Sotto il Tuo Manto

Giovedi, 5 giugno 2025 - San Bonifacio (Letture di oggi)

Il 19 luglio 1989 viene colpita da un'emorragia, terribile. Viene salvata in extremis. Dirà : «Non versate lacrime per me. Io vado da Gesù, a cominciare un'altra vita. Al mio funerale non voglio gente che pianga, ma che canti forte. Ieri sono stata lì sulla porta, ma la porta non s'è ancora aperta». (Beata Chiara "Luce" Badano)

Liturgia delle Ore - Letture

Venerdi della 4° settimana del tempo ordinario

Questa sezione contiene delle letture scelte a caso, provenienti dalle varie sezioni del sito (Sacra Bibbia e la sezione Biblioteca Cristiana), mentre l'ultimo tab Apparizioni, contiene messaggi di apparizioni a mistici o loro scritti. Sono presenti testi della Valtorta, Luisa Piccarreta, don Stefano Gobbi e testimonianze di apparizioni mariane riconosciute.

Vangelo secondo Giovanni 4

1Quando il Signore venne a sapere che i farisei avevan sentito dire: Gesù fa più discepoli e battezza più di Giovanni2- sebbene non fosse Gesù in persona che battezzava, ma i suoi discepoli -,3lasciò la Giudea e si diresse di nuovo verso la Galilea.4Doveva perciò attraversare la Samarìa.5Giunse pertanto ad una città della Samarìa chiamata Sicàr, vicina al terreno che Giacobbe aveva dato a Giuseppe suo figlio:6qui c'era il pozzo di Giacobbe. Gesù dunque, stanco del viaggio, sedeva presso il pozzo. Era verso mezzogiorno.7Arrivò intanto una donna di Samarìa ad attingere acqua. Le disse Gesù: "Dammi da bere".8I suoi discepoli infatti erano andati in città a far provvista di cibi.9Ma la Samaritana gli disse: "Come mai tu, che sei Giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?". I Giudei infatti non mantengono buone relazioni con i Samaritani.10Gesù le rispose: "Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: "Dammi da bere!", tu stesso gliene avresti chiesto ed egli ti avrebbe dato acqua viva".11Gli disse la donna: "Signore, tu non hai un mezzo per attingere e il pozzo è profondo; da dove hai dunque quest'acqua viva?12Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe, che ci diede questo pozzo e ne bevve lui con i suoi figli e il suo gregge?".13Rispose Gesù: "Chiunque beve di quest'acqua avrà di nuovo sete;14ma chi beve dell'acqua che io gli darò, non avrà mai più sete, anzi, l'acqua che io gli darò diventerà in lui sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna".15"Signore, gli disse la donna, dammi di quest'acqua, perché non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua".16Le disse: "Va' a chiamare tuo marito e poi ritorna qui".17Rispose la donna: "Non ho marito". Le disse Gesù: "Hai detto bene "non ho marito";18infatti hai avuto cinque mariti e quello che hai ora non è tuo marito; in questo hai detto il vero".19Gli replicò la donna: "Signore, vedo che tu sei un profeta.20I nostri padri hanno adorato Dio sopra questo monte e voi dite che è Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare".21Gesù le dice: "Credimi, donna, è giunto il momento in cui né su questo monte, né in Gerusalemme adorerete il Padre.22Voi adorate quel che non conoscete, noi adoriamo quello che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei.23Ma è giunto il momento, ed è questo, in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità; perché il Padre cerca tali adoratori.24Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorarlo in spirito e verità".25Gli rispose la donna: "So che deve venire il Messia (cioè il Cristo): quando egli verrà, ci annunzierà ogni cosa".26Le disse Gesù: "Sono io, che ti parlo".
27In quel momento giunsero i suoi discepoli e si meravigliarono che stesse a discorrere con una donna. Nessuno tuttavia gli disse: "Che desideri?", o: "Perché parli con lei?".28La donna intanto lasciò la brocca, andò in città e disse alla gente:29"Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che sia forse il Messia?".30Uscirono allora dalla città e andavano da lui.
31Intanto i discepoli lo pregavano: "Rabbì, mangia".32Ma egli rispose: "Ho da mangiare un cibo che voi non conoscete".33E i discepoli si domandavano l'un l'altro: "Qualcuno forse gli ha portato da mangiare?".34Gesù disse loro: "Mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera.35Non dite voi: Ci sono ancora quattro mesi e poi viene la mietitura? Ecco, io vi dico: Levate i vostri occhi e guardate i campi che già biondeggiano per la mietitura.36E chi miete riceve salario e raccoglie frutto per la vita eterna, perché ne goda insieme chi semina e chi miete.37Qui infatti si realizza il detto: uno semina e uno miete.38Io vi ho mandati a mietere ciò che voi non avete lavorato; altri hanno lavorato e voi siete subentrati nel loro lavoro".
39Molti Samaritani di quella città credettero in lui per le parole della donna che dichiarava: "Mi ha detto tutto quello che ho fatto".40E quando i Samaritani giunsero da lui, lo pregarono di fermarsi con loro ed egli vi rimase due giorni.41Molti di più credettero per la sua parola42e dicevano alla donna: "Non è più per la tua parola che noi crediamo; ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo".

43Trascorsi due giorni, partì di là per andare in Galilea.44Ma Gesù stesso aveva dichiarato che un profeta non riceve onore nella sua patria.45Quando però giunse in Galilea, i Galilei lo accolsero con gioia, poiché avevano visto tutto quello che aveva fatto a Gerusalemme durante la festa; anch'essi infatti erano andati alla festa.

46Andò dunque di nuovo a Cana di Galilea, dove aveva cambiato l'acqua in vino. Vi era un funzionario del re, che aveva un figlio malato a Cafàrnao.47Costui, udito che Gesù era venuto dalla Giudea in Galilea, si recò da lui e lo pregò di scendere a guarire suo figlio poiché stava per morire.48Gesù gli disse: "Se non vedete segni e prodigi, voi non credete".49Ma il funzionario del re insistette: "Signore, scendi prima che il mio bambino muoia".50Gesù gli risponde: "Va', tuo figlio vive". Quell'uomo credette alla parola che gli aveva detto Gesù e si mise in cammino.51Proprio mentre scendeva, gli vennero incontro i servi a dirgli: "Tuo figlio vive!".52S'informò poi a che ora avesse cominciato a star meglio. Gli dissero: "Ieri, un'ora dopo mezzogiorno la febbre lo ha lasciato".53Il padre riconobbe che proprio in quell'ora Gesù gli aveva detto: "Tuo figlio vive" e credette lui con tutta la sua famiglia.54Questo fu il secondo miracolo che Gesù fece tornando dalla Giudea in Galilea.


Numeri 20

1Ora tutta la comunità degli Israeliti arrivò al deserto di Sin il primo mese e il popolo si fermò a Kades. Qui morì e fu sepolta Maria.
2Mancava l'acqua per la comunità: ci fu un assembramento contro Mosè e contro Aronne.3Il popolo ebbe una lite con Mosè, dicendo: "Magari fossimo morti quando morirono i nostri fratelli davanti al Signore!4Perché avete condotto la comunità del Signore in questo deserto per far morire noi e il nostro bestiame?5E perché ci avete fatti uscire dall'Egitto per condurci in questo luogo inospitale? Non è un luogo dove si possa seminare, non ci sono fichi, non vigne, non melograni e non c'è acqua da bere".
6Allora Mosè e Aronne si allontanarono dalla comunità per recarsi all'ingresso della tenda del convegno; si prostrarono con la faccia a terra e la gloria del Signore apparve loro.7Il Signore disse a Mosè:8"Prendi il bastone e tu e tuo fratello Aronne convocate la comunità e alla loro presenza parlate a quella roccia, ed essa farà uscire l'acqua; tu farai sgorgare per loro l'acqua dalla roccia e darai da bere alla comunità e al suo bestiame".
9Mosè dunque prese il bastone che era davanti al Signore, come il Signore gli aveva ordinato.10Mosè e Aronne convocarono la comunità davanti alla roccia e Mosè disse loro: "Ascoltate, o ribelli: vi faremo noi forse uscire acqua da questa roccia?".11Mosè alzò la mano, percosse la roccia con il bastone due volte e ne uscì acqua in abbondanza; ne bevvero la comunità e tutto il bestiame.
12Ma il Signore disse a Mosè e ad Aronne: "Poiché non avete avuto fiducia in me per dar gloria al mio santo nome agli occhi degli Israeliti, voi non introdurrete questa comunità nel paese che io le dò".13Queste sono le acque di Mèriba, dove gli Israeliti contesero con il Signore e dove Egli si dimostrò santo in mezzo a loro.
14Mosè mandò da Kades messaggeri al re di Edom per dirgli: "Dice Israele tuo fratello: Tu sai tutte le tribolazioni che ci sono avvenute:15come i nostri padri scesero in Egitto e noi in Egitto dimorammo per lungo tempo e gli Egiziani maltrattarono noi e i nostri padri.16Noi gridammo al Signore ed egli udì la nostra voce e mandò un angelo e ci fece uscire dall'Egitto; eccoci ora in Kades, che è città ai tuoi estremi confini.17Permettici di passare per il tuo paese; non passeremo né per campi, né per vigne e non berremo l'acqua dei pozzi; seguiremo la via Regia, senza deviare né a destra né a sinistra, finché avremo oltrepassati i tuoi confini".18Ma Edom gli rispose: "Tu non passerai sul mio territorio; altrimenti uscirò contro di te con la spada".19Gli Israeliti gli dissero: "Passeremo per la strada maestra; se noi e il nostro bestiame berremo la tua acqua, te la pagheremo; lasciaci soltanto transitare a piedi".20Ma quegli rispose: "Non passerai!". Edom mosse contro Israele con molta gente e con mano potente.21Così Edom rifiutò a Israele il transito per i suoi confini e Israele si allontanò da lui.
22Tutta la comunità degli Israeliti levò l'accampamento da Kades e arrivò al monte Cor.23Il Signore disse a Mosè e ad Aronne al monte Cor, sui confini del paese di Edom:24"Aronne sta per essere riunito ai suoi antenati e non entrerà nel paese che ho dato agli Israeliti, perché siete stati ribelli al mio comandamento alle acque di Mèriba.25Prendi Aronne e suo figlio Eleazaro e falli salire sul monte Cor.26Spoglia Aronne delle sue vesti e falle indossare a suo figlio Eleazaro; in quel luogo Aronne sarà riunito ai suoi antenati e morirà".27Mosè fece come il Signore aveva ordinato ed essi salirono sul monte Cor, in vista di tutta la comunità.28Mosè spogliò Aronne delle sue vesti e le fece indossare a Eleazaro suo figlio; Aronne morì in quel luogo sulla cima del monte. Poi Mosè ed Eleazaro scesero dal monte.29Quando tutta la comunità vide che Aronne era morto, tutta la casa d'Israele lo pianse per trenta giorni.


Salmi 107

1Alleluia.

Celebrate il Signore perché è buono,
perché eterna è la sua misericordia.
2Lo dicano i riscattati del Signore,
che egli liberò dalla mano del nemico
3e radunò da tutti i paesi,
dall'oriente e dall'occidente,
dal settentrione e dal mezzogiorno.

4Vagavano nel deserto, nella steppa,
non trovavano il cammino per una città dove abitare.
5Erano affamati e assetati,
veniva meno la loro vita.
6Nell'angoscia gridarono al Signore
ed egli li liberò dalle loro angustie.
7Li condusse sulla via retta,
perché camminassero verso una città dove abitare.
8Ringrazino il Signore per la sua misericordia,
per i suoi prodigi a favore degli uomini;
9poiché saziò il desiderio dell'assetato,
e l'affamato ricolmò di beni.

10Abitavano nelle tenebre e nell'ombra di morte,
prigionieri della miseria e dei ceppi,
11perché si erano ribellati alla parola di Dio
e avevano disprezzato il disegno dell'Altissimo.
12Egli piegò il loro cuore sotto le sventure;
cadevano e nessuno li aiutava.

13Nell'angoscia gridarono al Signore
ed egli li liberò dalle loro angustie.
14Li fece uscire dalle tenebre e dall'ombra di morte
e spezzò le loro catene.
15Ringrazino il Signore per la sua misericordia,
per i suoi prodigi a favore degli uomini;
16perché ha infranto le porte di bronzo
e ha spezzato le barre di ferro.

17Stolti per la loro iniqua condotta,
soffrivano per i loro misfatti;
18rifiutavano ogni nutrimento
e già toccavano le soglie della morte.
19Nell'angoscia gridarono al Signore
ed egli li liberò dalle loro angustie.

20Mandò la sua parola e li fece guarire,
li salvò dalla distruzione.
21Ringrazino il Signore per la sua misericordia
e per i suoi prodigi a favore degli uomini.
22Offrano a lui sacrifici di lode,
narrino con giubilo le sue opere.

23Coloro che solcavano il mare sulle navi
e commerciavano sulle grandi acque,
24videro le opere del Signore,
i suoi prodigi nel mare profondo.
25Egli parlò e fece levare
un vento burrascoso che sollevò i suoi flutti.
26Salivano fino al cielo,
scendevano negli abissi;
la loro anima languiva nell'affanno.
27Ondeggiavano e barcollavano come ubriachi,
tutta la loro perizia era svanita.
28Nell'angoscia gridarono al Signore
ed egli li liberò dalle loro angustie.

29Ridusse la tempesta alla calma,
tacquero i flutti del mare.
30Si rallegrarono nel vedere la bonaccia
ed egli li condusse al porto sospirato.

31Ringrazino il Signore per la sua misericordia
e per i suoi prodigi a favore degli uomini.
32Lo esaltino nell'assemblea del popolo,
lo lodino nel consesso degli anziani.

33Ridusse i fiumi a deserto,
a luoghi aridi le fonti d'acqua
34e la terra fertile a palude
per la malizia dei suoi abitanti.
35Ma poi cambiò il deserto in lago,
e la terra arida in sorgenti d'acqua.

36Là fece dimorare gli affamati
ed essi fondarono una città dove abitare.
37Seminarono campi e piantarono vigne,
e ne raccolsero frutti abbondanti.
38Li benedisse e si moltiplicarono,
non lasciò diminuire il loro bestiame.
39Ma poi, ridotti a pochi, furono abbattuti,
perché oppressi dalle sventure e dal dolore.
40Colui che getta il disprezzo sui potenti,
li fece vagare in un deserto senza strade.

41Ma risollevò il povero dalla miseria
e rese le famiglie numerose come greggi.
42Vedono i giusti e ne gioiscono
e ogni iniquo chiude la sua bocca.
43Chi è saggio osservi queste cose
e comprenderà la bontà del Signore.


Salmi 81

1'Al maestro del coro. Su "I torchi...". Di Asaf.'

2Esultate in Dio, nostra forza,
acclamate al Dio di Giacobbe.
3Intonate il canto e suonate il timpano,
la cetra melodiosa con l'arpa.
4Suonate la tromba
nel plenilunio, nostro giorno di festa.

5Questa è una legge per Israele,
un decreto del Dio di Giacobbe.
6Lo ha dato come testimonianza a Giuseppe,
quando usciva dal paese d'Egitto.
Un linguaggio mai inteso io sento:

7"Ho liberato dal peso la sua spalla,
le sue mani hanno deposto la cesta.
8Hai gridato a me nell'angoscia
e io ti ho liberato,
avvolto nella nube ti ho dato risposta,
ti ho messo alla prova alle acque di Meriba.

9Ascolta, popolo mio, ti voglio ammonire;
Israele, se tu mi ascoltassi!
10Non ci sia in mezzo a te un altro dio
e non prostrarti a un dio straniero.
11Sono io il Signore tuo Dio,
che ti ho fatto uscire dal paese d'Egitto;
apri la tua bocca, la voglio riempire.

12Ma il mio popolo non ha ascoltato la mia voce,
Israele non mi ha obbedito.
13L'ho abbandonato alla durezza del suo cuore,
che seguisse il proprio consiglio.

14Se il mio popolo mi ascoltasse,
se Israele camminasse per le mie vie!
15Subito piegherei i suoi nemici
e contro i suoi avversari porterei la mia mano.

16I nemici del Signore gli sarebbero sottomessi
e la loro sorte sarebbe segnata per sempre;
17li nutrirei con fiore di frumento,
li sazierei con miele di roccia".


Lamentazioni 5

1Ricordati, Signore, di quanto ci è accaduto,
guarda e considera il nostro obbrobrio.
2La nostra eredità è passata a stranieri,
le nostre case a estranei.
3Orfani siam diventati, senza padre;
le nostre madri come vedove.
4L'acqua nostra beviamo per denaro,
la nostra legna si acquista a pagamento.
5Con un giogo sul collo siamo perseguitati
siamo sfiniti, non c'è per noi riposo.
6All'Egitto abbiamo teso la mano,
all'Assiria per saziarci di pane.
7I nostri padri peccarono e non sono più,
noi portiamo la pena delle loro iniquità.
8Schiavi comandano su di noi,
non c'è chi ci liberi dalle loro mani.
9A rischio della nostra vita ci procuriamo il pane
davanti alla spada nel deserto.
10La nostra pelle si è fatta bruciante come un forno
a causa degli ardori della fame.
11Han disonorato le donne in Sion,
le vergini nelle città di Giuda.
12I capi sono stati impiccati dalle loro mani,
i volti degli anziani non sono stati rispettati.
13I giovani han girato la mola;
i ragazzi son caduti sotto il peso della legna.
14Gli anziani hanno disertato la porta,
i giovani i loro strumenti a corda.
15La gioia si è spenta nei nostri cuori,
si è mutata in lutto la nostra danza.
16È caduta la corona dalla nostra testa;
guai a noi, perché abbiamo peccato!
17Per questo è diventato mesto il nostro cuore,
per tali cose si sono annebbiati i nostri occhi:
18perché il monte di Sion è desolato;
le volpi vi scorrazzano.
19Ma tu, Signore, rimani per sempre,
il tuo trono di generazione in generazione.
20Perché ci vuoi dimenticare per sempre?
Ci vuoi abbandonare per lunghi giorni?
21Facci ritornare a te, Signore, e noi ritorneremo;
rinnova i nostri giorni come in antico,
22poiché non ci hai rigettati per sempre,
né senza limite sei sdegnato contro di noi.


Atti degli Apostoli 19

1Mentre Apollo era a Corinto, Paolo, attraversate le regioni dell'altopiano, giunse a Èfeso. Qui trovò alcuni discepoli2e disse loro: "Avete ricevuto lo Spirito Santo quando siete venuti alla fede?". Gli risposero: "Non abbiamo nemmeno sentito dire che ci sia uno Spirito Santo".3Ed egli disse: "Quale battesimo avete ricevuto?". "Il battesimo di Giovanni", risposero.4Disse allora Paolo: "Giovanni ha amministrato un battesimo di penitenza, dicendo al popolo di credere in colui che sarebbe venuto dopo di lui, cioè in Gesù".5Dopo aver udito questo, si fecero battezzare nel nome del Signore Gesù6e, non appena Paolo ebbe imposto loro le mani, scese su di loro lo Spirito Santo e parlavano in lingue e profetavano.7Erano in tutto circa dodici uomini.

8Entrato poi nella sinagoga, vi poté parlare liberamente per tre mesi, discutendo e cercando di persuadere gli ascoltatori circa il regno di Dio.9Ma poiché alcuni si ostinavano e si rifiutavano di credere dicendo male in pubblico di questa nuova dottrina, si staccò da loro separando i discepoli e continuò a discutere ogni giorno nella scuola di un certo Tiranno.10Questo durò due anni, col risultato che tutti gli abitanti della provincia d'Asia, Giudei e Greci, poterono ascoltare la parola del Signore.

11Dio intanto operava prodigi non comuni per opera di Paolo,12al punto che si mettevano sopra i malati fazzoletti o grembiuli che erano stati a contatto con lui e le malattie cessavano e gli spiriti cattivi fuggivano.
13Alcuni esorcisti ambulanti giudei si provarono a invocare anch'essi il nome del Signore Gesù sopra quanti avevano spiriti cattivi, dicendo: "Vi scongiuro per quel Gesù che Paolo predica".14Facevano questo sette figli di un certo Sceva, un sommo sacerdote giudeo.15Ma lo spirito cattivo rispose loro: "Conosco Gesù e so chi è Paolo, ma voi chi siete?".16E l'uomo che aveva lo spirito cattivo, slanciatosi su di loro, li afferrò e li trattò con tale violenza che essi fuggirono da quella casa nudi e coperti di ferite.17Il fatto fu risaputo da tutti i Giudei e dai Greci che abitavano a Èfeso e tutti furono presi da timore e si magnificava il nome del Signore Gesù.18Molti di quelli che avevano abbracciato la fede venivano a confessare in pubblico le loro pratiche magiche19e un numero considerevole di persone che avevano esercitato le arti magiche portavano i propri libri e li bruciavano alla vista di tutti. Ne fu calcolato il valore complessivo e trovarono che era di cinquantamila dramme d'argento.20Così la parola del Signore cresceva e si rafforzava.

21Dopo questi fatti, Paolo si mise in animo di attraversare la Macedonia e l'Acaia e di recarsi a Gerusalemme dicendo: "Dopo essere stato là devo vedere anche Roma".22Inviati allora in Macedonia due dei suoi aiutanti, Timòteo ed Erasto, si trattenne ancora un po' di tempo nella provincia di Asia.

23Verso quel tempo scoppiò un gran tumulto riguardo alla nuova dottrina.24Un tale, chiamato Demetrio, argentiere, che fabbricava tempietti di Artémide in argento e procurava in tal modo non poco guadagno agli artigiani,25li radunò insieme agli altri che si occupavano di cose del genere e disse: "Cittadini, voi sapete che da questa industria proviene il nostro benessere;26ora potete osservare e sentire come questo Paolo ha convinto e sviato una massa di gente, non solo di Èfeso, ma si può dire di tutta l'Asia, affermando che non sono dèi quelli fabbricati da mani d'uomo.27Non soltanto c'è il pericolo che la nostra categoria cada in discredito, ma anche che il santuario della grande dea Artémide non venga stimato più nulla e venga distrutta la grandezza di colei che l'Asia e il mondo intero adorano".
28All'udire ciò s'infiammarono d'ira e si misero a gridare: "Grande è l'Artémide degli Efesini!".29Tutta la città fu in subbuglio e tutti si precipitarono in massa nel teatro, trascinando con sé Gaio e Aristarco macèdoni, compagni di viaggio di Paolo.30Paolo voleva presentarsi alla folla, ma i discepoli non glielo permisero.31Anche alcuni dei capi della provincia, che gli erano amici, mandarono a pregarlo di non avventurarsi nel teatro.32Intanto, chi gridava una cosa, chi un'altra; l'assemblea era confusa e i più non sapevano il motivo per cui erano accorsi.
33Alcuni della folla fecero intervenire un certo Alessandro, che i Giudei avevano spinto avanti, ed egli, fatto cenno con la mano, voleva tenere un discorso di difesa davanti al popolo.34Appena s'accorsero che era Giudeo, si misero tutti a gridare in coro per quasi due ore: "Grande è l'Artémide degli Efesini!".35Alla fine il cancelliere riuscì a calmare la folla e disse: "Cittadini di Èfeso, chi fra gli uomini non sa che la città di Èfeso è custode del tempio della grande Artémide e della sua statua caduta dal cielo?36Poiché questi fatti sono incontestabili, è necessario che stiate calmi e non compiate gesti inconsulti.37Voi avete condotto qui questi uomini che non hanno profanato il tempio, né hanno bestemmiato la nostra dea.38Perciò se Demetrio e gli artigiani che sono con lui hanno delle ragioni da far valere contro qualcuno, ci sono per questo i tribunali e vi sono i proconsoli: si citino in giudizio l'un l'altro.39Se poi desiderate qualche altra cosa, si deciderà nell'assemblea ordinaria.40C'è il rischio di essere accusati di sedizione per l'accaduto di oggi, non essendoci alcun motivo per cui possiamo giustificare questo assembramento".41E con queste parole sciolse l'assemblea.


Capitolo VII: Evitare l'eccessiva familiarità

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"Non aprire il tuo cuore al primo che capita" (Sir 8,22); i tuoi problemi, trattali invece con chi ha saggezza e timore di Dio. Cerca di stare raramente con persone sprovvedute e sconosciute; non metterti con i ricchi per adularli; non farti vedere volentieri con i grandi. Stai, invece, accanto alle persone umili e semplici, devote e di buoni costumi; e con esse tratta di cose che giovino alla tua santificazione. Non avere familiarità con alcuna donna, ma raccomanda a Dio tutte le donne degne. Cerca di essere tutto unito soltanto a Dio e ai suoi angeli, evitando ogni curiosità riguardo agli uomini. Mentre si deve avere amore per tutti, la familiarità non è affatto necessaria. Capita talvolta che una persona che non conosciamo brilli per fama eccellente; e che poi, quando essa ci sta dinanzi, ci dia noia solo al vederla. D'altra parte, talvolta speriamo di piacere a qualcuno, stando con lui, e invece cominciamo allora a non piacergli, perché egli vede in noi alcunché di riprovevole.


La Genesi alla lettera: Libro settimo

La Genesi alla lettera - Sant'Agostino

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La creazione dell'anima umana.

1. 1. Dio poi formò l'uomo con la polvere della terra e soffiò sul suo volto un soffio vitale, e l'uomo divenne un essere vivente 1. All'inizio del precedente libro ci eravamo proposti di esaminare attentamente questa frase della Scrittura e, a proposito della creazione dell'uomo e specialmente del suo corpo, abbiamo discusso in modo - per quanto abbiamo creduto - sufficiente ciò che ci è parso conforme alla sacra Scrittura. Ma siccome quello dell'anima non è un problema facile, abbiamo ritenuto doveroso rinviarlo al presente libro, non sapendo in quale misura il Signore ci avrebbe aiutati essendo noi desiderosi di dire cose esatte ma sapendo tuttavia che non avremmo detto cose esatte se non nella misura in cui egli ci avrebbe aiutati. Ora, dire cose esatte significa dire cose vere e appropriate senza rigettare alcuna opinione con temerità, senza nulla affermare con avventatezza ciò ch'è deposito della fede o della dottrina cristiana finché rimane ancora il dubbio se sia vero o falso; ma dire cose esatte vuol dire anche affermare senza esitazione ciò che si può insegnare sia in base all'evidenza della ragione, sia sulla sicurissima autorità della sacra Scrittura.

Si riesamina la frase: Dio soffiò e insufflò...

1. 2. Esaminiamo anzitutto la frase della Scrittura: Dio soffiò oppure insufflò sul suo volto il soffio vitale 2. Alcuni manoscritti però hanno la lezione spirò oppure ispirò sulla sua faccia. Ma poiché i manoscritti greci portano la lezione , non c'è dubbio che in latino si dovrebbe dire flavit ("soffiò") o sufflavit ("insufflò"). Ora, nel libro precedente abbiamo discusso la questione relativa alle "mani di Dio", quando ci si figurava l'uomo formato con il fango. Che dire adesso della frase della Scrittura: Dio soffiò, se non che non soffiò né con la gola né con le labbra, come non lo plasmò con le mani del corpo?

1. 3. La Scrittura tuttavia con questo verbo, a mio parere, ci è di grande aiuto in una questione assai difficile [come questa].

L'anima non è emanazione della sostanza di Dio.

2. 3. Alcuni interpreti, infatti, basandosi sul verbo ["soffiò"] di questa frase, hanno creduto che l'anima sarebbe qualcosa proveniente dalla stessa sostanza di Dio, vale a dire della medesima natura di Dio. Essi pensano così perché, quando uno soffia, emette qualcosa di se stesso con il fiato; noi invece da questo verbo dobbiamo piuttosto sentirci messi in guardia per respingere questa opinione contraria alla fede cattolica. Noi infatti crediamo che la natura e sostanza di Dio - quella consistente nella Trinità, come la credono molti, benché la intendano pochi - è assolutamente immutabile. Chi dubita, al contrario, che la natura dell'anima può mutarsi in peggio o in meglio? È quindi un'opinione sacrilega supporre che l'anima e Dio siano di una stessa natura. Cos'altro vuol dire pensare così, se non credere mutabile anche Dio? Dobbiamo quindi credere e comprendere come verità assolutamente certa, conforme all'insegnamento della retta fede, che l'anima proviene da Dio come un essere creato da lui, non come un essere della sua stessa natura, generato o prodotto da lui in un modo quale che sia.

L'anima non è né emanazione di Dio né il nostro soffio.

3. 4. "Ma in qual modo - obiettano costoro - [la Scrittura può] affermare: [Dio] soffiò sul volto dell'uomo e l'uomo divenne un essere vivente, se l'anima non è una parte o addirittura la sostanza di Dio?". Al contrario, anzi, da questo verbo sufflavit ("soffiò") appare assai bene che la cosa non è così. Quando infatti uno soffia, l'anima mette sì in moto la natura del corpo soggetta alla sua azione, ma forma il fiato mediante quella natura, non mediante se stessa; salvo che questi tali siano così tardi d'ingegno da ignorare che, quando vogliamo soffiare, anche il nostro soffio si forma mediante il movimento alternativo di aspirare ed espirare l'aria circostante. Anche ammesso che nell'espirare noi esaliamo qualcosa derivante non dall'aria circostante che noi inspiriamo ed espiriamo, ma dalla natura del nostro proprio corpo, tuttavia la natura del corpo e quella dell'anima sono diverse, e in ciò concordano anche quegli avversari. Per conseguenza anche in questo modo l'anima che governa e muove il corpo, è una sostanza diversa dal soffio ch'essa produce con l'emetterlo dal corpo, a lei soggetto, governandolo e movendolo, non dalla propria sostanza a cui è soggetto il corpo. Orbene, Dio governa la creatura a lui soggetta, e l'anima - anche se in modo incomparabilmente diverso - il corpo a lui soggetto; perché quindi non potremmo comprendere piuttosto che Dio fece l'anima servendosi d'una creatura, tenuto conto di quanto afferma la Scrittura, che cioè egli la fece soffiando, dal momento che l'anima, sebbene non domini il proprio corpo come Dio domina l'universo, da lui creato, tuttavia forma il soffio imprimendo un movimento al corpo e non estraendolo dalla propria sostanza?

A quale condizione si può dire che l'anima è il soffio di Dio.

3. 5. Potremmo affermare - sì certo - che neppure il soffio di Dio è l'anima dell'uomo, ma che Dio creò l'anima nell'uomo soffiando; tuttavia non si deve credere che gli esseri creati da Dio con la sua parola siano superiori a quelli creati con il suo soffio, poiché anche in noi la parola è superiore al soffio; nulla quindi, in base alla suddetta spiegazione, deve farci esitanti a chiamare l'anima "soffio di Dio", purché comprendiamo ch'essa non è la natura e sostanza di Dio, ma che soffiare è semplicemente creare un soffio, e che creare un soffio è lo stesso che creare l'anima. Con questa spiegazione concorda quanto afferma Dio per mezzo di Isaia: Lo spirito infatti procederà da me e sono io che ho fatto ogni soffio 3, poiché il seguito del passo mostra ch'egli non parla di un soffio corporeo qualunque. Infatti, dopo aver detto: Sono io che ho fatto ogni soffio, aggiunge: e a causa del peccato l'ho rattristato un poco e l'ho castigato 4. Che cosa dunque chiama soffio se non l'anima castigata e rattristata a causa del peccato? Che vuol dire dunque: Sono io che ho creato ogni soffio? se non: "Sono io che ho creato ogni anima"?

L'anima non deriva dall'essere di Dio o dagli elementi del mondo.

4. 6. Se dunque dicessimo che Dio è - per così dire - l'anima di questo mondo fisico, anima per la quale questo mondo sarebbe per lui come il corpo di un solo essere vivente, non sarebbe esatto dire che Dio fece l'anima umana - se non in quanto corporea - formata con l'aria, la quale, come parte del suo corpo sarebbe soggetta a lui; tuttavia ciò che Dio avrebbe dato soffiando dovremmo considerarlo non un'emanazione del suo proprio essere, ma un'emanazione dell'aria soggetta a lui come parte del suo corpo, allo stesso modo che l'anima produce il soffio non come un'emanazione di se stessa, ma servendosi d'un elemento similmente a lei soggetto, cioè del suo corpo. Ma poiché, al contrario, noi affermiamo non solo che il corpo del mondo è soggetto a Dio ma anche che Dio trascende ogni creatura sia corporea che spirituale, dobbiamo credere che quando egli creò l'anima con il suo soffio, non la creò né traendola dalla sua propria sostanza né da elementi corporei.

L'anima viene forse dal nulla?

5. 7. Ma noi possiamo porci a buon diritto il quesito se l'anima è stata tratta da ciò che non esisteva affatto, ossia dal nulla, o da qualche essere spirituale creato da Dio ma che non era ancora un'anima. Poiché se noi crediamo che Dio non crea più nulla dal nulla dopo aver compiuto la creazione simultanea di tutte le cose, e crediamo anche, per conseguenza, che Dio si riposò dopo aver portato a termine tutte le opere che aveva cominciato a fare, di modo che tutto ciò che avrebbe fatto in seguito lo avrebbe derivato da quelle opere [originarie], io non vedo in qual modo potremmo intendere ch'egli crea tutt'ora le anime dal nulla. Oppure, si potrebbe forse dire che, tra le opere dei primi sei giorni egli creò il "giorno" occulto e - se dobbiamo credere piuttosto questa ipotesi - è la natura spirituale ed intellettuale, quella cioè del consorzio degli angeli, e inoltre il mondo, cioè il cielo e la terra, e che in quelle nature già esistenti creò le ragioni [causali] di tutte le altre nature ch'erano destinate ad esistere, ma non le stesse nature? In caso diverso, se queste nature fossero state create già allora come erano destinate ad essere, non sarebbero più state destinate ad esistere. Se la cosa sta così, tra gli esseri creati non c'era ancora alcuna natura dell'anima umana e questa cominciò ad esistere quando Dio la creò soffiando e la infuse nell'uomo.

L'anima sarebbe forse il fiato di Dio tratto dal nulla?

5. 8. Ma con ciò la questione non è risolta. Noi ci chiediamo ancora: Dio creò forse dal nulla la natura che si chiama anima e che prima non esisteva, nell'ipotesi che il suo fiato non sarebbe derivato da qualche sostanza soggetta alla sua azione - come dicevamo a proposito del fiato che l'anima esala dal proprio corpo - ma che il fiato sarebbe stato prodotto assolutamente dal nulla allorché Dio volle soffiare e il fiato sarebbe stato l'anima umana? Oppure, al contrario, esisteva forse già una sostanza spirituale che - qualunque fosse la sua natura - non era ancora la natura dell'anima e per mezzo di essa fu creato il soffio di Dio identificabile con la natura dell'anima? Allo stesso modo la natura del corpo umano ancora non esisteva prima che Dio la formasse con il fango o la polvere della terra. La polvere o il fango non era, infatti, la carne umana ma tuttavia era qualcosa mediante la quale sarebbe potuta esser fatta la carne che ancora non esisteva.

Esisteva forse una materia dell'anima?

6. 9. È dunque forse probabile che tra le prime opere dei sei giorni Dio creò non solo la ragione causale del futuro corpo umano ma anche il materiale da cui sarebbe dovuto essere tratto - cioè la terra, dal cui fango o polvere sarebbe dovuto essere formato - mentre nel caso dell'anima Dio creò in quei giorni solo la ragione causale, conforme alla quale sarebbe dovuta essere creata, ma non anche una materia sui generis, con cui avrebbe dovuta essere fatta? Se infatti l'anima fosse qualcosa d'immutabile, non ci sarebbe alcun bisogno di ricercarne una specie di materia. Ora, invece, la sua mutabilità dimostra assai bene che talora è resa deforme dai vizi e dagli errori e, al contrario, acquista la forma mediante le virtù e la conoscenza della verità pur rimanendo nel frattempo nella propria natura per cui è anima; così anche la carne, pur rimanendo nella propria natura per cui è carne, è abbellita dalla salute e abbruttita dalle malattie e dalle ferite. Ma questa natura [del corpo], prescindendo dal fatto ch'è già carne - natura cioè per cui si perfeziona diventando bella e si deteriora diventando deforme - ha avuto anche una materia, cioè la terra, da cui è stata tratta per diventare completamente carne; allo stesso modo anche l'anima, prima di diventare la precisa natura chiamata anima - la cui bellezza è la virtù, la cui bruttezza è il vizio - poté avere forse una certa materia appropriata alla sua specie di natura spirituale che non era ancora anima, allo stesso modo che la terra, da cui fu tratta la carne, era già una certa realtà, sebbene non fosse ancora carne.

6. 10. In realtà però la terra, prima che da essa fosse tratto il corpo dell'uomo, riempiva già la parte inferiore del mondo, conferendo all'universo la sua totalità. In tal modo, sebbene da essa non fosse stata tratta alcuna carne d'alcun essere vivente, tuttavia con la sua propria natura, secondo la quale questo mondo è chiamato cielo e terra, riempiva la gran macchina del mondo.

Impossibile dire di che specie sarebbe stata quella materia.

7. 10. Ma che cos'è precisamente la materia spirituale, se mai ve ne fosse alcuna con cui poteva venir fatta l'anima o se mai ve n'è alcuna con cui sono fatte le anime? Qual è il suo nome, la sua forma specifica, quale funzione ha nelle opere della creazione? Vive essa o non vive? Se vive, che cosa fa? Che parte ha nel produrre gli effetti delle energie dell'universo? Conduce una vita felice o miserabile? Oppure né l'una né l'altra? Dà la vita a qualche essere? Oppure non ha neppure questa funzione e se ne sta inerte a riposo in qualcuno dei più segreti recessi dell'universo senza percezione vigilante e senza movimento vitale? Poiché se essa non era affatto vita, come sarebbe potuta essere una sorta di materia incorporea e non vivente d'una vita futura? O questa ipotesi è falsa o è un mistero troppo profondo! Se, al contrario, quella materia viveva già né felicemente né miseramente, in qual modo era razionale? Se invece fu fatta razionale quando da essa fu tratta la natura dell'anima umana, allora era vita irrazionale la materia dell'anima razionale, cioè umana? Quale differenza c'era allora tra essa e quella di un animale bruto? Era forse già razionale in potenza ma non ancora in atto? Noi infatti vediamo che l'anima di un bambino, senza dubbio già anima umana, non ha cominciato ancora a far uso della ragione e tuttavia noi diciamo che è già un'anima razionale. Perché mai, allora, non dovremmo credere che allo stesso modo nella materia, da cui sarebbe stata tratta l'anima, l'attività della coscienza era non operante, come nell'anima del bambino, che senza dubbio è già un'anima umana, non è ancora operante l'attività della ragione?

Quella materia non avrebbe potuto essere "vita felice".

8. 11. Poiché, se la vita con cui fu fatta l'anima umana, era già felice, allora ha subìto un deterioramento e per conseguenza non è più la materia dell'anima e questa è un'emanazione di quella. Ora, quando la materia viene formata, soprattutto da Dio, è certamente resa più perfetta dalla formazione. Ma anche se l'anima umana potesse considerarsi come l'emanazione d'una vita creata da Dio in un certo stato di felicità, neppure in questo caso si potrebbe pensare ch'essa cominciasse ad esistere in virtù d'un atto dovuto ai suoi meriti se non dal momento in cui cominciò a vivere una vita propria, quando fu fatta anima vivificante la carne servendosi dei sensi del corpo come messaggeri ed essendo cosciente della propria vita individuale con la volontà, l'intelligenza e la memoria. Poiché, se c'è qualche essere da cui Dio trasse questa emanazione per infonderla nella carne già formata da lui creando l'anima con una sorte di soffio, e, se questo essere si trova in uno stato di felicità, non si muove in alcun modo né si muta né perde nulla allorché da esso emana ciò con cui è fatta l'anima.

Quella materia non può essere un'anima irrazionale.

9. 11. Siffatto essere infatti non è un corpo e perciò non può diminuire a causa di una specie di esalazione.

9. 12. Se al contrario un'anima irrazionale è in un certo qual modo la materia di cui è fatta l'anima razionale - cioè l'anima umana - sorge un altro quesito: di che cosa è fatta l'anima irrazionale? Poiché anch'essa è fatta solo dal Creatore di tutte le cose. Proviene forse da una materia corporea? Perché, allora, non possiamo dire la stessa cosa dell'anima razionale? Salvo che si dica che Dio non può produrre in un attimo un effetto che si ammette potersi ottenere - diciamo così - gradualmente. Per conseguenza, quali che siano le tappe intermedie, se un corpo è la materia dell'anima irrazionale e l'anima irrazionale è la materia dell'anima razionale, senza dubbio un corpo è la materia dell'anima razionale. Ma nessuno, ch'io sappia, ha mai osato affacciare una simile opinione, tranne chi sostiene che l'anima non è altro che una specie di corpo.

Si confuta la metempsicosi.

9. 13. Se, inoltre, concederemo che un'anima irrazionale è una sorta di sostrato materiale da cui è tratta l'anima razionale, bisogna guardarsi dal credere alla possibilità che l'anima trasmigri da una bestia in un uomo, poiché questa è un'opinione assolutamente contraria alla fede cattolica. Poiché avverrebbe che, qualora questa anima, cambiandosi in meglio, divenisse quella di un uomo, anche l'altra a sua volta, cambiandosi in peggio, diventasse l'anima di una bestia. Quest'opinione ridicola sostenuta da alcuni filosofi, fu causa d'imbarazzo per gli stessi loro seguaci posteriori, i quali affermarono che i loro maestri non avevano sostenuto una siffatta opinione ma che non erano stati ben compresi. Anch'io credo che sia così; press'a poco allo stesso modo uno potrebbe interpretare il passo delle nostre Scritture in cui è detto: L'uomo costituito in onore non ha compreso ed è stato paragonato agli animali bruti ed è diventato simile ad essi 5, o quell'altro ove si legge: Non abbandonare alle bestie l'anima che ti loda 6. In realtà tutti gli eretici leggono le Scritture e sono eretici per il solo fatto che non le comprendono bene e sostengono con pervicacia le loro false opinioni contro la verità delle Scritture. Ma qualunque sia l'opinione di tali filosofi riguardo alla trasmigrazione delle anime, tuttavia non è conforme alla fede cattolica credere che le anime delle bestie trasmigrano negli uomini o quelle degli uomini nelle bestie.

Dalla somiglianza dei costumi non deriva che l'anima dell'uomo trasmigri nelle bestie.

10. 14. Che davvero gli uomini, a causa della loro condotta, diventino simili alle bestie lo proclama la storia dei fatti umani e lo attesta la Scrittura. Ecco perché il Salmista, da me citato, dice: L'uomo, pur essendo nell'onore, non ha compreso: è stato paragonato alle bestie prive di ragione ed è diventato simile ad esse 7; ma ciò si riferisce naturalmente alla vita presente, non alla vita dopo la morte. Per questo motivo il Salmista, dicendo: Non abbandonare alle bestie l'anima di chi ti loda 8, desiderava che la propria anima non fosse consegnata in potere delle bestie - simili agli individui dai quali il Signore ci comanda di stare in guardia allorché dice che son vestiti di pelli di pecore ma nell'interno sono lupi rapaci - o desidera che la sua anima non sia data in potere del diavolo e dei suoi angeli, poiché anche il diavolo è chiamato [nella Scrittura] leone e drago 9.

Si confuta l'argomento dei filosofi che propugnano la metempsicosi.

10. 15. Ma che specie d'argomento portano i filosofi che credono che le anime degli uomini dopo la morte possono trasmigrare nelle bestie e quelle delle bestie negli uomini? Essi forse argomentano che sarebbe la somiglianza dei costumi a trascinare gli uomini in animali loro somiglianti, come gli avari in formiche, i rapaci in avvoltoi, i crudeli e i superbi in leoni, i sensuali, che vanno in cerca d'immondi piaceri, in porci e così via secondo altre simili analogie. Questo è quanto essi asseriscono senza riflettere però che in base a siffatto ragionamento sarebbe assolutamente impossibile che l'anima d'una bestia dopo la morte trasmigri in un uomo. Poiché un porco non è affatto più simile a un uomo che a un porco; e quando i leoni diventano mansueti, diventano più simili ai cani o anche alle pecore che non agli uomini. Le bestie quindi conservano i costumi delle bestie e anche se alcune di esse diventano un po' dissimili dalle altre, rimangono tuttavia più simili agli individui della loro specie che non agli uomini; le bestie inoltre sono di gran lunga più diverse dagli uomini che non dalle bestie; le loro anime perciò non saranno mai anime di uomini se essi fan trasmigrare in se stessi le anime d'individui che sono loro simili. Ora, se questo argomento è falso, in qual modo sarà vera l'opinione di quei filosofi, dal momento che non adducono nessun altro argomento perché si possa ammettere, se non la verità, almeno la probabilità della loro teoria? Perciò sarei anch'io più incline a credere - come anche i loro successivi seguaci - che quei filosofi, i quali per primi esposero nei loro libri questa teoria, volessero piuttosto fare intendere che a causa della perversità e turpitudine dei loro costumi gli uomini diventano simili alle bestie in questa vita e così, in certo senso, si mutano in bestie; con ciò mirano a mostrare agli uomini il loro stato vergognoso e distoglierli dalle loro insane passioni.

Trasmigrazioni immaginarie sognate.

11. 16. Ora, certi fatti che si racconta siano accaduti - come quello che si narra di certuni che ricordavano in quali corpi di bestie erano stati - o sono falsi o illusioni prodotte dal demonio nell'anima di quegli individui. Se infatti nel sonno accade che uno per abbaglio della memoria può essere indotto a credere di ricordare d'essere stato ciò che non è stato o d'aver fatto ciò che non ha fatto, non dovrebbe sembrare strano se, per una giusta disposizione di Dio a noi nascosta, è permesso ai demoni di produrre siffatte immagini nello spirito anche di persone in stato di veglia.

La tesi dei Manichei peggiore di quella dei filosofi.

11. 17. I manichei invece, che credono d'essere o pretendono esser considerati cristiani, a proposito della trasmigrazione o ritorno ciclico delle anime, hanno opinioni più erronee e più detestabili che non quelle dei filosofi pagani o d'altri individui stolti che hanno questa concezione, poiché questi distinguono la natura dell'anima da quella di Dio, mentre essi affermano che l'anima non è altro che la sostanza stessa di Dio, anzi che è assolutamente identica a ciò che è Dio. Essi poi non esitano ad affermare che l'anima subisce mutamenti tanto vergognosi che, secondo la loro incredibile dissennatezza, non c'è alcuna sorta d'erbe o di vermiciattoli a cui l'anima non sia mescolata e in cui non possa trasmigrare. Se però essi allontanassero dal loro spirito siffatte questioni oltremodo oscure che, trattate da essi con mentalità carnale, inevitabilmente li fanno cadere in un pantano di opinioni false e mostruose, dovrebbero attenersi con tutta fermezza all'unico principio chiaramente insito dalla natura in ogni anima razionale, senza bisogno di ricorrere alle tortuosità d'alcuna discussione. Dovrebbero attenersi cioè al principio che Dio è assolutamente immutabile ed incorruttibile. Allora andrebbe subito in fumo tutta la loro favola dalle mille forme, inventata dalla loro mentalità stolta e sacrilega sulla mutabilità di Dio, completamente indegna di lui.

11. 18. La materia dell'anima non è dunque neppure un'anima irrazionale.

L'anima non è tratta da un elemento corporeo.

12. 18. Che cos'è dunque ciò con cui è stata fatta l'anima per mezzo del soffio di Dio? Era forse un corpo terrestre e umido? Nient'affatto! Poiché è stata piuttosto la carne ad essere fatta con questi due elementi. Cos'altro infatti è il fango se non terra umida? Non bisogna neppure credere che l'anima umana sia stata fatta solo con l'elemento umido, come se la carne derivasse dalla terra e l'anima dall'acqua. Poiché è del tutto assurdo pensare che l'anima sia stata fatta con un elemento di cui è stata fatta la carne dei pesci e degli uccelli.

L'anima non deriva dall'aria.

12. 19. L'anima umana dunque proviene forse dall'aria? A questo elemento appartiene anche il soffio - quello nostro, non quello di Dio --. Ecco perché poco prima abbiamo detto che ciò si potrebbe credere verosimilmente nell'ipotesi che Dio si potesse immaginare come l'anima del mondo concepito, questo, come un unico e immenso essere animato, sicché Dio gli avrebbe insufflato l'anima traendola dall'aria del proprio corpo, allo stesso modo che la nostra anima emette l'aria traendola fuori dal proprio corpo. Ma poiché è certo che Dio, per la sua assolutamente incomparabile trascendenza è al di sopra d'ogni elemento materiale del mondo e al di sopra di ogni essere spirituale da lui creato, in qual modo si potrebbe avanzare ragionevolmente una simile ipotesi? Si potrebbe pensare che Dio quanto più è presente all'universo, da lui creato, in virtù della sua singolare onnipotenza, tanto più gli sarebbe possibile formare con l'aria il soffio che sarebbe l'anima dell'uomo? Ma l'anima non è corporea, mentre tutto ciò che deriva dagli elementi materiali del mondo è necessariamente materiale, e tra gli elementi del mondo si annovera anche l'aria dell'atmosfera terrestre; perciò anche se si sostenesse che l'anima è fatta derivare dall'elemento del fuoco puro e celeste, non si dovrebbe crederlo. Non sono mancati filosofi che hanno affermato che qualsiasi corpo può essere trasformato in un altro, ma che un corpo, terrestre o celeste, venga trasformato in anima e diventi una natura incorporea non so se l'abbia sostenuto alcuno e non viene insegnato neppure dalla nostra fede.

Teorie dei medici riguardo al corpo umano.

13. 20. Per di più - se dobbiamo tener conto di ciò che i medici non solo affermano ma asseriscono anche d'essere in grado di provare - ogni corpo, benché presenti chiaramente i caratteri d'una massa terrestre compatta, ha tuttavia in sé anche una certa quantità d'aria contenuta nei polmoni e che si diffonde dal cuore nelle vene chiamate arterie. I corpi inoltre hanno altresì l'elemento del fuoco situato nel fegato e che possiede non solo la proprietà calorifica ma anche quella illuminante che - spiegano gli scrittori - si diffonde e s'innalza fino alla parte più alta del cervello che è come dire la parte più alta del nostro corpo. Dal cervello si sprigionano i raggi che escono dagli occhi e da esso, come da un centro si dipartono anche i sottili canalicoli che arrivano non solo agli occhi, ma anche agli altri sensi, cioè alle orecchie, alle narici e al palato per rendere possibile l'udire, il percepire gli odori e il gustare. Essi inoltre dicono che lo stesso senso del tatto diffuso per tutto il corpo, si dirama dal medesimo cervello attraverso il midollo cervicale e il midollo spinale, quello cioè costituito dalle ossa di cui è composta la spina dorsale; di lì si propagano per tutte le membra canalicoli estremamente sottili che producono la sensazione del tatto.

14. 20. È dunque mediante questa sorta di messaggeri che l'anima percepisce tutte le cose materiali di cui viene a conoscenza. Essa invece è una sostanza talmente diversa che, quando vuol comprendere sia le realtà divine, sia Dio, sia se stessa, ed esaminare attentamente le proprie virtù, non deve riferirsi a questa luce percepita anche dagli occhi, ma, riconoscendo che a questo scopo siffatta luce non solo non le è d'alcun aiuto ma d'un certo ostacolo, deve elevarsi fino alla visione dello spirito. Non si vede quindi in qual modo potrebbe essere della stessa natura degli esseri materiali se, dal più perfetto di essi, cioè la luce che s'irradia dagli occhi, non è aiutata che a percepire le forme e i colori degli oggetti, mentre essa possiede da se stessa innumerevoli cose di gran lunga diverse dagli oggetti materiali d'ogni specie ch'essa apprende solo con l'intelletto e la ragione, che è il regno irraggiungibile dai sensi fisici.

L'anima è incorporea.

15. 21. La natura dell'anima umana non proviene quindi, per certo, né dalla terra, né dall'acqua, né dall'aria, né da alcuna sorta di fuoco, ma ciononostante governa gli elementi più densi del proprio corpo - cioè questa specie di terra umida che è stata cambiata in carne - mediante gli elementi più sottili del suo corpo, cioè l'aria e la luce. Poiché senza questi due sottilissimi elementi non può esserci né sensazione fisica né movimento fisico spontaneo sotto la direzione dell'anima. Ora, allo stesso modo che il conoscere deve precedere il fare, così il sentire deve precedere il muovere. L'anima dunque, essendo una sostanza incorporea, com'è il fuoco o meglio la luce e l'aria, per mezzo di essi agisce allora sugli elementi più densi del corpo, come l'acqua e la terra - con cui si forma la massa solida della carne - che sono più soggetti a patire che adatti ad agire.

Senso dell'espressione: "anima vivente".

16. 22. A me dunque pare [che la Scrittura] dice: E l'uomo divenne un essere vivente 10 solo perché l'uomo cominciò ad avere la sensazione del proprio corpo, segno assai chiaro d'una carne animata e vivente. Anche gli alberi infatti si muovono non solo per una forza esterna che li spinge come quando sono agitati dal vento, ma anche in forza di un moto interno che produce tutto ciò che serve alla crescita di un albero conforme alla sua specie; e mediante questo moto l'umidità è attratta nelle radici e si trasforma negli elementi costitutivi della natura dell'erba o dell'albero: nessuno di questi fenomeni avviene senza un moto interno. Ma questo moto non è spontaneo come quello connesso alla sensazione per governare il corpo come si trova in ogni specie di animali che la Scrittura chiama esseri viventi 11. Se non fosse anche in noi il moto interno, i nostri corpi non crescerebbero e non produrrebbero unghie e capelli. Ma se in noi fosse unicamente questo moto senza la sensazione e senza il moto spontaneo, la Scrittura non direbbe che l'uomo divenne un essere vivente.

Il soffio di Dio sul volto dell'uomo.

17. 23. La parte anteriore del cervello, d'onde si dipartono tutti i nervi sensori, è situata vicino alla fronte, e gli organi sensori nella faccia, tranne il sensorio del tatto che è diffuso in tutto il corpo; è dimostrato tuttavia che anche questo senso si diparte dalla stessa zona anteriore del cervello dalla quale torna indietro attraverso la sommità del capo scendendo fino al midollo spinale, di cui ho parlato poc'anzi: per conseguenza ha il senso del tatto anche la faccia, come tutto il corpo eccetto i sensi della vista, dell'udito, dell'odorato e del gusto, situati solo nella faccia. Ecco perché, a mio avviso, la Scrittura dice che Dio soffiò sul volto dell'uomo un alito vitale quando divenne un essere vivente 12. Infatti la parte anteriore del cervello è considerata giustamente più eccellente di quella posteriore, non solo perché quella dirige come guida e quest'altra segue, ma anche perché dalla prima deriva la sensazione mentre dall'altra ha origine il movimento, così come il progetto precede l'esecuzione.

I tre ventricoli del cervello.

18. 24. E poiché non c'è alcun movimento fisico che tenga dietro alla sensazione senza intervalli di tempo, e d'altra parte non possiamo percorrere questi intervalli di tempo con moto spontaneo senza il soccorso della memoria, gli scrittori [di medicina] dimostrano che vi sono tre specie di ventricoli nel cervello: il primo vicino al volto, dal quale si dipartono tutti i nervi sensori; il secondo è quello posteriore situato presso la base del cervello, che regola tutti i movimenti; il terzo è sito tra gli altri due, ove gli scrittori dimostrano che ha sede la memoria, perché non avvenga che, siccome il movimento tiene dietro alla sensazione, l'uomo sia nell'impossibilità di collegare al passato ciò che deve fare, qualora si dimenticasse di quel che ha fatto. L'esistenza di siffatti ventricoli, al dire di quegli scrittori, è dimostrata da segni sicuri, in casi in cui quelle rispettive zone del cervello sono state affette da una malattia o da un difetto patologico. Anche quando sono menomate le funzioni della sensazione o il movimento delle membra o il ricordo dei movimenti del corpo, [i medici] indicano assai chiaramente la funzione di ciascuno dei ventricoli e, applicando a questi la cura [opportuna], hanno appurato a quale delle zone cerebrali ha giovato la cura apprestata. L'anima tuttavia agisce su queste zone del cervello come su propri strumenti, ma non s'identifica con alcuno di detti organi; al contrario essa li guida tutti e, per mezzo di essi, provvede ai bisogni del corpo e della vita, poiché in virtù di essa l'uomo è divenuto un essere vivente.

Superiorità dell'anima su tutto ciò che è corporeo.

19. 25. Quando si cerca quale sia l'origine dell'anima, ossia il materiale - per così dire - con il quale Dio formò il soffio chiamato anima, non deve venirci in mente nulla di materiale. Poiché allo stesso modo che Dio trascende ogni creatura, così l'anima per l'eccellenza della sua natura, è superiore a ogni specie di creatura corporea. Essa tuttavia governa il corpo per mezzo della luce e dell'aria che sono anch'essi corpi superiori agli altri corpi di questo mondo in quanto sono più simili allo spirito e hanno più la capacità di agire che non la materialità di patire, come è quella che hanno l'acqua e la terra, mentre quelli sono più simili allo spirito. La luce fisica, per esempio, fa noto qualcosa ma lo manifesta a un essere di natura diversa dalla propria; lo manifesta cioè all'anima, ma la luce che segnala qualcosa non è l'anima. Quando poi l'anima soffre con molestia le afflizioni del corpo, è colpita dal dispiacere che la propria attività intenta a governare il corpo è impedita dal turbamento del suo equilibrio, e questo dispiacere si chiama dolore. Anche l'aria diffusa attraverso i nervi ubbidisce alla volontà così da mettere in moto le membra, ma non è essa la volontà. Ugualmente la zona centrale del cervello segnala i movimenti delle membra perché se ne serbi memoria, ma non è essa la memoria. Infine, quando queste funzioni - che sono, per così dire, a servizio dell'anima - a causa di un difetto o turbamento qualunque vengono a cessare completamente poiché non agiscono più i messaggeri delle sensazioni e gli agenti del movimento, si ha l'impressione che l'anima non ha più motivo d'essere presente [al corpo] e se ne allontana. Se invece non cessano [del tutto], come suole avvenire nella morte, l'attenzione dell'anima ne viene disturbata, come uno che si sforzasse di riporre in piedi qualcosa che sta cadendo. Allora, in base alla natura delle turbe che la crucciano, i medici arrivano a conoscere di quale zona delle funzioni si tratta, in modo che, se possibile, vi portino rimedio.

L'anima non è ciò che sono gli organi del corpo.

20. 26. Poiché una cosa è l'anima e un'altra gli elementi corporei di cui si serve come di agenti, come di strumenti o di organi o con qualsiasi altro nome più appropriato possono chiamarsi. La differenza appare evidente dal fatto che spesso, a causa d'una intensa concentrazione del pensiero, l'anima si distoglie da tutte le altre cose fino al punto di non accorgersi di molti oggetti situati davanti agli occhi quando sono spalancati e capaci di guardar bene. Se poi la concentrazione è maggiore, una persona, anche se cammina, tutto a un tratto si ferma poiché distoglie la volontà dal comandare all'organo motorio, da cui erano mossi i piedi. Se invece la concentrazione del pensiero non è così intensa da far fermare una persona che cammina e inchiodarla in un punto della strada, ma è tuttavia tale da trattenere l'anima dal fare attenzione ai movimenti del corpo segnalatile dalla zona centrale del cervello, talvolta si dimentica d'onde venga o dove vada e senza avvedersene oltrepassa la casa di campagna verso cui è diretta, pur essendo sano il corpo, ma perché è distolta verso altri oggetti. Questa specie di particelle corporee del cielo corporeo, quelle cioè della luce e dell'aria, sono le prime a ricevere gli impulsi dell'anima che le vivifica per il fatto che, più dell'acqua e della terra, sono affini alla sostanza incorporea. L'anima si serve di quegli elementi più vicini allo spirito per governare tutta la massa del corpo. Se Dio ha mescolato o aggiunto al corpo dell'uomo vivente la luce e l'aria traendole dal cielo che circonda e ricopre la nostra terra, o se le ha create anch'esse dal fango come la carne, è una questione che non rientra nel nostro argomento. È infatti ammissibile che ogni sostanza corporea può trasformarsi in ogni altra sostanza corporea, ma è assurdo credere che qualunque corpo si possa trasformare in un'anima.

Non si deve immaginare un quarto elemento del mondo da cui deriva l'anima.

21. 27. Non si deve perciò dare ascolto nemmeno a coloro i quali hanno pensato che esista un quinto elemento corporeo, da cui sarebbero tratte le anime; questo elemento non sarebbe né la terra né l'aria né il fuoco - tanto quello terrestre soggetto a diversi mutamenti, quanto quello celeste puro e splendente - ma un non so qual altro essere privo di un vocabolo usuale, ma che tuttavia sarebbe un corpo 13. Se infatti coloro, che hanno questa opinione, chiamano corpo quello stesso che chiamiamo corpo anche noi, cioè una sostanza qualsiasi occupante uno spazio in lunghezza, larghezza e altezza, non solo ciò non è l'anima, ma non si deve credere neppure che l'anima sia stata fatta con questo elemento. Poiché tutto ciò che è di simile natura, per non dir altro, può essere diviso o circoscritto con linee in qualunque sua parte; ora, se l'anima fosse capace di ciò, non potrebbe concepire affatto linee che non possano tagliarsi nel senso della lunghezza, come quelle che tuttavia sa potersi trovare nel mondo dei corpi.

L'anima conosce se stessa interamente.

21. 28. L'anima però non pensa di se stessa come se fosse qualcosa di simile, dal momento che non può conoscersi, anche quando cerca di conoscere se stessa. Quando infatti indaga se stessa, sa di fare ciò, ma non potrebbe saperlo se non si conoscesse, poiché il mezzo per indagarsi non è altro che lei stessa. Per il fatto dunque che sa di essere alla ricerca di se stessa, certamente si conosce e perciò, quando sa d'indagare se stessa, conosce anche se stessa nell'intero suo essere, poiché a conoscersi tutta intera non è un altro essere ma è lei stessa. Perché dunque essa s'indaga ancora, se sa che tutto il suo essere è intento a indagarsi? Se infatti non si conoscesse, non potrebbe sapere d'essere intenta ad indagarsi, ma questo le càpita attualmente; ciò che invece cerca di sapere di sé è ciò ch'era prima o sarà in avvenire. Dovrebbe quindi smettere ormai d'immaginare di essere un copro poiché, se fosse qualcosa di simile, si conoscerebbe come tale, dato che conosce se stessa meglio di quanto conosca il cielo e la terra, che conosce solo mediante gli occhi del proprio corpo.

La facoltà dell'anima con cui ritiene le immagini dei corpi.

21. 29. Non parlo dell'altra facoltà dell'anima che possiedono - come sappiamo - anche le bestie e gli uccelli del cielo quando tornano alle loro stalle o ai loro nidi; grazie a questa facoltà l'anima riceve le immagini di tutte le cose materiali e questa facoltà non è affatto simile ad alcuna sostanza materiale. Tuttavia proprio questa facoltà, in cui restano impresse le immagini delle cose materiali, dovrebbe essere piuttosto simile a un essere materiale. Ma se questa facoltà non è corporea, poiché di certo quelle immagini corporee non solo restano impresse nella memoria, ma se ne possono formare ancora innumerevoli altre a volontà, quanto più l'anima non può essere simile a un corpo a causa di qualunque altra sua facoltà!.

L'anima è spirito vitale.

21. 30. Se invece, secondo l'opinione di certi scrittori, è un corpo tutto ciò che esiste, cioè ogni sostanza e ogni natura, dovremmo certamente respingere questo modo di esprimerci per evitare di non essere in grado di trovare dei termini per distinguere dai corpi gli esseri che non lo sono. D'altra parte non dovremmo preoccuparci eccessivamente riguardo a una parola. Anche noi infatti diciamo che l'anima - qualunque cosa essa possa essere - non è alcuno dei ben noti quattro elementi che sono evidentemente dei corpi, ma non è neppure ciò che è Dio. Ma cosa sia non lo si vede meglio che chiamandola anima o spirito vitale. A "spirito" si aggiunge "vitale" perché anche l'aria è chiamata spesso spiritus, cioè "spirito". D'altronde si è dato il nome di "anima" anche all'aria, sicché è impossibile trovare più un termine per denotare con proprietà questa sostanza, che non è né corpo né Dio, né vita priva di sensazione - quale apparentemente si trova negli alberi - né vita senza intelligenza razionale - come si trova nelle bestie - ma una vita adesso inferiore a quella degli angeli, destinata però a divenire uguale alla loro, se vivrà secondo i comandamenti del suo Creatore.

Conclusioni sulla natura dell'anima.

21. 31. Tra incertezze si ricerca quale sia l'origine dell'anima, cioè con quale materia - diciamo così - è stata fatta o con quale sostanza completa e beata sia stata fatta oppure se è stata fatta completamente dal nulla; ciononostante non si deve mettere affatto in dubbio che, se l'anima era qualcos'altro prima di essere anima, qualunque cosa essa fosse, fu fatta da Dio e che nella sua essenza attuale è stata fatta da Dio per essere anima vivente. Infatti o non era nulla in precedenza o non era ciò che è adesso. Ma abbiamo ormai spiegato a sufficienza la parte della questione in cui ci siamo chiesti che cosa potrebbe chiamarsi materia con cui l'anima è stata fatta.

Aporìe sull'origine e sulla ragione causale dell'anima.

22. 32. Ora, se l'anima non esisteva affatto [in precedenza], si deve cercare in qual senso può intendersi quanto si diceva, cioè che la sua ragione causale fu creata tra le prime opere di Dio fatte in sei giorni, quando Dio creò l'uomo a sua immagine; ma questa immagine non può spiegarsi esattamente se non rispetto all'anima. Quando perciò affermiamo che Dio, nel creare simultaneamente tutte le cose, non creò proprio le nature e le sostanze destinate ad esistere in seguito ma piuttosto certe ragioni causali degli esseri futuri, dobbiamo aver paura di dar l'impressione di dire cose prive di senso. Quali sono in realtà siffatte ragioni causali secondo le quali potrebbe dirsi che Dio aveva già fatto a sua immagine l'uomo di cui non aveva ancora formato il corpo mediante il fango e nel quale non aveva ancora infuso il soffio creando così l'anima? E per dire il vero, anche se il corpo umano aveva una ragione causale occulta, in virtù della quale doveva essere formato in futuro, esisteva però anche il materiale con cui doveva essere formato, cioè la terra in cui è facile capire che quella ragione era nascosta come in un seme. Ma dell'anima che doveva essere creata, cioè del soffio che doveva esser creato per divenire anima umana, quale ragione causale era stata nascosta originariamente nella terra quando Dio disse: Facciamo l'uomo a nostra immagine e somiglianza 14 - somiglianza che può intendersi rettamente solo rispetto all'anima - se non c'era alcuna sostanza con cui potesse essere creata?

In una creatura spirituale la ragione causale dell'anima?

22. 33. Se infatti quella ragione causale era in Dio e non in una creatura, allora non era stata creata. In che senso dunque [la Scrittura] dice: Dio fece l'uomo a propria immagine 15? Se invece era già nella creazione, cioè nelle stesse cose già create simultaneamente da Dio, in quale creatura essa era? In una creatura spirituale o in una materiale? Se era in una creatura spirituale, agiva forse in qualche modo negli esseri corporei del mondo sia celesti che terrestri? Oppure non vi esercitava alcuna attività prima che l'uomo fosse creato nella sua propria natura, allo stesso modo che nell'uomo già vivente di vita personale esiste occulta e inattiva la potenzialità di generare che non agisce se non nell'amplesso sessuale e nel concepimento? Oppure anche quella creatura spirituale, in cui era nascosta questa ragione, non produceva nulla della sua opera? Ma a che scopo era stata creata? Forse per contenere la ragione causale della futura o delle future anime umane, come se non potessero esistere in se stesse ma solo in una creatura vivente di vita propria, come la facoltà di generare non può essere se non nelle nature già esistenti e complete? Genitrice dell'anima sarebbe stata dunque costituita una creatura spirituale, in cui fosse la ragione causale dell'anima futura, che però non dovrebbe esistere se non quando Dio la crea per infonderla nell'uomo. Anche nel caso della procreazione umana, a creare e formare il prodotto del seme oppure immediatamente della stessa prole è solo Dio mediante la sua Sapienza che per la sua purezza si diffonde e penetra dappertutto e per questo nulla d'inquinato s'infiltra in essa 16, mentre si estende da un confine all'altro con forza e governa con dolcezza ogni cosa 17. Ma io non so come si possa comprendere che fu creata per quest'unico scopo una non so quale creatura spirituale che non è ricordata tra le opere create da Dio nel corso di quei giorni, sebbene la Scrittura affermi che Dio creò l'uomo nel sesto giorno, ma allora Dio non lo aveva creato nella sua propria natura, sibbene solo nella sua ragione causale insita nella creatura che non è menzionata [nella Scrittura]. C'era infatti un motivo maggiore perché dovesse essere menzionata proprio essa che era stata portata alla perfezione in modo che non si dovesse aspettare più a farla conforme a una ragione causale, che sarebbe stata anteriore a lei.

Non è nella natura angelica la ragione causale dell'anima.

23. 34. Se il "giorno" creato da Dio all'origine viene inteso rettamente come un essere spirituale e intellettuale, potrebbe darsi che Dio quando fece l'uomo a sua immagine il sesto giorno, inserì in quella natura spirituale e intellettuale la ragione causale dell'anima che doveva essere creata in seguito? Avrebbe egli, così, fissato in precedenza la ragione causale e formale, conforme alla quale avrebbe creato l'uomo dopo i sette giorni e in tal modo si potrebbe pensare ch'egli creò la ragione causale del corpo dell'uomo nella sostanza della terra e la ragione causale dell'anima nella natura del primo "giorno"? Ma dire ciò non equivale forse a dire che lo spirito angelico è in un certo senso padre dell'anima umana, se nella creatura spirituale è precostituita la ragione causale dell'anima umana da creare, allo stesso modo che nell'uomo è la ragione causale della sua prole futura? Per conseguenza, progenitori dei corpi umani sarebbero gli uomini, e delle anime gli angeli, mentre Dio sarebbe il creatore sia dei corpi che delle anime, ma degli uomini per il tramite degli uomini, delle anime invece per il tramite degli angeli. O forse possiamo dire che Dio sarebbe creatore del primo corpo umano tratto dalla terra e della prima anima umana tratta dalla natura angelica, nei quali esseri avrebbe fissato precedentemente le ragioni causali dei corpi e delle anime, quando all'origine fece l'uomo tra gli esseri, creati tutti da lui simultaneamente, in seguito avrebbe infine creato gli uomini mediante gli uomini, traendo il corpo dal corpo e l'anima dall'anima? È un problema spinoso poiché è difficile capire come l'anima potrebbe esser figlia d'un angelo o degli angeli, ma è molto più difficile capire come potrebbe essere figlia del cielo corporeo o, ancor peggio, del mare e della terra! Se quindi è assurdo pensare che Dio creasse la ragione causale dell'anima nella natura angelica, molto meno si può ammettere che la ragione causale dell'anima fosse creata anteriormente in qualche creatura corporea quando Dio fece l'uomo a propria immagine, prima che al momento voluto infondesse col suo soffio l'anima al corpo formato col fango.

Prima ipotesi: l'anima esiste prima di venire nel corpo.

24. 35. Vediamo dunque se per caso si possa affermare con verità - come a me pare certamente più accettabile per la ragione umana - che Dio, tra le prime opere da lui create tutte simultaneamente, creò anche l'anima umana che a tempo debito avrebbe infusa nelle membra del corpo formato con il fango. Di questo corpo, tra tutte le opere create simultaneamente, Dio aveva creato la ragione causale, conforme alla quale fece il corpo umano allorché dovette essere fatto. Ora l'espressione della Scrittura: a propria immagine possiamo intenderla nel suo giusto senso solo in rapporto all'anima, allo stesso modo che l'altra: maschio e femmina solo in rapporto al corpo. Se dunque non vi si oppone alcuna autorità della sacra Scrittura o un argomento vero della ragione, si deve credere che l'uomo fu creato il sesto giorno nel senso che la ragione causale del corpo umano era già stata creata negli elementi del mondo, ma che l'anima era già stata creata nel suo essere come all'inizio era già stato creato il "giorno" e che, una volta creata, restò nascosta tra le opere di Dio finché, al momento voluto, Dio non l'avrebbe infusa con il soffiare, cioè con l'ispirare l'alito nel corpo formato col fango.

Se l'anima preesisteva, che cosa l'avrebbe spinta a venire nel corpo?

25. 36. Ma a questo punto dobbiamo considerare un nuovo problema di una certa importanza. Se infatti l'anima era già stata creata e celata, dove avrebbe potuto stare meglio che dove si trovava? Che ragione c'era dunque perché l'anima, vivente nell'innocenza, dovesse essere infusa - per darle vita - nella carne, in cui peccando avrebbe offeso il proprio Creatore con il risultato di meritare il castigo della fatica e il tormento della condanna? È forse necessario dire che l'anima è propensa per sua spontanea volontà verso il corpo per governarlo e che in questa vita con il corpo - in quanto la si può vivere sia nella giustizia che nell'iniquità - avrebbe potuto avere, a seconda di quanto avrebbe scelto, o il premio della sua giustizia o il castigo della sua iniquità? Siffatta ipotesi non sarebbe forse contraria all'affermazione dell'Apostolo in cui dice che quanti non sono ancora nati non hanno fatto nulla di bene o di male 18? Infatti la propensione spontanea dell'anima verso il corpo non è ancora un'azione giusta o malvagia di cui si debba rendere conto nel giudizio di Dio, nel quale ciascuno riceverà la ricompensa delle opere compiute mediante il corpo, sia in bene che in male 19. Perché dunque non avanzare un'ulteriore ipotesi, che cioè l'anima sia venuta nel corpo per ordine di Dio? In tal modo, se nel corpo essa volesse agire secondo i precetti di Dio, riceverebbe in ricompensa la vita eterna e la compagnia degli angeli; se invece li disprezzasse, subirebbe il castigo più che giusto sia d'una pena di lunga durata sia del fuoco eterno? Oppure - poiché il fatto stesso di aver ubbidito a Dio è di certo già un'azione buona - potrebbe darsi che questa ipotesi fosse contraria all'affermazione che coloro i quali non sono ancora nati, non hanno fatto nulla né di bene né di male?

Se l'anima si unì al corpo di propria volontà, non prevedeva il futuro.

26. 37. Se le cose stanno così, potremo ammettere altresì che l'anima non fu originariamente creata in uno stato tale da avere la prescienza delle proprie azioni futuribili o buone o cattive. Poiché non è affatto credibile che l'anima potesse avere la tendenza a vivere di propria volontà in un corpo, se avesse preveduto che avrebbe commesso certi peccati per cui sarebbe stata punita giustamente con un castigo eterno. È di certo giusto lodare in tutte le cose il Creatore che ha fatto assai buone tutte le cose. Egli poi non dev'essere lodato solo per gli esseri ai quali ha dato la prescienza, dal momento che viene lodato anche per aver creato le bestie, alle quali è superiore la natura umana anche con i peccatori che si trovano in casa. È infatti la natura umana che deriva da Dio e non l'iniquità nella quale l'uomo s'impaccia da se stesso abusando del libero arbitrio, ma se l'uomo non avesse il libero arbitrio, avrebbe anche minore eccellenza nell'universo. Poiché dobbiamo immaginare una persona che vive santamente anche se priva della prescienza del futuro e in siffatta condizione bisogna osservare come - per l'eccellenza della buona volontà - non venga impedita di vivere rettamente e piacere a Dio, per il fatto che, pur ignorando il futuro, egli vive in virtù della fede. Chi dunque negasse l'esistenza d'una creatura di tale specie tra gli esseri del mondo, si opporrebbe alla bontà di Dio. Chi poi nega che una tale creatura subisce delle pene in castigo dei peccati, è nemico della giustizia di lui.

L'anima viene nel corpo per desiderio naturale.

27. 38. Ma se l'anima viene creata per esser mandata nel corpo, possiamo domandarci se vi sia costretta contro la sua volontà. È però preferibile supporre ch'essa abbia questa volontà per sua natura, cioè che la natura in cui viene creata è tale ch'essa lo vuole, come per noi è naturale il desiderio di vivere; vivere male, al contrario, non appartiene di certo alla natura come una sua proprietà, ma alla volontà perversa, meritevole giustamente di castigo.

L'anima è stata creata con una materia spirituale.

27. 39. È dunque inutile chiedersi con quale - diciamo così - quasi-materia è stata fatta l'anima, se possiamo supporre con ragione ch'essa fu creata tra le opere primordiali di Dio, quando fu creato il "giorno" poiché, allo stesso modo che furono creati gli esseri che non esistevano, così fu creata anche l'anima insieme con quelli. Ma se c'era anche una materia formabile, non solo corporale ma altresì spirituale che, rispetto alla sua formazione, avesse una priorità non di tempo ma di origine, come la voce ha priorità rispetto al canto - anch'essa, tuttavia, creata solo da Dio, dal quale ha l'essere ogni cosa - che cosa è più logico supporre se non che l'anima è stata creata mediante una materia spirituale?

Seconda ipotesi: l'anima creata contemporaneamente al corpo.

28. 40. Se uno invece non vuole ammettere che l'anima fu creata solo quando fu infusa nel corpo già formato, veda che cosa può rispondere a chi gli chiede da che cosa fu tratta. Potrà rispondere che Dio fece o fa qualcosa dopo aver portato a termine tutte le opere della creazione; in questo caso deve riflettere come spiegare che l'uomo fu creato il sesto giorno a immagine di Dio - e ciò non può intendersi nel giusto senso se non rispetto all'anima - ossia deve dire in quale sostanza fu creata la ragione causale dell'anima che ancora non esisteva. Oppure risponderà che l'anima fu creata non dal nulla ma da qualcosa già esistente; ma in questo caso incontrerà difficoltà nel cercare quale fosse quella sostanza, se fisica o spirituale e rispondere ai quesiti da me considerati più sopra. Resterà sempre, inoltre, la difficoltà d'indagare ancora in quale sostanza degli esseri, creati originariamente nei sei giorni, Dio fece la ragione casuale dell'anima, che ancora non aveva creata dal nulla o tratta da qualche cosa.

Difficoltà scritturistiche riguardo all'origine e alla creazione dell'anima.

28. 41. Se [l'eventuale oppositore] vorrà evitare questa difficoltà dicendo che nel sesto giorno fu anche fatto l'uomo col fango, ma che la Scrittura ricorda ciò in seguito solo per ricapitolare [le opere di Dio], deve considerare che cosa rispondere a proposito della donna, poiché la s dice: Dio li creò maschio e femmina e li benedisse 20. Se infatti risponderà che la donna fu creata venendo tratta da una costola dell'uomo, deve tener presente come potrà affermare che nel sesto giorno furono creati gli uccelli, i quali furono condotti ad Adamo, dal momento che la Scrittura insegna che ogni specie di uccelli fu creata il quinto giorno venendo tratta dalle acque; deve parimenti spiegare come al sesto giorno furono create anche le piante nel paradiso, mentre la Scrittura assegna la creazione di quelle piante al terzo giorno. Deve inoltre considerare che cosa vogliono dire le parole della Scrittura: Il Signore fece germogliare dal suolo ogni sorta d'alberi graditi alla vista e buoni da mangiare 21, come se quelli che aveva fatto germogliare dal suolo il terzo giorno non fossero graditi alla vista e buoni per mangiare, pur essendo tra le opere che fece Dio, e le fece tutte assai buone. Dovrà anche spiegare che cosa vuol dire: Dio formò ancora dal suolo ogni specie delle bestie dei campi e ogni specie d'uccelli del cielo 22, come se ancora non esistessero tutti quegli esseri ch'erano stati prodotti prima o piuttosto come se nessuno di loro fosse stato prodotto in precedenza. Poiché la Scrittura non dice: "E Dio formò dalla terra ogni altra specie di uccelli del cielo", come se questi non fossero quelli che non erano stati prodotti dalla terra il sesto giorno o dall'acqua il quinto giorno; [la Scrittura] dice invece: ogni specie di bestie e ogni specie d'uccelli. Quel tale deve inoltre riflettere come Dio fece tutte le cose in sei giorni: nel primo fece il "giorno", nel secondo il firmamento, nel terzo la materia del mare e della terra e anche l'erba e gli alberi germoglianti dalla terra, nel quarto i luminari [del cielo] e le stelle, nel quinto gli animali acquatici, nel sesto quelli terrestri. Ma come mai in seguito la Scrittura dice: Quando fu creato il giorno, Dio creò il cielo e la terra e ogni sorta di verzura dei campi 23, dal momento che, quando fu creato il giorno, Dio non creò se non il giorno stesso? In qual modo inoltre Dio creò ogni specie di verzure dei campi prima che fossero sulla terra, e ogni sorta di fieno prima che germogliasse? Chi infatti non direbbe che il fieno fu creato quando germogliò e non prima che germogliasse 24, se le parole della Scrittura non glielo impedissero? Si ricordi inoltre che la Scrittura dice: Colui che vive in eterno ha creato ogni cosa simultaneamente 25, e veda come si possano dire create simultaneamente cose la cui creazione è separata da spazi temporali non solo di ore ma anche di giorni. Egli dovrebbe preoccuparsi anche di mostrare come sono vere ambedue le affermazioni che possono sembrare contrarie, cioè che Dio si riposò da tutte le sue opere il settimo giorno, come afferma il libro della Genesi 26 e che Dio agisce senza interruzione, come afferma il Signore 27. Consideri altresì come la Scrittura dice essere state iniziate le medesime opere che dice essere state portate a compimento.

In qual modo Dio ha fatto le cose presenti e le future?

28. 42. A motivo di tutte queste affermazioni della sacra Scrittura, di cui nessuno, tranne gli infedeli e gli empi, mette in dubbio la veracità, siamo stati indotti ad affermare che all'origine del mondo Dio creò dapprima tutti gli esseri simultaneamente, alcuni direttamente nella propria natura, altri nelle loro cause preesistenti. In tal modo l'Onnipotente creò non solo gli esseri presenti ma anche quelli futuri e si riposò dopo averli creati, affinché in seguito, avendone cura e governandoli, creasse anche l'ordine dei tempi e degli esseri temporali, poiché da una parte li aveva portati a compimento nel senso che aveva determinato i limiti di tutte le specie di creature e dall'altra li aveva cominciati in relazione alla loro propagazione attraverso i secoli e così, per il fatto di averli portati a termine, si riposò, e per il fatto di averli cominciati, agisce ancora al presente. Ma se queste affermazioni [della Scrittura] possono essere interpretate in un senso migliore, non solo non mi oppongo, ma lo accetto anche favorevolmente.

Conclusione: verità certe e opinioni discutibili riguardo all'anima.

28. 43. Riguardo tuttavia all'anima che Dio infuse all'uomo soffiando col suo alito sul volto di lui, non affermo per ora nulla di definitivo, tranne quanto segue: essa proviene da Dio ma senza essere la sostanza di lui; è incorporea, non è - in altre parole - un corpo ma uno spirito; questo spirito però non è generato né procede dalla sostanza di Dio, ma è stato creato da lui, in modo però che nessuna natura corporea o anima irrazionale fosse trasformata nella sua natura e perciò è tratto dal nulla; l'anima è immortale secondo un certo modo di vita ch'essa non può perdere affatto; tuttavia, a causa d'una certa mutabilità per cui può diventare peggiore o migliore, si potrebbe pensare altresì che è mortale, poiché la vera immortalità la possiede solo Colui del quale la Scrittura dice in senso specifico: Il solo che possiede l'immortalità 28. Le altre spiegazioni da me esposte e dibattute in questo libro dovrebbero riuscire utili al lettore nel senso che o può sapere come siano da indagare, senza affermare nulla di avventato, le cose che la Scrittura non esprime con chiarezza, oppure, se questo mio modo di ricercare non gli piace, sa qual è il metodo da me usato nella ricerca in modo che se può insegnarmene [uno migliore], non me lo rifiuti, e se invece non lo può, ricerchi insieme con me qualcuno dal quale possiamo imparare ambedue.

 


1 - Gn 2, 7.

2 - Gn 2, 7.

3 - Is 57, 16 (sec. LXX).

4 - Is 57, 17 (sec. LXX).

5 - Sal 48, 13. 21.

6 - Sal 73, 19.

7 - Sal 48, 13.

8 - Sal 73, 19.

9 - Cf. Mt 7, 15; Sal 90, 13.

10 - Gn 2, 7.

11 - Gn 1, 21.

12 - Gn 2, 7.

13 - Cf. CICERONE, Tuscul. 1, 10, 22. 17, 41. 26, 65. 27, 66.

14 - Gn 1, 26.

15 - Gn 1, 27.

16 - Cf. Sap 7, 24-25.

17 - Cf. Sap 8, 1.

18 - Cf. Rm 9, 11.

19 - Cf. 2 Cor 5, 10.

20 - Gn 1, 27-28.

21 - Gn 2, 9.

22 - Gn 2, 19.

23 - Gn 2, 4-5.

24 - Cf. Gn 2, 4-5.

25 - Sir 18, 1.

26 - Cf. Gn 2, 2.

27 - Cf. Gv 5, 17.

28 - 1 Tm 6, 16.


10 - La santissima Trinità invia il santo arcangelo Gabriele ad annunziare a Maria santissima che è stata eletta madre di Dio.

La mistica Città di Dio - Libro terzo - Suor Maria d'Agreda

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109. Era deciso da infiniti secoli, ma celato nei segreti della Sapienza eterna, il tempo e l'ora conveniente in cui doveva manifestarsi nella carne il grande mistero della pietà, giustificato nello spirito, predicato agli uomini, svelato agli angeli e creduto nel mondo. Arrivò dunque la pienezza di questo tempo, che fino ad allora, benché pieno di profezie e promesse, era molto vuoto, perché gli mancava la pienezza di Maria santissima, per il cui volere e consenso tutti i secoli dovevano ricevere il loro compimento, che era il Verbo eterno incarnato, passibile e redentore. Questo mistero era preordinato prima dei secoli, affinché poi in essi si eseguisse per mano della nostra celeste Signora. Quindi, trovandosi già lei nel mondo, non si doveva più rimandare la redenzione umana e la venuta dell'Unigenito del Padre, perché ormai non era più necessario che egli prendesse come in prestito dimore straniere, potendo vivere stabilmente nella sua dimora, edificata ed arricchita con le sue stesse spese anticipate, assai meglio di quanto non lo fu il tempio di Salomone con quelle di suo padre Davide.

110. In questa pienezza del tempo, l'Altissimo decise d'inviare nel mondo il suo Unigenito. E comunicando - a nostro modo d'intendere o di parlare - i suoi eterni decreti con le profezie e le testimonianze fatte agli uomini fin dal principio, e tutto ciò con lo stato e la santità a cui aveva elevato Maria santissima, giudicò che tutto questo era appunto utile per l'esaltazione del suo santo nome, che era bene si manifestasse agli angeli l'esecuzione di questa sua eterna volontà e che per mezzo di loro s'incominciasse a mettere in opera. Così sua Maestà parlò al santo arcangelo Gabriele con quella voce o parola, con cui è solito far conoscere a quegli spiriti celesti la sua santa volontà. Generalmente li illumina a cominciare da quelli superiori, perché questi poi purifichino e illuminino quelli inferiori secondo il loro ordine, fino ad arrivare agli ultimi, manifestando gli uni agli altri ciò che Dio ha rivelato ai primi. Tuttavia, in questa circostanza non fu così; infatti, questo santo arcangelo ricevette l'incarico direttamente ed immediatamente dal Signore.

111. All'ispirazione della volontà divina san Gabriele, come ai piedi del trono, si presentò pronto ed attento all'essere immutabile dell'Altissimo. Sua Maestà in persona gli manifestò il messaggio che doveva portare a Maria santissima e le parole precise con le quali doveva salutarla e parlaile; quindi il primo autore di tali parole fu Dio stesso, che le formò nella sua mente divina, da qui passarono al santo arcangelo e per mezzo di lui a Maria purissima. Insieme a queste parole, il Signore rivelò al santo principe Gabriele molti ed imperscrutabili misteri circa l'incarnazione; la santissima Trinità gli comandò che andasse ed annunciasse alla celeste Signora che la sceglieva fra le donne perché fosse madre del Verbo eterno e lo concepisse nel suo grembo verginale per opera dello Spirito Santo, restando sempre vergine. Inoltre il Signore gli rivelò tutto il resto che doveva svelare alla sua grande regina e signora e di cui doveva parlare con lei.

112. Subito sua divina Maestà manifestò a tutti gli altri angeli che era giunto il tempo della redenzione umana e che decideva di scendere nel mondo senza aspettare oltre, poiché aveva già preparato e adornato come madre sua Maria santissima, come aveva fatto alla loro presenza, dandole questa suprema dignità. Gli spiriti divini udirono la voce del loro Creatore e, con incòmparabile gaudio e rendimento di grazie per il compimento della sua eterna e perfetta volontà, cantarono nuovi inni di lode, ripetendo sempre quel cantico di Sion: «Santo, santo, santo, sei tu, o Dio e Signore degli eserciti. Giusto, potente sei, o Signore e Dio nostro, che abiti nelle altezze e chini lo sguardo sugli umili della terra 7 . Ammirabili sono tutte le tue opere, o Altissimo, e sublimi i tuoi pensieri».

113. Intanto l'augusto principe Gabriele, obbedendo con straordinario giubilo all'ordine divino, scese dal cielo, accompagnato da migliaia di angeli bellissimi, che lo seguivano in forma visibile. L'aspetto di questo grande messaggero era come quello di un giovane nobilissimo e di rara bellezza: il suo viso era splendente e irradiava raggi vivissimi, il suo aspetto grave e maestoso, i suoi passi misurati, i gesti composti, le sue parole ponderate e penetranti. In tutto, insomma, tra il severo e il cortese, mostrava di avere un che di divino più degli altri angeli che la gloriosa Signora aveva visto fino ad allora in quella forma. Portava un diadema di singolare splendore e le sue vesti, lunghe e maestose, erano di vari colori, smagliantì e rifulgenti; sul petto portava come incastonata una croce bellissima, che manifestava il mistero dell'incarnazione a cui il suo annuncio si riferiva. Tutte queste circostanze contribuirono ad aumentare ancora di più l'attenzione e il desiderio della prudentissima Regina.

114. Tutto questo esercito celestiale, col suo principe e capo san Gabriele, indirizzò il suo volo verso Nazaret, città della Galilea, e verso l'abitazione di Maria santissima, che era una casa umile; la sua stanza era stretta e priva degli ornamenti che usa il mondo per nascondere la sua meschinità e la sua mancanza di beni più grandi. Maria santissima aveva allora quattordici anni, sei mesi e diciassette giorni, perché li aveva compiuti l'8 settembre e da quel giorno fino a questo, in cui si compì il più grande dei misteri che Dio abbia operato nel mondo, erano trascorsi sei mesi e diciassette giorni.

115. La giovane signora era di bell'aspetto e più alta di quanto siano comunemente le altre donne in quell'età, il suo corpo era proporzionato e perfetto. Il viso era più lungo che rotondo, però grazioso, non magro né grasso; il colorito bruno chiaro, la fronte spaziosa e proporzionata. Le sopracciglia erano ad arco perfettissimo, gli occhi, grandi e seri, d'incredibile ed indicibile bellezza, avevano un colore tra il nero e il verde scuro; lo sguardo era limpido e dolce. Il naso era diritto e perfetto, la bocca piccola, le labbra erano vermiglie, non eccessivamente sottili ma neanche grosse. Tutta la sua persona, insomma, in questi doni di natura era ta]mente proporzionata e bella che nessun'altra creatura umana lo fu mai tanto. Guardarla suscitava nello stesso tempo gioia e rispetto, tenerezza e timore reverenziale; attraeva il cuore e lo tratteneva in una soave venerazione, induceva a lodarla, ma subito la sua maestà e le sue molte grazie e perfezioni lasciavano senza parole, e procurava effetti divini, che non si possono facilmente spiegare, in tutti quelli che la contemplavano. Essi si sentivano il cuore ricolmo di influssi celesti e in balia di movimenti divini, che li sollevavano a Dio.

116. Il suo abbigliamento era umile, povero, di colore argenteo scuro o grigio come cenere, composto senza civetteria, anzi con somma modestia. Avvicinandosi l'ora delrannuncio del cielo, la grande Regina, che ne era ignara, stava in altissima contemplazione dei misteri che l'Altissimo aveva rinnovato in lei con tanti favori nei nove gioini precedenti. Assicurata dal medesimo Signore - come si è detto - che il suo Unigenito sarebbe disceso ben presto a prendere forma umana, ella se ne stava tutta fervorosa ed allegra, confidando in questa parola. Rinnovando i suoi desideri umili e ardenti, diceva nel suo cuore: «È possibile che sia già venuto il tempo tanto fortunato in cui il Verbo dell'eterno Padre scenderà per nascere e vivere fra gli uomini 8 , e che il mondo lo venga a possedere? È possibile che i mortali lo debbano vedere con gli occhi del corpo 9 , e che debba nascere quella luce inaccessibile per illuminare quelli che stanno nelle tenebre? Oh, chi meriterà di vederlo e conosceilo? Oh, chi potrà baciare la terra dove poserà i suoi piedi divini?».

117. «Si rallegrino i cieli, esulti la terra, e tutti eternamente lo benedicano e lo lodino, poiché la loro felicità eterna è ormai vicina. Rallegratevi, o figli di Adamo, afflitti sì per la colpa, ma creature del mio diletto, perché presto solleverete il capo e scuoterete il giogo della vostra antica schiavitù. Già si avvicina la vostra redenzione, giàviene la vostra salvezza. Rallegratevi, antichi Padri, Profeti e giusti che tutti aspettate nel seno di Abramo, trattenuti nel limbo, poiché assai presto verrà la vostra consolazione, e il vostro Redentore, bramato e promesso, non tarderà oltre. Magnifichiamolo dunque tutti e cantiamo inni di lode. Oh, fossi io serva delle sue serve! Oh, fossi schiava di colei che Isaia indicò come sua madre! O Emmanuele, vero Dio e vero uomo! O chiave di Davide, che devi aprire i cieli! O sapienza eterna! O legislatore della nuova Chiesa! Vieni, Signore, vieni a noi; libera dalla schiavitù il tuo popolo, e ogni mortale veda la tua salvezza!».

118. Nell'ora appunto in cui giunse l'angelo san Gabriele, Maria santissima stava presentando al Padre queste e molte altre suppliche, che la mia lingua non è in grado di riportare. Era purissima nell'anima, perfettissima nel corpo, nobilissima nei pensieri, eccellentissima in santità, colma di grazie e tutta tanto divinizzata e gradita agli occhi di Dio, che a ragione poté essere sua degna madre ed efficace strumento per farlo uscire dal seno del Padre ed attirarlo nel suo grembo verginale. Ella fu il potente mezzo della nostra redenzione e per molti motivi ne siamo a lei debitori. Per questo merita che tutte le nazioni e le generazioni la benedicano e la lodino eternamente. Quello poi che avvenne quando entrò il messaggero celeste, lo dirò nel capitolo seguente.

119. Qui accenno solamente una cosa degna di meraviglia, che cioè Dio lasciò questa celeste Signora nell'essere e nello stato comune delle virtù, di cui ho pailato nella prima parte, sia perché ricevesse l'annuncio del santo arcangelo, sia per l'effetto stesso di questo mistero così alto, che si doveva compiere in lei. Così dispose l'Altissimo, perché l'incarnazione si doveva operare come mistero di fede, intervenendo in essa le opere di questa virtù con quelle della speranza e della carità; il Signore, dunque, la lasciò in esse, affinché credesse e sperasse nella parola divina. Inoltre, a questi atti seguì poi ciò che presto dirò con l'inadeguatezza dei miei tennini e le mie limitate capacità, mentre la grandezza dei misteri mi rende sempre più inadatta a spiegarli.

 

Insegnamento della Regina e signora del cielo

 

120. Figlia mia, con speciale affetto ti manifesto ora la mia volontà e il desiderio che tu ti renda degna della mia conversazione intima e familiare con Dio e che perciò ti disponga con grande diligenza e sollecitudine, sia piangendo le tue colpe, sia dimenticando e rinnegando tutto ciò che èvisibile, in modo che per te non immagini ormai più altra cosa al di fuori di Dio. A tale scopo, ti conviene mettere in pratica tutto l'insegnamento che fino ad ora ti ho dato e quello che dovrai scrivere in avvenire, come ti manifesterò. Io ti guiderò insegnandoti come ti devi comportare in questa familiarità e vita con lui, usando dei favori che riceverai dalla sua benignità per concepiflo nel tuo grembo mediante la fede, la luce e la grazia che ti darà. Quindi, se non ti prepari prima attenendoti a queste indicazioni, non potrai conseguire l'adempimento dei tuoi desideri, né io il frutto del mio insegnamento, che ti do come tua maestra.

121. Giacché trovasti, senza meritarlo, il tesoro nascosto e la peila preziosa 16 dell'ammaestramento che ti sto dando, disprezza quant'altro potresti avere, per acquistare solamente questa peila d'inestimabile valore, perché insieme con essa riceverai tutti i beni, ti renderai degna dell'intima amicizia del Signore e meriterai che egli faccia del tuo cuore la sua eterna dimora. In cambio di questa grande fortuna, voglio che tu muoia ad ogni cosa terrena, offrendo la tua volontà con amore riconoscente, e che a mia imitazione tu sia talmente umile da rimanere intimamente persuasa che non vali, non puoi e non meriti niente e non sei nemmeno degna di essere accettata come schiava delle serve di Cristo.

122. Rifletti quanto io ero lontana dall'immaginare la dignità di madre di Dio che l'Altissimo mi preparava; ciò anche quando già mi aveva promesso che in breve sarebbe venuto nel mondo e mi induceva a desiderare questa sua venuta con sentimenti d'amore tali che il giorno prima di questo prodigioso avvenimento, essendo il mio cuore preso da queste angosce amorose, mi pareva di doverne morire, se la divina provvidenza non mi avesse confortata. Da una parte dilatavo il mio cuore, sicura com ero che ben presto l'Unigenito del Padre sarebbe disceso dal cielo, ma dall'altra la mia umiltà m'induceva a pensare che forse il mio vivere nel mondo ritardava la sua venuta. Considera dunque, o carissima, la profonda umiltà del mio cuore, e quale esempio sia questo per te e per tutti i mortali! Ma poiché ti riesce difficile comprendere una così alta sapienza e scrivere di essa, contemplami nel Signore: alla sua luce divina potrai meditare e comprendere meglio le mie azioni perfettissime; fa' in modo d'imitarle, seguendo le mie orme.


4-9 Settembre 19, 1900 Ubbidienza di domandare sollievo nelle pene a Gesú.

Luisa Piccarreta (Libro di Cielo)

(1) Raddoppiandosi sempre più lo spasimo del dolore, avrei voluto nasconderlo e fare che nessuno se ne avvertisse, ed avrei voluto tenere in segreto, senza aprirne col confessore ciò che ho detto di sopra; ma era tanto forte lo spasimo che mi è riuscito impossibile, ed il confessore avvalendosi della sua solita arma dell’ubbidienza, mi ha comandato che gli manifestasse il tutto; onde dopo averlo manifestato, ogni cosa, mi ha detto che per ubbidienza dovevo pregare il Signore che mi liberasse, altrimenti facevo peccato. Che sorta d’ubbidienza, è sempre lei che si attraversa ai miei disegni. Onde, di mala voglia ho accettato questa nuova ubbidienza, e con tutto ciò non avevo cuore di pregare il Signore che mi liberasse da un’amico sì caro, qual’è il dolore, molto più che speravo d’uscire dall’esilio di questa vita. Il benedetto Gesù mi tollerava, e nel venire mi ha detto:

(2) “Tu soffri molto, vuoi che ti liberi?”

(3) Ed io, dimenticata un momento l’ubbidienza, ho detto: “No Signore, no, non mi liberate, me ne voglio venire; e poi Tu sai che non so amarti, sono fredda, non faccio grandi cose per te, almeno ti offro questo patire per soddisfare a ciò che non so fare per amor tuo”.

(4) E Lui: “Ed Io figlia mia, infonderò tanto amore e tanta grazia in te, in modo che nessuno mi possa amare e desiderare come te, non ne sei tu contenta?”

(5) “Sì, ma me ne voglio venire”. Gesù è scomparso, ed io ritornando in me stessa mi sono ricordata dell’ubbidienza ricevuta, ed ho dovuto accusarmi al confessore, e mi ha comandato che assolutamente non voleva che me ne andassi, e che il Signore mi doveva liberare. Che pena sentivo nel ricevere questa ubbidienza, pare proprio che vuol toccare gli estremi della mia pazienza.