Sotto il Tuo Manto

Martedi, 9 settembre 2025 - San Pietro Claver Sacerdote (Letture di oggi)

Per sua natura, l'amore divino è una forza ardente e nella misura in cui si espande in profondità , si fa sempre più sentire. Questo amore si sente sia nel godimento per la presenza del Signore sia nel vuoto doloroso per la Sua assenza. La presenza dell'Amato produce dolcezza e delizia. Per farci entrare sempre di più in intimità  con Sé, il Signore a volte si nasconde e l'anima soffre terribilmente malgrado abbia raggiunto un elevato stato di santità . Per le anime che vengono dalla dura battaglia della vita, la dolce presenza di Dio è refrigerio. Senza le Sue consolazioni esse si sentono perse come i naviganti senza remi. (Don Nikola Vucic)

Liturgia delle Ore - Letture

Mercoledi della 5° settimana del tempo ordinario

Questa sezione contiene delle letture scelte a caso, provenienti dalle varie sezioni del sito (Sacra Bibbia e la sezione Biblioteca Cristiana), mentre l'ultimo tab Apparizioni, contiene messaggi di apparizioni a mistici o loro scritti. Sono presenti testi della Valtorta, Luisa Piccarreta, don Stefano Gobbi e testimonianze di apparizioni mariane riconosciute.

Vangelo secondo Giovanni 11

1Era allora malato un certo Lazzaro di Betània, il villaggio di Maria e di Marta sua sorella.2Maria era quella che aveva cosparso di olio profumato il Signore e gli aveva asciugato i piedi con i suoi capelli; suo fratello Lazzaro era malato.3Le sorelle mandarono dunque a dirgli: "Signore, ecco, il tuo amico è malato".
4All'udire questo, Gesù disse: "Questa malattia non è per la morte, ma per la gloria di Dio, perché per essa il Figlio di Dio venga glorificato".5Gesù voleva molto bene a Marta, a sua sorella e a Lazzaro.6Quand'ebbe dunque sentito che era malato, si trattenne due giorni nel luogo dove si trovava.7Poi, disse ai discepoli: "Andiamo di nuovo in Giudea!".8I discepoli gli dissero: "Rabbì, poco fa i Giudei cercavano di lapidarti e tu ci vai di nuovo?".9Gesù rispose: "Non sono forse dodici le ore del giorno? Se uno cammina di giorno, non inciampa, perché vede la luce di questo mondo;10ma se invece uno cammina di notte, inciampa, perché gli manca la luce".11Così parlò e poi soggiunse loro: "Il nostro amico Lazzaro s'è addormentato; ma io vado a svegliarlo".12Gli dissero allora i discepoli: "Signore, se s'è addormentato, guarirà".13Gesù parlava della morte di lui, essi invece pensarono che si riferisse al riposo del sonno.14Allora Gesù disse loro apertamente: "Lazzaro è morto15e io sono contento per voi di non essere stato là, perché voi crediate. Orsù, andiamo da lui!".16Allora Tommaso, chiamato Dìdimo, disse ai condiscepoli: "Andiamo anche noi a morire con lui!".
17Venne dunque Gesù e trovò Lazzaro che era già da quattro giorni nel sepolcro.18Betània distava da Gerusalemme meno di due miglia19e molti Giudei erano venuti da Marta e Maria per consolarle per il loro fratello.20Marta dunque, come seppe che veniva Gesù, gli andò incontro; Maria invece stava seduta in casa.21Marta disse a Gesù: "Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!22Ma anche ora so che qualunque cosa chiederai a Dio, egli te la concederà".23Gesù le disse: "Tuo fratello risusciterà".24Gli rispose Marta: "So che risusciterà nell'ultimo giorno".25Gesù le disse: "Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà;26chiunque vive e crede in me, non morrà in eterno. Credi tu questo?".27Gli rispose: "Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio che deve venire nel mondo".
28Dopo queste parole se ne andò a chiamare di nascosto Maria, sua sorella, dicendo: "Il Maestro è qui e ti chiama".29Quella, udito ciò, si alzò in fretta e andò da lui.30Gesù non era entrato nel villaggio, ma si trovava ancora là dove Marta gli era andata incontro.31Allora i Giudei che erano in casa con lei a consolarla, quando videro Maria alzarsi in fretta e uscire, la seguirono pensando: "Va al sepolcro per piangere là".32Maria, dunque, quando giunse dov'era Gesù, vistolo si gettò ai suoi piedi dicendo: "Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!".33Gesù allora quando la vide piangere e piangere anche i Giudei che erano venuti con lei, si commosse profondamente, si turbò e disse:34"Dove l'avete posto?". Gli dissero: "Signore, vieni a vedere!".35Gesù scoppiò in pianto.36Dissero allora i Giudei: "Vedi come lo amava!".37Ma alcuni di loro dissero: "Costui che ha aperto gli occhi al cieco non poteva anche far sì che questi non morisse?".
38Intanto Gesù, ancora profondamente commosso, si recò al sepolcro; era una grotta e contro vi era posta una pietra.39Disse Gesù: "Togliete la pietra!". Gli rispose Marta, la sorella del morto: "Signore, già manda cattivo odore, poiché è di quattro giorni".40Le disse Gesù: "Non ti ho detto che, se credi, vedrai la gloria di Dio?".41Tolsero dunque la pietra. Gesù allora alzò gli occhi e disse: "Padre, ti ringrazio che mi hai ascoltato.42Io sapevo che sempre mi dai ascolto, ma l'ho detto per la gente che mi sta attorno, perché credano che tu mi hai mandato".43E, detto questo, gridò a gran voce: "Lazzaro, vieni fuori!".44Il morto uscì, con i piedi e le mani avvolti in bende, e il volto coperto da un sudario. Gesù disse loro: "Scioglietelo e lasciatelo andare".

45Molti dei Giudei che erano venuti da Maria, alla vista di quel che egli aveva compiuto, credettero in lui.46Ma alcuni andarono dai farisei e riferirono loro quel che Gesù aveva fatto.47Allora i sommi sacerdoti e i farisei riunirono il sinedrio e dicevano: "Che facciamo? Quest'uomo compie molti segni.48Se lo lasciamo fare così, tutti crederanno in lui e verranno i Romani e distruggeranno il nostro luogo santo e la nostra nazione".49Ma uno di loro, di nome Caifa, che era sommo sacerdote in quell'anno, disse loro: "Voi non capite nulla50e non considerate come sia meglio che muoia un solo uomo per il popolo e non perisca la nazione intera".51Questo però non lo disse da se stesso, ma essendo sommo sacerdote profetizzò che Gesù doveva morire per la nazione52e non per la nazione soltanto, ma anche per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi.53Da quel giorno dunque decisero di ucciderlo.
54Gesù pertanto non si faceva più vedere in pubblico tra i Giudei; egli si ritirò di là nella regione vicina al deserto, in una città chiamata Èfraim, dove si trattenne con i suoi discepoli.

55Era vicina la Pasqua dei Giudei e molti dalla regione andarono a Gerusalemme prima della Pasqua per purificarsi.56Essi cercavano Gesù e stando nel tempio dicevano tra di loro: "Che ve ne pare? Non verrà egli alla festa?".57Intanto i sommi sacerdoti e i farisei avevano dato ordine che chiunque sapesse dove si trovava lo denunziasse, perché essi potessero prenderlo.


Primo libro dei Re 22

1Trascorsero tre anni senza guerra fra Aram e Israele.2Nel terzo anno Giòsafat re di Giuda fece visita al re di Israele.3Ora il re di Israele aveva detto ai suoi ufficiali: "Non sapete che Ramot di Gàlaad è nostra? Eppure noi ce ne stiamo inerti, senza riprenderla dalle mani di Aram".4Disse a Giòsafat: "Verresti con me a combattere per Ramot di Gàlaad?". Giòsafat rispose al re di Israele: "Conta su di me come su te stesso, sul mio popolo come sul tuo, sui miei cavalli come sui tuoi".
5Giòsafat disse al re di Israele: "Consulta oggi stesso la parola del Signore".6Il re di Israele radunò i profeti, in numero di circa quattrocento, e domandò loro: "Devo muovere contro Ramot di Gàlaad oppure devo rinunziarvi?". Risposero: "Attaccala; il Signore la metterà nelle mani del re".7Giòsafat disse: "Non c'è più nessun altro profeta del Signore da consultare?".8Il re di Israele rispose a Giòsafat: "Ci sarebbe ancora un uomo, attraverso il quale si potrebbe consultare il Signore, ma io lo detesto perché non mi predice altro che male, mai qualcosa di buono. Si tratta di Michea, figlio di Imla". Giòsafat disse: "Il re non parli così!".9Il re di Israele, chiamato un eunuco, gli ordinò: "Convoca subito Michea, figlio di Imla".
10Il re di Israele e Giòsafat re di Giuda sedevano ognuno sul suo trono, vestiti dei loro mantelli, nell'aia di fronte alla porta di Samaria; tutti i profeti predicevano davanti a loro.11Sedecìa, figlio di Chenaana, che si era fatte corna di ferro, affermava: "Dice il Signore: Con queste cozzerai contro gli Aramei fino al loro sterminio".12Tutti i profeti predicevano allo stesso modo: "Assali Ramot di Gàlaad, riuscirai. Il Signore la metterà nelle mani del re".
13Il messaggero, che era andato a chiamare Michea, gli disse: "Ecco, le parole dei profeti sono concordi nel predire il successo del re; ora la tua parola sia identica alla loro; preannunzia il successo".14Michea rispose: "Per la vita del Signore, comunicherò quanto il Signore mi dirà".15Si presentò al re che gli domandò: "Michea, dobbiamo muovere contro Ramot di Gàlaad oppure dobbiamo rinunziarvi?". Gli rispose: "Attaccala, riuscirai; il Signore la metterà nelle mani del re".16Il re gli disse: "Quante volte ti devo scongiurare di non dirmi se non la verità nel nome del Signore?".17Quegli disse:

"Vedo tutti gli Israeliti
vagare sui monti
come pecore senza pastore.
Il Signore dice: Non hanno padroni; ognuno torni a casa in pace".

18Il re di Israele disse a Giòsafat: "Non te l'avevo forse detto che non mi avrebbe profetizzato nulla di buono, ma solo il male?".19Michea disse: "Per questo, ascolta la parola del Signore. Io ho visto il Signore seduto sul trono; tutto l'esercito del cielo gli stava intorno, a destra e a sinistra.20Il Signore ha domandato: Chi ingannerà Acab perché muova contro Ramot di Gàlaad e vi perisca? Chi ha risposto in un modo e chi in un altro.21Si è fatto avanti uno spirito che - postosi davanti al Signore - ha detto: Lo ingannerò io. Il Signore gli ha domandato: Come?22Ha risposto: Andrò e diventerò spirito di menzogna sulla bocca di tutti i suoi profeti. Quegli ha detto: Lo ingannerai senz'altro; ci riuscirai; va' e fa' così.23Ecco, dunque, il Signore ha messo uno spirito di menzogna sulla bocca di tutti questi tuoi profeti; ma il Signore a tuo riguardo preannunzia una sciagura".
24Allora Sedecìa, figlio di Chenaana, si avvicinò e percosse Michea sulla guancia dicendo: "Per quale via lo spirito del Signore è passato quando è uscito da me per parlare a te?".25Michea rispose: "Ecco, lo vedrai quando passerai di stanza in stanza per nasconderti".26Il re di Israele disse: "Prendi Michea e conducilo da Amon governatore della città e da Ioas figlio del re.27Dirai loro: Il re ordina: Mettetelo in prigione e mantenetelo con il minimo indispensabile di pane e di acqua finché tornerò sano e salvo".28Michea disse: "Se tornerai in pace, il Signore non ha parlato per mio mezzo".
29Il re di Israele marciò, insieme con Giòsafat re di Giuda, contro Ramot di Gàlaad.30Il re di Israele disse a Giòsafat: "Io per combattere mi travestirò: tu resta con i tuoi abiti". Il re di Israele si travestì ed entrò in battaglia.31Il re di Aram aveva ordinato ai capi dei suoi carri - erano trentadue -: "Non combattete contro nessuno, piccolo o grande, se non contro il re di Israele".32Appena videro Giòsafat, i capi dei carri dissero: "Certo, questi è il re di Israele". Si volsero contro di lui per investirlo. Giòsafat lanciò un grido33e allora i capi dei carri si accorsero che egli non era il re di Israele e si allontanarono da lui.
34Ma un uomo tese a caso l'arco e colpì il re di Israele fra le maglie dell'armatura e la corazza. Il re disse al suo cocchiere: "Gira, portami fuori della mischia, perché sono ferito".35La battaglia infuriò per tutto quel giorno; il re se ne stava sul suo carro di fronte agli Aramei. Alla sera morì; il sangue della sua ferita era colato sul fondo del carro.36Al tramonto un grido si diffuse per l'accampamento: "Ognuno alla sua città e ognuno alla sua tenda!37Il re è morto!". Lo portarono in Samaria e là lo seppellirono.38Il carro fu lavato nella piscina di Samaria dove si lavavano le prostitute e i cani leccarono il suo sangue, secondo la parola pronunziata dal Signore.
39Le altre gesta di Acab, tutte le sue azioni, la costruzione della casa d'avorio e delle città da lui erette, sono descritte nel libro delle Cronache dei re di Israele.40Acab si addormentò con i suoi padri. Al suo posto divenne re suo figlio Acazia.
41Giòsafat figlio di Asa divenne re su Giuda l'anno quarto di Acab, re di Israele.42Quando divenne re, Giòsafat aveva trentacinque anni; regnò venticinque anni in Gerusalemme. Sua madre si chiamava Azuba figlia di Silchi.43Imitò in tutto la condotta di Asa suo padre, senza deviazioni, facendo ciò che è giusto agli occhi del Signore.44Ma non scomparvero le alture; il popolo ancora sacrificava e offriva incenso sulle alture.45Giòsafat fu in pace con il re di Israele.
46Le altre gesta di Giòsafat, le prodezze compiute da lui e le sue guerre sono descritte nel libro delle Cronache dei re di Giuda.47Egli spazzò via dalla regione il resto dei prostituti sacri, che esistevano al tempo di suo padre Asa.
48Allora non c'era re in Edom; lo sostituiva un governatore.49Giòsafat costruì navi di Tarsis per andare a cercare l'oro in Ofir; ma non ci andò, perché le navi si sfasciarono in Ezion-Gheber.50Allora Acazia, figlio di Acab, disse a Giòsafat: "I miei servi si uniscano ai tuoi per costituire gli equipaggi delle navi". Ma Giòsafat non accettò.
51Giòsafat si addormentò con i suoi padri, con i quali fu sepolto nella città di Davide suo antenato e al suo posto divenne re suo figlio Ioram.
52Acazia, figlio di Acab, divenne re d'Israele in Samaria nell'anno diciassette di Giòsafat, re di Giuda; regnò due anni su Israele.53Fece ciò che è male agli occhi del Signore; imitò la condotta di suo padre, quella di sua madre e quella di Geroboamo, figlio di Nebàt, che aveva fatto peccare Israele.54Venerò Baal e si prostrò davanti a lui irritando il Signore, Dio di Israele, proprio come aveva fatto suo padre.


Siracide 34

1Speranze vane e fallaci sono proprie dell'uomo
insensato,
i sogni danno le ali agli stolti.
2Come uno che afferra le ombre e insegue il vento,
così chi si appoggia ai sogni.
3Questo dopo quello: tale la visione di sogni,
di fronte a un volto l'immagine di un volto.
4Dall'impuro che cosa potrà uscire di puro?
E dal falso che cosa potrà uscire di vero?
5Oracoli, auspici e sogni sono cose vane,
come vaneggia la mente di una donna in doglie.
6Se non sono inviati dall'Altissimo in una sua visita,
non permettere che se ne occupi la tua mente.
7I sogni hanno indotto molti in errore,
hanno deviato quanti avevano in essi sperato.
8Senza menzogna si deve adempiere la legge,
la sapienza in bocca verace è perfezione.

9Chi ha viaggiato conosce molte cose,
chi ha molta esperienza parlerà con intelligenza.
10Chi non ha avuto delle prove, poco conosce;
chi ha viaggiato ha accresciuto l'accortezza.
11Ho visto molte cose nei miei viaggi;
il mio sapere è più che le mie parole.
12Spesso ho corso pericoli mortali;
ma sono stato salvato grazie alla mia esperienza.
13Lo spirito di coloro che temono il Signore vivrà,
perché la loro speranza è posta in colui che li salva.
14Chi teme il Signore non ha paura di nulla,
e non teme perché egli è la sua speranza.
15Beata l'anima di chi teme il Signore;
a chi si appoggia? Chi è il suo sostegno?
16Gli occhi del Signore sono su coloro che lo amano,
protezione potente e sostegno di forza,
riparo dal vento infuocato e riparo dal sole meridiano,
difesa contro gli ostacoli, soccorso nella caduta;
17solleva l'anima e illumina gli occhi,
concede sanità, vita e benedizione.

18Sacrificare il frutto dell'ingiustizia è un'offerta da
burla;
i doni dei malvagi non sono graditi.
19L'Altissimo non gradisce le offerte degli empi,
e per la moltitudine delle vittime non perdona i peccati.
20Sacrifica un figlio davanti al proprio padre
chi offre un sacrificio con i beni dei poveri.
21Il pane dei bisognosi è la vita dei poveri,
toglierlo a loro è commettere un assassinio.
22Uccide il prossimo chi gli toglie il nutrimento,
versa sangue chi rifiuta il salario all'operaio.
23Uno edifica, l'altro abbatte:
che vantaggio se ne ricava oltre la fatica?
Uno prega, l'altro maledice:
quale delle due voci ascolterà il Signore?
24.25Lavarsi dopo aver toccato un morto, poi toccarlo di
nuovo:
quale utilità c'è in simile abluzione?
26Così l'uomo che digiuna per i suoi peccati
e poi va e li commette di nuovo.
Chi ascolterà la sua supplica?
Quale utilità c'è nella sua umiliazione?


Salmi 49

1'Al maestro del coro. Dei figli di Core. Salmo.'

2Ascoltate, popoli tutti,
porgete orecchio abitanti del mondo,
3voi nobili e gente del popolo,
ricchi e poveri insieme.
4La mia bocca esprime sapienza,
il mio cuore medita saggezza;
5porgerò l'orecchio a un proverbio,
spiegherò il mio enigma sulla cetra.

6Perché temere nei giorni tristi,
quando mi circonda la malizia dei perversi?
7Essi confidano nella loro forza,
si vantano della loro grande ricchezza.

8Nessuno può riscattare se stesso,
o dare a Dio il suo prezzo.
9Per quanto si paghi il riscatto di una vita,
non potrà mai bastare
10per vivere senza fine,
e non vedere la tomba.
11Vedrà morire i sapienti;
lo stolto e l'insensato periranno insieme
e lasceranno ad altri le loro ricchezze.

12Il sepolcro sarà loro casa per sempre,
loro dimora per tutte le generazioni,
eppure hanno dato il loro nome alla terra.
13Ma l'uomo nella prosperità non comprende,
è come gli animali che periscono.

14Questa è la sorte di chi confida in se stesso,
l'avvenire di chi si compiace nelle sue parole.
15Come pecore sono avviati agli inferi,
sarà loro pastore la morte;
scenderanno a precipizio nel sepolcro,
svanirà ogni loro parvenza:
gli inferi saranno la loro dimora.

16Ma Dio potrà riscattarmi,
mi strapperà dalla mano della morte.
17Se vedi un uomo arricchirsi, non temere,
se aumenta la gloria della sua casa.
18Quando muore con sé non porta nulla,
né scende con lui la sua gloria.

19Nella sua vita si diceva fortunato:
"Ti loderanno, perché ti sei procurato del bene".
20Andrà con la generazione dei suoi padri
che non vedranno mai più la luce.

21L'uomo nella prosperità non comprende,
è come gli animali che periscono.


Isaia 49

1Ascoltatemi, o isole,
udite attentamente, nazioni lontane;
il Signore dal seno materno mi ha chiamato,
fino dal grembo di mia madre ha pronunziato il mio nome.
2Ha reso la mia bocca come spada affilata,
mi ha nascosto all'ombra della sua mano,
mi ha reso freccia appuntita,
mi ha riposto nella sua faretra.
3Mi ha detto: "Mio servo tu sei, Israele,
sul quale manifesterò la mia gloria".
4Io ho risposto: "Invano ho faticato,
per nulla e invano ho consumato le mie forze.
Ma, certo, il mio diritto è presso il Signore,
la mia ricompensa presso il mio Dio".
5Ora disse il Signore
che mi ha plasmato suo servo dal seno materno
per ricondurre a lui Giacobbe
e a lui riunire Israele,
- poiché ero stato stimato dal Signore
e Dio era stato la mia forza -
6mi disse: "È troppo poco che tu sia mio servo
per restaurare le tribù di Giacobbe
e ricondurre i superstiti di Israele.
Ma io ti renderò luce delle nazioni
perché porti la mia salvezza
fino all'estremità della terra".
7Dice il Signore,
il redentore di Israele, il suo Santo,
a colui la cui vita è disprezzata, al reietto delle nazioni,
al servo dei potenti:
"I re vedranno e si alzeranno in piedi,
i principi vedranno e si prostreranno,
a causa del Signore che è fedele,
a causa del Santo di Israele che ti ha scelto".

8Dice il Signore:
"Al tempo della misericordia ti ho ascoltato,
nel giorno della salvezza ti ho aiutato.
Ti ho formato e posto
come alleanza per il popolo,
per far risorgere il paese,
per farti rioccupare l'eredità devastata,
9per dire ai prigionieri: Uscite,
e a quanti sono nelle tenebre: Venite fuori.
Essi pascoleranno lungo tutte le strade,
e su ogni altura troveranno pascoli.
10Non soffriranno né fame né sete
e non li colpirà né l'arsura né il sole,
perché colui che ha pietà di loro li guiderà,
li condurrà alle sorgenti di acqua.
11Io trasformerò i monti in strade
e le mie vie saranno elevate.
12Ecco, questi vengono da lontano,
ed ecco, quelli vengono da mezzogiorno e da occidente
e quelli dalla regione di Assuan".
13Giubilate, o cieli; rallegrati, o terra,
gridate di gioia, o monti,
perché il Signore consola il suo popolo
e ha pietà dei suoi miseri.
14Sion ha detto: "Il Signore mi ha abbandonato,
il Signore mi ha dimenticato".
15Si dimentica forse una donna del suo bambino,
così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere?
Anche se queste donne si dimenticassero,
io invece non ti dimenticherò mai.
16Ecco, ti ho disegnato sulle palme delle mie mani,
le tue mura sono sempre davanti a me.
17I tuoi costruttori accorrono,
i tuoi distruttori e i tuoi devastatori si allontanano da te.
18Alza gli occhi intorno e guarda:
tutti costoro si radunano, vengono da te.
"Com'è vero ch'io vivo - oracolo del Signore-
ti vestirai di tutti loro come di ornamento,
te ne ornerai come una sposa".
19Poiché le tue rovine e le tue devastazioni
e il tuo paese desolato
saranno ora troppo stretti per i tuoi abitanti,
benché siano lontani i tuoi divoratori.
20Di nuovo ti diranno agli orecchi
i figli di cui fosti privata:
"Troppo stretto è per me questo posto;
scostati, e mi accomoderò".
21Tu penserai: "Chi mi ha generato costoro?
Io ero priva di figli e sterile;
questi chi li ha allevati?
Ecco, ero rimasta sola
e costoro dove erano?".
22Così dice il Signore Dio:
"Ecco, io farò cenno con la mano ai popoli,
per le nazioni isserò il mio vessillo.
Riporteranno i tuoi figli in braccio,
le tue figlie saran portate sulle spalle.
23I re saranno i tuoi tutori,
le loro principesse tue nutrici.
Con la faccia a terra essi si prostreranno davanti a te,
baceranno la polvere dei tuoi piedi;
allora tu saprai che io sono il Signore
e che non saranno delusi quanti sperano in me".
24Si può forse strappare la preda al forte?
Oppure può un prigioniero sfuggire al tiranno?
25Eppure dice il Signore:
"Anche il prigioniero sarà strappato al forte,
la preda sfuggirà al tiranno.
Io avverserò i tuoi avversari;
io salverò i tuoi figli.
26Farò mangiare le loro stesse carni ai tuoi oppressori,
si ubriacheranno del proprio sangue come di mosto.
Allora ogni uomo saprà
che io sono il Signore, tuo salvatore,
io il tuo redentore e il Forte di Giacobbe".


Lettera agli Efesini 4

1Vi esorto dunque io, il prigioniero nel Signore, a comportarvi in maniera degna della vocazione che avete ricevuto,2con ogni umiltà, mansuetudine e pazienza, sopportandovi a vicenda con amore,3cercando di conservare l'unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace.4Un solo corpo, un solo spirito, come una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati, quella della vostra vocazione;5un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo.6Un solo Dio Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, agisce per mezzo di tutti ed è presente in tutti.
7A ciascuno di noi, tuttavia, è stata data la grazia secondo la misura del dono di Cristo.8Per questo sta scritto:

'Ascendendo in cielo ha portato con sé prigionieri,
ha distribuito doni agli uomini'.

9Ma che significa la parola "ascese", se non che prima era disceso quaggiù sulla terra?10Colui che discese è lo stesso che anche ascese al di sopra di tutti i cieli, per riempire tutte le cose.
11È lui che ha stabilito alcuni come apostoli, altri come profeti, altri come evangelisti, altri come pastori e maestri,12per rendere idonei i fratelli a compiere il ministero, al fine di edificare il corpo di Cristo,13finché arriviamo tutti all'unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio, allo stato di uomo perfetto, nella misura che conviene alla piena maturità di Cristo.14Questo affinché non siamo più come fanciulli sballottati dalle onde e portati qua e là da qualsiasi vento di dottrina, secondo l'inganno degli uomini, con quella loro astuzia che tende a trarre nell'errore.15Al contrario, vivendo secondo la verità nella carità, cerchiamo di crescere in ogni cosa verso di lui, che è il capo, Cristo,16dal quale tutto il corpo, ben compaginato e connesso, mediante la collaborazione di ogni giuntura, secondo l'energia propria di ogni membro, riceve forza per crescere in modo da edificare se stesso nella carità.

17Vi dico dunque e vi scongiuro nel Signore: non comportatevi più come i pagani nella vanità della loro mente,18accecati nei loro pensieri, estranei alla vita di Dio a causa dell'ignoranza che è in loro, e per la durezza del loro cuore.19Diventati così insensibili, si sono abbandonati alla dissolutezza, commettendo ogni sorta di impurità con avidità insaziabile.
20Ma voi non così avete imparato a conoscere Cristo,21se proprio gli avete dato ascolto e in lui siete stati istruiti, secondo la verità che è in Gesù,22per la quale dovete deporre l'uomo vecchio con la condotta di prima, l'uomo che si corrompe dietro le passioni ingannatrici23e dovete rinnovarvi nello spirito della vostra mente24e rivestire l'uomo nuovo, creato secondo Dio nella giustizia e nella santità vera.25Perciò, bando alla menzogna: 'dite ciascuno la verità al proprio prossimo'; perché siamo membra gli uni degli altri.26'Nell'ira, non peccate'; non tramonti il sole sopra la vostra ira,27e non date occasione al diavolo.28Chi è avvezzo a rubare non rubi più, anzi si dia da fare lavorando onestamente con le proprie mani, per farne parte a chi si trova in necessità.29Nessuna parola cattiva esca più dalla vostra bocca; ma piuttosto, parole buone che possano servire per la necessaria edificazione, giovando a quelli che ascoltano.30E non vogliate rattristare lo Spirito Santo di Dio, col quale foste segnati per il giorno della redenzione.
31Scompaia da voi ogni asprezza, sdegno, ira, clamore e maldicenza con ogni sorta di malignità.32Siate invece benevoli gli uni verso gli altri, misericordiosi, perdonandovi a vicenda come Dio ha perdonato a voi in Cristo.


Capitolo IX: La mancanza di ogni conforto

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1. Non è difficile disprezzare il conforto umano, quando abbiamo quello che viene da Dio. Ma è cosa difficile assai saper sopportare la mancanza, sia del conforto umano sia del conforto divino, saper accettare volonterosamente di soffrire, per amore di Dio, la solitudine del cuore, e senza guardare i propri meriti. Che c'è di straordinario se sei pieno di santa gioia, quando scende su di te la grazia divina? E', questo, un momento che è nel desiderio di tutti. Galoppa leggero chi è sostenuto dalla grazia. Che c'è di strabiliante se non sente fatica colui che è sostenuto dall'Onnipotente ed è condotto dalla somma guida? Di buona voglia e prontamente accettiamo un po' d'aiuto; difficilmente uno se la cava da solo. Il santo martire Lorenzo seppe staccarsi da questo mondo, persino dall'amato suo sacerdote, giacché egli disprezzò ogni cosa che gli apparisse cara quaggiù. Egli giunse a sopportare con dolcezza che gli fosse tolto Sisto, sommo sacerdote di Dio, che egli amava sopra ogni cosa. Per amore del Creatore egli, dunque, superò l'amore verso un uomo; di fronte a un conforto umano preferì la volontà di Dio. Così impara anche tu ad abbandonare, per amore di Dio, qualche intimo e caro amico; e non sentire come cosa intollerabile se vieni abbandonato da un amico, ben sapendo che, alla fine, tutti dobbiamo separarci, l'uno dall'altro. Grande e lunga è la lotta che l'uomo deve fare dentro di sé, per riuscire a superare se stesso e a porre in Dio tutto il proprio cuore. Colui che pretende di bastare a se stesso va molto facilmente alla ricerca di consolazioni umane. Colui invece che ama veramente Cristo e segue volenterosamente la via della virtù non scende a tali consolazioni: egli non cerca le dolcezze esteriori , ma cerca piuttosto di sopportare grandi prove e dure fatiche per amore di Cristo.  

2. Quando, dunque, Dio ti dà una consolazione spirituale, accoglila con gratitudine. Ma comprendi bene che si tratta di un dono che ti viene da Dio, non di qualcosa che risponda a un tuo merito. Per tale dono non devi gonfiarti o esaltarti, né presumere vanamente di te; al contrario, per tale dono, devi farti più umile, più prudente e più timorato in tutte le tue azioni, giacché passerà quel momento e verrà poi la tentazione. Quando poi ti sarà tolta quella consolazione, non disperare subitamente, ma aspetta con umiltà e pazienza di essere visitato dall'alto: Dio può ridarti una consolazione più grande. Non è, questa, cosa nuova né strana, per coloro che conoscono la via di Dio; questo alterno ritmo si ebbe frequentemente nei grandi santi e negli antichi profeti. Ecco la ragione per la quale, mentre la grazia era presso di lui, quello esclamava: "Nella pienezza dissi: così starò in eterno" (Sal 29,7); poi, allontanatasi la grazia, avendo esperimentato la sua interiore condizione, aggiungeva: "togliesti, o Dio, da me la tua faccia e sono pieno di tristezza" (Sal 29,8). Tuttavia quegli frattanto non disperava, ma pregava Iddio più insistentemente, dicendo: "A te, Signore, innalzerò la mia voce, innalzerò la mia preghiera al mio Dio"(Sal 29,9). Ricavava alla fine il frutto della sua orazione, e proclamava di essere stato esaudito, con queste parole: "Il Signore mi udì ed ebbe misericordia di me; il Signore è venuto in mio soccorso" (Sal 29,11). Come? "Mutasti - disse - il mio pianto in gioia, e mi circondasti di letizia" (Sal 29,12). Poiché così avvenne per i grandi santi, noi deboli e poveri, non dobbiamo disperarci, se siamo ora ferventi, ora tiepidi; ché lo spirito viene e se ne parte, a suo piacimento. E' per questo che il santo Giobbe diceva: "Lo visiti alla prima luce, ma tosto lo metti alla prova" (Gb 7,18).

3. Su che cosa posso io fare affidamento, in chi posso io confidare? Soltanto nella grande misericordia divina e nella speranza della grazia celeste. Persone amanti del bene, che mi stiano vicine, devoti confratelli, amici fedeli, libri edificanti ed eccellenti trattati, dolcezza di canti e di inni: anche se avessi tutte queste cose, poco mi aiuterebbero e avrebbero per me ben poco sapore, quando io fossi abbandonato dalla grazia e lasciato nella mia miseria. Allora, il rimedio più efficace sta nel saper attendere con pazienza, sprofondandosi nella volontà di Dio. Non ho mai trovato un uomo che avesse devozione e pietà tanto grandi da non sentire talvolta venir meno la grazia o da non avvertire un affievolimento del suo fervore. Non ci fu mai un santo rapito così in alto e così illuminato, da non subire, prima o poi, la tentazione. Infatti, chi non è provato da qualche tribolazione non è degno di una profonda contemplazione di Dio. Ché la tentazione di oggi è segno di una divina consolazione di domani; la quale viene, appunto, promessa a coloro che sono stati provati dalla tentazione. A colui che avrà vinto, dice, "concederò di mangiare dell'albero della vita" (Ap 2,7). In effetti, la consolazione divina viene data affinché l'uomo sia più forte nel sostenere le avversità; poi viene la tentazione, affinché egli non si insuperbisca di quello stato di consolazione. Non dorme il diavolo, e la carne non è ancor morta. Perciò non devi smettere mai di prepararti alla lotta, perché da ogni parte ci sono nemici, che non si danno riposo.


Omelia 89: La venuta di Cristo ha aumentato la responsabilità degli uomini.

Commento al Vangelo di San Giovanni - Sant'Agostino d'Ippona

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[Il peccato che li comprende tutti.]

1. Il Signore aveva detto ai suoi discepoli: Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi; ma faranno tutto questo contro di voi a causa del mio nome, perché non conoscono colui che mi ha mandato (Gv 15, 20-21). Se ora cerchiamo di sapere a chi si riferiscono queste parole, vediamo che il Signore ha parlato così dopo aver detto: Se il mondo vi odia, sappiate che ha odiato me prima di voi (Gv 15, 18). Ciò che adesso aggiunge: Se io non fossi venuto e non avessi parlato ad essi, non avrebbero colpa (Gv 15, 22), si riferisce in modo più esplicito ai Giudei. Ai Giudei alludeva anche prima, come lo indica tutto il contesto del discorso, quando diceva: Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi; se hanno osservato la mia parola, anche la vostra osserveranno; ma faranno tutto questo contro di voi a causa del mio nome, perché non conoscono colui che mi ha mandato. A tali parole aggiunge quest'altre: Se io non fossi venuto e non avessi parlato ad essi, non avrebbero colpa. Come il Vangelo ampiamente documenta, i Giudei hanno perseguitato Cristo; Cristo ha parlato ai Giudei, non ad altri popoli; in essi quindi ha personificato il mondo che odia Cristo e i suoi discepoli; non ha inteso dire che solo essi sono quel mondo, ma ha voluto mostrare che essi a quel mondo appartengono. Che significa allora: Se io non fossi venuto e non avessi parlato ad essi, non avrebbero colpa? Forse che i Giudei erano senza peccato prima che Cristo venisse a loro nella carne? Chi è tanto stolto da affermare una simile cosa? Con un termine generico vuole riferirsi ad un particolare peccato grave, non ad ogni e qualsiasi peccato. E infatti, questo è un peccato che impedisce la remissione di tutti gli altri, e senza del quale tutti gli altri possono essere perdonati. Esso consiste nel fatto che non hanno creduto in Cristo, che era venuto appunto perché gli uomini credessero in lui. Questo peccato i Giudei certamente non l'avrebbero, se egli non fosse venuto. Sicché la sua venuta quanto è stata salutare ai credenti, altrettanto è stata funesta a quanti in lui non hanno creduto. Di lui, che è il capo e il principe degli Apostoli, si può dire quanto gli Apostoli hanno detto di se stessi, che per certuni è un profumo che dalla vita conduce alla vita, e per certi altri è invece un profumo che dalla morte conduce alla morte (2 Cor 2, 16).

2. Però la frase che subito dopo aggiunge: Ma adesso non hanno scusa per il loro peccato (Gv 15, 22), può far sorgere una domanda: coloro ai quali Cristo non si è mostrato e ai quali non ha parlato, sono scusati per il loro peccato? Se non hanno scusa, perché qui il Signore dice dei Giudei che non hanno scusa appunto perché egli è venuto ed ha parlato loro? E se gli altri popoli sono scusati, lo sono al punto da evitare la pena o soltanto una pena severa? A questa domanda, con l'aiuto del Signore e secondo la mia capacità, rispondo dicendo che questi popoli sono scusati del peccato di incredulità nei confronti di Cristo, in quanto Cristo non si è presentato e non ha parlato loro, ma non sono scusati per tutti i peccati. Ma non fanno parte di questi, quei popoli che Cristo ha raggiunto nella persona dei discepoli, e ai quali per mezzo dei discepoli ha parlato. E' quanto egli fa al presente: per mezzo della sua Chiesa, infatti, raggiunge i popoli, e ad essi per mezzo della sua Chiesa rivolge la sua parola. E' in questo senso che ha detto: Chi accoglie voi accoglie me (Mt 10, 40); chi disprezza voi disprezza me (Lc 10, 16). Ecco perché l'apostolo Paolo può dire ai Corinti: Volete forse una prova del Cristo che parla in me? (2 Cor 13, 3).

3. Ci rimane da sapere se possono avere questa scusa coloro che sono morti o muoiono prima che Cristo per mezzo della Chiesa sia venuto a loro, e prima di aver udito il messaggio evangelico. Certamente sono scusati, ma non per questo possono sfuggire alla condanna. Quanti infatti hanno peccato senza la legge, senza la legge pure periranno; quanti invece hanno peccato avendo la legge, per mezzo della legge saranno giudicati (Rm 2, 12). Questa parola dell'Apostolo: periranno, suona più terribilmente dell'altra: saranno giudicati. Essa quindi sembra mostrare che questa scusa non solo non giova, ma aggrava la situazione. Coloro infatti che invocheranno la scusa di non aver udito, periranno senza la legge.

4. E' il caso di chiederci se coloro che hanno disprezzato o fatto resistenza a quanto hanno udito, e, non contenti di ciò, hanno anche perseguitato accanitamente quelli che hanno loro parlato, sono da annoverare tra coloro per i quali un po' meno severa è risuonata l'affermazione: per mezzo della legge saranno giudicati. Infatti, se una cosa è perire senza la legge e un'altra essere giudicati per mezzo della legge, ed una cosa è più grave e l'altra più leggera, è evidente che non sono da collocare tra quelli che subiranno una pena più lieve coloro che non solamente hanno peccato senza la legge, ma a nessun costo hanno voluto accogliere la legge di Cristo, e che anzi, per quanto è dipeso da loro, hanno cercato di distruggerla. Peccano invece nella legge coloro che hanno la legge, coloro cioè che l'accolgono e la riconoscono santa e riconoscono santi, giusti e buoni i comandamenti (cf. Rm 7, 12) ma che per debolezza non adempiono i precetti, della cui giustizia non possono assolutamente dubitare. Si potrebbe forse distinguere la loro sorte da quella di coloro che sono senza legge, se si potesse intendere l'affermazione dell'Apostolo: per mezzo della legge saranno giudicati, non nel senso che costoro non periranno; ma questa interpretazione sarebbe strana. Infatti qui l'Apostolo non parla di infedeli e di fedeli, ma di Gentili e di Giudei: gli uni e gli altri, se non saranno salvati dal Salvatore che è venuto a cercare ciò che era perduto (cf. Lc 19, 10), certamente andranno perduti. Si può tuttavia ritenere che alcuni periranno più gravemente degli altri, cioè subiranno pene più gravi. Perire, agli occhi di Dio, significa essere privato, in seguito alla condanna, della beatitudine che Dio concede ai suoi santi: e la diversità delle pene corrisponde alla diversità dei peccati. Tale diversità, comunque, è riservata all'insondabile giudizio della sapienza divina, e sfugge all'indagine e al giudizio dell'uomo. Certamente, coloro ai quali il Signore si è recato e ai quali ha rivolto la sua parola, non hanno scusa per il loro grande peccato d'incredulità, e non possono dire: Non l'abbiamo visto, non l'abbiamo sentito. Sia che tale scusante fosse stata accettata o respinta da colui i cui giudizi sono imperscrutabili, certamente, anche se non avrebbero evitato ogni condanna, avrebbero tuttavia subìto una condanna un po' più lieve.

5. Chi odia me odia anche mio Padre (Gv 15, 23). Qui forse ci si dirà: Come si fa a odiare uno che non si conosce? Difatti, prima di dire: Se io non fossi venuto e non avessi parlato ad essi, non avrebbero colpa, aveva detto ai suoi discepoli: faranno tutto ciò contro di voi, perché non conoscono colui che mi ha mandato. Come possono dunque non conoscerlo e odiarlo? Se infatti credono che egli sia non ciò che è, ma un'altra cosa, si trovano a odiare, non lui, ma l'idea sbagliata che di lui si sono fatta. E tuttavia, se gli uomini non fossero capaci di tutt'e due le cose: ignorare e odiare il Padre suo, la Verità non avrebbe detto che essi non conoscono suo Padre e insieme lo odiano. Ammesso che sia possibile dimostrare come ciò avvenga, non è possibile farlo ora, perché questo discorso deve avere termine.


8 - Viene pubblicato l'editto dell'imperatore Cesare Augusto per censire la popolazione di tutto l'impero.

La mistica Città di Dio - Libro quarto - Suor Maria d'Agreda

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448. Fu stabilito dalla volontà immutabile dell'Altissimo che il suo Figlio unigenito dovesse nascere nella città di Betlemme. Questo decreto divino era stato predetto, molto tempo prima di adempirsi, dai Santi e dai Profeti dell'Antico Testamento; poiché la volontà del Signore è sempre infallibile. Passeranno i cieli e la terra prima che possa aver compimento, giacché nessuno può opporvisi. Il Signore dispose l'esecuzione di questo decreto per mezzo di un editto pubblicato dall'imperatore Cesare Augusto nell'impero romano, affinché, come riferisce san Luca, fosse enumerata e registrata tutta la popolazione del mondo. Si estendeva, allora, l'impero romano per gran parte della terra conosciuta, e perciò i suoi principi si chiamavano signori di tutto il mondo, non tenendo conto del resto. Tutti gli abitanti dovevano ritenersi vassalli dell'imperatore, e tributargli un determinato censo, dovuto al naturale signore del potere temporale. E ciascuno si recava ad iscriversi nel registro comune della propria città. Giunse questo editto a Nazaret; ed arrivò la notizia anche a san Giuseppe, il quale tornando a casa - perché l'aveva intesa mentre era fuori - afflitto e mesto diede spiegazione alla divina sposa sul contenuto e la novità dell'editto. La prudentissima Vergine rispose: «Non vi turbi, signore e sposo mio, l'editto dell'imperatore terreno, perché tutti i nostri eventi stanno a cuore al Signore, re del cielo e della terra; e la sua provvidenza ci sosterrà e ci verrà incontro in ogni circostanza. Rimettiamoci dunque a lui, pieni di confidenza, e vedrete che non saremo delusi».

449. A Maria santissima erano noti tutti i misteri del figlio, e conosceva inoltre le profezie e il loro compimento: l'Unigenito del Padre e suo doveva nascere a Betlemme come povero pellegrino e straniero. Nulla, comunque, di tutto questo ella manifestò a san Giuseppe, perché senza l'ordine del Signore non avrebbe mai svelato il suo segreto. E su tutto ciò che non le veniva comandato di dire taceva assennatamente, perché, nonostante nutrisse il desiderio di consolare il suo fedelissimo e santo sposo Giuseppe, voleva abbandonarsi obbediente alla guida di Dio, e comportarsi così come donna prudente e saggia. Discussero subito su ciò che dovevano fare, perché già si approssimava il parto della divina Signora, essendo inoltrata la sua gravidanza. San Giuseppe le disse: «Signora mia, regina del cielo e della terra, se non avete ordini diversi dall'Altissimo, mi pare opportuno che io vada ad adempire questo editto dell'imperatore. Potrei, anche, andarvi da solo - perché l'esecuzione di tale dovere compete ai capi delle famiglie - tuttavia non ho il coraggio di lasciarvi senza assistenza; né io posso vivere senza la vostra presenza e avere un momento di quiete standovi lontano, perché non è possibile che il mio cuore stia tranquillo senza vedervi. D'altra parte mi sembra impossibile che voi possiate venire con me a Betlemme per eseguire l'ordine dell'imperatore, essendo molto vicino il tempo del vostro divin parto. E proprio per questo motivo e per la mia povertà non oso esporvi ad un rischio tanto evidente. Il mio dolore e la mia afflizione sarebbero così indicibilmente grandi, se qualche disagio vi accadesse durante il viaggio, ed io non fossi in grado di soccorrervi. Questo pensiero mi tormenta. Vi supplico, Signora mia, di presentare ciò al cospetto dell'Altissimo e di pregarlo che ascolti il desiderio di non separarmi da voi».

450. L'umile sposa accondiscese a ciò che san Giuseppe le chiedeva. E benché non ignorasse la volontà divina, accettò di obbedire a questa richiesta. Presentò al Signore la volontà e i desideri del suo fedelissimo sposo e sua Maestà le rispose: «Amica e colomba mia, obbedisci al mio servo Giuseppe in quello che desidera. Accompagnalo nel viaggio. Io sarò con te, e ti assisterò con paterno amore nei travagli e nelle tribolazioni che per me soffrirai. Saranno molto grandi, ma il mio braccio onnipotente ti aiuterà a venirne fuori in modo glorioso. I tuoi passi saranno belli agli occhi miei. Non temere, mettiti in cammino, perché questa è la mia volontà». Immediatamente il Signore davanti agli occhi della divina Madre intimò ed ordinò ai santi angeli protettori che la servissero in quel viaggio con speciale assistenza e diligente sollecitudine, conformemente a quanto di mirabile e misterioso sarebbe potuto accadere. Oltre ai mille angeli, che abitualmente la custodivano, il Signore comandò ad altri novemila di assistere la loro Regina e signora, e di servirla, in modo che, fin dall'inizio del viaggio, l'accompagnassero tutti e diecimila assieme. Così avvenne, e tutti, come fedelissimi servi e ministri del Signore, la servivano, come dirò in seguito. La celeste Regina fu preparata e corroborata da una nuova luce divina, in cui conobbe i misteri dei travagli che l'attendevano, dopo la nascita del bambino divino, a causa della persecuzione di Erode e di altre preoccupazioni e tribolazioni che sarebbero sopravvenute. Ed ella offrì, per tutto ciò, il suo invitto cuore, senza alcun turbamento, e rese grazie al Signore per le meraviglie che in lei operava e disponeva.

451. La gran Regina del cielo ritornò con la risposta a san Giuseppe, e gli rivelò che era volontà dell'Altissimo che ella gli prestasse obbedienza e l'accompagnasse nel suo viaggio a Betlemme. Il santo sposo rimase pieno di nuovo giubilo e consolazione; e riconoscendo questo gran favore dalla mano del Signore, lo ringraziò con profondi atti di umiltà e riverenza. Quindi, parlando alla sua sposa disse: «Signora mia e causa della mia gioia, della mia felicità e della mia fortuna, mi rimane solo la sofferenza dei travagli che in questo viaggio dovete patire, dal momento che non ho i mezzi per eliminarli e rendervi il viaggio comodo ed agiato. A Betlemme, però, troveremo parenti, conoscenti ed amici della nostra famiglia; spero che saremo accolti con carità, cosicché là possiate ristorarvi della fatica del viaggio - se l'Altissimo così dispone - come io vostro servo desidero». Il santo sposo Giuseppe in cuor suo si augurava che le sue attese si avverassero, ma il Signore aveva già disposto diversamente. E proprio perché rimasero frustrati i suoi desideri, provò poi maggiore amarezza, come si narrerà. Maria santissima non palesò a Giuseppe quello che ella, illuminata dal Signore, aveva previsto riguardo il mistero del suo divin parto, benché fosse a conoscenza che nulla di quanto egli pensava sarebbe accaduto. Ed infondendogli coraggio, disse: «Sposo e signore mio, io verrò volentieri in compagnia vostra. Faremo il viaggio come poveri in nome dell'Altissimo, poiché il Signore non disprezza quella povertà che viene a cercare con tanto amore. E dal momento che la sua protezione e difesa ci saranno assicurate nella necessità e nel travaglio, riponiamo in lui la nostra confidenza. E voi signor mio gettate su di lui tutte le vostre preoccupazioni ed affanni».

452. Stabilirono, subito, il giorno della partenza; ed il santo sposo andò per Nazaret a cercare qualche bestia da soma, su cui trasportare la Signora del mondo; ma non poté facilmente trovarla, perché tanta gente stava recandosi in diverse città al fine di eseguire l'ordinanza dell'imperatore. Dopo molte accurate e penose ricerche, san Giuseppe trovò un umile asinello, che potremmo chiamare veramente fortunato. E lo fu di certo, fra tutti gli animali privi di ragione, perché non solo portò la Regina di ogni cosa creata, e con lei il Re dei re, ma anche si trovò presente alla nascita del bambino e rese al suo creatore l'ossequio che gli uomini gli negarono, come si dirà in seguito. Prepararono così il necessario per il viaggio, che durò cinque giorni. I celesti viandanti portarono le stesse cose che avevano disposto nel primo viaggio alla casa di Zaccaria, come si è già detto nel libro terzo, capitolo quinto: solamente pane, frutta ed alcuni pesci, che costituivano il cibo ordinario, anzi il più squisito di cui facevano uso. E siccome la prudentissima Vergine sapeva, per luce divina, che avrebbe fatto ritorno a casa sua dopo lungo tempo, non solo portò i panni e le fasce per il suo divin parto, ma, passando inosservata, dispose le cose in maniera tale che servissero al compimento del volere del Signore. Lasciarono così la loro casa in custodia ad una persona, perché ne avesse cura fino al loro ritorno.

453. Giunse il giorno e l'ora di partire per Betlemme. Il fedelissimo e fortunato Giuseppe trattava già con straordinaria e somma riverenza la sua sovrana sposa; e come vigilante e premuroso servo cercava di accontentarla e servirla. La pregò, allora, con grande affetto, di fargli presente tutto ciò che desiderava, per soddisfare tutti i suoi bisogni, quali il riposo e il sollievo, e per il compiacimento del Signore che portava nel suo seno verginale. L'umile Regina gradì l'espressione di queste cortesie, e la riferì, dedicandola, alla gloria ed all'ossequio del suo santissimo Figlio. Maria santissima consolò ed incoraggiò il suo sposo ad affrontare le asperità del viaggio, mentre continuamente lo assicurava della benevolenza che sua Maestà nutriva verso di lui per tutte le sue premure e la fortezza e la gioia con cui entrambi, poveri e pellegrini, avrebbero via via accettato i disagi del cammino. E prima di partire, la Regina del cielo si mise in ginocchio e pregò san Giuseppe di darle la benedizione. L'uomo di Dio oppose resistenza, provando tanta difficoltà a farlo, per la dignità della sua sposa; ma ella vinse in umiltà e dolcemente l'obbligò a dargliela. San Giuseppe lo fece con gran timore e riverenza; subito con abbondanti lacrime si prostrò a terra e la pregò di offrirlo nuovamente al suo santissimo Figlio, e di ottenergli il perdono e la divina grazia. Dopo questa preparazione partirono da Nazaret per Betlemme nel cuore dell'inverno, circostanza, questa, che rendeva il viaggio più scomodo e penoso; ma la Madre che portava nel suo seno la vita, pensava solo a conversare santamente con il bambino divino, rimirandolo sempre nel suo talamo verginale, imitandolo nei movimenti ed attribuendogli onore e gloria più di tutte le altre creature insieme.

 

Insegnamento che mi diede la Regina del cielo

 

454. Figlia mia, in ciascuno dei capitoli, sulla storia della mia vita e sui misteri divini, che vai descrivendo, conoscerai l'ammirabile provvidenza dell'Altissimo ed il suo paterno amore verso di me, sua umile serva. Certamente, il pensiero umano non può degnamente comprendere e ponderare questi prodigi di sublime sapienza, e quindi deve venerarli con tutte le forze ed essere pronto ad imitarmi, nonché a rendersi partecipe delle grazie che il Signore mi elargì. I mortali, infatti; non devono credere che solo verso di me e per me Dio abbia voluto mostrarsi santo, onnipotente ed infinitamente buono, poiché è certo che, se un'anima anzi tutte le anime si abbandonassero completamente al volere e alla guida del Signore, subito conoscerebbero, per esperienza, quella stessa fedeltà, attenzione e amorevole forza con cui sua Maestà disponeva, tramite me, tutte le cose che riguardavano la sua gloria ed il suo servizio. Ed ancora, avvertirebbero quelle dolcissime e divine mozioni che io sentivo abbandonandomi alla sua santissima volontà; e riceverebbero anche la sovrabbondanza dei suoi doni che come in un pelago infinito stanno rinchiusi nella sua divinità. E come le acque del mare traboccherebbero con impeto invincibile, se si potesse aprire un canale verso cui defluire per naturale inclinazione, a tal guisa si riverserebbero le grazie e i benefici del Signore sopra le creature razionali, se queste aprissero il loro cuore, lasciando spazio e non ostacolando la corrente divina. Gli uomini, purtroppo, ignorano questa verità, perché non si fermano a riflettere ed a considerare le opere dell'Altissimo.

455. Quanto a te desidero che studi questa scienza e la imprimi nel tuo cuore, e che, ancora, impari dalle mie opere a tener celato ciò che serbi nel tuo intimo. Voglio poi che tu viva obbediente e sottomessa a tutti, preferendo sempre l'altrui opinione al tuo giudizio. Per obbedire ai tuoi superiori ed ai padri spirituali tu devi chiudere gli occhi, anche se pensi che succederà il contrario di quello che ti comandano: anch'io del resto sapevo che non si sarebbe mai avverato quello che il mio santo sposo sperava che accadesse nel viaggio verso Betlemme. E se un ordine ti fosse dato da una persona inferiore o uguale a te, taci e dissimula; eseguilo se non c'è peccato o imperfezione. Ascolta tutti con silenzio ed attenzione. Nel parlare sii parsimoniosa e moderata: ciò è da persona prudente ed accorta. Ti ricordo nuovamente, per tutto quello che farai; di pregare il Signore e di chiedergli la sua benedizione, affinché non ti allontani dalla sua divina benevolenza. E se ne avrai l'opportunità, chiedi anche il permesso e la benedizione al tuo padre spirituale e maestro, perché nelle tue azioni non ti manchi il merito e la perfezione, e tu possa accontentarmi in ciò che desidero da te.


PARLATE CON I MORIBONDI PC-14.1

Catalina Rivas

Parlate con i moribondi. Ciò che essi incontreranno sarà una infinita Misericordia, due Braccia amorevoli e un Cuore palpitante d’amore. Non abbiate paura della morte, dei dolori fisici, dell’agonia. Per chi muore d’amore, non c’è pena nella morte, ma gioia anticipata.

Oh, quale luogo di delizie ho preparato per coloro che Mi amano! Hanno incontrato sulla terra dolori e pene, e le loro lacrime si sono trasformate in gemme preziose sui loro vestiti. Oh, dite a tutti che non sprechino i doni di Dio! Voi sapete che cos’è questo Regno dei Cieli e che cosa perdete, perdendolo. Non lo dice forse il Vangelo che si dovrebbe perdere tutto per comprare quel campo? Cercatelo, lavorate per ottenerlo. Fate fotocopie dell’ultimo libro, distribuitele; per voi sono una moneta, per le anime la salvezza... (Si riferisce alla Grande Crociata dell’Amore). Per favore, L’Arca dell’Alleanza è molto importante, forse più dell’ultimo libro; questo è solo per i gruppi fidati e in crescita, mentre l’altro libro sarà il risveglio del mondo al Mio amore Eucaristico.

Questa ora attuale si direbbe che è l’ora di Satana. I buoni sono perplessi e angosciati, e si chiedono con ragione: Come finiremo tutti? Ma Io ho vinto il mondo, uomini di poca fede, perché temete? Non è stato necessario che Io per primo soffrissi per poi entrare nella Gloria? Nello stesso modo, è necessario che sopraggiunga ora questa grande purificazione, per separare la cattiva zizzania prima che risplenda sulla Chiesa e sopra il mondo nuovo una luce abbagliante, che farà risplendere la nuova Gerusalemme in tutto il suo fulgore. Questo nuovo Regno sarà il Regno della pace, dell’amore, della concordia sulla terra, preludio della vita beata del cielo. La venuta del Mio Regno sarà fondato sulla carità. Allora, gli uomini non potranno più smarrirsi; però, prima la lotta e poi la vittoria... Ogni fatto personale, sociale, mondiale, guardatelo con gli occhi della Fede, poiché tutto è Amore.

Hai meditato la Mia Parola... La Mia Parola! Luce da luce: Dio vero, generato, non creato, della stessa sostanza del Padre. Per voi uomini e per la vostra salvezza, Io Mi sono incarnato! Un verme, non più un uomo... Ma solamente perché Io l’ho voluto... E gli uomini, opera delle Mie Mani, si sono prestati a meraviglia a fare tutto ciò che Io desideravo. Hanno fortemente pigiato l’uva nel torchio fino a farne uscire l’ultima goccia... Hanno assecondato l’incomprensibile Amore... Calpestato, oppresso... Fino a non avere più apparenza umana...