Sotto il Tuo Manto

Lunedi, 21 luglio 2025 - San Lorenzo da Brindisi (Letture di oggi)

Tu hai costruito male. Distruggi e ricostruisci bene. (San Pio da Pietrelcina)

Liturgia delle Ore - Letture

Martedi della 6° settimana del tempo ordinario

Questa sezione contiene delle letture scelte a caso, provenienti dalle varie sezioni del sito (Sacra Bibbia e la sezione Biblioteca Cristiana), mentre l'ultimo tab Apparizioni, contiene messaggi di apparizioni a mistici o loro scritti. Sono presenti testi della Valtorta, Luisa Piccarreta, don Stefano Gobbi e testimonianze di apparizioni mariane riconosciute.

Vangelo secondo Luca 7

1Quando ebbe terminato di rivolgere tutte queste parole al popolo che stava in ascolto, entrò in Cafàrnao.2Il servo di un centurione era ammalato e stava per morire. Il centurione l'aveva molto caro.3Perciò, avendo udito parlare di Gesù, gli mandò alcuni anziani dei Giudei a pregarlo di venire e di salvare il suo servo.4Costoro giunti da Gesù lo pregavano con insistenza: "Egli merita che tu gli faccia questa grazia, dicevano,5perché ama il nostro popolo, ed è stato lui a costruirci la sinagoga".6Gesù si incamminò con loro. Non era ormai molto distante dalla casa quando il centurione mandò alcuni amici a dirgli: "Signore, non stare a disturbarti, io non son degno che tu entri sotto il mio tetto;7per questo non mi sono neanche ritenuto degno di venire da te, ma comanda con una parola e il mio servo sarà guarito.8Anch'io infatti sono uomo sottoposto a un'autorità, e ho sotto di me dei soldati; e dico all'uno: Va' ed egli va, e a un altro: Vieni, ed egli viene, e al mio servo: Fa' questo, ed egli lo fa".9All'udire questo Gesù restò ammirato e rivolgendosi alla folla che lo seguiva disse: "Io vi dico che neanche in Israele ho trovato una fede così grande!".10E gli inviati, quando tornarono a casa, trovarono il servo guarito.

11In seguito si recò in una città chiamata Nain e facevano la strada con lui i discepoli e grande folla.12Quando fu vicino alla porta della città, ecco che veniva portato al sepolcro un morto, figlio unico di madre vedova; e molta gente della città era con lei.13Vedendola, il Signore ne ebbe compassione e le disse: "Non piangere!".14E accostatosi toccò la bara, mentre i portatori si fermarono. Poi disse: "Giovinetto, dico a te, alzati!".15Il morto si levò a sedere e incominciò a parlare. Ed egli lo diede alla madre.16Tutti furono presi da timore e glorificavano Dio dicendo: "Un grande profeta è sorto tra noi e Dio ha visitato il suo popolo".17La fama di questi fatti si diffuse in tutta la Giudea e per tutta la regione.

18Anche Giovanni fu informato dai suoi discepoli di tutti questi avvenimenti. Giovanni chiamò due di essi19e li mandò a dire al Signore: "Sei tu colui che viene, o dobbiamo aspettare un altro?".20Venuti da lui, quegli uomini dissero: "Giovanni il Battista ci ha mandati da te per domandarti: Sei tu colui che viene o dobbiamo aspettare un altro?".21In quello stesso momento Gesù guarì molti da malattie, da infermità, da spiriti cattivi e donò la vista a molti ciechi.22Poi diede loro questa risposta: "Andate e riferite a Giovanni ciò che avete visto e udito: 'i ciechi riacquistano la vista', gli zoppi camminano, i lebbrosi vengono sanati, i sordi odono, i morti risuscitano, 'ai poveri è annunziata la buona novella'.23E beato è chiunque non sarà scandalizzato di me!".
24Quando gli inviati di Giovanni furono partiti, Gesù cominciò a dire alla folla riguardo a Giovanni: "Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna agitata dal vento?25E allora, che cosa siete andati a vedere? Un uomo avvolto in morbide vesti? Coloro che portano vesti sontuose e vivono nella lussuria stanno nei palazzi dei re.26Allora, che cosa siete andati a vedere? Un profeta? Sì, vi dico, e più che un profeta.27Egli è colui del quale sta scritto:

'Ecco io mando davanti a te il mio messaggero,
egli preparerà la via davanti' a te.

28Io vi dico, tra i nati di donna non c'è nessuno più grande di Giovanni, e il più piccolo nel regno di Dio è più grande di lui.29Tutto il popolo che lo ha ascoltato, e anche i pubblicani, hanno riconosciuto la giustizia di Dio ricevendo il battesimo di Giovanni.30Ma i farisei e i dottori della legge non facendosi battezzare da lui hanno reso vano per loro il disegno di Dio.

31A chi dunque paragonerò gli uomini di questa generazione, a chi sono simili?32Sono simili a quei bambini che stando in piazza gridano gli uni agli altri:

Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato;
vi abbiamo cantato un lamento e non avete pianto!

33È venuto infatti Giovanni il Battista che non mangia pane e non beve vino, e voi dite: Ha un demonio.34È venuto il Figlio dell'uomo che mangia e beve, e voi dite: Ecco un mangione e un beone, amico dei pubblicani e dei peccatori.35Ma alla sapienza è stata resa giustizia da tutti i suoi figli".

36Uno dei farisei lo invitò a mangiare da lui. Egli entrò nella casa del fariseo e si mise a tavola.37Ed ecco una donna, una peccatrice di quella città, saputo che si trovava nella casa del fariseo, venne con un vasetto di olio profumato;38e fermatasi dietro si rannicchiò piangendo ai piedi di lui e cominciò a bagnarli di lacrime, poi li asciugava con i suoi capelli, li baciava e li cospargeva di olio profumato.
39A quella vista il fariseo che l'aveva invitato pensò tra sé. "Se costui fosse un profeta, saprebbe chi e che specie di donna è colei che lo tocca: è una peccatrice".40Gesù allora gli disse: "Simone, ho una cosa da dirti". Ed egli: "Maestro, di' pure".41"Un creditore aveva due debitori: l'uno gli doveva cinquecento denari, l'altro cinquanta.42Non avendo essi da restituire, condonò il debito a tutti e due. Chi dunque di loro lo amerà di più?".43Simone rispose: "Suppongo quello a cui ha condonato di più". Gli disse Gesù: "Hai giudicato bene".44E volgendosi verso la donna, disse a Simone: "Vedi questa donna? Sono entrato nella tua casa e tu non m'hai dato l'acqua per i piedi; lei invece mi ha bagnato i piedi con le lacrime e li ha asciugati con i suoi capelli.45Tu non mi hai dato un bacio, lei invece da quando sono entrato non ha cessato di baciarmi i piedi.46Tu non mi hai cosparso il capo di olio profumato, ma lei mi ha cosparso di profumo i piedi.47Per questo ti dico: le sono perdonati i suoi molti peccati, poiché ha molto amato. Invece quello a cui si perdona poco, ama poco".48Poi disse a lei: "Ti sono perdonati i tuoi peccati".49Allora i commensali cominciarono a dire tra sé: "Chi è quest'uomo che perdona anche i peccati?".50Ma egli disse alla donna: "La tua fede ti ha salvata; va' in pace!".


Primo libro di Samuele 17

1I Filistei radunarono di nuovo l'esercito per la guerra e si ammassarono a Soco di Giuda e si accamparono tra Soco e Azeka, a Efes-Dammìm.2Anche Saul e gli Israeliti si radunarono e si accamparono nella valle del Terebinto e si schierarono a battaglia di fronte ai Filistei.3I Filistei stavano sul monte da una parte e Israele sul monte dall'altra parte e in mezzo c'era la valle.
4Dall'accampamento dei Filistei uscì un campione, chiamato Golia, di Gat; era alto sei cubiti e un palmo.5Aveva in testa un elmo di bronzo ed era rivestito di una corazza a piastre, il cui peso era di cinquemila sicli di bronzo.6Portava alle gambe schinieri di bronzo e un giavellotto di bronzo tra le spalle.7L'asta della sua lancia era come un subbio di tessitori e la lama dell'asta pesava seicento sicli di ferro; davanti a lui avanzava il suo scudiero.8Egli si fermò davanti alle schiere d'Israele e gridò loro: "Perché siete usciti e vi siete schierati a battaglia? Non sono io Filisteo e voi servi di Saul? Scegliete un uomo tra di voi che scenda contro di me.9Se sarà capace di combattere con me e mi abbatterà, noi saremo vostri schiavi. Se invece prevarrò io su di lui e lo abbatterò, sarete voi nostri schiavi e sarete soggetti a noi".10Il Filisteo aggiungeva: "Io ho lanciato oggi una sfida alle schiere d'Israele. Datemi un uomo e combatteremo insieme".11Saul e tutto Israele udirono le parole del Filisteo; ne rimasero colpiti ed ebbero grande paura.
12Davide era figlio di un Efratita da Betlemme di Giuda chiamato Iesse, che aveva otto figli. Al tempo di Saul, quest'uomo era anziano e avanti negli anni.13I tre figli maggiori di Iesse erano andati con Saul in guerra. Di questi tre figli, che erano andati in guerra, il maggiore si chiamava Eliab, il secondo Abìnadab, il terzo Samma.14Davide era ancor giovane quando i tre maggiori erano partiti dietro Saul.15Egli andava e veniva dal seguito di Saul e badava al gregge di suo padre in Betlemme.
16Il Filisteo avanzava mattina e sera; continuò per quaranta giorni a presentarsi.17Ora Iesse disse a Davide suo figlio: "Prendi su per i tuoi fratelli questa misura di grano tostato e questi dieci pani e portali in fretta ai tuoi fratelli nell'accampamento.18Al capo di migliaia porterai invece queste dieci forme di cacio. Informati della salute dei tuoi fratelli e prendi la loro paga.19Saul con essi e tutto l'esercito di Israele sono nella valle del Terebinto a combattere contro i Filistei".20Davide si alzò di buon mattino: lasciò il gregge alla cura di un guardiano, prese la roba e partì come gli aveva ordinato Iesse. Arrivò all'accampamento quando le truppe uscivano per schierarsi e lanciavano il grido di guerra.21Si disposero in ordine Israele e i Filistei: schiera contro schiera.22Davide si tolse il fardello e l'affidò al custode dei bagagli, poi corse tra le file e domandò ai suoi fratelli se stavano bene.23Mentre egli parlava con loro, ecco il campione, chiamato Golia, il Filisteo di Gat, uscì dalle schiere filistee e tornò a dire le sue solite parole e Davide le intese.24Tutti gli Israeliti, quando lo videro, fuggirono davanti a lui ed ebbero grande paura.
25Ora un Israelita disse: "Vedete quest'uomo che avanza? Viene a sfidare Israele. Chiunque lo abbatterà, il re lo colmerà di ricchezze, gli darà in moglie sua figlia ed esenterà la casa di suo padre da ogni gravame in Israele".26Davide domandava agli uomini che stavano attorno a lui: "Che faranno dunque all'uomo che eliminerà questo Filisteo e farà cessare la vergogna da Israele? E chi è mai questo Filisteo non circonciso per insultare le schiere del Dio vivente?".27Tutti gli rispondevano la stessa cosa: "Così e così si farà all'uomo che lo eliminerà".28Lo sentì Eliab, suo fratello maggiore, mentre parlava con gli uomini, ed Eliab si irritò con Davide e gli disse: "Ma perché sei venuto giù e a chi hai lasciato quelle poche pecore nel deserto? Io conosco la tua boria e la malizia del tuo cuore: tu sei venuto per vedere la battaglia".29Davide rispose: "Che ho dunque fatto? Non si può fare una domanda?".30Si allontanò da lui, si rivolse a un altro e fece la stessa domanda e tutti gli diedero la stessa risposta.
31Sentendo le domande che faceva Davide, pensarono di riferirle a Saul e questi lo fece venire a sé.
32Davide disse a Saul: "Nessuno si perda d'animo a causa di costui. Il tuo servo andrà a combattere con questo Filisteo".33Saul rispose a Davide: "Tu non puoi andare contro questo Filisteo a batterti con lui: tu sei un ragazzo e costui è uomo d'armi fin dalla sua giovinezza".34Ma Davide disse a Saul: "Il tuo servo custodiva il gregge di suo padre e veniva talvolta un leone o un orso a portar via una pecora dal gregge.35Allora lo inseguivo, lo abbattevo e strappavo la preda dalla sua bocca. Se si rivoltava contro di me, l'afferravo per le mascelle, l'abbattevo e lo uccidevo.36Il tuo servo ha abbattuto il leone e l'orso. Codesto Filisteo non circonciso farà la stessa fine di quelli, perché ha insultato le schiere del Dio vivente".37Davide aggiunse: "Il Signore che mi ha liberato dalle unghie del leone e dalle unghie dell'orso, mi libererà anche dalle mani di questo Filisteo". Saul rispose a Davide: "Ebbene va' e il Signore sia con te".38Saul rivestì Davide della sua armatura, gli mise in capo un elmo di bronzo e gli fece indossare la corazza.39Poi Davide cinse la spada di lui sopra l'armatura, ma cercò invano di camminare, perché non aveva mai provato. Allora Davide disse a Saul: "Non posso camminare con tutto questo, perché non sono abituato". E Davide se ne liberò.
40Poi prese in mano il suo bastone, si scelse cinque ciottoli lisci dal torrente e li pose nel suo sacco da pastore che gli serviva da bisaccia; prese ancora in mano la fionda e mosse verso il Filisteo.
41Il Filisteo avanzava passo passo, avvicinandosi a Davide, mentre il suo scudiero lo precedeva.42Il Filisteo scrutava Davide e, quando lo vide bene, ne ebbe disprezzo, perché era un ragazzo, fulvo di capelli e di bell'aspetto.43Il Filisteo gridò verso Davide: "Sono io forse un cane, perché tu venga a me con un bastone?". E quel Filisteo maledisse Davide in nome dei suoi dèi.44Poi il Filisteo gridò a Davide: "Fatti avanti e darò le tue carni agli uccelli del cielo e alle bestie selvatiche".45Davide rispose al Filisteo: "Tu vieni a me con la spada, con la lancia e con l'asta. Io vengo a te nel nome del Signore degli eserciti, Dio delle schiere d'Israele, che tu hai insultato.46In questo stesso giorno, il Signore ti farà cadere nelle mie mani. Io ti abbatterò e staccherò la testa dal tuo corpo e getterò i cadaveri dell'esercito filisteo agli uccelli del cielo e alle bestie selvatiche; tutta la terra saprà che vi è un Dio in Israele.47Tutta questa moltitudine saprà che il Signore non salva per mezzo della spada o della lancia, perché il Signore è arbitro della lotta e vi metterà certo nelle nostre mani".48Appena il Filisteo si mosse avvicinandosi incontro a Davide, questi corse prontamente al luogo del combattimento incontro al Filisteo.49Davide cacciò la mano nella bisaccia, ne trasse una pietra, la lanciò con la fionda e colpì il Filisteo in fronte. La pietra s'infisse nella fronte di lui che cadde con la faccia a terra.50Così Davide ebbe il sopravvento sul Filisteo con la fionda e con la pietra e lo colpì e uccise, benché Davide non avesse spada.51Davide fece un salto e fu sopra il Filisteo, prese la sua spada, la sguainò e lo uccise, poi con quella gli tagliò la testa. I Filistei videro che il loro eroe era morto e si diedero alla fuga.
52Si levarono allora gli uomini d'Israele e di Giuda alzando il grido di guerra e inseguirono i Filistei fin presso Gat e fino alle porte di Ekron. I Filistei caddero e lasciarono i loro cadaveri lungo la via fino a Saaràim, fino a Gat e fino ad Ekron.53Quando gli Israeliti furono di ritorno dall'inseguimento dei Filistei, saccheggiarono il loro campo.54Davide prese la testa del Filisteo e la portò a Gerusalemme. Le armi di lui invece le pose nella sua tenda.
55Saul, mentre guardava Davide uscire incontro al Filisteo, aveva chiesto ad Abner capo delle milizie: "Abner, di chi è figlio questo giovane?". Rispose Abner: "Per la tua vita, o re, non lo so".56Il re soggiunse: "Chiedi tu di chi sia figlio quel giovinetto".57Quando Davide tornò dall'uccisione del Filisteo, Abner lo prese e lo condusse davanti a Saul mentre aveva ancora in mano la testa del Filisteo.58Saul gli chiese: "Di chi sei figlio, giovane?". Rispose Davide: "Di Iesse il Betlemmita, tuo servo".


Cantico 2

1Io sono un narciso di Saron,
un giglio delle valli.
2Come un giglio fra i cardi,
così la mia amata tra le fanciulle.
3Come un melo tra gli alberi del bosco,
il mio diletto fra i giovani.
Alla sua ombra, cui anelavo, mi siedo
e dolce è il suo frutto al mio palato.
4Mi ha introdotto nella cella del vino
e il suo vessillo su di me è amore.
5Sostenetemi con focacce d'uva passa,
rinfrancatemi con pomi,
perché io sono malata d'amore.
6La sua sinistra è sotto il mio capo
e la sua destra mi abbraccia.
7Io vi scongiuro, figlie di Gerusalemme,
per le gazzelle o per le cerve dei campi:
non destate, non scuotete dal sonno l'amata,
finché essa non lo voglia.

8Una voce! Il mio diletto!
Eccolo, viene
saltando per i monti,
balzando per le colline.
9Somiglia il mio diletto a un capriolo
o ad un cerbiatto.
Eccolo, egli sta
dietro il nostro muro;
guarda dalla finestra,
spia attraverso le inferriate.
10Ora parla il mio diletto e mi dice:
"Alzati, amica mia,
mia bella, e vieni!
11Perché, ecco, l'inverno è passato,
è cessata la pioggia, se n'è andata;
12i fiori sono apparsi nei campi,
il tempo del canto è tornato
e la voce della tortora ancora si fa sentire
nella nostra campagna.
13Il fico ha messo fuori i primi frutti
e le viti fiorite spandono fragranza.
Alzati, amica mia,
mia bella, e vieni!
14O mia colomba, che stai nelle fenditure della roccia,
nei nascondigli dei dirupi,
mostrami il tuo viso,
fammi sentire la tua voce,
perché la tua voce è soave,
il tuo viso è leggiadro".
15Prendeteci le volpi,
le volpi piccoline
che guastano le vigne,
perché le nostre vigne sono in fiore.
16Il mio diletto è per me e io per lui.
Egli pascola il gregge fra i figli.
17Prima che spiri la brezza del giorno
e si allunghino le ombre,
ritorna, o mio diletto,
somigliante alla gazzella
o al cerbiatto,
sopra i monti degli aromi.


Salmi 46

1'Al maestro del coro. Dei figli di Core.'
'Su "Le vergini...". Canto.'

2Dio è per noi rifugio e forza,
aiuto sempre vicino nelle angosce.
3Perciò non temiamo se trema la terra,
se crollano i monti nel fondo del mare.
4Fremano, si gonfino le sue acque,
tremino i monti per i suoi flutti.

5Un fiume e i suoi ruscelli rallegrano la città di Dio,
la santa dimora dell'Altissimo.
6Dio sta in essa: non potrà vacillare;
la soccorrerà Dio, prima del mattino.
7Fremettero le genti, i regni si scossero;
egli tuonò, si sgretolò la terra.

8Il Signore degli eserciti è con noi,
nostro rifugio è il Dio di Giacobbe.
9Venite, vedete le opere del Signore,
egli ha fatto portenti sulla terra.

10Farà cessare le guerre sino ai confini della terra,
romperà gli archi e spezzerà le lance,
brucerà con il fuoco gli scudi.
11Fermatevi e sappiate che io sono Dio,
eccelso tra le genti, eccelso sulla terra.

12Il Signore degli eserciti è con noi,
nostro rifugio è il Dio di Giacobbe.


Geremia 2

1Mi fu rivolta questa parola del Signore:
2"Va' e grida agli orecchi di Gerusalamme:

Così dice il Signore:

Mi ricordo di te, dell'affetto della tua giovinezza.
dell'amore al tempo del tuo fidanzamento,
quando mi seguivi nel deserto,
in una terra non seminata.
3Israele era cosa sacra al Signore,
la primizia del suo raccolto;
quanti ne mangiavano dovevano pagarla,
la sventura si abbatteva su di loro.
Oracolo del Signore.
4Udite la parola del Signore, casa di Giacobbe,
voi, famiglie tutte della casa di Israele!

5Così dice il Signore:
Quale ingiustizia trovano in me i vostri padri,
per allontanarsi da me?
Essi seguirono ciò ch'è vano,
diventarono loro stessi vanità
6e non si domandarono: Dov'è il Signore
che ci fece uscire dal paese d'Egitto,
ci guidò nel deserto,
per una terra di steppe e di frane,
per una terra arida e tenebrosa,
per una terra che nessuno attraversava
e dove nessuno dimora?
7Io vi ho condotti in una terra da giardino,
perché ne mangiaste i frutti e i prodotti.
Ma voi, appena entrati, avete contaminato la mia terra
e avete reso il mio possesso un abominio.
8Neppure i sacerdoti si domandarono:
Dov'è il Signore?
I detentori della legge non mi hanno conosciuto,
i pastori mi si sono ribellati,
i profeti hanno predetto nel nome di Baal
e hanno seguito esseri inutili.

9Per questo intenterò ancora un processo contro di voi,
- oracolo del Signore -
e farò causa ai vostri nipoti.
10Recatevi nelle isole dei Kittim e osservate,
mandate pure a Kedar e considerate bene;
vedete se là è mai accaduta una cosa simile.
11Ha mai un popolo cambiato dèi?
Eppure quelli non sono dèi!
Ma il mio popolo ha cambiato colui che è la sua gloria
con un essere inutile e vano.
12Stupitene, o cieli;
inorridite come non mai.
Oracolo del Signore.
13Perché il mio popolo ha commesso due iniquità:
essi hanno abbandonato me,
sorgente di acqua viva,
per scavarsi cisterne,
cisterne screpolate,
che non tengono l'acqua.
14Israele è forse uno schiavo
o un servo nato in casa?
Perché allora è diventato una preda?
15Contro di lui ruggiscono i leoni,
fanno udire i loro urli.
La sua terra è ridotta a deserto,
le sue città sono state bruciate e nessuno vi abita.
16Perfino i figli di Menfi e di Tafni
ti hanno raso la testa.
17Tutto ciò forse non ti accade
perché hai abbandonato il Signore tuo Dio?
18E ora perché corri verso l'Egitto
a bere le acque del Nilo?
Perché corri verso l'Assiria
a bere le acque dell'Eufrate?
19La tua stessa malvagità ti castiga
e le tue ribellioni ti puniscono.
Riconosci e vedi quanto è cosa cattiva a amara
l'aver abbandonato il Signore tuo Dio
e il non aver più timore di me.
Oracolo del Signore degli eserciti.
20Poiché già da tempo hai infranto il tuo giogo,
hai spezzato i tuoi legami
e hai detto: Non ti servirò!
Infatti sopra ogni colle elevato
e sotto ogni albero verde ti sei prostituita.
21Io ti avevo piantato come vigna scelta,
tutta di vitigni genuini;
in tralci degeneri di vigna bastarda?
22Anche se ti lavassi con la soda
e usassi molta potassa,
davanti a me resterebbe la macchia della tua iniquità.
Oracolo del Signore.
23Perché osi dire: Non mi sono contaminata,
non ho seguito i Baal?
Considera i tuoi passi là nella valle,
riconosci quello che hai fatto,
giovane cammella leggera e vagabonda,
24asina selvatica abituata al deserto:
nell'ardore del suo desiderio aspira l'aria;
chi può frenare la sua brama?
Quanti la cercano non devono stancarsi:
la troveranno sempre nel suo mese.
25Bada che il tuo piede non resti scalzo
e che la tua gola non si inaridisca!
Ma tu rispondi: No. È inutile,
perché io amo gli stranieri,
voglio seguirli.
26Come si vergogna un ladro preso in flagrante
così restano svergognati quelli della casa d'Israele,
essi, i loro re, i loro capi,
i loro sacerdoti e i loro profeti.
27Dicono a un pezzo di legno: Tu sei mio padre,
e a una pietra: Tu mi hai generato.
A me essi voltan le spalle
e non la fronte;
ma al tempo della sventura invocano:
Alzati, salvaci!
28E dove sono gli dèi che ti sei costruiti?
Si alzino, se posson salvarti
nel tempo della tua sventura;
poiché numerosi come le tue città
sono, o Giuda, i tuoi dèi!
29Perché vi lamentate con me?
Tutti voi mi siete stati infedeli.
Oracolo del Signore.
30Invano ho colpito i vostri figli,
voi non avete imparato la lezione.
La vostra stessa spada ha divorato i vostri profeti
come un leone distruttore.
31O generazione!
Proprio voi badate alla parola del Signore!
Sono forse divenuto un deserto per Israele
o una terra di tenebre densissime?
Perché il mio popolo dice: Ci siamo emancipati,
più non faremo ritorno a te?
32Si dimentica forse una vergine dei suoi ornamenti,
una sposa della sua cintura?
Eppure il mio popolo mi ha dimenticato
per giorni innumerevoli.
33Come sai ben scegliere la tua via
in cerca di amore!
Per questo hai insegnato i tuoi costumi
anche alle donne peggiori.
34Perfino sugli orli delle tue vesti si trova
il sangue di poveri innocenti,
da te non sorpresi nell'atto di scassinare,
ma presso ogni quercia.
35Eppure protesti: Io sono innocente,
la sua ira è già lontana da me.
Eccomi pronto a entrare in giudizio con te,
perché hai detto: Non ho peccato!
36Perché ti sei ridotta così vile
nel cambiare la strada?
Anche dall'Egitto sarai delusa
come fosti delusa dall'Assiria.
37Anche di là tornerai con le mani sul capo,
perché il Signore ha rigettato coloro nei quali confidavi;
da loro non avrai alcun vantaggio.


Atti degli Apostoli 5

1Un uomo di nome Ananìa con la moglie Saffìra vendette un suo podere2e, tenuta per sé una parte dell'importo d'accordo con la moglie, consegnò l'altra parte deponendola ai piedi degli apostoli.3Ma Pietro gli disse: "Ananìa, perché mai satana si è così impossessato del tuo cuore che tu hai mentito allo Spirito Santo e ti sei trattenuto parte del prezzo del terreno?4Prima di venderlo, non era forse tua proprietà e, anche venduto, il ricavato non era sempre a tua disposizione? Perché hai pensato in cuor tuo a quest'azione? Tu non hai mentito agli uomini, ma a Dio".5All'udire queste parole, Ananìa cadde a terra e spirò. E un timore grande prese tutti quelli che ascoltavano.6Si alzarono allora i più giovani e, avvoltolo in un lenzuolo, lo portarono fuori e lo seppellirono.
7Avvenne poi che, circa tre ore più tardi, entrò anche sua moglie, ignara dell'accaduto.8Pietro le chiese: "Dimmi: avete venduto il campo a tal prezzo?". Ed essa: "Sì, a tanto".9Allora Pietro le disse: "Perché vi siete accordati per tentare lo Spirito del Signore? Ecco qui alla porta i passi di coloro che hanno seppellito tuo marito e porteranno via anche te".10D'improvviso cadde ai piedi di Pietro e spirò. Quando i giovani entrarono, la trovarono morta e, portatala fuori, la seppellirono accanto a suo marito.11E un grande timore si diffuse in tutta la Chiesa e in quanti venivano a sapere queste cose.

12Molti miracoli e prodigi avvenivano fra il popolo per opera degli apostoli. Tutti erano soliti stare insieme nel portico di Salomone;13degli altri, nessuno osava associarsi a loro, ma il popolo li esaltava.14Intanto andava aumentando il numero degli uomini e delle donne che credevano nel Signore15fino al punto che portavano gli ammalati nelle piazze, ponendoli su lettucci e giacigli, perché, quando Pietro passava, anche solo la sua ombra coprisse qualcuno di loro.16Anche la folla delle città vicine a Gerusalemme accorreva, portando malati e persone tormentate da spiriti immondi e tutti venivano guariti.

17Si alzò allora il sommo sacerdote e quelli della sua parte, cioè la setta dei sadducei, pieni di livore,18e fatti arrestare gli apostoli li fecero gettare nella prigione pubblica.19Ma durante la notte un angelo del Signore aprì le porte della prigione, li condusse fuori e disse:20"Andate, e mettetevi a predicare al popolo nel tempio tutte queste parole di vita".21Udito questo, entrarono nel tempio sul far del giorno e si misero a insegnare.

Quando arrivò il sommo sacerdote con quelli della sua parte, convocarono il sinedrio e tutti gli anziani dei figli d'Israele; mandarono quindi a prelevare gli apostoli nella prigione.22Ma gli incaricati, giunti sul posto, non li trovarono nella prigione e tornarono a riferire:23"Abbiamo trovato il carcere scrupolosamente sbarrato e le guardie ai loro posti davanti alla porta, ma, dopo aver aperto, non abbiamo trovato dentro nessuno".24Udite queste parole, il capitano del tempio e i sommi sacerdoti si domandavano perplessi che cosa mai significasse tutto questo,25quando arrivò un tale ad annunziare: "Ecco, gli uomini che avete messo in prigione si trovano nel tempio a insegnare al popolo".
26Allora il capitano uscì con le sue guardie e li condusse via, ma senza violenza, per timore di esser presi a sassate dal popolo.27Li condussero e li presentarono nel sinedrio; il sommo sacerdote cominciò a interrogarli dicendo:28"Vi avevamo espressamente ordinato di non insegnare più nel nome di costui, ed ecco voi avete riempito Gerusalemme della vostra dottrina e volete far ricadere su di noi il sangue di quell'uomo".29Rispose allora Pietro insieme agli apostoli: "Bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini.30Il Dio dei nostri padri ha risuscitato Gesù, che voi avevate ucciso appendendolo alla croce.31Dio lo ha innalzato con la sua destra facendolo capo e salvatore, per dare a Israele la grazia della conversione e il perdono dei peccati.32E di questi fatti siamo testimoni noi e lo Spirito Santo, che Dio ha dato a coloro che si sottomettono a lui".33All'udire queste cose essi si irritarono e volevano metterli a morte.

34Si alzò allora nel sinedrio un fariseo, di nome Gamalièle, dottore della legge, stimato presso tutto il popolo. Dato ordine di far uscire per un momento gli accusati,35disse: "Uomini di Israele, badate bene a ciò che state per fare contro questi uomini.36Qualche tempo fa venne Tèuda, dicendo di essere qualcuno, e a lui si aggregarono circa quattrocento uomini. Ma fu ucciso, e quanti s'erano lasciati persuadere da lui si dispersero e finirono nel nulla.37Dopo di lui sorse Giuda il Galileo, al tempo del censimento, e indusse molta gente a seguirlo, ma anch'egli perì e quanti s'erano lasciati persuadere da lui furono dispersi.38Per quanto riguarda il caso presente, ecco ciò che vi dico: Non occupatevi di questi uomini e lasciateli andare. Se infatti questa teoria o questa attività è di origine umana, verrà distrutta;39ma se essa viene da Dio, non riuscirete a sconfiggerli; non vi accada di trovarvi a combattere contro Dio!".
40Seguirono il suo parere e, richiamati gli apostoli, li fecero fustigare e ordinarono loro di non continuare a parlare nel nome di Gesù; quindi li rimisero in libertà.41Ma essi se ne andarono dal sinedrio lieti di essere stati oltraggiati per amore del nome di Gesù.42E ogni giorno, nel tempio e a casa, non cessavano di insegnare e di portare il lieto annunzio che Gesù è il Cristo.


Capitolo XXIV: Guardarsi dall’indagare curiosamente la vita degli altri

Leggilo nella Biblioteca

1. Figlio, non essere curioso; non prenderti inutili affanni. Che t'importa di questo e di quello? "Tu segui me" (Gv 21,22). Che ti importa che quella persona sia di tal fatta, o diversa, o quell'altra agisca e dica così e così? Tu non dovrai rispondere per gli altri; al contrario renderai conto per te stesso. Di che cosa dunque ti vai impicciando? Ecco, io conosco tutti, vedo tutto ciò che accade sotto il sole e so la condizione di ognuno: che cosa uno pensi, che cosa voglia, a che cosa miri la sua intenzione. Tutto deve essere, dunque, messo nelle mie mani. E tu mantieniti in pace sicura, lasciando che altri si agiti quanto crede, e metta agitazione attorno a sé: ciò che questi ha fatto e ciò che ha detto ricadrà su di lui, poiché, quanto a me, non mi può ingannare.  

2. Non devi far conto della vanità di un grande nome, né delle molte amicizie, né del particolare affetto di varie persone: tutte cose che sviano e danno un profondo offuscamento di spirito. Invece io sarò lieto di dirti la mia parola e di palesarti il mio segreto, se tu sarai attento ad avvertire la mia venuta, con piena apertura del cuore. Stai dunque in guardia, veglia in preghiera (1 Pt 4,7), e umiliati in ogni cosa (Sir 3,20).


LIBRO OTTAVO

La Trinità - Sant'Agostino

Leggilo nella Biblioteca

Proemio

Le Persone divine distinte per le relazioni, identiche nell’essenza

1. 1. Abbiamo detto altrove 1 che nella Trinità si applicano in maniera propria e distinta a ciascuna delle Persone i nomi che implicano mutua relazione, come Padre, Figlio e Spirito Santo, Dono 2 di ambedue, perché il Padre non è la Trinità, il Figlio non è la Trinità, né la Trinità è il loro Dono. Invece quando si esprime ciò che sono le Persone, considerate ciascuna in se stessa, non si parla di tre al plurale, ma vi è una sola realtà: la stessa Trinità. Così il Padre è Dio, il Figlio è Dio, lo Spirito Santo è Dio; il Padre è buono, il Figlio è buono, lo Spirito Santo è buono; il Padre è onnipotente, il Figlio è onnipotente, lo Spirito Santo è onnipotente. Tuttavia non vi sono tre dèi, tre buoni, tre onnipotenti, ma un solo Dio, buono, onnipotente 3: la Trinità stessa. E così si dica di qualsiasi altro attributo, che non si applichi alle Persone considerate nelle loro relazioni, ma a ciascuna Persona considerata in se stessa. Questi attributi infatti concernono l’essenza, perché in Dio è la stessa cosa essere ed essere grande, buono, sapiente e tutto ciò che si afferma di ciascuna Persona considerata in se stessa o della Trinità. Perciò non si parla, abbiamo detto, di tre Persone o tre sostanze 4 per far intendere una diversità di essenza, ma per tentare, con una sola parola, di rispondere a questa domanda: "chi sono questi Tre, o che cosa sono questi Tre?". E tanta è l’uguaglianza in seno alla Trinità che non solo il Padre non è più grande del Figlio in ciò che concerne la divinità, ma il Padre e il Figlio insieme non sono una realtà più grande dello Spirito Santo, né ciascuna delle tre Persone, qualunque essa sia, è una realtà meno grande che la Trinità stessa. Queste verità sono già state dette e se, volgendole e rivolgendole vi ritorniamo sopra molto spesso, ci diventeranno più familiari, ma bisogna anche usare una certa misura e supplicare Dio con pietà e con grande devozione perché apra la nostra intelligenza ed elimini dalla nostra ricerca ogni senso di ostinazione, affinché il nostro spirito possa discernere l’essenza della verità pura da ogni materia, da ogni mutevolezza. Ora dunque, per quanto lo stesso Creatore mirabilmente misericordioso ci aiuterà, dedichiamoci allo studio di queste cose, che considereremo in modo più interiore delle precedenti, quantunque si tratti della stessa verità; sempre salva la regola che, se qualcosa resta ancora oscuro per la nostra intelligenza, non ci allontaneremo dalla fermezza della fede.

Uguaglianza delle tre Persone divine

1. 2. Affermiamo dunque che nella Trinità due o tre Persone non sono una realtà più grande di una sola di esse, cosa che non comprende la nostra esperienza carnale 5, e questo per il motivo che, se percepisce, come può, la verità delle cose create, non può contemplare la Verità che le ha create. Infatti, se lo potesse, questa luce corporea non le sarebbe più chiara di ciò che abbiamo detto. Nella sostanza della verità, perché essa sola esiste veramente, una cosa non è maggiore di un’altra, se non perché è più vera. Ora tra le cose spirituali ed immutabili, nessuna è più vera di un’altra, essendo tutte ugualmente immutabili ed eterne, e quanto si dice grande null’altro ha per ragione della sua grandezza che la propria verità. Per questo, dove la grandezza è la stessa verità, ciò che ha più grandezza ha necessariamente più verità, e ciò che non ha più verità non ha nemmeno più grandezza. Inoltre ciò che è più grande è anche certamente più vero, come è più grande ciò che ha più grandezza. Là dunque è più grande ciò che è più vero. Ora il Padre e il Figlio insieme non sono qualcosa di più vero del Padre solo o del Figlio solo. Dunque i due insieme non sono qualcosa di più grande di ciascuno di essi preso in particolare. E, poiché anche lo Spirito Santo è ugualmente vero, il Padre e il Figlio insieme non sono qualcosa di più grande dello Spirito Santo, perché non sono qualcosa di più vero. Alla stessa maniera, poiché il Padre e lo Spirito Santo insieme non superano il Figlio in verità - infatti non sono qualcosa di più vero - non lo superano nemmeno in grandezza. Così pure il Figlio e lo Spirito Santo insieme hanno lo stesso grado di grandezza, che il Padre solo, perché hanno anche lo stesso grado di verità. Così anche la Trinità ha tanta grandezza quanta ne ha in essa ciascuna Persona. Tra loro infatti, dove la verità è la stessa grandezza, non è più grande quella che non è più vera. Perché nella verità per essenza si identificano tra loro la verità e l’essenza, l’essenza e la grandezza, quindi la grandezza e la verità. Le cose dunque che in essa sono ugualmente vere, sono per forza anche ugualmente grandi.

Dio Verità suprema

2. 3. Nell’ordine materiale delle cose invece, può accadere che sia oro ugualmente vero questo e quel pezzo d’oro, ma che questo sia più grande di quello, perché qui grandezza e verità non si identificano e una cosa è essere oro altra cosa essere grande. Così per la natura dell’anima: dire che un’anima è grande non equivale a dire che è vera, perché ha un’anima vera anche chi non è magnanimo. Questo perché l’essenza del corpo e dell’anima non è l’essenza della stessa verità, come lo è invece la Trinità: Dio uno, unico, grande, vero, verace, verità. Questo Dio, se ci sforziamo di pensarlo, nella misura in cui ce lo concede e permette, non pensiamolo in contatto con lo spazio, abbracciante lo spazio, come una specie di essere costituito da tre corpi. Non si ha da immaginare in lui nessuna unione di parti congiunte, come in quel Gerione dai tre corpi, di cui parlano le favole 6; ogni immagine per cui tre sarebbero più grandi di uno solo, uno più piccolo di due, cacciamole senza esitazione dalla nostra anima: così infatti respingiamo ogni elemento corporeo. Nell’ordine spirituale, nulla di ciò che ci si presenta come sottoposto al mutamento, dobbiamo ritenere che sia Dio. Non è una piccola conoscenza, quando, da questo abisso, elevandoci a quella vetta riprendiamo lena, il poter conoscere che cosa Dio non è, prima di sapere che cosa è. Egli non è certamente né terra né cielo; nulla che assomigli alla terra o al cielo, nulla di uguale a ciò che vediamo in cielo, nulla di uguale a ciò che in cielo non vediamo e forse vi si trova. Tu potrai accrescere con l’immaginazione la luce del sole quanto ti sarà possibile, sia in volume, sia in splendore, mille volte di più o all’infinito, nemmeno questo sarà Dio. E se ci rappresentassimo gli Angeli, puri spiriti che animano i corpi celesti, li muovono e li dirigono 7 secondo un volere che è al servizio di Dio; anche se questi Angeli, che sono migliaia di migliaia 8, venissero riuniti tutti per formare un solo essere, Dio non sarebbe nulla di simile. E lo stesso discorso varrebbe anche se si giungesse a rappresentarsi questi spiriti senza corpi, cosa assai difficile per il nostro pensiero carnale. Comprendi dunque, se lo puoi, o anima tanto appesantita da un corpo soggetto alla corruzione 9 e aggravata da pensieri terrestri molteplici e vari; comprendi, se lo puoi, che Dio è Verità. È scritto infatti che Dio è luce 10, non la luce che vedono i nostri occhi, ma quella che vede il cuore, quando sente dire: è la Verità. Non cercare di sapere cos’è la verità, perché immediatamente si interporranno la caligine delle immagini corporee e le nubi dei fantasmi e turberanno la limpida chiarezza, che al primo istante ha brillato al tuo sguardo, quando ti ho detto: Verità. Resta, se puoi, nella chiarezza iniziale di questo rapido fulgore che ti abbaglia, quando si dice: Verità. Ma non puoi, tu ricadi in queste cose abituali e terrene. Qual è dunque, ti chiedo, il peso che ti fa ricadere, se non quello delle immondezze che ti hanno fatto contrarre il glutine della passione e gli sviamenti della tua peregrinazione 11?

Dio Bene supremo

3. 4. Ancora una volta comprendi, se lo puoi. Tu non ami certamente che il bene, perché buona è la terra con le alte montagne, le moderate colline, le piane campagne; buono il podere ameno e fertile, buona la casa ampia e luminosa, dalle stanze disposte con proporzioni armoniose; buoni i corpi animali dotati di vita; buona l’aria temperata e salubre; buono il cibo saporito e sano; buona la salute senza sofferenze né fatiche; buono il viso dell’uomo, armonioso, illuminato da un soave sorriso e vivi colori; buona l’anima dell’amico per la dolcezza di condividere gli stessi sentimenti e la fedeltà dell’amicizia; buono l’uomo giusto e buone le ricchezze, che ci aiutano a trarci d’impaccio; buono il cielo con il sole, la luna e le stelle; buoni gli Angeli per la loro santa obbedienza; buona la parola che istruisce in modo piacevole e impressiona in modo conveniente chi l’ascolta; buono il poema armonioso per il suo ritmo e maestoso per le sue sentenze. Che altro aggiungere? Perché proseguire ancora nell’enumerazione? Questo è buono, quello è buono. Sopprimi il questo e il quello e contempla il bene stesso, se puoi; allora vedrai Dio, che non riceve la sua bontà da un altro bene, ma è il Bene di ogni bene. Infatti fra tutti questi beni - quelli che ho ricordato, o altri che si vedono o si immaginano - noi non potremmo dire che uno è migliore dell’altro, quando noi giudichiamo secondo verità, se non fosse impressa in noi la nozione del bene stesso, regola secondo la quale dichiariamo buona una cosa, e preferiamo una cosa ad un’altra 12. È così che noi dobbiamo amare Dio: non come questo o quel bene, ma come il bene stesso. Perché bisogna cercare il bene dell’anima, non quello su cui essa sorvola con i suoi giudizi, ma quello a cui essa aderisca con il suo amore. E chi lo è se non Dio? Non una buona anima, o un buon angelo, o un buon cielo, ma il Bene buono. Ciò rende forse più facile la comprensione di ciò che vorrei dire. Quando sento dire, per esempio, che un’anima è buona, vi sono due parole, e da queste due parole ricavo due idee: che è anima e che è buona. Per essere un’anima, l’anima stessa non ha fatto nulla; infatti non esisteva ancora per agire al fine di darsi l’essere: ma per essere un’anima buona bisogna, lo vedo, che eserciti la sua volontà. Non che il fatto stesso di essere anima non sia un bene, altrimenti come si potrebbe dire - e dire in tutta verità - che è migliore del corpo? Ma non si dice ancora che l’anima è buona, perché le resta da esercitare la sua volontà per divenire migliore: se trascura questo esercizio, le se ne fa una colpa giustamente e si dice che non è buona. Differisce infatti da quella che esercita la sua volontà, e poiché quella è degna di lode, questa che rimane inattiva è degna di biasimo. Se invece l’anima si applica all’esercizio della sua volontà e diviene un’anima buona, non raggiungerà questo scopo, senza volgersi verso qualcosa di diverso da essa. Verso che cosa dunque si volge per diventare un’anima buona, se non verso il bene, amandolo e desiderandolo e conquistandolo? E se tornerà a distaccarsi da esso perdendo così la propria bontà per il solo fatto di distaccarsi dal bene, a meno che non rimanga in essa il bene da cui si è distaccata, non avrà più nulla verso cui volgersi di nuovo, se vorrà emendarsi.

Bene assoluto e bene partecipato

3. 5. Non ci sarebbero dunque beni mutevoli se non ci fosse un Bene immutabile. Ecco perché quando senti parlare di questo o quel bene, che visti da un altro punto di vista possono anche non essere chiamati beni, se potrai fare astrazione dai beni, che sono tali perché partecipano al bene, per vedere il bene stesso di cui partecipano - di questo bene infatti si ha intelligenza nel momento stesso in cui si sente dire questo e quel bene - se dunque giungerai, facendo astrazione da questi beni, a vedere il bene in se stesso, vedrai Dio. E se aderirai con amore a lui, immediatamente troverai la felicità. Se le altre cose non si amano se non perché sono buone, vergogniamoci di non amare per attaccamento ad esse il Bene stesso per cui sono buone. Anche l’anima, per il solo fatto che è anima, ancora prima che abbia acquistato quella bontà che proviene dalla sua conversione al Bene immutabile, l’anima, ripeto, in quanto tale, quando ci piace fino al punto che la preferiamo, se comprendiamo bene, alla stessa luce corporea, non ci piace in se stessa, ma nell’arte con la quale è stata creata. Ivi infatti l’approviamo, dopo la sua creazione, dove appare che conveniva che fosse creata. Cioè nella verità e nel bene assoluto; il bene che non è altro che bene, e quindi anche il Bene sommo 13. Perché un bene è suscettibile di diminuzione o di accrescimento, solo se riceve da un altro la sua bontà. L’anima dunque si volge, per essere buona, verso il Bene dal quale riceve il suo essere anima. La volontà si accorda con la natura per perfezionare l’anima nel bene, quando è amato, per la conversione della volontà, quel bene da cui proviene anche ciò che l’anima non può perdere nemmeno per l’avversione della volontà. Perché, distogliendosi dal Bene supremo, l’anima cessa di essere buona, ma non cessa di essere anima e questo è già un bene superiore al corpo; dunque la volontà perde ciò che la volontà acquista. Infatti esisteva già l’anima per voler volgersi verso Colui da cui aveva ricevuto l’essere, ma, per voler essere prima di essere, non esisteva ancora. Questo è il nostro bene in cui vediamo che ha dovuto, o deve essere, tutto ciò di cui comprendiamo che ha dovuto o deve essere e in cui vediamo che non avrebbe potuto essere, se non avesse dovuto essere, anche ciò di cui non comprendiamo come abbia dovuto essere. Questo bene dunque non è lontano da ciascuno di noi; in lui infatti viviamo, ci muoviamo e siamo 14.

Compito purificatore della fede

4. 6. Ma per godere pienamente della presenza di questo Bene dal quale riceviamo l’essere e senza il quale non potremmo essere, bisogna tenerci presso di lui, aderire a lui con l’amore. Fino a quando camminiamo per fede, non per visione 15 non vediamo ancora 16 Dio a faccia a faccia 17, come dice lo stesso Apostolo; ma, se non lo amiamo fin d’ora, non lo vedremo mai. Ma chi ama ciò che ignora? Infatti si può conoscere una cosa e non amarla, ma amare una cosa che non si conosce è possibile? Perché, se è impossibile, nessuno ama Dio, prima di conoscerlo. E che cos’è conoscere Dio, se non vederlo, attingerlo fermamente con lo spirito? Dio non è un corpo, perché lo si cerchi con gli occhi di carne, ma prima di essere capaci di vedere e di attingere Dio, come egli può essere visto e attinto (privilegio riservato ai cuori puri: Beati infatti, i puri di cuore, perché essi vedranno Dio 18) se Dio non è amato per fede 19, il cuore non potrà purificarsi per diventare capace e degno di vederlo. Dove sono dunque quelle tre virtù che l’impalcatura di tutti i Libri santi tende ad edificare nella nostra anima: la fede, la speranza, la carità 20, se non nell’animo di colui che crede ciò che non vede ancora e che spera e ama ciò che crede? Si ama dunque anche ciò che si ignora ma che tuttavia si crede. Però occorre stare attenti perché, credendo ciò che non vede, l’anima non si raffiguri qualche cosa che non esiste e dia un falso oggetto alla sua fede e al suo amore. In questa ipotesi la carità non proverrà da un cuore puro, da una coscienza buona, da una fede non finta, che è il fine del precetto 21, come dice ancora l’Apostolo.

La fede implica una conoscenza

4. 7. Ogniqualvolta noi crediamo a delle realtà sensibili di cui abbiamo sentito parlare e di cui abbiamo letto, ma che non abbiamo visto, è una necessità, per la nostra anima, farsi, conformemente a ciò che si presenta all’immaginazione, un’immagine dei contorni e delle forme corporee. Sia che questa immagine corrisponda, cosa che accade di rado, sia che non corrisponda alla realtà, l’importante per noi non è di prestar fede a questa immagine, ma attingere un’altra conoscenza utile, che ci viene suggerita da questa rappresentazione. Chi infatti, tra coloro che leggono o ascoltano gli scritti dell’apostolo Paolo, o ciò che è stato scritto su di lui, non si rappresenta nel suo animo il viso dell’Apostolo e quelli di tutti coloro i cui nomi sono ivi ricordati? Ora, poiché fra tanta moltitudine di persone che conoscono queste Epistole, gli uni si rappresentano in un modo, gli altri in un altro i lineamenti e l’aspetto fisico di questi uomini, è ben difficile sapere chi si avvicini di più alla verità. Ma ciò che interessa la nostra fede, non è sapere che sembianze abbiano avuto quegli uomini, ma il sapere che sono vissuti in tal modo con la grazia di Dio e che hanno compiuto quelle azioni che ci riferisce la Scrittura; ecco ciò che dobbiamo credere, ciò di cui non dobbiamo disperare, ciò che dobbiamo desiderare. Lo stesso viso del Signore varia all’infinito, secondo le diverse rappresentazioni che ciascuno se ne fa, e tuttavia era uno solo, qualunque esso fosse. Ma ciò che è salutare nella fede che noi abbiamo circa il Signore Gesù Cristo, non è ciò che l’anima si rappresenta, forse in maniera molto diversa dalla realtà, ma ciò che pensiamo dell’uomo secondo la natura specifica. Abbiamo infatti impressa in noi, come una regola, la nozione di natura umana, secondo la quale riconosciamo immediatamente che è uomo, formalmente uomo, ogni essere in cui essa si realizza.

Come si ama la Trinità senza conoscerla

5. 7. È secondo questa nozione che si foggia il nostro pensiero quando crediamo che Dio, per noi, si è fatto uomo per dare un esempio di umiltà e per farci conoscere l’amore di Dio verso di noi 22. Per noi è utile infatti credere e ritenere con fermezza incrollabile nel cuore che l’umiltà che ha spinto Dio a nascere da donna 23 ed a lasciarsi, fra tanti oltraggi, condurre a morte da uomini mortali, è il supremo rimedio per guarirci dal gonfiore del nostro orgoglio ed il sublime sacramento per sciogliere il reato del peccato. E così si dica della potenza dei suoi miracoli e della sua stessa risurrezione; perché sappiamo che cosa è l’onnipotenza, crediamo in un Dio onnipotente e, secondo la conoscenza innata o acquisita per esperienza che abbiamo delle specie e dei generi, noi giudichiamo dei fatti di questo tipo, affinché la nostra fede non sia finta. Noi non conosciamo nemmeno il viso della Vergine Maria, che, senza l’intervento di alcun uomo, rimasta intatta nello stesso parto, ha dato alla luce miracolosamente Cristo. Non conosciamo neppure l’aspetto fisico di Lazzaro, non abbiamo visto Betania, né il sepolcro, né la pietra che il Signore ha fatto rimuovere quando egli lo risuscitò 24, né il sepolcro nuovo scavato nella roccia, da cui egli risuscitò 25, né il monte degli Olivi da cui è asceso al cielo 26 e tutti noi che non abbiamo visto queste cose non sappiamo affatto se siano come le immaginiamo, anzi noi riteniamo più probabile che non siano così. Perché se l’aspetto di un luogo, di un uomo, di un corpo qualunque si presenta ai nostri occhi quale si presentava alla nostra anima, quando lo immaginavamo prima di vederlo, restiamo fortemente sorpresi dalla stranezza della cosa perché una tale coincidenza si verifica solo raramente, o quasi mai. E tuttavia crediamo fermamente queste cose perché ce le rappresentiamo secondo una nozione specifica e generica che teniamo per certa. Crediamo che il Signore Gesù Cristo è nato da una Vergine che si chiamava Maria, ma non crediamo che cosa sia una vergine, che cosa è nascere, e che cosa sia un nome proprio: lo sappiamo. Se il viso di Maria sia stato come ce lo immaginiamo quando parliamo di queste cose o quando vi pensiamo, non lo sappiamo affatto, né lo crediamo. Dunque, in questo caso, restando salva l’integrità della fede, possiamo dire: "Forse la Vergine aveva questo volto, forse non l’aveva così"; ma nessuno potrà dire: "Forse Cristo è nato da una Vergine", senza ferire la fede cristiana.

La conoscenza della giustizia

5. 8. Per questo, desiderando comprendere, nella misura in cui ci è concesso di farlo, l’eternità, l’uguaglianza e l’unità della Trinità, dobbiamo credere 27 prima di comprendere e dobbiamo vigilare che la nostra fede sia sincera 28. È della Trinità che dobbiamo godere per vivere nella beatitudine 29; ora, se crediamo qualcosa di falso a suo riguardo, vana sarà la nostra speranza e non casta la nostra carità 30. Ma in che modo la fede può permetterci di amare questa Trinità che non conosciamo? Sarà forse guidati da quella conoscenza di specie e generi che ci permette di amare l’apostolo Paolo? Ma, sebbene l’Apostolo non abbia avuto un viso uguale a quello che ci si presenta all’immaginazione quando pensiamo a lui, e noi siamo nell’ignoranza più completa a questo riguardo, sappiamo almeno che cos’è un uomo. Senza andar lontano, noi lo siamo ed è manifesto che anche lui lo fu e che la sua anima ha vissuto questa vita mortale unita ad un corpo. Crediamo dunque di lui ciò che troviamo in noi, secondo la specie ed il genere che comprende tutta la natura umana. Ma di questa trascendenza della Trinità quale conoscenza generica o specifica abbiamo noi? Esistono forse molte altre trinità simili, alcune delle quali conosciamo per esperienza, di modo che, grazie a una regola di somiglianza impressa in noi o grazie ad una conoscenza del genere e della specie, possiamo credere che essa sia come quelle e così possiamo amare una realtà nella quale crediamo e che non conosciamo ancora, per la sua somiglianza con una realtà che conosciamo? Certamente non è così. O forse possiamo amare, per mezzo della fede, la Trinità che non vediamo e simile alla quale non ne abbiamo mai vista alcuna, alla stessa maniera che amiamo la risurrezione di nostro Signore Gesù Cristo dai morti, sebbene non abbiamo mai visto risuscitare nessun morto? Ma che cosa sia vivere e che cosa sia morire lo sappiamo molto bene, perché noi viviamo ed abbiamo avuto occasione di vedere e sappiamo per esperienza che cosa è un morto ed un morente. Ora, che altro è risorgere se non rivivere, cioè ritornare dalla morte alla vita 31? Quando dunque diciamo e crediamo che esiste la Trinità, sappiamo che cosa sia una trinità, perché sappiamo che cosa è essere tre, ma non è questo che amiamo. Infatti una trinità la possiamo trovare facilmente, quando lo vogliamo, non foss’altro, per non parlare del resto, giocando alla morra con tre dita. Ma ciò che amiamo non è ciò che è qualsiasi trinità, ma ciò che è questa Trinità: Dio. Questo dunque amiamo nella Trinità, che essa è Dio. Ora noi non abbiamo visto, non conosciamo alcun altro Dio, perché c’è un solo Dio 32, quello solo che non abbiamo ancora visto e che amiamo per fede. Ma il problema consiste nel chiedersi a partire da quale similitudine, da quale comparazione con cose da noi conosciute crediamo in Dio ed anche lo amiamo 33 prima ancora di conoscerlo.

Il vero amore con il quale si conosce la Trinità

6. 9. Facciamo dunque insieme un passo indietro ed esaminiamo perché amiamo l’Apostolo. È forse perché, grazie al concetto di natura umana, che conosciamo benissimo, crediamo che fu un uomo? Certamente no, perché altrimenti non esisterebbe ora l’oggetto del nostro amore, dato che egli non è più uomo in quanto la sua anima (anima) è stata separata dal corpo. Ma ciò che amiamo in lui noi crediamo che viva ancora adesso; amiamo infatti la sua anima (animus) giusta. Ed in virtù di quale norma generica e specifica, se non perché sappiamo che cos’è un’anima e che cosa è un giusto? Che cosa sia un’anima (animus) noi pretendiamo di saperlo, e non senza fondamento, perché anche noi abbiamo un’anima. Noi non abbiamo mai visto un’anima con gli occhi e non ce ne siamo formati un concetto generico e specifico a partire dalla rassomiglianza di più anime da noi viste, ma piuttosto, come ho detto, lo sappiamo perché anche noi l’abbiamo. C’è infatti una cosa conosciuta più intimamente, che senta con più chiarezza la sua esistenza, di ciò con cui si sentono anche tutte le altre cose, cioè l’anima stessa? Perché anche i movimenti dei corpi per mezzo dei quali percepiamo che vivono altri esseri oltre noi, noi li conosciamo per analogia con noi in quanto anche noi è grazie alla vita che muoviamo il nostro corpo, come vediamo che si muovono quei corpi. Infatti quando si muove un corpo vivente, non si apre ai nostri occhi alcuno spiraglio per cui possiamo percepire l’anima, realtà che non si può vedere con gli occhi. Ma noi percepiamo che c’è in quella massa corporea un principio analogo a quello che in noi muove similmente la nostra massa: questo principio è la vita e l’anima (anima). Ed esso non è come un qualcosa di esclusivo della prudenza e della ragione dell’uomo, perché anche le bestie sentono che vivono non soltanto esse stesse, ma anche altre bestie in relazione con loro e sentono che anche noi stessi viviamo. Non è che vedano le nostre anime ma sentono che noi viviamo a partire dai movimenti dei corpi e lo fanno istantaneamente e con la massima facilità per una specie d’istinto naturale. Perciò noi conosciamo l’anima (animus) di qualsiasi uomo per analogia con la nostra, e per analogia con la nostra crediamo in quella che non conosciamo. Infatti noi non soltanto sentiamo l’anima, ma possiamo anche sapere che cosa sia l’anima, considerando la nostra, perché abbiamo un’anima. Ma che cosa sia un giusto, da che cosa lo conosciamo? Abbiamo detto che il solo motivo per cui amiamo l’Apostolo è che egli è un’anima giusta. Dunque noi sappiamo che cos’è un giusto, come sappiamo che cos’è un’anima. Ma che cosa sia un’anima, come si è detto, noi lo sappiamo da noi stessi, perché c’è in noi un’anima. Al contrario che cosa sia un giusto da che cosa lo sappiamo, se non siamo giusti? Se nessuno sa che cosa sia un giusto se non colui che è giusto, nessuno ama il giusto se non il giusto. Nessuno può infatti amare colui che crede giusto, precisamente perché lo crede giusto, se ignora che cosa sia un giusto, e secondo quanto abbiamo più sopra dimostrato nessuno ama ciò che crede e non vede, se non secondo una norma di conoscenza generica o specifica. Ma allora, se ama il giusto solo il giusto, come vorrà essere giusto uno che non lo è ancora? Nessuno infatti vuol essere ciò che non ama. Ma perché divenga giusto colui che non lo è ancora, deve proprio voler essere giusto; e per volerlo ama il giusto. Perciò ama il giusto anche chi ancora non è giusto. Ma non può amare il giusto se ignora che cosa sia il giusto. Dunque sa che cosa sia il giusto anche chi non lo è ancora. Da dove gli deriva questa conoscenza? L’ha visto con gli occhi, o c’è forse un corpo giusto, come c’è un corpo bianco, nero, quadrato, rotondo? Chi oserà affermarlo? Ma con gli occhi si vedono solo i corpi. Ora nell’uomo non è giusta che l’anima e quando si dice che un uomo è giusto lo si dice secondo l’anima, non secondo il corpo. La giustizia è una specie di bellezza dell’anima; essa rende belli gli uomini, anche molti di quelli che hanno il corpo contraffatto e deforme. Ma come con gli occhi non si vede l’anima, così non si vede nemmeno la sua bellezza. Da che cosa apprende dunque che cosa sia il giusto, colui che non lo è ancora ed ama il giusto per diventarlo? Forse che i movimenti dei corpi fanno brillare certi segni i quali rivelano che questo o quest’altro uomo è giusto? Ma da che cosa sa che quei segni rivelano un’anima giusta, se ignora totalmente che cosa sia un giusto? Lo sa dunque. Ma da che cosa apprendiamo che cosa sia il giusto, anche quando non siamo giusti? Se lo sappiamo per qualcosa che è fuori di noi, lo vediamo in qualche corpo. Ma quella che vediamo non è una realtà corporea. È dunque in noi che vediamo che cosa sia il giusto. Quando cerco di parlarne non ne trovo l’idea altrove, ma solo in me; e se chiedo ad un altro che cosa sia il giusto, è in se stesso che egli cerca ciò che deve rispondere; e chiunque su questo punto può rispondere il vero, trova in se stesso che cosa può rispondere. Così quando voglio parlare di Cartagine, è in me che cerco ciò che ne dirò, e in me trovo l’immagine (phantasia) di Cartagine 34; ma questa immagine l’ho ricevuta per mezzo del corpo, cioè per mezzo dei sensi del corpo, perché è una città in cui sono stato fisicamente presente, che ho visto, percepito con i miei sensi, di cui conservo il ricordo, cosicché ne trovo in me un verbo quando intendo parlarne. Questo "verbo" è l’immagine (phantasia) che ne conservo nella mia memoria; non questo suono, queste tre sillabe che pronuncio quando nomino Cartagine, neppure il nome che penso in silenzio durante un certo intervallo di tempo; no, è ciò che vedo nella mia anima quando pronuncio queste tre sillabe o anche prima di pronunciarle. Così pure, quando voglio parlare di Alessandria, che non ho mai visto, ne appare in me una rappresentazione immaginaria (phantasma). Avendo sentito dire da molti ed essendomi persuaso, prestando fede alle descrizioni che a me se ne sono potute fare, che è una grande città, me ne sono formato con l’anima un’immagine approssimativa; questa immagine è il suo "verbo" in me, quando voglio parlarne, prima che abbia pronunciato queste cinque sillabe, questo nome che quasi tutti conoscono. E tuttavia se io potessi far uscire questa immagine dalla mia anima e presentarla agli occhi di coloro che conoscono Alessandria, certamente o esclamerebbero tutti: "non è essa", o, se mi dicessero: "è proprio essa", ne sarei molto stupito e contemplandola nella mia anima, o piuttosto l’immagine che ne è come la pittura, non potrei da me riconoscere che è proprio essa, ma presterei fede a coloro che l’hanno vista e ne conservano il ricordo. Ma non è così che cerco che cosa sia il giusto, né così che lo trovo, che lo vedo, né così che mi si approva, quando ne parlo, né così che approvo quando ne sento parlare, come se si trattasse di qualcosa che ho visto con gli occhi, o percepito con qualche senso corporeo, o udito da coloro che l’hanno appreso mediante la conoscenza sensibile. Quando dico, e con piena conoscenza di causa: "L’anima giusta è quella che, regolando la sua vita e i suoi costumi secondo i dettami della scienza e della ragione, dà a ciascuno il suo" 35, non penso ad una realtà assente, come Cartagine; non si tratta di una cosa di cui mi faccio un’immagine approssimativa, come Alessandria, che questa immagine corrisponda o no alla verità; ma contemplo una realtà presente, e la contemplo in me, sebbene non sia io stesso ciò che contemplo, e molti, se mi udranno parlare, mi approveranno. E chiunque mi ascolta e mi approva con piena conoscenza di causa, vede anche lui in sé ciò che vede anche se non è egli stesso ciò che vede. Il giusto invece quando parla di questo, vede e dice ciò che è egli stesso. E dove lo vede anch’egli, se non in se stesso? Ma ciò non può far meraviglia: dove potrebbe infatti vedere se stesso, se non in se stesso? Ma ciò che stupisce è che un’anima veda in se stessa ciò che non ha visto in nessun’altra parte, se ne faccia un’idea vera e veda un’anima veramente giusta sebbene essa sia sì un’anima, ma non l’anima giusta che vede in se stessa. Forse che c’è un’altra anima giusta nell’anima che non è ancora giusta? E se non c’è, che anima vede in sé, quando vede e dice ciò che è un’anima giusta, cosa che non vede in un’altra parte se non in sé, mentre tuttavia essa non è un’anima giusta? Ciò che essa vede non sarà la verità interiore, presente all’anima capace di intuirla? Ma tutti non ne sono capaci: e quelli che sono capaci di intuirla non sono tutto ciò che intuiscono, cioè non sono anch’essi delle anime giuste, benché possano vedere e dire che cosa sia un’anima giusta. E come potranno diventarlo, se non aderendo a questo stesso ideale che intuiscono, per modellarsi in conformità di esso e diventare anime giuste, non accontentandosi di contemplare e dire che è giusta l’anima che ordina la sua vita e la sua condotta secondo i dettami della scienza e della ragione e distribuisce a ciascuno ciò che gli spetta, ma per vivere anch’essi secondo giustizia ed improntare ad essa la loro condotta distribuendo a ciascuno ciò che gli spetta, in modo che non debbano nulla a nessuno, se non la mutua dilezione 36? E come si aderisce a quell’ideale se non con l’amore? Perché dunque amiamo noi un altro uomo che riteniamo giusto e non amiamo quello stesso ideale in cui vediamo che cosa sia un’anima giusta al fine di poter diventare giusti anche noi? O forse si deve dire che senza amare questo ideale non ameremmo colui che esso ci fa amare, ma che, fino a quando non siamo ancora giusti, l’amore di questo ideale è troppo debole per darci la forza di diventare giusti anche noi? Dunque l’uomo che è ritenuto giusto è amato secondo la verità che contempla ed intuisce in sé colui che ama; questa verità ideale però non si ama per un motivo diverso, ma per se stessa. Perché al di fuori di essa non troviamo nulla che le sia simile e che ci permetta, fintantoché non la conosciamo, di amarla per fede, riferendoci ad un’analogia di un essere già conosciuto. Infatti tutto ciò che ci appare tale, è già essa stessa; o meglio non c’è nulla di simile, perché essa sola è tale, quale essa è. Colui dunque che ama gli uomini, deve amarli perché sono giusti o perché lo diventino. Così infatti deve amare anche se stesso: o perché è giusto, o per diventare giusto. Allora ama il prossimo come se stesso 37 senza alcun pericolo. Chi si ama in maniera diversa si ama in maniera ingiusta, perché si ama per essere ingiusto, dunque per essere cattivo e di conseguenza non si ama; infatti: Chi ama l’iniquità odia la sua anima 38.

Cercare Dio interiormente

7. 10. Perciò in questa questione sulla Trinità e la conoscenza di Dio dobbiamo principalmente indagare che cosa sia il vero amore, o meglio, che cosa sia l’amore, perché non c’è amore degno di tal nome che quello vero: il resto è concupiscenza. Ed è improprio dire che amano gli uomini dominati dalla concupiscenza, come dire che sono dominati dalla concupiscenza gli uomini che amano. Ora il vero amore consiste nell’aderire alla verità per vivere nella giustizia 39. Dunque disprezziamo tutte le cose mortali per amore degli uomini, amore che ci fa desiderare che essi vivano nella giustizia. Allora potremo giungere anche al punto di essere disposti a morire per il bene dei nostri fratelli, come il Signore Gesù Cristo ci ha insegnato con il suo esempio. Benché vi siano due precetti dai quali dipende tutta la Legge ed i Profeti: l’amore di Dio e l’amore del prossimo 40, non è senza motivo che la Scrittura di solito ne ricordi uno per tutti e due. Talvolta parla solo dell’amore di Dio, come in questo passo: Sappiamo che per coloro che amano Dio, egli fa concorrere tutto al bene 41; ed in quest’altro: Chiunque ama Dio, questi è conosciuto da lui 42; ed ancora: Perché l’amore di Dio è stato diffuso nei nostri cuori mediante lo Spirito Santo che ci è stato dato 43, ed in molti altri passi. Perché chi ama Dio è naturale che faccia ciò che Dio ha prescritto e lo ami, nella misura in cui lo fa. Di conseguenza amerà anche il prossimo, perché Dio lo ha comandato 44. Talvolta la Scrittura ricorda soltanto l’amore del prossimo, come nel passo: Sopportate gli uni i pesi degli altri e così adempirete la legge di Cristo 45; ed in questo: Tutta la Legge infatti si compendia in questo solo comando: Ama il prossimo tuo come te stesso 46; e nel Vangelo: Tutto quanto desiderate che gli uomini facciano a voi di bene, fatelo voi pure a loro; poiché questa è la Legge ed i Profeti 47. E noi incontriamo nelle sante Scritture molti altri passi, in cui solo l’amore del prossimo sembra comandato per la perfezione, mentre non si parla dell’amore di Dio. E tuttavia la Legge e i Profeti dipendono dall’uno e dall’altro precetto 48. Ma ancora una volta la ragione di questo silenzio è che chi ama il prossimo ama necessariamente, prima di tutto, l’amore stesso. Ora: Dio è amore, e chi dimora nell’amore dimora in Dio 49. Ne consegue dunque che ama principalmente Dio.

7. 11. Di conseguenza quelli che cercano Dio 50 per mezzo delle potestà che governano il mondo o le parti del mondo, sono trascinati lontano da lui e gettati a distanza, non per la lontananza di luogo, ma per la diversità dell’affetto 51. Infatti si sforzano di andare all’esterno ed abbandonano la loro interiorità, nell’intimità della quale c’è Dio. Perciò anche quando intendono parlare di qualche celeste Potestà o se la rappresentano in qualsiasi modo, desiderano soprattutto il suo potere che stupisce la debolezza umana, e non imitano la sua pietà con cui si accede al riposo di Dio. Preferiscono infatti, superbamente, potere ciò che può l’Angelo, piuttosto che essere, piamente, ciò che è l’Angelo. Perché nessun santo si compiace della sua potenza, ma di quella di Colui che gli concede di poter fare tutto ciò che può fare con saggezza. Sa che ha più potenza se si unisce all’Onnipotente con pia volontà, che se può compiere con la sua potenza e volontà qualcosa che faccia tremare coloro che ne sono privi. Perciò lo stesso Signore Gesù Cristo operando tali prodigi per avviare verso più alte verità coloro che li ammiravano e convertire alle realtà eterne ed interiori gli spiriti attenti e come sospesi verso dei miracoli temporali, disse: Venite a me voi che siete affaticati e stanchi ed io vi darò completo riposo. Prendete su di voi il mio giogo 52. Non disse: "Imparate da me che risuscito dei morti da quattro giorni", ma: Imparate da me perché sono docile ed umile di cuore 53. Infatti è più potente e sicura la solidissima umiltà che l’altissima grandezza gonfia di vento. Perciò il Signore aggiunge: E troverete pace per le anime vostre 54. Infatti l’amore non si gonfia 55 e Dio è amore 56, e quelli che sono fedeli riposano con lui nell’amore 57, richiamati dal tumulto esteriore alle gioie silenziose. Ecco: Dio è amore; perché andar correndo nel più alto dei cieli, nel più profondo della terra, alla ricerca di Colui che è presso di noi se noi vogliamo stare presso di lui 58?

Chi ama il fratello è nato da Dio e lo conosce

8. 12. Nessuno dica: "non so che cosa amare". Ami il fratello ed amerà l’amore stesso. Infatti conosce meglio l’amore con cui ama che il fratello che ama. Ed ecco che allora Dio gli sarà più noto che il fratello; molto meglio noto, perché più presente; più noto perché più interiore; più noto perché più certo. Abbraccia il Dio amore e abbraccia Dio con l’amore. È quello stesso amore che associa tutti gli Angeli buoni e tutti i servi di Dio con il vincolo della santità e che ci unisce scambievolmente insieme, essi e noi, unendoci a lui che è al di sopra di noi. Quanto più dunque siamo esenti dal gonfiore della superbia, tanto più siamo pieni d’amore. E di che cosa è pieno se non di Dio colui che è pieno d’amore? "Ma, si dirà, vedo la carità e, per quanto posso, fisso su di essa lo sguardo dello spirito e credo alla Scrittura che dice: Dio è carità, e chi dimora nella carità, dimora in Dio 59. Ma quando vedo la carità, non vedo in essa la Trinità". Ebbene, sì, tu vedi la Trinità, se vedi la carità. Mi sforzerò, se lo posso, di farti vedere che la vedi: soltanto che la Trinità ci assista affinché la carità ci muova verso qualche bene. Quando infatti amiamo la carità, la amiamo come amante qualcosa, per il fatto stesso che la carità ama qualcosa. Che cosa ama dunque la carità, perché anche la carità stessa possa essere amata? Non è infatti carità quella che non ama nulla. Se ama se stessa, occorre che ami qualcosa, per amarsi come carità. Infatti se la parola significa qualcosa, così significa anche se stessa, ma non significa se stessa se non perché è fatta per significare qualcosa. Allo stesso modo la carità si ama certamente, ma se non si ama come amante qualcosa, non si ama come carità. Che ama dunque la carità, se non ciò che amiamo con la carità? Ora questo, per partire da ciò che abbiamo di più prossimo, è il fratello. Osserviamo quanto l’apostolo Giovanni ci raccomanda l’amore fraterno: Colui che ama il suo fratello, egli dice, dimora nella luce, e nessuno scandalo è in lui 60. È chiaro che egli ha posto la perfezione della giustizia nell’amore del fratello; perché colui nel quale non c’è scandalo è perfetto. E tuttavia sembra aver taciuto dell’amore di Dio, cosa che non avrebbe mai fatto se nello stesso amore fraterno non sottintendesse Dio. Poco dopo infatti, nella stessa Epistola, dice in modo chiarissimo: Carissimi, amiamoci vicendevolmente perché l’amore viene da Dio; colui che ama è nato da Dio, e conosce Dio. Chi non ama, non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore 61. Questo contesto mostra in maniera sufficiente e chiara che questo amore fraterno - infatti l’amore fraterno è quello che ci fa amare vicendevolmente - non solo viene da Dio, ma che, secondo una così grande autorità, è Dio stesso. Di conseguenza, amando secondo l’amore il fratello, lo amiamo secondo Dio. Né può accadere che non amiamo principalmente questo amore, con cui amiamo il fratello. Da ciò si conclude che quei due precetti non possono esistere l’uno senza l’altro. Poiché in verità Dio è amore 62, ama certamente Dio, colui che ama l’amore ed è necessario che ami l’amore colui che ama il fratello. Perciò poco più innanzi l’apostolo Giovanni afferma: Non può amare Dio, che non vede, colui che non ama il prossimo che vede 63, perché la ragione per cui non vede Dio è che non ama il fratello. Infatti chi non ama il fratello, non è nell’amore e chi non è nell’amore non è in Dio, perché Dio è amore 64. Inoltre chi non è in Dio non è nella luce, perché: Dio è luce, e tenebra alcuna non è in lui 65. Qual meraviglia, dunque, se chi non è nella luce non vede la luce, cioè non vede Dio, perché è nelle tenebre 66? Vede il fratello con sguardo umano che non permette di vedere Dio. Ma se amasse colui che vede per sguardo umano, con carità spirituale, vedrebbe Dio, che è la carità stessa, con lo sguardo interiore con cui lo si può vedere. Perciò chi non ama il fratello che vede, come potrà amare Dio che non vede, precisamente perché Dio è amore 67, amore che manca a colui che non ama il fratello? E non si ponga più il problema di sapere quanto amore dobbiamo al fratello, quanto a Dio. A Dio, senza alcun confronto, più che a noi. Al fratello poi tanto, quanto a noi stessi. Amiamo infine tanto più noi stessi quanto più amiamo Dio. È dunque con una sola ed identica carità che amiamo Dio e il prossimo; ma amiamo Dio per se stesso, noi stessi invece ed il prossimo per Dio 68.

Amiamo l’anima giusta perché amiamo Dio

9. 13. Quale motivo abbiamo dunque, chiedo, di infiammarci quando ascoltiamo e leggiamo questo passo: Ecco ora il tempo propizio, ecco ora il giorno della salvezza. Noi cerchiamo di non dare a nessuno motivo di scandalo, perché non venga vituperato il nostro ministero, ma anzi sotto ogni aspetto ci sforziamo di renderci raccomandabili come ministri di Dio, con molta pazienza, nelle tribolazioni, nelle necessità, nelle angustie, sotto le battiture, nelle prigioni, nei turbamenti, nelle fatiche, nelle vigilie, nei digiuni, con la purezza, con la scienza, con la longanimità, con la bontà, con lo Spirito Santo, con carità sincera, con la parola della verità, con la potenza di Dio, con le armi della giustizia a destra e a sinistra; in mezzo alla gloria e all’ignominia, alla buona e cattiva reputazione; creduti impostori, mentre siamo veraci; quasi fossimo sconosciuti, mentre siamo notissimi; come morenti ed ecco siamo vivi; come dei fustigati ma non messi a morte; come degli afflitti mentre siamo sempre allegri, come dei miserabili, noi che arricchiamo tanti; come non possedendo nulla, noi che possediamo tutto 69? Che motivo abbiamo di accenderci nell’amore di Paolo apostolo, quando leggiamo queste cose, se non perché crediamo che egli è vissuto così? E pertanto che i ministri di Dio debbono vivere così non lo crediamo sulla testimonianza di altri, ma noi lo vediamo nell’intimo di noi stessi, o meglio, al di sopra di noi, nella Verità stessa 70. Perciò amiamo lui che crediamo abbia vissuto così, in virtù di un ideale che vediamo. E se non amassimo prima di tutto questo ideale, che sta sempre stabile ed immutabile davanti al nostro sguardo, non ameremmo l’Apostolo proprio perché, come riteniamo per fede, ha aderito e si è conformato ad esso durante la sua vita nella carne. Ma non so come per la convinzione che ci proviene dalla fede che qualcuno ha vissuto così si ravvivi il nostro amore per questo ideale; e la speranza per la quale anche noi, dato che siamo uomini, confidiamo di vivere così, visto che alcuni uomini l’hanno fatto, ci impedisca di disperare e faccia sì che lo desideriamo più ardentemente e preghiamo con più confidenza. Così l’amore di questo ideale, secondo il quale crediamo che altri siano vissuti, ci fa amare la loro vita, e d’altra parte la loro vita, stimata tale, suscita in noi un amore più ardente per questo ideale; cosicché, quanto più ardentemente amiamo Dio, tanto più certa e serena è la visione che abbiamo di esso; perché è in Dio che contempliamo questo immutabile ideale di giustizia, secondo il quale giudichiamo che l’uomo debba vivere. Perciò la fede giova alla conoscenza ed all’amore di Dio, non nel senso che ce lo faccia conoscere ed amare perché prima non lo conoscevamo affatto o non lo amavamo affatto, ma giova a farcelo conoscere in maniera più luminosa ed amare con amore più fermo.

Vestigio della Trinità nell’amore

10. 14. Che è dunque l’amore o carità, tanto lodato e celebrato dalle divine Scritture, se non l’amore del bene? Ma l’amore suppone uno che ama e con l’amore si ama qualcosa. Ecco tre cose: colui che ama, ciò che è amato, e l’amore stesso. Che è dunque l’amore se non una vita che unisce, o che tende a che si uniscano due esseri, cioè colui che ama e ciò che è amato? È così anche negli amori più bassi e carnali, ma per attingere ad una fonte più pura e cristallina, calpestiamo con i piedi la carne ed eleviamoci fino all’anima. Che ama l’anima in un amico, se non l’anima? Anche qui dunque ci sono tre cose: colui che ama, ciò che è amato, e l’amore. Ci rimane di elevarci ancora e cercare più in alto queste cose, per quanto è concesso all’uomo di farlo 71. Ma riposiamo per il momento un po’ la nostra attenzione, non perché essa ritenga di aver trovato già ciò che cerca, ma come si riposa di solito colui che ha trovato il luogo in cui deve cercare qualche cosa 72; non l’ha ancora trovata, ma ha trovato dove cercarla 73. Che queste riflessioni ci bastino e siano come il primo filo a partire dal quale noi tesseremo il resto della nostra trama.

 

1 - Cf. supra, 5, 5.

2 - At 8, 20; Gv 4, 10.

3 - Cf. Ambrogio, De Spir. Sancto 3, 16, 109.

4 - Cf. supra, 5, 2.8.19; 7, 4.5.6.

5 - 1 Cor 2, 14.

6 - Cf. Virgilio, Aen. 6, 289; 8, 202.

7 - Cf. Cicerone, De orat. 3, 45, 177.

8 - Ap 5, 11.

9 - Sap 9, 15.

10 - 1 Gv 1, 5.

11 - Cf. Plotino, Enn. 1, 6, 8; Ambrogio, De bono mortis 2, 5; 5, 17; Cicerone, De rep. 6, 9, 3, 14; Eb 11, 13-16.

12 - Cf. Agostino, De lib. arb. 2, 16, 44-17, 45: NBA, III/2.

13 - Cf. Cicerone, De fin. bon. mal. 3, 1, 2; Agostino, C. Acad. 3, 12, 27: NBA, III/1; Serm. D.ni in monte 1, 3, 10: NBA, X/2; Retract. 1, 1, 9: NBA, II.

14 - At 17, 27-28.

15 - 2 Cor 5, 7.

16 - 1 Cor 8, 2.

17 - 1 Cor 13, 12.

18 - Mt 5, 8.

19 - 1 Tm 1, 4.

20 - 1 Cor 13, 13.

21 - 1 Tm 1, 5.

22 - Cf. Fil 2, 6-8.

23 - Cf. Gal 4, 4.

24 - Cf. Gv 11, 1-44.

25 - Cf. Mt 27, 57ss.; Mc 15, 42ss.; Lc 23, 50ss.; Gv 19, 38ss.

26 - Cf. At 1, 9-12.

27 - Cf. Is 7, 9.

28 - Cf. 1 Tm 1, 5.

29 - Cf. Agostino, De b. vita 4, 34: NBA, III/1.

30 - Cf. 1 Cor 15, 14-17; 1 Tm 1, 5.

31 - Gv 5, 24.

32 - Rm 3, 30.

33 - Cf. At 17, 23; Gv 1, 18.

34 - Cf. Porfirio, Sent. 17; Plotino, Enn. 4, 3, 29, 22-27; 30, 3.

35 - Ambrogio, De off. 1, 24, 115; Cicerone, De invent. 2, 53, 160.

36 - Rm 13, 8; Gv 13, 34.

37 - Mc 12, 33.

38 - Sal 10, 6.

39 - Tt 2, 12.

40 - Mt 22, 40.

41 - Rm 8, 28.

42 - 1 Cor 8, 3.

43 - Rm 5, 5.

44 - Cf. Lv 19, 18; Mc 12, 31-33; Mt 5, 43; 19, 19; 22, 39; Lc 10, 27; Gv 13, 14; Rm 13, 9; Gal 5, 14; Gc 2, 8.

45 - Gal 6, 2.

46 - Gal 5, 14.

47 - Mt 7, 12.

48 - Cf. Mt 22, 40.

49 - 1 Gv 4, 8.16.

50 - Cf. At 17, 27.

51 - Cf. Plotino, Enn. 1, 6, 8; Porfirio, Sent. 40, 5-6.

52 - Mt 11, 28-29.

53 - Mt 11, 29.

54 - Ibid.

55 - 1 Cor 13, 4.

56 - 1 Gv 4, 8.

57 - Sap 3, 9.

58 - Cf. Sal 138, 8; Am 9, 2.

59 - 1 Gv 4, 8.16.

60 - 1 Gv 2, 10.

61 - 1 Gv 4, 7-8.

62 - 1 Gv 4, 8.16.

63 - 1 Gv 4, 20.

64 - 1 Gv 4, 16.

65 - 1 Gv 1, 5.

66 - 1 Gv 1, 9-11.

67 - 1 Gv 4, 8.16.20.

68 - Cf. Agostino, De doctr. christ. 3, 10, 16: NBA, VIII.

69 - 2 Cor 6, 2-10.

70 - Cf. Agostino, Confess. 3, 6, 11: NBA, I.

71 - Cf. Mt 7, 7; Lc 11, 9; 14, 10.

72 - Cf. 1 Cr 16, 11; Sal 68, 33; 104, 4; 1 Cor 8, 2.

73 - Cf. At 17, 27.


Quinto Venerdì - MARIA MADRE DI MISERICORDIA

I nove primi venerdì del mese - AA.VV.

Leggilo nella Biblioteca

Il Cuore di Gesù ci ha dato prova della sua misericordia infinita in modo tutto particolare dandoci per Madre nostra la sua stessa Madre. Maria è veramente e realmente Madre nostra. Al riguardo riporto un tratto dell’ottimo libretto «Il mio ideale: Gesù, Figlio di Maria» del P. Neubert. — Parla Gesù: « Tutti i fedeli credono di saperlo perché tutti chiamano Maria loro Madre. Eppure la maggior parte di essi hanno un concetto assai imperfetto della sua maternità.
Parecchi amano Maria come se Ella fosse loro Madre. Ora colei che ti ha partorito che cosa ti risponderebbe se tu le dicessi: vi amo come se foste mia madre? Molti credono che Maria sia loro Madre unicamente per effetto di quella parola che pronunziai prima di morire, quando, vedendo mia Madre ai piedi della croce e accanto a Lei il mio discepolo prediletto, dissi a Maria: «Donna, ecco tuo figlio», e a Giovanni: «Ecco tua Madre». Senza dubbio la mia parola avrebbe potuto affidare a Maria una missione materna e creare in Lei disposizioni simili a quelle di una madre. Ma se la sua maternità fosse dipesa da quella parola soltanto, essa sarebbe una maternità puramente adottiva. Invece devi comprendere che è «vera tua Madre» nell’ordine soprannaturale come quella che ti ha generato al mondo è tua vera madre nell’ordine della natura.
La madre è quella donna che dà la vita. Ora Maria ti ha dato la vita, la vita per eccellenza. Te l’ha data a Nazareth, sul Calvario e al tuo Battesimo.

— 1) A Nazareth Ella ti ha concepito concependo Me. Ella sapeva che rispondendo all’Angelo Gabriele con un «sì» o con un «no» ti avrebbe dato la vita o ti avrebbe lasciato nella morte. Rispose con un «sì» affinché tu vivessi. Consentendo a dare la vita a Me, consentiva a darla anche a te. Diventando mia Madre, diventava Madre tua. Da quell’ora in poi nei disegni di Dio e nei disegni di Lei (poiché Ella conosceva i disegni di Dio e ad essi aderiva con tutte le forze dell’anima sua), tu facevi parte del mio « Corpo Mistico». Il Capo ne ero Io, ma tu ne eri un membro. Maria ci portava entrambi nel suo seno materno, sebbene in un modo diverso, poiché i membri e il capo non vanno separati.

— 2) Sul Calvario Ella ti ha partorito offrendomi in sacrificio per te. La tua liberazione dal peccato e dalla morte fu consumata soltanto sul Golgota. Ivi ti meritai con la mia morte la grazia di vivere la mia stessa vita. Ora tutto questo lo feci in unione con Maria. Ella mi aveva concepito quale vittima, mi aveva nutrito ed allevato in previsione del sacrificio, e nel momento supremo Ella mi offrì al Padre per la sua salvezza, rinunziando ai suoi diritti materni su di Me a favore tuo. E Colei che, sempre Vergine, non ebbe altro che gioia nella nascita del suo Primogenito, partorì te e gli altri tuoi fratelli nel più acerbo dolore. In quell’ora dolorosa ebbe compimento la sua maternità a tuo riguardo e appunto per questo volli allora proclamare questa maternità affidando Maria a Giovanni e Giovanni a Maria. La mia parola «Ecco tuo figlio, ecco tua Madre» non creava questa maternità, ma la promulgava, la confermava e la completava nell’ora più solenne della mia vita, nell’ora in cui mia Madre, divenuta pienamente Madre tua, era meglio in grado di comprendere la sua missione materna.

— 3) Al Battesimo Maria ti diede la vita soprannaturale non più solo di diritto, come sul Calvario, ma di fatto. La tua madre terrena aveva dato alla luce per così dire un bambino nato morto (riguardo alla vita soprannaturale). Perché tu giungessi a vita (alla vera vita della Grazia), si richiedeva che la Grazia Santificante ti fosse infusa al fonte battesimale.
Questa Grazia Santificante te l’ha ottenuta Maria, senza la quale nessuna grazia viene impartita ad alcuno. Quando da figlio d’ira divenisti figlio di Dio, Maria fu Colei che ti partorì alla vita divina. Comprendi tu ora che col farti partecipe della vita di Dio, Maria ti è «veramente» madre nell’ordine soprannaturale, come quella che ti ha dato la vita terrena è veramente tua madre secondo la natura?

Ma Ella ti è Madre molto più ancora. Anzitutto per il modo con cui ti da la vita. Per partorirti Ella ha dato immensamente di più della tua madre terrena: Le sei costato dolori indicibili e la vita stessa di Colui che Le era infinitamente più caro della sua propria vita. Inoltre Ella continua per tutto il corso della tua esistenza terrena ad occuparsi di te, mentre le madri terrene si curano dei loro figli finché giungano all’età adulta. E se tu per disgrazia perdessi la vita soprannaturale (per il peccato mortale), al contrario delle madri terrene che piangono impotenti sul cadavere di un loro figlio, Maria potrebbe ridarti la vita soprannaturale ogni qual volta ne fossi rimasto privo.

Ella ti ama nonostante tu sei imperfetto e ingrato e ti ama di un amore che vince immensamente, per l’intensità e la purezza, l’amore di tutte le madri terrene per i loro figli. (L’amore di tutte le madri terrene, da Eva all’ultima madre che ci sarà sulla terra alla fine del mondo, messo insieme e concentrato verso un unico figlio è minore dell’amore che Maria porta a ciascuno di noi).
Ma Maria ti è madre più di ogni altra soprattutto per la natura stessa della vita che ti ha dato. Questa vita non è di poca durata come la vita terrena, ma una vita senza fine, eterna; non una vita mista di imperfezioni e di pene come la presente, ma una vita incomparabilmente beata; non una vita creata (umana o angelica), ma, intendilo bene, una partecipazione alla vita increata, alla vita stessa di Dio, alla vita della Santissima Trinità e perciò questa vita non avrà mai fine e sarà incomparabilmente beata perché parteciperà dell’eternità e della felicità di Dio stesso. — Quale maternità umana potrebbe mettersi a confronto con una tale maternità? Ora Maria è tua vera Madre e madre così perfetta perché è Madre mia. E tu sei mio fratello perché mio Padre è Padre tuo e mia Madre è Madre tua»

La chiesa ci fa invocare Maria Madre di misericordia», perché? — Gesù, nonostante la sua inesauribile misericordia conserva tuttavia giustizia. Orbene nel timore che questa giustizia a causa dei nostri peccati dovesse alle volte impedire l’esercizio della sua misericordia, Gesù ha dato a Maria, nell’economia della salvezza delle anime, soltanto l’attributo della misericordia e non quello della giustizia, quindi Maria è esclusivamente «Madre di misericordia».
Perciò i peccatori, per quanto miserabili e colpevoli possano essere, purché pentiti dei loro peccati, si accostino alla loro celeste Madre con assoluta fiducia e confidenza filiale. Per questi peccatori — dice il grande dottore della preghiera, S. Alfonso M. dei Liguori — che al desiderio di emendarsi uniscono la fedeltà nell’amare e invocare la Madre di Dio, sostengo che è moralmente impossibile dannarsi. Maria stessa fece tale assicurazione a S. Brigida: «Io sono la Madre della misericordia; Io sono la letizia dei giusti e la porta per cui i peccatori giungono a Dio. Sulla terra non c’è peccatore che sia privato, finché è in vita, della mia misericordia.., nessuno è così miserabile per non ottenere misericordia se mi invoca con fiducia. Io sono chiamata da tutti la Madre della misericordia e lo sono veramente perché è la misericordia di Dio verso gli uomini che mi ha fatto misericordiosa verso di loro. Perciò nella vita eterna sarà misero e infelice per Sempre chi, potendo ricorrere in questa vita terrena a Me che sono così misericordiosa con tutti e desidero tanto soccorrere i poveri peccatori, non lo fa e si danna». A questo messaggio venuto dal Cielo quale Cuore può restare insensibile? Può fare il sordo e resistere?
Una istruttiva leggenda dice: Il Signore passeggia per il Paradiso e incontra molte facce di peccatori degni dell’inferno anziché del Paradiso. Si rivolge a S. Pietro e gli raccomanda di fare attenzione a non fare entrare se non chi lo merita. San Pietro promette maggiore vigilanza e pone maggiore impegno nel suo dovere di portinaio.
Il giorno dopo il Signore gira di nuovo per il Paradiso e incontra ancora altri peccatori che non meritano di stare lì. Chiama S. Pietro e lo ammonisce severamente. San Pietro, umiliato e confuso, promette scrupolosa vigilanza. Ma il giorno dopo si ripete la stessa scena: il Signore incontra in Paradiso nuovi peccatori. Chiama un’altra volta San Pietro, deciso a castigarlo togliendogli le chiavi del Paradiso. Questa volta però San Pietro sa difendersi benissimo perché ha scoperto in che modo quei peccatori entrano in Paradiso e riferisce al Signore che in piena notte, mentre tutti dormono, la Madonna apre la porta del Paradiso e fa entrare quei peccatori. «Orbene — conclude San Pietro — con tua Madre io non posso farci nulla! » — E il Signore di rimando: «Neppure Io!».
È una leggenda questa, però è molto istruttiva perché ci indica la missione che Dio ha affidato a Maria: salvare i suoi figli più o meno peccatori. Che cosa fa questa Madre divina per salvarli? Fa valere davanti a Dio tutta la potenza della sua intercessione, tutta la tenerezza del suo smisurato amore. Li compatisce, li difende dal furore di Satana, allontana da loro i castighi divini, prega per loro, impreca ogni sorta di aiuti e di grazie per condurli al bene, non si da riposo fino a che, superate le tempeste del mare agitato della vita terrena, non li vede approdare al porto della salvezza, alla felicità eterna.

Maria ci ama tutti col suo stupendo Cuore di Madre.

Si può immaginare qualche cosa di più bello, più puro, più forte, pù generoso, più perfetto, più divino del cuore di una madre? E certo l’espressione più sensibile del Cuore di Dio che arde di amore infinito. Il cuore della madre è tale un abisso senza fondo di bontà, di tenerezza, di comprensione, di delicatezza, e di amore che si perde in Dio.
Il cuore di una madre non sa e non può che amare tutti i suoi figli sia buoni che cattivi. Se sono buoni li ama perché consolano e inteneriscono il suo cuore; se sono cattivi li ama ancora, sebbene la facciano tanto soffrire, cercando di condurli al bene. Il cuore materno non sa che amare, amare tutti i suoi figli. Li ama se stanno bene e gode di vederli crescere sani e robusti, li ama ancora di più se hanno qualche deformità, se crescono sparuti, se qualche malattia li tiene inchiodati in un letto di dolore. Un figlio si è messo per una cattiva strada?... frequenta compagni perversi ?... commette orribili delitti?... è caduto nelle mani della giustizia?... fa pesare il disonore su tutta la famiglia?.., tutti lo odiano?... C’è ancora un cuore che lo compatisce, che prende le sue difese, che desidera il suo bene, che lo ama: è il cuore di sua madre.

Fratello carissimo, applica tutte queste considerazioni fatte sul cuore di una madre terrena al Cuore incomparabilmente più grande, più puro e più perfetto che è quello della nostra Madre Celeste, Maria Santissima; eleva all’ennesima potenza la tenerezza del suo Cuore Materno, il suo amore sviscerato per te, il suo interesse per il tuo bene, le sue ansie per la tua salvezza eterna e potrai renderti un po’ conto di quanto è grande, puro e disinteressato il suo amore per te, che mette a tua disposizione tutti i suoi meriti e quelli del suo Figlio Gesù, perché tu possa raggiungere la salvezza dell’anima tua. Diceva Padre Giraud: «Un giorno o l’altro tutto potrà mancarci su questa terra, ma il dolce amore di Maria, il suo Cuore materno: Mai!».

Fratello, è questo Cuore della Mamma Celeste che ti offre la tessera del Paradiso pregandoti di fare anche tu i Nove Primi Venerdì per conseguire anche tu la Grande Promessa di suo Figlio Gesù. Ascolta il suo invito per consolare il suo Cuore materno che ti vuole con Lei in Paradiso.

Esempio

Una mattina di giugno — parla il Sac. Ildebrando Antonio Santangelo, autore del libretto «Sopravviverò? Come?» - Comunità Editrice - Adrano (CT) — fu’ svegliato da un gran vocio. Mi affacciai dal balcone e assistetti a questa scena. Un uomo molto nervoso, di nome Mario C., abitante di fronte casa mia, era assediato da tutti i Parenti che come tante iene lo coprivano di rimproveri e di ingiurie ad alta voce perché aveva lasciato in campagna gli operai soli a mietere il grano per venire a farsi la Comunione del primo Venerdì (allora) non vi erano Messe serali e il digiuno eucaristico cominciava dalla mezzanotte).
Mario C., stava insolitamente paziente e silenzioso. ed assorbiva tutto. Dopo un bel pezzo disse:
— Me la fate dire ora una parola?
— Parla, gli dissero i suoi.
— Se qualcuno mi avesse promesso di darmi un ettaro di agrumeto se io avessi fatto i nove primi venerdì, voi cosa avreste detto?
— Per questo sì, gli risposero i suoi.
— Gente di poca fede! — disse Mario — Io mori- e lascerà tutto. Il Paradiso vale di più di un ettaro di agrumeto ed io l’avrò per sempre con questi primi venerdì. Che m’importa se gli uomini per questa mezza giornata non fanno niente? Da allora passarono tanti anni. Un giorno Mario C. cadde ammalato. Un po’ di settimane dopo, una sera d’inverno ritirandomi alle ore 23 a casa e vedendo la luce accesa in casa di lui, pensai di fargli visita, timoroso di sembrare maleducato per l’ora tarda.
Mario C. fu lieto della visita. Mi sedetti accanto al suo letto e cominciammo a parlare di tante cose. Alla fine lo salutai e uscii. Appena chiusa la porta mi sentii chiamare da lui. Rientrai. — «Padre — egli mi disse — mi confessi».
— È troppo tardi — io risposi —‘ un’altra volta. Tanto lei non sta proprio male.
— È meglio che mi confessi ora.
Lo confessai, gli feci dire alcune preghiere e quindi me ne andai. Entrai a casa mia. Dopo pochi minuti Sentii gridare. Mi affacciai. Mario C. era morto.
Il Cuore di Gesù aveva mantenuto la sua promessa.


16 luglio 1976 - INTENZIONI UNIVERSALI

Mons. Ottavio Michelini

Sono Padre Pio.

Figlio, mi è noto il tuo desiderio di una comunione più viva e più intensa con tutto il Corpo Mistico.

Vi arriverai mettendo in pratica il tuo proposito di rinunciare all'elemosina della Santa Messa. Così potrai compiere il Santo Sacrificio immune da qualsiasi interesse materiale. Sarai libero di applicare non costretto dalle richieste degli altri, che non di rado legano al Santo Sacrificio intenzioni ben povere e ben lontane dalle ragioni per cui Gesú continua ad immolarsi.

Tu applicherai la Santa Messa per la conversione dei peccatori, per le anime del Purgatorio, o per altre intenzioni similari che siano sempre un atto d'amore verso Dio e verso il prossimo.

Non ti preoccupare per nulla della questione materiale.

Lui ti ripagherà abbondantemente nel modo che Lui vorrà.(p.147)

 

Fermento spirituale

Figlio, anche con questo mezzo approfondirai la comunione con Lui, Gesú e

- con la Chiesa Purgante (e la ragione è evidente),

- con la Chiesa Trionfante, che vedrà in te un amore più puro, una generosità e una fede più vicina a quella perfezione a lei cara.

- Avrai una comunione più intima e più intensa con tutta la Chiesa Militante.

In particolare, sarai più unito con le anime vittime. Esse rinunciano nella vita terrena a molto, molto di più che all'equivalente di un'elemosina per una Santa Messa, e si immolano per quei peccatori per i quali certi sacerdoti non pregano se non dietro compenso.

Figlio, il tuo proposito, se attuato con pronta fermezza, sarà ragione di un fermento spirituale in tutto il Corpo Mistico. Avrai grande aiuto dai Santi del Paradiso. Non ti dico ciò che faranno per te le anime del Purgatorio. Sarai in una comunione più perfetta con le anime vittime.

Il Santo Sacrificio, immune da parte tua da ogni umano interesse, salirà al Padre più gradito. La Santa Messa sarà inoltre vincolo di una tua maggior unione con Gesù nell'offerta di Sè e anche di te al Padre.

Coraggio, figlio! Sarà per te un balzo in avanti.(p.148)

 

Corrispondenza coraggiosa

Figlio, non ti nascondo poi, come in precedenza ti dissi, che, nel tuo viaggio a... e dopo, non sono mancate le ombre e le incorrispondenze da parte di tutti.

Nella vita spirituale ha grande importanza una particolare sensibilità per captare gli impulsi della Grazia, che non bisogna mai lasciar cadere nel vuoto pena un regresso pericoloso. Una caduta anche leggera può avere serie conseguenze per il corpo non meno che per l'anima.

Continua a chiedere a Dio, con opportuna e anche inopportuna insistenza, il dono di una corrispondenza sensibile, immediata, generosa, coraggiosa.

Avanti nell'eroica ascesa verso la cima! Se la croce è pesante, guarda a Gesù che ti precede.

Guardalo bene, figlio...

Vedilo incoronato di spine, lacerato, dissanguato, esausto.

Cade una, due, tre volte; il sudore intriso di sangue e di polvere gli copre il volto in una espressione di infinita sofferenza. Non dimenticare le sue parole, da molti conosciute ma non comprese: " Se vuoi venire dietro di Me, prendi la tua croce e seguimi ".(p.149)

Figlio caro, io sono contento di averlo seguito sul Calvario per tutta la vita.

Quanto soffrire, ma anche quanto gioire con Lui!

Lui sa rendere dolce anche la croce.

Non te ne pentirai per tutta l'eternità di avere efficacemente accolto l'invito di Lui, da moltissimi rifiutato.

Figlio, a presto.

Padre Pio (p.150)