Liturgia delle Ore - Letture
Martedi della 5° settimana del tempo ordinario (Beata Vergine di Lourdes)
Vangelo secondo Matteo 18
1In quel momento i discepoli si avvicinarono a Gesù dicendo: "Chi dunque è il più grande nel regno dei cieli?".2Allora Gesù chiamò a sé un bambino, lo pose in mezzo a loro e disse:3"In verità vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli.4Perciò chiunque diventerà piccolo come questo bambino, sarà il più grande nel regno dei cieli.
5E chi accoglie anche uno solo di questi bambini in nome mio, accoglie me.
6Chi invece scandalizza anche uno solo di questi piccoli che credono in me, sarebbe meglio per lui che gli fosse appesa al collo una macina girata da asino, e fosse gettato negli abissi del mare.7Guai al mondo per gli scandali! È inevitabile che avvengano scandali, ma guai all'uomo per colpa del quale avviene lo scandalo!
8Se la tua mano o il tuo piede ti è occasione di scandalo, taglialo e gettalo via da te; è meglio per te entrare nella vita monco o zoppo, che avere due mani o due piedi ed essere gettato nel fuoco eterno.9E se il tuo occhio ti è occasione di scandalo, cavalo e gettalo via da te; è meglio per te entrare nella vita con un occhio solo, che avere due occhi ed essere gettato nella Geenna del fuoco.
10Guardatevi dal disprezzare uno solo di questi piccoli, perché vi dico che i loro angeli nel cielo vedono sempre la faccia del Padre mio che è nei cieli.11È venuto infatti il Figlio dell'uomo a salvare ciò che era perduto.
12Che ve ne pare? Se un uomo ha cento pecore e ne smarrisce una, non lascerà forse le novantanove sui monti, per andare in cerca di quella perduta?13Se gli riesce di trovarla, in verità vi dico, si rallegrerà per quella più che per le novantanove che non si erano smarrite.14Così il Padre vostro celeste non vuole che si perda neanche uno solo di questi piccoli.
15Se il tuo fratello commette una colpa, va' e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello;16se non ti ascolterà, prendi con te una o due persone, perché 'ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni'.17Se poi non ascolterà neppure costoro, dillo all'assemblea; e se non ascolterà neanche l'assemblea, sia per te come un pagano e un pubblicano.18In verità vi dico: tutto quello che legherete sopra la terra sarà legato anche in cielo e tutto quello che scioglierete sopra la terra sarà sciolto anche in cielo.
19In verità vi dico ancora: se due di voi sopra la terra si accorderanno per domandare qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli ve la concederà.20Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro".
21Allora Pietro gli si avvicinò e gli disse: "Signore, quante volte dovrò perdonare al mio fratello, se pecca contro di me? Fino a sette volte?".22E Gesù gli rispose: "Non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette.
23A proposito, il regno dei cieli è simile a un re che volle fare i conti con i suoi servi.24Incominciati i conti, gli fu presentato uno che gli era debitore di diecimila talenti.25Non avendo però costui il denaro da restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, con i figli e con quanto possedeva, e saldasse così il debito.26Allora quel servo, gettatosi a terra, lo supplicava: Signore, abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa.27Impietositosi del servo, il padrone lo lasciò andare e gli condonò il debito.28Appena uscito, quel servo trovò un altro servo come lui che gli doveva cento denari e, afferratolo, lo soffocava e diceva: Paga quel che devi!29Il suo compagno, gettatosi a terra, lo supplicava dicendo: Abbi pazienza con me e ti rifonderò il debito.30Ma egli non volle esaudirlo, andò e lo fece gettare in carcere, fino a che non avesse pagato il debito.
31Visto quel che accadeva, gli altri servi furono addolorati e andarono a riferire al loro padrone tutto l'accaduto.32Allora il padrone fece chiamare quell'uomo e gli disse: Servo malvagio, io ti ho condonato tutto il debito perché mi hai pregato.33Non dovevi forse anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te?34E, sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non gli avesse restituito tutto il dovuto.35Così anche il mio Padre celeste farà a ciascuno di voi, se non perdonerete di cuore al vostro fratello".
Genesi 4
1Adamo si unì a Eva sua moglie, la quale concepì e partorì Caino e disse: "Ho acquistato un uomo dal Signore".2Poi partorì ancora suo fratello Abele. Ora Abele era pastore di greggi e Caino lavoratore del suolo.
3Dopo un certo tempo, Caino offrì frutti del suolo in sacrificio al Signore;4anche Abele offrì primogeniti del suo gregge e il loro grasso. Il Signore gradì Abele e la sua offerta,5ma non gradì Caino e la sua offerta. Caino ne fu molto irritato e il suo volto era abbattuto.6Il Signore disse allora a Caino: "Perché sei irritato e perché è abbattuto il tuo volto?7Se agisci bene, non dovrai forse tenerlo alto? Ma se non agisci bene, il peccato è accovacciato alla tua porta; verso di te è il suo istinto, ma tu dòminalo".8Caino disse al fratello Abele: "Andiamo in campagna!". Mentre erano in campagna, Caino alzò la mano contro il fratello Abele e lo uccise.9Allora il Signore disse a Caino: "Dov'è Abele, tuo fratello?". Egli rispose: "Non lo so. Sono forse il guardiano di mio fratello?".10Riprese: "Che hai fatto? La voce del sangue di tuo fratello grida a me dal suolo!11Ora sii maledetto lungi da quel suolo che per opera della tua mano ha bevuto il sangue di tuo fratello.12Quando lavorerai il suolo, esso non ti darà più i suoi prodotti: ramingo e fuggiasco sarai sulla terra".13Disse Caino al Signore: "Troppo grande è la mia colpa per ottenere perdono?14Ecco, tu mi scacci oggi da questo suolo e io mi dovrò nascondere lontano da te; io sarò ramingo e fuggiasco sulla terra e chiunque mi incontrerà mi potrà uccidere".15Ma il Signore gli disse: "Però chiunque ucciderà Caino subirà la vendetta sette volte!". Il Signore impose a Caino un segno, perché non lo colpisse chiunque l'avesse incontrato.16Caino si allontanò dal Signore e abitò nel paese di Nod, ad oriente di Eden.
17Ora Caino si unì alla moglie che concepì e partorì Enoch; poi divenne costruttore di una città, che chiamò Enoch, dal nome del figlio.18A Enoch nacque Irad; Irad generò Mecuiaèl e Mecuiaèl generò Metusaèl e Metusaèl generò Lamech.19Lamech si prese due mogli: una chiamata Ada e l'altra chiamata Zilla.20Ada partorì Iabal: egli fu il padre di quanti abitano sotto le tende presso il bestiame.21Il fratello di questi si chiamava Iubal: egli fu il padre di tutti i suonatori di cetra e di flauto.22Zilla a sua volta partorì Tubalkàin, il fabbro, padre di quanti lavorano il rame e il ferro. La sorella di Tubalkàin fu Naama.
23Lamech disse alle mogli:
"Ada e Zilla, ascoltate la mia voce;
mogli di Lamech, porgete l'orecchio al mio dire:
Ho ucciso un uomo per una mia scalfittura
e un ragazzo per un mio livido.
24 Sette volte sarà vendicato Caino
ma Lamech settantasette".
25Adamo si unì di nuovo alla moglie, che partorì un figlio e lo chiamò Set. "Perché - disse - Dio mi ha concesso un'altra discendenza al posto di Abele, poiché Caino l'ha ucciso".
26Anche a Set nacque un figlio, che egli chiamò Enos. Allora si cominciò ad invocare il nome del Signore.
Siracide 16
1Non desiderare una moltitudine di figli buoni a nulla,
non gioire per figli empi.
2Se aumentano di numero non gioire,
se sono privi del timore del Signore.
3Non confidare su una loro vita lunga
e non fondarti sul loro numero,
poiché è preferibile uno a mille
e morir senza figli che averne degli empi.
4La città potrà ripopolarsi per opera di un solo
assennato,
mentre la stirpe degli iniqui sarà distrutta.
5Il mio occhio ha visto molte simili cose;
il mio orecchio ne ha sentite ancora più gravi.
6Nell'assemblea dei peccatori un fuoco si accende,
contro un popolo ribelle è divampata l'ira.
7Dio non perdonò agli antichi giganti,
che si erano ribellati per la loro forza.
8Non risparmiò i concittadini di Lot,
che egli aveva in orrore per la loro superbia.
9Non ebbe pietà di nazioni di perdizione,
che si erano esaltate per i loro peccati.
10Così trattò i seicentomila uomini
che sono periti per l'ostinazione del loro cuore.
11Ci fosse un solo uomo di dura cervice,
sarebbe strano se restasse impunito,
12poiché misericordia e ira sono in Dio,
potente quando perdona e quando riversa l'ira.
13Tanto grande la sua misericordia,
quanto grande la sua severità;
egli giudicherà l'uomo secondo le sue opere.
14Non sfuggirà il peccatore con la sua rapina,
ma neppure la pazienza del pio sarà delusa.
15Egli farà posto a tutta la sua generosità;
ciascuno sarà trattato secondo le sue opere.
16Non dire: "Mi terrò celato al Signore!
Chi penserà a me lassù?
17Non sarò riconosciuto fra un popolo numeroso,
chi sarò io in mezzo a una creazione senza numero?".
18Ecco il cielo e il cielo dei cieli,
l'abisso e la terra sussultano quando egli appare.
19Anche i monti e le fondamenta della terra
si scuotono di spavento quando egli li guarda.
20Ma nessuno riflette su queste cose;
al suo modo di agire chi ci bada?
21Anche la bufera che nessuno contempla,
e la maggior parte delle sue opere, sono nel mistero.
22"Chi a Dio annunzierà le opere di giustizia?
Ovvero chi le attende? L'alleanza infatti è lontana".
23Tali cose pensa chi ha il cuore perverso;
lo stolto, appunto errando, pensa sciocchezze.
24Ascoltami, figlio, e impara la scienza;
e sii attento nel tuo cuore alle mie parole.
25Manifesterò con esattezza la mia dottrina;
con cura annunzierò la scienza.
26Nella creazione del Signore le sue opere sono fin
dal principio,
e dalla loro origine ne separò le parti.
27Egli ordinò per l'eternità le sue opere,
ne stabilì l'attività per le generazioni future.
Non hanno fame né si stancano,
eppure non interrompono il loro lavoro.
28Nessuna di loro urta la sua vicina,
mai disubbidiranno ad un suo comando.
29Dopo ciò il Signore riguardò sulla terra
e la riempì dei suoi doni.
30Ne ricoprì la superficie con ogni genere di viventi
e ad essa faranno ritorno.
Salmi 81
1'Al maestro del coro. Su "I torchi...". Di Asaf.'
2Esultate in Dio, nostra forza,
acclamate al Dio di Giacobbe.
3Intonate il canto e suonate il timpano,
la cetra melodiosa con l'arpa.
4Suonate la tromba
nel plenilunio, nostro giorno di festa.
5Questa è una legge per Israele,
un decreto del Dio di Giacobbe.
6Lo ha dato come testimonianza a Giuseppe,
quando usciva dal paese d'Egitto.
Un linguaggio mai inteso io sento:
7"Ho liberato dal peso la sua spalla,
le sue mani hanno deposto la cesta.
8Hai gridato a me nell'angoscia
e io ti ho liberato,
avvolto nella nube ti ho dato risposta,
ti ho messo alla prova alle acque di Meriba.
9Ascolta, popolo mio, ti voglio ammonire;
Israele, se tu mi ascoltassi!
10Non ci sia in mezzo a te un altro dio
e non prostrarti a un dio straniero.
11Sono io il Signore tuo Dio,
che ti ho fatto uscire dal paese d'Egitto;
apri la tua bocca, la voglio riempire.
12Ma il mio popolo non ha ascoltato la mia voce,
Israele non mi ha obbedito.
13L'ho abbandonato alla durezza del suo cuore,
che seguisse il proprio consiglio.
14Se il mio popolo mi ascoltasse,
se Israele camminasse per le mie vie!
15Subito piegherei i suoi nemici
e contro i suoi avversari porterei la mia mano.
16I nemici del Signore gli sarebbero sottomessi
e la loro sorte sarebbe segnata per sempre;
17li nutrirei con fiore di frumento,
li sazierei con miele di roccia".
Isaia 42
1Ecco il mio servo che io sostengo,
il mio eletto di cui mi compiaccio.
Ho posto il mio spirito su di lui;
egli porterà il diritto alle nazioni.
2Non griderà né alzerà il tono,
non farà udire in piazza la sua voce,
3non spezzerà una canna incrinata,
non spegnerà uno stoppino dalla fiamma smorta.
Proclamerà il diritto con fermezza;
4non verrà meno e non si abbatterà,
finché non avrà stabilito il diritto sulla terra;
e per la sua dottrina saranno in attesa le isole.
5Così dice il Signore Dio
che crea i cieli e li dispiega,
distende la terra con ciò che vi nasce,
da' il respiro alla gente che la abita
e l'alito a quanti camminano su di essa:
6"Io, il Signore, ti ho chiamato per la giustizia
e ti ho preso per mano;
ti ho formato e stabilito come alleanza del popolo
e luce delle nazioni,
7perché tu apra gli occhi ai ciechi
e faccia uscire dal carcere i prigionieri,
dalla reclusione coloro che abitano nelle tenebre.
8Io sono il Signore: questo è il mio nome;
non cederò la mia gloria ad altri,
né il mio onore agli idoli.
9I primi fatti, ecco, sono avvenuti
e i nuovi io preannunzio;
prima che spuntino,
ve li faccio sentire".
10Cantate al Signore un canto nuovo,
lode a lui fino all'estremità della terra;
lo celebri il mare con quanto esso contiene,
le isole con i loro abitanti.
11Esulti il deserto con le sue città,
esultino i villaggi dove abitano quelli di Kedàr;
acclamino gli abitanti di Sela,
dalla cima dei monti alzino grida.
12Diano gloria al Signore
e il suo onore divulghino nelle isole.
13Il Signore avanza come un prode,
come un guerriero eccita il suo ardore;
grida, lancia urla di guerra,
si mostra forte contro i suoi nemici.
14Per molto tempo, ho taciuto,
ho fatto silenzio, mi sono contenuto;
ora griderò come una partoriente,
mi affannerò e sbufferò insieme.
15Renderò aridi monti e colli,
farò seccare tutta la loro erba;
trasformerò i fiumi in stagni e gli stagni farò inaridire.
16Farò camminare i ciechi per vie che non conoscono,
li guiderò per sentieri sconosciuti;
trasformerò davanti a loro le tenebre in luce,
i luoghi aspri in pianura.
Tali cose io ho fatto e non cesserò di farle.
17Retrocedono pieni di vergogna
quanti sperano in un idolo,
quanti dicono alle statue: "Voi siete i nostri dèi".
18Sordi, ascoltate,
ciechi, volgete lo sguardo per vedere.
19Chi è cieco, se non il mio servo?
Chi è sordo come colui al quale io mandavo araldi?
Chi è cieco come il mio privilegiato?
Chi è sordo come il servo del Signore?
20Hai visto molte cose, ma senza farvi attenzione,
hai aperto gli orecchi, ma senza sentire.
21Il Signore si compiacque, per amore della sua giustizia,
di dare una legge grande e gloriosa.22Eppure questo è un popolo saccheggiato e spogliato;
sono tutti presi con il laccio nelle caverne,
sono rinchiusi in prigioni.
Furono saccheggiati e nessuno li liberava;
furono spogliati, e nessuno diceva: "Restituisci".
23Chi fra di voi porge l'orecchio a ciò,
vi fa attenzione e ascolta per il futuro?
24Chi abbandonò Giacobbe al saccheggio,
Israele ai predoni?
Non è stato forse il Signore contro cui peccarono,
per le cui vie non vollero camminare,
la cui legge non osservarono?
25Egli, perciò, ha riversato su di esso
la sua ira ardente e la violenza della guerra.
L'ira divina lo ha avvolto nelle sue fiamme
senza che egli se ne accorgesse,
lo ha bruciato, senza che vi facesse attenzione.
Atti degli Apostoli 8
1Saulo era fra coloro che approvarono la sua uccisione. In quel giorno scoppiò una violenta persecuzione contro la Chiesa di Gerusalemme e tutti, ad eccezione degli apostoli, furono dispersi nelle regioni della Giudea e della Samarìa.2Persone pie seppellirono Stefano e fecero un grande lutto per lui.3Saulo intanto infuriava contro la Chiesa ed entrando nelle case prendeva uomini e donne e li faceva mettere in prigione.
4Quelli però che erano stati dispersi andavano per il paese e diffondevano la parola di Dio.
5Filippo, sceso in una città della Samarìa, cominciò a predicare loro il Cristo.6E le folle prestavano ascolto unanimi alle parole di Filippo sentendolo parlare e vedendo i miracoli che egli compiva.7Da molti indemoniati uscivano spiriti immondi, emettendo alte grida e molti paralitici e storpi furono risanati.8E vi fu grande gioia in quella città.
9V'era da tempo in città un tale di nome Simone, dedito alla magia, il quale mandava in visibilio la popolazione di Samarìa, spacciandosi per un gran personaggio.10A lui aderivano tutti, piccoli e grandi, esclamando: "Questi è la potenza di Dio, quella che è chiamata Grande".11Gli davano ascolto, perché per molto tempo li aveva fatti strabiliare con le sue magie.12Ma quando cominciarono a credere a Filippo, che recava la buona novella del regno di Dio e del nome di Gesù Cristo, uomini e donne si facevano battezzare.13Anche Simone credette, fu battezzato e non si staccava più da Filippo. Era fuori di sé nel vedere i segni e i grandi prodigi che avvenivano.
14Frattanto gli apostoli, a Gerusalemme, seppero che la Samarìa aveva accolto la parola di Dio e vi inviarono Pietro e Giovanni.
15Essi discesero e pregarono per loro perché ricevessero lo Spirito Santo;16non era infatti ancora sceso sopra nessuno di loro, ma erano stati soltanto battezzati nel nome del Signore Gesù.17Allora imponevano loro le mani e quelli ricevevano lo Spirito Santo.
18Simone, vedendo che lo Spirito veniva conferito con l'imposizione delle mani degli apostoli, offrì loro del denaro19dicendo: "Date anche a me questo potere perché a chiunque io imponga le mani, egli riceva lo Spirito Santo".20Ma Pietro gli rispose: "Il tuo denaro vada con te in perdizione, perché hai osato pensare di acquistare con denaro il dono di Dio.21Non v'è parte né sorte alcuna per te in questa cosa, perché 'il tuo cuore non è retto davanti a Dio'.22Pèntiti dunque di questa tua iniquità e prega il Signore che ti sia perdonato questo pensiero.23Ti vedo infatti chiuso 'in fiele amaro e in lacci d'iniquità'".24Rispose Simone: "Pregate voi per me il Signore, perché non mi accada nulla di ciò che avete detto".25Essi poi, dopo aver testimoniato e annunziato la parola di Dio, ritornavano a Gerusalemme ed evangelizzavano molti villaggi della Samarìa.
26Un angelo del Signore parlò intanto a Filippo: "Alzati, e va' verso il mezzogiorno, sulla strada che discende da Gerusalemme a Gaza; essa è deserta".27Egli si alzò e si mise in cammino, quand'ecco un Etìope, un eunuco, funzionario di Candràce, regina di Etiopia, sovrintendente a tutti i suoi tesori, venuto per il culto a Gerusalemme,28se ne ritornava, seduto sul suo carro da viaggio, leggendo il profeta Isaia.29Disse allora lo Spirito a Filippo: "Va' avanti, e raggiungi quel carro".30Filippo corse innanzi e, udito che leggeva il profeta Isaia, gli disse: "Capisci quello che stai leggendo?".31Quegli rispose: "E come lo potrei, se nessuno mi istruisce?". E invitò Filippo a salire e a sedere accanto a lui.32Il passo della Scrittura che stava leggendo era questo:
'Come una pecora fu condotto al macello
e come un agnello senza voce innanzi a chi lo tosa,
così egli non apre la sua bocca.'
33'Nella sua umiliazione il giudizio gli è stato
negato,
ma la sua posterità chi potrà mai descriverla?
Poiché è stata recisa dalla terra la sua vita.'
34E rivoltosi a Filippo l'eunuco disse: "Ti prego, di quale persona il profeta dice questo? Di se stesso o di qualcun altro?".35Filippo, prendendo a parlare e partendo da quel passo della Scrittura, gli annunziò la buona novella di Gesù.36Proseguendo lungo la strada, giunsero a un luogo dove c'era acqua e l'eunuco disse: "Ecco qui c'è acqua; che cosa mi impedisce di essere battezzato?".37.38Fece fermare il carro e discesero tutti e due nell'acqua, Filippo e l'eunuco, ed egli lo battezzò.39Quando furono usciti dall'acqua, lo Spirito del Signore rapì Filippo e l'eunuco non lo vide più e proseguì pieno di gioia il suo cammino.40Quanto a Filippo, si trovò ad Azoto e, proseguendo, predicava il vangelo a tutte le città, finché giunse a Cesarèa.
Capitolo XLIX: Il desiderio della vita eterna. I grandi beni promessi a quelli che lottano
Leggilo nella Biblioteca1. Figlio, quando senti, infuso dall'alto, un desiderio di eterna beatitudine; quando aspiri ad uscire dalla povera dimora del tuo corpo, per poter contemplare il mio splendore, senza ombra di mutamento, allarga il tuo cuore e accogli con grande sollecitudine questa santa ispirazione. Rendi grazie senza fine alla superna bontà, che si mostra tanto benigna con te, venendo indulgente presso di te; ti risolleva con ardore e ti innalza con forza, cosicché, con la tua pesantezza, tu non abbia a inclinare verso le tue cose terrene. Tutto ciò, infatti, non lo devi ad una tua iniziativa o ad un tuo sforzo, ma soltanto al favore della grazia di Dio, che dall'alto guarda a te. Ti sarà dato così di progredire nelle virtù, in una sempre più grande umiltà, preparandoti alle lotte future attaccato a me con tutto lo slancio del tuo cuore e intento a servirmi con volonteroso fervore.
2. Figlio, il fuoco arde facilmente, ma senza fumo la fiamma non ascende. Così certuni ardono dal desiderio delle cose celesti, ma non sono liberi dalla tentazione di restare attaccati alle cose terrene; e perciò, quello che pur avevano chiesto a Dio con tanto desiderio, non lo compiono esclusivamente per la gloria di Dio. Tale è sovente il tuo desiderio, giacché vi hai immesso un fermento così poco confacente: non è puro e perfetto, infatti, quello che è inquinato dal comodo proprio. Non chiedere ciò che ti piace e ti è utile, ma piuttosto ciò che è gradito a me e mi rende gloria. A ben vedere, al tuo desiderio e ad ogni cosa desiderata devi preferire il mio comando, e seguirlo. Conosco la tua brama, ho ascoltato i frequenti tuoi gemiti: già vorresti essere nella libertà gloriosa dei figlio di Dio; già ti alletta la dimora eterna, la patria del cielo, pienamente felice. Ma un tale momento non è ancora venuto; questo è tuttora un momento diverso: il momento della lotta, della fatica e della prova. Tu brami di essere ricolmo del sommo bene, ma questo non lo puoi ottenere adesso. Sono io "aspettami, dice il Signore" (Sof 3,8), finché venga il regno di Dio. Devi essere ancora provato qui in terra, e travagliato in vario modo. Qualche consolazione ti sarà data talvolta; ma non ti sarà concessa una piena sazietà. "Confortati, pertanto e sii gagliardo" (Gs 1,7), nell'agire e nel sopportare ciò che va contro la natura. Occorre che tu ti rivesta dell'uomo nuovo; che tu ti trasformi in un altro uomo. Occorre, ben spesso, che tu faccia quello che non vorresti e che tu tralasci quello che vorresti. Avrà successo quanto è voluto da altri, e quanto vuoi tu non andrà innanzi. Sarà ascoltato quanto dicono gli altri, e quanto dici tu sarà preso per un nulla. Altri chiederanno, e riceveranno; tu chiederai, e non otterrai. Altri saranno grandi al cospetto degli uomini; sul tuo conto, silenzio. Ad altri sarà affidata questa o quella faccenda; tu, invece, non sarai ritenuto utile a nulla. Da ciò la natura uscirà talvolta contristata; e già sarà molto se sopporterai in silenzio.
3. In questi, e in consimili vari modi, il servo fedele del Signore viene si solito sottoposto a prova, come sappia rinnegare e vincere del tutto se stesso. Altro, forse, non c'è, in cui tu debba essere così morto a te stesso, fuor che constatare ciò che contrasta con la tua volontà, e doverlo sopportare; specialmente allorché ti viene imposto di fare cosa che non ti sembra opportuna o utile. Non osando opporre resistenza a un potere superiore, tu, che sei sottoposto, trovi duro camminare al comando di altri, e lasciar cadere ogni tua volontà. Ma se consideri, o figlio, quale sia il frutto di queste sofferenze, cioè il rapido venire della fine e il premio, allora non troverai più alcun peso in tali sofferenze, ma un validissimo conforto al tuo soffrire. Giacché, invece di quella scarsa volontà che ora, da te, non sai coltivare, godrai per sempre nei cieli la pienezza della tua volontà. Nei cieli, invero, troverai tutto ciò che vorrai, tutto ciò che potrai desiderare; nei cieli godrai integralmente di ciò che è bene e non temerai che esso ti venga a mancare. Nei cieli il tuo volere, a me sempre unito, a nulla aspirerà che venga di fuori, a nulla che sia tuo proprio. Nei cieli nessuno ti farà resistenza, nessuno si lamenterà di te, nessuno ti sarà di ostacolo e nulla si porrà contro di te; ma tutti i desideri saranno insieme realizzati e ristoreranno pienamente il tuo animo, appagandolo del tutto. Nei cieli, per ogni oltraggio patito, io darò gloria; per la tristezza, un premio di lode; per l'ultimo posto, una dimora nel regno, nei secoli. Nei cieli si vedrà il frutto dell'obbedienza; avrà gioia il travaglio della penitenza; sarà coronata di gloria l'umile soggezione. Ora, dunque, devi chinarti umilmente sotto il potere di ognuno, senza preoccuparti di sapere chi sia colui che ti ha detto o comandato alcunché; bada sommamente - sia un superiore, o uno più giovane di te o uno pari a te, a chiederti o ad importi qualcosa - di accettare tutto come giusto, facendo in modo di eseguirlo con buona volontà. Altri vada cercando questo, altri quello; che uno si glori in una cosa, e un altro sia lodato mille volte per un'altra: quanto a te, invece, non in questa o in quest'altra cosa devi trovare la tua gioia, ma nel disprezzare te stesso, nel piacere soltanto a me e nel darmi gloria. E' questo che devi desiderare, che in te sia glorificato sempre Iddio, "per la vita e per la morte" (Fil 1,20).
Replica a un avversario della Legge e dei Profeti: Libro secondo
Replica a un avversario della Legge e dei Profeti - Sant'Agostino d'Ippona
Leggilo nella BibliotecaLe fole profane e da vecchierelle e le genealogie senza fine.
1. 1. Vanno ora discussi quei passi del Nuovo Testamento che costui crede suffraghino la sua critica agli scritti dei Profeti, come se davvero gli Apostoli di Cristo con le loro affermazioni li avessero impugnati. Costui ritiene che " l'Apostolo ha chiamato le sacre Scritture della Legge e dei Profeti fole profane e da vecchierelle e genealogie infinite perché ha detto: Rifiuta le favole profane, roba da vecchierelle 1; e, altrove: Non badare più a favole giudaiche e a genealogie interminabili, che servono più a vane discussioni che non all'edificazione 2 ". Ebbene, chi potrebbe commettere simili errori se non un eretico completamente cieco? Perché l'Apostolo non fece lui stesso così, se pensava davvero si trattasse solo di fole per vecchierelle? Perché dice ai Galati: Ditemi, voi che volete essere sotto la Legge: non avete forse udito cosa dice la Legge? Sta scritto infatti che Abramo ebbe due figli, uno dalla schiava e uno dalla donna libera: ora, queste cose sono dette per allegoria; le due donne rappresentano infatti i due Testamenti 3? E ai Corinzi: Non voglio, fratelli, che voi ignoriate che i nostri padri furono tutti sotto la nuvola, tutti attraversarono il mare, tutti furono battezzati in rapporto a Mosè nella nuvola e nel mare, tutti mangiarono lo stesso cibo spirituale, tutti bevvero la stessa bevanda spirituale. Bevevano infatti da una roccia spirituale che li accompagnava e quella roccia era il Cristo 4.
Le tradizioni particolari dei Giudei.
1. 2. Però costui non sa che, al di là delle Scritture canoniche e profetiche, i Giudei hanno alcune peculiari tradizioni, non scritte, che essi conservano nella memoria e tramandano oralmente di generazione in generazione e che chiamano " deuterosin ", in cui, tra l'altro, osano affermare e credere che Dio creò per il primo uomo due donne. Prendendo le mosse da queste tradizioni tessono delle genealogie veramente interminabili, come dice l'Apostolo, inventando questioni del tutto oziose 5. Ma ammettiamo pure che a costui non sia mai capitato di ascoltare tali cose: doveva forse per questo divenir sordo anche rispetto al Vangelo, tanto da non sentire le parole con cui Cristo Signore biasima i Giudei perché insegnavano ai loro figli l'empietà di non essere obbligati ad onorare i loro genitori? E qui davvero Cristo ha ricordato, citandolo, il precetto di Dio scritto nella Legge. E non li biasima per altro motivo se non perché rifiutavano il comandamento di Dio per sostituirvi le proprie tradizioni. Quando i farisei e gli scribi lo interrogarono dicendo: Perché i tuoi discepoli trasgrediscono la tradizione degli antichi e non si lavano le mani quando prendono il cibo?, Cristo rispondendo disse loro: Bene ha profetato di voi ipocriti Isaia dicendo: Questo popolo mi onora con le labbra ma il suo cuore è lontano da me. Invano essi mi rendono culto, insegnando dottrine che sono precetti di uomini 6. Così avete abbandonato il comandamento di Dio in nome della vostra tradizione, e praticate lavature delle brocche e dei calici e molte altre cose di questo genere. E diceva loro: Siete veramente abili nell'eludere il comandamento di Dio per osservare la vostra tradizione. Mosè infatti disse: onora tuo padre e tua madre 7 e: chi maledice il padre e la madre sia messo a morte 8. Voi invece dicendo: Se uno dichiara al padre o alla madre: È corbàn, cioè offerta sacra, quello che ti sarebbe dovuto da me, non gli permettete più di fare nulla per il padre e la madre, annullando così la parola di Dio con la tradizione che avete tramandato voi. E di cose simili ne fate molte 9. Qui Cristo mostra in modo evidente che quella legge che questo profano bestemmia è legge di Dio e che i Giudei avevano tradizioni specifiche estranee ai Libri canonici dei Profeti, tradizioni alle quali i lettori, non eretici ma cattolici, capiscono che l'Apostolo si riferisce chiamandole favole profane e da vecchiette e genealogie senza fine 10. Infine, se mi proponessi di raccogliere tutte le testimonianze con le quali si dimostra come lo stesso Signore e i suoi Apostoli hanno usato la Legge e i Profeti, che costui ritiene essere favole di vecchierelle, quando finirei? Ma per chi non è abbastanza quanto abbiamo già detto?
Le cinque classi di persone.
2. 3. Né costui è tanto cieco e sordo nei riguardi della luce e della parola del Signore e degli Apostoli da ignorare in che modo Cristo e gli Apostoli hanno confermato e fatto valere, nei libri che compongono il Nuovo Testamento, l'autorità della Legge e dei Profeti. E tuttavia costui ritiene di aver escogitato il modo per schivare la mole delle testimonianze contenute negli scritti evangelici ed apostolici sul Vecchio Testamento, con le quali, lo voglia o no, vien fatta a pezzi l'ostinata lingua di costui. Dice infatti che " l'Apostolo ha parlato, secondo la qualità delle diverse indoli, di cinque tipi di persone: Per comunicare, - dice -, ad un popolo ignorante le cose di Dio, non doveva cominciare dai più perfetti, né introdurre in principio le questioni più difficili, escludendo le costumanze antiche, affinché i nuovi nella fede non venissero turbati da una dottrina perfetta ". E come a voler provare ciò che ha affermato, ricorda lo stesso Apostolo là dove dice: Pur essendo libero da tutti, mi sono fatto servo di tutti per guadagnarne il maggior numero: mi sono fatto Giudeo con i Giudei, per guadagnare i Giudei; con coloro che sono sotto la Legge sono diventato come uno che è sotto la Legge, pur non essendo sotto la Legge, allo scopo di guadagnare coloro che sono sotto la Legge. Con coloro che non hanno Legge sono diventato come uno che è senza Legge, pur non essendo senza la legge di Dio, per guadagnare coloro che sono senza Legge. Mi sono fatto debole con i deboli, per guadagnare i deboli. Mi sono fatto tutto a tutti, per guadagnare tutti 11. Costui vuole intendere che vi sono quattro classi di persone, delle quali ritiene che l'Apostolo parli: la prima è quella dei Giudei, la seconda è quella di coloro che sono sotto la Legge, la terza è quella di quanti sono senza Legge, la quarta è quella dei deboli. Manca però la quinta: cinque infatti ne aveva preannunciate. Per aggiungere anche questa, afferma: " Altrove, più sopra, aveva detto: Tra i perfetti parliamo di sapienza. 12, dal che si vede che la quinta classe è quella dei perfetti ". Tutto ciò è stato ordito in modo da poter rispondere, qualora venga citata qualche cosa della lettera apostolica in cui la Legge e i Profeti sono eguagliati al Vangelo, che l'Apostolo dice ciò come giudeo, non ai sapienti e ai perfetti, ma ai Giudei o a coloro che stanno sotto la Legge 13, come se egli stesso fosse sotto la Legge. Così facendo, egli in modo subdolo e mendace avrebbe finto di edificare tra gli imperfetti cose che, tra i perfetti, non mentendo ma dicendo il vero, distruggeva. In effetti, questa trama di falsità gliel'aveva imbastita un certo Fabrizio che non conosco, che egli chiama maestro di verità e che si gloria di aver incontrato a Roma. Ma quale intelligenza non prova orrore - non dico solo quella ispirata dal cristianesimo, ma anche quella umana in generale - dinanzi a tale mostruosa aberrazione?
La disponibilità dell'Apostolo.
2. 4. La cosa che va considerata per prima è come si dimostri ingannatore e ipocrita al massimo colui che loda l'Apostolo proprio mentre sostiene che egli mente. Ora l'Apostolo ha detto quelle cose non con l'astuzia volta all'inganno ma con una disposizione d'animo volta a compatire. Egli voleva intervenire a soccorso delle diverse infermità dell'anima con un cuore davvero misericordioso, come avrebbe voluto che si fosse accorsi in suo aiuto se egli si fosse trovato in un errore o in un'infermità simile. Tutto questo costui trasforma in una frode detestabile. E chiedo ancora: come parlava l'Apostolo ai Romani, ai Corinzi, ai Galati, agli Efesini, ai Colossesi, ai Filippesi, ai Tessalonicesi? Di quale di quelle cinque classi di persone credeva che costoro facessero parte? Senza dubbio si trattava di Gentili con il prepuzio e non di Israeliti circoncisi 14. Egli afferma, infatti, che gli fu affidato il ministero per i Gentili quando dice che Pietro, Giacomo e Giovanni diedero a lui e a Barnaba la destra in segno di comunione perché egli e Barnaba andassero verso i pagani ed essi invece verso i circoncisi 15. E in un altro passo dice chiarissimamente: per tutto il tempo in cui sono apostolo dei Gentili 16. E in molti altri passi dice di essere, per sua specifica missione, il Dottore dei Gentili. Poiché dunque tanti popoli a cui predicava il Vangelo non conoscevano la Legge, che bisogno aveva di addurre la Legge e i Profeti come testimoni di Cristo? E che bisogno c'era di imporre a questa gente ignara [delle cose] un legame di falsità, come ritiene questa peste, quando egli avrebbe dovuto piuttosto rallegrarsi perché costoro ne erano liberi? Che necessità aveva di esordire così nella sua lettera ai Romani: Paolo, servo di Cristo Gesù, apostolo per vocazione, prescelto per annunziare il Vangelo di Dio, che egli aveva promesso per mezzo dei suoi Profeti nelle sacre Scritture, riguardo al Figlio suo, nato dalla stirpe di Davide secondo la carne 17? Perché piuttosto non si presenta come uno di loro? Perché si dichiara sottoposto alla Legge [parlando] a coloro che erano senza Legge? Come mai dice loro: Pertanto ecco cosa dico a voi Gentili: come apostolo dei Gentili, io farò onore al mio ministero, nella speranza di suscitare la gelosia di quelli del mio sangue e di salvarne alcuni. Se infatti il loro rifiuto ha segnato la riconciliazione del mondo, quale potrà mai essere la loro riammissione, se non una risurrezione dai morti? Se le primizie sono sante, lo sarà anche tutta la pasta; se è santa la radice, lo saranno anche i rami 18? In effetti queste cose le dice riguardo ai Giudei, dei quali aveva già detto in precedenza: Qual è dunque la superiorità del Giudeo e quale l'utilità della circoncisione? Grande sotto ogni aspetto. Anzitutto perché a loro sono state affidate le rivelazioni di Dio. Che importa se alcuni di loro non hanno creduto? Che la loro incredulità può forse annullare la fedeltà di Dio? 19 Quindi prosegue come io avevo cominciato a ricordare e dice: Se dunque alcuni rami si sono spezzati e tu, essendo oleastro, sei stato innestato al loro posto, diventando così partecipe della radice e della linfa dell'olivo, non menar tanto vanto contro i rami! Se ti vuoi proprio vantare, sappi che non sei tu che porti la radice, ma è la radice che porta te. Dirai certamente: Ma i rami sono stati tagliati perché vi fossi innestato io! Bene; essi però sono stati tagliati a causa dell'infedeltà, mentre tu resti lì in ragione della fede. Non montare dunque in superbia, ma temi! Se infatti Dio non ha risparmiato quelli che erano rami naturali, tanto meno risparmierà te! Considera dunque la bontà e la severità di Dio: severità verso quelli che sono caduti; bontà di Dio invece verso di te, a condizione però che tu sia fedele a questa bontà. Altrimenti anche tu verrai reciso. Quanto a loro, se non persevereranno nell'infedeltà, saranno anch'essi innestati; Dio infatti ha la potenza di innestarli di nuovo! Se tu infatti sei stato reciso dall'oleastro qual eri per tua natura e contro natura sei stato innestato su un olivo buono, quanto più essi, che sono della medesima natura, potranno venire di nuovo innestati sul proprio olivo! Non voglio infatti che ignoriate, fratelli, questo mistero, perché non siate presuntuosi: l'indurimento di una parte di Israele è in atto fino a che saranno entrate tutte le Genti. Allora tutto Israele si salverà, come sta scritto: da Sion uscirà il liberatore, egli toglierà l'empietà da Giacobbe 20. Sarà questa la mia alleanza con loro quando distruggerò i loro peccati 21. È troppo lungo ripercorrere tutta questa testimonianza o riassumere in un'unica descrizione ciò che sta sparso in tutte le parti della Scrittura apostolica. Che necessità aveva di dir ciò ai Gentili? Perché piuttosto l'Apostolo non si fece per loro un senza Legge, nello stesso modo in cui quelli erano senza Legge? Perché piuttosto non lodò i loro dèi e non predicò i loro sacrifici se, come dice costui, tanto la Scrittura che ricevette il popolo di Israele, come anche le cose sacre dei Gentili appartenevano ai demoni? Che cos'è mai ciò che questo infelice osa dire, cioè che il Dio d'Israele è non solo un demone, ma il peggiore dei demoni? 22 Perché dunque l'Apostolo - che si era fatto tutto a tutti, e ciò non mosso dalla misericordia che ha compassione 23, come mostra la verità, ma per un'astuzia fallace, secondo il delirio di costui - non si fece servo dei demoni venerati dai Romani, che costui considera i più miti dei demoni? Facendosi così, egli avrebbe conquistato i pagani 24!
Cristo Gesù, pietra angolare.
2. 5. Non dice forse anche agli Efesini: Perciò ricordatevi che un tempo voi, pagani per nascita, chiamati incirconcisi da quelli che si dicono circoncisi perché tali sono nella carne per mano d'uomo, ricordatevi che in quel tempo eravate senza Cristo, esclusi dalla cittadinanza d'Israele, estranei ai patti della promessa, senza speranza e senza Dio in questo mondo. Ora invece, in Cristo Gesù, voi che un tempo eravate i lontani siete diventati i vicini grazie al sangue di Cristo. Egli infatti è la nostra pace, colui che ha fatto dei due un popolo solo, abbattendo il muro di separazione che era frammezzo, cioè l'inimicizia, annullando per mezzo della sua carne la Legge fatta di prescrizioni e di decreti, per creare in se stesso, dei due, un solo uomo nuovo, facendo la pace, e per riconciliare tutti e due con Dio in un solo corpo, per mezzo della croce, distruggendo in se stesso l'inimicizia. Egli è venuto perciò ad annunziare pace a voi che eravate lontani e pace a coloro che erano vicini. Per mezzo di lui possiamo presentarci, gli uni e gli altri, al Padre in un solo Spirito. Così dunque voi non siete più estranei né ospiti, ma siete concittadini dei santi e familiari di Dio, edificati sopra il fondamento degli Apostoli e dei Profeti, e avendo come pietra angolare lo stesso Cristo Gesù 25? Che questo blasfemo spieghi in che senso l'Apostolo dice che gli Israeliti, che servivano il peggiore dei demoni -come bestemmia costui -, furono trovati vicini a Dio e che i Gentili, che erano sottomessi a demoni più benigni, erano invece lontani da Dio. In che senso dice che i Gentili erano stati esclusi dalla società di Israele ed erano estranei ai Testamenti e alla promessa, quando erano senza speranza e senza Dio in questo mondo, se Israele non era il popolo di Dio e di Cristo? Questo folle strepita e inveisce contro la tromba limpidissima ed eccellente della verità dicendo che l'Apostolo ha parlato di cinque classi di persone 26 così da ingannare le une mediante le altre, facendo finta di essere ciò che non era; e ciò dice pur vedendo che egli predicava ai Gentili, che erano lontani dal Dio dei Giudei, lo stesso Dio, la stessa Legge, gli stessi Profeti, gli stessi Testamenti. Chi ha parlato per primo della pietra angolare? Forse non quel profeta colmo di Spirito di Dio che questa peste insulta? Dice infatti: Ecco io pongo in Sion una pietra, una pietra angolare, scelta, preziosa: chi crede in essa non dovrà arrossire 27. Una testimonianza che ha ricordato anche l'apostolo Pietro. Forse non era già stato detto, prima, nel salmo che faceva parte delle sacre Scritture del primo popolo: La pietra scartata dai costruttori è divenuta testata d'angolo 28? Istruito in queste Scritture l'apostolo Paolo ha scritto ciò che ho ricordato poco fa: Come pietra angolare c'è lo stesso Cristo Gesù 29. In base a ciò, lo stesso Signore confutò i Giudei nei quali si era diffusa in parte la cecità, e li mise in difficoltà dicendo: Non avete mai letto nelle Scritture che la pietra che i costruttori hanno scartata è diventata testata d'angolo; dal Signore è stato fatto questo ed è mirabile agli occhi nostri? 30 " Quindi ", secondo le bestemmie di costui, " Cristo avrebbe detto tutto ciò in base alla Legge e ai Profeti in modo mendace, e così lo proferivano gli Apostoli, e ciò perché i deboli non potevano ancora cogliere la solida verità? ". Ignora così quel cieco che un conto è nutrire i piccoli e un altro è ingannare i creduloni, un conto è nutrirli affinché crescano e un altro far sì che non vivano? In verità costui comprende e dice sul Dio della Legge e dei Profeti e su tutti questi testi cose tali per cui, secondo l'opinione che lui ha di esse, sembra che, quando gli Apostoli annunciavano ai credenti il Dio della Legge e dei Profeti e confermavano l'autorità di tali Scritture, non davano ai piccoli latte da bere 31, ma veleno. Chi nei loro riguardi crede cose come queste delira, vaneggia, è un pazzo.
Gli oracoli di Dio e le favole delle vecchiette.
2. 6. Qualcuno potrà chiedere se allora l'Apostolo ha detto invano: Sinora non ho potuto parlare a voi come uomini spirituali ma soltanto carnali; come a neonati in Cristo, vi ho dato da bere latte, non un nutrimento solido, perché non ne eravate capaci 32. E ancora: Tra i perfetti parliamo di sapienza 33; e inoltre: L'uomo naturale non comprende le cose dello Spirito di Dio 34. Lungi da noi il pensare che egli abbia detto tali cose tanto per dirle e senza verità. Forse che tuttavia per questo motivo si deve pensare che egli abbia voluto ingannare alcuni di coloro che credevano? Egli infatti dava ai piccoli cose piccole e non false, latte e non veleno, cose che nutrono e non cose che danneggiano. Ma supponiamo che non fosse vero ciò che diceva Paolo, cioè che il Figlio di Dio nacque secondo la carne dalla stirpe di Davide 35, che non fosse vero che i rami naturali vennero tagliati a causa della loro incredulità perché fosse inserito nella radice santa dei Giudei l'oleastro credente che proveniva dai Gentili e partecipasse della pinguedine dell'olivo 36. Se anche le parole dove dice: " A loro sono state affidate le rivelazioni di Dio 37, non fossero parole di Dio, ma piuttosto di non so quale infimo demonio " - come bestemmia costui - senza dubbio chi le dava ai piccoli, chi predicava tali cose spacciandole per vere, chi voleva esser creduto, demoliva quei miseri e non li alimentava. Il che sappiamo però essere estraneo alla fede e alla dottrina dei veri Apostoli di Cristo. Ne segue che dobbiamo detestare in modo fortissimo costui come peste e come nemico della fede cristiana perché si rende cieco e precipita nel colmo della follia. Per questo non vede neppure come lo stesso Timoteo, a cui ritiene che fu ordinato con autorità apostolica di evitare come favole da vecchiette la Legge antica e i Profeti 38, non doveva essere ingannato dall'Apostolo ma piuttosto incluso nella quinta classe, quella dei perfetti, per cui l'Apostolo non poteva parlare con inganno quando gli diceva: Ricordati che Gesù Cristo, della stirpe di Davide, è risuscitato dai morti, secondo il mio Vangelo 39. Se infatti Cristo viene detto della stirpe di Davide secondo favole da vecchiette, come si poteva ordinare a Timoteo di evitare cose alle quali gli si comanda di credere e ricordare? Se invece si dice con verità che Cristo è della stirpe di Davide, questa è la radice in cui va innestato l'oleastro: e non sono favole da vecchiette se non quei deliri dei Giudei estranei alle Scritture che riguardano ciò che essi chiamano deuterosin. Non sono fole invece quelle parole di Dio che vennero affidate alla circoncisione 40 e grazie alle quali i Giudei secondo la carne avevano appreso che Cristo sarebbe venuto dalla stirpe di Davide, come risposero essi stessi al Signore che li interrogava 41, per quanto non potessero intendere che egli, non secondo la carne ma secondo la divinità, era il Signore dello stesso Davide. Entrambe le verità sono espresse senza dubbio in quelle parole, tanto quella in cui credevano, quanto l'altra, che non capivano: il frutto delle tue viscere lo metterò sul tuo trono 42 (cioè che Cristo era della stirpe di Davide); e: disse il Signore al mio Signore: siedi alla mia destra 43 (cioè che Cristo era Signore dello stesso Davide).
Veridicità dell'Apostolo.
2. 7. [Scrive Paolo]: Dico la verità in Cristo, non mentisco, e la mia coscienza me ne dà testimonianza nello Spirito Santo: ho nel cuore un grande dolore e una sofferenza continua. Vorrei infatti essere io stesso anatema, separato da Cristo a vantaggio dei miei fratelli, miei consanguinei secondo la carne. Essi sono israeliti e possiedono l'adozione a figli, la gloria, le alleanze, la legislazione, il culto, le promesse; loro sono i patriarchi e da essi proviene Cristo secondo la carne, egli che è sopra ogni cosa, Dio benedetto nei secoli. Amen 44. Diceva forse, l'Apostolo, tutto questo parlando con falsità? All'inizio di questa dichiarazione l'Apostolo asserisce di dire la verità e ciò in Cristo, che è la stessa verità, invocando a sua testimonianza la sua coscienza nello Spirito Santo e concludendo questa dichiarazione con un "Amen " posto alla fine. E costui afferma " che le cose che l'Apostolo dice qui non sono vere, che inganna i deboli perché non possono capire la verità, che allatta i piccoli con delle sciocchezze e che per alimentarli inocula nei figli affamati il virus delle menzogne ". Una mostruosità che deve essere tenuta lontana non solo dalle orecchie dei Cristiani, ma addirittura dai confini di tutto il mondo cristiano! Forse che questa adozione, questa gloria, queste alleanze, questa Legge, questo culto, queste promesse, questi patriarchi da cui discende Cristo secondo la carne, il quale è Dio al di sopra di ogni cosa e benedetto nei secoli, forse tutto ciò è una favola da vecchie? Sarà allora favola da vecchie tutto ciò che colui, che ordina di evitare le favole delle vecchie, ordina esplicitamente di conservare 45?
La testimonianza dell'Apostolo.
2. 8. Ma come stupirsi se delira con tanta empietà colui che vuole distruggere la Legge, se lo stesso Apostolo dice che alcuni pur pretendendo di essere dottori della Legge, e non suoi distruttori, non capiscono né quello che dicono né alcuna delle cose che affermano 46? Ma tanto ai dottori quanto ai distruttori noi possiamo contrapporre quanto egli aggiungeva. Di seguito infatti, perché non si pensasse che quelli non intendevano ciò che dicevano né alcuna delle cose che affermavano, inquanto volevano essere dottori di una Legge cattiva, l'Apostolo dice: noi sappiamo che la Legge è buona se uno ne usa legalmente 47. Questa affermazione confuta sia coloro che usano male la Legge, sia coloro che la ritengono cattiva. Se infatti essa è buona, con quale demenza si può negare che è buono il Dio che ha dato una Legge buona? Quale condanna può sembrar sufficiente per degli uomini che denigrano quella Legge che l'Apostolo tanto loda, dicendo di essa che è una favoletta per vecchie? E credono di poterla denigrare attraverso la testimonianza della stessa lettera in cui l'Apostolo tanto la loda, con l'intento di essere non dottori, ma disprezzatori della Legge, e senza intendere né quello che dicono né alcuna delle cose che affermano?
La stirpe di Davide secondo la carne.
3. 9. " Ma non è possibile ", dice costui, " che i Profeti dei Giudei abbiano annunciato la venuta del nostro Salvatore ". Perché non poté accadere se l'Apostolo dice: A loro infatti sono state affidate le rivelazioni di Dio 48? " Ma prima della venuta del Salvatore ", dice questo tale, " lo Spirito Santo e divino non era sulla terra ". Ma ciò lo dice la vanità e non la verità. Infatti con che cosa, se non con lo Spirito Santo, il Signore colmò i Profeti dei quali, nell'esordio della Lettera ai Romani sta scritto quanto ho ricordato sopra? Paolo, servo di Cristo Gesù, apostolo per vocazione, prescelto per annunziare il Vangelo di Dio, che egli aveva promesso per mezzo dei suoi Profeti nelle sacre Scritture, riguardo al Figlio suo, nato dalla stirpe di Davide secondo la carne 49. E questo passo lo ha citato anche costui per proibire a colui a cui scrive di credere ad altri profeti che hanno parlato di Cristo, all'infuori di quelli che l'Apostolo chiama suoi Profeti nella lettera ai Romani (i quali, credo, non riteneva fossero Profeti dei Giudei). Creda pure che siano delle nazioni che vuole, ma perché tralascia il detto: Ciò che egli aveva promesso per mezzo dei suoi Profeti 50? Se attraverso alcuni suoi Profeti aveva promesso prima il Vangelo del suo Figlio, che cosa è ciò che costui afferma, ovvero che lo Spirito Santo e divino non era sulla terra prima della venuta del Salvatore? E comunque donde poterono venire i Profeti che annunciarono il Cristo che sarebbe venuto dalla stirpe di Davide secondo la carne, se non da quella gente a cui apparteneva lo stesso Davide, dalla cui stirpe fu promesso dai Profeti di Dio che Cristo sarebbe venuto?
La Legge dei Profeti compiuta in Cristo.
3. 10. " Ma la legge ", dice, " fu data attraverso Mosè, e la verità invece è da Cristo Gesù ". Però non così sta scritto, ma così: La Legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo 51. La Legge dunque fu data per mezzo di Mosè, invece la grazia venne per mezzo di Gesù Cristo, quando mediante la carità diffusa nei nostri cuori 52 per mezzo del suo Spirito, si compie ciò che comanda la Legge. Ciò che ci viene ordinato dalla lettera non si compie nella lettera, ma nello Spirito 53. Per questo ciò che sta scritto, non desiderare 54, per mezzo di Mosè è Legge perché viene ordinato, mentre per mezzo di Cristo diventa grazia inquanto ciò che la Legge comanda viene compiuto. La verità poi fu fatta per mezzo di Cristo perché tutto ciò che è promesso nella profezia della Legge si manifesta chiaramente, compiuto, in Cristo.
Il Vangelo è anche per i Gentili.
3. 11. Ciò che l'Apostolo dice ai Romani: Come potranno invocare colui in cui non hanno creduto?, e come potranno credere senza averne sentito parlare? 55 lo ha detto dei Gentili e non dei Giudei, come sognando ritiene costui. Il Dottore dei Gentili voleva infatti opporsi a quanti pensavano che il Vangelo dovesse predicarsi solamente al popolo dei Giudei e non anche ai Gentili non circoncisi. Volendo dimostrare che il Vangelo riguarda non solo i Giudei, ma tutti i popoli, fece ricorso prima alla testimonianza del profeta: Chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato 56 e poi disse: Ora come potranno invocarlo senza aver prima creduto in lui? E come potranno credere senza aver prima sentito parlare di lui? 57 Subito aggiunse: Come poi ne sentiranno parlare senza chi predichi? e come lo annunzieranno senza essere inviati? 58 In questo modo ha confutato coloro che negavano che i predicatori di Cristo dovessero essere inviati ai popoli non circoncisi.
Lo Spirito Santo autore delle profezie.
3. 12. Altrettanto poco intende costui, tanto è inesperto, il passo in cui sta scritto: prima gli Apostoli, poi i Profeti 59. Ritiene infatti che prima degli Apostoli non vi fossero Profeti, non capendo che l'Apostolo ha qui voluto ricordare quei Profeti che vennero dopo la venuta di Cristo. Chi li vuole conoscere legga gli Atti degli Apostoli 60 e ciò che l'Apostolo dice ai Corinzi: I Profeti parlino in due o tre 61. Ma se non vi furono Profeti prima degli Apostoli, chi furono quelli per mezzo dei quali Dio antecedentemente promise il Vangelo riguardante il Figlio suo nato dalla stirpe di Davide secondo la carne 62? Chi era colui che disse: la pietra scartata dai costruttori è divenuta testata d'angolo 63? Chi era colui che disse: Il tuo trono, Dio, dura per sempre; è scettro giusto lo scettro del tuo regno. Ami la giustizia e l'empietà detesti: per questo Dio, il tuo Dio, ti ha consacrato con l'olio di letizia, a preferenza dei tuoi eguali 64? In che modo Dio, il cui trono è nei secoli dei secoli, viene consacrato con l'olio da Dio, se non in Cristo Gesù, che per la stessa unzione prese il nome di Cristo? Infatti crisma significa unzione e Cristo è l'Unto. Chi era colui che disse ciò che lo stesso Cristo dice che era stato predetto su di lui: disse il Signore al mio Signore: siedi alla mia destra, finché io ponga i tuoi nemici come sgabello ai tuoi piedi 65? E conferma che Davide disse questo nello Spirito, in quello Spirito che costui nega fosse sulla terra prima della venuta del Signore. Cos'è ciò che dice l'Apostolo: Dice a sua volta Isaia: Spunterà il germoglio di Iesse, colui che sorgerà a reggere le Genti, in lui le Genti spereranno 66? E quale era lo Spirito che per mezzo di Isaia predisse tanto tempo prima: Egli portava i nostri peccati, e per causa nostra egli soffriva e noi reputavamo che egli fosse stato invece afflitto, percosso ed umiliato, mentr'era trafitto a causa dei nostri peccati, fiaccato a causa delle nostre iniquità; su lui gravava il prezzo della nostra pace, e per le sue lividure, noi eravamo risanati. Noi tutti eravamo erranti come pecore, ognun di noi seguiva la sua propria via; e il Signore l'ha condannato a causa dei nostri peccati. Mentre veniva maltrattato, egli non apriva la bocca, come pecorella menata al macello, come agnello che resta muto dinanzi a chi lo tosa, così egli non apriva la bocca. Mediante l'oppressione, il suo giudizio venne strappato, chi potrà narrare la sua generazione? poiché la sua vita fu tolta dalla terra e colpito a causa dei peccati del mio popolo 67. Ciò ed altre cose ancora che sarebbe lungo citare. Lì viene predetto molto tempo addietro della Chiesa anche ciò che troviamo ribadito nell'Apostolo e che ora vediamo compiuto: Giubila, o sterile, tu che non partorivi. Da' in grida di gioia ed esulta, tu che non provavi doglie di parto. Chè la derelitta avrà più figlioli di quella che ha marito 68. Dice il Signore: Allarga il luogo della tua tenda e della tua dimora, allarga senza risparmio, allunga i tuoi cordami, rafforza i tuoi piuoli, poiché tu ti dilaterai a destra ed a sinistra, la tua progenie conquisterà le nazioni e popolerà le città deserte. Non temere, tu non sarai più confusa; non aver vergogna, tu non avrai più da arrossire, ma dimenticherai la vergogna passata, non ricorderai più l'obbrobrio della tua vedovanza. poiché il Signore è il tuo creatore il suo nome è: Signore degli eserciti; il tuo redentore è il Dio d'Israele, e da tutta la terra egli è invocato 69. Guardando nelle visioni notturne, ecco apparire, sulle nubi del cielo, uno, simile ad un figlio di uomo; giunse fino al vegliardo e fu presentato a lui, che gli diede potere, gloria e regno; tutti i popoli, nazioni e lingue lo serviranno; il suo potere è un potere eterno, che non tramonta mai, e il suo regno è tale che non sarà mai distrutto 70? Chi ha ispirato tutte queste e molte altre cose che hanno preannunciato Cristo e la Chiesa e che ora vediamo avverarsi, o che speriamo si avverino in conformità con gli scritti evangelici ed apostolici, se lo Spirito di Dio prima della venuta di Cristo non era sulla terra? O se la venuta di Cristo non fu annunciata dai Profeti di Israele, come costui dichiara vaneggiando, chi può provare che Cristo fu inviato se si nega che era stato annunciato nelle profezie? E a ragione, perché quel tale che costui predica non è stato né promesso né inviato: egli infatti non è vero, ma solo immaginato.
L'autorità della Scrittura divina.
4. 13. Ora non mi stupisce che quest'uomo incolto ritiene che si riferisca ai Profeti dei Giudei quanto l'Apostolo disse: uno dei loro, proprio un loro profeta, ebbe a dire: I Cretesi son sempre bugiardi, male bestie, ventri pigri. Questa testimonianza è vera 71. Ora costui ignora che ciò è detto di un certo Epimenide, che era di Creta e nei cui libri si trova una simile affermazione. Questo poeta non lo si trova tra i Profeti di Dio, né rientra nella parola di Dio della quale l'Apostolo, che parla senza falsità, dice che fu affidata ai Giudei 72. Per questo l'Apostolo non ha ricordato il suo nome come talvolta suole ricordare i Profeti di Dio dicendo: così come dice anche Davide 73, o: Isaia poi arriva fino ad affermare 74, o: così come dice anche Osea 75, o sorvolando sui nomi dicendo: Così come sta scritto 76, intendendo con ciò quella Scrittura che parla con l'autorità di Dio. Oppure egli afferma chiaramente che è Dio che sta parlando quando adduce una testimonianza della Legge e dei Profeti come in questo passo: Non metterai la museruola al bue che trebbia. Forse Dio si dà pensiero dei buoi? Oppure la scrittura lo dice per noi? 77. Così facendo dimostra che è Dio che parla mediante la scrittura. Così anche quando scrive: E la scrittura, prevedendo che Dio avrebbe giustificato i pagani per la fede, preannunziò ad Abramo questo lieto annunzio: in te saranno benedette tutte le Genti 78. Si è appellato alla stessa Scrittura anziché a Dio perché essa è di Dio. Così anche quando dice di Abramo: Per la promessa di Dio non esitò con incredulità, ma si rafforzò nella fede e diede gloria a Dio, pienamente convinto che quanto egli aveva promesso era anche capace di portarlo a compimento 79. Contro questa voce divina e apostolica, questo cane rabbioso e latrante, ha osato affermare che " Abramo non credette al suo Dio che gli prometteva una discendenza ", senza sapere che ciò che Abramo dice: A me che ho cento anni nascerà un figlio? 80, è l'espressione di gioia di chi è stupito e non un'espressione di diffidenza di chi è colto dal dubbio. L'Apostolo scrive ancora: La parola di Dio non può venir meno. Infatti non tutti i discendenti di Israele sono Israele; né per il fatto di essere discendenza di Abramo sono tutti suoi figli. No, ma: in Isacco ti sarà data una discendenza, cioè: non sono considerati figli di Dio i figli della carne, ma come discendenza sono considerati solo i figli della promessa 81. O, quanto ad Elia: Ma cosa gli risponde la voce divina? Mi sono riservato settemila uomini, quelli che non hanno piegato il ginocchio davanti a Baal 82. Con questa ed altre simili affermazioni l'autorità apostolica conferma che quelle Scritture, che questo tale bestemmia, sono del Dio buono e vero. Quando invece l'Apostolo dice qualcosa anche sugli autori pagani, non li chiama Profeti di Dio, né dice che Dio è l'autore di quegli scritti per quanto si trovi in loro qualche cosa di vero. Così dice di questo Cretese: Uno dei loro, proprio un loro profeta, già aveva detto: I Cretesi son sempre bugiardi 83, chiarendo che non è un profeta dei Giudei, ma dei Cretesi. E questa cosa certamente l'ha detta per evitare che fosse ritenuto un profeta di Dio. E negli Atti degli Apostoli, quando parla agli Ateniesi, dice di Dio: In lui infatti viviamo, ci muoviamo ed esistiamo, come anche alcuni dei vostri poeti hanno detto 84.
Testimonianza del Signore.
4. 14. " Ma il nostro Signore ", dice, " alla domanda degli Apostoli cosa si dovesse pensare dei Profeti dei Giudei (si credeva infatti che quelli avessero annunciato qualche cosa sulla sua venuta), rispose loro, adirato perché anche loro ora pensavano queste cose: voi vi dimenticate di chi è vivo dinanzi a voi e favoleggiate dei morti 85 ". Cosa c'è di strano (premesso che questa testimonianza non so da quale apocrifo l'abbia presa) se gli eretici che non accettano i Libri canonici fanno tali affermazioni sui Profeti di Dio? Infatti nel Vangelo, che non è apocrifo ma a tutti noto nella luce della verità, il Signore accompagna nel cammino i discepoli anche dopo la resurrezione, e mostra loro, cominciando da Mosè e passando poi per tutti i Profeti, che tutte le cose che lo riguardavano ed erano successe erano state predette 86.
Il Signore testimonia se stesso.
4. 15. " Il Signore ", dice, " parla dello stesso [Mosè] dove dice: Molti mi diranno in quel giorno: Signore, non abbiamo noi profetato in tuo nome e cacciato demoni nel tuo nome e compiuto molti miracoli nel tuo nome? Io però dichiarerò loro: Non vi ho mai conosciuti; allontanatevi da me, voi operatori di iniquità 87 ". Lungi da noi il pensare che il Signore disse ciò dei Profeti santi tra i quali vi erano Mosè ed altri ancora. Lo disse di coloro che dopo la predicazione del suo Vangelo sembra che parlino in suo nome senza sapere quello che dicono, e tra essi vi è appunto costui che, quando sarà morto, troverà il luogo adatto a lui.
I falsi profeti.
4. 16. Costui riporta anche quello che il Signore aveva affermato: " Io sono la porta delle pecore. Tutti quelli che sono venuti prima di me sono ladri e briganti ". Non così però sta scritto, ma così: Tutti coloro che vennero sono ladri e briganti 88. Vuole infatti che si intenda in questo passo che vennero alcuni che non erano stati inviati, ai quali allude anche Geremia dicendo: Il Signore dice queste cose dei profeti che predicono in mio nome senza che io li abbia mandati 89. Quelli invece che questo folle bestemmia sono stati inviati dal Signore e non sono venuti per conto loro. Di loro afferma il Signore con una parabola dal significato chiarissimo: Ascoltate un'altra parabola: C'era un padrone che piantò una vigna e la circondò con una siepe, vi scavò un frantoio, vi costruì una torre, poi l'affidò a dei vignaioli e se ne andò. Quando fu il tempo dei frutti, mandò i suoi servi da quei vignaioli a ritirare il raccolto. Ma quei vignaioli presero i servi e uno lo bastonarono, l'altro lo uccisero, l'altro lo lapidarono. Di nuovo mandò altri servi più numerosi dei primi, ma quelli si comportarono nello stesso modo. Da ultimo mandò loro il proprio figlio dicendo: Avranno rispetto di mio figlio! Ma quei vignaioli, visto il figlio, dissero tra sé: Costui è l'erede; venite, uccidiamolo, e avremo noi l'eredità. E, presolo, lo cacciarono fuori della vigna e l'uccisero. Quando dunque verrà il padrone della vigna che farà a quei vignaioli? Gli rispondono: Farà morire miseramente quei malvagi e darà la vigna ad altri vignaioli che gli consegneranno i frutti a suo tempo. E Gesù disse loro: Non avete mai letto nelle Scritture: La pietra che i costruttori hanno scartata è diventata testata d'angolo; dal Signore è stato fatto questo ed è mirabile agli occhi nostri 90? Perciò vi dico: vi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che lo farà fruttificare 91. Cosa c'è di più esplicito di ciò? Cosa di più chiaro? Cosa di più evidente? Però costui è del genere di coloro che lapidarono i servi di questo padre di famiglia. Lo fa però non gettando pietre, ma con delle violente maledizioni. Questa parabola afferma infatti che originariamente la vigna di Dio era stata piantata presso il popolo dei Giudei 92 e che furono inviati dei Profeti prima della venuta dello stesso Salvatore. E quando dice: Vi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che lo farà fruttificare 93, che cosa chiama regno se non ciò che loro speravano di ottenere e non ricevettero, ovvero la vita eterna? Per questo dice altrove: voi scrutate le Scritture credendo di avere in esse la vita eterna; ebbene, sono proprio esse che mi rendono testimonianza 94 e ancora in un altro passo: guai a voi, dottori della Legge, che avete tolto la chiave della scienza. Voi non siete entrati e a quelli che volevano entrare l'avete impedito 95. Con una simile abbondanza di testimonianze non viene schiacciata la vanità impudente 96? Chi darà retta a costui se non colui che non ascolta la sacra Scrittura o l'ascolta tanto male da scagliarsi contro di essa come questo cieco?
I giusti e i Profeti di Dio.
5. 17. " Ma il Signore dice di loro ", insiste: " I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti 97, insegnando con ciò che non era del Signore nessuno di coloro sui quali dominò la morte ". " Nessuno " certo, ma nessuno degli antenati di coloro a cui diceva tali cose. Per antenati, quindi, di infedeli chi voleva che si intendesse se non degli infedeli? Per cui altrove dice: Guai a voi scribi e farisei ipocriti, che innalzate i sepolcri ai Profeti e adornate le tombe dei giusti, e dite: Se fossimo vissuti al tempo dei nostri padri, non ci saremmo associati a loro per versare il sangue dei Profeti; e così testimoniate, contro voi stessi, di essere figli degli uccisori dei Profeti 98. Li ha chiamati figli soprattutto per l'imitazione del crimine, non per la discendenza familiare. In effetti non la circostanza di essere nati da quelli secondo la carne poteva essere attribuito a loro come crimine, ma il fatto che dimostravano di somigliare loro per la crudeltà infedele. Per questo prosegue e dice: Ebbene colmate la misura dei vostri padri! Serpenti, razza di vipere, come potrete scampare dalla condanna della Geenna? Perciò ecco, io vi mando Profeti, sapienti e scribi; di questi alcuni ne ucciderete e crocifiggerete, altri ne flagellerete nelle vostre sinagoghe e li perseguiterete di città in città; perché ricada su di voi tutto il sangue innocente versato sopra la terra, dal sangue del giusto Abele fino al sangue di Zaccaria, figlio di Barachia, che avete ucciso tra il santuario e l'altare. In verità vi dico: tutte queste cose ricadranno su questa generazione 99. Qui mette in evidenza, è chiaro, che costoro per averli imitati si resero figli di quegli improbi da cui furono perseguitati in maniera del tutto empia e delittuosa i Profeti santi e giusti, cominciando dallo stesso Abele, che fu ucciso da suo fratello 100, fino a Zaccaria che loro hanno ucciso 101. Perché come cadrà su di questi il sangue di coloro che sono vissuti o sono nati molti anni prima di costoro, se non perché sono una stessa razza, uno stesso genere, una stessa risma tutti gli empi uniti gli uni gli altri dall'imitazione? Ma allo stesso tempo qui si dichiara che nello stesso popolo vi furono anche i profeti e i giusti di Dio ai quali, coloro a cui il Signore dice queste cose, hanno edificato sepolcri e innalzato mausolei. Dunque costui che con lingua maledetta li diffama defunti mentre persino gli empi li onoravano è ancora peggiore e più crudele di loro. E così, infierendo crudelmente sulla sua stessa anima, costui, che pur vuol comparire cristiano, bestemmia contro coloro che Cristo afferma essere stati Profeti e giusti.
La vita vera.
5. 18. Quanto poi all'aver egli annoverato anche i santi patriarchi Abramo, Isacco e Giacobbe tra quelli di cui il Signore dice: I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti 102 poiché anche questi padri sono morti, non saprei dire se costui debba esser giudicato ingannatore o piuttosto cieco. Ma qualsiasi delle due cose si scelga, resta un individuo da condannare. Ha voluto infatti qui mostrare, in base a ciò che il Signore dice nel citare gli stessi padri, che Dio non è il Dio dei morti, ma dei vivi 103: quando invece il Signore dice appunto che essi vivono. Citata infatti la testimonianza della Legge, dove sta scritto: Sono il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe 104 il Signore aggiunge: non è il Dio dei morti, ma dei vivi. E ancora: Tutti costoro infatti vivono 105, e vivono della vita vera che i giusti vivono anche quando muoiono nel corpo. Ma quando mai parlerebbe così come fa, costui, se vivesse della vita vera?
La chiave della scienza.
5. 19. Costui vuole che si intenda in questo senso anche quello che il Signore dice ai Giudei: Voi non conoscete né me né il Padre 106; né avete la parola di Dio che dimora in voi 107. Ciò in realtà non contraddice quanto aveva detto: avete tolto la chiave della scienza. Voi non siete entrati e a coloro che volevano entrare l'avete impedito 108. In effetti non avevano la Parola di Dio in se stessi, ma l'avevano nei libri che leggevano. Perché se l'avessero tenuta in se stessi sarebbero entrati loro stessi come avrebbero permesso anche agli altri di entrare. Infatti non entrare significa non capire. Ecco perché non conoscevano né il Signore stesso né il Padre suo: perché non intendevano ciò che leggevano 109, non perché quelli che leggevano non avessero parlato di Dio e di Cristo. Questo significa infatti entrare: non accontentarsi della superficie della lettera, ma pervenire nell'intimo della sua comprensione.
Grandezza di Giovanni Battista.
5. 20. Costui prosegue la sua argomentazione anche " con Giovanni Battista, perché il Signore dice: Tra i nati di donna non è sorto uno più grande di Giovanni Battista; tuttavia il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui 110 ". Così, in una specie di ragionamento, sostiene che, " come Giovanni non fa parte del regno dei cieli, così e ancor meno lo faranno gli altri Profeti del suo popolo, rispetto ai quali Giovanni è più grande ". Queste parole del Signore possono con assoluta precisione essere intese in due modi. O infatti il Signore in questo passo chiama Regno dei Cieli quello che non abbiamo ancora raggiunto e in cui ancora non siamo, per cui alla fine dirà: Venite, benedetti del Padre mio, ricevete il regno 111: e pertanto dice così riferendosi ai santi angeli che ivi si trovano, dei quali il più piccolo è certamente maggiore di qualsivoglia uomo santo e giusto, pur sempre rivestito di un corpo che si corrompe e appesantisce l'anima 112. O, se voleva che " il regno dei cieli " si prendesse nel senso d'intendervi anche la Chiesa di questo tempo, della quale sono figli tutti gli uomini dall'istituzione del genere umano fino ad ora, quelli cioè che han potuto essere giusti e santi, in tal caso il Signore si è riferito a se stesso inquanto per età era minore di Giovanni, ma era maggiore per l'eternità [che aveva] come Dio e il potere [che aveva] come Signore. Pertanto secondo la prima ipotesi si legge: Tra i nati di donna non è sorto nessuno più grande di Giovanni Battista, chi però è più piccolo nel regno dei cieli - si deduce poi - è più grande di lui. Invece secondo la seconda ipotesi si legge: Tra i nati di donna non è sorto nessuno più grande di Giovanni Battista; ma colui che è più piccolo - poi si concatena - nel regno dei cieli è più grande di lui 113. Ma sia l'uno che l'altro senso, in quanto sono concordi con la verità, sono sufficienti per confutare la vanità di costui. Sia che si intenda che qualsivoglia angelo anche se inferiore agli altri è maggiore di Giovanni, sia che si intenda che il Signore è minore in età del suo precursore Giovanni e maggiore in maestà, non si toglie comunque nulla agli altri Profeti. Alcuni di loro poterono essere uguali a Giovanni o minori di lui, nessuno però, qualora il paragone sia col Signore, è stato più grande di lui. Tutti però sono stati santi, giusti e buoni.
Il sangue e l'anima.
6. 21. " Ma Mosè ", aggiunge costui, " estinse negli uomini tutta la speranza nella resurrezione futura poiché assicurò che l'anima è mortale in quanto disse che essa è sangue ". Poi, scervellandosi, vuole dimostrare che " l'anima non è sangue " e, per non aver capito la Legge, si affatica su una cosa manifesta. In effetti, sta scritto: il sangue è l'anima di ogni carne 114, così come sta scritto: Quella roccia era il Cristo 115 non perché Cristo fosse una roccia, ma perché egli era significato da essa. D'altra parte la Legge non vuole significare invano l'anima mediante il sangue, ovvero una cosa invisibile mediante una visibile, ma perché il sangue che dallo stesso cuore viene diffuso in tutte le vene, tra tutti gli umori nel nostro corpo è il principale, cosicché, ovunque venga inflitta una ferita, non esce un altro umore, ma proprio questo. Così è dell'anima. Siccome invisibilmente esercita il potere su tutti gli elementi di cui siamo formati, viene significata nel modo migliore dal sangue che ha la preminenza su tutti gli elementi visibili di cui siamo composti.
La resurrezione del corpo.
6. 22. Quanto a ciò che dice l'Apostolo (costui infatti cita anche questa testimonianza): la carne e il sangue non possono ereditare il Regno di Cristo 116, egli non pone il problema della resurrezione dell'anima, ma del corpo. E in verità questo problema si risolve in due modi: o perché ha chiamato con il nome di carne e sangue la corruzione della carne e del sangue, che non esisterà al momento della resurrezione, o carne e sangue designano gli uomini che non possederanno il regno di Dio, gli uomini cioè dediti ad ogni lusinga delle voluttà secolari della carne e del sangue. Ma tutto questo passo del testo apostolico in cui sta scritto: La carne e il sangue non possono ereditare il Regno di Cristo 117, se lo si considera in modo più diligente, ci si persuaderà ancor di più del fatto che l'Apostolo voleva chiamare con queste parole la corruzione della carne così come ora è e, per esporre ciò che voleva dire, aggiunse: né ciò che è corruttibile può ereditare l'incorruttibilità 118. Infatti quando sarà compiuta quella mutazione che, come speriamo, avverrà nella resurrezione, certamente non resterà alcuna corruzione 119. Sebbene anche dopo la resurrezione il Signore abbia detto ai suoi discepoli: toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne ed ossa come vedete che ho io 120, quella senza dubbio sarà una carne quanto alla sostanza, non quanto alla corruzione come quella che ora dà alla carne questo nome. Ragion per cui il profeta dice: tutta la carne è come erba 121. E allora anche quella del Signore che è asceso al cielo? Il profeta ha parlato di carne quando ha detto: tutta la carne è come erba, per poi aggiungere che l'erba si seccò 122. Nello stesso modo anche l'Apostolo dice: la carne e il sangue non possono ereditare il Regno di Cristo, perché lì non vi sarà corruzione a causa della quale ora la natura della carne si secca come il fieno. Infatti non è diversa la sentenza: Né ciò che è corruttibile può ereditare l'incorruttibilità, ma si tratta di una ripetizione che espone la tesi precedente. Carne e sangue qui significa corruzione e non sta a indicare la sostanza della carne. E ciò che là veniva chiamato Regno di Dio, dobbiamo intenderlo come incorruttibilità. Non penso dunque che affermando che la carne e il sangue non possono ereditare il Regno di Dio venga detto qualche cosa di diverso rispetto a: né ciò che è corruttibile può possedere l'incorruttibilità 123. La corruzione della carne e del sangue nella incorruttibilità di quel regno non vi sarà, e ciò a causa di quella trasformazione su cui più avanti ha ancora detto: È necessario infatti che questo corpo corruttibile si rivesta di incorruttibilità 124. Così la corruzione, espressa dai nomi della carne e del sangue, nella incorruttibilità di quel regno non vi sarà, perché la carne, che ora è corruttibile, sarà trasformata e resa incorruttibile.
Il lavacro della rigenerazione.
6. 23. Se invece Mosè, che era un uomo di Dio, avesse creduto che l'anima fosse mortale, la qual cosa certamente avrebbe creduto se l'avesse chiamata sangue in modo non figurato ma proprio, non avrebbe detto in un altro passo: Chiunque avrà toccato un cadavere, cioè il corpo di una persona morta e non si sarà purificato, avrà profanato la Dimora del Signore e sarà sterminato da Israele; siccome l'acqua di purificazione non è stata spruzzata su di lui, egli è in stato di immondezza; ha ancora addosso l'immondezza 125. Ha detto " ancora ", cioè anche dopo la morte, poiché non è purificato: e in ciò s'intravvede una prefigurazione del lavacro della rigenerazione 126 che ora ricevono quanti vengono battezzati in Cristo. La riconosce ogni [esegeta] che ascolta con fede [le parole]: Se credeste a Mosè, credereste anche a me, perché di me egli ha scritto 127.
Antica e nuova alleanza.
7. 24. D'altra parte di che stupirsi se questo infelice, allontanatosi dalla luce della verità e per questo divenuto avversario della luce della verità, oppone al Vecchio Testamento ciò che non intende nel Nuovo? Così fa, ad esempio, con le affermazioni dell'apostolo Paolo quando dice ai Corinzi: Se il ministero della morte inciso con lettere su pietre fu circonfuso di gloria al punto che i figli d'Israele non potevano fissare il volto di Mosè a causa dello splendore pure effimero del suo volto, quanto più sarà glorioso il ministero dello Spirito? Se già il ministero della condanna fu glorioso, molto di più abbonda di gloria il ministero della giustizia. Anzi sotto quest'aspetto, quello che era glorioso non lo è più a confronto della sovraeminente gloria [della Nuova Alleanza]. Se dunque ciò che era effimero fu glorioso, molto più lo sarà ciò che è duraturo 128. In questo modo costui ha citato le parole apostoliche, né è molto lontano dall'interpretazione più accettabile. Poiché dunque sta scritto: il ministero della morte inciso con lettere su pietre 129, deduce da qui che Mosè è stato il servitore della morte, cioè che ha servito l'autore della morte ovvero lo spirito maligno, che costui crede essere l'autore di questo mondo, ignorando così che la Legge è chiamata ministero della morte, in base a quanto l'Apostolo dice in un altro passo: La lettera uccide, lo spirito invece vivifica 130. Infatti la Legge, per quanto giusta, santa e buona, provocò la morte di quei trasgressori 131 in aiuto dei quali non venne la grazia di Dio affinché compissero la giustizia della Legge. Era necessario che ai superbi e a coloro che confidavano nella forza della loro volontà fosse imposta ad opera del Vecchio Testamento una Legge che non dava la giustizia ma solo ordini. In questo modo, stretti dai lacci della morte della trasgressione, si sarebbero rifugiati nella grazia che fu rivelata mediante il Nuovo Testamento: la quale non solo ordina ma anche aiuta. Questi bestemmiatori della parola divina credono qui che la Legge data a Mosè sia cattiva perché fu chiamata il ministero della morte inciso con lettere su pietre 132, non capendo che ciò fu detto per coloro che credevano che al libero arbitrio bastasse la Legge e così, privi dell'aiuto dello Spirito della grazia, erano tenuti, in quanto colpevoli di trasgressione, sotto la lettera della stessa Legge. Per questo dice altrove: La Legge provoca l'ira. Siccome però dove non vi è Legge non vi è neppure trasgressione 133, mostra in che senso ha detto: La Legge provoca l'ira. Infatti la trasgressione della Legge non sarebbe cosa cattiva se la Legge non fosse buona.
La legge della grazia.
7. 25. Sarebbe molto lungo raccogliere tutti i passi in cui il beato Apostolo 134 si pronuncia contro questa tesi [secondo cui la Legge è cattiva] distinguendo la Legge dalla grazia perché sotto quella vengono abbattuti gli orgogliosi e sotto questa vengono innalzati gli umili 135. Inoltre quella è buona in quanto comanda il bene e questa lo è in quanto conferisce i beni. Quella mette in condizione di ascoltare la giustizia, questa di compierla 136. E per questo il peccatore, che non può più addurre come scusa l'ignoranza, giace a terra, convinto d'essere diventato anche trasgressore. Sotto la grazia invece, che è allo stesso tempo perdonante e aiutante, non solo colui che ha fatto del male non viene punito, ma viene anche infiammato per le opere di bene. E cosa c'è di strano se quella è detta il ministero della morte 137 visto che la lettera uccide nel proibire il male che si fa e nel comandare il bene che non si fa? Questa invece è chiamata ministero dello spirito 138, senz'altro vivificante, affinché risorgiamo dalla morte della trasgressione, e la nostra giustizia non la leggiamo da colpevoli nelle tavole ma la possediamo da figli nei cuori e nei costumi. Questo è ciò che distingue il Nuovo Testamento dal Vecchio, perché là l'uomo è schiacciato dall'angustia del terrore, qui l'uomo nuovo gode dell'ampiezza della carità 139.
La realtà del Nuovo Testamento.
7. 26. Quanto a ciò che sta scritto su Mosè, ministro del Vecchio Testamento, cioè che: I figli di Israele non potevano fissare il volto di Mosè a causa dello splendore del suo volto 140, ciò era un segno del fatto che essi mediante la Legge non avrebbero conosciuto Cristo. E per questo un velo si interponeva tra il volto di Mosè e loro, perché i figli di Israele fino alla fine, così sta scritto, non intendessero 141. Ma chi è il fine della Legge? Che risponda l'Apostolo, e non io. Ora l'Apostolo dice della Legge che il suo fine è Cristo, perché sia data la giustizia a chiunque crede 142: un fine che perfeziona, non che uccide. Si chiama in effetti fine perché è in vista di esso che tutte le cose vengono fatte al modo di un servizio. Perché tra il servizio e il fine vi è questa differenza, che il servizio è nelle cose che dobbiamo fare, il fine invece è ciò in vista di cui facciamo ciò che facciamo. Ora, siccome tutte le cose [del Vecchio Testamento] avvenivano in ordine a Cristo, che i figli di Israele non riconoscevano in ciò che accadeva, questo stava ad indicare quel velo che non permetteva che essi intendessero fino alla fine, cioè fino al volto di Mosè che significava Cristo. E per questo è stato detto che quella gloria sarebbe sparita 143, come scompaiono tutte le ombre che erano prefigurazioni, nel momento in cui sarebbe giunta la cosa che era significata. Allo stesso modo la scienza presente sparirà, come dice lo stesso Apostolo, quando giungerà la conoscenza che egli definisce a faccia a faccia 144. Allo stesso modo anche queste cose che furono date sotto forma di ombre ai Giudei nel Vecchio Testamento, era necessario che sparissero nella rivelazione del Nuovo Testamento.
La testimonianza dei Salmi.
7. 27. Né è proprio esatto che nessuno di quel popolo riuscì a capire che Cristo fosse prefigurato in quelle ombre del Vecchio Testamento. Infatti sia lo stesso Mosè sia tutti gli altri Profeti che preannunciavano Cristo ai posteri capirono tutto ciò. Infatti nella stessa Lettera ai Corinzi in cui sono dette quelle cose che costui, non capendole, ritiene avverse e contrarie al Nuovo Testamento, l'Apostolo dice: animati tuttavia da quello stesso spirito di fede di cui sta scritto: Ho creduto, perciò ho parlato, anche noi crediamo e perciò parliamo 145. Perché lo dice? E dove stava scritto: ho creduto e perciò ho parlato 146? Certamente nei Salmi, che fan parte delle parole di Dio che sono state date ai Giudei. Dice inoltre: Animati tuttavia da quello stesso spirito di fede 147. Che significa da quello stesso se non che lo avevano anche quelli mediante i quali queste cose furono profetizzate? E perché, sempre nella stessa lettera, l'Apostolo aveva citato la testimonianza della Legge quando aveva esordito dicendo: per il momento la vostra abbondanza supplisca alla loro indigenza, perché anche la loro abbondanza supplisca alla vostra indigenza e vi sia uguaglianza, per poi proseguire dicendo: come sta scritto: colui che raccolse molto non abbondò e colui che raccolse poco non ebbe di meno 148? Perché estende su di loro l'autorità della Legge che chiama ministero di morte 149 se ha inteso ciò nello stesso modo in cui l'intende questa peste?
La Legge, ministero di morte e di condanna.
7. 28. Per togliere poi ogni dubbio sul perché la Legge sia chiamata a ragione ministero di morte pur essendo tuttavia santa e giusta e buona, ricordiamo ciò che è scritto nella Lettera ai Romani. Infatti, dopo aver detto: affinché serviamo nel regime nuovo dello Spirito e non nel regime vecchio della lettera 150 - che è un'affermazione molto simile a quella che costui ha citato senza intendere -, l'Apostolo previde subito questi futuri ciarlatani e bestemmiatori che avrebbero ritenuto che con questa affermazione si voleva attaccare la Legge, e subito aggiunse: Che diremo dunque? Che la Legge è peccato? No certamente! Però io non ho conosciuto il peccato se non per la Legge, né avrei conosciuto la concupiscenza, se la Legge non avesse detto: non desiderare. Prendendo pertanto occasione da questo comandamento, il peccato scatenò in me ogni sorta di desideri. Senza la Legge infatti il peccato è morto e io un tempo vivevo senza Legge. Ma, sopraggiunto il comandamento, il peccato ha preso vita e io sono morto; la Legge, che doveva servire per la vita, è divenuta per me motivo di morte. Il peccato infatti, prendendo occasione dal comandamento, mi ha sedotto e per mezzo di esso mi ha dato la morte. Così la Legge è santa, e santo e giusto e buono è il comandamento. Ciò che è bene è allora diventato morte per me? No davvero! È invece il peccato: esso per rivelarsi peccato mi ha dato la morte servendosi di ciò che è bene 151. Ecco che cosa è il ministero della morte 152, ecco cosa significa che la lettera uccide 153; ecco in che modo la Legge non è peccato e il comandamento doveva servire per la vita, e in che modo la Legge è santa, e santo e giusto e buono è il comandamento. E poiché l'anima disobbediente è uccisa dallo stesso bene laddove la grazia di Dio non corre in suo aiuto, la Legge è divenuta ministero di morte nel Vecchio Testamento per via della lettera che uccide, mentre la grazia è diventata ministero di vita nel Nuovo Testamento in virtù dello Spirito che vivifica. Cosa significa infatti ministero di morte e ministero di condanna 154? Significa che prendendo occasione dal comandamento, il peccato scatenò in me ogni sorta di desideri; che sopraggiunto il comandamento, il peccato ha preso vita; che la Legge, che doveva servire per la vita, è divenuta per me motivo di morte 155; che prendendo occasione dal comandamento, il peccato mi ha sedotto e per mezzo di esso mi ha dato la morte 156; che la Legge sopraggiunse perché abbondasse il peccato 157; che la Legge provoca l'ira 158; che la forza del peccato è la Legge 159. La proibizione del peccato - in ciò consiste appunto la Legge - aumenta in realtà il desiderio di peccare: il quale non si estingue se non per il desiderio contrario, cioè quello di operare rettamente, che si ha quando la fede opera per mezzo della carità 160. Ma ciò non avviene grazie alla lettera che comanda, ma grazie allo Spirito che aiuta 161. Dunque non mediante la Legge, ma mediante la grazia; non mediante il Vecchio Testamento che genera nella schiavitù, rappresentata da Agar, ma mediante il Nuovo Testamento: nel quale non vi sono i figli della schiava, ma quelli di una donna libera 162, dotata di quella libertà con cui Cristo ci ha liberati. E tuttavia la Legge è santa, e il comandamento è santo e giusto e buono. Mediante questo comandamento santo e giusto e buono il peccato opera, in coloro che non hanno lo Spirito di Cristo, ogni desiderio cattivo. E volendo mostrare quale fosse stato lui stesso mentre era nel Vecchio Testamento, dice anche: prendendo pertanto occasione da questo comandamento, il peccato scatenò in me ogni sorta di desideri. Quale comandamento, se non quello che dice: Né avrei conosciuto la concupiscenza, se la Legge non avesse detto: non desiderare? Forse che è male non desiderare? Al contrario, è sommamente buono. Buona è dunque la Legge che dice questo, ma dove non vi è lo Spirito che vivifica 163, questa stessa Legge che dice il bene uccide perché diventa la forza del peccato, quando questo per mezzo suo provoca ogni genere di concupiscenza, infiammando [gli animi] mediante la proibizione. La concupiscenza infatti non la si placa con il timore della pena incusso dalla lettera che comanda, ma con l'amore per la giustizia infuso dallo Spirito che aiuta. Per questo dice: Il peccato per rivelarsi peccato mi ha dato la morte per mezzo di ciò che è bene 164. Non dice infatti " per mezzo del male ", ma per mezzo di ciò che è bene. Qui si sveglino, se possono, coloro che si accaniscono con cuore cieco e furioso contro la Legge di Dio e contro il suo ministro Mosè. Per questo senza dubbio è ministro di morte 165, perché il peccato ha causato la morte per mezzo di ciò che è bene 166. Per questo è ministro di dannazione 167 perché il peccato ha causato la condanna per mezzo del bene.
La cecità degli increduli.
7. 29. Non tutti quelli che si definiscono Cristiani giungono a Cristo, ma solo coloro per i quali vien tolto il velo che copre la lettura del Vecchio Testamento. Coloro che sono nel Vecchio Testamento, a causa del velo che loro lo impedisce, non comprendono né il Vecchio né il Nuovo Testamento; coloro invece che giungono a Cristo, rimosso quel velo grazie al Nuovo Testamento, comprendono sia il Vecchio che il Nuovo. Che anche questi ciechi avversari della Legge e dei Profeti giungano a Cristo in modo tale che non siano più tra quelli a cui è velato lo stesso Vangelo 168! L'Apostolo dice che esso resta velato per coloro che si perdono: Dei quali infedeli il Dio di questo mondo ha accecato le menti, onde non rifulga per essi la luce del Vangelo della gloria di Cristo, il quale è immagine di Dio 169. E qui questo miserabile vuole che come Dio di questo mondo, si intenda un dio cattivo, quasi che Mosè nel Vecchio Testamento avesse servito questo Dio, quasi che l'Apostolo affermi proprio questo. Se fosse proprio necessario, con Dio di questo mondo si potrebbe intendere il dio degli empi, ovvero il diavolo, perché: Tutti gli dèi delle nazioni sono demoni 170 e certo, ancor molto di più, il principe dei demoni. Tutto questo non sarebbe strano, poiché di alcuni si dice che il loro dio è il ventre. Infatti l'Apostolo dice: Hanno come dio il loro ventre 171, ma non perciò il ventre è dio. Allo stesso modo se si può definir dio di questo mondo il diavolo, non per questo il diavolo è dio; poiché i demoni non sono dèi quand'anche gli dèi dei pagani sono demoni. Allo stesso modo si può intendere il " secolo " come sinonimo di male, per cui l'apostolo Pietro dice: sfuggite alla corruzione che è nel secolo presente 172. Ma, siccome l'altra interpretazione è più che chiara, non c'è necessità di credere che qui sia significato il diavolo e non piuttosto il Dio vero, giusto e buono, che ha accecato le menti degli infedeli di questo secolo: ciò qualora qui non si divida così la frase: Il Dio di questo secolo, per poi continuare: Accecò la mente degli increduli; ma piuttosto così: Nei quali Dio, per poi proseguire: Accecò la mente degli increduli di questo secolo 173, cioè accecò le menti degli increduli di questo secolo.
I giudizi di Dio sono imperscrutabili.
8. 30. Però a costoro non garba che Dio, se è buono, accechi le menti di qualcuno. E infatti non badano alle parole del Salvatore che dice: io sono venuto in questo mondo per giudicare, perché coloro che non vedono vedano e quelli che vedono diventino ciechi 174. Colui dunque che, secondo l'affermazione dell'Apostolo, usa misericordia con chi vuole e indurisce chi vuole 175, senza dubbio dona la luce a chi vuole e chi vuole acceca. Ma non vi è iniquità alcuna in Dio 176, a cui la Chiesa dice: Canterò a te, Signore, amore e giustizia 177. Egli dunque illumina mediante l'amore e acceca mediante il giudizio, che certo è giustissimo e occultissimo. Infatti imperscrutabili sono i suoi giudizi 178. A lui si dice anche: siedi in trono, giudice giusto 179.
Le promesse fatte ad Abramo.
8. 31. Mosè e gli altri Profeti, di cui lo stesso Signore senza alcun dubbio afferma che sono giusti, servirono questo Dio. Ad essi costruivano mausolei, adornandone i monumenti, i Giudei cui il Signore dice: Innalzate i sepolcri ai Profeti e adornate le tombe dei giusti 180. Tutti costoro, sebbene amministravano solo figure in conformità con l'economia del Vecchio Testamento, tuttavia, senza dubbio, appartenevano anche, per la grazia di Dio, al Nuovo Testamento, che pure non era stato rivelato, a cui apparteneva già Abramo. Se infatti costoro leggessero [i fatti] senza alcun velo, comprenderebbero che il Vangelo non è nemico della Legge che fu data per mezzo Mosè, così come non sono nemici tra di loro Abramo e lo stesso Mosè, sul conto dei quali anche costoro ammettono che tributarono il culto allo stesso Dio, sebbene neghino in modo blasfemo che quello fosse veramente Dio. E tuttavia l'Apostolo oppone alla Legge data da Mosè le promesse che furono fatte ad Abramo, perché queste significavano il Nuovo Testamento; e lo fa in modo che le due realtà sembrerebbero in contrasto fra loro. Che cosa è infatti ciò che dice ai Romani? Non infatti in virtù della Legge fu data ad Abramo o alla sua discendenza la promessa di diventare erede del mondo 181, ma in virtù della giustizia che viene dalla fede; poiché se diventassero eredi coloro che provengono dalla Legge, sarebbe resa vana la fede e nulla la promessa. La Legge infatti provoca l'ira; al contrario, dove non c'è Legge, non c'è nemmeno trasgressione 182. Facciano attenzione a come l'Apostolo argomenta - come se fosse contro la Legge - affinché, partendo dalla promessa che era stata fatta in precedenza ad Abramo, li convinca che, se sono eredi di Dio, non lo sono per la Legge, ma per la promessa. Allo stesso modo dice ai Galati: Fratelli, ecco, vi faccio un esempio comune: un testamento legittimo, pur essendo solo un atto umano, nessuno lo dichiara nullo o vi aggiunge qualche cosa. Ora è appunto ad Abramo e alla sua discendenza che furono fatte le promesse. Non dice la Scrittura: " e ai tuoi discendenti ", come se si trattasse di molti, ma " e alla tua discendenza ", come a uno solo, cioè a Cristo. Ora io dico: un testamento stabilito in precedenza da Dio stesso non può dichiararlo nullo una Legge che è venuta quattrocentotrenta anni dopo, annullando così la promessa. Se infatti l'eredità si ottenesse in base alla Legge, non sarebbe più in base alla promessa; Dio invece concesse il suo favore ad Abramo mediante la promessa. Perché allora la Legge? Essa fu aggiunta per le trasgressioni, fino alla venuta della discendenza per la quale era stata fatta la promessa 183. Non so se costoro, che calunniano la Legge senza intenderla, trovino qualche cosa nel Vangelo o nelle Lettere apostoliche che sembri essere così avverso e contrario alla stessa Legge quanto sembrerebbe esserlo ciò che l'Apostolo contrappone ad essa in base alle promesse che furon fatte ad Abramo. Se dunque hanno in odio la Legge, almeno che amino Abramo.
L'esempio di Abramo.
9. 32. Ma non vogliono neppure questo. Infatti rimproverano il crimine di fornicazione allo stesso padre delle Genti, a cui furono fatte le promesse che ora vediamo realizzate in tutte le Genti. In verità costui a cui rispondiamo, senza dubbio rende manifesto che egli è di quelli di cui l'Apostolo dice profetizzando: Lo Spirito dichiara apertamente che negli ultimi tempi alcuni si allontaneranno dalla fede, dando retta a spiriti menzogneri e a dottrine diaboliche, sedotti dall'ipocrisia di impostori, già bollati a fuoco nella loro coscienza, e vieteranno il matrimonio 184. In effetti non è attestato che Abramo si sia macchiato in qualche modo di adulterio perché non si unì alla sua schiava per il gusto della libidine; ma la ricevette da sua moglie, la quale fece del suo diritto ciò che voleva e chiese di aver figli da suo marito quantunque da un seno estraneo 185. Comunque, l'unica ragione dell'unione fu la generazione e in nessun modo la lascivia. Ma costui attribuisce " ad Abramo, fino alla sua decrepita vecchiaia, la colpa della fornicazione, sicuramente perché prese un'altra moglie dopo la morte di Sara 186 ". Anche ammesso che non si debba intendere nel suo operato nessun simbolo di qualche cosa più profondo, Abramo dovette farlo solo per questo: cioè affinché gli eretici, ai quali finì per aderire lo stesso Tertulliano, non ritenessero, contro l'Apostolo, che dopo la morte della propria sposa è un crimine volersi risposare. Ma siccome a costui sembra di trovare negli scritti apostolici qualche cosa che suoni contrario alla Legge data per mezzo di Mosè o qualche cosa contro il Vecchio Testamento, che cerchi contro Abramo qualche cosa che sembri risuonare dai libri evangelici: non lo troverà affatto. Abramo, in ogni passo in cui è nominato nei libri del Nuovo Testamento, lo è con il debito onore, cosicché lo stesso Signore dice ai Giudei: Se siete figli di Abramo, fate le opere di Abramo 187. E per questo costui che bestemmia Abramo, in realtà bestemmia Cristo, che rende tale testimonianza a favore di Abramo.
Il quinto genere.
9. 33. Ma che dica costui, se può, a quale di quei cinque tipi di persone si riferiva l'Apostolo quando predicava così di Abramo. Se infatti si rivolgeva a coloro che non avevano la Legge come se egli stesso fosse senza Legge, costoro non avevano assolutamente conosciuto Abramo. Dovette quindi trovare un qualche principe, o dei Romani o dei Greci, o un qualche filosofo, a cui potesse rivolgersi con tali parole, e così mettersi sullo stesso piano, come pretende costui, fingendo di essere come erano costoro. Né doveva immaginare un non so quale Abramo, padre straniero del popolo ebreo lontano dai loro costumi, dai loro riti, dal loro parentado. Ma se per i Giudei si era fatto giudeo e per quelli che stavano sotto la Legge 188 come uno che stava sotto la Legge, perché diceva loro che non sono eredi secondo la Legge 189? Perché diceva: la Legge provoca l'ira 190? Perché diceva: la Legge fu aggiunta per la trasgressione 191? La qual cosa certo non avrebbero potuto accettare con animo sereno coloro che si gloriavano della Legge 192. Se parlava come debole ai deboli 193 e li alimentava ingannando, come piace agli ingannatori, perché li scacciava dalle ombre antiche nelle quali costoro giacevano infermi dicendo: Ecco, io Paolo vi dico: se vi fate circoncidere, Cristo non vi gioverà a nulla 194? Ma se l'Apostolo comunicava la sapienza a quel quinto genere, ai perfetti che soltanto, secondo costui, sono degni che l'Apostolo non inganni, perché allora egli stesso si ritiene perfetto e poi bestemmia Abramo, che però l'Apostolo stesso unisce così ai perfetti, soprattutto per i suoi due figli, l'uno dalla schiava e l'altro dalla donna libera 195? Se il Vecchio Testamento non gli aggrada per via di Ismaele, che gli piaccia il Nuovo Testamento in virtù di Isacco.
La cattedra della pestilenza.
9. 34. Intende forse ricorrere anche contro l'Apostolo alla cattedra della pestilenza 196 e disputare sul genere delle metafore e dire che non doveva prendere dalle cose turpi le figure delle cose nobili? A costui sembra infatti una cosa turpe anche la relazione coniugale con la stessa Sara, della quale il Dottore delle Genti afferma che significa la nostra madre libera, la Gerusalemme eterna 197. Che dunque questo maestro dei pestilenti arricci le narici e aggrotti la fronte e col volto accigliato aborrisca questa parola e in modo ancor maggiore e severo quando ode che lo stesso Dottore delle Genti dell'uomo e della donna ha scritto: i due formeranno una sola carne per poi aggiungere: questo mistero è grande, lo dico in riferimento a Cristo e alla Chiesa 198. Ma che davvero questo omiciattolo conosceva, a differenza dell'Apostolo che non l'avrebbe conosciuto, dove si debbano riconoscere i sacramenti, cioè i segni sacri, di una realtà così importante, che però non si debbono vedere in cose di cui ci si vergogna né pronunciare con parole di cui ci si deve arrossire? Che costui se ne vada semplicemente lontano insieme ai suoi compagni che gli sono simili e che dissero: questo linguaggio è duro, chi può intenderlo? 199 Noi invece ascoltiamo e intendiamo i due Testamenti nei due figli di Abramo e nelle due mogli fecondate dall'unione con lui, così come conosciamo che Cristo e la Chiesa, che costui lo voglia o no, sono due in una sola carne senza alcun comportamento disonesto. Allo stesso modo accettiamo con fedeltà di cuore e di bocca l'uomo Cristo Gesù, mediatore tra Dio e gli uomini 200, che ci ha dato la sua carne da mangiare e il suo sangue da bere 201, quantunque sembri più orribile mangiare la carne umana che non l'ucciderla e bere il sangue umano che non lo spargerlo. Così in tutte le sacre Scritture: quando un fatto o un detto viene esposto in senso figurato ma in conformità con la regola della retta fede, qualunque sia l'oggetto trattato nelle sacre pagine e quali che siano le parole usate, da cui si attinge per l'esposizione, noi la ascoltiamo non con disprezzo ma da sapienti. Abbandoniamo dunque costui, che garrisce sciocchezze e che, senza sapere ciò che dice, sentenzia, se così si può dire, con dotta ignoranza, sulla qualità delle figure. Costui, siccome dice che ogni cosa dev'essere rappresentata non con cose contrarie ma affini, può anche affermare vanitosamente che Dio deve sempre esser scritto con oro fiammeggiante e mai con inchiostro nero 202 perché Dio è luce e in lui non vi sono tenebre 203. Costui è un uomo che pensa che l'Apostolo per ingraziarsi i deboli e gli imperfetti abbia detto molte cose false e riprovevoli; eppure dalle sue lettere si vede, nelle testimonianze che trae dalla Legge e dai Profeti, con quanta venerazione recepisce le Scritture. Né con un ragionamento tanto perverso pensa che nel Vecchio Testamento si possano giustificare pure le cose di cui inorridisce anche l'immondo e l'empio, come se fosse pio e mondo. Certo che se qualcuno che gli è simile gli dicesse: queste cose che ti disturbano nella Legge e nei Profeti sono false, però lo Spirito Santo ha voluto che si esponessero così per i deboli e gli imperfetti, non saprà che rispondere al suo compare impostore. Sarà allora convinto da una regola fasulla, che però è la sua. Così si sgozza con la propria spada, non per mano di qualcuno saggio e dotto, ma di un uno stolto come lui.
La serie delle questioni esposte.
10. 35. Questi sono i vaniloqui sacrileghi di quest'uomo sacrilego e impostore che mi sembra di aver ribattuto in modo sufficiente. Ho esaminato quanto egli dice sull'inizio della Genesi 204, sulla creazione della luce, sul giorno o il sole, sulla questione della formazione dell'uomo, sul peccato di Adamo, sulla creazione dell'uomo 205, sulla seduzione del serpente, sul castigo dell'uomo e sull'albero della vita 206, sul pentimento di Dio, sul diluvio, sull'arcobaleno 207, sull'indurimento del cuore del faraone 208, sullo spirito mendace secondo il profeta Michea 209, sulla testimonianza del profeta Isaia, quanto a ciò che dice: ho generato e fatto crescere figli ai quali poi di nuovo dice: figli malvagi, razza scellerata 210, e inoltre su quanto, secondo costui, starebbe scritto in Isaia: io sono il Dio che fa i beni e crea i mali 211, sulla perdizione del popolo ordinata a Mosè, sulla maledizione che costui ritiene turpe 212, su quella che giudica aperta crudeltà di Dio 213, sullo zelo che ritiene suggerito da cattiveria nei confronti del re Davide inquanto di esso sta scritto: mi pento di aver costituito Saul re 214, sullo spirito di Mosè le cui Scritture costui crede che l'Apostolo abbia chiamate favole per vecchierelle 215, sulla qualità delle figure, su Abramo 216, sui figli del sacerdote Eli 217, sui sacrifici che costui crede vengano offerti solo ai demoni 218, sui Profeti di Dio che costui crede che non esistessero prima della venuta di Cristo 219, sul fatto che la Legge identifica il sangue con l'anima 220, sul Dio servito da Mosè e che costui non crede che sia il vero Dio, sulla diversità delle persone a cui costui crede che l'Apostolo abbia insegnato mentendo 221. Tutto ciò l'ho esposto non secondo l'ordine seguito nel suo libro, ma così come richiedeva l'ordine coerente della nostra trattazione.
Il discernimento degli spiriti.
11. 36. Dopo tutte queste cose dunque ha posto un titolo che dice così: " Il discernimento degli spiriti del male e del bene ". Ed ha cominciato a lodare Cristo con brevi frasi, numerose e contraddittorie, e ad accusare il Dio della Legge in questo modo, come esortando colui al quale scriveva: " Per la qual cosa dunque, fratello ", dice, " separandoci dalla iniquità dell'errore passato, cerchiamo il Cristo vero e sommo Dio, e non il principe di questo secolo e il creatore del mondo nel quale noi siamo soltanto pellegrini come spessissimo è stato dichiarato. Cerchiamo, ripeto, quel Dio pio e mite che, per dimostrare che siamo della sua stirpe, ci ha chiamati luce del mondo. Non quel Dio che secondo le Scritture ebraiche dandoci un inizio terreno ci ha posto anche una fine in terra. Cerchiamo colui che nel chiamarci fratelli ci ha invitati a stare all'erta e a gustare le cose divine, non quello che ci impedì d'avere anche il senso del riconoscimento [del bene e del male] ". E in questo modo ha collezionato molte altre cose.
Apostrofe finale.
11. 37. A questo passo del suo libro ho creduto bene dover rispondere in modo da rivolgervi anch'io una esortazione: Cerchiamo il Cristo vero e sommo Dio, Figlio unico del vero e sommo Dio, che non è il principe cattivo di questo secolo, ma piuttosto il creatore di questo mondo, ovvero del cielo e della terra, il quale ci ha comandato di vivere da pellegrini la presente vita nella nostra condizione di mortali 222. Cerchiamo, ripeto, lui, il misericordioso e mansueto che ci ha fatto suoi fratelli mediante la grazia 223 e non nella natura. È lui infatti e non un altro, come crede costui, che ci ha dato secondo le Scritture un corpo terreno ma un'anima spirituale 224, creando entrambi e non generando nessuno dei due. Egli ci ha comandato di vegliare e di gustare le cose divine e lo ha fatto. È veramente lui e non un altro, come ritiene costui, che ci ha avvisato affinché non sperimentassimo peccando il discernimento del bene e del male 225. Egli, chiamandoci all'immortalità, ci ha promesso il regno celeste 226. Ed è anche lui e non altri, contrariamente a quanto crede costui, che dopo il peccato ci ha espulsi, in quanto rei, dalla felicità della vita eterna e ci ha castigati con il lavoro terreno 227. Egli non ci ha ordinato di ignorare qualche cosa, come ritiene costui, ma di conoscere le cose utili 228; né lui, come ritiene costui distaccandosi dalla verità, ha condannato in noi la scienza che si acquisisce assaporando la giustizia, ma quella che si acquisisce facendo l'esperienza del peccato. Egli ha avuto compassione di noi perché eravamo morti a causa dell'errore [commesso]. È infatti lui e non qualcun altro 229, come ritiene costui, che ci ha condannati a morire e non dal momento in cui cominciammo a conoscere, come dice costui, ma dal momento in cui siamo caduti in fallo 230. Egli ci esorta a disprezzare le nostre ricchezze, meglio ancora a nasconderle in un luogo più sicuro. Era lui e non un altro, come costui ritiene, che, manifestandosi Signore non solo delle cose celesti ma anche di quelle terrene 231, comandò o permise ai suoi, ai quali secondo le circostanze del tempo la cosa risultava opportuna, di portar via e far proprie le cose che possedevano gli empi, che dovevano venir castigati con l'espropriazione dei beni 232. È lui che perdona i delitti ai peccatori convertiti, poiché è lui, e non un altro, come sostiene costui, colui che ripaga i peccatori con ciò che si meritano fino alla terza e alla quarta generazione 233. È lui che rimette le colpe, non a tutti indistintamente, come ritiene costui, ma a quelli che da sempre conosceva e che sono predestinati 234. Infatti è lui, e non altri, come ritiene costui, il Dio che puniva con la morte fisica e non spirituale i delitti di alcuni per provocare un dolore espiatorio e un terrore più forte anche in coloro che non li avevano commessi. In tal modo la loro condizione di mortali, per la quale poco dopo sarebbero dovuti morire, sarebbe servita, anche per questo motivo, alla provvidenza di Dio e avrebbe incrementato la pratica della disciplina. È lui che non ci ha proibito in assoluto di adirarci, dal momento che egli stesso si è adirato quando era opportuno, ma ha ordinato di adirarci ma non peccare 235. È lui inoltre, e non un altro, che non cerca motivi per punire come costui afferma, ma che conoscendole dice quali siano le cose che vanno punite. Egli è colui che ci ha raccomandato di non giurare mai, poiché, dato che possiamo sbagliare, non giurando siamo lontani dallo spergiuro 236. Ed è ancora lui e non un altro, come ritiene costui, che ha confermato anche con giuramento la verità della sua parola per rimproverare gli increduli quando ha creduto che fosse necessario 237. E come l'uomo quando giura chiama Dio a testimone, così Dio chiama a testimone se stesso 238. È lui che ci ha ordinato di tener fede alla parola vera 239. È infatti lui stesso e non qualcun altro, come costui ritiene, colui che ha cambiato non la sua volontà, come costui bestemmia, ma che ha mutato le cose che ha voluto senza mutare la sua volontà 240. È lui che ci ha insegnato la via della verità 241. Egli infatti è il Dio dei Profeti, che mai inganna i suoi, contrariamente alle calunnie di costui, con false promesse. Egli ci ha comandato di essere irreprensibili 242. È infatti anche il Dio dei Profeti che mai, come costui accusa, ha da rimproverarsi qualche cosa o deve pentirsi di qualche cosa come l'uomo 243: ma prediceva agli uomini, come con linguaggio umano, il mutarsi delle cose future, che egli conosceva fin dall'eternità di voler cambiare senza alcuna mutazione di se stesso 244. È lui che anche nel Vangelo ci ha raccomandato di temere l'ira di Dio. È lui infatti il Dio anche dei Profeti, che con il nome di ira o indignazione ha designato non un moto della sua anima, ma la punizione giusta e severa 245. Egli non vuole che ci si ferisca reciprocamente non in alcun modo, ma con l'ingiuria 246. Egli è anche il Dio dei Profeti che ha castigato o ha atterrito coloro che voleva, in vista di un bene maggiore, mediante gli uomini o gli angeli santi con la morte temporale dei corpi 247. È lui che ha insegnato che non si deve guardare ad una donna per desiderarla 248. Ed è lui che nella Legge aveva detto: non desiderare 249; e non ha comandato a nessuno, come accusa costui, di sposarsi fino a sette volte, ma permise un'unione casta per moltiplicarsi 250. E non solo non volle che i padri fossero mariti delle figlie, ma proibì che lo divenissero, così come anche altri incesti 251. Egli è colui che ci ha insegnato che noi, per il rinnovamento interiore della mente nello spirito non saremo più né uomini né donne 252, e ci ha promesso che saremo con lui in eterno come gli angeli 253. Egli è infatti anche il Dio dei Profeti che ha unito il maschio e la femmina nella castità nuziale per diffondere il genere umano 254 ed ha dichiarato che le seconde nozze, che nel Nuovo Testamento sono permesse, sono lecite 255. Ha ordinato che le mogli dei fratelli morti senza figli si uniscano in matrimonio per procurare una discendenza al defunto, non per un sentimento di libidine, ma di pietà 256; invece ha proibito del tutto che i padri si sposino con le proprie figlie 257. È lui che ci ha ordinato di schiacciare spiritualmente ogni genere di serpi 258. Egli stesso infatti è anche il Dio dei Profeti che per manifestare al popolo incredulo i peccati per il veleno dei quali morivano invisibilmente, inviò serpenti visibili affinché fossero ammoniti 259 e con quella piaga punitiva rappresentava attraverso la morte dei corpi la morte delle anime. Egli disse: fate l'elemosina ed ecco, tutto per voi sarà mondo 260. Egli è infatti il Dio dei Profeti che ci ha comandato le stesse cose anche per mezzo della voce dei Profeti. Né volle che i primogeniti degli uomini venissero immolati a lui 261, ma che gli venissero consacrati, per significare il primogenito tra i morti 262 in cui tutti dovevano essere liberati dalla morte perpetua 263. È lui che ha anteposto gli alimenti incorruttibili a quelli corruttibili 264. Egli stesso in verità è anche il Dio dei Profeti che voleva che i sacrifici, dei quali non aveva bisogno, venissero offerti antecedentemente come figure delle cose future per significare il vero sacrificio 265; e puniva i sacrilegi che si commettevano con la severità della disciplina, cioè mediante la morte dei corpi, che è pena molto più leggera dei supplizi eterni della Geenna. Egli non ha comandato che si condannassero le ricchezze terrene, come dice costui, ma che ad esse venissero anteposte quelle spirituali e celesti 266. Egli è in verità anche il Dio dei Profeti che rende alcuni ricchi donando molto benignamente ed altri poveri in modo giustissimo o non donando o togliendo 267. Egli è colui che ci ha ordinato di pregare per i nemici 268. Egli è anche il Dio dei Profeti il quale non solo non volle che i figli fossero immolati per mano dei loro padri, come costui accusa, che anzi nella Legge ha prescritto che ciò non avvenisse 269. Egli è colui che ha stabilito che si facesse del bene a tutti senza eccezione per nessuna persona 270. Egli stesso infatti è il Dio dei Profeti che talora comandò che fossero uccise delle persone senza distinzione di età o di sesso 271, ma come fa costui o qualcun altro a sapere quale grande ricompensa abbia egli concesso dopo la morte a quelli con la cui morte o corresse o intimorì i viventi? Egli è colui che ci ha ordinato di sopportare con animo sereno le ingiurie e di perdonare 272. Egli stesso è infatti il Dio dei Profeti che ha stabilito la misura della pena nell'occhio per occhio e dente per dente 273, affinché nessuno credesse che poteva esigere una punizione maggiore dell'offesa che aveva ricevuto. E ciò perché della sapienza di Dio sta scritto che porta nella lingua la Legge e la misericordia 274. Come infatti potremmo rimettere i debiti ai nostri debitori con cognizione di causa per mezzo della misericordia se noi stessi non riconoscessimo questi debiti per mezzo della Legge? Egli è colui che, umiliandosi nella sua immensa potestà, si è fatto uomo per convertirci ed ha parlato agli uomini 275. Egli stesso infatti è il Dio dei Profeti che ha parlato ai primi padri: e poteva dire che non vi è altro Dio all'infuori di sé 276, poiché anche la somma Trinità, pur conservando la distinzione delle persone, è un solo Dio. Egli è colui che ordinò ai suoi Apostoli di dare gratis ciò che gratis avevano ricevuto e che stabilì che per il loro sostentamento non dovevano portar con sé una seconda tunica perché, aggiunse 277: l'operaio ha diritto al suo nutrimento 278, affinché coloro che annunciavano il Vangelo vivessero anche attraverso il Vangelo 279. Mostrò che si dovevano comunque offrire a Dio tributi, sebbene Dio non necessiti di nulla e accettando le offerte dia più di quanto non riceva. Egli è in verità il Dio dei Profeti che ha proibito ai suoi di accettare doni con i quali sono accecati gli occhi dei giudici 280 ed egli stesso accetta i doni, sebbene non ne abbia bisogno, affinché con la sua pietà renda ricche le anime di coloro che fanno le offerte. Egli è colui che ha curato l'uomo di sabato mostrando che era già tempo che, secondo la profezia del Cantico dei Cantici, apparisse il giorno e fossero dissipate le tenebre 281. Egli è in verità il Dio dei Profeti che, quanto all'uomo che raccoglieva legna il sabato, poiché non distingueva ancora i tempi dei due Testamenti, ma soprattutto perché aveva violato la Legge di Dio con cuore arrogante ed empio, comandò che fosse lapidato e con la sua morte corporea (chi dubita che la morte avrebbe colto dopo poco la totalità dell'uomo?) sanciva mediante il timore e l'obbedienza che avrebbe giovato agli altri 282. Egli è colui che disse che era venuto per salvare gli uomini 283. Egli è anche il Dio dei Profeti che con giudizio giusto rende ostinati quelli che vuole, com'è detto nel Vangelo: È venuto in questo mondo per giudicare; non solo perché coloro che non vedono vedano ma anche perché quelli che vedono diventino ciechi 284. Egli è colui che ci ha dato i comandamenti della vita eterna 285. Egli è infatti il Dio dei Profeti che ci diede comandamenti santi, giusti e buoni 286 e li diede ai superbi che confidavano nelle proprie forze e non nella grazia per convincerli che con tali precetti non sarebbero vissuti, ma morti. Così gli Apostoli - lo diceva uno di loro - erano il profumo di Cristo fra quelli che si salvavano e fra quelli che si perdevano; per gli uni odore di morte per la morte e per gli altri odore di vita per la vita 287. È colui che si rivelò come salute degli infermi, dando la facoltà di camminare agli zoppi, la favella ai muti, l'udito ai sordi e la vista ai ciechi 288. Egli stesso però è il Dio dei Profeti che non solo guarisce in modo molto misericordioso le infermità, ma che anche giustissimamente le impartisce. E nessuno deve credere in alcun modo con vanità empia che egli sia contrario a Cristo, né che Dio è buono mentre Cristo è cattivo per il fatto che Dio ha fatto sì che il bastone di Aronne, legno secco e sprovvisto di radici, producesse fiori e portasse frutti 289, Cristo invece seccò l'albero con la sua maledizione perché non vi erano frutti quando ancora non era il tempo 290.
Il Dio dei Profeti e degli apostoli è lo stesso.
12. 38. Egli però dice che " l'uno è il padre della pace e della carità, l'altro l'autore della guerra e del furore, e con il primo " vuol intendere " Cristo, con questo il Dio della Legge e dei Profeti ". Vuoto com'è di cervello, egli può allora anche affermare che lo stesso Cristo è contrario a se stesso o che non c'è stato un solo Cristo ma due in contrasto tra loro: uno sarebbe quello che diceva: Vi do la pace 291 e l'altro quello che diceva: Non sono venuto a portare la pace sulla terra, ma la spada 292. E ciò soprattutto perché gli dà noia il fatto che alcune realtà buone siano rappresentate con i nomi di cose cattive. Se però giunge a dire che l'uno sia " complice dell'incesto e dell'adulterio " mentre l'altro " il Signore della castità e della purezza ", il primo lo deve identificare con il demonio. Quanto invece al Dio dei Profeti non meno di Cristo egli è signore della castità e della purezza: e infatti il Dio degli Apostoli è al tempo stesso anche il Dio dei Profeti. Questi hanno preceduto gli altri nel tempo ma sono loro compagni nella fede; e in entrambi i Testamenti l'unico Dio è l'autore delle azioni giuste e delle pie orazioni, come in entrambi è l'autore dei sacrifici religiosi.
Il potere di Dio sui demoni.
12. 39. Guardate in base a che cosa ha voluto provare che le infermità dei corpi umani non hanno Dio per autore, ma piuttosto il diavolo: in base al fatto che il Signore nel Vangelo dice, della donna da lui guarita, che Satana teneva legata da diciotto anni: per questo era curva e non poteva alzarsi 293. Quasi che Satana, che la volontà di fare il male l'ha sempre, potesse nuocere a qualcuno se non avesse ricevuto questo potere dall'Onnipotente! Cos'altro infatti sta scritto nel libro di Giobbe 294 (che costui, in verità, non accetta) e, anche più chiaramente, nello stesso Vangelo? Che gli spiriti immondi non avrebbero potuto entrare nei porci se lo stesso Salvatore benigno, da loro richiesto, mentre avrebbe potuto benissimo relegarli all'inferno, non l'avesse loro accordato 295, volendoci insegnare con ciò una cosa fondamentale: che cioè capissimo che questi spiriti, se in virtù delle proprie forze non erano in grado d'arrecar danno neppure a delle bestie, tanto meno avrebbero potuto nuocere agli uomini. Quanto poi a Dio, che è buono, egli può dare quella potestà per una giustizia a noi occulta, mai però ingiustamente.
Gli anticristi.
12. 40. Inoltre quanto l'Apostolo ha detto 296 " sulla venuta e sull'arroganza empia dell'anticristo ", costui vuole stravolgerlo a tal segno che noi " riconosciamo in esso il Dio dei Profeti ". Da ciò ci si convince piuttosto che esso sia il tempio di Dio dove l'Apostolo disse che si sarebbe seduto l'uomo del peccato, il figlio della perdizione, innalzandosi sopra tutto ciò che è Dio e che è venerato 297. Dio vero, invece, è colui nel tempio del quale si sederà quel falso dio a cui appartiene anche costui. Il quale, infatti, portando il nome di Cristo, che è il nome di Dio, ovvero volendo apparire cristiano, si insuperbisce contro Cristo e si rivela essere un anticristo: non quell'uno che è superiore agli altri, ma uno di quelli di cui l'evangelista Giovanni dice: ora molti anticristi sono apparsi 298. Così infatti Giovanni chiamava gli eretici che avevano cominciato ad esistere già ai tempi degli Apostoli. Questi invece cominciarono ad apparire solo dopo l'ascensione in cielo del Signore Gesù Cristo, a partire da quel Simon Mago di cui leggiamo negli Atti degli Apostoli che fu battezzato 299. Dopo di lui infatti vi furono suoi discepoli che seguirono i precedenti nella stessa empietà. Nella successione di costoro il quarto fu Basilide, il primo che osò dire apertamente che il Dio adorato dal popolo ebreo non era il Dio vero. Dopo di questi venne un certo Carpocrate, che negava che questo mondo visibile fosse stato creato dal sommo Dio, e riteneva che fosse piuttosto stato fatto dai demoni con qualche loro potere particolare. Egli negava anche che fu Dio a dare la Legge per mezzo di Mosè. Poi venne Cerdone, il primo - a quanto risulta - che disse che vi sono due dèi, uno buono e l'altro malvagio, molto prima che sorgesse l'eresia dei manichei, l'errore dei quali, nel loro furioso delirio, è più noto. Discepolo di questo Cerdone fu Marcione. Anche Apelle insegnò tali cose. Vi furono poi, e vi sono ancora, alcuni patriziani, discepoli di un certo Patrizio, i quali, pure, contestano il Vecchio Testamento. Tutti costoro apertissimamente insegnano dottrine contrarie al Dio della Legge e dei Profeti, cioè contro il Dio vero dal quale il mondo è stato creato. In una di queste eresie rientra costui, che io non ritengo un manicheo.
La refutazione dello scritto.
12. 41. Ma che sia costui l'autore di questa eresia, o non so quale Fabrizio di cui quello si gloria di esser discepolo, per quanto riguarda il libro che mi hai inviato, credo di aver risposto sufficientemente. Sono sradicate le midolla del suo furore da cui sono germogliate le bestemmie - espresse in forma di maledizioni e ingiurie molto empie contro Dio, per quanto ricoperte da cangiante loquacità -, che costui ha scritto in quel volume. Di tali espressioni blasfeme tagliare tutti i rami ad uno ad uno sarebbe stato troppo lungo, ma si dovevano tagliare le radici. E se ricordate quanto ho scritto contro il manicheo Fausto e contro Adimanto che si vanta di essere stato discepolo di Mani quando ancora viveva, troverete molti argomenti che valgono ugualmente contro costui. E, forse, se quegli scritti fossero stati letti, non sarebbe stato molto necessario, o forse non lo sarebbe stato affatto, scrivere questo libro.
Conclusione e nuova promessa.
12. 42. Ma c'è qualcosa dopo la fine del libro, nella quale costui si compiace dello scarso numero di uomini che seguono il suo errore, perché secondo lui la sapienza è dei pochi. La qual cosa, nella loro vanità chiacchierona, è comune a tutte le eresie che sono avversarie della chiesa cattolica diffusa su tutta la terra con fertilità abbondante, e tutte si gloriano di aver pochi adepti, ma, allo stesso tempo, cercano come poter sedurre le moltitudini. Dunque, dopo la fine del libro, ecco, vien fuori l'inizio di un altro, forse dello stesso autore e senza dubbio viziato dallo stesso errore. Costui comincia ad argomentare che la carne ha un altro autore distinto da Dio: ma, dopo aver detto pochissime cose, tutto termina lì all'esordio. Ignoro se sia stato lo stesso autore o lo scrittore del codice colui che non ha potuto completare ciò che aveva cominciato. Ma quanto ai vaneggiamenti di questi uomini che non pensano a ciò che dicono, abbiamo già scritto molte cose nei libri contro i Manichei. Così, anche all'inizio di questa opera, a quanto credo, sono state poste le fondamenta idonee con le quali il lettore prudente e pio può comprendere che la carne non deve esser sottratta alle opere di Dio per il fatto che lo spirito risulta essere migliore per natura, né è necessario che le cose temporali siano cattive perché ad esse, com'è giusto, sono anteposte le cose eterne, né che i beni terreni debbono essere detestati perché i beni celesti sono migliori. Tutte le cose infatti sono state create buone da Dio, che è grande nelle cose grandi, ma non è piccolo in quelle piccole. Quanto all'altro testo il cui inizio sta nello stesso codice, esso è opera di Adimanto, il discepolo di Mani il cui nome proprio è Adda. Lì si adducono testimonianze desunte da tutt'e due i Testamenti, le quali con inganno molteplice vengono presentate come contrarie fra loro e così dimostrare che essi non possono venire dallo stesso Dio, ma ciascuno da un Dio diverso. Contro una simile perversa macchinazione ho già scritto molto tempo fa, come poco prima ricordavo, e credo che voi abbiate già questa mia opera. Ora resterebbero alcuni punti alla fine della stessa opera di Adimanto, ai quali non ho risposto e che sono rimasti in sospeso per il sopraggiungere di alcune cose (non ricordo quali) che mi sembravano più urgenti. Ma, come ho detto, sono tanto pochi, e, se il Signore lo consentirà, vedrò di spiegarli quanto prima.
Note:
1 - 1 Tm 4, 7.
2 - 1 Tm 1, 4.
3 - Gal 4, 21-24.
4 - 1 Cor 10, 1-4.
5 - Cf. 1 Tm 1, 4.
6 - Is 29, 13.
7 - Es 20, 12.
8 - Es 21, 17; Lv 20, 9; Dt 5, 16.
9 - Mc 7, 5-13.
10 - Cf. 1 Tm 1, 4; 4, 7.
11 - 1 Cor 9, 19-22.
12 - 1 Cor 2, 6.
13 - Cf. 1 Cor 9, 20.
14 - Cf. Col 3, 11.
15 - Cf. Gal 2, 9.
16 - Rm 11, 13.
17 - Rm 1, 1-3.
18 - Rm 11, 13-16.
19 - Rm 3, 1-3.
20 - Is 59, 20, 21.
21 - Rm 11, 17-27.
22 - Cf. Mt 9, 34.
23 - Cf. 1 Cor 9, 22.
24 - Cf. 1 Cor 9, 19.
25 - Ef 2, 11-20.
26 - Cf. 1 Cor 9, 19.
27 - Is 28, 16; cf. Rm 9, 33; 10, 11; 1 Pt 2, 6.
28 - Sal 117, 22; cf. At 4, 11.
29 - Ef 2, 20.
30 - Mt 21, 42.
31 - 1 Cor 3, 1; Eb 5, 12.
32 - 1 Cor 3, 1-2.
33 - 1 Cor 2, 6.
34 - 1 Cor 2, 14.
35 - Cf. Rm 1, 3.
36 - Cf. Rm 11, 16-20.
37 - Rm 3, 2.
38 - Cf. 1 Tm 4, 7.
39 - 2 Tm 2, 8.
40 - Cf. Rm 3, 2.
41 - Cf. Mt 22, 42.
42 - Sal 131, 11.
43 - Sal 109, 1; Mc 12, 36.
44 - Rm 9, 1-5.
45 - Cf. 1 Tm 4, 7.
46 - 1 Tm 1, 7; cf. Rm 3, 31.
47 - 1 Tm 1, 8.
48 - Rm 3, 2.
49 - Rm 1, 1-3.
50 - Rm 1, 2.
51 - Gv 1, 17.
52 - Cf. Rm 5, 5.
53 - Cf. 2 Cor 3, 6.
54 - Es 20, 17.
55 - Rm 10, 14.
56 - Gi 3, 5; Rm 10, 13.
57 - Rm 10, 13.
58 - Rm 10, 14-15.
59 - 1 Cor 12, 28.
60 - Cf. At 11, 27; 13, 1.
61 - 1 Cor 14, 29.
62 - Rm 1, 2-3.
63 - Sal 117, 22.
64 - Sal 44, 7-8; Eb 1, 8-9.
65 - Sal 109, 1; Mc 12, 36.
66 - Rm 15, 12; Is 11, 10.
67 - Is 53, 4-8; cf. 1 Pt 2, 24-25.
68 - Is 54, 1-5.
69 - Gal 4, 27.
70 - Dn 7, 13-14.
71 - Tt 1, 12-13.
72 - Cf. Rm 3, 2.
73 - Rm 4, 6.
74 - Rm 10, 20.
75 - Rm 9, 25.
76 - Rm 1, 17.
77 - Cf. 1 Cor 9, 9-10; cf. Dt 25, 4.
78 - Gal 3, 8.
79 - Rm 4, 20-21.
80 - Gn 17, 17.
81 - Rm 9, 6-8.
82 - Rm 11, 4.
83 - Tt 1, 12-13.
84 - At 17, 28.
85 - Vangelo di TOMMASO, logion 52.
86 - Cf. Lc 24, 27.
87 - Mt 7, 22-23.
88 - Cf. Gv 10, 7-8.
89 - Ger 14, 15.
90 - Mt 21, 33-43.
91 - Sal 117, 22-23.
92 - Cf. Is 5, 1.
93 - Mt 21, 43.
94 - Gv 5, 39.
95 - Lc 11, 52.
96 - Cf. Is 24, 10.
97 - Gv 6, 49.
98 - Mt 23, 29-31.
99 - Mt 23, 32-36.
100 - Cf. Gn 4, 8.
101 - Cf. 2 Cr 24, 20-22.
102 - Gv 6, 49.
103 - Mt 22, 32; Lc 20, 37-38.
104 - Es 3, 6.
105 - Mt 22, 32; Lc 20, 37-38.
106 - Gv 8, 19.
107 - Gv 5, 38.
108 - Lc 11, 52.
109 - Cf. At 8, 30.
110 - Mt 11, 11.
111 - Mt 25, 34.
112 - Cf. Sap 9, 15.
113 - Mt 11, 11.
114 - Lv 17, 14.
115 - 1 Cor 10, 4.
116 - 1 Cor 15, 50.
117 - 1 Cor 15, 50.
118 - 1 Cor 15, 50.
119 - Cf. 1 Cor 15, 51-53.
120 - Lc 24, 39.
121 - Is 40, 6. 7.
122 - Is 40, 6. 7.
123 - 1 Cor 15, 50.
124 - 1 Cor 15, 53.
125 - Nm 19, 13.
126 - Cf. Tt 3, 5.
127 - Gv 5, 46.
128 - 2 Cor 3, 7-11.
129 - 2 Cor 3, 7.
130 - 2 Cor 3, 6.
131 - Rm 5, 14.
132 - 2 Cor 3, 7.
133 - Rm 4, 15.
134 - Cf. Gv 1, 17.
135 - Cf. Sal 144, 14; 145, 8.
136 - Cf. Rm 2, 13.
137 - 2 Cor 3, 7.
138 - 2 Cor 3, 8.
139 - Cf. Ef 3, 18-19.
140 - 2 Cor 3, 7.
141 - 2 Cor 3, 13-15; cf. Es 34, 29-35.
142 - Rm 10, 4.
143 - Cf. 2 Cor 3, 7.
144 - 1 Cor 13, 10-12.
145 - 2 Cor 4, 13; Sal 115, 10.
146 - Sal 115, 10.
147 - 2 Cor 4, 13.
148 - 2 Cor 8, 14-15; Es 16, 18.
149 - Cf. 2 Cor 3, 6.
150 - Rm 7, 6.
151 - Rm 7, 7-13.
152 - 2 Cor 3, 7.
153 - 2 Cor 3, 6.
154 - 2 Cor 3, 7; 3, 9.
155 - Rm 7, 8-10.
156 - Rm 7, 12.
157 - Rm 5, 20.
158 - Rm 4, 15.
159 - 1 Cor 15, 56.
160 - Gal 5, 6.
161 - Cf. 2 Cor 3, 6.
162 - Gal 4, 24. 31; cf. 5, 1.
163 - Cf. 2 Cor 3, 6.
164 - Rm 7, 13.
165 - 2 Cor 3, 7.
166 - Rm 7, 17.
167 - 2 Cor 3, 9.
168 - Cf. 2 Cor 3, 14-16.
169 - 2 Cor 4, 4.
170 - Sal 95, 5.
171 - Fil 3, 19.
172 - Cf. Gal 1, 4; Rm 12, 2;. 2 Pt 1, 4.
173 - 2 Cor 4, 4.
174 - Gv 9, 39.
175 - Rm 9, 18; Es 33, 19.
176 - Cf. Rm 9, 14.
177 - Sal 100, 1.
178 - Rm 11, 33.
179 - Sal 9, 5.
180 - Mt 23, 29.
181 - Rm 4, 13-15.
182 - Cf. Gn 12, 7.
183 - Gal 3, 15-19.
184 - 1 Tm 4, 1-3.
185 - Cf. Gn 16, 2-4.
186 - Cf. Gn 25, 1.
187 - Gv 8, 39.
188 - Cf. 1 Cor 9, 2.
189 - Cf. Gal 3, 18.
190 - Rm 4, 15.
191 - Gal 3, 19; cf. Rm 4, 15.
192 - Cf. Rm 2, 23.
193 - Cf. 1 Cor 9, 22.
194 - Gal 5, 2.
195 - Cf. Gal 4, 22-28.
196 - Cf. Sal 1, 1
197 - Cf. Gal 4, 26-28.
198 - Ef 5, 31-32.
199 - Gv 6, 60.
200 - Cf. 1 Tm 2, 5.
201 - Cf. Gv 6, 53-58.
202 - Cf. 2 Cor 3, 3.
203 - 1 Gv 1, 5.
204 - Cf Gn 1, 1. 3. 5.
205 - Cf. Gn 1, 14. 28; 2, 15; 3, 1 ss.
206 - Cf. Gn 3, 5. 14.
207 - Cf. Gn 3, 22-23; 6, 5. 7.
208 - Cf Gn 9, 13; Es 4, 21.
209 - Cf. 1 Re 22, 22.
210 - Is 1, 2. 4.
211 - Is 45, 7.
212 - Cf. Es 32, 27.
213 - Cf. 1 Sam 2, 25; Dt 32, 41-42.
214 - 1 Sam 15, 11
215 - Cf. 1 Tm 4, 7.
216 - Cf. Gn 12. 25.
217 - Cf. 1 Sam 2.
218 - Cf. Dt 32, 17.
219 - Cf. Rm 1, 1-3.
220 - Cf. Lv 17, 11.
221 - Cf. 1 Cor 9, 19-22.
222 - Cf. Eb 11, 13.
223 - Cf. Eb 2, 11.
224 - Cf. Gn 2, 7.
225 - Cf. Gn 2, 16-17.
226 - Cf. 1 Cor 15, 47-49.
227 - Cf. Gn 3, 17. 22-23.
228 - Cf. Is 48, 17.
229 - Cf. Ef 2, 4.
230 - Cf. 1 Cor 4, 9.
231 - Cf. Mt 11, 25.
232 - Cf. Mt 21, 43.
233 - Cf. Es 20, 5.
234 - Cf. Rm 8, 29-30.
235 - Cf. Sal 4, 5; Ef 4, 26.
236 - Cf. Mt 5, 33-34; Sir 23, 9.
237 - Cf. Eb 3, 18.
238 - Cf. Ger 29, 23.
239 - Cf. Gv 8, 31-32.
240 - Cf. Dn 2, 21.
241 - Cf. Gv 14, 6-7.
242 - Cf. Col 1, 22.
243 - Cf. 1 Sam 15, 29; Nm 23, 19.
244 - Cf. 1 Cor 15, 50-52.
245 - Cf. Sal 47, 49.
246 - Cf. Sal 102, 6.
247 - Cf. Es 12, 23.
248 - Cf. Mt 5, 28.
249 - Es 20, 17.
250 - Cf. Eb 13, 4.
251 - Cf. Lv 18, 6 ss.; Gn 19, 31 ss.
252 - Cf. Gal 3, 28.
253 - Cf. Mt 22, 30; Mc 12, 25; Lc 20, 36.
254 - Cf. Gn 1, 28.
255 - Cf. 1 Cor 7, 39.
256 - Cf. Dt 25, 5-6; Mc 12, 19.
257 - Cf. Lv 18, 6.
258 - Cf. Lc 10, 19.
259 - Cf. Nm 21, 6-7.
260 - Lc 11, 41.
261 - Cf. Es 13, 13; Nm 18, 15.
262 - Cf. Col 1, 18.
263 - Cf. Rm 8, 2.
264 - Cf. Gv 6, 48.
265 - Cf. Col 2, 17; Eb 10, 1.
266 - Cf. Mt 6, 19-20.
267 - Cf. 1 Sam 2, 7.
268 - Cf. Mt 5, 44.
269 - Cf. Lv 18, 21; Nm 18, 15.
270 - Cf. 2 Cr 19, 7.
271 - Cf. Nm 25, 8.
272 - Cf. Ef 4, 2.
273 - Es 21, 24.
274 - Cf. Gc 3, 17.
275 - Cf. Fil 2, 8-9.
276 - Cf. Es 20, 2-3.
277 - Cf. Mt 10, 8-10.
278 - Mt 10, 10.
279 - 1 Cor 9, 14.
280 - Cf. Es 23, 8; Dt 16, 19.
281 - Ct 2, 17; 4, 6.
282 - Cf. Nm 15, 32-36.
283 - Cf. Gv 3, 17.
284 - Gv 9, 39.
285 - Cf. Gv 12, 49. 50.
286 - Cf. Rm 7, 12.
287 - 2 Cor 2, 15-16.
288 - Cf. Is 35, 5-6.
289 - Cf. Nm 17, 16-25.
290 - Cf. Mt 21, 19.
291 - Gv 14, 27.
292 - Mt 10, 34.
293 - Cf. Lc 13, 11-16.
294 - Cf. Gb 1, 6.
295 - Cf. Mt 8, 31-32; Mc 5, 12-13; Lc 8, 32-33.
296 - Cf. 1 Gv 2, 18. 22; 4, 3.
297 - Cf. 2 Ts 2, 3-4.
298 - 1 Gv 2, 18.
299 - Cf. At 8, 13.
26 - Cristo, nostro salvatore, risorge ed appare alla sua Madre beatissima, accompagnato dai santi padri del limbo.
La mistica Città di Dio - Libro sesto - Suor Maria d'Agreda
Leggilo nella Biblioteca1466. L'anima santissima di Cristo si trattenne nel limbo dalle tre e
mezzo pomeridiane del venerdì sino a dopo le tre del mattino della
domenica seguente. A tale ora egli tornò al sepolcro, accompagnato come
principe vittorioso dagli stessi angeli che aveva portato con sé e da
coloro che aveva riscattato da quelle carceri sotterranee, come spoglie
della sua conquista e come pegno del suo magnifico trionfo, abbandonando
prostrati e castigati i suoi ribelli nemici. Là c'erano molti altri
spiriti celesti, che custodivano la tomba onorando le sacre membra unite
alla divinità. Alcuni di essi, per comando della loro Regina, avevano
recuperato il sangue sparso, i brandelli di carne saltati per le ferite,
i capelli strappati dal sublime capo e il resto che apparteneva
all'ornamento e alla totale integrità della sua umanità beatissima; di
tutto ciò si prese cura la Madre della prudenza. Conservavano queste
reliquie, esultando ciascuno per la parte che gli era toccato in sorte
di raccogliere. Prima di ogni altra cosa, fu mostrato ai padri il corpo
del loro Salvatore, piagato, lacerato e sfigurato, come lo aveva ridotto
la crudeltà dei giudei. Tutti costoro lo adorarono, riconoscendolo
anche da morto, e proclamarono di nuovo che veramente il Verbo fatto
uomo si era caricato dei nostri dolori e aveva estinto il nostro debito,
pagando con sovrabbondanza alla giustizia dell'eterno Padre quello che
noi meritavamo, essendo egli irreprensibile e senza colpa. I nostri
progenitori Adamo ed Eva compresero la strage compiuta dalla loro
disobbedienza, il penoso rimedio che essa aveva avuto e l'immensa bontà e
misericordia di Gesù. I patriarchi e i profeti videro adempiuti i loro
oracoli e le speranze delle promesse superne. Sentendo nella gloria
delle loro anime l'effetto della copiosa redenzione, lodarono ancora
l'Onnipotente e il Santo dei santi, che l'aveva operata con una
disposizione tanto meravigliosa della sua sapienza.
1467. Dopo di ciò, davanti a tutti loro, i ministri
dell'Altissimo restituirono al corpo defunto i pezzi che avevano
radunato come frammenti venerabili, riportandolo alla sua completezza e
perfezione; nel medesimo istante l'anima santissima del Signore si
ricongiunse ad esso, dandogli vita e splendore immortale. Al posto del
lenzuolo e delle unzioni con cui era stato sepolto, fu rivestito dei
quattro doni della gloria, cioè della chiarezza, dell'impassibilità,
dell'agilità e della sottigliezza, e questi dall'anima si trasmisero al
corpo divinizzato. Erano dovuti all'Unigenito come per eredità e
partecipazione naturale dall'istante della sua concezione, perché fin da
quel momento la sua anima santissima era stata glorificata e la sua
umanità innocentissima unita alla divinità; in tale occasione, però,
essi erano rimasti sospesi, senza ridondare nel corpo purissimo, per
lasciarlo soggetto alle sofferenze e permettergli, privandosene, di
conseguire la nostra gloria. Quando risorse gli vennero con ragione
riconsegnati in misura proporzionata all'unione della sua anima con la
divinità e alla gloria corrispondente. Come questa è inspiegabile ed
ineffabile per la nostra scarsa capacità, così è impossibile anche
definire adeguatamente con parole e con esempi quella delle sue membra
divinizzate, perché a paragone anche il cristallo è oscuro. La luce che
contengono e riflettono sovrasta quella degli altri corpi gloriosi come
il giorno vince la notte e un migliaio di soli una singola stella. Se
anche si facesse confluire in qualche essere la bellezza di tutti gli
altri, sembrerebbe bruttezza al confronto e nell'intero universo non ce
n'è alcuno simile.
1468. L'eccellenza di tali quattro doti superò allora di
gran lunga quella che esse avevano avuto sul Tabor ed in altri frangenti
nei quali Cristo aveva mutato il suo aspetto: il suo sacro corpo le
aveva sempre avute di passaggio e nel modo conveniente al fine per il
quale si era trasfigurato, mentre in questo caso le ebbe con pienezza
per goderne perennemente. Per mezzo dell"'impassibilità" esso divenne
invulnerabile rispetto ad ogni potere creato, perché niente era in grado
di alterarlo o cambiarlo. Tramite la "sottigliezza" fu purificato a tal
punto da poter penetrare negli altri corpi senza incontrare resistenza,
come un semplice spirito; così, attraversò la pietra del sepolcro senza
muoverla né spezzarla, nella stessa maniera in cui era uscito dal
grembo verginale della castissima Madre. L"'agilità" lo rese tanto
libero dal peso e dalla lentezza della materia da oltrepassare quella
degli angeli immateriali e da dargli facoltà di spostarsi da un luogo
all'altro con più rapidità di loro, come accadde nelle apparizioni agli
apostoli e in altre circostanze. Le sacre piaghe, che prima deformavano
il suo beatissimo corpo, diventarono nei piedi, nelle mani e nel costato
così graziose e sfavillanti da farlo stupendo, in modo ammirevole. Il
nostro Salvatore si alzò dalla tomba con tutta questa magnificenza e
maestà, e alla presenza dei santi e dei patriarchi promise a tutto il
genere umano che, come frutto della sua risurrezione, ciascuno sarebbe
risuscitato nel proprio corpo e i retti sarebbero stati glorificati in
esso. Come pegno di questa assicurazione e come caparra della
risurrezione universale, ordinò alle anime di molti tra coloro che si
trovavano lì di ricongiungersi ai loro corpi e di risuscitarli per
l'immortalità. Tale comando fu immediatamente eseguito ed essi tornarono
in vita, come riferisce Matteo anticipando il mistero. Fra di loro vi
furono sant'Anna, san Giuseppe, san Gioacchino ed altri padri che si
erano distinti nella fede e nella speranza dell'incarnazione,
desiderandola e domandandola con più insistenza. Come premio per queste
opere, fu anticipata la glorificazione dei loro corpi.
1469. Oh, come già si mostrava vigoroso e mirabile,
vittorioso e forte questo leone di Giuda, figlio di Davide! Nessuno si
destò mai dal sonno con la velocità con cui egli si svegliò dalla morte.
Subito, alla sua voce imperiosa, le ossa rinsecchite e disperse di tali
vecchi cadaveri si accostarono e la carne, ormai trasformata in
polvere, si formò di nuovo e si unì ad esse ricostituendo l'antico
corpo, migliorato dai doni di gloria che ridondavano dall'anima
glorificata da cui riceveva vita. Tutti quei giusti furono fatti
risorgere in un attimo e stettero in compagnia del loro Redentore, più
rifulgenti del sole stesso, puri, leggiadri, trasparenti e leggeri per
seguirlo ovunque. Con la loro sorte beata ci confermarono nella fiducia
di contemplarlo nella nostra stessa carne, con i nostri stessi occhi, e
non con quelli di altri, come aveva profetizzato Giobbe per darci
consolazione. La Regina era informata di tutti questi segreti e
partecipava di essi con l'illuminazione che aveva nel cenacolo.
Nell'istante in cui l'anima santissima di Gesù entrò nel proprio corpo
fu comunicato a quello di Maria il gaudio che era rimasto trattenuto
nella sua anima, e come concentrato in essa in attesa della risurrezione
di lui. Questo beneficio fu tale da portarla dalla pena alla letizia,
dalla tristezza alla contentezza, dal dolore alla felicità ineffabile e
al riposo. In quell'occasione Giovanni si recò a visitarla, come aveva
fatto il giorno precedente, per rincuorarla nella sua amara solitudine, e
scorse improvvisamente colma di splendore e di contrassegni di gloria
colei che poco innanzi riconosceva appena nella sua afflizione. Si
meravigliò e, avendola osservata con grande riverenza, giudicò che
Cristo dovesse essere già risorto, poiché ella era così rinnovata.
1470. La Signora, con questa eccezionale esultanza e con
atti sublimi che compiva di fronte a realtà tanto eccelse, cominciò a
disporsi all'incontro con il suo diletto, al quale era già molto vicina.
Tra gli inni, i cantici e le preghiere, sentì in sé un altro mutamento,
cioè una specie di giubilo e sollievo celeste, corrispondente in modo
straordinario alle tribolazioni che aveva sostenuto. Questo era
differente e più elevato della ridondanza di gioia che dalla sua anima
traboccava in maniera naturale nel corpo. Dopo tali effetti provò subito
un terzo favore di altre elargizioni superne: avvertì che le erano
infuse con diversa luce le qualità che precedono la visione di Dio,
nell'illustrazione delle quali non mi soffermo, avendolo già fatto nella
prima parte. Aggiungo solo che in questa circostanza ella ottenne
grazie più abbondanti ed eccellenti che nelle altre, per il sacrificio
di sua Maestà e i meriti da lei acquistati in esso; il conforto che le
veniva dalla mano onnipotente di lui era proporzionato ai suoi
molteplici affanni.
1471. Il nostro Salvatore, risorto e glorioso, arrivò da
lei, che era così preparata, accompagnato da tutti i santi e i
patriarchi; ella, sempre umile, si prostrò a terra e adorò il suo
Unigenito, che la fece alzare e la strinse a sé. Con questo abbraccio,
più intimo di quello che Maria di Màgdala bramava con la sua umanità e
le sue piaghe, alla Madre vergine fu fatta una concessione assolutamente
singolare, di cui ella soltanto fu degna, in quanto libera dalla legge
del peccato. Anche se allora non fu la più considerevole, non avrebbe
potuto accoglierla se non fosse stata sorretta dagli angeli e dal
Signore stesso, perché non venissero meno le sue facoltà. Il prodigio fu
che il corpo glorioso racchiuse quello della sua castissima genitrice,
compenetrandosi con lei o penetrandolo con se stesso, come se un globo
di cristallo tenesse dentro di sé il sole, che con i suoi raggi lo
riempisse tutto di luminosità e di bellezza. Così ella si unì a lui per
mezzo di quel divinissimo contatto, che fu come una porta per entrare a
comprendere la gloria della sua anima e del suo corpo. Per tali
privilegi, come per gradi di doni ineffabili, il suo spirito si innalzò
alla cognizione di profondi arcani; mentre era in essi, udì una voce che
le diceva: «Amica, ascendi più su». Per essa fu trasformata
completamente e ammirò l'Altissimo in modo chiaro e intuitivo, trovando
in lui, benché di passaggio, il riposo e il premio di tutte le sue
angustie. Qui è necessario il silenzio, perché mancano le parole e la
capacità per riferire ciò che le avvenne in tale visione, che fu più
mirabile delle altre che aveva avuto. Celebriamo questo evento con
stupite lodi, con congratulazioni, con amore e con riverenti
ringraziamenti per quanto ci guadagnò e per quanto fu sollevata.
1472. Per alcune ore la Principessa godette di Dio con suo
Figlio, partecipe della sua gloria come lo era stata del suo strazio;
quindi, discese attraverso gli stessi gradi per i quali era salita e
alla fine restò di nuovo reclinata sul braccio sinistro della santissima
umanità, accarezzata in altra maniera dalla destra della sua divinità.
Ebbe con Gesù dolcissimi colloqui sugli inesprimibili misteri della sua
passione e della sua esaltazione, rimanendo in essi un'altra volta
inebriata dal vino della carità, che bevve senza limitazione alla sua
stessa fonte. In tale occasione le fu dato con larghezza quanto una
semplice creatura poté mai ricevere, perché l'equità celeste volle
compensare il "quasi aggravio" - lo chiamo così perché non mi so
spiegare meglio - che, tanto integra e senza macchia, aveva sofferto con
gli spasimi della crocifissione e di quanto la precedette, che furono
gli stessi di Cristo; il gaudio e il beneficio corrisposero alle pene
che ella aveva subito.
1473. Quindi, sempre in uno stato eccelso, si rivolse ai
presenti, che riconobbe tutti insieme e ciascuno individualmente secondo
il loro ordine, magnificando l'Onnipotente per ciò che la sua
sconfinata misericordia aveva realizzato in ognuno. Le dette particolare
gioia incontrare i suoi genitori Gioacchino e Anna, il suo sposo
Giuseppe e Giovanni il Battista. Parlò a loro e poi ai patriarchi, ai
profeti e ai progenitori Adamo ed Eva. Tutti si inginocchiarono
contemporaneamente davanti a lei, Madre del Salvatore, causa del loro
rimedio e cooperatrice della loro redenzione. Come tale vollero
venerarla adeguatamente, poiché così dispose la sapienza superna; la
Regina delle virtù e maestra dell'umiltà, però, si chinò al suolo e rese
omaggio a tutti come era loro dovuto. Sua Maestà le permise di farlo
perché costoro, benché inferiori nella grazia, le erano superiori
essendo nella condizione di beati con gloria perenne, mentre ella era
ancora viatrice. Continuò poi tale conversazione dinanzi all'Unigenito, e
invitò loro e gli angeli ad acclamare colui che aveva prevalso sulla
morte, sul peccato e sull'inferno; questi, dunque, intonarono altri
cantici, salmi ed inni. Giunse così l'ora nella quale il Risorto apparve
altrove.
Insegnamento della Regina del cielo
1474. Carissima, rallegrati nell'afflizione che provi nel
riconoscere il tuo discorso insufficiente per esporre ciò che il tuo
intimo afferra di realtà tanto sublimi quali sono quelle delle quali hai
scritto. È trionfo della persona e onore del suo Autore che essa si dia
per vinta di fronte ad arcani così ammirevoli, tanto più che nella
carne peritura si possono capire in misura minore. Io sentii i tormenti
del mio adorato e, anche se non persi la vita, sopportai in maniera
inesplicabile i dolori propri del decesso. A questo ebbe
proporzionatamente seguito in me una straordinaria risurrezione mistica
ad un modo di essere più elevato nella perfezione e negli atti. Essendo
l'Altissimo infinito, quantunque se ne partecipi molto si ha ancora
tanto da intendere, gustare, amare. Perché adesso tu possa indagare
qualcosa della gloria del mio Signore, della mia e di quella degli
eletti, scorrendo le doti del corpo glorioso, ti voglio proporre la
regola per passare a quelle dell'anima. Ti è noto che queste sono:
"visione", comprensione e fruizione.,; le prime, invece, sono quelle che
hai già ripetuto: "chiarezza", "impassibilità", "sottigliezza" e
"agilità".
1475. A tutte queste qualità si collega in chi è in stato
di grazia qualche incremento per qualsiasi azione apprezzabile, benché
non maggiore del muovere una pagliuzza per amor di Dio o del porgere un
bicchiere di acqua'. Per ciascuna, sebbene piccolissima, costui si
procura per quando sarà in paradiso più "chiarezza" di quella di molti
soli. Con l"’impassibilità" si allontana dalla corruzione mondana più di
quanto riesca a respingerla con tutti i suoi sforzi, scostando da sé
ciò che lo può offendere o alterare. Con la "sottigliezza" avanza
nell'essere al di sopra di quello che gli può resistere e acquista nuova
forza su ciò che cerca di penetrare. Riguardo all"’agilità", per ogni
opera buona gli è data più velocità di quella degli uccelli, dei venti,
del fuoco e di tutti gli altri elementi nel tendere verso il loro centro
di attrazione. Dall'aumento delle doti del corpo dedurrai che cosa
ottengano quelle dell'anima, alle quali esse corrispondono e dalle quali
derivano. Nella "visione" beatifica ogni atto lodevole garantisce una
cognizione degli attributi e delle prerogative dell'Eterno più profonda
di quella conseguita da tutti i dottori e i dotti dei quali la Chiesa si
vanta. Si estende pure la "comprensione" di tale oggetto, perché per la
fermezza con cui si possiede quel sommo e inesauribile bene viene
concessa al giusto ulteriore sicurezza e riposo più stimabile che se
fosse suo quanto vi è di più prezioso, ricco e desiderabile, anche se
l'avesse tutto senza timore di esserne privato. Nella "fruizione", per
la carità con cui si agisce, sono elargiti in cielo eccellenti gradi di
amore fruitivo. Mai il più intenso affetto che i mortali hanno per ciò
che è materiale arrivò a poter essere paragonato con tale accrescimento,
né il godimento che risulta da esso con tutto quello che si trova
nell'esistenza terrena.
1476. Figlia mia, innalza le tue riflessioni: dai mirabili
premi anche di un solo gesto fatto per l'Onnipotente pondera a fondo
quale sarà quello dei santi, che per lui ne compirono di tanto eroici e
magnifici, e patirono torture e martiri così crudeli come sono
attestati. Se accade questo in loro, che sono semplici uomini e soggetti
a colpe e mancanze che ritardano il merito, considera quanto più potrai
quale debba essere l'enorme grandezza del mio Unigenito, e coglierai
sino a che punto sia limitata la vostra capacità, soprattutto nel tempo
del pellegrinaggio, per abbracciare degnamente questo mistero e farsene
un giudizio appropriato. L'anima santissima di Cristo era congiunta
sostanzialmente alla Persona divina ed era conseguente che Dio, dopo
averle comunicato in modo ineffabile il suo stesso essere, riversasse in
essa l'oceano sconfinato della medesima divinità, beatificandola in
misura adeguata. Anche se Gesù non guadagnò questa gloria, perché l'ebbe
fin dall'istante della sua concezione nel mio grembo per l'unione
ipostatica, quello che fece in trentatré anni, nascendo in povertà,
vivendo in mezzo a tribolazioni, amando come viatore, ammaestrando,
soffrendo, acquistando meriti, redimendo l'intero genere umano, fondando
la comunità ecclesiale e quanto la fede cattolica insegna, procurò al
suo corpo purissimo gloria proporzionata a quella dell'anima. Ciò è
inesprimibile ed immenso, e sarà manifestato solo quassù. Il braccio
vigoroso dell'Altissimo realizzò anche in me, umile creatura, cose
stupende, che mi fecero subito dimenticare i tormenti della passione. Lo
stesso avvenne ai padri del limbo e avviene agli altri retti quando
ricevono la ricompensa. Scordai l'amarezza e le pene che avevo dovuto
sopportare, perché il sublime gaudio bandì il dolore, ma non cancellai
mai dalla mia mente quello che il Redentore aveva sostenuto per tutti.
4-50 Gennaio 24, 1901 Luisa domanda a Gesù la ragione della sua privazione. Gesù la riprende.
Luisa Piccarreta (Libro di Cielo)
(1) Avendo passato i giorni scorsi in silenzio e qualche volta anche priva del mio adorabile Gesù, questa mattina nel venire mi sono lamentata con Lui dicendo: “Signore, come non venite! come si sono cambiate le cose, si vede che è, o per castigo dei miei peccati che mi private della vostra amabile presenza, o che non mi volete più in questo stato di vittima, deh! vi prego, fatemi conoscere la vostra Volontà; se non potetti oppormi quando ne volesti da me il sacrificio, molto più ora, ché non trovandomi più meritevole d’essere vittima, me ne volete togliere”.
(2) E Gesù interrompendo il mio dire, mi ha detto: “Figlia mia, Io con l’essermi fatto vittima per l’uman genere, prendendo sopra di Me tutte le debolezze, le miserie e tutto ciò che meritava l’uomo, innanzi alla Divinità rappresento il capo di tutti, e l’umana natura essendo Io il capo innanzi alla Divinità, trova in Me uno scudo potentissimo che la difende, protegge, scusa ed intercede. Ora, siccome tu ti trovi nello stato di vittima, mi vieni a rappresentare il capo della generazione presente. Quindi dovendo mandare qualche castigo per bene dei popoli e per richiamarli a Me, se Io, secondo il solito a te venissi, solo col mostrarmi teco già mi sento rinfrancato, i dolori si mitigano e mi succede come ad uno che sentisse un forte dolore e per lo spasimo grida, se a costui le cessasse il dolore, non si sentirebbe più di gridare e menare lamenti. Così a Me succede, mitigandosi le mie pene, naturalmente non sento più di mandare quel castigo; tu poi, col vedermi naturalmente pure, cerchi di risparmiarmi e di prendere sopra di te le pene degli altri, non puoi farne a meno di fare l’uffizio tuo di vittima innanzi alla mia presenza, e se tu ciò non facessi, ciò che non mai può essere, Io ne resterei con te dispiaciuto. Eccoti la causa della mia privazione, non è perché voglia punire i tuoi peccati, tengo altri modi come purgarti, ma però te ne ricompenserò, nei giorni che vengo ti raddoppierò le mie visite, non ne sei tu contenta?”
(3) Ed io: “No Signore, ti voglio sempre, sia qualunque la causa non cedo di restarne per un sol giorno priva di Te”. Mentre ciò dicevo Gesù è scomparso, ed io mi sono ritornata in me stessa.