Liturgia delle Ore - Letture
Giovedi della 4° settimana del tempo ordinario (San Paolo Miki)
Vangelo secondo Giovanni 13
1Prima della festa di Pasqua Gesù, sapendo che era giunta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, dopo aver amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine.2Mentre cenavano, quando già il diavolo aveva messo in cuore a Giuda Iscariota, figlio di Simone, di tradirlo,3Gesù sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani e che era venuto da Dio e a Dio ritornava,4si alzò da tavola, depose le vesti e, preso un asciugatoio, se lo cinse attorno alla vita.5Poi versò dell'acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l'asciugatoio di cui si era cinto.6Venne dunque da Simon Pietro e questi gli disse: "Signore, tu lavi i piedi a me?".7Rispose Gesù: "Quello che io faccio, tu ora non lo capisci, ma lo capirai dopo".8Gli disse Simon Pietro: "Non mi laverai mai i piedi!". Gli rispose Gesù: "Se non ti laverò, non avrai parte con me".9Gli disse Simon Pietro: "Signore, non solo i piedi, ma anche le mani e il capo!".10Soggiunse Gesù: "Chi ha fatto il bagno, non ha bisogno di lavarsi se non i piedi ed è tutto mondo; e voi siete mondi, ma non tutti".11Sapeva infatti chi lo tradiva; per questo disse: "Non tutti siete mondi".
12Quando dunque ebbe lavato loro i piedi e riprese le vesti, sedette di nuovo e disse loro: "Sapete ciò che vi ho fatto?13Voi mi chiamate Maestro e Signore e dite bene, perché lo sono.14Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i vostri piedi, anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri.15Vi ho dato infatti l'esempio, perché come ho fatto io, facciate anche voi.16In verità, in verità vi dico: un servo non è più grande del suo padrone, né un apostolo è più grande di chi lo ha mandato.17Sapendo queste cose, sarete beati se le metterete in pratica.18Non parlo di tutti voi; io conosco quelli che ho scelto; ma si deve adempiere la Scrittura: 'Colui che mangia il pane con me, ha levato contro di me il suo calcagno'.19Ve lo dico fin d'ora, prima che accada, perché, quando sarà avvenuto, crediate che Io Sono.20In verità, in verità vi dico: Chi accoglie colui che io manderò, accoglie me; chi accoglie me, accoglie colui che mi ha mandato".
21Dette queste cose, Gesù si commosse profondamente e dichiarò: "In verità, in verità vi dico: uno di voi mi tradirà".22I discepoli si guardarono gli uni gli altri, non sapendo di chi parlasse.23Ora uno dei discepoli, quello che Gesù amava, si trovava a tavola al fianco di Gesù.24Simon Pietro gli fece un cenno e gli disse: "Di', chi è colui a cui si riferisce?".25Ed egli reclinandosi così sul petto di Gesù, gli disse: "Signore, chi è?".26Rispose allora Gesù: "È colui per il quale intingerò un boccone e glielo darò". E intinto il boccone, lo prese e lo diede a Giuda Iscariota, figlio di Simone.27E allora, dopo quel boccone, satana entrò in lui. Gesù quindi gli disse: "Quello che devi fare fallo al più presto".28Nessuno dei commensali capì perché gli aveva detto questo;29alcuni infatti pensavano che, tenendo Giuda la cassa, Gesù gli avesse detto: "Compra quello che ci occorre per la festa", oppure che dovesse dare qualche cosa ai poveri.30Preso il boccone, egli subito uscì. Ed era notte.
31Quand'egli fu uscito, Gesù disse: "Ora il Figlio dell'uomo è stato glorificato, e anche Dio è stato glorificato in lui.32Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito.33Figlioli, ancora per poco sono con voi; voi mi cercherete, ma come ho già detto ai Giudei, lo dico ora anche a voi: dove vado io voi non potete venire.34Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri.35Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri".
36Simon Pietro gli dice: "Signore, dove vai?". Gli rispose Gesù: "Dove io vado per ora tu non puoi seguirmi; mi seguirai più tardi".37Pietro disse: "Signore, perché non posso seguirti ora? Darò la mia vita per te!".38Rispose Gesù: "Darai la tua vita per me? In verità, in verità ti dico: non canterà il gallo, prima che tu non m'abbia rinnegato tre volte".
Secondo libro dei Re 9
1Il profeta Eliseo chiamò uno dei figli dei profeti e gli disse: "Cingiti i fianchi, prendi in mano questo vasetto d'olio e va' in Ramot di Gàlaad.2Appena giunto, cerca Ieu figlio di Giòsafat, figlio di Nimsi. Entrato in casa, lo farai alzare dal gruppo dei suoi compagni e lo condurrai in una camera interna.3Prenderai il vasetto dell'olio e lo verserai sulla sua testa, dicendo: Dice il Signore: Ti ungo re su Israele. Poi aprirai la porta e fuggirai senza indugio".4Il giovane andò a Ramot di Gàlaad.5Appena giunto, trovò i capi dell'esercito seduti insieme. Egli disse: "Ho un messaggio per te, o capo". Ieu disse: "Per chi fra tutti noi?". Ed egli rispose: "Per te, o capo".6Ieu si alzò ed entrò in una camera; quegli gli versò l'olio sulla testa dicendogli: "Dice il Signore, Dio di Israele: Ti ungo re sul popolo del Signore, su Israele.7Tu demolirai la casa di Acab tuo signore; io vendicherò il sangue dei miei servi i profeti e il sangue di tutti i servi del Signore sparso da Gezabele.8Tutta la casa di Acab perirà; io eliminerò nella famiglia di Acab ogni maschio, schiavo o libero in Israele.9Renderò la casa di Acab come la casa di Geroboamo figlio di Nebàt, e come la casa di Baasa figlio di Achia.10La stessa Gezabele sarà divorata dai cani nella campagna di Izreèl; nessuno la seppellirà". Quindi aprì la porta e fuggì.
11Quando Ieu si presentò agli ufficiali del suo padrone, costoro gli domandarono: "Va tutto bene? Perché questo pazzo è venuto da te?". Egli disse loro: "Voi conoscete l'uomo e le sue chiacchiere".12Gli dissero: "Baie! Su, raccontacelo!". Egli disse: "Mi ha parlato così e così, affermando: Dice il Signore: Ti ungo re su Israele".13Tutti presero in fretta i propri vestiti e li stesero sotto di lui sugli stessi gradini, suonarono la tromba e gridarono: "Ieu è re".
14Ieu figlio di Giòsafat, figlio di Nimsi, congiurò contro Ioram. (Ioram aveva difeso con tutto Israele Ramot di Gàlaad di fronte a Cazaèl, re di Aram,15poi Ioram era tornato a curarsi in Izreèl le ferite ricevute dagli Aramei nella guerra contro Cazaèl, re di Aram). Ieu disse: "Se tale è il vostro sentimento, nessuno esca o fugga dalla città per andare ad annunziarlo in Izreèl".16Ieu salì su un carro e partì per Izreèl, perché là giaceva malato Ioram e Acazia re di Giuda era sceso per visitarlo.
17La sentinella che stava sulla torre di Izreèl vide la truppa di Ieu che avanzava e disse: "Vedo una truppa". Ioram disse: "Prendi un cavaliere e mandalo loro incontro per domandare: Tutto bene?".18Uno a cavallo andò loro incontro e disse: "Il re domanda: Tutto bene?". Ieu disse: "Che importa a te come vada? Passa dietro a me e seguimi". La sentinella riferì: "Il messaggero è arrivato da quelli, ma non torna indietro".19Il re mandò un altro cavaliere che, giunto da quelli, disse: "Il re domanda: Tutto bene?". Ma Ieu disse: "Che importa a te come vada? Passa dietro a me e seguimi".20La sentinella riferì: "È arrivato da quelli, ma non torna indietro. Il modo di guidare è quello di Ieu figlio di Nimsi; difatti guida all'impazzata".
21Ioram disse: "Attacca i cavalli". Appena fu pronto il suo carro, Ioram re di Israele, e Acazia re di Giuda, partirono, ognuno sul proprio carro. Andarono incontro a Ieu, che raggiunsero nel campo di Nabòt di Izreèl.
22Quando Ioram vide Ieu, gli domandò: "Tutto bene, Ieu?". Rispose: "Sì, tutto bene, finché durano le prostituzioni di Gezabele tua madre e le sue numerose magie".23Allora Ioram si volse indietro e fuggì, dicendo ad Acazia: "Siamo traditi, Acazia!".24Ieu, impugnato l'arco, colpì Ioram nel mezzo delle spalle. La freccia gli attraversò il cuore ed egli si accasciò sul carro.25Ieu disse a Bidkar suo scudiero: "Sollevalo, gettalo nel campo che appartenne a Nabòt di Izreèl; mi ricordo che una volta, mentre io e te eravamo sullo stesso carro al seguito di suo padre Acab, il Signore proferì su di lui questo oracolo:26Non ho forse visto ieri il sangue di Nabòt e il sangue dei suoi figli? Oracolo del Signore. Ti ripagherò in questo stesso campo. Oracolo del Signore. Sollevalo e gettalo nel campo secondo la parola del Signore".
27Visto ciò, Acazia re di Giuda fuggì per la strada di Bet-Gan; Ieu l'inseguì e ordinò: "Colpite anche costui". Lo colpirono sul carro nella salita di Gur, nelle vicinanze di Ibleam. Egli fuggì a Meghìddo, ove morì.28I suoi ufficiali lo portarono a Gerusalemme su un carro e lo seppellirono nel suo sepolcro, vicino ai suoi padri, nella città di Davide.
29Acazia era divenuto re di Giuda nell'anno undecimo di Ioram, figlio di Acab.
30Ieu arrivò in Izreèl. Appena lo seppe, Gezabele si truccò gli occhi con stibio, si acconciò la capigliatura e si mise alla finestra.31Mentre Ieu entrava per la porta, gli domando: "Tutto bene, o Zimri, assassino del suo padrone?".32Ieu alzò lo sguardo alla finestra e disse: "Chi è con me? Chi?". Due o tre eunuchi si affacciarono a guardarlo.33Egli disse: "Gettatela giù". La gettarono giù. Il suo sangue schizzò sul muro e sui cavalli. Ieu passò sul suo corpo,34poi entrò, mangiò e bevve; alla fine ordinò: "Andate a vedere quella maledetta e seppellitela, perché era figlia di re".35Andati per seppellirla, non trovarono altro che il cranio, i piedi e le palme delle mani.36Tornati, riferirono il fatto a Ieu, che disse: "Si è avverata così la parola che il Signore aveva detta per mezzo del suo servo Elia il Tisbita: Nel campo di Izreèl i cani divoreranno la carne di Gezabele.37E il cadavere di Gezabele nella campagna sarà come letame, perché non si possa dire: Questa è Gezabele".
Siracide 34
1Speranze vane e fallaci sono proprie dell'uomo
insensato,
i sogni danno le ali agli stolti.
2Come uno che afferra le ombre e insegue il vento,
così chi si appoggia ai sogni.
3Questo dopo quello: tale la visione di sogni,
di fronte a un volto l'immagine di un volto.
4Dall'impuro che cosa potrà uscire di puro?
E dal falso che cosa potrà uscire di vero?
5Oracoli, auspici e sogni sono cose vane,
come vaneggia la mente di una donna in doglie.
6Se non sono inviati dall'Altissimo in una sua visita,
non permettere che se ne occupi la tua mente.
7I sogni hanno indotto molti in errore,
hanno deviato quanti avevano in essi sperato.
8Senza menzogna si deve adempiere la legge,
la sapienza in bocca verace è perfezione.
9Chi ha viaggiato conosce molte cose,
chi ha molta esperienza parlerà con intelligenza.
10Chi non ha avuto delle prove, poco conosce;
chi ha viaggiato ha accresciuto l'accortezza.
11Ho visto molte cose nei miei viaggi;
il mio sapere è più che le mie parole.
12Spesso ho corso pericoli mortali;
ma sono stato salvato grazie alla mia esperienza.
13Lo spirito di coloro che temono il Signore vivrà,
perché la loro speranza è posta in colui che li salva.
14Chi teme il Signore non ha paura di nulla,
e non teme perché egli è la sua speranza.
15Beata l'anima di chi teme il Signore;
a chi si appoggia? Chi è il suo sostegno?
16Gli occhi del Signore sono su coloro che lo amano,
protezione potente e sostegno di forza,
riparo dal vento infuocato e riparo dal sole meridiano,
difesa contro gli ostacoli, soccorso nella caduta;
17solleva l'anima e illumina gli occhi,
concede sanità, vita e benedizione.
18Sacrificare il frutto dell'ingiustizia è un'offerta da
burla;
i doni dei malvagi non sono graditi.
19L'Altissimo non gradisce le offerte degli empi,
e per la moltitudine delle vittime non perdona i peccati.
20Sacrifica un figlio davanti al proprio padre
chi offre un sacrificio con i beni dei poveri.
21Il pane dei bisognosi è la vita dei poveri,
toglierlo a loro è commettere un assassinio.
22Uccide il prossimo chi gli toglie il nutrimento,
versa sangue chi rifiuta il salario all'operaio.
23Uno edifica, l'altro abbatte:
che vantaggio se ne ricava oltre la fatica?
Uno prega, l'altro maledice:
quale delle due voci ascolterà il Signore?
24.25Lavarsi dopo aver toccato un morto, poi toccarlo di
nuovo:
quale utilità c'è in simile abluzione?
26Così l'uomo che digiuna per i suoi peccati
e poi va e li commette di nuovo.
Chi ascolterà la sua supplica?
Quale utilità c'è nella sua umiliazione?
Salmi 69
1'Al maestro del coro. Su "I gigli". Di Davide.'
2Salvami, o Dio:
l'acqua mi giunge alla gola.
3Affondo nel fango e non ho sostegno;
sono caduto in acque profonde
e l'onda mi travolge.
4Sono sfinito dal gridare,
riarse sono le mie fauci;
i miei occhi si consumano
nell'attesa del mio Dio.
5Più numerosi dei capelli del mio capo
sono coloro che mi odiano senza ragione.
Sono potenti i nemici che mi calunniano:
quanto non ho rubato, lo dovrei restituire?
6Dio, tu conosci la mia stoltezza
e le mie colpe non ti sono nascoste.
7Chi spera in te, a causa mia non sia confuso,
Signore, Dio degli eserciti;
per me non si vergogni
chi ti cerca, Dio d'Israele.
8Per te io sopporto l'insulto
e la vergogna mi copre la faccia;
9sono un estraneo per i miei fratelli,
un forestiero per i figli di mia madre.
10Poiché mi divora lo zelo per la tua casa,
ricadono su di me gli oltraggi di chi ti insulta.
11Mi sono estenuato nel digiuno
ed è stata per me un'infamia.
12Ho indossato come vestito un sacco
e sono diventato il loro scherno.
13Sparlavano di me quanti sedevano alla porta,
gli ubriachi mi dileggiavano.
14Ma io innalzo a te la mia preghiera,
Signore, nel tempo della benevolenza;
per la grandezza della tua bontà, rispondimi,
per la fedeltà della tua salvezza, o Dio.
15Salvami dal fango, che io non affondi,
liberami dai miei nemici
e dalle acque profonde.
16Non mi sommergano i flutti delle acque
e il vortice non mi travolga,
l'abisso non chiuda su di me la sua bocca.
17Rispondimi, Signore, benefica è la tua grazia;
volgiti a me nella tua grande tenerezza.
18Non nascondere il volto al tuo servo,
sono in pericolo: presto, rispondimi.
19Avvicinati a me, riscattami,
salvami dai miei nemici.
20Tu conosci la mia infamia,
la mia vergogna e il mio disonore;
davanti a te sono tutti i miei nemici.
21L'insulto ha spezzato il mio cuore e vengo meno.
Ho atteso compassione, ma invano,
consolatori, ma non ne ho trovati.
22Hanno messo nel mio cibo veleno
e quando avevo sete mi hanno dato aceto.
23La loro tavola sia per essi un laccio,
una insidia i loro banchetti.
24Si offuschino i loro occhi, non vedano;
sfibra per sempre i loro fianchi.
25Riversa su di loro il tuo sdegno,
li raggiunga la tua ira ardente.
26La loro casa sia desolata,
senza abitanti la loro tenda;
27perché inseguono colui che hai percosso,
aggiungono dolore a chi tu hai ferito.
28Imputa loro colpa su colpa
e non ottengano la tua giustizia.
29Siano cancellati dal libro dei viventi
e tra i giusti non siano iscritti.
30Io sono infelice e sofferente;
la tua salvezza, Dio, mi ponga al sicuro.
31Loderò il nome di Dio con il canto,
lo esalterò con azioni di grazie,
32che il Signore gradirà più dei tori,
più dei giovenchi con corna e unghie.
33Vedano gli umili e si rallegrino;
si ravvivi il cuore di chi cerca Dio,
34poiché il Signore ascolta i poveri
e non disprezza i suoi che sono prigionieri.
35A lui acclamino i cieli e la terra,
i mari e quanto in essi si muove.
36Perché Dio salverà Sion,
ricostruirà le città di Giuda:
vi abiteranno e ne avranno il possesso.
37La stirpe dei suoi servi ne sarà erede,
e chi ama il suo nome vi porrà dimora.
Geremia 20
1Pascùr figlio di Immèr, sacerdote e sovrintendente-capo del tempio, udì Geremia predire tutte queste cose.2Pascùr fece fustigare il profeta Geremia e quindi lo mise in ceppi nella prigione che si trovava presso la porta superiore di Beniamino, nel tempio del Signore.3Quando poi il giorno dopo Pascùr fece liberare dai ceppi Geremia, questi gli disse: "Il Signore non ti chiama più Pascùr, ma Terrore all'intorno".
4Perché così dice il Signore: "Ecco io darò in preda al terrore te e tutti i tuoi cari; essi cadranno per la spada dei loro nemici e i tuoi occhi lo vedranno. Metterò tutto Giuda nelle mani del re di Babilonia, il quale li deporterà a Babilonia e li colpirà di spada.5Consegnerò tutte le ricchezze di questa città e tutti i suoi prodotti, tutti gli oggetti preziosi e tutti i tesori dei re di Giuda in mano ai suoi nemici, i quali li saccheggeranno e li prenderanno e li trasporteranno a Babilonia.6Tu, Pascùr, e tutti gli abitanti della tua casa andrete in schiavitù; andrai a Babilonia, là morirai e là sarai sepolto, tu e tutti i tuoi cari, ai quali hai predetto menzogne".
7Mi hai sedotto, Signore, e io mi sono lasciato sedurre;
mi hai fatto forza e hai prevalso.
Sono diventato oggetto di scherno ogni giorno;
ognuno si fa beffe di me.
8Quando parlo, devo gridare,
devo proclamare: "Violenza! Oppressione!".
Così la parola del Signore è diventata per me
motivo di obbrobrio e di scherno ogni giorno.
9Mi dicevo: "Non penserò più a lui,
non parlerò più in suo nome!".
Ma nel mio cuore c'era come un fuoco ardente,
chiuso nelle mie ossa;
mi sforzavo di contenerlo,
ma non potevo.
10Sentivo le insinuazioni di molti:
"Terrore all'intorno!
Denunciatelo e lo denunceremo".
Tutti i miei amici spiavano la mia caduta:
"Forse si lascerà trarre in inganno,
così noi prevarremo su di lui,
ci prenderemo la nostra vendetta".
11Ma il Signore è al mio fianco come un prode valoroso,
per questo i miei persecutori
cadranno e non potranno prevalere;
saranno molto confusi perché non riusciranno,
la loro vergogna sarà eterna e incancellabile.
12Signore degli eserciti, che provi il giusto
e scruti il cuore e la mente,
possa io vedere la tua vendetta su di essi;
poiché a te ho affidato la mia causa!
13Cantate inni al Signore, lodate il Signore,
perché ha liberato la vita del povero
dalle mani dei malfattori.
14Maledetto il giorno in cui nacqui;
il giorno in cui mia madre mi diede alla luce
non sia mai benedetto.
15Maledetto l'uomo che portò la notizia
a mio padre, dicendo:
"Ti è nato un figlio maschio", colmandolo di gioia.
16Quell'uomo sia come le città
che il Signore ha demolito senza compassione.
Ascolti grida al mattino
e rumori di guerra a mezzogiorno,
17perché non mi fece morire nel grembo materno;
mia madre sarebbe stata la mia tomba
e il suo grembo gravido per sempre.
18Perché mai sono uscito dal seno materno
per vedere tormenti e dolore
e per finire i miei giorni nella vergogna?
Prima lettera ai Tessalonicesi 2
1Voi stessi infatti, fratelli, sapete bene che la nostra venuta in mezzo a voi non è stata vana.2Ma dopo avere prima sofferto e subìto oltraggi a Filippi, come ben sapete, abbiamo avuto il coraggio nel nostro Dio di annunziarvi il vangelo di Dio in mezzo a molte lotte.3E il nostro appello non è stato mosso da volontà di inganno, né da torbidi motivi, né abbiamo usato frode alcuna;4ma come Dio ci ha trovati degni di affidarci il vangelo così lo predichiamo, non cercando di piacere agli uomini, ma a Dio, che prova i nostri cuori.5Mai infatti abbiamo pronunziato parole di adulazione, come sapete, né avuto pensieri di cupidigia: Dio ne è testimone.6E neppure abbiamo cercato la gloria umana, né da voi né da altri, pur potendo far valere la nostra autorità di apostoli di Cristo.7Invece siamo stati amorevoli in mezzo a voi come una madre nutre e ha cura delle proprie creature.8Così affezionati a voi, avremmo desiderato darvi non solo il vangelo di Dio, ma la nostra stessa vita, perché ci siete diventati cari.
9Voi ricordate infatti, fratelli, la nostra fatica e il nostro travaglio: lavorando notte e giorno per non essere di peso ad alcuno vi abbiamo annunziato il vangelo di Dio.10Voi siete testimoni, e Dio stesso è testimone, come è stato santo, giusto, irreprensibile il nostro comportamento verso di voi credenti;11e sapete anche che, come fa un padre verso i propri figli, abbiamo esortato ciascuno di voi,12incoraggiandovi e scongiurandovi a comportarvi in maniera degna di quel Dio che vi chiama al suo regno e alla sua gloria.
13Proprio per questo anche noi ringraziamo Dio continuamente, perché, avendo ricevuto da noi la parola divina della predicazione, l'avete accolta non quale parola di uomini, ma, come è veramente, quale parola di Dio, che opera in voi che credete.14Voi infatti, fratelli, siete diventati imitatori delle Chiese di Dio in Gesù Cristo, che sono nella Giudea, perché avete sofferto anche voi da parte dei vostri connazionali come loro da parte dei Giudei,15i quali hanno perfino messo a morte il Signore Gesù e i profeti e hanno perseguitato anche noi; essi non piacciono a Dio e sono nemici di tutti gli uomini,16impedendo a noi di predicare ai pagani perché possano essere salvati. In tal modo essi colmano la misura dei loro peccati! Ma ormai l'ira è arrivata al colmo sul loro capo.
17Quanto a noi, fratelli, dopo poco tempo che eravamo separati da voi, di persona ma non col cuore, eravamo nell'impazienza di rivedere il vostro volto, tanto il nostro desiderio era vivo.18Perciò abbiamo desiderato una volta, anzi due volte, proprio io Paolo, di venire da voi, ma satana ce lo ha impedito.19Chi infatti, se non proprio voi, potrebbe essere la nostra speranza, la nostra gioia e la corona di cui ci possiamo vantare, davanti al Signore nostro Gesù, nel momento della sua venuta?20Siete voi la nostra gloria e la nostra gioia.
Capitolo V: La lettura dei libri di devozione
Leggilo nella BibliotecaNei libri di devozione si deve ricercare la verità, non la bellezza della forma. Essi vanno letti nello spirito con cui furono scritti; in essi va ricercata l'utilità spirituale, piuttosto che l'eleganza della parola. Perciò dobbiamo leggere anche opere semplici, ma devote, con lo stesso desiderio con cui leggiamo opere dotte e profonde. Non lasciarti colpire dal nome dello scrittore, di minore o maggiore risonanza; quel che ci deve indurre alla lettura deve essere il puro amore della verità. Non cercar di sapere chi ha detto una cosa, ma bada a ciò che è stato detto. Infatti gli uomini passano, "invece la verità del Signore resta per sempre" (Sal 116,2); e Dio ci parla in varie maniere, "senza tener conto delle persone" (1Pt 1,17). Spesso, quando leggiamo le Scritture, ci è di ostacolo la nostra smania di indagare, perché vogliamo approfondire e discutere là dove non ci sarebbe che da andare avanti in semplicità di spirito. Se vuoi trarre profitto, leggi con animo umile e semplice, con fede. E non aspirare mai alla fama di studioso. Ama interrogare e ascoltare in silenzio la parola dei santi. E non essere indifferente alle parole dei superiori: esse non vengono pronunciate senza ragione.
DISCORSO 145/A DAL VANGELO DI GIOVANNI (20, 26-28). PASSO IN CUI TOMMASO TOCCO' LE CICATRICI DEL SIGNORE TENUTO LA DOMENICA DELL'OTTAVA DI PASQUA
Discorsi - Sant'Agostino
Leggilo nella BibliotecaL'apostolo Tommaso tocca la carne di Cristo, proclama la divinità.
1. Avete ascoltato come ricevano maggior lode dal Signore coloro che non vedono e credono, di quelli che vedono e credono, ed ebbero anche la possibilità di toccare. L'apostolo Tommaso era infatti assente quando il Signore si era mostrato ai suoi discepoli; e, sentendo dire da loro che Cristo era risorto, disse: Se non avrò messo la mia mano nel suo costato, non crederò 1. Che si potrebbe dire allora se il Signore fosse risorto senza le cicatrici? Non poteva infatti risuscitare la propria carne in modo che non vi restasse alcuna traccia di ferite? Lo poteva: ma se non avesse conservato le cicatrici nel proprio corpo, non avrebbe risanato le ferite nel nostro cuore. Venne toccato, e fu riconosciuto. Era poco vedere con i suoi occhi [per Tommaso], voleva credere con le sue dita. Vieni - disse - metti qui le tue dita; non ha tolto ogni traccia, ha conservato di che tu possa credere: e guarda il mio costato, e non essere incredulo, ma credente. Ma appena quello si rese conto dell'evidenza di ciò che gli era rimasto dubbio, esclamò: Signore mio, e Dio mio 2. Toccava la carne, proclamava la divinità. Che toccò? Il corpo di Cristo? il corpo di Cristo era forse la divinità di Cristo? La divinità di Cristo era il Verbo; l'umanità di Cristo era l'anima e la carne. Quello non poteva infatti toccare l'anima ma poteva capire che il corpo che era stato esanime si muoveva vivo. Quel Verbo, invece, né si muta, né si tocca, né diminuisce, né si accresce; perché in principio era li Verbo, e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio. Questo proclamò Tommaso: toccava la carne, invocava il Verbo, perché il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi 3.
1 - Gv 20, 26.
2 - Gv 20, 28.
3 - Gv 1, 14.
Capitolo quarto - A te ricorriamo noi esuli figli di Eva
Le glorie di Maria - Sant'Alfonso Maria de Liguori
Leggilo nella Biblioteca1. Quanto è pronta Maria ad aiutare chi la invoca
Poveri noi, che, essendo figli dell'infelice Eva e perciò rei verso Dio della sua stessa colpa e condannati alla stessa pena, andiamo errando in questa valle di lacrime, esuli dalla nostra patria, piangendo afflitti da tanti dolori nel corpo e nello spirito! Ma beato chi in mezzo a queste miserie si volge spesso verso la consolatrice del mondo, rifugio degli infelici, e invoca e prega devotamente la celeste Madre di Dio! « Felice l'uomo che mi ascolta, vegliando alla mia porta ogni giorno » (Pro 8,34). Beato, dice Maria, chi ascolta i miei consigli e resta accanto alle porte della mia misericordia invocando la mia intercessione e il mio soccorso! La santa Chiesa insegna a noi suoi figli con quanta attenzione e fiducia dobbiamo fare continuo ricorso a questa nostra amorevole protettrice ordinando per lei un culto tutto particolare: nel corso dell'anno si celebrino molte feste in suo onore; un giorno della settimana sia consacrato in special modo a Maria; ogni giorno nell'ufficio divino tutti gli ecclesiastici e i religiosi la invochino in nome di tutto il popolo cristiano; tre volte al giorno al suono della campana tutti i fedeli la salutino. Per capire il pensiero della Chiesa basta vedere come in tutte le pubbliche calamità essa vuole sempre che si ricorra alla divina Madre con novene, preghiere, processioni e visite ai suoi santuari e alle sue immagini. Questo desidera Maria da noi, di essere sempre invocata e implorata, non per mendicare da noi omaggi e onori, troppo al di sotto dei suoi meriti, ma affinché così, crescendo la nostra fiducia e devozione, essa possa maggiormente soccorrerci e consolarci: « Ella cerca quei devoti, dice san Bonaventura, che ricorrono a lei con fervore e revérenza. Questi predilige, nutre, accoglie come figli ». Rut fu figura di Maria e il suo nome vuol dire « colei che vede e si affretta ». « Tale è Maria, dice san Bonaventura, colei che vede la nostra miseria e si affretta a soccorrerci con la sua misericordia ». Al che il Novarino aggiunge che Maria, « per desiderio di farci del bene, non sa porre indugio e non essendo avara custode delle sue grazie, come madre di misericordia non può trattenersi dal diffondere appena può sui suoi servi i tesori della sua munificenza ». Come è pronta questa buona Madre ad aiutare chi la invoca! « I tuoi seni sono come due caprioli » (Ct 4,5). Spiegando questo passo Riccardo di san Lorenzo dice che, come i capretti sono veloci nei loro movimenti, così Maria si affretta a dare il latte della sua misericordia a chi la prega e aggiunge che la pietà di Maria si effonde su chiunque la domanda, anche con una semplice Ave Maria. Perciò il Novarino afferma che la santa Vergine non solamente corre, ma vola a soccorrere chi la invoca. Nell'usare misericordia ella agisce alla maniera di Dio: come « il Signore vola subito in aiuto di quelli che glielo chiedono, mantenendo fedelmente la promessa che ci ha fatto "chiedete e otterrete", così Maria vola in nostro aiuto », quando è invocata. Si capisce da ciò chi sia quella donna di cui parla l'Apocalisse: « Furono date alla donna le due ali della grande aquila per poter volare nel deserto » (Ap 12,14). Il Ribera spiega che queste ali sono l'amore con cui Maria volò sempre a Dio. Ma il beato Amedeo dice che queste ali d'aquila significano la rapidità con cui Maria, superando la velocità dei serafini, soccorre sempre i suoi figli. Si legge nel Vangelo di san Luca che quando Maria andò a visitare santa Elisabetta e a colmare di grazie tutta quella famiglia, camminò in fretta: « Maria si mise in viaggio e andò in fretta in una regione montuosa » (Lc 1,39). Il che non si dice poi del ritorno. Leggiamo nel Cantico dei cantici che le mani di Maria « sono fatte al tornio » (Ct 5,14). Poiché, scrive Riccardo di san Lorenzo, « come l'arte di lavorare al tornio è fra tutte le arti la più sbrigativa, così Maria è più pronta di tutti gli altri santi ad aiutare i suoi devoti » L. Blosio dice che ella ha sommo desiderio di consolare tutti e, appena si sente invocare, subito accetta le preghiere e soccorre. Con ragione dunque san Bonaventura chiamava Maria: « salvezza di chi la invoca » volendo dire che per essere salvo basta invocare questa divina Madre la quale, afferma Riccardo di san Lorenzo, si fa trovare sempre pronta ad aiutare chi la prega. Bernardino da Busto aggiunge: « La nostra regina vuole concedere a noi le sue grazie più di quanto noi desideriamo riceverle ». La moltitudine dei nostri peccati non deve diminuire la nostra fiducia di essere esauditi da Maria quando ci gettiamo ai suoi piedi. Riccardo di san Lorenzo esprime questo pensiero: « Maria non dimentica di essere stata costituita madre di misericordia e, senza miseri da sollevare, dove trovar posto per la misericordia? Come una buona madre non sa rifiutare le cure necessarie a un figlio affetto dalla scabbia », per quanto penose e ripugnanti siano, « così la nostra Madre non sa respingere alcun peccatore » quando a lei ricorriamo, benché sia grande il lezzo dei nostri peccati da cui ella vuole guarirci. Questo volle far sapere Maria quando apparve a santa Geltrude stendendo il suo manto per accogliere tutti coloro che ricorrevano a lei. La santa allora capì che tutti gli angeli sono pronti a difendere i devoti di Maria dagli attacchi dell'inferno. E tanta la pietà che ha di noi questa buona Madre e tanto è l'amore che ci porta, che non aspetta le nostre preghiere per soccorrerci: « Previene quelli che la desiderano col mostrarsi loro per prima » (Sap 6,14 Volg.). Sant'Anselmo applica a Maria queste parole della Sapienza e dice che ella corre incontro a quelli che desiderano la sua protezione. Dobbiamo quindi capire che la santa Vergine ci ottiene molte grazie da Dio prima che noi la preghiamo. Maria, dice Riccardo di san Vittore, viene proclamata « bella come la luna » (Ct 6,9 Volg.) perché non solo come la luna è veloce a correre in aiuto di chi la invoca, ma per di più desidera talmente il nostro bene che nei nostri bisogni « anticipa le nostre suppliche e la sua misericordia è più pronta a soccorrerci che noi ad invocarla ». Questa prontezza deriva dal fatto che « il petto di Maria è così traboccante di pietà che, appena ella sa le nostre miserie, subito effonde il latte della sua misericordia, né può conoscere il bisogno di un anima e non soccorrerla ». Questa grande commiserazione delle nostre miserie, che la spinge a compatirci e soccorrerci anche quando non la preghiamo, Maria la manifestò fin dall'episodio delle nozze di Cana, come sta scritto nel Vangelo di san Giovanni, al capitolo 2. La nostra Madre si accorse dello sgomento degli sposi, tutti confusi nel veder mancare il vino alla mensa del banchetto e senza esserne stata richiesta, mossa solamente dal suo cuore pietoso, che non sa restare indifferente davanti alle afflizioni altrui, si mise a pregare il Figlio di consolarli, esponendogli semplicemente il loro bisogno: « Non hanno più vino ». Allora il Figlio, per consolare quella povera gente e soprattutto per contentare il cuore compassionevole della Madre, fece il famoso miracolo di mutare l'acqua in vino. Il Novarino fa questa riflessione: «Se Maria anche non richiesta è così pronta a soccorrere nei bisogni, che cosa non farà quando la si implora?» Quanto sarà più pronta a consolare chi invoca il suo aiuto! Se qualcuno dubitasse di non essere soccorso quando ricorre a Maria, così lo ammonisce Innocenzo III: « Chi mai l'ha invocata e non è stato ascoltato da lei? » E il beato Eutichiano esclama: « Chi mai, o santa Vergine, è ricorso al tuo onnipotente patrocinio - che può soccorrere ogni miseria e salvare i più grandi peccatori e si è visto abbandonato da te? Nessuno, nessuno mai ». Ciò non è mai accaduto né mai accadrà. Dice san Bernardo: « Non parli più per lodare la tua misericordia, o Vergine santa, chi ti avesse invocata nei suoi bisogni e si ricordasse di essere stato da te trascurato ». « Il cielo e la terra andranno distrutti, scrive il devoto Blosio, prima che Maria lasci sénza soccorso chi la prega sinceramente e fiduciosamente ». Per accrescere la nostra fiducia, sant'Anselmo aggiunge che quando ricorriamo a questa divina Madre, non solo dobbiamo essere sicuri della sua protezione, ma che « alle volte saremo più presto esauditi e salvati invocando il nome di Maria che invocando il nome di Gesù nostro Salvatore ». E ne adduce la ragione: « Perché al Cristo come giudice appartiene anche il punire; ma alla Vergine, come avvocata, compete la sola misericordia ». Egli vuol dire che noi troviamo più presto la salvezza ricorrendo alla Madre che al Figlio, non perché Maria sia più potente del Figlio a salvarci, poiché sappiamo che Gesù è il nostro unico Salvatore che unicamente con i suoi meriti ci ha ottenuto e ci ottiene la salvezza; ma perché noi, ricorrendo a Gesù e considerandolo anche come nostro giudice, a cui spetta di castigare i peccatori, manchiamo forse della fiducia necessaria per essere esauditi. Invece rivolgendoci a Maria, che come madre di misericordia non ha altra funzione che di compatirci e come nostra avvocata quella di difenderci, la nostra fiducia è più sicura e più grande. Afferma Niceforo: « Molte cose si domandano a Dio e non si ottengono; si domandano a Maria e si ottengono. Non perché Maria sia più potente di Dio, ma perché Dio ha decretato di onorare così sua Madre ». E dolce la promessa che il Signore fece udire a questo proposito a santa Brigida. Si legge nel libro I delle sue Rivelazioni, al capitolo 5°, che un giorno la santa sentì Gesù che diceva alla Madre: « Chiedimi quello che vuoi, perché non ti negherò mai niente di quanto domanderai. Sappi che tutti coloro che per amor tuo mi chiederanno qualche grazia, benché siano peccatori, purché abbiano la volontà di emendarsi, prometto loro di esaudirli ». La stessa rivelazione fu fatta a santa Geltrude, la quale udì il nostro Redentore dire a Maria: « Nella mia onnipotenza, o Madre, ti ho concesso di usare misericordia a tutti i peccatori che invocano devotamente il soccorso della tua pietà, in qualsiasi modo ti piaccia ». Ciascuno dica dunque con grande fiducia, invocando questa Madre di misericordia, come le diceva invocandola sant'Agostino: « Memorare, piissima Maria... Ricòrdati, o pietosissima Maria, che non si è inteso mai che alcuno sia ricorso al tuo patrocinio e sia stato da te abbandonato ». Perciò perdonami se ti dico che non voglio essere quel primo infelice che, ricorrendo a te, sia da te abbandonato.
Esempio
San Francesco di Sales, come si narra nella sua Vita, sperimentò l'efficacia di questa preghiera. Il santo aveva circa diciassette anni e si trovava allora a Parigi dove si applicava agli studi, tutto dedito alla devozione e all'amore di Dio, che gli faceva gustare in anticipo le delizie del paradiso. Il Signore, per metterlo alla prova e legarlo maggiormente al suo amore, permise che il demonio gli facesse pensare che tutto quel che faceva era fatica sprecata e che egli era condannato nei decreti divini. Nello stesso tempo Dio volle lasciarlo nell'oscurità e nell'aridità. In quel periodo il giovinetto era insensibile ai più dolci pensieri sulla bontà divina e la tentazione accresceva l'afflizione del suo cuore. Per questi timori e per queste sofferenze egli perse l'appetito, il sonno, il colorito e l'allegria, tanto che ispirava compassione a chi lo guardava. Mentre durava questa orribile tempesta, il santo non sapeva concepire altri pensieri né proferire altre parole che di sfiducia e di dolore. « Dunque, diceva, io sarò privo della grazia del mio Dio, che in passato si è mostrato così amabile e così dolce verso di me? O amore, o bellezza a cui ho consacrato tutti i miei affetti, io non godrò più le tue consolazioni? O Vergine Madre di Dio, la più bella di tutte le figlie di Gerusalemme, non ti potrò dunque vedere in paradiso? Mia regina, se non potrò vedere il tuo bel viso, non permettere almeno che io ti debba bestemmiare e maledire nell'inferno ». Questi erano allora i teneri sentimenti di quel cuore afflitto e amante di Dio e della Vergine. La tentazione durò un mese, ma finalmente il Signore si compiacque di liberarlo per mezzo della consolatrice del mondo, Maria, a cui il santo aveva già consacrato la sua verginità e in cui diceva di aver riposto tutte le sue speranze. Una sera, mentre tornava a casa, entrò in una chiesa e vide una tavoletta appesa al muro su cui lesse la seguente preghiera di sant'Agostino. « Ricordati, o pietosissima Maria, che non si è inteso mai che alcuno sia ricorso al tuo patrocinio e sia stato da te abbandonato ». Prostrato davanti all'altare della divina Madre, recitò devotamente questa preghiera, rinnovò il suo voto di verginità, promise di recitare ogni giorno il rosario e soggiunse: « Mia regina, sii mia avvocata presso tuo Figlio a cui non ho l'ardire di ricorrere. Madre mia, se io infelice non potrò amare nell'altro mondo il mio Signore, che so così degno di essere amato, ottienimi almeno che io lo ami più che posso in questo mondo. Questa è la grazia che ti domando e da te spero ». Così pregò la Vergine e poi si abbandonò senza riserve tra le braccia della divina misericordia, rassegnandosi completamente alla volontà di Dio. Ma appena finita la preghiera, in un istante la sua dolce Madre lo liberò dalla tentazione; subito egli ritrovò la pace interiore e ad un tempo la salute del corpo. Da allora in poi continuò a professare una grande devozione verso Maria e per tutta la vita non cessò di celebrare le sue lodi e la sua misericordia con le prediche e con gli scritti.
Preghiera
Madre di Dio, regina degli angeli, speranza degli uomini, ascolta chi ti invoca e ricorre a te. Prostrato ai tuoi piedi, io misero schiavo dell'inferno, mi proclamo tuo servo perpetuo, offrendomi per servirti e onorarti quanto più potrò per tutta la vita. So bene che non ti onora il servizio di un essere meschino e perverso come me, che ho tanto offeso il tuo Figlio e mio Redentore Gesù. Ma se accetterai un indegno come tuo servo e trasformandolo con la tua intercessione lo renderai degno di servirti, questa tua misericordia ti darà quell'onore che io non posso procurarti. Accettami dunque, Madre mia, non mi respingere. Il Verbo eterno venne dal cielo in terra a cercare le pecorelle smarrite e per salvarle si fece tuo figlio. Come potrai tu disprezzare una pecorella che ricorre a te per ritrovare Gesù? Il prezzo della mia salvezza è già stato pagato: il mio Salvatore ha già sparso il suo sangue, che basta a salvare infiniti mondi. Resta solo che questo sangue si applichi anche a me. E questo dipende da te, Vergine benedetta. Da te dipende, dice san Bernardo, il dispensare i meriti di questo sangue a chi ti piace. Come ti dice anche san Bonaventura: « Sarà salvo chi tu vuoi ». Dunque, regina mia, aiutami; regina mia, salvami. A te consegno oggi tutta l'anima mia: pensa tu a salvarla. « O salvezza di chi ti invoca », ripeto con lo stesso santo, salvami tu.
2. Quanto è potente Maria nel difendere chi la invoca nelle tentazioni del demonio
Maria non è regina solo del cielo e dei santi, ma anche dell'inferno e dei demoni, per averli valorosamente sconfitti con le sue virtù. Già fin dal principio del mondo Dio predisse al serpente infernale la vittoria e il dominio che la nostra regina avrebbe ottenuto su di lui, quando annunziò che sarebbe venuta al mondo una donna che lo avrebbe sconfitto: « Io porrò inimicizia fra te e la donna... ella ti schiaccerà la testa » (Gn 3,15 Volg.). E chi mai fu questa donna nemica di Satana, se non Maria, che con la sua mirabile umiltà e la sua vita santa lo vinse e abbatté costantemente le sue forze? « In quella donna è stata promessa la madre del Signore Gesù Cristo », attesta san Cipriano. E osserva che Dio non disse « pongo » inimicizia, ma « porrò », « per indicare che questa vincitrice non sarebbe stata Eva, allora vivente », ma un'altra donna della sua discendenza che, dice san Vincenzo Ferreri, doveva procurare ai nostri progenitori un bene maggiore di quello che essi avevano perduto con il loro peccato. Maria dunque è stata questa incomparabile donna forte che ha vinto il demonio e gli ha schiacciato il capo abbattendo la sua superbia, come il Signore aveva detto: « ella ti schiaccerà la testa ». Alcuni si domandano se queste parole si riferiscano a Maria oppure a Gesù Cristo, poiché nella versione dei Settanta è scritto: « egli ti schiaccerà la testa ». Ma nella nostra Volgata - la sola approvata e imposta alla nostra fede dal Concilio di Trento - leggiamo « ella » e non « egli », e così hanno interpretato sant'Ambrogio, san Girolamo, sant'Agostino, san Giovanni Crisostomo e moltissimi altri. In ogni caso, però, è certo che o il Figlio per mezzo della Madre, o la Madre per virtù del Figlio ha sconfitto Lucifero; sicché il superbo, come dice san Bernardo, « è stato schiacciato e calpestato sotto i piedi di Maria » e come un prigioniero di guerra « subisce un'avvilente schiavitù », costretto sempre ad ubbidire ai comandi di questa regina. Dice san Bruno che Eva facendosi vincere dal serpente ci apportò la morte e le tenebre, ma la beata Vergine vincendo il demonio ci apportò la vita e la luce e lo legò in modo tale che esso non può fare alcun male ai suoi devoti. E bella la spiegazione che Riccardo di san Lorenzo dà di queste parole dei Proverbi: « Il cuore di suo marito confida in lei e non mancherà di spoglie » (Pro 31,11 Volg.) Scrive Riccardo: « Confida in lei il cuore del marito, cioè di Cristo. E non gli mancheranno spoglie; infatti ella arricchisce il suo sposo di quelle anime di cui spoglia il demonio ». Dio ha affidato nelle mani di Maria il cuore di Gesù, affinché sia sua cura farlo amare dagli uomini, come dice Cornelio a Lapide. E in tal modo non gli mancheranno spoglie, cioè acquisti di anime; poiché ella lo arricchisce di anime, di cui spoglia l'inferno, salvandole dai demoni con il suo potente aiuto. Si sa che la palma è il segno della vittoria; perciò la nostra regina è stata collocata su un alto trono alla vista di tutti i potentati, come palma in segno della vittoria sicura su cui possono contare tutti quelli che si mettono sotto il suo patrocinio: « Quasi palma in Cades m'innalzai » (Eccli [-- Sir] 24,18 Volg.). « Ossia come una difesa », aggiunge il beato Alberto Magno. « Figli, sembra dirci Maria con queste parole, quando il nemico vi assale, ricorrete a me, guardate me e fatevi coraggio perché in me, che vi difendo, vedrete nello stesso tempo la vostra vittoria ». Ricorrere a Maria è dunque un mezzo assolutamente sicuro per vincere tutti gli attacchi dell'inferno. « La beata Vergine, dice san Bernardino da Siena, è regina anche dell'inferno e signora dei demoni, poiché li doma e li abbatte ». Perciò di Maria è scritto che è terribile contro le potestà dell'inferno, come un esercito ben 'ordinato: « terribile come esercito schierato » (Ct 6,3 Volg.), poiché, con un ordine mirabile, sa far servire la sua potenza, la sua misericordia e le sue preghiere a confusione dei nemici e a beneficio dei suoi servi che nelle tentazioni invocano il suo potentissimo soccorso. « Io come vite, le fa dire lo Spirito Santo, ho dato frutti di soave odore » (Eccli [= Sir] 24,23 Volg.). « Dicono che quando la vite è in fiore, commenta san Bernardo, tutti i serpenti velenosi si allontanano ». Come dalle viti fuggono tutti i serpenti velenosi, così fuggono i demoni da quelle anime fortunate in cui sentono il profumo della devozione a Maria. Per la stessa ragione la santa Vergine viene anche paragonata al cedro: « Qual cedro del Libano m'innalzai » (Eccli [= Sir] 24,17 Volg.). Non solo perché, come il cedro è esente dalla corruzione, così Maria fu immune da peccato, ma anche perché, dice il cardinale Ugo di san Caro a questo proposito, « come il cedro con il suo odore mette in fuga i serpenti, così Maria con la sua santità mette in fuga i demoni » Per mezzo dell'arca gli Israeliti ottenevano le vittorie. Così Mosè vinceva i nemici: « Quando l'arca veniva alzata, Mosè diceva: "Sorgi, Signore, siano dispersi i tuoi nemici" » (Nm 10,35). Così fu vinta Gerico, così furono vinti i Filistei: « poiché l'arca di Dio era coi figli d'Israele » (1Re [= 1Sm] 14,18 Volg.) « L'arca che custodisce la manna, cioè Cristo, è la beata Vergine, che assicura la vittoria contro i malvagi e contro i demoni ». Come nell'arca si tro vava la manna, così in Maria si trova Gesù, di cui fu figura la manna e per mezzo di quest'arca si ottiene la vittoria contro i nemici della terra e dell'inferno. « Quando Maria », arca del Nuovo Testamento, dice san Bernardino da Siena, « fu innalzata ad essere regina del cielo, venne indebolita e abbattuta la potenza dell'inferno » sopra gli uomini. « Quanto i demoni temono Maria » e il suo nome potente! esclama san Bonaventura. Il santo paragona questi nemici a quei ladri di cui parla Giobbe: « nelle tenebre irrompono nelle case... se ad un tratto appare l'aurora la credono un'ombra di morte » (Gb 24,16-17 Volg.). « Così i demoni entrano nell'anima quando è nelle tenebre dell'ignoranza. Ma appena viene nell'anima la grazia e la misericordia di Maria, questa bella aurora scaccia le tenebre e i nemici infernali si danno alla fuga come si fugge davanti alla morte ». Beato chi nelle battaglie con l'inferno invoca sempre il bel nome di Maria! Fu rivelato a santa Brigida che Dio ha fatto Maria così potente sopra tutti i demoni, che, ogni volta che essi assaltano un devoto della Vergine il quale chiede il suo aiuto, a un suo cenno subito atterriti fuggono lontano, preferendo veder raddoppiate le loro pene piuttosto che essere dominati da Maria con la sua potenza. « Come un giglio tra gli spini, così l'amica mia tra le fanciulle » (Ct 2,2). Con queste parole lo Sposo divino lodò la sua amata Sposa, quando la chiamò giglio. Cornelio a Lapide riflette su questo passo: « Come il giglio è rimedio contro i serpenti e i veleni, così l'invocazione della beata Vergine è rimedio singolare per vincere tutte le tentazioni, specialmente quelle di impurità, come sperimentano quelli che lo praticano ». Diceva san Giovanni Damasceno e lo stesso può dire chiunque ha la fortuna di essere servo di questa grande regina: « O Madre di Dio, se spero in te, certamente sarò salvo. Difeso da te inseguirò i miei nemici e opponendo loro come scudo la tua protezione e il tuo aiuto onnipotente, sicuramente li vincerò ». Il monaco Giacomo, citato tra i padri greci, così parlava al Signore: « Tu ci hai dato in questa Madre la più potente di tutte le armi per vincere tutti i nostri nemici ». Si narra nell'Antico Testamento che il Signore guidava il suo popolo dall'Egitto alla terra promessa « di giorno con una colonna di nube e di notte con una colonna di fuoco » (Es 13,21). Questa colonna, ora di nube ora di fuoco, dice Riccardo di san Lorenzo, è figura di Maria e dei due offici che ella esercita continuamente a nostro favore: « come nube ci protegge dall'ardore della giustizia divina e come fuoco ci protegge dai demoni ». Colonna di fuoco, aggiunge san Bonaventura, perché « come la cera si liquefa davanti al fuoco, così i demoni perdono le forze davanti a quelle anime che si ricordano spesso del nome di Maria, devotamente la invocano e cercano diligentemente di imitarla ». Come tremano i demoni al sentir proferire il nome di Maria! « Al nome di Maria ogni ginocchio si piega e i demoni non solo sono spaventati ma, all'udire tale nome, sono terrorizzati », afferma san Bernardo. Tommaso da Kempis aggiunge: « Al nome di Maria i demoni fuggono come inseguiti dal fuoco. Come gli uomini cadono a terra per timore, quando un tuono dal cielo cade vicino a loro, così cadono abbattuti i demoni al sentir nominare Maria ». Quante belle vittorie su questi nemici hanno riportato i devoti di Maria in virtù del suo santo nome! Così li vinse sant'Antonio da Padova, così il beato Enrico Suso, così tanti altri servi fedeli di Maria. Leggiamo nelle relazioni dei missionari in Giappone che in quel paese apparvero a un cristiano molti demoni in forma di animali feroci per spaventarlo e minacciarlo, ma egli disse loro: « Io non ho armi che voi possiate temere; se l'Altissimo ve lo permette, fate di me quel che volete. In mia difesa ho soltanto i dolcissimi nomi di Gesù e di Maria ». Aveva appena detto ciò, che al suono dei temibili nomi la terra si aprì inghiottendo quegli spiriti superbi Sant'Anselmo attesta per sua esperienza di aver veduto e udito molti che pronunciando il nome di Maria sono stati subito liberati da ogni pericolo. « O Maria, esclama san Bonaventura, glorioso e ammirabile è il tuo nome; quelli che lo pronunciano in punto di morte non temono l'inferno, poiché i demoni al sentir nominare Maria subito abbandonano l'anima». Il santo aggiunge che « i nemici visibili non temono un grande esercito di armati quanto le potestà dell'inferno temono il nome di Maria e la sua protezione ». « Tu Signora, dice san Germano, con la sola invocazione del tuo nome onnipotente rendi sicuri i tuoi servi da tutti gli assalti del nemico ». Se i cristiani avessero cura nelle tentazioni d'invocare con fiducia il nome di Maria, è certo che non cadrebbero in peccato. Dice il beato Alano: « Fugge il demonio e trema l'inferno quando dico: Ave Maria ». La nostra regina rivelò a santa Brigida che anche dai peccatori più induriti, più lontani da Dio e più posseduti dal demonio, il nemico fugge atterrito appena li sente invocare in loro aiuto, con sincera volontà di emendarsi, il nome di Maria. Ma la Vergine aggiunse che, se l'anima non si emenda e con il pentimento non allontana da sé il peccato, subito i demoni ritornano e continuano a possederla.
Esempio
Nella città di Reichersperg, in Baviera, viveva il canonico regolare Arnoldo, molto devoto alla santa Vergine. In punto di morte, ricevette i sacramenti e, dopo aver chiamato i suoi confratelli, li pregò di non abbandonarlo in quel momento supremo. Ed ecco che alla loro presenza cominciò a tremare, a stravolgere gli occhi e, tutto coperto di sudore freddo, disse con voce agitata: « Non vedete quei demoni che mi vogliono trascinare all'inferno? ». Poi gridò: « Fratelli miei, invocate per me l'aiuto di Maria; confido in lei che mi darà la vittoria ». I religiosi si misero a recitare le litanie della Madonna e mentre dicevano: « Sancta Maria, ora pro eo », il moribondo riprese: « Ripetete, ripetete il nome di Maria, perché sono già al tribunale di Dio ». Dopo un momento di silenzio soggiunse: « E’ vero che l'ho commesso, ma ne ho fatto penitenza ». E rivolgendosi alla Vergine, disse: « Maria, se tu mi aiuti, io sarò liberato ». I demoni tornarono all'assalto, ma egli si difendeva facendosi il segno della croce e invocando Maria. Così passò tutta quella notte. Giunto il mattino, Arnoldo, tutto rasserenato, esclamò con gioia: « Maria, mia regina e mio rifugio, mi ha ottenuto il perdono e la salvezza ». Poi, guardando la Vergine che lo invitava a seguirla, disse: « Vengo, Signora, vengo ». Fece uno sforzo per alzarsi, ma, non potendo seguirla col corpo, spirò dolcemente e, come speriamo, la seguì con l'anima nel regno della gloria beata.
Preghiera
Maria, speranza mia, ecco ai tuoi piedi un povero peccatore, che tante volte per colpa sua è stato schiavo dell'inferno. Riconosco che mi sono fatto vincere dai demoni per non essere ricorso a te, mio rifugio. Se a te fossi sempre ricorso, se ti avessi invocato, non sarei mai caduto. Io spero, mia amabile regina, di essere già stato liberato per mezzo tuo dalle mani dei demoni e che Dio mi abbia già perdonato. Ma temo che in avvenire io cada di nuovo nelle loro catene. So che i miei nemici non hanno perduto la speranza di tornare a vincermi e che già preparano contro di me nuovi assalti e tentazioni. Mia regina e mio rifugio, aiutami tu. Mettimi sotto il tuo manto; non permettere che io ridivenga loro schiavo. So che mi aiuterai e mi darai la vittoria, purché io ti invochi. Ma questo io temo, temo che nelle tentazioni io non pensi a te e non ti invochi. Questa è dunque la grazia che ti chiedo e bramo da te. Vergine santa, che io mi ricordi sempre di te, specialmente nei combattimenti che devo sostenere; concedimi che io non cessi d'invocarti spesso dicendo: « Maria aiutami, aiutami Maria ». E quando finalmente sarà giunto il giorno della mia ultima battaglia contro l'inferno al momento della mia morte, regina mia, assistimi allora più che mai e tu stessa ricordami d'invocarti allora più spesso, con le labbra o con il cuore, affinché, spirando con il dolce nome tuo e del tuo Figlio Gesù sulle labbra, io possa venire a benedirti e lodarti in paradiso e non allontanarmi più dai tuoi piedi per tutta l'eternità. Amen.
2-82 Ottobre 14, 1899 Gesù dice come sono necessari i castighi, e parla in modo commovente della speranza.
Luisa Piccarreta (Libro di Cielo)
(1) Questa mattina mi sentivo un po’ turbata e tutta annientata in me stessa. Mi vedevo come se il Signore mi volesse discacciare da Sé. Oh Dio! che pena straziante è mai questa! Mentre mi trovavo in tale stato, il benedetto Gesù è venuto con una cordicella in mano e percotendo il mio cuore tre volte, mi ha detto:
(2) “Pace, pace, pace, non sai tu che il regno della speranza è regno di pace, ed il diritto di questa speranza è la giustizia? Tu, quando vedi che la mia giustizia si arma contro le gente, entra nel regno della speranza ed investendoti delle qualità più potenti che lei possiede, sali fin sul mio trono e fa’ quanto puoi per disarmare il braccio armato; e questo lo farai con le voci più eloquenti, più tenere, più pietose, con le ragioni più possenti, con le preghiere più calde, che la stessa speranza ti detterà. Ma quando vedi che la stessa speranza sta per sostenere certi diritti di giustizia che sono assolutamente necessari, e che volerli cedere sarebbe un voler far affronto a sé stessa, ciò che non può mai essere, allora conformati a Me e cedi alla giustizia”.
(3) Ed io, più che mai atterrita, ché dovevo cedere alla giustizia, gli ho detto: “Ah, Signore, come posso far ciò? Ah! che mi pare impossibile, il solo pensiero che dovete castigare le gente, perché tue immagini, non posso tollerarlo, almeno fossero creature che non appartengano a Voi. Eppure, questo è niente, ma quello che più mi strazia è che devo vedere Voi stesso, quasi sto per dire, colpito da Voi stesso, schiaffeggiato, flagellato, addolorato da Voi stesso, perché i castighi scenderanno sopra le tue stesse membra, non sopra le altre, e quindi Voi stesso verrai a soffrire. Dimmi, mio solo ed unico Bene, come potrà resistere il mio cuore a vedervi soffrire, colpito da Voi stesso? Che vi fanno soffrire le creature, sono sempre creature ed è più tollerabile, ma questo è tanto duro, che non posso ingoiarlo, perciò non posso conformarmi teco, né cedere”.
(4) E Lui, impietosendosi e tutto intenerendosi di questo mio dire, prendendo un aspetto afflitto e benigno, mi ha detto:
(5) “Figlia mia, tu hai ragione che resterò colpito nelle mie stesse membra, tanto che nel sentirti parlare, tutte le mie viscere me le sento commosse e muovere a misericordia ed il cuore me lo sento spezzare per tenerezza. Ma credi a Me, che sono necessari i castighi, e se tu non vuoi vedermi colpito adesso un poco, mi vedrai colpito di poi più terribilmente, perché più mi offenderanno, e questo non ti dispiacerebbe di più? Perciò conformati meco, altrimenti mi costringerai, per non vederti dispiaciuta, a non dirti più niente, e con questo mi verrai a negarmi il sollievo che prendo nel conversare con te. Ah! si, mi ridurrai al silenzio, senza avere con chi sfogare le mie pene”.
(6) Chi può dire quanto sono restata amareggiata da questo suo dire? E Gesù, volendomi quasi distrarre dalla mia afflizione, ha ripreso il suo dire sulla speranza, dicendomi:
(7) “Figlia mia, non ti turbare, la speranza è pace; e siccome Io, nell’atto stesso che faccio giustizia sto nella più perfetta pace, così tu, immergendoti nella speranza, statti nella pace. L’anima che sta nella speranza, col volersi affliggere, turbare, sconfidare, incorrerebbe nella sventura di colei che, mentre possiede milioni e milioni di monete, ed anche è regina di vari regni, va fantasticando e menando lamenti, dicendo: “Di che devo vivere? Come devo vestirmi? Ahi! mi muoio dalla fame! Sono ben infelice! Mi ridurrò alla più stretta miseria e finirò col perire”. E mentre ciò dice, piange, sospira e passa i suoi giorni triste, squallida, immersa nella più grande mestizia. E questo non è tutto, quel che è peggio di costei, che se vede i suoi tesori, se cammina nei suoi poderi, invece di gioirne, più si affligge pensando al suo fine venturo e vedendo il cibo non lo vuole toccare per sostenersi, e se qualcuno vuole persuaderla col farla toccare con mano mostrandole sue ricchezze, e che ciò non può essere, che si ridurrà alla più stretta miseria, non si convince, rimane sbalordita, e più piange la sua triste sorte. Or, che si direbbe di costei, dalle gente? Che è pazza, si vede che non ha ragione, ha perduto il cervello; la ragione è chiara, non può essere diversamente. Eppure, può darsi che questa tale possa incorrere nella sventura che va fantasticando; ma in che modo? Con uscire dai suoi regni, abbandonando tutte le sue ricchezze andasse in terre straniere, in mezzo a gente barbara, che nessuno si benignerà di darle una briciola di pane. Ed ecco che la fantasia si è verificata; ciò che era falso, ora è verità. Ma chi n’è stato la causa? Chi incolparene di un cambiamento di stato sì triste? La sua perfida ed ostinata volontà. Tale è appunto un’anima che si trova in possesso della speranza: il volersi turbare, scoraggiare, già è la più grande pazzia”.
(8) Ed io: “Ah! Signore, come può essere che l’anima possa stare sempre in pace, vivendo nella speranza? E se l’anima commette qualche peccato, come può stare in pace?”
(9) E Gesù: “Nell’atto che l’anima pecca, già esce dal regno della speranza, giacché peccato e speranza non possono stare insieme. Ogni ragione ritiene che ognuno è obbligato di rispettare, conservare, coltivare ciò che è suo, chi è quell’uomo che va nei suoi terreni e vi brucia ciò che possiede? Chi è che non tiene gelosamente custodita la sua roba? Credo nessuno. Ora, l’anima che vive nella speranza, col peccato offende già la speranza, e se stesse in suo potere, brucerebbe tutti i beni che possiede la speranza, ed allora si troverebbe nella sventura di quella tale che, abbandonando i suoi beni, va a vivere in terre straniere. Così l’anima, col peccato, uscendo da questa madre paciera, della speranza sì tenera e pietosa, che giunge ad alimentarla con le sue stesse carni, qual è Gesù in Sacramento, oggetto primario di nostra speranza, si va a vivere in mezzo a gente barbara, quali sono i demoni, che negandole ogni minimo ristoro, non l’alimentano d’altro che di veleno, qual è il peccato. Eppure, questa madre pietosa, che fa? Mentre l’anima si allontana da lei, se ne starà forse indifferente? Ah! no, piange, prega, la chiama con le voci più tenere, più commoventi, le va appresso ed allora si contenta quando la riconduce nel suo regno”.
(10) Il mio dolce Gesù continua a dirmi: “La natura della speranza è pace, e ciò che lei è per natura, l’anima che vive nel seno di questa madre paciera lo consegue per grazia”.
(11) E nell’atto stesso che Gesù benedetto dice queste parole, con una luce intellettuale mi fa vedere sotto una similitudine di una madre, ciò che ha fatto questa speranza per l’uomo. Oh! che scena commovente e tenerissima, che se tutti la potessero vedere, piangerebbero di compunzione anche i cuori più duri e tutti si affezionerebbero tanto, che riuscirebbe impossibile distaccarsi per un solo momento dalle sue ginocchia materne. Ed ecco che provo a dire ciò che comprendo e posso:
(12) L’uomo viveva incatenato, schiavo del demonio, condannato alla morte eterna, senza speranza di poter rivivere all’eterna vita; tutto era perduto ed andata in rovina la sua sorte. Questa Madre viveva nell’Empireo, unita col Padre e lo Spirito Santo, beata, felice con Loro; ma pareva che non fosse contenta, voleva i suoi figli, le sue care immagini intorno a lei, l’opera più bella uscita dalle sue mani. Ora, mentre stava nel Cielo, il suo occhio era intento all’uomo, che va perduto sulla terra. Ella tutta si occupa per il modo come salvare questi suoi amati figli, e vedendo che questi figli non possono assolutamente soddisfare alla Divinità, anche a costo di qualunque sacrificio, perché molto inferiori ad Essa, che cosa fa questa Madre pietosa? Vede che non c’è altro mezzo per salvare questi figli, che dare la propria vita per salvare la loro, e prendere sopra di sé le loro pene e miserie e fare tutto ciò che loro dovevano fare per loro stessi. Onde, che pensa di fare? Si presenta innanzi alla divina giustizia questa Madre amorosa, con le lacrime agli occhi, con le voci più tenere, con le ragioni più potenti che il suo magnanimo cuore le detta, e dice: “Grazie vi chiedo per i miei perduti figli, non mi regge l’animo di vederli da me separati, a qualunque costo voglio salvarli, e sebbene veggo non esserci altro mezzo che mettere la mia propria vita, la voglio mettere pure perché riacquistino la loro. Che cosa volete da loro? Riparazione? Vi riparo Io per loro. Gloria, onore? Vi glorifico ed onoro Io per loro. Ringraziamento? Vi ringrazio Io. Tutto ciò che volete da loro, ve lo faccio Io, purché li possa avere insieme con Me a regnare”.
(13) La Divinità ne resta commossa nel vedere le lacrime, l’amore di questa Madre pietosa, e convinta dalle sue ragioni potenti, si sente inclinata ad amare questi figli e ne piangono insieme la loro sventura, e concordemente concludono che accettano il sacrificio della vita di questa Madre, restandone pienamente soddisfatti, per riacquistare questi figli. Non appena è firmato il decreto, scende immantinente dal Cielo e viene sulla terra, e deponendo le sue vesti regali che aveva nel Cielo, si veste delle miserie umane, come se fosse la più vilissima schiava e vive nella povertà più estrema, nelle sofferenze più inaudite, nei disprezzi più insopportabili alla umana natura; non fa altro che piangere ed intercedere per i suoi amati figli. Ma quello che più fa stupire, e di questa Madre e di questi figli, è che mentre lei ama tanto questi figli, questi, invece di ricevere questa Madre a braccia aperte, che veniva per salvarli, ne fanno il contrario. Nessuno la vuole ricevere né riconoscere, anzi la fanno andare raminga, la disprezzano ed incominciano a macchinare come uccidere questa Madre sì tenera e svisceratamente amante di loro. Che farà questa Madre sì tenera nel vedersi così malamente corrisposta dai suoi ingrati figli? Si arresterà Ella? Ah! no, anzi, più si accende di amore per loro e corre da un punto all’altro per riunirli e metterglieli in grembo. Oh! come fatica, come stenta, fino a gocciolare sudore, non solo d’acqua, ma anche di sangue! Non si dà un momento di tregua, sta sempre in attitudine per operare la loro salvezza, provvede a tutti i loro bisogni, rimedia a tutti i loro mali passati, presenti e futuri; insomma, non c’è cosa che non ordine e disponga per loro bene.
(14) Ma che cosa fanno questi figli? Si sono forse pentiti dell’ingratitudine che fecero nel riceverla? Hanno mutato i loro pensieri in favore di questa Madre? Ah! no, la guardano di malocchio, la disonorano con le calunnie più nere, le procurano obbrobri, disprezzi, confusioni, la battono con ogni sorta di flagelli, riducendola tutta una piaga, e finiscono col farla morire con una morte, la più infame che trovar si potesse, in mezzo a crudeli spasimi e dolori. Ma che cosa fa questa Madre in mezzo a tante pene? Odierà forse questi figli sì discoli e protervi? Ah! mai no, allora più che mai li ama svisceratamente, offre le sue pene per la loro stessa salvezza e spira con la parola della pace e del perdono.
(15) Oh! Madre mia bella, oh cara speranza, quanto sei in te stessa amabile, io ti amo. Deh! tienimi sempre in grembo a te e sarò la più felice del mondo. Mentre sono determinata a cessare di parlare della speranza, una voce mi risuona dappertutto che dice:
(16) “La speranza contiene tutto il bene presente e futuro, e chi vive in grembo a lei ed alleva sulle sue ginocchia, tutto ciò che vuole ottiene. Che cosa vuole l’anima? Gloria, onore? La speranza le darà tutto l’onore e la gloria più grande in terra, presso tutte le gente, ed in Cielo la glorificherà eternamente. Vorrà forse ricchezza? Oh! questa Madre della speranza è ricchissima, e quello che è più, che dando i suoi beni ai suoi figli, non restano punto scemate le sue ricchezze; poi, queste ricchezze non sono fugaci e passeggere, ma sempiterne. Vorrà piaceri, contenti? Ah! si, questa speranza contiene in sé tutti i piaceri e gusti possibili, che trovar si possano in Cielo ed in terra, che nessun altro potrà mai pareggiarla, e chi al suo seno si nutrisce, a sazietà ne gusta, ed oh! come è felice e contenta. Vorrà essere dotta, sapiente? Questa Madre speranza contiene in sé le scienze più sublimi, anzi è la maestra di tutti i maestri, e chi da lei si fa insegnare apprende la scienza della vera santità”.
(17) Insomma, la speranza ci somministra tutto, di modo che, se uno è debole, gli darà la fortezza; se un altro è macchiato, la speranza istituì i Sacramenti ed ivi preparò il lavacro alle sue macchie; se si sente fame e sete, questa Madre pietosa ci dà il cibo più bello, più gustoso, quali sono le sue delicatissime carni e per bevanda il suo preziosissimo sangue. Che altro può fare di più questa Madre paciera della speranza? E chi altro mai è simile a lei? Ah! solo lei ha rappacificato Cielo e terra, la speranza ha congiunto con sé la fede e la carità ed ha formato quell’anello indissolubile tra l’umana natura e la Divina. Ma chi è questa Madre? Chi è questa speranza? E’ Gesù Cristo, che operò la nostra Redenzione e formò la speranza dell’uomo fuorviato.