Sotto il Tuo Manto

Lunedi, 21 luglio 2025 - San Lorenzo da Brindisi (Letture di oggi)

Può essere la vita di un buon cristiano altra cosa che quella di un uomo attaccato alla croce con Gesù Cristo? (Santo Curato d'Ars (San Giovanni Maria Vianney))

Liturgia delle Ore - Letture

Martedi della 5° settimana del tempo ordinario (Beata Vergine di Lourdes)

Questa sezione contiene delle letture scelte a caso, provenienti dalle varie sezioni del sito (Sacra Bibbia e la sezione Biblioteca Cristiana), mentre l'ultimo tab Apparizioni, contiene messaggi di apparizioni a mistici o loro scritti. Sono presenti testi della Valtorta, Luisa Piccarreta, don Stefano Gobbi e testimonianze di apparizioni mariane riconosciute.

Vangelo secondo Luca 15

1Si avvicinavano a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo.2I farisei e gli scribi mormoravano: "Costui riceve i peccatori e mangia con loro".3Allora egli disse loro questa parabola:

4"Chi di voi se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va dietro a quella perduta, finché non la ritrova?5Ritrovatala, se la mette in spalla tutto contento,6va a casa, chiama gli amici e i vicini dicendo: Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora che era perduta.7Così, vi dico, ci sarà più gioia in cielo per un peccatore convertito, che per novantanove giusti che non hanno bisogno di conversione.

8O quale donna, se ha dieci dramme e ne perde una, non accende la lucerna e spazza la casa e cerca attentamente finché non la ritrova?9E dopo averla trovata, chiama le amiche e le vicine, dicendo: Rallegratevi con me, perché ho ritrovato la dramma che avevo perduta.10Così, vi dico, c'è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte".

11Disse ancora: "Un uomo aveva due figli.12Il più giovane disse al padre: Padre, dammi la parte del patrimonio che mi spetta. E il padre divise tra loro le sostanze.13Dopo non molti giorni, il figlio più giovane, raccolte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò le sue sostanze vivendo da dissoluto.14Quando ebbe speso tutto, in quel paese venne una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno.15Allora andò e si mise a servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei campi a pascolare i porci.16Avrebbe voluto saziarsi con le carrube che mangiavano i porci; ma nessuno gliene dava.17Allora rientrò in se stesso e disse: Quanti salariati in casa di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame!18Mi leverò e andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te;19non sono più degno di esser chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi garzoni.20Partì e si incamminò verso suo padre.
Quando era ancora lontano il padre lo vide e commosso gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò.21Il figlio gli disse: Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te; non sono più degno di esser chiamato tuo figlio.22Ma il padre disse ai servi: Presto, portate qui il vestito più bello e rivestitelo, mettetegli l'anello al dito e i calzari ai piedi.23Portate il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa,24perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato. E cominciarono a far festa.
25Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze;26chiamò un servo e gli domandò che cosa fosse tutto ciò.27Il servo gli rispose: È tornato tuo fratello e il padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo.28Egli si arrabbiò, e non voleva entrare. Il padre allora uscì a pregarlo.29Ma lui rispose a suo padre: Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai trasgredito un tuo comando, e tu non mi hai dato mai un capretto per far festa con i miei amici.30Ma ora che questo tuo figlio che ha divorato i tuoi averi con le prostitute è tornato, per lui hai ammazzato il vitello grasso.31Gli rispose il padre: Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo;32ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato".


Primo libro di Samuele 14

1Un giorno Giònata, figlio di Saul, disse al suo scudiero: "Su vieni, portiamoci fino all'appostamento dei Filistei che sta qui di fronte". Ma non disse nulla a suo padre.2Saul se ne stava al limitare di Gàbaa sotto il melograno che si trova in Migròn; la sua gente era di circa seicento uomini.3Achià figlio di Achitùb, fratello di Icabòd, figlio di Pìncas, figlio di Eli, sacerdote del Signore in Silo, portava l''efod' e il popolo non sapeva che Giònata era andato.4Tra i varchi per i quali Giònata cercava di passare, puntando sull'appostamento dei Filistei, vi era una sporgenza rocciosa da una parte e una sporgenza rocciosa dall'altra parte: una si chiamava Bòzez, l'altra Sène.5Una delle rocce sporgenti era di fronte a Micmas a settentrione, l'altra era di fronte a Gàbaa a meridione.6Giònata disse allo scudiero: "Su, vieni, passiamo all'appostamento di questi non circoncisi; forse il Signore ci aiuterà, perché non è difficile per il Signore salvare con molti o con pochi".7Lo scudiero gli rispose: "Fa' quanto hai in animo. Avvìati e va'! Eccomi con te: come il tuo cuore, così è il mio".8Allora Giònata disse: "Ecco, noi passeremo verso questi uomini e ci mostreremo loro.9Se ci diranno: Fermatevi finché veniamo a raggiungervi, restiamo in basso e non saliamo da loro.10Se invece ci diranno: Venite su da noi!, saliamo, perché il Signore ce li ha messi nelle mani e questo sarà per noi il segno".11Quindi i due si lasciarono scorgere dall'appostamento filisteo e i Filistei dissero: "Ecco gli Ebrei che escono dalle caverne dove si erano nascosti".12Poi gli uomini della guarnigione dissero a Giònata e al suo scudiero: "Salite da noi, che abbiamo qualche cosa da dirvi!". Giònata allora disse al suo scudiero: "Sali dopo di me, perché il Signore li ha messi nelle mani di Israele".13Giònata saliva aiutandosi con le mani e con i piedi e lo scudiero lo seguiva; quelli cadevano davanti a Giònata e, dietro, lo scudiero li finiva.14Questa fu la prima strage nella quale Giònata e il suo scudiero colpirono una ventina di uomini, entro quasi metà di un campo arabile.
15Si sparse così il terrore nell'accampamento, nella regione e in tutto il popolo. Anche la guarnigione e i suoi uomini d'assalto furono atterriti e la terra tremò e ci fu un terrore divino.
16Le vedette di Saul che stavano in Gàbaa di Beniamino guardarono e videro la moltitudine che fuggiva qua e là.17Allora Saul ordinò alla gente che era con lui: "Su, cercate e indagate chi sia partito da noi". Cercarono ed ecco non c'erano né Giònata né il suo scudiero.18Saul disse ad Achia: "Avvicina l''efod'!" - egli infatti allora portava l''efod' davanti agli Israeliti -.19Mentre Saul parlava al sacerdote, il tumulto che era sorto nel campo filisteo andava propagandosi e crescendo. Saul disse al sacerdote: "Ritira la mano".20A loro volta Saul e la gente che era con lui alzarono grida e mossero all'attacco, ma ecco trovarono che la spada dell'uno si rivolgeva contro l'altro in una confusione molto grande.21Anche quegli Ebrei che erano con i Filistei da qualche tempo e che erano saliti con loro all'accampamento, si voltarono, per mettersi con Israele che era là con Saul e Giònata.22Inoltre anche tutti gli Israeliti che si erano nascosti sulle montagne di Efraim, quando seppero che i Filistei erano in fuga, si unirono a inseguirli e batterli.23Così il Signore in quel giorno salvò Israele e la battaglia si estese fino a Bet-Aven.
24Gli Israeliti erano sfiniti in quel giorno e Saul impose questo giuramento a tutto il popolo: "Maledetto chiunque gusterà cibo prima di sera, prima che io mi sia vendicato dei miei nemici". E nessuno del popolo gustò cibo.25Tutta la gente passò per una selva dove c'erano favi di miele sul suolo.26Il popolo passò per la selva ed ecco si vedeva colare il miele, ma nessuno stese la mano e la portò alla bocca, perché il popolo temeva il giuramento.27Ma Giònata non aveva saputo che suo padre aveva fatto giurare il popolo, quindi allungò la punta del bastone che teneva in mano e la intinse nel favo di miele, poi riportò la mano alla bocca e i suoi occhi si rischiararono.28Uno del gruppo s'affrettò a dire: "Tuo padre ha fatto fare questo solenne giuramento al popolo: Maledetto chiunque toccherà cibo quest'oggi!, sebbene il popolo fosse sfinito".29Rispose Giònata: "Mio padre vuol rovinare il paese! Guardate come si sono rischiarati i miei occhi, perché ho gustato un poco di questo miele.30Dunque se il popolo avesse mangiato oggi qualche cosa dei viveri presi ai nemici, quanto maggiore sarebbe stata ora la rotta dei Filistei!".
31In quel giorno percossero i Filistei da Micmas fino ad Aialon e il popolo era sfinito.32Quelli del popolo si gettarono sulla preda e presero pecore, buoi e vitelli e li macellarono e li mangiarono con il sangue.33La cosa fu annunziata a Saul: "Ecco il popolo pecca contro il Signore, mangiando con il sangue". Rispose: "Avete prevaricato! Rotolate subito qui una grande pietra".34Allora Saul soggiunse: "Passate tra il popolo e dite a tutti: Ognuno conduca qua il suo bue e il suo montone e li macelli su questa pietra, poi mangiatene; così non peccherete contro il Signore, mangiando le carni con il sangue". In quella notte ogni uomo del popolo condusse a mano ciò che aveva e là lo macellò.35Saul innalzò un altare al Signore. Fu questo il primo altare che egli edificò al Signore.
36Quindi Saul disse: "Scendiamo dietro i Filistei questa notte stessa e deprediamoli fino al mattino e non lasciamo scampare uno solo di loro". Gli risposero: "Fa' quanto ti sembra bene". Ma il sacerdote disse: "Accostiamoci qui a Dio".37Saul dunque interrogò Dio: "Devo scendere dietro i Filistei? Li consegnerai in mano di Israele?". Ma quel giorno non gli rispose.38Allora Saul disse: "Accostatevi qui voi tutti capi del popolo. Cercate ed esaminate da chi sia stato commesso oggi il peccato,39perché per la vita del Signore salvatore d'Israele certamente costui morirà, anche se si tratta di Giònata mio figlio". Ma nessuno del popolo gli rispose.40Perciò disse a tutto Israele: "Voi state da una parte: io e mio figlio Giònata staremo dall'altra". Il popolo rispose a Saul: "Fa' quanto ti sembra bene".41Saul parlò al Signore: "Dio d'Israele, fa' conoscere l'innocente". Furono designati Giònata e Saul e il popolo restò libero.42Saul soggiunse: "Tirate a sorte tra me e mio figlio Giònata". Fu sorteggiato Giònata.43Saul disse a Giònata: "Narrami quello che hai fatto". Giònata raccontò: "Realmente ho assaggiato un po' di miele con la punta del bastone che avevo in mano. Ecco, morirò".44Saul disse: "Faccia Dio a me questo e anche di peggio, se non andrai a morte, Giònata!".45Ma il popolo disse a Saul: "Dovrà forse morire Giònata che ha ottenuto questa grande vittoria in Israele? Non sia mai! Per la vita del Signore, non cadrà a terra un capello del suo capo, perché in questo giorno egli ha agito con Dio". Così il popolo salvò Giònata che non fu messo a morte.46Saul cessò dall'inseguire i Filistei e questi raggiunsero il loro paese.
47Saul si assicurò il regno su Israele e mosse contro tutti i nemici all'intorno: contro Moab e gli Ammoniti, contro Edom e i re di Zoba e i Filistei e dovunque si volgeva aveva successo.48Compì imprese brillanti, batté gli Amaleciti e liberò Israele dalle mani degli oppressori.49Figli di Saul furono Giònata, Isbàal e Malkisùa; le sue due figlie si chiamavano Merab la maggiore e Mikal la più piccola.50La moglie di Saul si chiamava Achinòam, figlia di Achimàaz. Il capo delle sue milizie si chiamava Abner figlio di Ner, zio di Saul.51Kis padre di Saul e Ner padre di Abner erano figli di Abièl.52Durante tutto il tempo di Saul vi fu guerra aperta con i Filistei; se Saul scorgeva un uomo valente o un giovane coraggioso, lo prendeva al suo seguito.


Salmi 136

1Alleluia.

Lodate il Signore perché è buono:
perché eterna è la sua misericordia.
2Lodate il Dio degli dèi:
perché eterna è la sua misericordia.
3Lodate il Signore dei signori:
perché eterna è la sua misericordia.

4Egli solo ha compiuto meraviglie:
perché eterna è la sua misericordia.
5Ha creato i cieli con sapienza:
perché eterna è la sua misericordia.
6Ha stabilito la terra sulle acque:
perché eterna è la sua misericordia.
7Ha fatto i grandi luminari:
perché eterna è la sua misericordia.
8Il sole per regolare il giorno:
perché eterna è la sua misericordia;
9la luna e le stelle per regolare la notte:
perché eterna è la sua misericordia.

10Percosse l'Egitto nei suoi primogeniti:
perché eterna è la sua misericordia.
11Da loro liberò Israele:
perché eterna è la sua misericordia;
12con mano potente e braccio teso:
perché eterna è la sua misericordia.

13Divise il mar Rosso in due parti:
perché eterna è la sua misericordia.
14In mezzo fece passare Israele:
perché eterna è la sua misericordia.
15Travolse il faraone e il suo esercito nel mar Rosso:
perché eterna è la sua misericordia.

16Guidò il suo popolo nel deserto:
perché eterna è la sua misericordia.
17Percosse grandi sovrani
perché eterna è la sua misericordia;
18uccise re potenti:
perché eterna è la sua misericordia.
19Seon, re degli Amorrei:
perché eterna è la sua misericordia.

20Og, re di Basan:
perché eterna è la sua misericordia.
21Diede in eredità il loro paese;
perché eterna è la sua misericordia;
22in eredità a Israele suo servo:
perché eterna è la sua misericordia.

23Nella nostra umiliazione si è ricordato di noi:
perché eterna è la sua misericordia;
24ci ha liberati dai nostri nemici:
perché eterna è la sua misericordia.
25Egli dà il cibo ad ogni vivente:
perché eterna è la sua misericordia.

26Lodate il Dio del cielo:
perché eterna è la sua misericordia.


Salmi 80

1'Al maestro del coro. Su "Giglio del precetto". Di Asaf. Salmo'.
2Tu, pastore d'Israele, ascolta,
tu che guidi Giuseppe come un gregge.
Assiso sui cherubini rifulgi
3davanti a Èfraim, Beniamino e Manasse.
Risveglia la tua potenza
e vieni in nostro soccorso.

4Rialzaci, Signore, nostro Dio,
fa' splendere il tuo volto e noi saremo salvi.

5Signore, Dio degli eserciti,
fino a quando fremerai di sdegno
contro le preghiere del tuo popolo?

6Tu ci nutri con pane di lacrime,
ci fai bere lacrime in abbondanza.
7Ci hai fatto motivo di contesa per i vicini,
e i nostri nemici ridono di noi.

8Rialzaci, Dio degli eserciti,
fa' risplendere il tuo volto e noi saremo salvi.

9Hai divelto una vite dall'Egitto,
per trapiantarla hai espulso i popoli.
10Le hai preparato il terreno,
hai affondato le sue radici e ha riempito la terra.
11La sua ombra copriva le montagne
e i suoi rami i più alti cedri.
12Ha esteso i suoi tralci fino al mare
e arrivavano al fiume i suoi germogli.

13Perché hai abbattuto la sua cinta
e ogni viandante ne fa vendemmia?
14La devasta il cinghiale del bosco
e se ne pasce l'animale selvatico.

15Dio degli eserciti, volgiti,
guarda dal cielo e vedi
e visita questa vigna,
16proteggi il ceppo che la tua destra ha piantato,
il germoglio che ti sei coltivato.
17Quelli che l'arsero col fuoco e la recisero,
periranno alla minaccia del tuo volto.
18Sia la tua mano sull'uomo della tua destra,
sul figlio dell'uomo che per te hai reso forte.
19Da te più non ci allontaneremo,
ci farai vivere e invocheremo il tuo nome.

20Rialzaci, Signore, Dio degli eserciti,
fa' splendere il tuo volto e noi saremo salvi.


Isaia 37

1Quando udì, il re Ezechia si stracciò le vesti, si ricoprì di sacco e andò nel tempio del Signore.2Quindi mandò Eliakìm il maggiordomo, Sebnà lo scrivano e gli anziani dei sacerdoti ricoperti di sacco dal profeta Isaia figlio di Amoz,3perché gli dicessero: "Così dice Ezechia: Giorno di angoscia, di castigo e di vergogna è questo, perché i figli sono arrivati fino al punto di nascere, ma manca la forza per partorire.4Spero che il Signore tuo Dio, udite le parole del gran coppiere che il re di Assiria suo signore ha mandato per insultare il Dio vivente lo voglia castigare per le parole che il Signore tuo Dio ha udito. Innalza ora una preghiera per quel resto che ancora rimane in vita".
5Così andarono i ministri del re Ezechia da Isaia.6Disse loro Isaia: "Riferite al vostro padrone: Dice il Signore: Non temere per le parole che hai udite e con le quali i ministri del re di Assiria mi hanno ingiuriato.7Ecco io infonderò in lui uno spirito tale che egli, appena udrà una notizia, ritornerà nel suo paese e nel suo paese io lo farò cadere di spada".

8Ritornato il gran coppiere, trovò il re di Assiria che assaliva Libna. Egli, infatti, aveva udito che si era allontanato da Lachis.

9Appena Sennàcherib sentì dire riguardo a Tiràka, re di Etiopia: "È uscito per muoverti guerra"; inviò di nuovo messaggeri a Ezechia per dirgli:10"Direte così a Ezechia, re di Giuda: Non ti illuda il tuo Dio, in cui confidi, dicendoti: Gerusalemme non sarà consegnata nelle mani del re di Assiria;11ecco tu sai quanto hanno fatto i re di Assiria in tutti i paesi che hanno votato alla distruzione; soltanto tu ti salveresti?12Gli dèi delle nazioni che i miei padri hanno devastate hanno forse salvato quelli di Gozan, di Carran, di Rezef e la gente di Eden in Telassàr?13Dove sono il re di Amat e il re di Arpad e il re della città di Sefarvàim, di Enà e di Ivvà?".
14Ezechia prese la lettera dalla mano dei messaggeri, la lesse, quindi salì al tempio del Signore. Ezechia, spiegato lo scritto davanti al Signore,15lo pregò:16"Signore degli eserciti, Dio di Israele, che siedi sui cherubini, tu solo sei Dio per tutti i regni della terra; tu hai fatto i cieli e la terra.17Porgi, Signore, l'orecchio e ascolta; apri, Signore, gli occhi e guarda; ascolta tutte le parole che Sennàcherib ha mandato a dire per insultare il Dio vivente.18È vero, Signore, i re di Assiria hanno devastato tutte le nazioni e i loro territori;19hanno gettato i loro dèi nel fuoco; quelli però non erano dèi, ma solo lavoro delle mani d'uomo, legno e pietra; perciò li hanno distrutti.20Ma ora, Signore nostro Dio, liberaci dalla sua mano perché sappiano tutti i regni della terra che tu sei il Signore, il solo Dio".

21Allora Isaia, figlio di Amoz mandò a dire a Ezechia: "Così dice il Signore, Dio di Israele: Ho udito quanto hai chiesto nella tua preghiera riguardo a Sennàcherib re di Assiria.22Questa è la sentenza che il Signore ha pronunciato contro di lui:

Ti disprezza, ti deride
la vergine figlia di Sion.
Dietro a te scuote il capo
la figlia di Gerusalemme.
23Chi hai insultato e schernito?
Contro chi hai alzato la voce
e hai elevato, superbo, gli occhi tuoi?
Contro il Santo di Israele!
24Per mezzo dei tuoi ministri hai insultato il Signore
e hai detto: "Con la moltitudine dei miei carri
sono salito in cima ai monti,
sugli estremi gioghi del Libano,
ne ho reciso i cedri più alti,
i suoi cipressi migliori;
sono penetrato nel suo angolo più remoto,
nella sua foresta lussureggiante.
25Io ho scavato e bevuto
acque straniere,
ho fatto inaridire con la pianta dei miei piedi
tutti i torrenti dell'Egitto".
26Non l'hai forse sentito dire?
Da tempo ho preparato questo,
dai giorni antichi io l'ho progettato;
ora lo pongo in atto.
Era deciso che tu riducessi in mucchi di rovine
le fortezze;
27i loro abitanti impotenti
erano spaventati e confusi,
erano come l'erba dei campi,
come tenera verzura,
come l'erba dei tetti,
bruciata dal vento d'oriente.
28Io so quando ti alzi o ti metti a sedere,
io ti conosco sia che tu esca sia che rientri.
29Poiché tu infuri contro di me e la tua insolenza
è salita ai miei orecchi,
ti metterò il mio anello nelle narici
e il mio morso alle labbra;
ti farò tornare per la strada per cui sei venuto.

30Questo ti serva da segno:
si mangerà quest'anno ciò che nascerà dai semi caduti,
nell'anno prossimo quanto crescerà da sé,
ma nel terzo anno seminerete e mieterete,
pianterete vigne e ne mangerete il frutto.
31Ciò che scamperà della casa di Giuda
continuerà a mettere radici in basso
e a fruttificare in alto.
32Poiché da Gerusalemme uscirà un resto,
dei superstiti dal monte Sion.
Questo farà lo zelo del Signore degli eserciti.

33Pertanto dice il Signore contro il re di Assiria:
Non entrerà in questa città
né vi lancerà una freccia,
non l'affronterà con gli scudi
né innalzerà contro di essa un terrapieno.
34Ritornerà per la strada per cui è venuto;
non entrerà in questa città.
Oracolo del Signore:
35Io proteggerò questa città e la salverò,
per riguardo a me stesso e al mio servo Davide.

36Ora l'angelo del Signore scese e percosse nell'accampamento degli Assiri centottantacinquemila uomini. Quando i superstiti si alzarono al mattino, ecco erano tutti cadaveri.
37Sennàcherib re di Assiria levò le tende e partì; tornato a Ninive, rimase colà.38Ora, mentre egli era prostrato in venerazione nel tempio di Nisrok suo dio, i suoi figli Adram-Mèlech e Zarèzer lo uccisero di spada, mettendosi quindi al sicuro nel paese di Ararat.
Assarhàddon suo figlio regnò al suo posto.


Atti degli Apostoli 19

1Mentre Apollo era a Corinto, Paolo, attraversate le regioni dell'altopiano, giunse a Èfeso. Qui trovò alcuni discepoli2e disse loro: "Avete ricevuto lo Spirito Santo quando siete venuti alla fede?". Gli risposero: "Non abbiamo nemmeno sentito dire che ci sia uno Spirito Santo".3Ed egli disse: "Quale battesimo avete ricevuto?". "Il battesimo di Giovanni", risposero.4Disse allora Paolo: "Giovanni ha amministrato un battesimo di penitenza, dicendo al popolo di credere in colui che sarebbe venuto dopo di lui, cioè in Gesù".5Dopo aver udito questo, si fecero battezzare nel nome del Signore Gesù6e, non appena Paolo ebbe imposto loro le mani, scese su di loro lo Spirito Santo e parlavano in lingue e profetavano.7Erano in tutto circa dodici uomini.

8Entrato poi nella sinagoga, vi poté parlare liberamente per tre mesi, discutendo e cercando di persuadere gli ascoltatori circa il regno di Dio.9Ma poiché alcuni si ostinavano e si rifiutavano di credere dicendo male in pubblico di questa nuova dottrina, si staccò da loro separando i discepoli e continuò a discutere ogni giorno nella scuola di un certo Tiranno.10Questo durò due anni, col risultato che tutti gli abitanti della provincia d'Asia, Giudei e Greci, poterono ascoltare la parola del Signore.

11Dio intanto operava prodigi non comuni per opera di Paolo,12al punto che si mettevano sopra i malati fazzoletti o grembiuli che erano stati a contatto con lui e le malattie cessavano e gli spiriti cattivi fuggivano.
13Alcuni esorcisti ambulanti giudei si provarono a invocare anch'essi il nome del Signore Gesù sopra quanti avevano spiriti cattivi, dicendo: "Vi scongiuro per quel Gesù che Paolo predica".14Facevano questo sette figli di un certo Sceva, un sommo sacerdote giudeo.15Ma lo spirito cattivo rispose loro: "Conosco Gesù e so chi è Paolo, ma voi chi siete?".16E l'uomo che aveva lo spirito cattivo, slanciatosi su di loro, li afferrò e li trattò con tale violenza che essi fuggirono da quella casa nudi e coperti di ferite.17Il fatto fu risaputo da tutti i Giudei e dai Greci che abitavano a Èfeso e tutti furono presi da timore e si magnificava il nome del Signore Gesù.18Molti di quelli che avevano abbracciato la fede venivano a confessare in pubblico le loro pratiche magiche19e un numero considerevole di persone che avevano esercitato le arti magiche portavano i propri libri e li bruciavano alla vista di tutti. Ne fu calcolato il valore complessivo e trovarono che era di cinquantamila dramme d'argento.20Così la parola del Signore cresceva e si rafforzava.

21Dopo questi fatti, Paolo si mise in animo di attraversare la Macedonia e l'Acaia e di recarsi a Gerusalemme dicendo: "Dopo essere stato là devo vedere anche Roma".22Inviati allora in Macedonia due dei suoi aiutanti, Timòteo ed Erasto, si trattenne ancora un po' di tempo nella provincia di Asia.

23Verso quel tempo scoppiò un gran tumulto riguardo alla nuova dottrina.24Un tale, chiamato Demetrio, argentiere, che fabbricava tempietti di Artémide in argento e procurava in tal modo non poco guadagno agli artigiani,25li radunò insieme agli altri che si occupavano di cose del genere e disse: "Cittadini, voi sapete che da questa industria proviene il nostro benessere;26ora potete osservare e sentire come questo Paolo ha convinto e sviato una massa di gente, non solo di Èfeso, ma si può dire di tutta l'Asia, affermando che non sono dèi quelli fabbricati da mani d'uomo.27Non soltanto c'è il pericolo che la nostra categoria cada in discredito, ma anche che il santuario della grande dea Artémide non venga stimato più nulla e venga distrutta la grandezza di colei che l'Asia e il mondo intero adorano".
28All'udire ciò s'infiammarono d'ira e si misero a gridare: "Grande è l'Artémide degli Efesini!".29Tutta la città fu in subbuglio e tutti si precipitarono in massa nel teatro, trascinando con sé Gaio e Aristarco macèdoni, compagni di viaggio di Paolo.30Paolo voleva presentarsi alla folla, ma i discepoli non glielo permisero.31Anche alcuni dei capi della provincia, che gli erano amici, mandarono a pregarlo di non avventurarsi nel teatro.32Intanto, chi gridava una cosa, chi un'altra; l'assemblea era confusa e i più non sapevano il motivo per cui erano accorsi.
33Alcuni della folla fecero intervenire un certo Alessandro, che i Giudei avevano spinto avanti, ed egli, fatto cenno con la mano, voleva tenere un discorso di difesa davanti al popolo.34Appena s'accorsero che era Giudeo, si misero tutti a gridare in coro per quasi due ore: "Grande è l'Artémide degli Efesini!".35Alla fine il cancelliere riuscì a calmare la folla e disse: "Cittadini di Èfeso, chi fra gli uomini non sa che la città di Èfeso è custode del tempio della grande Artémide e della sua statua caduta dal cielo?36Poiché questi fatti sono incontestabili, è necessario che stiate calmi e non compiate gesti inconsulti.37Voi avete condotto qui questi uomini che non hanno profanato il tempio, né hanno bestemmiato la nostra dea.38Perciò se Demetrio e gli artigiani che sono con lui hanno delle ragioni da far valere contro qualcuno, ci sono per questo i tribunali e vi sono i proconsoli: si citino in giudizio l'un l'altro.39Se poi desiderate qualche altra cosa, si deciderà nell'assemblea ordinaria.40C'è il rischio di essere accusati di sedizione per l'accaduto di oggi, non essendoci alcun motivo per cui possiamo giustificare questo assembramento".41E con queste parole sciolse l'assemblea.


Capitolo XX: L'amore della solitudine e del silenzio

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1. Cerca il tempo adatto per pensare a te e rifletti frequentemente sui benefici che vengono da Dio. Tralascia ogni cosa umanamente attraente; medita argomenti che ti assicurino una compunzione di spirito, piuttosto che un modo qualsiasi di occuparti. Un sufficiente spazio di tempo, adatto per dedicarti a buone meditazioni, lo troverai rinunciando a fare discorsi inutilmente oziosi e ad ascoltare chiacchiere sugli avvenimenti del giorno. I più grandi santi evitavano, per quanto possibile, di stare con la gente e preferivano stare appartati, al servizio di Dio. E' stato detto: ogni volta che andai tra gli uomini ne ritornai meno uomo di prima (Seneca, Epist. VII, 3). E ne facciamo spesso esperienza, quando stiamo a lungo a parlare con altri. Tacere del tutto è più facile che evitare le intemperanze del discorrere, come è più facile stare chiuso in casa che sapersi convenientemente controllare fuori casa. Perciò colui che vuole giungere alla spiritualità interiore, deve, insieme con Gesù, ritirarsi dalla gente. Soltanto chi ama il nascondimento sta in mezzo alla gente senza errare; soltanto chi ama il silenzio parla senza vaneggiare; soltanto chi ama la sottomissione eccelle senza sbagliare; soltanto chi ama obbedire comanda senza sgarrare; soltanto colui che è certo della sua buona coscienza possiede gioia perfetta.  

2. Però, anche nei santi, questo senso di sicurezza ebbe fondamento nel timore di Dio. Essi brillarono per straordinarie virtù e per grazia, ma non per questo furono meno fervorosi e intimamente umili. Il senso di sicurezza dei cattivi scaturisce, invece, dalla superbia e dalla presunzione; e , alla fine, si muta in inganno di se stessi. Non sperare di avere sicurezza in questo mondo, anche se sei ritenuto buon monaco o eremita devoto; spesso, infatti, coloro che sembravano eccellenti agli occhi degli uomini sono stati messi nelle più gravi difficoltà. Per molte persone è meglio dunque non essere del tutto esenti da tentazioni ed avere sovente da lottare contro di queste, affinché non siamo troppo sicure di sé, non abbiamo per caso a montare in superbia o addirittura a volgersi sfrenatamente a gioie terrene. Quale buona coscienza manterrebbe colui che non andasse mai cercando le gioie passeggere e non si lasciasse prendere dal mondo! Quale grande pace, quale serenità avrebbe colui che sapesse stroncare ogni vano pensiero, meditando soltanto intorno a ciò che attiene a Dio e alla salute dell'anima, e ponendo ben fissa ogni sua speranza in Dio! Nessuno sarà degno del gaudio celeste, se non avrà sottoposto pazientemente se stesso al pungolo spirituale. Ora, se tu vuoi sentire dal profondo del cuore questo pungolo, ritirati nella tua stanza, lasciando fuori il tumulto del mondo, come sta scritto: pungolate voi stessi, nelle vostre stanze (Sal 4,4). Quello che fuori, per lo più, vai perdendo, lo troverai nella tua cella; la quale diventa via via sempre più cara, mentre reca noi soltanto a chi vi sta di mal animo. Se, fin dall'inizio della tua venuta in convento, starai nella tua cella, e la custodirai con buona disposizione d'animo, essa diventerà per te un'amica diletta e un conforto molto gradito.  

3. Nel silenzio e nella quiete l'anima devota progredisce e apprende il significato nascosto delle Scritture; nel silenzio e nella quiete trova fiumi di lacrime per nettarsi e purificarsi ogni notte, e diventa tanto più intima al suo creatore quanto più sta lontana da ogni chiasso mondano. Se, dunque, uno si sottrae a conoscenti e ad amici, gli si farà vicino Iddio, con gli angeli santi. E' cosa migliore starsene appartato a curare il proprio perfezionamento, che fare miracoli, dimenticando se stessi. Cosa lodevole, per colui che vive in convento, andar fuori di rado, evitare di apparire, persino schivare la gente. Perché mai vuoi vedere ciò che non puoi avere? "Il mondo passa, e passano i suoi desideri" (1Gv 2,17). I desideri dei sensi portano a vagare con la mente; ma, passato il momento, che cosa ne ricavi se non un peso sulla coscienza e una profonda dissipazione? Un'uscita piena di gioia prepara spesso un ritorno pieno di tristezza; una veglia piena di letizia rende l'indomani pieno di amarezza; ogni godimento della carne penetra con dolcezza, ma alla fine morde e uccide. Che cosa puoi vedere fuori del monastero, che qui tu non veda? Ecco, qui hai il cielo e la terra e tutti glie elementi dai quali sono tratte tutte le cose. Che cosa altrove potrai vedere, che possa durare a lungo sotto questo sole? Forse credi di poterti saziare pienamente; ma a ciò non giungerai. Ché, se anche tu vedessi tutte le cose di questo mondo, che cosa sarebbe questo, se non un sogno senza consistenza? Leva i tuoi occhi in alto, a Dio, e prega per i tuoi peccati e per le tue mancanze. Lascia le vanità alla gente vana; e tu attendi invece a quello che ti ha comandato Iddio. Chiudi dietro di te la tua porta, chiama a te Gesù, il tuo diletto, e resta con lui nella cella; ché una sì grande pace altrove non la troverai. Se tu non uscirai e nulla sentirai dal chiasso mondano, resterai più facilmente in una pace perfetta. E poiché talvolta sentire cose nuove reca piacere, occorre che tu sappia sopportare il conseguente turbamento dell'animo.


Contro Fausto Manicheo - Libro trentatreesimo

Contro Fausto manicheo - Sant'Agostino di Ippona

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I Manichei e la salvezza dei Patriarchi: discussione su Mt 8,11.

1. FAUSTO. " Sta scritto nel Vangelo: Molti verranno dall'oriente e dall'occidente e siederanno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli 1. Perché dunque voi non accettate i patriarchi? ". Lungi da noi invidiare un qualsiasi mortale che Dio, guardandolo con misericordia, abbia ricondotto dalla perdizione alla salvezza: però attribuiamo ciò alla clemenza di colui che ha avuto compassione, non al merito di colui la cui vita, non potresti negarlo, fu riprovevole. Per questo, ammettiamo pure che i padri dei Giudei, cioè Abramo, Isacco e Giacobbe (se la testimonianza di Cristo su di loro da voi addotta è autentica), sebbene furono viziosi in sommo grado (come indica forse Mosè loro pronipote, oppure un autore diverso che nella storia chiamata Genesi ne scrisse le vite, degne, secondo noi, di ogni disprezzo e ripugnanza) si trovino già nel regno dei cieli, in un luogo che mai avevano creduto né sperato, come appare assai chiaramente dai loro libri: purché tuttavia sia chiaro, anche per vostra ammissione, che poterono giungere a ciò che sta scritto di loro, se mai vi giunsero, dopo un lungo intervallo di tempo, essendo stati liberati dalla tetra punizione del carcere degli inferi, ove scontavano i meriti della loro vita, da Cristo nostro Signore per mezzo della sua mistica passione. Infatti, non perché il medesimo nostro Signore liberò dalla croce un certo ladrone e gli disse che in quello stesso giorno sarebbe stato con lui nel paradiso di suo Padre 2, qualcuno ne ha invidia o può essere così disumano da dispiacersi per la dimostrazione di tanta benevolenza. Tuttavia, non diremo certo che la vita e i costumi dei ladroni sono degni della nostra approvazione, per il fatto che Gesù concesse il perdono al ladrone, o perché perdonò ai pubblicani e alle prostitute i loro errori e disse che costoro precederanno nel regno dei cieli quelli che si comportano con superbia 3. Egli infatti, assolvendo dalle accuse dei Giudei una donna sorpresa nell'illegalità e in adulterio, le ordinò di smettere di peccare 4. Pertanto, se fece qualcosa di simile anche con Abramo, Isacco e Giacobbe, rendiamogli grazie: ci insegna che così agisce con le anime colui che fa sorgere il suo sole sopra i buoni e sopra i malvagi e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti 5. Tuttavia, nella vostra opinione in materia una sola cosa mi infastidisce: perché mai ritenete che soltanto i padri dei Giudei, e non anche i patriarchi degli altri popoli, abbiano sperimentato qualche volta la grazia del nostro liberatore, soprattutto considerando che la Chiesa cristiana è composta più di figli loro che della discendenza di Abramo, Isacco e Giacobbe? Ma dici che quelli adorarono gli idoli, mentre questi Dio onnipotente, e che per tale motivo Gesù ebbe cura soltanto di loro. Il culto del Dio onnipotente fa dunque precipitare nel tartaro, e chi ha tributato culto al Padre ha bisogno dell'aiuto del Figlio? Ma vedrai tu. Per il momento, dicevo, ammettiamo pure che quelli furono condotti in cielo non perché lo meritassero, ma perché la divina clemenza vince la forza dei peccati.

Le frase di Gesù è un falso, perché Matteo e Luca si contraddicono.

2. Tuttavia la divergenza tra gli scrittori ci rende dubbiosi e incerti sul fatto che Cristo abbia detto quelle parole. Infatti, nonostante due evangelisti, Matteo e Luca, narrino parimenti di un centurione che aveva un servo ammalato, a proposito del quale Gesù sembra aver affermato che in Israele non si era mai trovata una fede così grande come in quell'uomo, sebbene fosse un gentile e un pagano, perché aveva detto che non era degno che Gesù entrasse sotto il suo tetto, ma lo pregava solo di ordinare con una parola e il suo servo sarebbe guarito, tuttavia soltanto Matteo aggiunge che Gesù continuò dicendo: In verità vi dico, molti verranno dall'oriente e dall'occidente e siederanno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli e manderanno fuori nelle tenebre i figli del regno. Con i molti che dovevano venire intendeva i pagani, in riferimento al centurione, che era un Gentile e tuttavia si era trovata in lui una fede così grande; e chiamava " figli del regno " i Giudei, nei quali non si era trovata alcuna fede. Invece Luca, sebbene ritenne di dover inserire nel suo Vangelo, fra le opere mirabili di Cristo, anche questa, come imprescindibile e degna di essere ricordata, non fa lì alcuna menzione di Abramo, Isacco e Giacobbe. E se qualcuno afferma che lo tralasciò perché era già stato detto a sufficienza da Matteo, perché allora racconta il comportamento nei confronti del centurione e il suo servo, che ugualmente ci era già stato ben presentato con sollecitudine da Matteo? Siamo in presenza di un falso. Infatti, a proposito della stessa supplica per la venuta di Gesù, Matteo dice che il centurione si recò da lui di persona per chiedergli la guarigione, mentre Luca no, bensì che inviò da Gesù gli anziani dei Giudei i quali, affinché egli non fosse da lui rifiutato in quanto Gentile - costoro infatti vogliono che Gesù sia pienamente Giudeo - gli si presentarono per convincerlo, affermando che era degno di essere esaudito perché amava il suo popolo e gli aveva edificato una sinagoga. Come se al Figlio di Dio importasse qualcosa, se i Giudei avevano meritato l'edificazione della loro sinagoga 6 da parte di un centurione pagano! Tuttavia anche Luca non ha taciuto completamente queste parole, domandandosi, credo, se per caso non fossero autentiche: però cambia loro di posto, applicandole a una situazione assai diversa, ovvero quando Gesù dice ai suoi discepoli: Sforzatevi di entrare per la porta stretta: molti infatti cercheranno di entrarvi, ma non ci riusciranno. Quando il padrone di casa sarà entrato e avrà chiuso la porta, comincerete a bussare da fuori, dicendo: " Signore, aprici ". Ma rispondendo dirà: " Non vi conosco ". Allora comincerete a dire: " Abbiamo mangiato e bevuto alla tua presenza e hai insegnato nelle nostre piazze e sinagoghe ". E dirà: Non so di dove siete. Allontanatevi da me voi tutti, operatori d'iniquità. Là ci sarà pianto e stridore di denti, quando vedrete Abramo, Isacco e Giacobbe e tutti i profeti entrare nel regno dei cieli mentre voi ne siete cacciati fuori. E verranno da oriente e da occidente, da mezzogiorno e da settentrione e siederanno a mensa nel regno di Dio 7. Questo fatto, che cioè saranno esclusi dal regno di Dio molti che avranno portato solo il nome di Cristo ma non ne avranno compiuto le opere, anche Matteo non omise di scriverlo 8, però in quel punto non fa alcuna menzione di Abramo, Isacco e Giacobbe. A sua volta, anche Luca scrisse del centurione e del suo servo, ma parimenti lì non attesta nulla su Abramo, Isacco e Giacobbe: cosicché, visto che non si può sapere con certezza dove questa frase fu detta, nulla impedisce di credere che non fu detta affatto.

In ogni caso, le vite dei Patriarchi furono deprecabili e prive di merito.

3. A ragione, dunque, noi non prestiamo mai ascolto senza giudizio e criterio a simili scritture, così discordi e diverse, ma esaminando tutto e comparando una cosa con l'altra ponderiamo se Cristo possa aver detto qualcosa oppure no. Infatti i vostri antenati hanno inserito nei discorsi di nostro Signore molte affermazioni che, segnate col suo nome, non si accordano con la sua fede, soprattutto perché, come già spesso abbiamo dimostrato, non furono scritte né da lui né dai suoi apostoli, ma furono raccolte molto tempo dopo la loro morte non so da quali semi-Giudei, essi stessi in disaccordo tra loro, sulla base di dicerie e opinioni: costoro tuttavia, attribuendo tutte queste cose al nome degli apostoli del Signore o di quelli che degli apostoli sembravano essere stati i seguaci, mentirono, affermando di aver scritto i loro errori e le loro falsità in accordo con essi. Ma vedrai tu. Per ora, come ho detto, non vorrei discutere troppo con te su questo testo, poiché mi basta come difesa ciò che ho posto in precedenza e che neppure a voi è lecito negare, ovvero che prima della venuta di nostro Signore tutti i patriarchi e i profeti di Israele giacquero nelle tenebre del tartaro secondo i loro meriti: se anche un giorno, liberati da Cristo, furono da lì ricondotti alla luce, cosa c'entra questo con l'avversione per la loro vita? Noi infatti detestiamo e rifiutiamo non ciò che furono, cioè uomini, ma come furono, cioè malvagi, e non ciò che sono adesso, ovvero purificati, bensì ciò che furono talvolta, ovvero impuri. Quindi per il momento questo passo, comunque voi vogliate considerarlo, non ci è di impedimento, perché se è autentico vi si mostra la misericordia di Cristo e la sua bontà, se invece è falso, l'accusa ricade su quelli che l'hanno scritto: in ambedue i casi noi siamo al sicuro, come sempre.

Agostino: i meriti dei Patriarchi.

4. AGOSTINO. Come fai ad essere al sicuro, o misero? Come sei al sicuro, tu che affermi di detestare i patriarchi perché impuri e ancora vai piangendo il lamento su un dio impuro? Hai concesso senza dubbio che, dopo la venuta del Signore, a quei patriarchi sia stata offerta la purificazione e donato il riposo della beatitudine: il vostro dio, invece, anche dopo la venuta del Salvatore giace ancora nelle tenebre, ancora è immerso in turpitudine di ogni genere, ancora si rotola in ogni sorta di impurità. Così, non solo la vita di quegli uomini fu migliore del vostro dio, ma anche la loro stessa morte fu più felice. In quali sedi poi si trovassero i giusti che uscirono da questa vita prima che Cristo venisse nella carne, e se la passione di Cristo abbia trasferito in una condizione migliore anch'essi, che non solo avevano creduto che egli sarebbe venuto, avrebbe patito e sarebbe risorto, ma avevano anche preannunziato ciò come conveniva con spirito profetico, si deve ricercarlo nelle sacre Scritture, se in qualche modo si può ricercarlo con chiarezza: non vanno certo seguite in materia le opinioni temerarie di uomini qualsiasi, e meno che mai le perversioni dell'eresia tanto esecrabile di gente così aberrante dalla verità. Invano Fausto in questo modo tortuoso si ripromette che, dopo questa vita, possa essere concesso qualcosa a chi non abbia meritato di ottenerlo in questa vita. È bene per voi, finché vivete qui, abbandonare codesto errore e conoscere e custodire la verità della fede cattolica. Altrimenti, ciò che l'ingiusto si ripromette sarà ben lungi, quando comincerà ad avvenire ciò che Dio gli ha minacciato.

La fede di Abramo.

5. Sulla vita dei patriarchi, ho già risposto non poco, quanto ho ritenuto sufficiente, a quest'uomo maledico: non è certo a loro in quanto corretti con la morte o giustificati dopo la sua passione che il Signore dava testimonianza, quando avvertiva i Giudei che, se fossero stati figli di Abramo, avrebbero compiuto le opere di Abramo, e che lo stesso Abramo aveva desiderato vedere il suo giorno e, vedutolo, se ne era rallegrato, e che era nel seno di lui, cioè in non so quale luogo misterioso, grande e nascosto 9, di serena felicità, che gli angeli avevano condotto quel povero tribolato e disprezzato dal ricco superbo 10. E che dirò dell'apostolo Paolo? È forse ad Abramo giustificato dopo la morte che anch'egli si riferisce, quando loda il fatto che credette a Dio prima di essere circonciso e che ciò gli venne attribuito come giustizia 11? E assegna a questo un tale valore, da dire che noi, che non siamo discendenza carnale di Abramo, siamo divenuti suoi figli unicamente perché seguiamo le orme di quella sua fede.

L'ininterrotta tradizione nella Chiesa attesta l'autenticità degli scritti apostolici.

6. Ma che potrò fare con voi, che l'iniquità ha reso così sordi contro le testimonianze delle Scritture al punto che, qualunque cosa si adduca da lì contro di voi, osate affermare che non fu detta dall'Apostolo, ma fu scritta a suo nome da un non so quale falsario? A tal punto la dottrina dei demoni che predicate è chiaramente estranea alla dottrina cristiana, che in nessun modo potete difenderla sotto il nome di dottrina cristiana, se non dicendo che gli scritti degli apostoli sono falsi! O nemici disgraziati dell'anima vostra! Quali scritti avranno mai un qualche peso di autorità, se non ne avranno quelli evangelici e quelli apostolici? Sull'autore di quale libro ci sarà mai certezza, se è incerto se siano degli apostoli gli scritti che la Chiesa dice e conserva come degli apostoli, essa che fu dagli stessi apostoli diffusa e annunziata in mezzo a tutti i popoli con tanta perfezione? E sarà invece certo che gli apostoli abbiano scritto ciò che è proclamato dagli eretici contrari a questa Chiesa, da essi attribuito ai nomi dei loro fondatori, vissuti tanto tempo dopo gli apostoli? Come se anche nella letteratura secolare non siano esistiti autori certissimi, al cui nome in seguito vennero attribuite molte opere che furono ripudiate, o perché non si adattavano affatto a quelle autentiche, o perché al tempo in cui essi scrissero non furono conosciute e non meritarono di essere trasmesse e raccomandate ai posteri dagli autori stessi o dai loro intimi! Alcuni libri trasmessi sotto il nome del nobilissimo medico Ippocrate, per non parlare di altri, non sono forse stati rigettati dai medici come non autorevoli? Né ad essi giovò qualche somiglianza di argomenti e di parole poiché, paragonati con le opere di Ippocrate notoriamente autentiche, furono ritenuti inferiori: anche per il fatto che non li si riconobbe come autenticamente suoi a partire dalla stessa epoca degli altri. Ma i libri in base ai quali si paragonano e si rigettano quelli che ci giungono inopinatamente, come consta che siano di Ippocrate? Come - se qualcuno lo nega non va nemmeno confutato, bensì deriso - se non per il fatto che ce li ha tramandati una catena di successioni dal tempo di Ippocrate stesso sino ad oggi e via di seguito, così che è da folli dubitarne? Come sanno gli uomini che certi libri sono di Platone, Aristotele, Varrone, Cicerone e di altri simili autori, se non per l'attestazione continua delle epoche successive? Molti hanno molto composto a proposito delle scritture ecclesiastiche, non però con autorità canonica, ma con l'intento di essere utili o di apprendere. Come consta che un'opera è di qualcuno, se non perché nell'epoca in cui uno la scrisse la rese nota a quanti poté e la pubblicò, e di lì la sua conoscenza è arrivata ininterrottamente ad altri ed altri ancora e sempre con più vasta conferma ai posteri, sino ai nostri giorni, cosicché, se ci chiedono di chi è un certo libro, non esitiamo su ciò che dobbiamo rispondere? Ma perché volgersi a un passato così lontano? Ecco, abbiamo degli scritti nelle mani: se un po' di tempo dopo il termine della nostra vita qualcuno negherà che alcuni siano di Fausto e altri miei, come si convincerà, se non per il fatto che coloro che adesso li conoscono ne trasmettono notizia anche ai più lontani nel tempo mediante successioni ininterrotte di posteri? Stando così le cose, chi mai, se non colui che si è pervertito acconsentendo alla malizia e all'inganno dei demoni menzogneri, è a tal punto accecato dal furore da affermare che la Chiesa degli apostoli, una concordia di fratelli così fidata e numerosa, non poté meritare che i loro scritti passassero con fedeltà ai posteri, quando con certissima successione sono state conservate le loro cattedre sino ai vescovi di oggi, e questa stessa cosa accade con tanta facilità agli scritti di uomini qualsivoglia, sia fuori della Chiesa sia nella Chiesa stessa?

Le divergenze tra Matteo e Luca si spiegano con i diversi metodi della narrazione storica.

7. " Ma i loro scritti ", dice, " si trovano l'un l'altro in contraddizione ". Maligni quali siete, voi leggete con cattiva intenzione; stolti, non comprendete; ciechi, non vedete. Come avrebbe potuto essere tanto difficile leggere con attenzione questi scritti e trovare una grande e salutare corrispondenza tra gli scrittori, se la contesa non vi avesse pervertito e vi avesse assistito la pietà? Chi mai infatti, leggendo due storici che scrivono di uno stesso argomento, ha pensato che ambedue, o uno dei due, abbia ingannato o sia stato ingannato, perché uno ha detto ciò che l'altro ha omesso, o perché uno ha compendiato in breve una cosa, mantenendo integro e intatto solamente il contenuto, mentre l'altro ha trattato tutto punto per punto, in modo da rendere noto non solo ciò che è accaduto, ma anche come è accaduto? È quel che ha fatto Fausto, che ha voluto criticare la veridicità del Vangelo perché Matteo ha detto qualcosa che Luca, narrando il medesimo evento, ha omesso di dire: quasi che Luca negasse che Cristo abbia detto ciò che Matteo ha scritto che disse. Al riguardo non c'è stata mai alcuna disputa e un'obiezione simile può venire solo da gente del tutto dissennata, che non vuole o non può prendere in esame alcuna di queste cose. Certamente, ricorre come domanda tra i fedeli, e come obiezione tra gli infedeli - quelli però poco eruditi e assai litigiosi, a meno che una volta ammoniti non ritornino in sé - per quale motivo Matteo disse: Gli si avvicinò un centurione che lo pregava dicendo, mentre Luca disse che il centurione inviò a lui gli anziani dei Giudei per chiedergli di guarire il suo servo ammalato, e che quando Gesù si avvicinò alla sua casa mandò avanti altri, dicendo tramite loro che non era degno che Gesù entrasse in casa sua e che non era degno di andare di persona da Gesù. In che modo, dunque, secondo Matteo gli si avvicinò e lo pregava dicendo: Il mio servo giace in casa paralizzato e soffre terribilmente 12? Qui si capisce che Matteo ha riassunto in breve il medesimo autentico e integro racconto, dicendo che il centurione si avvicinò a Gesù, senza però dire se si avvicinò di persona o tramite altri, e senza esplicitare se quanto gli disse a proposito del suo servo, lo disse da se stesso o attraverso altri. E allora? La consuetudine umana non è forse piena di espressioni di tal fatta, come quando affermiamo " si è avvicinato molto a qualcosa " anche di uno che non diciamo ancora essere arrivato? Non affermiamo forse assai spesso che lo stesso arrivare, al quale sembra quasi che non si possa aggiungere più nulla, avviene anche per mezzo di altri, usando frequentemente espressioni del tipo " ha intentato una causa, è arrivato davanti al giudice ", oppure " è arrivato da questo o da quel potente ", quando i più fanno ciò tramite amicizie, senza aver visto affatto colui presso il quale si dice che sono arrivati? Per questo nel linguaggio comune si chiamano " arrivati " quegli uomini che, con l'arte dell'intrigo, da soli o tramite altri, giungono a toccare gli animi in qualche modo inaccessibili dei potenti. E che dunque? Quando leggiamo, dimentichiamo il modo in cui siamo soliti parlare? O forse la Scrittura di Dio avrebbe dovuto parlare con noi in modo diverso dal nostro costume? Ecco ciò che risponderei sull'uso comune del linguaggio a gente ostinata e turbolenta.

Matteo ha insistito sul significato del fatto, Luca sul modo in cui si è svolto.

8. Coloro che indagano queste cose con animo non litigioso, ma pacato e fedele, si avvicinino a Gesù non con la carne ma con il cuore, non con la presenza del corpo ma con la potenza della fede, come quel centurione, e allora comprenderanno meglio ciò che Matteo ha detto. A costoro infatti si dice nel Salmo: Avvicinatevi a lui e sarete illuminati e il vostro volto non arrossirà 13. Per questo il centurione, la cui fede Cristo tanto lodò, si era avvicinato a lui più degli stessi tramite i quali inviò le sue parole. Un caso simile è quando il Signore disse: Qualcuno mi ha toccato, allorché una donna che soffriva di perdite di sangue fu sanata toccando l'orlo della sua veste. Ai suoi discepoli sembrava strano che dicesse: Chi mi ha toccato? e: Qualcuno mi ha toccato, mentre la folla lo premeva. E quindi gli risposero: La folla ti stringe, e dici " Chi mi ha toccato? " 14. Quelli lo premevano, ma essa lo toccò: ugualmente, quelli erano stati inviati a Cristo, ma il centurione gli si avvicinò di più. Dunque Matteo ha mantenuto un modo di esprimersi tuttora non inusitato e ha comunicato qualcosa di misterioso; Luca invece ha mostrato come questo stesso fatto si è svolto, per costringerci ad accorgerci del modo in cui Matteo lo ha espresso. Vorrei proprio che qualcuno di questi millantatori, che in mala fede obiettano al Vangelo questioncelle simili come fossero di grande portata, raccontasse egli stesso una cosa per due volte, non per dire il falso o per ingannare, ma con l'intenzione di comunicarla ed esporla con esattezza, e che le sue parole fossero raccolte con lo stilo e gli venissero lette ad alta voce: si vedrà se non abbia detto qualcosa in più o in meno, o con un ordine invertito non solo nelle parole ma anche nei fatti, o se non abbia aggiunto qualcosa di sua iniziativa, come se un altro avesse detto qualcosa che egli non gli aveva sentito dire ma sapeva chiaramente che avrebbe voluto e pensato di dirla; o se non abbia compendiato in breve la verità del racconto di qualcuno, il cui contenuto aveva prima esplicato per esteso, quasi punto per punto; e se c'è dell'altro che possa essere ricondotto a regole certe, si noterà come, nei distinti racconti di uno stesso fatto forniti da due persone, o in due racconti di uno stesso fatto forniti da una sola persona, avvenga che si ritrovino molte cose diverse e tuttavia non opposte, e molte cose variate, ma non contraddittorie. Così si sciolgono tutte le difficoltà con cui questi infelici si legano il collo, per conservare nell'intimo lo spirito del loro errore e non accettare dall'esterno quello della salvezza.

Esortazione finale: i Manichei seguano l'autorità delle Scritture o almeno la retta ragione.

9. Dopo aver confutato tutte le calunnie di Fausto, almeno quelle contenute nei suoi Capitoli, alle quali, credo, ho risposto in quest'opera a sufficienza e con ampiezza, nella misura in cui il Signore si è degnato di aiutarmi, voglio brevemente ammonire voi che siete prigionieri di quell'errore tanto nefando e esecrabile: se volete seguire l'autorità delle Scritture, fra tutte la preferibile, seguite quella che custodita, raccomandata e glorificata in tutto il mondo, è giunta dai tempi della presenza dello stesso Cristo sino a questi tempi, attraverso l'amministrazione degli apostoli e le successioni sicure dei vescovi dalle loro sedi. Lì infatti vedrete anche rivelarsi le oscurità e compiersi le predizioni del Vecchio Testamento. Se invece è la ragione che vi muove, pensate in primo luogo a chi siete, a quanto poco siete capaci di comprendere la natura non dico di Dio, ma dell'anima vostra, la quale va compresa, come voi dite di volere o di aver voluto, per mezzo di una ragione certissima e non di una vanissima credulità: poiché questo non lo potete affatto, - senza dubbio, infatti, finché sarete così come siete, non lo potrete in alcun modo -, pensate o credete almeno a ciò che per natura è insito in ogni mente umana, se non è guastato dalla depravazione di un'opinione perversa: che cioè la natura e la sostanza di Dio è totalmente immutabile e totalmente incorruttibile. E d'un tratto cesserete di essere Manichei, per poter essere un giorno cattolici. Amen.

Note:

1 - Mt 8, 11.

2 - Cf. Lc 23, 43.

3 - Cf. Mt 21, 31.

4 - Cf. Gv 8, 3-11.

5 - Cf. Mt 5, 45.

6 - Cf. Mt 8, 5-13; Lc 7, 2-10.

7 - Lc 13, 24-29.

8 - Cf. Mt 7, 21.

9 - Cf. Gv 8, 39. 56.

10 - Lc 16, 23.

11 - Cf. Rm 4, 3.

12 - Mt 8, 5-13; Lc 7, 2-10.

13 - Sal 33, 6.

14 - Lc 8, 43-46.


1. Infanzia radiosa ad Alencon (1873-1877)

Storia di un'anima - Santa Teresa di Lisieux

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Preambolo - Dolce clima domestico - Temperamento felice - L'inseparabile Celina - Gesto rivelatore - Diavoletti in sogno - In sintonia con la natura.

J.M.J.T. Gesù+ Gennaio 1895

STORIA PRIMAVERILE DI UN FIORELLINO BIANCO SCRITTA DA LUI STESSO E DEDICATA ALLA REVERENDA MADRE AGNESE DI GESÙ.

 

1 - A lei, Madre mia cara, a lei che mi è due volte madre confido la storia dell'anima mia... Quando lei mi chiese di farlo, pensai: il cuore si dissiperà, occupandosi di se stesso; ma poi Gesù mi ha fatto sentire che, obbedendo con semplicità, avrei fatto piacere a lui; del resto, faccio una cosa sola: comincio a cantare quello che debbo ripetere eternamente: “Le misericordie del Signore!”.

2 - Prima di prendere la penna, mi sono inginocchiata davanti alla statua di Maria (quella che ci ha offerto tante prove delle materne premure da parte della Regina del Cielo verso la nostra famiglia), l'ho supplicata che mi guidi la mano: nemmeno un rigo voglio scrivere che non piaccia a lei! Poi ho aperto il Vangelo, e lo sguardo è caduto su alcune parole: «Gesù salì sopra una montagna, e chiamò a sé quelli che volle: e andarono a lui» (s. Marco, cap. III, v. 13).

3 - Questo, proprio questo il mistero della mia vocazione, della mia vita tutta, e in particolare il mistero dei privilegi di Gesù sull'anima mia. Gesù non chiama quelli che sono degni, bensì chi vuole lui, o, come dice san Paolo: «Dio ha pietà di chi vuole lui, ed usa misericordia a chi vuole lui. Non è dunque opera di chi voglia né di chi corra, bensì di Dio che usa misericordia» (Ep. ai Rom., cap. IX, vv. 15-16).

4 - Per tanto tempo mi sono chiesta perché Dio abbia delle preferenze, perché tutte le anime non ricevano grazie in grado uguale, mi meravigliavo perché prodiga favori straordinari a Santi che l'hanno offeso, come san Paolo, sant'Agostino, e perché, direi quasi, li costringe a ricevere il suo dono; poi, quando leggevo la vita dei Santi che Nostro Signore ha carezzati dalla culla alla tomba, senza lasciare sul loro cammino un solo ostacolo che impedisse di elevarsi a lui, e prevenendo le loro anime con tali favori da rendere quasi impossibile che esse macchiassero lo splendore immacolato della loro veste battesimale, mi domandavo: perché i poveri selvaggi, per esempio, muoiono tanti e tanti ancor prima di avere inteso pronunciare il nome di Dio?

5 - Ma Gesù mi ha istruita riguardo a questo mistero. Mi ha messo dinanzi agli occhi il libro della natura, ed ho capito che tutti i fiori della creazione sono belli, le rose magnifiche e i gigli bianchissimi non rubano il profumo alla viola, o la semplicità incantevole alla pratolina... Se tutti i fiori piccini volessero essere rose, la natura perderebbe la sua veste di primavera, i campi non sarebbero più smaltati di infiorescenze. Così è nel mondo delle anime, che è il giardino di Gesù. Dio ha voluto creare i grandi Santi, che possono essere paragonati ai gigli ed alle rose; ma ne ha creati anche di più piccoli, e questi si debbono contentare d'essere margherite o violette, destinate a rallegrar lo sguardo del Signore quand'egli si degna d'abbassarlo. La perfezione consiste nel fare la sua volontà, nell'essere come vuole lui.

6 - Ho capito anche un'altra cosa: l'amore di Nostro Signore si rivela altrettanto bene nell'anima più semplice la quale non resista affatto alla grazia, quanto nell'anima più sublime; in realtà, è proprio dell'amore umiliarsi, e se tutte le anime somigliassero ai santi Dottori, i quali hanno rischiarato la Chiesa con i lumi della loro dottrina, parrebbe che Dio misericordioso non discendesse abbastanza per raggiungerli; ma egli ha creato il bimbo il quale non sa nulla e si esprime soltanto con strilletti deboli deboli; ha creato il selvaggio il quale, nella sua totale miseria, possiede soltanto la legge naturale per regolarsi; e Dio si abbassa fino a loro! Anzi, sono questi i fiori selvatici che lo rapiscono perché sono tanto semplici.

7 - Abbassandosi fino a questo punto, Dio si mostra infinitamente grande. Allo stesso modo in cui il sole illumina i grandi cedri ed i fiorucci da niente come se ciascuno fosse unico al mondo, così Nostro Signore si occupa di ciascuna anima con tanto amore, quasi fosse la sola ad esistere; e come nella natura le stagioni tutte sono regolate in modo da far sbocciare nel giorno stabilito la pratolina più umile, così tutto risponde al bene di ciascun'anima.

8 - Certamente, Madre cara, lei si domanda dove io voglia arrivare, perché finora non ho detto parola che somigli alla storia della mia vita, ma lei mi ha chiesto di scrivere liberamente quello che mi viene al pensiero, perciò io non racconterò la mia vita vera e propria, bensì i miei pensieri riguardo alle grazie che Dio mi ha concesse. Mi trovo a un punto della mia esistenza dal quale posso guardare il passato; l'anima mia si è maturata tra prove esterne e interne, ora, come un boccio rafforzato dalla tempesta, mi risollevo, e vedo che in me si verificano le parole del Salmo XXII «il Signore è il mio Pastore, nulla mi può mancare. Mi fa riposare nelle pasture fresche e ricche. Mi guida dolcemente lungo il fiume. Conduce l'anima mia senza stancarla... E quand'anche scenderò nella valle ombrosa della morte, non temerò danno, perché tu sarai con me, Signore!».

9 - Sempre il Signore è stato pieno di compassione per me, e di dolcezza... Lento a punire e abbondante in misericordie! (Salmo CII, v. 8). Così, Madre mia, sono felice di cantare vicino a lei la misericordia del Signore. Per lei sola scriverò la storia del fiore umile colto da Gesù, e parlerò abbandonandomi, senza preoccuparmi dello stile, o delle tante digressioni che farò. Un cuore di mamma capisce sempre il suo bimbo, anche se questo balbetta soltanto, e perciò sono sicura di essere capita, indovinata da lei: è lei che mi ha formato il cuore, e l'ha offerto a Gesù!

10 - Mi pare che, se un fiorellino potesse parlare, direbbe, con gran semplicità, ciò che il Signore ha fatto per lui e non cercherebbe di nascondere i benefici divini. Per falsa modestia, non direbbe: «Sono sgraziato, non ho profumo, il sole ha portato via il mio splendore, la bufera ha infranto il mio stelo» quando riconoscesse in sé tutto il contrario.

11 - Il fiore che racconta qui la sua storia si rallegra perché farà conoscere le premure tutte gratuite di Gesù; non ha niente lui - e lo sa bene - che possa attrarre lo sguardo di Dio, ed anche sa che la sola misericordia divina ha fatto tutto il buono esistente in lui. L'ha fatto nascere in una terra santa, e quasi permeata da un profumo verginale. L'ha fatto precedere da otto gigli sfolgoranti di candore. Nel suo amore, ha voluto preservare il fiore umile dal soffio velenoso del mondo; stavano appena per aprirsi i petali, e il Salvatore l'ha trapiantato sulla montagna del Carmelo, ove già olezzavano due gigli: proprio quei due che l'avevano avvolto e cullato dolcemente al suo primo germogliare… Sette anni sono trascorsi da quando il fiore si è radicato nel giardino dello Sposo dei vergini, ed ora vicine a lui ondulano tre corolle fragranti; non lontano, un'altra si apre allo sguardo di Gesù, ed i due steli benedetti che le hanno prodotte sono riuniti per sempre nella Patria divina. Là hanno ritrovato i quattro gigli che la terra non ha visti fiorire. Oh, che Gesù voglia non lasciare a lungo sulla riva straniera coloro che sono rimaste nell'esilio: che ben presto tutto il cespo bianco sia completo nel Cielo!

12 - Madre mia, ho riassunto in poche parole ciò che il Signore ha fatto per me, ora mi addentrerò nella mia vita di bimba; so che là, dove chiunque altro non vedrebbe se non una tiritera noiosa, il suo cuore di mamma troverà un fascino. E poi, i ricordi che evocherò sono anche i suoi, perché l'infanzia mia è trascorsa vicina a lei, ed io ho la fortuna d'appartenere ai genitori ineguagliabili i quali ci hanno avviluppate delle stesse premure e di uguale tenerezza. Benedicano essi la minima delle loro figlie e l'aiutino a cantare le misericordie di Dio!

13 - Nella storia dell'anima mia fino a quando sono entrata nel Carmelo, distinguo nettamente tre periodi: il primo, nonostante la brevità, non è il meno fecondo di ricordi: dall'iniziale destarsi della mia mente al transito della nostra Mamma amata.

14 - Per tutta la mia vita è piaciuto a Dio circondarmi d'amore, i primi ricordi sono sorrisi e carezze tenerissime: ma, se egli mi aveva messo intorno tanto amore, me ne aveva posto anche nel cuore, creandolo amante e sensibile; così amavo grandemente Papà e Mamma e dimostravo il mio affetto in mille modi, perché ero molto espansiva. Soltanto i mezzi che usavo erano talvolta strani, come lo prova questo passo di una lettera di Mamma: «La piccina è un furicchio impagabile, mi ha carezzata augurandomi la morte: "Oh, come vorrei che tu morissi, povera Mammina mia!..."; la rimbrottano e lei mi fa: "Ma è perché tu possa andare in Cielo, giacché tu dici che bisogna morire per andarci!". E in modo simile augura la morte al Babbo, quand'è nei suoi trasporti d'amore».

15 - Il 25 giugno 1874, avevo appena diciotto mesi, ecco ciò che Mamma diceva di me: «Papà ha installato un'altalena, Celina è felice a più non posso, ma bisogna vedere la piccina quando si dondola: è buffissima, si regge come una bimba grande, non c'è pericolo che lasci la corda, poi quando non va abbastanza forte, grida. L'attacchiamo davanti con un'altra corda e, nonostante questo, non sono tranquilla quando la vedo issata lì sopra.

16 - M'è accaduta un'avventura curiosa ultimamente con la piccina. Ho l'abitudine di andare alla Messa delle cinque e mezzo, nei primi giorni non osavo lasciarla, ma vedendo che non si svegliava mai, ho finito per decidermi. La metto nel letto mio, e accosto la culla in modo che lei non possa cadere. Un giorno dimentico di avvicinare la culla. Ritorno, la piccina non c’è più: nello stesso attimo odo uno strilletto, guardo, la vedo seduta sopra una seggiola accanto al letto, con la testina appoggiata al traversino, e dormiva agitata per la posizione scomoda. Non ho ancora capito come abbia potuto cadere seduta su una seggiola, dal momento che era distesa. Ho ringraziato Iddio che non le sia capitato nulla, è un fatto provvidenziale davvero, avrebbe dovuto ruzzolare per terra, il suo Angelo ha vegliato, e le anime del purgatorio, che invoco per lei tutti i giorni, l'hanno protetta: io lo accomodo così, questo fatto... Voi accomodatelo come vi pare!...».

17 - Alla fine della lettera, Mamma aggiungeva: «Ecco la piccina, che mi mette le manotte sul viso e mi abbraccia. Povera bimba, non mi vuole lasciare, sta sempre con me; le piace tanto andare in giardino, ma se non ci vado anch'io, non ci rimane, e piange fino a quando me la riportano». Ecco un altro tratto di un'altra lettera: «L’altro giorno Teresa mi domanda se andrà in Cielo: le dico di si, se è proprio buona; mi risponde: "Sì, ma se non fossi proprio buona buona, andrei all'inferno... ma io lo so cosa farei: scapperei su con te, che saresti in Cielo, come farebbe il buon Dio per prendermi? Tu mi reggeresti forte tra le braccia...". Ho letto nei suoi occhi: è convinta che il buon Dio non le può fare nulla se è tra le braccia della Mamma».

18 - «Maria ama molto la sorellina, la trova deliziosa e la piccolina ha un gran timore di farle dispiacere. Ieri le volli dare una rosa perché sapevo che lei ne è felice, ma si è messa a supplicarmi di no, diceva: "Maria ha proibito di tagliarle", era rossa per il gran sottosopra, nonostante ciò gliene ho date due, non osava più tornare a casa. Avevo un bel dirle che le rose sono mie, "ma no - diceva lei -, sono di Maria".

19 - È una bambina che si emoziona facilmente. Appena ha fatto un piccolo malestro, bisogna che lo sappiano tutti. Ieri aveva fatto cadere senza volere un pezzetto di tappezzeria, era in uno stato da far pietà, poi bisognava dirlo subito a Papà; lui arrivò quattr'ore dopo, nessuno ci pensava più, ma lei corse da Maria: "Svelta, dì a Papà che ho strappato la carta". Rimane lì come un criminale in attesa della sentenza, ma ha nella sua testolina l'idea che le sarà perdonato più facilmente se lei stessa si accusa».

20 - Amavo tanto la mia Madrina. Senza parere, stavo attentissima a tutto quello che dicevano e facevano intorno a me, mi pare che giudicavo le cose come adesso. Ascoltavo con grande premura ciò che Maria insegnava a Celina, per fare come lei; dopo che uscì dalla Visitazione, ero buona buona e facevo tutto quello che voleva lei, per ottenere la grazia d'essere ammessa nella stanza durante le lezioni che dava a Celina; e lei mi faceva tanti regalini che, pur essendo di poco valore, mi davano gran contentezza.

21 - Ero fierissima delle mie sorelle grandi, ma quella che era il mio ideale di bimba, era Paolina... Quando cominciai a parlare, se Mamma mi domandava: «A che pensi?» la risposta non cambiava mai: «A Paolina». Un'altra volta lasciavo scorrere il ditino sui vetri e dicevo: «Scrivo: Paolina! ...». Spesso udivo dire che Paolina certamente si sarebbe fatta religiosa: allora pensavo, senza sapere bene di che si trattasse: “Sarò religiosa anch’io”. Quello è uno dei miei primi ricordi, e da allora non ho cambiato mai risoluzione. Fu lei, Madre cara, che Gesù scelse per fidanzarmi con lui; lei a quel tempo non era presso me, ma già un legame si era formato tra le nostre anime: era il mio ideale, volevo somigliare a lei, e fu il suo esempio che dall'età di due anni mi attirò verso lo Sposo delle vergini. Oh, quante dolci riflessioni vorrei confidarle! Ma debbo continuare la storia del fiorellino, la sua storia completa e generale, perché se volessi parlare minutamente delle mie relazioni con Paolina, dovrei tralasciare tutto il resto!

22 - La mia cara Leonia occupava anche lei un gran posto nel cuore mio. Mi voleva molto bene. La sera era lei che mi custodiva quando tutta la famiglia andava a passeggiare. Mi pare di ascoltare ancora le belle canzoncine che cantava per addormentarmi... in tutte le cose cercava il modo per farmi piacere, cosicché sarei stata ben triste se l'avessi contrariata.

23 - Ricordo distintamente la sua prima Comunione, soprattutto il momento in cui mi prese in braccio per farmi entrare nel presbiterio; mi pareva meraviglioso di essere portata così da una sorella grande tutta bianca come me! La sera mi misero a letto per tempo, ero troppo piccola per restare al gran pranzo, ma vedo ancora Papà che, dopo il dolce, venne a portarne un pezzetto alla sua reginetta... Il giorno dopo, o pochi giorni dopo, andammo con Mamma dalla piccola compagna di Leonia; mi pare fosse quel giorno che la nostra Mamma tanto cara ci condusse dietro un muro per farci bere un pochino di vino dopo il pranzo (che ci aveva allestito la povera signora Dagoran) perché non voleva mortificare la buona donna, ma anche voleva che non ci mancasse niente. Com'è delicato il cuore di una mamma, e come traluce la sua tenerezza in mille premure alle quali nessuno penserebbe!

24 - Ora mi resta da parlare di Celina cara, la mia compagnetta d'infanzia, ma ecco i ricordi in tanta folla che non so quale scegliere! Caverò qualche brano dalle lettere che Mamma scriveva alla Visitazione, ma non copierò tutto, sarebbe troppo lungo... ll 10 luglio 1873, anno della mia nascita, diceva: «Giovedì la balia ha portato qui Teresina, la quale non ha fatto che ridere, soprattutto le piaceva Celina, faceva gran risate con lei; si direbbe che abbia già voglia di giocare, e presto lo farà, sta ritta sulle gambette, rigida come un palettino. Credo che camminerà presto e che sarà di buon carattere, pare molto intelligente e ha un visino da predestinata. Ma soprattutto dopo che da balia tornai a casa, rivelai il grande affetto per la mia Celina. C'intendevamo a meraviglia, soltanto io ero assai più vivace e meno ingenua di lei; benché avessi tre anni e mezzo di meno, mi pareva di essere della stessa età.

25 - Ecco un brano di una lettera di Mamma che le mostrerà Celina dolce e me cattiva: «La mia Celina è proprio disposta alla virtù, è il sentimento intimo del suo essere, ha un'anima candida ed ha orrore del male. Quanto al furicchio, non si sa come butterà. E un cosino tanto piccino e tanto stordito! E anche più intelligente di Celina, ma meno dolce assai, e soprattutto di un'ostinazione quasi invincibile; quando dice no, niente da fare; la metti in cantina tutta una giornata, lei ci dorme piuttosto che dire "sì"

26 - Però ha un cuore d'oro, ed è tanto carezzevole e molto franca; è curioso vederla quando mi corre dietro per farmi le sue confessioni: - Mamma, ho dato una spinta a Celina, una sola, e le ho dato un colpetto, ma non lo faccio più. (Così per tutto quel che fa). Giovedì sera andammo a passeggiare verso la stazione, in tutti i modi volle entrare nella sala d'aspetto per cercare Paolina, mi correva avanti con una gioia che metteva l'allegria anche a me, ma quando vide che bisognava tornarsene a casa senza salire in treno per andare a cercare Paolina, pianse per tutta la strada...».

27 - Queste ultime righe mi ricordano la felicità di quando la vedevo tornare dalla Visitazione: lei, Madre, prendeva in braccio me, Maria prendeva Celina; allora io le facevo cento carezze, e mi sporgevo dietro per ammirare la sua grande treccia, poi mi dava una tavoletta di cioccolata che aveva conservata per tre mesi. Pensi un po' che reliquia era per me! Ricordo anche il viaggio che feci a Le Mans, era la prima volta che andavo in treno. Che gioia viaggiar sola con Mamma! Però, mi misi a piangere, non so più perché, e la povera Mamma mia non poté presentare alla zia di Le Mans altro che un cosino brutto e tutto rosso dalle lacrime versate in viaggio. Non mi è rimasto nessun ricordo del parlatorio, ma soltanto del momento in cui la zia mi porse un topino bianco e un panierino di carta bristol pieno di dolcini e sui quali troneggiavano due anelli di zucchero, proprio grossi come il mio dito; gridai subito: «Che bellezza! C'è un anello anche per Celina». Oh, sciagura! prendo il panierino per il manico, do l'altra mano a Mamma, e partiamo; dopo qualche passo, guardo il paniere e vedo che i dolci sono tutti seminati per la via, come i Sassetti di Puccettino... Guardo meglio, e vedo che uno dei due anelli ha subito il destino tragico dei dolci: non c'è più nulla per Celina! Allora il dolore erompe, chiedo di tornare indietro, Mamma non mi dà retta, e questo è troppo, alle lacrime succedono i gridi... non capivo come mai non condividesse il mio dolore e per questo soffrivo molto di più!...

28 - Ritorno alle lettere nelle quali Mamma le parla di Celina e di me, è il miglior modo per farle conoscere il mio carattere. Ecco un brano nel quale i miei difetti brillano di vivo splendore: «Celina si diverte con la piccina al gioco dei cubi, bisticciano di quando in quando, Celina cede per avere una perla alla sua corona. Sono costretta a correggere quella povera piccolina che va in furie paurose; quando le cose non vanno secondo le sue idee, si rotola per terra come una disperata credendo tutto perduto, ci sono momenti in cui è più forte di lei, ne è come soffocata. E una bambina molto nervosa, eppure è deliziosa e intelligentissima, si ricorda di tutto».

29 - Vede dunque, Madre mia, quant'ero distante dall'essere una bambina senza difetti! E nemmeno potevano dire di me che stessi buona quando dormivo, perché la notte era ancor piu movimentata che il giorno, buttavo via tutte le coperte, e poi (sempre dormendo) battevo dei colpi contro il legno del mio lettino, il dolore mi risvegliava. Allora dicevo: «Mamma, sono "picchiata"». Povera Mamma, era costretta ad alzarsi e costatava che davvero avevo dei bernoccoli alla fronte, ero “picchiata”; mi copriva bene, poi tornava nel suo letto, ma dopo un minuto io ricominciavo ad essere «picchiata», tanto che dovettero legarmi nel lettino. Sera per sera, Celina veniva ad annodare i numerosi cordoni destinati ad impedire al furicchio di farsi i bernoccoli e di svegliare Mamma, e questo mezzo riuscì bene, diventai saggia dormendo.

30 - Ma c'era un altro difetto che avevo (da sveglia) e di cui Mamma parla nelle sue lettere, era un grande amor proprio. Ne do due esempi soli per non allungare troppo il racconto. Un giorno Mamma mi disse: «Teresina, se tu baci la terra, ti do un soldo». Un soldo! Era la ricchezza per me! Per impadronirmene mi bastava abbassare la mia altezza, giacché la mia statura minima non frapponeva gran distanza tra me e la terra, e tuttavia la mia fierezza si ribellò all'idea di baciar la terra: dritta indomita dissi a Mamma: «Oh no, Mammina mia, preferisco fare a meno del soldo».

31 - Un'altra volta dovevamo andare a Grogny dalla signora Monnier. Mamma disse a Maria di mettermi un bel vestitino azzurro-cielo ornato di trine, ma di non lasciarmi le braccia nude affinché il sole non me le brunisse. Mi feci vestire con l'indifferenza che dovevano avere le bimbe dell'età mia, ma intimamente pensavo che sarei stata molto più carina con le mie braccine nude. Con una natura come la mia, se fossi stata educata da genitori privi di virtù, oppure se, come Celina, fossi stata viziata da Luisa, sarei diventata un cattivo arnese, e, forse, mi sarei perduta.

32 - Ma Gesù vegliava sulla sua piccola fidanzata, ha voluto che tutto volgesse al bene di lei; perfino i difetti che, repressi per tempo, le sono serviti per crescere nella perfezione... Poiché avevo amor proprio ed anche amor del bene, appena cominciai a pensare seriamente (e ho cominciato piccina piccina), bastava che mi dicessero: questo non è bene, che io non me lo facevo ripetere due volte. Vedo con piacere dalle lettere di Mamma che, crescendo, le davo più consolazione. Avevo soltanto buoni esempi intorno a me: naturalmente, volevo seguirli. Ecco ciò che scriveva nel 1876: “Perfino Teresa vuol prender parte a fare delle "pratiche". E’ una bimba incantevole, fina come l'ombra, molto vivace, ma il cuore è sensibile.

33 - Celina e lei si vogliono un gran bene, si bastano reciprocamente per non annoiarsi: tutti i giorni, appena abbiamo finito il pranzo, Celina va a prendere il suo galletto, poi acchiappa a un tratto la gallinella di Teresa; io non ce la faccio, ma lei è così svelta che al primo balzo la piglia; poi arrivano tutt'e due al cantuccio del fuoco, e si divertono così per un gran tempo. [Era la Rosina che mi aveva regalato gallina e galletto, io avevo regalato il gallo a Celina]. L'altro giorno Celina ha dormito con me. Teresa ha dormito al piano di sopra nel letto di Celina, ha supplicato Luisa di portarla giù perché la potessimo vestire. Luisa sale per prenderla, trova il letto vuoto. Teresa ha inteso Celina ed è discesa con lei. Luisa le dice: "Non vuoi venire a farti vestire?". "Oh, no, povera Luisa, siamo come i due polli, non ci possiamo separare!,,. E mentre dicevano così, si abbracciavano. Poi, la sera, Luisa, Celina e Leonia sono andate al circolo cattolico e hanno lasciato a casa questa povera Teresa la quale si rendeva conto benissimo di esser troppo piccola per andare anche lei; e diceva: "Oh, basterebbe che mi mettessero nel letto di Celina!". Ma no, non ce l'hanno messa... non ha detto più nulla, è rimasta sola col suo lumino e dopo un quarto d'ora se ne dormiva d'un sonno profondo».

34 - Un altro giorno Mamma scriveva: «Celina e Teresa sono inseparabili, non si possono vedere due bimbe che si vogliano più bene. Quando Maria viene a prendere Celina per darle lezione, Teresa, più piccina, è tutta in lacrime. Ahimè che sarà di lei, l'amichetta se ne va! Maria si muove a compassione, prende anche lei, e la povera bimba rimane issata sopra una seggiola per due o tre ore; le danno delle perline da infilare o un pezzetto di stoffa da ricamare, lei non osa muoversi e spesso fa dei gran sospironi. Quando l'ago si sfila, fa di tutto per rinfilarlo, è curioso vederla mentre non le riesce, e che non osa disturbar Maria; poco dopo due lacrimoni grossi scendono sulle gotine. Maria la consola subito, rinfila l'ago, e il povero angiolino sorride attraverso le lacrime...».

35 - Infatti, ricordo che non potevo restare senza Celina, preferivo uscir da tavola prima d'aver finito il dolce piuttosto che non seguirla, appena lei si alzava. Mi dibattevo sul mio seggiolone chiedendo che mi mettessero giù, e poi: via, a giocare insieme; qualche volta andavamo dalla piccola «prefetta», ciò che mi piaceva molto a causa del parco e di tutti i bei giocattoli che ci faceva vedere, ma in realtà ci andavo più che altro per far piacere a Celina, perché avrei preferito restare nel nostro giardinetto a grattare i muri, dai quali staccavamo tutte le pagliuzze brillanti che vi si trovavano per poi andare a venderle a Papà nostro, e lui le comperava con grande serietà.

36 - La domenica, essendo troppo piccola per andare alle funzioni, Mamma rimaneva per badarmi; ero buona buona e camminavo in punta di piedi durante il tempo della Messa, ma appena vedevo la porta che si apriva, era una esplosione di gioia senza pari; mi precipitavo incontro alla mia bella sorellina, che ritornava «ornata a festa come una cappella» e le dicevo: «Oh Celinetta mia, svelta, dammi il pane benedetto!». A volte non ce l'aveva perché era arrivata tardi... Come si fa, allora? Impossibile rinunciarvi: era la «mia messa»! Il rimedio è trovato subito: «Non hai pane benedetto! Ebbene, fanne!». Detto, fatto: Celina prende una seggiola, apre l'armadio, acchiappa il pane, ne taglia un boccone e molto seriamente ci recita sopra un'Ave Maria poi me l'offre, e io, dopo fatto il segno della Croce, lo mangio con grande devozione e scopro proprio il sapore del pane benedetto... Spesso facevamo insieme delle conferenze spirituali. Ecco un esempio, anche questo preso dalle lettere di Mamma: «Le nostre due care bimbe Celina e Teresa sono angeli di benedizione, nature di paradiso. Teresa è la gioia, la felicità di Maria, e la sua gloria, è incredibile come Maria ne è fiera. È vero che ha delle uscite rare alla sua età, supera Celina che ha il doppio di anni. L'altro giorno Celina diceva: "Ma come può essere che il buon Dio sia in una Ostia tanto minuscola?". La piccina: "Non è tanto strano, poiché Dio è onnipotente". "Che vuol dire onnipotente?". "Ma che può fare tutto quello che vuole!"».

37 - Un giorno Leonia, pensando di essere troppo grande per giocare con la bambola, venne da noi due con un paniere pieno di vestiti e di pezzetti belli di stoffa per farne altri; su queste ricchezze stava distesa la bambola. «Prendete, sorelline, scegliete, vi do tutto». Celina allungò la mano e prese un pacchetto di gale che le piacevano. Io riflettei un attimo, poi anch'io allungai la mano e dissi: «Io scelgo tutto!», e presi il paniere senza tanti complimenti; quelli che assistevano alla scenetta trovarono la cosa molto giusta, e la stessa Celina non si sognò di protestare (bisogna dire che i giocattoli non le mancavano, il suo padrino la colmava di regali, e Luisa trovava il modo di procurarle tutto quello che desiderava). Questo minimo tratto della mia infanzia è il riassunto di tutta la vita mia; più tardi, quando la perfezione mi apparve, capii che, per diventare una santa, bisognava soffrir molto, cercar sempre il più perfetto e dimenticar se stessi; capii che ci sono molti gradi nella perfezione, e che ciascun'anima è libera di rispondere agli inviti di Nostro Signore, di far poco o molto per lui, insomma di scegliere tra i sacrifici che egli chiede. Allora, come ai giorni della mia prima infanzia, esclamai: «Dio mio, scelgo tutto. Non voglio essere una santa a metà, non ho paura di soffrire per Voi, temo una cosa sola, cioè di conservare la mia volontà: prendetela, perché scelgo tutto quello che Voi volete...».

38 - Bisogna che mi fermi, non devo ancora parlarle della mia giovinezza, bensì del furicchio di quattro anni. Mi ricordo di un sogno che mi capitò verso quell'età e che si incise profondamente nella mia immaginazione. Una notte sognai che uscivo per andare a spasso, in giardino, sola. Giunta agli scalmi che bisognava salire per arrivarvi, mi fermai spaventata. Davanti a me, vicino alla pergola c'era un barile di calce, e su questo barile due orribili diavolini ballavano con agilità sorprendente nonostante i ferri da stiro che avevano ai piedi; a un tratto lanciarono verso di me i loro sguardi fiammeggianti, poi, nello stesso momento, parvero assai più spaventati di me, si precipitarono giù dal barile, e andarono a nascondersi nella lavanderia ch'era di faccia. Vedendoli così poco coraggiosi volli vedere cos'andavano a fare, e mi avvicinai alla finestra. I diavolini erano li, correvano sulle tavole e non sapevano come fare per fuggire il mio sguardo; a momenti si avvicinavano alla finestra, guardavano inquieti se ero ancor li, e, vedendomi, ricominciavano a correre come disperati. Certo, questo sogno non ha nulla di straordinario, eppure io credo che il Signore mi abbia permesso di ricordarmene per provarmi che un'anima in stato di grazia non ha nulla da temere dai demoni i quali sono vigliacchi, capaci di fuggire davanti allo sguardo di una bambina.

39 - Ecco un altro passo di una lettera di Mamma. Già quella povera Madre presentiva la fine del suo esilìo: «Le due piccole non mi preoccupano, sono tanto care tutte due, sono nature scelte, certamente saranno buone. Maria e tu potrete educarle perfettamente. Celina non commette mai la minima colpa volontaria. La piccina sarà buona anche lei, non direbbe una bugia per tutto l'oro del mondo, e ha spirito come non ne ho visto a nessuna di voi. L’altro giorno era dal pizzicagnolo, con Celina e Luisa, parlava delle sue "pratiche" e discuteva a voce alta con Celina; la padrona ha detto a Luisa: "Ma che vuol dire, quando gioca in giardino, non si sente parlar che di 'pratiche'? La signora Gaucherin allunga la testa dalla finestra per cercar di capire quel che vuol dire questa discussione sulle pratiche...". Cara piccina! Forma la nostra gioia, sarà buona, già si vede il germe; non parla che di Dio, non mancherebbe alle sue preghiere per niente al mondo. Vorrei che tu la vedessi recitare una favoletta, non ho visto mai cosa tanto gentile, trova da sé l'espressione e il tono, ma soprattutto quando dice: "Bimba piccina dalla testa bionda, dove credi che sia Dio?", quando è a: "Lassù nel Cielo blu" volge in alto lo sguardo con una espressione di angelo. Non ci stanchiamo di farglielo dire, tanto è bello, c'è nello sguardo di lei un che di celeste che rapisce...».

40 - Oh, Madre mia! Come ero felice a quella età! Già cominciavo a godere della vita, la virtù aveva un fascino per me, ed ero, mi pare, nelle medesime disposizioni nelle quali mi trovo ora, avendo già una grande padronanza sulle mie azioni. Ah, come sono passati rapidi gli anni solatii della prima infanzia, ma che impronta dolce mi hanno lasciata nell'anima! Ricordo con gioia i giorni in cui Papà ci conduceva al «padiglione», ho ancora scolpiti nel cuore i minimi particolari... Ricordo soprattutto le passeggiate della domenica: Mamma ci accompagnava sempre. Rivivo ancora i sentimenti profondi e poetici che nascevano nell'anima mia alla vista dei campi di grano smaltati di fiordalisi e di fiori campestri. Già amavo gli orizzonti lontani; lo spazio e gli abeti giganti i cui rami toccavano terra mi lasciavano un impressione simile a quella che ancora oggi provo contemplando la natura... Spesso durante quelle lunghe passeggiate incontravamo dei poveri, ed era sempre Teresa piccina a ricevere l'incarico di portare l'elemosina, e come ne era felice! Ma spesso Papà pensava che il cammino fosse troppo lungo per la reginetta, e la riconduceva a casa prima delle altre (con grande dispiacere per lei). Allora, per consolarla, Celina riempiva di margherite un bel panierino, glielo dava al ritorno; senonché, ecco la povera Nonnina, la quale trovava che la nipote ne avesse fin troppe, e ne prendeva lei una buona parte per la sua Madonna. Questo non piaceva a Teresa, ma lei si guardava bene dal dirlo perché aveva preso la gran buona abitudine di mai lamentarsi, nemmeno quando le togliessero le cose sue o l'accusassero ingiustamente. Non era merito da parte sua, bensì virtù naturale. Che peccato che questa buona disposizione sia svanita!

41 - In verità, tutto mi sorrideva sulla terra. Trovavo un fiore sotto ciascun passo, e il mio carattere felice contribuiva a rendermi gradevole la vita; tuttavia un nuovo periodo cominciava per l'anima mia. Sarei passata attraverso la prova; avrei sofferto fin dall'infanzia per potere essere offerta più presto a Gesù. Al modo stesso in cui i fiori di primavera cominciano a germogliare sotto la neve e sbocciano ai primi raggi, così il fiore umile del quale scrivo i ricordi ha dovuto passare attraverso l'inverno della sofferenza.


17 novembre 1942

Madre Pierina Micheli

Oggi ho incominciato la novena dei mio caro Padre S. Silvestro oscurità perfetta... eppure voglio farla del miglior modo possibile... Il nemico mi tenta in tutti i modi... Gesù aiutami! Mi sento sfiduciata... faccio atti contrari, ma...