Liturgia delle Ore - Letture
Venerdi della 5° settimana del tempo ordinario (Santi Cirillo e Metodio)
Vangelo secondo Giovanni 11
1Era allora malato un certo Lazzaro di Betània, il villaggio di Maria e di Marta sua sorella.2Maria era quella che aveva cosparso di olio profumato il Signore e gli aveva asciugato i piedi con i suoi capelli; suo fratello Lazzaro era malato.3Le sorelle mandarono dunque a dirgli: "Signore, ecco, il tuo amico è malato".
4All'udire questo, Gesù disse: "Questa malattia non è per la morte, ma per la gloria di Dio, perché per essa il Figlio di Dio venga glorificato".5Gesù voleva molto bene a Marta, a sua sorella e a Lazzaro.6Quand'ebbe dunque sentito che era malato, si trattenne due giorni nel luogo dove si trovava.7Poi, disse ai discepoli: "Andiamo di nuovo in Giudea!".8I discepoli gli dissero: "Rabbì, poco fa i Giudei cercavano di lapidarti e tu ci vai di nuovo?".9Gesù rispose: "Non sono forse dodici le ore del giorno? Se uno cammina di giorno, non inciampa, perché vede la luce di questo mondo;10ma se invece uno cammina di notte, inciampa, perché gli manca la luce".11Così parlò e poi soggiunse loro: "Il nostro amico Lazzaro s'è addormentato; ma io vado a svegliarlo".12Gli dissero allora i discepoli: "Signore, se s'è addormentato, guarirà".13Gesù parlava della morte di lui, essi invece pensarono che si riferisse al riposo del sonno.14Allora Gesù disse loro apertamente: "Lazzaro è morto15e io sono contento per voi di non essere stato là, perché voi crediate. Orsù, andiamo da lui!".16Allora Tommaso, chiamato Dìdimo, disse ai condiscepoli: "Andiamo anche noi a morire con lui!".
17Venne dunque Gesù e trovò Lazzaro che era già da quattro giorni nel sepolcro.18Betània distava da Gerusalemme meno di due miglia19e molti Giudei erano venuti da Marta e Maria per consolarle per il loro fratello.20Marta dunque, come seppe che veniva Gesù, gli andò incontro; Maria invece stava seduta in casa.21Marta disse a Gesù: "Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!22Ma anche ora so che qualunque cosa chiederai a Dio, egli te la concederà".23Gesù le disse: "Tuo fratello risusciterà".24Gli rispose Marta: "So che risusciterà nell'ultimo giorno".25Gesù le disse: "Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà;26chiunque vive e crede in me, non morrà in eterno. Credi tu questo?".27Gli rispose: "Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio che deve venire nel mondo".
28Dopo queste parole se ne andò a chiamare di nascosto Maria, sua sorella, dicendo: "Il Maestro è qui e ti chiama".29Quella, udito ciò, si alzò in fretta e andò da lui.30Gesù non era entrato nel villaggio, ma si trovava ancora là dove Marta gli era andata incontro.31Allora i Giudei che erano in casa con lei a consolarla, quando videro Maria alzarsi in fretta e uscire, la seguirono pensando: "Va al sepolcro per piangere là".32Maria, dunque, quando giunse dov'era Gesù, vistolo si gettò ai suoi piedi dicendo: "Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!".33Gesù allora quando la vide piangere e piangere anche i Giudei che erano venuti con lei, si commosse profondamente, si turbò e disse:34"Dove l'avete posto?". Gli dissero: "Signore, vieni a vedere!".35Gesù scoppiò in pianto.36Dissero allora i Giudei: "Vedi come lo amava!".37Ma alcuni di loro dissero: "Costui che ha aperto gli occhi al cieco non poteva anche far sì che questi non morisse?".
38Intanto Gesù, ancora profondamente commosso, si recò al sepolcro; era una grotta e contro vi era posta una pietra.39Disse Gesù: "Togliete la pietra!". Gli rispose Marta, la sorella del morto: "Signore, già manda cattivo odore, poiché è di quattro giorni".40Le disse Gesù: "Non ti ho detto che, se credi, vedrai la gloria di Dio?".41Tolsero dunque la pietra. Gesù allora alzò gli occhi e disse: "Padre, ti ringrazio che mi hai ascoltato.42Io sapevo che sempre mi dai ascolto, ma l'ho detto per la gente che mi sta attorno, perché credano che tu mi hai mandato".43E, detto questo, gridò a gran voce: "Lazzaro, vieni fuori!".44Il morto uscì, con i piedi e le mani avvolti in bende, e il volto coperto da un sudario. Gesù disse loro: "Scioglietelo e lasciatelo andare".
45Molti dei Giudei che erano venuti da Maria, alla vista di quel che egli aveva compiuto, credettero in lui.46Ma alcuni andarono dai farisei e riferirono loro quel che Gesù aveva fatto.47Allora i sommi sacerdoti e i farisei riunirono il sinedrio e dicevano: "Che facciamo? Quest'uomo compie molti segni.48Se lo lasciamo fare così, tutti crederanno in lui e verranno i Romani e distruggeranno il nostro luogo santo e la nostra nazione".49Ma uno di loro, di nome Caifa, che era sommo sacerdote in quell'anno, disse loro: "Voi non capite nulla50e non considerate come sia meglio che muoia un solo uomo per il popolo e non perisca la nazione intera".51Questo però non lo disse da se stesso, ma essendo sommo sacerdote profetizzò che Gesù doveva morire per la nazione52e non per la nazione soltanto, ma anche per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi.53Da quel giorno dunque decisero di ucciderlo.
54Gesù pertanto non si faceva più vedere in pubblico tra i Giudei; egli si ritirò di là nella regione vicina al deserto, in una città chiamata Èfraim, dove si trattenne con i suoi discepoli.
55Era vicina la Pasqua dei Giudei e molti dalla regione andarono a Gerusalemme prima della Pasqua per purificarsi.56Essi cercavano Gesù e stando nel tempio dicevano tra di loro: "Che ve ne pare? Non verrà egli alla festa?".57Intanto i sommi sacerdoti e i farisei avevano dato ordine che chiunque sapesse dove si trovava lo denunziasse, perché essi potessero prenderlo.
Secondo libro delle Cronache 11
1Roboamo, giunto in Gerusalemme, vi convocò le tribù di Giuda e di Beniamino, centottantamila guerrieri scelti, per combattere contro Israele allo scopo di riconquistare il regno a Roboamo.2Ma questa parola del Signore fu rivolta a Semaia:3"Annunzia a Roboamo figlio di Salomone, re di Giuda, e a tutti gli Israeliti che sono in Giuda e in Beniamino:4Dice il Signore: Non andate a combattere contro i vostri fratelli. Ognuno torni a casa, perché questa situazione è stata voluta da me". Ascoltarono le parole del Signore e rinunziarono a marciare contro Geroboamo.
5Roboamo abitò in Gerusalemme. Egli trasformò in fortezze alcune città di Giuda.6Ricostruì Betlemme, Etam, Tekòa,7Bet-Zur, Soco, Adullam,8Gat, Maresa, Zif,9Adoràim, Lachis, Azeka,10Zorea, Aialon ed Ebron; queste fortezze erano in Giuda e in Beniamino.11Egli rafforzò queste fortezze, vi prepose comandanti e vi stabilì depositi di cibarie, di olio e di vino.12In ogni città depositò scudi e lance, rendendole fortissime.
Rimasero fedeli Giuda e Beniamino.
13I sacerdoti e i leviti, che erano in tutto Israele, si radunarono da tutto il loro territorio per passare dalla sua parte.14Sì, i leviti lasciarono i pascoli, le proprietà e andarono in Giuda e in Gerusalemme, perché Geroboamo e i suoi figli li avevano esclusi dal sacerdozio del Signore.15Geroboamo aveva stabilito suoi sacerdoti per le alture, per i demoni e per i vitelli che aveva eretti.16Dopo, da tutto Israele quanti avevano determinato in cuor loro di rimanere fedeli al Signore, Dio di Israele, andarono in Gerusalemme per sacrificare al Signore, Dio dei loro padri.17Così rafforzarono il regno di Giuda e sostennero Roboamo figlio di Salomone, per tre anni, perché per tre anni egli imitò la condotta di Davide e di Salomone.
18Roboamo si prese in moglie Macalat figlia di Ierimot, figlio di Davide, e di Abiàil figlia di Eliàb, figlio di Iesse.19Essa gli partorì i figli Ieus, Semaria e Zaam.20Dopo di lei prese Maaca figlia di Assalonne, che gli partorì Abia, Attài, Ziza e Selomìt.21Roboamo amò Maaca figlia di Assalonne più di tutte le altre mogli e concubine; egli prese diciotto mogli e sessanta concubine e generò ventotto figli e sessanta figlie.22Roboamo costituì Abia figlio di Maaca capo, ossia principe tra i suoi fratelli, perché pensava di farlo re.23Con astuzia egli sparse in tutte le contrade di Giuda e di Beniamino, in tutte le fortezze, alcuni suoi figli. Diede loro viveri in abbondanza e li provvide di mogli.
Siracide 3
1Figli, ascoltatemi, sono vostro padre;
agite in modo da essere salvati.
2Il Signore vuole che il padre sia onorato dai figli,
ha stabilito il diritto della madre sulla prole.
3Chi onora il padre espia i peccati;
4chi riverisce la madre è come chi accumula tesori.
5Chi onora il padre avrà gioia dai propri figli
e sarà esaudito nel giorno della sua preghiera.
6Chi riverisce il padre vivrà a lungo;
chi obbedisce al Signore dà consolazione alla madre.
7Chi teme il Signore rispetta il padre
e serve come padroni i genitori.
8Onora tuo padre a fatti e a parole,
perché scenda su di te la sua benedizione.
9La benedizione del padre consolida le case dei figli,
la maledizione della madre ne scalza le fondamenta.
10Non vantarti del disonore di tuo padre,
perché il disonore del padre non è gloria per te;
11la gloria di un uomo dipende dall'onore del padre,
vergogna per i figli è una madre nel disonore.
12Figlio, soccorri tuo padre nella vecchiaia,
non contristarlo durante la sua vita.
13Anche se perdesse il senno, compatiscilo
e non disprezzarlo, mentre sei nel pieno vigore.
14Poiché la pietà verso il padre non sarà dimenticata,
ti sarà computata a sconto dei peccati.
15Nel giorno della tua tribolazione Dio si ricorderà di te;
come fa il calore sulla brina, si scioglieranno i tuoi peccati.
16Chi abbandona il padre è come un bestemmiatore,
chi insulta la madre è maledetto dal Signore.
17Figlio, nella tua attività sii modesto,
sarai amato dall'uomo gradito a Dio.
18Quanto più sei grande, tanto più umìliati;
così troverai grazia davanti al Signore;
19perché grande è la potenza del Signore
20e dagli umili egli è glorificato.
21Non cercare le cose troppo difficili per te,
non indagare le cose per te troppo grandi.
22Bada a quello che ti è stato comandato,
poiché tu non devi occuparti delle cose misteriose.
23Non sforzarti in ciò che trascende le tue capacità,
poiché ti è stato mostrato
più di quanto comprende un'intelligenza umana.
24Molti ha fatto smarrire la loro presunzione,
una misera illusione ha fuorviato i loro pensieri.
25Un cuore ostinato alla fine cadrà nel male;
chi ama il pericolo in esso si perderà.
26Un cuore ostinato sarà oppresso da affanni,
il peccatore aggiungerà peccato a peccato.
27La sventura non guarisce il superbo,
perché la pianta del male si è radicata in lui.
28Una mente saggia medita le parabole,
un orecchio attento è quanto desidera il saggio.
29L'acqua spegne un fuoco acceso,
l'elemosina espia i peccati.
30Chi ricambia il bene provvede all'avvenire,
al momento della sua caduta troverà un sostegno.
Salmi 105
1Alleluia.
Lodate il Signore e invocate il suo nome,
proclamate tra i popoli le sue opere.
2Cantate a lui canti di gioia,
meditate tutti i suoi prodigi.
3Gloriatevi del suo santo nome:
gioisca il cuore di chi cerca il Signore.
4Cercate il Signore e la sua potenza,
cercate sempre il suo volto.
5Ricordate le meraviglie che ha compiute,
i suoi prodigi e i giudizi della sua bocca:
6voi stirpe di Abramo, suo servo,
figli di Giacobbe, suo eletto.
7È lui il Signore, nostro Dio,
su tutta la terra i suoi giudizi.
8Ricorda sempre la sua alleanza:
parola data per mille generazioni,
9l'alleanza stretta con Abramo
e il suo giuramento ad Isacco.
10La stabilì per Giacobbe come legge,
come alleanza eterna per Israele:
11"Ti darò il paese di Cànaan
come eredità a voi toccata in sorte".
12Quando erano in piccolo numero,
pochi e forestieri in quella terra,
13e passavano di paese in paese,
da un regno ad un altro popolo,
14non permise che alcuno li opprimesse
e castigò i re per causa loro:
15"Non toccate i miei consacrati,
non fate alcun male ai miei profeti".
16Chiamò la fame sopra quella terra
e distrusse ogni riserva di pane.
17Davanti a loro mandò un uomo,
Giuseppe, venduto come schiavo.
18Gli strinsero i piedi con ceppi,
il ferro gli serrò la gola,
19finché si avverò la sua predizione
e la parola del Signore gli rese giustizia.
20Il re mandò a scioglierlo,
il capo dei popoli lo fece liberare;
21lo pose signore della sua casa,
capo di tutti i suoi averi,
22per istruire i capi secondo il suo giudizio
e insegnare la saggezza agli anziani.
23E Israele venne in Egitto,
Giacobbe visse nel paese di Cam come straniero.
24Ma Dio rese assai fecondo il suo popolo,
lo rese più forte dei suoi nemici.
25Mutò il loro cuore
e odiarono il suo popolo,
contro i suoi servi agirono con inganno
26Mandò Mosè suo servo
e Aronne che si era scelto.
27Compì per mezzo loro i segni promessi
e nel paese di Cam i suoi prodigi.
28Mandò le tenebre e si fece buio,
ma resistettero alle sue parole.
29Cambiò le loro acque in sangue
e fece morire i pesci.
30Il loro paese brulicò di rane
fino alle stanze dei loro sovrani.
31Diede un ordine e le mosche vennero a sciami
e le zanzare in tutto il loro paese.
32Invece delle piogge mandò loro la grandine,
vampe di fuoco sul loro paese.
33Colpì le loro vigne e i loro fichi,
schiantò gli alberi della loro terra.
34Diede un ordine e vennero le locuste
e bruchi senza numero;
35divorarono tutta l'erba del paese
e distrussero il frutto del loro suolo.
36Colpì nel loro paese ogni primogenito,
tutte le primizie del loro vigore.
37Fece uscire il suo popolo con argento e oro,
fra le tribù non c'era alcun infermo.
38L'Egitto si rallegrò della loro partenza
perché su di essi era piombato il terrore.
39Distese una nube per proteggerli
e un fuoco per illuminarli di notte.
40Alla loro domanda fece scendere le quaglie
e li saziò con il pane del cielo.
41Spaccò una rupe e ne sgorgarono acque,
scorrevano come fiumi nel deserto,
42perché ricordò la sua parola santa
data ad Abramo suo servo.
43Fece uscire il suo popolo con esultanza,
i suoi eletti con canti di gioia.
44Diede loro le terre dei popoli,
ereditarono la fatica delle genti,
45perché custodissero i suoi decreti
e obbedissero alle sue leggi.
Alleluia.
Isaia 38
1In quei giorni Ezechia si ammalò gravemente.
Il profeta Isaia figlio di Amoz si recò da lui e gli parlò: "Dice il Signore: Disponi riguardo alle cose della tua casa, perché morirai e non guarirai".
2Ezechia allora voltò la faccia verso la parete e pregò il Signore.3Egli disse: "Signore, ricordati che ho passato la vita dinanzi a te con fedeltà e con cuore sincero e ho compiuto ciò che era gradito ai tuoi occhi". Ezechia pianse molto.
4Allora la parola del Signore fu rivolta a Isaia:5"Va' e riferisci a Ezechia: Dice il Signore Dio di Davide tuo padre: Ho ascoltato la tua preghiera e ho visto le tue lacrime; ecco io aggiungerò alla tua vita quindici anni.6Libererò te e questa città dalla mano del re di Assiria; proteggerò questa città.7Da parte del Signore questo ti sia come segno che egli manterrà la promessa che ti ha fatto.8Ecco, io faccio tornare indietro di dieci gradi l'ombra sulla meridiana, che è già scesa con il sole sull'orologio di Acaz".
E il sole retrocesse di dieci gradi sulla scala che aveva disceso.
9Cantico di Ezechia re di Giuda, quando cadde malato e guarì dalla malattia.
10Io dicevo: "A metà della mia vita
me ne vado alle porte degli inferi;
sono privato del resto dei miei anni".
11Dicevo: "Non vedrò più il Signore
sulla terra dei viventi,
non vedrò più nessuno
fra gli abitanti di questo mondo.
12La mia tenda è stata divelta e gettata lontano da me,
come una tenda di pastori.
Come un tessitore hai arrotolato la mia vita,
mi recidi dall'ordito.
In un giorno e una notte mi conduci alla fine".
13Io ho gridato fino al mattino.
Come un leone, così egli stritola
tutte le mie ossa.
14Come una rondine io pigolo,
gemo come una colomba.
Sono stanchi i miei occhi di guardare in alto.
Signore, io sono oppresso; proteggimi.15Che dirò? Sto in pena
poiché è lui che mi ha fatto questo.
Il sonno si è allontanato da me
per l'amarezza dell'anima mia.
16Signore, in te spera il mio cuore;
si ravvivi il mio spirito.
Guariscimi e rendimi la vita.
17Ecco, la mia infermità si è cambiata in salute!
Tu hai preservato la mia vita
dalla fossa della distruzione,
perché ti sei gettato dietro le spalle
tutti i miei peccati.
18Poiché non gli inferi ti lodano,
né la morte ti canta inni;
quanti scendono nella fossa
non sperano nella tua fedeltà.
19Il vivente, il vivente ti rende grazie
come io oggi faccio.
Il padre farà conoscere ai figli
la tua fedeltà.
20Il Signore si è degnato di aiutarmi;
per questo canteremo sulle cetre
tutti i giorni della nostra vita,
canteremo nel tempio del Signore.
21Isaia disse: "Si prenda un impiastro di fichi e si applichi sulla ferita, così guarirà".22Ezechia disse: "Qual è il segno per cui io entrerò nel tempio?".
Atti degli Apostoli 13
1C'erano nella comunità di Antiòchia profeti e dottori: Bàrnaba, Simeone soprannominato Niger, Lucio di Cirène, Manaèn, compagno d'infanzia di Erode tetrarca, e Saulo.2Mentre essi stavano celebrando il culto del Signore e digiunando, lo Spirito Santo disse: "Riservate per me Bàrnaba e Saulo per l'opera alla quale li ho chiamati".3Allora, dopo aver digiunato e pregato, imposero loro le mani e li accomiatarono.
4Essi dunque, inviati dallo Spirito Santo, discesero a Selèucia e di qui salparono verso Cipro.5Giunti a Salamina cominciarono ad annunziare la parola di Dio nelle sinagoghe dei Giudei, avendo con loro anche Giovanni come aiutante.6Attraversata tutta l'isola fino a Pafo, vi trovarono un tale, mago e falso profeta giudeo, di nome Bar-Iesus,7al seguito del proconsole Sergio Paolo, persona di senno, che aveva fatto chiamare a sé Bàrnaba e Saulo e desiderava ascoltare la parola di Dio.8Ma Elimas, il mago, - ciò infatti significa il suo nome - faceva loro opposizione cercando di distogliere il proconsole dalla fede.9Allora Saulo, detto anche Paolo, pieno di Spirito Santo, fissò gli occhi su di lui e disse:10"O uomo pieno di ogni frode e di ogni malizia, figlio del diavolo, nemico di ogni giustizia, quando cesserai di sconvolgere le vie diritte del Signore?11Ecco la mano del Signore è sopra di te: sarai cieco e per un certo tempo non vedrai il sole". Di colpo piombò su di lui oscurità e tenebra, e brancolando cercava chi lo guidasse per mano.12Quando vide l'accaduto, il proconsole credette, colpito dalla dottrina del Signore.
13Salpati da Pafo, Paolo e i suoi compagni giunsero a Perge di Panfilia. Giovanni si separò da loro e ritornò a Gerusalemme.14Essi invece proseguendo da Perge, arrivarono ad Antiòchia di Pisidia ed entrati nella sinagoga nel giorno di sabato, si sedettero.15Dopo la lettura della Legge e dei Profeti, i capi della sinagoga mandarono a dire loro: "Fratelli, se avete qualche parola di esortazione per il popolo, parlate!".
16Si alzò Paolo e fatto cenno con la mano disse: "Uomini di Israele e voi timorati di Dio, ascoltate.17Il Dio di questo popolo d'Israele scelse i nostri padri ed esaltò il popolo durante il suo esilio in terra d'Egitto, 'e con braccio potente li condusse via di là'.18Quindi, 'dopo essersi preso cura di loro per circa quarant'anni nel deserto',19'distrusse sette popoli nel paese di Canaan e concesse loro in eredità' quelle terre,20per circa quattrocentocinquanta anni. Dopo questo diede loro dei Giudici, fino al profeta Samuele.21Allora essi chiesero un re e Dio diede loro Saul, figlio di Cis, della tribù di Beniamino, per quaranta anni.22E, dopo averlo rimosso dal regno, suscitò per loro come re Davide, al quale rese questa testimonianza: 'Ho trovato Davide', figlio di Iesse, 'uomo secondo il mio cuore'; egli adempirà tutti i miei voleri.
23Dalla discendenza di lui, secondo la promessa, Dio trasse per Israele un salvatore, Gesù.24Giovanni aveva preparato la sua venuta predicando un battesimo di penitenza a tutto il popolo d'Israele.25Diceva Giovanni sul finire della sua missione: Io non sono ciò che voi pensate che io sia! Ecco, viene dopo di me uno, al quale io non sono degno di sciogliere i sandali.
26Fratelli, figli della stirpe di Abramo, e quanti fra voi siete timorati di Dio, a noi è stata mandata questa parola di salvezza.27Gli abitanti di Gerusalemme infatti e i loro capi non l'hanno riconosciuto e condannandolo hanno adempiuto le parole dei profeti che si leggono ogni sabato;28e, pur non avendo trovato in lui nessun motivo di condanna a morte, chiesero a Pilato che fosse ucciso.29Dopo aver compiuto tutto quanto era stato scritto di lui, lo deposero dalla croce e lo misero nel sepolcro.30Ma Dio lo ha risuscitato dai morti31ed egli è apparso per molti giorni a quelli che erano saliti con lui dalla Galilea a Gerusalemme, e questi ora sono i suoi testimoni davanti al popolo.
32E noi vi annunziamo la buona novella che la promessa fatta ai padri si è compiuta,33poiché Dio l'ha attuata per noi, loro figli, risuscitando Gesù, come anche sta scritto nel salmo secondo:
'Mio figlio sei tu, oggi ti ho generato.'
34E che Dio lo ha risuscitato dai morti, in modo che non abbia mai più a tornare alla corruzione, è quanto ha dichiarato:
'Darò a voi le cose sante promesse a Davide, quelle
sicure.'
35Per questo anche in un altro luogo dice:
'Non permetterai che il tuo santo subisca la
corruzione.'
36Ora Davide, dopo aver eseguito il volere di Dio nella sua generazione, morì e fu unito ai suoi padri e subì la corruzione.37Ma colui che Dio ha risuscitato, non ha subìto la corruzione.38Vi sia dunque noto, fratelli, che per opera di lui vi viene annunziata la remissione dei peccati39e che per lui chiunque crede riceve giustificazione da tutto ciò da cui non vi fu possibile essere giustificati mediante la legge di Mosè.40Guardate dunque che non avvenga su di voi ciò che è detto nei Profeti:
41'Mirate, beffardi,
stupite e nascondetevi,
poiché un'opera io compio ai vostri giorni,
un'opera che non credereste, se vi fosse
raccontata'!".
42E, mentre uscivano, li pregavano di esporre ancora queste cose nel prossimo sabato.43Sciolta poi l'assemblea, molti Giudei e proseliti credenti in Dio seguirono Paolo e Bàrnaba ed essi, intrattenendosi con loro, li esortavano a perseverare nella grazia di Dio.
44Il sabato seguente quasi tutta la città si radunò per ascoltare la parola di Dio.45Quando videro quella moltitudine, i Giudei furono pieni di gelosia e contraddicevano le affermazioni di Paolo, bestemmiando.46Allora Paolo e Bàrnaba con franchezza dichiararono: "Era necessario che fosse annunziata a voi per primi la parola di Dio, ma poiché la respingete e non vi giudicate degni della vita eterna, ecco noi ci rivolgiamo ai pagani.47Così infatti ci ha ordinato il Signore:
'Io ti ho posto come luce per le genti,
perché tu porti la salvezza sino all'estremità della
terra'".
48Nell'udir ciò, i pagani si rallegravano e glorificavano la parola di Dio e abbracciarono la fede tutti quelli che erano destinati alla vita eterna.49La parola di Dio si diffondeva per tutta la regione.50Ma i Giudei sobillarono le donne pie di alto rango e i notabili della città e suscitarono una persecuzione contro Paolo e Bàrnaba e li scacciarono dal loro territorio.51Allora essi, scossa contro di loro la polvere dei piedi, andarono a Icònio,52mentre i discepoli erano pieni di gioia e di Spirito Santo.
Capitolo LIII: La grazia di Dio non si confonde con ciò che ha sapore di cose terrene
Leggilo nella Biblioteca1. Preziosa, o figlio, è la mia grazia; essa non tollera di essere mescolata a cose esteriori e a consolazioni terrene. Perciò devi buttar via tutto ciò che ostacola la grazia, se vuoi che questa sia infusa in te. Procurati un luogo appartato, compiaciti di stare solo con te stesso, non andare cercando di chiacchierare con nessuno; effondi, invece, la tua devota preghiera a Dio, per conservare compunzione d'animo e purezza di coscienza. Il mondo intero, consideralo un nulla; alle cose esteriori anteponi l'occuparti di Dio. Ché non potresti attendere a me, e nello stesso tempo trovare godimento nelle cose passeggere. Occorre allontanarsi dalle persone che si conoscono e alle quali si vuole bene; occorre tenere l'animo sgombro da ogni conforto temporale. Ecco ciò che il santo apostolo Pietro chiede, in nome di Dio: che i seguaci di Cristo si conservino in questo mondo "come forestieri e pellegrini" (1Pt 2,11). Quanta sicurezza in colui che muore, senza essere legato alla terra dall'attaccamento per alcuna cosa. Uno spirito debole, invece, non riesce a mantenere il cuore tanto distaccato: l'uomo materiale non conosce la libertà dell'uomo interiore. Che se uno vuole veramente essere uomo spirituale, egli deve rinunciare a tutti, ai lontani e ai vicini; e guardarsi da se stesso più ancora che dagli altri. Se avrai vinto pienamente te stesso, facilmente soggiogherai tutto il resto. Trionfare di se medesimi è vittoria perfetta; giacché colui che domina se stesso - facendo sì che i sensi obbediscano alla ragione, e la ragione obbedisca in tutto e per tutto a Dio - questi è, in verità il vincitore di sé e signore del mondo.
2. Se brami elevarti a questa somma altezza, è necessario che tu cominci con coraggio, mettendo la scure alla radice, per poter estirpare totalmente la tua segreta inclinazione, contraria al volere di Dio e volta a te stesso e a tutto ciò che è tuo utile materiale. Da questo vizio, dall'amore di sé, contrarissimo alla volontà divina, deriva, si può dire, tutto quanto deve essere stroncato radicalmente. Domato e superato questo vizio, si farà stabilmente una grande pace e una grande serenità. Ma sono pochi quelli che si adoprano per morire del tutto a se stessi, e per uscire pienamente da se stessi. I più restano avviluppati, né sanno innalzarsi spiritualmente sopra di sé. Coloro che desiderano camminare con me senza impacci debbono mortificare tutti i loro affetti perversi e contrari all'ordine voluto da Dio, senza restare attaccati di cupido amore personale ad alcuna creatura.
DISCORSO 264 ASCENSIONE DEL SIGNORE
Discorsi - Sant'Agostino
Leggilo nella Biblioteca
Introduzione.
1. Molti sono i misteri nascosti nelle Scritture divine: alcuni li dobbiamo ancora scoprire, altri il Signore si è degnato di rivelarli alla nostra umile inadeguatezza, però non ci basta il tempo per spiegarli alla vostra Santità. So bene che soprattutto in questi giorni la chiesa si riempie di gente che vorrebbe più presto andarsene che venire e che ci ritiene insopportabili se ci capita di parlare un po' più a lungo. È gente che però, quando si tratta di banchetti, non solo vi si precipita ma, se vi viene trattenuta fino a sera, né si stanca né li rifiuta né per lo meno se ne allontana senza provarne alcuna vergogna. Tuttavia per non defraudare coloro che vengono con il desiderio di imparare, parlerò, anche se brevemente, del significato misterioso del fatto che il Signore nostro Gesù Cristo è asceso al cielo con lo stesso corpo nel quale è risorto.
Perché Cristo rimase con i discepoli dopo la risurrezione.
2. Certamente per la debole fede dei suoi discepoli. Non erano mancati neanche fra di loro alcuni che il diavolo aveva tentato di mancanza di fede, così che un discepolo, benché Gesù apparisse nelle fattezze che egli già conosceva, credette più al vedere le recenti cicatrici che non al vedere il suo corpo vivo 1. Perciò per confermarli nella fede Gesù si è degnato di vivere con loro, dopo la risurrezione, per quaranta giorni interi, dal giorno della sua morte fino al giorno odierno, entrando ed uscendo da loro, mangiando e bevendo, come dice la Scrittura 2. Diede la prova così di restituire alla loro vista, dopo la risurrezione, lo stesso corpo che era stato loro tolto con la morte in croce. Tuttavia non volle che rimanessero attaccati al suo corpo né che lo trattenessero più a lungo per un affetto legato alla carne. Essi volevano che Gesù rimanesse sempre con loro con il corpo: era lo stesso modo di ragionare con cui anche Pietro aveva tentato di dissuaderlo dalla passione 3. Lo vedevano infatti accanto a sé come loro maestro, uno che li confortava, li consolava, li proteggeva, però alla stessa maniera come si vedevano tra di loro. Se non lo vedevano così, come qualcosa di visibile, lo credevano assente, mentre egli è presente ovunque con la sua potenza. Tuttavia li proteggeva veramente - così egli stesso si è degnato di dire - come una gallina protegge i suoi pulcini 4. La gallina infatti, a causa della debolezza dei pulcini, diventa debole anch'essa. Pensate a questo fatto: davanti ai nostri occhi ci sono tanti volatili che fanno i pulcini; ma non vediamo nessun altro volatile diventare debole insieme ai pulcini all'infuori della gallina. Per questo da essa il Signore trasse il paragone, poiché per la nostra debolezza anch'egli, assumendo un corpo, si è degnato diventare debole. Era necessario però che i discepoli si innalzassero un poco, e che incominciassero a pensare a Cristo in modo spirituale, come a Verbo del Padre, Dio presso Dio, per mezzo del quale sono state fatte tutte le cose 5: ma lo impediva loro la presenza fisica di Cristo. Era stato utile per essi l'essere confermati nella fede attraverso la presenza di Cristo in mezzo a loro per quaranta giorni: ma era più utile ad essi che Cristo si sottraesse ai loro occhi; e che, mentre in terra si era intrattenuto con loro come un fratello, dal cielo li aiutasse in quanto Dio; e infine che imparassero a pensarlo secondo Dio. Tutto questo l'evangelista Giovanni l'ha fatto intendere a chiare note: se uno ci fa caso, se uno lo capisce. Disse infatti il Signore: Non si turbi il vostro cuore 6. Se mi amaste - continua - vi rallegrereste che io vado al Padre, perché il Padre è più grande di me 7. E in un altro passo dice: Io e il Padre siamo una cosa sola 8. Ed è tale l'uguaglianza con il Padre che Cristo rivendica a sé - non per rapina ma per natura 9 - che al discepolo che gli chiedeva: Signore, mostraci il Padre e ci basta 10, egli rispose: Filippo, da tanto tempo sono con voi e non conoscete il Padre? Chi ha visto me ha vista anche il Padre 11. Che cosa significa: Chi ha visto me? Se si intende con gli occhi del corpo, lo hanno visto anche coloro che l'hanno crocifisso. Che cosa significa dunque: Chi ha visto me se non: Chi ha capito, chi mi ha visto con l'occhio del cuore? Come infatti esistono le orecchie interiori - quelle che il Signore cercava quando diceva: Chi ha orecchie da intendere intenda 12 pur non essendoci davanti a lui nessun sordo - così esiste anche la vista interiore del cuore, con la quale se uno vedeva il Signore vedeva anche il Padre, perché il Signore è uguale al Padre.
Cristo, uguale al Padre, per compassione si è umiliato.
3. Ascolta l'Apostolo che desidera che anche noi abbiamo lo stesso amore misericordioso di Cristo. Questi infatti per noi è divenuto debole, per radunare i pulcini sotto le sue ali 13; ha insegnato così a quei discepoli, che dalla comune debolezza fossero saliti a uno stato di robustezza, che debbono anch'essi compatire la fragilità di coloro che sono rimasti deboli; mentre egli dalla sua potenza eterna è disceso fino alla nostra debolezza. Dice dunque l'Apostolo: Abbiate in voi gli stessi sentimenti che erano in Cristo Gesù. Degnatevi - dice - di imitare il Figlio di Dio nella sua compassione per i piccoli. Egli, possedendo la natura divina... Già con il dire: possedendo la natura divina ce lo presenta uguale a Dio. Non può essere inferiore per natura a colui al quale quella natura appartiene: se fosse inferiore, non sarebbe della stessa natura. Tuttavia per non dare alcuna possibilità di dubbio aggiunse e fece risuonare esplicitamente la parola esatta, al fine di chiudere ogni bocca sacrilega: Egli, possedendo la natura divina, non ritenne una rapina la sua uguaglianza con Dio. Qual è il significato, fratelli carissimi, della frase dell'Apostolo: non ritenne una rapina? Che è uguale per natura. Chi pretendeva di avere l'uguaglianza con Dio per rapina? Il primo uomo, al quale fu detto: Mangiatene e sarete come dèi 14. L'uomo volle tentare con rapina di raggiungere l'uguaglianza con Dio ma poi per punizione perse l'immortalità. Colui invece che non ha commesso rapina, non ritenne una rapina la sua uguaglianza con Dio. Se non è dunque per rapina è per natura questa sostanziale comunione e totale uguaglianza. Ma che cosa ha fatto? Annientò - aggiunge l'Apostolo - se stesso, prendendo la natura di schiavo e diventando simile agli uomini; e dopo che ebbe rivestito la natura umana, umiliò se stesso ancor di più, facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce 15. Era poco dire morte, ha detto anche che genere di morte. Perché anche il genere di morte? Perché molti sono preparati alla morte; molti dicono infatti: Non temo la morte, ma vorrei morire nel mio letto, circondato dai figli, dai nipoti, dalle lacrime della moglie. Costoro sembra che non abbiano paura della morte, ma nella pretesa di scegliersi le circostanze della morte, si manifesta quanto ne abbiano paura. Cristo invece si è scelto il genere di morte, ma il peggiore di tutti. Come gli uomini vorrebbero scegliere per sé il modo migliore di morire, così lui si è scelto il peggiore, quello che era esecrabile per tutti i Giudei. Colui che verrà a giudicare i vivi e i morti non temette di morire a causa di falsi testimoni, per sentenza di un giudice; non temette di morire con l'ignominiosa morte di croce, per liberare tutti i credenti da ogni ignominia. Perciò si è fatto obbediente fino alla morte e alla morte di croce; tuttavia per natura è uguale a Dio: forte per la potenza della sua maestà, debole per la compassione verso l'umanità; forte, tanto da creare tutte le cose; debole per poter ricrearle.
Perché Cristo volle assentarsi con il corpo.
4. Fate attenzione a quanto dice Giovanni: Se mi amaste, vi rallegrereste che io vado al Padre, perché il Padre è più grande di me 16. In che senso allora Cristo è uguale al Padre, come dice l'Apostolo? Il Signore stesso ha detto: Io e il Padre siamo una cosa sola 17. E in un altro passo: Chi ha visto me ha visto anche il Padre 18. Come mai allora nel passo sopra riportato si dice: perché il Padre è più grande di me? Queste parole, fratelli, - per quanto il Signore ci ispira d'intendere - Cristo le ha pronunciate in un certo senso per rimproverare i discepoli e per confortarli. Avevano infatti fissato lo sguardo sulla sua umanità e non riuscivano a pensarlo come Dio. Sarebbero riusciti a pensarlo come Dio solo quando la sua umanità fosse stata sottratta a loro e ai loro sguardi. Tolta la familiarità che si era instaurata tramite il suo corpo, avrebbero imparato, almeno una volta assente il corpo, a pensare alla sua divinità. Perciò ha detto loro: Se mi amaste, vi rallegrereste che io vado al Padre 19. Perché? Perché, quando vado al Padre, possiate pensarmi uguale al Padre. Per questo infatti è più grande di me: finché mi vedete nel corpo, il Padre è più grande di me. Vedete se avete afferrato il discorso: i discepoli non sapevano pensarlo se non uomo. Lo ripeto con parole un po' più chiare per quei nostri fratelli che hanno più difficoltà a capire. Coloro invece che hanno già capito sopportino la lentezza degli altri e imitino il Signore il quale, pur possedendo la natura divina.... annientò se stesso.... facendosi obbediente fino alla morte 20. Se amaste me ... : che cosa significa? Se amaste me, vi rallegrereste che io vado al Padre 21. Se amaste me che cosa significa se non: Non amate me? Che cosa amate allora? Il corpo che vedete. Non volete infatti che vi venga sottratto allo sguardo. Se invece amaste me ...; chi è: me? In principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio 22: son parole dello stesso Giovanni. Se dunque amaste me, cioè colui per mezzo del quale sono state fatte tutte le cose 23, vi rallegrereste che io vado al Padre. Perché? Perché il Padre è più grande di me. Così come mi vedete sulla terra, il Padre è più grande di me. Mi allontani dai vostri occhi; sia tolto ai vostri sguardi questo corpo mortale che è stato assunto per la vostra mortalità; cominciate a non vedere più questa veste mortale che ho preso per umiltà: tuttavia sia elevata in cielo, affinché sappiate in che cosa dovete sperare. Non lasciò infatti sulla terra la veste mortale di cui volle essere qui rivestito. Se l'avesse lasciata qui, nessuno avrebbe più sperato nella risurrezione della carne. Ora però l'ha portata in cielo e ciò nonostante vi è chi dubita della risurrezione della carne! Ma se Dio l'ha voluta dimostrare in se stesso, la negherà all'uomo? Dio infatti ha assunto l'umanità per compassione, per quanto riguarda l'uomo invece essa fa parte della sua natura. E tuttavia Dio si è mostrato nella veste mortale (dopo la sua risurrezione) confermando così i discepoli nella fede, e poi l'ha innalzata in cielo. Sottratta al loro sguardo la visione del suo corpo, i discepoli non lo videro più in quanto uomo. Se era rimasto qualcosa nei loro cuori che proveniva da desiderio puramente umano, si tramutò in tristezza. Si riunirono tuttavia in uno stesso luogo e cominciarono a pregare. Ed egli avrebbe inviato, passati dieci giorni da quello che stiamo oggi celebrando, lo Spirito Santo, affinché lo Spirito Santo li riempisse di amore spirituale, liberandoli dai desideri puramente umani. In questo modo faceva loro comprendere il Cristo come Verbo di Dio, Dio presso Dio, per mezzo del quale tutto è stato fatto 24. Non avrebbero potuto essere riempiti di tale modo di comprendere le cose se non si fosse allontanato da loro l'amore puramente umano. Per questo disse: Se mi amaste, vi rallegrereste che io vado al Padre, perché il Padre è più grande di me. È più grande di me in quanto uomo, è uguale in quanto Dio; uguale nella natura, più grande considerando la compassione che ha avuto il Figlio (e che l'ha portato a farsi uomo). Dio lo ha umiliato ponendolo non soltanto al di sotto di sé ma anche al di sotto degli angeli, come dice la Scrittura 25. Non è inferiore al Padre, anche se vi sembra che il Figlio, assumendo un corpo, si sia allontanato dall'uguaglianza con il Padre, dal quale mai s'è allontanato; ma assumendo un corpo - ha assunto infatti l'umanità - non è mutato. Chi indossa una veste non si cambia in veste ma internamente rimane lo stesso uomo tutto intero. Poni il caso di un senatore che indossa una veste da schiavo, nell'ipotesi che non possa entrare in carcere con la toga senatoria per consolare un tale avvinto in ceppi; riceve l'abito proprio del carcere ed esternamente si vede solo un abito spregevole [che egli indossa] per manifestare il suo senso umanitario. Ma internamente gli rimane tutta la dignità senatoria che tanto più rifulge in quanto il motivo per rivestirsi di un abito così umile fu la sua grande misericordia. Così ha fatto anche il Signore, pur rimanendo Dio, rimanendo Verbo, rimanendo sapienza, rimanendo potenza divina, rimanendo nel governo dei cieli, rimanendo nella cura della terra, rimanendo gioia piena degli angeli, ovunque tutto, tutto nel mondo, tutto nei Patriarchi, tutto nei Profeti, tutto in tutti i santi, tutto nel grembo della Vergine, per rivestirsi della natura umana, per congiungerla a sé come sposa, per fidanzare a sé la Chiesa quale vergine casta, e procedere come sposo dal suo talamo 26. Cristo è quindi inferiore al Padre perché è uomo, ma uguale al Padre perché è Dio. Togliete di mezzo a voi dunque i desideri puramente umani. In altre parole, Cristo ha detto così ai suoi discepoli: "Voi non volete che io me ne vada - come ciascuno di noi non vorrebbe lasciar andare il proprio amico e gli dice: "Rimani ancora un po' con noi, quando ti vediamo il nostro cuore si risolleva" -; è meglio però per voi che non vediate più questo mio corpo e cominciate a pensarmi nella mia natura divina. Mi sottraggo a voi esteriormente, ma interiormente vi riempio della mia presenza". Forse Cristo entra in un cuore nella sua natura umana e con il suo corpo? In quanto Dio prende possesso del cuore; in quanto uomo parla al cuore attraverso lo sguardo e ci insegna dal di fuori. Però, siccome abita dentro di noi, ci parla perché ci convertiamo interiormente, viviamo di lui, ci lasciamo formare da lui, perché lui è la forma di tutto, non fabbricata da alcuno.
Perché Cristo è rimasto dopo la risurrezione quaranta giorni con i discepoli.
5. Se Cristo si è intrattenuto con i suoi discepoli per quaranta giorni, non lo ha fatto senza un motivo. Sarebbero stati forse sufficienti venti giorni, forse trenta; sono stati quaranta i giorni, perché tale numero rientra nell'economia di tutto il mondo attuale. Altre volte ne abbiamo parlato, esaminando il significato del numero dieci moltiplicato quattro. Lo ricordo a quelli tra voi che l'hanno già inteso. Il numero dieci simboleggia l'intera sapienza. Questa sapienza è stata diffusa nelle quattro parti del mondo, su tutta la terra; anche i tempi si dividono in quattro fasi diverse. L'anno infatti ha quattro stagioni e il mondo ha i quattro punti cardinali. Dieci moltiplicato quattro fa quaranta. Per questo il Signore digiunò quaranta giorni 27: per insegnarci che i fedeli debbono astenersi da ogni seduzione per tutto il tempo che vivono in questo mondo. Quaranta giorni digiunò Elia 28, che rappresenta tutta la profezia, significando che anche presso i profeti si insegna così. Quaranta giorni digiunò Mosè 29, che rappresenta la legge, significando che anche nella legge si insegna così. Per quaranta anni il popolo di Israele è stato condotto attraverso il deserto 30. Per quaranta giorni durante il diluvio l'arca di Noè galleggiò; l'arca è simbolo della Chiesa che è costruita con legni immarcescibili; i legni immarcescibili sono le anime dei santi e dei giusti. Racchiude tuttavia animali mondi e animali immondi, perché finché si vive in questo mondo e finché la Chiesa vive la fase di purificazione attraverso il battesimo - come [l'umanità si purificava] attraverso il diluvio - non può non racchiudere in sé buoni e cattivi; per questo anche l'arca di Noè racchiudeva animali mondi e immondi. Ma quando Noè uscì dall'arca, offrì a Dio un sacrificio di soli animali mondi 31. Da ciò dobbiamo comprendere che in questa arca [che è la Chiesa] convivono animali mondi e animali immondi, ma che dopo il diluvio di questo mondo Dio non accoglierà se non coloro che saranno diventati mondi. Perciò, fratelli, computate come quaranta giorni tutto il tempo di questa vita terrena. Finché siamo qui in terra, tutto questo tempo è l'arca in mezzo al diluvio. Finché dei cristiani vengono battezzati e vengono mondati attraverso l'acqua, si vede l'arca galleggiare tra i flutti, quella stessa che si muoveva sopra le acque per quaranta giorni. Il Signore, rimanendo con i discepoli per quaranta giorni, si è degnato di indicarci che in questo tempo [della vita terrena] per tutti è necessaria la fede nell'incarnazione di Cristo. Questa fede è necessaria a coloro che sono deboli. Se esistesse occhio che potesse vedere che in principio era il Verbo 32, che potesse vederlo, potesse intuirlo, potesse comprenderlo, potesse goderlo, non c'era bisogno che il Verbo si facesse carne e abitasse in mezzo a noi. Ma poiché per la polvere dei peccati l'occhio interiore si era accecato e non poteva comprenderlo e goderlo, non c'era più possibilità di conoscere il Verbo. Questi però si è degnato di diventare uomo per essere inviato a purificare (l'occhio) col quale poi poter vedere quello che ora non si può vedere. In questa vita la distribuzione del corpo di Cristo è necessaria per i fedeli, perché con esso possono tendere al Signore; ma quando si sarà pervenuti alla visione del Verbo di cui parlavamo, non sarà più necessaria la distribuzione del suo corpo. Perciò la permanenza di Cristo nel suo corpo per quaranta giorni dopo la risurrezione era necessaria per dimostrare che la fede nell'incarnazione di Cristo è necessaria finché - come la Scrittura ci insegna - per la durata della vita presente l'arca [della Chiesa] fluttua in mezzo al diluvio. Ecco quanto vi dico, fratelli: credete che Gesù Cristo è nato dalla vergine Maria e che, crocifisso, è poi risorto. Non sarà necessario porre delle domande su tali verità dopo che sarà passata questa vita, perché le abbiamo già accolte nella fede; conserviamole: sono necessarie per la nostra debolezza. Pensate all'amore della gallina [a cui Cristo si è paragonato], che protegge la nostra debolezza 33. Pensate di essere il giumento di quell'uomo compassionevole che passava per la via, sul quale egli caricò l'infelice che era stato ferito 34. Lo caricò. Dove? Sul suo giumento. Giumento del Signore fu il suo corpo. Quando dunque sarà passato questo mondo, che cosa ti verrà detto? Poiché hai creduto secondo verità nel corpo di Cristo, ora godi della maestà e della divinità di Cristo. Cristo debole fu necessario per l'uomo debole; Cristo forte sarà necessario quando l'uomo diventerà forte.
La futura risurrezione della carne.
6. Anche tu deporrai la tua debolezza, secondo la parola che hai ascoltato dall'Apostolo: È necessario che questo corpo corruttibile si rivesta d'incorruzione e che il nostro corpo mortale si rivesta d'immortalità 35. Poiché né la carne né il sangue erediteranno il regno di Dio. 36 Perché non lo erediteranno? Forse perché la carne non risorgerà? No certamente: la carne risorgerà; ma che cosa succede? Verrà mutata e diventerà un corpo celeste e angelico. Forse gli angeli hanno un corpo? Ma questo è il problema che ci interessa, perché è questa carne che risorgerà, questa stessa che viene sepolta, che muore; questa che si vede, si tocca, che deve mangiare e bere perché possa durare nel tempo; che si ammala, che soffre dolori; questa stessa deve risorgere: nei cattivi per andare alle pene eterne, nei buoni perché vengano mutati. E quando sarà stata mutata che cosa diventerà? Sarà chiamata corpo celeste, non più carne mortale; perché è necessario che questo corpo corruttibile si rivesta d'incorruzione e che il nostro corpo mortale si rivesta d'immortalità 37. Certi eretici si meravigliano che Dio possa fare della carne un corpo celeste, lui che ha fatto dal nulla tutte le cose. Rivestito della sua carne mortale il Signore fece venire il vino dall'acqua e desta meraviglia che possa fare della carne un corpo celeste? Non abbiate dubbi sulla capacità di Dio, perché ha la potenza di fare tali cose. Gli angeli non erano nulla perché potessero venire all'esistenza, ma sono quello che sono per la sua potenza. Colui che ha potuto crearti quando non esistevi, non potrà farti ritornare ciò che tu eri prima, non potrà, in virtù della sua incarnazione, dare il premio della gloria alla tua fede? Quando saranno passate le realtà presenti, avremo come destino ciò di cui parla Giovanni: Carissimi, fin d'ora noi siamo figli di Dio, ma non è ancora stato manifestato quello che saremo. Sappiamo che quando ciò verrà manifestato saremo simili a lui perché lo vedremo quale egli è 38. Preparatevi a questa visione. Nel frattempo, finché siete in questa carne mortale, credete nel Cristo incarnato e credeteci con tale fermezza da non pensare di essere stati ingannati da qualche menzogna. Mai mente la verità. Se mentisse dove andremo a consigliarci? che cosa faremo? a chi crederemo? Perciò la verità è il Verbo vero, la sapienza vera, la potenza vera di Dio. Il Verbo si è fatto carne 39: carne vera. Palpatemi e osservate: uno spirito infatti non ha carne ed ossa come vedete che ho io 40. Erano ossa vere, muscoli veri, cicatrici vere; vero ciò che si poteva toccare, vero ciò che si percepiva. Si toccava un uomo, si percepiva Dio; si toccava un corpo, si percepiva la sapienza; si toccava un essere debole, si percepiva un essere potente. Tutto vero. Tuttavia quel corpo, il capo, è andato avanti, in cielo. Lo seguiranno le altre membra. Perché? Perché è necessario che queste membra si addormentino per un po' di tempo e poi risorgano tutte quante al loro tempo. Se anche il Signore avesse voluto risorgere insieme a tutti, non avremmo in chi credere. Perciò volle in se stesso offrire a Dio le primizie di coloro che dormono perché, vedendo ciò che è stato restituito a lui, lo sperassi anche per te come dono. Tutto il popolo di Dio sarà elevato alla stessa dignità degli angeli e ad essi associato. Perciò nessuno vi dica, fratelli: gli stolti cristiani credono nella risurrezione della carne: ma chi risorge? chi mai è risorto? chi è ritornato dall'oltretomba e ve l'ha detto? Cristo è venuto di lì! O disgraziato! O cuore umano perverso e invertito! Se un suo antenato risorgesse gli crederebbe: è risorto il Signore del mondo e non vuol credere!
La dottrina cattolica sulla Trinità.
7. Rimanete saldi, fratelli miei, nella vera, autentica fede cattolica. Il Figlio è uguale al Padre; lo Spirito Santo, dono di Dio, è uguale al Padre; e il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo sono un solo Dio, non tre dèi; non vicini l'uno all'altro con potestà diversa, ma uniti tra loro nella stessa maestà: sono un solo Dio. Tuttavia il Figlio, per noi, da Verbo che era si è fatto carne ed ha abitato in mezzo a noi 41. Non ritenne una rapina la sua uguaglianza con Dio, ma annientò se stesso assumendo la natura di schiavo e rivestendo la natura umana 42. Come sapete, fratelli, questa Trinità è veramente uguale. È stato detto: Il Padre è maggiore di me 43 solo a motivo della natura umana che il Signore assunse. Difatti dello Spirito Santo non fu mai detto: "È inferiore", proprio perché questi non assunse la natura umana. Verificate quanto ho detto: scrutate tutte le Scritture, sfogliate ogni pagina, leggete ogni versetto; non troverete da nessuna parte che lo Spirito Santo sia inferiore a Dio. Di Cristo invece si è detto che era inferiore perché per noi si è fatto inferiore a Dio, affinché per suo mezzo noi potessimo essere elevati più in alto.
1 - Cf. Gv 20, 25.
2 - Cf. At 1, 3-4; 10, 40-41.
3 - Cf. Mt 16, 22-23.
4 - Cf. Mt 23, 37.
5 - Cf. Gv 1, 14.
6 - Gv 14, 1.
7 - Gv 14, 28.
8 - Gv 10, 30.
9 - Cf. Fil 2, 6.
10 - Gv 14, 8.
11 - Gv 14, 9.
12 - Mt 11, 15.
13 - Cf. Mt 23, 37.
14 - Gn 3, 5.
15 - Fil 2, 5-8.
16 - Gv 14, 28.
17 - Gv 10, 30.
18 - Gv 14, 9.
19 - Gv 14, 28.
20 - Fil 2, 6-8.
21 - Gv 14, 28.
22 - Gv 1, 1.
23 - Cf. Gv 1, 3.
24 - Cf. Gv 1, 1-3.
25 - Cf. Sal 8, 6.
26 - Cf. Sal 18, 6; 2 Cor 11, 2.
27 - Cf. Mt 4, 2.
28 - 1 Re 19, 8.
29 - Cf. Es 34, 28.
30 - Cf. Nm 32, 13.
31 - Cf. Gn 6.8.
32 - Gv 1, 1.
33 - Cf. Mt 23, 37.
34 - Cf. Lc 10, 30-34.
35 - 1 Cor 15, 53.
36 - 1 Cor 15, 50.
37 - 1 Cor 15, 53.
38 - 1 Gv 3, 2.
39 - Gv 1, 14.
40 - Lc 24, 39.
41 - Gv 1, 14.
42 - Fil 2, 6-7.
43 - Gv 14, 28.
25 - Come ad un anno e mezzo la santissima bambina Maria cominciò a parlare
La mistica Città di Dio - Libro primo - Suor Maria d'Agreda
Leggilo nella Biblioteca388. Venne il tempo in cui il sacro silenzio della purissima Maria doveva infrangersi in modo salutare e gradito a Dio per ascoltare sulla nostra terra la voce di quella tortora divina, annunciatrice della primavera della grazia. Prima però di ricevere il permesso dal Signore di cominciare a parlare con gli uomini - che avvenne nel diciottesimo mese della sua infanzia - ebbe una visione intellettuale della Divinità, non per intuizione, ma per immagini. Il Signore le rinnovò le visioni che altre volte aveva ricevuto e moltiplicò le grazie ed i favori. In questa visione si svolse tra la bambina e il Signore un dolcissimo colloquio che con timore oso riportare con mie parole.
389. La piccola Regina parlò dunque a Dio e disse: «Altissimo Signore ed incomparabile Dio! Come potete essere così prodigo di favori con la più povera e la più inutile delle creature? Come potete riversare, con così amabile degnazione, la vostra grandezza sulla vostra ancella che è incapace di ricambiarvi? Dunque l'Altissimo si degna di guardare l'umiltà della sua serva? L'Onnipotente arricchisce la tapina? Il Santo dei santi s'inchina sulla polvere? Io, o Signore, sono la più piccola fra tutte le creature; sono quella che merito meno i vostri benefici. Che cosa farò dunque alla vostra presenza? Con che cosa vi ricambierò di ciò che vi devo? O Signore, che cosa ho mai io, che non vi appartenga, se siete voi a darmi la vita, l'essere e il movimento? Io mi rallegro anche, mio amatissimo Signore, nel vedere che non c'è bene che non sia vostro e che fuori di voi stesso la creatura non possiede nulla; che sia consuetudine e gloria per voi innalzare chi è più basso, favorire chi è più misero e dare l'essere a chi non lo ha, affinché la vostra magnificenza sia maggiormente conosciuta ed esaltata».
390. Il Signore le rispose e disse: «Colomba e diletta mia, tu trovasti grazia ai miei occhi; tu sei la mia amica, scelta per la mia delizia. Ed io voglio manifestarti ciò che maggiormente desidero e bramo da te». Questi accenti del Signore ferirono di nuovo il cuore tenerissimo, sebbene forte, della bambina, sciogliendolo d'amore; e l'Altissimo compiacendosene proseguì dicendo: «Io sono il Dio della misericordia e amo con immenso amore i mortali: tra i molti che mi hanno tradito con i loro peccati conto alcuni uomini giusti ed amici che mi hanno servito e mi servono di cuore. Ed io ho stabilito di salvarli, inviando loro il mio Unigenito, perché non siano privi della mia gloria, né io della loro eterna lode».
391. A questa dichiarazione, replicò la bambina Maria:
«Altissimo Signore e re potente, vostre sono le creature e vostro è ogni potere; voi Solo siete il santo, la guida suprema di tutto il creato. La vostra stessa bontà v'impegni ad affrettare la discesa del vostro Figlio unigenito per redimere i figli di Adamo. Giunga finalmente il giorno sospirato dai miei antichi Padri e vedano i mortali la vostra eterna salvezza. Perché mai, o mio amato Signore, essendo voi il padre pietoso delle misericordie, rimandate tanto l'opera della salvezza per i vostri figli prigionieri ed afflitti, che da tanto tempo l'aspettano? Se la mia vita può contribuire a qualcosa, io ve la offro, pronta a sacrificarla per loro».
392. Allora l'Altissimo con grande benevolenza le ordinò che, da quel momento in poi, più volte e tutti i giorni, gli chiedesse di affrettare l'incarnazione del Verbo per il riscatto di tutto il genere umano; e che piangesse i peccati degli uomini che ostacolavano la loro stessa redenzione e salvezza. E subito le dichiarò che era giunto il tempo di esercitare tutti i sensi e che per sua maggior gloria conveniva ormai che parlasse con le creature umane. La bambina per adempire bene questo precetto si rivolse a Dio e disse:
393. «Altissimo Signore di incomprensibile grandezza, come oserà la polvere; l'infima delle creature, trattare misteri così alti e reconditi e considerati di inestimabile prezzo perfino da voi? Come potrò esigerne da voi il compimento e che cosa può mai ottenere la creatura che non vi ha servito in niente? Tuttavia voi, o mio diletto, vi sentirete obbligato dalla stessa necessità e così l'inferma cercherà la salute, l'assetata desidererà le sorgenti della vostra misericordia ed ubbidirà alla vostra divina volontà. E se voi ordinate, o Signore, che io apra le mie labbra per trattare e parlare con altri fuori di voi stesso, che siete tutto il mio bene e il mio desiderio, vi supplico di volgere lo sguardo alla mia fragilità e al pericolo in cui potrei cadere. È molto difficile, infatti, per la creatura dotata di ragione, non eccedere nelle parole e non sbagliare ed io, perciò, tacerei tutta la vita, con il vostro consenso, per non cadere nel rischio di perdervi. E se ciò dovesse accadere, per me sarebbe impossibile vivere anche un solo istante».
394. Questa fu la risposta della bambina Maria, che temeva tantissimo il nuovo e pericoloso ministero della parola che le veniva comandato; sicché per quanto dipendeva dalla sua volontà, se Dio glielo avesse consentito, avrebbe desiderato osservare un perfetto silenzio e starsene zitta tutta quanta la vita. Quale umiliazione e quale esempio sublime per l'insipienza dei mortali! Colei che parlando non poteva peccare, temeva tanto il pericolo della lingua; e noi, che non possiamo parlare senza peccare, ci sentiamo morire e ci consumiamo per farlo. Dunque, o dolcissima bambina e Regina di tutto il creato, perché volete tacere? Non considerate, o mia Signora, che il vostro silenzio sarebbe rovina del mondo, tristezza per il cielo e perfino, a nostro limitato modo di intendere, una grande perdita per la santissima Trinità? Non sapete che con la risposta «Fiat mihi» all'arcangelo, contribuirete, in un certo modo, al compimento di tutto ciò che è stato preordinato, dando all'eterno Padre una figlia, all'eterno Figlio una madre, allo Spirito Santo una sposa, riparazione agli angeli, rimedio agli uomini, gloria ai cieli, pace alla terra, un'avvocata al mondo, salute agli infermi, vita ai morti, compiendo inoltre la volontà di Dio circa tutto quello che egli può desiderare fuori di se stesso? Ora, se dalla vostra sola parola dipende la maggior opera dell'onnipotenza divina e il bene di tutto il creato, come potete, o Signora e maestra mia, tacere, mentre è d'uopo che voi parliate? Parlate pure, o bambina, e la vostra voce si faccia sentire in tutto il cielo!
395. Iddio si compiacque del prudentissimo riguardo della sua sposa ed il suo cuore fu nuovamente ferito dall'amorevole timore della nostra bambina. Soddisfatte della loro diletta, le tre divine Persone, conferendo tra loro circa la sua richiesta, pronunciarono le parole del Cantico dei Cantici: «Piccola è la nostra sorella e ancora non ha seni; che faremo per la nostra sorellina il giorno in cui parlerà? Se lei fosse un muro, le costruiremmo sopra un recinto d'argento. Piccola sei agli occhi tuoi, sorella nostra diletta, ma grande sei e sarai agli occhi nostri. Per questo disprezzo di te stessa con uno dei tuoi capelli hai rapito il nostro cuore. Sei piccola anche nella stima che hai di te stessa e proprio questo ci affeziona a te e ci fa innamorare ancora di più. Non hai capezzoli per nutrire con le tue parole e neppure la legge sull'impurità, che non volli e non voglio che s'intenda fatta per te, ti riconosce donna. Ti umilii, mentre sei grande sopra ogni altra creatura; temi, mentre sei sicura; vuoi prevenire il pericolo, mentre non ti può minacciare. Che faremo noi con la nostra sorella il giorno che per nostra volontà aprirà le sue labbra per benedirci, quando invece i mortali le aprono per bestemmiare il nostro santo nome? Che faremo per celebrare un giorno così festivo come è quello in cui parlerà? Con che cosa premieremo questa sua precauzione così umile e sempre gradita ai nostri occhi? Dolce fu il suo silenzio e dolcissima sarà al nostro orecchio la sua voce. Se lei è un muro forte, per essere stata edificata con la virtù della nostra grazia e rafforzata con la potenza del nostro braccio, riedifichiamo allora sopra una così grande fortezza, nuove torri d'argento, aggiungendo così nuovi doni ai passati. E siano d'argento questi doni, perché ne divenga più ricca e preziosa; siano purissime le sue parole quando parlerà, candide, terse e sonore al nostro orecchio; sulle labbra abbia sempre diffusa la nostra grazia e sia sempre con lei la nostra onnipotente mano e protezione».
396. Nello stesso tempo in cui, a nostro modo di intendere, conferivano le tre divine Persone, la nostra divina bambina venne consolata e confortata nell'umile angustia di dover incominciare a parlare. Il Signore le promise allora di essere presente in lei e di dirigerla nelle parole, affinché tutte fossero di suo gradimento. Impetrò così da sua Maestà di nuovo la benedizione, per aprire le sue labbra piene di grazia. Quindi per agire in tutto con attenzione e prudenza, la prima parola che proferì, la rivolse ai suoi genitori, san Gioacchino e sant'Anna, chiedendo loro la benedizione, poiché erano quelli che dopo Dio le avevano dato la vita. I due fortunati santi la sentirono parlare con gioia e nello stesso tempo videro che cominciava a camminare da sola. Sua madre Anna felice, prendendola in braccio, le disse: «Figlia mia e diletta del mio cuore, sia per volontà e per gloria dell'Altissimo che noi ascoltiamo la tua voce e le tue parole e che tu cominci a camminare per crescere nel suo servizio. Siano le tue espressioni e le tue parole poche, misurate e ben ponderate; ed i tuoi passi siano retti e indirizzati al servizio e all'onore del nostro Creatore».
397. La santissima bambina ascoltò queste ed altre parole che sua madre sant'Anna le disse; le scrisse nel suo tenero cuore, per custodirle con profonda umiltà ed obbedienza. Nell'anno e mezzo seguente, fino al compimento dei tre anni, quando andò al tempio, furono però molto poche le parole che pronunciò, eccetto quando la chiamava sua madre per sentirla parlare e le ordinava di conversare con lei sui misteri divini. E questo faceva la bambina, ascoltando ed interrogando sua madre. Colei che in sapienza superava tutti i mortali voleva invece essere istruita ed educata: e così figlia e madre s'intrattenevano in dolcissimi colloqui sul Signore.
398. Non sarebbe facile e neanche possibile narrare quello che fece la bambina Maria, durante questi diciotto mesi in cui visse in compagnia di sua madre che, contemplando alcune volte la propria figlia, più degna di venerazione dell'arca figurativa dell'alleanza, versava copiose e dolci lacrime d'amore e di gratitudine. Mai le rivelò però il segreto che teneva chiuso nel suo cuore, cioè che lei era eletta a diventare madre del Messia, nonostante trattassero molte volte di questo ineffabile mistero, nel quale Maria si infiammava di ardentissimo amore e diceva cose sublimi su di esso e sulla propria dignità che ancora ignorava. Nella fortunatissima madre sant'Anna cresceva così sempre più l'allegrezza, l'amore e la cura per la propria figlia, il suo tesoro più prezioso.
399. Le forze della tenera bambina Regina non erano proporzionate agli umili lavori cui la spingevano la profonda umiltà ed il suo amore, poiché la signora di tutte le creature, stimandosi l'ultima, voleva mostrarsi tale anche in tutto ciò che faceva, occupandosi dei lavori più vili e più servili della casa. E credeva che se non avesse servito tutti, non avrebbe soddisfatto il suo debito né corrisposto al volere del Signore; ma nell'appagare il suo infiammato amore restava indietro, perché le sue forze non arrivavano a quanto desiderava. I supremi serafini baciavano la terra su cui lei posava i suoi santi piedi. Tuttavia si sforzava alcune volte di compiere dei lavori umili, come pulire e spazzare la casa e, siccome non glielo permettevano, cercava di farlo quando si trovava da sola; allora l'assistevano e l'aiutavano i santi angeli, affinché raccogliesse in qualcosa il frutto della sua umiltà.
400. La casa di Gioacchino non era molto ricca, ma nemmeno povera. Quindi conformemente allo stato dignitoso della sua famiglia, sant'Anna desiderava adornare la sua santissima figlia con il miglior vestito che poteva permettersi, sia pure entro i limiti della morigeratezza e della modestia. L'umilissima bambina accettò questo segno di affetto e delicatezza materni, senza opporsi, per tutto il tempo in cui ancora non parlava. Quando invece incominciò a parlare, chiese umilmente a sua madre che non le mettesse vestiti costosi ed eleganti ma che fossero grossolani, poveri e, se possibile, usati da altri e di colore scuro, cinereo, simile a quello che oggi usano le monache di santa Chiara. La santa madre, che riguardava e venerava la propria figlia come sua Signora, le rispose: «Figlia mia, io farò quello che mi chiedi riguardo alla forma ed al colore del vestito che desideri, però tu sei una bambina debole e non puoi portare stoffe grossolane come chiedi; perciò in questo ubbidirai a me».
401. La bambina, ubbidiente al volere di sua madre sant'Anna, non replicò, perché mai lo faceva. Si lasciò così vestire di quell'abito che le diede e che fu, però, del colore e della forma che aveva desiderato: simile agli abiti con cui sogliono vestire i bambini, per i quali si è fatto un voto. Certo lei lo avrebbe desiderato più povero e ruvido, ma compensò questo con l'obbedienza, che è la virtù più sublime del sacrificio. Così la santissima bambina fu ubbidiente a sua madre e allo stesso tempo povera nel vestire, ritenendosi indegna anche di quello che usava per difesa naturale della vita. Nell'obbedienza ai genitori fu bravissima e prontissima per tutti i tre anni che visse in loro compagnia perché, conoscendo per divina scienza i loro pensieri e gli intimi desideri, si teneva pronta ad ubbidire in tutto. Per quello, poi, che faceva da sé chiedeva sempre il permesso e la benedizione di sua madre, baciandole la mano con umiltà e riverenza. E benché la prudente madre esternamente vi acconsentisse, tuttavia internamente era colma di venerazione per la grazia e la dignità della figlia.
402. Questa, alcune volte, in tempi favorevoli, si ritirava in solitudine per godere con più libertà della vista e dei colloqui divini con i santi angeli e per manifestare loro con segni esterni l'ardente amore verso il suo e loro Dio. Faceva molti esercizi; si prostrava piangendo ed affliggeva quel corpicino, delicato e innocente, per i peccati dei mortali, implorando la misericordia dell'Altissimo affinché prodigasse loro grandi benefici: doni e grazie che fin d'allora cominciò ad ottenere. E benché il dolore interiore, per le colpe che conosceva, e la forza dell'amore, che le causava tale dolore, producessero in lei, gli effetti di una pena e di un tormento intensissimo, tuttavia, non soddisfatta di questo, cominciò ad usare in quell'età le prime forze corporali. Le mise in pratica con la mortificazione e la penitenza, per essere in tutto Madre di misericordia e mediatrice della grazia, senza trascurare neppure per un istante, alcuna azione per cui ottenere benedizioni su di sé e su di noi.
403. Giunta all'età di due anni cominciò a distinguersi molto nella dedizione e nella carità verso i poveri. Chiedeva a sua madre sant'Anna l'elemosina per loro; e la pia madre piena di bontà e di compassione veniva incontro sia ai poveri che alla sua santissima figlia, esortando quest'ultima, maestra di carità e di perfezione, ad amarli e riverirli. Oltre quello che riceveva dalla madre, la santa bambina, fin da quella tenera età, riservava parte del suo cibo per distribuirlo ai poveri. Poteva così dire con più diritto di Giobbe: «Dalla mia fanciullezza crebbe con me la compassione ». Dava poi l'elemosina, non come chi fa un beneficio gratuito, ma come chi soddisfa un debito di giustizia, dicendo nel suo cuore: «A questo fratello e signor mio ciò è ben dovuto, perché, se lui non lo possiede, io lo possiedo senza meritarlo». Consegnandogli l'elemosina gli baciava la mano e, se si trovava da sola, gli baciava anche i piedi o, non potendo far questo, baciava il suolo che il povero aveva toccato. Mai dava, però, l'elemosina a qualcuno senza farla anche all'anima, pregando per essa; e così i poveri andavano via rifocillati nel corpo e nello spirito.
404. Non meno ammirabili furono l'umiltà e l'obbedienza della santissima bambina nel farsi insegnare a leggere e istruire su altre cose, come è naturale in quell'età. Così l'educarono i suoi genitori; e tutto imparava colei che era piena di scienza infusa su tutte le cose create. Taceva ed ascoltava, con stupore degli angeli che ammiravano in una tale bambina una prudenza tanto singolare. Sua madre sant'Anna, conformemente all'amore e all'illuminazione che riceveva, stava attenta alla divina Principessa e per le sue azioni benediceva l'Altissimo. Avvicinandosi però il tempo di condurla al tempio, cresceva con l'amore anche il batticuore, al pensiero che al termine dei tre anni, stabiliti dall'Onnipotente, le sarebbe stato imposto di adempiere il voto. La bambina Maria incominciò così a preparare sua madre, manifestandole, sei mesi prima, il desiderio che aveva di vedersi già nel tempio. Le parlava dei benefici che aveva ricevuto dalla mano del Signore, di come fosse doveroso adempiere alla sua santissima volontà e di come nel tempio, dedicandosi a Dio, sarebbe stata più vicina a lei di quanto non lo fosse in casa.
405. Sant'Anna ascoltava le prudenti parole della sua bambina Maria; e benché fosse rassegnata alla volontà divina e volesse adempiere la promessa di offrire la sua amata figlia, tuttavia la forza dell'amore naturale verso un pegno così unico e caro - il tesoro di cui ella conosceva il valore inestimabile - combatteva nel suo fedelissimo cuore con il dolore della sua assenza, che già la opprimeva pur essendo vicino alla bambina. E senza dubbio di una pena così veemente e dura ne sarebbe morta, se la mano onnipotente dell'Altissimo non l'avesse confortata, perché la dignità e la grazia - note solo a lei - della sua divina figlia, le avevano rapito il cuore; e la sua presenza e il suo tratto erano più desiderabili della sua stessa vita. Con questa angoscia rispondeva talvolta alla bambina, dicendo: «Figlia mia diletta, per molti anni ti ho desiderato, per pochi invece merito di godere della tua compagnia, purché si adempia la volontà di Dio. Tuttavia sebbene non mi oppongo alla promessa di portarti al tempio, nondimeno mi resta tempo per adempierla; abbi per ora pazienza, finché arrivi il giorno in cui si avvereranno i tuoi desideri».
406. Pochi giorni prima che compisse tre anni, Maria santissima ebbe una visione astratta della Divinità, nella quale le fu manifestato che già si avvicinava il tempo in cui Dio ordinava che fosse portata al suo tempio, per vivere ivi dedicata e consacrata al suo servizio. A questo annuncio il suo purissimo spirito si riempì di nuova gioia e riconoscenza; e parlando con il Signore lo ringraziò e disse: «Altissimo Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, mio eterno e sommo bene, poiché io non posso lodarvi degnamente lo facciano, a nome di questa umile serva, tutti gli spiriti angelici, perché voi, immenso Signore, che di nessuna cosa avete bisogno, riguardate questo vile vermiciattolo con la grandezza della vostra prodiga misericordia. Come mai proprio a me questo beneficio: che mi riceviate nella vostra casa ed al vostro servizio, mentre non merito neppure l'angolo più oscuro e spregevole della terra? Lasciatevi muovere dalla vostra bontà, così che io possa supplicarvi di ispirare ai miei genitori il compimento della vostra santa volontà».
407. Immediatamente sant'Anna ebbe un'altra visione, nella quale il Signore le ordinò di adempiere la promessa, portando al tempio sua figlia per presentarla a Dio, nello stesso giorno in cui compiva tre anni. Non vi è dubbio che questo precetto fu per la santa madre di maggior dolore di quanto non fu per Abramo quello di sacrificare Isacco; ma il Signore stesso la consolò e confortò, promettendole la sua grazia ed il suo sostegno, quando le avrebbe tolta la sua amata figlia e sarebbe rimasta da sola. La santa madre si mostrò allora rassegnata e pronta per adempiere quello che l'altissimo Signore le comandava; ed ubbidiente fece questa orazione: «Signore, Dio eterno, padrone di tutto il mio essere, io ho già offerto al vostro tempio e per il vostro servizio la figlia mia, che voi mi avete donato con ineffabile misericordia; è vostra ed io ve la dono, rendendovi grazie per il tempo in cui l'ho tenuta e per averla concepita e cresciuta. Ricordatevi, però, o Dio e Signor mio, che nel custodire questo vostro inestimabile tesoro io ero ricca. Avevo compagnia in questo deserto ed in questa valle di lacrime; allegrezza nella malinconia; sollievo nei miei travagli; specchio per regolare la mia vita ed esempio di sublime perfezione, che spronava la mia tiepidezza ed infervorava il mio affetto. E per questa sola creatura, io attendevo la vostra grazia e la vostra misericordia. Ora temo nel ritrovarmi senza di lei, che mi manchi tutto! Guarite, o Signore, la ferita del mio cuore e non trattatemi secondo quello che merito, bensì guardatemi come pietoso Padre di misericordia. Io porterò mia figlia al tempio, come voi, o Signore, mi comandate».
408. Nello stesso tempo san Gioacchino aveva avuto un'altra visita o visione divina, nella quale il Signore gli comandava lo stesso ordine che aveva comunicato a sant'Anna. I santi coniugi conferirono tra loro due e conoscendo la volontà divina decisero di adempierla con rassegnazione; stabilirono così il giorno per portare la bambina al tempio. Il dolore che il santo vegliardo sentì nel profondo del suo cuore fu immenso, ma non così violento come quello di sant'Anna, perché lui ignorava il mistero altissimo che sua figlia sarebbe divenuta la Madre di Dio.
Insegnamento della Regina del cielo
409. Figlia mia, carissima, considera che tutti i viventi nascono destinati alla morte. Non conoscono il termine della loro vita, ma sanno con certezza che il loro tempo è breve e l'eternità è senza fine ed in essa l'uomo raccoglierà solamente ciò che avrà seminato di cattive o di buone opere; queste daranno allora il loro frutto, di morte o di vita eterna. In un viaggio così pericoloso non vuole perciò Dio che qualcuno conosca con certezza se sia degno del suo amore o del suo disprezzo, affinché, se dotato di ragione, questo dubbio gli serva da stimolo a cercare con tutte le sue forze l'amicizia del Signore. E Dio giustifica la sua causa dal momento in cui l'anima comincia a fare uso della ragione, perché da allora accende in essa una luce e sinderesi, che la stimola e la inizia alla virtù; la distoglie dal peccato, insegnandole a distinguere tra il fuoco e l'acqua approvando il bene e correggendo il male, scegliendo la virtù e riprovando il vizio. Egli inoltre risveglia l'anima e la chiama a sé con ispirazioni sante, con impulsi continui e per mezzo dei sacramenti, dei comma di fede, dei precetti, dei santi angeli, dei predicatori, dei confessori, dei superiori, dei maestri; di ciò che l'anima prova in sé nelle afflizioni e nei benefici che Dio le manda; di ciò che sente nelle tribolazioni altrui, nelle morti ed in altri avvenimenti e mezzi che la sua provvidenza dispone per attirare tutti a sé, perché vuole che tutti siano salvi. Di tutte queste cose Dio fa una catena di grandi aiuti e favori, di cui la creatura può e deve usare a suo vantaggio.
410. A tutto ciò si oppone la parte inferiore e sensitiva dell'uomo che, con il fomite del peccato, inclina verso le cose sensibili e muove la concupiscenza e l'irascibilità, affinché, confondendo la ragione, trascinino la volontà cieca ad abbracciare la libertà del piacere. Il demonio, da parte sua, con inganni e con false ed inique suggestioni oscura il senso interiore e nasconde il veleno mortale che si trova nei piaceri transeunti. L'Altissimo però non abbandona subito le sue creature, anzi rinnova la sua misericordia, gli aiuti e le grazie. E se esse rispondono alla sua chiamata ne aggiunge tante altre secondo la sua equità; dinanzi alla corrispondenza dell'anima le va aumentando e moltiplicando. Così come premio, perché l'anima ha dovuto vincersi, si vanno attenuando le inclinazioni alle sue passioni ed al fomite e lo spirito si alleggerisce sempre più, potendosi sollevare in alto, molto al di sopra delle tendenze negative e del cattivo nemico, il demonio.
411. L'uomo invece che si lascia trasportare dal diletto e dalla spensieratezza porge la mano al nemico di Dio e suo; e quanto più si allontana dalla divina bontà tanto più si rende indegno delle sue grazie e sente meno gli aiuti, benché siano grandi. Così il demonio e le passioni acquistando maggiore forza e dominio sulla ragione la rendono sempre più inetta ed incapace di accogliere la grazia dell'Altissimo. O figlia ed amica mia, in questa dottrina consiste il punto principale da cui dipende la salvezza o la perdita delle anime, cioè dal cominciare a fare resistenza agli aiuti del Signore o ad accettarli. Voglio perciò che non trascuri questo insegnamento affinché tu possa rispondere alle molte chiamate che l'Altissimo ti volge. Cerca allora di essere forte nel resistere ai tuoi nemici, puntuale e costante nell'eseguire i desideri del tuo Signore, così gli darai soddisfazione e sarai attenta nel fare il suo volere, che già conosci con la sua luce divina. Un grande amore portavo ai miei genitori e le parole e la tenerezza di mia madre mi ferivano il cuore, ma, sapendo che era ordine e compiacimento del Signore che io li lasciassi, mi dimenticai della mia casa e del mio popolo, non per altro fine se non per quello di seguire il mio sposo. La buona educazione ed il buon insegnamento della fanciullezza giovano molto per il resto della vita, affinché la creatura si ritrovi più libera e già abituata all'esercizio delle virtù, incominciando così dal porto della ragione a seguire questa stella, guida vera e sicura.
9-38 Luglio 29, 1910 Le due colonne dove l’anima deve poggiarsi.
Luisa Piccarreta (Libro di Cielo)
(1) Continuando il mio solito stato, mi sentivo tanto cattiva, e molto più mi sentivo impressionata, ché anche il confessore mi dice che sono molto scapitata dal mio stato primiero, e se non fosse così Gesù ci verrebbe. Onde, avendo fatto la comunione, io mi lamentavo col benedetto Gesù di queste sue privazioni, e che avesse la bontà di dirmi qual è il male che faccio, ché volentieri metterei la vita anziché dispiacergli: “Quante volte non vi ho detto, se vedete che sto per offendervi, anche minimamente, fatemi morire”. E Gesù mi ha detto:
(2) “Figlia mia, non ti affannare. Se non l’avessi detto anni prima, che per castigare il mondo non sarei venuto così spesso a sgravarmi su di te, e di conseguenza non sarei venuto così spesso, sebbene mai ti avrei lasciato, e per supplire al mio spesso va e vieni, permettevo la messa e la comunione tutti i giorni, per poter tu attingere la forza che attingevi dalle mie visite continue, tanto che giunsi a minacciare il confessore se non si prestava a ciò; eppure, chi non sa i castighi che in questi frattempi hanno successi? Le città intere distrutte, le ribellioni, il ritiramento della grazia dai cattivi, ed anche dagli stessi religiosi cattivi, in modo che quei veleni, quelle piaghe che tenevano dentro, le vanno uscendo fuori. Ahi! non ne posso più, i sacrilegi sono enormi, eppure tutto ciò è niente ancora in confronto ai castighi che verranno. Onde, se non lo avessi detto prima, avresti una certa ragione ad allarmarti. Tu però, le colonne su cui devi poggiarti per poter vivere con piena sicurezza, una è la Volontà mia. Nella mia Volontà non ci possono essere peccati; la mia Volontà mette in frantumi tutte le passioni e peccati, anzi li spolverizza fino a distruggere le radici. Poggiata nella colonna della mia Volontà, le tenebre si convertiranno in luce, i dubbi in certezza, le speranze in possesso. La seconda colonna su cui devi poggiarti è la volontà ferma ed attenzione continua di non offendermi, anche menomamente; disporre il proprio volere a soffrire tutto, ad affrontare tutto, a sottoporsi a tutti, anziché dispiacermi. Quando l’anima vede che è continuamente poggiata su queste colonne, che formano più che la sua stessa vita, può vivere più che sicura che se vivesse in continui miei favori. Molto più, che questo tuo stato lo permetto pure per disporti a partire da questa terra”.