Liturgia delle Ore - Letture
Domenica della 5° settimana del tempo ordinario
Vangelo secondo Luca 14
1Un sabato era entrato in casa di uno dei capi dei farisei per pranzare e la gente stava ad osservarlo.2Davanti a lui stava un idropico.3Rivolgendosi ai dottori della legge e ai farisei, Gesù disse: "È lecito o no curare di sabato?".4Ma essi tacquero. Egli lo prese per mano, lo guarì e lo congedò.5Poi disse: "Chi di voi, se un asino o un bue gli cade nel pozzo, non lo tirerà subito fuori in giorno di sabato?".6E non potevano rispondere nulla a queste parole.
7Osservando poi come gli invitati sceglievano i primi posti, disse loro una parabola:8"Quando sei invitato a nozze da qualcuno, non metterti al primo posto, perché non ci sia un altro invitato più ragguardevole di te9e colui che ha invitato te e lui venga a dirti: Cedigli il posto! Allora dovrai con vergogna occupare l'ultimo posto.10Invece quando sei invitato, va' a metterti all'ultimo posto, perché venendo colui che ti ha invitato ti dica: Amico, passa più avanti. Allora ne avrai onore davanti a tutti i commensali.11Perché chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato".
12Disse poi a colui che l'aveva invitato: "Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici, né i tuoi fratelli, né i tuoi parenti, né i ricchi vicini, perché anch'essi non ti invitino a loro volta e tu abbia il contraccambio.13Al contrario, quando dài un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi;14e sarai beato perché non hanno da ricambiarti. Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti".
15Uno dei commensali, avendo udito ciò, gli disse: "Beato chi mangerà il pane nel regno di Dio!".16Gesù rispose: "Un uomo diede una grande cena e fece molti inviti.17All'ora della cena, mandò il suo servo a dire agli invitati: Venite, è pronto.18Ma tutti, all'unanimità, cominciarono a scusarsi. Il primo disse: Ho comprato un campo e devo andare a vederlo; ti prego, considerami giustificato.19Un altro disse: Ho comprato cinque paia di buoi e vado a provarli; ti prego, considerami giustificato.20Un altro disse: Ho preso moglie e perciò non posso venire.21Al suo ritorno il servo riferì tutto questo al padrone. Allora il padrone di casa, irritato, disse al servo: Esci subito per le piazze e per le vie della città e conduci qui poveri, storpi, ciechi e zoppi.22Il servo disse: Signore, è stato fatto come hai ordinato, ma c'è ancora posto.23Il padrone allora disse al servo: Esci per le strade e lungo le siepi, spingili a entrare, perché la mia casa si riempia.24Perché vi dico: Nessuno di quegli uomini che erano stati invitati assaggerà la mia cena".
25Siccome molta gente andava con lui, egli si voltò e disse:26"Se uno viene a me e non odia suo padre, sua madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo.27Chi non porta la propria croce e non viene dietro di me, non può essere mio discepolo.
28Chi di voi, volendo costruire una torre, non si siede prima a calcolarne la spesa, se ha i mezzi per portarla a compimento?29Per evitare che, se getta le fondamenta e non può finire il lavoro, tutti coloro che vedono comincino a deriderlo, dicendo:30Costui ha iniziato a costruire, ma non è stato capace di finire il lavoro.31Oppure quale re, partendo in guerra contro un altro re, non siede prima a esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila?32Se no, mentre l'altro è ancora lontano, gli manda un'ambasceria per la pace.33Così chiunque di voi non rinunzia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo.
34Il sale è buono, ma se anche il sale perdesse il sapore, con che cosa lo si salerà?35Non serve né per la terra né per il concime e così lo buttano via. Chi ha orecchi per intendere, intenda".
Genesi 40
1Dopo queste cose il coppiere del re d'Egitto e il panettiere offesero il loro padrone, il re d'Egitto.2Il faraone si adirò contro i suoi due eunuchi, contro il capo dei coppieri e contro il capo dei panettieri,3e li fece mettere in carcere nella casa del comandante delle guardie, nella prigione dove Giuseppe era detenuto.4Il comandante delle guardie assegnò loro Giuseppe, perché li servisse. Così essi restarono nel carcere per un certo tempo.
5Ora, in una medesima notte, il coppiere e il panettiere del re d'Egitto, che erano detenuti nella prigione, ebbero tutti e due un sogno, ciascuno il suo sogno, che aveva un significato particolare.
6Alla mattina Giuseppe venne da loro e vide che erano afflitti.7Allora interrogò gli eunuchi del faraone che erano con lui in carcere nella casa del suo padrone e disse: "Perché quest'oggi avete la faccia così triste?".8Gli dissero: "Abbiamo fatto un sogno e non c'è chi lo interpreti". Giuseppe disse loro: "Non è forse Dio che ha in suo potere le interpretazioni? Raccontatemi dunque".
9Allora il capo dei coppieri raccontò il suo sogno a Giuseppe e gli disse: "Nel mio sogno, ecco mi stava davanti una vite,10sulla quale erano tre tralci; non appena essa cominciò a germogliare, apparvero i fiori e i suoi grappoli maturarono gli acini.11Io avevo in mano il calice del faraone; presi gli acini, li spremetti nella coppa del faraone e diedi la coppa in mano al faraone".
12Giuseppe gli disse: "Eccone la spiegazione: i tre tralci sono tre giorni.13Fra tre giorni il faraone solleverà la tua testa e ti restituirà nella tua carica e tu porgerai il calice al faraone, secondo la consuetudine di prima, quando eri suo coppiere.14Ma se, quando sarai felice, ti vorrai ricordare che io sono stato con te, fammi questo favore: parla di me al faraone e fammi uscire da questa casa.15Perché io sono stato portato via ingiustamente dal paese degli Ebrei e anche qui non ho fatto nulla perché mi mettessero in questo sotterraneo".
16Allora il capo dei panettieri, vedendo che aveva dato un'interpretazione favorevole, disse a Giuseppe: "Quanto a me, nel mio sogno mi stavano sulla testa tre canestri di pane bianco17e nel canestro che stava di sopra era ogni sorta di cibi per il faraone, quali si preparano dai panettieri. Ma gli uccelli li mangiavano dal canestro che avevo sulla testa".
18Giuseppe rispose e disse: "Questa è la spiegazione: i tre canestri sono tre giorni.19Fra tre giorni il faraone solleverà la tua testa e ti impiccherà ad un palo e gli uccelli ti mangeranno la carne addosso".
20Appunto al terzo giorno - era il giorno natalizio del faraone - egli fece un banchetto a tutti i suoi ministri e allora sollevò la testa del capo dei coppieri e la testa del capo dei panettieri in mezzo ai suoi ministri.21Restituì il capo dei coppieri al suo ufficio di coppiere, perché porgesse la coppa al faraone,22e invece impiccò il capo dei panettieri, secondo l'interpretazione che Giuseppe aveva loro data.23Ma il capo dei coppieri non si ricordò di Giuseppe e lo dimenticò.
Salmi 60
1'Al maestro del coro. Su "Giglio del precetto".'
'Miktam. Di Davide. Da insegnare.'
2'Quando uscì contro gli Aramei della Valle dei due fiumi e contro gli Aramei di Soba, e quando Gioab, nel ritorno, sconfisse gli Idumei nella Valle del sale: dodicimila uomini.'
3Dio, tu ci hai respinti, ci hai dispersi;
ti sei sdegnato: ritorna a noi.
4Hai scosso la terra, l'hai squarciata,
risana le sue fratture, perché crolla.
5Hai inflitto al tuo popolo dure prove,
ci hai fatto bere vino da vertigini.
6Hai dato un segnale ai tuoi fedeli
perché fuggissero lontano dagli archi.
7Perché i tuoi amici siano liberati,
salvaci con la destra e a noi rispondi.
8Dio ha parlato nel suo tempio:
"Esulto e divido Sichem,
misuro la valle di Succot.
9Mio è Gàlaad, mio è Manasse,
Èfraim è la difesa del mio capo,
Giuda lo scettro del mio comando.
10Moab è il bacino per lavarmi,
sull'Idumea getterò i miei sandali,
sulla Filistea canterò vittoria".
11Chi mi condurrà alla città fortificata,
chi potrà guidarmi fino all'Idumea?
12Non forse tu, o Dio, che ci hai respinti,
e più non esci, o Dio, con le nostre schiere?
13Nell'oppressione vieni in nostro aiuto
perché vana è la salvezza dell'uomo.
14Con Dio noi faremo prodigi:
egli calpesterà i nostri nemici.
Salmi 69
1'Al maestro del coro. Su "I gigli". Di Davide.'
2Salvami, o Dio:
l'acqua mi giunge alla gola.
3Affondo nel fango e non ho sostegno;
sono caduto in acque profonde
e l'onda mi travolge.
4Sono sfinito dal gridare,
riarse sono le mie fauci;
i miei occhi si consumano
nell'attesa del mio Dio.
5Più numerosi dei capelli del mio capo
sono coloro che mi odiano senza ragione.
Sono potenti i nemici che mi calunniano:
quanto non ho rubato, lo dovrei restituire?
6Dio, tu conosci la mia stoltezza
e le mie colpe non ti sono nascoste.
7Chi spera in te, a causa mia non sia confuso,
Signore, Dio degli eserciti;
per me non si vergogni
chi ti cerca, Dio d'Israele.
8Per te io sopporto l'insulto
e la vergogna mi copre la faccia;
9sono un estraneo per i miei fratelli,
un forestiero per i figli di mia madre.
10Poiché mi divora lo zelo per la tua casa,
ricadono su di me gli oltraggi di chi ti insulta.
11Mi sono estenuato nel digiuno
ed è stata per me un'infamia.
12Ho indossato come vestito un sacco
e sono diventato il loro scherno.
13Sparlavano di me quanti sedevano alla porta,
gli ubriachi mi dileggiavano.
14Ma io innalzo a te la mia preghiera,
Signore, nel tempo della benevolenza;
per la grandezza della tua bontà, rispondimi,
per la fedeltà della tua salvezza, o Dio.
15Salvami dal fango, che io non affondi,
liberami dai miei nemici
e dalle acque profonde.
16Non mi sommergano i flutti delle acque
e il vortice non mi travolga,
l'abisso non chiuda su di me la sua bocca.
17Rispondimi, Signore, benefica è la tua grazia;
volgiti a me nella tua grande tenerezza.
18Non nascondere il volto al tuo servo,
sono in pericolo: presto, rispondimi.
19Avvicinati a me, riscattami,
salvami dai miei nemici.
20Tu conosci la mia infamia,
la mia vergogna e il mio disonore;
davanti a te sono tutti i miei nemici.
21L'insulto ha spezzato il mio cuore e vengo meno.
Ho atteso compassione, ma invano,
consolatori, ma non ne ho trovati.
22Hanno messo nel mio cibo veleno
e quando avevo sete mi hanno dato aceto.
23La loro tavola sia per essi un laccio,
una insidia i loro banchetti.
24Si offuschino i loro occhi, non vedano;
sfibra per sempre i loro fianchi.
25Riversa su di loro il tuo sdegno,
li raggiunga la tua ira ardente.
26La loro casa sia desolata,
senza abitanti la loro tenda;
27perché inseguono colui che hai percosso,
aggiungono dolore a chi tu hai ferito.
28Imputa loro colpa su colpa
e non ottengano la tua giustizia.
29Siano cancellati dal libro dei viventi
e tra i giusti non siano iscritti.
30Io sono infelice e sofferente;
la tua salvezza, Dio, mi ponga al sicuro.
31Loderò il nome di Dio con il canto,
lo esalterò con azioni di grazie,
32che il Signore gradirà più dei tori,
più dei giovenchi con corna e unghie.
33Vedano gli umili e si rallegrino;
si ravvivi il cuore di chi cerca Dio,
34poiché il Signore ascolta i poveri
e non disprezza i suoi che sono prigionieri.
35A lui acclamino i cieli e la terra,
i mari e quanto in essi si muove.
36Perché Dio salverà Sion,
ricostruirà le città di Giuda:
vi abiteranno e ne avranno il possesso.
37La stirpe dei suoi servi ne sarà erede,
e chi ama il suo nome vi porrà dimora.
Geremia 14
1Parola che il Signore rivolse a Geremia in occasione della siccità:
2Giuda è in lutto,
le sue città languiscono,
sono a terra nello squallore;
il gemito di Gerusalemme sale al cielo.
3I ricchi mandano i loro servi in cerca d'acqua;
essi si recano ai pozzi,
ma non ve la trovano
e tornano con i recipienti vuoti.
Sono delusi e confusi e si coprono il capo.
4Per il terreno screpolato,
perché non cade pioggia nel paese,
gli agricoltori sono delusi e confusi
e si coprono il capo.
5La cerva partorisce nei campi e abbandona il parto,
perché non c'è erba.
6Gli ònagri si fermano sui luoghi elevati
e aspirano l'aria come sciacalli;
i loro occhi languiscono,
perché non si trovano erbaggi.
7"Se le nostre iniquità testimoniano contro di noi,
Signore, agisci per il tuo nome!
Certo, sono molte le nostre infedeltà,
abbiamo peccato contro di te.
8O speranza di Israele,
suo salvatore al tempo della sventura,
perché vuoi essere come un forestiero nel paese
e come un viandante che si ferma solo una notte?
9Perché vuoi essere come un uomo sbigottito,
come un forte incapace di aiutare?
Eppure tu sei in mezzo a noi, Signore,
e noi siamo chiamati con il tuo nome,
non abbandonarci!".
10Così dice il Signore di questo popolo: "Piace loro andare vagando, non fermano i loro passi". Per questo il Signore non li gradisce. Ora egli ricorda la loro iniquità e punisce i loro peccati.
11Il Signore mi ha detto: "Non intercedere a favore di questo popolo, per il suo benessere.12Anche se digiuneranno, non ascolterò la loro supplica; se offriranno olocausti e sacrifici, non li gradirò; ma li distruggerò con la spada, la fame e la peste".13Allora ho soggiunto: "Ahimè, Signore Dio, dicono i profeti: Non vedrete la spada, non soffrirete la fame, ma vi concederò una pace perfetta in questo luogo".14Il Signore mi ha detto: "I profeti hanno predetto menzogne in mio nome; io non li ho inviati, non ho dato ordini né ho loro parlato. Vi annunziano visioni false, oracoli vani e suggestioni della loro mente".15Perciò così dice il Signore: "I profeti che predicono in mio nome, senza che io li abbia inviati, e affermano: Spada e fame non ci saranno in questo paese, questi profeti finiranno di spada e di fame.16Gli uomini ai quali essi predicono saranno gettati per le strade di Gerusalemme in seguito alla fame e alla spada e nessuno seppellirà loro, le loro donne, i loro figli e le loro figlie. Io rovescerò su di essi la loro malvagità".
17Tu riferirai questa parola:
"I miei occhi grondano lacrime
notte e giorno, senza cessare,
perché da grande calamità
è stata colpita la figlia del mio popolo,
da una ferita mortale.
18Se esco in aperta campagna,
ecco i trafitti di spada;
se percorro la città,
ecco gli orrori della fame.
Anche il profeta e il sacerdote
si aggirano per il paese e non sanno che cosa fare.
19Hai forse rigettato completamente Giuda,
oppure ti sei disgustato di Sion?
Perché ci hai colpito, e non c'è rimedio per noi?
Aspettavamo la pace, ma non c'è alcun bene,
l'ora della salvezza ed ecco il terrore!
20Riconosciamo, Signore, la nostra iniquità,
l'iniquità dei nostri padri: abbiamo peccato contro di te.
21Ma per il tuo nome non abbandonarci,
non render spregevole il trono della tua gloria.
Ricordati! Non rompere la tua alleanza con noi.
22Forse fra i vani idoli delle nazioni c'è chi fa
piovere?
O forse i cieli mandan rovesci da sé?
Non sei piuttosto tu, Signore nostro Dio?
In te abbiamo fiducia,
perché tu hai fatto tutte queste cose".
Apocalisse 3
1All'angelo della Chiesa di Sardi scrivi:
Così parla Colui che possiede i sette spiriti di Dio e le sette stelle: Conosco le tue opere; ti si crede vivo e invece sei morto.2Svegliati e rinvigorisci ciò che rimane e sta per morire, perché non ho trovato le tue opere perfette davanti al mio Dio.3Ricorda dunque come hai accolto la parola, osservala e ravvediti, perché se non sarai vigilante, verrò come un ladro senza che tu sappia in quale ora io verrò da te.4Tuttavia a Sardi vi sono alcuni che non hanno macchiato le loro vesti; essi mi scorteranno in vesti bianche, perché ne sono degni.5Il vincitore sarà dunque vestito di bianche vesti, non cancellerò il suo nome dal libro della vita, ma lo riconoscerò davanti al Padre mio e davanti ai suoi angeli.6Chi ha orecchi, ascolti ciò che lo Spirito dice alle Chiese.
7All'angelo della Chiesa di Filadelfia scrivi:
Così parla il Santo, il Verace,
Colui che ha 'la chiave di Davide:
quando egli apre nessuno chiude,
e quando chiude nessuno apre'.
8Conosco le tue opere. Ho aperto davanti a te una porta che nessuno può chiudere. Per quanto tu abbia poca forza, pure hai osservato la mia parola e non hai rinnegato il mio nome.9Ebbene, ti faccio dono di alcuni della sinagoga di satana - di quelli che si dicono Giudei, ma mentiscono perché non lo sono -: li farò venire perché si prostrino ai tuoi piedi e sappiano che io ti ho amato.10Poiché hai osservato con costanza la mia parola, anch'io ti preserverò nell'ora della tentazione che sta per venire sul mondo intero, per mettere alla prova gli abitanti della terra.11Verrò presto. Tieni saldo quello che hai, perché nessuno ti tolga la corona.12Il vincitore lo porrò come una colonna nel tempio del mio Dio e non ne uscirà mai più. Inciderò su di lui il nome del mio Dio e il nome della città del mio Dio, della nuova Gerusalemme che discende dal cielo, da presso il mio Dio, insieme con il mio nome nuovo.13Chi ha orecchi, ascolti ciò che lo Spirito dice alle Chiese.
14All'angelo della Chiesa di Laodicèa scrivi:
Così parla l'Amen, il Testimone fedele e verace, il Principio della creazione di Dio:15Conosco le tue opere: tu non sei né freddo né caldo. Magari tu fossi freddo o caldo!16Ma poiché sei tiepido, non sei cioè né freddo né caldo, sto per vomitarti dalla mia bocca.17Tu dici: "Sono ricco, mi sono arricchito; non ho bisogno di nulla", ma non sai di essere un infelice, un miserabile, un povero, cieco e nudo.18Ti consiglio di comperare da me oro purificato dal fuoco per diventare ricco, vesti bianche per coprirti e nascondere la vergognosa tua nudità e collirio per ungerti gli occhi e ricuperare la vista.19Io tutti quelli che amo li rimprovero e li castigo. Mostrati dunque zelante e ravvediti.20Ecco, sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me.21Il vincitore lo farò sedere presso di me, sul mio trono, come io ho vinto e mi sono assiso presso il Padre mio sul suo trono.22Chi ha orecchi, ascolti ciò che lo Spirito dice alle Chiese.
Capitolo XXV: In che cosa consistono la stabilità della pace interiore e il vero progresso spirituale
Leggilo nella Biblioteca1. O figlio, così ho detto "io vi lascio la pace; vi dono la mia pace; non quella, però, che dà il mondo" (Gv 14,27). Tutti tendono alla pace; non tutti però si preoccupano di ciò che caratterizza la vera pace. La mia pace è con gli umili e i miti di cuore; e la tua pace consisterà nel saper molto sopportare. Se mi ascolterai e seguirai le mie parole, potrai godere di una grande pace. Che farò dunque? In ogni cosa guarda bene a quello che fai e a quello che dici. Sia questa la sola tua intenzione, essere caro soltanto a me; non desiderare né cercare altro, fuori di me; non giudicare mai avventatamente quello che dicono o fanno gli altri e non impicciarti in faccende che non ti siano state affidate. In tal modo potrai essere meno turbato, o più raramente; ché non sentire mai turbamento alcuno e non patire alcuna noia, nello spirito e nel corpo, non è di questa vita, ma è condizione propria della pace eterna.
2. Perciò non credere di aver trovato la vera pace, soltanto perché non senti difficoltà alcuna; non credere che tutto vada bene, soltanto perché non hai alcuno che ti si ponga contro; non credere che tutto sia perfetto, soltanto perché ogni cosa avviene secondo il tuo desiderio; non pensare di essere qualcosa di grande o di essere particolarmente caro a Dio, soltanto perché ti trovi in stato di grande e soave devozione. Non è da queste cose, infatti, che si distingue colui che ama veramente la virtù; non è in queste cose che consistono il progresso e la perfezione dell'uomo. In che cosa, dunque, o Signore? Nell'offrire te stesso, con tutto il cuore, al volere di Dio, senza cercare alcunché di tuo, nelle piccole come nelle grandi cose, per il tempo presente come per l'eternità; così che tu sia sempre, alla stessa maniera, imperturbabilmente, in atto di ringraziamento, bilanciando bene tutte le cose, le prospere e le contrarie. Quando sarai tanto forte e generoso nella fede che, pur avendo perduta ogni consolazione interiore, saprai disporre il tuo animo a soffrire ancor di più - senza trovare scuse, come se tu non dovessi subire tali e tanto grandi patimenti -; anzi quando mi proclamerai giusto e mi dirai santo qualunque sia la mia volontà, allora sì che tu camminerai nella vera e giusta strada della pace; allora sì che avrai la sicura speranza di rivedere con gioia il mio volto. Se poi arriverai a disprezzare pienamente te stesso, sappi che allora godrai di pace sovrabbondante , per quanto è possibile alla tua condizione di pellegrino su questa terra.
DISCORSO 215 NELLA RESA DEL SIMBOLO
Discorsi - Sant'Agostino
Leggilo nella Biblioteca
Il Simbolo dev'essere sempre nella mente e nel cuore.
1. Il Simbolo del santo mistero, che avete ricevuto tutti insieme e che oggi avete reso uno per uno, sono le parole su cui è costruita con saldezza la fede della madre Chiesa sopra il fondamento stabile che è Cristo Signore. Nessuno infatti può porre un fondamento diverso da quello che è già posto, che è Cristo Gesù 1. Voi dunque lo avete ricevuto e reso, ma nella mente e nel cuore lo dovete tener sempre presente, lo dovete ripetere nei vostri letti, ripensarlo nelle piazze e non scordarlo durante i pasti: e anche quando dormite col corpo, dovete vegliare in esso col cuore. Per rinunciare infatti al diavolo, per togliere il pensiero e l'affetto dalle sue pompe e dai suoi angeli, bisogna dimenticare il passato e, nel rifarsi uomo nuovo, rinnovare anche la vita con santi costumi (dando l'addio alla vecchiezza della vita di prima); come dice l'Apostolo, dimenticando il passato e protesi verso ciò che ci sta davanti, bisogna correre verso la palma della superna vocazione di Dio 2 e credere ciò che ancora non si vede per poter conseguire quel che si crede. Infatti quel che uno già vede, come lo può sperare? Ma se speriamo quel che non vediamo, lo attendiamo con perseveranza 3.
Credo in Dio Padre onnipotente.
2. La fede, dunque, é la regola della salvezza è questa, che noi crediamo in Dio Padre onnipotente, creatore di tutte le cose, re dei secoli, immortale e invisibile. Egli è il Dio onnipotente che nel principio del mondo creò tutto dal nulla, lui che è prima dei secoli, lui che ha fatto e regge i secoli. Egli non cresce nel tempo, non si distende nello spazio, non è chiuso o limitato in nessuna materia, ma rimane presso di sé e in sé piena e perfetta eternità che mente umana non può comprendere né lingua esprimere. Ché se il premio che egli promette ai suoi santi occhio mai vide, né orecchio udì né mai entrò in cuor d'uomo 4, colui che ha promesso questo premio come potrà concepirlo la mente, pensarlo il cuore o esprimerlo la lingua?.
Inenarrabile è la nascita del Verbo, sia eterna che nel tempo.
3. Crediamo anche in Gesù Cristo suo Figlio, nostro Signore Dio vero da Dio vero, Figlio Dio del Padre Dio, però non due dèi perché egli e il Padre sono una cosa sola 5; e questo lo insinua al suo popolo già per mezzo di Mosè, quando dice: Ascolta, Israele, i comandi della vita; il Signore tuo Dio è un Dio solo 6. Ma se tu cerchi di comprendere come l'eterno Figlio sia nato senza tempo dall'eterno Padre, te ne dissuade il profeta Isaia che dice: Chi potrà narrare la sua generazione? 7. Perciò come Dio sia nato da Dio tu non sei in grado né di pensarlo né di esprimerlo; solo di credere ti è permesso, perché possa essere salvo, secondo quanto dice l'Apostolo: Chi si accosta a Dio deve credere che egli esiste e che ricompenserà coloro che lo cercano 8. Se invece desideri conoscere la sua nascita secondo la carne, che egli assunse benignamente per la nostra salvezza, ascolta e credi che egli nacque da Spirito Santo e da Maria Vergine. Per quanto anche questa sua nascita chi la potrà narrare? Chi infatti potrà apprezzare adeguatamente un Dio che per gli uomini è voluto nascere uomo, una Vergine che lo concepì senza seme virile, che lo partorì senza corruzione e che dopo il parto rimase nella sua integrità? Infatti il Signore nostro Gesù Cristo si degnò di entrare nell'utero della Vergine, riempì immacolato le membra della donna, senza corromperla la rese madre, quando fu formato ne uscì da se stesso e rinchiuse ancora integre le viscere materne. In tal modo arricchì colei da cui si degnò di nascere con l'onore della maternità e con la santità della verginità. Questo chi mai lo potrebbe comprendere? Chi narrare? E quindi anche questa generazione chi potrà narrarla? Qual mente arriverebbe a pensare, quale lingua ad esprimere non solo che in principio era il Verbo che non ha nessun principio nel nascere, ma anche che il Verbo si è fatto carne 9, scegliendo una vergine per farsela madre, facendola madre pur conservandola vergine? Figlio di Dio non concepito da nessuna madre, figlio dell'uomo senza il seme d'un padre, che nel venire ha portato a una donna la fecondità, senza con questo toglierle l'integrità? Che è mai questo? Chi lo potrà dire? Ma anche chi tacere? E questa è la meraviglia: non siamo in grado di descriverlo, ma neanche possiamo tacerlo; ad alta voce annunciamo cose che, pensando, non riusciamo a comprendere. Davvero non sappiamo esaltare un dono cosi grande di Dio, perché siamo troppo piccoli per descriverne la grandezza; eppure siamo costretti ad esaltarlo, perché tacendo non restiamo ingrati. Ma grazie a Dio ciò che non può essere adeguatamente espresso può essere con sicurezza creduto.
Mirabile nascita di Cristo attraverso la fede di Maria.
4. Perciò crediamo in Gesù Cristo nostro Signore nato da Spirito Santo e da Maria Vergine. La Vergine Maria partorì credendo quel che concepì credendo. Infatti quando le fu promesso il figlio, essa domandò come questo sarebbe successo, dato che non conosceva uomo (e naturalmente le era noto quale fosse il solo modo di conoscere e partorire, ossia che l'uomo nasce dall'unione del maschio e della femmina, modo che essa non aveva sperimentato, ma che aveva appreso dalla normale frequentazione delle altre donne). E l'angelo le rispose: Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell'Altissimo; colui dunque che nascerà da te sarà santo e chiamato Figlio di Dio. E dopo che l'angelo ebbe detto così, essa, piena di fede e concependo Cristo prima nel cuore che nel grembo, rispose: Eccomi, sono la serva del Signore; avvenga di me secondo la tua parola 10. Ossia avvenga la concezione nella vergine senza seme di uomo; nasca da Spirito Santo e da una donna integra colui per il quale integra possa rinascere da Spirito Santo la Chiesa. Il santo che nascerà dalla parte umana della madre senza l'apporto umano del padre si chiami Figlio di Dio; colui che è nato da Dio Padre senza alcuna madre, doveva in modo meraviglioso diventar figlio dell'uomo, e cosi, nato in quella carne, poté uscire piccolo attraverso viscere chiuse, e grande, risuscitato, poté entrare attraverso porte chiuse. Sono cose meravigliose, perché divine; indescrivibili, perché inscrutabili; non è in grado di spiegarlo la bocca dell'uomo, perché non è in grado di esprimerlo il cuore dell'uomo. Maria credette e in lei quel che credette si avverò. Crediamo anche noi, perché quel che si avverò possa giovare anche a noi. Per quanto infatti anche questa nascita sia ammirabile, tuttavia, o uomo, tu puoi pensare che cosa il tuo Dio si è fatto per te, il Creatore per la creatura; il Dio che è sempre in Dio, l'Eterno che vive con l'Eterno, il Figlio uguale al Padre non ha disdegnato di rivestirsi della condizione di servo per dei servi empi e peccatori. E questa non è stata ricompensa a dei meriti umani; per le nostre iniquità semmai noi meritavamo delle pene; ma se egli avesse tenuto conto delle colpe, chi avrebbe potuto sussistere 11? È quindi per dei servi empi e peccatori che il Signore si è degnato di nascere servo e uomo dallo Spirito Santo e dalla Vergine Maria.
Cristo morto per noi quando eravamo ancora peccatori.
5. Potrà sembrar poco questo, che Dio per gli uomini, il giusto per i peccatori, l'innocente per i colpevoli, il re per gli schiavi, il signore per i servi sia venuto rivestito della carne umana, sia stato visto sulla terra, abbia vissuto insieme con gli uomini 12; ma per di più fu crocifisso, morì e fu sepolto. Non credi? Chiedi forse quando sia successo? Ecco quando: Sotto Ponzio Pilato. Per precisartelo c'è anche il nome del giudice, perché tu non possa dubitare neanche del tempo. E allora credete che il Figlio di Dio fu crocifisso sotto Ponzio Pilato e fu sepolto. Ecco che nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici 13. Nessuno davvero? Proprio nessuno. È verità, lo ha detto Gesù stesso. Interroghiamo anche l'Apostolo; egli ci dice: Cristo morì per gli empi 14. E poco dopo: Mentre eravamo nemici, siamo stati riconciliati con Dio per mezzo della morte del Figlio suo 15. E allora in Cristo noi troviamo un amore ancora più grande, perché egli non ha dato la sua vita per degli amici, ma per i suoi nemici. Quanto grande è l'amore di Dio per gli uomini, quanta tenerezza, amare i peccatori fino a tal punto da morire per essi di amore! Egli dimostra il suo amore per noi, sono ancora parole dell'Apostolo, perché, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi 16. Anche tu dunque credilo, e non vergognarti di confessarlo per la tua salvezza. Si crede infatti col cuore per [ottenere] la giustizia, e si confessa con la bocca per [avere] la salvezza 17. Inoltre, perché non avessi dubbi, perché non avessi vergogna, quando cominciasti a credere ricevesti il segno di Cristo sulla fronte, che è come la sede del pudore. Ripensa che cosa hai in fronte, e non avrai paura della lingua altrui. Chi si vergognerà di me davanti agli uomini, dice il Signore stesso, anche il Figlio dell'uomo si vergognerà di lui davanti agli angeli di Dio 18. Non arrossire dunque per l'ignominia della croce che per te Dio stesso non ha esitato di accogliere. Ripeti con l'Apostolo: Per me non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo 19. E ti farà eco ancora lo stesso Apostolo: Io ritenni di non sapere altro in mezzo a voi, se non Gesù Cristo, e questi crocifisso 20. Egli che da un sol popolo fu allora crocifisso, ora è fisso nel cuore di tutti quanti i popoli.
La fede nella risurrezione rende diversi i cristiani dagli altri uomini.
6. Se poi tu, chiunque tu sia, voglia trar vanto più dalla potenza che dall'umiliazione, eccoti consolato, eccoti soddisfatto. Quegli infatti che era stato crocifisso sotto Ponzio Pilato e sepolto, il terzo giorno risuscitò dai morti. Anche qui forse dubiti, forse trepidi ancora. Quando ti veniva detto: Credilo nato, credilo sofferente, crocifisso, morto e sepolto, ti era più facile crederlo perché più vicino all'uomo. Ora che ti si dice: Il terzo giorno risuscitò dai morti, puoi dubitare? Tra i molti, pensiamo ad un argomento solo: rifletti che è Dio, pensa che è l'Onnipotente, e non avrai più incertezze. Se egli ha avuto la potenza di far dal nulla te quando non esistevi affatto, perché non poté risuscitare dai morti la sua umanità che aveva già fatto? Credete dunque, o fratelli: quando si tratta di credere, non occorre far lunghi discorsi. È proprio questa fede che rende diversi e distingue i cristiani da tutti gli altri uomini. Che egli sia morto e sepolto, adesso lo credono anche i pagani e allora lo videro anche i Giudei; ma che il terzo giorno risuscitò dai morti non lo ammette né il pagano né il Giudeo. È dunque la risurrezione dai morti a distinguere la vita della nostra fede dai morti infedeli. E anche l'apostolo Paolo, scrivendo a Timoteo, dice: Ricordati che Gesù Cristo è risuscitato dai morti 21. Crediamo, perciò, fratelli; e quel che in Cristo crediamo già avvenuto, speriamolo per noi come futuro. È Dio che lo promette; egli non falla.
Ascensione di Cristo. Il giudizio.
7. E dopo esser risuscitato dai morti, salì al cielo e siede alla destra del Padre. Ancora stenti a credere. Ascolta l'Apostolo: Colui che discese è lo stesso che anche ascese al di sopra di tutti i cieli per riempire tutte le cose 22. Bada che quegli che non vuoi credere come risorto non l'abbia poi a sentire come giudice. Perché chi non crede, è già giudicato 23. Infatti colui che ora siede alla destra del Padre come nostro avvocato di là ha da venire a giudicare i vivi e i morti. Crediamo dunque, affinché, sia che viviamo sia che moriamo, siamo del Signore 24.
Lo Spirito Santo, la remissione dei peccati, la risurrezione della carne, la vita eterna.
8. Inoltre crediamo nello Spirito Santo. Egli infatti è Dio, come è scritto: Dio è Spirito 25. Per mezzo di lui riceviamo la remissione dei peccati, per mezzo di lui crediamo la risurrezione della carne, per mezzo di lui speriamo la vita eterna. Se li contate però, state attenti a non sbagliare, e non pensate che io abbia parlato di tre dèi avendo nominato tre volte l'unico Dio. Una sola nella Trinità è la sostanza divina, una la forza, una la potenza, una la maestà, uno il nome della divinità; come Cristo stesso, risuscitato dai morti, disse ai suoi discepoli: Andate, battezzate tutte le genti, non nel nome di molti, ma nel solo nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo 26. Perciò, o dilettissimi, che credete nella divina Trinità e nella trina unità, state attenti che nessuno vi faccia deviare dalla fede e dalla verità della Chiesa cattolica. E se qualcuno vi predicherà un vangelo diverso da quello che avete ricevuto, sia anatema. Ascoltate non me, ma l'Apostolo che dice: Se anche noi stessi o un angelo dal cielo vi predicasse un vangelo diverso da quello che avete ricevuto, sia anatema 27.
Nella santa Chiesa.
9. Certamente vi sarete accorti, o carissimi, che anche nelle parole del sacro Simbolo, come a conclusione di tutte le formule che riguardano il sacramento della fede, c'è aggiunto una specie di supplemento, in cui si dice: nella santa Chiesa. E allora tenetevi lontani il più possibile dai molti e svariati seminatori d'inganni le cui sette e nomi sono tanti che ora sarebbe troppo lungo elencare. Perché abbiamo ancora da dirvi molte cose, ma per ora non siete in grado di portarne il peso 28. Una cosa sola raccomando alla vostra attenzione, che teniate in tutti i modi il vostro animo e il vostro ascolto lontano da chi non sia cattolico, perché possiate conseguire la remissione dei peccati, la risurrezione della carne e la vita eterna nell'una, vera e santa Chiesa cattolica, nella quale si conosce il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, unico Dio, a cui è onore e gloria nei secoli dei secoli.
1 - 1 Cor 3, 11.
2 - Cf. Fil 2, 13.
3 - Rm 8, 24-25.
4 - 1 Cor 2, 9.
5 - Cf. Gv 10, 30.
6 - Dt 6, 4.
7 - Is 53, 8.
8 - Eb 11, 6.
9 - Cf. Gv 1, 1. 14.
10 - Lc 1, 34-38.
11 - Cf. Sal 129, 3.
12 - Cf. Bar 3, 38.
13 - Gv 15, 13.
14 - Rm 5, 6.
15 - Rm 5, 10.
16 - Rm 5, 8.
17 - Rm 10, 10.
18 - Mc 8, 38.
19 - Gal 6, 14.
20 - 1 Cor 2, 2.
21 - 2 Tm 2, 8.
22 - Ef 4, 10.
23 - Gv 3, 18.
24 - Cf. Rm 14, 8.
25 - Gv 4, 24.
26 - Mt 28, 19.
27 - Gal 1, 8-9.
28 - Cf. Gv 16, 18.
22 - Maria santissima offre il suo Unigenito all'eterno Padre per la redenzione degli uomini.
La mistica Città di Dio - Libro quinto - Suor Maria d'Agreda
Leggilo nella Biblioteca951. L 'amore che la nostra gran Regina nutriva per il suo Unigenito era la regola per mezzo della quale era possibile ponderare gli altri suoi affetti ed atti, tra cui pure le passioni e i sentimenti di gioia e di dolore, che secondo le diverse cause ella provava. Per misurare questo ardore la nostra capacità non trova alcun criterio sicuro, né lo possono trovare gli angeli, all'infuori di quello che intendono con la vista chiara dell'essere divino. Tutto il rimanente, che si può dire per via di circonlocuzioni e similitudini, non è che la minima parte di ciò che questo incendio comprende in se stesso. Ella infatti amava Gesù come figlio del Padre, uguale a lui nella divinità e nelle sue infinite perfezioni ed attributi; l'amava ancora come figlio proprio e naturale, e suo solo nell'umanità, formato dalla sua stessa carne e dal suo stesso sangue; l'amava, perché nella sua umanità si celava il Santo dei santi e la causa meritoria di tutta la santità. Egli era il più bello tra i figli degli uomini, il più obbediente e affezionato figlio di sua madre e colui che maggiormente la celebrava e la colmava di benefici: poiché era suo figlio la innalzò alla suprema dignità fra le creature, e la arricchì tra tutte e sopra tutte con i tesori della divinità, col dominio su ogni cosa esistente e con i favori che a nessun'altra si sarebbero potuti degnamente concedere.
952. Questi motivi e stimoli di fervore erano depositati, e come racchiusi, nella sapienza della Signora con molti altri, che solo la sua scienza poteva comprendere. Il suo cuore era libero da impedimenti, poiché candido e purissimo, ed ella non conosceva ingratitudine, essendo dotata di profondissima umiltà ed eccezionale fedeltà nel corrispondere. Non era lenta, perché con la sua grande forza di volontà collaborava con la grazia; non era pigra, ma diligentissima; non trascurata, ma zelantissima e sollecita; non si dimenticava, perché la sua memoria era tenace e stabile nel ricordare i doni, le ragioni e le leggi della carità. Stava nella sfera dello stesso fuoco alla presenza di Dio, alla scuola di lui in compagnia di Cristo e di fronte alle sue opere ed azioni, sempre copiando quella viva immagine. Niente mancava a questa dolcissima amante per giungere alla misura dell'amore, che sta nell'amare senza misura. Questa luna bellissima, trovandosi dunque nella sua pienezza, fissò il Sole di giustizia per la durata di quasi trent'anni; essendosi innalzata come aurora al supremo grado della luce e all'ultimo grado dell'incendio amoroso del giorno chiarissimo della grazia, era come estraniata da tutto il visibile e trasformata nel suo diletto, che la ricambiava con affetto, elargizioni e manifestazioni di tenerezza. Ed ecco che nel punto più alto, nell'occasione più ardua, accadde che udì l'Eterno che la chiamava, come in figura aveva chiamato il patriarca Abramo, affinché immolasse il pegno del suo amore e della sua speranza, cioè il suo Isacco.
953. Maria non ignorava che il tempo passava velocemente, perché già sua Maestà era entrato nei trent'anni di età, e che si avvicinava il termine stabilito per assolvere il debito dei mortali; tuttavia, finché era in possesso del bene che la rendeva così beata, ne mirava come da lontano la privazione, non ancora sperimentata. Poiché l'ora si stava avvicinando, un giorno in cui era rapita in un'estasi sublime fu posta dinanzi al trono regale, dal quale uscì una voce che con mirabile potenza le disse: «Mia sposa, offritemi il vostro Unigenito in sacrificio». Con queste parole ella conobbe il disegno prestabilito della redenzione umana per mezzo della passione del nostro Maestro, e tutto ciò che doveva accadere fino all'inizio della stessa, cioè l'intero svolgimento del ministero di predicazione e del magistero del Signore. Al rinnovarsi di questo pensiero, sentì molteplici e diversi effetti nel suo animo, di sottomissione e umiltà, di carità verso Dio e verso gli uomini, di compassione e tenerezza e di naturale dolore per ciò che suo Figlio doveva patire.
954. Eppure, senza turbarsi e con cuore magnanimo, rispose così all'Altissimo: «Re sapiente e benigno, tutto quello che esiste fuori di voi ha ricevuto e riceve la vita dalla vostra liberale misericordia e grandezza. Di tutto siete padrone e sovrano indipendente. Come mai ordinate a me, vile vermiciattolo della terra, che sacrifichi e consegni alla vostra divina disposizione colui che per vostra ineffabile bontà proprio da voi mi è stato donato? È vostro, perché nell'eternità lo avete generato prima della stella del mattino e sempre lo generate e lo genererete per infiniti secoli. Se nel mio grembo l'ho rivestito della forma di servo con il mio stesso sangue, se l'ho alimentato al mio seno, se l'ho allevato e ne ho avuto cura, anche quell'umanità santissima è tutta vostra come io sono vostra, perché da voi ho avuto tutto quello che sono e che ho potuto dargli. Che mi resta dunque da offrirvi, che non sia più vostro che mio? Confesso che con tanta generosità ci arricchite con i vostri immensi tesori, che anche il vostro diletto, generato dalla vostra sostanza e dalla luce della vostra stessa divinità, voi lo chiedete in volontaria oblazione per rendervi obbligato da essa. Con lui mi sono stati dati contemporaneamente tutti i beni, e dalla sua mano ho accolto enormi benefici e onori. Egli è la virtù della mia virtù, la sostanza del mio spirito, la vita della mia anima e l'anima della vita con cui mi sostenta, la gioia con cui vivo. Mi sarebbe dolce tale sacrificio, se lo consegnassi solamente a voi che ne sapete il valore, ma chiedermi di offrirlo al volere della vostra giustizia, affinché questa si esegua per mano dei suoi crudeli nemici a prezzo della sua vita, più stimabile di quanto vi è di creato fuori di essa, è davvero troppo per una madre; però non si compia la mia volontà, ma la vostra. Si ottenga la libertà del genere umano, resti soddisfatta la vostra equità, si manifesti il vostro sconfinato amore, sia conosciuto il vostro nome e magnificato da tutti gli esseri viventi. Io consegno il mio caro Isacco, perché sia realmente immolato, consegno il figlio delle mie viscere, perché secondo l'immutabile disegno della vostra provvidenza paghi il debito contratto non da lui, ma dai discendenti di Adamo, e perché si adempia in lui tutto ciò che i profeti per vostra ispirazione hanno scritto e dichiarato».
955. Questa offerta della Vergine, per le condizioni che la contraddistinsero, fu per il Padre la maggiore e la più accetta di quante gliene furono rese dal principio del mondo o gliene saranno rese sino alla fine, all'infuori di quella del Verbo incarnato. Il suo olocausto fu così strettamente collegato a quello di Cristo da essere con esso il medesimo, per quanto possibile. Se l'estremo grado della carità si manifesta nel donare la vita per colui che si ama, senza dubbio Maria oltrepassò grandemente questo limite, giacché amava la vita di Gesù molto più della propria. Questo "più" era senza misura, poiché per preservarla, se fossero state sue quelle di tutti gli uomini, sarebbe morta altrettante volte, ed altre innumerevoli ancora. Non vi è altro criterio con cui si possa ponderare il suo amore verso di noi, eccetto quello dell'Onnipotente stesso. Poiché, come fu detto a Nicodemo che Dio aveva tanto amato il mondo da dare il suo Unigenito perché nessuno perisse di tutti quelli che avrebbero creduto in lui, così pare che a suo modo abbia fatto la Regina di misericordia, e a lei proporzionatamente dobbiamo il nostro riscatto; infatti, ella ci amò a tal punto che diede suo Figlio per la nostra salvezza. Se non lo avesse sacrificato quando le fu richiesto, non avrebbe potuto aver luogo il riscatto secondo quel decreto, la cui esecuzione doveva avvenire con il suo consenso per beneplacito dell'Altissimo. Fino a tal punto ella ci tiene obbligati a sé!
956. Dopo che la beatissima Trinità ebbe accolto la sua oblazione, era conveniente che, senza indugio, la rimunerasse e ricompensasse con qualche favore mediante il quale ella venisse consolata nella sua pena, incoraggiata per le altre che la sovrastavano e messa a conoscenza con maggior chiarezza delle ragioni del comando superno. Mentre dunque era rapita in estasi, fu sollevata ad un altro stato più sublime e ivi, preparata e disposta con le illuminazioni e qualità che in altre occasioni ho riferito, ebbe una visione intuitiva: nella serenità e nella luce dello stesso essere divino, ravvisò l'inclinazione del sommo Bene a comunicare per mezzo della redenzione i suoi tesori infiniti agli esseri ragionevoli, e la gloria che tra di essi ne sarebbe derivata al suo nome. Per questa nuova cognizione dei misteri occulti a lei manifestati, con giubilo offrì un'altra volta sua Maestà e fu confortata con il vero pane di vita e d'intelletto, affinché con invincibile coraggio lo assistesse nelle opere della redenzione e ne fosse coadiutrice e cooperatrice, come appunto fece.
957. La visione quindi cessò, ed io non mi trattengo ora a spiegare i benefici che ella ne acquisì, perché furono simili a quelli che ho già dichiarato a proposito di altre visioni intuitive. Sta di fatto che la virtù e gli effetti divini la prepararono efficacemente a separarsi dal nostro Maestro, che subito decise di andare a ricevere il battesimo e a digiunare nel deserto. Egli la chiamò e le parlò con dolcissima tenerezza: «Colomba mia, ho preso forma di servo unicamente dalla vostra sostanza e dal vostro sangue nel vostro grembo castissimo, e dopo sono stato nutrito al vostro seno e alimentato con il vostro sudore e il vostro lavoro. Per queste ragioni mi riconosco ancor più figlio e figlio vostro di qualunque altro mai che lo fu o lo sarà della propria madre. Datemi la vostra approvazione, perché io vada ad obbedire all'Eterno. Già è tempo che io mi separi da voi e dia inizio al riscatto dei miei fratelli. È ormai prossima l'ora d'incominciare a patire a tal fine, ma desidero eseguire tutto ciò con la vostra assistenza e con la vostra collaborazione. E benché adesso sia necessario lasciarvi sola, la mia benedizione e la mia sollecita, amorosa ed onnipotente protezione resteranno con voi. Quindi ritornerò, affinché mi accompagniate ed aiutiate nei miei affanni, poiché li devo sopportare nella forma di uomo che voi mi avete dato».
958. Con queste parole Gesù cinse le braccia al collo della Vergine, ed entrambi sparsero molte lacrime con mirabile maestà e tranquilla gravità, come maestri nella scienza del soffrire. Ella s'inginocchiò e gli rispose con incomparabile dolore e riverenza: «Mio Signore, voi siete vero figlio mio ed a voi ho consacrato tutto l'amore e tutte le forze che mi avete dato. Il mio intimo vi è palese e sapete che avrei stimato ben poco la mia vita per custodire la vostra, se fosse stato conveniente che per tale causa io morissi molte volte, ma si devono adempiere la volontà del Padre e la vostra. Io ve la dono: prendetela come sacrificio e offerta a voi gradita, e non mi manchi il vostro riparo. Maggior tormento sarebbe per me se aveste a patire senza che io vi accompagnassi nel martirio e nella croce. Merito questo favore, che come vera madre vi domando in ricompensa della natura umana che avete ricevuto da me e nella quale andate a perire». Lo pregò inoltre di portarsi del cibo da casa o di permetterle d'inviarglielo ove egli si fosse trovato; ma nulla di ciò accettò il Salvatore, che le fece comprendere che cosa fosse più opportuno fare. Si recarono insieme sino alla porta della loro povera abitazione, dove per la seconda volta ella in ginocchio gli chiese la benedizione e gli baciò i piedi. Il Verbo incarnato gliela impartì e poi incominciò il suo viaggio, uscendo come il buon Pastore alla ricerca della pecorella smarrita, per caricarsela sulle spalle e ricondurla sul sentiero della vita imperitura, che aveva perduto perché ingannata e impaurita.
959. Quando egli partì per farsi battezzare da san Giovanni aveva da poco trent'anni, dal momento che si recò direttamente sulla riva del Giordano tredici giorni dopo averne compiuti ventinove, nel medesimo giorno in cui la Chiesa celebra tale mistero. A questo punto, qualunque riflessione tentassi di formulare sulle pene di Maria in questa separazione e sulla compassione di Cristo sarebbe inadeguata, perché ogni amplificazione e tutte le ragioni sono insufficienti e non proporzionate a manifestare ciò che passò nel loro animo. Siccome questo distacco doveva rientrare nel numero delle loro afflizioni, non fu conveniente moderare gli effetti del loro naturale affetto reciproco. L'Altissimo fece in modo che entrambi operassero tutto il possibile, compatibilmente con la loro somma santità. Non valse a lenire l'angoscia dell'Unigenito l'accelerare il passo, essendo egli spinto dalla forza della sua immensa carità a volere il nostro rimedio; né la consapevolezza di tale motivazione valse a mitigarla in lei, perché tutto ciò rendeva sempre più sicure le tribolazioni che la sovrastavano e acuiva il dolore che dalla conoscenza di esse le derivava. O dolcissimo tesoro mio! Come non vi frena l'ingratitudine e la durezza dei nostri cuori? Come non vi arresta la nostra piccolezza di fronte alla vostra grandezza, oltre alla nostra grossolana corrispondenza? O sollievo dell'anima mia, senza di noi sareste ugualmente beato come con noi, ugualmente infinito nelle perfezioni e nella gloria; e niente noi possiamo aggiungere a quella che avete unicamente in voi stesso, senza dipendenza e necessità di creature! Perché, dunque, così premurosamente ci cercate e sollecitate? Perché a così caro prezzo procurate il bene altrui? Senza dubbio il vostro incomprensibile ardore e la vostra bontà lo stima come proprio, e solamente noi lo trattiamo come estraneo a voi e a noi stessi.
Insegnamento della Regina del cielo
960. Mia diletta, voglio che ponderi e penetri più profondamente i misteri che hai scritto, e che te ne formi una più alta idea per il tuo giovamento e per giungere in una certa misura alla mia imitazione. Tieni dunque presente che, nella visione dell'Eterno a me concessa in questa occasione, egli mi fece capire in che stima tenesse i tormenti della passione e morte di Gesù e di tutti quelli che avrebbero dovuto ricalcare le sue orme sul cammino della croce. In considerazione di questo non solo l'offrii di buon grado, ma anche supplicai di potergli stare accanto e di partecipare di tutti i suoi supplizi, e ciò mi fu permesso. Quindi domandai a sua Maestà che mi fosse tolto il conforto del suo Spirito, per cominciare a seguirlo nella prova. Egli stesso m'ispirò tale richiesta, perché era conforme al suo volere, e questo fu quanto l'amore mi indusse ed insegnò a fare. La tenerezza che mi donava, come figlio e come Dio, mi spingeva a desiderare le sofferenze, che mi furono date perché egli corregge chi ama; volle che a me come a madre non mancasse questo beneficio e il privilegio di essergli del tutto simile in ciò che maggiormente apprezzava nell'esistenza terrena. Subito si adempì in me il beneplacito divino, secondo i miei aneliti: rimasi sprovvista dei favori e delle consolazioni che solevo ricevere e da allora in poi egli smise di trattarmi con tanta amorevolezza. Questa fu una delle ragioni per cui non mi chiamò madre ma donna alle nozze di Cana, ai piedi del duro legno e in altre occasioni nelle quali usò lo stesso atteggiamento, comportandosi con severità e negandomi parole di dolcezza: ciò non era assolutamente disamore, ma il grado più alto dell'amore, perché mi rendeva somigliante a lui nei supplizi che egli aveva eletto per sé, come stimabile eredità e tesoro.
961. Da questo potrai comprendere la comune ignoranza e l'errore dei mortali, quanto cioè si discostino dal vero sentiero e dalla luce, quando generalmente e quasi tutti si danno da fare per non faticare, si affannano per non patire, ed aborriscono la sicura via della croce e della mortificazione. Per questo pericoloso inganno non solo hanno in avversione il modello di Cristo e il mio, e si privano di esso che è il vero e sommo bene della vita, ma inoltre, così facendo, si sbarrano da soli la strada che conduce alla beatitudine senza fine, perché tutti sono infermi e infiacchiti a causa di molte colpe, e la loro unica medicina è la pena. Le trasgressioni si commettono con turpe piacere e si redimono col dolore dell'espiazione; è nella tribolazione infatti che le perdona il giusto giudice. Così si reprime il fomite del peccato, si fiaccano le forze sregolate della concupiscenza e dell'irascibilità, si umiliano la superbia e l'alterigia, si assoggetta la carne, si devia il gusto dal male e da quello che è sensibile e materiale, si allontana l'intelletto dall'errore, si rettifica la volontà. In più, tutte le facoltà si piegano al dovere, e si moderano nelle loro diverse funzioni e sollecitazioni, e soprattutto si induce l'Onnipotente a compassione dell'afflitto che accetta le amarezze con pazienza o le cerca, con la brama d'imitare il mio Unigenito. In tale sapienza sono sintetizzate tutte le buone sorti degli uomini: quelli che fuggono questa verità sono pazzi e quelli che ignorano questa scienza sono stolti.
962. Impegnati, dunque, carissima, ad avanzare in essa: abbraccia senza indugio la croce dei dolori e bada di non ammettere mai più consolazioni umane. E perché non avvenga che tu abbia a inciampare e cadere in quelle dello spirito, ti avverto che anche in esse il demonio nasconde un laccio che tenta di tendere alle persone spirituali, e tu non devi essere all'oscuro di questa insidia. Dal momento che il piacere della contemplazione e visione dell'Altissimo e delle sue carezze, pur variando d'intensità a seconda dei casi, è tanto gradevole e desiderabile, avviene che le facoltà dell'anima, e talvolta anche la sensibilità, siano ricolme di una tale felicità e consolazione che alcuni abitualmente si assuefanno talmente ad esso da rendersi come inetti alle altre occupazioni necessarie, benché siano utili alle creature. E quando hanno l'obbligo di accudirle si angustiano smisuratamente, facendosi vincere dal turbamento e dall'impazienza, cosicché perdono la pace e la gioia interiore e restano tristi, intrattabili, pieni di fastidio nei confronti del prossimo e senza vera umiltà né affetto. E qualora giungano ad accorgersi del proprio danno ed affanno, subito ne accusano le attività esteriori, nelle quali li pose l'Eterno per mezzo dell'obbedienza o a motivo della carità; e non vogliono confessare né riconoscere che la colpa consiste invece nella loro poca mortificazione e rassegnazione a quello che egli ordina e nell'essere attaccati al proprio compiacimento. Lucifero nasconde tutta la trama di questo inganno facendolo apparire come la buona aspirazione che essi hanno alla quiete, al raccoglimento e alla conversazione con Dio; a loro infatti sembra che non vi sia nulla da temere in ciò, che anzi tutto sia conveniente e santo e che la propria rovina provenga appunto dall'esserne impediti, ostacolati nei propri desideri.
963. In questo errore sei incorsa alcune volte anche tu, e voglio che da oggi in avanti ne sia consapevole, poiché - come dice il Saggio - c'è un tempo per ogni cosa: un tempo per godere degli abbracci del Signore e un tempo per astenersene'S. Il voler determinare il dialogo intimo con lui in base ai tempi fissati dal diletto, è un segno d'ignoranza che dimostrano gli imperfetti e i principianti nella virtù, e tale è anche il caso di chi si affligge molto per la mancanza delle carezze divine. Non intendo dire che tu debba cercare di proposito le distrazioni e le occupazioni o riporre in esse la tua compiacenza, perché in ciò appunto sta il pericolo, ma piuttosto, quando i superiori te lo comanderanno, accondiscendere con serenità e lasciare sua Maestà tra le tue delizie per ritrovarlo nell'utile fatica operosa e nel bene del tuo prossimo, bene che devi anteporre alla tua solitudine e alle consolazioni nascoste che in essa ricevi. Anzi, voglio che non ricerchi tanto il ritiro, qualora lo facessi per questo solo motivo, perché nella sollecitudine che ti si addice in qualità di superiora tu sappia credere, sperare ed amare alla perfezione. Così facendo troverai il tuo sposo in ogni momento e luogo e in tutti i tuoi impieghi, come hai già sperimentato. Non voglio neanche che ti capiti mai di pensare di essere lontana dalla sua vista e dalla sua dolcissima presenza, né dalla sua soavissima conversazione, stimando puerilmente che fuori dal raccoglimento tu non possa incontrarlo ed esultare in lui, poiché tutto è pieno della sua gloria senza che vi sia un solo spazio vuoto, e nella sua magnificenza tu vivi, esisti e ti muovi. Quando poi egli stesso non ti obbligherà a queste occupazioni, allora potrai godere della tua tanto bramata solitudine.
964. Giungerai a una più chiara conoscenza di tutto ciò con la pratica di quella nobile carità che da te pretendo per impegnarti ad essere come mio Figlio e me. Alcune volte infatti devi rallegrarti con lui come bambino, mentre altre volte il tuo compito è quello di collaborare con lui alla salvezza di tutti gli uomini. Ci sono poi momenti in cui ti è chiesto di imitarlo nel ritiro, mentre in altri sei chiamata a trasfigurarti con lui in una creatura nuova, e in altri ancora occorre che stringa le tribolazioni e la croce seguendo la via e l'insegnamento che egli come maestro additò in essa. In una parola voglio che tu comprenda come la mia principale e sublime attività e mira fu di conformarmi sempre a lui in tutte le sue azioni. Questo in me fu l'esercizio di maggior santità, ed in ciò esigo che tu faccia come me per quanto te lo consentiranno le tue deboli forze aiutate dalla grazia. Per riuscire in tale intento, devi prima morire a tutti gli affetti dei discendenti di Adamo, senza riserve, rinunciando ad ogni pretesa sia di volere o non volere sia di accettare o rifiutare per questa o quella ragione, perché tu ignori quello che ti conviene e Gesù, che lo sa e ti ama più di quanto tu non ami te stessa, vuole prendersene cura egli stesso, se tu ti abbandoni tutta a lui. Soltanto ti concedo di avere volontà perché ti impegni ad amarlo e ad emularlo nel patire, poiché nel resto ti esponi al rischio di allontanarti dalla possibilità di compiacere lui e me; e così appunto farai, se andrai dietro alle inclinazioni dei tuoi desideri e impulsi. Reprimili dunque, e sacrificali tutti; innalzati sopra te stessa e collocati nella dimora eminente del tuo padrone e sovrano. Sii attenta alla luce delle sue ispirazioni e alla verità delle sue parole di vita eterna`. Per conseguirla, prendi la tua croce e ricalca le sue orme`, cammina all'odore dei suoi unguenti", sii diligente nel corrergli dietro finché tu non l'abbia raggiunto e, strettolo, non lo lasciare`.
Nella sofferenza, grande dolcezza di essere moneta per le anime (Momenti della Passione)
Beata Alexandrina Maria da Costa
... Sento che non posso resistere a tanto... Non posso restar qui sulla
terra di più... Voglio lasciare il mondo e voglio portarlo con me; non
lo voglio e lo amo; non gli appartengo ed è mio; aborro tutto ciò che è
del mondo e voglio abbracciare il mondo al punto da non lasciarlo
più... Voglio entrare nel cielo, ma con tutta l'umanità. Mio Gesù, che
devo mai fare?... Non so quali maggiori sofferenze io possa desiderare
per il mio corpo...
Continuo a soffrire i rimorsi, quel tarlo che rode le anime di alcune
persone... Soffro per la infelicità di qualcuno che mi ha ferito
tanto... Sento e vedo i tormenti che mi aspettano. Sento che sono
bersagliata: le pietre mi colpiscono il cuore. Sento che mi ritiro da
un convivio, che fuggo verso la solitudine per poter piangere in
silenzio.
Quante lacrime di sconforto e di vergogna nel vedermi rivestita di
tutte le cattiverie e trovarmi in tale stato alla presenza dell'eterno
Padre! L'amore mi spinge incontro al dolore. A labbra mute, ad occhi
chiusi, mi consegno: vado verso la morte. Una pioggia di spine cade su
di me: il mio corpo diventa come lebbroso. Ma io sto a braccia aperte,
con un tenero sorriso ed una mansuetudine senza pari: nascondo e
dissimulo tutto.
O mio Gesù, io vorrei, solo per la tua gloria, saper dire ciò che
avviene in me, ciò che Tu soffristi per noi! Oh, quale tenerezza, quale
bontà, o innocente, innocente Gesù! (diario, 8-2-1945).
Se ogni giorno, dopo i miei leggeri sonni, mi sveglio immersa in
grande dolore e tristezza, tale sofferenza raddoppia al venerdì. Non ho
parole né capacità per esprimerla. Oggi mi sono svegliata stanchissima.
Mi pareva che i miei capelli fossero inzuppati di sangue, e così pure i
vestiti incollati al corpo. Mi trovavo sola in una oscura prigione.
Sentivo il dolore dell'abbandono in cui mi avevano lasciato coloro che
mi erano più cari: dove erano le loro proteste di non abbandonarmi?
Tutto questo è come un libro a caratteri ben chiari, stampato nella
mia anima; non sono immaginazioni. Tante volte mi sforzo di distrarmi
per vedere se scompare questa sofferenza. Mi inganno: è ferita
profonda, è dolore vivissimo che solo Gesù e Mammina possono addolcire.
Venne poi il demonio sotto forma di lupo e di leone, facendo davanti a
me scene orribili... Io vorrei che le anime conoscessero le sue astuzie
diaboliche perché non si lasciassero ingannare! Con la venuta di Gesù
Sacramentato, con il calore del suo divino Amore che Egli mi ha fatto
sentire intensamente, ho ripreso un po' di vita.
Il suo conforto mi incoraggiò a percorrere il cammino del Calvario. Fui
tanto maltrattata! Caddi tante volte sotto il peso della croce e con
delle corde fui trascinata indietro per lunghi tratti. Cadevo con il
volto a terra e brani delle mie carni lacerate rimanevano tra le
pietre. Tutte le sofferenze che mi attendevano annientavano il mio
cuore: era una oppressione che lo soffocava e gli toglieva la vita.
Sulla croce, abbandonata da tutti, nell'udire le ingiurie più
infamanti, sentivo scorrere sul mio corpo i rigagnoli del sudore della
morte; vi si univano le gocce di sangue che cadevano in abbondanza dal
mio capo e dalle mie piaghe. Nella sofferenza sentivo grande dolcezza
di essere moneta per le anime; ma non potevo avere neppure un sorriso.
In questo abisso di dolore venne Gesù: - ... Figlia mia, sei un mare
immenso di ricchezza, sei porto di salvezza. Quando sarai in cielo
presso il trono divino e là giungeranno suppliche in tuo nome a favore
dei peccatori in pericolo, quando tu dirai « Padre mio, desidero che
quel peccatore si salvi », nello stesso momento egli sentirà il tocco
della grazia: tutti, per te, saranno salvi. Tu sarai un filo d'oro
finissimo che li legherà a Me per sempre. - - O mio Gesù, giacché, per
tua bontà e potere infinito, mi farai così potente nel cielo, fa' che
già fin d'ora in terra tutti i peccatori che io Ti nominerò si
convertano e siano salvi. - - Chiedi, chiedi, figliolina, sei potente.
Affida al mio Cuore quanti vorrai. La tua vita sulla terra è fare il
bene alla terra stessa, è diffondervi il bene... Ascolta, figlia mia
amata, i tali (e mi fece i nomi) sono in pericolo di perdersi: sono
tanto accecati dalle passioni! Mi offendono tanto gravemente, tanto
scandalosamente!... - - O Gesù, voglio offrirmi a Te per consolarti e
per salvarli. Scegli la riparazione che vuoi; dammi la tua grazia, la
tua forza divina: con esse sono pronta per qualsiasi sacrificio.
(diario, 9-2-1945).
...Ieri passai più di tre ore a parlare di Gesù con una persona lontana
da Lui da molti anni. Non ricordo che abbia frequentato mai la chiesa.
Ne rimasi bagnata di sudore e stanca tanto da non poter più muovere le
labbra per pronunciare parola. Ma questo mio sforzo non fu senza
ricompensa: Gesù permise che per qualche tempo ne provassi gioia.
Quella persona mi diede segni di pentimento e mi promise di cambiare
vita. Mi pare proprio che, fra pochi giorni, sarà strappata al potere
di satana. Ah, se io vedessi in tale disposizione tutti coloro che sono
lontani da Gesù! Voglio soffrire, voglio soffrire, voglio salvarli: li
amo, sono di Gesù (diario, 13-2-1945).