Liturgia delle Ore - Letture
Giovedi della 4° settimana del tempo ordinario (San Paolo Miki)
Vangelo secondo Giovanni 17
1Così parlò Gesù. Quindi, alzati gli occhi al cielo, disse: "Padre, è giunta l'ora, glorifica il Figlio tuo, perché il Figlio glorifichi te.2Poiché tu gli hai dato potere sopra ogni essere umano, perché egli dia la vita eterna a tutti coloro che gli hai dato.3Questa è la vita eterna: che conoscano te, l'unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo.4Io ti ho glorificato sopra la terra, compiendo l'opera che mi hai dato da fare.5E ora, Padre, glorificami davanti a te, con quella gloria che avevo presso di te prima che il mondo fosse.
6Ho fatto conoscere il tuo nome agli uomini che mi hai dato dal mondo. Erano tuoi e li hai dati a me ed essi hanno osservato la tua parola.7Ora essi sanno che tutte le cose che mi hai dato vengono da te,8perché le parole che hai dato a me io le ho date a loro; essi le hanno accolte e sanno veramente che sono uscito da te e hanno creduto che tu mi hai mandato.9Io prego per loro; non prego per il mondo, ma per coloro che mi hai dato, perché sono tuoi.10Tutte le cose mie sono tue e tutte le cose tue sono mie, e io sono glorificato in loro.11Io non sono più nel mondo; essi invece sono nel mondo, e io vengo a te. Padre santo, custodisci nel tuo nome coloro che mi hai dato, perché siano una cosa sola, come noi.
12Quand'ero con loro, io conservavo nel tuo nome coloro che mi hai dato e li ho custoditi; nessuno di loro è andato perduto, tranne il figlio della perdizione, perché si adempisse la Scrittura.13Ma ora io vengo a te e dico queste cose mentre sono ancora nel mondo, perché abbiano in se stessi la pienezza della mia gioia.14Io ho dato a loro la tua parola e il mondo li ha odiati perché essi non sono del mondo, come io non sono del mondo.
15Non chiedo che tu li tolga dal mondo, ma che li custodisca dal maligno.16Essi non sono del mondo, come io non sono del mondo.17Consacrali nella verità. La tua parola è verità.18Come tu mi hai mandato nel mondo, anch'io li ho mandati nel mondo;19per loro io consacro me stesso, perché siano anch'essi consacrati nella verità.
20Non prego solo per questi, ma anche per quelli che per la loro parola crederanno in me;21perché tutti siano una sola cosa. Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato.
22E la gloria che tu hai dato a me, io l'ho data a loro, perché siano come noi una cosa sola.23Io in loro e tu in me, perché siano perfetti nell'unità e il mondo sappia che tu mi hai mandato e li hai amati come hai amato me.24Padre, voglio che anche quelli che mi hai dato siano con me dove sono io, perché contemplino la mia gloria, quella che mi hai dato; poiché tu mi hai amato prima della creazione del mondo.
25Padre giusto, il mondo non ti ha conosciuto, ma io ti ho conosciuto; questi sanno che tu mi hai mandato.26E io ho fatto conoscere loro il tuo nome e lo farò conoscere, perché l'amore con il quale mi hai amato sia in essi e io in loro".
Genesi 41
1Al termine di due anni, il faraone sognò di trovarsi presso il Nilo.2Ed ecco salirono dal Nilo sette vacche, belle di aspetto e grasse e si misero a pascolare tra i giunchi.3Ed ecco, dopo quelle, sette altre vacche salirono dal Nilo, brutte di aspetto e magre, e si fermarono accanto alle prime vacche sulla riva del Nilo.4Ma le vacche brutte di aspetto e magre divorarono le sette vacche belle di aspetto e grasse. E il faraone si svegliò.
5Poi si addormentò e sognò una seconda volta: ecco sette spighe spuntavano da un unico stelo, grosse e belle.6Ma ecco sette spighe vuote e arse dal vento d'oriente spuntavano dopo quelle.7Le spighe vuote inghiottirono le sette spighe grosse e piene. Poi il faraone si svegliò: era stato un sogno.
8Alla mattina il suo spirito ne era turbato, perciò convocò tutti gli indovini e tutti i saggi dell'Egitto. Il faraone raccontò loro il sogno, ma nessuno lo sapeva interpretare al faraone.
9Allora il capo dei coppieri parlò al faraone: "Io devo ricordare oggi le mie colpe.10Il faraone si era adirato contro i suoi servi e li aveva messi in carcere nella casa del capo delle guardie, me e il capo dei panettieri.11Noi facemmo un sogno nella stessa notte, io e lui; ma avemmo ciascuno un sogno con un significato particolare.12Ora era là con noi un giovane ebreo, schiavo del capo delle guardie; noi gli raccontammo i nostri sogni ed egli ce li interpretò, dando a ciascuno spiegazione del suo sogno.13Proprio come ci aveva interpretato, così avvenne: io fui restituito alla mia carica e l'altro fu impiccato".
14Allora il faraone convocò Giuseppe. Lo fecero uscire in fretta dal sotterraneo ed egli si rase, si cambiò gli abiti e si presentò al faraone.15Il faraone disse a Giuseppe: "Ho fatto un sogno e nessuno lo sa interpretare; ora io ho sentito dire di te che ti basta ascoltare un sogno per interpretarlo subito".
16Giuseppe rispose al faraone: "Non io, ma Dio darà la risposta per la salute del faraone!".17Allora il faraone disse a Giuseppe: "Nel mio sogno io mi trovavo sulla riva del Nilo.18Quand'ecco salirono dal Nilo sette vacche grasse e belle di forma e si misero a pascolare tra i giunchi.19Ed ecco sette altre vacche salirono dopo quelle, deboli, brutte di forma e magre: non ne vidi mai di così brutte in tutto il paese d'Egitto.20Le vacche magre e brutte divorarono le prime sette vacche, quelle grasse.21Queste entrarono nel loro corpo, ma non si capiva che vi fossero entrate, perché il loro aspetto era brutto come prima. E mi svegliai.
22Poi vidi nel sogno che sette spighe spuntavano da un solo stelo, piene e belle.23Ma ecco sette spighe secche, vuote e arse dal vento d'oriente, spuntavano dopo quelle.24Le spighe vuote inghiottirono le sette spighe belle. Ora io l'ho detto agli indovini, ma nessuno mi da' la spiegazione".
25Allora Giuseppe disse al faraone: "Il sogno del faraone è uno solo: quello che Dio sta per fare, lo ha indicato al faraone.26Le sette vacche belle sono sette anni e le sette spighe belle sono sette anni: è un solo sogno.27E le sette vacche magre e brutte, che salgono dopo quelle, sono sette anni e le sette spighe vuote, arse dal vento d'oriente, sono sette anni: vi saranno sette anni di carestia.28È appunto ciò che ho detto al faraone: quanto Dio sta per fare, l'ha manifestato al faraone.29Ecco stanno per venire sette anni, in cui sarà grande abbondanza in tutto il paese d'Egitto.30Poi a questi succederanno sette anni di carestia; si dimenticherà tutta quella abbondanza nel paese d'Egitto e la carestia consumerà il paese.31Si dimenticherà che vi era stata l'abbondanza nel paese a causa della carestia venuta in seguito, perché sarà molto dura.32Quanto al fatto che il sogno del faraone si è ripetuto due volte, significa che la cosa è decisa da Dio e che Dio si affretta ad eseguirla.
33Ora il faraone pensi a trovare un uomo intelligente e saggio e lo metta a capo del paese d'Egitto.34Il faraone inoltre proceda ad istituire funzionari sul paese, per prelevare un quinto sui prodotti del paese d'Egitto durante i sette anni di abbondanza.35Essi raccoglieranno tutti i viveri di queste annate buone che stanno per venire, ammasseranno il grano sotto l'autorità del faraone e lo terranno in deposito nelle città.36Questi viveri serviranno al paese di riserva per i sette anni di carestia che verranno nel paese d'Egitto; così il paese non sarà distrutto dalla carestia".
37La cosa piacque al faraone e a tutti i suoi ministri.38Il faraone disse ai ministri: "Potremo trovare un uomo come questo, in cui sia lo spirito di Dio?".39Poi il faraone disse a Giuseppe: "Dal momento che Dio ti ha manifestato tutto questo, nessuno è intelligente e saggio come te.40Tu stesso sarai il mio maggiordomo e ai tuoi ordini si schiererà tutto il mio popolo: solo per il trono io sarò più grande di te".
41Il faraone disse a Giuseppe: "Ecco, io ti metto a capo di tutto il paese d'Egitto".42Il faraone si tolse di mano l'anello e lo pose sulla mano di Giuseppe; lo rivestì di abiti di lino finissimo e gli pose al collo un monile d'oro.43Poi lo fece montare sul suo secondo carro e davanti a lui si gridava: "Abrech". E così lo si stabilì su tutto il paese d'Egitto.44Poi il faraone disse a Giuseppe: "Sono il faraone, ma senza il tuo permesso nessuno potrà alzare la mano o il piede in tutto il paese d'Egitto".45E il faraone chiamò Giuseppe Zafnat-Paneach e gli diede in moglie Asenat, figlia di Potifera, sacerdote di On. Giuseppe uscì per tutto il paese d'Egitto.46Giuseppe aveva trent'anni quando si presentò al faraone re d'Egitto.
Poi Giuseppe si allontanò dal faraone e percorse tutto il paese d'Egitto.47Durante i sette anni di abbondanza la terra produsse a profusione.48Egli raccolse tutti i viveri dei sette anni, nei quali vi era stata l'abbondanza nel paese d'Egitto, e ripose i viveri nelle città, cioè in ogni città ripose i viveri della campagna circostante.49Giuseppe ammassò il grano come la sabbia del mare, in grandissima quantità, così che non se ne fece più il computo, perché era incalcolabile.
50Intanto nacquero a Giuseppe due figli, prima che venisse l'anno della carestia; glieli partorì Asenat, figlia di Potifera, sacerdote di On.51Giuseppe chiamò il primogenito Manasse, "perché - disse - Dio mi ha fatto dimenticare ogni affanno e tutta la casa di mio padre".52E il secondo lo chiamò Efraim, "perché - disse - Dio mi ha reso fecondo nel paese della mia afflizione".
53Poi finirono i sette anni di abbondanza nel paese d'Egitto54e cominciarono i sette anni di carestia, come aveva detto Giuseppe. Ci fu carestia in tutti i paesi, ma in tutto l'Egitto c'era il pane.
55Poi tutto il paese d'Egitto cominciò a sentire la fame e il popolo gridò al faraone per avere il pane. Allora il faraone disse a tutti gli Egiziani: "Andate da Giuseppe; fate quello che vi dirà".56La carestia dominava su tutta la terra. Allora Giuseppe aprì tutti i depositi in cui vi era grano e vendette il grano agli Egiziani, mentre la carestia si aggravava in Egitto.57E da tutti i paesi venivano in Egitto per acquistare grano da Giuseppe, perché la carestia infieriva su tutta la terra.
Qoelet 1
1Parole di Qoèlet, figlio di Davide, re di Gerusalemme.
2Vanità delle vanità, dice Qoèlet,
vanità delle vanità, tutto è vanità.
3Quale utilità ricava l'uomo da tutto l'affanno
per cui fatica sotto il sole?
4Una generazione va, una generazione viene
ma la terra resta sempre la stessa.
5Il sole sorge e il sole tramonta,
si affretta verso il luogo da dove risorgerà.
6Il vento soffia a mezzogiorno, poi gira a tramontana;
gira e rigira
e sopra i suoi giri il vento ritorna.
7Tutti i fiumi vanno al mare,
eppure il mare non è mai pieno:
raggiunta la loro mèta,
i fiumi riprendono la loro marcia.
8Tutte le cose sono in travaglio
e nessuno potrebbe spiegarne il motivo.
Non si sazia l'occhio di guardare
né mai l'orecchio è sazio di udire.
9Ciò che è stato sarà
e ciò che si è fatto si rifarà;
non c'è niente di nuovo sotto il sole.
10C'è forse qualcosa di cui si possa dire:
"Guarda, questa è una novità"?
Proprio questa è già stata nei secoli
che ci hanno preceduto.
11Non resta più ricordo degli antichi,
ma neppure di coloro che saranno
si conserverà memoria
presso coloro che verranno in seguito.
12Io, Qoèlet, sono stato re d'Israele in Gerusalemme.13Mi sono proposto di ricercare e investigare con saggezza tutto ciò che si fa sotto il cielo. È questa una occupazione penosa che Dio ha imposto agli uomini, perché in essa fatichino.14Ho visto tutte le cose che si fanno sotto il sole ed ecco tutto è vanità e un inseguire il vento.
15Ciò che è storto non si può raddrizzare
e quel che manca non si può contare.
16Pensavo e dicevo fra me: "Ecco, io ho avuto una sapienza superiore e più vasta di quella che ebbero quanti regnarono prima di me in Gerusalemme. La mia mente ha curato molto la sapienza e la scienza".17Ho deciso allora di conoscere la sapienza e la scienza, come anche la stoltezza e la follia, e ho compreso che anche questo è un inseguire il vento,18perché
molta sapienza, molto affanno;
chi accresce il sapere, aumenta il dolore.
Salmi 44
1'Al maestro del coro. Dei figli di Core. Maskil.'
2Dio, con i nostri orecchi abbiamo udito,
i nostri padri ci hanno raccontato
l'opera che hai compiuto ai loro giorni,
nei tempi antichi.
3Tu per piantarli, con la tua mano hai sradicato le genti,
per far loro posto, hai distrutto i popoli.
4Poiché non con la spada conquistarono la terra,
né fu il loro braccio a salvarli;
ma il tuo braccio e la tua destra
e la luce del tuo volto,
perché tu li amavi.
5Sei tu il mio re, Dio mio,
che decidi vittorie per Giacobbe.
6Per te abbiamo respinto i nostri avversari
nel tuo nome abbiamo annientato i nostri aggressori.
7Infatti nel mio arco non ho confidato
e non la mia spada mi ha salvato,
8ma tu ci hai salvati dai nostri avversari,
hai confuso i nostri nemici.
9In Dio ci gloriamo ogni giorno,
celebrando senza fine il tuo nome.
10Ma ora ci hai respinti e coperti di vergogna,
e più non esci con le nostre schiere.
11Ci hai fatti fuggire di fronte agli avversari
e i nostri nemici ci hanno spogliati.
12Ci hai consegnati come pecore da macello,
ci hai dispersi in mezzo alle nazioni.
13Hai venduto il tuo popolo per niente,
sul loro prezzo non hai guadagnato.
14Ci hai resi ludibrio dei nostri vicini,
scherno e obbrobrio a chi ci sta intorno.
15Ci hai resi la favola dei popoli,
su di noi le nazioni scuotono il capo.
16L'infamia mi sta sempre davanti
e la vergogna copre il mio volto
17per la voce di chi insulta e bestemmia,
davanti al nemico che brama vendetta.
18Tutto questo ci è accaduto
e non ti avevamo dimenticato,
non avevamo tradito la tua alleanza.
19Non si era volto indietro il nostro cuore,
i nostri passi non avevano lasciato il tuo sentiero;
20ma tu ci hai abbattuti in un luogo di sciacalli
e ci hai avvolti di ombre tenebrose.
21Se avessimo dimenticato il nome del nostro Dio
e teso le mani verso un dio straniero,
22forse che Dio non lo avrebbe scoperto,
lui che conosce i segreti del cuore?
23Per te ogni giorno siamo messi a morte,
stimati come pecore da macello.
24Svègliati, perché dormi, Signore?
Dèstati, non ci respingere per sempre.
25Perché nascondi il tuo volto,
dimentichi la nostra miseria e oppressione?
26Poiché siamo prostrati nella polvere,
il nostro corpo è steso a terra.
Sorgi, vieni in nostro aiuto;
27salvaci per la tua misericordia.
Daniele 11
1 e io, nell'anno primo di Dario, mi tenni presso di lui per dargli rinforzo e sostegno.
2Ed ora io ti manifesterò la verità. Ecco, vi saranno ancora tre re in Persia: poi il quarto acquisterà ricchezze superiori a tutti gli altri e dopo essersi reso potente con le ricchezze, muoverà con tutti i suoi contro il regno di Grecia.3Sorgerà quindi un re potente e valoroso, il quale dominerà sopra un grande impero e farà ciò che vuole;4ma appena si sarà affermato, il suo regno verrà smembrato e diviso ai quattro venti del cielo, ma non fra i suoi discendenti né con la stessa forza che egli possedeva; il suo regno sarà infatti smembrato e dato ad altri anziché ai suoi discendenti.
5Il re del mezzogiorno diverrà potente e uno dei suoi capitani sarà più forte di lui e il suo impero sarà grande.6Dopo qualche anno faranno alleanza e la figlia del re del mezzogiorno verrà al re del settentrione per fare la pace, ma non potrà mantenere la forza del suo braccio e non resisterà né lei né la sua discendenza e sarà condannata a morte insieme con i suoi seguaci, il figlio e il marito.7In quel tempo, da un germoglio delle sue radici sorgerà uno, al posto di costui, e verrà con un esercito e avanzerà contro le fortezze del re del settentrione, le assalirà e se ne impadronirà.8Condurrà in Egitto i loro dèi con le loro immagini e i loro preziosi oggetti d'oro e d'argento, come preda di guerra, poi per qualche anno si asterrà dal contendere con il re del settentrione.9Questi muoverà contro il re del mezzogiorno, ma se ne ritornerà nel suo paese.
10Poi suo figlio si preparerà alla guerra, raccogliendo una moltitudine di grandi eserciti, con i quali avanzerà come una inondazione: attraverserà il paese per attaccare di nuovo battaglia e giungere sino alla sua fortezza.11Il re del mezzogiorno, inasprito, uscirà per combattere con il re del settentrione, che si muoverà con un grande esercito, ma questo cadrà in potere del re del mezzogiorno,12il quale dopo aver disfatto quell'esercito si gonfierà d'orgoglio, ma pur avendo abbattuto decine di migliaia, non per questo sarà più forte.13Il re del settentrione di nuovo metterà insieme un grande esercito, più grande di quello di prima, e dopo qualche anno avanzerà con un grande esercito e con grande apparato.14In quel tempo molti si alzeranno contro il re del mezzogiorno e uomini violenti del tuo popolo insorgeranno per adempiere la visione, ma cadranno.15Il re del settentrione verrà, costruirà terrapieni e occuperà una città ben fortificata. Le forze del mezzogiorno, con truppe scelte, non potranno resistere, mancherà loro la forza per opporre resistenza.16L'invasore farà ciò che vuole e nessuno gli si potrà opporre; si stabilirà in quella magnifica terra e la distruzione sarà nelle sue mani.17Quindi si proporrà di occupare tutto il regno del re del mezzogiorno, stipulerà un'alleanza con lui e gli darà sua figlia per rovinarlo, ma ciò non riuscirà e non raggiungerà il suo scopo.
18Poi volgerà le mire alle isole e ne prenderà molte, ma un comandante straniero farà cessare la sua arroganza, facendola ricadere sopra di lui.19Si volgerà poi verso le fortezze del proprio paese, ma inciamperà, cadrà, scomparirà.20Sorgerà quindi al suo posto uno che manderà esattori nella terra perla del suo regno, ma in pochi giorni sarà stroncato, non nel furore di una rivolta né in battaglia.
21Gli succederà poi un uomo abbietto, privo di dignità regale: verrà di nascosto e occuperà il regno con la frode.22Le forze armate saranno annientate davanti a lui e sarà stroncato anche il capo dell'alleanza.23Non appena sarà stata stipulata un'alleanza con lui, egli agirà con la frode, crescerà e si consoliderà con poca gente.24Entrerà di nascosto nei luoghi più fertili della provincia e farà cose che né i suoi padri né i padri dei suoi padri osarono fare; distribuirà alla sua gente preda, spoglie e ricchezze e ordirà progetti contro le fortezze, ma ciò fino ad un certo tempo.
25La sua potenza e il suo ardire lo spingeranno contro il re del mezzogiorno con un grande esercito e il re del mezzogiorno verrà a battaglia con un grande e potente esercito, ma non potrà resistere, perché si ordiranno congiure contro di lui:26i suoi stessi commensali saranno causa della sua rovina; il suo esercito sarà travolto e molti cadranno uccisi.27I due re non penseranno che a farsi del male a vicenda e seduti alla stessa tavola parleranno con finzione, ma senza riuscire nei reciproci intenti, perché li attenderà la fine, al tempo stabilito.28Egli ritornerà nel suo paese con grandi ricchezze e con in cuore l'avversione alla santa alleanza: agirà secondo i suoi piani e poi ritornerà nel suo paese.29Al tempo determinato verrà di nuovo contro il paese del mezzogiorno, ma quest'ultima impresa non riuscirà come la prima.30Verranno contro lui navi dei Kittìm ed egli si sentirà scoraggiato e tornerà indietro. Si volgerà infuriato e agirà contro la santa alleanza, e nel suo ritorno se la intenderà con coloro che avranno abbandonato la santa alleanza.31Forze da lui armate si muoveranno a profanare il santuario della cittadella, aboliranno il sacrificio quotidiano e vi metteranno l'abominio della desolazione.
32Con lusinghe egli sedurrà coloro che avranno apostatato dall'alleanza, ma quanti riconoscono il proprio Dio si fortificheranno e agiranno.33I più saggi tra il popolo ammaestreranno molti, ma cadranno di spada, saranno dati alle fiamme, condotti in schiavitù e saccheggiati per molti giorni.34Mentre così cadranno, riceveranno un po' di aiuto: molti però si uniranno a loro ma senza sincerità.35Alcuni saggi cadranno perché fra di loro ve ne siano di quelli purificati, lavati, resi candidi fino al tempo della fine, che dovrà venire al tempo stabilito.
36Il re dunque farà ciò che vuole, s'innalzerà, si magnificherà sopra ogni dio e proferirà cose inaudite contro il Dio degli dèi e avrà successo finché non sarà colma l'ira; poiché ciò che è stato determinato si compirà.37Egli non si curerà neppure delle divinità dei suoi padri né del dio amato dalle donne, né di altro dio, poiché egli si esalterà sopra tutti.38Onorerà invece il dio delle fortezze: onorerà, con oro e argento, con gemme e con cose preziose, un dio che i suoi padri non hanno mai conosciuto.39Nel nome di quel dio straniero attaccherà le fortezze e colmerà di onori coloro che lo riconosceranno: darà loro il potere su molti e distribuirà loro terre in ricompensa.
40Al tempo della fine il re del mezzogiorno si scontrerà con lui e il re del settentrione gli piomberà addosso, come turbine, con carri, con cavalieri e molte navi; entrerà nel suo territorio invadendolo.41Entrerà anche in quella magnifica terra e molti paesi soccomberanno. Questi però scamperanno dalla sua mano: Edom, Moab e gran parte degli Ammoniti.42Metterà così la mano su molti paesi; neppure l'Egitto scamperà.43S'impadronirà di tesori d'oro e d'argento e di tutte le cose preziose d'Egitto: i Libi e gli Etiopi saranno al suo seguito.44Ma notizie dall'oriente e dal settentrione lo turberanno: egli partirà con grande ira per distruggere e disperdere molti.45Pianterà le tende del suo palazzo fra il mare e il bel monte santo: poi giungerà alla fine e nessuno verrà in suo aiuto.
Lettera agli Ebrei 2
1Proprio per questo bisogna che ci applichiamo con maggiore impegno a quelle cose che abbiamo udito, per non andare fuori strada.2Se, infatti, la parola trasmessa per mezzo degli angeli si è dimostrata salda, e ogni trasgressione e disobbedienza ha ricevuto giusta punizione,3come potremo scampare noi se trascuriamo una salvezza così grande? Questa infatti, dopo essere stata promulgata all'inizio dal Signore, è stata confermata in mezzo a noi da quelli che l'avevano udita,4mentre Dio testimoniava nello stesso tempo con segni e prodigi e miracoli d'ogni genere e doni dello Spirito Santo, distribuiti secondo la sua volontà.
5Non certo a degli angeli egli ha assoggettato il mondo futuro, del quale parliamo.6Anzi, qualcuno in un passo ha testimoniato:
'Che cos'è l'uomo perché ti ricordi di lui
o il figlio dell'uomo perché tu te ne curi?'
7'Di poco l'hai fatto inferiore agli angeli,
di gloria e di onore l'hai coronato'
8'e hai posto ogni cosa sotto i suoi piedi'.
Avendogli assoggettato ogni cosa, nulla ha lasciato che non gli fosse sottomesso. Tuttavia al presente non vediamo ancora che ogni cosa sia a lui sottomessa.9Però quel Gesù, che 'fu fatto di poco inferiore agli angeli', lo vediamo ora coronato di gloria e di onore a causa della morte che ha sofferto, perché per la grazia di Dio egli provasse la morte a vantaggio di tutti.
10Ed era ben giusto che colui, per il quale e del quale sono tutte le cose, volendo portare molti figli alla gloria, rendesse perfetto mediante la sofferenza il capo che li ha guidati alla salvezza.11Infatti, colui che santifica e coloro che sono santificati provengono tutti da una stessa origine; per questo non si vergogna di chiamarli fratelli,12dicendo:
'Annunzierò il tuo nome ai miei fratelli,
in mezzo all'assemblea canterò le tue lodi;'
13e ancora:
'Io metterò la mia fiducia in lui;'
e inoltre:
'Eccoci, io e i figli che Dio mi ha dato'.
14Poiché dunque i figli hanno in comune il sangue e la carne, anch'egli ne è divenuto partecipe, per ridurre all'impotenza mediante la morte colui che della morte ha il potere, cioè il diavolo,15e liberare così quelli che per timore della morte erano soggetti a schiavitù per tutta la vita.16Egli infatti non si prende cura degli angeli, ma 'della stirpe di Abramo si prende cura'.17Perciò doveva rendersi in tutto simile ai fratelli, per diventare un sommo sacerdote misericordioso e fedele nelle cose che riguardano Dio, allo scopo di espiare i peccati del popolo.18Infatti proprio per essere stato messo alla prova ed avere sofferto personalmente, è in grado di venire in aiuto a quelli che subiscono la prova.
Capitolo XXXV: In questa vita, nessuna certezza di andar esenti da tentazioni
Leggilo nella Biblioteca1. O figlio, giammai, in questa vita, sarai libero dall'inquietudine: finché avrai vita, avrai bisogno d'essere spiritualmente armato. Ti trovi tra nemici e vieni assalito da destra e da sinistra. Perciò, se non farai uso, da una parte e dall'altra, dello scudo della fermezza, non tarderai ad essere ferito. Di più, se non terrai il tuo animo fisso in me, con l'unico proposito di tutto soffrire per amor mio, non potrai reggere l'ardore della lotta e arrivare al premio dei beati. Tu devi virilmente passare oltre ogni cosa, e avere braccio valido contro ogni ostacolo: "la manna viene concessa al vittorioso" (Ap 2,17), mentre una miseria grande è lasciata a chi manca di ardore.
2. Se vai cercando la tua pace in questa vita, come potrai giungere alla pace eterna? Non a una piena di tranquillità, ma a una grande sofferenza ti devi preparare. Giacché la pace vera non la devi cercare in terra, ma nei cieli; non negli uomini, o nelle altre creature, ma soltanto in Dio. Tutto devi lietamente sopportare, per amore di Dio: fatiche e dolori; tentazioni e tormenti; angustie, miserie e malanni; ingiurie, biasimi e rimproveri; umiliazioni e sbigottimenti; ammonizioni e critiche sprezzanti. Cose, queste, che aiutano nella via della virtù e costituiscono una prova per chi si è posto al servizio di Cristo; cose, infine, che preparano la corona del cielo. Ché una eterna ricompensa io darò un travaglio di breve durata; e una gloria senza fine, per una umiliazione destinata a passare.
3. Forse tu credi di poter sempre avere le consolazioni spirituali a tuo piacimento? Non ne ebbero sempre neppure i miei santi; i quali soffrirono, invece, tante difficoltà e tentazioni di ogni genere e grandi desolazioni. Sennonché, con la virtù della sopportazione, essi si tennero sempre ritti, confidando più in Dio che in se stessi; consci che "le sofferenze del momento presente non sono nulla a confronto della conquista della gloria futura" (Rm 8,18). O vuoi tu avere subito quello che molti ottennero a stento, dopo tante lacrime e tante fatiche? "Aspetta il Signore, comportati da uomo" (Sal 26,14), e fatti forza; non disperare, non disertare. Disponiti, invece, fermamente, anima e corpo, per la gloria di Dio. Strabocchevole sarà la mia ricompensa. Io sarò con te in ogni tribolazione.
DISCORSO 82 SULLE PAROLE DEL VANGELO DI MT 18, 15-18: "SE TUO FRATELLO HA PECCATO CONTRO DI TE, RIPRENDILO FRA TE E LUI SOLO, E SULLE PAROLE DI SALOMONE (PROV 10, 10 SEC. LXX): "CHI AMMICCA COLL'OCCHIO FA DISPIACERE" ECC.
Discorsi - Sant'Agostino
Leggilo nella BibliotecaOsservazione preliminare.
1. 1. Nostro Signore ci esorta a non rimanere indifferenti ai peccati che possiamo commettere gli uni contro gli altri, non cercando che cosa rimproverare ma badando a quel che si deve correggere. Egli infatti afferma che uno ha lo sguardo acuto, per togliere la pagliuzza dell'occhio d'un suo fratello, se non ha una trave nel proprio occhio 1. Ma che cosa vuol dire questo? Cercherò di farlo capire brevemente alla Carità vostra. La pagliuzza nell'occhio è la collera; la trave nell'occhio è l'odio. Ebbene, quando uno che ha l'odio rimprovera un altro ch'è in collera, vuol togliere la pagliuzza dall'occhio d'un suo fratello ma n'è impedito dalla trave che porta nel proprio occhio. La pagliuzza è l'inizio d'una trave, poiché quando la trave nasce è una pagliuzza. Innaffiando la pagliuzza la si fa arrivare ad essere una trave; alimentando l'ira con i cattivi sospetti, la si fa diventare odio.
Differenza tra l'ira che rimprovera o castiga e l'odio.
2. 2. C'è però una gran differenza tra il peccato di chi s'adira e la crudeltà di chi ha l'odio. Noi infatti ci adiriamo anche con i nostri figli, ma ove si trova uno che odia i figli? Perfino tra le bestie la giovenca madre talora, quando è arrabbiata per qualche noia, allontana dalle poppe il vitello, ma lo ama mossa dall'istinto materno. Le dà un certo fastidio quando la urta, ma vien cercato quando è lontano. Anche noi facciamo ugualmente: non diamo un castigo ai figli se non adirandoci un poco e sdegnandoci, ma tuttavia non li castigheremmo se non li amassimo. Tanto è vero che non tutti quelli che si adirano lo fanno per odio; ciò è tanto vero che alle volte è evidente che uno piuttosto odia se non va in collera. Supponi che un ragazzo voglia divertirsi nell'acqua d'un fiume che nel suo corso impetuoso potrebbe condurlo alla morte. Se tu lo vedessi in pericolo e lo lasciassi fare, lo odieresti: la tua condiscendenza potrebbe essere la sua morte. Quanto sarebbe meglio se ti arrabbiassi e lo correggessi anziché permettergli d'andare incontro alla morte non arrabbiandoti! Anzitutto quindi è da evitarsi l'odio, dev'essere tolta dall'occhio la trave. Poiché è una cosa molto diversa quando uno, sotto l'impulso dell'ira, non sa moderare con uno le parole ma poi cancella questo suo eccesso col pentirsene, e un'altra cosa è serbare insidie racchiuse nel cuore. C'è infine molta differenza tra queste parole della Scrittura: Il mio occhio è turbato per la collera 2. A proposito dell'altro invece che cosa è detto? Chi odia un suo fratello è omicida 3. C'è molta differenza tra un occhio turbato e un occhio spento. Una pagliuzza turba, una trave uccide.
L'odio nuoce più a chi l'ha che agli altri.
2. 3. Affinché dunque possiamo mettere bene in pratica e compiere ciò a cui oggi siamo stati esortati, dobbiamo deciderci anzitutto a non covare l'odio. In effetti quando nel tuo occhio non c'è una trave, allora vedi bene quel che c'è nell'occhio di tuo fratello e sei in angustie finché non togli dall'occhio di tuo fratello ciò che può danneggiare il suo occhio. La luce della vista che si trova in te non ti permette di trascurare la luce della vista di tuo fratello. Se infatti hai l'odio e vuoi riprenderlo, come potrai correggerne la vista dal momento che l'hai perduta tu stesso? Poiché dice chiaramente anche ciò la Scrittura dove sta scritto: Chi odia il proprio fratello è omicida 4. Chi odia il proprio fratello - è detto - è ancora nelle tenebre 5. Le tenebre sono l'odio. Ma è impossibile che, se uno odia un altro, non faccia del male prima a se stesso. Poiché, mentre tenta di fargli del male esternamente, danneggia se stesso nell'intimo del proprio animo. Ora, quanto più importante del corpo è l'anima, tanto più dobbiamo preoccuparci ch'essa non venga danneggiata. Danneggia infatti la propria anima chi odia un altro. Ma che cosa potrà fare di male a colui ch'egli odia? Che cosa potrà fargli? Gli sottrarrà il denaro; potrà forse portargli via la fede? Lede la fama ma può forse ledere la coscienza? In qualsiasi modo gli faccia del male, lo danneggia all'esterno. Considera invece il danno che arreca a se stesso. È nemico di se stesso nel suo intimo chi odia un altro. Ma siccome non si rende conto del male che fa a se stesso, si accanisce contro un altro, vivendo tanto più pericolosamente quanto meno capisce il male che fa a se stesso, poiché agendo crudelmente ha perduto anche la sensibilità morale. Hai infierito contro un tuo nemico. Dalla tua crudeltà egli è stato spogliato, ma tu sei malvagio. C'è una gran differenza tra l'essere spogliato e l'essere malvagio. Quello ha perduto il denaro, tu invece l'innocenza. Devi domandarti: "Chi ha sofferto un danno più grave?". Quello ha perduto un bene destinato a perire, tu invece sei diventato uno destinato a perire.
Con quale animo si deve rimproverare un fratello.
3. 4. Dobbiamo quindi fare un rimprovero spinti dall'amore, non per la brama di fare del male, ma per il desiderio di correggere. Se saremo animati da tali sentimenti, metteremo ottimamente in pratica l'esortazione udita oggi: Se un tuo fratello avrà commesso una colpa contro di te, rimproveralo a tu per tu da solo 6. Perché lo riprendi? Perché ti dispiace che ha mancato contro di te? Non sia mai! Se lo farai per amor tuo, non farai nulla. Se invece lo farai per amore di lui, farai una cosa ottima. Considera quindi, a proposito delle stesse parole, per amore di chi tu debba farlo, se per amor tuo o di lui: Se ti ascolterà - dice la Scrittura - avrai fatto tornare tuo fratello a migliori sentimenti. Fallo dunque per amore di lui, affinché tu ottenga la sua conversione. Se, facendolo, tu lo recupererai, qualora tu non lo avessi fatto, si sarebbe perduto. Perché allora i più degli uomini disprezzano quei peccati e dicono: "Che cosa di grave ho commesso? Ho peccato contro un uomo!". Non dare poca importanza a ciò. Hai peccato contro un uomo; vuoi sapere che peccando contro un uomo, ti sei perduto? Se quello contro il quale hai peccato ti avrà rimproverato a quattr'occhi da solo, e tu lo avrai ascoltato, ti avrà fatto ravvedere. Che vuol dire: "ti avrà fatto ravvedere", se non che ti saresti perduto, se non ti avesse fatto ravvedere? Poiché, se non ti fossi perduto, in qual modo ti avrebbe riportato sulla buona strada? Nessuno dunque faccia poco conto quando pecca contro un suo fratello. L'Apostolo infatti dice in un passo: Orbene, peccando così contro uno dei vostri fratelli e urtando la loro coscienza malferma, peccate contro Cristo 7; questo perché tutti siamo diventati membra di Cristo. In qual modo non pecchi contro Cristo dal momento che pecchi contro un membro di Cristo?.
Rimedio per questo peccato.
3. 5. Nessuno dunque dica: "Non ho peccato contro Dio, ma solo contro un fratello, contro un uomo: è un peccato leggero o non è affatto un peccato". Forse tu dici: "È un peccato leggero" perché presto si guarisce. Hai peccato contro un tuo fratello? Ripara il torto e sarai guarito. Hai compiuto un'azione che procura la morte dell'anima: ma hai trovato presto il rimedio. Chi di noi potrà sperare il regno dei cieli, fratelli miei, dal momento che il Vangelo dice: Chi dirà a un suo fratello: Sei un cretino, sarà condannato al fuoco dell'inferno 8? È un'affermazione tremenda; ma vedi il rimedio nello stesso passo del Vangelo: Se stai recando la tua offerta all'altare e ti ricordi che un tuo fratello ha qualcosa contro di te, lascia lì la tua offerta davanti all'altare 9. Dio non va in collera perché tu differisci a porre sull'altare il tuo dono. Dio cerca te piuttosto che il tuo dono. Se infatti ti presentassi davanti al tuo Dio con un dono, ma covando il malanimo contro un tuo fratello, ti potrebbe rispondere: "Tu sei perduto, che cosa mi hai recato? Tu offri il tuo dono, ma non sei un dono di Dio". Cristo va in cerca di chi è stato redento col suo sangue anziché di ciò che hai trovato nel tuo granaio. Lascia dunque il tuo dono lì, davanti all'altare, e va' prima a far pace con tuo fratello e poi verrai a offrire il tuo dono 10. Ecco quanto facilmente hai cancellato la colpa degna del fuoco dell'inferno. Quando non eri ancora rappacificato, eri condannato all'inferno, ma una volta rappacificato, offrirai sicuro il tuo dono all'altare.
Bisogna chiedere perdono all'offeso.
4. 6. Noi però siamo facili a offendere gli altri ma difficili a cercare la pacificazione. Si dice a uno: "Chiedi perdono alla persona da te offesa, da te danneggiata". Quello risponde: "Non mi umilierò". "Ascolta almeno il tuo Dio, se non ti curi di un tuo fratello": Chi si umilia, sarà esaltato 11. Tu sei caduto e non vuoi umiliarti? C'è una gran differenza tra uno che s'umilia e uno che giace a terra. Sei già steso a terra e non vuoi umiliarti? Potresti dire giustamente: "Non voglio scendere", se tu non avessi voluto cadere.
Che deve fare chi è stato offeso.
4. 7. Così, dunque, deve agire chi ha arrecato un'offesa. Che deve fare invece chi l'ha ricevuta? Ciò che abbiamo ascoltato oggi: Se un tuo fratello commetterà una colpa contro di te, rimproveralo a quattr'occhi, da solo 12. Se trascurerai di farlo, sarai peggiore. Quello ti ha offeso e, offendendoti, ha inferto a se stesso una grave ferita, e tu non ti curi della ferita d'un tuo fratello? Tu lo vedi perdersi o già perduto e non te ne curi? Sei peggiore tu per il fatto di tacere che non l'altro per il fatto d'averti offeso. Ebbene, se uno pecca contro di noi dobbiamo preoccuparci assai ma non di noi; poiché è cosa encomiabile dimenticare le offese; ma tu devi dimenticare l'offesa che hai ricevuta, non la ferita di tuo fratello. Rimproveralo dunque a tu per tu, da solo, avendo unicamente di mira la sua correzione e risparmiandogli l'umiliazione. Potrebbe darsi infatti che per la vergogna egli si mettesse a difendere il proprio peccato e, mentre tu lo vorresti rendere migliore, lo rendessi peggiore. Rimproveralo dunque da solo a solo. Se ti ascolterà farai ravvedere un tuo fratello, perché si sarebbe perduto, se tu non lo avessi fatto. Se invece non vorrà ascoltarti, se cioè difenderà il proprio peccato come se fosse un'opera buona, prendi con te due o tre persone, poiché sulla parola di due o tre testimoni si risolva ogni questione 13. Se non vorrà ascoltare nemmeno loro, riferiscilo alla Chiesa, se poi non ascolterà neppure la Chiesa consideralo un pagano o un pubblicano 14. Non considerarlo più nel numero dei tuoi fratelli. Ma tuttavia neppure per questo si deve trascurare la sua salvezza. In effetti gli stessi etnici, vale a dire i gentili e i pagani noi non li annoveriamo tra i fratelli, e tuttavia cerchiamo sempre la loro salvezza. Questo dunque abbiamo ascoltato dal Signore che ci ammonisce, anzi ci comanda questo dovere con tanta cura, che subito soggiunge: Vi assicuro che tutto ciò che legherete sulla terra, sarà legato anche in cielo e tutto ciò che scioglierete sulla terra, sarà sciolto anche in cielo 15. Se consideri un tuo fratello come un pubblicano, lo leghi sulla terra; bada però di legarlo con giustizia. Poiché la giustizia spezza i legami ingiusti. Quando però lo avrai corretto e avrai fatto pace con tuo fratello, lo avrai sciolto sulla terra. Quando lo avrai sciolto sulla terra, sarà sciolto anche in cielo. Farai così un gran favore non a te, ma a lui, poiché quello aveva fatto un gran male non a te ma a se stesso.
Accordo del Vangelo con Salomone e dei due Testamenti.
5. 8. Stando così le cose, che significa ciò che dice Salomone e che oggi abbiamo udito all'inizio: Chi chiude un occhio con inganno, causa dolore alle persone; chi invece rimprovera a viso aperto, procura la pace 16? Se dunque chi rimprovera apertamente, procura la pace, in che modo rimproveralo a tu per tu da solo? Bisogna guardarsi dal pensare che i precetti di Dio siano contrari tra loro. Dobbiamo invece credere ch'essi vanno perfettamente d'accordo tra loro; non dobbiamo pensare, come fanno stupidamente certuni, i quali immaginano erroneamente che ci sia opposizione tra i libri dei due Testamenti, l'Antico e il Nuovo; non dobbiamo quindi credere che ci sia contraddizione tra queste due affermazioni per il fatto che l'una si trova nel libro di Salomone e l'altra nel Vangelo. Orbene, supponiamo che un ignorante e calunniatore delle Sacre Scritture venga a dirci: "Ecco qui una contraddizione tra i due Testamenti; il Signore dice: Rimproveralo a tu per tu da solo, Salomone invece dice: Chi rimprovera apertamente, procura la pace". Il Signore dunque non sapeva che cosa ha ordinato? Salomone vuole abbattere la faccia tosta del peccatore, Cristo invece risparmia l'umiliazione di chi si vergogna. Nei Proverbi infatti sta scritto: Chi rimprovera apertamente, procura la pace; nel Vangelo invece: Rimproverato a tu per tu da solo, non pubblicamente ma in disparte e di nascosto. Vuoi sapere, tu che rifletti su queste cose, che i due Testamenti non sono in contraddizione tra loro, per il fatto che il primo testo si trova nel libro di Salomone e il secondo nel Vangelo? Ascolta l'Apostolo. L'Apostolo è certamente un ministro del Nuovo Testamento 17; ascolta dunque l'Apostolo che dà a Timoteo quest'ordine dicendo: Coloro che commettono qualche colpa rimproverati pubblicamente in modo che anche gli altri ne abbiano timore 18. Sembra dunque che in contraddizione col Vangelo sia non già il libro di Salomone, ma il testo d'una lettera dell'apostolo Paolo. Senza volergli far torto mettiamo un momento da parte Salomone e ascoltiamo Cristo Signore e il suo servo Paolo. Che cosa dici, Signore? Se un tuo fratello avrà peccato contro di te, rimproveralo a tu per tu, da solo. Che cosa invece dici tu, o Apostolo? Coloro che commettono qualche colpa rimproverali pubblicamente, di modo che anche gli altri abbiano timore. Che faremo? Ascolteremo forse questo dibattito come giudici? Dio ne guardi! Al contrario, sottomettiamoci piuttosto al Giudice, bussiamo alla porta, per ottenere che ci venga aperta; rifugiamoci sotto le ali del Signore nostro Dio. Poiché egli non ha detto una massima contraria a quella del suo Apostolo, dal momento ch'era egli stesso a parlare per mezzo di lui, come dice egli stesso: Volete forse avere una prova che Cristo parla in me? 19. Cristo parla nel Vangelo, come parla nell'Apostolo. È stato dunque Cristo a fare le due affermazioni: una con la propria bocca, l'altra per bocca del proprio banditore. Poiché, quando il banditore dice qualcosa da parte del tribunale, negli Atti ufficiali non si scrive: "Il banditore ha detto", ma si scrive che lo ha detto quel magistrato che ha ordinato al banditore ciò che doveva dire.
Talora il rimprovero dev'essere segreto, talora pubblico.
6. 9. Ascoltiamo dunque, fratelli, quei due precetti in modo da intenderli e disponiamoci serenamente nei confronti di ambedue. Cerchiamo d'andare d'accordo con il nostro cuore, e la Sacra Scrittura non sarà discorde in alcuna parte. È assolutamente vero l'uno e l'altro; ma dobbiamo distinguere: alle volte bisogna osservare il primo, alle volte il secondo precetto; alle volte si deve rimproverare un fratello a tu per tu soltanto, altre volte bisogna rimproverarlo alla presenza di tutti in modo che gli altri abbiano paura. Se adempiremo ora questo precetto ora quello, ci atterremo alla concordia delle Scritture e nell'agire e nell'ubbidire non sbaglieremo. Ma qualcuno mi dirà: "Quando osserverò l'uno, quando l'altro? Non vorrei rischiare di rimproverarlo a tu per tu, quando dovrei rimproverarlo alla presenza di tutti, oppure potrei rimproverarlo davanti a tutti, quando dovrei rimproverarlo in disparte".
Quando il rimprovero dev'essere segreto, quando pubblico.
7. 10. Facilmente la Carità vostra vedrà che cosa dobbiamo fare una volta e che cosa un'altra; cerchiamo di non essere pigri nel farlo. Fate attenzione e osservate: Se - è detto - un tuo fratello avrà peccato contro di te, rimproveralo da solo a solo 20. Perché? Perché ha peccato contro di te. Che significa: Ha peccato contro di te? Lo sai tu solo che ti ha fatto del male. Poiché è stata un'azione segreta quando ti ha fatto del male, cerca un luogo appartato quando correggi il male che ti ha fatto. Se infatti sei tu solo a sapere che ti ha fatto del male e vuoi rimproverarlo davanti a tutti, non sarai uno che vuole correggerlo ma rivelarlo agli altri. Considera come Giuseppe, uomo virtuoso, perdonò con tanta bontà la colpa tanto infamante - che aveva sospettato nella moglie - prima di sapere in che modo essa aveva concepito, poiché s'era accorto della sua gravidanza e sapeva di non aver avuto rapporti intimi con lei. Restava pertanto il fondato sospetto d'adulterio; e tuttavia, poiché era stato lui solo ad accorgersene e a saperlo, che cosa dice di lui il Vangelo? Ma Giuseppe, poiché era giusto, non voleva denunciarla di fronte a tutti 21. Il dolore del marito non cercò il castigo; volle giovare a colei che sospettava colpevole, non punirla. Non volendo denunciarla di fronte a tutti - dice il Vangelo - decise di rimandarla a casa sua senza farlo sapere a nessuno. Stava ancora pensando a ciò, quand'ecco che un angelo del Signore gli apparve in sogno 22, e gl'indicò di che si trattava, che cioè la sposa non aveva violato il talamo del marito, poiché aveva concepito il Signore di ambedue per opera dello Spirito Santo. Se dunque ha peccato contro di te un fratello e lo sai tu solo, allora ha peccato davvero solo contro di te. Se invece uno ti offende mentre ci sono molti a sentire, pecca anche contro di loro, poiché li rende testimoni della propria iniquità. Orbene, fratelli carissimi, io affermo una verità che potete riconoscere anche voi nei vostri stessi confronti. Quando uno offende un mio fratello mentre io ascolto, non penserò mai che quell'offesa non riguardi anche me stesso. L'offesa la fa proprio a me, anzi anche maggiormente, credendo che mi piaccia ciò ch'egli fa. Si devono dunque rimproverare davanti a tutti i falli che si commettono alla presenza di tutti, mentre si devono rimproverare in segreto i falli commessi in segreto. Distinguete le circostanze e nella Scrittura non vi saranno contraddizioni.
Maniera di. rimproverare e perché si fa in segreto.
8. 11. Cerchiamo di agire, anzi si deve agire così, non solo quando si pecca contro di noi ma anche quando uno pecca senza che altri lo sappia. Dobbiamo rimproverare in segreto e in segreto biasimare, per evitare che volendo rimproverare in pubblico, sveliamo la persona. Noi desideriamo solo rimproverare e correggere: che fare, se un nemico cerca di sentire il peccato per punire la persona? Un vescovo per esempio conosce un non so quale omicida ma non lo conosce nessun altro. Io voglio rimproverarlo dinnanzi a tutti, ma tu cerchi di formulare un'accusa al tribunale contro di lui. Io non svelo il suo peccato, ma neppure rimango indifferente; io lo rimprovero in segreto: pongo davanti ai suoi occhi il giudizio di Dio, metto paura a una coscienza ferita, la spingo al pentimento. Dobbiamo essere dotati di questa carità. Ecco perché talvolta ci si rimprovera che diamo l'impressione di non rimproverare o si pensa che noi sappiamo ciò che invece non sappiamo o che ci rifiutiamo di dire ciò che sappiamo. Ma forse so anch'io ciò che sai tu, eppure non rimprovero alla tua presenza perché desidero curare, non accusare. Ci sono degli adulteri nelle loro case che peccano di nascosto; alle volte ci vengono denunciati dalle loro mogli per lo più gelose, talora invece desiderose della salvezza dei mariti, ma noi non li palesiamo, ma li rimproveriamo in segreto. Cerchiamo d'eliminare il male dove si è compiuto. Noi tuttavia non ci disinteressiamo di curare una tale ferita, mostrando anzitutto a chi si trova in un tale peccato ed ha la coscienza ferita, che quel peccato è mortale. Talora coloro che lo commettono, lo disprezzano mossi da non so quale perversità e cercano di procurarsi, non so come, testimonianze prive d'autorità e vane affermando che Dio non si cura dei peccati della carne. Non si trova forse nella Scrittura il passo che abbiamo sentito oggi: Dio condannerà i fornicatori e gli adulteri 23? Ecco, rifletti bene, tu che hai una malattia di tal genere. Ascolta ciò che dice Dio, non ciò che ti dice il tuo animo favorevole ai tuoi peccati oppure il tuo amico, o meglio il nemico tuo e di se stesso, legato con te alla medesima catena di peccato. Ascolta dunque ciò che dice l'Apostolo: Il matrimonio sia rispettato da tutti e gli sposi mantengano il talamo incontaminato; Dio infatti punirà i fornicatori e gli adulteri 24.
Necessità di una pronta conversione.
9. 12. Orsù, fratello, correggi la tua condotta. Hai paura d'essere accusato in giudizio dal tuo nemico e non hai paura d'essere giudicato da Dio? Dov'è la fede? Devi aver paura adesso quando è possibile averla. Il giorno del giudizio è lontano, è vero, ma l'ultimo giorno di ciascun uomo non può essere lontano, poiché la vita è breve. E poiché la stessa brevità è sempre incerta, non sai quando sarà il tuo ultimo giorno. Correggiti oggi a causa dell'incertezza del domani. Ti giovi il rimprovero che ti faccio anche adesso in segreto. Io infatti parlo in pubblico, ma rimprovero in segreto. Faccio arrivare il suono delle mie parole alle orecchie di tutti, ma voglio incontrarmi solo con la coscienza di alcuni. Se io dicessi: "Tu, adultero, correggiti", anzitutto direi forse ciò che non saprei, forse sospetterei ciò che avevo udito a caso. Non dico: "Tu, adultero, devi correggerti", ma: "Chiunque tu sia che ti trovi adultero tra questi fedeli, devi correggerti". Pubblica è la riprensione, ma segreta è la correzione. So che colui che avrà temuto si correggerà.
Non bisogna far poco conto dei peccati carnali.
10. 13. Nessuno dica in cuor suo: "Dio non si cura dei peccati carnali". Non sapete - dice l'Apostolo - che siete tempio di Dio e lo Spirito di Dio abita in voi? Se qualcuno violerà il tempio di Dio, Dio lo farà perire 25. Nessuno s'inganni. Ma forse qualcuno dirà: "Tempio di Dio è l'anima mia, non il mio corpo", e citerà anche il passo della Scrittura: Ogni carne è come erba e ogni sua gloria come fiore d'erba 26. Interpretazione infelice, pensiero degno di punizione! La carne è chiamata erba perché muore; ma ciò che muore per un certo tempo, non risorga col peccato. Vuoi conoscere una massima evidente anche a tale proposito? Non sapete - dice lo stesso Apostolo - che i vostri corpi sono tempio dello Spirito Santo ch'è in voi e che vi è stato dato da Dio? 27. (Cercate dunque di non disprezzare i peccati del corpo; poiché anche i vostri corpi sono tempio detto Spirito Santo ch'è in voi e che vi è stato dato da Dio). Tu non facevi alcun conto del peccato commesso contro il tuo corpo, e non fai alcun conto che commetti un peccato contro il tempio di Dio? Il tuo stesso corpo è il tempio dello Spirito Santo ch'è in te. Bada quindi come devi comportarti riguardo al tempio di Dio. Se tu decidessi di commettere un adulterio in chiesa tra queste pareti, chi sarebbe più scellerato di te? Ma ora sei tu stesso il tempio di Dio. Tu entri come tempio ed esci come tempio, rimani sempre il tempio di Dio sia quando rimani in casa tua, sia quando ne esci. Sta' attento alle azioni che compi, bada a non offendere l'abitatore del tempio, affinché non ti abbandoni e tu non precipiti nella rovina. Non sapete - dice l'Apostolo - che i vostri corpi (così parlava l'Apostolo a proposito della fornicazione, perché i fedeli non facessero poco conto dei peccati commessi col corpo) sono tempio detto Spirito Santo, che vi è stato dato da Dio, e voi non appartenete più a voi? Poiché siete stati riscattati a caro prezzo 28. Se tu non hai rispetto del tuo corpo, considera almeno il prezzo che costi.
Non differire la correzione.
11. 14. Io so, e lo sa chiunque vi rifletterà un po' più attentamente, che non c'è alcuno, timorato di Dio, il quale non si corregga per effetto delle sue parole, almeno che non pensi di vivere più a lungo. Questo è il motivo che porta in rovina molti, i quali, mentre dicono: "domani, domani", trovano all'improvviso la porta chiusa. Si rimane fuori con il gracchio del corvo poiché non si è avuto il gemito della colomba. Infatti cras, cras ("domani, domani") è il gracchio del corvo. Manda gemiti come un colombo e battiti il petto; ma col darti percosse contro il petto, dopo esserti battuto devi trovarti corretto, per non dare l'impressione di non battere la coscienza ma di battere con i pugni la cattiva coscienza per ridurla allo stesso livello, per renderla più solida, non già più diritta. Non emettere gemiti di vuota apparenza. Forse tu dirai a te stesso: "Dio mi ha promesso il perdono, quando mi sarò corretto; sono sicuro; leggo nella Sacra Scrittura: Il giorno che il malvagio si ritrarrà da tutte le sue iniquità e praticherà la giustizia, io dimenticherò tutte le sue iniquità 29. Sono sicuro: quando mi sarò corretto, Dio mi perdonerà tutti i miei peccati". E io che dovrò dire? Dovrò forse protestare contro Dio? Dovrò dire a Dio: "Non dargli il perdono"? Potrò dire che ciò non si trova nella Scrittura, che Dio non l'ha promesso? Se dirò così, dirò solo delle bugie. Tu dici bene, dici la verità; Dio ti ha promesso il perdono se ti correggerai, non lo posso negare; ma dimmi, per favore: ecco, io sono d'accordo, lo ammetto, so che Dio ti ha promesso il perdono, ma chi ti ha promesso il giorno di domani? Là dove tu mi leggi che riceverai il perdono, se ti sarai corretto, leggimi pure quanto tempo vivrai. "Non ce lo leggo", mi rispondi. Non sai quanto sei destinato a vivere. Sii corretto e sempre pronto. Non aver paura dell'ultimo giorno; esso arriverà come un ladro che ti sfonda la parete mentre dormi; ma sii vigilante e correggiti oggi. Perché rimandi a domani? La vita sarà lunga? Se sarà lunga, sia buona! Nessuno rimanda un pranzo squisito e lungo, e tu vorrai avere cattiva una vita lunga? Naturalmente se dovrà essere lunga, sarà meglio che sia buona; se invece dovrà essere breve, è bene per te prolungarla col renderla buona. Ma l'indifferenza degli uomini per la propria vita arriva al punto di non voler cattiva se non la vita stessa. Se compri una casa di campagna, la cerchi buona; se vuoi prender moglie, la scegli buona; se vuoi che ti nascano dei figli, li desideri buoni; se prendi in appalto scarpe per i soldati, non le vuoi scadenti; ma poi ami una vita cattiva! In che cosa ti ha offeso la tua vita che solamente vuoi cattiva, perché tu solo sia cattivo tra tutti i tuoi beni?.
Il pastore deve denunciare il male e portare il peso del suo ministero.
12. 15. Se dunque, fratelli, io volessi riprendere a parte qualcuno di voi, forse mi ascolterebbe; ma quando io rimprovero in pubblico un gran numero di voi, tutti mi applaudono; ci fosse almeno qualcuno che mi ascoltasse! A me non piace chi mi loda a parole ma nel cuore non mi stima. Ebbene, quando mi lodi e non ti correggi, rendi una testimonianza contro di te. Se sei cattivo e ciò che ti dico ti piace, devi provare dispiacere di te, poiché se ti dispiacerà d'esser cattivo, una volta che ti sarai corretto ti compiacerai di te, come ho detto l'altro ieri, se non sbaglio. Con le mie parole ti metto davanti una specie di specchio. Queste parole però non sono neppure mie, ma parlo per ordine del Signore e non taccio, poiché egli m'incute paura. Chi infatti non preferirebbe tacere e non render conto di voi? Ma ormai ci siamo addossati questo onere e non possiamo né dobbiamo scrollarlo dalle nostre spalle. Avete sentito, fratelli miei, mentre veniva letta la Lettera agli Ebrei: Ubbidite ai vostri capi e siate loro sottomessi, perché essi vegliano per le vostre anime come persone che dovranno renderne conto a Dio. Fate in modo che compiano questo loro dovere con gioia e non malvolentieri, perché sarebbe per voi svantaggioso 30. Quando è che compiamo questo dovere con gioia? Quando vediamo gli uomini progredire secondo le parole di Dio. Quando è che lavora con gioia nel campo l'operaio? Quando vede un albero carico di frutti, quando considera la messe e prevede sull'aia abbondanti granaglie; non senza un motivo s'è affaticato, ha curvato il dorso, s'è consumato le mani, ha patito freddo e calura. Ecco che cosa significa: Adempiano il loro dovere con gioia e non malvolentieri, poiché sarebbe per voi svantaggioso. Dice forse: "Non gioverebbe loro"? No; ma dice: Sarebbe per voi svantaggioso. Poiché quando i capi si rattristano per i mali vostri, è di giovamento ad essi; il malcontento stesso giova ad essi ma non giova a voi. Noi invece non desideriamo che a noi giovi nulla che non sia di vostro vantaggio. Cerchiamo dunque, fratelli, di compiere insieme il bene nel campo del Signore, affinché godiamo insieme anche del premio.
1 - Cf. Mt 7, 3-5.
2 - Sal 6, 8.
3 - 1 Gv 3, 15.
4 - 1 Gv 3, 15.
5 - 1 Gv 2, 9.
6 - Mt 18, 15.
7 - 1 Cor 8, 12.
8 - Mt 5, 22.
9 - Mt 5, 23.
10 - Mt 5, 24.
11 - Lc 14, 11.
12 - Mt 18, 15.
13 - Mt 18, 16.
14 - Mt 18, 17.
15 - Mt 18, 18.
16 - Prv 10, 10 (sec. LXX).
17 - Cf. 2 Cor 3, 6.
18 - 1 Tm 5, 20.
19 - 2 Cor 13, 3.
20 - Mt 18, 15.
21 - Mt 18, 19.
22 - Mt 1, 20.
23 - Eb 13, 4.
24 - Eb 13, 4.
25 - 1 Cor 3, 16-17.
26 - 1 Pt 1, 24; Is 40, 6 s.
27 - 1 Cor 6, 19.
28 - 1 Cor 6, 19-20.
29 - Ez 18, 21-22.
30 - Eb 13, 17.
21 - Si narra come san Giovanni, avendo ricevuto grandi favori da Maria beatissima, per ispirazione dello Spirito Santo inizia la sua predicazione.
La mistica Città di Dio - Libro quinto - Suor Maria d'Agreda
Leggilo nella Biblioteca942. Nella seconda parte cominciai a raccontare alcuni favori che Maria beatissima, durante il periodo trascorso in Egitto e anche successivamente, fece alla cugina Elisabetta e a Giovanni, specialmente quando Erode prese la decisione di assassinare i bambini innocenti; dissi anche che il futuro precursore di Cristo, morta sua madre, rimase nel deserto, senza uscirne sino al momento stabilito dalla somma sapienza, ed ivi condusse una vita più angelica che terrena. Conversava con i ministri celesti e con il Signore e poiché questa era la sua consueta occupazione, praticando l'amore e l'esercizio delle virtù eroiche fin dal grembo materno, giammai cadde nel pericolo dell'ozio né la grazia fu mai in lui sterile o inoperosa, né le sue azioni furono mai prive della pienezza di eccellenza che egli col massimo sforzo poté dare ad esse. E tantomeno furono un ostacolo i sensi, sempre lontani dalle cose mondane che sogliono essere le finestre attraverso le quali la morte penetra nell'anima, nascosta sotto le immagini della bellezza fallace delle creature. Fu fortunato perché in lui l'illuminazione della luce divina precedette quella del sole materiale: con la prima egli pose in oblio ciò che la seconda gli rappresentava, e la sua vista interiore rimase immobile e fissa sull'oggetto nobilissimo dell'essenza del Padre e della sua infinita perfezione.
943. Le straordinarie elargizioni che furono concesse da Dio al felicissimo anacoreta nel silenzio e nel ritiro sorpassano di gran lunga ogni umano pensiero: la sua santità e i suoi grandissimi meriti si conosceranno dal premio che ottenne solo quando godremo della vista dell'Eterno e non prima. In questa Storia non devo distrarmi, giacché non è mio compito riferire ciò che mi è stato rivelato sulla sua vita, sulle sue doti e prerogative, avendolo già fatto i beati dottori e altri autori. Mi limito solo a comunicare quello che reputo necessario riguardo alla Regina, per mano ed intercessione della quale egli ricevette immensi benefici. Fintanto che il fanciullo non ebbe raggiunto i sette anni, per molti giorni gli fece arrivare il nutrimento attraverso gli esseri superni; da questa età in poi gli mandò solo il pane e, compiuti i nove anni, cessò tale privilegio: ella infatti capì che era volontà dell'Altissimo, nonché desiderio dello stesso Giovanni, che mangiasse solo radici, miele selvatico e locuste. Questo fu il pasto con cui si sostentò fino al tempo della predicazione. Gli mancò, è vero, il dono del cibo da parte della Vergine, ma ella continuò una volta alla settimana ad inviargli i suoi custodi affinché lo consolassero e lo mettessero al corrente delle arcane opere di sua Maestà.
944. Tale favore tra gli altri fini gli fu necessario per sopportare il peso della solitudine, non perché l'orrore di essa e la sua penitenza gli procurassero noia, dato che era sufficiente il suo ammirevole comportamento, ma affinché il ferventissimo amore verso Gesù e sua Madre non facesse risultare tanto molesta la lontananza e la privazione della loro conversazione e vista, da lui bramate come uomo santo e riconoscente. Non vi è dubbio che gli sarebbe stato di maggiore mortificazione e dolore reprimere questo anelito che soffrire le inclemenze del tempo, i digiuni, le penitenze, l'asperità delle montagne, se la cugina, attenta e sollecita, non avesse compensato tale rinuncia facendogli pervenire gli angeli a dargli notizia del suo amato. Egli li interrogava sul Salvatore e la Signora con la nostalgia della sposa; per mezzo di essi inviava ad entrambi gli intimi sospiri del cuore ferito dal loro affetto e dal loro distacco, e chiedeva alla Principessa che in suo nome supplicasse il Figlio di impartirgli la benedizione, lo adorasse e gli rendesse umile venerazione: egli stesso faceva ciò in spirito e verità dalla solitudine in cui si trovava e la stessa cosa domandava agli ambasciatori celesti che lo visitavano e agli altri che lo assistevano. Con queste ordinarie occupazioni arrivò all'età perfetta di trent'anni mentre l'Onnipotente lo preparava al ministero per il quale era stato scelto.
945. Nell'anno decimoquinto dell'impero di Tiberio Cesare (...), sotto i sommi sacerdoti Anna e Caifa, la parola di Dio scese su Giovanni, figlio di Zaccaria, nel deserto. Ed egli percorse tutta la regione del Giordano, predicando un battesimo di conversione per il perdono dei peccati. Era giunto il tempo favorevole stabilito dall'eterna sapienza perché si udisse la voce del Verbo incarnato, Giovanni, gridare nel deserto al fine di disporre tutti ad accogliere il Messia promesso ed atteso da tanti secoli, e di indicarlo affinché tutti potessero conoscerlo. Questo comando fu da lui sentito e compreso durante un'estasi in cui, per speciale virtù e potere superno, fu illuminato e riempito di nuovi doni di luce, grazia e scienza dello Spirito. In tale esperienza penetrò più profondamente i misteri della redenzione ed ebbe una visione astrattiva del Signore così mirabile che tutto il suo essere fu completamente trasformato e rinnovato, e in essa gli fu ordinato di preparare le vie all'annuncio della buona novella di Cristo, e inoltre di esercitare il ministero di precursore: di tutto fu istruito e per tutto gli furono dati abbondantissimi aiuti.
946. Il Battista lasciò il luogo del suo ritiro vestito di alcune pelli di cammello, con una cintura anch'essa di pelle, scalzo, a piedi nudi sulla terra, con il volto macilento ed estenuato, l'aspetto serissimo e meraviglioso, con incomparabile modestia e severa umiltà, con animo grande ed invincibile e infiammato di carità verso l'Altissimo e verso il prossimo. Le sue parole erano vive, gravi e brucianti come scintille di un raggio scagliato dal braccio del supremo sovrano e dal suo essere divino ed immutabile. Egli si mostrava affabile con i mansueti, amabile con gli umili, terribile con i superbi, spettacolo eccezionale per gli angeli e per gli uomini, spaventoso per i peccatori, orribile per i demoni; in breve, proprio il tipo di predicatore che conveniva che fosse in quanto strumento di sua Maestà, e nella misura che si richiedeva per quel popolo ebreo, duro, ingrato e testardo, che aveva governatori idolatri, sacerdoti avari e orgogliosi, ed era senza luce, senza profeti, senza pietà, senza timor di Dio, dopo tanti castighi e tante calamità a cui le sue colpe lo avevano condotto, affinché in così miserabile stato gli si aprissero gli occhi ed il cuore per conoscere e ricevere il suo Salvatore.
947. L 'anacoreta aveva costruito molti anni prima una croce, che teneva al suo capezzale e sulla quale praticava alcuni esercizi di penitenza ed elevava suppliche steso in forma di crocifisso. Non volendo abbandonare tale tesoro nel deserto, prima di andarsene la inviò alla Vergine per mano dei ministri celesti che in suo nome lo visitavano. Li implorò poi di dirle che la stessa era stata la compagnia più gradevole e di maggior conforto che avesse avuto nella sua vita, e che gliela consegnava come gioiello prezioso per ciò che su di essa si sarebbe dovuto compiere; egli l'aveva fatta proprio per questo ed anche perché gli era stato riferito che l'Unigenito pregava molte volte su un'altra croce, che conservava a questo scopo. Gli artefici erano stati i custodi, che per sua richiesta l'avevano forgiata da un albero di quel posto, poiché egli non aveva forze e strumenti per farla, né essi ne avevano bisogno per il potere conferito loro sulle cose corporali. I messaggeri tornarono da lei con questa ambasciata e con questo dono; ella lo accettò con dolcissimo dolore e con amara dolcezza, meditando nel suo intimo i misteri che presto si sarebbero dovuti realizzare su quel durissimo legno. Rivolgendosi teneramente ad esso lo collocò nel suo oratorio, dove lo custodì per sempre insieme a quello di suo Figlio. In seguito lasciò in eredità inestimabile questo ed altri pegni agli apostoli, che li portarono nelle province in cui proclamarono il Vangelo.
948. Riguardo a tale evento arcano mi venne un dubbio che io proposi alla Regina della sapienza, dicendole: «Mia Signora, santissima fra i santi ed eletta fra tutte le creature per madre del medesimo Dio, in ciò che lascio scritto mi si presenta una difficoltà, come a donna ignorante e rozza. Se mi date licenza, la proporrò a voi che siete maestra della prudenza e per vostra benignità avete voluto esercitare nei miei confronti l'ufficio e il magistero di illuminare le mie tenebre e regalarmi parole di salvezza e di vita eterna. Il mio dubbio nasce dall'aver inteso che non solo il precursore ma anche voi tenevate in venerazione la croce prima che Cristo vi morisse, mentre ho sempre pensato che sino ad allora servisse come patibolo per castigare i delinquenti, e per questo motivo fosse ritenuta scandalosa e vile. La Chiesa poi ci insegna che tutto il valore e la dignità le derivò dal contatto che con essa ebbe il nostro Salvatore e dal mistero della redenzione umana che vi si operò».
Risposta della Regina del cielo
949. Carissima, volentieri soddisferò il tuo desiderio e ti risponderò. È giusto quello che proponi, cioè che la croce era ignominiosa - prima che Gesù la santificasse con la sua passione e che per questo le si deve ora l'onore che le viene dato. Se qualcuno, non essendo al corrente delle ragioni che avevamo io e san Giovanni, avesse preteso di dar culto ad essa prima della redenzione umana, avrebbe commesso errore e idolatria, perché avrebbe adorato ciò che non meritava vera adorazione; noi due però avevamo diversi motivi per farlo: anzitutto, perché possedevamo la certezza infallibile di quello che vi avrebbe dovuto compiere sua Maestà; inoltre perché egli, prima di arrivare a tale momento, aveva cominciato a consacrare quel segno col suo contatto, mettendosi a pregare su di esso e offrendosi alla morte volontariamente. II Padre aveva accettato tutto questo con immutabile disposizione e approvazione. Quando io e il Battista ci accostavamo alla croce tenevamo presente tale verità e non la veneravamo per se stessa, né per il materiale, perché non le era dovuto culto di latria finché la redenzione non fosse stata portata a compimento; tuttavia ne valutavamo e rispettavamo la rappresentazione formale: il Verbo incarnato era il termine a cui mirava e per il quale aveva senso l'ossequio tributatole.
950. In considerazione di questo pondera ora il tuo obbligo e quello di tutti gli uomini di tenerla in grande stima. Infatti, se prima che il nostro Salvatore morisse su di essa io e il suo precursore lo imitammo nell'amore e negli esercizi che vi eseguivamo, che cosa dovrebbero fare i credenti ora che nella luce della fede lo vedono già crocifisso e hanno la sua immagine davanti agli occhi? Voglio perciò che tu ti stringa al duro legno con incomparabile riverenza, che te lo applichi come gioiello preziosissimo e che ti abitui talmente a quanto compi su di esso, che mai di tua volontà smetta o te ne dimentichi, se l'obbedienza non te lo impedisce. Quando ti accingerai a fare azioni tanto venerabili, ciò avvenga con profonda devozione e meditazione del martirio dell'amato del tuo cuore. Procura d'introdurre la stessa consuetudine fra le tue religiose consigliandola loro, perché nessun'altra è più legittima tra le spose di Cristo; questo gli sarà di sommo compiacimento, ove sia fatto con pietà. Similmente voglio che tu, ad emulazione di Giovanni, prepari il tuo intimo per ciò che lo Spirito vorrà operare in te a sua gloria e a beneficio altrui. Inoltre, per quanto dipende da te, ama la solitudine e ritira le tue facoltà dalla confusione. Nelle cose poi in cui il Signore ti obbligherà a trattare con gli altri, cerca il tuo proprio merito e l'edificazione del prossimo, in modo che nelle tue conversazioni risplendano lo zelo e lo spirito che sono dentro di te. Le eminentissime virtù che hai conosciuto ti servano da stimolo e modello: impegnati, come un'ape diligente, a fabbricare il favo dolcissimo della perfezione e purezza, che brama in te il nostro Maestro. Sappi distinguere tra l'ufficio di questo piccolo volatile e quello del ragno, poiché il primo converte il suo alimento in soavità e utilità e l'altro in veleno. Raccogli dai fiori e dalla santità dei beati, nel giardino della Chiesa, quanto con le tue deboli forze, aiutate dalla grazia, potrai imitare: sollecita e laboriosa, fa' in modo che risulti a favore dei vivi e dei defunti, e fuggi dal veleno della colpa, dannosa per tutti.
7 aprile 1944
Madre Pierina Micheli
Questa notte meditando le parole dette dal Padre alla Comunione del Giovedì Santo - estremo di potenza, estremo di amore... vidi Gesù nell'atto di istituire la Santa Eucarestia e mi perdetti nell'amore. Poi Gesù mi partecipò la Sua pena e mi disse: - QUANTE COMUNIONI SACRILEGHE, MA PIÙ QUANTE COMUNIONI SENZA AMORE, E PERCIÒ SENZA FRUTTO, e lo ripeté tre volte.
O Gesù diss'io, io desidero amarti e piacerti, ma non posso, eppure vorrei amarti tanto. QUESTO MI BASTA -, mi rispose e mi lasciò in cuore il paradiso.