bocca mi è preziosa
più di mille pezzi d'oro e d'argento.

73Iod. Le tue mani mi hanno fatto e plasmato;
fammi capire e imparerò i tuoi comandi.
74I tuoi fedeli al vedermi avranno gioia,
perché ho sperato nella tua parola.
75Signore, so che giusti sono i tuoi giudizi
e con ragione mi hai umiliato.
76Mi consoli la tua grazia,
secondo la tua promessa al tuo servo.
77Venga su di me la tua misericordia e avrò vita,
poiché la tua legge è la mia gioia.
78Siano confusi i superbi che a torto mi opprimono;
io mediterò la tua legge.
79Si volgano a me i tuoi fedeli
e quelli che conoscono i tuoi insegnamenti.
80Sia il mio cuore integro nei tuoi precetti,
perché non resti confuso.

81Caf. Mi consumo nell'attesa della tua salvezza,
spero nella tua parola.
82Si consumano i miei occhi dietro la tua promessa,
mentre dico: "Quando mi darai conforto?".
83Io sono come un otre esposto al fumo,
ma non dimentico i tuoi insegnamenti.
84Quanti saranno i giorni del tuo servo?
Quando farai giustizia dei miei persecutori?

85Mi hanno scavato fosse gli insolenti
che non seguono la tua legge.
86Verità sono tutti i tuoi comandi;
a torto mi perseguitano: vieni in mio aiuto.
87Per poco non mi hanno bandito dalla terra,
ma io non ho abbandonato i tuoi precetti.
88Secondo il tuo amore fammi vivere
e osserverò le parole della tua bocca.

89Lamed. La tua parola, Signore,
è stabile come il cielo.
90La tua fedeltà dura per ogni generazione;
hai fondato la terra ed essa è salda.
91Per tuo decreto tutto sussiste fino ad oggi,
perché ogni cosa è al tuo servizio.
92Se la tua legge non fosse la mia gioia,
sarei perito nella mia miseria.
93Mai dimenticherò i tuoi precetti:
per essi mi fai vivere.
94Io sono tuo: salvami,
perché ho cercato il tuo volere.
95Gli empi mi insidiano per rovinarmi,
ma io medito i tuoi insegnamenti.
96Di ogni cosa perfetta ho visto il limite,
ma la tua legge non ha confini.

97Mem. Quanto amo la tua legge, Signore;
tutto il giorno la vado meditando.
98Il tuo precetto mi fa più saggio dei miei nemici,
perché sempre mi accompagna.
99Sono più saggio di tutti i miei maestri,
perché medito i tuoi insegnamenti.
100Ho più senno degli anziani,
perché osservo i tuoi precetti.
101Tengo lontano i miei passi da ogni via di male,
per custodire la tua parola.
102Non mi allontano dai tuoi giudizi,
perché sei tu ad istruirmi.
103Quanto sono dolci al mio palato le tue parole:
più del miele per la mia bocca.
104Dai tuoi decreti ricevo intelligenza,
per questo odio ogni via di menzogna.

105Nun. Lampada per i miei passi è la tua parola,
luce sul mio cammino.
106Ho giurato, e lo confermo,
di custodire i tuoi precetti di giustizia.
107Sono stanco di soffrire, Signore,
dammi vita secondo la tua parola.
108Signore, gradisci le offerte delle mie labbra,
insegnami i tuoi giudizi.
109La mia vita è sempre in pericolo,
ma non dimentico la tua legge.
110Gli empi mi hanno teso i loro lacci,
ma non ho deviato dai tuoi precetti.
111Mia eredità per sempre sono i tuoi insegnamenti,
sono essi la gioia del mio cuore.
112Ho piegato il mio cuore ai tuoi comandamenti,
in essi è la mia ricompensa per sempre.

113Samech. Detesto gli animi incostanti,
io amo la tua legge.
114Tu sei mio rifugio e mio scudo,
spero nella tua parola.
115Allontanatevi da me o malvagi,
osserverò i precetti del mio Dio.
116Sostienimi secondo la tua parola e avrò vita,
non deludermi nella mia speranza.
117Sii tu il mio aiuto e sarò salvo,
gioirò sempre nei tuoi precetti.
118Tu disprezzi chi abbandona i tuoi decreti,
perché la sua astuzia è fallace.
119Consideri scorie tutti gli empi della terra,
perciò amo i tuoi insegnamenti.
120Tu fai fremere di spavento la mia carne,
io temo i tuoi giudizi.

121Ain. Ho agito secondo diritto e giustizia;
non abbandonarmi ai miei oppressori.
122Assicura il bene al tuo servo;
non mi opprimano i superbi.
123I miei occhi si consumano nell'attesa della tua salvezza
e della tua parola di giustizia.
124Agisci con il tuo servo secondo il tuo amore
e insegnami i tuoi comandamenti.

125Io sono tuo servo, fammi comprendere
e conoscerò i tuoi insegnamenti.
126È tempo che tu agisca, Signore;
hanno violato la tua legge.
127Perciò amo i tuoi comandamenti
più dell'oro, più dell'oro fino.
128Per questo tengo cari i tuoi precetti
e odio ogni via di menzogna.

129Pe. Meravigliosa è la tua alleanza,
per questo le sono fedele.
130La tua parola nel rivelarsi illumina,
dona saggezza ai semplici.
131Apro anelante la bocca,
perché desidero i tuoi comandamenti.
132Volgiti a me e abbi misericordia,
tu che sei giusto per chi ama il tuo nome.
133Rendi saldi i miei passi secondo la tua parola
e su di me non prevalga il male.
134Salvami dall'oppressione dell'uomo
e obbedirò ai tuoi precetti.
135Fa' risplendere il volto sul tuo servo
e insegnami i tuoi comandamenti.
136Fiumi di lacrime mi scendono dagli occhi,
perché non osservano la tua legge.

137Sade. Tu sei giusto, Signore,
e retto nei tuoi giudizi.
138Con giustizia hai ordinato le tue leggi
e con fedeltà grande.
139Mi divora lo zelo della tua casa,
perché i miei nemici dimenticano le tue parole.
140Purissima è la tua parola,
il tuo servo la predilige.
141Io sono piccolo e disprezzato,
ma non trascuro i tuoi precetti.
142La tua giustizia è giustizia eterna
e verità è la tua legge.
143Angoscia e affanno mi hanno colto,
ma i tuoi comandi sono la mia gioia.
144Giusti sono i tuoi insegnamenti per sempre,
fammi comprendere e avrò la vita.

145Kof. T'invoco con tutto il cuore, Signore, rispondimi;
custodirò i tuoi precetti.
146Io ti chiamo, salvami,
e seguirò i tuoi insegnamenti.
147Precedo l'aurora e grido aiuto,
spero sulla tua parola.
148I miei occhi prevengono le veglie
per meditare sulle tue promesse.
149Ascolta la mia voce, secondo la tua grazia;
Signore, fammi vivere secondo il tuo giudizio.
150A tradimento mi assediano i miei persecutori,
sono lontani dalla tua legge.
151Ma tu, Signore, sei vicino,
tutti i tuoi precetti sono veri.
152Da tempo conosco le tue testimonianze
che hai stabilite per sempre.

153Res. Vedi la mia miseria, salvami,
perché non ho dimenticato la tua legge.
154Difendi la mia causa, riscattami,
secondo la tua parola fammi vivere.
155Lontano dagli empi è la salvezza,
perché non cercano il tuo volere.
156Le tue misericordie sono grandi, Signore,
secondo i tuoi giudizi fammi vivere.
157Sono molti i persecutori che mi assalgono,
ma io non abbandono le tue leggi.
158Ho visto i ribelli e ne ho provato ribrezzo,
perché non custodiscono la tua parola.
159Vedi che io amo i tuoi precetti,
Signore, secondo la tua grazia dammi vita.
160La verità è principio della tua parola,
resta per sempre ogni sentenza della tua giustizia.

161Sin. I potenti mi perseguitano senza motivo,
ma il mio cuore teme le tue parole.
162Io gioisco per la tua promessa,
come uno che trova grande tesoro.
163Odio il falso e lo detesto,
amo la tua legge.
164Sette volte al giorno io ti lodo
per le sentenze della tua giustizia.
165Grande pace per chi ama la tua legge,
nel suo cammino non trova inciampo.
166Aspetto da te la salvezza, Signore,
e obbedisco ai tuoi comandi.
167Io custodisco i tuoi insegnamenti
e li amo sopra ogni cosa.
168Osservo i tuoi decreti e i tuoi insegnamenti:
davanti a te sono tutte le mie vie.

169Tau. Giunga il mio grido fino a te, Signore,
fammi comprendere secondo la tua parola.
170Venga al tuo volto la mia supplica,
salvami secondo la tua promessa.
171Scaturisca dalle mie labbra la tua lode,
poiché mi insegni i tuoi voleri.
172La mia lingua canti le tue parole,
perché sono giusti tutti i tuoi comandamenti.
173Mi venga in aiuto la tua mano,
poiché ho scelto i tuoi precetti.
174Desidero la tua salvezza, Signore,
e la tua legge è tutta la mia gioia.
175Possa io vivere e darti lode,
mi aiutino i tuoi giudizi.
176Come pecora smarrita vado errando;
cerca il tuo servo,
perché non ho dimenticato i tuoi comandamenti.


Geremia 1

1Parole di Geremia figlio di Chelkia, uno dei sacerdoti che dimoravano in Anatòt, nel territorio di Beniamino.2A lui fu rivolta la parola del Signore al tempo di Giosia figlio di Amon, re di Giuda, l'anno decimoterzo del suo regno,3e quindi anche al tempo di Ioiakìm figlio di Giosia, re di Giuda, fino alla fine dell'anno undecimo di Sedecìa figlio di Giosìa, re di Giuda, cioè fino alla deportazione di Gerusalemme avvenuta nel quinto mese.

4Mi fu rivolta la parola del Signore:

5"Prima di formarti nel grembo materno, ti conoscevo,
prima che tu uscissi alla luce, ti avevo consacrato;
ti ho stabilito profeta delle nazioni".
6Risposi: "Ahimè, Signore Dio, ecco io non so parlare,
perché sono giovane".
7Ma il Signore mi disse: "Non dire: Sono giovane,
ma va' da coloro a cui ti manderò
e annunzia ciò che io ti ordinerò.
8Non temerli,
perché io sono con te per proteggerti".
Oracolo del Signore.
9Il Signore stese la mano, mi toccò la bocca
e il Signore mi disse:
"Ecco, ti metto le mie parole sulla bocca.
10Ecco, oggi ti costituisco
sopra i popoli e sopra i regni
per sradicare e demolire,
per distruggere e abbattere,
per edificare e piantare".

11Mi fu rivolta questa parola del Signore: "Che cosa vedi, Geremia?". Risposi: "Vedo un ramo di mandorlo".12Il Signore soggiunse: "Hai visto bene, poiché io vigilo sulla mia parola per realizzarla".13Quindi mi fu rivolta di nuovo questa parola del Signore: "Che cosa vedi?". Risposi: "Vedo una caldaia sul fuoco inclinata verso settentrione".
14Il Signore mi disse:

"Dal settentrione si rovescerà la sventura
su tutti gli abitanti del paese.
15Poiché, ecco, io sto per chiamare
tutti i regni del settentrione.
Oracolo del Signore.
Essi verranno e ognuno porrà il trono
davanti alle porte di Gerusalemme,
contro tutte le sue mura
e contro tutte le città di Giuda.
16Allora pronunzierò i miei giudizi contro di loro,
per tutto il male che hanno commesso abbandonandomi,
per sacrificare ad altri dèi
e prostrarsi davanti al lavoro delle proprie mani.
17Tu, poi, cingiti i fianchi,
alzati e di' loro tutto ciò che ti ordinerò;
non spaventarti alla loro vista,
altrimenti ti farò temere davanti a loro.
18Ed ecco oggi io faccio di te
come una fortezza,
come un muro di bronzo
contro tutto il paese,
contro i re di Giuda e i suoi capi,
contro i suoi sacerdoti e il popolo del paese.
19Ti muoveranno guerra ma non ti vinceranno,
perché io sono con te per salvarti".
Oracolo del Signore.


Atti degli Apostoli 16

1Paolo si recò a Derbe e a Listra. C'era qui un discepolo chiamato Timòteo, figlio di una donna giudea credente e di padre greco;2egli era assai stimato dai fratelli di Listra e di Icònio.3Paolo volle che partisse con lui, lo prese e lo fece circoncidere per riguardo ai Giudei che si trovavano in quelle regioni; tutti infatti sapevano che suo padre era greco.4Percorrendo le città, trasmettevano loro le decisioni prese dagli apostoli e dagli anziani di Gerusalemme, perché le osservassero.5Le comunità intanto si andavano fortificando nella fede e crescevano di numero ogni giorno.

6Attraversarono quindi la Frigia e la regione della Galazia, avendo lo Spirito Santo vietato loro di predicare la parola nella provincia di Asia.7Raggiunta la Misia, si dirigevano verso la Bitinia, ma lo Spirito di Gesù non lo permise loro;8così, attraversata la Misia, discesero a Tròade.9Durante la notte apparve a Paolo una visione: gli stava davanti un Macedone e lo supplicava: "Passa in Macedonia e aiutaci!".10Dopo che ebbe avuto questa visione, subito cercammo di partire per la Macedonia, ritenendo che Dio ci aveva chiamati ad annunziarvi la parola del Signore.

11Salpati da Tròade, facemmo vela verso Samotràcia e il giorno dopo verso Neàpoli e12di qui a Filippi, colonia romana e città del primo distretto della Macedonia. Restammo in questa città alcuni giorni;13il sabato uscimmo fuori della porta lungo il fiume, dove ritenevamo che si facesse la preghiera, e sedutici rivolgevamo la parola alle donne colà riunite.14C'era ad ascoltare anche una donna di nome Lidia, commerciante di porpora, della città di Tiàtira, una credente in Dio, e il Signore le aprì il cuore per aderire alle parole di Paolo.15Dopo esser stata battezzata insieme alla sua famiglia, ci invitò: "Se avete giudicato ch'io sia fedele al Signore, venite ad abitare nella mia casa". E ci costrinse ad accettare.

16Mentre andavamo alla preghiera, venne verso di noi una giovane schiava, che aveva uno spirito di divinazione e procurava molto guadagno ai suoi padroni facendo l'indovina.17Essa seguiva Paolo e noi gridando: "Questi uomini sono servi del Dio Altissimo e vi annunziano la via della salvezza".18Questo fece per molti giorni finché Paolo, mal sopportando la cosa, si volse e disse allo spirito: "In nome di Gesù Cristo ti ordino di partire da lei". E lo spirito partì all'istante.19Ma vedendo i padroni che era partita anche la speranza del loro guadagno, presero Paolo e Sila e li trascinarono nella piazza principale davanti ai capi della città;20presentandoli ai magistrati dissero: "Questi uomini gettano il disordine nella nostra città; sono Giudei21e predicano usanze che a noi Romani non è lecito accogliere né praticare".22La folla allora insorse contro di loro, mentre i magistrati, fatti strappare loro i vestiti, ordinarono di bastonarli23 e dopo averli caricati di colpi, li gettarono in prigione e ordinarono al carceriere di far buona guardia.24Egli, ricevuto quest'ordine, li gettò nella cella più interna della prigione e strinse i loro piedi nei ceppi.

25Verso mezzanotte Paolo e Sila, in preghiera, cantavano inni a Dio, mentre i carcerati stavano ad ascoltarli.26D'improvviso venne un terremoto così forte che furono scosse le fondamenta della prigione; subito tutte le porte si aprirono e si sciolsero le catene di tutti.27Il carceriere si svegliò e vedendo aperte le porte della prigione, tirò fuori la spada per uccidersi, pensando che i prigionieri fossero fuggiti.28Ma Paolo gli gridò forte: "Non farti del male, siamo tutti qui".29Quegli allora chiese un lume, si precipitò dentro e tremando si gettò ai piedi di Paolo e Sila;30poi li condusse fuori e disse: "Signori, cosa devo fare per esser salvato?".31Risposero: "Credi nel Signore Gesù e sarai salvato tu e la tua famiglia".32E annunziarono la parola del Signore a lui e a tutti quelli della sua casa.33Egli li prese allora in disparte a quella medesima ora della notte, ne lavò le piaghe e subito si fece battezzare con tutti i suoi;34poi li fece salire in casa, apparecchiò la tavola e fu pieno di gioia insieme a tutti i suoi per avere creduto in Dio.
35Fattosi giorno, i magistrati inviarono le guardie a dire: "Libera quegli uomini!".36Il carceriere annunziò a Paolo questo messaggio: "I magistrati hanno ordinato di lasciarvi andare! Potete dunque uscire e andarvene in pace".37Ma Paolo disse alle guardie: "Ci hanno percosso in pubblico e senza processo, sebbene siamo cittadini romani, e ci hanno gettati in prigione; e ora ci fanno uscire di nascosto? No davvero! Vengano di persona a condurci fuori!".38E le guardie riferirono ai magistrati queste parole. All'udire che erano cittadini romani, si spaventarono;39vennero e si scusarono con loro; poi li fecero uscire e li pregarono di partire dalla città.40Usciti dalla prigione, si recarono a casa di Lidia dove, incontrati i fratelli, li esortarono e poi partirono.


Capitolo XXIV: Guardarsi dall’indagare curiosamente la vita degli altri

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1. Figlio, non essere curioso; non prenderti inutili affanni. Che t'importa di questo e di quello? "Tu segui me" (Gv 21,22). Che ti importa che quella persona sia di tal fatta, o diversa, o quell'altra agisca e dica così e così? Tu non dovrai rispondere per gli altri; al contrario renderai conto per te stesso. Di che cosa dunque ti vai impicciando? Ecco, io conosco tutti, vedo tutto ciò che accade sotto il sole e so la condizione di ognuno: che cosa uno pensi, che cosa voglia, a che cosa miri la sua intenzione. Tutto deve essere, dunque, messo nelle mie mani. E tu mantieniti in pace sicura, lasciando che altri si agiti quanto crede, e metta agitazione attorno a sé: ciò che questi ha fatto e ciò che ha detto ricadrà su di lui, poiché, quanto a me, non mi può ingannare.  

2. Non devi far conto della vanità di un grande nome, né delle molte amicizie, né del particolare affetto di varie persone: tutte cose che sviano e danno un profondo offuscamento di spirito. Invece io sarò lieto di dirti la mia parola e di palesarti il mio segreto, se tu sarai attento ad avvertire la mia venuta, con piena apertura del cuore. Stai dunque in guardia, veglia in preghiera (1 Pt 4,7), e umiliati in ogni cosa (Sir 3,20).


LETTERA 110: Agostino risponde a Severo, sostenendo l'infondatezza delle sue lodi, anche se sincere.

Lettere - Sant'Agostino

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Scritta poco dopo la precedente.

Agostino risponde a Severo, sostenendo l'infondatezza delle sue lodi, anche se sincere (n. 1-4). Chiede infine venia per non poter inviare lettere più lunghe (n. 5-6).

A SEVERO BEATISSIMO E DOLCISSIMO SIGNORE, VENERATO E AMATISSIMO FRATELLO E COLLEGA D'EPISCOPATO, E AI FRATELLI CHE SONO CON LUI, AGOSTINO E I FRATELLI CHE SON CON LUI AUGURANO SALUTE NEL SIGNORE

Agostino è debitore verso Severo.

1. La mia lettera, che ti è stata recapitata dal carissimo figlio e collega di ministero, il diacono Timoteo, era già pronta per lui al momento in cui stava per partire, quando arrivarono da noi con la tua i nostri figli Quodvultdeus e Gaudenzio. È successo quindi che Timoteo dopo il loro arrivo si è trattenuto presso di noi solo per brevissimo tempo, dando l'impressione di essere sul punto di partire da un momento all'altro; ecco perché non poté recapitarti la mia risposta. Ma quand'anche te l'avessi inviata per mezzo di lui, sarei rimasto ancora in debito con te. In realtà anche adesso, pur dopo averti risposto, mi pare di essere ancora in debito, non dico della carità di cui siamo tanto più debitori quanto più la dispensiamo e di cui l'Apostolo dimostra che siamo sempre debitori, quando dice: Non rimanete verso alcuno debitori se non di amarvi a vicenda 1; ma a motivo della tua stessa lettera. E quando mai sarò in grado di risponderti con la stessa dolcezza e lo stesso vivissimo desiderio del tuo animo, rivelato dalla tua lettera? D'accordo: m'ha rivelato di te una cosa che sapevo già assai bene, ma quantunque non mi indichi nulla di nuovo, esige pur tuttavia ch'io ti dia una nuova risposta!

Gli elogi dell'amico sono eccessivi sebbene schietti.

2. Forse ti stupisci che mi dichiari incapace di soddisfare un tale debito, mentre tu hai un sì alto concetto di me e mi conosci come io conosco me stesso; ma è proprio questo a procurarmi l'imbarazzo di rispondere alla tua lettera. Poiché, quanto tu mi sembri degno di stima, m'astengo dal dirtelo, per non offendere la tua modestia; se, d'altra parte, dicessi meno di quanto sarebbe doveroso, come non rimarrei in debito dopo l'esaltazione che hai fatto di me? Ma non mi darei pensiero di ciò, se gli elogi rivoltimi li sapessi dettati non da schiettissima carità, ma dall'adulazione, nemica dell'amicizia. In tal caso non sarei debitore, perché non dovrei risponderti sullo stesso tono; ma quanto più conosco con quale sincerità tu parli, tanto più capisco quanto grave sia il mio debito.

Elogi sinceri ma non sempre veritieri.

3. Guarda poi che cosa mi è accaduto: mi sono lodato in certo qual modo da me stesso col dire d'essere stato lodato da te con sincerità. D'altronde, però, cosa avrei dovuto dire di diverso da quello che ho già insinuato di te, che ti conosci meglio di me? Ma con ciò mi pongo una nuova questione, da te non affacciata, di cui forse aspetti la soluzione; mi pareva sì poca cosa essere debitore, se non mi fossi addossato da me stesso un altro debito ancora più pesante! È facile però mostrare e, anche se non lo mostrassi, ti sarebbe facile capire, come possano dirsi cose vere senza sincerità e cose non vere con sincerità. Mi spiego: chi parla come pensa, anche se dice cose non vere, parla con sincerità; chi invece non crede a quanto dice, anche se parla di cose vere, parla senza sincerità. Orbene, dubito forse io che tu non creda ai pregi che mi attribuisci nella tua lettera? Tutt'altro! Siccome però io non riscontro affatto in me tali pregi, hai potuto benissimo dire con sincerità cose non vere sul mio conto.

L'affetto fa velo al giudizio.

4. Desidero però che tu non cada in errore neppure per l'affetto che mi porti, per il quale ti sono comunque debitore, poiché potrei dire sul tuo conto con sincero affetto cose vere, qualora, come ho detto più sopra, non avessi riguardo alla tua modestia. Io, invece, quando ricevo lodi da una persona come te, stretto a me intimamente da affetto più che fraterno, le considero come se me le fossi rivolte io stesso. Vedi come ciò sia molesto anche nel caso che si parlasse di pregi reali. Quanto più dunque lo è, dal momento che tu, dato che sei come un'altra anima mia, dato anzi che le nostre anime sono una sola cosa, ti puoi ingannare immaginando ch'io abbia pregi che non ho affatto, allo stesso modo che ognuno può ingannarsi riguardo a se stesso. Orbene, questo io non lo permetto, non solo perché una persona come te, tanto a me cara, non resti ingannata, ma perché non preghi pure di meno onde io diventi quale tu credi ch'io sia. Io inoltre non ti sono debitore fino al punto che, oltrepassando i limiti dell'affetto, creda ed esalti pregi, che tu stesso sai di non possedere ancora: io arrivo solo, con animo altrettanto affettuoso, ad esaltare, come doni di Dio, le buone qualità che sono certo si trovino in te realmente. Faccio così non solo per non ingannarmi a proposito di esse, ma anche perché, sentendoti lodato da me, tu non abbia l'impressione d'esserti lodato da te stesso, e inoltre anche per una norma di giustizia, in base alla quale non voglio che si agisca così. Se per pura ipotesi si dovesse agire così preferirei essere io debitore, fino a quando non fossi convinto del contrario; se invece non si deve agire così non sono neppure debitore.

In ogni cosa occorre rispettare l'ordine della carità e della giustizia.

5. Ma so già cosa puoi rispondermi: '' Tu dici così, come se io avessi desiderato una tua lunga lettera d'elogio per me ". Dio mi guardi dal pensare di te una cosa simile, ma la tua lettera, piena di elogi (non voglio dire quanto veri e quanto non veri nei miei riguardi) reclamava la mia disapprovazione, anche se ciò ti dispiace. Infatti, se tu volevi ch'io scrivessi qualcosa di diverso, avresti desiderato che io facessi dei doni invece che saldare un debito. Ora, la regola della giustizia esige che soddisfacciamo anzitutto il debito e poi facciamo, se ci piace, anche un dono al creditore. D'altronde, se ben consideri i precetti del Signore, anche scrivendo come tu desideri, noi compiamo il dovere di rendere piuttosto che quello di concedere; tant'è vero che non dobbiamo avere verso gli altri nessun altro obbligo che quello d'amarci a vicenda. Lo stesso amore infatti reclama l'obbligo di servire con carità i fratelli e di aiutare, per quanto possiamo, chi vuol essere aiutato rettamente. Ma, caro fratello, io credo che tu pure sappia quante faccende ho tra le mani, per cui, dati i diversi impegni annessi inevitabilmente al nostro ufficio, mi rimangono solo pochissime stille di tempo; ora, se impegnassi anche queste in altre faccende, mi parrebbe di mancare al mio dovere.

Non si sottragga tempo per le molteplici occupazioni del ministero.


6. Si, lo confesso: ti sono debitore di scriverti una lunga lettera, come tu desideri; ne sono debitore alla tua sì dolce, sincera e pura Benevolenza! Siccome però tu sei un fedele amante della giustizia, t'esorto ad ascoltare da me le seguenti considerazioni sulla virtù da te amata. Tu comprendi bene che il dovere che ho verso di te e gli altri è più importante di quello che ho verso te solo. D'altra parte io non dispongo di tempo bastante per tutti i miei doveri, neppure per i più importanti. Per questo motivo tutti i miei più cari ed intimi amici, tra cui tu sei uno dei primi nel nome di Cristo, farebbero un'azione veramente eccellente non solo a non impormi di scrivere altre cose, ma altresì a distogliere pure gli altri dal farlo, usando tutta l'autorità e la santa benignità possibile; così non sembrerò crudele se non soddisferò tutte le richieste dei singoli, dovendo piuttosto soddisfare i miei doveri verso tutti. Finalmente, quando la tua Reverenza giungerà da noi (come speriamo anche in virtù della promessa fattaci), ti potrai rendere conto in quante opere letterarie e quanto io sia occupato. Allora farai con molto maggior premura quanto ti ho chiesto, di distogliere cioè quanti altri potrai dallo scrivermi. Dio, nostro Signore, riempia della sua grazia il seno del tuo cuore, da Lui creato così grande e santo!

 


1 - Rm 13, 8.


18 - Si continua a parlare di altre tribolazioni della nostra Regina

La mistica Città di Dio - Libro secondo - Suor Maria d'Agreda

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686. L'Altissimo continuava a rimanere nascosto agli occhi della Principessa del cielo. A tale tormento, che era il maggiore, ne aggiunse anche altri, perché, infiammandosi sempre più il castissimo amore della divina Signora, le si accrescesse il merito, la grazia e la corona. Intanto il grande drago e serpente antico Lucifero stava attento alle opere eroiche di Maria santissima e, sebbene di quelle interne non potesse essere testimone oculare, perché gli rimanevano nascoste, tuttavia guardava a quelle esteriori troppo sublimi e perfette per non tormentare la superbia e lo sdegno di questo invidioso nemico. Soprattutto lo crucciavano inconcepibilmente la purezza e la santità della bambina Maria.

687. Mosso dunque da questo furore, radunò un conciliabolo nell'inferno per consultare su questo affare i più ragguardevoli principi delle tenebre e, riunitili, propose loro questo ragionamento: «Il gran trionfo che oggi abbiamo nel mondo con la possessione di tante anime che abbiamo soggiogato alla nostra volontà, temo e sospetto che si debba vedere disfatto e annientato per mezzo di una donna e non possiamo ignorare questo pericolo, avendolo saputo al momento della nostra creazione ed essendoci stata in seguito notificata la sentenza che la donna ci avrebbe schiacciato il capo. Per questo ci conviene stare all'erta e non essere affatto trascurati. Avete già notizia di una bambina che è nata da Anna, va crescendo in età e ad un tempo si va segnalando nelle virtù. Io ho posto tutta la mia attenzione alle sue azioni ed opere e non ho riconosciuto, nel tempo in cui comunemente gli altri cominciano a ragionare e a sentire le passioni naturali, che in lei si scoprano gli effetti del nostro seme e della nostra malizia, come si scorge negli altri figli di Adamo. La vedo sempre composta e perfettissima, senza poterla piegare né indurre ai trastulli peccaminosi ed umani o naturali agli altri bambini. Da questi indizi sospetto che questa sia l'eletta ad essere la Madre di colui che deve farsi uomo».

688. «Però non posso persuadermi del tutto di ciò, perché ella è nata come gli altri, soggetta alle leggi comuni della creatura e i suoi genitori hanno fatto l'offerta e hanno pregato affinché a loro e a lei fosse condonata la colpa, quando è stata portata al tempio come tutte le altre bambine. Ciononostante, benché non sia l'eletta contro di noi, nella sua infanzia si scorgono grandi principi che promettono per l'avvenire celebre virtù e santità. Né io posso tollerare il suo modo di procedere con tanta prudenza e discrezione. La sua sapienza mi fa ribollire, la sua modestia mi irrita, la sua pazienza mi fa sdegnare, la sua umiltà mi opprime e mi annienta e in tutto ella mi provoca ad un intollerabile furore, cosicché io l'aborrisco più di tutti gli altri figli di Adamo. Ha un non so che di virtù speciale, per cui alcune volte, volendo avvicinarmi a lei, non posso, e se le insinuo delle suggestioni, non le riceve. Insomma, tutta la mia solerzia con lei sinora si è vanificata, rimanendo senza effetto alcuno. Qui importa a tutti trovare un rimedio ed impiegare la massima cura affinché il nostro principato non vada in rovina. Io desidero più la distruzione di quest'anima sola che non quella di tutto il mondo. Or dunque ditemi voi: quali mezzi, quali provvedimenti prenderemo noi per superarla e per farla finita una volta per tutte con costei? Io da parte mia offro i premi della mia liberalità a chi sappia farlo».

689. Si esaminò il caso in quel confuso conciliabolo, organizzato soltanto a nostro danno, e, tra i molti pareri, uno di quegli orribili consiglieri disse: «Principe e signore nostro, non ti crucciare per una cosa così da poco, perché una debole donnicciola non sarà tanto potente e invincibile quanto lo siamo noi tutti che ti seguiamo. Tu ingannasti Eva, precipitandola dal felice stato in cui si trovava, e per mezzo di lei vincesti il suo capo Adamo. Dunque, come non supererai questa sua discendente nata dopo la sua prima caduta? Ripromettiti fin d'ora la vittoria e per ottenerla si determini, benché resista molte volte, di perseverare nel tentarla; se sarà necessario che deroghiamo perciò in qualche cosa alla nostra grandezza e presunzione, non vi si badi, purché la inganniamo; e se ciò non bastera, faremo in modo di toglierle l'onore o anche di troncarle la vita».

690. Altri demoni rivolsero ancora a Lucifero le seguenti parole: «Abbiamo esperienza, o principe potente, che per rovinare molte anime è mezzo efficace il valerci di altre creature. Questo è un ottimo espediente per operare tutto ciò che con le nostre sole forze non possiamo. Per questa via disporremo e provocheremo la rovina di questa donna, osservando perciò il tempo e le circostanze più opportune che ci presenterà ella medesima col suo procedere. Ma soprattutto importa che applichiamo la nostra sagacia ed astuzia a far sì che cominci a perdere una volta la grazia con qualche peccato. Così, appena le mancherà questo appoggio e questo scudo dei giusti, la perseguiteremo e tra tutti la cattureremo come colei che, trovandosi sola senza Dio in se stessa, non ha chi possa liberarla dalle nostre mani. Quindi ci daremo da fare per farla disperare del rimedio».

691. Lucifero gradì questi consigli e incoraggiamenti che gli diedero i suoi seguaci, cooperatori nella malvagità. Ed egli a sua volta inculcò e comandò loro che i più astuti nella malizia accompagnassero lui che si costituiva di nuovo condottiero di così ardua impresa, non volendo affidarla ad altre mani che alle proprie. Così, quantunque assistessero altri demoni, Lucifero in persona fu sempre il primo nel tentare Maria e il suo Figlio santissimo: questi nel deserto ed entrambi nel corso della loro vita, come vedremo più avanti.

692. Per tutto questo tempo la nostra divina Principessa permaneva nelle sue pene ed afflizioni per la lontananza del suo amato, quand'ecco che la squadra infernale la investì in gran numero per tentarla. Ma la virtù divina, che le faceva scudo, impedì gli sforzi di Lucifero perché non potesse avvicinarsi troppo a lei, né mettere in opera tutto ciò che intentava; solo, col permesso dell'Altissimo, le insinuava nella mente molte suggestioni e vari pensieri di somma iniquità e malizia. Infatti il Signore non impedì che la Madre della grazia, sebbene senza peccato, fosse tentata in tutto, come doveva succedere in seguito al suo Figlio santissimo.

693. In questo nuovo conflitto non si può facilmente concepire quanto patisse il purissimo e candidissimo cuore di Maria vedendosi circondata da suggestioni così aliene e lontane dalla sua ineffabile purezza e dall'altezza dei suoi divini pensieri. E poiché il serpente antico vide la gran Signora piangente e afflitta, si animò grandemente e concepì maggiori speranze, essendo accecato dalla sua stessa superbia, perché non conosceva il segreto del cielo. Perciò, animando i suoi infernali ministri, disse loro: «Perseguitiamola adesso, perseguitiamola, poiché si scorge che già otteniamo il nostro intento e già ella sente la tristezza, strada alla disperazione». In tale inganno l'assalirono con nuovi pensieri di scoraggiamento e di diffidenza, combattendola con terribili immaginazioni. Ma tutto invano, dato che la pietra della virtù generosa, quanto più è percossa con forza, tanto più manda fuori scintille e fuoco di amore divino. La nostra invincibile Regina rimase talmente superiore e immobile contro le squadre dell'inferno, che dentro di sé non si alterò affatto, né si lasciò influenzare da tante suggestioni, se non in quanto ne prese occasione per confermarsi ancor più nelle sue incomparabili virtù e per far avvampare maggiormente la fiamma del divino incendio di amore che ardeva nel suo cuore.

694. Il drago ignorava l'imperscrutabile sapienza e prudenza della nostra celeste Principessa, per cui, sebbene la riconoscesse forte e imperturbabile nelle sue facoltà e sebbene sentisse la resistenza della virtù divina, con tutto ciò perseverava nella sua antica superbia, dando assalto alla Città di Dio in diversi modi. Così questo astuto nemico, senza cambiare l'intenzione, cambiava le insidie e, tuttavia, le sue macchinazioni venivano sempre ad essere come quelle di una debole formica contro un muro diamantino. La nostra Principessa era quella donna forte, di cui il cuore del marito può fidarsi senza timore di restare deluso nei suoi desideri. Suo ornamento era la fortezza che la colmava di bellezza; sua veste, che aumentava il suo splendore, erano la purezza e la carità. L'immondo ed arrogante serpente non poteva soffrire questo oggetto, la cui vista lo accecava e turbava con sempre nuova confusione. Così decise di toglierle la vita e in ciò molto si sforzò tutta quella imponente schiera di spiriti maligni. In tale impresa impiegarono un certo tempo, senza però migliore riuscita che nelle altre.

695. La conoscenza di questa segreta e sacra battaglia mi causò grande ammirazione, considerando da una parte il grande furore di Lucifero contro Maria santissima nei suoi primi anni e, dall'altra, l'occulta e vigilante protezione dell'Altissimo per difenderla. Vedo quanto il Signore stesse attento alla sua eletta ed unica sposa fra le creature e osservo, allo stesso tempo, tutto l'inferno rivolto con furore contro di lei con un tale sdegno, quale fino allora non aveva posto in opera contro alcun'altra creatura; e la facilità con la quale il potere divino rendeva vana tutta la potenza e l'astuzia infernale. O più che infelice e misero Lucifero! Quanto è più grande la tua arroganza e superbia della tua forza! Per certo sei debole e inabile ad un'impresa così stolta; diffida ormai di te stesso e non ti ripromettere tanti trionfi, poiché una tenera bambina ti ha schiacciato il capo ed in tutto ti ha lasciato vinto e deluso. Confessa che poco vali e meno sai, poiché non hai conosciuto il più grande mistero del Re, dalla cui potenza sei stato umiliato con lo strumento stesso che hai disprezzato, cioè una donna per sua condizione naturale debole e bambina. Oh, come sarebbe grande la tua ignoranza, se i mortali si valessero della protezione dell'Altissimo, nonché dell'esempio, dell'imitazione e dell'intercessione di questa vittoriosa e trionfatrice Signora degli angeli e degli uomini!

696. Fra queste tentazioni e battaglie che si andavano alternando, era incessante e fervorosa l'orazione di Maria santissima, che diceva al Signore: «Ora, Dio mio altissimo, che sono nella tribolazione, starete con me; ora, che con tutto il mio cuore vi chiamo e custodisco i vostri precetti, arriveranno le mie domande ai vostri orecchi; ora, che patisco così gran violenza, risponderete per me. Voi, Signore e Padre mio, voi siete la mia fortezza e il mio rifugio e per il vostro santo nome mi libererete dal pericolo e mi guiderete per il cammino sicuro, sostenendomi come figlia vostra». Ripeteva anche molti misteri della sacra Scrittura, specialmente i salmi che parlano contro i nemici invisibili, e con queste armi insuperabili, senza perdere un atomo della pace, uniformità e conformità interna, anzi, confermandosi ancor più in essa, tenendo sollevato il suo purissimo spirito nelle altezze, combatteva, respingeva e vinceva Lucifero, con incomparabile compiacimento del Signore e con accrescimento dei suoi meriti.

697. Superate queste tentazioni e lotte, incominciò un nuovo duello del serpente per mezzo ed intervento delle creature. A questo scopo egli gettò nascostamente alcune scintille d'invidia e di gelosia contro Maria santissima nel cuore delle giovani sue compagne, che vivevano nel tempio. Il rimedio a questo contagio era ancor più difficile in quanto provocato dalla precisione con cui la nostra divina Principessa attendeva all'esercizio di tutte le virtù, crescendo in sapienza e grazia davanti a Dio e agli uomini. Infatti, quando punge l'ambizione, gli stessi splendori della virtù, che si vede in altri, abbagliano e offùscano l'intelletto, accendendo la fiamma dell'invidia. Il drago infondeva nell'animo di quelle ignare giovani molte suggestioni interiori, persuadendole che in presenza di quel sole, che era Maria santissima, esse restavano oscurate e poco stimate, che le loro negligenze venivano ad essere maggiormente notate dalla maestra e dai sacerdoti e che solo Maria sarebbe stata preferita nello stato e nelle richieste di matrimonio e nella stima di tutti.

698. Le compagne della nostra Regina accolsero nel loro cuore questa cattiva semente ed essendo poco pratiche ed esercitate nelle battaglie spirituali, la lasciarono tanto crescere che arrivò a mutarsi in una ripugnanza interiore contro la purissima Maria. Questo odio poi passò a sdegno, con cui la guardavano e trattavano non potendo soffrire la modestia della candida colomba, perché il drago incitava quelle incaute, rivestendole dello stesso furore che egli aveva concepito contro la madre delle virtù. Continuando poi la tentazione, venne a manifestarsi negli effetti, e le giovani giunsero a parlarne fra loro, non sapendo da quale spirito erano spinte. Perciò concertarono di molestare e perseguitare la Principessa del mondo, non conosciuta da loro per tale, sino a farla cacciare dal tempio. Per questo, chiamandola in disparte, le dissero parole molto offensive, trattandola in modo assai imperioso da simulatrice ed ipocrita, quasi che mirasse soltanto a guadagnarsi con artificio la grazia della maestra e dei sacerdoti e a screditare le altre compagne, mormorando contro di esse ed esagerando le loro mancanze, mentre ella era la più inutile di tutte; le dissero anche che per questo l'aborrivano come il demonio.

699. La prudentissima Vergine ascoltò queste e molte altre ingiurie senza turbarsi affatto e, con umiltà, rispose: «Amiche e signore mie, avete certamente ragione nel dire che io sono la più piccola e la più imperfetta di tutte, ma voi mie sorelle, come più avvedute, dovete perdonare i miei difetti ed ammaestrare la mia ignoranza, dirigendomi in modo che riesca a fare ciò che è meglio e a darvi soddisfazione. Io vi supplico, amiche, che quantunque sia tanto inutile, non mi neghiate la vostra grazia, né crediate di me che non desideri meritarla, perché vi amo e riverisco come serva, e lo sarò in tutto ciò in cui vi piacerà fare esperienza della mia buona volontà. Comandatemi, dunque, e ditemi ciò che da me volete».

700. Queste umili e soavi parole della modestissima regina Maria non ammorbidirono il cuore indurito delle sue amiche e compagne, possedute già dalla furiosa rabbia che il drago aveva contro di lei; anzi, questi, sdegnandosi maggiormente, le incitava ed irritava ancor più, come se col dolce antidoto s'inasprisse di più la morsicatura e il veleno serpentino sparso contro la donna, che gli era stata mostrata come segno grande nel cielo. Questa persecuzione continuò molti giorni, senza che l'umiltà, la pazienza, la modestia e la tolleranza della divina Signora bastassero a moderare l'odio delle sue compagne. Anzi, il demonio si spinse a infondere loro molte suggestioni piene di temerità, cioè che mettessero le mani sulla mansuetissima agnellina, la maltrattassero e le togliessero persino la vita. Ma il Signore non permise che pensieri tanto sacrileghi avessero effetto e il massimo a cui si spinsero fu l'ingiuriarla a parole, dandole alcune spinte. Questa battaglia avveniva in segreto senza che ne giungesse notizia alla maestra e ai sacerdoti; nel frattempo la santissima Maria acquistava incomparabili meriti e doni dall'Altissimo, per la materia che le si offriva di esercitare tutte le virtù verso sua Maestà e verso le creature che la perseguitavano e aborrivano. Verso queste fece atti eroici di carità ed umiltà, rendendo bene per male, benedizioni per maledizioni, fervide preghiere per bestemmie e praticando la divina legge in ciò che ha di più perfetto e sublime. Verso l'Altissimo esercitò le più eccellenti virtù, pregando per le creature che la perseguitavano, umiliandosi con ammirazione degli angeli, come se fosse stata la più vile dei mortali e meritevole di ciò che operavano contro di lei. Ella eseguiva tutte queste opere con tale perfezione da superare ogni giudizio umano, e con un tal merito da superare il merito più alto dei serafini.

701. Avvenne un giorno che quelle donne, invasate dalla tentazione diabolica, condussero la principessa Maria in una stanza isolata e, giudicando di poter agire indisturbate, la caricarono d'ingiurie e di offese smisurate per irritare la sua mansuetudine e distoglierla dalla sua immutabile modestia, facendole fare qualche gesto sgarbato. Ma non potendo la Regina delle virtù essere schiava di vizio alcuno nemmeno per un istante, mostrò più invincibile la sua pazienza quando era più necessaria, per cui rispose loro con tanta maggior grazia e dolcezza. Quelle, offese di non conseguire il loro malvagio intento, alzarono così alte grida che furono udite nel tempio, dove l'insolito baccano provocò grande sorpresa e confusione. Al rumore accorsero i sacerdoti e la maestra e, permettendo il Signore questa nuova afflizione della sua sposa, chiesero con gran severità la ragione di quella inquietudine. Poiché la mansuetissima colomba taceva, le altre giovani risposero con molto sdegno e dissero: «Maria di Nazaret, con la sua indole orribile, ci disturba e ci inquieta tutte e, quando non siete presenti, ci affligge e provoca; per cui, se non uscirà dal tempio, non sarà possibile mantenerci tutte in pace con lei. Se la sopportiamo diventa altera, se la riprendiamo si burla di tutte prostrandosi ai nostri piedi con finta umiltà, e poi con le sue mormorazioni semina la discordia e la confusione tra tutte noi».

702. I sacerdoti e la maestra condussero in un'altra stanza la Signora del mondo, e qui la ripresero con severità corrispondente al credito che avevano prestato in quel momento alle sue compagne e, avendola esortata ad emendarsi e a procedere come chi viveva nella casa di Dio, la minacciarono che, se non l'avesse fatto, l'avrebbero congedata e cacciata via dal tempio. Questo era il maggior castigo che potevano darle, quand'anche avesse avuto qualche colpa, mentre invece era innocente in tutto ciò che le si imputava. Chi avesse intelligenza per conoscere almeno in parte la profondissima umiltà di Maria santissima, intenderebbe qualcosa degli effetti che questi misteri operavano nel suo candidissimo cuore, perché ella si giudicava la più vile delle creature e la più indegna di vivere fra loro, indegna persino di calpestare la terra. A questa minaccia la prudentissima Vergine, tra le lacrime, rispose ai sacerdoti dicendo: «Signori, io gradisco il favore che mi fate col correggere ed istruire me, così imperfetta e vile, ma vi supplico di perdonarmi, giacché siete ministri dell'Altissimo, e di guidarmi in tutto, non tenendo conto dei miei difetti, in modo che io riesca meglio per l'avvenire a compiacere sua Maestà, nonché le mie sorelle e compagne, perché con la grazia del Signore propongo di nuovo di fare così e comincerò da oggi in poi».

703. La nostra Regina aggiunse altre ragioni, piene di soavissimo candore e dolcissima modestia, dopodiché la maestra e i sacerdoti la lasciarono, avvertendola di nuovo con lo stesso insegnamento nel quale ella era sapientissima maestra. Subito se ne andò dalle sue compagne e, prostrandosi ai loro piedi, domandò loro perdono, come se i difetti che le imputavano avessero potuto entrare in lei che era madre dell'innocenza. Esse allora l'accolsero meglio, giudicando che le sue lacrime fossero effetto del castigo e della riprensione dei sacerdoti e della maestra, che avevano attirati al loro intento sregolato. Di conseguenza il drago, che nascostamente ordiva questa tela, innalzò a maggior alterigia e presunzione gli incauti cuori di tutte quelle donne e, come avevano già fatto con i sacerdoti, proseguirono con maggiore audacia a screditare e a mettere loro contro la purissima Vergine. A tal fine escogitarono nuove frottole e menzogne con l'istinto del medesimo demonio, ma l'Altissimo non permise mai che si dicesse o si presumesse cosa molto grave o disdicevole di colei che egli aveva eletto Madre santissima del suo Unigenito. Permise solamente che lo sdegno e l'inganno delle giovani del tempio arrivasse ad esagerare molto alcuni piccoli, seppur finti, difetti che le imputavano, e al massimo che esse facessero alcuni gesti femminili e scomposti sufficienti a dichiarare la loro inquietudine. E ciò affinché, per tale irrequietezza e per i rimproveri della maestra e dei sacerdoti, la nostra umilissima Signora avesse occasione di esercitare le virtù, aumentare i doni dell'Altissimo e giungere al colmo dei meriti.

704. Ciò appunto faceva la nostra Regina con pieno compiacimento agli occhi del Signore, che si ricreava all'odore soavissimo di quell'umile nardo, maltrattato e disprezzato dalle creature che non lo conoscevano. Ella ripeteva i suoi lamenti e gemiti per la lontananza prolungata del suo diletto e in una di queste occasioni gli disse: «Sommo bene e Signore mio di misericordia infinita, se voi che siete il mio padrone e il mio creatore mi avete abbandonata, non è molto che tutto il resto delle creature mi aborrisca e si rivolti contro di me. Ben lo merita la mia ingratitudine ai vostri benefici, ma sempre vi riconosco e vi confesso mio rifugio e mio tesoro. Voi solo siete il mio bene, il mio amore, il mio riposo, e se siete tale, ed io invece vi tengo lontano, come potrà riposare il mio cuore afflitto? Le creature fanno con me ciò che devono, ma non giungono a trattarmi come merito, perché voi, Signore e Padre mio, nell'affliggere siete parco e nel premiare liberalissimo. Serva, o Signore, a scontare le mie negligenze il dolore di avervi io costretto a nascondervi al mio cuore, pagate con larga mano il bene che le vostre creature mi fanno guadagnare, obbligandomi a conoscere meglio la vostra bontà e la mia vita. Sollevate, o Signore, questa indigente dalla polvere della terra e rinnovate colei che è povera e vilissima tra le creature; veda io il vostro divino volto e sarò salva».

705. Non è possibile né necessario riferiré tutto ciò che accadde alla nostra grande Principessa in questa prova delle sue virtù. Basti dire per ora che ella può servire a noi da vivo esempio per sopportare con generosità di cuore qualunque tribolazione; a noi, dico, che abbiamo bisogno di pene e di duri colpi per soddisfare ai nostri peccati e per domare la nostra dura cervice col giogo della mortificazione. Non commise colpa, né si trovò inganno nella nostra innocentissima colomba, eppure con umile silenzio e tolleranza si contentò di essere disprezzata e perseguitata senza aver provocato ciò. Vergognamoci dunque, alla sua presenza, noi tutti che reputiamo insopportabile ingiuria, fino al punto di vendicarci, un'offesa insignificante! L'Altissimo avrebbe certamente potuto allontanare dalla sua eletta e Madre qualunque persecuzione e contrarietà; se però in questo avesse usato del suo potere, non lo avrebbe potuto manifestare nel conservarla illesa tra le persecuzioni, né le avrebbe dato pegni così sicuri del suo amore, né ella avrebbe ottenuto il dolce frutto di amare i nemici e i persecutori. Noi invece ci rendiamo indegni di tanto bene quando nelle prove alziamo il grido contro le creature ed il cuore superbo contro Dio, che in tutto le governa, non volendo assoggettarci al nostro creatore e salvatore, che sa ciò di cui abbiamo bisogno per la nostra salvezza.

 

Insegnamento della regina del cielo Maria santissima

 

706. Poiché tu, figlia mia, vai riflettendo sull'esempio che si vuole ricavare da questi avvenimenti, io voglio appunto che questo ti serva da ammaestramento dottrinale da racchiudere nel tuo cuore con stima, allargandolo per ricevere con letizia le persecuzioni e le calunnie delle creature, se parteciperai a questo beneficio. I figli della perdizione, i quali servendo alla vanità non sanno qual tesoro sia il patire ingiurie e il perdonarle, si fanno un onore della vendetta, quantunque essa, anche nei termini della legge naturale, sia la maggiore viltà e il più brutto di tutti i vizi, perché si oppone più degli altri alla ragione naturale e nasce da cuore non umano, ma brutale e ferino. Al contrario, colui che perdona le ingiurie e le dimentica, benché non abbia la fede divina né la luce del Vangelo, per mezzo di questa magnanimità si fa superiore e come re della medesima natura, perché conserva di questa ciò che essa ha di più nobile ed eccellente e non paga il vilissimo tributo di farsi bestia irrazionale con la vendetta.

707. Infatti, se il vizio della vendetta si oppone tanto alla natura, considera ora, o carissima, quale opposizione avrà con la grazia e quanto odioso e spregevole sarà il vendicativo agli occhi del mio Figlio santissimo, che si fece uomo, morì e patì solo per perdonare e perché il genere umano ottenesse il perdono delle ingiurie commesse contro il medesimo Signore. A questa sua intenzione e alle sue opere, anzi alla sua stessa natura e bontà infinita, si oppone il vendicativo. Così facendo, egli distrugge completamente, per quanto dipende da lui, Dio stesso insieme con le sue opere. Perciò egli merita con questo peccato, in modo tutto particolare, che Dio distrugga lui. Tra colui che perdona e sopporta le ingiurie e il vendicativo, vi è la stessa differenza che c'è tra il figlio unico ed erede e il nemico mortale: questo provoca tutta la forza dell'indignazione divina e l'altro merita tutti i beni e li acquista, perché in questa grazia è immagine perfettissima del Padre celeste.

708. Voglio, o anima, che tu comprenda come il patire le ingiurie con uniformità di cuore e il perdonarle interamente per il Signore è cosa più gradita ai suoi occhi che se di tua volontà facessi rigide penitenze e spargessi il tuo stesso sangue. Umiliati, dunque, davanti a quelli che ti perseguitano, amali e prega per loro di vero cuore e con questo indurrai il cuore di Dio ad amarti, giungerai alla perfezione della santità e vincerai tutto l'inferno. Con l'umiltà e la mansuetudine io confondevo quel dragone che tutti perseguita: non potendo il suo furore tollerare quelle virtù, fuggiva dalla mia presenza più veloce della folgore. Così, mediante tali virtù, ottenni vittorie grandi per l'anima mia e gloriosi trionfi a esaltazione della Divinità. Quando qualche creatura si muoveva contro di me, io non mi sdegnavo contro di lei, perché sapevo per certo che quella era uno strumento dell'Altissimo, guidato dalla sua provvidenza per il mio stesso bene e questa consapevolezza, come anche il considerare che quella era creatura del mio Signore e capace della sua grazia, mi portava ad amarla con sincerità e forza, né mi acquietavo fino a che non l'avessi ricompensata di tale beneficio col procurarle, per quanto mi era possibile, la salvezza eterna.

709. Con tutto l'impegno, dunque, sforzati di imitarmi in ciò che hai compreso e scritto. Mostrati mansuetissima, pacifica e grata verso coloro che ti saranno molesti; stimali sinceramente nel tuo cuore e non vendicarti del Signore, vendicandoti dei suoi strumenti; non disprezzare la stimabile gemma delle ingiurie; ma, per quanto dipende da te, rendi loro sempre bene per male, benefici per offese, amore per odio, lode per insulti, benedizioni per maledizioni; così sarai figlia perfetta del tuo Padre, sposa amata del tuo Signore, mia carissima e mia amica.


24-34 Agosto 12, 1928 Chi vive nel Fiat Divino risale negli atti dell’Adamo innocente e possiede la virtù universale. Come il Fiat è ordine. Come la vita di chi vive in Esso è preziosa.

Luisa Piccarreta (Libro di Cielo)

(1) Stavo continuando il mio giro nella Creazione, ed ora mi soffermavo ad un punto ed ora ad un’altro per poter seguire e guardare ciò che Iddio aveva fatto nella Creazione, e giungendo a ciò che aveva fatto Adamo nello stato d’innocenza dicevo tra me: “Come vorrei saper fare ciò che fece il nostro padre nello stato d’innocenza, per poter anch’io amare e glorificare il mio Creatore come fece lui nel suo stato primiero della sua creazione”. Ma mentre ciò pensavo, il mio amato Gesù movendosi nel mio interno mi ha detto:

(2) “Figlia mia, Adamo nello stato della sua innocenza, possedendo la vita della mia Divina Volontà, possedeva la vita e la virtù universale, perciò nel suo amore e negli atti suoi Io trovavo accentrato l’amore di tutto e di tutti, e tutti gli atti erano unificati tutti insieme, neppure il mio operato era escluso dall’atto suo, quindi Io trovavo tutto nell’operato d’Adamo, trovavo tutte le tinte delle bellezze, pienezza d’amore, maestria inarrivabile ed ammirabile, e poi tutto e tutti. Ora, chi vive nel mio Volere risale nell’atto dell’Adamo innocente, e facendo sua la vita e virtù universale, fa suo l’atto suo, non solo, ma risale negli atti della Regina del Cielo, in quelli del suo stesso Creatore, e scorrendo in tutti gli atti si accentra in essi e dice: “Tutto è mio e tutto do al mio Dio, com’è mia la sua Volontà Divina, così tutto è mio, tutto ciò ch’è uscito da Essa, ed io non avendo nulla di me, col suo Fiat tengo tutto e posso dare Dio a Dio, oh! come mi sento felice, gloriosa, vittoriosa nell’eterno Volere, posseggo tutto e posso dare tutto, senza nulla esaurire delle mie immense ricchezze”. Sicché non c’è atto né in Cielo, né in terra in cui non trovo chi vive nella mia Volontà”.

(3) Onde continuavo a seguire gli atti del Fiat Divino, ed il mio sempre amabile ha soggiunto:

(4) “Figlia mia, la mia Volontà è ordine, e nell’anima dov’Essa regna vi mette il suo ordine divino, ed in virtù di quest’ordine sente la creatura l’ordine nei suoi pensieri, nelle sue parole, nelle sue opere e passi, tutto è armonia. Come questa Divina Volontà mantiene l’ordine a tutte le opere uscite dall’Ente Supremo, in modo che sono tanto collegate insieme, che sono inseparabili tra loro, ad onta che ciascun’opera tiene il suo ufficio distinto, ma in virtù dell’ordine è tale l’unione, che l’una non potrebbe né vivere, né agire senza dell’altra, molto più che una è la Volontà che le muove e le dà vita, così l’anima, in virtù del Fiat sente in sé l’ordine del suo Creatore e talmente collegata ed unita insieme, che si sente inseparabile e trasfusa col suo Creatore; sicché lei si sente cielo, nell’ordine delle sue azioni, parole, pensieri e passi, sente scorrere le stelle che ornano il suo bel cielo, si sente sole e vuol correre a dar luce a tutti, si sente terra e gode delle belle fioriture e delle belle scene del suo mare di grazia che scorre nella sua anima, e vorrebbe mettere fuori queste scene incantevoli ed i suoi bei prati fioriti per fare che tutti godessero e ricevessero il gran bene del dominio del mio Voler Divino. Quindi il vero segno se regna il mio Fiat nella creatura, se non si vedono cose scordanti e disordinate, ma somma armonia ed ordine perfetto, perché tutto ciò che lei fa, hanno il loro principio in Colui che l’ha creato, e non fa altro che seguire l’ordine e le opere del suo Creatore”.

(5) Onde ha seguito a dire: “Perciò figlia mia, la vita di chi fa vivere la mia Volontà adorabile in lei mi è tanto preziosa, speciosa, e di una bellezza sì rara, ch’è impossibile trovarne una simile, non veggo altro uscire da lei che opere nostre, se ci fosse necessario alla nostra gloria ed al nostro amore inestinguibile, ci formerebbe un nuovo cielo e tutta la Creazione insieme, e scorrendo nelle opere della Redenzione e Santificazione, ci darebbe nuove Redenzioni e Santificazioni, perché quella Divina Volontà che fece tutto ciò in Noi stessi, lo può fare nella creatura dov’Essa domina e regna, e come chiamò dal nulla tutte le opere nostre, così può chiamare dal nulla di questa creatura, non solo col ripetere tutte le nostre opere, ma aggiungere cose più sorprendenti ancora, e Noi, il nostro Essere Supremo, conoscendo che questa creatura tutto può darci in virtù del nostro Fiat, ci sentiamo glorificati ed amati come se di fatto ce le facessi, perché in lei guardiamo non solo ciò che ci fa, ma anche ciò che ci può fare; vedi dunque quanta preziosità lei racchiude, com’è speciosa in tutti gli atti suoi, le sue tinte di bellezza ci rapiscono e formano al nostro sguardo divino le scene più dilettevoli, tanto, che nella nostra enfasi d’amore siamo costretti ad esclamare: “Oh! Volontà nostra, quanto sei prodigiosa! ammirabile! amabile! e dilettevole nella creatura dove tu regni, lei è il tuo velo in cui nascondendoti prepari le scene più belle e dilettevoli da farci godere”. Perciò si può chiamare la creatura più fortunata, ché giunge a chiamare l’attenzione del suo Dio per fargli festa e farlo godere delle opere sue, e ché può giungere a dire: “In virtù del tuo Volere tutto tengo, tutto ti porto e nulla voglio, perché ciò ch’è vostro è mio”.