Sotto il Tuo Manto

Giovedi, 5 giugno 2025 - San Bonifacio (Letture di oggi)

Cosa direste di un uomo che coltivasse il campo del vicino e lasciasse il proprio da coltivare? Ebbene, ecco quello che fate. Frugate di continuo nella coscienza degli altri e lasciate incolta la vostra. (Santo Curato d'Ars (San Giovanni Maria Vianney))

Liturgia delle Ore - Letture

Lunedi della 6° settimana del tempo ordinario

Questa sezione contiene delle letture scelte a caso, provenienti dalle varie sezioni del sito (Sacra Bibbia e la sezione Biblioteca Cristiana), mentre l'ultimo tab Apparizioni, contiene messaggi di apparizioni a mistici o loro scritti. Sono presenti testi della Valtorta, Luisa Piccarreta, don Stefano Gobbi e testimonianze di apparizioni mariane riconosciute.

Vangelo secondo Luca 4

1Gesù, pieno di Spirito Santo, si allontanò dal Giordano e fu condotto dallo Spirito nel deserto2dove, per quaranta giorni, fu tentato dal diavolo. Non mangiò nulla in quei giorni; ma quando furono terminati ebbe fame.3Allora il diavolo gli disse: "Se tu sei Figlio di Dio, di' a questa pietra che diventi pane".4Gesù gli rispose: "Sta scritto: 'Non di solo pane vivrà l'uomo'".5Il diavolo lo condusse in alto e, mostrandogli in un istante tutti i regni della terra, gli disse:6"Ti darò tutta questa potenza e la gloria di questi regni, perché è stata messa nelle mie mani e io la do a chi voglio.7Se ti prostri dinanzi a me tutto sarà tuo".8Gesù gli rispose: "Sta scritto: 'Solo al Signore Dio tuo ti prostrerai, lui' solo 'adorerai'".9Lo condusse a Gerusalemme, lo pose sul pinnacolo del tempio e gli disse: "Se tu sei Figlio di Dio, buttati giù;10sta scritto infatti:

'Ai suoi angeli darà ordine per te,perché essi ti custodiscano';

11e anche:

'essi ti sosterranno con le mani,
perché il tuo piede non inciampi in una pietra'".

12Gesù gli rispose: "È stato detto: 'Non tenterai il Signore Dio tuo'".13Dopo aver esaurito ogni specie di tentazione, il diavolo si allontanò da lui per ritornare al tempo fissato.

14Gesù ritornò in Galilea con la potenza dello Spirito Santo e la sua fama si diffuse in tutta la regione.15Insegnava nelle loro sinagoghe e tutti ne facevano grandi lodi.

16Si recò a Nàzaret, dove era stato allevato; ed entrò, secondo il suo solito, di sabato nella sinagoga e si alzò a leggere.17Gli fu dato il rotolo del profeta Isaia; apertolo trovò il passo dove era scritto:

18'Lo Spirito del Signore è sopra di me;
per questo mi ha consacrato con l'unzione,
e mi ha mandato per annunziare ai poveri un lieto
messaggio,
per proclamare ai prigionieri la liberazione
e ai ciechi la vista;
per rimettere in libertà gli oppressi',
19'e predicare un anno di grazia del Signore'.

20Poi arrotolò il volume, lo consegnò all'inserviente e sedette. Gli occhi di tutti nella sinagoga stavano fissi sopra di lui.21Allora cominciò a dire: "Oggi si è adempiuta questa Scrittura che voi avete udita con i vostri orecchi".22Tutti gli rendevano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca e dicevano: "Non è il figlio di Giuseppe?".23Ma egli rispose: "Di certo voi mi citerete il proverbio: Medico, cura te stesso. Quanto abbiamo udito che accadde a Cafàrnao, fàllo anche qui, nella tua patria!".24Poi aggiunse: "Nessun profeta è bene accetto in patria.25Vi dico anche: c'erano molte vedove in Israele al tempo di Elia, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese;26ma a nessuna di esse fu mandato Elia, se non a una vedova in Sarepta di Sidone.27C'erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Eliseo, ma nessuno di loro fu risanato se non Naaman, il Siro".28All'udire queste cose, tutti nella sinagoga furono pieni di sdegno;29si levarono, lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte sul quale la loro città era situata, per gettarlo giù dal precipizio.30Ma egli, passando in mezzo a loro, se ne andò.

31Poi discese a Cafàrnao, una città della Galilea, e al sabato ammaestrava la gente.32Rimanevano colpiti dal suo insegnamento, perché parlava con autorità.33Nella sinagoga c'era un uomo con un demonio immondo e cominciò a gridare forte:34"Basta! Che abbiamo a che fare con te, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? So bene chi sei: il Santo di Dio!".35Gesù gli intimò: "Taci, esci da costui!". E il demonio, gettatolo a terra in mezzo alla gente, uscì da lui, senza fargli alcun male.36Tutti furono presi da paura e si dicevano l'un l'altro: "Che parola è mai questa, che comanda con autorità e potenza agli spiriti immondi ed essi se ne vanno?".37E si diffondeva la fama di lui in tutta la regione.

38Uscito dalla sinagoga entrò nella casa di Simone. La suocera di Simone era in preda a una grande febbre e lo pregarono per lei.39Chinatosi su di lei, intimò alla febbre, e la febbre la lasciò. Levatasi all'istante, la donna cominciò a servirli.

40Al calar del sole, tutti quelli che avevano infermi colpiti da mali di ogni genere li condussero a lui. Ed egli, imponendo su ciascuno le mani, li guariva.41Da molti uscivano demòni gridando: "Tu sei il Figlio di Dio!". Ma egli li minacciava e non li lasciava parlare, perché sapevano che era il Cristo.

42Sul far del giorno uscì e si recò in un luogo deserto. Ma le folle lo cercavano, lo raggiunsero e volevano trattenerlo perché non se ne andasse via da loro.43Egli però disse: "Bisogna che io annunzi il regno di Dio anche alle altre città; per questo sono stato mandato".44E andava predicando nelle sinagoghe della Giudea.


Secondo libro delle Cronache 1

1Salomone figlio di Davide si affermò nel regno. Il Signore suo Dio era con lui e lo rese molto grande.
2Salomone mandò ordini a tutto Israele, ai capi di migliaia e di centinaia, ai magistrati, a tutti i principi di tutto Israele e ai capifamiglia.3Poi Salomone e tutto Israele con lui si recarono all'altura di Gàbaon, perché là si trovava la tenda del convegno di Dio, eretta da Mosè, servo di Dio, nel deserto.4Ma l'arca di Dio Davide l'aveva trasportata da Kiriat-Iearìm nel luogo che aveva preparato per essa, perché egli aveva innalzato per essa una tenda in Gerusalemme.5L'altare di bronzo, opera di Bezalèel figlio di Uri, figlio di Cur, era là davanti alla Dimora del Signore. Salomone e l'assemblea vi andarono per consultare il Signore.6Salomone salì all'altare di bronzo davanti al Signore nella tenda del convegno e vi offrì sopra mille olocausti.
7In quella notte Dio apparve a Salomone e gli disse: "Chiedimi ciò che vuoi che io ti conceda".8Salomone disse a Dio: "Tu hai trattato mio padre Davide con grande benevolenza e mi hai fatto regnare al suo posto.9Ora, Signore Dio, si avveri la tua parola a Davide mio padre, perché mi hai costituito re su un popolo numeroso come la polvere della terra.10Ora concedimi saggezza e scienza e che io possa guidare questo popolo; perché chi potrebbe mai governare questo tuo grande popolo?".
11Dio disse a Salomone: "Poiché ti sta a cuore una cosa simile e poiché non hai domandato né ricchezze, né beni, né gloria, né la vita dei tuoi nemici e neppure una lunga vita, ma hai domandato piuttosto saggezza e scienza per governare il mio popolo, su cui ti ho costituito re,12saggezza e scienza ti saranno concesse. Inoltre io ti darò ricchezze, beni e gloria, quali non ebbero mai i re tuoi predecessori e non avranno mai i tuoi successori".13Salomone poi dall'altura, che si trovava in Gàbaon, tornò a Gerusalemme, lontano dalla tenda del convegno, e regnò su Israele.
14Salomone radunò carri e cavalli; aveva millequattrocento carri e dodicimila cavalli, distribuiti nelle città dei carri e presso il re in Gerusalemme.15Il re fece in modo che in Gerusalemme l'argento e l'oro abbondassero come i sassi e i cedri fossero numerosi come i sicomòri nella Sefela.16I cavalli di Salomone provenivano da Muzri e da Kue; i mercanti del re li acquistavano in Kue.17Essi facevano venire e importavano da Muzri un carro per seicento sicli d'argento, un cavallo per centocinquanta. In tal modo ne importavano per fornirli a tutti i re degli Hittiti e ai re di Aram.
18Salomone decise di costruire un tempio al nome del Signore e una reggia per sé.


Salmi 40

1'Al maestro del coro. Di Davide. Salmo.'

2Ho sperato: ho sperato nel Signore
ed egli su di me si è chinato,
ha dato ascolto al mio grido.
3Mi ha tratto dalla fossa della morte,
dal fango della palude;
i miei piedi ha stabilito sulla roccia,
ha reso sicuri i miei passi.
4Mi ha messo sulla bocca un canto nuovo,
lode al nostro Dio.

Molti vedranno e avranno timore
e confideranno nel Signore.
5Beato l'uomo che spera nel Signore
e non si mette dalla parte dei superbi,
né si volge a chi segue la menzogna.
6Quanti prodigi tu hai fatto, Signore Dio mio,
quali disegni in nostro favore:
nessuno a te si può paragonare.
Se li voglio annunziare e proclamare
sono troppi per essere contati.

7Sacrificio e offerta non gradisci,
gli orecchi mi hai aperto.
Non hai chiesto olocausto e vittima per la colpa.
8Allora ho detto: "Ecco, io vengo.
Sul rotolo del libro di me è scritto,
9che io faccia il tuo volere.
Mio Dio, questo io desidero,
la tua legge è nel profondo del mio cuore".

10Ho annunziato la tua giustizia nella grande assemblea;
vedi, non tengo chiuse le labbra, Signore, tu lo sai.
11Non ho nascosto la tua giustizia in fondo al cuore,
la tua fedeltà e la tua salvezza ho proclamato.
Non ho nascosto la tua grazia
e la tua fedeltà alla grande assemblea.

12Non rifiutarmi, Signore, la tua misericordia,
la tua fedeltà e la tua grazia
mi proteggano sempre,
13poiché mi circondano mali senza numero,
le mie colpe mi opprimono
e non posso più vedere.
Sono più dei capelli del mio capo,
il mio cuore viene meno.

14Degnati, Signore, di liberarmi;
accorri, Signore, in mio aiuto.
15Vergogna e confusione
per quanti cercano di togliermi la vita.
Retrocedano coperti d'infamia
quelli che godono della mia sventura.
16Siano presi da tremore e da vergogna
quelli che mi scherniscono.

17Esultino e gioiscano in te quanti ti cercano,
dicano sempre: "Il Signore è grande"
quelli che bramano la tua salvezza.
18Io sono povero e infelice;
di me ha cura il Signore.
Tu, mio aiuto e mia liberazione,
mio Dio, non tardare.


Salmi 18

1'Al maestro del coro. Di Davide, servo del Signore, che rivolse al Signore le parole di questo canto, quando il Signore lo liberò dal potere di tutti i suoi nemici,2 e dalla mano di Saul. Disse dunque:'

Ti amo, Signore, mia forza,
3Signore, mia roccia, mia fortezza, mio liberatore;
mio Dio, mia rupe, in cui trovo riparo;
mio scudo e baluardo, mia potente salvezza.
4Invoco il Signore, degno di lode,
e sarò salvato dai miei nemici.

5Mi circondavano flutti di morte,
mi travolgevano torrenti impetuosi;
6già mi avvolgevano i lacci degli inferi,
già mi stringevano agguati mortali.
7Nel mio affanno invocai il Signore,
nell'angoscia gridai al mio Dio:
dal suo tempio ascoltò la mia voce,
al suo orecchio pervenne il mio grido.

8La terra tremò e si scosse;
vacillarono le fondamenta dei monti,
si scossero perché egli era sdegnato.
9Dalle sue narici saliva fumo,
dalla sua bocca un fuoco divorante;
da lui sprizzavano carboni ardenti.
10Abbassò i cieli e discese,
fosca caligine sotto i suoi piedi.

11Cavalcava un cherubino e volava,
si librava sulle ali del vento.
12Si avvolgeva di tenebre come di velo,
acque oscure e dense nubi lo coprivano.
13Davanti al suo fulgore si dissipavano le nubi
con grandine e carboni ardenti.
14Il Signore tuonò dal cielo,
l'Altissimo fece udire la sua voce:
grandine e carboni ardenti.
15Scagliò saette e li disperse,
fulminò con folgori e li sconfisse.
16Allora apparve il fondo del mare,
si scoprirono le fondamenta del mondo,
per la tua minaccia, Signore,
per lo spirare del tuo furore.

17Stese la mano dall'alto e mi prese,
mi sollevò dalle grandi acque,
18mi liberò da nemici potenti,
da coloro che mi odiavano
ed eran più forti di me.
19Mi assalirono nel giorno di sventura,
ma il Signore fu mio sostegno;
20mi portò al largo,
mi liberò perché mi vuol bene.

21Il Signore mi tratta secondo la mia giustizia,
mi ripaga secondo l'innocenza delle mie mani;
22perché ho custodito le vie del Signore,
non ho abbandonato empiamente il mio Dio.
23I suoi giudizi mi stanno tutti davanti,
non ho respinto da me la sua legge;
24ma integro sono stato con lui
e mi sono guardato dalla colpa.
25Il Signore mi rende secondo la mia giustizia,
secondo l'innocenza delle mie mani davanti ai suoi occhi.

26Con l'uomo buono tu sei buono
con l'uomo integro tu sei integro,
27con l'uomo puro tu sei puro,
con il perverso tu sei astuto.
28Perché tu salvi il popolo degli umili,
ma abbassi gli occhi dei superbi.
29Tu, Signore, sei luce alla mia lampada;
il mio Dio rischiara le mie tenebre.
30Con te mi lancerò contro le schiere,
con il mio Dio scavalcherò le mura.

31La via di Dio è diritta,
la parola del Signore è provata al fuoco;
egli è scudo per chi in lui si rifugia.
32Infatti, chi è Dio, se non il Signore?
O chi è rupe, se non il nostro Dio?
33Il Dio che mi ha cinto di vigore
e ha reso integro il mio cammino;
34mi ha dato agilità come di cerve,
sulle alture mi ha fatto stare saldo;
35ha addestrato le mie mani alla battaglia,
le mie braccia a tender l'arco di bronzo.

36Tu mi hai dato il tuo scudo di salvezza,
la tua destra mi ha sostenuto,
la tua bontà mi ha fatto crescere.
37Hai spianato la via ai miei passi,
i miei piedi non hanno vacillato.
38Ho inseguito i miei nemici e li ho raggiunti,
non sono tornato senza averli annientati.
39Li ho colpiti e non si sono rialzati,
sono caduti sotto i miei piedi.
40Tu mi hai cinto di forza per la guerra,
hai piegato sotto di me gli avversari.

41Dei nemici mi hai mostrato le spalle,
hai disperso quanti mi odiavano.
42Hanno gridato e nessuno li ha salvati,
al Signore, ma non ha risposto.
43Come polvere al vento li ho dispersi,
calpestati come fango delle strade.
44Mi hai scampato dal popolo in rivolta,
mi hai posto a capo delle nazioni.
Un popolo che non conoscevo mi ha servito;
45all'udirmi, subito mi obbedivano,
stranieri cercavano il mio favore,
46impallidivano uomini stranieri
e uscivano tremanti dai loro nascondigli.

47Viva il Signore e benedetta la mia rupe,
sia esaltato il Dio della mia salvezza.
48Dio, tu mi accordi la rivincita
e sottometti i popoli al mio giogo,
49mi scampi dai nemici furenti,
dei miei avversari mi fai trionfare
e mi liberi dall'uomo violento.

50Per questo, Signore, ti loderò tra i popoli
e canterò inni di gioia al tuo nome.
51Egli concede al suo re grandi vittorie,
si mostra fedele al suo consacrato,
a Davide e alla sua discendenza per sempre.


Ezechiele 40

1Al principio dell'anno venticinquesimo della nostra deportazione, il dieci del mese, quattordici anni da quando era stata presa la città, in quel medesimo giorno, la mano del Signore fu sopra di me ed egli mi condusse là.2In visione divina mi condusse nella terra d'Israele e mi pose sopra un monte altissimo sul quale sembrava costruita una città, dal lato di mezzogiorno.3Egli mi condusse là: ed ecco un uomo, il cui aspetto era come di bronzo, in piedi sulla porta, con una cordicella di lino in mano e una canna per misurare.4Quell'uomo mi disse: "Figlio dell'uomo: osserva e ascolta attentamente e fa' attenzione a quanto io sto per mostrarti, perché tu sei stato condotto qui perché io te lo mostri e tu manifesti alla casa d'Israele quello che avrai visto".

5Ed ecco il tempio era tutto recinto da un muro. La canna per misurare che l'uomo teneva in mano era di sei cubiti, d'un cubito e un palmo ciascuno. Egli misurò lo spessore del muro: era una canna, e l'altezza una canna.

6Poi andò alla porta che guarda a oriente, salì i gradini e misurò la soglia della porta; era una canna di larghezza.7Ogni stanza misurava una canna di lunghezza e una di larghezza, da una stanza all'altra vi erano cinque cubiti: anche la soglia del portico dal lato dell'atrio della porta stessa, verso l'interno, era di una canna.8Misurò l'atrio della porta: era di otto cubiti;9i pilastri di due cubiti. L'atrio della porta era verso l'interno.
10Le stanze della porta a oriente erano tre da una parte e tre dall'altra, tutt'e tre della stessa grandezza, come di una stessa misura erano i pilastri da una parte e dall'altra.11Misurò la larghezza dell'apertura del portico: era di dieci cubiti; l'ampiezza della porta era di tredici cubiti.12Davanti alle stanze vi era un parapetto di un cubito, da un lato e dall'altro; ogni stanza misurava sei cubiti per lato.13Misurò poi il portico dal tetto di una stanza al suo opposto; la larghezza era di venticinque cubiti; da un'apertura all'altra;14i pilastri li calcolò alti sessanta cubiti, dai pilastri cominciava il cortile che circondava la porta.15Dalla facciata della porta d'ingresso alla facciata dell'atrio della porta interna vi era uno spazio di cinquanta cubiti.16Le stanze e i pilastri avevano finestre con grate verso l'interno, intorno alla porta, come anche vi erano finestre intorno che davano sull'interno dell'atrio. Sui pilastri erano disegnate palme.

17Poi mi condusse nel cortile esterno e vidi delle stanze e un lastricato costruito intorno al cortile; trenta erano le stanze lungo il lastricato.18Il lastricato si estendeva ai lati delle porte per una estensione uguale alla larghezza delle porte stesse: era il lastricato inferiore.19Misurò lo spazio dalla facciata della porta inferiore da oriente a settentrione alla facciata della porta interna, erano cento cubiti.

20Poi misurò la lunghezza e la larghezza della porta che guarda a settentrione e conduce al cortile esterno.21Le sue stanze, tre da una parte e tre dall'altra, i pilastri, l'atrio avevano le stesse dimensioni della prima porta: cinquanta cubiti di lunghezza per venticinque di larghezza.22Le finestre, l'atrio e le palme avevano le stesse dimensioni di quelle della porta che guarda a oriente. Vi si accedeva per sette scalini: l'atrio era davanti.23Di fronte al portico di settentrione vi era la porta, come di fronte a quello di oriente; misurò la distanza fra portico e portico: vi erano cento cubiti.

24Mi condusse poi verso mezzogiorno: ecco un portico rivolto a mezzogiorno. Ne misurò i pilastri e l'atrio; avevano le stesse dimensioni.25Intorno al portico, come intorno all'atrio, vi erano finestre uguali alle altre finestre. Esso misurava cinquanta cubiti di lunghezza per venticinque di larghezza.26Vi si accedeva per sette gradini: il vestibolo stava verso l'interno. Sui pilastri, da una parte e dall'altra, vi erano ornamenti di palme.27Il cortile interno aveva un portico verso mezzogiorno; egli misurò la distanza fra porta e porta in direzione del mezzogiorno; erano cento cubiti.

28Allora mi introdusse nell'atrio interno, per il portico meridionale, e misurò questo portico; aveva le stesse dimensioni.29Le stanze, i pilastri e l'atrio avevano le medesime misure. Intorno al portico, come intorno all'atrio, vi erano finestre. Esso misurava cinquanta cubiti di lunghezza per venticinque di larghezza.
30Intorno vi erano vestiboli di venticinque cubiti di lunghezza per cinque di larghezza.
31Il suo vestibolo era rivolto verso l'atrio esterno; sui pilastri c'erano ornamenti di palme; i gradini per i quali si accedeva erano otto.

32Poi mi condusse al portico dell'atrio interno che guarda a oriente e lo misurò: aveva le solite dimensioni.33Le stanze, i pilastri e l'atrio avevano le stesse dimensioni. Intorno al portico, come intorno all'atrio, vi erano finestre. Esso misurava cinquanta cubiti di lunghezza per venticinque di larghezza.34Il suo vestibolo dava sull'atrio esterno: sui pilastri, da una parte e dall'altra vi erano ornamenti di palme: i gradini per i quali si accedeva erano otto.

35Poi mi condusse al portico settentrionale e lo misurò: aveva le solite dimensioni,36come le stanze, i pilastri e l'atrio. Intorno vi erano finestre. Esso misurava cinquanta cubiti di lunghezza per venticinque di larghezza.37Il suo vestibolo dava sull'atrio esterno; sui pilastri, da una parte e dall'altra, c'erano ornamenti di palme: i gradini per cui vi si accedeva erano otto.

38C'era anche una stanza con la porta vicino ai pilastri dei portici; là venivano lavati gli olocausti.39Nell'atrio del portico vi erano due tavole da una parte e due dall'altra, sulle quali venivano sgozzati gli olocausti e i sacrifici espiatori e di riparazione.40Altre due tavole erano sul lato esterno, a settentrione di chi entra nel portico, e due tavole all'altro lato presso l'atrio del portico.41Così a ciascun lato del portico c'erano quattro tavole da una parte e quattro tavole dall'altra: otto tavole in tutto. Su di esse si sgozzavano le vittime.42C'erano poi altre quattro tavole di pietre squadrate, per gli olocausti, lunghe un cubito e mezzo, larghe un cubito e mezzo e alte un cubito: su di esse venivano deposti gli strumenti con i quali si immolavano gli olocausti e gli altri sacrifici.43Uncini d'un palmo erano attaccati all'interno tutt'intorno; sulle tavole si mettevano le carni delle offerte.
44Fuori del portico interno, nell'atrio interno, vi erano due stanze: quella accanto al portico settentrionale guardava a mezzogiorno, l'altra accanto al portico meridionale guardava a settentrione.45Egli mi disse: "La stanza che guarda a mezzogiorno è per i sacerdoti che hanno cura del tempio,46mentre la stanza che guarda a settentrione è per i sacerdoti che hanno cura dell'altare: sono essi i figli di Zadòk che, tra i figli di Levi, si avvicinano al Signore per il suo servizio".

47Misurò quindi l'atrio: era un quadrato di cento cubiti di larghezza per cento di lunghezza. L'altare era di fronte al tempio.

48Mi condusse poi nell'atrio del tempio e ne misurò i pilastri: erano ognuno cinque cubiti da una parte e cinque cubiti dall'altra; la larghezza del portico: tre cubiti da una parte e tre cubiti dall'altra.49La lunghezza del vestibolo era di venti cubiti e la larghezza di dodici cubiti. Vi si accedeva per mezzo di dieci gradini; accanto ai pilastri c'erano due colonne, una da una parte e una dall'altra.


Atti degli Apostoli 2

1Mentre il giorno di Pentecoste stava per finire, si trovavano tutti insieme nello stesso luogo.2Venne all'improvviso dal cielo un rombo, come di vento che si abbatte gagliardo, e riempì tutta la casa dove si trovavano.3Apparvero loro lingue come di fuoco che si dividevano e si posarono su ciascuno di loro;4ed essi furono tutti pieni di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue come lo Spirito dava loro il potere d'esprimersi.
5Si trovavano allora in Gerusalemme Giudei osservanti di ogni nazione che è sotto il cielo.6Venuto quel fragore, la folla si radunò e rimase sbigottita perché ciascuno li sentiva parlare la propria lingua.7Erano stupefatti e fuori di sé per lo stupore dicevano: "Costoro che parlano non sono forse tutti Galilei?8E com'è che li sentiamo ciascuno parlare la nostra lingua nativa?9Siamo Parti, Medi, Elamìti e abitanti della Mesopotàmia, della Giudea, della Cappadòcia, del Ponto e dell'Asia,10della Frigia e della Panfilia, dell'Egitto e delle parti della Libia vicino a Cirène, stranieri di Roma,11Ebrei e prosèliti, Cretesi e Arabi e li udiamo annunziare nelle nostre lingue le grandi opere di Dio".12Tutti erano stupiti e perplessi, chiedendosi l'un l'altro: "Che significa questo?".13Altri invece li deridevano e dicevano: "Si sono ubriacati di mosto".
14Allora Pietro, levatosi in piedi con gli altri Undici, parlò a voce alta così: "Uomini di Giudea, e voi tutti che vi trovate a Gerusalemme, vi sia ben noto questo e fate attenzione alle mie parole:15Questi uomini non sono ubriachi come voi sospettate, essendo appena le nove del mattino.16Accade invece quello che predisse il profeta Gioèle:
17Negli ultimi giorni, dice il Signore,

'Io effonderò il mio Spirito sopra ogni persona;
i vostri figli e le vostre figlie profeteranno,
i vostri giovani avranno visioni
e i vostri anziani faranno dei sogni.'
18'E anche sui miei servi e sulle mie serve
in quei giorni effonderò il mio Spirito ed essi profeteranno.'
19'Farò prodigi' in alto 'nel cielo
e' segni in basso 'sulla terra,'
sangue, fuoco e nuvole di fumo.
20'Il sole si muterà in tenebra e la luna in sangue,
prima che giunga il giorno del Signore,
giorno grande e splendido.'
21'Allora chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato'.

22Uomini d'Israele, ascoltate queste parole: Gesù di Nàzaret - uomo accreditato da Dio presso di voi per mezzo di miracoli, prodigi e segni, che Dio stesso operò fra di voi per opera sua, come voi ben sapete -,23dopo che, secondo il prestabilito disegno e la prescienza di Dio, fu consegnato a voi, voi l'avete inchiodato sulla croce per mano di empi e l'avete ucciso.24Ma Dio lo ha risuscitato, sciogliendolo dalle angosce della morte, perché non era possibile che questa lo tenesse in suo potere.25Dice infatti Davide a suo riguardo:

'Contemplavo sempre il Signore innanzi a me;
poiché egli sta alla mia destra, perché io non vacilli.'
26'Per questo si rallegrò il mio cuore ed esultò la mia lingua;
ed anche la mia carne riposerà nella speranza,'
27'perché tu non abbandonerai l'anima mia negli inferi,
né permetterai che il tuo Santo veda la corruzione.'
28'Mi hai fatto conoscere le vie della vita,
mi colmerai di gioia con la tua presenza.'

29Fratelli, mi sia lecito dirvi francamente, riguardo al patriarca Davide, che egli morì e fu sepolto e la sua tomba è ancora oggi fra noi.30Poiché però era profeta e sapeva che Dio 'gli aveva giurato solennemente di far sedere sul suo trono un suo discendente',31previde la risurrezione di Cristo e ne parlò:

'questi non fu abbandonato negli inferi,
né' la sua carne 'vide corruzione.'

32Questo Gesù Dio l'ha risuscitato e noi tutti ne siamo testimoni.33Innalzato pertanto alla destra di Dio e dopo aver ricevuto dal Padre lo Spirito Santo che egli aveva promesso, lo ha effuso, come voi stessi potete vedere e udire.34Davide infatti non salì al cielo; tuttavia egli dice:

'Disse il Signore al mio Signore:
siedi alla mia destra,'
35'finché io ponga i tuoi nemici
come sgabello ai tuoi piedi.'

36Sappia dunque con certezza tutta la casa di Israele che Dio ha costituito Signore e Cristo quel Gesù che voi avete crocifisso!".

37All'udir tutto questo si sentirono trafiggere il cuore e dissero a Pietro e agli altri apostoli: "Che cosa dobbiamo fare, fratelli?".38E Pietro disse: "Pentitevi e ciascuno di voi si faccia battezzare nel nome di Gesù Cristo, per la remissione dei vostri peccati; dopo riceverete il dono dello Spirito Santo.39Per voi infatti è la promessa e per i vostri figli e per tutti 'quelli che sono lontani, quanti ne chiamerà il Signore' Dio nostro".40Con molte altre parole li scongiurava e li esortava: "Salvatevi da questa generazione perversa".41Allora coloro che accolsero la sua parola furono battezzati e quel giorno si unirono a loro circa tremila persone.

42Erano assidui nell'ascoltare l'insegnamento degli apostoli e nell'unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere.43Un senso di timore era in tutti e prodigi e segni avvenivano per opera degli apostoli.44Tutti coloro che erano diventati credenti stavano insieme e tenevano ogni cosa in comune;45chi aveva proprietà e sostanze le vendeva e ne faceva parte a tutti, secondo il bisogno di ciascuno.46Ogni giorno tutti insieme frequentavano il tempio e spezzavano il pane a casa prendendo i pasti con letizia e semplicità di cuore,47lodando Dio e godendo la simpatia di tutto il popolo.48Intanto il Signore ogni giorno aggiungeva alla comunità quelli che erano salvati.


Capitolo XLIII: Contro l’inutile scienza di questo mondo

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1. Figlio, non ti smuovano i ragionamenti umani, per quanto eleganti e profondi; ché "il regno di Dio non consiste nei discorsi, ma nelle virtù" (1Cor 4,20). Guarda alle mie parole; esse infiammano i cuori e illuminano le menti; conducono al pentimento e infondono molteplice consolazione. Che tu non legga mai neppure una parola al fine di poter apparire più dotto e più sapiente. Attendi, invece, alla mortificazione dei vizi; cosa che ti gioverà assai più che essere a conoscenza di molti difficili problemi. Per quanto tu abbia molto studiato ed appreso, dovrai sempre tornare al principio primo. Sono io "che insegno all'uomo la sapienza" (Sal 93,10); sono io che concedo ai piccoli una conoscenza più chiara di quella che possa essere impartita dall'uomo. Colui per il quale sono io a parlare, avrà d'un tratto la sapienza e progredirà assai nello spirito. Guai a coloro che vanno ricercando presso gli uomini molte strane nozioni, e poco si preoccupano di quale sia la strada del servizio a me dovuto. Verrà il tempo in cui apparirà il maestro dei maestri, Cristo signore degli angeli, ad ascoltare quel che ciascuno ha da dire, cioè ad esaminare la coscienza di ognuno. Allora Gerusalemme sarà giudicata in gran luce (Sof 1,12). Allora ciò che si nascondeva nelle tenebre apparirà in piena chiarezza; allora verrà meno ogni ragionamento fatto di sole parole.

2. Sono io che innalzo la mente umile, così da farle comprendere i molti fondamenti della verità eterna; più che se uno avesse studiato a scuola per dieci anni. Sono io che insegno, senza parole sonanti, senza complicazione di opinioni diverse, senza contrapposizione di argomenti; senza solennità di cattedra. Sono io che insegno a disprezzare le cose terrene, a rifuggire da ciò che è contingente e a cercare l'eterno; inoltre, a rifuggire dagli onori, a sopportare le offese, a riporre ogni speranza in me, a non desiderare nulla all'infuori di me e ad amarmi con ardore, al di sopra di ogni cosa. In verità ci fu chi, solo con il profondo amore verso di me, apprese le cose di Dio; e le sue parole erano meravigliose. Abbandonando ogni cosa, egli aveva imparato assai più che applicandosi a sottili disquisizioni. Ad alcuni rivolgo parole valevoli per tutti; ad altri rivolgo parole particolari. Ad alcuni appaio con la mite luce di figurazioni simboliche, ad altri rivelo i misteri con grande fulgore. La voce dei libri è una sola, e non plasma tutti in egual modo. Io, invece, che sono maestro interiore, anzi la verità stessa, io che scruto i cuori e comprendo i pensieri e muovo le azioni degli uomini, vado distribuendo a ciascuno secondo che ritengo giusto.


Contro le due lettere dei Pelagiani: libro secondo

Contro le due lettere dei Pelagiani - Sant'Agostino d'Ippona

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Le dottrine manichee e pelagiane a confronto.

1. 1. È già tempo ora che esaminiamo l'altra lettera, non di Giuliano soltanto, ma comune a lui con molti altri vescovi pelagiani, spedita da loro a Tessalonica, ed è tempo che rispondiamo ad essa, come possiamo, con l'aiuto del Signore. Ma questo nostro lavoro non deve prolungarsi più di quanto richiede la stessa necessità della causa. Che bisogno c'è infatti di confutare anche quelle parti che non contengono gli insidiosi veleni del loro dogma, ma hanno la sola apparenza di elemosinare il consenso dei vescovi orientali in appoggio a loro o in difesa della fede cattolica contro "la profanità dei manichei", com'essi la chiamano? Unico loro intento è quello di nascondersi come nemici della grazia a lode della natura dietro il paravento dell'orribile eresia, di cui si atteggiano ad avversari. Ma chi mai ha mosso questione contro di loro su questo argomento? O a chi dei cattolici costoro dispiacciono appunto perché condannano quelli di cui l'Apostolo predisse 1 che si sarebbero allontanati dalla fede, bollati a fuoco nelle loro coscienze, proibizionisti del matrimonio, astensionisti dai cibi che credono immondi e negatori che tutto sia stato creato da Dio? Chi li ha mai forzati a negare che sia buona ogni creatura di Dio e che non esista nessuna sostanza che non sia stata fatta dal sommo Dio, all'infuori dello stesso Dio, il quale non è stato fatto da nessuno? Non sono queste le tesi che si riprendono e si condannano in costoro, tesi che risultano cattoliche. L'empietà dei manichei, fin troppo stolta e dannosa, non è detestata solo dalla fede cattolica, ma anche da tutti gli eretici che non sono manichei. Perciò anche cotesti pelagiani fanno bene ad anatematizzare i manichei e ad opporsi ai loro errori. Ma fanno due mali, per cui anch'essi sono da anatematizzare: l'uno d'incriminare i cattolici con l'imputazione di manichei, il secondo d'introdurre anch'essi l'eresia di un nuovo errore. Né infatti la mancanza in loro del morbo manicheo basta a renderli possessori della sanità della fede. Come per i corpi, così anche per le menti non esiste una malattia soltanto. Come dunque un medico del corpo non avrebbe dichiarato subito fuori pericolo, perché non idropico, chi gli fosse risultato affetto da un'altra malattia mortale, così alla verità per congratularsi con costoro non basta che non siano manichei, se hanno addosso la malattia di un altro errore. Pertanto una cosa è ciò che anatematizziamo con loro, un'altra è ciò che anatematizziamo in loro. Con loro infatti detestiamo ciò che dispiace giustamente anche a loro, in loro tuttavia detestiamo ciò per cui essi dispiacciono giustamente a noi.

I pelagiani si oppongono ai manichei, i cattolici agli uni e agli altri.

2. 2. I manichei negano che il Dio buono sia creatore di tutte le nature; i pelagiani negano che Dio sia negli uomini purificatore, salvatore, liberatore di tutte le età. La Cattolica redarguisce gli uni e gli altri difendendo la creatura di Dio, sia contro i manichei perché nessuna creatura sia sottratta alla creazione di lui, sia contro i pelagiani, perché la natura umana che si è smarrita sia ricercata in tutte le sue età. I manichei vituperano la concupiscenza della carne, non come vizio accidentale, ma come natura cattiva esistente dall'eternità; i pelagiani non considerano vizio la concupiscenza della carne, ma per giunta la lodano come un bene naturale. La Cattolica redarguisce gli uni e gli altri dicendo ai manichei: Non è natura, ma vizio, e dicendo ai pelagiani: Non viene dal Padre, ma dal mondo, perché gli uni e gli altri permettano la cura di questa sorta di malattia, smettendo i manichei di credere inguaribile la natura e i pelagiani di celebrarne le lodi. I manichei negano che il male abbia avuto inizio per l'uomo buono dal libero arbitrio, i pelagiani dicono che l'uomo anche cattivo possiede a sufficienza il libero arbitrio per osservare un buon precetto. La Cattolica redarguisce gli uni e gli altri dicendo ai manichei: Dio ha fatto l'uomo retto 2, e dicendo ai pelagiani: Se il Figlio vi farà liberi, sarete liberi davvero 3. I manichei dicono che l'anima, particella di Dio, ha il peccato per commistione di una natura cattiva; i pelagiani dicono che l'anima giusta, certamente non particella di Dio, ma sua creatura, è senza peccato anche in questa vita corruttibile. La Cattolica redarguisce gli uni e gli altri dicendo ai manichei: O voi fate buono l'albero e sarà buono anche il suo frutto, o voi fate cattivo l'albero e sarà cattivo anche il suo frutto 4: e questo non si direbbe all'uomo, incapace di fare la natura, se non perché il peccato non è una natura, ma un vizio, e dicendo ai pelagiani: Se diciamo che siamo senza peccato, inganniamo noi stessi e la verità non è in noi 5. Per questi morbi tra loro contrari si combattono manichei e pelagiani con dissimile volontà e con simile vanità, separati da diversità d'opinione, ma vicini per perversità d'intenzione.

I manichei e i pelagiani sono divisi, ma in qualche modo sono anche uniti.

2. 3. Tant'è vero che impugnano insieme la grazia del Cristo, vanificano insieme il suo battesimo, avviliscono insieme la sua carne, ma anche tutto questo con modi e motivi diversi. I manichei infatti propongono che l'aiuto divino sia propiziato dai meriti della natura buona, i pelagiani invece dai meriti della volontà buona. I manichei dicono: "Dio lo deve alle fatiche delle sue membra"; i pelagiani dicono: "Dio lo deve alle virtù dei suoi servi". Alle membra dunque e ai servi il salario non viene calcolato come dono, ma come debito 6. I manichei dicono che è superfluo il lavacro della rigenerazione, cioè l'acqua stessa, e con cuore sacrilego sostengono che non giova a nulla; i pelagiani invece asseriscono che quanto nel battesimo si dice per rimettere i peccati non giova affatto ai bambini che non hanno nessun peccato. Pertanto nel battesimo dei bambini, per ciò che concerne la remissione dei peccati, i manichei eliminano l'elemento visibile, i pelagiani invece anche il sacramento invisibile. I manichei avviliscono la carne del Cristo bestemmiando contro il parto della Vergine, i pelagiani invece uguagliando la carne dei redenti alla carne del Redentore. Per questa ragione appunto il Cristo è nato, non certo nella carne del peccato, ma in una carne simile a quella del peccato 7: perché la carne di tutti gli altri uomini nasce come carne del peccato. I manichei detestando dunque ogni carne senza eccezione tolgono alla carne del Cristo l'evidenza esterna della sua verità, i pelagiani invece affermando che nessuna carne nasce come carne del peccato tolgono alla carne del Cristo la sua propria dignità.

Due errori opposti, entrambi detestabili.

2. 4. La smettano dunque i pelagiani di rinfacciare ai cattolici d'essere quello che non sono, ma essi stessi piuttosto si affrettino ad emendare quello che sono, né vogliano passare per amabili con l'avversare l'odioso errore dei manichei, ma riconoscano d'essere meritamente odiosi per non rivoltarsi contro il proprio errore. Possono infatti i due errori essere contrari tra loro, ma sono da detestare ambedue, perché sono ambedue contrari alla verità. Infatti, se la ragione di dover amare i pelagiani fosse che costoro odiano i manichei, anche i manichei sarebbero da amare perché odiano i pelagiani. Ma non sia mai che la Cattolica, la quale è madre, scelga di amare gli uni perché odiano gli altri, poiché per volontà del Signore e con il suo aiuto deve evitare gli uni e gli altri e desiderare di guarire gli uni e gli altri.

L'accusa di prevaricazione lanciata contro il clero romano dai pelagiani.

3. 5. Costoro attaccano per giunta i chierici romani scrivendo: "Per paura di un editto non si vergognarono di commettere un crimine di tradimento, così da dichiarare successivamente che la natura umana è cattiva, contro la propria precedente sentenza con la quale avevano sostenuto in giudizio il dogma cattolico". La verità è piuttosto un'altra: i pelagiani si erano illusi con la falsa speranza di poter far accettare alla coscienza cattolica di alcuni romani il nuovo ed esecrabile dogma pelagiano o celestiano in un momento in cui, sembrando che quelle teste, benché pervertite da un nefando errore e non tuttavia disprezzabili, si dovessero correggere amorevolmente piuttosto che condannare sbrigativamente, furono trattate un po' più blandamente di quanto domandava la disciplina della Chiesa un po' più severa. Nel correre infatti e nel ricorrere di tanti e così importanti scritti ecclesiastici tra la Sede Apostolica e i vescovi africani, nella celebrazione anche di un processo su questa causa presso quella Sede dov'era presente e replicava Celestio, quale lettera mai si trova da parte del Papa Zosimo di veneranda memoria, quale mai sentenza interlocutoria, dove abbia comandato di dover credere che l'uomo nasce senza nessun vizio di peccato originale? Non l'ha mai detto assolutamente in nessuna occasione, non l'ha mai scritto assolutamente in nessun documento. Ma, avendolo posto Celestio nel suo libello, tra i punti soltanto sui quali confessava di dubitare ancora e di voler essere istruito, in un uomo d'ingegno molto acuto, che senza dubbio avrebbe giovato a tantissime persone se si fosse corretto, fu approvata la volontà dell'emendazione, non la falsità del dogma. Ed è questa la ragione per cui il suo libello fu detto cattolico: è proprio di mente cattolica anche il non definire con assoluta certezza, ma respingere, appena se ne scopre e se ne dimostra l'errore, quelle opinioni che accade eventualmente d'avere diverse da come esige la verità. Non infatti ad eretici, ma a cattolici parlava l'Apostolo dove ha detto: Quanti dunque siamo perfetti, dobbiamo avere questi sentimenti; se in qualche cosa pensate diversamente, Dio vi illumini anche su questo 8. Ciò si credeva che fosse avvenuto in Celestio, quando rispose d'essere d'accordo con la lettera del papa Innocenzo di beata memoria, con la quale ogni dubbio sulla questione era stato spento. E ci si aspettava che questa sua risposta si sarebbe completata e resa più manifesta con il prossimo arrivo della lettera dall'Africa, la provincia dove la furberia di Celestio si era fatta conoscere con un po' più di evidenza. Arrivò la lettera a Roma. Vi si diceva che era insufficiente per le persone più tarde e più preoccupate che Celestio confessasse genericamente d'essere d'accordo con la lettera del vescovo Innocenzo, ma doveva anatematizzare apertamente gli errori da lui messi nel suo libello. Altrimenti, se non l'avesse fatto, molti, poco intelligenti, avrebbero creduto che quei veleni presenti nel libello erano approvati dalla Sede Apostolica, per il fatto che aveva qualificato come cattolico quel libello, e non già ritrattati da Celestio per il fatto che aveva risposto d'essere d'accordo con la lettera del papa Innocenzo. Ed allora, quando si chiedeva la sua presenza, perché da risposte certe e chiare venisse alla luce o l'astuzia o la ritrattazione di Celestio e non rimanesse ambigua per nessuno, costui si sottrasse e si negò all'esame. Né si sarebbe dovuta rimandare ancora, come si fece, una decisione che giovava ad altri, se non poteva giovare alla cocciutaggine e alla follia di gente troppo perversa. Se invece allora, e lo dico per assurdo, nella Chiesa romana si fosse giudicato di Celestio o di Pelagio in modo che i loro dogmi, già condannati in loro e con loro dal papa Innocenzo, si fossero dichiarati da approvare e da ritenere, allora, sì, proprio per questo ci sarebbe da imprimere a fuoco il marchio di tradimento sui chierici di Roma. Ora però, atteso che per prima la lettera del beatissimo papa Innocenzo, in risposta alla lettera dei vescovi africani, ha condannato alla pari di essi questo errore che costoro tentano di far accogliere; atteso che anche il successore d'Innocenzo, il santo papa Zosimo, non ha mai detto e non ha mai scritto doversi ritenere ciò che costoro pensano nei riguardi dei bambini; atteso inoltre che Celestio, affannato nel giustificarsi, fu costretto da Zosimo con ripetute sentenze interlocutorie a sottomettersi alla suddetta lettera della Sede Apostolica, certamente tutto ciò che nel corso delle vicende fu fatto nei riguardi di Celestio con troppa indulgenza, salva restando unicamente la fermezza dell'antichissima e robustissima fede, fu un mitissimo tentativo di suasione a correggersi, non una funestissima approvazione dell'errore. E la condanna con la quale Celestio e Pelagio furono colpiti successivamente dal medesimo sacerdote con il ripristino della sua autorità, fu un provvedimento di quella severità che, allentatasi per poco, era necessario dimostrare, e non il rinnegamento di un precedente giudizio sulla verità o un suo nuovo giudizio.

Lettera del papa Innocenzo a l sinodo di Cartagine.

4. 6. Ma che bisogno c'è che ci fermiamo più a lungo a parlare su questo argomento, quando esistono alla fonte da una parte e dall'altra gli atti processuali e i documenti scritti, dove si possono conoscere o riconoscere tutti quei fatti esattamente come si sono svolti? Infatti dalle interrogazioni del tuo santo predecessore e dalle risposte con le quali Celestio dichiarò d'esser d'accordo con la lettera del beato papa Innocenzo, chi non vede come Celestio sia stato ridotto alle strette e messo con un vincolo salutarissimo nell'impossibilità d'avere il coraggio di sostenere ulteriormente che nel battesimo dei bambini non si rimette il peccato originale? Del venerabile vescovo Innocenzo sono appunto su questo tema le seguenti parole al concilio di Cartagine: L'uomo, danneggiato alle sue origini dal libero arbitrio, quando volle usare imprudentemente dei suoi beni, caduto e sommerso nell'abisso della prevaricazione, non trovò nulla per poter risorgere da quella caduta, e ingannato per sempre dalla sua libertà sarebbe rimasto schiacciato da quella rovina, se poi non l'avesse liberato per sua grazia la venuta del Cristo, che mediante la purificazione d'una nuova rigenerazione ha mondato ogni vizio di prima con il lavacro del suo battesimo. Che cosa più chiaro e più esplicito di questa sentenza della Sede Apostolica? D'accordo con essa si dichiarò Celestio quando, avendogli chiesto il tuo predecessore: Condanni tutti gli errori che sono stati diffusi sotto il tuo nome? egli rispose: Li condanno secondo la sentenza del tuo predecessore Innocenzo di beata memoria. Ora, tra tutti gli errori che erano stati diffusi sotto il suo nome, il diacono Paolino aveva accusato Celestio di dire che "il peccato di Adamo aveva nociuto solamente a lui stesso e non al genere umano, e che i bambini al momento della nascita sono nel medesimo stato in cui era Adamo prima del peccato". Perciò, se condannava con la sincerità del cuore e della bocca, secondo la sentenza del beato papa Innocenzo, gli errori che gli addebitava Paolino, cosa gli rimaneva per sostenere in seguito che dalla passata trasgressione del primo uomo non deriva nei bambini nessun vizio da cancellare nel sacro battesimo per mezzo della purificazione di una nuova rigenerazione? Ma d'aver risposto in modo falso lo dimostrò con la sua ultima uscita, quando si sottrasse all'esame, per non essere costretto a ripetere e anatematizzare secondo i rescritti africani proprio le medesime parole usate da lui sulla medesima questione nel suo libello.

La lettera dei papa Innocenzo ai vescovi della Numidia.

4. 7. E che, la risposta data dal medesimo Papa su questa stessa causa anche ai vescovi della Numidia, perché aveva ricevuto scritti da ambedue i concili, e di Cartagine e di Milevi, non parla nella maniera più aperta dei bambini? Queste sono infatti le sue parole: Quello poi che la vostra fraternità asserisce predicato da lui che i bambini possono ricevere i premi della vita eterna anche senza la grazia del battesimo, è assurdo. Perché, se non avranno mangiato la carne del Figlio dell'uomo e non avranno bevuto il suo sangue, non avranno la vita in se stessi 9. Coloro che la rivendicano ad essi senza la rigenerazione mi sembra che vogliano annullare il battesimo stesso, predicando che i bambini hanno già quello che noi crediamo non doversi conferire a loro se non per mezzo del battesimo. Che cosa replica a queste parole quell'ingrato, che la Sede Apostolica aveva perdonato con benevolissima mitezza, quasi si fosse già corretto per mezzo della sua professione? Che cosa replica a queste parole? I bambini, dopo la fine di questa vita, anche se durante la loro vita non sono stati battezzati nel Cristo, saranno o non saranno nella vita eterna? Se dice: "Saranno", perché allora rispose che condannava secondo la sentenza d'Innocenzo di beata memoria gli errori che sono stati diffusi sotto il suo nome? Ecco, il papa Innocenzo di beata memoria dice che senza il battesimo del Cristo e senza la partecipazione del corpo e del sangue del Cristo i bambini non hanno la vita. Se dice: "Non saranno", per quale ragione, se non contraggono nessun peccato originale, essi, non ricevendo la vita eterna, sono certamente e conseguentemente condannati con la morte eterna?

Nelle due lettere risplende la fede cattolica.

4. 8. Di fronte a tali documenti che dicono costoro, capaci anche di scrivere le proprie calunnie e capaci d'inviarle anche ai vescovi orientali? Si ritiene che Celestio abbia prestato il suo assenso alla lettera del venerabile Innocenzo e nella stessa lettera del suddetto antistite si legge che i bambini non battezzati non possono avere la vita. Ebbene, chi negherà la conseguenza che abbiano la morte coloro che non hanno la vita? Da dove dunque nei bambini questa miserevole pena, se non esiste nessuna colpa originale? Per quale ragione allora questi disertori della fede e oppositori della grazia accusano di tradimento i chierici romani sotto il vescovo Zosimo, quasi che nella condanna susseguente di Celestio e di Pelagio avessero pensato diversamente da quello che avevano pensato nella condanna precedente sotto Innocenzo? Poiché appunto, splendendo l'antichità della fede cattolica con la lettera del venerabile Innocenzo riguardo ai bambini destinati a rimanere nella morte eterna, se non sono battezzati nel Cristo, sarebbe traditore della Chiesa romana piuttosto chiunque avesse deviato da quella sentenza, e poiché ciò non è avvenuto per benevola disposizione di Dio, ma la stessa sentenza si è conservata costantemente nella ripetuta condanna di Celestio e di Pelagio, capiscano costoro d'essere ciò che rinfacciano agli altri e una buona volta guariscano dal tradire la fede. Che appunto è cattiva la natura umana non lo dice la fede cattolica in quanto l'uomo ebbe la sua prima origine dal Creatore, né è un male della natura umana ciò che Dio crea attualmente in essa quando fa gli uomini dagli uomini, ma è un male della natura umana ciò che essa contrae dal famoso vizio del primo uomo.

Il libero arbitrio, aiutato dalla grazia, è capace di vivere bene.

5. 9. È già ora il momento di vedere le accuse che ci hanno fatto brevemente nella loro lettera e alle quali la nostra risposta è la seguente. Che per il peccato di Adamo sia sparito dalla natura umana il libero arbitrio non lo diciamo, ma esso negli uomini soggetti al diavolo vale a peccare, non vale invece a vivere bene e piamente, se la stessa volontà dell'uomo non è stata liberata per grazia di Dio e aiutata a fare ogni bene nell'agire, nel parlare, nel pensare. Nessun altro che il Signore Dio riteniamo creatore degli uomini che nascono, né dal diavolo ma da Dio stesso istituite le nozze: tutti però nascono sotto il peccato a causa del vizio della propaggine e sono per esso sotto il diavolo, finché non rinascano nel Cristo. Né asseriamo il fato sotto il nome di grazia dicendo che la grazia di Dio non è preceduta in nessun modo dai meriti degli uomini. Se poi a certuni piace chiamare fato la volontà dell'onnipotente Dio, noi certo evitiamo le chiacchiere profane 10, ma non amiamo bisticciare sulle parole.

Secondo i pelagiani la dottrina della grazia è fatalistica.

5. 10. Quale poi sia la ragione per cui è parso a costoro d'accusarci di asserire il fato sotto il nome di grazia, essendomi dato io a riflettere con un po' più d'attenzione, ho notato per prime le loro parole che vengono subito appresso. Così infatti hanno creduto di muovere a noi quest'accusa: Sotto il nome di grazia dicono costoro asseriscono il fato tanto da dire che, se Dio non ispira all'uomo svogliato e riluttante il desiderio del bene, anche dello stesso bene imperfetto, egli non può né stare lontano dal male né arrivare a fare il bene. Poi alquanto dopo, dove ricordano le tesi difese da loro stessi, ho rivolto la mia attenzione a quello che dicono su questo argomento. Scrivono: Noi confessiamo che il battesimo è necessario a tutte le età e altresì che la grazia aiuta il buon proposito di ognuno, ma essa tuttavia non infonde la sollecitudine della virtù in chi è riluttante, perché non c'è parzialità per nessuno presso Dio 11. Da queste loro parole ho capito che ritengono o vogliono far ritenere che noi asseriamo il fato sotto il nome di grazia, perché diciamo che la grazia di Dio non è data secondo i nostri meriti, ma secondo la volontà misericordiosissima di colui che ha dichiarato: Userò misericordia con chi vorrò e avrò pietà di chi vorrò averla 12. Dove logicamente si aggiunge: Quindi non dipende dalla volontà né dagli sforzi dell'uomo, ma da Dio che usa misericordia 13. Anche da qui potrebbe qualcuno altrettanto stolto ritenere o dire l'Apostolo assertore del fato. Ma in questo caso costoro si tradiscono a sufficienza. Poiché infatti ci calunniano d'asserire il fato perché diciamo che la grazia di Dio non è data secondo i nostri meriti, senza dubbio costoro confessano di dire che la grazia è data secondo i nostri meriti: così la loro cecità non ha potuto occultare o dissimulare che essi intendono e sentono esattamente ciò che, contestato a Pelagio nel giudizio episcopale palestinese, egli condannò con subdolo timore. Fu appunto obiettato a lui, dalle parole del suo discepolo Celestio per la verità, di dire anche lui: "La grazia di Dio è data secondo i nostri meriti". Il che egli detestandolo o facendo finta di detestarlo non indugiò ad anatematizzare con la bocca soltanto; ma, come indicano i suoi libri posteriori e come lo mette a nudo l'asserzione di cotesti suoi seguaci, serbò nella finzione del cuore l'errore fino a quando in seguito la sua sfrontatezza pubblicò anche per scritto ciò che allora l'astuzia nel negare aveva coperto per paura. E non temono ancora né si vergognano almeno i vescovi pelagiani di mandare ai vescovi cattolici orientali una loro lettera, dove ci accusano d'essere assertori del fato perché non diciamo che la grazia di Dio è data secondo i nostri meriti; ciò che Pelagio per timore dei vescovi orientali e non osò affermare e fu indotto a condannare.

Ag. ritorce l'accusa di fatalismo.

6. 11. Non sta dunque proprio così, o novelli eretici pelagiani, figli della superbia, nemici della grazia di Dio: chiunque dica che la grazia di Dio precede tutti i buoni meriti dell'uomo e che la grazia di Dio non è data ai meriti, perché non sia grazia 14 se non è data gratuitamente ma è pagata per debito a coloro che la meritano, a voi sembra che asserisca il fato? Non è vero che anche voi, quale che sia la vostra intenzione, dite necessario il battesimo per tutte le età? Non è vero che in questa stessa vostra lettera avete posto cotesta sentenza sul battesimo e subito accanto ad essa la sentenza sulla grazia? Perché il battesimo che si dà ai piccoli non vi ha suggerito con la stessa sua vicinanza che cosa dovete pensare della grazia? Queste sono infatti le vostre parole: Noi confessiamo che il battesimo è necessario a tutte le età e altresì che la grazia aiuta il buon proposito di ognuno, ma essa tuttavia non infonde il desiderio della virtù in chi è riluttante, perché non c'è parzialità per nessuno presso Dio 15. Di quello che avete detto della grazia in tutte queste vostre parole taccio per il momento. Del battesimo rendete conto. Dite, perché lo diciate necessario a tutte le età, per quale ragione sia necessario ai bambini. Certamente perché procura a loro qualcosa di buono, e ciò non è qualcosa né di piccolo né di mediocre, ma qualcosa di grande. Sebbene infatti neghiate che contraggano il peccato originale da rimettersi nel battesimo, tuttavia che in forza di quel lavacro di rigenerazione essi da figli degli uomini siano adottati in figli di Dio non lo negate e anzi lo predicate pure. Diteci dunque: tutti i battezzati nel Cristo che sono usciti dal corpo quand'erano bambini, questo dono tanto sublime per quali meriti precedenti l'hanno ricevuto? Se direte che l'hanno meritato per la pietà dei loro genitori, vi si chiederà: Perché talvolta si nega questo beneficio a figli di genitori pii ed è concesso a figli di genitori empi? A volte infatti prole nata da persone religiose è prevenuta dalla morte in tenera età e appena uscita dall'utero, prima d'essere lavata con il lavacro della rigenerazione, e un bambino nato da nemici del Cristo è battezzato nel Cristo per pietà di cristiani: piange una mamma battezzata per il proprio bambino non battezzato e una donna casta raccoglie per farlo battezzare un feto altrui, esposto da una mamma disonesta. Qui mancano certamente i meriti dei genitori, mancano per vostra confessione i meriti anche degli stessi bambini. Sappiamo infatti che dell'anima umana voi non credete che prima di prendere il corpo terreno sia vissuta in qualche altro luogo e abbia fatto qualcosa o di bene o di male per cui meritare questa differenza nella carne. Quale causa dunque a questo bambino ha procurato il battesimo e a quello l'ha negato? Hanno forse essi il fato perché non hanno il merito? O c'è forse in essi parzialità personale da parte di Dio? Voi infatti avete detto l'una e l'altra cosa: prima il fato e poi la parzialità personale, perché, essendo ambedue da scartare, rimanga il merito che volete introdurre contro la grazia. Sui meriti dunque dei bambini rispondete perché gli uni escano dai corpi con il battesimo e gli altri senza il battesimo, perché indipendentemente dai meriti dei genitori siano o gratificati o privati di un bene tanto eccellente da diventare figli di Dio da figli degli uomini, escluso ogni merito dei genitori, escluso ogni merito proprio dei figli. Naturalmente voi tacete e vi trovate piuttosto rovesciati da voi stessi nell'errore che rovesciate su di noi. Se infatti dove non c'è il merito dite che c'è logicamente il fato, e proprio per non essere costretti ad ammettere il fato volete che nella grazia di Dio si ravvisi il merito dell'uomo, ecco siete piuttosto voi ad asserire il fato nel battesimo dei piccoli dai quali escludete qualsiasi merito. Se poi nel battezzare i bambini concedete che non interviene assolutamente nessun merito precedente e che tuttavia non interviene il fato, per quale ragione quando noi diciamo che la grazia di Dio è data gratuitamente, proprio perché non cessi d'essere grazia e non sia pagata come un debito a meriti precedenti, voi andate dicendo che noi siamo assertori del fato? Voi non capite che nella giustificazione degli empi come proprio per questo che è grazia di Dio non intervengono i meriti, così proprio per questo che è grazia di Dio non interviene il fato, e proprio per questo che è grazia di Dio non interviene nessuna parzialità di persone.

Definizione del fato e confutazione dell'accusa.

6. 12. Coloro che appunto affermano il fato, dalla posizione delle stelle che chiamano costellazioni, nel tempo in cui ciascuno è concepito o nasce, fanno dipendere non solo i comportamenti e gli eventi, ma anche le stesse nostre volontà. Al contrario la grazia di Dio trascende non solo tutte le stelle e tutti i cieli, ma anche tutti gli angeli. Inoltre gli assertori del fato attribuiscono al fato e i beni e i mali degli uomini. Al contrario Dio nei mali degli uomini insegue i loro demeriti con il dovuto contraccambio, ma quanto ai beni li elargisce per grazia non dovuta con misericordiosa volontà. Ambedue le cose Dio le fa non in dipendenza del congiungimento temporaneo delle stelle, ma secondo l'eterno e profondo disegno della sua severità e bontà. Nessuna delle due cose dunque la vediamo appartenere al fato. Se qui rispondete che fato è da dirsi piuttosto questa stessa benevolenza di Dio con la quale non segue i meriti, ma per gratuita bontà elargisce beni non dovuti, mentre l'Apostolo la chiama grazia dicendo: Per questa grazia siete salvi mediante la fede, e ciò non viene da voi, ma è dono di Dio, né viene dalle opere, perché nessuno possa vantarsene 16, non avvertite, non capite che non siamo noi a dare al fato il nome di grazia divina, ma voi piuttosto a dare alla grazia divina il nome di fato?.

Definizione dell'acceptio personarum e rigetto dell'accusa.

7. 13. Così pure preferenza di persone si dice giustamente esserci dove un giudice, trascurando il merito della causa che ha in esame, favorisce una parte contro l'altra, perché nella persona trova qualcosa che è degno d'onore o di compassione. Chi invece ha due debitori, se ad uno vuole condonare il debito ed esigerlo dall'altro, regala a chi vuole, ma non defrauda nessuno; né si deve dire preferenza di persone quando non c'è nessuna ingiustizia. Altrimenti a critici poco intelligenti può sembrare preferenza di persone quando il padrone della vigna agli operai che vi lavorarono un'ora sola diede quanto a quelli che sopportarono il peso della giornata e il caldo, uguagliando nella paga operai tanto distanti tra loro nella fatica. Ma che rispose il padrone a coloro che mormoravano contro di lui per questa apparente parzialità di persone? Disse: Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse convenuto con me per un denaro? Prendi il tuo e vattene; ma io voglio dare a quest'ultimo quanto a te. Non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono 17? Naturalmente qui tutta la giustizia è in quel: "Voglio così". "A te - dice - ho reso, a lui ho regalato, né per regalare a lui ho tolto qualcosa a te, o ho diminuito o negato quanto ti dovevo. Non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?". Come dunque non c'è qui parzialità di persone, perché uno viene gratuitamente gratificato senza che l'altro sia defraudato del suo diritto, così pure, quando secondo il disegno di Dio uno è chiamato e un altro no 18, a chi è chiamato è dato un bene gratuito del quale è principio la chiamata stessa, a chi non è chiamato è reso il male perché tutti sono rei da quando il peccato è entrato nel mondo a causa di un solo uomo 19. Veramente in quella parabola degli operai, nella quale ricevettero un solo denaro quelli che lavorarono un'ora sola e quelli che lavorarono dodici volte tanto, e questi certamente secondo i calcoli umani ma vani in proporzione del loro lavoro avrebbero dovuto ricevere dodici denari, gli uni e gli altri furono uguagliati nel bene, non liberati gli uni e condannati gli altri, perché anche quelli che lavorarono di più ebbero dallo stesso padre di famiglia e il favore d'esser chiamati così da accogliere la chiamata e il favore d'essere nutriti così da non venire meno nelle loro forze. Nel testo invece dove si legge: Usa misericordia con chi vuole e indurisce chi vuole, colui che fa un vaso per uso nobile e uno per uso volgare 20, il bene è dato, sì, immeritatmente e gratuitamente, perché appartiene alla medesima massa colui che riceve il bene; il male viceversa è reso meritamente e debitamente, perché nella massa di perdizione non è male rendere male al male, ed è male per colui a cui è reso, essendo il suo castigo, ma per colui che lo rende è bene, essendo un suo giusto operare. Né c'è nessuna parzialità di persone se di due debitori ugualmente rei ad uno si condona e dall'altro si esige ciò che è dovuto ugualmente da ambedue.

L'esempio dei due gemelli morti prematuramente, l'uno battezzato, l'altro no.

7. 14. Ma per rendere chiaro con un esempio ciò che stiamo dicendo prendiamo due gemelli, nati da una meretrice ed esposti perché altri li raccogliessero: di questi due uno è spirato senza il battesimo e l'altro con il battesimo. Qual fato o quale fortuna, che sono assolutamente inesistenti, possiamo ammettere qui? Quale preferenza di persone, anche se ne fosse stata possibile un poco in tali bambini, quando non c'è per nulla in Dio? Essi certo non avevano nulla che facesse preferire l'uno all'altro e non avevano meriti personali, né buoni per meritare l'uno d'esser battezzato, né cattivi per meritare l'altro di morire senza il battesimo. Ci sono stati meriti da parte dei genitori, essendo fornicatore il padre e meretrice la madre? Ma, quali che siano stati quei meriti, certamente per cotesti che muoiono in condizione tanto diversa non erano affatto diversi, bensì comuni all'uno e all'altro. Se questo dunque non è dipeso né dal fato perché le stelle non decidono di tali eventi, né dalla fortuna perché i casi fortuiti non compiono questi fatti, né dalla diversità delle persone o dei meriti, che cosa resta quanto al bambino battezzato se non la grazia di Dio, la quale è data gratuitamente ai vasi fatti per uso nobile, e quanto al bambino non battezzato se non l'ira di Dio, la quale ai vasi fatti per uso volgare è resa secondo i demeriti della stessa massa? Ma noi nel bambino battezzato vi costringiamo a confessare la grazia di Dio e vi dimostriamo che da parte sua non c'è stato nessun merito precedente; quanto poi al bambino morto senza il battesimo, per quale ragione gli sia mancato il sacramento che anche voi confessate necessario a tutte le età e che cosa in questo modo sia stato punito in lui vedetelo voi che non volete l'esistenza del delitto originale.

La soluzione della questione da parte dell'Apostolo.

7. 15. Per noi in cotesti due gemelli che hanno indubbiamente una condizione unica, la difficoltà della questione, perché l'uno sia morto in maniera diversa dall'altro, la scioglie quasi senza scioglierla l'Apostolo 21. Il quale, avendo proposto anch'egli un caso simile riguardo a due gemelli, per il fatto che non in base alle loro opere, perché essi non avevano ancora operato alcunché di bene o di male, ma in base alla scelta divina fu detto: Il maggiore servirà il più piccolo 22, e: Ho amato Giacobbe e ho odiato Esaù 23, e avendo condotto l'orrore di questo abisso fino a dire: Dio quindi usa misericordia con chi vuole e indurisce chi vuole 24, avvertì subito quale difficoltà nascesse e rivolse a sé le parole di un contraddittore da ribattere con apostolica autorità. Scrive infatti: Mi potrai però dire: - Ma allora perché ancora rimprovera? Chi può infatti resistere al suo volere? -. E a chi parla così risponde: O uomo, tu chi sei per disputare con Dio? Oserà forse dire il vaso plasmato a colui che lo plasmò: - Perché mi hai fatto così? -. Forse il vasaio non è padrone dell'argilla per fare con la medesima massa di pasta un vaso per uso nobile e uno per uso volgare 25? Poi seguitando svelò, per quanto giudicò di doverlo svelare agli uomini, un così alto e fitto mistero dicendo: Che potremmo dire, se pertanto Dio, volendo manifestare la sua ira e far conoscere la sua potenza, ha sopportato con grande pazienza vasi di collera, già pronti per la perdizione, e questo per far conoscere la ricchezza della sua gloria verso vasi di misericordia, da lui predisposti alla gloria 26? Ecco la grazia di Dio non solo nella funzione di aiutare, ma anche in quella di testimoniare: aiuta cioè nei vasi di misericordia, ma testimonia nei vasi di collera. In questi infatti indica la collera e mostra la sua potenza, essendo tanto potente la sua bontà da far buon uso anche dei mali, e fa conoscere nei vasi di collera la ricchezza della sua gloria verso i vasi di misericordia, perché quello che dai vasi d'ira esige la sua giustizia punitrice lo condona ai vasi di misericordia la sua grazia liberatrice. Né apparirebbe il beneficio che è concesso gratuitamente ad alcuni, se Dio condannando con giusto castigo gli altri della stessa massa di pasta ugualmente rei non mostrasse che cosa fosse dovuto agli uni e agli altri. Chi infatti ti distingue? domanda il medesimo Apostolo all'uomo, come se si vantasse di se stesso e del suo proprio bene. Chi infatti ti distingue? naturalmente dai vasi di collera, dalla massa della perdizione, la quale a causa di uno solo ha mandato tutti alla condanna. Chi infatti ti distingue? E come se l'interpellato avesse risposto: - Mi distingue la mia fede, il mio proponimento, il mio merito -, incalza: Che cosa mai possiedi che tu non abbia ricevuto? E se l'hai ricevuto, perché te ne vanti, come se non l'avessi ricevuto 27, cioè come se venisse da te il privilegio che ti distingue? A distinguerti dunque è chi ti dona il privilegio della distinzione, rimovendo la pena dovuta ed elargendo la grazia non dovuta. Ti distingue colui che comandò quando le tenebre ricoprivano l'abisso: Sia la luce! e la luce fu. E separò, cioè distinse, la luce dalle tenebre 28. Non trovò infatti che cosa distinguere quando esistevano soltanto le tenebre, ma le distinse facendo la luce, perché si possa dire agli empi giustificati: Se un tempo eravate tenebra, ora siete luce nel Signore 29, e così, chi si vanta si vanti nel Signore 30 e non in se stesso. A distinguere è colui che riguardo ai due bambini non ancora nati e non ancora responsabili né di bene né di male, perché rimanesse fermo il suo disegno fondato sull'elezione, disse, non in base alle opere, ma alla volontà di lui stesso che chiamava: Il maggiore servirà il più piccolo 31, e in seguito dichiarò lo stesso per bocca del Profeta: Ho amato Giacobbe e ho odiato Esaù 32. Precisamente elezione dice 33 dove Dio non trova qualcosa da scegliere fatto da altri, ma per trovarlo lo fa egli stesso, come riguardo al resto di Israele è scritto: Così anche al presente c'è un resto, conforme a una elezione per grazia. E se lo è per grazia, non lo è dunque per le opere, altrimenti la grazia non sarebbe più grazia 34. Perciò vaneggiate sicuramente voi che, dicendo la Verità: Non in base alle opere, ma alla volontà di colui che chiama, dite: "Giacobbe fu amato in base alle opere future che Dio prevedeva fatte da lui", e così contraddite l'Apostolo che dice: Non in base alle opere, come se egli non potesse dire: "Non in base alle opere presenti, ma a quelle future". Egli dice però: Non in base alle opere per sottolineare la grazia. E se lo è per grazia, non lo è per le opere, altrimenti la grazia non sarebbe più grazia. Infatti viene prima la grazia non dovuta ma gratuita, perché per mezzo di essa si compiano le opere buone; altrimenti, se venissero prima le opere buone, la grazia sarebbe come resa alle opere e allora la grazia non sarebbe più grazia.

Conclusione dell'argomentazione.

7. 16. Ma per togliervi completamente alle vostre tenebre, ho appositamente scelto l'esempio di gemelli che non potessero contare sui meriti dei genitori e morissero ambedue sulla prima soglia dell'infanzia, uno battezzato e l'altro non battezzato, perché non affermaste, come dite di Giacobbe e di Esaù contro l'Apostolo, che Dio preconobbe le loro opere future. In che modo infatti le preconobbe future, se piuttosto con la sua infallibile prescienza le preconobbe non future prevedendo che sarebbero morti nell'infanzia? Oppure, che vantaggio c'è per coloro che sono rapiti da questa vita perché la malizia non muti i loro sentimenti o l'inganno non travii il loro animo 35, se anche il peccato che non è stato commesso con opere, con parole, con pensieri è punito come se fosse stato commesso? Che se è estremamente assurdo, insulso, pazzesco che gli uomini in genere siano da condannare a causa di peccati dei quali né hanno potuto contrarre il reato dai genitori, come dite, né hanno potuto non solo commettere ma nemmeno pensare, allora torna a voi il fratellino non battezzato del gemello battezzato e tacito vi chiede per quale ragione sia stato separato dalla felicità del fratello, per quale motivo sia stato colpito dall'infelicità di non ricevere il sacramento necessario a tutte le età, come voi riconoscete, mentre il suo fratello è stato adottato in figlio di Dio, se, come non esiste né la fortuna né il fato né la parzialità di persone presso Dio, così non esiste nessun dono di grazia senza meriti e nessun peccato originale. Davanti a questo bimbo, incapace assolutamente di parlare, voi fate tacere la vostra lingua e la vostra voce, a lui che non sa parlare non trovate voi che parole parlare.

Differenze dottrinali tra i pelagiani sulla grazia.

8. 17. Vediamo ora, come possiamo, il merito stesso che costoro vogliono far precedere nell'uomo, perché egli sia ritenuto degno dell'aiuto della grazia e perché al suo merito la grazia non sia data come non dovuta, ma sia pagata come dovuta, e così la grazia non sia più grazia: vediamo comunque che cosa sia questo merito. Scrivono: Sotto il nome di grazia asseriscono il fato, tanto da dire che se Dio non ispira all'uomo svogliato e riluttante il desiderio del bene, anche dello stesso bene imperfetto, egli non può né star lontano dal male, né arrivare a fare il bene. Del fato e della grazia abbiamo già mostrato come parlino a vanvera: il problema al quale dobbiamo volgere ora l'attenzione è se sia Dio ad ispirare all'uomo svogliato e riluttante il desiderio del bene, così da farlo cessare d'essere riluttante e d'essere svogliato, ma farlo volgere al bene e fargli volere il bene. Costoro infatti vogliono che il desiderio del bene nell'uomo cominci dall'uomo stesso e che al merito di questo inizio segua la grazia di fare il bene perfettamente: se tuttavia vogliono almeno questo. Infatti Pelagio dice che con l'aiuto della grazia il bene si compie più facilmente. Con la quale aggiunta, cioè aggiungendo "più facilmente", fa capire che la sua convinzione è questa: anche se manca l'aiuto della grazia, si può, sebbene con più difficoltà, fare il bene per mezzo del libero arbitrio. Ma quale sia la loro dottrina su questo argomento non lo prescriviamo dal fondatore di tale eresia: concediamo che essi sono con il loro libero arbitrio liberi anche dallo stesso Pelagio e attendiamo piuttosto a coteste loro parole poste in questa lettera, alla quale stiamo rispondendo.

Quali meriti precedono la grazia?

8. 18. Questo infatti hanno creduto di doverci contestare: Diciamo che Dio ispira all'uomo svogliato e riluttante il desiderio del bene, non di un bene grande quanto si voglia, ma anche del bene imperfetto. Forse dunque costoro lasciano in tal modo qualche spazio alla grazia almeno in questa misura: reputando che senza di essa l'uomo possa avere il desiderio del bene, ma del bene imperfetto; del bene invece perfetto non è che l'uomo possa avere il desiderio "più facilmente" con la grazia, ma non lo può avere in nessun modo se non per mezzo della grazia. Tuttavia anche così dicono che la grazia di Dio è data secondo i nostri meriti: ciò che in Oriente Pelagio nel processo ecclesiastico condannò per timore d'essere condannato. Se infatti il desiderio del bene comincia da noi senza la grazia di Dio, questo stesso inizio sarà un merito a cui arrivi come per debito l'aiuto della grazia, e così la grazia di Dio non sarà donata gratuitamente, ma sarà data secondo il nostro merito. Ora il Signore per rispondere in anticipo al futuro Pelagio non ha detto: Senza di me potete fare qualcosa con difficoltà, ma ha detto: Senza di me non potete far nulla 36. E per rispondere in anticipo anche a costoro non ha detto nella medesima sentenza evangelica: Senza di me non potete fare perfettamente, ma ha detto semplicemente: Fare. Perché se avesse detto: Fare perfettamente, costoro potrebbero dire che l'aiuto di Dio non è necessario per cominciare il bene, ciò che dipende da noi, ma per fare perfettamente il bene. Ascoltino però anche l'Apostolo. Il Signore infatti quando disse: Senza di me non potete far nulla, con questo unico verbo fare comprese l'inizio e la fine. L'Apostolo poi, come se facesse il commento della sentenza del Signore, ha distinto più esplicitamente l'inizio e la fine dicendo: Colui che ha iniziato in voi quest'opera buona, la porterà a compimento fino al giorno del Cristo Gesù 37. Ma nelle Scritture sante presso il medesimo Apostolo troviamo più di questo di cui stiamo parlando. Stiamo infatti parlando adesso del desiderio del bene. Se vogliono che questo desiderio del bene cominci da noi e il bene sia portato alla perfezione dal Signore, vedano che cosa abbiano da rispondere all'Apostolo quando dice: Non che da noi stessi siamo capaci di pensare qualcosa come proveniente da noi, ma la nostra capacità viene da Dio 38. Dice: Pensare qualcosa, naturalmente di buono. Ora, pensare è meno di desiderare. Pensiamo appunto tutto quello che desideriamo, ma non desideriamo tutto quello che pensiamo: tant'è vero che pensiamo a volte anche quello che non desideriamo. Poiché dunque pensare è meno che desiderare - uno può infatti pensare un bene che non desidera ancora e progredendo può in seguito desiderare un bene a cui prima pensava senza desiderarlo -, in che modo di quello che è meno, ossia di pensare qualcosa di buono, non siamo capaci come se provenisse da noi, ma la nostra capacità viene da Dio, e di quello che è di più, ossia di desiderare qualcosa di buono, siamo capaci senza l'aiuto divino in forza del libero arbitrio? Anche qui infatti l'Apostolo non dice: Non che da noi stessi siamo capaci di pensare qualcosa di perfetto, ma dice: Di pensare qualcosa, il cui contrario è il nulla. E gli corrisponde l'affermazione del Signore: Senza di me non potete far nulla.

Testi scritturistici sui quali i pelagiani poggiano la loro dottrina.

9. 19. Ma evidentemente non intendendo bene ciò che è scritto: All'uomo appartiene preparare il cuore e dal Signore viene la risposta della lingua 39, s'ingannano nello stimare che all'uomo senza la grazia di Dio appartenga preparare il cuore, ossia iniziare il bene. Ben si guardino dall'intendere così i figli della promessa, come se udendo il Signore che dice: Senza di me non potete far nulla, lo possano contraddire replicando: Ecco, senza di te possiamo preparare il nostro cuore; oppure udendo dire dall'apostolo Paolo: Non che da noi stessi siamo capaci di pensare qualcosa come proveniente da noi, ma la nostra capacità viene da Dio 40, possano contraddire anche lui dicendo: Ecco, siamo capaci da noi stessi di preparare il nostro cuore e quindi di pensare qualcosa di buono. Chi può infatti preparare il proprio cuore al bene senza pensare al bene? Non sia mai che intendano così se non i superbi difensori del proprio arbitrio e i disertori della fede cattolica. La ragione appunto per cui sta scritto: All'uomo appartiene preparare il cuore e dal Signore viene la risposta della lingua, è che l'uomo prepara il suo cuore, non tuttavia senza l'aiuto di Dio, il quale tocca così il cuore da indurre l'uomo a preparare il suo cuore. Nella risposta poi della lingua, cioè nel fatto che al cuore preparato risponde la lingua divina, non ha nessun posto l'opera dell'uomo, ma tutto viene dal Signore Dio.

Aiuto divino e opera dell'uomo.

9. 20. Perché, come è stato detto: All'uomo appartiene preparare il cuore e dal Signore viene la risposta della lingua 41, così pure è stato detto: Apri la tua bocca, la voglio riempire 42. Benché infatti non possiamo aprir la bocca se non con l'aiuto di colui senza il quale non possiamo far nulla, tuttavia siamo noi che l'apriamo, con l'aiuto di Dio e con l'attività nostra; è il Signore invece che la riempie senza attività nostra. Che cos'è infatti preparare il cuore e aprir la bocca se non disporre la volontà? E tuttavia nelle stesse Scritture si legge: Dal Signore è preparata la Volontà 43, e: Apri le mie labbra e la mia bocca proclami la tua lode 44. Ecco, Dio ci esorta a preparare la nostra volontà nel testo dove leggiamo: All'uomo appartiene preparare il cuore, e tuttavia è Dio che aiuta a prepararlo perché dal Signore è preparata la volontà. E apri la tua bocca lo dice comandando, ma in tal modo che nessuno la possa aprire se non ce la fa aprire, aiutandoci, Dio stesso al quale diciamo: Apri le mie labbra. Potranno mai taluni di loro vaneggiare tanto da voler distinguere tra la bocca e le labbra per dire con strana stupidità che è l'uomo ad aprire la propria bocca ed è Dio ad aprire le labbra dell'uomo? Comunque Dio impedisce ad essi anche questa assurdità quando al suo servo Mosè dice: Io aprirò la tua bocca e t'insegnerò quello che dovrai dire 45. Nella sentenza dunque dove si legge: Apri la tua bocca, la voglio riempire, sembra quasi che la prima azione spetti all'uomo e la seconda a Dio; nella sentenza invece dove si legge: Io aprirò la tua bocca e t'insegnerò, tutte e due le azioni spettano a Dio. Per quale ragione se non perché nel primo dei due casi Dio coopera con l'uomo che apre la bocca e nell'altro fa tutto da solo?

Il desiderio del bene è carità e la carità viene da Dio.

9. 21. In conclusione, Dio fa nell'uomo molte buone operazioni senza che le faccia l'uomo, ma l'uomo non fa nessuna buona operazione senza che Dio gliela faccia fare. Perciò il desiderio del bene non l'avrebbe l'uomo dal Signore se non fosse un bene, ma se è un bene non viene a noi se non da colui che è sommamente e immutabilmente buono. Cos'è infatti il desiderio del bene se non la carità, di cui l'apostolo Giovanni parla senza ambiguità dicendo: L'amore è da Dio 46? Né è vero che il suo inizio venga da noi e la sua perfezione venga da Dio; ma se l'amore è da Dio, viene a noi tutto intero da Dio. A tal proposito Dio ci guardi dalla pazzia di mettere noi per primi nei suoi doni e lui per secondo, poiché sta scritto: Con la sua misericordia mi previene 47, ed è a lui che si canta con fede e veracità: L'hai prevenuto con la benedizione della tua dolcezza 48. E cosa s'intende più convenientemente dello stesso desiderio del bene di cui stiamo parlando? È proprio allora infatti che comincia il desiderio del bene quando si comincia a gustare la dolcezza del bene. Al contrario quando si fa il bene per timore della pena e non per amore della giustizia, il bene non si fa ancora bene, né si fa nel cuore il bene che si vede fare nell'operazione quando si preferirebbe non farlo, se lo si potesse impunemente. La benedizione della dolcezza è dunque la grazia di Dio, la quale in noi fa sì che gustiamo e desideriamo, ossia amiamo, quanto Dio ci comanda: con la quale dolcezza se Dio non ci previene, l'amore del bene non solo non arriva alla perfezione in noi, ma non incomincia nemmeno da parte nostra. Se infatti non possiamo fare nulla senza di lui, certamente non possiamo né cominciare né fare perfettamente, perché riguardo al cominciare è stato detto: Con la sua misericordia mi previene, e riguardo al fare perfettamente è stato detto: La sua misericordia mi accompagnerà 49.

Vocazione ed elezione dell'uomo da parte di Dio.

10. 22. Che è dunque quello che nel seguito, dove ricordano le proprie convinzioni, dicono di confessare: "Altresì che la grazia di Dio aiuta il buon proposito di ognuno, ma essa tuttavia non infonde la sollecitudine della virtù in chi è riluttante"? Lo dicono appunto come se l'uomo abbia da se stesso, senza l'aiuto di Dio, il proposito buono e la sollecitudine della virtù, e questo merito precedente lo renda degno d'essere aiutato dalla grazia divina susseguente. Reputando infatti che forse l'Apostolo nello scrivere: Sappiamo che tutto concorre al bene di coloro che amano Dio, che sono stati chiamati secondo il proposito 50, volesse intendere il proposito dell'uomo, al quale proposito come a merito buono seguisse la misericordia di Dio che chiama, ignorando che il senso in cui è stato detto: Sono stati chiamati secondo il proposito si deve riferire al proposito di Dio e non al proposito dell'uomo: al disegno con il quale Dio ha scelto prima della creazione del mondo 51 quelli che da sempre ha conosciuti e predestinati ad essere conformi all'immagine del Figlio suo 52. Non tutti i chiamati infatti sono chiamati secondo il proposito, poiché molti sono chiamati, ma pochi eletti 53. Chiamati dunque secondo il proposito sono gli stessi eletti da prima della creazione del mondo. Di questo proposito di Dio è stato detto anche ciò che ho già ricordato sui gemelli Esaù e Giacobbe: Perché rimanesse fermo il proposito divino fondato sull'elezione non in base alle opere, ma alla volontà di colui che chiama, le fu dichiarato: Il maggiore sarà sottomesso al minore 54. Questo proposito di Dio è ricordato pure nel passo dove Paolo scrivendo a Timoteo dice: Soffri anche tu insieme con me per il Vangelo, aiutato dalla forza di Dio. Egli infatti ci ha salvati e ci ha chiamati con una vocazione santa, non già in base alle nostre opere, ma secondo il suo proposito e la sua grazia: grazia che ci è stata data nel Cristo Gesù fino dall'eternità, ma è stata manifestata solo ora con l'apparizione del Salvatore nostro Cristo Gesù 55. Questo è dunque il proposito di Dio, per cui dice: Tutto concorre al bene di coloro che sono stati chiamati secondo il proposito 56. Quanto poi al buon proposito dell'uomo, certamente l'aiuta la grazia susseguente, ma esso non esisterebbe nemmeno senza la grazia precedente. Anche quella che si dice sollecitudine buona dell'uomo, benché sia aiutata dalla grazia dopo che è cominciata, tuttavia non comincia senza la grazia, ma è ispirata da Dio, del quale l'Apostolo dice: Siano pertanto rese grazie a Dio che infonde la medesima sollecitudine per voi nel cuore di Tito 57. Se è Dio a dare a ciascuno la sollecitudine per gli altri, chi altri se non Dio la darà a ciascuno per se stesso?

Comandamenti e grazia.

10. 23. Stando così le cose, non vedo comandato dal Signore nelle Scritture sante a prova del libero arbitrio nulla che non si trovi ad essere o dato dalla sua bontà o chiesto a lui perché mostri l'aiuto della sua grazia. Né l'uomo comincia in nessun modo a mutarsi dal male al bene per mezzo dell'inizio della fede, se questo mutamento non l'opera in lui la misericordia di Dio, non dovuta e gratuita. Sulla quale riportando un tale il suo pensiero dice, come leggiamo nei Salmi: Può Dio aver dimenticato la misericordia, aver chiuso nell'ira il suo cuore? E ho detto: Ora comincio. Questo è il mutamento della destra dell'Altissimo 58. Dopo dunque aver detto: Ora comincio non soggiunge: Questo è il mutamento del mio arbitrio, ma: della destra dell'Altissimo. Si pensi dunque alla grazia di Dio in modo che chi si vanta si vanti nel Signore 59 dall'inizio del suo buon mutamento fino alla fine del suo perfezionamento. Perché come nessuno può fare il bene perfettamente senza il Signore, così nessuno può cominciare a fare il bene senza il Signore. Ma sia qui il termine di questo volume, perché l'attenzione di chi legge si sollevi e si rafforzi per quanto seguirà.

Note:


1 - Cf. 1 Tm 4, 1-4.

2 - Qo 7, 30.

3 - Gv 8, 36.

4 - Mt 12, 33.

5 - 1 Gv 1, 8.

6 - Cf. Rm 4, 4.

7 - Cf. Rm 8, 3.

8 - Fil 3, 15.

9 - Cf. Gv 6, 54.

10 - Cf. 1 Tm 6, 20.

11 - Cf. Col 3, 25.

12 - Rm 9, 15.

13 - Rm 9, 16.

14 - Cf. Rm 11, 6.

15 - Cf. Col 3, 25.

16 - Ef 2, 8-9.

17 - Mt 20, 13-15.

18 - Cf. Rm 8, 28.

19 - Cf. Rm 5, 12.

20 - Rm 9, 18.21.

21 - Cf. Rm 9, 11-12.

22 - Rm 9, 12.

23 - Rm 9, 13.

24 - Rm 9, 18.

25 - Rm 9, 19-21.

26 - Rm 9, 22-23.

27 - 1 Cor 4, 7.

28 - Gn 1, 3-4.

29 - Ef 5, 8.

30 - 1 Cor 1, 31.

31 - Rm 9, 12; cf. Gn 25, 23.

32 - Ml 1, 2-3; Rm 9, 13.

33 - Cf. Rm 9, 11.

34 - Rm 11, 5-6.

35 - Cf. Sap 4, 11.

36 - Gv 15, 5.

37 - Fil 1, 6.

38 - 2 Cor 3, 5.

39 - Prv 16, 1.

40 - 2 Cor 3, 5.

41 - Prv 16, 1.

42 - Sal 80, 11.

43 - Prv 8, 35 (sec. LXX).

44 - Sal 50, 17.

45 - Es 4, 12.

46 - 1 Gv 4, 7.

47 - Sal 58, 11.

48 - Sal 20, 4.

49 - Sal 22, 6.

50 - Rm 8, 28.

51 - Rm 8, 28-29.

52 - Cf. Ef 1, 4.

53 - Cf. Mt 20, 16.

54 - Rm 9, 11-12.

55 - 2 Tm 1, 8-10.

56 - Rm 8, 28.

57 - 2 Cor 8, 16.

58 - Sal 76, 10-11.

59 - 1 Cor 1, 31.


Venite a me

Beata Alexandrina Maria da Costa - Beata Alexandrina Costa

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CAPITOLO I

Ascoltate e vivrete». (Is. 55,3)
Pentitevi dunque e cambiate vita perché siano cancellati i vostri peccati e così possano giungere i tempi della consolazione da parte del Signore».
(At. 3,19-20)

«Che questo grido sia come una campana forzata...»
«convertitevi e credete al Vangelo» (Mc. 1,15)
«Le tenebre di oggi sono le tenebre del peccato.
Il mio grido di oggi è il grido di agonia nel vedere i miei figli fuggirmi.
Piango e grido perchè il peccato ha raggiunto il suo massimo. Le onde nere dei vizi sono salite alla più grande altezza.»

§ 1° - Alexandrina impersona l'ùmanità peccatrice

Mi pareva di sentire il Signore schiacciarmi sotto i suoi santissimi piedi, mentre mi diceva:
«Svégliati!
Ti sei addormentata nel peccato. Rialzati, risuscita! Ascolta la voce che ti chiama:
esci da questo abisso di immondezze, di miserie, di crimini in cui tu stessa ti sei sepolta!»
In altri momenti ancora Alexandrina sente Gesù che la scuote con esortazioni e anche con minacce.
«Disgraziata! Il tuo sonno è mortale: ti sveglieranno gli orrori dell'inferno.
Guai a te, se non ti converti!
Tu non mi temi, non senti i rimorsi perché il peccato ha reso insensibile la tua coscienza.
E' morta: te l'ha uccisa il peccato.
Tenti di persuaderti che non esiste l'eternità, sia beata, sia dannata.
Per la tua vita, ti conviene che non esista l'eternità.
Disgraziata! Bada come vivi! Pagami, dammi i conti!»

Alexandrina accoglie le legnanze di Gesù e fa da sua portavoce

«Figlia mia, chiedi, dì al mio cardinale, al mio caro Cerejeira (carcimale di Lisbona e Patriarca del Portogallo) scelto da me per tanto alto compito, che parli al suo popolo: chieda, chieda ai prelati che facciano altrettanto: si faccia molta orazione, molta penitenza per tanto tempo!
Vi sia grande vigilanza nella Chiesa, vi sia grande vigilanza nella Nazione: Salazar (capo del governo), Salazar, allerta! Vi è veleno da ogni parte.
Vi sia vigilanza nelle Nazioni: da ogni parte tentano di svilupparsi le fiamme (del male)...
E' tanto il veleno che si diffonde!...
Agguati pieni di falsità si tramano.

Io vorrei, figlia mia, che le mie lacrime cadessero sul mondo intero come in un'altra ora sulla città ingrata (Gerusalemme).
Grida, grida e chiedi che gridino in tuo nome
- perchè è in nome di Gesù - che si faccia orazione, molta orazione e continua penitenza.
Che questo grido sia come la campana forzata da mani umane a scampanare senza tregua...»

Gesù insiste contro il peccato della carne.
Singhiozzando continuò:
«Guarda il mio divino Cuore squarciato: è il peccato, è il piacere della carne; è il peccato, è il mondo.

Il mio divin Cuore chiede amore; i crimini del mondo, le iniquità, richiedono, esigono riparazione.
La esigono i peccati di lussuria, le iniquità degli sposi e delle anime pie consacrate a me; la esigono le vanità: a quale scopo tanto sperpero? Questo sperpero grida al Cielo. Ciò che si spreca in vanità estinguerebbe la fame a tutti gli affamati, vestirebbe tutti gli ignudi.
Dillo al mondo, figlia mia! Diffondi le mie lagnanze.
Satana si è incarnato nella vanità, nella lussuria, nella disonestà. Vi è Satana nella donna e nell'uomo di oggi che vivono senza pudore una vita provocante.
Avanti, avanti, o uomini del potere!
La impurità è una finestra aperta che dà entrata a tutti i peccati mortali.
Ah, tanta innocenza perduta, tanta vita rubata al Cielo prima della sua esistenza sulla terra!
Ah, quanta iniquità umana! Io sono ferito persino da un grande numero di anziani, di vecchi. Che orrore, che orrore! Tutto è fango.

La catena più forte e che lega più anime a Satana è la carne, è l'impurità.
Solo la catena del più grande amore e della più grande purezza può spezzarla e strappare le anime dagli artigli di Satana.
Mai l'umanità vide, mai il Cielo contemplò tale incendio di vizi, malvagità e crimini! Mai si peccò così.
Tutta la riparazione è poca.
Non vi sono giusti sulla terra per estinguere tanta iniquità, tanta gravità di crimini.
Questa è una lagnanza piena di amore del mio divin Cuore al tuo.
E' necessario un freno, freno che leghi gli uomini pazzi per il peccato, pazzi per le passioni.
Si pongano freni alle passioni, ai divertimenti, ai balli, ai cinematografi, alle case di peccato!
Sia il freno dell'amore.
Se vi sarà purezza, se vi sarà amore, verrà dal Cielo la compassione.
Se non sarà così, l'umanità sarà salva con dolore, solo con dolore: fuoco e guerra, dolore e sangue.»

«E' prossima l'ora della pace
(diario del 7-4-45).
Se il mondo, e più ancora il Portogallo, sapranno essere grati per la grazia che fu loro data, la pace sarà duratura. Io regnerò tra gli uomini: fra di loro ci sarà sempre la mia pace divina.
Se non mi saranno grati, se non faranno orazione e penitenza, se non si rialzeranno dai loro crimini, presto tutto il mondo sentirà cadergli addosso non il fuoco delle armi ma il fuoco della giustizia divina, non la distruzione fatta dagli uomini, ma la distruzione che proviene dal potere e dalla maestà di Dio.

E' Gesù l'implorante, è Gesù il mendicante.
Chiedo amore per amore. Voglio essere amato perchè il mio Eterno Padre perdoni. Egli è adirato, adirato contro la terra; la sua indignazione è giusta, è santa, è divina...
Da' retta, o mondo crudele!...
O uomini, è il Signore che vi chiama, è il Signore della terra e del Cielo, il Signore che ha creato tutto, il Signore a cui dovete rendere conto di tutta la vostra vita.
Non tardate, non indugiatevi a guardare nulla.
Presto, presto! L'ora è grave. Grida, grida, figlia mia:
batti, sveglia il mondo! Esso è impazzito nei vizi, si è addormentato nel fango melmoso. Grida presto:
sta per essere tardi per la riconciliazione.»

(Gesù è in croce) Ad una pioggia di insulti mormorava:
«Non vi smuove il mio amore e il vedermi inchiodato sulla croce.
Vi smuova almeno il timore dell'inferno, castigo eterno che è preparato per voi.
Attenzione, attenzione, peccatori, attenzione!
Ascoltate la voce del Signore.
Ascoltate, ascoltate ciò che si ode da lontano, ma un lontano che incalza, un lontano che si avvicina, un lontano che è rapido nel venire.
Ascoltate: sono fragori prodotti dalla giustizia del Signore.
Si faccia orazione, si faccia penitenza: vi sia emenda di vita!
E' grande, molto grande, infinitamente grande la misericordia del Signore; è severa,infinitamente severa la sua giustizia.
Egli è misericordia infinita, è severità infinita.
Badate, badate, state attenti: Gesù perdona, il Signore vuole perdonare, il Signore vuole il vostro pentimento.
Gesù verrà a giudicarvi. Allerta, allerta! Il Signore vi avverte: non peccate, non peccate!
E' severa, molto severa la giustizia di Dio.
Io sono triste, molto triste, figlia mia, per il giorno della giustizia di mio Padre: il giorno dell'ira, il giorno dell'ira si avvicina, figlia mia! Guai al mondo, guai al Portogallo, se non saprà trarre profitto dalle grazie di Gesù!
Io sono triste, triste, molto triste, sposa mia. Tanti inviti, tanti avvertimenti! E la povera umanità non dà retta! Sono ore, sono giorni di lacrime, di molte lacrime e non di allegria, di falsa allegria.»

Non può mancare l'intervento di Maria
«Vengo a chiederti, figlia mia, ciò che in mio nome venne a chiedere a Fatima mia Madre benedetta: penitenza, orazione, emenda di vita.
I peccatori corrono verso l'abisso della perdizione eterna.
Conducili tutti a me, per mezzo dell'intervento di mia Madre benedetta...
Và, messaggera di Gesù e di Maria! Quando parlo io, parla Lei con me; quando parla Lei,
parlo io pure: i suoi desidéri sono i miei, i miei sono i suoi.
Chiama il mondo, chiamalo a me: invitalo ad amare il mio divin Cuore e quello di mia Madre benedetta.
Chiedi alle madri che La imitino nella sua missione di educatrice e di' ai giovani e alle giovani che La imitino nella sua modestia, purezza e candore. Consiglia ai padri la fedeltà e l'autorità caritativa di San Giuseppe.
Di' al mondo che non pecchi, che sia puro.»

INVITI ALL’EUCARESTIA

«Vieni a passare un po' della notte sveglia nei miei tabernacoli, nelle mie prigioni. Sono tue e mie.
Ciò che mi portò a queste prigioni fu l'amore; e per tanti... per che cosa?
Non credono alla mia esistenza, non credono che io abito là. Bestemmiano contro di me.
Altri credono, ma non mi amano, non vengono a farmi visita; vivono come se io non fossi là...
Ma là dentro, oh, quale ricchezza! E' la ricchezza del Cielo e della terra.

Chiama a me le anime... Parla della mia Eucaristia: di' che lì sto come Uomo e come Dio. Di' che voglio che mi amino come amo io.
Parla loro dell'amore eucaristico e della necessità di ricevermi.
Parla loro del Rosario, parla loro dell'amore di mia Madre benedetta.
L'Eucaristia e la devozione a mia Madre benedetta: queste devozioni, insieme alle tue sofferenze, sono i gioielli più preziosi per le anime.
Invita le anime ad amare il mio divin Cuore, ad amare l'Eucaristia e ad avvicinarsi ad Essa; ad amare il Cuore di mia Madre benedetta.
Chi farà questo con retta intenzione, con amore puro, non corre il rischio di perdersi:
prometto loro la salvezza.

Voglio essere amato nella Santissiama Eucaristia...
Se sarò amato, il mondo sarà santo e si convertirà molto a me. Infatti, se io sarò veramente amato, non potrò essere offeso. Là è la fonte di tutte le grazie.
Di', figliolina, di' al tuo padre spirituale che non vi sia sosta nel diffondere per il mondo ciò che io ho detto della mia Eucaristia: che non vi è altro rimedio, che è da lì che vengono i puntelli saldi per sostenere la giustizia divina.
Presto, presto! Molte anime si prostrino davanti al tabernacolo! Presto, presto molti cuori consolino e riparino il Signore del tabernacolo!
Figlia mia, mia cara figlia, ah, quanti crimini, quanti sacrilegi commessi nel tabernacolo contro il Signore, contro il Re del tabernacolo!
Vengano anime, molte anime! Gesù le chiede. Vengano a gruppi, per mezzo di Maria, a riparare il Signore del tabernacolo.
Figlia mia, mia sposa cara, vittima prediletta di questo Calvario (nome della frazione dove abita Alexandrina), nessuna prece mi può essere più gradita di quella che viene dalle labbra di mia Madre benedetta.
Vengano anime, vengano anime a Gesù, tramite Maria; vengano a riparare, tramite Maria e a ricevere grazie, tramite Maria!

INTERVENGA IL PAPA!

Per ottenere un maggior ascolto alla sua richiesta, Gesù si rivolge al Papa, sempre tramite Alexandrina sua portavoce.

«Io vorrei prostrarmi davanti ad ogni uomo per chiedergli di non offendermi.
Io vorrei prostrarmi davanti a colui che rappresenta il Padre dell'umanità e che ha su di essa tutto il potere e chiedergli di ordinare che si faccia orazione, penitenza, che si ripari il mio divin Cuore e quello di mia Madre benedetta, affinchè il mondo possa essere salvo.
Chiedi tu, sposa cara, chiedi tu in nome di Gesù.
L'odio, la vendetta, la superbia, l'ambizione perdurano nei cuori degli uomini. Si pensa a nuove lotte e ci si prepara.
Echeggi in tutta l'umanità la voce del suo Pastore, la voce del Santo Padre: che la sua voce si faccia udire da un polo all'altro.
Gesù parlerà attraverso la sue labbra; la luce del divino Spirito Santo lo illuminerà.1
Chi ode il Papa, ode Cristo; chi dà retta al Papa, dà retta a Cristo. Chi dà retta ed ubbidisce, salva la sua anima.
Egli, che è il padre sulla terra, chieda in nome del Padre celeste.
Io voglio una riconciliazione salda e sincera. Voglio un mondo nuovo di purezza e di amore.
Penitenza, al posto dei piaceri. Orazione invece delle vanità e dei passatempi illeciti.
Unione con me, amore puro, amore ardente per il mio divin Cuore.
Che il Papa si appelli ai sacerdoti, soprattutto degli Ordini religiosi, affinchè moltiplichino la purezza, il fervore e l'amore nel santo Sacrificio della Messa.
Quante cose vi sono da correggere e perfezionare!
Le case Religiose, frati, suore, non vivono la vita dei loro fondatori.

1Nel Diario del 20-3-53 si legge: (... che tutta l'umanità dia retta alla voce del Santo Padre, alla voce di colui che sarà innalzato agli onori degli altari, che sarà annoverato nel numereo dei miei santi.» (si tratta di Pio XII)

Che il Papa parli ai vescovi in forma riservata affinchè questi parlino ai loro sacerdoti.
Sono così pochi quelli che sono la luce del mondo e il sale della terra! I sacerdoti secolari che compiono il loro dovere sono come petali che il vento ha trasportato sparpagliandoli uno qui e un altro molto più in là...
La mia Passione e Morte è sempre rinnovata. Come il sangue scorre!
Vigilanza, vigilanza nella Chiesa! Cominci la Chiesa una vita nuova, affinchè vi sia nel mondo una vita nuova.
Chiedo a gran voce vigilanza: da parte del Papa, dei cardinali, dei vescovi...
Io sono ferito e la giustizia di mio Padre vuol punire.
O mondo, cosa ti aspetta, se non vivi un'altra vita!

Se io potessi morire, morirei ad ogni momento per causa dei peccatori. Il mondo, il mondo sfida la giustizia del mio Eterno Padre.
Il mondo, il mondo non conosce il pericolo che lo attende. Esso è come circondato da bombe: quando se ne incendia una, tutte esplodono nello stesso tempo.
Grida ben forte; figlia mia, grida con l'anima e col cuore affinchè il tuo grido arrivi a sua Santità, al caro figlio del mio Cuore, perchè egli si faccia udire da tutta l'umanità.
Si faccia udire con più forza di quella che chiamava all'arca di Noè, con un suono più
squillante della tromba che annuncerà il giudizio finale:
"Andate, figli miei, andate tutti a Gesù! E' Lui che vi chiama, è Lui che vi avverte del rigore della giustizia di suo Padre... Si approssima l'ora del castigo del Signore. Andate a Lui che vi chiama e vi vuole!"
E' la voce di Cristo attraverso il suo rappresentante sulla terra.

Si preghi, si faccia penitenza e riparazione.
Si unisca tutto ai dolori di Maria Santissima, affinchè dalle sue mani sia presentato a suo Figlio e da questi al suo Eterno Padre.

Nell'ultimo Diario, del 2-9-55 (morira il 13-10-55), si legge ancora un appello alla Chiesa.
«Lascia, figlia mia, che Gesù gridi attraverso le tue labbra: o Chiesa, o Chiesa, accogli la voce del Signore!
Vigilanza, vigilanza! O Chiesa, mia diletta Chiesa, vigila, vigila, non dormire, non afflosciarti!
Mai il mondo peccò tanto; mai fu urgente tanta riparazione.»
Per finire questo paragrafo riportiamo il seguente desiderio di Gesù.
«Voglio che il Santo Padre faccia un Atto di riparazione e lo passi ai vescovi e questi ai propri parroci perchè sia letto al 1° di gennaio di ogni anno davanti ai miei tabernacoli; non davanti ad uno solo, ma a tutti quelli del mondo intero, con una fervorosa comunione di fedeli, soprattutto di bambini innocenti per ripararmi delle offese che ricevo durante l'anno per la maledetta impurità:

CAPITOLO II

L'umanità non ascolta

“…invece di voltarmi la faccia mi voltarono le spalle . Questo è il popolo che non ascolta la voce del Signore suo Dio, nè accetta la correzione...” (Ger. 7, 24-28)

“…rattristato per la durezza dei loro cuori…” (Mc 3,5)

«Voglio anime! Le vedo fuggire. Il mio dolore è infinito...»

§ 1°- Aexandrina impersona l'umanità peccatrice

«Vieni al tuo Dio, al tuo Signore che ti ha creata per sé.»
Quale voce tanto triste e piena di tenerezza! Io, come se non lo udissi, lo lasciavo abbandonato e correvo pazzamente verso i piaceri del mondo.
Quale dolore, quale tristezza, quella di Gesù!
«Basta, basta, figlia mia! La tua iniquità è vergognosa, è nauseante.
Dove corri con questa marcia tanto affrettata? Verso l'inferno.
Esso ti aspetta a porte aperte...
Cambia strada! E' questa che percorri nella corsa tempestosa delle passioni che ti conduce là. Férmati, férmati! Non fare più un passo sulla strada della perdizione:
non è questa che ti ho scelta.»
Il Signore non poteva più sopportare la mia indifferenza e la mia durezza.
Egli mi chiamava, ma io fuggivo, non volevo udirlo, non cambiavo vita.
Di più: volevo respingerlo lontano, molto lontano.
«Non sei più mia figlia! Mi hai disprezzato e hai preferito Satana a me: a lui appartieni.
Ti sei venduta per i piaceri e le passioni. Disgraziata vendita, triste preferenza: disgraziato il figlio che vende suo padre per accondiscendere alla carne, ai suoi appetiti!»
Sentivo che mani immonde mi stringevano la gola e il Signore mi diceva:
«Satana è il tuo Signore! Hai espulso me perché ti possedesse lui. Egli vuole installarti corpo e anima nella sua dimora che è l'inferno:
sei degna di esso. Le tue passioni sregolate te lo hanno fatto meritare.
Convértiti! Ascolta la voce del tuo Dio: lasciami di nuovo prendere possesso del tuo cuore affinché tu possa essere degna della mia dimora celeste, affinché io ti possa installare là.»
Io rimasi sempre nella disperazione, ma senza voler udire la voce del Signore.
Egli, molto contristato, singhiozzava amaramente nel mio cuore.
«Vieni, séguimi! La mia via è difficile, ma non vi è altro che ti prenda se non il mio amore e, di tanto in tanto, trovi dolcezza. In quella della perdizione ti prendono la melma, il fango, i tuoi appetiti,
le passioni disordinate: è perché tu ti dànni.
Rialzati, séguimi!»
L'afflizione che io sentivo non era per la paura del Signore che mi sgridava, perché era uno sgridare con dolcezza: sgridava come chi invita.
Mi causava una tremenda afflizione il dolore che il mio Gesù sentiva per la durezza del mio cuore: io non mi muovevo al pentimento; volevo restare nelle tenebre, avvolta nella melma e nel putridume.
«Non vedi che per te diedi tutto il mio sangue e la vita? Fu morte in croce e in mezzo a sofferenze le più atroci... Preferisci un vile piacere, soddisfare le tue passioni, alle tenerezze del tuo Dio che ti ha creata, che ti ama tanto? Preferisci l'inferno o il Cielo?

§ 2° - Gesù rivolge le sue lagnanze ad Aexandrina, come a sua sposa e vittima riparatrice

«Io chiamo le anime.
Mi voltano le spalle, non vogliono udire la mia voce.
Le lascio in balia delle passioni. »
Ma tu implorami tanto, che ancora ne soccorrerai molte.
Vivi nei miei tabernacoli; invocami per i peccatori.
Il mio Cuore sta nei tabernacoli angosciato:
io chiamo i peccatori in tutti i modi: infelici! Sono sordi alla mia voce divina, sono ciechi alla luce del loro Dio.
Io piango perché i peccatori dormono nel peccato e grido notte e giorno: svegliatevi, riaizatevi, uscite da lì!
Ma non mi odono: è sonno mortale. Hanno continuato la loro vita di crimini sull'onda sregolata delle passioni.
Le anime tiepide non si sono infervorate.
Le anime che mi amavano si sono arrestate nel loro amore.
Io sono triste, sono triste, figlia mia: è grande, infinita la mia tristezza, e così il mio dolore.
Ho freddo, sono gelato: è caduto su di me il gelo dei cuori tiepidi; sono cadute su di me le onde delle passioni e dei vizi.
Che rivolta, che rivolta contro il Cielo: l'iniquità contro Dio, i figli contro il Padre!
E' necessario, è urgente porre termine alle tempeste dei vizi.
Povero mondo, povero mondo! Non ascolta la voce del suo Dio, non accoglie la richiesta di Gesù.
Venite a me, amatemi! Non peccate più! Presto, presto! Questo invito è di Gesù, presto, presto...
Ah, per quanti questo invito arriva troppo tardi! Ho chiamato, ho invitato, ho preavvisato in tempo. Quanti e quanti hanno già ricevuto la giustizia di mio Padre! E perché? Perché non hanno prestato attenzione alla voce divina, all'invito del Cielo.
Già cadde la giustizia e più ancora cadrà. Già milioni di peccatori sono stati castigati e altri milioni di peccatori stanno per esserlo.
Io voglio un mondo di grazia, di purezza e di amore. Il mondo non dà retta alle mie richieste.
Voglio anime, voglio anime!
Le vedo fuggire. Il mio dolore è infinito...
Quanto è bello, quanto è bello il Cielo, figlia mia!
Parlane alle anime: di' loro quanto devono soffrire, quanto devono evitare il peccato ed amare il mio divin Cuore per meritarlo. E' bello il Cielo, figlia mia, oh, come è bello!..
Con quale dolore, con quale pena io dico che il Cielo è bello, perché i miei figli, i miei cari figli non vogliono goderlo! La mia tristezza è grande, il mio dolore è infinitamente grande: i miei figli, i miei cari figli non vogliono il Cielo, non vogliono godere di me!
Le passioni, le passioni sregolate li portano al rifiuto di un Cielo bello, di un Cielo trionfante, di una eternità di gaudio.
Parla alle anime, mia colomba bella, istruiscile nelle cose del Signore; metti nei loro cuori l'orrore per il peccato, quanto più ti è possibile. Parla loro, parla loro del mio amore. Di' loro che le voglio per me...

(da un’estasi cantata) «Vieni, figlio mio, prendi la tua croce. Vieni, figlio mio, segui i miei passi. Vieni a chiedere perdono al tuo Gesù, al tuo Gesù, al tuo Gesù!»
«Chiamo, invito, ma il mio invito non è accettato.
Chiamo, voglio perdonare, ma i peccatori, il mondo intero, non accetta il mio perdono!»

Finiamo con 4 frammenti di dialogo tra Gesù ed Alexandrina.
«O figlia mia, se il mondo si affrettasse, se i peccatori si convertissero, se vi fosse un rinnovamento di vita, quante anime riceverebbero il perdono, quanti castighi sarebbero risparmiati a questa povera umanità!
Ma no, non c'è da sperare. Che incendio di vizi, che mare agitatissimo di passioni!
E non odono affatto la voce del loro Dio, non prestano affatto attenzione a Colui che chiama, che chiama ed avverte con amore di padre.»
«O Gesù, continuate ad avvertire sempre! Guardate solo alla vostra misericordia infinita!
Io ho molta pena per Voi; non Vi posso vedere soffrire; ma le anime, le anime, ah, se si perdono eternamente! Le amo tanto perché in loro vedo solo Voi.»

Improvvisamente si illuminò il luogo dove mi trovavo.
Davanti a me apparvero Gesù e la Mamma tenendosi per mano. Staccarono le mani ed entrambi, con gli occhi fissi al Cielo, mi additarono con la mano destra i loro Cuori che avevano visibili al centro del petto - scena che mai più dimenticherò - Tanto il Cuore di Gesù quanto quello della Mamma erano cerchiati di molte spine dalle quali cadevano molte molte gocce di sangue.
La mia ansia di raccogliere nel mio petto tutte quelle gocce di sangue era infinita.
O Gesù, Mamma, non voglio che cada al suolo neppure una di queste gocce di valore infinito!»
Gesù parlò: «Figlia mia, ti abbiamo additato i nostri Cuori sofferenti, così sofferenti per farti comprendere la crudeltà degli uomini, la gravità dei loro crimini.
Fissiamo il Cielo per mostrarti che stiamo anche noi chiedendo all'Eterno Padre l'allontanamento della sua giustizia e ancora una volta la misericordia ed il perdono per l'umanità.» (siamo nell'agosto del 54)

Non può più essere trattenuta la giustizia del Signore. Affréttati, figlia mia, a diffondere il messaggio di afflizione di Gesù.
Che l'umanità si prostri con fervore davanti all'immagine della Regina del Cielo, della Regina del mondo, chiedendole che sia ancora una volta la Regina della pace, la Signora della vittoria.»
«O Gesù, io sono confusa. Farò quello che mi ordinate, ma temo che non mi crederanno.»
«Anche a me molti non hanno creduto e molti mi hanno denigrato, pur sapendomi risuscitato e vittorioso.»

Mi apparve Gesù insieme alla Mamma, in grandezza naturale. I loro vestiti e il manto viola scuro, i loro volti tristissimi e i loro aspetti pure tristissimi mi causarono la più profonda, la più grande agonia...
«Figlia mia, stiamo contemplando il mondo; guardiamo il Portogallo, guardiamo le Nazioni:
che corruzione, che iniquità, che veleno criminoso!
Ho tanto chiesto, ho tanto invitato, attraverso le tue labbra, a venire al mio divin Cuore in una completa emenda di vita! Ho chiesto io, ha chiesto mia Madre benedetta: non siamo stati ascoltati!»
Prostrata davanti a Gesù e alla Mamma, chiesi loro: «Aspettate, Gesù, aspettate, Mamma! Alzate le vostre mani divine verso l'Eterno Padre, sostenete per altro tempo la sua giustizia! Lasciate che il Portogallo, l'umanità facciano penitenza!...
Gesù, Mamma, perdonate, perdonate... Dimenticate le nostre ingratitudini. Perdonate ancora una volta!»
«Chiedi, figlia mia! Chiedi, figlia nostra! Chiedi, chiedi, chiedi!» dicevano Gesù e la Mamma nello stesso tempo, mentre mi accarezzavano.


CAPITOLO III

L'opera delle anime riparatrici

Il castigo che ci dà salvezza si è abbattuto su di lui; per le sue piaghe siamo stati guariti.» (Is; 53,5)
Egli ha dato la vita per noi; anche noi dobbiamo dare la vita per i fratelli.» (1° Gv. 3)

«E' irata la giustizia divina... Le anime pie alzino al Cielo le loro preghiere e invocazioni.»

Per comprendere questo capitolo occorre fare un po di luce sul significato e sul ruolo della sofferenza umana - quando è accolta con accettazione d'amore alla volontà divina - occorre penetrare almeno un po' nel «mistero della croce», iniziatosi con Gesù, Modello di vittima espiatrice. Ne parla Giovanni, per es. nella sua 1° Lettera (versetti qui riportati sotto il titolo di questo capitolo). Notissima è poi la frase di S. Paolo: «Nel mio corpo dà compimento a quella porzione di patimenti che il Cristo mi ha riservato per il bene della Chiesa, che è il suo Corpo mistico.» (Col. 1,24) Nel decorrere dei secoli abbiamo una «inondazione continua» di sofferenze salvifiche... anche descritte e commentate da chi le ha vissute in prima persona con martiri più o meno rivelati. Ricordiamo qui solo quanto disse il nostro pontefice Giovanni Paolo II il 24 maggio 1981, degente all'Ospedale «Gemelli» dopo l'attentato: «La sofferenza accettata in unione con Cristo sofferente ha una sua efficacia impareggiabile per l'attuazione del disegno divino della salvezza... Invito tutti i malati ad unirsi a me nell'offerta a Cristo dei loro patimenti per il bene della Chiesa e dell'umanità...»

§ 1° - Alexandrina vittima riparatrice per ta salvezza

«Ti ho chiesto il tuo corpo per crocifiggerlo e tu hai accettato: me lo hai consegnato... Nota
Era necessario, figlia mia, che vi fosse qualcuno che si lasciasse crocifiggere con questa crocifissione tanto crudele: in questa come in nessun'altra8 dò prova di quanto ho sofferto; tante, tante sofferenze sinora sconosciute! Ho scelto te, sposa amata, perché attraverso te fossero mostrate al mondo.
Guai a lui, se non ti fossi lasciata immolare per lui!
Non ti faccio la richiesta del dolore (di espiazione) solo per udire dalle tue labbra un «sì» pieno di amore e di generosità. Ti chiedo il dolore, dolore, dolore che salva!
Il fuoco delle passioni si è appiccato al mondo: non vi è nessuno che lo spenga; invece di acqua per spegnerlo vi gettano sopra la legna delle iniquità, dei crimini luridi, delle maggiori

Nota: Alexandrina ha rivissuto settimanalmente, nel corpo, nel cuore e nell'anima, la S. Passione dal 1938 sino alla morte (1955).

malvagità per riattizzarlo: le fiamme di fuoco criminoso hanno raggiunto il loro culmine.
La giustizia divina deve cadere su questa terra colpevole. Le tue sofferenze, il tuo amore sono puntelli saldissimi della giustizia di Dio. Offrimi dolore, dolore, dolore doloroso per essere tu ancora una volta il sostegno del mio forte e virtuoso Salazar. Offrimi dolore, offrimi dolore affinché il suo zelo per la tua patria trionfi ancora una volta insieme alla mia Chiesa, di cui egli è stato grande sostegno ed aiuto. Offrimi dolore affinché, per mezzo suo (di Salazar), la Chiesa possa irradiare di più la sua luce, i suoi ragggi luminosi.
Vigilanza, molta vigilanza! Da una parte e dall'altra si tramano lacci mortali... Nota
Lasciati immolare, mia follemente innamorata, mia vittima diletta!»

«Lasciate il peccato, lasciate le vanità, venite al vostro Dio! Vi parla Gesù che è sceso dal Cielo (nell'estasi di Alexandrina), che è sceso per amore, per avvertirvi, per salvarvi.

Nota . Si può intendere dal comunismo e dalla massoneria. Questo Diario è del 21-1-49

Morii sul Calvario, morii per dare la vita, e fu solo per amore.
Venite a questo Calvario (frazione dove abita Alexandrina): immolo la mia vittima, ed è solo per amore... Voglio salvare il mondo, voglio salvare gli uomini, voglio salvare i figli miei.
Si, figlia mia, è grazie a te che io regno nelle anime. Sapessi tu quante trasformazioni, quante conversioni con sincera emenda di vita avvengono presso di te in questa tua cameretta, in questo Calvario dove ti ho collocata, Calvario di dolore e di amore! Quante anime che vi entrarono con Satana in cuore e da qui uscirono portando me, con un dolore profondo e con fermo proposito di emenda! Hanno espulso il demonio e io ho preso il posto nei loro cuori.
Coraggio, mia vittima amata! Il tuo dolore, il tuo martirio non cessano un momento perché neppure per un solo momento le anime cessano di aver bisogno di te.

La tua riparazione, la riparazione che Ci viene fatta (a Gesù e all'Eterno Padre) riesce a far si che le anime non siano condannate eternamente all'inferno, ma non a far si che ai corpi sia risparmiato il tremendo castigo, il grande rigore della giustizia divina.

La terra, la terra colpevole: il cimitero delle anime!
Svegliale, figlia mia, svegliale! Falle risvegliare alla grazia, a Dio, al Cielo.
Il mondo, i peccatori sono sordi. Guariscili con le tue sofferenze, dà loro il balsamo della tua croce.
Povero mondo, senza la vittima piccola ai suoi occhi, ma grande molto grande con tutta la grandezza agli occhi del Cielo!
Chiedi, chiedi, figlia mia! Alza al Cielo le tue mani, fissa in esso i tuoi sguardi: non dubitare della tua preghiera, non dubitare del tuo potere, unita all'Onnipotente. Con Gesù tutto puoi, con Maria tutto puoi.
Io voglio, io voglio, sì, che il grido di invocazione, figlia mia, sia continuo. Abbi coraggio, abbi coraggio!»

Frammenti di dialogo tra Gesù ed Alexandrina
«O mio Gesù, io non so cosa fare: non posso vedervi soffrire, nè lasciare che le anime si perdano; povera me! Non so nulla e sento che non faccio nulla.»
«Offrimi dolore senza un lamento e con gioia, o figlia mia, figlia mia cara; dammi riparazione...
Dona per i peccatori le tue sofferenze; riparami per tanti sacrilegi; riparami per le iniquità del mondo intero.»
«O mio Gesù, io soffro tutto per vostro amore e per riparare per tutti i crimini, eppure Voi siete sempre ferito: i peccatori non cessano di offendervi!»
«O figlia mia, ma le anime si salvano e per salvarne di più io faccio che molte vengano presso di te. Da' loro la mia grazia, infondi loro il mio amore.»

Finiamo questo paragrafo con una visione che Alexandrina ha avuto e in cui sono messi in evidenza tre mezzi di salvezza: l'Eucaristia, il Rosario, l'immolazione di Alexandrina stessa, che attira verso il Cielo innumerevoli anime.
Questo brano introduce al paragrafo successivo in cui si considerano molte anime riparatrici, oltre Alexandrina.
Gesù mi diede nelle mani la croce che pendeva dalla corona del Rosario; questa non rimase intrecciata nelle mani come altre volte, ma distesa ed aperta. Qualcuno dal lato opposto la sosteneva.
Gesù si mise in mezzo alla corona, aprendola sempre di più e disse:
«Tieni salda nelle tue mani la croce, stringila bene al tuo cuore: l'umanità intera sta dentro alla corona del Rosario.
Parla, figlia mia, parla alle anime del Rosario e dell'Eucaristia. Il Rosario, il Rosario! L'Eucaristia, il mio Corpo e il mio Sangue! L'Eucaristia, l'Eucaristia con le mie vittime: ecco la salvezza del mondo. Avessi io molte vittime come quella di questo Calvario, con tutta la generosità, con tutto l'eroismo, in un abbandono totale! Ma non le ho.»
In quel momento, senza sapere come, fui sollevata in alto. La croce che avevo nelle mani rimase dietro di me come se io fossi inchiodata su di essa. Il mio cuore divenne un vaso che custodiva sangue. Dai due lati si innalzarono due scale che andavano a terminare ai due estremi del braccio orizzontale. Quella a destra era la scala del Rosario, quella a sinistra era la scala dell'Eucaristia; quella dell'Eucaristia aveva, più o meno a metà, un mazzo di spighe bionde e due grappoli di sola uva.
Le anime salivano, salivano in fretta, riempiendo tutta la larghezza delle scale; passavano dalle estremità del braccio orizzontale della croce dentro al vaso che conteneva il sangue: lì si bagnavano, volavano più in alto ed entravano in Cielo.
Oh, come mi piacerebbe che tutti vedessero questo!
Gesù disse: «Figlia mia, la tua vita è una predica continua: quando parli, quando sorridi, quando piangi e gemi di più, sovraccarica del peso della croce. E' un vero esempio per i grandi, per gli umili, per i saggi e per i dottori della Chiesa.
Il tuo dolore porta le anime al Rosario e all'Eucaristia. Con il tuo dolore esse salgono quelle due scale di salvezza: dolore e sangue, dolore e croce, croce di salvezza. Esse, già in alto, passano poi ancora attraverso il crogiuolo del tuo martirio; dopo di essersi purificate, dal braccio della croce volano in Paradiso»...
Venne di nuovo Gesù: «Io sono con te e con te si trova mia Madre benedetta. Era lei dalla parte opposta a sostenere la corona del Rosario.
Andiamo dunque a soccorrere il mondo, a salvare i peccatori!

§ 2° - Altre anime giuste, ferventi d'amore e generose, cooperano alla redenzione che continua nei secoli

Alexandrina sente dire dalla Madonna:
«Figlia mia, chiedi a coloro che ami, che ci amino (Gesù e Maria), che soffrano per noi dicendo e ripetendo sempre: "voglio che il mio amore e la mia sofferenza tolgano dai Cuori di Gesù e di Maria tutte le ferite che hanno e che lo stesso amore e la stessa sofferenza siano da Gesù accettate per mezzo di Maria per la salvezza delle anime, per la conversione dei peccatori."
Dillo, figlia mia: voglio che il mio desiderio sia divulgato.»
Venne la Mamma Addolorata, tutta in pianto...
«Offrimi in questo mese (novembre) le tue sofferenze, le orazioni e i sacrifici, tutto quanto potrai, per portare sollievo alle anime che soffrono nel Purgatorio. Chiedi la stessa cosa in nome mio a coloro che ami e che ti stanno attorno perché facciano salire al Cielo un grande numero di anime che loderanno me e Gesù.
Questa lode sarà per i nostri Cuori tanta gioia che ci fa dimenticare le offese contro di noi.»
(Riprende Gesù)
«Vorrei anime che, a tua somiglianza, continuamente si lasciassero immolare con uguale generosità ed amore... Si riuniscano le anime pie in orazione;1 si accostino ai tabernacoli le anime che mi amano: voglio l'amore dei loro cuori, le preghiere fervorose e ardenti e continua riparazione. Formate nuovi cenacoli:
insegnate, conquistate, predicate la vita di Cristo.
Io sono il Signore, il Signore Gesù, venuto sulla terra per compiere la volontà del Padre mio: è in suo nome che io chiedo riparazione, riparazione ed amore.
Si uniscano i sacerdoti santi, si uniscano tutte le anime a me consacrate, si uniscano le anime veramente pie, alzino al Cielo le loro preghiere e invocazioni.
Si faccia una seminagione di amore puro, di purezza e di riforma di costumi: si faccia una seminagione di grano biondo, di grano dorato.

1Siamo nel luglio del 1950. Da allora molti gruppi di preghiera sono sorti, che costituiscono come una linfa vitale nel tessuto in gran parte inaridito, fossilizzato. Così è stato assecondato questo desiderio di Gesù.

In questo gruppo di anime regna l'amore di Gesù.
O anime amanti del mio divin Cuore, fate tutto per me! Fate che molte anime mi amino ed evitino i loro crimini.
Non fermatevi!
Seminate la semente che vi è stata data attraverso questa vittima (Alexandrina). Andate alla conquista, andate alla conquista, andate alla conquista! Portate anime a migliaia, a milioni al mio divin Cuore che è aperto per riceverle.
Gesù trova gaudio e gioia nelle anime vittime. Gesù trova gaudio e consolazione nelle anime che Lo amano. Presto, presto, venite a Gesù: è Lui che vi chiama.
Gesù vorrebbe infondersi nelle anime e nei cuori, essere in esse fuoco, fuoco, solo amore. Gesù vuole oggi più che mai darsi a conoscere a tutti i suoi figli.

Figlia mia, le anime amiche del Signore non possono dormire nè riposare.
Il mondo, il mondo sta sulla bocca dell'abisso, per non dire sulla bocca dell'inferno.
Allerta, allerta! Le anime amiche di Gesù sorgano, si sveglino!

Bussate, tornate a bussare, martellate e di nuovo martellate, amici miei, amici della mia Causa! Io sono contento (di voi) ma non basta:
non perdete tempo, traete profitto del tempo! Bussate, bussate, martellate, martellate di nuovo!
Che onda, che onda, che mare senza fine di vizi, di iniquità!
Il mondo dorme, il mondo dorme: bussate, bussate, martellate, martellate ancora! Non permettete che il mare dei vizi dia la morte eterna alle anime.
Udite, anime vittime, udite, anime amanti del Signore! Venite presto, venite con urgenza prima che echeggi il tuono della distruzione! Salvate le anime, salvate le anime, ascoltate Gesù, placate la giustizia del Signore!
Povero mondo, senza l'Eucaristia! Povero mondo, senza le mie vittime, senza ostie immolate con me continuamente!

Occhi fissi al Cielo, cuore umile, cuore rassegnato alla volontà santissima di Dio.
Ho sete, chi potrà estinguermela? Ho fame, chi potrà saziarmi?
I cuori puri, i cuori assetati di me, i cuori e le anime riparatrici. Ho sete di amore, ho fame di anime...
Io voglio ricevere e voglio dare, voglio darmi. Voglio dare, dare molto, dare sempre alle anime riparatrici; voglio darmi, darmi interamente alle anime che vogliono possedermi...
Voglio anime immolate giorno e notte, anime eroiche che provino col loro eroismo di voler bene a Gesù, di amarlo e di voler dargli anime.
Grande sapienza, la maggior sapienza ha quell'anima che sa soffrire per Gesù; grande sapienza, la maggior sapienza è amare molto e molto soffrire.
E' la sapienza che io ricerco, è la sapienza che desidero ardentemente. E' rara, tanto rara:
non la trovo quasi mai.
Sono così poche le anime che accettano la sofferenza! Sono così poche quelle che mi amano con amore puro e degno di me!
Se la mia vita nelle anime non portasse loro spine e desse loro solo consolazioni, io sarei amato da un maggior numero.
Quale dolore per il mio Cuore: chiedere amore e non riceverlo, chiedere dolore (di riparazione) e non essere ascoltato in questo appello!
Voglio presentare al mio Eterno Padre corpi e anime riparatrici, cuori trasformati in tabernacoli vivi, con ostie immolate ardenti d'amore.
Voglio amore da presentare all'Eterno Padre dicendogli: "Padre, se molti peccatori mi offendono tanto gravemente, molti cuori mi amano con amore generoso, puro, forte, ardente."
Io voglio dolore da offrire al Padre dicendogli: "Padre mio, ho qui la riparazione di molte anime vittime per riparare per tutti i crimini commessi contro la tua Maestà, per placare così la tua giustizia.
Accetta, o Padre, e dà ai figli del mio sangue la tua misericordia, il tuo perdono!"»


CAPITOLO IV

L'amore di Gesù

«il Signore è buono e grande nell'amore.» (salmo 99)
«Io, quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me.» (Gv. 12,32)

«Venite a me voi tutti...»

«Il mondo, il mondo, le anime, le anime sono tanto lontane dal conoscere e dall'amare Gesù!
Il mio dolore è infinito, come infinito è il mio divino amore.
Amai, amai, amai tanto sino a dare il sangue e la vita. E non sono corrisposto!
Sono così poche le anime che soffrono di buona volontà, che si abbracciano alla croce; sono così poche le anime che battono i cammini pietrosi e calcano le mie spine!
Ascoltate, ascoltate! Udite la voce afflitta di Gesù!
Cercate Gesù, le sue cose, la sua legge; lasciate il peccato, lasciate il mondo, lasciate Satana.

Andate incontro a Gesù, perché Egli va alla vostra ricerca, andate incontro a Gesù: Egli va, corre sempre sempre alla vostra ricerca.
Gesù avverte, Gesù parla nel cuore e sulle labbra della sua vittima
(Alexandrina che in estasi riceve le comunicazioni di Gesù).
Gesù è tra voi come in un'altra ora era tra gli apostoli: riempitevi delle sue grazie, dei suoi tesori, del suo amore.
Io sono triste, triste, piango di dolore, sono ferito dai peccati del mondo.
Si parla tanto dell'amore di Gesù, della sua dottrina, di tutta la sua opera; ma amarlo, obbedirgli, compiere fedelamente i precetti del Signore, non è cosa tanto frequente, non è cosa che avviene spesso come parrebbe: vi è pietà inquinata, vi è amore nauseante...
Il Cuore divino di Gesù trabocca d'amore, lancia come faville su tutta la terra:
su tutti i cuori e tutte le anime le stesse fiamme, lo stesso incendio d'amore.

E' padre, è padre buono: vuole darsi, darsi e fare che tutti i figli suoi ardano nelle stesse fiamme, nello stesso incendio d'amore...
Voglio amore da tutti i cuori; tutti i cuori siano miei; voglio possedere tutti i cuori.
Lavorate, lavorate! Gesù lo vuole. Lavorate, lavorate perché vi sia una riforma completa, una vita nuova, una vita totalmente di Cristo.

Udite, figli miei, udite il grido del Cuore divino che vi ama!
Sono assetato di amore e non posso essere amato, essendo offeso come sono.
Il mio divin Cuore è fuoco che brucia, fuoco che consuma; il mio divin Cuore è amore: ama e non è amato, ama e chiede amore, ama ed è mendico d'amore...
Gesù va come uccellino che non può posarsi, che non può riposare. Gesù va folle d'amore a chiedere amore a tutti i cuori.
Sono tanto dolci e nello stesso tempo estremamente dolorosi gli inviti di Gesù; ascoltatelo!
E' Lui con tutto il suo amore, con tutta la tenerezza del suo divin Cuore.

Io sono amore che consuma e con la stessa intensità voglio essere consumato.
Come la farfalla impazzita gira attorno alla fiamma, così il mio Cuore va attorno ai cuori a bussare alla loro porta. La farfalla ama tanto tanto sino a consumarsi, a dare la vita.
Io amo di più, molto di più, infinitamente di più. E soffro, soffro tanto perché non mi vengono aperte le porte dei cuori, perché non mi dànno posto nelle loro dimore.
Se non fossi Dio, morirei di dolore.
Alcuni mi rigettano perché sono pervertiti: le loro coscienze incallite mi rifiutano completamente; altri non mi dànno ancora retta perché vogliono continuare nelle loro passioni disordinate: l'inferno, l'inferno è aperto per loro; altri mi rifiutano perché non mi conoscono; altri, di più ancora, non mi lasciano entrare perché non vogliono soffrire: vogliono fiori ma senza spine, vogliono gioie senza che siano intercalate da tristezze.
Io sono Gesù e, in quanto Gesù, vengo a chiedere, vengo a mendicare. Ascoltate, accogliete questo Mendicante divino! Vengo tremante di freddo: voglio riscaldarmi nei vostri cuori:
datemi amore, fate che io sia amato.

Gesù scende dal Cielo in terra (nell'estasi di Alexandrina): scende per amore, con tutta la follia d'amore per voi.
Sono pochi, molto pochi coloro che traggono profitto dalle mie grazie. Io sono sceso per amore e tutto faccio per amore alle vostre anime.
Guai a chi non trae profitto dalle mie grazie! Guai a coloro che lasciano passare la mia divina voce come soffio d'aria che sparisce!
Accogliete la richiesta di Gesù: non peccate più!
Evitate più che potete attorno a voi tutto quanto è offesa fatta a Gesù e a sua Madre benedetta.
Ascoltate, non peccate più! Amate questo Cuore divino cerchiato di spine, trafitto da tanti pugnali!
Gesù è tutto dolcezza, tutto amore, tutto carità; Gesù usa misericordia verso tutti coloro che lo offendono. Io sono bontà, sono misericordia, sono perdono.

Ascoltate: sono perdono e sono giustizia.
Venite a me tutti, venite al mio Cuore divino. Non peccate per non essere condannati eternamente...
Venite, o peccatori, venite a riposarvi nell'oceano immenso del mio Cuore, venite a guarire le piaghe fatte con l'alimento di erbe guaste!

Sapeste quanto vi amo! E sapeste la gloria che ho preparata per voi in Cielo!
Venite al mio divin Cuore a prendere balsamo per le vostre ferite. Io voglio guarirvi e dimenticarmi del molto che mi avete offeso.
Voglio guarirvi, sanare le vostre anime.
Venite a me voi tutti che avete errato: voglio perdonarvi. Venite a me, cuori impietriti, venite a riscaldarvi, ad incendiarvi nella fornace ardente del mio divin Cuore; venite ad arroventarvi, a modellarvi sul Modello divino: su Gesù!

Il Cuore divino e poi aperto più che mai verso le anime che soffrono e Lo amano: seguono qui accenni al meraviglioso scambio d'amore tra Gesù e l'anima, tra il Creatore e la creatura.
«Venite a me voi tutti che soffrite ed entrate nel mio divin Cuore.
Venite a me voi tutti che desiderate ardentemente amarmi e bevete a questa fonte che non si esaurisce!
Io sono amore, amore, infinitamente amore, eternamente amore.
Venite a me voi tutti e anche consolate il mio divin Cuore: ditemi continuamente che mi amate e chiedetemi continuamente il mio amore.
Ho tanta fame, tanta fame e sete delle anime: saziatemi, saziatemi, riempite il mio divin Cuore con il vostro amore, così come io con il mio amore riempio il vostro cuore.
Mi dò, mi dò tutto alle anime. Incendio nelle mie fiamme i cuori assetati del mio amore.»

«Ascoltate, state attenti: è Gesù che parla (durante l'estasi pubblica di Alexandrina), è Gesù che chiede, è Gesù che piange.
Parla per essere ascoltato; chiede per essere esaudito; piange perché le sue lacrime vi commuovano.
Ascoltate, state attenti: preparatevi alla battaglia! Armatevi con la grazia, la preghiera, la penitenza.
L'umanità, la povera umanità! I peccatori, i poveri peccatori!
Desiderereste non avere occhi per non vedere, orecchi per non udire, cuore per non sentire, nè ragione per non comprendere.
Preparatevi, preparatevi, se volete essere salvi!
o figlia mia, figlia mia, ah, quanto doloroso è questo sfogo!
Ascoltate! Ho creato il Cielo per vostro gaudio, l'inferno per punizione. Venite a me, non peccate più! Non lasciate perdere una sola goccia del mio divin sangue.
Ascoltate: preparatevi alla battaglia! Riempitevi di Gesù per essere forti...

«Quante anime fuorviate, quanti scandali, quanta fede perduta!
Come sono triste! Più triste di quando camminavo verso la morte.
Quando salivo al Calvario camminavo triste come uomo, ma la mia anima andava gioiosa perché andava a salvare i miei figli.
Ora vedo la maggior parte di loro morti per il peccato, in grave pericolo di perdersi eternamente...
Il mio divin Cuore non ha ora, come sul Calvario, un solo soldato che lo apra, che gli configga la lancia: ora sono milioni e milioni di peccatori che lo feriscono cosi...
Non vi è dolore pari al mio dolore; non vi è dolore pari a quello di mia Madre benedetta: il suo immacolato Cuore soffre nel vedere soffrire il mio Cuore. Non vi è dolore, non vi è dolore pari al mio dolore.
Soffro per i luridi crimini del mondo; soffro perché non sono amato, non sono amato. Sono sempre offeso, sempre offeso.
Quale cecità quella dell'umanità, quella della povera umanità! Basta, basta coi crimini, basta, basta con tanto peccare!
Férmati, férmati, cieco immondo! Non vedi che schiacci il mio Cuore?
Férmati, non vedi che lo ferisci e lo fai sprizzare sangue con tutta l'abbondanza?
Férmati, non sputare più sul mio divino Volto; non vedi che sono tuo padre?»

Alexandrina ha la visione dei Cuori di Gesù e di Maria, mentre sente Gesù dirle:
«Ecco qui i Cuori del tuo Gesù e della tua cara Mamma. Vedi come il mondo è ingrato e crudele, vedi quanto sono feriti! Entrambi hanno la croce:
le medesime spine, le medesime spade li feriscono, il medesimo amore li avvince, i medesimi vincoli li legano.»
Gesù mi presentò davanti i due Cuori molto uniti. La croce del suo Cuore raggiungeva entrambi i Cuori, trafitti da una parte all'altra da acutissime spine e spade, allacciati con lacci dorati; erano tanto feriti!
Quale pena veder soffrire così Gesù e la Mamma!

Abbiamo visto che sovente anche Gesù, non solo l'Eterno Padre, chiama «figli miei» gli uomini, considerandoli «redenti», quindi «rinati» mediante la sua Croce, ossia «figli del suo Sangue».
I brani che seguono mettono in particolare risalto l'atteggiamento di Gesù con amore di padre.

«Con quale dolore, figlia mia, io e mia Madre benedetta contempliamo dal Cielo la terra! Che iniquità, che corruzione! Non sono io che abbandona i peccatori: sono essi che mi scacciano.
Io non bado al fatto di vederli macchiati, nè al fatto che mi offendono molto: li chiamo con la mia tenerezza, dolcezza e bontà di padre.
Non mi ascoltano!
Fa' che essi mi prestino attenzione, fa' che mi amino.
Il mondo continua ad offendermi.
Io mi comporto con lui come un padre che dapprima invita suo figlio con tenerezza, con dolcezza ed amore ad emendarsi e, non ottenendo nulla, è costretto a castigarlo.
O mondo, povero mondo, se non ascolti la mia chiamata!

Alexandrina ha avuto una visione di distruzioni.
«La distruzione che hai vista è un nulla rispetto a quella che vi sarà (siamo nel marzo 1948).
Si pecca come mai si peccò: il castigo sarà come mai fu.
Soccorri, figlia mia, soccorri le anime!
Io sono padre e castigo per richiamare e per non punire ed uccidere eternamente..
Figlia mia, sarà così e tra pochissimo: il Cielo distruggerà la terra;
sarà così e tra pochissimo, se i peccatori non si riconcilieranno con me;
sarà così e tra pochissimo, se il mio divino amore non distruggerà il vizio, l'iniquità, il crimine.
Io sono padre che ama e vuole essere amato; sono padre che ama, avverte e vuole perdonare.
Io sono tutta tenerezza, io sono tutto amore, sono tutto amore; ma non posso lasciare ignorare che sono giustizia, sono giustizia. Sono padre che ama e castigo sempre perché i miei figli sempre mi fuggono.

Attenzione! Non rilassatevi, figli miei! Non avete tempo per guardare indietro.
Il Padre che avverte vi ama più di tutti i padri della terra. Il Signore che vi chiama vuoi darvi il suo Regno.
Neppure l'amore di tutti i padri della terra messi insieme può uguagliare il suo.
Dove si potrà trovare nel mondo un padre tanto tenero, tanto pieno di compassione, tanto amante, misericordioso e pieno di amore come me?
E dove si potranno trovare figli tanto ingrati, tanto crudeli e criminali come i miei?
Sono tanto ferito! Il mio divin Cuore sanguina: scorre a fiotti il sangue da tanto grandi ferite.
Ma anche così, procuro tutti i mezzi di salvezza, faccio di tutto per condurli a me e dar loro entrata in questo Cuore divino, che tanto li ama.
Ho percorso il mondo, ho bussato a tutti i cuori affinché ricevessero le mie grazie e accettassero la mia croce per salvare con essa tanto grande numero di anime traviate, prigionire di Satana...
Dove c'è un padre che ama come Gesù? Quale padre potete mostrare, che perdoni come Gesù?
Siccome io non posso essere uguagliato da nessun altro padre, soffro come nessun padre della terra soffre. Soffro, soffro e il mio divin Cuore sanguina.

Venite a me, figli miei, venite a me, figliolini del mio sangue divino!
Figliolini, figliolini: parola tenera! Figliolini, figliolini: parola amorosa uscita dal Cuore di Dio attraverso le labbra della grande vittima di questo Calvario (Alexandrina che si consuma nella frazione detta Calvario).
Gesù vive e non morrà mai.
Gesù vive e dà la sua vita:
Gesù vuole che le anime vivano con Lui eternamente...
Venite a me, venite a me, figli miei! Venite a me che solo per amore vi ho creati, solo per amore vi ho dato il Cielo!
Nel momento in cui busso al cuore del figlio che ha ferito il mio Cuore:
(estasi cantata)
«Vieni a me, figlio mio...
Vieni al Cuore, vieni al Cuore del Signore!
Del Signore che è tuo, che è tuo!...»

Nel seguente brano sono indicati i requisiti per essere degni figli di Dio.
«Udite, figli miei. Sarete miei figli, se mi amerete e seguirete la mia legge. Sarete benedetti da mio Padre. Ardete nel mio amore! Vi darò tutte le grazie.
Sarete miei figli, se professerete la mia legge.
Sarete miei figli, se per amore porterete la vostra croce. Sarete miei figli, se per amore a me sarete apostoli del bene.»

E per finire il seguente brano di un'estasi pubblica.
«Gesù ha aperto i suoi cammini con tutto lo splendore; come il sole con tutti i suoi raggi, rivela la luce divina.

Vedete, ascoltate la voce di Gesù! Vedete il suo amore, ascoltate la sua chiamata! Miracolo, miracolo!
Gesù regna, Gesù trionfa. Quale dolcezza ha il Cuore tenerissimo di Gesù! quale follia quella del suo amore!

Si dannano solo quelli che non vogliono salvarsi.

Ecco la chiamata di Gesù; e, per molti, l'ultima...


San Marino - Esercizi Spirituali - 5 luglio 1985. Primo venerdì del mese. Al termine della processione serale, messaggio dato a voce. Strumenti della mia pace.

Don Stefano Gobbi

«Miei figli prediletti, questa sera quanto ho gradito l'omaggio che voi mi avete fatto, a conclusione di una settimana in cui siete stati tutti raccolti qui nel rifugio prezioso del mio Cuore Immacolato. Mai, come in questi tempi, il mio Cuore Immacolato è per ciascuno di voi il rifugio e la strada sicura che vi porta a Dio. Quanto ho predetto a Fatima alla mia figlia Suor Lucia oggi diventa una realtà.

Per l'umanità e per la Chiesa c'è tanto bisogno del mio materno ed immacolato rifugio, perché voi tutti siete dentro i miei tempi. Questi sono i tempi dolorosi da Me predetti, in cui ogni cosa va verso il suo più doloroso e sanguinoso compimento. Per questo vi ho ancora voluti qui, su questo monte, in una settimana di Esercizi spirituali così straordinari di grazie. Questi Esercizi hanno una particolare e grande importanza, che solo più avanti voi capirete. In questi giorni Io vi ho formato alla preghiera. Vi ho insegnato a pregare, a pregare bene, con Me, attraverso la preghiera che viene dal cuore, la vostra preghiera del cuore, in cui con la mente, con la volontà, col cuore, con l'anima, dovete sentire e vedere la realtà che voi invocate con la preghiera.

La vostra Mamma Celeste vuole formarvi sempre più alla preghiera del cuore, perché questa preghiera sia la strada che vi porti alla pace del cuore. Io voglio ottenere a ciascuno di voi il dono della pace del cuore. Voi siete venuti con i vostri cuori carichi di difficoltà, di dolori, di speranze, di preoccupazioni e di attese: Io tutto ho preso nel mio Cuore Immacolato e vi dono la pace del cuore. Partite nella pace dei vostri cuori ed, attorno a voi, diventate strumenti della mia Pace. Per questo, raccogliete sempre più le anime in Cenacoli di preghiera intensa, profonda, affinché Io possa donare loro la pace del cuore. Nel momento in cui la pace sempre più si allontana dagli uomini, dalle famiglie, dalle nazioni e dall'umanità, segno del mio materno trionfo è la pace, che già da ora Io voglio portare nel cuore di tutti i miei figli: di quelli che mi ascoltano, mi seguono, si consacrano al mio Cuore Immacolato. Per questo vi domando ancora di continuare nei vostri Cenacoli di preghiera, perché, con la grazia che sgorga dal mio Cuore e che vi porta a una pienezza d'amore verso mio figlio Gesù, Io voglio donare ai miei figli, oggi, il dono prezioso della pace dei cuori.

Qui anche vi ho insegnato ad amarvi. Come è contenta la Mamma quando vi vede come tanti piccoli fratelli che si amano, che vogliono crescere nell'amore, nonostante le difficoltà che dipendono dai vostri limiti, dai vostri numerosi difetti e dalle subdole insidie che vi tende il mio Avversario, il quale cerca soltanto di rubare dal vostro cuore la pace e di disseminare discordie, incomprensione e divisione fra voi! Come con la preghiera Io vi porto alla pace, così con la mia presenza materna Io vi porto alla fraternità. Dovete crescere di più nel vostro amore scambievole, dovete sapervi amare di più. La Mamma gode quando vi volete bene, quando, dopo ogni minima frattura di questo amore, sapete riconciliarvi, darvi la mano, camminare insieme, perché Io vi amo ad uno ad uno e anche insieme.

Non potete venire da Me soli. Se voi venite soli, Io vi domando: "E i vostri fratelli dove sono?". Voi dovete venire al mio Cuore tutti insieme, legati dal vincolo divino di una vostra sempre più perfetta e reciproca carità. Poiché molte insidie il mio Avversario vi tende su questo cammino, Io voglio che, prima di scendere da questo monte, mi facciate una promessa: quella di volervi sempre più bene, quella di camminare tutti insieme, tenendovi per mano, perché, in un mondo dove il mio Avversario riesce a dominare con l'egoismo, l'odio e la divisione, segno del mio trionfo è questo amore fra voi. Io voglio che diventi ancora più grande, come anticipo del mondo nuovo che voi state preparando e vi attende e che sarà un mondo spalancato solo sulla perfetta, immensa, vera capacità di amarvi fra voi. Ma, prima di scendere da questo monte, Io accolgo anche il dono della vostra personale sofferenza.

Come vi ho predetto nel Paese dove ancora appaio, quasi anticipazione e preparazione materna a ciò che vi avrebbe atteso, Io, in questo anno, ho purificato profondamente il mio Movimento: l'ho caricato di una croce, di cui voi ancora sentite il peso, profonda, certo, molto profonda, perché questa mia Opera sia purificata e possa sempre più rispondere al mio disegno. Non scoraggiatevi. Abbiate forte fiducia in Me. Qualcosa di grande e di nuovo sta per aprirsi anche per la mia Opera, perché siete entrati nella fase piena della sua attuazione. Quanto dolore troverete sulle strade del mondo! Scendendo da questo Cenacolo, dove Io vi ho raccolto, portate ovunque il materno riflesso della mia misericordiosa assistenza: versate balsamo su tante ferite aperte e sanguinanti, dite la mia parola soave a quanti camminano nell'aridità, nel buio, nello sconforto e nella disperazione.

Voi siete il segno della mia presenza materna, i raggi di luce che partono dal mio Cuore Immacolato per scendere su un'umanità devastata e su una Chiesa oscurata e divisa. Presto questa divisione si farà aperta, forte, estesa, ed allora voi dovrete essere i legami che uniscono coloro che vogliono restare nell'unità della fede, nell'ubbidienza della Gerarchia, e, attraverso innumerevoli prove, vogliono preparare i tempi nuovi che vi attendono. Non vi ho lasciati partire senza dirvi la mia materna parola e senza darvi il conforto che scende dal mio Cuore Immacolato. Io sono sempre con voi. Voi mi sentirete sempre vicina. Io sono la vostra tenera Mamma che vi conduce a Gesù e vi porta alla pace. Con gioia e gratitudine per quanto di bene avete fatto e di conforto avete dato al profondo dolore del mio Cuore Immacolato, questa sera, da Mamma, tutti vi ringrazio e benedico nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo».