Liturgia delle Ore - Letture
Lunedi della 6° settimana del tempo ordinario
Vangelo secondo Matteo 2
1Gesù nacque a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode. Alcuni Magi giunsero da oriente a Gerusalemme e domandavano:2"Dov'è il re dei Giudei che è nato? Abbiamo visto sorgere la sua stella, e siamo venuti per adorarlo".3All'udire queste parole, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme.4Riuniti tutti i sommi sacerdoti e gli scribi del popolo, s'informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Messia.5Gli risposero: "A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta:
6'E tu, Betlemme', terra di Giuda,
'non sei' davvero 'il più piccolo capoluogo di Giuda:
da te uscirà infatti un capo
che pascerà il mio popolo, Israele.'
7Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire con esattezza da loro il tempo in cui era apparsa la stella8e li inviò a Betlemme esortandoli: "Andate e informatevi accuratamente del bambino e, quando l'avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch'io venga ad adorarlo".
9Udite le parole del re, essi partirono. Ed ecco la stella, che avevano visto nel suo sorgere, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino.10Al vedere la stella, essi provarono una grandissima gioia.11Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, e prostratisi lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra.12Avvertiti poi in sogno di non tornare da Erode, per un'altra strada fecero ritorno al loro paese.
13Essi erano appena partiti, quando un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: "Alzati, prendi con te il bambino e sua madre e fuggi in Egitto, e resta là finché non ti avvertirò, perché Erode sta cercando il bambino per ucciderlo".
14Giuseppe, destatosi, prese con sé il bambino e sua madre nella notte e fuggì in Egitto,15dove rimase fino alla morte di Erode, perché si adempisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta:
'Dall'Egitto ho chiamato il mio figlio.'
16Erode, accortosi che i Magi si erano presi gioco di lui, s'infuriò e mandò ad uccidere tutti i bambini di Betlemme e del suo territorio dai due anni in giù, corrispondenti al tempo su cui era stato informato dai Magi.17Allora si adempì quel che era stato detto per mezzo del profeta Geremia:
18'Un grido è stato udito in Rama,
un pianto e un lamento grande;
Rachele piange i suoi figli
e non vuole essere consolata, perché non sono più.'
19Morto Erode, un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe in Egitto20e gli disse: "Alzati, prendi con te il bambino e sua madre e va' nel paese d'Israele; perché sono morti coloro che insidiavano la vita del bambino".21Egli, alzatosi, prese con sé il bambino e sua madre, ed entrò nel paese d'Israele.22Avendo però saputo che era re della Giudea Archelào al posto di suo padre Erode, ebbe paura di andarvi. Avvertito poi in sogno, si ritirò nelle regioni della Galilea23e, appena giunto, andò ad abitare in una città chiamata Nàzaret, perché si adempisse ciò che era stato detto dai profeti: "Sarà chiamato Nazareno".
Primo libro dei Re 9
1Quando Salomone ebbe terminato di costruire il tempio del Signore, la reggia e quanto aveva voluto attuare,2il Signore apparve per la seconda volta a Salomone, come gli era apparso in Gàbaon.3Il Signore gli disse: "Ho ascoltato la preghiera e la supplica che mi hai rivolto; ho santificato questa casa, che tu hai costruita perché io vi ponga il mio nome per sempre; i miei occhi e il mio cuore saranno rivolti verso di essa per sempre.
4Se tu camminerai davanti a me, come vi camminò tuo padre, con cuore integro e con rettitudine, se adempirai quanto ti ho comandato e se osserverai i miei statuti e i miei decreti,5io stabilirò il trono del tuo regno su Israele per sempre, come ho promesso a Davide tuo padre: Non ti mancherà mai un uomo sul trono di Israele.6Ma se voi e i vostri figli vi allontanerete da me, se non osserverete i comandi e i decreti che io vi ho dati, se andrete a servire altri dèi e a prostrarvi davanti ad essi,7eliminerò Israele dal paese che ho dato loro, rigetterò da me il tempio che ho consacrato al mio nome; Israele diventerà la favola e lo zimbello di tutti i popoli.8Riguardo a questo tempio, già così eccelso, chiunque vi passerà vicino si stupirà e fischierà, domandandosi: Perché il Signore ha agito così con questo paese e con questo tempio?9Si risponderà: Perché hanno abbandonato il Signore loro Dio che aveva fatto uscire i loro padri dal paese d'Egitto, si sono legati a dèi stranieri, prostrandosi davanti ad essi e servendoli; per questo il Signore ha fatto piombare su di loro tutta questa sciagura".
10Venti anni dopo che Salomone aveva costruito i due edifici, il tempio del Signore e la reggia,11poiché Chiram, re di Tiro, aveva fornito a Salomone legname di cedro e legname di abete e oro a piacere, Salomone diede a Chiram venti villaggi nella regione della Galilea.12Chiram partì da Tiro per vedere i villaggi che Salomone gli aveva dati, ma non gli piacquero.13Perciò disse: "Sono questi i villaggi che tu mi hai dati, fratello mio?". Li chiamò paese di Kabul, nome ancora in uso.14Chiram mandò al re centoventi talenti d'oro.
15Questa è l'occasione del lavoro forzato che reclutò il re Salomone per costruire il tempio, la reggia, il Millo, le mura di Gerusalemme, Cazor, Meghiddo, Ghezer.16Il faraone, re d'Egitto, con una spedizione aveva preso Ghezer, l'aveva data alle fiamme, aveva ucciso i Cananei che abitavano nella città e poi l'aveva assegnata in dote alla figlia, moglie di Salomone.17Salomone riedificò Ghezer, Bet-Coròn inferiore,18Baalat, Tamàr nel deserto del paese19e tutte le città di rifornimento che gli appartenevano, le città per i suoi carri, quelle per i suoi cavalli e quanto Salomone aveva voluto costruire in Gerusalemme, nel Libano e in tutto il territorio del suo dominio.20Quanti rimanevano degli Amorrei, degli Hittiti, dei Perizziti, degli Evei e dei Gebusei, che non appartenevano agli Israeliti,21e cioè i discendenti rimasti dopo di loro nel paese, coloro che gli Israeliti non erano riusciti a sterminare, Salomone li costrinse ai lavori forzati, e tale è ancora la loro condizione.22Ma degli Israeliti, Salomone non assoggettò nessuno alla schiavitù: costoro divennero suoi guerrieri, suoi ministri, suoi ufficiali, suoi scudieri, capi dei suoi carri e dei suoi cavalieri.23I capi dei prefetti, che dirigevano i lavori per Salomone, erano cinquecentocinquanta; essi sovrintendevano alla massa impiegata nei lavori.
24Dopo che la figlia del faraone si trasferì dalla città di Davide alla casa che Salomone le aveva costruita, questi costruì il Millo.
25Tre volte all'anno Salomone offriva olocausti e sacrifici di comunione sull'altare che aveva costruito per il Signore e bruciava incenso su quello che era davanti al Signore. Così terminò il tempio.
26Salomone costruì anche una flotta in Ezion-Gheber, cioè in Elat, sulla riva del Mare Rosso nella regione di Edom.27Chiram inviò sulle navi i suoi servi, marinai che conoscevano il mare, insieme con i servi di Salomone.28Andarono in Ofir, ove presero oro - quattrocentoventi talenti - e lo portarono al re Salomone.
Salmi 113
1Alleluia.
Lodate, servi del Signore,
lodate il nome del Signore.
2Sia benedetto il nome del Signore,
ora e sempre.
3Dal sorgere del sole al suo tramonto
sia lodato il nome del Signore.
4Su tutti i popoli eccelso è il Signore,
più alta dei cieli è la sua gloria.
5Chi è pari al Signore nostro Dio
che siede nell'alto
6e si china a guardare
nei cieli e sulla terra?
7Solleva l'indigente dalla polvere,
dall'immondizia rialza il povero,
8per farlo sedere tra i principi,
tra i principi del suo popolo.
9Fa abitare la sterile nella sua casa
quale madre gioiosa di figli.
Salmi 102
1'Preghiera di un afflitto che è stanco'
'e sfoga dinanzi a Dio la sua angoscia'.
2Signore, ascolta la mia preghiera,
a te giunga il mio grido.
3Non nascondermi il tuo volto;
nel giorno della mia angoscia
piega verso di me l'orecchio.
Quando ti invoco: presto, rispondimi.
4Si dissolvono in fumo i miei giorni
e come brace ardono le mie ossa.
5Il mio cuore abbattuto come erba inaridisce,
dimentico di mangiare il mio pane.
6Per il lungo mio gemere
aderisce la mia pelle alle mie ossa.
7Sono simile al pellicano del deserto,
sono come un gufo tra le rovine.
8Veglio e gemo
come uccello solitario sopra un tetto.
9Tutto il giorno mi insultano i miei nemici,
furenti imprecano contro il mio nome.
10Di cenere mi nutro come di pane,
alla mia bevanda mescolo il pianto,
11davanti alla tua collera e al tuo sdegno,
perché mi sollevi e mi scagli lontano.
12I miei giorni sono come ombra che declina,
e io come erba inaridisco.
13Ma tu, Signore, rimani in eterno,
il tuo ricordo per ogni generazione.
14Tu sorgerai, avrai pietà di Sion,
perché è tempo di usarle misericordia:
l'ora è giunta.
15Poiché ai tuoi servi sono care le sue pietre
e li muove a pietà la sua rovina.
16I popoli temeranno il nome del Signore
e tutti i re della terra la tua gloria,
17quando il Signore avrà ricostruito Sion
e sarà apparso in tutto il suo splendore.
18Egli si volge alla preghiera del misero
e non disprezza la sua supplica.
19Questo si scriva per la generazione futura
e un popolo nuovo darà lode al Signore.
20Il Signore si è affacciato dall'alto del suo santuario,
dal cielo ha guardato la terra,
21per ascoltare il gemito del prigioniero,
per liberare i condannati a morte;
22perché sia annunziato in Sion il nome del Signore
e la sua lode in Gerusalemme,
23quando si aduneranno insieme i popoli
e i regni per servire il Signore.
24Ha fiaccato per via la mia forza,
ha abbreviato i miei giorni.
25Io dico: Mio Dio,
non rapirmi a metà dei miei giorni;
i tuoi anni durano per ogni generazione.
26In principio tu hai fondato la terra,
i cieli sono opera delle tue mani.
27Essi periranno, ma tu rimani,
tutti si logorano come veste,
come un abito tu li muterai
ed essi passeranno.
28Ma tu resti lo stesso
e i tuoi anni non hanno fine.
29I figli dei tuoi servi avranno una dimora,
resterà salda davanti a te la loro discendenza.
Osea 1
1Parola del Signore rivolta a Osea figlio di Beerì, al tempo di Ozia, di Iotam, di Acaz, di Ezechia, re di Giuda, e al tempo di Geroboàmo figlio di Ioas, re d'Israele.
2Quando il Signore cominciò a parlare a Osea, gli disse:
"Va', prenditi in moglie una prostituta
e abbi figli di prostituzione,
poiché il paese non fa che prostituirsi
allontanandosi dal Signore".
3Egli andò a prendere Gomer, figlia di Diblàim: essa concepì e gli partorì un figlio.4E il Signore disse a Osea:
"Chiamalo Izreèl, perché tra poco
vendicherò il sangue di Izreèl sulla casa di Ieu
e porrò fine al regno della casa d'Israele.
5In quel giorno
io spezzerò l'arco d'Israele nella valle di Izreèl".
6La donna concepì di nuovo e partorì una figlia e il Signore disse a Osea:
"Chiamala Non-amata,
perché non amerò più
la casa d'Israele,
non ne avrò più compassione.
7Invece io amerò la casa di Giuda
e saranno salvati dal Signore loro Dio;
non li salverò con l'arco, con la spada, con la guerra,
né con cavalli o cavalieri".
8Dopo aver divezzato Non-amata, Gomer concepì e partorì un figlio.9E il Signore disse a Osea:
"Chiamalo Non-mio-popolo,perché voi non siete mio popolo
e io non esisto per voi".
Atti degli Apostoli 1
1Nel mio primo libro ho già trattato, o Teòfilo, di tutto quello che Gesù fece e insegnò dal principio2fino al giorno in cui, dopo aver dato istruzioni agli apostoli che si era scelti nello Spirito Santo, egli fu assunto in cielo.
3Egli si mostrò ad essi vivo, dopo la sua passione, con molte prove, apparendo loro per quaranta giorni e parlando del regno di Dio.4Mentre si trovava a tavola con essi, ordinò loro di non allontanarsi da Gerusalemme, ma di attendere che si adempisse la promessa del Padre "quella, disse, che voi avete udito da me:5Giovanni ha battezzato con acqua, voi invece sarete battezzati in Spirito Santo, fra non molti giorni".
6Così venutisi a trovare insieme gli domandarono: "Signore, è questo il tempo in cui ricostituirai il regno di Israele?".7Ma egli rispose: "Non spetta a voi conoscere i tempi e i momenti che il Padre ha riservato alla sua scelta,8ma avrete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi e mi sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samarìa e fino agli estremi confini della terra".
9Detto questo, fu elevato in alto sotto i loro occhi e una nube lo sottrasse al loro sguardo.10E poiché essi stavano fissando il cielo mentre egli se n'andava, ecco due uomini in bianche vesti si presentarono a loro e dissero:11"Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo? Questo Gesù, che è stato di tra voi assunto fino al cielo, tornerà un giorno allo stesso modo in cui l'avete visto andare in cielo".
12Allora ritornarono a Gerusalemme dal monte detto degli Ulivi, che è vicino a Gerusalemme quanto il cammino permesso in un sabato.13Entrati in città salirono al piano superiore dove abitavano. C'erano Pietro e Giovanni, Giacomo e Andrea, Filippo e Tommaso, Bartolomeo e Matteo, Giacomo di Alfeo e Simone lo Zelòta e Giuda di Giacomo.14Tutti questi erano assidui e concordi nella preghiera, insieme con alcune donne e con Maria, la madre di Gesù e con i fratelli di lui.
15In quei giorni Pietro si alzò in mezzo ai fratelli (il numero delle persone radunate era circa centoventi) e disse:16"Fratelli, era necessario che si adempisse ciò che nella Scrittura fu predetto dallo Spirito Santo per bocca di Davide riguardo a Giuda, che fece da guida a quelli che arrestarono Gesù.17Egli era stato del nostro numero e aveva avuto in sorte lo stesso nostro ministero.18Giuda comprò un pezzo di terra con i proventi del suo delitto e poi precipitando in avanti si squarciò in mezzo e si sparsero fuori tutte le sue viscere.19La cosa è divenuta così nota a tutti gli abitanti di Gerusalemme, che quel terreno è stato chiamato nella loro lingua Akeldamà, cioè Campo di sangue.20Infatti sta scritto nel libro dei Salmi:
'La sua dimora diventi deserta, e nessuno vi abiti, '
e:
'il suo incarico lo prenda un altro'.
21Bisogna dunque che tra coloro che ci furono compagni per tutto il tempo in cui il Signore Gesù ha vissuto in mezzo a noi,22incominciando dal battesimo di Giovanni fino al giorno in cui è stato di tra noi assunto in cielo, uno divenga, insieme a noi, testimone della sua risurrezione".
23Ne furono proposti due, Giuseppe detto Barsabba, che era soprannominato Giusto, e Mattia.24Allora essi pregarono dicendo: "Tu, Signore, che conosci il cuore di tutti, mostraci quale di questi due hai designato25a prendere il posto in questo ministero e apostolato che Giuda ha abbandonato per andarsene al posto da lui scelto".26Gettarono quindi le sorti su di loro e la sorte cadde su Mattia, che fu associato agli undici apostoli.
Capitolo XVII: La vita nei monasteri
Leggilo nella Biblioteca1. Se vuoi mantenere pace e concordia con gli altri, devi imparare a vincere decisamente te stesso in molte cose. Non è cosa facile stare in un monastero o in un gruppo, e viverci senza lamento alcuno, mantenendosi fedele sino alla morte. Beato colui che vi avrà vissuto santamente e vi avrà felicemente compiuta la vita. Se vuoi stare saldo al tuo dovere e avanzare nel bene, devi considerarti esule pellegrino su questa terra. Per condurre una vita di pietà, devi farti stolto per amore di Cristo.
2. Poco contano l'abito e la tonsura; sono la trasformazione della vita e la completa mortificazione delle passioni, che fanno il monaco. Chi tende ad altro che non sia soltanto Dio e la salute dell'anima, non troverà che tribolazione e dolore. Ancora, non avrà pace duratura chi non si sforza di essere il più piccolo, sottoposto a tutti. Qui tu sei venuto per servire, non comandare. Ricordati che sei stato chiamato a sopportare e a faticare, non a passare il tempo in ozio e in chiacchiere. Qui si provano gli uomini, come si prova l'oro nel fuoco (cfr. Sir 27,6). Qui nessuno potrà durevolmente stare, se non si sarà fatto umile dal profondo del cuore, per amore di Dio.
Omelia 22: Chi ascolta le mie parole e crede, è passato dalla morte alla vita.
Commento al Vangelo di San Giovanni - Sant'Agostino d'Ippona
Leggilo nella Biblioteca1. La lezione evangelica di oggi - continuazione dei sermoni tenuti ieri e l'altro ieri - ci proponiamo di commentarla punto per punto, non come meriterebbe, ma secondo le nostre forze; come voi, del resto, attingete a questa fonte non secondo la sua abbondanza, ma secondo la vostra capacità limitata. Né possiamo noi far risuonare alle vostre orecchie la voce potente della fonte, ma solo quanto possiamo attingere, e questo noi trasmettiamo ai vostri sensi, persuasi che il Signore opera nei vostri cuori più efficacemente di quel che possiamo noi parlando alle vostre orecchie. Il tema è profondo, e chi lo tratta non è all'altezza, essendo piuttosto modesto. Tuttavia, colui che essendo grande per noi si fece piccolo, c'infonde speranza e fiducia. Poiché, se egli non ci incoraggiasse e non ci invitasse a comprenderlo, ma ci abbandonasse come esseri trascurabili (dato che non potremmo accogliere la sua divinità, se egli non avesse assunto la nostra condizione mortale e non fosse sceso fino a noi per annunciarci il suo Vangelo); se insomma non si fosse reso partecipe di quanto in noi v'è di abietto e infimo, non potremmo convincerci che ha assunto la nostra pochezza appunto per comunicarci la sua grandezza. Dico questo perché nessuno ci consideri presuntuosi se osiamo esporre queste cose, e nessuno disperi di poter intendere, con l'aiuto di Dio, ciò che il medesimo Figlio di Dio si è degnato rivelargli. E' da credere, dunque, che era sua intenzione che noi intendessimo ciò che si è degnato dirci. E se non ci riusciamo, pregheremo e ci farà dono di questa comprensione colui che, senza essere pregato, ci ha fatto dono della sua parola.
[La fede, la pietà e l'intelligenza.]
2. Ecco, rendetevi conto della profondità di queste parole: In verità, in verità vi dico: chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato, ha la vita eterna (Gv 5, 24). Tutti certamente aspiriamo alla vita eterna. Ebbene, egli ci ha detto: Chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato, ha la vita eterna. Si può dunque pensare che egli abbia voluto farci ascoltare la sua parola senza darci modo d'intenderla? Perché, se la vita eterna consiste nell'ascoltare e nel credere, tanto più consisterà nel comprendere. La pietà è il fondamento della fede, e il frutto della fede è l'intelligenza, che ci fa pervenire alla vita eterna. Allora non si leggerà più il Vangelo: colui che ora ci ha dato il Vangelo, riposte tutte le pagine che si leggono, fatta tacere la voce del lettore e del commentatore, si mostrerà a tutti i suoi che staranno al suo cospetto con cuore purificato e col corpo non più soggetto alla morte; li purificherà e li illuminerà, ed essi vivranno e vedranno che in principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio (Gv 1, 1). Adesso dunque rendiamoci conto chi siamo noi e chi è colui che stiamo ascoltando. Cristo è Dio e parla con degli uomini. Vuol essere capito? Ce ne renda capaci. Vuol essere visto? Ci apra gli occhi. Non è senza motivo che ci parla; è vero quello che ci promette.
3. Chi ascolta le mie parole - dice - e crede a colui che mi ha mandato, ha la vita eterna e non subisce giudizio, ma è passato dalla morte alla vita. Dove e quando passiamo dalla morte alla vita, così da non incorrere nel giudizio? E' in questa vita che si passa dalla morte alla vita; proprio in questa vita che ancora non è vita. In che consiste questo passaggio? Chi ascolta la mia parola - dice - e crede a colui che mi ha mandato. Crederai e compirai questo passaggio, se metterai in pratica tali parole. Ma è possibile passare restando fermi? Certo che è possibile. Uno può restare fermo col corpo, e con l'anima compiere il passaggio. Dove era prima, per dove passa e dove va? Passa dalla morte alla vita. Ecco un uomo che non si muove e nel quale si realizza quanto stiamo dicendo. Egli sta lì fermo e ascolta; forse non credeva e, ascoltando, crede: un momento fa non credeva e adesso crede. E' come se avesse compiuto un passaggio dalla regione dell'infedeltà alla regione della fede, muovendosi col cuore, non col corpo, e muovendosi in meglio; perché anche quelli che abbandonano la fede si muovono, ma in peggio. Vedi come in questa vita, che, come dico, non è ancora vita, si passa dalla morte alla vita per non incorrere nel giudizio. Perché ho detto che non è ancora vita? Se questa fosse vita, il Signore non avrebbe detto a quel tale: Se vuoi venire alla vita, osserva i comandamenti (Mt 19, 17). Non gli ha detto: Se vuoi venire alla vita eterna; non ha aggiunto "eterna", ma ha detto semplicemente vita. Quella presente non si può nemmeno chiamare vita, non essendo la vera vita. Quale è la vera vita se non quella che è eterna? Ascolta che cosa dice l'Apostolo a Timoteo: Raccomanda ai ricchi di questo mondo di non essere orgogliosi e di non riporre la loro speranza nelle instabili ricchezze, ma nel Dio vivo, che ci dà in abbondanza ogni cosa, affinché ne godiamo. Facciano del bene, si arricchiscano di opere buone, siano liberali, generosi. A che scopo? Ascolta ciò che segue: Si accumulino per l'avvenire un tesoro posto su solide basi, che assicuri loro la vera vita (1 Tim 6, 17-19). Se devono accumularsi un tesoro per l'avvenire su solide basi che assicuri loro la vera vita, vuol dire che la loro vita attuale è una vita falsa. A che scopo, infatti, assicurarsi la vera vita, se uno già la possiede? Si deve raggiungere quella vera? bisogna emigrare da quella falsa. Donde e dove bisogna emigrare? Ascolta, credi, e realizzerai il passaggio dalla morte alla vita, e non incorrerai nel giudizio.
4. Che significa: non incorrerai nel giudizio? Nessuno potrà spiegarcelo meglio dell'apostolo Paolo, che dice: Tutti noi dobbiamo comparire davanti al tribunale di Cristo, affinché ciascuno raccolga, in ragione delle azioni compiute, ciò che ha meritato quand'era nel corpo, il bene o il male (2 Cor 5, 10). Paolo dice: Tutti noi dobbiamo comparire davanti al tribunale di Cristo; e tu presumi di non dover comparire in giudizio? No, rispondi tu, non è che io mi riprometta questo, ma credo a colui che me lo promette. E' il Salvatore che parla, è la Verità che promette, è lui che mi ha detto: Chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato, ha la vita eterna, è passato dalla morte alla vita e non incorrerà nel giudizio. Io quindi ho ascoltato la parola del mio Signore e ho creduto. Da infedele che ero, son diventato fedele; secondo la sua parola, io son passato dalla morte alla vita, e non incorro nel giudizio. Non è presunzione mia, è promessa sua. Paolo, dunque, dice il contrario di Cristo, il servo dice il contrario del Signore, il discepolo contraddice il maestro, l'uomo contraddice Dio, se mentre il Signore dice: Chi ascolta e crede, è passato dalla morte alla vita e non cade sotto giudizio, l'Apostolo dice: Tutti noi dobbiamo comparire davanti al tribunale di Cristo? Vorrà dire che non incorre nel giudizio chi deve comparire in tribunale? Non mi pare che sia così.
[Giudizio e condanna.]
5. Ce lo rivela il Signore nostro Dio, e, per mezzo delle sue Scritture, c'insegna come si debba intendere il giudizio. Vi esorto a stare attenti. La parola "giudizio" a volte significa pena, altre volte discriminazione. Se si prende come discriminazione, allora sì che tutti noi dobbiamo comparire davanti al tribunale di Cristo, affinché ciascuno raccolga, in ragione delle azioni compiute, ciò che ha meritato quand'era nel corpo, il bene o il male. La discriminazione consiste appunto nel distribuire i beni ai buoni e i mali ai cattivi. Perché se il giudizio dovesse intendersi sempre in senso negativo, il salmo non direbbe: Giudicami, o Dio (Sal 42, 1). Potrebbe stupire l'espressione: Giudicami, o Dio. L'uomo infatti è solito dire: Iddio mi perdoni! Perdonami, o Dio! Ma chi direbbe: Giudicami, o Dio? E invece questo è un ritornello quando si recita il salmo: il lettore intona e il popolo risponde. Forse che qualcuno si impressiona e trova difficoltà a rivolgere a Dio questo ritornello: Giudicami, o Dio? No, il popolo credente canta, e non ritiene un cattivo desiderio quello che gli viene suggerito dalla lettura divina; anche se capisce poco, è convinto di cantare una cosa buona. Ma il salmo non ci lascia senza spiegazione: nel seguito, infatti, mostra di quale giudizio intende parlare, non di condanna ma di separazione. Dice infatti: Giudicami, o Dio. Che significa giudicami? Ecco che vien detto: separa la mia causa da quella di gente non santa. E' per questo giudizio di separazione che tutti noi dobbiamo comparire davanti al tribunale di Cristo. E invece, quando dice: Chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato, ha la vita eterna e non incorrerà nel giudizio, ma passa dalla morte alla vita, intende parlare di giudizio di condanna. Che significa non incorrerà nel giudizio? Che non incorrerà nella condanna. Proviamo, con le Scritture alla mano, che dove è detto giudizio si deve intendere condanna. In questa medesima pagina del Vangelo, del resto, sentirete che il termine giudizio viene usato solo nel senso di condanna o di pena. E l'Apostolo, scrivendo a quelli che mancavano di rispetto a quel Corpo che voi fedeli ben conoscete, e a causa di ciò minacciando i castighi del Signore, dice: E' per questo che ci son molti infermi tra voi e numerosi sono i malati che muoiono. Molti, infatti, perfino morivano. L'Apostolo prosegue dicendo: Che se ci esaminassimo noi stessi, non verremmo giudicati dal Signore, cioè se ci correggessimo da soli, non verremmo corretti dal Signore. Quando però veniamo giudicati, veniamo corretti dal Signore, per non esser condannati con questo mondo (1 Cor 11, 30-32). Ci sono dunque di quelli che vengono giudicati, cioè puniti qui per essere risparmiati dopo; ci sono altri che qui vengono trattati con indulgenza, e di là saranno trattati con maggior severità; altri, finalmente, non emendatisi quaggiù con i castighi correttivi di Dio, saranno ugualmente puniti lassù ma non più a scopo emendativo: costoro, che hanno disprezzato il Padre che li colpiva, proveranno il giudice che punisce. C'è quindi un giudizio che Dio, cioè il Figlio di Dio, riserva alla fine al diavolo e ai suoi angeli, e con lui a tutti gli infedeli e agli empi; a questo giudizio non verrà sottoposto chi adesso, credendo, passa dalla morte alla vita.
6. E affinché tu non pensassi che, credendo, non avresti dovuto morire secondo la carne, e intendendo materialmente le sue parole subito non dicessi a te stesso: Il mio Signore mi ha detto: Chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato, è passato dalla morte alla vita, e siccome io ho creduto, quindi non dovrò morire; sappi che la morte è il tributo che devi pagare per la condanna inflitta ad Adamo. Cadde sopra di lui, nel quale tutti eravamo presenti, la condanna: Sarai colpito dalla morte .. (Gn 2, 17). La sentenza divina non può essere annullata. E solo quando avrai pagato questo tributo della morte dell'uomo vecchio, verrai accolto nella vita eterna dell'uomo nuovo, e passerai dalla morte alla vita. Compi fin d'ora il passaggio dalla morte alla vita. Quale è la tua vita? E' la fede: Il giusto vive della fede (Ab 2, 4; Rm 1, 17). Che dire allora degli infedeli? Essi sono morti. A siffatti morti apparteneva, quanto al corpo, quel tale di cui il Signore disse: Lascia i morti seppellire i morti (Mt 8, 22). In questa vita, quindi, vi sono dei morti e dei vivi, anche se apparentemente tutti sono vivi. Chi sono i morti? Quelli che non credono. Chi sono i vivi? Quelli che credono. Cosa dice ai morti l'Apostolo? Svegliati, tu che dormi. Ma dirai: parla di sonno, non di morte. Ascolta come prosegue: Svegliati tu che dormi, e risorgi dalla morte. E come se il morto chiedesse: e dove andrò? l'Apostolo continua: E Cristo ti illuminerà (Ef 5, 14). Quando, credendo in Cristo, sei da lui illuminato, tu passi dalla morte alla vita: permani nella vita alla quale sei passato e non incorrerai nel giudizio.
7. Così spiega il Signore, aggiungendo: In verità, in verità vi dico. Affinché non intendessimo le sue parole: è passato dalla morte alla vita, come riferite alla risurrezione futura, e volendo mostrare come nel credente si compia questo passaggio e che questo passaggio dalla morte alla vita è il passaggio dall'infedeltà alla fede, dall'iniquità alla giustizia, dalla superbia all'umiltà, dall'odio alla carità, egli con solennità dichiara: In verità, in verità vi dico: viene l'ora, ed è questa ... Poteva essere più esplicito? In questo modo ci ha già chiarito il suo pensiero, che cioè si compie adesso il passaggio al quale Cristo ci esorta. Viene l'ora. Quale ora? ... ed è questa, in cui i morti udranno la voce del Figlio di Dio, e coloro che l'avranno ascoltata vivranno (Gv 5, 25). Si è già parlato di questi morti. Credete voi, miei fratelli, che in mezzo a questa folla che mi ascolta non ci siano di questi morti? Quelli che credono e operano in conformità alla vera fede, son vivi e non morti; ma quelli che non credono, o credono alla maniera dei demoni, che cioè tremano di paura e vivono male (cf. Gc 2, 19), che confessano il Figlio di Dio e sono privi di carità, son piuttosto da considerarsi morti. E certamente l'ora di cui parla il Signore è tuttora presente: non è una delle dodici ore del giorno. Da quando egli parlò fino al tempo presente, e sino alla fine del mondo, quest'ora è in corso. E' l'ora di cui parla Giovanni nella sua epistola: Figlioli, è iniziata l'ultima ora (1 Io 2, 18). E' questa l'ora, è adesso. Chi vive, viva; chi era morto, risorga; ascolti, chi giaceva morto, la voce del Figlio di Dio, si alzi e viva. Il Signore lanciò un grido verso il sepolcro di Lazzaro, e colui che era morto da quattro giorni, risuscitò. Colui che già si decomponeva, uscì fuori all'aria libera; era sepolto sotto una grossa pietra, la voce del Signore penetrò la durezza della pietra; ma il tuo cuore è così duro che quella voce divina non è ancora riuscita a spezzarlo. Risorgi nel tuo cuore, esci fuori dal tuo sepolcro. Perché quando stavi morto nel tuo cuore, giacevi come in un sepolcro, ed eri come schiacciato sotto il peso della cattiva abitudine. Risorgi e vieni fuori! Che significa: Risorgi e vieni fuori? Credi e confessa. Colui che crede risorge, e colui che confessa esce fuori. Perché diciamo che colui che confessa viene fuori? Perché prima della professione di fede, era occulto; ma dopo la professione di fede, viene fuori dalle tenebre alla luce. E che cosa vien detto ai ministri, in seguito alla professione di fede? Lo stesso che Gesù disse presso il sepolcro di Lazzaro: Scioglietelo e lasciatelo andare (Gv 11, 44). Così come è stato detto agli Apostoli, che sono i ministri del Signore: Ciò che scioglierete in terra, sarà sciolto anche in cielo (Mt 18, 18).
8. Viene l'ora, ed è questa, in cui i morti udranno la voce del Figlio di Dio, e quelli che l'avranno ascoltata vivranno. Come potranno vivere? In virtù della vita stessa. Di quale vita? Di Cristo? Come si dimostra che vivranno in virtù della vita che è Cristo? Io sono - egli dice - la via, la verità e la vita (Gv 14, 6). Vuoi tu camminare? Io sono la via. Vuoi evitare l'errore? Io sono la verità. Vuoi sfuggire alla morte? Io sono la vita. Questo ti dice il tuo Salvatore: Non hai dove andare se non vieni a me, e non c'è via per cui tu possa camminare se io non sono la tua via. Adesso dunque è in corso quest'ora, è in corso sicuramente questo avvenimento che non cessa di compiersi. Risorgono quelli che erano morti e passano alla vita. Ricevono la vita alla voce del Figlio di Dio, e di lui vivono se perseverano nella sua fede. Il Figlio, infatti, possiede la vita ed è in grado di comunicarla ai credenti.
9. In che senso egli ha la vita? Ha la vita così come l'ha il Padre. Ascolta ciò che egli dice: Come il Padre ha la vita in se stesso, così ha concesso anche al Figlio di avere la vita in se stesso (Gv 5, 26). Fratelli, cerco di spiegarvelo come posso. Queste, infatti, son parole che turbano il nostro piccolo intelletto. Perché ha aggiunto in se stesso? Non era sufficiente dire: Come il Padre ha la vita, così ha concesso anche al Figlio di avere la vita? Ha aggiunto: in se stesso: cioè come il Padre ha la vita in se stesso così anche il Figlio ha la vita in se stesso. Dicendo in se stesso, ha voluto inculcarci qualcosa. Il segreto è racchiuso in questa espressione. Bussiamo perché egli ci apra. Signore, che cosa hai voluto dire? Perché hai aggiunto in se stesso? Forse l'apostolo Paolo, che tu hai fatto vivere, non aveva la vita? Sì, l'aveva. E gli uomini che erano morti e risuscitano e, credendo alla tua parola, passano dalla morte alla vita, una volta compiuto il passaggio, non avranno anch'essi in te la vita? Sì, l'avranno, perché io stesso poc'anzi ho detto: Chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato, ha la vita eterna (Gv 5, 24). Dunque, coloro che credono in te hanno la vita, ma di proposito non hai detto che ce l'hanno in se stessi. Parlando invece del Padre, tu dici: Come il Padre ha la vita in se stesso, e subito riferendoti a te: così ha concesso anche al Figlio di avere la vita in se stesso. Ha concesso al Figlio di avere la vita come ce l'ha lui. Come ce l'ha il Padre? In se stesso. E al Figlio come ha concesso di averla? In se stesso. Paolo, invece, come ce l'aveva? Non in se stesso, ma nel Cristo. E tu, fedele, come hai la vita? Non in te stesso, ma nel Cristo. Vediamo se questo dice l'Apostolo: Vivo, non già io, ma vive in me Cristo (Gal 2, 20). La vita nostra, in quanto nostra, in quanto cioè dipende dalla nostra propria volontà, non può essere che cattiva, peccaminosa e iniqua; la vita degna, invece, è in noi ma proviene da Dio, non da noi. E' da Dio che deriva questo dono, non da noi. Cristo ha la vita in se stesso, come il Padre, perché è il Verbo di Dio. Egli non vive ora bene, ora male; l'uomo, invece, prima vive male, poi bene. Chi vive male, vive di suo; chi vive bene, è perché è passato alla vita di Cristo. Se sei diventato partecipe della vita, vuol dire che non eri ciò che hai poi ricevuto, anche se, per poter ricevere, esistevi. Il Figlio di Dio non è esistito un tempo senza vita, da ricevere la vita in un secondo tempo; perché, se avesse avuto la vita in questo modo, non l'avrebbe in se stesso. Che significa, dunque, in se stesso? Significa che egli è la vita stessa.
[Cristo luce inestinguibile.]
10. Cercherò di esprimermi in maniera ancora più semplice. Uno, ad esempio, accende la lucerna. La fiamma che splende nella lucerna, quel fuoco, ha la luce in se stesso. I tuoi occhi, invece, che, prima di accendere la lucerna, erano al buio e non vedevano nulla, adesso anch'essi hanno la luce, ma non in se stessi. Perciò, se si distolgono dalla lucerna, ricadono nelle tenebre; se nuovamente si volgono verso di essa, tornano ad essere illuminati. Quel fuoco, però, manda la luce finché dura: se gli vuoi sottrarre la luce, lo spegni, perché senza luce non può esistere. Ma Cristo è luce inestinguibile e coeterna al Padre: sempre arde, sempre splende, sempre riscalda. Se non riscaldasse, come potremmo cantare col salmo: Non c'è chi possa sottrarsi al suo calore? (Sal 18, 7). Tu, invece, nel peccato eri gelido; voltati e avvicinati a lui, se vuoi riscaldarti; se ti allontani, ridiventi freddo. Nel tuo peccato eri tenebroso, volgiti verso di lui se vuoi essere illuminato; ma se volti le spalle alla luce, ricadrai nell'oscurità. Pertanto, siccome in te eri tenebra, illuminato non diventerai luce, anche se sarai nella luce. Dice infatti l'Apostolo: Foste un tempo tenebre, adesso invece siete luce nel Signore (Ef 5, 8). Dopo aver detto adesso siete luce, aggiunge nel Signore. In te dunque eri tenebra, nel Signore sei luce. Perché sei luce? Sei luce in quanto partecipi della sua luce. E se ti allontani dalla luce che t'illumina, ricadi nelle tue tenebre. Non è così di Cristo, non è così del Verbo di Dio. Perché? Perché come il Padre ha la vita in se stesso, così ha dato al Figlio di avere la vita in se stesso, cosicché la sua non è una vita partecipata nel tempo ma una vita immutabile; anzi egli stesso è vita. Così ha dato al Figlio di avere la vita in se stesso. Come ce l'ha il Padre, così ha dato al Figlio di averla. Con quale differenza? Con la differenza che il Padre l'ha data e il Figlio l'ha ricevuta. Ma che forse esisteva già il Figlio, quando l'ha ricevuta? E' però ammissibile che Cristo sia stato un tempo senza luce, lui che è la sapienza del Padre, e del quale è detto: è lo splendore della luce eterna (Sap 7, 26)? Dire quindi ha dato al Figlio è come dire: ha generato il Figlio; generandolo, infatti, gli ha dato la vita. Come gli ha dato l'essere, così gli ha dato di essere vita, e precisamente di essere vita in se stesso. Che significa essere vita in se stesso? Che egli non ha bisogno di avere la vita da nessun altro, ma è egli stesso la pienezza della vita, da cui tutti i credenti, purché vivano, ricevono la vita. Ha dato a lui di avere la vita in se stesso: ha dato a lui, in quanto egli è il suo Verbo, in quanto in principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio.
11. Essendosi poi il Verbo fatto uomo, cosa gli ha dato il Padre? Gli ha dato il potere di giudicare, perché è figlio d'uomo. In quanto è Figlio di Dio, gli ha dato di avere la vita in se stesso così come il Padre ha la vita in sé (Gv 5, 27 26); e in quanto è figlio dell'uomo, gli ha dato il potere di giudicare. Questo è quanto ho esposto ieri alla vostra Carità: che nel giudizio è l'uomo che si vedrà, e Dio non si vedrà mentre, dopo il giudizio, Dio potrà esser visto da coloro che avranno superato il giudizio, ma non potrà mai essere visto dagli empi. E siccome nel giudizio si vedrà Cristo-uomo in quella medesima forma che aveva quando salì al cielo, perciò il Signore aveva detto prima: Il Padre non giudica nessuno, ma ha rimesso al Figlio ogni giudizio (Gv 5, 22). Questo medesimo concetto riprende poi dicendo: Gli ha dato il potere di giudicare, perché è Figlio d'uomo. Sembra con queste parole voler rispondere a te che chiedi: Perché gli ha dato il potere di giudicare? quando mai è stato senza questo potere? non aveva forse il potere di giudicare quando in principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio? e non aveva il potere di giudicare quando per mezzo di lui sono state fatte tutte le cose (Gv 1, 1 3)? Ma io dico: gli ha dato il potere di giudicare perché è Figlio dell'uomo, nel senso che il Figlio ha ricevuto tale potere perché Figlio dell'uomo. Infatti, come Figlio di Dio ha sempre avuto tale potere. Ha ricevuto quel potere colui che fu crocifisso. Colui che accettò la morte ricevette la vita. Il Verbo di Dio non conobbe mai la morte, fu sempre in possesso della vita.
[Fede senza riserve.]
12. Qualcuno di noi, a proposito della risurrezione, potrebbe dire: Ecco, noi siamo già risorti; chi ascolta Cristo, chi crede, passa dalla morte alla vita e non incorre nel giudizio; viene l'ora, anzi è già venuta, in cui chi ascolta la voce del Figlio di Dio, vivrà; era morto, ha ascoltato, ed ecco che risorge; che senso ha parlare di un'altra risurrezione? Abbi riguardo per te, non essere precipitoso in una affermazione di cui poi tu debba pentirti. Esiste certamente questa risurrezione che avviene ora: gli infedeli erano morti, ed erano morti anche gli iniqui, ed ora vivono, in quanto giusti, e passano dalla morte dell'infedeltà alla vita della fede. Ma non pensare che non ci sarà in seguito anche la risurrezione del corpo; devi credere che ci sarà altresì la risurrezione del corpo. Ascolta quanto dice il Signore dopo aver parlato di questa risurrezione che avviene mediante la fede, e lo dice appunto perché nessuno, pensando che esista soltanto questa, abbia a cadere nella disperazione e nell'errore di coloro che pervertono i sentimenti altrui affermando che la risurrezione è già avvenuta, e dei quali l'Apostolo dice che pervertono la fede di alcuni (2 Tim 2, 18). Credo che il loro ragionamento sia presso a poco questo: Ecco, il Signore ha detto: Chi crede in me, passa dalla morte alla vita; quindi la risurrezione dei fedeli che prima erano infedeli, è un fatto che già si compie; che senso ha, allora, parlare di un'altra risurrezione? Rendiamo grazie al Signore Dio nostro, che sostiene i vacillanti, guida gli esitanti e conferma i dubbiosi. Ascolta le parole che seguono, perché non c'è motivo di avvolgerti in una caligine di morte. Se è vero che hai creduto, credi tutto. Che cos'è, mi domandi, questo tutto che devo credere? Ascolta: Non vi meravigliate di ciò, cioè non vi meravigliate che il Padre abbia dato al Figlio il potere di giudicare. Ma questo - ci dice - avverrà alla fine del mondo. In che senso alla fine del mondo? Ascolta: Non vi meravigliate di ciò; perché viene l'ora. Qui non dice: ed è questa. Parlando della risurrezione mediante la fede, che ha detto? Viene l'ora, ed è questa (Gv 5, 28 25). Invece, parlando di quest'altra risurrezione dei corpi, dice: Viene l'ora, senza aggiungere ed è questa, perché sarà alla fine del mondo.
13. E come mi dimostri, domandi tu, che il Signore parla di questa risurrezione futura? Se ascolti con un po' di pazienza, tu stesso potrai averne la dimostrazione. Proseguiamo, dunque: Non vi meravigliate di ciò; perché viene l'ora in cui tutti quelli che sono nei sepolcri ... (Gv 5, 28). Quale prova più evidente che si tratta della risurrezione dei morti? Finora non aveva parlato di quelli che sono nei sepolcri; aveva detto: i morti udranno la voce del Figlio di Dio, e quelli che avranno ascoltato vivranno (Gv 5, 25). Non dice che gli uni vivranno e gli altri saranno dannati, perché tutti quelli che credono vivranno. Di quelli che giacciono nei sepolcri, invece, che cosa dice? Tutti quelli che sono nei sepolcri udranno la sua voce e ne usciranno. Non dice che udranno e vivranno; poiché se vissero male e giacciono nei sepolcri, risorgeranno per la morte e non per la vita. Vediamo dunque chi sono quelli che usciranno dai sepolcri. Quando, dianzi, si diceva che i morti, ascoltando e credendo, vivranno, non si è fatta alcuna distinzione. Allora non è stato detto che i morti udranno la voce del Figlio di Dio e che, dopo averla udita, alcuni vivranno e altri saranno condannati, ma che tutti quelli che l'avranno ascoltata, vivranno; poiché vivranno solo quelli che credono, vivranno solo quelli che possiedono la carità, e nessuno di essi perirà. Riferendosi, invece, a quelli che sono nei sepolcri, dice che udranno la sua voce e ne usciranno: quelli che bene operarono per una risurrezione di vita, quelli che male operarono per una risurrezione di giudizio (Gv 5, 29). Qui giudizio sta ad indicare quella condanna di cui in precedenza aveva parlato: Chi crede in me è passato dalla morte alla vita, e non incorre nel giudizio (Gv 5, 24).
[Dio contiene tutto nel suo unico verbo.]
14. Da me io non posso far nulla: io giudico secondo che ascolto, e il mio giudizio è giusto (Gv 5, 30). Se giudichi secondo che ascolti, da chi ascolti? Se dal Padre, è certo che il Padre non giudica nessuno, ma ha rimesso al Figlio ogni giudizio. In che senso tu, araldo del Padre, dici che ascolti? Il Signore risponde: Dico ciò che ascolto perché io sono ciò che è il Padre. Il mio dire è il mio essere, perché io sono il Verbo del Padre. E' questo che Cristo ti dice nell'intimo del cuore. Che vuol dire io giudico secondo che ascolto, se non che io giudico secondo ciò che sono? Infatti, in che modo Cristo ascolta? Domandiamocelo, fratelli, vi prego. Cristo ascolta dal Padre? E in qual modo il Padre gli parla? Se gli dice qualcosa, gli rivolge la parola; chiunque infatti dice qualcosa a qualcuno, lo fa mediante la parola. Ma in che modo il Padre parla al Figlio, se il Figlio è il Verbo, cioè la parola del Padre? Tutto ciò che il Padre dice a noi, ce lo dice per mezzo del suo Verbo. Ora, se il Figlio è il Verbo del Padre, con quale altra parola si rivolgerà al Verbo stesso? Unico è Dio, egli ha un solo Verbo e nell'unico Verbo contiene tutto. Che significa dunque: giudico secondo che ascolto? Come sono nel Padre, così giudico. Quindi il mio giudizio è giusto (Gv 5, 30). Ma, Signore Gesù, se, come abbiamo potuto intendere con la nostra mente grossolana, tu non fai nulla da te, in che senso poco fa hai detto: Così anche il Figlio fa vivere chi vuole (Gv 5, 21), mentre adesso dici: Non faccio nulla da me? Cosa vuole insegnarci il Figlio, se non che egli viene dal Padre? Colui che è dal Padre, non è da se stesso. Se il Figlio fosse da se stesso, non sarebbe Figlio: egli è dal Padre. Il Padre è tale perché non è dal Figlio; il Figlio è tale perché è dal Padre. Egli è uguale al Padre, e tuttavia è da lui, non viceversa.
15. Perché io non cerco la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato (Gv 5, 30). Il Figlio Unigenito dice: non cerco la mia volontà, e gli uomini vogliono fare la propria volontà! Si umilia tanto lui che è uguale al Padre, mentre s'innalza tanto chi giace così in basso che non potrebbe alzarsi se lui non gli porgesse la mano! Facciamo dunque la volontà del Padre, la volontà del Figlio e la volontà dello Spirito Santo: poiché questa Trinità è una sola volontà, una sola potenza, una sola maestà. Ecco perché il Figlio dice: Non sono venuto per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato, perché il Cristo non è da sé, ma è dal Padre suo. La forma in cui è apparso come uomo, l'ha presa dalla creatura che egli stesso aveva plasmato.
Secondo sogno missionario: attraverso l’America
I sogni di don Bosco - San Giovanni Bosco
Leggilo nella BibliotecaQuesto secondo sogno missionario che Don Bosco fece a San Benigno
Canavese nel 1883, è una rappresentazione allegorica, ricca di elementi
profetici, dell’avvenire delle Missioni Salesiane nell’America del Sud.
Don Bosco lo raccontò il 4 settembre ai membri del Terzo Capitolo
Generale. Don Lemoyne lo mise subito per iscritto e Don Bosco lo
completò e lo ritoccò.
Se ne possono distinguere tre grandi sequenze:
1. Dopo una breve introduzione, Don Bosco dice di trovarsi in una grande
sala, dove parecchie persone sconosciute parlano delle Missioni. Qui è
riconosciuto dal figlio del Conte Colle di Tolone.’
2. Nella forma più strana il giovane gli fa contemplare, da quel la
sala, l’esteso campo di missione dell’America del Sud preparato per i
Salesiani.
3. In compagnia del giovane, Don Bosco fa un viaggio attraverso tutta
l’America del Sud, fino alla Patagonia, dove trova al lavoro i Salesiani
e le Figlie di Maria Ausiliatrice.
Data la lunghezza, lo presentiamo alquanto ridotto.
Chiudiamo tra parentesi quadre le aggiunte posteriori, fatte da Don Lemoyne dopo aver udito chiarimenti da Don Bosco.
«Era la notte che precedeva la festa di S. Rosa da Lima (30 Agosto) e io
ho fatto un sogno. Mi pareva di entrare in una sala di trattenimento,
dove erano molte persone che parlavano della moltitudine di selvaggi,
che nell’Australia, nelle Indie, nella Cina, nel l’Africa e più
particolarmente nell’America sono tuttora sepolti nell’ombra della
morte.
Luigi Colle, figlio del conte Luigi Fleury Colle di Tolone, morto ivi
neI 1882, in tenera età. Giovane angelico che, ricevuti gli ultimi
sacramenti, sorridendo aveva esclamato:
«Vado in paradiso; me l’ha detto Don Bosco». Dopo la sua santa morte,
apparve più volte a Don Bosco, che ne scrisse la vita, uscita l’anno
dopo la morte col titolo: Biographie du jeune Luis Fleury Colle par Jean
Bosco, prétre.
Disse uno:
— Che quantità di idolatri vivono infelici e lontani dalla conoscenza
del vangelo nella sola America! Gli uomini si pensano (e i geografi
s’ingannano) che le Cordigliere di America siano come un muro che divide
quella gran parte del mondo. Non è così. Quelle lunghissime catene di
alte montagne fanno molti seni di mille e più chilometri in sola
lunghezza.
In essi vi sono selve non mai visitate, vi sono piante, animali, e poi
vi sono pietre di cui colà si scarseggia. Carbon fossile, petrolio,
piombo, rame, ferro, argento e oro stanno nascosti in quelle montagne,
nei siti dove furono collocati dalla mano potente del Creatore a
beneficio degli uomini, O Cordigliere, Cordigliere! Quanto mai è ricco
il vostro Oriente!
In quel momento mi sentii preso da vivo desiderio di chiedere
spiegazione di più cose, e di interrogare chi fossero quelle persone
colà raccolte, e in quale luogo io mi trovassi. Perciò chiesi:
— Ditemi, di grazia: siamo a Torino, a Londra, a Madrid, a Parigi? E voi chi siete?
Ma tutti quei personaggi rispondevano vagamente discorrendo delle Missioni.
In quel mentre si avvicinò a me un giovanotto sui 16 anni, ama bile per
sovrumana bellezza e tutto raggiante di viva luce più chiara di quella
del sole. Il suo vestito era intessuto con celestiale ricchezza e il suo
capo era cinto di un berretto a foggia di corona, tempestato di
brillantissime pietre preziose. Fissandomi con sguardo benevolo, mi
dimostrava un interesse speciale. Il suo sorriso esprimeva un affetto di
irresistibile attraenza. Mi chiamò per nome, mi prese per mano e
incominciò a parlarmi della Congregazione Salesiana
Io ero incantato al suono di quella voce. A un certo punto l’interruppi:
— Con chi ho l’onore di parlare? Favoritemi il vostro nome.
— ve lo direi il mio nome se facesse bisogno; ma non occorre perché mi dovete conoscere.
Così dicendo sorrideva.
Fissai meglio quella fisionomia cinta di luce. Oh, quanto era bella! E
riconobbi allora in lui il figlio del Conte Fiorito Colle di Tolone,
insigne benefattore della nostra casa e specialmente delle nostre
Missioni Americane.
Questo giovinetto era morto poco tempo prima.
— Luigi! — esclamai chiamandolo per nome —. E tutti costoro chi sono?
— Sono amici dei vostri Salesiani, e io come amico vostro e dei Salesiani, a nome di Dio, vorrei darvi un po’ di lavoro.
— Vediamo di che si tratta.
— Mettetevi qui a questo tavolo e poi tirate giù questa corda.
In mezzo a quella sala vi era un tavolo, sul quale stava aggomitolata
una corda, che era segnata come il metro, con linee e numeri. Più tardi
mi accorsi anche come quella sala fosse posta nell’America del Sud,
proprio sulla linea dell’Equatore, e come i numeri stampati sulla corda
corrispondessero ai gradi geografici di latitudine.
Io presi dunque l’estremità di quella corda, la guardai e vidi che sul
principio aveva segnato il numero zero. E quell’angelico giovinetto:
— Osservate! Che cosa sta scritto sopra la corda?
— Numero zero.
— Tirate un po’.
Tirai alquanto la corda, ed ecco il numero 1.
— Tirate ancora e fate un gran rotolo di quella corda.
Tirai e vennero fuori i numeri 2, 3, 4, fino al 20.
— Basta? — dissi io.
— No, più in su, più in su! Andate finché troverete un nodo
— rispose quel giovinetto.
Tirai fino al numero 47, dove trovai un grosso nodo. Da quel punto la
corda continuava ancora, ma divisa in tante cordicelle che si
sparpagliavano a Oriente, a Occidente, a Mezzodì.
— Basta? — replicai.
— Che numero è? — interrogò quel giovane.
— È il numero 47.
— 47 più 3 quanto fa?
— 50!
— E più 5?
— 55!
— Notate: cinquantacinque.
E poi mi disse:
— Tirate ancora.
— Sono alla fine! — io risposi.
— Ora dunque voltatevi indietro e tirate la corda dall’altra parte.
Tirai la fune dalla parte opposta fino al numero 10. E quel giovane:
— Tirate ancora.
— C’è più niente!
— Come? C’è più niente? Osservate ancora. Che cosa c’è?
— C’è dell’acqua! — risposi.
Infatti in quell’istante si operava in me un fenomeno straordi nario,
quale non è possibile descrivere. Io mi trovavo in quella stanza, tiravo
quella corda, e nello stesso tempo si svolgeva sotto i miei occhi come
un panorama immenso, che io dominavo quasi a volo d’uccello, e che si
stendeva con lo stendersi della corda.
Dal primo O al numero 55 era una terra sterminata che, dopo uno stretto
di mare, in fondo si frastagliava in cento isole, di cui una assai
maggiore delle altre. A quelle isole pareva alludessero le cordicelle
sparpagliate, che partivano dal gran nodo. Ogni cordicella faceva capo a
un’isola. Alcune di queste erano abitate da indigeni abbastanza
numerosi; altre sterili, nude, rocciose, disabitate; altre tutte coperte
di neve e ghiaccio. A occidente gruppi numerosi di isole abitate da
molti selvaggi.
[ che il nodo posto sul numero o grado 47 figurasse il luo go di
partenza, il centro salesiano, la Missione principale donde i missionari
nostri si diramavano alle isole Malvine, alla Terra del Fuoco e alle
altre isole di quei paesi dell’America].
Dalla parte opposta poi, cioè dallo zero al 10, continuava la stessa
terra e finiva in quell’acqua da me vista per l’ultima cosa. Mi par ve
essere quell’acqua il mare delle Antille, che vedevo allora in un modo
così sorprendente, da non essere possibile che io spieghi a parole quel
modo di vedere.
Or dunque avendo io risposto:
— C’è dell’acqua! —, quel giovanetto disse:
— Ora mettete insieme 55 più 10. A che cosa è uguale?
— Somma 65.
— Ora mettete tutto insieme e ne farete una corda sola.
— E poi?
— Da questa parte che cosa c’è?
E mi accennava un punto sul panorama.
— All’Occidente vedo altissime montagne, e all’Oriente c’è il mare.
[ qui che allora io vedevo in compendio, come in miniatura, tutto ciò
che poi vidi, come dirò, nella sua reale grandezza ed estensione; e i
gradi segnati sulla corda, corrispondenti con esattezza ai gradi
geografici di latitudine, furono quelli che mi permisero di ritenere a
memoria per vari anni i successivi punti che visitai viaggiando nella
seconda parte di quello stesso sogno].
Il giovane mio amico proseguiva:
— Orbene: queste montagne sono come una sponda, un confine. Fin qui, fin
là è la messe offerta ai Salesiani. Sono migliaia e milioni di abitanti
che attendono il vostro aiuto, attendono la Fede.
Queste montagne sono le Cordigliere dell’America del Sud e quel mare l’Oceano Atlantico.
— E come fare? — io ripresi —; come riusciremo a condurre tanti popoli all’ovile di Cristo?
— Col sudore e col sangue — rispose — i selvaggi diventeranno graditi al
Padrone della vita. Questo avvenimento sarà compiuto prima che si
compia la seconda generazione.
— E quale sarà la seconda generazione?
— Questa presente non si conta. Sarà un’altra e poi un’altra.
Io parlavo confuso e quasi balbettando nell’ascoltare i magnifici
destini che sono riservati alla nostra Congregazione, e domandai:
— Ma ognuna di queste generazioni quanti anni comprende?
— Sessant’anni.
— E dopo?
— Volete vedere quello che sarà? Venite!
E senza sapere come, mi trovai a una stazione di ferrovia. Qui vi era
radunata molta gente. Salimmo sul treno. Io domandai do ve fossimo. Quel
giovane rispose:
— Guardate: noi andiamo in viaggio lungo le Cordigliere. Ave te la
strada aperta anche all’Oriente, fino al mare. È un altro dono del
Signore.
— E a Boston, dove ci attendono, quando andremo?
— Ogni cosa a suo tempo.
Così dicendo trasse fuori una carta, dove era rilevata in grande la diocesi di Cartagena.
[ questo il punto di partenza].
Mentre io guardavo quella carta, la macchina mandò un fischio e il treno
si mise in moto. Viaggiando, il mio amico parlava molto; e io imparai
cose bellissime
e nuove sull’astronomia, sulla nau tica, sulla meteorologia, sulla
mineralogia, sulla fauna, sulla flora, sulla topografia di quelle
contrade, che mi spiegava con meravigliosa precisione. Condiva le sue
parole con una contegnosa e, nello stesso tempo, tenera familiarità, che
dimostrava quanto mi amasse. Fin dal principio mi aveva preso per mano e
mi tenne sempre così affettuosamente stretto fino alla fine del sogno.
Io portavo talora l’altra mia mano sulla sua, ma questa sembrava
sfuggire di sotto alla mia, quasi svaporasse, e la mia sinistra
stringeva solamente la mia destra. Il giovane rideva al mio inutile
tentativo.
Io frattanto guardavo dai finestrini del carrozzone e vedevo passare
innanzi svariate, stupende regioni. Boschi, montagne, pianure, fiumi
lunghissimi e maestosi, che io non credevo così grandi in regioni tanto
distanti dalle foci. Per più di mille miglia abbia mo costeggiato il
lembo di una foresta vergine, oggigiorno ancora inesplorata. Il mio
sguardo acquistava una potenza visiva meravigliosa. Non solo vedevo le
cordigliere anche quando ero lontano, ma anche le catene di montagne,
isolate in quei piani immensurabili, erano da me contemplate con ogni
loro più piccolo accidente.
[ della Nuova Granata, di Venezuela, delle tre Guiane; quelle del Brasile e della Bolivia, fino agli ultimi confini].
Potei quindi verificare la giustezza di quelle frasi udite al principio
del sogno nella gran sala posta sul grado zero. Io vedevo nelle viscere
delle montagne e nelle profonde latebre delle pianure. Avevo sott’occhio
le ricchezze incomparabile di questi Paesi, che un giorno verranno
scoperte. Vedevo miniere numerose di metalli preziosi, cave inesauribili
di carbon fossile, depositi di petrolio così abbondanti quali mai
finora si trovarono in altri luoghi. Ma ciò non era tutto. Tra il grado
15 e il 20 vi era un seno assai largo e assai lungo che partiva da un
punto ove si formava un lago. Allora una voce disse ripetutamente:
— Quando si verrà a scavare le miniere nascoste in mezzo a questi monti,
apparirà qui la terra promessa fluente latte e miele. Sarà una
ricchezza inconcepibile.
Ma ciò che maggiormente mi sorprese fu il vedere in vari siti le
Cordigliere che, rientrando in se stesse, formavano vallate, delle quali
i presenti geografi neppur sospettano l’esistenza, immaginan dosi che
in quelle parti le falde delle montagne siano come una specie di muro
diritto. In questi seni e in queste valli, che talora si stendevano fino
a 1000 chilometri, abitavano folte popolazioni non ancora venute a
contatto con gli Europei; nazioni ancora pienamente sconosciute.
Il convoglio intanto continuava a correre, e va e va, e gira di qua e
gira di là, finalmente si fermò. Quivi discese una gran parte di
viaggiatori, che passava sotto le Cordigliere, andando verso occidente.
[ Bosco accennò la Bolivia. La stazione era forse La Paz, ove una
galleria, aprendo un passaggio al litorale del Pacifico, può mettere in
comunicazione il Brasile con Lima, per mezzo di un’altra linea di via
ferrata].
Il treno di bel nuovo si mise in moto, andando sempre avanti. Come nella
prima parte del viaggio, attraversavamo foreste, penetravamo in
gallerie, passavamo sopra giganteschi viadotti, ci in ternavamo fra gole
di montagne, costeggiavamo laghi e paludi sui ponti, valicavamo fiumi
larghi, correvamo in mezzo a praterie e a pianure. Siamo passati sulle
sponde dell’Uruguay. Pensavo che fosse un fiume di poco conto, invece è
lunghissimo. In un punto vidi il fiume Paranà, che si avvicinava
all’Uruguay, come se an dasse a portargli il tributo delle sue acque,
invece dopo essere corso per un tratto quasi parallelamente, se ne
allontanava facendo un largo gomito. Tutti e due questi fiumi erano
larghissimi.
E il treno andava sempre in giù, e gira da una parte e gira da un’altra,
dopo un lungo spazio di tempo, si fermò la seconda volta. Quivi molta
altra gente scese dal convoglio e passava essa pure sotto le Cordigliere
andando verso occidente.
[ Bosco indicò nella Repubblica Argentina la provincia di Mendoza.
Quindi la stazione era forse Mendoza, e quella galleria metteva a
Santiago, capitale della Repubblica del Cile].
Il treno riprese la sua corsa attraverso le Pampas e la Patago nia. I
campi coltivati e le case sparse qua e là indicavano che la civiltà
prendeva possesso di quei deserti.
Sul principio della Patagonia oltrepassammo una diramazione del Rio Colorado ovvero del Rio Chubut [ forse del Rio Negro?].
Non potevo vedere da qual parte andasse la sua corrente, se verso le
Cordigliere o verso l’Atlantico. Cercavo di sciogliere questo mio
problema, ma non potevo orizzontarmi.
Finalmente giungemmo allo stretto di Magellano. Io guardavo. Scendemmo.
Avevo innanzi Punta Arenas. Il suolo per varie miglia era tutto ingombro
di depositi di carbon fossile, di tavole, di travi, di legna, di mucchi
immensi di metallo, parte greggio, parte lavorato. Lunghe file di
vagoni per mercanzie stavano sui binari. Il mio amico mi accennò a tutte
queste cose. Allora domandai:
— E adesso che cosa vuoi dire con questo?
Mi rispose:
— Ciò che adesso è in progetto un giorno sarà realtà. Questi selvaggi in
futurp saranno così docili da venire esse stessi per ricevere
istruzione, religione, civiltà e commercio.
— Ho visto abbastanza — io conclusi —; ora conducimi a vedere i miei Salesiani in Patagonia.
Ritornammo alla stazione e risalimmo sul treno per tornare. Dopo aver
percorso un lunghissimo tratto di via, la macchina si fermò innanzi a un
borgo considerevole. [ forse sul grado 47, ove sul principio del sogno
avevo visto quel grosso nodo della corda]. Alla stazione non vi era
alcuno ad aspettarmi. Discesi e trovai subito i Salesiani. Vi erano
molte case con abitanti in gran numero; più chiese, scuole e vari ospizi
per giovanetti e adulti, artigiani e coltivatori, e un collegio di
ragazze che si occupavano in svariati lavori domestici. I nostri
missionari guidavano insieme giovanetti e adulti.
Io andai in mezzo a loro. Erano molti, ma io non li conoscevo e fra loro
non vi era alcuno degli antichi miei figli. Tutti mi guar davano
stupiti, come se fossi persona nuova, e io dicevo loro:
— Non mi conoscete? Non conoscete Don Bosco?
— Oh, Don Bosco! Noi lo conosciamo di fama; l’abbiamo vi sto solo nei ritratti. Di persona no, certo!
— E Don Fagnano, Don Costamagna, Don Lasagna, Don Milanesio, dove sono?
— Noi non li abbiamo conosciuti. Sono i primi Salesiani che arrivarono
in questi paesi dall’Europa. Ma oramai sono passati tanti anni da che
sono morti.
A questa risposta io pensavo meravigliato: Ma questo è un sogno o una
realtà? E battevo le mani una contro l’altra, mi toccavo le braccia, mi
scuotevo, mentre realmente udivo il suono delle mie mani e mi persuadevo
di non essere addormentato.
Questa visita fu cosa di un istante. Visto il meraviglioso progresso
della Chiesa Cattolica, della nostra Congregazione e della civiltà in
quelle regioni, io ringraziavo la Divina Provvidenza che si fosse
degnata di servirsi di me come strumento della sua gloria e della salute
di tante anime.
Il giovanetto Colle frattanto mi fece segno che era tempo di ri tornare
indietro: quindi salutai i miei Salesiani e ritornammo alla stazione,
ove il convoglio era pronto per la partenza. Risalimmo, fischiò la
macchina, e via verso il Nord.
Mi procurò meraviglia una novità che mi cadde sotto gli occhi. Il
territorio della Patagonia, nella parte più vicina allo stretto di
Magellano, tra le Cordigliere e l’Atlantico, era meno largo di quello
che si crede comunemente dai geografi.
Il treno avanzava nella sua corsa velocissima, e mi parve che
percorresse le province della Repubblica Argentina che ora sono già
civilizzate.
Per lunghissime ore si avanzò sulle sponde di un fiume larghissimo. E
ora il treno correva sulla sponda destra e ora sulla sinistra di questo.
Intanto su quelle rive comparivano di tratto in tratto numerose tribù
di selvaggi. Tutte le volte che vedevamo queste tribù, il giovanetto
Colle andava ripetendo:
— Ecco la messe dei Salesiani! Ecco la messe dei Salesiani!
Entrammo poi in una regione piena di animali feroci e di rettili
velenosi, di forme strane e orribili. Gli uni sembravano cani che
avessero le ali ed erano panciuti straordinariamente [ lussuria,
superbia]. Gli altri erano rospi grossissimi che mangiavano rane. Queste
varie specie di animali erano mischiati insieme e grugnivano sordamente
come se volessero mordersi. Il mio compagno mi rivolse anche qui la
parola e, accennandomi quelle belve, esclamò:
— I salesiani le renderanno mansuete.
Il treno intanto si avvicinava al luogo della prima partenza e ne
eravamo poco lontani. Il giovanetto Colle trasse allora fuori una carta
topografica di una bellezza stupenda e mi disse:
— Volete vedere il viaggio che avete fatto?
— Volentieri! — risposi io.
Allora spiegò quella carta nella quale era disegnata con esattezza
meravigliosa tutta l’America del Sud. Di più ancora, ivi era
rappresentato tutto ciò che fu, tutto ciò che è, tutto ciò che sarà in
quelle regioni, ma senza confusione; anzi con una lucidezza tale che con
un colpo d’occhio si vedeva tutto.
Mentre io osservavo quella carta, aspettando che il giovanetto
aggiungesse qualche spiegazione, essendo io tutto agitato per la
sorpresa di ciò che avevo sott’occhi, mi sembrò che Quirino [ sagrestano di Maria Ausiliatrice] suonasse l’Ave Maria dell’alba; ma,
svegliatomi, mi accorsi che erano i tocchi delle campane della
parrocchia di San Benigno. Il sogno era durato tutta la notte».
Don Bosco terminò il suo racconto dicendo:
«Con la dolcezza di San Francesco di Sales i Salesiani porte ranno a
Gesù Cristo le popolazioni dell’America. Sarà cosa difficilissima
moralizzare i selvaggi, ma i loro figli obbediranno con tutta facilità
alle parole dei Missionari, e con essi si fonderanno colonie, la civiltà
prenderà il posto della barbarie e cosi molti selvaggi verranno a far
parte dell’ovile di Gesù Cristo».
Parlando del sogno Don Bosco affermò: «Quando si conosceranno le immense
ricchezze che fanno preziosa la Patagonia, questo territorio avrà uno
sviluppo di commercio straordinario. Nel le gole dei monti stan nascoste
preziose miniere; nella catena delle Ande fra il grado 100 e il 20° vi
sono miniere di piombo, di oro e di cose ancor più preziose dell’oro».
Il valore di questo sogno sta nel fatto che in esso Don Bosco ci offre
un complesso di dati positivi, dei quali egli non poteva aver avuto
notizia né da viaggiatori nè da geografi, non essendosi ancora fatta
esplorazione di sorta in quelle estreme latitudini né a scopo turistico
nè con finalità economiche o scientifiche. A questi elementi se ne
aggiungono altri di natura profetica circa l’avvenire dell’Opera
Salesiana in quelle terre.
Interessante la descrizione che Don Bosco fa delle Cordigliere.
Da tutti si pensava che fossero un muro divisorio, una catena omogenea,
un cordone unico per elevazione e corso. In vece le esplorazioni e gli
studi posteriori a sogno hanno dimostrato che le Ande sono, come le
descrive Don Bosco, sezionate da numerosi e profondi seni, valli e
conche lacustri, e suddivise in gruppi di catene differenti tra loro per
caratteri geologici e orografici.
« Neppure il più autorevole cultore di studi geografici avrebbe potuto,
in quegli anni, lanciare un’affermazione tanto recisa e particolareggiata come fa Don Bosco; una sì chiara e precisa visione di
quei luoghi è dovuta senza dubbio a un potere che oltrepassa i limiti
umani» (E. Cena).
Quanto all’affermazione che straricche miniere di carbon fossi le, di
petrolio, di piombo e di metalli anche preziosi stanno nascoste nelle
viscere di quelle montagne, si sa che di anno in anno si vengono
scoprendo nuovi depositi di minerali in tutta la zona cordiglierana e
lungo la costa dell’Atlantico.
È noto che il 21 Aprile 1960 venne inaugurata nel Brasile la nuova
capitale Brasilia. Questa città è nata sotto l’egida e la protezione di
Don Bosco.
Quando, dopo lungo studio, se ne stabilì il luogo nello stato di Goids,
gli ingegneri, avendo sentito parlare di una profezia del Santo, la
vollero esaminare e si convinsero che egli ne faceva cenno nella sua
visione profetica, là dove indica i gradi di latitudine 19 e 20, in cui
sarebbe scorso latte e miele, vicino a un grande lago. Brasilia si trova
precisamente tra il 150 e il 200 grado di latitu dine, il lago è stato
creato artificialmente e la regione, per la ubertosità del terreno,
promette di diventare un giardino.
Miniere di petrolio si stanno scoprendo un po’ dappertutto, sicchè pare
proprio che questa nuova capitale sia destinata a diventare il centro di
una delle zone più ricche del Brasile.
A Don Bosco è stato dedicato un intero quartiere e intitolata una delle
vie principali; e nell’Aprile 1963 venne proclamato Patrono principale
di Brasilia, allo stesso titolo di Nostra Signora Aparecida.
14 dicembre 1946
Maria Valtorta
Ore 5,20 antimeridiane
Mi sveglio. Trovo la mia afflizione al mio capezzale e me la carico come una croce. Ma contemporaneamente ecco la cara, divina Voce: "Viene Gesù a dare il suo bacio (l'Eucarestia) alla sua piccola sposa". Rispondo: "Oh! mio Signore, dammi una luce. Dimmi se proprio sei Tu! Tutto quanto mi fanno soffrire i Padri Servi di Maria in generale, e Padre Migliorini in particolare, mi inducono a credere che io sia una illusa, una malata di mente e un'ossessa. Sei Tu che parli o è il mio cervello che si è ammalato e che delira? Sei Tu o è Satana? Il mio maggior dolore è questo, e Tu lo sai. La tema di ascoltare voci che non sono le tue e dei tuoi santi, o di sbagliare dicendo 'parola tua' ciò che invece è soltanto pensiero mio".
Gesù mi risponde:
«E anche se fosse? Non ho Io detto [1] che dal cuore escono i pensieri degli uomini e che dal frutto si conosce se la pianta è buona? Non è detto nella Scrittura e nella Sapienza che chi illustra Me avrà la vita eterna e chi per Me lavora non peccherà? Quante volte è detto apertamente o velatamente che chi è saturo di Sapienza è saturo di Me, che chi parla parole soprannaturali è voce dello Spirito di Dio che abita nel suo cuore? Perché è lo Spirito di Dio, anima mia diletta, che compie queste operazioni nel cuore degli uomini in cui fa dimora trovandoli meritevoli di essere da Lui abitati. E lo Spirito Paraclito è l'Amore del Padre e del Figlio. Dunque se tu nel tuo cuore senti suonare queste parole, segno è che tu ascolti i divini colloqui della Trinità Ss. Dunque se tu mi senti parlare, segno è che Io sono in te col mio amore. Dunque, anche fosse proprio il tuo cuore che suggerisce questi pensieri che poi tu scrivi, segno è che il tuo cuore è pieno di Dioperché "è dal cuore dell'uomo che viene quello che esce dalla bocca". Or dunque, se il tuo cuore spinge alla bocca e alla mente pensieri, viste e parole divine o soprannaturali, segno è che il tuo cuore è santo, che il tuo cuore ospita unicamente amore, giustizia, cose celesti; segno è che la tua conversazione è in Cielo e tu abiti col tuo spirito in Cielo avendo il Cielo chiuso dentro di te. Beati quelli che come te sono! E di che ti affliggi, o mio bell'albero, dolce pomo, soave ulivo, se tu dài frutti celesti, dolci della Sapienza che Noi siamo, luminosi come puro olio acceso della Luce che Noi siamo?
Sta' in pace! Sta' in pace, mia diletta, mia fedele, mia innamorata e mia amata piccola sposa. Sta' in pace. E procedi con pace. Tu fai ciò che Io voglio. Chi ti osteggia non ferisce te, ma Me ferisce, perché Me osteggia, Me solo, tanto Io, e nessun altro che Io, possiedo e grandeggio e splendo e ammaestro e vivo in te. Procedi. Tu fai amare il Signore, Maria e la celeste popolazione dei Santi. Soltanto per questo, soltanto per questo avresti la vita eterna! E poi c'è tutto il tuo lungo e sempre crescente amore. C'è la tua sofferenza. C'è la tua immolazione. Tutto te c'è. Oh! non temere. Tu non puoi errare perché tu sei immersa nell'amore eroico. Non temere. Ciò che è colmo o ciò che è immerso non può ricevere alcuna cosa più, o essere più bagnato e sommerso da altro che non sia quello in cui già si trova. Non temere. Procedi e perdona.
I miopi e quelli che per la sensualità triplice, o anche solo per l'orgoglio, vivono nella piatta pianura, hanno cataratte sulle pupille dell'intelletto e non possono vedere il sole che splende sulle cime dei monti che si tendono al cielo perché amano il cielo, le altezze, le purezze, non vedono le piante che il sole fa crescere sulle cime. Ugualmente essi non vedono i divini contatti del Sole Dio con la vetta del tuo spirito e le piante che il tuo volere di amarmi ha fatto nascere là, sulla vetta dello spirito tuo, e che il Sole Dio fa crescere sempre più rigogliose e nessuna tempesta le potrà sradicare.
Ad ogni anima che si dona tutta alla Sapienza si possono applicare le parole del libro sapienziale [2]: "Mi sono elevata come cedro sul Libano e qual cipresso sul monte Sion. Mi sono innalzata come palma di Cades e rosa di Gerico. Come un bell'ulivo nei campi e un platano nelle piazze presso le fonti. Come pianta d'aromi o resine soavi io esalo i miei profumi ed empio di essi la mia casa". Perché chi si dona alla Sapienza esala la Sapienza. E la Sapienza è ubertosa; è utile e bella selva di piante d'ogni specie, dai fiori, frutti, profumi soavi, nutrita dalle fonti eterne della sua stessa natura: la Divinità. Non è solo di Maria Ss. questo elogio. In Lei la Sapienza fu completa e ogni perfezione di creatura fu da Lei raggiunta. Ma, Io te lo dico, è anche di tutte le anime che si donano alla Sapienza, e la Liturgia lo applica a molte di esse che hanno saputo possedere la Sapienza.
Chi sei tu? Chiedono e ti chiedi chi sei? Io te lo dico con le parole di Isaia [3] quale è il nome tuo: "Io, il Signore, do e darò ad essi un nome migliore di quello di figli e figlie: darò loro un nome eterno che non perirà giammai". Io te lo dico con le parole di Giovanni [4] il prediletto: "Al vincitore darò nascosta manna, e gli darò un sassolino bianco nel quale sarà scritto un nome nuovo, che nessuno conosce se non colui che lo riceve". E già te l'ho dato, e non te lo leverò se tu mi resti fedele. Non te lo leverò, e tu lo porterai con molti altri, con tutti "quelli che vengono dalla gran tribolazione" a dove non è più dolore "perché Dio asciugherà ogni lacrima dai loro occhi".
Sei in pace, piccola sposa? Sono venuto a baciarti come ti ho detto all'inizio? Il mio eucaristico miele è in te? Lo senti come è soave? Non battono i nostri due cuori con un sol palpito? Ti inebbria il mio Sangue? Splende in te il mio Sole? Ti scalda, ti consola? Oh! Maria mia! Ma vieni! Ma abbandonati! È così bello amarsi e dimenticare le quadrighe di Aminadab5, feroci, dure, scure, gelide, materiali. Vieni all'amore. Dàmmi l'amore. Ho tante poche anime che mi amino senza riserva come tu fai. Perché vorresti ritirarti spaurita dalle voci di chi sta fra l'erba e il pantano, simile ai ranocchi che vorrebbero far tacere l'usignolo e volare nel sole come la colomba e sono irritati di non poterlo fare? Vieni. Son proprio Io. Vieni. Non puoi dubitare, non dubiti più quando Io ti tengo così. Ma l'estasi non è di tutte l'ore. E tu devi saper rimanere beata, sicura come ora sei, anche quando l'estasi si ritira e ti fasciano l'incomprensione e la diffidenza, volute, degli uomini. Tutto passerà, anima mia. Ma Io ti resterò sempre, e per sempre. Dopo il Calvario viene la Risurrezione. Dopo la Passione l'Ascensione. Per il Cristo e per le spose di Cristo.
La mia pace, la mia carità in te, a te, con te sempre.»
1 detto, in Matteo 12, 33; 15, 18-20; Marco 7, 20-23; Luca 6, 43-45.
2 parole del libro sapienziale, cioè Siracide 24, 13-15.
3 parole di Isaia, in Isaia 56, 5.
4 parole di Giovanni, in Apocalisse 2, 17; 7, 13-14.17 (rinviando ad Isaia 25, 8).
5 le quadrighe di Aminadab, nominate in Cantico dei cantici 6, 12.