Liturgia delle Ore - Letture
Martedi della 6° settimana del tempo ordinario
Vangelo secondo Marco 1
1Inizio del vangelo di Gesù Cristo, Figlio di Dio.2Come è scritto nel profeta Isaia:
'Ecco, io mando il mio messaggero davanti a te,
egli ti preparerà la strada.'
3'Voce di uno che grida nel deserto:
preparate la strada del Signore,
raddrizzate i suoi sentieri',
4si presentò Giovanni a battezzare nel deserto, predicando un battesimo di conversione per il perdono dei peccati.5Accorreva a lui tutta la regione della Giudea e tutti gli abitanti di Gerusalemme. E si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati.6Giovanni era vestito di peli di cammello, con una cintura di pelle attorno ai fianchi, si cibava di locuste e miele selvatico7e predicava: "Dopo di me viene uno che è più forte di me e al quale io non son degno di chinarmi per sciogliere i legacci dei suoi sandali.8Io vi ho battezzati con acqua, ma egli vi battezzerà con lo Spirito Santo".
9In quei giorni Gesù venne da Nàzaret di Galilea e fu battezzato nel Giordano da Giovanni.10E, uscendo dall'acqua, vide aprirsi i cieli e lo Spirito discendere su di lui come una colomba.11E si sentì una voce dal cielo: "Tu sei il Figlio mio prediletto, in te mi sono compiaciuto".
12Subito dopo lo Spirito lo sospinse nel deserto13e vi rimase quaranta giorni, tentato da satana; stava con le fiere e gli angeli lo servivano.
14Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù si recò nella Galilea predicando il vangelo di Dio e diceva:15"Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete al vangelo".
16Passando lungo il mare della Galilea, vide Simone e Andrea, fratello di Simone, mentre gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori.17Gesù disse loro: "Seguitemi, vi farò diventare pescatori di uomini".18E subito, lasciate le reti, lo seguirono.19Andando un poco oltre, vide sulla barca anche Giacomo di Zebedèo e Giovanni suo fratello mentre riassettavano le reti.20Li chiamò. Ed essi, lasciato il loro padre Zebedèo sulla barca con i garzoni, lo seguirono.
21Andarono a Cafàrnao e, entrato proprio di sabato nella sinagoga, Gesù si mise ad insegnare.22Ed erano stupiti del suo insegnamento, perché insegnava loro come uno che ha autorità e non come gli scribi.23Allora un uomo che era nella sinagoga, posseduto da uno spirito immondo, si mise a gridare:24"Che c'entri con noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci! Io so chi tu sei: il santo di Dio".25E Gesù lo sgridò: "Taci! Esci da quell'uomo".26E lo spirito immondo, straziandolo e gridando forte, uscì da lui.27Tutti furono presi da timore, tanto che si chiedevano a vicenda: "Che è mai questo? Una dottrina nuova insegnata con autorità. Comanda persino agli spiriti immondi e gli obbediscono!".28La sua fama si diffuse subito dovunque nei dintorni della Galilea.
29E, usciti dalla sinagoga, si recarono subito in casa di Simone e di Andrea, in compagnia di Giacomo e di Giovanni.30La suocera di Simone era a letto con la febbre e subito gli parlarono di lei.31Egli, accostatosi, la sollevò prendendola per mano; la febbre la lasciò ed essa si mise a servirli.
32Venuta la sera, dopo il tramonto del sole, gli portavano tutti i malati e gli indemoniati.33Tutta la città era riunita davanti alla porta.34Guarì molti che erano afflitti da varie malattie e scacciò molti demòni; ma non permetteva ai demòni di parlare, perché lo conoscevano.
35Al mattino si alzò quando ancora era buio e, uscito di casa, si ritirò in un luogo deserto e là pregava.36Ma Simone e quelli che erano con lui si misero sulle sue tracce37e, trovatolo, gli dissero: "Tutti ti cercano!".38Egli disse loro: "Andiamocene altrove per i villaggi vicini, perché io predichi anche là; per questo infatti sono venuto!".39E andò per tutta la Galilea, predicando nelle loro sinagoghe e scacciando i demòni.
40Allora venne a lui un lebbroso: lo supplicava in ginocchio e gli diceva: "Se vuoi, puoi guarirmi!".41Mosso a compassione, stese la mano, lo toccò e gli disse: "Lo voglio, guarisci!".42Subito la lebbra scomparve ed egli guarì.43E, ammonendolo severamente, lo rimandò e gli disse:44"Guarda di non dir niente a nessuno, ma va', presentati al sacerdote, e offri per la tua purificazione quello che Mosè ha ordinato, a testimonianza per loro".45Ma quegli, allontanatosi, cominciò a proclamare e a divulgare il fatto, al punto che Gesù non poteva più entrare pubblicamente in una città, ma se ne stava fuori, in luoghi deserti, e venivano a lui da ogni parte.
Giosuè 15
1La porzione che toccò in sorte alla tribù dei figli di Giuda, secondo le loro famiglie, si trova ai confini di Edom, dal deserto di Sin verso il Negheb, all'estremo sud.2Il loro confine a mezzogiorno cominciava alla parte estrema del Mar Morto, dalla punta rivolta verso mezzodì,3poi procedeva a sud della salita di Akrabbim, passava per Sin e risaliva a sud di Kades-Barnea; passava poi da Chezron, saliva ad Addar e girava verso Karkaa;4passava poi da Azmon e raggiungeva il torrente d'Egitto e faceva capo al mare. Questo sarà il vostro confine meridionale.5A oriente il confine era costituito dal Mar Morto fino alla foce del Giordano. Dal lato settentrionale il confine partiva dalla lingua di mare presso la foce del Giordano,6saliva a Bet-Ogla e passava a nord di Bet-Araba e saliva alla Pietra di Bocan, figlio di Ruben.7Poi il confine saliva a Debir, per la valle di Acor e, a nord, girava verso le curve, che sono di fronte alla salita di Adummin, a mezzogiorno del torrente; passava poi alle acque di En-Semes e faceva capo a En-Roghel.8Saliva poi la valle di Ben-Innom a sud del fianco dei Gebusei, cioè di Gerusalemme; poi il confine saliva sulla vetta della montagna che domina la valle di Innom ad ovest ed è alla estremità della pianura dei Refaim, al nord.9Poi il confine piegava dalla vetta della montagna verso la fonte delle Acque di Neftoach e usciva al monte Efron; piegava poi verso Baala, che è Kiriat-Iearim.10Indi il confine girava da Baala, ad occidente, verso il monte Seir, passava sul pendio settentrionale del monte Iearim, cioè Chesalon, scendeva a Bet-Semes e passava a Timna.11Poi il confine raggiungeva il pendio settentrionale di Ekron, quindi piegava verso Siccaron, passava per il monte Baala, raggiungeva Iabneel e terminava al mare.12La frontiera occidentale era il Mar Mediterraneo. Questo era da tutti i lati il confine dei figli di Giuda, secondo le loro famiglie.
13A Caleb figlio di Iefunne fu data una parte in mezzo ai figli di Giuda, secondo l'ordine del Signore a Giosuè: fu data Kiriat-Arba, padre di Anak, cioè Ebron.14Caleb scacciò di là i tre figli di Anak, Sesai, Achiman e Talmai, discendenti di Anak.15Di là passò ad assalire gli abitanti di Debir. Si chiamava Debir Kiriat-Sefer.16Disse allora Caleb: "A chi colpirà Kiriat-Sefer e se ne impadronirà, io darò in moglie Acsa, mia figlia".17Se ne impadronì Otniel, figlio di Kenaz, fratello di Caleb; a lui diede in moglie sua figlia Acsa.18Quand'essa arrivò presso il marito, questi la persuase a chiedere un campo al padre. Allora essa smontò dall'asino e Caleb le disse: "Che fai?".19Gli disse: "Concedimi un favore. Poiché tu mi hai dato il paese del Negheb, dammi anche alcune sorgenti d'acqua". Le diede allora la sorgente superiore e la sorgente inferiore.20Questa fu l'eredità della tribù dei figli di Giuda, secondo le loro famiglie.
21Le città poste all'estremità della tribù dei figli di Giuda, verso il confine di Edom, nel Negheb, erano Kabseel, Eder, Iagur,22Kina, Dimona, Arara,23Kedes, Cazor-Itnan,24Zif, Telem, Bealot,25Caroz-Adatta, Keriot-Chezron, cioè Cazor,26Amam, Sema, Molada,27Cazar-Gadda, Esmon, Bet-Pelet,28Cazar-Sual, Bersabea e le sue dipendenze,29Baala, Iim, Ezem,30Eltolad, Chesil, Corma,31Ziklag, Madmanna, Sansanna,32Lebaot, Silchim, En-Rimmon: in tutto ventinove città e i loro villaggi.
33Nella Sefela: Estaol, Sorea, Asna,34Zanoach, En-Gannim, Tappuach, Enam,35Iarmut, Adullam, Soco, Azeka,36Saaraim, Aditaim, Ghedera e Ghederotaim: quattordici città e i loro villaggi;37Senan, Cadasa, Migdal-Gad,38Dilean, Mizpe, Iokteel,39Lachis, Boskat, Eglon,40Cabbon, Lacmas, Chitlis,41Ghederot, Bet-Dagon, Naama e Makkeda: sedici città e i loro villaggi;42Libna, Eter, Asan,43Iftach, Asna, Nesib,44Keila, Aczib e Maresa: nove città e i loro villaggi;45Ekron, le città del suo territorio e i suoi villaggi;46da Ekron fino al mare, tutte le città vicine a Asdod e i loro villaggi;47Asdod, le città del suo territorio e i suoi villaggi; Gaza, le città del suo territorio e i suoi villaggi fino al torrente d'Egitto e al Mar Mediterraneo, che serve di confine.
48Sulle montagne: Samir, Iattir, Soco,49Danna, Kiriat-Sanna, cioè Debir,50Anab, Estemoa, Anim,51Gosen, Olon e Ghilo: undici città e i loro villaggi.52Arab, Duma, Esean,53Ianum, Bet-Tappuach, Afeka,54Umta, Kiriat-Arba, cioè Ebron e Sior: nove città e i loro villaggi.55Maon, Carmelo, Zif, Iutta,56Izreel, Iokdeam, Zanoach,57Kain, Ghibea e Timna: dieci città e i loro villaggi.58Calcul, Bet-Sur, Ghedor,59Maarat, Bet-Anot e Eltekon: sei città e i loro villaggi. Tekoa, Efrata, cioè Betlemme, Peor, Etam, Culon, Tatam, Sores, Carem, Gallim, Beter, Manak: undici città e i loro villaggi.60Kiriat-Baal, cioè Kiriat-Iearim, e Rabba: due città e i loro villaggi.
61Nel deserto: Bet-Araba, Middin, Secaca,62Nibsan, la città del sale e Engaddi: sei città e i loro villaggi.
63Quanto ai Gebusei che abitavano in Gerusalemme, i figli di Giuda non riuscirono a scacciarli; così i Gebusei abitano a Gerusalemme insieme con i figli di Giuda fino ad oggi.
Salmi 10
1'Al maestro del coro. In sordina. Salmo. Di Davide.'
2Loderò il Signore con tutto il cuore
e annunzierò tutte le tue meraviglie.
3Gioisco in te ed esulto,
canto inni al tuo nome, o Altissimo.
4Mentre i miei nemici retrocedono,
davanti a te inciampano e periscono,
5perché hai sostenuto il mio diritto e la mia causa;
siedi in trono giudice giusto.
6Hai minacciato le nazioni, hai sterminato l'empio,
il loro nome hai cancellato in eterno, per sempre.
7Per sempre sono abbattute le fortezze del nemico,
è scomparso il ricordo delle città che hai distrutte.
8Ma il Signore sta assiso in eterno;
erige per il giudizio il suo trono:
9giudicherà il mondo con giustizia,
con rettitudine deciderà le cause dei popoli.
10Il Signore sarà un riparo per l'oppresso,
in tempo di angoscia un rifugio sicuro.
11Confidino in te quanti conoscono il tuo nome,
perché non abbandoni chi ti cerca, Signore.
12Cantate inni al Signore, che abita in Sion,
narrate tra i popoli le sue opere.
13Vindice del sangue, egli ricorda,
non dimentica il grido degli afflitti.
14Abbi pietà di me, Signore,
vedi la mia miseria, opera dei miei nemici,
tu che mi strappi dalle soglie della morte,
15perché possa annunziare le tue lodi,
esultare per la tua salvezza
alle porte della città di Sion.
16Sprofondano i popoli nella fossa che hanno scavata,
nella rete che hanno teso si impiglia il loro piede.
17Il Signore si è manifestato, ha fatto giustizia;
l'empio è caduto nella rete, opera delle sue mani.
18Tornino gli empi negli inferi,
tutti i popoli che dimenticano Dio.
19Perché il povero non sarà dimenticato,
la speranza degli afflitti non resterà delusa.
20Sorgi, Signore, non prevalga l'uomo:
davanti a te siano giudicate le genti.
21Riempile di spavento, Signore,
sappiano le genti che sono mortali.
22Perché, Signore, stai lontano,
nel tempo dell'angoscia ti nascondi?
23Il misero soccombe all'orgoglio dell'empio
e cade nelle insidie tramate.
24L'empio si vanta delle sue brame,
l'avaro maledice, disprezza Dio.
25L'empio insolente disprezza il Signore:
"Dio non se ne cura: Dio non esiste";
questo è il suo pensiero.
26Le sue imprese riescono sempre.
Son troppo in alto per lui i tuoi giudizi:
disprezza tutti i suoi avversari.
27Egli pensa: "Non sarò mai scosso,
vivrò sempre senza sventure".
28Di spergiuri, di frodi e d'inganni ha piena la bocca,
sotto la sua lingua sono iniquità e sopruso.
29Sta in agguato dietro le siepi,
dai nascondigli uccide l'innocente.
30I suoi occhi spiano l'infelice,
sta in agguato nell'ombra come un leone nel covo.
Sta in agguato per ghermire il misero,
ghermisce il misero attirandolo nella rete.
31Infierisce di colpo sull'oppresso,
cadono gl'infelici sotto la sua violenza.
32Egli pensa: "Dio dimentica,
nasconde il volto, non vede più nulla".
33Sorgi, Signore, alza la tua mano,
non dimenticare i miseri.
34Perché l'empio disprezza Dio
e pensa: "Non ne chiederà conto"?
35Eppure tu vedi l'affanno e il dolore,
tutto tu guardi e prendi nelle tue mani.
A te si abbandona il misero,
dell'orfano tu sei il sostegno.
Spezza il braccio dell'empio e del malvagio;
36Punisci il suo peccato e più non lo trovi.
37Il Signore è re in eterno, per sempre:
dalla sua terra sono scomparse le genti.
38Tu accogli, Signore, il desiderio dei miseri,
rafforzi i loro cuori, porgi l'orecchio
39per far giustizia all'orfano e all'oppresso;
e non incuta più terrore l'uomo fatto di terra.
Salmi 89
1'Maskil. Di Etan l'Ezraita.'
2Canterò senza fine le grazie del Signore,
con la mia bocca annunzierò la tua fedeltà nei secoli,
3perché hai detto: "La mia grazia rimane per sempre";
la tua fedeltà è fondata nei cieli.
4"Ho stretto un'alleanza con il mio eletto,
ho giurato a Davide mio servo:
5stabilirò per sempre la tua discendenza,
ti darò un trono che duri nei secoli".
6I cieli cantano le tue meraviglie, Signore,
la tua fedeltà nell'assemblea dei santi.
7Chi sulle nubi è uguale al Signore,
chi è simile al Signore tra gli angeli di Dio?
8Dio è tremendo nell'assemblea dei santi,
grande e terribile tra quanti lo circondano.
9Chi è uguale a te, Signore, Dio degli eserciti?
Sei potente, Signore, e la tua fedeltà ti fa corona.
10Tu domini l'orgoglio del mare,
tu plachi il tumulto dei suoi flutti.
11Tu hai calpestato Raab come un vinto,
con braccio potente hai disperso i tuoi nemici.
12Tuoi sono i cieli, tua è la terra,
tu hai fondato il mondo e quanto contiene;
13il settentrione e il mezzogiorno tu li hai creati,
il Tabor e l'Ermon cantano il tuo nome.
14È potente il tuo braccio,
forte la tua mano, alta la tua destra.
15Giustizia e diritto sono la base del tuo trono,
grazia e fedeltà precedono il tuo volto.
16Beato il popolo che ti sa acclamare
e cammina, o Signore, alla luce del tuo volto:
17esulta tutto il giorno nel tuo nome,
nella tua giustizia trova la sua gloria.
18Perché tu sei il vanto della sua forza
e con il tuo favore innalzi la nostra potenza.
19Perché del Signore è il nostro scudo,
il nostro re, del Santo d'Israele.
20Un tempo parlasti in visione ai tuoi santi dicendo:
"Ho portato aiuto a un prode,
ho innalzato un eletto tra il mio popolo.
21Ho trovato Davide, mio servo,
con il mio santo olio l'ho consacrato;
22la mia mano è il suo sostegno,
il mio braccio è la sua forza.
23Su di lui non trionferà il nemico,
né l'opprimerà l'iniquo.
24Annienterò davanti a lui i suoi nemici
e colpirò quelli che lo odiano.
25La mia fedeltà e la mia grazia saranno con lui
e nel mio nome si innalzerà la sua potenza.
26Stenderò sul mare la sua mano
e sui fiumi la sua destra.
27Egli mi invocherà: Tu sei mio padre,
mio Dio e roccia della mia salvezza.
28Io lo costituirò mio primogenito,
il più alto tra i re della terra.
29Gli conserverò sempre la mia grazia,
la mia alleanza gli sarà fedele.
30Stabilirò per sempre la sua discendenza,
il suo trono come i giorni del cielo.
31Se i suoi figli abbandoneranno la mia legge
e non seguiranno i miei decreti,
32se violeranno i miei statuti
e non osserveranno i miei comandi,
33punirò con la verga il loro peccato
e con flagelli la loro colpa.
34Ma non gli toglierò la mia grazia
e alla mia fedeltà non verrò mai meno.
35Non violerò la mia alleanza,
non muterò la mia promessa.
36Sulla mia santità ho giurato una volta per sempre:
certo non mentirò a Davide.
37In eterno durerà la sua discendenza,
il suo trono davanti a me quanto il sole,
38sempre saldo come la luna,
testimone fedele nel cielo".
39Ma tu lo hai respinto e ripudiato,
ti sei adirato contro il tuo consacrato;
40hai rotto l'alleanza con il tuo servo,
hai profanato nel fango la sua corona.
41Hai abbattuto tutte le sue mura
e diroccato le sue fortezze;
42tutti i passanti lo hanno depredato,
è divenuto lo scherno dei suoi vicini.
43Hai fatto trionfare la destra dei suoi rivali,
hai fatto gioire tutti i suoi nemici.
44Hai smussato il filo della sua spada
e non l'hai sostenuto nella battaglia.
45Hai posto fine al suo splendore,
hai rovesciato a terra il suo trono.
46Hai abbreviato i giorni della sua giovinezza
e lo hai coperto di vergogna.
47Fino a quando, Signore,
continuerai a tenerti nascosto,
arderà come fuoco la tua ira?
48Ricorda quant'è breve la mia vita.
Perché quasi un nulla hai creato ogni uomo?
49Quale vivente non vedrà la morte,
sfuggirà al potere degli inferi?
50Dove sono, Signore, le tue grazie di un tempo,
che per la tua fedeltà hai giurato a Davide?
51Ricorda, Signore, l'oltraggio dei tuoi servi:
porto nel cuore le ingiurie di molti popoli,
52con le quali, Signore, i tuoi nemici insultano,
insultano i passi del tuo consacrato.
53Benedetto il Signore in eterno.
Amen, amen.
Michea 1
1Parola del Signore, rivolta a Michea di Morèset, al tempo di Iotam, di Acaz e di Ezechia, re di Giuda. Visione che egli ebbe riguardo a Samaria e a Gerusalemme.
2Udite, popoli tutti!
Fa' attenzione, o terra,
con quanto contieni!
Il Signore Dio sia testimone contro di voi,
il Signore dal suo santo tempio.
3Poiché ecco, il Signore esce dalla sua dimora
e scende e cammina
sulle alture del paese;
4si sciolgono i monti sotto di lui
e le valli si squarciano
come cera davanti al fuoco,
come acque versate su un pendio.
5Tutto ciò per l'infedeltà di Giacobbe
e per i peccati della casa di Israele.
Qual è l'infedeltà di Giacobbe?
Non è forse Samaria?
Qual è il peccato di Giuda?
Non è forse Gerusalemme?
6Ridurrò Samaria a un mucchio di rovine in un campo,
a un luogo per piantarvi la vigna.
Rotolerò le sue pietre nella valle,
scoprirò le sue fondamenta.
7Tutte le sue statue saranno frantumate,
tutti i suoi doni andranno bruciati,
di tutti i suoi idoli farò scempio
perché messi insieme a prezzo di prostituzione
e in prezzo di prostituzione torneranno.
8Perciò farò lamenti e griderò,
me ne andrò scalzo e nudo,
manderò ululati come gli sciacalli,
urli lamentosi come gli struzzi,
9perché la sua piaga è incurabile
ed è giunta fino a Giuda,
si estende fino alle soglie del mio popolo,
fino a Gerusalemme.
10Non l'annunziate in Gat,
non piangete in Acri,
a Bet-le-Afrà avvoltolatevi nella polvere.
11Emigra, popolazione di Safìr,
nuda, nella vergogna;
non è uscita la popolazione di Zaanàn.
In lutto è Bet-Èsel;
egli vi ha tolto la sua difesa.
12Si attendeva il benessere
la popolazione di Maròt,
invece è scesa la sciagura
da parte del Signore
fino alle porte di Gerusalemme.
13Attacca i destrieri al carro,
o abitante di Lachis!
Essa fu l'inizio del peccato
per la figlia di Sion,
poiché in te sono state trovate
le infedeltà d'Israele.
14Perciò sarai data in dote a Morèset-Gat,
le case di Aczìb saranno una delusione
per i re d'Israele.
15Ti farò ancora giungere un conquistatore,
o abitante di Maresà,
egli giungerà fino a Adullàm,
gloria d'Israele.
16Tagliati i capelli, rasati la testa
per via dei tuoi figli, tue delizie;
renditi calva come un avvoltoio,
perché vanno in esilio
lontano da te.
Lettera a Tito 2
1Tu però insegna ciò che è secondo la sana dottrina:2i vecchi siano sobri, dignitosi, assennati, saldi nella fede, nell'amore e nella pazienza.3Ugualmente le donne anziane si comportino in maniera degna dei credenti; non siano maldicenti né schiave di molto vino; sappiano piuttosto insegnare il bene,4per formare le giovani all'amore del marito e dei figli,5ad essere prudenti, caste, dedite alla famiglia, buone, sottomesse ai propri mariti, perché la parola di Dio non debba diventare oggetto di biasimo.
6Esorta ancora i più giovani a essere assennati,7offrendo te stesso come esempio in tutto di buona condotta, con purezza di dottrina, dignità,8linguaggio sano e irreprensibile, perché il nostro avversario resti confuso, non avendo nulla di male da dire sul conto nostro.9Esorta gli schiavi a esser sottomessi in tutto ai loro padroni; li accontentino e non li contraddicano,10non rubino, ma dimostrino fedeltà assoluta, per fare onore in tutto alla dottrina di Dio, nostro salvatore.
11È apparsa infatti la grazia di Dio, apportatrice di salvezza per tutti gli uomini,12che ci insegna a rinnegare l'empietà e i desideri mondani e a vivere con sobrietà, giustizia e pietà in questo mondo,13nell'attesa della beata speranza e della manifestazione della gloria del nostro grande Dio e salvatore Gesù Cristo;14il quale ha dato se stesso per noi, per riscattarci da ogni iniquità e formarsi un popolo puro che gli appartenga, zelante nelle opere buone.
15Questo devi insegnare, raccomandare e rimproverare con tutta autorità. Nessuno osi disprezzarti!
Capitolo XXII: Riconoscere i molti e vari benefici di Dio
Leggilo nella Biblioteca1. Introduci, o Signore, il mio cuore nella tua legge e insegnami a camminare nei tuoi precetti. Fa' che io comprenda la tua volontà; fa' che, con grande reverenza e con attenta riflessione, io mi rammenti, uno per uno e tutti insieme, i tuoi benefici, così che sappia rendertene degne grazie. Per altro, so bene e confesso di non potere, neppure minimamente, renderti i dovuti ringraziamenti di lode. Ché io sono inferiore a tutti i beni che mi sono stati concessi. Quando penso alla tua altezza, il mio spirito viene meno di fronte a questa immensità. Tutto ciò che abbiamo, nello spirito e nel corpo, tutto ciò che possediamo, fuori di noi e dentro di noi, per natura e per grazia, tutto è tuo dono; e sta a celebrare la benevolenza, la misericordia e la bontà di colui, da cui riceviamo ogni bene. Che se uno riceve di più e un altro di meno, tutto è pur sempre tuo: senza di te, non possiamo avere neppure la più piccola cosa. Da un lato, chi riceve di più non può vantarsene come di un suo merito, né innalzarsi sugli altri e schernire chi ha di meno. Più grande e più santo è, infatti, colui che fa minor conto di se stesso e ringrazia Dio con maggiore umiltà e devozione; più pronto a ricevere maggiormente è colui che si ritiene più disprezzabile di tutti e si giudica più indegno. D'altro lati, chi riceve di meno non deve rattristarsi, non deve indignarsi o nutrire invidia per chi ha avuto di più; deve piuttosto guardare a te e lodare grandemente la tua bontà, perché tu largisci i tuoi doni con tanta abbondanza e benevolenza, "senza guardare alle persone" (1Pt 1,17).
2. Tutto viene da te. Che tu sia, dunque, lodato per ogni cosa. Quello che sia giusto concedere a ciascuno, lo sai tu. Perché uno abbia di meno e un altro di più, non possiamo comprenderlo noi, ma solo tu, presso cui sono stabilmente definiti i meriti di ciascuno. Per questo, o Signore Iddio, io considero un grande dono anche il non avere molte di quelle cose, dalle quali vengono lodi e onori dall'esterno, secondo il giudizio umano. Così, guardando alla sua povertà, e alla nullità della sua persona, nessuno ne tragga un senso di oppressione, di tristezza e di abbattimento, ma invece ne tragga consolazione e grande serenità; perché i poveri e coloro che stanno in basso, disprezzati dal mondo, tu, o Dio, li hai scelti come tuoi intimi amici. Una prova di questo è data dai tuoi apostoli. Tu li hai posti come "principi su tutta la terra" (Sal 44,17); e tuttavia essi passarono in questo mondo senza un lamento: tanto umili e semplici, tanto lontani da ogni astuzia e malizia, che trovarono gioia anche nel sopportare oltraggi "a causa del tuo nome" (At 5,41), abbracciando con grande slancio quello da cui il mondo rifugge. Colui che ti ama, colui che apprezza i tuoi doni di nulla deve esser lieto quanto di realizzare in sé la tua volontà e il comando dei tuoi eterni decreti. Solo nel tuo volere egli deve trovare appagamento e consolazione, tanto da desiderare di essere il più piccolo, con lo stesso slancio con il quale altri può desiderare di essere il più grande. Colui che ti ama deve trovare pace e contentezza nell'ultimo posto, come nel primo; deve accettare di buon grado sia di essere disprezzato e messo in disparte, senza gloria e senza fama, sia di essere onorato al di sopra degli altri e di emergere nel mondo. Invero, il desiderio di fare la tua volontà e di rendere gloria a te deve prevalere in lui su ogni altra cosa, consolandolo e allietandolo più di tutti i doni che gli siano stati dati o gli possano essere dati.
DISCORSO 306/E DISCORSO DI SANT'AGOSTINO VESCOVO NEL GIORNO NATALIZIO DEL MARTIRE SAN QUADRATO
Discorsi - Sant'Agostino
Leggilo nella BibliotecaNoi non preghiamo per i martiri ma invochiamo i martiri.
1. Come annunziato alla vostra Carità, splende oggi a noi il giorno solenne in cui Quadrato ricevette la corona. Celebriamolo con l'adunanza festiva e il discorso. In effetti, della gloria che han conseguito i martiri dinanzi a Dio e agli uomini noi parliamo spesso, e cioè tutte le volte che celebriamo le loro solennità. La celebrazione partecipata con zelo sia un'esortazione ripetuta, finché alla fine divenga [comune] esultanza. Abbiamo cantato un salmo molto intonato con la festa dei martiri: Come un mucchio di sabbia io sono stato spinto alla caduta, ma il Signore mi ha sorretto 1. Dice questo il coro completo di tutti i martiri; lo dice il corpo di Cristo mentre vive nel mondo, cioè fra molteplici tentazioni, come Lot a Sodoma. Esso vede molte cose che non approva, né consente in alcun modo alle opere che compiono i cattivi 2. In più modi infatti l'anima umana è indotta a peccare: la tentano sia l'attrattiva del piacere sia l'accanirsi della tribolazione; e chiunque domina il piacere per non peccare dietro le sue attrattive ha compiuto un gran progresso ma non ha ancora raggiunto la perfezione. In realtà l'amore della giustizia, per essere perfetto, dev'esser tale che non solo ad esso ceda l'attrattiva del piacere ma esso stesso non deve cedere di fronte al dolore. Chi arriva a questa meta è perfetto. Così i martiri, che noi crediamo perfetti già quando uscirono da questo mondo. Essi infatti furono vincitori non solo nel combattere contro i piaceri del mondo ma anche perché vinsero combattendo contro le tribolazioni del mondo. Tutti i fedeli infatti sanno che quando celebriamo i misteri della religione cristiana noi non preghiamo per i martiri. Non solo non preghiamo per loro, ma raccomandiamo noi stessi alle loro preghiere.
Dio manda la prova ma aiuta nella lotta.
2. Questa perfezione chiede con parole di severo richiamo ed esige la lettera di Paolo agli Ebrei, dove si legge: Non avete ancora resistito fino al sangue nella vostra lotta contro il peccato 3. È una perfezione che ci si raccomanda di avere. Se infatti ad uno si dice: " Non l'hai ancora fatto ", gli si inculca di farlo. Voi infatti non avete ancora resistito fino al sangue nella vostra lotta contro il peccato. I martiri al contrario hanno lottato fino a spargere il sangue. Essi non combattevano soltanto contro il persecutore uomo, ma anche contro il diavolo, che tendeva insidie, e, se vuoi accogliere [tutta] la verità, anche contro la propria debolezza personale. All'interno dello stesso uomo infatti si svolge un gran combattimento: arena ne è la coscienza, spettatore supremo Colui che con lo sguardo penetra nella coscienza. Ma se Costui si limitasse a scrutare la coscienza e non le venisse anche in aiuto, ogni combattente dovrebbe darsi per vinto. Pertanto nelle parole che abbiamo cantato trovi, sì, questa affermazione: Come un mucchio di sabbia io sono stato spinto alla caduta; ma [se gli chiedi]: " Perché dunque non sei caduto? ", eccolo qua: Perché il Signore mi ha sorretto 4. Dice questo come confessando la sua debolezza. Quanto a me - dice - io sarei caduto, ma il Signore mi ha sorretto. Sii dunque nel Signore, rimani nel Signore; e così, quando subirai l'assalto della tentazione, non cadrai, perché non cedi. Se non cedi ma resisti, non cadi perché non avrai consentito.
Cristo pietra angolare della casa di Dio.
3. Di questo trovi un esempio anche nel nome del martire di cui oggi celebriamo la solennità. Si chiamava Quadrato. Ora, se tu dai una spinta a un masso di forma quadrata, si sposta ma non cade: si sposta perché non oppone resistenza, non cade perché rimane sempre nella sua configurazione dritta. Il quadrato infatti sta sempre per dritto, in qualunque lato lo giri: se lo muovi da un lato, si rovescia su un altro, ma non può cadere steso per terra. Giustamente quindi anche il Signore Dio quando ordinò a quell'antico giusto che fu Noè di costruire l'arca, gli comandò di farlo con legni quadrati 5. Per quella costruzione volle che si usassero tronchi non soggetti a putrefazione e di forma quadrata: non soggetti a putrefazione per [simboleggiare] l'eternità, quadrati per indicare che la tentazione va evitata. Siamo anche noi dei quadrati, anzi tutto intero il corpo di Cristo sia una massa quadrata. Questa massa ha una pietra angolare, com'è stato cantato. La pietra che i costruttori hanno scartata, dice, è divenuta pietra angolare 6. Come mai colui che i costruttori avevano scartato è divenuto pietra angolare? Fa capire che i costruttori erano i farisei, gli scribi e i dottori della legge, i quali respinsero Cristo non ritenendolo Messia e dissero: " Non è lui il Messia. Noi aspettiamo il Cristo, ma non accettiamo costui come Cristo ". Confessando di essere in attesa del Cristo essi erano dei costruttori dell'edificio; ma col dire che non riconoscevano come Cristo colui che veramente lo era, essi ne scartarono la pietra angolare 7. In realtà, loro stessi non poggiavano i piedi sulla pietra ma sulla rena; e pertanto, quando si misero a costruire, siccome intendevano affermare se stessi anziché compiere l'opera [di Dio], scartarono la pietra angolare. Ma tu non meravigliarti se questa pietra, scartata dai costruttori, sia diventata pietra angolare. Ecco infatti come continua la Scrittura: Dal Signore è stato fatto questo 8. Fu scartata da quei costruttori; dal Signore è stata posta come pietra angolare. Verso questo angolo convergevano le pareti da opposta direzione: i circoncisi e i non circoncisi. Se guardi al punto di partenza, cosa ci poteva essere di più distanziato? Se guardi al punto di congiungimento, cosa ci può essere di più unito? Infatti le pareti che formano un angolo provengono, sì, da direzioni opposte, ma poi in quell'unico punto combaciano fra loro nel vincolo della pace 9. È accaduto proprio così: gli uni venivano dal popolo dei circoncisi, gli altri dal mondo degli incirconcisi; nella pietra angolare han trovato l'unione. E si sono adempiute le parole dell'Apostolo: Egli è la nostra pace; egli ha fatto dei due un popolo solo 10.
L’essere tempio di Dio è vantaggioso per noi.
4. Sforzatevi dunque, o carissimi, e venite alla pietra angolare in forma di quadrato, affinché il costruttore non vi disapprovi. Tutto questo poi ripromettetevelo da Dio: è lui che squadra e accoglie. Lo dice l'apostolo Pietro: Quanto a voi - dice - come pietre vive lasciatevi costruire per diventare tempio santo di Dio 11. E questo tempio di Dio noi lo dobbiamo immaginare tenendo presente che non è Dio che ha bisogno del tempio ma è il tempio che ha bisogno di Dio. Non dobbiamo cioè pensare che siamo noi a fare un dono a Dio, concedendogli un luogo per risiedere. Il fatto che Dio abiti in te reca vantaggio a te: abitando in te rende beato te, non diventa beato lui per il posto dove può abitare. Vero padrone infatti è colui che non ha bisogno del servo, e se ha un servo, ce l'ha non perché ne abbia bisogno ma perché in questo modo ha qualcuno a cui provvedere. Effettivamente, la limitatezza dell'uomo ha bisogno di servi perché il servo faccia quelle faccende che il padrone non può fare; e così il servo, facendo ciò che a lui è possibile, aiuta il padrone nelle cose che non può fare. Ma Dio è onnipotente, e non ha bisogno di te lui che ti ha fatto esistere. Non è infatti tuo merito se porti in te il Signore, come non avevi meritato d'essere creato dal Signore. Non pensare che dài qualcosa a Dio quando credi in lui. Infatti, se non credi rechi un danno non a lui ma a te. Questo pensiero è espresso nel salmo dove si dice: Io ho detto al Signore: Tu sei il mio Dio perché non hai bisogno dei miei beni 12. Per questo il mio Signore, il vero Dio, è padrone perché " tu non hai bisogno dei miei beni " ma io dei tuoi.
Da sé l’uomo può ammalarsi, non guarire.
5. Nessuno pensi che sia in suo potere prender la forma quadrata come gli fu possibile rendersi deforme; nessuno si ritenga capace di guarire le proprie ferite, anche se fu capace di procurarsele. L'occhio può passare dalla luce alle tenebre: basta che si chiuda ed è nelle tenebre. Certamente: se lo chiudi, sei nell'oscurità. Fu dunque in tuo potere cacciarti nelle tenebre per aver chiuso gli occhi; ma ti sarà forse possibile vedere qualcosa quando tu riaprirai gli occhi, se non ci sarà una qualche luce che ti consenta di vedere? Quando chiudesti gli occhi, non avesti bisogno di aiuti per non vedere; ma per vedere, quando riaprirai gli occhi, hai bisogno di aiuto. Se infatti non ci sarà la luce o del sole o della luna o di una lanterna o di un'altra fonte luminosa, se non ci sarà qualcosa di questo genere, quando tu aprirai gli occhi, questi occhi, anche se aperti, non vedranno niente. Compito nostro dunque è ricevere, compito nostro è [conservare ciò che si] possiede. Ma cosa hai tu che non abbia ricevuto? 13
Dono di Dio è la costanza del martire.
6. Per questo [afferma] la voce di un orante: " Sono come un mucchio di sabbia " 14. Non " un mucchio di sabbia " ma come un mucchio di sabbia. Infatti il corpo di Cristo, diventato solido e quadrato, dai ciechi fu ritenuto un mucchio di sabbia, ma questo, che cioè fosse un mucchio di sabbia, era soltanto una loro supposizione; e quindi esso non cadde. Un tale risultato il salmista non lo attribuisce alle sue forze, ma dice: Il Signore mi ha sorretto 15. Orbene, anche noi siamo esposti a molte tentazioni da parte del mondo, poiché Sodoma non è stata del tutto bruciata dal fuoco, ma tuttora esiste una grande Sodoma; e se la prima fu consumata dalle fiamme, questa seconda rimane, in attesa del giudizio 16. Trovandoci dunque nelle prove che a noi procura il mondo, convinciamoci che ogni giorno dobbiamo lottare fino al sangue contro il peccato 17, conforme a quell'altro detto: Combatti fino alla morte per la verità 18. Dove prima si diceva Contro il peccato qui si dice Per la verità; e dove là si diceva fino al sangue qui si dice fino alla morte. Tale dev'essere la disposizione interiore del martire, inquanto non è dello spargimento del sangue che Dio si compiace: egli ha molti martiri i quali [rendono testimonianza] nel segreto. Pace in terra agli uomini di buona volontà 19.
Le subdole tentazioni del mondo.
7. Non dobbiamo desiderare che si ripeta quella persecuzione che dovettero subire i nostri antenati per l'odio delle autorità civili e per la quale ci furono i martiri. Il mondo non cessa di perseguitare, e quindi non son finite ma abbondano le prove e le tentazioni. Capita a volte che tu sia febbricitante e debba combattere ugualmente. Non voglio parlare delle varie minacce che ricevi dai nemici né delle tentazioni molteplici sofferte per causa di singole persone: cose di cui avevo iniziato a parlare. Comunque, tu sei colpito da febbre e combatti; giaci in un letto e sei un lottatore; nella tua debolezza, tu combatti e vinci. Che dire infatti se venisse da te, in preda alla febbre e ormai in punto di morte, qualcheduno che ti assicurasse di poterti liberare dalla febbre ricorrendo a degli incantesimi? Questi incantesimi potrebbero risultarti illeciti, diabolici, abominevoli ed esecrandi, ma colui che vuole persuadertene l'uso ti si fa avanti proponendo molti esempi di gente che con essi ha ottenuto la guarigione. Ti dice: " A quel tale, che aveva lo stesso tuo guaio, l'astrologo fece e questo e questo: lo ipnotizzò, lo bagnò nell'acqua, gli fu accanto, ed egli acquistò la salute. Va' pure a interrogarlo, a chiedergli informazioni, e ascoltalo ". Se tu a questa voce non consenti, sei un martire: hai preferito morire anziché dire di sì a un consigliere sacrilego. Cosa infatti diceva il giudice iniquo al martire incatenato e posto sul rogo? " Deciditi a sacrificare e io ti libero dai tormenti ". La stessa cosa dice segretamente il diavolo a te che ardi per la febbre: " Commetti questo sacrilegio e io ti libero dalla febbre ".
Martiri senza spargimento di sangue.
8. Se tu non acconsenti, vinci; [e vinci] non un uomo ma il diavolo; non un qualsiasi peccatore, uguale a te, ma lo stesso capo dei peccatori. La tua lotta in verità non è contro la carne e il sangue, cioè contro gente che ti procura molestie o incitandoti [al male] o sottoponendoti a tribolazioni, ma contro i principi e le potenze e i dominatori del mondo. Dominatori non del cielo e della terra ma [del mondo] di queste tenebre 20, cioè del mondo degli sporcaccioni e dei perversi di cui parla l'Apostolo rivolgendosi a quei che ne sono stati liberati: Un tempo eravate tenebre 21. Se dunque tu a questi tali non acconsenti, non pensare che tu non sia un martire. È vero che in tuo onore non si celebra la festa, ma è già bell'e pronta per te la corona. Quanto alla festa, è nostra consuetudine celebrarla per coloro che hanno sostenuto la lotta in maniera palese, mentre invece ci sono molti martiri che han lasciato il mondo partendo dal loro letto, e dalla loro infermità son passati al cielo riportando la vittoria. Sappi dunque che tu sei nel combattimento quando hai da soffrire cose come quelle sopra indicate, quando ti vengono suggerite cose di quel genere. Lì tu devi avere il coraggio del martire, poiché ti sta osservando Colui che ti ha creato e ti dà l'aiuto Colui che ti ha chiamato [alla fede]. Lì devi poter dire: " Ho trovato quella parola dei santi: Dio ha il potere di liberarmi anche da questa febbre mortifera, anche se non lo fa 22 ". Sia tuo bersaglio lo stregone, dal momento che colui al quale parli non diventa trasgressore. Dopo tali parole, ti capiterà quel che Dio vuole: o rimani in vita o sei associato agli angeli. Egli compirà l'opera che nei tuoi riguardi ha deciso egli stesso. Tu sii preparato a tutt'e due le cose, se vuoi essere un uomo quadrato.
Esempi di martirio nell’Antico Testamento.
9. Hai or ora ascoltato le parole del salmo: Il Signore mi ha corretto con [severa] correzione, ma non mi ha consegnato alla morte 23. Credi tu che esse siano la voce del solo Daniele, dinanzi al quale si chiuse la bocca dei leoni 24? O credi che siano soltanto la voce dei tre fanciulli, che con la fede estinsero le fiamme in mezzo alle quali stavano camminando 25? Credi, ripeto, che le parole: Il Signore mi ha corretto con [severa] correzione, ma non mi ha consegnato alla morte 26, siano la voce di questi uomini soltanto: dell'uno, cioè, che non fu sbranato dai leoni o di questi altri che non furono bruciati dal fuoco? No! Non pensare che sia così. Queste parole non le dissero soltanto costoro; le dissero anche i Maccabei 27. Non era un Dio diverso, quello di questi ultimi e quello dei primi; né è vero che egli protesse gli uni e non si curò di proteggere gli altri, né soccorse gli uni e trattò con ira gli altri. È sempre lo stesso Dio, capace di liberare l'uomo nell'una e nell'altra maniera, perché sia a tutti noto che ogni cosa è in suo potere. Chiudendo le fauci dei leoni 28, corresse Daniele con l'umiliazione, ma non lo consegnò alla morte 29. Privando il fuoco del suo calore, corresse i tre fanciulli nell'umiliazione, ma non li consegnò alla morte. Rendendo i Maccabei vincitori mediante il fuoco, e cioè impedendo che essi si piegassero di fronte ai tormenti e facendo sì che lottassero fino al sangue contro il peccato, certo li trattò con severità ma non li consegnò alla morte 30. Tutti costoro infatti vivono. Mi chiedo dunque: A qual morte non permise che fossero consegnati? Il diavolo voleva che fossero colpiti dalla seconda morte 31, dalla morte eterna, non da quella temporale. Ebbene, Dio liberò i primi in maniera palese, coronò gli altri in maniera occulta; né questi né quelli abbandonò alla morte.
Il martirio di Giovanni Battista.
10. Vi ho detto che noi dobbiamo essere sempre pronti a tutt'e due le evenienze, poiché Dio ha il potere di liberarci da ogni sorta di tribolazione 32; ma, quanto a noi, dobbiamo pregare soprattutto perché ci liberi dalla tribolazione, ci faccia uscire vittoriosi dalla tribolazione, e non permetta che cediamo dinanzi alla tribolazione commettendo peccati. Inoltre non devi crederti martire solo se ti si comanda di rinnegare Cristo e tu non lo rinneghi. Anche quando ti viene in mente di commettere un'azione contraria alla giustizia è come se qualcuno ti dicesse di rinnegare Cristo. È stato certamente un martire illustre Giovanni Battista, a cui fu tagliata la testa; ma a lui non fu chiesto di rinnegare Cristo. Egli diceva la verità a quel re depravato, e il re in preda alla collera lo fece incarcerare e in un momento d'esilarazione lo fece uccidere. Perché lo si uccidesse, ecco intervenire il ballo: la ragazza ballò, Giovanni stramazzò a terra 33. Uccidendo quell'uomo giusto, chi cadde rovinosamente fu il re. Non fu infatti l'ucciso a cadere: cadde colui che ordinò di ucciderlo. Sta di fatto però che a Giovanni non fu detto: " Rinnega Cristo "; tuttavia, siccome diede la vita in difesa della verità, egli morì ugualmente per Cristo, il quale disse: Io sono la via, la verità e la vita 34.
Sarà coronato chi resiste nella lotta.
11. Analogamente colui che a te chiede di dire una falsa testimonianza in suo favore non ti propone altro che rinnegare Cristo. Se infatti tu con la lingua confessi di credere in Cristo e poi proferisci una falsa testimonianza, si avverano in te le parole di Paolo: Essi confessano di conoscere Dio ma a fatti lo rinnegano 35. Sì, tu l'hai confessato a parole, ma con i fatti l'hai rinnegato. E Dio nel giudizio tiene più conto di chi lo rinnega di fatto che di chi lo confessa a parole: contano infatti più le opere che non le parole. È bene se stanno insieme il fare e il dire; è male il dire senza il fare. Pertanto, finché lotti consìderati pure un martire. " Di' una falsa testimonianza in mio favore ". " No, non la dico ". " Prenditi questo denaro e dilla! ". " No, non lo prendo ". Hai vinto la tua bramosia. Quando riuscirai a vincere anche il timore, avrai lottato fino al sangue contro il peccato 36. Infatti, colui che non è riuscito a sedurti con i regali tenterà di abbatterti con le minacce: ti prospetterà le inimicizie che riverserà su di te, le gravi vessazioni a cui ti sottoporrà, fino ad ucciderti, quando gli sarà possibile (e forse, già ora lo può). Cosa farai? Egli non ti dice: " Rinnega Cristo ", ma: " Compi un atto che Cristo disapprova ", un atto che contrasta con [la volontà di] colui che ha comandato di non dire falsa testimonianza 37. Quante tentazioni di questo genere ci mettono alla prova ogni giorno! Può darsi che non si riversino sull'insieme [dei cristiani], cioè sulla Chiesa universale, perché quell'uomo che fu qualificato come " mucchio di sabbia " sia rovesciato come un mucchio di sabbia 38; ma è certo che il nemico combatte contro i singoli granellini [di sabbia], tenta con insistenza i singoli individui. E che differenza c'è se egli tenta gli uomini singolarmente o se li spinge [al male] tutti insieme? Il tentatore non si stanca mai. Non si stanchi nemmeno colui che sostiene la lotta, e non verrà a mancargli Colui che gli darà la corona. Rivolti al Signore...
1 - Sal 117, 13.
2 - Cf. Gn 19, 1-25.
3 - Eb 12, 4.
4 - Sal 117, 13.
5 - Cf. Gn 6, 14.
6 - Sal 117, 22 (Mt 21, 42; Mc 12, 10; Lc 20, 17; 1 Pt 2, 7).
7 - Cf. Mt 7, 24-27.
8 - Sal 117, 23.
9 - Cf. Ef 2, 11-15; 4, 3.
10 - Ef 2, 14.
11 - 1 Pt 2, 5 (Ef 2, 22).
12 - Sal 15, 2.
13 - 1 Cor 4, 7.
14 - Sal 117, 13.
15 - Sal 117, 13.
16 - Cf. Ap 11, 8; Gd 6-7.
17 - Eb 12, 4.
18 - Sir 4, 33.
19 - Lc 2, 14.
20 - Ef 6, 12.
21 - Ef 5, 8.
22 - Cf. Dn 3, 17-18.
23 - Sal 117, 18.
24 - Cf. Dn 6, 22.
25 - Cf. Dn 3, 24.
26 - Sal 117, 18.
27 - Cf. 1 Mac 2, 59-60.
28 - Cf. Dn 6, 22.
29 - Cf. Dn 3, 49.
30 - Cf. 2 Mac 7, 1-41; Eb 12, 4; Sal 117, 18.
31 - Cf. Ap 2, 11; 20, 6 e 14.
32 - Cf. Dn 3, 17.
33 - Cf. Mt 14, 3-12 (Mc 6, 17-29).
34 - Gv 14, 6.
35 - Tt 1, 16.
36 - Cf. Eb 12, 4.
37 - Mt 19, 18 (Mc 10, 19; Lc 18, 20).
38 - Cf. Sal 117, 13.
2. L'ombra cupa della sofferenza (1877-1881)
Storia di un'anima - Santa Teresa di Lisieux
Leggilo nella BibliotecaMalattia e morte della
mamma - Perdita della naturale vivacità - Trasferimento della famiglia
a Lisieux - Serena vita ai Buissonnéts - Saggia educazione e prima
istruzione scolastica - Visione misteriosa - Il mare.
42 - Tutti i particolari della malattia della nostra Madre tanto cara
sono presenti al mio cuore, ricordo soprattutto l'ultima settimana che
passò sulla terra; eravamo, Celina e io, come povere piccole esiliate,
tutte le mattine la signora Leriche veniva a prenderci, e passavamo la
giornata da lei. Un giorno non avevamo avuto il tempo di fare la nostra
preghiera prima di uscir di casa e durante il tragitto Celina mi disse
piano: «Dobbiamo dire che non abbiamo fatto la nostra preghiera?». -
«Oh, si!» le risposi: allora lo raccontò molto timidamente alla signora
Leriche, e questa concluse: «Ebbene, figliette mie, ora la direte». Poi
ci mise tutte due in una grande stanza e se ne partì... Celina mi
guardò e dicemmo: «Ah! non è come Mamma. Lei ce la faceva fare sempre
la nostra preghiera!». Quando giocavamo con i bimbi, ci perseguiva il
pensiero della nostra Mamma cara, una volta Celina aveva avuto una
bella albicocca, si chinò verso di me, e mi disse piano: «Non la
mangiamo, la do alla Mamma». Ahimè! Povera Mamma tanto cara, era già
troppo malata per mangiare i frutti della terra, non doveva più
saziarsi se non in Cielo della gloria divina e bere con Gesù il vino
misterioso del quale parla nell'ultima sua Cena, quando dice che lo
condividerà con noi nel regno del Padre suo. Il rito commovente della
Estrema Unzione mi si impresse nell'anima, vedo ancora il posto mio
accanto a Celina, eravamo tutte e cinque per ordine d'età e c'era il
caro povero Babbo: singhiozzava.
43 - Il giorno stesso, o l'indomani, del transito di Mamma egli mi
prese tra le braccia e mi disse: «Vieni a dare un ultimo bacio alla tua
povera Mamma»; senza dir nulla accostai le labbra alla fronte di mia
Madre tanto amata. Non ricordo d'aver pianto molto, non parlavo con
nessuno dei sentimenti profondi che provavo. Guardavo e ascoltavo...
nessuno aveva tempo per occuparsi di me, perciò vedevo bene le cose che
avrebbero voluto nascondermi; una volta mi trovai di fronte al
coperchio della bara; mi fermai lungamente ad osservarlo, non ne avevo
mai visti, e tuttavia capivo... Ero tanto piccina che, nonostante la
statura non alta di Mamma, ero costretta ad alzar la testa per vedere
la parte superiore, e mi pareva tanto grande. tanto triste.. Quindici
anni dopo mi trovai dinanzi a un'altra bara, di Madre Genoveffa, era
uguale a quella di Mamma e io mi credetti ancora ai giorni
dell'infanzia! Tutti i ricordi sciamarono in folla, era pur la stessa
Teresina di allora che guardava, ma nel frattempo era cresciuta e la
bara le pareva piccola; non occorreva più sollevare la testa per
vederla. Ora alzava il viso soltanto per contemplare il Cielo che le
appariva pieno di gioia, perché tutte le sofferenze di lei erano finite
e l'inverno dell'anima sua era passato per sempre.
44 - Il giorno in cui la Chiesa benedisse le spoglie mortali della
nostra Mammina del Cielo, il buon Dio volle darmene un'altra sulla
terra, e volle che la scegliessi liberamente. Eravamo tutte e cinque
riunite, ci guardavamo con tristezza, c'era anche Luisa, e vedendo
Celina e me, esclamò: «Povere piccine, non avete più Mamma...!». Allora
Celina si gettò nelle braccia di Maria, dicendo: «Ebbene sarai tu la
mia mamma!». Io ero avvezza a fare come lei, e tuttavia mi volsi a lei,
Madre, e quasi già si fosse diradato il velame dell'avvenire, mi gettai
nelle sue braccia: «Ebbene, sarà Paolina la mia mamma!...».
45 - Come ho già detto, da quel tempo entrai nel secondo periodo della
mia esistenza, il più doloroso dei tre, soprattutto dopo l'ingresso nel
Carmelo di colei che avevo scelta come mia seconda mamma. Questo
periodo va dai miei quattro anni e mezzo fino ai quattordici, cioè fino
a quando ritrovai il mio carattere di bimba pur entrando nel periodo
serio della vita. Bisogna che le dica, Madre mia, che il mio carattere
felice mutò totalmente dopo la morte di Mamma; vivace ed espansiva
com’ero, divenni timida e dolce, sensibile fin troppo. Bastava uno
sguardo per farmi piangere, bisognava che nessuno si occupasse di me
perché fossi contenta, non sopportavo la compagnia degli estranei e
ritrovavo la mia gaiezza soltanto nell'intimità della famiglia...
Eppure, ero avviluppata ancora dagli affetti più delicati. Il cuore
così ricco di Papà aveva unito all'amore che già mi dava, un amore
veramente materno. E lei, Madre mia, e Maria, le mamme più tenere, più
disinteressate! Ah, se il Signore non avesse profuso i suoi benefici
raggi al suo fiore umile, questo non si sarebbe acclimatato sulla
terra: troppo debole era ancora per sopportare pioggia e tempeste,
aveva bisogno di calore, di guazza fresca, di respiro primaverile. Non
gli mancarono mai questi doni, Gesù glieli fece trovare fin sotto il
ghiaccio della prova.
46 - Non soffrii lasciando Alencon. I bimbi gradiscono i cambiamenti; e
io venni a Lisieux con piacere. Ricordo il viaggio, l'arrivo, a sera,
presso la zia, vedo ancora Giovanna e Maria sulla porta, ad aspettarci.
Ero felice di avere delle cuginette tanto care, e volevo un gran bene a
loro, alla zia, allo zio, soltanto che lui mi faceva un po' paura e non
mi sentivo proprio tranquilla e confortata quando gli ero vicina, come,
invece, mi sentivo ai Buissonnets; lì, ai Buissonnets, la mia vita
diventava felice davvero... Di mattina, lei veniva da me, mi domandava
se avevo offerto il cuore al Signore, poi mi vestiva parlandomi di Dio;
e poi ancora, accanto a lei, dicevo le preghiere. Dopo, imparavo a
leggere. La prima parola che riuscii a compitare fu «Cieli». La mia
Madrina prese cura d'insegnarmi a scrivere, e lei, Madre, mi dette le
altre lezioni; non imparavo molto facilmente, avevo però gran memoria.
Prediligevo il Catechismo, soprattutto la Storia Sacra, li studiavo con
gioia; invece, la grammatica... ho pianto spesso, per la grammatica! Si
ricorda, il maschile e il femminile?...
47 - Appena finito lo studio, salivo al belvedere e portavo quaderno e
voti a Papà. Com'ero felice quando gli potevo dire: «Ho avuto 10 senza
riserve, Paolina me l'ha detto da sé!». Perché accadeva questo: quando
le domandavo io se avevo 10 senza riserve, e che lei mi diceva di sì,
agli occhi miei era un tantino meno. Così lei mi dava dei buoni voti, e
quando ne avevo messi insieme un certo numero, mi toccava un premio e
un giorno di vacanza. Quei giorni lì mi parevano più lunghi assai degli
altri, e ciò faceva piacere a lei perché dimostrava che non mi garbava
il dolce far niente.
48 - Tutti i pomeriggi facevo una passeggiatina con Papà; insieme
facevamo la visita al Santissimo, cambiando chiesa ogni giorno, e così
mi accadde di entrare per la prima volta nella cappella del Carmelo.
Papà mi fece vedere la grata del coro, e disse che là dietro stavano le
religiose. Ero ben lontana dal pensare che nove anni dopo ci sarei
stata anch'io! Durante le passeggiate, Papà mi comprava sempre un
regalino da un soldo o due: dopo, rientravamo a casa; allora facevo i
compiti, poi, per tutto il tempo rimanente, me ne stavo in giardino a
saltellare intorno a Papà, perché non sapevo giocare con la bambola.
Era una gran gioia per me preparare bevande con granelli e scorze
d'albero che raccattavo per terra, le portavo poi a Papà in una bella
tazzina, e il mio povero caro Babbo interrompeva il suo lavoro, e
sorridendo faceva finta di bere. Prima di restituirmi la tazza mi
domandava (come di sfuggita) se dovesse versare il contenuto; qualche
volta dicevo di sì, ma per lo più riportavo via la mia preziosa tisana
affinché mi servisse per varie occasioni.
49 - Mi piaceva coltivare fiori nel giardino che Papà m'aveva dato; mi
divertivo a erigere minuscoli altari nella specie di nicchia che si
trovava a metà del muro; quando avevo finito, correvo da Papà e,
trascinandolo, gli dicevo di chiudere bene gli occhi e di non riaprirli
se non nel momento che glielo avrei detto io; lui faceva tutto quello
che volevo e si lasciava condurre davanti al mio giardinetto, allora
gridavo: «Papà, apri gli occhi!». Li apriva e si estasiava per farmi
piacere, ammirando quello che a me pareva un capolavoro! Non finirei
mai se volessi raccontare mille episodietti simili a questo che si
affollano alla memoria... Ah, come potrò ridire tutte le tenerezze che
Papà prodigava alla sua reginetta? Ci sono cose che il cuore sente, ma
che la parola e il pensiero stesso non possono rendere.
50 - Erano giorni belli per me quando il mio «caro re» mi conduceva con
sé a pescare, mi piaceva tanto la campagna, mi piacevano i fiori, gli
uccelli! Qualche volta anch'io m'ingegnavo di pescare con la mia
piccola lenza, ma preferivo sedermi sola sull'erba in fiore, allora i
pensieri si facevano profondi e l'anima mia, senza sapere che cosa
fosse meditare, s'immergeva in una vera orazione... Ascoltavo brusii
lontani. Il murmure del vento ed anche la musica indefinita dei
soldati, la cui risonanza arrivava fino a me, mi riempivano il cuore di
malinconia dolce. La terra mi pareva un luogo d'esilio, sognavo il
Cielo... Il pomeriggio passava rapido, bisognava ben presto rientrare
ai Buissonnets, ma prima di partire prendevo la merenda che avevo
portata in un canestrino: il bel crostino di marmellata che lei mi
aveva preparato aveva mutato aspetto, invece del colore vivo non vedevo
più che una scialba tinta rosa, tutta stantia e svanita. Allora la
terra mi pareva ancora più triste, e capivo che soltanto in Cielo la
gioia sarebbe stata senza nembi...
51 - A proposito dei nembi, ricordo che un giorno il bel cielo azzurro
dell'aperta campagna si coprì, e che poco dopo la tempesta si annunciò
con il suo brontolio, i lampi solcavano la nuvolaglia cupa, e vidi
cadere la folgore a poca distanza; lungi dall'aver paura, ero rapita.
Mi pareva che il buon Dio mi fosse tanto vicino! Papà non era
altrettanto contento, non già che il temporale gli facesse paura, ma
l'erba e le grandi margherite (più alte di me...) scintillavano di
gemme, e noi dovevamo attraversare parecchi prati prima di trovare una
strada; intanto, il mio babbo caro temette che i diamanti bagnassero la
sua bimba e la prese sulle spalle nonostante il bagaglio delle lenze.
52 - Durante le passeggiate con Papà, gli piaceva di farmi portare
l'elemosina ai poveri che incontravamo; un giorno ne vedemmo uno che si
trascinava a fatica sulle stampelle, mi avvicinai per dargli un soldo,
ma lui non si considerò abbastanza povero da ricevere l'elemosina; mi
guardò sorridendo con tristezza, e rifiutò di prendere ciò che gli
offrivo. Non posso dire ciò che accadde in me, avrei voluto essergli di
sollievo, consolarlo; invece mi pareva di avergli dato un dispiacere e
senza dubbio quel poveretto indovinò il mio pensiero perché si voltò e
mi sorrise. Papà mi aveva comprato un dolce; avevo gran voglia di
darglielo, ma non osai, e tuttavia gli volli dar qualcosa che non
potesse rifiutare, perché sentivo tanta simpatia verso lui. Allora mi
ricordai d'avere inteso dire che il giorno della prima Comunione si
ottiene tutto ciò che si chiede: quel pensiero mi consolò e, benché non
avessi ancora sei anni, dissi a me stessa: «Pregherò per il mio povero
nel giorno della prima Comunione». Mantenni la promessa cinque anni
dopo, e spero che il Signore abbia esaudito la preghiera che gli avevo
rivolta per uno dei suoi membri sofferenti.
53 - Amavo molto Dio e gli offrivo spesso il cuore secondo la piccola
preghiera che Mamma mi aveva insegnata, e tuttavia un giorno, o
piuttosto una sera del bel mese di maggio, commisi una colpa che vale
la pena di raccontare e che mi dette un grande spunto per umiliarmi:
credo di averne provato una contrizione perfetta. Ero troppo piccola
per' andare al mese di Maria, perciò restavo con Vittoria e facevo con
lei le mie devozioni davanti al piccolo mese di Maria che accomodavo a
modo mio; erano tanto piccoli i candelieri, i vasi da fiori... che due
fiammiferi funzionanti da candele illuminavano tutto perfettamente;
qualche volta Vittoria mi faceva la sorpresa di darmi due mozziconi di
lucignolo, ma di rado. Una sera era tutto pronto per iniziare la
preghiera; le dissi: «Vittoria, per favore, cominciate il "memorare",
io accendo». Fece finta di cominciare, ma non disse nulla, e mi guardò
ridendo; io vedevo i miei preziosi fiammiferi che si consumavano
rapidamente e la supplicai di dire le orazioni, ma lei silenzio; allora
mi alzai e le dissi forte che era cattiva, e uscendo dalla mia dolcezza
consueta, battei il piedi con tutte le forze... La povera Vittoria non
aveva più voglia di ridere, mi guardò stupefatta e mi fece vedere il
lucignolo che mi aveva portato... Dopo aver sparso lacrime di stizza,
versai quelle del pentimento sincero, col fermo proposito di non
ricominciare mai più.
54 - Mi accadde un'altra avventura con Vittoria, ma di questa non ebbi
pentimento, perché avevo mantenuto perfettamente la calma. Volevo un
calamaio che si trovava sul camino della cucina, ero troppo piccina per
prenderlo e lo chiesi molto gentilmente a Vittoria, ma lei rifiutò
dicendomi di salire sopra una sedia. Io non fiatai, presi una seggiola,
e intanto pensavo tra me che lei era poco amabile; volendo farglielo
sentire, cercai nella mia minuscola testa ciò che mi offendeva di più;
lei spesso mi chiamava, quando era stanca di me, «piccola mocciosa», e
questo mi umiliava molto. Allora, prima di saltar giù dalla seggiola mi
voltai con dignitàe le lanciai: «Vittoria, siete una mocciosa! ». Poi
fuggii, lasciandola a meditare sulla profonda parola che le avevo
detto... Il risultato non tardò: ben presto la intesi che chiamava:
«M’a’zelle Mari... Thérasse m'ha detto che sono una mocciosa!». Maria
arrivò e mi fece chiedere perdono, ma io lo feci senza contrizione,
pensando che Vittoria non aveva voluto allungare il suo grande braccio
per farmi un piccolo favore, perciò meritava il titolo di «mocciosa».
55 - Tuttavia, mi voleva un gran bene e anch'io gliene volevo molto; un
giorno mi cavò da un grande pericolo in cui ero caduta per colpa mia.
Vittoria stava stirando e aveva accanto un secchio con dell'acqua, io
la guardavo dondolandomi, come facevo spesso, sopra una seggiola; a un
tratto, la seggiola mi manca e io casco, non per terra, ma nel fondo
del secchio! I piedi mi toccavano la testa ed io riempivo il secchio
come il pulcino riempie l'uovo... Quella povera Vittoria mi guardava
con uno stupore sommo, mai aveva visto cosa simile. Quanto a me, avevo
ben voglia di uscire dal mio secchio, ma impossibile, la prigione era
così aggiustata che non potevo fare un movimento. Con un po' di fatica
mi salvò dal mio grande pericolo, ma non salvò il mio vestito e tutto
il resto che bisognò cambiare perché ero bagnata come una minestra.
56 - Un'altra volta caddi nel caminetto. Per fortuna il fuoco era
spento. Vittoria non ebbe altro guaio che rialzarmi e scuotermi da
dosso la cenere di cui ero coperta. Accadevano il mercoledì, quando lei
era a lezione di canto con Maria, tutte queste avventure. Similmente,
un mercoledì venne Don Ducellier per fare una visita, Vittoria gli
disse che non c'era nessuno in casa, fuorché Teresa, la più piccina;
lui entrò in cucina per vedermi, e guardò i miei compiti; ero fiera di
ricevere il mio confessore, perché poco prima mi ero confessata da lui
per la prima volta. Che bel ricordo per me!
57 - Madre mia cara, con quanta cura lei mi aveva preparata! Mi aveva
detto che non a un uomo avrei rivelato i miei peccati, bensì al buon
Dio; ne ero veramente convinta, e perciò feci la mia confessione con
grande spirito di fede, e domandai a lei perfino se dovevo dire a Don
Ducellier: «Padre, io la amo con tutto il cuore», visto che avrei
parlato col Signore nella persona di lui. Bene istruita di tutto quello
che dovevo dire e fare, entrai nel confessionale e m'inginocchiai; ma
Don Ducellier aprì la grata e non vide nessuno; ero tanto piccina che
là mia testa si trovava sotto la tavoletta su cui si appoggiano le
mani; allora mi disse di stare in piedi. Ubbidii subito, mi alzai e
volgendomi proprio a lui per vederlo bene in faccia, gli feci la mia
confessione come una ragazza grande e ricevetti la benedizione con
molta devozione, perché lei mi aveva detto che in quel momento le
lacrime di Gesù Bambino avrebbero purificato l'anima mia. Ricordo che
la prima esortazione che mi fu rivolta fu l'invito soprattutto alla
devozione della Vergine Santa, e io mi ripromisi di raddoppiare di
tenerezza per lei. Uscendo dal confessionale ero tanto contenta e
leggera, che mai avevo provato una gioia così grande nell'anima mia.
Dopo tornai a confessarmi per tutte le feste grandi, ed era una vera
festa per me ogni volta che ci andavo.
58 - Le feste! Quanti ricordi, in questa parola! Le feste, le amavo
tanto! Lei mi sapeva spiegare così bene, Madre mia cara, tutti i
misteri nascosti in ciascuna di esse, che diventavano davvero per me
giorni di Cielo. Amavo soprattutto la processione del Santissimo. Che
gioia spargere fiori sotto i passi del Signore! Ma prima di lasciarli
cadere li lanciavo il più in alto possibile, e non ero mai tanto felice
come vedendo le mie rose sfogliate che toccavano l'Ostensorio santo.
59 - Le feste! Ah, se quelle grandi erano rare, ogni settimana ne
conduceva una molto cara al mio cuore: la Domenica! Che giornata era la
Domenica! Era la festa di Dio, la festa del riposo. Prima restavo a
nanna più degli altri giorni, poi Mamma Paolina viziava la figlioletta
portandole il cioccolato ancora tra le piume ed infine la vestiva come
una regina in erba. La madrina veniva a fare i riccioli alla figlioccia
che non sempre era buona e dolce quando le venivano tirati i capelli,
ma poi era ben contenta d'andare a prendere la mano del suo re, il
quale l'abbracciava ancor più teneramente del solito; dopo, tutta la
famiglia partiva per la Messa. Lungo tutto il cammino, e perfino in
chiesa, la reginetta di Papà gli dava la mano, e aveva posto accanto a
lui. Quando scendevamo per la predica, bisognava trovare due seggiole
una presso l'altra. Ciò non era difficile, poiché tutti trovavano così
gradevole vedere un vecchio tanto bello con una figlioletta così
piccina, che le persone si scomodavano per offrire un posto. Lo zio, il
quale si trovava sulle panche dei camarlinghi, si rallegrava vedendoci
arrivare, diceva che ero il suo piccolo raggio di sole... Io non mi
preoccupavo affatto se ero guardata, ascoltavo con grande attenzione le
prediche di cui tuttavia non capivo gran che; la prima che capii e che
mi commosse profondamente, fu di Don Ducellier, sulla Passione: da
allora capli tutte le altre.
60 - Quando il predicatore parlava di santa Teresa, Papà si chinava
verso me, e mi diceva piano: «Ascolta bene, reginetta mia, parla della
Santa tua Patrona». Ascoltavo, realmente, ma guardavo Papà più spesso
del predicatore, il suo bel volto mi diceva tante cose! Qualche volta,
gli occhi gli si empivano di lacrime, che egli si sforzava inutilmente
di trattenere, pareva che già fosse staccato dalla terra, tanto l'anima
sua sapeva immergersi nelle verità eterne. E tuttavia il suo corso di
vita era ancora ben lungi dal giungere a compimento, dei lunghi anni
dovevano trascorrere prima che il Cielo bello si aprisse agli occhi
rapiti di lui, e che il Signore asciugasse le lacrime del suo servo
buono e fedele!
61 - Ma torno alla Domenica. Quella giornata gioiosa che passava tanto
rapida aveva pur la sua velatura di malinconia. Mi ricordo che la mia
felicità era senza mescolanze fino a Compieta; durante quell'ufficio,
pensavo che il giorno del riposo stava per finire, che l'indomani
bisognava ricominciare la vita, lavorare, imparare, e il cuore sentiva
l'esilio della terra, sospiravo pensando al riposo eterno del Cielo, la
Domenica senza tramonto nella Patria… Persino le passeggiate che
facevamo prima di rientrare ai Buissonnets, mi lasciavano un senso di
tristezza nell'anima; allora la famiglia non era più completa, giacché,
volendo fare piacere allo zio, Papà gli concedeva Maria o Paolina per
la serata di domenica; ero ben contenta quando rimanevo anch'io. Anzi,
preferivo così piuttosto che essere invitata sola, perché facevano meno
attenzione a me. Il piacere più grande per me consisteva nell'ascoltare
tutto ciò che lo zio diceva, ma non mi andava a genio che egli mi
facesse delle domande, ed avevo paura quando mi faceva far cavallucdo e
intonava Barba Blu con una voce formidabile. Con piacere vedevo Papà
che ci veniva a prendere.
62 - Sulla via del ritorno, guardavo le stelle che scintillavano
dolcemente, e quella vista mi rapiva. Soprattutto un grappolo di perle
d'oro che distinguevo con gioia, mi pareva che avesse la forma di una T
, lo facevo vedere a Papà e gli dicevo che il nome mio era scritto in
cielo, e poi, non volendo più scorgere nulla della brutta terra, gli
chiedevo che mi conducesse; allora, senza guardare dove mettevo i
piedi, abbandonavo il viso proprio verso l'alto, senza stancarmi di
contemplare il firmamento.
63 - Che potrò dire delle veglie d'inverno, soprattutto di quelle
domenicali? Com'era dolce per me, dopo la partita a lama, stare seduta
con Celina sulle ginocchia di Papà. Con la sua bella voce cantava delle
arie che empivano l'anima di pensieri profondi, oppure, cullandoci
dolcemente, diceva delle poesie improntate di verità eterne. Dopo,
salivamo per fare la preghiera in comune, e la minuscola regina era
sola accanto al suo re: non aveva che da guardarlo per sapere come
pregano i santi... Finalmente sfilavamo tutte, per ordine di età, a
dare la buona notte a Papà e a ricevere un bacio; la regina veniva,
naturalmente, per ultima, il re, per abbracciarla, la prendeva per i
gomiti, e lei diceva a tutto fiato: «Buona notte, Papà, buona notte,
dormi bene!»... Tutte le sere le stesse parole. Finalmente la Mammina
mia mi prendeva tra le braccia e mi portava nel letto di Celina, allora
dicevo: «Paolina, sono stata proprio buona, oggi? Gli angiolini mi
voleranno intorno stanotte?». La risposta era sempre: «sì», altrimenti
avrei passato la notte intera a piangere. Dopo avermi abbracciata - e
così faceva anche la cara mia Madrina - Paolina discendeva, e la povera
Teresa restava sola nel buio; aveva un bel raffigurarsi gli angiolini
che le volavano intorno, ben presto lo sgomento la invadeva, le tenebre
la impaurivano, perché dal letto non riusciva a vedere le stelle che
scintillavano con tanta dolcezza.
64 - Considero una vera grazia di essere stata abituata lei, Madre
cara, a vincere i miei timori; a volte lei mi mandava sola, di sera, a
cercare un oggetto in una stanza lontana; se non fossi stata così ben
diretta, sarei diventata pavidissima, mentre ora è proprio difficile
che mi spaventi. Mi domando, a volte, come lei abbia potuto educarmi
con tanto amore e delicatezza senza viziarmi, perché è vero che lei non
mi condonava nemmeno una sola imperfezione: mai mi rimproverava senza
ragione, ma altresì mai tornava su cosa decisa; lo sapevo tanto bene
che non avrei potuto né voluto fare un passo se lei me l'avesse
proibito. Papà stesso era costretto a conformarsi alla volontà di lei,
perché senza il consenso di Paolina non andavo a spasso, e quando Papà
mi diceva di andarci, rispondevo: «Paolina non vuole»; allora veniva
lui a chiedere grazia per me; qualche volta, per fargli piacere,
Paolina diceva di si, ma Teresa capiva bene, dall'espressione di lei,
che quel sì non era detto a cuor convinto e si metteva a piangere senza
accettar conforto fino a quando Paolina dicesse «sì» e l'abbracciasse a
cuore convinto.
65 - Quando Teresa si ammalava, ciò che le accadeva tutti gli inverni,
non si può dire con quanta tenerezza materna veniva curata. Paolina la
metteva nel proprio letto (favore incomparabile), e poi le dava tutto
quello di cui aveva voglia. Un giorno tirò fuori da sotto il traversino
un temperino graziosissimo, e lo regalò alla figlioletta, lasciandola
immersa in un rapimento indescrivibile. «Ah, Paolina, tu mi vuoi tanto
bene, dunque, giacché ti privi per me del tuo bel coltellino che ha una
stella di madreperla? Ma poiché mi ami così, lo faresti il sacrificio
del tuo orologio per impedirmi di morire?». - «Non soltanto per
impedirti di morire darei il mio orologio, bensì soltanto per vederti
presto guarita, farei subito tale sacrificio». Ascoltando queste parole
di Paolina il mio stupore e la mia riconoscenza erano tanto grandi che
non so esprimerli. D'estate, qualche volta, avevo mal di stomaco, e
Paolina mi curava, come al solito, teneramente; per divertirmi, ciò che
era la cura migliore, mi faceva fare il giro del giardino in carriola e
poi mi faceva scendere, e metteva al posto mio un bel cespo di
margherite che sospingeva con molta precauzione fino al mio giardino
dove lo deponeva con grande pompa...
66 - Paolina riceveva tutte le mie confidenze intime, e gettava luce su
tutti i miei dubbi. Una volta mi meravigliavo che il Signore non dia
gloria uguale in Cielo a tutti gli eletti, e temevo che non tutti
fossero felici; allora Paolina mi disse di andare a prendere il
bicchiere grande di Papà e di metterlo accanto al mio piccolissimo
ditale, poi di riempirli di acqua tutti due; e mi domandò: «Quale è più
pieno?». Le risposi che erano pieni tutti e due, e che non si poteva
mettere più acqua di quanta ne potevano contenere. La mia cara Madre mi
fece capire così che il buon Dio dà in Cielo ai suoi eletti tanta
gloria quanta possono riceverne, e che l'ultimo non avrà niente da
invidiare al primo. In tal modo, mettendo alla mia portata le verità
più sublimi, lei, Madre, sapeva dare all'anima mia il nutrimento che le
occorreva.
67 - Con quanta gioia vedevo ogni anno arrivare la distribuzione dei
premi! In questo, come in tutto, la giustizia era rispettata ed io
ottenevo soltanto le ricompense meritate; sola, in piedi in mezzo alla
nobile assemblea ascoltavo la sentenza letta dal «Re di Francia e di
Navarra»; il cuore mi batteva forte quando ricevevo il premio e la
corona... era, per me, come una immagine del Giudizio! Subito dopo la
distribuzione, la reginetta si toglieva il suo abito bianco, poi si
affrettavano a travestirla affinché potesse prendere parte alla grande
rappresentazione! Com'erano gioiose quelle feste di famiglia! Allora,
vedendo il mio re caro così radioso, com'ero lontana dal prevedere le
prove che dovevano visitarlo!
68 - Tuttavia, un giorno il Signore mi mostrò in una visione davvero
straordinaria, l'immagine vivente della prova che egli si compiaceva di
prepararci Papà era in viaggio da vari giorni, ne dovevano passare
ancora due prima che tornasse. Potevano essere le due o le tre del
pomeriggio, il sole sfolgorava e tutta la natura pareva in festa. Mi
trovavo sola alla finestra d'una soffitta che dava sul giardino grande;
guardavo dinanzi a me, avevo lo spirito occupato da pensieri ridenti,
quando vidi, dinanzi alla lavanderia che si trovava proprio di faccia,
un uomo vestito in tutto e per tutto come Papà, medesima statura e
identico passo, soltanto molto più curvo. La testa era coperta da una
specie di grembiule di colore incerto, in modo che non potei vedere il
viso. Portava un cappello simile a quello di Papà. Lo vidi venire
avanti d'un passo regolare, lungo il giardinetto mio. Subito un
sentimento di timore soprannaturale m'invase l'anima, ma in un attimo
riflettei che certamente Papà era tornato, e si nascondeva per farmi
una sorpresa; allora chiamai forte forte, con una voce che tremava
dall'emozione: «Papà, Papà!... ». Ma il personaggio misterioso non
pareva udisse, continuò il suo passo regolare senza neppure voltarsi;
seguendolo con gli occhi, lo vidi dirigersi verso il boschetto che
tagliava in due il viale grande, io mi aspettavo di vederlo rispuntare
dall'altra parte dei grandi alberi, ma la visione profetica era
svanita! Tutto ciò durò un istante solo, ma mi s'impresse così
profondamente nel cuore che oggi, dopo quindici anni... il ricordo è
ancora presente come se la visione stesse dinanzi agli occhi.
69 - Maria era con lei, Madre, in una stanza comunicante con quella
nella quale mi trovavo io; nel sentirmi gridare «Papà», ebbe
un'impressione di paura, intuendo - mi ha detto in seguito - che
qualcosa accadeva di straordinario; senza farmi vedere la sua emozione,
accorse a me, mi domandò che cosa mi prendeva di chiamare Papà il quale
era ad Alenncon; allora raccontai ciò che avevo visto. Per rassicurarmi
Maria mi disse che certamente era Vittoria che, per farmi paura, si era
coperta il capo col grembiule; ma Vittoria, interrogata, affermò di non
aver lasciato la cucina; d'altra parte, ero ben sicura d'aver visto un
uomo e che quell'uomo aveva l'aspetto di Papà, allora andammo tutte tre
dietro il folto degli alberi, ma non trovando nessun segno che
indicasse il passaggio di qualcuno, lei mi disse di non pensarci più.
70 - Non pensarci più non era in mio potere; di frequente
l'immaginazione mi ripresentava la scena misteriosa che avevo visto, e
ben spesso ho cercato di alzare il velo che mi nascondeva il
significato di essa, perché rimanevo convinta in fondo al cuore che
quella scena avesse un senso, e che il segreto di essa mi sarebbe stato
svelato un giorno... Quel giorno si è fatto attendere lungamente, ma
dopo quattordici anni il Signore ha strappato egli stesso il velo
misterioso. Trovandomi in «licenza» con suor Maria del Sacro Cuore,
parlavamo come sempre delle cose dell'altra vita e delle nostre memorie
fanciullesche, quando le ricordai la visione che avevo avuta all'età da
sei a sette anni; a un tratto, mentre riferivo i particolari di questa
scena strana, capimmo insieme ciò che significava. Era proprio Papa che
avevo visto, camminare curvo per l'età, proprio lui che portava sul
volto venerabile, sulla testa ormai bianca, il segno della sua prova
gloriosa. Come il Volto adorabile di Gesù che fu velato durante la
Passione, così il volto del suo servo fedele doveva essere velato nei
giorni del dolore, per potere poi splendere nella Patria celeste presso
il suo Signore, il Verbo Eterno! Dal seno di quella gloria ineffabile
quando regnava nel Cielo, il nostro Babbo amato ci ha ottenuto la
grazia di capire la visione avuta dalla sua reginetta in una età in cui
non si può temere l'illusione. Dall'intimo della sua gloria ci ha
ottenuto questa dolce consolazione di capire che dieci anni prima della
nostra grande prova, il Signore ce la mostrava già, come un Padre fa
intravedere ai figli l'avvenire glorioso che prepara per essi, e si
compiace considerando in anticipo le ricchezze inestimabili che
apparterranno loro.
71 - Ah! perché il buon Dio ha dato proprio a me quella luce? Perché ha
mostrato a una bambina tanto piccola una cosa incomprensibile per lei,
una cosa che, se l'avesse capita, l'avrebbe fatta morire di dolore,
perché?... Ecco uno dei misteri che senza dubbio capiremo nel Cielo, e
che formerà la nostra eterna ammirazione.
72 - Quanto è buono il Signore! Come proporziona le prove alle forze
che ci dà! Mai, come ho detto, avrei potuto sopportare nemmeno il solo
pensiero delle pene amare che l'avvenire mi riservava. Non potevo
nemmeno pensare senza fremere che Papà poteva morire. Una volta era
salito sopra una scala e, poiché io rimanevo proprio li sotto, mi
gridò: «Allontanati, povero cosino, se casco ti schiaccio». All'udir
ciò provai una rivolta interiore, invece di allontanarmi mi appiccicai
alla scala pensando: «Almeno se papà cade, non avrò il dolore di
vederlo morire, perché morrò con lui!». Non posso dire quanto bene
volevo a Papà, tutto, in lui, mi suscitava ammirazione; quando mi
spiegava i suoi pensieri (come se fossi stata una bambina grande), gli
dicevo ingenuamente che certamente se egli avesse detto quelle cose ai
grandi uomini del governo, lo avrebbero preso per farlo re, e allora la
Francia sarebbe stata felice come non lo era mai stata... Ma in fondo
ero contenta (e me lo rimproveravo come pensiero egoistico) di essere
la sola a conoscere bene Papà, perché sapevo che se fosse divenuto re
di Francia e di Navarra sarebbe stato infelice: è la sorte di tutti i
monarchi e soprattutto non sarebbe stato più il mio re, proprio di me
sola!
73 - Avevo sei o sette anni quando Papà ci condusse a Trouville. Mai
dimenticherò l'impressione che mi fece il mare, non potevo fare a meno
di guardarlo continuamente; la sua maestà, il fragore dei flutti, tutto
parlava all'anima mia della grandezza e della potenza di Dio. Ricordo
che, durante la passeggiata sulla spiaggia, un signore e una signora mi
guardarono mentre correvo gioiosamente intorno a Papà; poi si
avvicinarono, e gli domandarono se ero sua, e dissero che ero proprio
una bella bambina. Papà rispose di sì, ma mi accorsi che faceva loro
segno di non farmi dei complimenti. Era la prima volta che mi sentivo
chiamare carina, mi fece molto piacere, perché non l'avrei creduto;
lei, Madre mia, faceva tanta attenzione a non lasciarmi vicino nessuna
cosa che potesse appannare la mia innocenza, soprattutto a non
lasciarmi udire nessuna parola capace di farmi scivolare nel cuore la
vanità! Poiché non davo retta se non alle parole sue o di Maria (e mai
lei mi aveva rivolto un solo complimento), non detti grande importanza
alle parole e agli sguardi ammirativi della signora. La sera, all'ora
in cui il sole par che si tuffi nell'immensità delle acque, lasciandosi
davanti un solco luminoso, andai a sedermi sopra una roccia con Paolina
sola. Allora ricordai la storia commovente «del solco d'oro»! Lo
contemplai a lungo, quel solco luminoso immagine della grazia che
rischiara il cammino su cui passerà la piccola nave dalla vela
bianca... Accanto a Paolina presi la risoluzione di non allontanare mai
l'anima mia dallo sguardo di Gesù, affinché voghi in pace verso la
Patria del Cielo. La mia vita scorreva tranquilla, felice. L'affetto da
cui ero circondata ai Buissonnets direi quasi che mi faceva crescere,
ma senza dubbio ero già abbastanza grande per cominciare a lottare, a
conoscere il mondo e le miserie di cui è pieno.
Fuggivo dal Suo Sangue più che dalla morte (Momenti della Passione)
Beata Alexandrina Maria da Costa
...Ieri, giovedì, sentii in me un orgoglio, una sovranità tanto grande:
mi pareva di essere il re del mondo, di avere dominio su tutti, persino
su Dio stesso. Incurante dell'Orto e del Calvario, calpestavo Gesù e la sua legge. Ero ribelle contro il
Cielo, maltrattavo e sputacchiavo Gesù; Lo disprezzavo in tutto, ero
padrona di me stessa. Mentre avevo questi sentimenti di odio e di
malvagità, mi venne un dolore molto grande che mi attraversò il cuore e
mi prostrò nell'agonia dell'Orto. Nuovo fuoco si accese nel cuore; per
sopportarlo dovetti ricorrere ai panni bagnati sul petto. Ebbi ansie
infinite di darmi, di essere ostia per cibo e sangue per bevanda. Gesù
mi fece comprendere che questo fuoco era l'amore dell'Eucarestia.
Durante la notte mi passò davanti Gesù nella figura dolorosissima
dell'« ecce Homo »: in che stato di sofferenza vidi il mio amato
Signore! Questa mattina se da un lato sfuggivo [il Calvario]
dall'altro il mio cuore tristissimo, portando la croce, andava per le
vie dell'amarezza. Ho sentito le cadute di Gesù durante la salita al
Calvario... Consegnato il mio spirito al Padre, è trascorso un po' di
tempo nel distacco e nel silenzio della morte. È venuto poi Gesù, mi ha
dato la sua Luce, ha portato con sé nuove vampate di fuoco con cui ha
trapassato tutto il mio essere e mi ha detto: - Figlia mia, Gesù regna,
Gesù trionfa nel tuo cuore. La vittima è la copia del suo Maestro. Gesù
ha impresso nel tuo cuore tutte le sofferenze del suo divin Cuore; vi
ha infuso il suo fuoco ardente: è fuoco che ama e consuma, è l'amore
che lo voglio ed esigo che tu dia alle anime. Ho sete, ho sete di
cuori... - ... (diario, 9-3-1951).
... Non ho parole per esprimere quanto costa la morte delle mie
orazioni, mortificazioni, atti di carità; di tutto, mio Dio, di
tutto... Non sono capace di nulla. Sono sfinita...
Il mio cuore arse per giorni in dolorose e ardenti fiamme di fuoco...
Talvolta sento il letto e le vesti in fiamme; mi spavento: mi pare di
stare per cadere nell'inferno... Non so se è il mio amor proprio che mi
porta a soffrire per molte cose tanto piccole, per le quali non dovrei
soffrire così. Chiedo allo Spirito Santo che mi illumini e a Gesù e
alla cara Mammina che mi insegnino a soffrire bene. Ieri pomeriggio mi
pareva di essere fuori di me dal dolore. Mi sentivo dominata
dall'orgoglio e mi pareva che in tutta la mia vita avessi calpestato
Gesù ed ogni sua legge. Non potevo pensare a Lui né udirne parlare.
Fuggivo dal suo Sangue divino più che dalla morte. Tutto questo mi
portò all'Orto... Questa mattina sono salita al Calvario... Dopo la
morte è venuto Gesù nuovamente con la sua Vita: - Sono qui, sono qui.
Quante lacrime, quanti sospiri per il mio divin Cuore! Il mondo, i
peccatori rinnovano il mio Calvario. O figlia, dammi la tua
riparazione, dammi l'amore di sposa e di vittima... Quante confessioni
nulle, quante Comunioni sacrileghe, e da parte di coloro che per Me
avrebbero dovuto esser tutto, perché da loro lo mi aspettavo tutto!...
L'aumento del tuo dolore mi ha asciugato le lacrime; il fuoco del tuo
cuore mi ha evitato gli amari sospiri. Confida: chi ti parla è Gesù. Il
tormento infernale che hai sentito è stata la riparazione per le
confessioni nulle e le Comunioni sacrileghe... - ... (diario,
16-3-1951).