Sotto il Tuo Manto

Venerdi, 4 luglio 2025 - Sant´Elisabetta di Portogallo (Letture di oggi)

Dovremmo correre dietro alla croce come l'avaro corre dietro al denaro. (Santo Curato d'Ars (San Giovanni Maria Vianney))

Liturgia delle Ore - Letture

Lunedi della 5° settimana del tempo ordinario (Santa Scolastica)

Questa sezione contiene delle letture scelte a caso, provenienti dalle varie sezioni del sito (Sacra Bibbia e la sezione Biblioteca Cristiana), mentre l'ultimo tab Apparizioni, contiene messaggi di apparizioni a mistici o loro scritti. Sono presenti testi della Valtorta, Luisa Piccarreta, don Stefano Gobbi e testimonianze di apparizioni mariane riconosciute.

Vangelo secondo Matteo 7

1Non giudicate, per non essere giudicati;2perché col giudizio con cui giudicate sarete giudicati, e con la misura con la quale misurate sarete misurati.3Perché osservi la pagliuzza nell'occhio del tuo fratello, mentre non ti accorgi della trave che hai nel tuo occhio?4O come potrai dire al tuo fratello: permetti che tolga la pagliuzza dal tuo occhio, mentre nell'occhio tuo c'è la trave?5Ipocrita, togli prima la trave dal tuo occhio e poi ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall'occhio del tuo fratello.

6Non date le cose sante ai cani e non gettate le vostre perle davanti ai porci, perché non le calpestino con le loro zampe e poi si voltino per sbranarvi.

7Chiedete e vi sarà dato; cercate e troverete; bussate e vi sarà aperto;8perché chiunque chiede riceve, e chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto.9Chi tra di voi al figlio che gli chiede un pane darà una pietra?10O se gli chiede un pesce, darà una serpe?11Se voi dunque che siete cattivi sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro che è nei cieli darà cose buone a quelli che gliele domandano!

12Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro: questa infatti è la Legge ed i Profeti.

13Entrate per la porta stretta, perché larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione, e molti sono quelli che entrano per essa;14quanto stretta invece è la porta e angusta la via che conduce alla vita, e quanto pochi sono quelli che la trovano!

15Guardatevi dai falsi profeti che vengono a voi in veste di pecore, ma dentro son lupi rapaci.16Dai loro frutti li riconoscerete. Si raccoglie forse uva dalle spine, o fichi dai rovi?17Così ogni albero buono produce frutti buoni e ogni albero cattivo produce frutti cattivi;18un albero buono non può produrre frutti cattivi, né un albero cattivo produrre frutti buoni.19Ogni albero che non produce frutti buoni viene tagliato e gettato nel fuoco.20Dai loro frutti dunque li potrete riconoscere.

21Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli.22Molti mi diranno in quel giorno: Signore, Signore, non abbiamo noi profetato nel tuo nome e cacciato demòni nel tuo nome e compiuto molti miracoli nel tuo nome?23Io però dichiarerò loro: Non vi ho mai conosciuti; allontanatevi da me, voi operatori di iniquità.
24Perciò chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica, è simile a un uomo saggio che ha costruito la sua casa sulla roccia.25Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa non cadde, perché era fondata sopra la roccia.26Chiunque ascolta queste mie parole e non le mette in pratica, è simile a un uomo stolto che ha costruito la sua casa sulla sabbia.27Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa cadde, e la sua rovina fu grande".
28Quando Gesù ebbe finito questi discorsi, le folle restarono stupite del suo insegnamento:29egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità e non come i loro scribi.


Primo libro delle Cronache 11

1Tutti gli Israeliti si raccolsero intorno a Davide in Ebron e gli dissero: "Ecco noi siamo tue ossa e tua carne.2Anche prima, quando regnava Saul, tu guidavi nei movimenti le truppe di Israele. Inoltre il Signore tuo Dio ti ha detto: Tu pascerai il mio popolo, Israele; tu sarai capo del mio popolo Israele".3Tutti gli anziani di Israele si presentarono al re in Ebron. Davide concluse con loro un'alleanza in Ebron davanti al Signore. Con l'unzione consacrarono Davide re su Israele, secondo la parola pronunziata dal Signore per mezzo di Samuele.
4Davide con tutto Israele marciò contro Gerusalemme, cioè Gebus, ove c'erano i Gebusei, abitanti del paese.5Ma gli abitanti di Gebus dissero a Davide: "Tu qui non entrerai". Ma Davide prese la cittadella di Sion, che è la città di Davide.6Davide aveva detto: "Chi colpirà per primo i Gebusei diventerà capo e principe". Salì per primo Ioab, figlio di Zeruià, che divenne così capo.7Davide si stabilì nella cittadella, che perciò fu chiamata città di Davide.8Egli fortificò la città tutt'intorno, dal Millo per tutto il suo perimetro; Ioab restaurò il resto della città.9Davide cresceva sempre più in potenza e il Signore degli eserciti era con lui.
10Questi sono i capi dei prodi di Davide, che si erano affermati con il valore nel suo regno e che, insieme con tutto Israele, lo avevano costituito re, secondo la parola del Signore nei riguardi di Israele.11Ecco l'elenco dei prodi di Davide: Iasobeam figlio di un Cacmonita, capo dei Tre; egli brandì la lancia su trecento vittime in una sola volta.12Dopo di lui c'era Eleàzaro figlio di Dodo, l'Acochita; era uno dei tre prodi.13Egli fu con Davide in Pas-Dammim. I Filistei vi si erano riuniti per combattere; c'era un campo pieno di orzo. La truppa fuggì di fronte ai Filistei.14Egli allora si appostò in mezzo al campo, lo difese e sconfisse i Filistei; così il Signore operò una grande vittoria.
15Scesero tre dei trenta capi sulla roccia presso Davide, nella fortezza di Adullàm; il campo dei Filistei si estendeva nella valle di Rèfaim.16Davide era nella fortezza, mentre un presidio di Filistei era in Betlemme.17Davide ebbe un desiderio che espresse a parole: "Potessi bere l'acqua della cisterna che sta alla porta di Betlemme!".18I tre attraversarono il campo dei Filistei, attinsero l'acqua dalla cisterna che era alla porta di Betlemme e la portarono a Davide, ma egli non volle berla; la versò in libazione al Signore.19Egli disse: "Mi guardi il mio Dio dal compiere una cosa simile. Dovrei bere il sangue di quegli uomini insieme con la loro vita? Difatti l'hanno portata a rischio della propria vita". Non volle berla. Tali gesta compirono i tre prodi.
20Abisài fratello di Ioab era capo dei Trenta. Egli brandì la lancia contro trecento vittime e così divenne famoso fra i Trenta.21Fu stimato doppiamente fra i Trenta; divenne loro capo, ma non giunse ad eguagliare i Tre.
22Benaià, da Kabzeèl, era figlio di Ioiadà, uomo valoroso e pieno di prodezze. Egli uccise i due figli di Arièl di Moab; inoltre, sceso in una cisterna in un giorno di neve, vi uccise un leone.23Egli uccise anche un Egiziano alto cinque cubiti, il quale aveva in mano una lancia come un subbio di tessitore; gli andò incontro con un bastone, strappò la lancia dalla mano dell'Egiziano e lo uccise con la stessa lancia.24Tale gesta compì Benaià, figlio di Ioiadà; egli divenne famoso fra i trenta prodi.25Fra i Trenta fu molto stimato, ma non giunse a eguagliare i Tre. Davide lo mise a capo della sua guardia del corpo.
26Ecco i prodi valorosi: Asaèl fratello di Ioab, Elcanan figlio di Dodo, di Betlemme,27Sammòt di Charod, Chelez di Pelet,28Ira figlio di Ikkes di Tekòa, Abièzer di Anatòt,29Sibbekai di Cusa, Ilai di Acoch,30Macrai di Netofa, Cheled figlio di Baana, di Netofa,31Itai figlio di Ribai, di Gàbaa dei figli di Beniamino, Benaià di Piraton,32Curai di Nacale-Gaas, Abiel di Arbot,33Azmàvet di Bacurìm, Eliacba di Saalbon,34Iasen di Gun, Giònata figlio di Saghe, di Charar,35Achiam figlio di Sacar, di Carar, Elifèlet figlio di Ur,36Efer di Mechera, Achia di Pelon,37Chezro del Carmelo, Naarai figlio di Ezbai,38Gioele fratello di Natàn, Mibcar figlio di Agri,39Zelek l'Ammonita, Nacrai di Berot, scudiero di Ioab figlio di Zeruià,40Ira di Ieter, Gareb di Ieter,41Uria l'Hittita, Zabad figlio di Aclai,42Adina figlio di Zisa il Rubenita, capo dei Rubeniti, e con lui altri trenta,43Canan, figlio di Maaca, Giòsafat di Meten,44Uzzia di Astarot, Sama e Ieiel, figli di Cotam di Aroer,45Iediael figlio di Simri e Ioca suo fratello, di Tisi,46Eliel di Macavim, Ieribài e Osea, figli di Elnaam, Itma il Moabita,47Elièl, Obed e Iaasièl di Zoba.


Proverbi 10

1Proverbi di Salomone.

Il figlio saggio rende lieto il padre;
il figlio stolto contrista la madre.
2Non giovano i tesori male acquistati,
mentre la giustizia libera dalla morte.
3Il Signore non lascia patir la fame al giusto,
ma delude la cupidigia degli empi.
4La mano pigra fa impoverire,
la mano operosa arricchisce.
5Chi raccoglie d'estate è previdente;
chi dorme al tempo della mietitura si disonora.
6Le benedizioni del Signore sul capo del giusto,
la bocca degli empi nasconde il sopruso.
7La memoria del giusto è in benedizione,
il nome degli empi svanisce.
8L'assennato accetta i comandi,
il linguacciuto va in rovina.
9Chi cammina nell'integrità va sicuro,
chi rende tortuose le sue vie sarà scoperto.
10Chi chiude un occhio causa dolore,
chi riprende a viso aperto procura pace.
11Fonte di vita è la bocca del giusto,
la bocca degli empi nasconde violenza.
12L'odio suscita litigi,
l'amore ricopre ogni colpa.
13Sulle labbra dell'assennato si trova la sapienza,
per la schiena di chi è privo di senno il bastone.
14I saggi fanno tesoro della scienza,
ma la bocca dello stolto è un pericolo imminente.
15I beni del ricco sono la sua roccaforte,
la rovina dei poveri è la loro miseria.
16Il salario del giusto serve per la vita,
il guadagno dell'empio è per i vizi.
17È sulla via della vita chi osserva la disciplina,
chi trascura la correzione si smarrisce.
18Placano l'odio le labbra sincere,
chi diffonde la calunnia è uno stolto.
19Nel molto parlare non manca la colpa,
chi frena le labbra è prudente.
20Argento pregiato è la lingua del giusto,
il cuore degli empi vale ben poco.
21Le labbra del giusto nutriscono molti,
gli stolti muoiono in miseria.
22La benedizione del Signore arricchisce,
non le aggiunge nulla la fatica.
23È un divertimento per lo stolto compiere il male,
come il coltivar la sapienza per l'uomo prudente.
24Al malvagio sopraggiunge il male che teme,
il desiderio dei giusti invece è soddisfatto.
25Al passaggio della bufera l'empio cessa di essere,
ma il giusto resterà saldo per sempre.
26Come l'aceto ai denti e il fumo agli occhi
così è il pigro per chi gli affida una missione.
27Il timore del Signore prolunga i giorni,
ma gli anni dei malvagi sono accorciati.
28L'attesa dei giusti finirà in gioia,
ma la speranza degli empi svanirà.
29La via del Signore è una fortezza per l'uomo retto,
mentre è una rovina per i malfattori.
30Il giusto non vacillerà mai,
ma gli empi non dureranno sulla terra.
31La bocca del giusto esprime la sapienza,
la lingua perversa sarà tagliata.
32Le labbra del giusto stillano benevolenza,
la bocca degli empi perversità.


Salmi 146

1Alleluia.

Loda il Signore, anima mia:
2loderò il Signore per tutta la mia vita,
finché vivo canterò inni al mio Dio.

3Non confidate nei potenti,
in un uomo che non può salvare.
4Esala lo spirito e ritorna alla terra;
in quel giorno svaniscono tutti i suoi disegni.

5Beato chi ha per aiuto il Dio di Giacobbe,
chi spera nel Signore suo Dio,
6creatore del cielo e della terra,
del mare e di quanto contiene.
Egli è fedele per sempre,
7rende giustizia agli oppressi,
dà il pane agli affamati.

Il Signore libera i prigionieri,
8il Signore ridona la vista ai ciechi,
il Signore rialza chi è caduto,
il Signore ama i giusti,
9il Signore protegge lo straniero,
egli sostiene l'orfano e la vedova,
ma sconvolge le vie degli empi.

10Il Signore regna per sempre,
il tuo Dio, o Sion, per ogni generazione.


Isaia 41

1Ascoltatemi in silenzio, isole,
e voi, nazioni, badate alla mia sfida!
Si accostino e parlino;
raduniamoci insieme in giudizio.
2Chi ha suscitato dall'oriente
colui che chiama la vittoria sui suoi passi?
Chi gli ha consegnato i popoli
e assoggettato i re?
La sua spada li riduce in polvere
e il suo arco come paglia dispersa dal vento.
3Li insegue e passa oltre, sicuro;
sfiora appena la strada con i piedi.
4Chi ha operato e realizzato questo,
chiamando le generazioni fin dal principio?
Io, il Signore, sono il primo
e io stesso sono con gli ultimi.
5Le isole vedono e ne hanno timore;
tremano le estremità della terra,
insieme si avvicinano e vengono.

8Ma tu, Israele mio servo,
tu Giacobbe, che ho scelto,
discendente di Abramo mio amico,
9sei tu che io ho preso dall'estremità della terra
e ho chiamato dalle regioni più lontane
e ti ho detto: "Mio servo tu sei
ti ho scelto, non ti ho rigettato".
10Non temere, perché io sono con te;
non smarrirti, perché io sono il tuo Dio.
Ti rendo forte e anche ti vengo in aiutoe ti sostengo con la destra vittoriosa.
11Ecco, saranno svergognati e confusi
quanti s'infuriavano contro di te;
saranno ridotti a nulla e periranno
gli uomini che si opponevano a te.
12Cercherai, ma non troverai,
coloro che litigavano con te;
saranno ridotti a nulla, a zero,
coloro che ti muovevano guerra.
13Poiché io sono il Signore tuo Dio
che ti tengo per la destra
e ti dico: "Non temere, io ti vengo in aiuto".
14Non temere, vermiciattolo di Giacobbe,
larva di Israele;
io vengo in tuo aiuto - oracolo del Signore-
tuo redentore è il Santo di Israele.
15Ecco, ti rendo come una trebbia acuminata, nuova,
munita di molte punte;
tu trebbierai i monti e li stritolerai,
ridurrai i colli in pula.
16Li vaglierai e il vento li porterà via,
il turbine li disperderà.
Tu, invece, gioirai nel Signore,
ti vanterai del Santo di Israele.
17I miseri e i poveri cercano acqua ma non ce n'è,
la loro lingua è riarsa per la sete;
io, il Signore, li ascolterò;
io, Dio di Israele, non li abbandonerò.
18Farò scaturire fiumi su brulle colline,
fontane in mezzo alle valli;
cambierò il deserto in un lago d'acqua,
la terra arida in sorgenti.
19Pianterò cedri nel deserto,
acacie, mirti e ulivi;
porrò nella steppa cipressi,
olmi insieme con abeti;
20perché vedano e sappiano,
considerino e comprendano a un tempo
che questo ha fatto la mano del Signore,
lo ha creato il Santo di Israele.

21Presentate la vostra causa, dice il Signore,
portate le vostre prove, dice il re di Giacobbe.
22Vengano avanti e ci annunzino
ciò che dovrà accadere.
Narrate quali furono le cose passate,
sicché noi possiamo riflettervi.
Oppure fateci udire le cose future,
così che possiamo sapere quello che verrà dopo.
23Annunziate quanto avverrà nel futuro
e noi riconosceremo che siete dèi.
Sì, fate il bene oppure il male
e lo sentiremo e lo vedremo insieme.
24Ecco, voi siete un nulla,
il vostro lavoro non vale niente,
è abominevole chi vi sceglie.
25Io ho suscitato uno dal settentrione ed è venuto,
dal luogo dove sorge il sole l'ho chiamato per nome;
egli calpesterà i potenti come creta,
come un vasaio schiaccia l'argilla.
26Chi lo ha predetto dal principio, perché noi lo sapessimo,
chi dall'antichità, così che dicessimo: "È vero"?
Nessuno lo ha predetto,
nessuno lo ha fatto sentire,
nessuno ha udito le vostre parole.
27Per primo io l'ho annunziato a Sion
e a Gerusalemme ho inviato un messaggero di cose liete.
28Guardai ma non c'era nessuno,
tra costoro nessuno era capace di consigliare;
nessuno da interrogare per averne una risposta.
29Ecco, tutti costoro sono niente;
nulla sono le opere loro, vento e vuoto i loro idoli.


Lettera ai Romani 1

1Paolo, servo di Cristo Gesù, apostolo per vocazione, prescelto per annunziare il vangelo di Dio,2che egli aveva promesso per mezzo dei suoi profeti nelle sacre Scritture,3riguardo al Figlio suo, nato dalla stirpe di Davide secondo la carne,4costituito Figlio di Dio con potenza secondo lo Spirito di santificazione mediante la risurrezione dai morti, Gesù Cristo, nostro Signore.5Per mezzo di lui abbiamo ricevuto la grazia dell'apostolato per ottenere l'obbedienza alla fede da parte di tutte le genti, a gloria del suo nome;6e tra queste siete anche voi, chiamati da Gesù Cristo.7A quanti sono in Roma diletti da Dio e santi per vocazione, grazia a voi e pace da Dio, Padre nostro, e dal Signore Gesù Cristo.

8Anzitutto rendo grazie al mio Dio per mezzo di Gesù Cristo riguardo a tutti voi, perché la fama della vostra fede si espande in tutto il mondo.9Quel Dio, al quale rendo culto nel mio spirito annunziando il vangelo del Figlio suo, mi è testimone che io mi ricordo sempre di voi,10chiedendo sempre nelle mie preghiere che per volontà di Dio mi si apra una strada per venire fino a voi.11Ho infatti un vivo desiderio di vedervi per comunicarvi qualche dono spirituale perché ne siate fortificati,12o meglio, per rinfrancarmi con voi e tra voi mediante la fede che abbiamo in comune, voi e io.13Non voglio pertanto che ignoriate, fratelli, che più volte mi sono proposto di venire fino a voi - ma finora ne sono stato impedito - per raccogliere qualche frutto anche tra voi, come tra gli altri Gentili.14Poiché sono in debito verso i Greci come verso i barbari, verso i dotti come verso gli ignoranti:15sono quindi pronto, per quanto sta in me, a predicare il vangelo anche a voi di Roma.

16Io infatti non mi vergogno del vangelo, poiché è potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede, del Giudeo prima e poi del Greco.17È in esso che si rivela la giustizia di Dio di fede in fede, come sta scritto: 'Il giusto vivrà mediante la fede'.

18In realtà l'ira di Dio si rivela dal cielo contro ogni empietà e ogni ingiustizia di uomini che soffocano la verità nell'ingiustizia,19poiché ciò che di Dio si può conoscere è loro manifesto; Dio stesso lo ha loro manifestato.20Infatti, dalla creazione del mondo in poi, le sue perfezioni invisibili possono essere contemplate con l'intelletto nelle opere da lui compiute, come la sua eterna potenza e divinità;21essi sono dunque inescusabili, perché, pur conoscendo Dio, non gli hanno dato gloria né gli hanno reso grazie come a Dio, ma hanno vaneggiato nei loro ragionamenti e si è ottenebrata la loro mente ottusa.22Mentre si dichiaravano sapienti, sono diventati stolti23e hanno cambiato la gloria dell'incorruttibile Dio con l'immagine e la figura dell'uomo corruttibile, di uccelli, di quadrupedi e di rettili.
24Perciò Dio li ha abbandonati all'impurità secondo i desideri del loro cuore, sì da disonorare fra di loro i propri corpi,25poiché essi hanno cambiato la verità di Dio con la menzogna e hanno venerato e adorato la creatura al posto del creatore, che è benedetto nei secoli. Amen.
26Per questo Dio li ha abbandonati a passioni infami; le loro donne hanno cambiato i rapporti naturali in rapporti contro natura.27Egualmente anche gli uomini, lasciando il rapporto naturale con la donna, si sono accesi di passione gli uni per gli altri, commettendo atti ignominiosi uomini con uomini, ricevendo così in se stessi la punizione che s'addiceva al loro traviamento.28E poiché hanno disprezzato la conoscenza di Dio, Dio li ha abbandonati in balìa d'una intelligenza depravata, sicché commettono ciò che è indegno,29colmi come sono di ogni sorta di ingiustizia, di malvagità, di cupidigia, di malizia; pieni d'invidia, di omicidio, di rivalità, di frodi, di malignità; diffamatori,30maldicenti, nemici di Dio, oltraggiosi, superbi, fanfaroni, ingegnosi nel male, ribelli ai genitori,31insensati, sleali, senza cuore, senza misericordia.32E pur conoscendo il giudizio di Dio, che cioè gli autori di tali cose meritano la morte, non solo continuano a farle, ma anche approvano chi le fa.


Capitolo XVI: Soltanto in Dio va cercata la vera consolazione

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1. Qualunque cosa io possa immaginare e desiderare per mia consolazione, non l'aspetto qui, ora, ma in futuro. Ché, pure se io potessi avere e godere da solo tutte le gioie e le delizie del mondo, certamente ciò non potrebbe durare a lungo. Sicché, anima mia, non potrai essere pienamente consolata e perfettamente confortata se non in Dio, che allieta i poveri e accoglie gli umili. Aspetta un poco, anima mia, aspetta ciò che Dio ha promesso e avrai in cielo la pienezza di ogni bene. Se tu brami disordinatamente i beni temporali, perderai quelli eterni del cielo: dei beni di quaggiù devi avere soltanto l'uso temporaneo, col desiderio fisso a quelli eterni. Anima mia, nessun bene di quaggiù, ti potrà appagare perché non sei stata creata per avere soddisfazione in queste cose. Anche se tu avessi tutti i beni del mondo, non potresti essere felice e beata, perché è in Dio, creatore di tutte le cose, che consiste la tua completa beatitudine e la tua felicità. Non è una felicità quale appare nella esaltazione di coloro che amano stoltamente questo mondo, ma una felicità quale si aspettano i buoni seguaci di Cristo; quale, talora, è pregustata, fin da questo momento, da coloro che vivono dello spirito e dai puri di cuore, "il cui pensiero è già nei cieli" (Fil 3,20).

2. Vano e di breve durata è il conforto che viene dagli uomini; santo e puro è quello che la verità fa sentire dal di dentro. L'uomo pio si porta con sé, dappertutto, il suo consolatore, Gesù, e gli dice: o Signore Gesù, stammi vicino in ogni luogo e in ogni tempo. La mia consolazione sia questa, di rinunciare lietamente ad ogni conforto umano. Che se mi verrà meno la tua consolazione, sia per me di supremo conforto, appunto, questo tuo volere, questa giusta prova; poiché "non durerà per sempre la tua collera e le tue minacce non saranno eterne" (Sal 102,9).


DISCORSO 125 ANCORA DAL VANGELO DI GIOVANNI (CAPP. 5; 9): I CINQUE PORTICI SOTTO I QUALI GIACEVA UN GRAN NUMERO D'INFERMI. LA PISCINA DI SILOE

Discorsi - Sant'Agostino

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Da parte di chi commenta le Scritture non si ripetono senza utilità i medesimi argomenti.

1. Ai vostri orecchi e alle vostre menti non risultano una novità gli argomenti sui quali si torna; ritemprano invece la disposizione dell'animo di chi ascolta, anzi, in certo qual modo, quanto viene richiamato alla memoria ci rinnova; neppure infastidisce sentir ripetere verità già note perché risulta sempre gradito ciò che è proprio del Signore. Così è riguardo al commento delle divine Scritture, come delle divine Scritture in se stesse; per quanto si tratti di cose note, tuttavia si leggono per ravvivarne il ricordo. Tanto vale anche per l'esposizione di esse; benché nota, pure va ripetuta allo scopo che quanti l'hanno dimenticata tornino a ricordare ed anche coloro che forse non l'ascoltarono, possano udirla; così ancora perché la ripetizione impedisca di dimenticare a quanti hanno bene in mente ciò che abitualmente hanno seguito. Ricordiamo infatti di avere già parlato alla Carità vostra 1 su questo passo del Vangelo. Né è tuttavia tedioso per voi che si torni a dare evidenza agli stessi argomenti come non lo è stato ripetere per voi la stessa lettura. L'apostolo Paolo dice in una lettera: A me non pesa e a voi è necessario che vi scriva le stesse cose 2. Quindi, dire a voi le stesse cose neppure a noi pesa, ma per voi è sicurezza.

I cinque portici erano figura della Legge mosaica. La Legge impotente a salvare. Perché venne data la Legge.

2. Cinque i portici sotto i quali giacevano gli infermi. Stanno a significare la legge che un primo tempo venne data ai Giudei e al popolo d'Israele tramite Mosè, servo di Dio. Difatti anche Mosè, mediatore della legge, compose cinque libri. Perciò dal numero dei libri che scrisse, i cinque portici erano figura della legge. In realtà, non fu data la legge in quanto efficace a risanare gli infermi, ma perché ne svelasse l'esistenza e li mettesse in vista; si esprime appunto così l'Apostolo: Se infatti fosse stata data una legge capace di conferire la vita, la giustificazione scaturirebbe davvero dalla legge; la Scrittura invece ha rinchiuso ogni cosa sotto il peccato, perché ai credenti la promessa venisse data in virtù della fede in Gesù Cristo 3; per questo, sotto quei portici, gli infermi erano a giacere, non venivano risanati. Che affermò dunque? Se fosse stata data una legge capace di conferire la vita. Ne segue che quei portici, figura della legge, non potevano risanare gli infermi. C'è chi mi può obiettare: Allora, perché venne data? Lo ha spiegato lo stesso apostolo Paolo: La Scrittura invece - egli dice - ha rinchiuso ogni cosa sotto il peccato, perché ai credenti la promessa venisse data in virtù della fede in Gesù Cristo. Coloro che erano sicuramente infermi si ritenevano sani. Ricevettero la legge che erano incapaci di adempiere, impararono a conoscere in quale infermità si trovassero e implorarono l'intervento del medico; vollero essere risanati perché compresero di essere malati; realtà di cui avrebbero avuto coscienza solo trovando inadempibile la legge loro data. L'uomo si riteneva affatto innocente e, proprio a causa di un'innocenza fittizia, aggravava la sua infermità. La legge fu data appunto per domare la superbia e metterla allo scoperto; non allo scopo di liberare dall'infermità, ma per indurre i superbi a prendere consapevolezza di sé. Faccia dunque attenzione la Carità vostra; la legge fu data a questo fine: perché facesse vedere i mali, non perché li eliminasse. Per questo, quindi, quei malati che nelle loro case potevano riservare maggior discrezione alle loro infermità - nel caso non vi fossero stati quei cinque portici - sotto di questi erano esposti alla vista di tutti, ma non è che i portici valessero a risanarli. In conseguenza, la legge era utile a rendere noti i peccati, in quanto l'uomo, reso ancor più colpevole per la violazione della legge, vinta la superbia, potesse implorare il soccorso di colui che è compassionevole. Prestate attenzione all'Apostolo: La legge poi sopraggiunse a dare al peccato maggior gravità; ma là dove il peccato ha assunto maggior gravità è stata sovrabbondante la grazia 4. Che vuol dire: La legge sopraggiunse a dare al peccato maggior gravità? Così come dice in un altro passo: Dove non c'è legge non c'è nemmeno prevaricazione 5. Anteriormente alla legge, l'uomo può dirsi peccatore, non trasgressore. Ma per aver peccato quando aveva già ricevuto la legge, viene a trovarsi non solo peccatore, ma anche trasgressore. Infatti, con l'aggiungersi della trasgressione al peccato, la colpa si fece pertanto di maggior gravità. Essendosi aggravata la colpa, l'umana superbia impara facilmente a rendersi soggetta, ad umiliarsi davanti a Dio e a dire: Io vengo meno 6. E per esprimersi pure con quelle parole del Salmo, che pronunzia soltanto un'anima umiliata: Io ho detto: Pietà di me, Signore; risanami, contro di te ho peccato 7. Lo dica, dunque, l'anima inferma, resa convinta per lo meno dall'esperienza della trasgressione e che in forza della legge non è stata risanata, ma fatta conoscere inferma. Ascolta anche lo stesso Paolo, il quale ti dimostra che anche la legge è buona, eppure non libera dal peccato se non per la grazia di Cristo. E' infatti in potere della legge proibire e comandare, facoltà che non possono apportare rimedio a risanare ciò che impedisce all'uomo di adempiere la legge, ma tale effetto è opera della grazia. Afferma infatti l'Apostolo: Mi compiaccio infatti della legge di Dio secondo l'uomo interiore, ma nelle mie membra vedo un'altra legge, che muove guerra alla legge della mia mente e mi rende schiavo della legge del peccato 8. A causa della pena del peccato, a causa della radice della morte, a causa della maledizione di Adamo, questo muove guerra alla legge della mente e assoggetta alla legge del peccato, che è nelle membra. Costui [san Paolo] è rimasto persuaso; ha ricevuto la legge per giungere a convinzione; sii attento al profitto che gli è derivato in forza di tale certezza. Ascolta le parole che seguono: Sono uno sventurato! Chi mi libererà da questo corpo votato alla morte? La grazia di Dio per mezzo di Gesù Cristo, nostro Signore 9.

Che sta a significare la guarigione di un solo infermo dopo che l'acqua viene agitata.

3. Prestate dunque attenzione. Quei portici erano rispondenti a significare la legge; accogliendo infermi, senza risanarli, esponendoli alla pubblica vista, senza guarirli. Ma quali infermi guariva? Quello solo che scendeva nella piscina. E quando scendeva nella piscina l'infermo? Quando l'angelo dava il segno agitando l'acqua. Era infatti così sacra quella piscina che l'angelo vi scendeva a dare movimento all'acqua. Gli uomini guardavano l'acqua, ma dal movimento dell'acqua che veniva agitata intuivano la presenza dell'angelo. Se in quel mentre fosse disceso qualcuno, era risanato. Perché allora quell'infermo era trascurato? Riflettiamo sulle parole di lui: Non ho nessuno - egli dice - che mi immerga nella piscina quando l'acqua si agita; mentre infatti io vado, scende un altro 10. Nel caso che un altro scenda precedendoti, non puoi tu dunque discendere dopo di lui? Da qui si deduce che uno solo veniva risanato all'agitarsi dell'acqua. Chiunque fosse disceso per primo, appunto questi soltanto era risanato; qualsiasi altro fosse poi disceso a quel moto dell'acqua, non era risanato, ma restava in attesa fino a quando l'acqua si agitasse di nuovo. Che sta dunque a significare questo mistero? Non è certo privo di motivazione. Faccia attenzione la Carità vostra. Le acque, nell'Apocalisse, sono state citate in figura dei popoli 11. Perciò quell'acqua era in figura del popolo dei Giudei. Come quel popolo era infatti vincolato ai cinque libri di Mosè nella legge, così anche quell'acqua era all'interno dei cinque portici. Quando entrò in moto l'acqua? Quando entrò in fermento il popolo dei Giudei. E non entrò in fermento il popolo dei Giudei solo quando venne il Signore Gesù Cristo? La passione del Signore è figurata dall'acqua fatta inquieta. Ribollivano infatti d'indignazione i Giudei quando il Signore soffrì la passione. Ecco, riguarda proprio tale eccitazione il passo che ora si leggeva. I Giudei erano decisi ad ucciderlo non solo perché operava di queste cose in giorno di sabato, ma perché si diceva Figlio di Dio, facendosi uguale a Dio. Il Cristo si diceva Figlio di Dio in senso non equivalente a quello riferibile agli uomini in genere. Io ho detto: Voi siete dèi, siete tutti figli dell'Altissimo 12. Evidentemente se in tal senso si fosse fatto Figlio di Dio, a quel modo che qualsiasi uomo può dirsi figlio di Dio (è per grazia di Dio infatti che gli uomini si dicono figli di Dio), i Giudei non avrebbero reagito rabbiosamente. Ma poiché capivano che egli affermava di essere il Figlio di Dio in ben altro modo, cioè secondo il contenuto significante del: In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio 13; e secondo ciò che sostiene l'Apostolo: Il quale pur essendo di natura divina, non considerò un'appropriazione indebita la sua uguaglianza con Dio 14; avevano davanti un uomo e diventavano furenti, perché si faceva uguale a Dio. Egli invece sapeva di essere uguale, ma quelli non vedevano secondo che. I Giudei infatti volevano crocifiggere l'umanità che vedevano; non vedevano colui dal quale erano giudicati. Che vedevano i Giudei? Ciò che vedevano anche gli Apostoli allorché Filippo disse: Mostraci il Padre e ci basta. Ma che non vedevano i Giudei? Ciò che non vedevano neppure gli stessi Apostoli, quando il Signore rispose: Da tanto tempo sono con voi e non mi avete conosciuto? Chi vede me, vede anche il Padre 15. In conseguenza, poiché i Giudei erano incapaci di vedere questo in lui, lo ritenevano quale uomo superbo ed empio, che si faceva uguale a Dio. C'era turbamento, l'acqua era agitata, l'Angelo era venuto. Anche il Signore è chiamato infatti: Angelo del grande consiglio 16, perché annunziatore della volontà del Padre. E' detto infatti " Angelo " in greco, " Annunziatore " in latino. E già sai del Signore il quale diceva di annunciarci il regno dei cieli. Perciò era venuto quell'Angelo del grande consiglio, ma Signore di tutti gli angeli. E per questo Angelo, perché prese su di sé la carne; Signore degli angeli, invece, appunto perché tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui niente è stato fatto 17. Ne segue che, se tutto, anche gli angeli. E ne segue che, quanto a lui stesso, non è stato fatto, poiché tutto è stato fatto per mezzo di lui. Ma tutto ciò che è stato fatto, non lo è stato senza l'opera del Verbo. D'altra parte, quella carne che divenne madre di Cristo non poté nascere se non per essere stata creata per mezzo del Verbo, che nacque dopo da essa.

Il riposo di Dio nel settimo giorno. Le sei età del mondo. Come Dio che cessò di operare opera sempre.

4. Ecco perché i Giudei erano in agitazione. Che cos'è mai questo? Perché compie queste cose di sabato? E soprattutto a queste parole del Signore: Il Padre mio opera sempre e anch'io opero 18. Quelli si scandalizzarono intendendo in senso fisiologico il fatto che Dio cessò da ogni suo lavoro nel settimo giorno 19. Si trova infatti scritto nella Genesi, e scritto felicemente a proposito, e scritto perciò in armonia con la ragione. I Giudei, ritenendo invece che Dio, quasi vinto dalla stanchezza dopo tutte le opere compiute, si fosse riposato nel settimo giorno e lo avesse benedetto, appunto perché in esso si era ristorato dalla fatica, da stolti, non si rendevano conto che non poté essere affaticato il Creatore di ogni cosa mediante la parola. Leggano e mi dicano in qual modo Dio avesse potuto sentire il peso della fatica col dire: Sia, e fu fatto. Se oggi un uomo facesse così come fece Dio, ci sarebbe chi si stanca? Disse: Sia la luce; e la luce fu. Ugualmente: Sia il firmamento; e così avvenne 20; oppure fu stanco se disse e non avvenne. In un altro passo brevemente: Egli parlò e tutto si fece; egli comandò e tutto fu creato 21. Di conseguenza, chi opera in tal modo, può sentire la fatica? Ma se non compie alcun lavoro, com'è che riposa? E' stato detto però che in quel sabato, quando Dio cessò da ogni sua opera, in quel riposo di Dio, si configura il nostro riposo; ci sarà infatti il sabato di questo mondo quando saranno trascorse le sei età. Trascorrono come fossero i sei giorni del mondo. Il primo giorno va da Adamo fino a Noè, il secondo dal diluvio fino ad Abramo, il terzo va da Abramo fino a David, il quarto va da David fino alla deportazione in Babilonia, il quinto va dalla deportazione in Babilonia fino alla venuta del Signore nostro Gesù Cristo. Ora va trascorrendo il giorno sesto. Siamo nella sesta età, nel sesto giorno. Restituiamo a noi stessi la forma originaria secondo l'immagine di Dio, perché l'uomo fu creato a immagine di Dio nel sesto giorno 22. Ciò che allora operò la forma, questo renda in noi la riforma; e ciò che allora realizzò la creazione, lo restituisca in noi la nuova creazione. Al termine di questo giorno in cui esistiamo, dopo questa età, verrà il riposo che è promesso ai santi, ed era prefigurato in quei giorni. In verità, infatti, dopo tutte le cose che pose in essere nel mondo, nient'altro plasmò di nuovo in seguito nella creazione. Sono le creature stesse a subire un'evoluzione e a trasformarsi, poiché dal fatto della costituzione delle creature niente di più venne aggiunto. Nondimeno se egli, il Creatore, non conservasse il mondo, verrebbe meno l'esistenza della creazione; questa non può durare se non la governa colui che è il suo fattore. Perciò, dal momento che nulla è stato creato ulteriormente, si è detto che cessò da ogni suo lavoro; in quanto realmente non cessa di governare le sue opere, giustamente disse il Signore: Il Padre mio opera sempre. Veda di intendere la Carità vostra. Portò a termine, si disse che aveva cessato; completò infatti l'opera e non aggiunse altro. Governa ciò che ha creato, quindi non cessa. Ma con quanta facilità ha creato, con altrettanta facilità egli governa. Non deducete da questo, fratelli, che, per avere creato senza fatica, si affanni ora perché governa, come sulla nave si affaticano gli addetti a costruirla e si affaticano quelli che sono al timone; si tratta naturalmente di uomini. Infatti con quanta facilità Dio disse e tutto fu creato, con altrettanta facilità e discrezione tutto governa per mezzo del Verbo.

La provvidenza di Dio nella disposizione dei mali.

5. Non è che manchi il governo delle vicende umane dal fatto che le cose terrene risultano corrotte. Tutti gli uomini sono situati nei posti a loro appropriati; eppure a ciascuno sembra che non abbiano una disposizione regolare. Da parte tua bada soltanto a ciò che vuoi essere, poiché, secondo come avrai voluto, il Creatore sa dove darti posto. Osserva un pittore. Davanti a lui sono disposti vari colori, ed egli sa dove debba applicare ciascun colore. Certamente il peccatore volle essere di colore nero; il criterio dell'artefice non sa perciò dove destinarlo? A quante cose non dà precisione servendosi del nero? Quanti particolari non rende con esso il pittore? In nero i capelli, la barba, le sopracciglia; usa il colore chiaro soltanto per dare risalto alla fronte. Quanto a te, bada a ciò che vuoi essere, non preoccuparti del posto che ti assegna colui che è infallibile; egli sa dove collocarti. Notiamo che ciò si verifica come infatti avviene nell'applicazione delle leggi umane. Non so chi decise di essere specialista del furto con scasso; la disposizione del giudice riconosce che agì illegalmente; la disposizione del giudice contempla dove debba essergli dato posto: lo sistema nel modo più appropriato. Quello senza dubbio visse male, ma la legge non ha disposto erroneamente. Da scassinatore diventerà un minatore; quante costruzioni non si realizzano dall'opera di chi è adibito alle miniere? Il castigo di quel condannato va a costituire abbellimenti alla città. Così dunque Dio sa dove situarti. Non credere di guastare il progetto di Dio se avrai voluto essere perverso. Chi sapeva crearti non sa il posto che ti spetta? E' bene allora che il tuo sforzo tenda là, che ti porti ad essere situato in un buon posto. Che fu detto di Giuda da parte dell'apostolo Pietro? Andò al posto da lui scelto 23. Certo per la disposizione della divina provvidenza, perché con decisione della volontà perversa volle essere cattivo, non fu invece Dio a farlo cattivo attraverso il suo ordinamento. Ma essendo di per sé perverso, volle essere peccatore, fece ciò che volle, ma subì ciò che non volle. Nel fatto che fece ciò che volle si riconosce il suo peccato; in quello che subì e che non volle si loda l'azione ordinatrice di Dio.

Duplice la causa dell'indignazione dei Giudei. Un infermo calandosi nella piscina viene guarito. Un solo infermo viene risanato.

6. Perchè ho detto questo? Per farvi comprendere, fratelli, come da parte del Signore Gesù Cristo è stato detto rettamente che il Padre mio opera sempre. Non abbandona infatti la creatura che ha formato. E disse: Come egli opera, anch'io opero 24. Già allora si dette a conoscere uguale a Dio. Il Padre mio - afferma - opera sempre, e anch'io opero. Quella concezione di ordine fisiologico circa il sabato ne fu rimossa. Ritenevano infatti che il Signore, essendo stanco, avesse cessato del tutto di operare. Ascoltano: Il Padre mio opera sempre e diventano inquieti. E anch'io opero: si è fatto uguale a Dio, eccoli in agitazione. Ma non temete più. Si agita l'acqua, un infermo va ad essere risanato. Che significa questo? Perciò il turbamento di quelli, per il fatto che mirano alla passione del Signore. Il Signore subisce il patire, il sangue prezioso si sparge, il peccatore viene redento, è donata la grazia a chi cade e a chi dice: Sono uno sventurato! Chi mi libererà da questo corpo di morte? La grazia di Dio per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo 25. Ma come viene guarito? A condizione che scenda. In realtà quella piscina era così fatta che vi si accedeva discendendo, non salendo. Anche piscine del genere potrebbero infatti essere costruite in modo che si raggiungano salendo. Ma quella, per quale ragione fu costruita così che vi si scendeva? Perché la passione del Signore esige l'umile. Scenda in umiltà, non sia superbo se vuole essere risanato. Ma per quale ragione uno solo? Poiché una sola è la Chiesa nel mondo intero, l'unità è salva. Perciò dove si salva uno solo, viene configurata l'unità. Sotto il termine " uno ", intendi l'unità. Non ti separare, quindi, dall'unità se non vuoi che non ti tocchi tale salvezza.

Trent'anni d'infermità. Il numero quaranta sta a significare la perfezione della giustizia. L'amore del mondo non è conciliabile con l'amore di Dio.

7. Che cosa sta a significare il fatto che era infermo da trentotto anni? So di averne già parlato, fratelli; ma se anche quelli che leggono dimenticano, quanto più coloro che di rado ascoltano? Faccia perciò un poco di attenzione la Carità vostra. Il numero quaranta è figura della giustizia perfetta. Appunto giustizia perfetta perché viviamo quaggiù nella fatica, negli stenti, nella continenza, nei digiuni, nelle veglie, nelle tribolazioni; la pratica della giustizia consiste proprio nel tollerare il peso della vita e tenersi in qualche modo lontano da questo mondo; non dal cibo della carne, cosa che facciamo rare volte, ma dall'amore del mondo, cosa che sempre dobbiamo fare. Adempie perciò la legge chi si conserva puro da questo mondo. Non può in realtà amare ciò che è eterno se non avrà rinunziato ad amare ciò che è temporaneo. Rendetevi avveduti quanto all'amore dell'uomo; consideratelo così, quasi la mano dell'anima. Se tiene un qualcosa non può avere altro. Ora, perché possa prendere ciò che si porge, lasci cadere ciò che ha già preso. Questo intendo dire, notate che parlo esplicitamente: chi ama il mondo non può amare Dio; ha la mano ingombra. Dio gli dice: Prendi quello che dò. Non vuol lasciare ciò che aveva; non può ricevere ciò che gli viene offerto. Forse che ho detto: Non so chi non deve possedere qualcosa? Se può, se la perfezione esige questo da lui, niente abbia di sua proprietà. Se non può, se una qualche necessità è d'impedimento, possegga pure, ma non si faccia possedere; abbia in proprietà, non diventi proprietà; sia padrone, non schiavo dei propri averi; come dice l'Apostolo: Del resto, fratelli, il tempo si è fatto breve; d'ora innanzi rimane che anche quelli che hanno moglie vivano come se non l'avessero; quelli che comprano, come se non possedessero; quelli che godono, come se non godessero; coloro che piangono, come se non piangessero e quelli che usano il mondo, come se non ne usassero: perché passa la scena di questo mondo. Voglio che siate senza preoccupazioni 26. Che vuol dire: Non amare ciò che possiedi in questo mondo? Sia disponibile la tua mano che deve possedere Dio. Sia libero da ogni attaccamento il tuo amore con il quale puoi tendere a Dio e aderire a lui che ti ha creato.

Che distingue un possedere disinteressato.

8. Tu mi dici in risposta: Anche Dio sa che, quanto al possesso dei miei beni, sono irreprensibile. E' la tentazione a darne prova. Viene danneggiata la tua proprietà e vai in escandescenze. In qualche modo anche noi subiamo tali cose. Va a male quanto possiedi e tu non sembri più quello che eri e dal suono delle tue parole manifesti che ora sei diverso da quello che sembravi prima. E voglia il cielo che tu ti limiti a difendere strepitando il tuo e non tenti arrogantemente d'impossessarti dell'altrui; e, quel che è peggio, che tu non giunga ad attirarti biasimo perché dici tuo ciò che altri possiede. Che bisogna fare? Ve lo ricordo, ve lo ripeto, fratelli, ed è fraterno il mio avvertimento; il Signore lo impone ed io richiamo con forza perché sono ammonito. Egli, che non permette di tacere, m'incute terrore. Esige da me ciò che ha dato. Ha dato da distribuire, non da conservare. Se invece avrò conservato e avrò tenuto nascosto, mi dirà: Servo malvagio e pigro, perché non hai consegnato il denaro ai banchieri e al ritorno l'avrei riscosso con gli interessi? 27 E che mi gioverà di non aver perduto nulla di ciò che ho ricevuto? Non basta per il mio Signore, è avaro; ma l'avarizia di Dio è la nostra salvezza. E' avaro, richiede i suoi denari, raccoglie la sua immagine. Avresti dovuto dare - dice - il denaro ai banchieri e al ritorno l'avrei riscosso con gli interessi. E se per caso la dimenticanza facesse sì che non mi curassi di correggervi, vi sarebbero di ammonizione persino le tentazioni e le tribolazioni che sopportiamo. Certamente avete ascoltato la parola di Dio. Sia benedetto il Signore e la sua gloria. Siete convenuti insieme infatti e pendete dalla parola del ministro di Dio. Non fate caso alla nostra persona, tramite la quale vi si offre; perché gli affamati non badano se il recipiente ha poco valore, ma all'abbondanza del cibo. E' Dio che vi mette alla prova. Siete adunati insieme, approvate la parola di Dio; la tentazione metterà alla prova la validità del vostro ascolto; avrete degli affari nei quali si può rendere evidente quali siete. Infatti anche chi grida oggi insolenze ad alta voce, ieri ascoltava volentieri. Perciò, vi preavviso, perciò parlo, perciò non taccio, fratelli miei, perché verrà il momento del rendiconto. Il Signore - infatti - scruta il giusto e l'empio. Certamente ciò lo hai cantato, certamente abbiamo cantato insieme: Il Signore scruta il giusto e l'empio. E che segue? Ma chi ama l'ingiustizia odia la propria anima 28. E in altro passo: S'indagherà sui propositi dell'empio 29. La domanda che io ti rivolgo non cade dove cade la chiamata al rendiconto da parte di Dio. Riguarda me esaminare le tue parole, spetta a Dio giudicare il tuo pensiero. Sa pure in che modo tu ascolti, e sa come esigere, egli che ordina a me di dare. Ha voluto che io sia distributore e si è riservata l'esazione. E' compito nostro avvertire, istruire, correggere; evidentemente salvare e premiare, oppure condannare e mandare all'inferno non è compito nostro. Ma è il giudice a consegnare il colpevole all'esecutore e l'esecutore a condurre in carcere. In verità ti dico: Non uscirai di là finché tu non abbia pagato fino all'ultimo spicciolo 30.

Il numero quaranta nel digiuno di Mosè, di Elia e di Cristo. Quaranta giorni prima della Pasqua. Cinquanta giorni dopo la Pasqua.

9. Torniamo dunque in argomento. La perfezione della giustizia è indicata dal numero quaranta. In che consiste raggiungere il numero quaranta? Tenersi lontano dall'amore del mondo. L'astenersi dalle cose temporali, ad evitare che si amino in modo funesto, è quasi un restare digiuni da questo mondo. Per questo il Signore digiunò quaranta giorni 31, come Mosè 32 ed Elia 33. Di conseguenza, chi concesse ai servi di poter digiunare quaranta giorni, non fu in grado di digiunare ottanta o anche cento giorni? A che scopo non volle più di quanto aveva dato ai servi se non perché proprio nel numero quaranta è riposto il segreto del digiuno: conservarsi puri da questo mondo? Che si vuol dire con questo? Quanto afferma l'Apostolo: Il mondo per me è stato crocifisso come io per il mondo 34. E' questo perciò che raggiunge il numero quaranta. E il Signore che cosa fa intendere? Poiché questo ha compiuto Mosè, questo Elia, questo Cristo, è ancora questo l'insegnamento e della Legge e dei Profeti, come pure del Vangelo: non credere cha altro sia nella legge, altro nei Profeti, altro nel Vangelo. Tutte le Scritture sono concordi nell'insegnarti nient'altro che non sia l'astenersi dall'amare il mondo, perché il tuo amore voli a Dio. E' in figura, perché lo insegna la legge, che Mosè digiunò quaranta giorni. E' in figura, perché lo insegnano i Profeti, che Elia digiunò quaranta giorni. E' in figura, perché lo insegna il Vangelo, che il Signore digiunò quaranta giorni. Anche sul monte perciò apparvero proprio questi tre: il Signore nel mezzo, ai lati Mosè ed Elia. Come si spiega? Perché anche il Vangelo riceve testimonianza da parte della Legge e dei Profeti 35. Ma per quale ragione il numero quaranta sta per la perfetta giustizia? E' detto nel Salterio: O Dio, ti canterò un cantico nuovo; suonerò per te sull'arpa a dieci corde 36. L'espressione sta a significare i dieci precetti della legge che il Signore non è venuto ad abolire ma a dare ad essa compimento. Tale legge poi è diffusa per tutta la terra compresa, come è noto, fra quattro luoghi estremi: Oriente, Occidente, Mezzogiorno e Settentrione, secondo la Scrittura. Ciò si deduce anche dalla visione di un recipiente, in cui figuravano ogni specie di animali, e che fu mostrato a Pietro, mentre gli fu detto: Uccidi e mangia 37. Ciò ad indicare i Gentili che avrebbero creduto e sarebbero entrati a far parte del corpo della Chiesa, così come ciò che mangiamo entra nel nostro corpo; venne fatto calare dal cielo per i quattro capi (che sono poi le quattro parti del mondo) e lascia intendere che tutta la terra avrebbe abbracciato la fede. Ebbene, nel numero quaranta è in figura la libertà dal mondo. Questa è la pienezza della legge: ma la pienezza della legge è la carità. Di conseguenza, prima della Pasqua noi digiuniamo quaranta giorni. Precedendo la Pasqua, il digiuno è appunto segno della nostra vita tormentata, per cui nelle fatiche, nei travagli e nella continenza adempiamo la legge. Dopo la Pasqua, invece, celebriamo i giorni della risurrezione del Signore, che rimandano appunto alla risurrezione nostra. Si celebrano per la durata di cinquanta giorni proprio perché al numero quaranta si aggiunge la ricompensa di un denaro: ed ecco il numero cinquanta. In che senso un denaro è ricompensa? Non avete letto di coloro che furono inviati alla vigna, sia dei chiamati dell'ora prima che dell'ora sesta e dell'ultima ora del giorno e poterono ricevere soltanto un denaro 38? Quando la nostra giustizia sarà stata accresciuta della sua ricompensa, avremo raggiunto il numero cinquanta. Fin d'allora non faremo altro che lodare Dio. Perciò durante quei giorni cantiamo l'Alleluia. L'Alleluia infatti è lode a Dio. Nella presente caducità della natura mortale, in questo spazio di quaranta giorni di quaggiù, come prima della risurrezione, sospiriamo pregando per disporci alla lode propria di allora. Questo è il tempo di lasciarsi portare dal desiderio, allora sarà il tempo d'acquietarsi nel possedere con amore e nel godere. Trascorriamo senza cedimenti l'intervallo dei quaranta giorni, in vista della felicità propria dei cinquanta giorni.

La Legge non ha compimento senza l'amore.

10. Chi è mai a dar compimento alla legge se non chi avrà amato? Interroga l'Apostolo: Il compimento della legge è l'amore 39. Tutta la legge infatti trova la sua pienezza in un solo precetto, in ciò che è scritto: Amerai il Signore Dio tuo come te stesso 40. Ma il precetto della carità è duplice: Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. Questo precetto è grande. Il secondo è simile a questo: Amerai il prossimo tuo come te stesso. Sono parole del Signore nel Vangelo: Da questi due comandamenti dipende tutta la Legge e i Profeti 41. Senza questo duplice amore non si può adempiere la legge. Fino a quando la legge non trova compimento, persiste uno stato d'infermità. L'uomo infermo da trentotto anni ne contava perciò due in meno. Che sta a significare l'averne avuti due in meno? L'inosservanza da parte sua, di quei due precetti. Che giova l'osservanza degli altri se non si adempiono quelli? Hai trentotto? Se non hai quei due, gli altri per nulla ti gioveranno. Ne conti due di meno - senza i quali gli altri non possono avere valore - se non fai tuoi i due precetti che conducono alla salvezza. Se anche parlassi le lingue degli angeli, ma non avessi la carità, sono come un bronzo che risuona o un cembalo che tintinna. E se avrò conosciuto tutti i misteri e tutta la scienza e se avrò avuto la pienezza della fede, così da trasportare le montagne, senza che abbia la carità, sono un nulla. E se avrò distribuito tutte le mie sostanze e dato il mio corpo perché sia bruciato, ma io non abbia la carità, niente mi giova 42. Sono parole dell'Apostolo. Ne segue che tutte le possibilità che ha esposto riflettono quasi i trentotto anni, ma perché là mancava l'amore, era presente l'infermità. Chi sarà dunque a sollevare da tale stato morboso se non colui che è venuto a portare l'amore? Vi dò un comandamento nuovo, che vi amiate a vicenda 43. E dal momento che è venuto a portare l'amore, e l'amore è la perfezione della legge, disse giustamente: Non sono venuto ad abolire la legge, ma a darle compimento 44. Risanò l'infermo dicendogli di prendere il suo lettuccio e andare a casa sua. Parlò allo stesso modo al paralitico da lui guarito 45. Che si cela nell'ordine di prendere il nostro letto? La sensualità della nostra carne. E' per noi quasi un letto dove si giace infermi. Ma i risanati la tengono a freno e la portano. Non sono condizionati appunto dalla carne. Perciò, da sano, resisti alla caducità seducente della tua carne, perché attraverso il segno del restare digiuni da questo mondo per quaranta giorni, tu possa raggiungere il numero quaranta, poiché rese la salute a quell'infermo colui che non venne ad abolire la legge, ma a portarla a compimento.

L'animo va distaccato dalle cose temporali. La tentazione non fa il peccatore, ma lo rivela.

11. Ora che avete appreso questo, rivolgete a Dio il vostro cuore. Guardatevi dal cadere in inganno. Quando va bene secondo il mondo, interpellate allora voi stessi; esaminatevi se amate o non amate il mondo; apprendete ad esserne distaccati prima che sia il mondo a congedarvi. Che vuol dire: essere distaccati? E' amare disinteressatamente. Anche se è ancora in tuo possesso ciò che lascerai, o da vivo, o in punto di morte, te ne separi, non puoi averlo sempre con te; perciò, mentre lo possiedi, libera il tuo affetto, sii pronto alla volontà di Dio, ad elevarlo a Dio. Mantieniti fedele a lui che se non vuoi non perdi; così che se ti debba toccare di perdere questi beni temporali, tu possa dire: Il Signore ha dato, il Signore ha tolto, come è piaciuto al Signore, così è avvenuto; sia benedetto il nome del Signore 46. Ma se debba avverarsi, e il Signore così vuole, che quei beni che possiedi tu li abbia sino alla fine, una volta sottratto ai vincoli di questa vita, ricevi il denaro che raggiunge il numero cinquanta, e nasce in te la felicità perfetta, mentre canti Alleluia. Conservando nella memoria queste cose sulle quali ho richiamato la vostra attenzione, esse valgano a tenervi lontano dall'amore del mondo. L'amicizia di esso è maligna, è falsa, rende nemici di Dio. In un attimo, in una sola tentazione, l'uomo offende Dio e diventa nemico. Anzi, non è allora che diventa nemico, ma allora si manifesta che già era nemico. Infatti già lo era quando dimostrava amore e rendeva lode, ma egli stesso non ne era consapevole e neppure gli altri. Si fa avanti la tentazione, si tocca il polso e si rivela la febbre. Così è, fratelli, l'amore del mondo, l'amicizia del mondo rende nemici di Dio. E il mondo non offre ciò che ha promesso, è bugiardo e inganna. Perciò gli uomini non cessano di sperare in questo mondo, e chi ottiene tutto quello che spera? Ma pur avendo conseguito qualsiasi vantaggio, immediatamente è insoddisfatto di ciò che ha ottenuto. Si comincia a desiderare altre cose, se ne sperano altre di maggior pregio, che al sopraggiungere - qualsiasi cosa ti riesce di avere - perdono ogni attrattiva. Perciò sii fedele a Dio perché immutabile, perché nulla c'è di più bello. Infatti, tutte queste altre cose, per il fatto che non hanno l'essere di per sé, decadono, perché non sono ciò che egli è. A te, o anima, basta soltanto colui che ti ha creata. Qualunque altra cosa tu fai propria, è una miseria: evidentemente ti può appagare solo colui che ti ha creata a sua somiglianza. Ancora da quella voce è stato detto: Signore, mostraci il Padre e ci basta 47. Soltanto là vi può essere sicurezza: e dove può esservi sicurezza, là sarà anche in certo qual modo una sazietà insaziabile. Poiché avvertirai una sazietà che ti faccia desiderare di scostarti, né ti mancherà qualcosa di cui tu debba quasi avvertire il bisogno.

 

1 - Cf. Serm.

2 - Fil 3, 1.

3 - Gal 3, 21-22.

4 - Rm 5, 20.

5 - Rm 4, 15.

6 - Sal 6, 3.

7 - Sal 40, 5.

8 - Rm 7, 22-23.

9 - Rm 7, 24-25.

10 - Gv 5, 7.

11 - Cf. Ap 17, 15.

12 - Sal 81, 6.

13 - Gv 1, 1.

14 - Fil 2, 6.

15 - Gv 14, 8-9.

16 - Is 9, 6 (sec. LXX).

17 - Gv 1, 3.

18 - Gv 5, 17.

19 - Cf. Gn 2, 2.

20 - Gn 1, 3. 6-7.

21 - Sal 32, 9.

22 - Cf. Gn 1, 27.

23 - At 1, 25.

24 - Gv 5, 17.

25 - Rm 7, 24-25.

26 - 1 Cor 7, 29-32.

27 - Lc 19, 23.

28 - Sal 10, 6.

29 - Sap 1, 9.

30 - Mt 5, 25-26.

31 - Mt 4, 2.

32 - Es 34, 28.

33 - 1 Re 19, 8.

34 - Gal 6, 14.

35 - Cf. Rm 3, 21.

36 - Sal 143, 9.

37 - At 10, 13.

38 - Cf. Mt 20, 1-10.

39 - Rm 13, 10.

40 - Gal 5, 14.

41 - Mt 23, 37-40.

42 - 1 Cor 13, 1-3.

43 - Gv 13, 34.

44 - Mt 5, 17.

45 - Cf. Mc 2, 11.

46 - Gb 1, 21.

47 - Gv 14, 8.


La chiesa trionfante

Le visioni - Beata Anna Caterina Emmerick

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Il 1 novembre 1819 così raccontava Anna Katharina Emmerich: «Ho fatto un grande viaggio con la mia guida: sono andata tranquilla con lei nei luoghi più diversi, ho guardato e sono stata felice, se domandavo ricevevo una risposta e se non la ricevevo ero lo stesso contenta. Siamo andati sui luoghi dei Martiri (Roma), poi abbiamo attraversato mari e terre deserte, fino alla casa di Anna e Maria, qui vidi numerosi cori di Santi che interiormente erano tutti un’anima sola. Si muovevano con felicità. Il luogo, si presentava come un arco infinito, pieno di troni, giardini, palazzi, archi, corone, alberi, e tutte le vie erano collegate da bagliori di luci dorate e diamantine. Sopra, al centro in alto, si levava infinitamente avvolta di splendore la sede della Divinità. I Santi e i sacerdoti erano suddivisi secondo la loro collocazione nella vita religiosa. I religiosi erano raggruppati secondo il loro Ordine, ed erano classificati o innalzati secondo la personale battaglia che avevano sostenuto nella vita terrena. I martiri stavano tutti vicini, e di nuovo onorati secondo il grado della loro vittoria ed erano suddivisi secondo la loro aspirazione alla santità. Vivevano in meravigliosi giardini pieni di luce e di case. Incontrai un prete da me già conosciuto che mi disse: “La tua casa non è ancora finita!”. Vidi anche grandi schiere di soldati in vesti romane e molta gente conosciuta. Tutti cantavano insieme un dolce inno ed io mi unii a loro. Nella dimensione celeste e cosmica il globo terrestre si presenta come una piccola sfera e la terra rappresenta solo un piccolo pezzetto di superficie tra l’acqua. Compresi così il significato della vita nella sua piccolezza e brevità, dove però si può trarre tanto grande profitto e merito. Voglio prendere con gioia su di me tutta la sofferenza di Dio!».

Il primo novembre del 1820 così raccontò:
Ricevetti una visione indescrivibilmente significativa:
mi apparve un tavolo enorme, rosso e ricoperto da un trasparente bianco, apparecchiato con una quantità di vere pietanze. Sopra si vedevano anfore dorate che avevano ai margini lettere blu. Dappertutto c’era della frutta e dei fiori in un radioso sviluppo. Intorno a questa tavola su troni sedevano i Santi, raggruppati tra di loro nei diversi ordini di appartenenza. Religiosi di tutti i tipi, vescovi che servivano a tavola e si prendevano cura della stessa. Io ero presso questa tavola enorme e potei vedere tutto il giardino grandioso, che si suddivideva formando tanti altri piccoli giardini con tavole secondarie, pieno di Cori, anch’essi suddivisi in singoli giardini. Ma tutta l’armonia scorreva e aveva origine unicamente da quel grande tavolo al centro. In tutti questi giardini, campi, aiuole, fiori e frutta si trova tutto ciò che vive in ogni essere umano. Il godimento della frutta non aveva certo per significato il mangiare, ma la presa di coscienza di sé. Tutti i Santi erano rappresentati con i loro attributi, alcuni vescovi avevano chiese nelle mani perché ne erano stati i fondatori, altri invece solo bacchette perché avevano avuto una funzione di controllo.

Intorno ai Santi c’erano anche molti alberi pieni di frutta ed io desideravo tanto che i poveri ne potessero trarre profitto. Allora smossi quegli alberi e tanta frutta cadde sulle singole contrade della terra ‘. Vidi anche i Santi che tutti assieme, seppur distinti sempre in gruppi, trasportavano impalcature, fiori e corone per montare un grande trono all’estremità della tavola. Questo lavoro procedeva in modo inesprimibilmente ordinato e si muoveva armonicamente senza carenze, mancanze, peccati e morte e senza artifici. Frattanto guardiani e soldati spirituali sorvegliavano la tavola. I ventiquattro anziani sedevano su seggi meravigliosi intorno al trono. Alcuni di questi avevano nelle mani arpe e altri incensi, cantavano e incensavano. Improvvisamente vidi un’immagine scendere dall’alto e calare obliquamente sul trono preparato precedentemente. Aveva le sembianze di un vecchio con una triplice corona e un mantello spiegato. Sulla fronte si faceva notare una massa di luce triangolare dove si specchiava tutto quello che c’era all’intorno. Sembrava che tutto ciò che si trovava intorno fosse causato dalla sua stessa immagine oppure accolto dalla stessa.
Dalla sua bocca fuoriusciva un fascio di luce nel quale vidi una quantità di parole. Distinsi lettere e numeri del tutto semplici. Ho dimenticato quali erano. Un po più in giù, davanti al suo petto, vidi un Bambino crocefisso avvolto da uno splendore inesprimibile. Dalle piaghe, dove si trovavano grandi glorie, fuoruscivano fasci di luce del colore dell’arcobaleno. Questi fasci di luce investivano tutti i Santi e si fondevano in un solo armonico splendore di colori, con le diverse glorie delle sante piaghe dei medesimi. Si creava così nel cosmo una tale armonia e un sentimento di leggerezza e libertà, che non è possibile accennarne la descrizione. Il flusso di raggi, che fuoriusciva dalle piaghe dei Santi, era come una pioggia di vere e proprie pietre preziose dagli svariati colori che cadeva sulla terra. Allora appresi, con la comprensione dell’anima, i valori, l’energia, i misteri delle vere e proprie pietre preziose, e sopratutto la conoscenza di tutti i colori dell’universo. Tra la croce e l’occhio della fronte del vecchio si trovava lo Spirito Santo, come una figura alata, mentre dall’occhio e dalla croce si diffondevano raggi di luce meravigliosa. Un pò più in basso della croce c’era la Beata Vergine Maria circondata da molte vergini; attorno alla croce, a mezza altezza, vidi papi, apostoli e vergini.
In tutte queste apparizioni, i Santi e gli innumerevoli Angeli, si muovevano in larghi circoli in una perfetta armonia d’insieme. L’impressione dell’insieme fu chiara e lucida e perfino molto più grande di quella di un universo stellato. Anche di questa non posso renderne la spiegazione dettagliata».

Le visioni che seguono ci mostrano come sia importante ricordarsi dei Santi e implorare il loro aiuto prezioso.
Il 18 giugno 1820 Anna Katharina ricevè numerose visioni sulla vita e la gloria di sant’Ignazio, san Francesco Saverio e san Luigi: «Durante i miei dolori tenevo vicino le reliquie che mi aveva mandato Ovenberg , le quali presero a luccicare. Vidi un Santo, cinto dalla bianca aureola della gloria, scendere su di me, mentre il luccichio delle reliquie si fondeva in una sola splendida luce con quest’ultimo. Mi sembrò allora di udire una voce: “Queste reliquie sono delle mie ossa. Io sono Ignazio!”
Dopo quest’avvenimenti dovetti sopportare una lunga notte di tremendo tormento, con dolori lancinanti che come un coltello mi trafiggevano le ferite, gridai misericordia affinché il Signore non mi mandasse dolori più forti di quanto io potessi sopportare . A questa supplica mi apparve il Signore, il mio sposo, che sotto la forma di Bambino mi disse poche parole che non posso ripetere, ma più o meno così: “Io ti ho adagiata nel mio letto nuziale delle sofferenze e ti ho dato i patimenti come grazia per la conciliazione, e i gioielli delle espiazioni per i peccatori e i sofferenti. Tu devi soffrire per gli altri, ma io non ti lascerà sola perché tu sei unita alla Vite”. Quest’immenso conforto ricevuto dal Signore mi sostenne per tutta la notte sollevandomi e infondendomi la forza necessaria per sopportare i dolori. Soffrii con pazienza. Verso la mattina ricevetti un’altra visione di sant’Ignazio: mentre le sue reliquie luccicavano di nuovo chiamai il caro Santo, presi le sue reliquie nella mano con amore e rispetto. Lo chiamai in nome del dolce Cuore di Gesù, allora lo vidi scendere dall’alto, e come gi fu per la prima volta, l’aureola di luce che circondava l’apparizione del Santo si fondeva con quella delle reliquie in un solo splendore. Udii di nuovo le stesse parole: “Queste sono delle mie ossa!” Poi sant’Ignazio mi spiegò quante grazie avesse ricevuto da Gesù, mi promise di essermi vicino ed aiutarmi nel mio compito sulla terra e alleviarmi le malattie del corpo. Mi raccomandò pure di celebrare una commemorazione nel mese seguente. Dopo questo confortante incontro l’apparizione scomparve e vidi alcune immagini della vita del Santo.

Mi trovavo in un lettino fuori da una chiesa, il coro era separato da una grata e vidi alcune persone, erano i dodici uomini della Compagnia di Ignazio, potetti riconoscere Saverio e Faber . Sembrava che fossero pronti a partire per qualche destinazione, non erano tutti sacerdoti. Vestivano però come Ignazio seppure con qualche variazione. Sull’altare ardevano le candele e si intravedevano appena le prime luci dell’alba: Ignazio non era ancora vestito per la celebrazione della santa Messa, sebbene avesse gi la stola sulle spalle. Un altro, che beveva acqua benedetta, lo accompagnava. Ignazio attraversò la chiesa e giunse tra i suoi compagni, poi prese a benedire con l’aspersorio. Mi preparai ad accoglierlo, giunse fino al mio lettino e mi asperse abbondantemente. In quel momento il mio corpo spossato fu attraversato dalla dolcezza e dal sollievo per i miei dolori. Poi celebrò con l’abito sacerdotale una lunga Messa che durò molto più a lungo del normale. Notai sul suo capo una fiamma e uno dei suoi dodici compagni allargò le braccia, come se lo volesse aiutare o sorreggere. Ignazio fu travolto dalle lacrime e ricondotto all’altare dai compagni, appariva così stravolto che poteva appena muoversi da solo. In altre visioni, sulla vita di Ignazio e della sua Compagnia, vidi gli uomini di quest’ultima vicino al Papa per la cerimonia di riconoscimento dell’ordine religioso; tutti erano in una grande sala, fermi, mentre alle porte si trovavano altri religiosi. Il Papa sedeva su un seggio maestoso, portava una mantellina rossa e credo una cappellina bianca. La “Società di Gesù”, appena entrata, si prosternò innanzi al Papa. Uno parlò per tutti, non so più se Ignazio era con loro. Poi il Papa li benedisse e diede loro dei documenti.

In un’altra immagine, Ignazio ascoltava un cattivo prete che gli confessava sinceramente, in lacrime, la sua vita passata. Il Santo lasciò improvvisamente i suoi confratelli e si diresse verso una casa isolata, dove si trovava un uomo che accusava dolori immensi. Poi mi sembrò vedere quest’ultimo correre e Ignazio inseguirlo e abbracciargli le ginocchia pregando per la guarigione della sua anima: quest’uomo migliorò e si unì alla Compagnia.
Quindi vidi sant’Ignazio solo, attraversava le montagne in abito da mendicante, e si portava attraverso deserti e territori montuosi immensi, avvolti dall’oscurità. Veniva seguito dal diavolo sotto forma di drago, finché Ignazio gli ficcò il bastone in gola e ne fece uscire il fuoco, poi ritirò il bastone e proseguì tranquillo il suo cammino.

La sera stessa, dopo queste visioni, il “pellegrino” trovò l’ammalata che recitava l”Officium» di sant’Ignazio in latino. Pregava senza libro. Alla vista del Brentano lei gli disse: «Ho ricevuto da Ignazio grande sollievo: mi rivolsi a lui in piena devozione, e mi apparve la sua immagine avvolta in uno strale di luce, dal suo cuore luccicava il nome santissimo di Gesù come un sole. Egli appariva totalmente inondato da un amore infiammato per Gesù. Iniziai allora a pregare rivolta verso di lui, e cominciarono a fluire come onde, dalla sua immagine, tutte le parole e le antifone della supplica, e io ricevetti una grande dolcezza nel dono della preghiera». Così il rapimento contemplativo della pia suora si concluse con la conosciuta “Oratio recitanda ante imaginem sancti Ignatii”.
Quando Anna Katharina fu assalita ancora dalle sue pene prese rifugio di nuovo in sant’Ignazio, il quale le diede la forza di sopportarle con pazienza. Poi la veggente così comunicava al “pellegrino”:
«Ignazio e Saverio erano uniti con il Cuore di Gesù Cristo, e in questo perenne contatto distribuivano sollievo e conforto, insegnavano, aiutavano e servivano ammalati e disperati. Allora vidi, alla luce della contemplazione, il grande effetto che aveva la loro attività tra i popoli, e rivolgendo loro il mio cuore dissi: “avete così amato ed aiutato nella vostra vita con la fragilità propria degli uomini, ma ispirati dalla forza di Dio, continuate ancora ad aiutare in modo più potente nella luce e nell’amore dalla fonte della grazia!” Sparite le immagini terrene vidi entrambi i Santi, l’uno vicino all’altro, radiosi, sembrava come se fossero investiti da un mondo di luce. Ignazio era avvolto da una bianca gloria, Saverio da uno splendore rosso, come quello dei martiri. A questa vista tutta la mia anima venne irradiata dalla luce e dalla vita come se, tramite loro, avessi ricevuto la luce della consolazione da Dio. Ieri sera, nell’iniziare la preghiera di Ignazio, sentii interiormente un flusso di parole di amore e gioia. Allora chiamai tutte le creature alla lode e alla supplica: cantai la lode ai Santi ed elevai la mia preghiera a Dio rivolgendomi al nostro Signore Gesù Cristo. Giunsi a Lui per mezzo della Santa Vergine Maria, Madre di Dio, ed a Lei tramite i Santi, ed a questi per mezzo di Ignazio e Saverio».
Quando nel pomeriggio la pia suora udì “il pellegrino” recitare un antico canto su entrambi i Santi, in cui tutte le creature vengono sollecitate alla loro lode, disse: «Così ho pregato anch’io per loro».

«Con il giubilo della preghiera, della lode e della supplica, prendeva sempre più consistenza, rendendosi più chiara, un’apparizione dei due Santi nella Gerusalemme celeste. Andai verso l’apparizione di entrambi i Santi nella Gerusalemme celeste. Non posso esprimere l’atmosfera di somma gioia e lo splendore che c’era in questo posto; adesso non mi appariva più come la città che avevo visto precedentemente, bensì come un grande mondo di luce e splendore, dove si vedono solo strade interminabili che vanno in tutte le direzioni, tutto è in preciso ordine e infinita armonia d’amore.

Al centro, in alto, avvolta da uno splendore inconcepibile, aveva posto la santissima Trinità e i ventiquattro anziani, sotto di loro in un proprio mondo di luce si trovavano i Cori degli Angeli. Tutti i Santi, sempre raggruppati nei loro ordini religiosi, erano nei loro palazzi e stavano seduti su troni. Tra questi, in modo più chiaro, vedo quelli di cui ho più devozione e contatti spirituali e ne conservo le reliquie. Quando essi pregano si rivolgono alla SS. Trinità, da cui ne ricevono la luce. Li vidi poi andare verso alcuni alberi meravigliosi e piante, che si trovavano in posti particolari tra i palazzi, colmi di rugiada, frutta e miele. Vidi anche gli Angeli muoversi tra gli alberi, rapidi come fulmini. Molti Santi erano intorno ad Ignazio: Francesco Borgia, Carlo Borromeo, Luigi, Stanislao Kostka, Francesco Regis, ne vidi molti, erano anche qua . A queste parole la Veggente s’interruppe, sembrò come se contemplasse un’immagine. Il “pellegrino” non capì bene, in un primo momento credette che si trattasse di un’apparizione di S. Francesco d’Assisi, mentre invece ella, stimolata dalle vicine reliquie, vedeva S. Francesco di Sales. Poi la pia suora continuò: ‘Egli non era vicino ad Ignazio, ma in un Coro di vescovi. Mi avvicinai poi in preghiera ad un Coro di Santi da me conosciuti. Prima avevo guardato solo ad Ignazio e avevo visto gli altri lontani. La pia suora era stanchissima, poiché tutta la notte aveva avuto dolori e visioni mentre il corpo tremava e vibrava tutto. Piangendo di gioia disse: Non ricordo più quali cose meravigliose vidi e quali verità e chiarezze si aprirono innanzi ai miei occhi. Tutto era immerso in una molteplicità d’insieme e nello stesso tempo racchiuso in una verità sola. Tutto e tutti erano assorti in un amore reciproco. Le strade tra i palazzi erano ricoperte di perle con le sembianze di astri. In quest’armonia celeste mi apparvero Agostino, fregiato con le sue decorazioni dell’ordine, il vescovo Ludgerio con una chiesa in mano, così come lo si effigia; Gioacchino e sant’Anna che avevano entrambi in mano un ramo verde; ebbi la comprensione interiore che questo fosse il simbolo nostalgico per l’attesa della venuta del Messia, il quale avrebbe trovato origine dalla loro carne. Così pure mi fu chiara la loro nostalgia sulla terra, le loro suppliche, le persecuzioni e la loro purificazione.

Il 21 giugno il “pellegrino” la trovò piena di gioia. Il motivo era dovuto alla celebrazione di san Luigi nella Chiesa celeste. Anna Katharina così raccontò al riguardo: «Si teneva una grande celebrazione nella Chiesa, io pure partecipavo: sfilavano processioni, e fanciulle vestite tutte di bianco, con gigli nella mano, portavano la Madre di bio su un trono, mentre fanciulli, anch’essi vestiti allo stesso modo, portavano san Luigi che indossava l’abito religioso nero dell’ordine e sopra un camice bianco del Coro con frange dello stesso colore. Egli aveva un giglio in mano come i fanciulli che l’accompagnavano, era seduto sopra un trono sull’altare e su di lui si innalzava il trono della S. Madre di Dio. San Luigi si era findanzato con essa. Vidi in alto la Chiesa celeste riempita da santi Cori e intorno a Luigi vidi in circolo Ignazio, Xaverius, Borgia, Borromeo, Stanislao, Regis e molti altri gesuiti, e più in alto ancora molti Santi di altri ordini religiosi. Non posso descrivere la magnificenza della celebrazione di san Luigi e in che modo egli era venerato con corone e ghirlande. La Chiesa era piena di anime giovani, di vergini e ragazzi, i quali avevano trovato la Grazia del Signore sull’esempio di san Luigi. Tutti costoro erano i beati della Chiesa. In conseguenza alle visioni di questa celebrazione mi apparvero alcune scene della vita di san Luigi:
una grande sala e un piccolo fanciullo solo, appesa ad una parete c’era una borsa da soldato. Il fanciullo che sembrava molto timido nell’azione, si diresse verso questa e slacciò un lungo e largo schioppo, lo vidi allontanarsi e poi ritornare e infilarlo di nuovo nella borsa. Pianse profondamente come se fosse pentito e si accostò alla parete, ponendosi sotto la borsa. Poi vidi sopraggiungere una donna per consolarlo e portarlo dai genitori che sedevano in una bella sala, egli raccontò il suo errore e continuò a piangere. Vidi anche altre scene: l’incontro con un uomo che gli era familiare; e ancora lo vidi ammalato nel letto, circondato e sorretto per le braccia da tutti i servi che lo amavano; ed egli pallido e febbricitante sorrideva sempre amorevolmente.

Lo vidi ancora fanciullo, delicato e serio, in una casa patrizia, intorno a lui sedevano molti religiosi ed egli stava nel centro e parlava a tutti. Essi lo ascoltavano molto edificati. Era come se istruisse illuminato da Dio e stesse preparandosi al S. Sacramento. In un’altra immagine mi apparve mentre accoglieva nella sua bocca l’Ostia splendente, come se fosse entrato in un raccoglimento e in una nostalgia spirituale meravigliosa. Lo vidi ancora nella sua piccola celletta del convento, assorto nella preghiera e inondato dal chiarore della luce di Dio. Pareva che mi dicesse quale fosse stata la sua più grande colpa: quella di aver recitato un’Ave Maria distrattamente dopo un lungo giorno di preghiera. Trascorse la sua vita giovanile sempre ad occhi bassi e mai guardò una creatura femminile in volto. Questo modo di vivere non era un’apparenza ma vera convinzione. Nelle visioni che seguono ci viene mostrato come Anna K. Emmerich trae sollievo ed aiuto con i giochi dei fanciulli beati, morti innocentemente subito dopo il battesimo. Ella così raccontò a proposito: Amici di gioco vennero a prendermi, andammo verso il nostro luogo dei giochi e da lì al Presepe. L’asino stava davanti alla grotta, gli salii sopra e dissi ai bambini: “Così si è seduta la Madre di Dio!” Poi pregammo innanzi alla culla. I fanciulli mi portarono una quantità di mele, fiori e un rosaio cinto di spine, poi mi domandarono perché non li avessi mai chiamati per essere sollevata dalle mie pene, poiché essi mi avrebbero aiutato molto. I bambini si lamentarono che gli uomini li invocassero molto poco in loro aiuto nonostante che essi abbiano un grande ascendente su Dio, particolarmente quelli morti appena dopo il loro battesimo. Un tale fanciullo si trovava anche tra noi e mi ricordò che io avevo sollecitato la sua morte felice, invece di una vita di sofferenze; mi disse pure che se i genitori l’avessero saputo sarebbero stati amari nei miei confronti. Io mi ricordai che questo fanciullo mi fu portato dopo il battesimo e lo sollevai in alto, verso il cielo, e pregai con tutto il cuore Dio di prenderlo con sé nello stato della sua innocenza prima che potesse perdersi. Questo fanciullo mi ringraziò per le mie suppliche al cielo e volle pregare anch’egli per me. Essi poi mi dissero che bisogna pregare in modo particolare per i bambini che muoiono senza aiuto, perché se qualcuno prega per loro Dio è pronto a soccorrerli».

Più tardi Sr. Emmerich in estasi così disse al suo confessore, supplicandolo per una sua preghiera: In questo momento muoiono 5.000 persone, tra queste molti preti, bisogna pregare. Costoro vengono di nuovo da noi nella valle di Giosafat e ci pensano molto. Credo che ci siano un gran numero di moribondi nei più differenti luoghi.
Avevo l’impressione di stare seduta su un arco sospeso sul mondo, da molti punti mi giungevano raggi di luce dai quali potevo vedere i luoghi e le condizioni dei moribondi. A questo punto ebbi la consapevolezza più profonda di quante persone muoiono del tutto abbandonate. Bisogna pregare per tutte queste; Dio dia a loro l’eterno riposo e li riscaldi alla Sua luce!».


14-50 Agosto 12, 1922 Valore ed effetti del sacrificio.

Luisa Piccarreta (Libro di Cielo)

(1) Mi sentivo oppressa ed in pena, che solo il mio dolce Gesù può saperle, Lui scrutina ogni fibra del mio povero cuore e ne vede tutta l’intensità del mio strazio, ed avendo compassione di me, venendo, mi ha sostenuto fra le sue braccia dicendomi:

(2) “Figlia mia, coraggio, ci sono Io per te, di che temi? Forse ti ho mai mancato? E se tu a qualunque costo non ti senti di scostarti menomamente dal mio Volere, molto meno Io mi sento di non essere con te, e vita d’ogni tuo atto e pena. Or, tu devi sapere che la mia Volontà è oro purissimo, e per fare che il filo della tua volontà umana potesse diventare oro purissimo, in modo che intrecciandosi il filo della tua volontà con la mia non si discerna qual sia la tua e quale la mia, è solo il sacrificio, le pene, che consumando il filo della tua volontà umana sostituisce il filo d’oro divino, ché immedesimandosi col mio ne forma uno solo, ed intrecciando tutta la gran ruota dell’eternità si estende ovunque e si trova dappertutto. Ma se il mio Volere è oro e il tuo è ferro, rimarrai dietro, ed il mio non scenderà ad intrecciarsi col tuo. Se tu prendi due oggetti d’oro, ad onta che ciascuno abbia la sua forma diversa, liquefacendoli ne potrai formare uno solo, senza poter più discernere qual era l’oro dell’uno e quale quello dell’altro; ma se un oggetto è d’oro e l’altro è di ferro, l’uno non aderirà all’altro e non si potrà formare un solo oggetto d’oro. Sicché è solo il sacrificio che cambia la natura alla volontà umana.

(3) Il sacrificio è fuoco ardente e liquefa e consuma, il sacrificio è sacro ed ha virtù di consacrare la Volontà Divina nell’umana, il sacrificio è grazia e v’imprime col suo abile pennello la forma ed i lineamenti divini, ecco perciò l’aumento delle tue pene, sono le ultime pennellate che ci vogliono per dare l’ultima estensione ed intreccio del tuo volere col mio”.

(4) Ed io: “Ah! mio Gesù, tutte le mie pene, per quanto dolorose, che pare che mi annientano non mi opprimono, e se a Te piace me le moltiplichi pure; ma Tu sai qual è la pena che mi strazia, di quella sola imploro compassione da Te, che mi pare che non posso tirare più avanti. Deh! per pietà, aiutami e liberami se a Te piace”.

(5) E Gesù: “Figlia mia, anche in questa pena sarò con te, sarò tuo aiuto, ti darò la mia forza per sostenerla; potrei contentarti, ma non è decoroso che lo facessi. Ad un’opera così alta, ad una missione così sublime ed unica, di chiamarti a far vita nel mio Volere, mi suonerebbe male se non la facessi passare per mezzo dell’organo della mia Chiesa. Del resto, con la mia Volontà e con l’intervento dell’ubbidienza d’un mio ministro ti mettesti in questo stato, se questo non si sente di continuare può darti l’ubbidienza, affinché tu facendolo per obbedire, tra Me e te restiamo in pieno accordo, perché se lo facessi sola, di tua volontà, non solo non resteremmo d’accordo, ma resteresti sfregiata, però devono sapere che il mondo si trova presentemente sopra d’un rogo, se non vogliono che alzando più le sue fiamme incenerisca tutto, facciano quello che voglio”.

(6) Io sono rimasta atterrita e più afflitta di prima, ma pronta a fare la sua Santissima Volontà, non la mia.