Sotto il Tuo Manto

Giovedi, 5 giugno 2025 - San Bonifacio (Letture di oggi)

Sono in sanatorio. Oggi fui presa da dolori di tanta violenza, che mi dovetti immediatamente coricare. Per tre ore, non feci altro che contorcermi. Rigettavo qualunque cosa avessi preso. In qualche momento, gli spasimi mi tolsero perfino la coscienza. I medici non furono in grado di diagnosticare quel fenomeno. Né iniezioni, né medicine mi portavano il minimo sollievo e io stessa non riuscivo a capire la natura delle mie sofferenze. Dissi al medico che non avevo mai provato in vita mia dolori simili; egli dichiarò di ignorare la loro provenienza. Di che cosa si tratti lo capii soltanto dopo che il Signore stesso mi spiegò che mi mandava quelle sofferenze, affinché facessi una riparazione a Dio per i bambini uccisi nel grembo delle loro madri. Quando penso che dovrò forse soffrire ancora quei dolori, rabbrividisco. Ma accetterò qualunque cosa piacerà  a Dio di mandarmi, purché, con tali sofferenze, possa impedire che almeno una di quelle innocenti creature venga assassinata. (Santa Faustina Kowalska)

Liturgia delle Ore - Letture

Mercoledi della 4° settimana del tempo ordinario (Sant'Agata)

Questa sezione contiene delle letture scelte a caso, provenienti dalle varie sezioni del sito (Sacra Bibbia e la sezione Biblioteca Cristiana), mentre l'ultimo tab Apparizioni, contiene messaggi di apparizioni a mistici o loro scritti. Sono presenti testi della Valtorta, Luisa Piccarreta, don Stefano Gobbi e testimonianze di apparizioni mariane riconosciute.

Vangelo secondo Giovanni 13

1Prima della festa di Pasqua Gesù, sapendo che era giunta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, dopo aver amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine.2Mentre cenavano, quando già il diavolo aveva messo in cuore a Giuda Iscariota, figlio di Simone, di tradirlo,3Gesù sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani e che era venuto da Dio e a Dio ritornava,4si alzò da tavola, depose le vesti e, preso un asciugatoio, se lo cinse attorno alla vita.5Poi versò dell'acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l'asciugatoio di cui si era cinto.6Venne dunque da Simon Pietro e questi gli disse: "Signore, tu lavi i piedi a me?".7Rispose Gesù: "Quello che io faccio, tu ora non lo capisci, ma lo capirai dopo".8Gli disse Simon Pietro: "Non mi laverai mai i piedi!". Gli rispose Gesù: "Se non ti laverò, non avrai parte con me".9Gli disse Simon Pietro: "Signore, non solo i piedi, ma anche le mani e il capo!".10Soggiunse Gesù: "Chi ha fatto il bagno, non ha bisogno di lavarsi se non i piedi ed è tutto mondo; e voi siete mondi, ma non tutti".11Sapeva infatti chi lo tradiva; per questo disse: "Non tutti siete mondi".
12Quando dunque ebbe lavato loro i piedi e riprese le vesti, sedette di nuovo e disse loro: "Sapete ciò che vi ho fatto?13Voi mi chiamate Maestro e Signore e dite bene, perché lo sono.14Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i vostri piedi, anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri.15Vi ho dato infatti l'esempio, perché come ho fatto io, facciate anche voi.16In verità, in verità vi dico: un servo non è più grande del suo padrone, né un apostolo è più grande di chi lo ha mandato.17Sapendo queste cose, sarete beati se le metterete in pratica.18Non parlo di tutti voi; io conosco quelli che ho scelto; ma si deve adempiere la Scrittura: 'Colui che mangia il pane con me, ha levato contro di me il suo calcagno'.19Ve lo dico fin d'ora, prima che accada, perché, quando sarà avvenuto, crediate che Io Sono.20In verità, in verità vi dico: Chi accoglie colui che io manderò, accoglie me; chi accoglie me, accoglie colui che mi ha mandato".
21Dette queste cose, Gesù si commosse profondamente e dichiarò: "In verità, in verità vi dico: uno di voi mi tradirà".22I discepoli si guardarono gli uni gli altri, non sapendo di chi parlasse.23Ora uno dei discepoli, quello che Gesù amava, si trovava a tavola al fianco di Gesù.24Simon Pietro gli fece un cenno e gli disse: "Di', chi è colui a cui si riferisce?".25Ed egli reclinandosi così sul petto di Gesù, gli disse: "Signore, chi è?".26Rispose allora Gesù: "È colui per il quale intingerò un boccone e glielo darò". E intinto il boccone, lo prese e lo diede a Giuda Iscariota, figlio di Simone.27E allora, dopo quel boccone, satana entrò in lui. Gesù quindi gli disse: "Quello che devi fare fallo al più presto".28Nessuno dei commensali capì perché gli aveva detto questo;29alcuni infatti pensavano che, tenendo Giuda la cassa, Gesù gli avesse detto: "Compra quello che ci occorre per la festa", oppure che dovesse dare qualche cosa ai poveri.30Preso il boccone, egli subito uscì. Ed era notte.

31Quand'egli fu uscito, Gesù disse: "Ora il Figlio dell'uomo è stato glorificato, e anche Dio è stato glorificato in lui.32Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito.33Figlioli, ancora per poco sono con voi; voi mi cercherete, ma come ho già detto ai Giudei, lo dico ora anche a voi: dove vado io voi non potete venire.34Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri.35Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri".
36Simon Pietro gli dice: "Signore, dove vai?". Gli rispose Gesù: "Dove io vado per ora tu non puoi seguirmi; mi seguirai più tardi".37Pietro disse: "Signore, perché non posso seguirti ora? Darò la mia vita per te!".38Rispose Gesù: "Darai la tua vita per me? In verità, in verità ti dico: non canterà il gallo, prima che tu non m'abbia rinnegato tre volte".


Levitico 23

1Il Signore disse ancora a Mosè:2"Parla agli Israeliti e riferisci loro: Ecco le solennità del Signore, che voi proclamerete come sante convocazioni. Queste sono le mie solennità.
3Durante sei giorni si attenderà al lavoro; ma il settimo giorno è sabato, giorno di assoluto riposo e di santa convocazione. Non farete in esso lavoro alcuno; è un riposo in onore del Signore in tutti i luoghi dove abiterete.
4Queste sono le solennità del Signore, le sante convocazioni che proclamerete nei tempi stabiliti.
5Il primo mese, al decimoquarto giorno, al tramonto del sole sarà la pasqua del Signore;6il quindici dello stesso mese sarà la festa degli azzimi in onore del Signore; per sette giorni mangerete pane senza lievito.7Il primo giorno sarà per voi santa convocazione; non farete in esso alcun lavoro servile;8per sette giorni offrirete al Signore sacrifici consumati dal fuoco. Il settimo giorno vi sarà la santa convocazione: non farete alcun lavoro servile".
9Il Signore aggiunse a Mosè:10"Parla agli Israeliti e ordina loro: Quando sarete entrati nel paese che io vi dò e ne mieterete la messe, porterete al sacerdote un covone, come primizia del vostro raccolto;11il sacerdote agiterà con gesto rituale il covone davanti al Signore, perché sia gradito per il vostro bene; il sacerdote l'agiterà il giorno dopo il sabato.12Quando farete il rito di agitazione del covone, offrirete un agnello di un anno, senza difetto, in olocausto al Signore.13L'oblazione che l'accompagna sarà di due decimi di 'efa' di fior di farina intrisa nell'olio, come sacrificio consumato dal fuoco, profumo soave in onore del Signore; la libazione sarà di un quarto di 'hin' di vino.14Non mangerete pane, né grano abbrustolito, né spighe fresche, prima di quel giorno, prima di aver portato l'offerta al vostro Dio. È una legge perenne di generazione in generazione, in tutti i luoghi dove abiterete.
15Dal giorno dopo il sabato, cioè dal giorno che avrete portato il covone da offrire con il rito di agitazione, conterete sette settimane complete.16Conterete cinquanta giorni fino all'indomani del settimo sabato e offrirete al Signore una nuova oblazione.17Porterete dai luoghi dove abiterete due pani per offerta con rito di agitazione, i quali saranno di due decimi di 'efa' di fior di farina e li farete cuocere lievitati; sono le primizie in onore del Signore.18Oltre quei pani offrirete sette agnelli dell'anno, senza difetto, un torello e due arieti: saranno un olocausto per il Signore insieme con la loro oblazione e le loro libazioni; sarà un sacrificio di soave profumo, consumato dal fuoco in onore del Signore.19Offrirete un capro come sacrificio espiatorio e due agnelli dell'anno come sacrificio di comunione.20Il sacerdote agiterà ritualmente gli agnelli insieme con il pane delle primizie come offerta da agitare davanti al Signore; tanto i pani, quanto i due agnelli consacrati al Signore saranno riservati al sacerdote.21In quel medesimo giorno dovrete indire una festa e avrete la santa convocazione. Non farete alcun lavoro servile. È una legge perenne, di generazione in generazione, in tutti i luoghi dove abiterete.22Quando mieterete la messe della vostra terra, non mieterete fino al margine del campo e non raccoglierai ciò che resta da spigolare del tuo raccolto; lo lascerai per il povero e per il forestiero. Io sono il Signore, il vostro Dio".
23Il Signore disse a Mosè:24"Parla agli Israeliti e ordina loro: Nel settimo mese, il primo giorno del mese sarà per voi riposo assoluto, una proclamazione fatta a suon di tromba, una santa convocazione.25Non farete alcun lavoro servile e offrirete sacrifici consumati dal fuoco in onore del Signore".
26Il Signore disse ancora a Mosè:27"Il decimo giorno di questo settimo mese sarà il giorno dell'espiazione; terrete una santa convocazione, vi mortificherete e offrirete sacrifici consumati dal fuoco in onore del Signore.28In quel giorno non farete alcun lavoro; poiché è il giorno dell'espiazione, per espiare per voi davanti al Signore, vostro Dio.29Ogni persona che non si mortificherà in quel giorno, sarà eliminata dal suo popolo.30Ogni persona che farà in quel giorno un qualunque lavoro, io la eliminerò dal suo popolo.31Non farete alcun lavoro. È una legge perenne di generazione in generazione, in tutti i luoghi dove abiterete.32Sarà per voi un sabato di assoluto riposo e dovrete mortificarvi: il nono giorno del mese, dalla sera alla sera dopo, celebrerete il vostro sabato".
33Il Signore aggiunse a Mosè:34"Parla agli Israeliti e riferisci loro: Il quindici di questo settimo mese sarà la festa delle capanne per sette giorni, in onore del Signore.35Il primo giorno vi sarà una santa convocazione; non farete alcun lavoro servile.36Per sette giorni offrirete vittime consumate dal fuoco in onore del Signore. L'ottavo giorno terrete la santa convocazione e offrirete al Signore sacrifici consumati con il fuoco. È giorno di riunione; non farete alcun lavoro servile.
37Queste sono le solennità del Signore nelle quali proclamerete sante convocazioni, perché si offrano al Signore sacrifici consumati dal fuoco, olocausti e oblazioni, vittime e libazioni, ogni cosa nel giorno stabilito, oltre i sabati del Signore,38oltre i vostri doni, oltre tutti i vostri voti e tutte le offerte volontarie che presenterete al Signore.
39Ora il quindici del settimo mese, quando avrete raccolto i frutti della terra, celebrerete una festa al Signore per sette giorni; il primo giorno sarà di assoluto riposo e così l'ottavo giorno.40Il primo giorno prenderete frutti degli alberi migliori: rami di palma, rami con dense foglie e salici di torrente e gioirete davanti al Signore vostro Dio per sette giorni.41Celebrerete questa festa in onore del Signore, per sette giorni, ogni anno. È una legge perenne di generazione in generazione. La celebrerete il settimo mese.42Dimorerete in capanne per sette giorni; tutti i cittadini d'Israele dimoreranno in capanne,43perché i vostri discendenti sappiano che io ho fatto dimorare in capanne gli Israeliti, quando li ho condotti fuori dal paese d'Egitto. Io sono il Signore vostro Dio".
44E Mosè diede così agli Israeliti le istruzioni relative alle solennità del Signore.


Sapienza 16

1Per questo furon giustamente puniti con esseri simili
e tormentati da numerose bestiole.
2Invece di tale castigo, tu beneficasti il tuo popolo;
per appagarne il forte appetito gli preparasti
un cibo di gusto squisito, le quaglie.
3Gli egiziani infatti, sebbene bramosi di cibo,
disgustati dagli animali inviati contro di loro
perdettero anche il naturale appetito;
questi invece, dopo una breve privazione,
gustarono un cibo squisito.
4Era necessario che a quegli avversari
venisse addosso una carestia inevitabile
e che a questi si mostrasse soltanto
come erano tormentati i loro nemici.

5Quando infatti li assalì il terribile furore delle bestie
e perirono per i morsi di tortuosi serpenti,
la tua collera non durò sino alla fine.
6Per correzione furono spaventati per breve tempo,
avendo già avuto un pegno di salvezza
a ricordare loro i decreti della tua legge.
7Infatti chi si volgeva a guardarlo
era salvato non da quel che vedeva,
ma solo da te, salvatore di tutti.
8Anche con ciò convincesti i nostri nemici
che tu sei colui che libera da ogni male.
9Gli egiziani infatti furono uccisi dai morsi
di cavallette e di mosche,
né si trovò un rimedio per la loro vita,
meritando di essere puniti con tali mezzi.
10Invece contro i tuoi figli
neppure i denti di serpenti velenosi prevalsero,
perché intervenne la tua misericordia a guarirli.
11Perché ricordassero le tue parole,
feriti dai morsi, erano subito guariti,
per timore che, caduti in un profondo oblio,
fossero esclusi dai tuoi benefici.
12Non li guarì né un'erba né un emolliente,
ma la tua parola, o Signore, la quale tutto risana.
13Tu infatti hai potere sulla vita e sulla morte;
conduci giù alle porte degli inferi e fai risalire.
14L'uomo può uccidere nella sua malvagità,
ma non far tornare uno spirito già esalato,
né liberare un'anima già accolta negli inferi.

15È impossibile sfuggire alla tua mano:
16gli empi, che rifiutavano di conoscerti,
furono colpiti con la forza del tuo braccio,
perseguitati da strane piogge e da grandine,
da acquazzoni travolgenti, e divorati dal fuoco.
17E, cosa più strana, l'acqua che tutto spegne
ravvivava sempre più il fuoco:
l'universo si fa alleato dei giusti.
18Talvolta la fiamma si attenuava
per non bruciare gli animali inviati contro gli empi
e per far loro comprendere a tal vista
che erano incalzati dal giudizio di Dio.
19Altre volte anche in mezzo all'acqua
la fiamma bruciava oltre la potenza del fuoco
per distruggere i germogli di una terra iniqua.
20Invece sfamasti il tuo popolo con un cibo degli angeli,
dal cielo offristi loro un pane già pronto senza fatica,
capace di procurare ogni delizia e soddisfare ogni gusto.
21Questo tuo alimento manifestava
la tua dolcezza verso i tuoi figli;
esso si adattava al gusto di chi l'inghiottiva
e si trasformava in ciò che ognuno desiderava.
22Neve e ghiaccio resistevano al fuoco senza sciogliersi,
perché riconoscessero che i frutti dei nemici
il fuoco distruggeva ardendo tra la grandine
e folgoreggiando tra le piogge.
23Al contrario, perché si nutrissero i giusti,
dimenticava perfino la propria virtù.
24La creazione infatti a te suo creatore obbedendo,
si irrigidisce per punire gli ingiusti,
ma s'addolcisce a favore di quanti confidano in te.
25Per questo anche allora, adattandosi a tutto,
serviva alla tua liberalità che tutti alimenta,
secondo il desiderio di chi era nel bisogno,
26perché i tuoi figli, che ami, o Signore, capissero
che non le diverse specie di frutti nutrono l'uomo,
ma la tua parola conserva coloro che credono in te.
27Ciò che infatti non era stato distrutto dal fuoco
si scioglieva appena scaldato da un breve raggio di sole,
28perché fosse noto che si deve prevenire il sole
per renderti grazie
e pregarti allo spuntar della luce,
29poiché la speranza dell'ingrato
si scioglierà come brina invernale
e si disperderà come un'acqua inutilizzabile.


Salmi 95

1Venite, applaudiamo al Signore,
acclamiamo alla roccia della nostra salvezza.
2Accostiamoci a lui per rendergli grazie,
a lui acclamiamo con canti di gioia.

3Poiché grande Dio è il Signore,
grande re sopra tutti gli dèi.
4Nella sua mano sono gli abissi della terra,
sono sue le vette dei monti.
5Suo è il mare, egli l'ha fatto,
le sue mani hanno plasmato la terra.

6Venite, prostràti adoriamo,
in ginocchio davanti al Signore che ci ha creati.
7Egli è il nostro Dio,
e noi il popolo del suo pascolo,
il gregge che egli conduce.

8Ascoltate oggi la sua voce:
"Non indurite il cuore,
come a Meriba, come nel giorno di Massa nel deserto,
9dove mi tentarono i vostri padri:
mi misero alla prova
pur avendo visto le mie opere.

10Per quarant'anni mi disgustai di quella generazione
e dissi: Sono un popolo dal cuore traviato,
non conoscono le mie vie;
11perciò ho giurato nel mio sdegno:
Non entreranno nel luogo del mio riposo".


Ezechiele 48

1Questi sono i nomi delle tribù: dal confine settentrionale, lungo la via di Chetlòn che conduce ad Amat, fino a Cazer-Enòn, con a settentrione la frontiera di Damasco e lungo il confine di Amat, dal lato d'oriente fino al mare, sarà assegnata a Dan una parte.
2Sulla frontiera di Dan, dal limite orientale al limite occidentale: Aser, una parte.
3Sulla frontiera di Aser, dal limite orientale fino al limite occidentale: Nèftali, una parte.
4Sulla frontiera di Nèftali, dal limite orientale fino al limite occidentale: Manàsse, una parte.
5Sulla frontiera di Manàsse, dal limite orientale fino al limite occidentale: Èfraim, una parte.
6Sulla frontiera di Èfraim, dal limite orientale fino al limite occidentale: Ruben, una parte.
7Sulla frontiera di Ruben, dal limite orientale fino al limite occidentale: Giuda, una parte.
8Sulla frontiera di Giuda, dal limite orientale fino al limite occidentale, starà la porzione che preleverete, larga venticinquemila cubiti e lunga come una delle parti dal limite orientale fino al limite occidentale: in mezzo sorgerà il santuario.
9La parte che voi preleverete per il Signore avrà venticinquemila cubiti di lunghezza per ventimila di larghezza.10Ai sacerdoti apparterrà la parte sacra del territorio, venticinquemila cubiti a settentrione e diecimila di larghezza a ponente, diecimila cubiti di larghezza a oriente e venticinquemila cubiti di lunghezza a mezzogiorno. In mezzo sorgerà il santuario del Signore.11Essa apparterrà ai sacerdoti consacrati, ai figli di Zadòk, che furono fedeli alla mia osservanza e non si traviarono nel traviamento degli Israeliti come traviarono i leviti.12Sarà per loro come una parte sacra prelevata sulla parte consacrata del paese, cosa santissima, a fianco del territorio assegnato ai leviti.
13I leviti, lungo il territorio dei sacerdoti, avranno venticinquemila cubiti di lunghezza per diecimila di larghezza: tutta la lunghezza sarà di venticinquemila cubiti e tutta la larghezza di diecimila.
14Essi non ne potranno vendere né permutare, né potrà essere alienata questa parte migliore del paese, perché è sacra al Signore.
15I cinquemila cubiti di lunghezza che restano sui venticinquemila, saranno terreno profano per la città, per abitazioni e dintorni; in mezzo sorgerà la città.16Le sue misure saranno le seguenti: il lato settentrionale avrà quattromilacinquecento cubiti; il lato meridionale, quattromilacinquecento cubiti; il lato orientale quattromilacinquecento cubiti e il lato occidentale quattromilacinquecento cubiti.17I dintorni della città saranno duecentocinquanta cubiti a settentrione, duecentocinquanta a mezzogiorno, duecentocinquanta a oriente e duecentocinquanta a ponente.18Rimarrà accanto alla parte sacra un terreno lungo diecimila cubiti a oriente e diecimila a occidente, i cui prodotti saranno il cibo per coloro che prestan servizio nella città,19i quali saranno presi da tutte le tribù d'Israele.20Tutta la zona sarà di venticinquemila cubiti per venticinquemila. Preleverete, come possesso della città, un quarto della zona sacra.
21Il resto, da una parte e dall'altra della zona sacra e del possesso della città, su un fronte di venticinquemila cubiti della zona sacra a oriente, verso il confine orientale, e a ponente, su un fronte di venticinquemila cubiti verso il confine occidentale, parallelamente alle parti, sarà per il principe. La zona sacra e il santuario del tempio rimarranno in mezzo,22fra il possesso dei leviti e il possesso della città, e fra ciò che spetta al principe; quel che si trova tra la frontiera di Giuda e quella di Beniamino sarà del principe.
23Per le altre tribù, dalla frontiera orientale a quella occidentale: Beniamino, una parte.
24Al lato del territorio di Beniamino, dalla frontiera orientale a quella occidentale: Simeone, una parte.
25Al lato del territorio di Simeone, dalla frontiera orientale a quella occidentale: Ìssacar, una parte.
26Al lato del territorio di Ìssacar, dalla frontiera orientale a quella occidentale: Zàbulon, una parte.
27Al lato del territorio di Zàbulon, dalla frontiera orientale a quella occidentale: Gad, una parte.
28Al lato del territorio di Gad, dalla frontiera meridionale verso mezzogiorno, la frontiera andrà da Tamàr alle acque di Meriba-Kadès e al torrente che va al Mar Mediterraneo.29Questo è il territorio che voi dividerete a sorte in eredità alle tribù d'Israele e queste le loro parti, dice il Signore Dio.

30Queste saranno le uscite della città: sul lato settentrionale: quattromilacinquecento cubiti.31Le porte della città porteranno i nomi delle tribù d'Israele. Tre porte a settentrione: la porta di Ruben, una; la porta di Giuda, una; la porta di Levi, una.32Sul lato orientale: quattromilacinquecento cubiti e tre porte: la porta di Giuseppe, una; la porta di Beniamino, una; la porta di Dan, una.33Sul lato meridionale: quattromilacinquecento cubiti e tre porte: la porta di Simeone, una; la porta di Ìssacar, una; la porta di Zàbulon, una.
34Sul lato occidentale: quattromilacinquecento cubiti e tre porte: la porta di Gad, una; la porta di Aser, una; la porta di Nèftali, una.
35Perimetro totale: diciottomila cubiti. La città si chiamerà da quel giorno in poi: Là è il Signore.


Lettera ai Galati 5

1Cristo ci ha liberati perché restassimo liberi; state dunque saldi e non lasciatevi imporre di nuovo il giogo della schiavitù.2Ecco, io Paolo vi dico: se vi fate circoncidere, Cristo non vi gioverà nulla.3E dichiaro ancora una volta a chiunque si fa circoncidere che egli è obbligato ad osservare tutta quanta la legge.4Non avete più nulla a che fare con Cristo voi che cercate la giustificazione nella legge; siete decaduti dalla grazia.5Noi infatti per virtù dello Spirito, attendiamo dalla fede la giustificazione che speriamo.6Poiché in Cristo Gesù non è la circoncisione che conta o la non circoncisione, ma la fede che opera per mezzo della carità.
7Correvate così bene; chi vi ha tagliato la strada che non obbedite più alla verità?8Questa persuasione non viene sicuramente da colui che vi chiama!9Un po' di lievito fa fermentare tutta la pasta.10Io sono fiducioso per voi nel Signore che non penserete diversamente; ma chi vi turba, subirà la sua condanna, chiunque egli sia.11Quanto a me, fratelli, se io predico ancora la circoncisione, perché sono tuttora perseguitato? È dunque annullato lo scandalo della croce?12Dovrebbero farsi mutilare coloro che vi turbano.

13Voi infatti, fratelli, siete stati chiamati a libertà. Purché questa libertà non divenga un pretesto per vivere secondo la carne, ma mediante la carità siate a servizio gli uni degli altri.14Tutta la legge infatti trova la sua pienezza in un solo precetto: 'amerai il prossimo tuo come te stesso'.15Ma se vi mordete e divorate a vicenda, guardate almeno di non distruggervi del tutto gli uni gli altri!
16Vi dico dunque: camminate secondo lo Spirito e non sarete portati a soddisfare i desideri della carne;17la carne infatti ha desideri contrari allo Spirito e lo Spirito ha desideri contrari alla carne; queste cose si oppongono a vicenda, sicché voi non fate quello che vorreste.
18Ma se vi lasciate guidare dallo Spirito, non siete più sotto la legge.19Del resto le opere della carne sono ben note: fornicazione, impurità, libertinaggio,20idolatria, stregonerie, inimicizie, discordia, gelosia, dissensi, divisioni, fazioni,21invidie, ubriachezze, orge e cose del genere; circa queste cose vi preavviso, come già ho detto, che chi le compie non erediterà il regno di Dio.22Il frutto dello Spirito invece è amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé;23contro queste cose non c'è legge.
24Ora quelli che sono di Cristo Gesù hanno crocifisso la loro carne con le sue passioni e i suoi desideri.25Se pertanto viviamo dello Spirito, camminiamo anche secondo lo Spirito.26Non cerchiamo la vanagloria, provocandoci e invidiandoci gli uni gli altri.


Capitolo IX: Riferire tutto a Dio, ultimo fine

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1. O figlio, se veramente desideri farti santo, devo essere io il tuo supremo ed ultimo fine: un fine che renderà puri i tuoi affetti, troppo spesso piegati verso te stesso e verso le creature; ed è male giacché, quando in qualche cosa cerchi te stesso, immediatamente vieni meno ed inaridisci. Tutto devi dunque ricondurre, in primo luogo, a me; perché tutto da me proviene. Considera ogni cosa come emanata dal sommo bene, e perciò riferisci tutto a me, come alla sua origine. Acqua viva attingono a me, come a fonte viva, l'umile e il grande, il povero e il ricco. Colui che si mette al mio servizio, con spontaneità e libertà di spirito, riceverà grazia. Invece colui che cerca onore e gloria, non in me, ma altrove; colui che cerca diletto in ogni bene particolare non godrà di quella gioia vera e duratura che allarga il cuore. Anzi incontrerà molti ostacoli ed angustie.

2. Nulla di ciò che è buono devi ascrivere a te; nessuna capacità, devi attribuire ad un mortale. Riconosci, invece, che tutto è di Dio, senza del quale nulla ha l'uomo. Tutto è stato dato da me, tutto voglio riavere; e chiedo con forza che l'uomo me ne sia grato. E' questa la verità, che mette in fuga ogni inconsistente vanteria. Quando verranno la grazia celeste e il vero amore, allora scompariranno l'invidia e la grettezza del cuore; perché l'amore di Dio vince ogni cosa e irrobustisce le forze dell'anima. Se vuoi essere saggio, poni la tua gioia e la tua speranza soltanto in me. Infatti "nessuno è buono; buono è soltanto Iddio" (Lc 18,19). Sia egli lodato, al di sopra di ogni cosa; e sia in ogni cosa benedetto.


Omelia 110: Li hai amati come hai amato me.

Commento al Vangelo di San Giovanni - Sant'Agostino d'Ippona

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1. Il Signore Gesù, dopo aver pregato per i suoi discepoli che erano allora presenti, e dopo aver esteso la sua preghiera a tutti gli altri dicendo: Non prego soltanto per questi, ma anche per coloro che crederanno in me per mezzo della loro parola (Gv 17, 20), come se gli avessimo chiesto per qual motivo si rivolgesse al Padre e che cosa intendeva chiedere, subito aggiunge: affinché tutti siano una cosa sola come tu, Padre, sei in me ed io in te, affinché anch'essi siano una cosa sola in noi (Gv 17, 21). Poco prima, pregando solamente per i discepoli che aveva con sé, aveva detto: Padre santo, conservali nel nome tuo quelli che mi hai dato, affinché siano una cosa sola, come noi (Gv 17, 11). Ora chiede anche per noi quanto aveva chiesto prima per gli Apostoli, affinché tutti, noi e loro, siamo una cosa sola. E' da notare però diligentemente che il Signore non ha detto: affinché tutti insieme siamo una cosa sola, ma: affinché tutti siano una cosa sola, come tu, Padre, sei in me ed io in te (sottinteso: siamo una cosa sola, come esplicitamente dirà più avanti). Anche prima aveva detto riguardo ai discepoli che erano con lui: affinché siano uno come noi. Il Padre è nel Figlio e il Figlio nel Padre, così da essere una cosa sola, perché sono della medesima sostanza divina; noi invece possiamo essere in loro, tuttavia non possiamo essere una cosa sola con loro, poiché non siamo della stessa sostanza divina di cui essi sono, dato che il Figlio è Dio come il Padre. E' vero che, in quanto uomo, il Figlio è della nostra medesima sostanza; ma qui egli vuole rimarcare quella verità che in altra occasione ha affermato: Io e il Padre siamo una cosa sola (Gv 10, 30); vuole cioè rimarcare che la sua natura è quella medesima del Padre. Perciò, anche se il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo sono in noi, non dobbiamo credere che essi appartengono alla nostra stessa natura. Sì, essi sono in noi e noi in loro, ma in modo che essi sono una cosa sola nella loro natura, e noi una cosa sola nella nostra. E precisamente essi sono in noi, come Dio nel suo tempio; noi invece siamo in loro come la creatura nel suo Creatore.

2. Dopo aver detto: affinché anch'essi siano una cosa sola in noi, aggiunge: cosicché il mondo creda che tu mi hai mandato (Gv 17, 21). Che significa questo? Forse che il mondo crederà solo quando saremo tutti una cosa sola nel Padre e nel Figlio? Ma non è questa la pace perpetua, e quindi più il premio della fede che non la fede stessa? Saremo una cosa sola, infatti, non per poter credere, ma perché avremo creduto. E' vero che anche in questa vita, in virtù della comune fede, quanti crediamo nell'unico Salvatore siamo una cosa sola, secondo l'affermazione dell'Apostolo: Tutti voi siete uno in Cristo Gesù (Gal 3, 28). Ma anche in questo caso, l'essere una cosa sola non è condizione ma effetto della fede. Cosa vuole intendere il Signore dicendo: Che tutti siano una cosa sola, affinché il mondo creda? Tutti vuol dire il mondo dei credenti. Coloro che saranno una cosa sola e il mondo che crederà, dato che gli uni e gli altri saranno una sola cosa, non sono realtà diverse, poiché, evidentemente, le parole: che tutti siamo una cosa sola, son dette di coloro cui erano state rivolte le altre: Non prego soltanto per questi, ma anche per coloro che crederanno in me per mezzo della loro parola; soggiungendo subito: affinché tutti siano una cosa sola. Chi sono questi tutti se non il mondo, e non il mondo ostile ma quello fedele? Poco prima infatti aveva detto: non prego per il mondo (Gv 17, 9), e ora prega per il mondo affinché creda. Esiste, infatti, un mondo del quale l'Apostolo dice: Non dobbiamo essere condannati con questo mondo (1 Cor 11, 32). Per questo mondo il Signore non prega; ben sapendo quale sorte ad esso toccherà. Ma esiste anche un mondo del quale sta scritto: Non è venuto il Figlio dell'uomo per giudicare il mondo, ma affinché il mondo sia salvo per mezzo di lui (Gv 3, 17); e del quale l'Apostolo dice: Era Dio che in Cristo riconciliava a sé il mondo (2 Cor 5, 19). Per questo mondo Cristo prega dicendo: affinché il mondo creda che tu mi hai mandato. E' appunto in virtù di questa fede che il mondo viene riconciliato a Dio, quando crede in Cristo come mandato da Dio. Come dovremo dunque intendere le parole del Signore: anch'essi siano una cosa sola in noi, cosicché il mondo creda che tu mi hai mandato? Non certo nel senso che la fede del mondo dipenda dal fatto che essi saranno una cosa sola, come se il mondo dovesse credere quando vedrà che essi sono una cosa sola: infatti per "mondo" si intendono tutti quelli che credendo diventeranno una cosa sola. Ma, come pregando ha detto: affinché tutti siano uno e, sempre pregando: affinché essi in noi siano uno, così dice anche: affinché il mondo creda. La preghiera infatti: affinché tutti siano uno ha lo stesso senso dell'altra: affinché il mondo creda, perché è credendo che il mondo diventerà uno: saranno perfettamente uno coloro che, essendo uno per natura, ribellandosi all'uno, avevano perduto la loro unità. Se, insomma, per la terza volta sottintendiamo il verbo "prego", o, meglio, se facciamo dipendere tutto da questo verbo, il senso di questo passo diverrà chiaro: Prego affinché tutti siano uno, come tu, Padre, sei in me ed io in te; prego affinché anch'essi siano uno in noi; prego affinché il mondo creda che tu mi hai mandato. Inoltre ha precisato: in noi, perché si tenga ben presente che se noi diventiamo una cosa sola in virtù della fede e della carità, lo dobbiamo, non a noi, ma alla grazia di Dio. E' quanto c'insegna l'Apostolo, quando, dopo aver detto: Un tempo foste tenebra, mentre adesso siete luce, affinché nessuno se ne attribuisca il merito, aggiunge: nel Signore (Ef 5, 8).

3. Ed ora, il nostro Salvatore, che pregando il Padre aveva dimostrato di essere uomo, per dimostrare che, essendo Dio come il Padre, è in grado di esaudire egli stesso la sua preghiera, dice: E io ho dato loro la gloria che tu mi hai dato (Gv 17, 22). Qual'è questa gloria, se non l'immortalità che in lui la natura umana avrebbe conseguito? Neppure lui, infatti, l'aveva ancora ricevuta; però, al solito, in virtù dell'immutabile predestinazione, indica il futuro con dei verbi al passato. Egli infatti sa che ormai sarà glorificato, cioè risuscitato dal Padre, e a sua volta glorificherà noi risuscitandoci alla fine dei tempi. E' un concetto simile a quello da lui espresso altrove: Come il Padre risuscita i morti e li fa vivere, così anche il Figlio fa vivere chi vuole (Gv 5, 21). E quali morti fa vivere, se non gli stessi che il Padre risuscita? Tutte le cose infatti che il Padre fa, non altre cose ma le stesse fa anche il Figlio; e non le fa in altro modo, ma similmente le fa (Gv 5, 19). Quindi anche la sua stessa risurrezione egli ha operato insieme al Padre, come egli dichiarò: Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere (Gv 2, 19). Pertanto s'intende, benché non lo dica, che anche lui si è data la gloria dell'immortalità, che dice di aver ricevuto dal Padre. Spesso infatti egli dice che il Padre da solo compie ciò che egli stesso compie insieme al Padre, per attribuire a colui, dal quale procede, tutto ciò che lui è. Ma qualche volta, senza nominare il Padre, si attribuisce ciò che egli fa insieme al Padre, affinché impariamo a non separare il Figlio dalle opere del Padre, allorché senza nominare se stesso attribuisce qualcosa all'opera del Padre; così come non dobbiamo separare il Padre dalle opere del Figlio quando vengono attribuite al Figlio senza menzionare il Padre; perché essi operano sempre congiuntamente. Quando il Figlio parla delle opere del Padre tacendo di sé, offre a noi un salutare esempio di umiltà; quando, invece, parla delle sue opere senza nominare il Padre, ci richiama alla sua uguaglianza con il Padre, affinché nessuno lo consideri a lui inferiore. Esprimendosi così, anche in questo caso dimostra che egli, sebbene dica: la gloria che tu mi hai dato, non è estraneo all'opera del Padre, in quanto quella gloria egli se l'è data anche da se stesso. E neppure presenta il Padre estraneo alla sua opera, quando dice: ho dato a loro la gloria, in quanto anche il Padre l'ha data loro. E inseparabili sono, non soltanto le opere del Padre e del Figlio, ma anche quelle dello Spirito Santo. Ora, come in virtù della preghiera che egli rivolge al Padre per tutti i suoi vuole che tutti siano una cosa sola, così vuole, non meno, che ciò si compia in virtù del suo dono, perciò dice: Io ho dato loro la gloria che tu mi hai dato. E subito aggiunge: affinché siano uno come noi siamo uno.

4. Così ha proseguito: Io in loro e tu in me, affinché siano perfetti nell'unità (Gv 17, 23). In questi termini concisi, egli si presenta come mediatore tra Dio e gli uomini. Dicendo così, non vuol dire che il Padre non è in noi, o che noi non siamo nel Padre, avendo anche annunciato in un altro passo: Noi verremo a lui, e faremo dimora presso di lui (Gv 14, 23). E in questa preghiera, poco prima, non aveva detto, come dice ora: Io in loro e tu in me, oppure: essi in me e io in te; ma aveva detto: Tu in me ed io in te, e anch'essi in noi. Quel che ora dice, lo dice in quanto mediatore, analogamente a quanto dice l'Apostolo: Voi siete di Cristo, Cristo poi è di Dio (1 Cor 3, 23). Dicendo inoltre: Affinché siano perfetti nell'unità, vuol farci intendere che la riconciliazione, che si compie per mezzo di lui mediatore, ha come scopo di farci godere la beatitudine perfetta alla cui pienezza niente si potrà aggiungere. E quanto a ciò che segue: affinché il mondo conosca che tu mi hai mandato (Gv 17, 23), credo non sia da prendere come una ripetizione della precedente frase: affinché il mondo creda. Qualche volta, infatti, si mette "conoscere" al posto di "credere", come nel passo precedente: Hanno veramente conosciuto che sono uscito da te, e hanno creduto che tu mi hai mandato (Gv 17, 8). Hanno creduto corrisponde all'espressione: hanno conosciuto. Ma qui, siccome parla della vita beata, è da intendere la conoscenza quale si avrà nella visione, non quella che abbiamo ora mediante la fede. Appare infatti nelle parole del Signore un ordine logico ben preciso. Prima ha detto: affinché il mondo creda, mentre qui dice: affinché il mondo conosca. E anche se aveva pregato il Padre: affinché tutti siano uno e affinché siano uno in noi, non aveva tuttavia aggiunto: e siano perfetti nell'unità, ma aveva così concluso: cosicché il mondo creda che tu mi hai mandato. Qui, invece, dopo aver detto: affinché siano perfetti nell'unità, non aggiunge: affinché il mondo creda, ma chiede al Padre: che il mondo conosca che tu mi hai mandato. Infatti finché crediamo ciò che non vediamo, non siamo ancora così perfetti nell'unità, come lo saremo quando ci sarà concesso di vedere ciò che crediamo. Giustamente, quindi, prima dice: affinché il mondo creda, e dopo: affinché il mondo conosca. Tuttavia, nel primo come nel secondo caso, soggiunge: che tu mi hai mandato, affinché teniamo presente che ora noi, riguardo alla inseparabile carità del Padre e del Figlio, crediamo ciò che, mediante la fede, tendiamo a conoscere. Se invece avesse detto: affinché conoscano che tu mi hai mandato, sarebbe stato lo stesso che dire: affinché il mondo conosca. Essi stessi infatti sono il mondo, non il mondo che rimane ostile, quale è quello predestinato alla dannazione; ma il mondo che da nemico è diventato amico, per il quale Dio era nel Cristo nell'atto di riconciliare il mondo a sé. Perciò ha detto: Io in loro e tu in me, come a dire: Io in coloro ai quali tu mi hai mandato, e tu in me, intento a riconciliarti per mio mezzo il mondo.

[Non può il Padre non amare le membra del suo Unigenito.]

5. Sicché prosegue: e li hai amati come hai amato me (Gv 17, 23). Sì, il Padre ci ama nel Figlio, perché in lui ci ha eletti prima della fondazione del mondo (cf. Ef 1, 4). Chi ama il Figlio unigenito, non può fare a meno di amare anche le sue membra, che in lui e per lui egli ha adottato. Ma per il fatto che il Signore dice: Li hai amati come hai amato me, non vuol dire che noi siamo pari all'unigenito Figlio, per mezzo del quale siamo stati creati e ricreati. Non sempre infatti esprime uguaglianza chi dice che questo è come quello: talvolta indica solo che una cosa c'è perché c'è l'altra, altre volte invece indica che una cosa è tale che ne derivi l'altra. Chi oserà dire infatti che gli Apostoli furono inviati nel mondo da Cristo nello stesso modo in cui egli fu inviato in terra dal Padre? Per non parlare di altri motivi di differenza che sarebbe troppo lungo ricordare, essi furono inviati quando già erano uomini, mentre Cristo fu inviato in terra perché diventasse uomo. E, tuttavia, poco prima ha detto: Come tu hai mandato me nel mondo, anch'io li ho mandati nel mondo (Gv 17, 18), ma come a dire: poiché tu hai mandato me, io ho mandato loro. Così in questo passo egli, dicendo: Li hai amati come hai amato me, non vuol dire altro che questo: Li hai amati perché hai amato me. Il Padre che ama il Figlio, non può non amare le membra del Figlio, e non per altro motivo le ama, se non perché ama il Figlio. Ama il Figlio in quanto Dio, perché lo ha generato uguale a sé; e lo ama anche in quanto uomo, perché lo stesso Verbo unigenito si è fatto carne; cioè a causa del Verbo gli è cara la carne del Verbo. E ama noi perché siamo le membra di colui che ama; e affinché diventassimo membra del Figlio, in vista di questo ci ha amati prima che noi fossimo.

6. Perciò l'amore con cui Dio ama è incomprensibile e non va soggetto a mutamento. Egli non ha cominciato ad amarci solo quando siamo stati riconciliati a lui per mezzo del sangue di suo Figlio; ma ci ha amati prima della fondazione del mondo, chiamando anche noi ad essere suoi figli insieme all'Unigenito, quando ancora non eravamo assolutamente nulla. Il fatto dunque che noi con la morte del Figlio siamo stati riconciliati a Dio, non va ascoltato e non va preso nel senso che egli ha cominciato allora ad amare chi prima odiava, così come il nemico si riconcilia col nemico e i due divengono poi amici, e prendono ad amarsi a vicenda come a vicenda si odiavano. Noi siamo stati riconciliati con chi già ci amava, con il quale, a causa del peccato, noi eravamo nemici. Dimostri l'Apostolo se dico o no la verità. Egli afferma: Iddio dimostra il suo amore verso di noi per il fatto che, proprio mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi (Rm 5, 8-9). Iddio nutriva amore per noi anche quando, comportandoci da nemici nei confronti di lui, noi commettevamo l'iniquità; e, tuttavia, a suo riguardo è stato detto con tutta verità: Tu, o Signore, hai in odio tutti quelli che operano l'iniquità (Sal 5, 7). Per cui, in un modo mirabile e divino, egli ci amava anche quando ci odiava; odiava quanto in noi egli non aveva fatto, ma siccome la nostra iniquità non aveva distrutto totalmente l'opera sua, egli sapeva odiare in ognuno di noi quanto era opera nostra, e insieme amare l'opera sua. E ciò si può applicare per tutto il resto, dato che con tutta verità a lui sono rivolte queste parole: Tu non odi niente di ciò che hai fatto (Sap 11, 25). Se infatti avesse odiato qualcosa non l'avrebbe voluta, né potrebbe sussistere una cosa che l'Onnipotente non avesse chiamato all'esistenza: e non l'avrebbe chiamata se nella cosa che odia non ci fosse stato almeno qualcosa che egli potesse amare. Con ragione odia il male e lo riprova perché contrario alla regola della sua arte; tuttavia anche in ciò che è contaminato dal male, ama o la grazia con cui lo risana, o il suo giudizio con cui lo condanna. Così Dio non odia niente di quanto ha creato, poiché come autore della natura, non del peccato, odia il male che egli non ha creato; ed egli è altresì autore del bene che ricava dal male, sia risanandolo con la sua misericordia, sia facendolo servire ai suoi piani segreti. Assodato dunque che Dio non odia nulla di quanto ha fatto, chi potrà adeguatamente parlare dell'amore che egli nutre per le membra del suo Unigenito? E, soprattutto, chi potrà degnamente parlare dell'amore che porta al suo Unigenito stesso, nel quale sono state create tutte le cose visibili e invisibili, e che egli ama in modo perfettamente corrispondente al posto che ognuna di esse occupa nel piano della creazione? Con l'abbondanza della sua grazia conduce le membra del suo Unigenito all'uguaglianza con i santi angeli; siccome però l'Unigenito è il Signore dell'universo, è senza dubbio anche il Signore degli angeli: per la sua natura divina è uguale, non agli angeli, ma addirittura al Padre, e per la grazia che possiede in quanto uomo, non trascende forse l'eccellenza di tutti gli angeli, essendo in lui la carne e il Verbo una sola persona?

7. Non manca chi sostiene che noi uomini siamo superiori agli angeli, in quanto, si dice, Cristo è morto per noi, non per gli angeli. Ma questo significa vantarsi della propria empietà. Infatti, come dice l'Apostolo, Cristo al momento fissato morì per gli empi (Rm 5, 6). Questo fatto non mette in risalto il nostro merito, ma la misericordia di Dio. Come ci si può gloriare di aver contratto una infermità talmente detestabile che poteva essere guarita soltanto con la morte del medico? La morte di Cristo non è una gloria fondata sui nostri meriti, ma è la medicina per i nostri mali. Non riteniamoci superiori agli angeli solo perché, avendo anch'essi peccato, non è stato pagato per la loro salvezza un tale prezzo, quasi che a loro sia stato elargito qualcosa di meno che a noi. E pur ammettendo che sia stato così, c'è da chiedersi se ciò sia avvenuto perché noi eravamo superiori o perché eravamo caduti più in basso. Siccome però ci risulta che il Creatore di tutti i beni non ha concesso agli angeli cattivi alcuna grazia per la loro redenzione, perché almeno da questo non deduciamo che tanto più grave è stata giudicata la loro colpa in quanto più elevata era la loro natura? Essi erano tenuti più di noi a non peccare, in quanto erano migliori di noi. Sta di fatto che offendendo il Creatore, in modo tanto più esecrabile si dimostrarono ingrati al beneficio, quanto più ricchi di grazia erano stati creati. Né si accontentarono di averlo abbandonato per conto loro, ma diventarono anche i nostri tentatori. Ecco dunque il grande beneficio che ci accorderà colui che ci ha amati come ha amato Cristo: che per amore dello stesso Gesù Cristo, di cui ha voluto fossimo le membra, diventiamo uguali in santità agli angeli (cf. Lc 20, 36) e in un certo modo loro compagni, noi che per natura siamo stati creati inferiori e che ancor più indegni ci siamo resi a causa del peccato.


Parte 2

Quaderno I - Santa Faustina Kowalska

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I° Quaderno - Parte 2

UNA PIÙ APPROFONDITA CONOSCENZA DI DIO ED IL TERRORE DELL'ANIMA.

In principio Iddio si fa conoscere come santità, giustizia, bontà, cioè Misericordia. L'anima non conosce tutto ciò ad un tratto, ma in singoli momenti fra i lampi, cioè negli incontri con Dio. E questi non durano a lungo, poiché non sopporterebbe quella luce. Durante la preghiera l'anima percepisce un lampo di tale luce, che le rende impossibile pregare come ha fatto fino ad allora. Può sforzarsi quanto vuole ed imporsi di pregare come faceva prima; sarà tutto inutile. Diviene assolutamente impossibile continuare a pregare come faceva prima di aver ottenuto quella luce. Tale luce che ha colpito l'anima è viva in lei e nulla può né soffocarla, né parzialmente oscurarla. Questo lampo di conoscenza di Dio trascina la sua anima e l'infiamma d'amore per Lui. Ma contemporaneamente quello stesso lampo fa conoscere all'anima chi essa è e vede tutto il suo intimo in una luce superiore e si alza inorridita e spaventata. Non rimane però in quello spavento, ma incomincia a purificarsi, a umiliarsi, ad abbassarsi davanti al Signore e quelle luci sono più forti e più frequenti; quanto più l'anima diventa limpida come il cristallo, tanto più quelle luci sono penetranti. Tuttavia se l'anima ha risposto fedelmente e con decisione a queste prime grazie, Iddio ricolma l'anima con le Sue consolazioni, si dona a lei in modo sensibile.

L'anima a momenti entra quasi in rapporti di intimità con Dio e gioisce enormemente; ritiene di aver già raggiunto il grado stabilito di perfezione, poiché gli errori ed i difetti sono assopiti in lei, ed essa pensa che non ci siano più. Niente le sembra difficile, è preparata a tutto. Comincia ad immergersi in Dio ed a gustare le delizie del Signore. E trascinata dalla grazia, e non si rende affatto conto di ciò, del fatto che può arrivare il tempo della prova e della lotta. Ed in realtà questo stato non dura a lungo. Verranno altri momenti, ma debbo ricordare che l'anima risponde più fedelmente alla grazia di Dio, se ha un confessore illuminato ed al quale confida tutto. Prove inviate da Dio ad un'anima a Lui particolarmente cara. Tentazioni e tenebre. Satana. L'amore di quell'anima non è ancora tale quale lo desidera Iddio. L'anima improvvisamente perde la presenza di Dio. Si manifestano in essa diversi errori e difetti, coi quali deve ingaggiare una lotta accanita. Tutti gli errori sollevano il capo, ma la sua vigilanza è grande. Al posto della precedente presenza di Dio è subentrata l'aridità e la siccità spirituale: non prova gusto nelle pratiche di pietà; non può pregare, né come prima, né come prega adesso. Si butta da ogni parte e non trova soddisfazione. Dio si è nascosto a lei ed essa non trova soddisfazione nelle creature e nessuna creatura sa confortarla. L'anima desidera Iddio appassionatamente, ma vede la propria miseria, comincia a sentire la giustizia di Dio. Vede come se avesse perso tutti i doni di Dio: la sua mente è come annebbiata; il buio investe tutta la sua anima; comincia un tormento inconcepibile. L'anima ha cercato di descrivere lo stato della propria anima al confessore, ma non è stata compresa. Sprofonda in un'inquietudine ancora maggiore. Satana dà inizio alla sua opera. La fede rimane esposta al fuoco. La battaglia qui è accanita. L'anima compie sforzi; persevera accanto a Dio con l'impegno della volontà. Satana, col permesso di Dio, si spinge ancora più avanti; la speranza e l'amore sono alla prova. Queste tentazioni sono tremende! Dio sostiene l'anima come di nascosto - questo lei non lo sa - poiché diversamente non potrebbe resistere. E Dio sa quello che può inviare ad un'anima. L'anima è tentata di incredulità riguardo alle verità rivelate, di insincerità di fronte al confessore.

Satana le dice: « Guarda, nessuno ti capirà; a che scopo parlare di tutto questo? ». Nelle sue orecchie risuonano parole, da cui essa è terrorizzata e le sembra di pronunciarle contro Dio. Vede cose che non vorrebbe vedere. Sente cose che non vorrebbe sentire. Ed è una cosa tremenda in quei momenti non avere un confessore esperto; sopporta da sola tutto il peso. Ma per quanto è in suo potere dovrebbe procurarsi un confessore illuminato, poiché può spezzarsi sotto tale peso e spesso si trova sull'orlo dell'abisso! Tutte queste prove sono pesanti e difficili, ed Iddio non le manda ad un anima che in precedenza non sia stata ammessa ad un più profondo rapporto con Lui e che non abbia gustato le dolcezze del Signore, ed anche in questo Dio ha i suoi scopi insondabili per noi. Spesso Iddio in modo analogo prepara le anime per scopi futuri, per grandi imprese, e le vuole provare come oro puro. Ma questa non è ancora la fine della prova. C'è ancora la prova delle prove, cioè il rigetto totale da parte di Dio.

LA PROVA DELLE PROVE, L'ABBANDONO ASSOLUTO, LA DISPERAZIONE.

Quando l'anima esce vittoriosa dalle prove precedenti e, sebbene forse incespicando, continua a combattere valorosamente, e con profonda umiltà grida al Signore: « Salvami, che perisco! », ed è ancora abile alla lotta, allora un buio tremendo avvolge l'anima. L'anima vede dentro di sé soltanto peccati. Ciò che prova è tremendo. Si vede abbandonata completamente da Dio; sente come se fosse oggetto del Suo odio ed è ad un passo dalla disperazione. Si difende come può; tenta di risvegliare la fiducia, ma la preghiera è per lei un tormento ancora maggiore: le sembra di spingere Dio ad adirarsi di più. E come se fosse posta su di un'altissima vetta che si trova sopra un precipizio: l'anima anela fervidamente verso Dio, ma si sente respinta. Tutti i tormenti ed i supplizi del mondo sono nulla in confronto alla sensazione in cui è completamente immersa, cioè il rigetto da parte di Dio. Nessuno le può arrecare sollievo. Vede che è tutta sola; non c'è nessuno in sua difesa. Alza gli occhi al cielo, ma sa che non è per lei; tutto, per lei, è perduto. Dalle tenebre cade in tenebre ancora più fitte. Le sembra di aver perduto Dio per sempre, quel Dio che amava tanto. Questo pensiero le procura un tormento indescrivibile; ma essa non si rassegna a ciò. Prova a guardare verso il cielo - ma invano - ciò le procura un tormento ancora più grande.

Nessuno può illuminare una tale anima, se Iddio vuole tenerla nelle tenebre. il rigetto da parte di Dio lo sente in modo vivamente terrificante. Erompono dal suo cuore gemiti dolorosi, così dolorosi, che nessun ecclesiastico confessore li comprende, se non c'è passato lui stesso. Allora l'anima subisce ancora sofferenze da parte dello spirito maligno. Satana la schernisce: « Vedi come sei ridotta? Continuerai ad essere fedele? Eccoti la ricompensa: sei in nostro potere ». (Però Satana ha tanto potere su quell'anima, quanto Iddio gliene permette. Dio sa quanto possiamo resistere). « E cosa hai guadagnato per esserti mortificata? E che ricavi ad esser fedele alla regola? A che scopo tutti questi sforzi? Sei respinta da Dio! ». Quella parola « respinta » diviene un fuoco che penetra in ogni nervo fino al midollo delle ossa, trapassa da parte a parte tutto il suo essere. Giunge ora il momento supremo della prova. L'anima non cerca più aiuto; si chiude in se stessa e perde di vista tutto ed è quasi come se si rassegnasse al tormento di essere respinta. E un momento questo che non so definire. E l'agonia dell'anima. Quando quel momento cominciò ad avvicinarsi a me la prima volta, ne fui liberata in virtù della santa obbedienza. Fu la Maestra che vedendomi si spaventò e mi mandò a confessarmi. Il confessore però non mi comprese; non provai nemmeno un'ombra di sollievo. O Gesù, dacci dei sacerdoti esperti! Quando gli dissi che stavo passando nell'anima le pene infernali, mi rispose che era tranquillo per la mia anima, poiché vedeva nella mia anima una grande grazia di Dio. Io però di questo non capii nulla e nemmeno un piccolo raggio di luce penetrò nella mia anima.

Ormai comincio a sentire la mancanza delle forze fisiche e non riesco più a far fronte ai miei doveri. Non posso più nascondere le sofferenze, benché non dica nemmeno una parola su quello che soffro; il dolore tuttavia che si riflette sul mio volto mi tradisce e la Superiora mi ha detto che le suore vanno da lei e dicono che quando in cappella mi guardano provano compassione per me, dato che ho un aspetto così spaventoso. Tuttavia, nonostante gli sforzi, l'anima non è in grado di nascondere tale sofferenza. Gesù, Tu solo sai come l'anima gema in questi tormenti, immersa nelle tenebre; e tuttavia ha fame e sete di Dio, come le labbra infuocate hanno sete di acqua. Muore e inaridisce; muore di una morte che non fa morire, cioè non può morire. I suoi sforzi non sono nulla. Essa sta in balia di una mano potente. Ora la sua anima passa sotto il potere del Giusto. Cessano tutte le tentazioni esterne, tace tutto ciò che la circonda, come un agonizzante non ha più la percezione di quello che gli sta attorno: tutta la sua anima è raccolta sotto la potenza del Giusto e tre volte santo Iddio. Respinta per l'eternità.

Questo è il momento più teso e soltanto Iddio può provare un'anima in questo modo, poiché Lui solo sa che l'anima può sopportarlo. Quando l'anima è stata compenetrata da parte a parte da quel fuoco infernale, precipita quasi nella disperazione. La mia anima sperimentò questo momento quando ero in cella tutta sola. Quando l'anima cominciò a sprofondare nella disperazione, sentii che stava giungendo la mia agonia. Allora afferrai un piccolo crocifisso e lo strinsi spasmodicamente in mano. Sentii che il mio corpo si distaccava dall'anima e, sebbene desiderassi andare dai Superiori, non avevo più le forze fisiche. Pronunciai le ultime parole: « Confido nella Tua Misericordia», e mi sembrò quasi di aver spinto Iddio ad un'ira ancora più grande e sprofondai proprio nella disperazione e solo di tanto in tanto erompeva dall'anima mia un lamento doloroso, un lamento inconsolabile. L'agonia dell'anima. E mi sembrava che ormai sarei rimasta in quello stato, dato che con le mie forze non avrei potuto uscirne. Ogni ricordo di Dio è un mare indescrivibile di sofferenze, eppure c'è qualcosa nella mia anima che anela fervidamente a Dio; ma a lei sembra che abbia solo lo scopo di farla soffrire di più. Il ricordo del precedente amore, che Dio le aveva elargito, è per lei un tormento di nuovo genere. I Suoi occhi l'han trapassata da parte a parte e tutto è stato bruciato nell'anima dallo sguardo di Lui. Fu un lungo momento finché entrò nella cella una delle suore e mi trovò quasi morta. Si spaventò e andò dalla Maestra, che in virtù della santa obbedienza mi ordinò di alzarmi da terra ed all'istante sentii le forze fisiche e mi sollevai da terra tutta tremante. La Maestra conobbe subito in pieno lo stato della mia anima. Mi parlò dell'insondabile Misericordia di Dio e disse: « Non si preoccupi affatto, sorella; glielo ordino in virtù dell'obbedienza ». E mi disse ancora: « Ora vedo che Iddio la chiama ad una grande santità. Il Signore vuole averla vicino a Sé, dato che permette queste cose e così presto. Sia fedele a Dio, sorella, poiché questo è un segno che la vuole in alto nel cielo ». Io però non capii nulla di quelle parole.

Quando entrai in cappella sentii come se tutto si fosse staccato dalla mia anima, come se fossi appena uscita dalle mani di Dio. Sentii l'inafferrabilità della mia anima. Sentii che ero una piccola bimba. All'improvviso vidi interiormente il Signore, il quale mi disse: « Non temere, figlia Mia, Io sono con te ». In quello stesso momento svanirono tutte le tenebre e le angosce, i sensi furono inondati da una gioia indescrivibile, le facoltà dell'anima ripiene di luce. Voglio ricordare ancora che, sebbene la mia anima fosse già sotto i raggi del Suo amore, le tracce del supplizio passato rimasero ancora per due giorni nel mio corpo. Il volto pallido come quello di una morta, gli occhi iniettati di sangue. Solo Gesù sa quello che ho sofferto. In confronto alla realtà, è sbiadito quello che ho scritto. Non so come esprimermi. Mi sembra di essere tornata dall'aldilà. Provo disgusto per tutto ciò che è creato. Mi stringo al Cuore del Signore come un lattante al petto della madre. Guardo alle cose con occhi diversi. Sono consapevole di quello che ha fatto il Signore con una parola nella mia anima; di questo vivo. Al solo ricordo del martirio passato, mi vengono i brividi. Non avrei creduto che si potesse soffrire così, se io stessa non l'avessi passato. E una sofferenza completamente spirituale. Tuttavia in tutte queste sofferenze e battaglie non ho mai tralasciato la S. Comunione. Quando mi sembrava che non avrei dovuto comunicarmi, prima della S. Comunione andavo dalla Maestra e le dicevo: « Non posso andare alla S. Comunione; mi sembra che non dovrei andarci ». Essa però non mi permetteva di tralasciare la S. Comunione e io andavo e mi sono resa conto che solo l'obbedienza mi ha salvato. La Maestra stessa, in seguito, mi disse che quelle mie esperienze erano finite presto, « soltanto perché lei è stata obbediente. È dovuto solo alla potenza dell'obbedienza che lei ne è uscita così valorosamente ». E vero che il Signore stesso mi ha tirato fuori da quel supplizio, ma la fedeltà all'obbedienza Gli era piaciuta.

Benché queste siano cose spaventose, tuttavia nessun'anima dovrebbe spaventarsene eccessivamente, poiché Dio non dà prove al di sopra di quello che possiamo. E d'altronde forse mai permetterà su di noi simili tormenti. Ma lo scrivo perché se al Signore dovesse piacere condurre qualche anima attraverso simili tormenti, non si spaventi, ma sia in tutto, per quanto dipende da lei, fedele a Dio. Iddio non fa torto all'anima, poiché è l'amore stesso, e per questo amore incomprensibile ci ha chiamato all'esistenza. Però quando mi son trovata in quella tremenda afflizione, questo non lo comprendevo. O Dio mio, ho conosciuto che non sono di questa terra; me l'ha impresso nell'anima in modo energico il Signore. I miei rapporti di familiarità sono più col cielo che con la terra, benché non trascuri in nulla i miei doveri. In quei momenti non avevo un direttore spirituale e non conoscevo nessuna direzione. Pregavo il Signore e non mi dava un direttore. Gesù stesso è stato il mio Maestro dall'infanzia fino ad ora; mi ha condotto attraverso tutte le foreste ed i pericoli. Vedo chiaramente che soltanto Iddio poteva condurmi attraverso così grandi pericoli senza alcun danno, senza discapito; per questo l'anima mia è rimasta intatta ed ho vinto sempre. Da tutte le difficoltà, che sono state inimmaginabili, uscì. Tuttavia il Signore mi diede un direttore spirituale, ma più tardi.

Dopo quelle sofferenze l'anima è di una grande limpidezza di spirito ed in una grande vicinanza con Dio, benché debba ancora ricordare che in quei tormenti spirituali essa è vicina a Dio, ma è cieca. Lo sguardo della sua anima è avvolto dalle tenebre, ma Dio è più vicino ad una tale anima sofferente, solo che tutto il segreto sta proprio in questo, che essa non lo sa. Essa afferma non solo che Dio l'ha abbandonata, ma che essa è oggetto del Suo odio. Che grave malattia della vista dell'anima che, abbagliata dalla luce di Dio, afferma che Dio è assente, mentre è così forte che la rende cieca. In seguito però ho conosciuto che Dio le è più vicino in quei momenti che in qualsiasi altra circostanza, poiché con l'aiuto normale della grazia non potrebbe superare quelle prove. Qui opera l'onnipotenza divina ed una grazia straordinaria, perché diversamente si spezzerebbe al primo urto. O Divino Maestro, questo è soltanto opera Tua nella mia anima. Tu, o Signore, non hai paura di mettere un'anima sull'orlo di una spaventosa voragine, dove essa è spaventata e terrorizzata e la richiami nuovamente a Te.

Questi sono i Tuoi incomprensibili misteri. Quando durante quei supplizi dell'anima cercavo di accusarmi nella santa confessione delle più piccole inezie, quel sacerdote si meravigliò che non commettessi mancanze più gravi e mi disse queste parole: « Se lei, sorella, in questi tormenti è così fedele a Dio, la cosa in sé mi dà la prova che Iddio la sostiene con la Sua grazia particolare ed il fatto che lei non comprenda questo è anche bene ». Strano però che i confessori non abbiano potuto né capirmi, né tranquillizzarmi in quelle cose fino all'incontro con P. Andrasz ed in seguito con Don Sopocko. Alcune parole sulla confessione e sui confessori. Ricorderò soltanto ciò che ho sperimentato e vissuto nella mia anima. Ci sono tre cose per cui l'anima non ricava profitto dalla confessione in quei momenti eccezionali. La prima è che il confessore conosce poco le vie straordinarie e mostra meraviglia se un'anima gli svela i grandi misteri che Dio compie nell'anima. Questa sua meraviglia già mette in allarme un'anima delicata: essa nota che il confessore è indeciso nell'esprimere il suo parere e non si rassicura, ma ha ancora più dubbi dopo la confessione di quanti ne avesse prima, poiché essa sente che il confessore la tranquillizza ma lui stesso non è sicuro.

Oppure, cosa che mi è capitata, il confessore, non riuscendo a penetrare alcuni misteri di un'anima, le rifiuta la confessione, mostra un certo timore all'avvicinarsi di quell'anima alla grata. Come può un'anima in tale stato attingere tranquillità nel confessionale, dato che essa è così sensibile ad ogni parola del sacerdote? A mio parere in tali momenti di speciali visite di Dio ad un'anima, se il sacerdote non la comprende dovrebbe indicarle un confessore esperto ed illuminato, od attingere egli stesso lumi, in modo che possa dare all'anima ciò di cui ha bisogno, e non addirittura rifiutarle la confessione, poiché in questo modo l'espone ad un grande pericolo e più di un'anima può abbandonare la strada sulla quale il Signore voleva averla in modo particolare. Questa è una cosa di grande importanza, poiché io stessa ne ho fatto l'esperienza, cioè che già cominciavo a barcollare, nonostante questi straordinari doni di Dio. E sebbene Dio stesso mi tranquillizzasse, tuttavia desideravo sempre avere il sigillo della Chiesa. La seconda cosa è il fatto che il confessore non permetta di svelare tutto sinceramente, che dimostri impazienza. L'anima allora ammutolisce e non dice tutto e per ciò stesso non ricava profitto, e tanto meno ricava profitto, quando capita che il confessore cominci a sottoporre a prove l'anima; e, siccome non la conosce, invece di giovarle, le arreca danno. E questo perché essa sa che il confessore non la conosce, dato che non le ha permesso di svelargli completamente, sia per quanto concerne le grazie, sia per quanto concerne la sua miseria. E per questo motivo la prova non è appropriata. Ho avuto alcune prove, che mi hanno fatto ridere. Esprimerò meglio lo stesso concetto con queste parole: il confessore è il medico dell'anima; pertanto come può un medico che non conosce la malattia prescrivere una medicina appropriata? Nemmeno a pensarci; poiché o non avrà alcun risultato positivo, oppure la darà troppo forte ed aggraverà la malattia e talvolta - Dio ce ne scampi - può procurare la morte, appunto perché troppo forte.

Parlo per esperienza, dato che in certi casi mi ha trattenuto addirittura il Signore stesso. La terza cosa è questa: capita che il confessore talvolta faccia poco conto delle piccole cose. Non c'è nulla di piccolo nella vita spirituale. Talvolta una cosa piccola in apparenza fa scoprire una cosa di grande importanza, e per il confessore è un fascio di luce per la conoscenza di un'anima. Molte sfumature spirituali si nascondono nelle piccole cose. Non sorgerà mai un fabbricato magnifico, se gettiamo via i mattoni piccoli. Iddio da qualche anima esige una grande purezza; per questo le invia una più profonda conoscenza della propria miseria. Illuminata dalla luce che viene dall'alto conosce meglio ciò che piace a Dio, e ciò che non piace. Il peccato è secondo la conoscenza e la luce dell'anima; lo stesso anche le imperfezioni, benché essa sappia che ciò che riguarda strettamente il sacramento è il peccato... ma queste piccole cose hanno una grande importanza per chi tende alla santità e non può un confessore tener poco conto di questo. La pazienza e la mitezza del confessore aprono la via ai più profondi segreti di un'anima: l'anima quasi senza accorgersene svela la sua abissale profondità. E si sente più forte e più resistente. Ora lotta più valorosamente; si dà maggiormente da fare, poiché sa che deve renderne conto. Ricorderò ancora una cosa per quanto riguarda il confessore. Egli deve talvolta sperimentare, deve mettere alla prova, deve esercitare, deve conoscere se ha a che fare con della paglia, o con del ferro, o con dell' oro puro.

Ognuna di queste tre anime ha bisogno di esercitarsi in modo particolare. Il confessore deve necessariamente formarsi un'opinione chiara su ognuna, in modo che sappia quello che può sopportare in determinati momenti, circostanze e casi. Per quanto mi riguarda, in seguito, dopo molta esperienza, quando mi resi conto di non essere compresa, non svelai più la mia anima e non mi guastai la tranquillità. Questo però avvenne solo quando tutte queste grazie furono sotto il giudizio di un saggio, istruito ed esperto confessore. Ora so come comportarmi in certi casi. E desidero nuovamente dire alcune parole all'anima che vuole tendere decisamente alla santità e riportare frutto cioè vantaggio della confessione. La prima, totale sincerità e apertura. Il più santo ed il più saggio dei confessori non può infondere a viva forza in un'anima ciò che desidera, se l'anima non è sincera ed aperta. Un'anima insincera, chiusa, si espone a grandi pericoli nella vita spirituale e lo stesso Gesù non si dona ad una tale anima in modo superiore, perché sa che essa non ricaverebbe vantaggi da queste grazie speciali.

La seconda parola, l'umiltà. Un'anima non ricava adeguati vantaggi dal sacramento della confessione, se non è umile. La superbia tiene l'anima nelle tenebre. Essa non sa e non vuole penetrare esattamente nel profondo della sua miseria: si maschera e fugge da tutto ciò che dovrebbe guarirla. La terza parola è l'obbedienza. Un'anima disobbediente non riporterà alcuna vittoria, anche se fosse Gesù stesso a confessarla direttamente. Il confessore più esperto non può essere di alcun aiuto ad una tale anima. Un'anima disobbediente si espone a grandi sventure e non progredirà affatto nella perfezione e non se la caverà nella vita spirituale. Iddio ricolma di grazia nel modo più abbondante le anime, ma le anime obbedienti. Oh! quanto sono graditi gl'inni che sgorgano da un'anima che soffre! Tutto il cielo rimane estasiato di fronte ad una tale anima, specialmente quando è provata da Dio. Essa indirizza verso di Lui i suoi nostalgici lamenti. La sua bellezza è grande, perché proviene da Dio. Va attraverso il deserto della vita ferita d'amore divino. Essa tocca la terra con un piede solo. Un'anima che è uscita da quei tormenti è profondamente umile. La limpidezza della sua anima è grande. Essa, senza bisogno di rifletterci in certo modo, conosce meglio che cosa in un dato momento occorra fare e che cosa tralasciare. Avverte il più piccolo tocco della grazia ed è molto fedele a Dio. Essa riconosce Iddio da lontano e gode di Dio ininterrottamente. Essa in pochissimo tempo scopre Iddio nelle anime degli altri, in genere in quanti le stanno attorno.

L'anima viene purificata da Dio stesso. Dio come puro Spirito introduce l'anima in una vita puramente spirituale. Iddio stesso aveva preparato quest'anima in precedenza e l'aveva purificata, cioè l'aveva resa idonea ad uno stretto rapporto di intimità con Sé. Secondo un modo spirituale essa ha rapporti di intimità col Signore in un riposo amoroso. Si rivolge a Lui senza l'uso dei sensi. Iddio riempie l'anima con la Sua luce. La sua mente illuminata vede chiaramente e distingue i gradi in questa vita spirituale. Vede quando si univa a Dio in modo imperfetto, quando vi prendevano parte i sensi e lo spirito era unito ai sensi, sebbene già in maniera superiore e speciale, però imperfetta. Vi è un'unione col Signore superiore e più perfetta: è quella intellettuale. Qui l'anima è più riparata dalle illusioni; la sua spiritualità è più profonda e più pura. In una vita, in cui ci sono i sensi, li si è più esposti alle illusioni. L'accortezza sia dell'anima stessa che dei confessori dovrebbe essere maggiore. Vi sono momenti nei quali Iddio introduce l'anima in uno stato puramente spirituale. I sensi si spengono e sono come morti. L'anima è unita a Dio nella maniera più stretta: è immersa nella Divinità. La sua conoscenza è totale e perfetta; non dettagliata, come prima, ma generale e completa. Gioisce per questo. Ma ora voglio parlare ancora dei momenti della prova. In quei momenti è necessario che i confessori abbiano pazienza con tale anima provata. Ma la più grande pazienza deve averla l'anima con se stessa. O mio Gesù, Tu sai quello che prova la mia anima al ricordo di quelle sofferenze. Talvolta mi son meravigliata che gli angeli ed i santi restino silenziosi mentre un'anima sopporta simili sofferenze. Tuttavia essi ci amano in modo particolare in quei momenti. L'anima mia certe volte ha gridato verso Dio, come un bambino quando la madre nasconde il suo volto ed egli non può riconoscerla e grida con quante forze ha. O Gesù mio, per queste prove d'amore sia onore e gloria a Te. Grande ed insondabile è la Tua Misericordia! O Signore, tutto quello che hai progettato nei riguardi della mia anima, è pervaso della Tua Misericordia.

Ricordo questa cosa: coloro che vivono insieme non dovrebbero aggiungere sofferenze esterne, poiché in verità quando un'anima ha il calice pieno fino all'orlo, talvolta proprio la goccia che gettiamo noi nel suo calice sarà esattamente quel di più, che farà traboccare il calice dell'amarezza. E chi risponde per quell'anima? Guardiamoci bene dall'aggiungere sofferenze agli altri, poiché questo non piace al Signore. Se le suore oppure i superiori sapessero o supponessero che una certa anima sta attraversando tali prove e, ciò nonostante, da parte loro le aggiungessero altre sofferenze, peccherebbero mortalmente e Dio stesso rivendicherebbe quell'anima. Non parlo qui di casi che per loro natura costituiscono peccato, ma parlo di una cosa che in un altro momento non sarebbe peccato. Stiamo attenti a non avere quelle anime sulla coscienza. E un grave difetto della vita religiosa e della vita in genere, che quando si vede un'anima che è nella sofferenza, si tende sempre ad aggiungerne ancora di più. Non parlo di tutti, ma ci sono persone che si comportano così.

Ci permettiamo di esprimere giudizi di ogni genere e parliamo là dove non avremmo mai dovuto dire quello che abbiamo detto. La lingua è un organo piccolo, ma provoca cose grosse. La religiosa che non rispetta il silenzio, non giungerà mai alla santità, cioè non diventerà santa. Non s'illuda. Se per caso accade che per suo mezzo parla lo Spirito di Dio, allora non è lecito tacere. Ma per poter ascoltare la voce di Dio bisogna avere la quiete nell'anima ed osservare il silenzio: non un silenzio tetro, ma il silenzio interiore, cioè il raccoglimento in Dio. Si possono dire molte cose e non interrompere il silenzio, ed al contrario si può parlar poco ed infrangere continuamente il silenzio. Oh! che danni irreparabili provoca l'inosservanza del silenzio! Si fanno molti torti al prossimo, ma soprattutto alla propria anima. Secondo il mio pensiero e la mia esperienza, la regola del silenzio dovrebbe essere al primo posto. Iddio non si dona ad un anima ciarliera che come un fuco nell'alveare ronza molto, ma non produce miele. Un'anima che chiacchiera molto è vuota nel suo interno. Non ha né virtù fondamentali, né intimità con Dio.

Non è il caso di parlare di una vita più profonda, della soave pace e tranquillità nella quale abita Iddio. Un'anima che non ha gustato la dolcezza della quiete interiore, è uno spirito inquieto, e turba la tranquillità degli altri. Ho visto molte anime negli abissi infernali per non aver osservato il silenzio. Loro stesse me l'hanno detto, quando ho chiesto loro quale era stata la causa della loro rovina. Erano anime consacrate. O mio Dio, quale dolore! Eppure avrebbero potuto non solo essere in paradiso, ma essere perfino sante. O Gesù, Misericordia, tremo quando penso che debbo rendere conto della mia lingua. Nella lingua c'è la vita, ma anche la morte. E talvolta con la lingua uccidiamo, commettiamo dei veri omicidi; e possiamo ancora considerare ciò una piccola cosa? Per la verità non riesco a comprendere tali coscienze. Ho conosciuto una persona, che avendo saputo da un'altra una certa cosa che si diceva di lei... si ammalò gravemente e di conseguenza versò molto sangue e molte lacrime e poi avvenne la dolorosa conclusione che fu causata quindi non dalla spada, ma dalla lingua.

O mio Gesù silenzioso, abbi misericordia di noi. Sono passata al tema del silenzio, ma non voglio parlare di questo, bensì della vita dell'anima con Dio e della sua risposta alla grazia. Dopo che l'anima è stata purificata ed il Signore ha rapporti di intimità con lei, ora con tutte le forze tende verso Dio. Però essa da sola non può niente. Qui soltanto Iddio dispone tutto; l'anima lo sa; ne è consapevole. Essa vive ancora in esilio e sa molto bene che possono esserci ancora giornate nuvolose e piovose; ma essa guarda a tutto ciò con un atteggiamento diverso da quello tenuto finora. Non si rifugia in una pace falsa, ma si slancia nella lotta. Essa sa di essere di una progenie cavalleresca. Ora si rende conto meglio di tutto. Essa sa di essere di stirpe regale: tutto ciò che è grande e santo la riguarda. Una serie di grazie che Dio riversa sull'anima dopo quelle prove di fuoco. Gode di una stretta unione con Dio. Ha molte visioni sensibili ed intellettuali. Sente molte parole soprannaturali e talvolta degli ordini precisi. Ma nonostante queste grazie, non basta a se stessa.

Proprio in quanto Iddio la visita con queste grazie, è esposta a diversi pericoli e può facilmente cadere nella illusione. Ora dovrebbe pregare Dio perché le mandi una guida spirituale; e non solo pregare per la guida, ma bisogna darsi da fare e cercare un tale condottiero, che conosce le cose, come il condottiero deve conoscere le strade, attraverso le quali deve condurre i suoi soldati in battaglia. Un'anima che è unita a Dio, bisogna prepararla a grandi ed accaniti combattimenti. Dopo questa purificazione e queste prove, Iddio tratta con l'anima in modo particolare, ma l'anima non collabora sempre con queste grazie. Non perché essa stessa non voglia collaborare, ma perché incontra così grandi difficoltà esterne ed interne, che ci vuole veramente un miracolo, perché quell'anima si mantenga su quelle altezze. Ora ha necessariamente bisogno di un direttore spirituale. Queste difficoltà spesso riempirono la mia anima di dubbi e talvolta anch'io ero spaventata poiché pensavo fra me: « Dopo tutto sono una povera ignorante: molte cose non le conosco, e tanto meno le cose spirituali ». Però se i dubbi aumentavano, cercavo luce presso un confessore o presso le Superiore. Ma non ottenevo quello che desideravo. Quando mi aprii alle Superiore, una di esse conobbe la mia anima e la via attraverso la quale il Signore mi vuole condurre.

Quando mi uniformai alle sue indicazioni cominciai a progredire rapidamente sulla via della perfezione. Purtroppo però la cosa non durò a lungo. quando aprII più a fondo la mia anima, non ottenni quello che desideravo; ed alla Superiora quelle grazie sembrarono inverosimili, quindi non potei attingere più nulla da lei. Mi disse che non era possibile che Dio avesse rapporti di tale intimità con una creatura. « Io ho paura per lei, sorella, che si tratti di un'illusione. Si consigli con un sacerdote ». Ma il confessore non mi capì e disse: « È meglio che lei parli di queste cose con le Superiore ». E così andavo dalle Superiore al confessore e dal confessore alle Superiore e non trovavo pace. Queste grazie divine cominciarono a essere per me una grande sofferenza. Dicevo talvolta direttamente al Signore: « Gesù, io ho paura di Te. Non sei per caso un fantasma? ». Gesù mi tranquillizzava sempre, ma io non sempre mi fidavo. La cosa strana era che più io non mi fidavo, e più Gesù dava dimostrazione di essere Lui l'artefice di queste cose. Quando mi resi conto che non ottenevo alcuna tranquillità dalle Superiore, decisi di non parlare più con loro di queste cose puramente interiori. Per l'esterno cercai, da buona religiosa, di parlare di tutto con le Superiore; ma per quanto riguarda la necessità dell'anima, d'ora in poi parlerò solo in confessione. Per molti ed assai ragionevoli motivi ho capito che una donna non è portata a discernere questi misteri.

Mi sono esposta a tante sofferenze che avrei potuto evitare. Per molto tempo sono stata ritenuta invasata dallo spirito maligno e venivo guardata con commiserazione. La Superiora poi aveva messo in atto certi accorgimenti cautelativi nei miei confronti. Era giunto alle mie orecchie che le suore mi tenevano d'occhio come tale, come indemoniata. E tutt'attorno mi si oscurò l'orizzonte. Cominciai ad evitare quelle grazie divine, ma che potevo fare? Dopotutto non era in mio potere. Improvvisamente fui presa da un così profondo raccoglimento che, malgrado la mia volontà, sprofondai in Dio ed il Signore mi trattenne presso di Sé. Nei primi momenti la mia anima è sempre un po' spaventata, ma poi viene riempita da una calma e da una forza singolare. Tutto ancora era da sopportare. Infatti quando il Signore chiese che dipingessi quell'immagine, allora cominciavano veramente a parlare di me ed a guardarmi come se fossi un'isterica od un'esaltata e la cosa cominciò a propagarsi un po' di più. Una delle suore venne da me, per parlarmi in confidenza. E cominciò a commiserarmi. Mi dice: « Sento che dicono di lei che è un'esaltata, che ha delle visioni. Povera sorella, si difenda da ciò ». Era sincera quell'anima e mi disse sinceramente quello che aveva sentito dire. Ma cose simili dovetti ascoltarle ogni giorno. Che tormento sia stato per me, Dio solo lo sa. Decisi però di sopportare tutto in silenzio e di non dare spiegazioni quando mi venivano rivolte domande.

Alcune suore erano irritate dal mio silenzio, specialmente le più curiose; le altre, più riflessive, dicevano: « Di certo Suor Faustina dev'essere molto vicino a Dio, dato che ha la forza di sopportare tante sofferenze ». E vedevo davanti a me quasi due ifie di giudici. Mi preoccupai di avere il silenzio interno ed esterno. Non dicevo nulla che riguardasse la mia persona, sebbene venissi interrogata direttamente da alcune suore. La mia bocca si chiuse. Soffril come una colomba senza lamentarmi. Alcune suore però provavano quasi piacere nel darmi fastidio in qualsiasi modo. Le irritava la mia pazienza, ma Dio mi diede tanta forza interiore, che sopportai tutto ciò con serenità. Mi ero resa conto che in quei momenti non potevo essere aiutata da nessuno e cominciai a pregare ed a chiedere al Signore un confessore. Desideravo ardentemente che un sacerdote mi dicesse quest'unica parola: « Stai tranquilla, sei sulla buona strada ». Oppure « Butta via tutto, perché non viene da Dio ». Purtroppo però un sacerdote così deciso, che mi dicesse quelle parole chiare in nome del Signore, non riuscivo a trovano. Perciò andavo avanti nell'incertezza. O Gesù, se è la Tua volontà che io viva in tale incertezza, sia benedetto il Tuo Nome. Ti prego, Signore, dirigi Tu stesso la mia anima e resta con me, perché da sola sono nulla. Ecco, sono già stata giudicata da ogni lato: non c'è più nulla in me che sia sfuggito al giudizio delle suore. Ma ormai tutto in un certo senso si è esaurito ed hanno cominciato a lasciarmi in pace; la mia anima martoriata ha potuto prendersi un po' di riposo. Ma ho constatato che proprio durante quella tribolazione il Signore mi è stato quanto mai vicino. La tregua però è durata pochino. È scoppiata di nuovo una violenta tempesta.

Adesso i sospetti di un tempo, son diventati per loro, a quanto pare, certezza e bisogna ascoltare di nuovo la stessa musica di prima. Così piace al Signore. La cosa strana però è che anche diverse faccende esterne han cominciato ad andare per traverso. Ciò ha provocato molte svariate sofferenze, note soltanto a Dio. Ad ogni modo ho cercato, come ho potuto, di fare ogni cosa con l'intenzione più pura. Ora m'accorgo di essere sorvegliata come una ladra ovunque: in cappella, quando svolgo il mio lavoro, in cella. Ora so che, oltre alla presenza di Dio, ho la continua presenza umana, che francamente qualche volta mi mette in grave imbarazzo. Ci sono stati dei momenti in cui sono rimasta indecisa se spogliarmi o meno, per potermi lavare. A proposito, anche il mio misero letto è stato controllato parecchie volte. Qualche volta m'è venuto da ridere, quando son venuta a sapere che non lasciavano in pace nemmeno il letto. Una suora mi ha detto lei stessa, che ogni sera mi sorvegliava dentro la cella, per vedere come mi comportavo. Tuttavia i Superiori son sempre i Superiori. E sebbene mi abbiano personalmente umiliata e talvolta imbottita di numerosi dubbi, tuttavia mi hanno sempre permesso quello che voleva il Signore, quantunque non come avevo chiesto, ma in altro modo hanno aderito alle richieste del Signore e mi hanno autorizzata a fare certe penitenze e mortificazioni. Un giorno una delle Madri si adirò contro di me e mi umiliò talmente, che pensavo proprio non l'avrei sopportato. Mi disse: « Stravagante, isterica, visionaria, vattene dalla mia stanza, non voglio conoscerti! ». Una gragnola di rimproveri si scaricò sul mio capo. Quando arrivai nella mia cella, caddi con la faccia a terra davanti al crocifisso e guardai Gesù; non ero in grado di pronunciare nemmeno una parola.

E tuttavia nascosi il fatto agli altri e feci finta che non fosse successo nulla fra di noi. Satana però approfitta sempre di queste circostanze. Cominciarono a venirmi pensieri di scoraggiamento: « Ecco la ricompensa per la tua fedeltà e sincerità! Val la pena esser sincera, quando si è capiti a questo modo? ». « Gesù, Gesù, sono sfinita! ». E caddi nuovamente a terra sotto quel peso; cominciai a sudare ed una certa paura cominciò ad impadronirsi di me. E pensavo: « Non ho nessuno che mi dia un appoggio morale ». E subito sentii una voce nell'anima: « Non temere, Io sono con te »; ed una singolare luce illuminò la mia mente e compresi che non dovevo arrendermi a quelle malinconie e mi sentii piena di forza ed uscii dalla cella con rinnovato coraggio per andare incontro ai patimenti. Tuttavia cominciai a lasciarmi un po' andare. Non facevo caso a quelle ispirazioni interiori; cercavo di distrarmi. Però, nonostante il chiasso e le distrazioni, vedevo quello che avveniva nella mia anima. La parola divina è eloquente e nulla può soffocarla. Cominciai ad evitare l'incontro del Signore con la mia anima, perché non volevo essere vittima di illusioni. Ma il Signore in certo qual modo m'insegui con i Suoi doni ed in verità ho provato a turno sofferenze e gioie. Non ricordo qui le varie visioni e grazie, che Dio mi ha concesso in quel tempo, perché le ho annotate altrove; ma ricorderò che quelle mie molteplici sofferenze avevano ormai raggiunto il colmo e io decisi di farla finita con questi dubbi prima dei voti perpetui. Durante tutto il tempo della probazione pregai perché venissero concessi lumi al sacerdote, al quale dovevo svelare completamente tutta la mia anima. E pregai Iddio, perché Lui stesso mi aiutasse in questo e mi facesse la grazia di poter raccontare le cose più segrete che ci sono fra me ed il Signore e di rendermi così disponibile che, qualunque cosa quel sacerdote decidesse, l'avrei considerata come decisa da Gesù stesso.

Non importa quale giudizio darà su di me. Io desidero soltanto la verità ed una risposta precisa a certe mie domande. Mi sono rimessa a Dio completamente e l'anima mia desidera la verità. Non posso più continuare a vivere nel dubbio, benché nell'anima abbia una così grande certezza che queste cose provengono da Dio, che darei la mia vita per esse. Ma al di sopra di tutto questo ho posto l'opinione del confessore ed ho deciso di comportarmi secondo quanto egli riterrà giusto indicarmi. Vedo il dato momento come quello che deciderà il mio comportamento per tutta la vita. So che dipenderà tutto da esso. Non ha importanza se si pronuncerà secondo le mie ispirazioni oppure in modo del tutto opposto: questo ormai non m'importa. Io desidero conoscere la verità e seguirla. O Gesù, Tu puoi aiutarmi. E già da qui ho cominciato: nascondo [sic!] tutte le grazie nell'anima ed aspetto colui che il Signore mi manderà.

Senza alcun dubbio nel mio cuore, ho pregato il Signore, perché Egli si degni di aiutarmi in questi momenti ed un certo coraggio è entrato nella mia anima. Debbo ancora ricordare che ci sono alcuni confessori che aiutano l'anima e sono, per quanto ciò può apparire, dei veri padri spirituali, ma fino ad un certo punto: fino a che tutto va bene; ma quando un'anima si trova in più gravi difficoltà, allora sono indecisi e non possono, oppure non vogliono capire quell'anima; cercano di liberarsene al più presto. Tuttavia se l'anima è umile, ne ha pur sempre qualche piccolo vantaggio. Dio stesso talvolta invia un raggio di luce nel profondo dell'anima, per la sua umiltà e fiducia. Talvolta il confessore dice cose che non intendeva affatto dire ed egli stesso non se ne rende conto. L'anima crede realmente che queste sono parole del Signore stesso, sebbene dobbiamo credere che ogni parola in confessionale proviene da Dio, ma quello che ho ricordato sopra, è qualcosa che viene proprio direttamente da Dio. E l'anima sente che il sacerdote non dipende da se stesso: dice cose che non vorrebbe dire. Ecco, in questo modo Dio ricompensa la fede. L'ho sperimentato parecchie volte su me stessa. Un certo sacerdote molto istruito e grandemente stimato - m'è capitato qualche volta d'andare a confessarmi da lui - era sempre stato severo e contrario a me in queste cose, ma una volta mi disse: « Sappia, sorella, che se Iddio vuole che lei faccia questo, non bisogna opporvisi. Iddio talvolta vuoi essere lodato in questo modo. Stia tranquilla. Iddio, come ha cominciato, così, terminerà. Ma le dico, fedeltà a Dio e umiltà e ancor una volta umiltà. Ricordi quello che le ho detto oggi ».

Mi rallegrai pensando che forse quel sacerdote mi aveva capita. Però le circostanze furono tali, che non ebbi più occasione di confessarmi da lui. Una volta mi chiamò una delle Madri anziane e furono fulmini e saette a ciel sereno, senza che mi rendessi conto di cosa si trattasse. Ma poco dopo capii che si trattava di cosa che non dipendeva affatto da me. Mi disse: « Lei, sorella, si levi bene dalla testa che Gesù tratti così familiarmente con lei, con una persona così misera e così imperfetta. Gesù ha rapporti di confidenza solo con anime sante, ricordatelo [sic!] bene ». Riconobbi che aveva pienamente ragione dicendo che sono misera, ma confido nella Misericordia divina. Quando m'incontrai col Signore, mi umiliai davanti a Lui e dissi: « Gesù, a quanto si dice, Tu non tratti con persone misere ». Mi rispose: « Sta' tranquilla, figlia Mia; proprio per mezzo di una simile miseria voglio mostrare la potenza della Mia Misericordia». Compresi che la Madre aveva inteso soltanto umiliarmi. O mio Gesù, mi hai sottoposta a molte prove in questa mia breve vita. Molte cose le ho capite, alcune delle quali ora mi lasciano meravigliata. Oh! quanto è bene affidarsi in tutto a Dio e permettere a Dio di agire pienamente nella nostra anima. Durante la terza probazione il Signore mi fece capire che dovevo offrirmi a Lui, in modo che potesse fare di me quello che Gli piaceva. Debbo stare sempre davanti a Lui come vittima. In un primo momento mi spaventai sentendomi infinitamente misera e conoscendo bene me stessa. Risposi al Signore ancora una volta: « Sono la miseria personificata; come posso essere una vittima? ». « Oggi questo non lo comprendi. Domani te lo farò comprendere durante l'adorazione». Il cuore mi tremò e l'anima.

Queste parole mi s'impressero profondamente nell'anima. La parola divina è viva. Quando giunsi all'adorazione, sentii nell'anima che ero entrata nel tempio del Dio vivente, la cui Maestà è grande ed insondabile. Ed il Signore mi fece conoscere quello che sono anche i più puri spiriti di fronte a Lui. Benché all'esterno non vedessi nulla, la presenza di Dio mi trapassò da parte a parte. In quel momento la mia mente venne illuminata in maniera singolare. Davanti agli occhi della mia anima passò una visione, come quella di Gesù nell'Orto degli Ulivi. All'inizio le sofferenze fisiche e tutte le circostanze che le aumentano; le sofferenze morali in tutta la loro estensione e quelle di cui nessuno saprà mai nulla. In questa visione entra tutto: sospetti ingiusti, perdita del proprio buon nome. Ho descritto questa cosa in modo molto succinto, ma la conoscenza che ne ebbi fu talmente chiara che quello che in seguito sopportai non fu per nulla diverso da quello che avevo conosciuto in quel momento. il mio nome deve essere: « vittima ». Quando la visione terminò un sudore freddo mi scendeva dalla fronte. Gesù mi fece conoscere che, anche se non avessi dato il mio consenso per tutto ciò, avrei potuto egualmente salvarmi e non avrebbe diminuito le grazie che mi aveva concesso e che avrebbe continuato a rimanere con me negli stessi rapporti di intimità; insomma che, anche se non avessi consentito a quel sacrificio, la generosità di Dio non sarebbe diminuita per questo.

Ed il Signore mi fece capire che tutto il mistero dipendeva da me, dal mio consenso volontario a tale sacrificio con piena consapevolezza della mia mente. In quest'atto volontario e consapevole c'è tutta la sua potenza ed il suo valore di fronte alla Sua Maestà. Anche se non mi capitasse nulla di quello a cui mi sono offerta, davanti al Signore è come se tutto fosse già avvenuto. In quel momento compresi che entravo in unione con la Maestà incomprensibile. Sentii che Dio attendeva una mia parola, il mio consenso. Ad un tratto il mio spirito sprofondò in Dio e dissi: « Fa' di me quello che Ti piace: mi sottometto alla Tua volontà. Da oggi la Tua santa volontà è il mio cibo. Con l'aiuto della Tua grazia, sarò fedele alle Tue richieste. Fa' di me quello che Ti piace. Ti scongiuro, Signore, resta con me in ogni momento della mia vita». All'improvviso, dopo che avevo dato il consenso a quel sacrificio con la volontà e col cuore, la presenza di Dio penetrò in me da parte a parte. La mia anima venne immersa in Dio ed inondata da una felicità così grande, che non riesco a descriverla nemmeno parzialmente. Sentivo che la Sua Maestà mi fondeva in modo mirabile con Sé. Vidi la grande compiacenza di Dio verso di me ed a mia volta il mio spirito s'immerse in Lui. Consapevole di questa unione con Dio, sento di essere amata in modo particolare ed a mia volta amo con tutte le forze della mia anima. Un grande mistero è avvenuto durante quell'adorazione: un mistero fra me ed il Signore; e mi sembrava di dover morire d'amore mentre mi guardava. Ho parlato a lungo col Signore, ma senza nemmeno una parola. E il Signore mi disse: « Sei la delizia del Mio Cuore. Da oggi ogni più piccola azione trova compiacenza dinanzi ai Miei occhi, qualunque cosa farai».

In quel momento mi sentii consacrata. L'involucro del corpo è lo stesso, ma l'anima e un altra: in essa dimora Iddio con tutta la Sua predilezione; non un sentimento, ma una consapevole realtà, che niente mi può offuscare. Un grande mistero si è intrecciato fra di me e Dio. Nella mia anima sono rimasti il coraggio e la forza. Quando sono uscita dall'adorazione, ho guardato negli occhi con serenità a tutto ciò che prima mi faceva tanta paura. Quando uscii nel corridoio, mi toccò subito una grande sofferenza ed umiliazione da parte di una certa persona. L'accettai con rassegnazione alla volontà del cielo e mi strinsi profondamente al Sacr.mo Cuore di Gesù, il Signore, dimostrando di essere pronta a quello per cui mi ero offerta. La sofferenza spuntò quasi da sotto terra; la stessa Madre Margherita se ne meravigliò. Alle altre passano lisce molte cose, ed in verità non vale la pena farci caso; ma a me non se ne salva una: ogni parola è analizzata, ogni passo controllato. Una suora mi disse: « Si prepari, sorella, ad accettare una piccola croce che l'attende da parte della Madre Superiora. Quanto mi dispiace per lei! ». Ed io nel mio intimo sono contenta di questo e vi sono preparata già da parecchio tempo. Quando vide il mio coraggio, rimase stupita per questo. Adesso vedo che l'anima da sola può ben poco, ma con Iddio può tutto. Ecco quello che può la grazia di Dio!

Sono poche le anime sempre attente alle ispirazioni di Dio, ma ancora di meno sono quelle che eseguono fedelmente le ispirazioni divine. Un'anima fedele a Dio però non può da sola prendere decisioni sulle sue ispirazioni: deve sottoporle al controllo di un sacerdote molto colto e saggio e, finché non ha la certezza, deve mantenere un atteggiamento d'incredulità. Non dia di propria iniziativa la sua fiducia a queste ispirazioni ed a tutte le grazie superiori, poiché può esporsi a molti danni. Sebbene l'anima distingua subito le false ispirazioni da quelle che provengono da Dio, tuttavia sia prudente perché ci sono molte cose dubbie. Dio è contento e si rallegra quando l'anima non presta fede a Lui Stesso, per Lui Stesso: perché Lo ama, è prudente ed interroga, e chiede aiuto per accertare che chi opera in lei è veramente Dio. E dopo averne avuta la conferma tramite un confessore illuminato, stia tranquilla; si metta nelle mani di Dio secondo le Sue indicazioni, cioè secondo le indicazioni del confessore. L'amore puro è capace di grandi imprese e non l'annientano né le difficoltà, né le contrarietà. Come l'amore è forte nelle grandi difficoltà, così è perseverante nella grigia, noiosa vita quotidiana. Essa sa che, per piacere a Dio, una cosa è necessaria: fare con grande amore le cose più piccole. Amore e sempre amore. L'amore puro non sbaglia; esso ha singolarmente molta luce e non fa nulla che non debba piacere a Dio. E attento nel prevedere ciò che è più caro a Dio e non c'è nulla che lo eguagli; è felice quando può annientarsi ed ardere come un sacrificio puro. Quanto più dà di sé, tanto più è felice. Inoltre nessuno meglio di lui riesce ad avvertire i pericoli da tanto lontano; ha il fiuto per togliere la maschera e sa con chi tratta.

I miei tormenti giungono ormai alla fine. Il Signore mi dà l'aiuto promesso. Lo vedo in due sacerdoti, cioè in Padre Andrasz e in Don Sopocko. Nel corso degli esercizi spirituali prima dei voti perpetui, per la prima volta venni tranquillizzata completamente ed in seguito venni guidata nella stessa direzione da Don Sopocko. Così si realizzò la promessa del Signore. Dopo che fui tranquillizzata ed istruita sul modo di procedere sulle vie di Dio, il mio spirito si rallegrò nel Signore e mi sembrò non di camminare, ma di correre. Mi erano state sciolte le ali per il volo e cominciai a volteggiare verso l'ardore del sole e non tornerò in basso fino a quando riposerò in Colui, nel Quale è annegata la mia anima per l'eternità. E mi abbandonai completamente all'influsso della grazia. Grandiosi sono gli abbassamenti divini alla mia anima! Da parte mia non mi ritiro, né mi rifiuto, ma m'immergo in Lui, come nell'unico mio Tesoro. Sono una cosa sola col Signore: in un certo modo scompare l'abisso che c'è fra noi, il Creatore e la creatura. Per alcuni giorni la mia anima è stata quasi continuamente in estasi: la presenza di Dio non mi ha abbandonato nemmeno per un istante, e la mia anima ha perseverato in una continua amorosa unione col Signore. Ciò tuttavia non mi ha impedito di adempire i miei doveri.

Sentivo che ero stata trasformata in amore; ardevo tutta, ma senza riportare danni. M'immergevo continuamente in Dio. Iddio mi attirava a Sé con tale forza e potenza che in certi momenti non mi rendevo nemmeno conto di essere sulla terra. Per tanto tempo avevo ostacolato la grazia di Dio e ne avevo avuto paura. Adesso Iddio Stesso tramite Padre Andrasz aveva tolto ogni difficoltà. Il mio spirito era stato indirizzato verso il sole e sbocciò ai suoi raggi per Lui Stesso. Già non capì [qui la frase è interrotta e non è stata completata]. Nonostante Iddio mi attirasse a Sé con tale veemenza che spesso non ero in grado di oppormi alla Sua grazia, sprecavo molte grazie di Dio perché avevo sempre paura delle illusioni. Quando all'improvviso venivo immersa in Lui, in quei momenti Gesù mi riempiva della Sua pace in maniera che, in seguito, anche se avessi voluto allarmarmi, non avrei potuto. Ad un tratto sentii nel mio intimo queste parole: « Perché tu sia tranquilla, che sono Io l'autore di tutte le richieste fatte a te, ti darò una tranquillità così profonda che, se anche volessi inquietarti ed allarmarti, ciò oggi non sarà in tuo potere, ma l'amore inonderà la tua anima fino a farti dimenticare te stessa ».

In seguito Gesù mi diede un altro sacerdote, al quale mi ordinò di svelare la mia anima. In un primo momento lo feci con una certa esitazione; ma un severo richiamo da parte di Gesù procurò una profonda umiltà alla mia anima. Sotto la sua direzione la mia anima progredì celermente nell'amore di Dio e molte delle richieste del Signore vennero eseguite in concreto. Talvolta il suo coraggio e la sua profonda umiltà mi hanno fatto riflettere. Oh! quant'è misera la mia anima che ha dissipato tante grazie! Sfuggivo a Dio ed Egli m'inseguiva con le Sue grazie. Il più delle volte le grazie di Dio mi venivano elargite, quando meno me l'aspettavo. Dal momento in cui il Signore mi ha dato un direttore spirituale, sono più fedele alla grazia per merito dello stesso direttore e della sua vigilanza sulla mia anima. Ho conosciuto veramente quello che è una direzione spirituale e come la considera Gesù: per ogni minima mancanza Gesù mi ammoniva e mi faceva presente che le questioni, che io sottoponevo al confessore, le giudicava Lui Stesso. « Ed ogni mancanza contro di lui colpisce Me direttamente ». Quando la mia anima sotto la sua direzione cominciò a gustare profondamente il raccoglimento e la pace, udii spesso nell'anima queste parole, talora ripetute varie volte di seguito: « Fortificati per la lotta! ».

Gesù mi fa conoscere spesso quello che non Gli piace nella mia anima e qualche volta mi ha rimproverato per cose che sembravano minuzie, ma che in realtà avevano una grande importanza. Egli mi ha messo in guardia e mi ha esercitato come un Maestro. Per molti anni mi ha educata Lui Stesso, fino al momento in cui mi ha dato un direttore spirituale. In precedenza era Lui che mi faceva conoscere quello che non capivo ed ora mi ordina di chiedere tutto al confessore e spesso mi dice così: « E Io ti risponderò tramite la sua bocca; sta' tranquilla». Non mi è ancora capitato di ricevere una risposta in contrasto con ciò che il Signore mi chiedeva e che io avevo fatto presente al mio direttore spirituale. Anzi qualche volta, ma non spesso, mi è capitato che Gesù mi ha raccomandato determinate cose di cui nessuno potrebbe essere stato al corrente, ma, quando mi sono avvicinata alla grata, il confessore me le ha raccomandate anche lui. Quando l'anima ha ottenuto per lungo tempo molta luce e molte ispirazioni e dopo che i confessori le hanno assicurato sia la tranquillità sia la provenienza delle ispirazioni, se il suo amore è grande, in tal caso Gesù le fa conoscere che è tempo che metta in pratica ciò che ha ricevuto. L'anima viene a conoscere che il Signore conta su di lei e questa conoscenza le dà forza. Essa sa che per restare fedele dovrà talvolta esporsi a varie difficoltà; ma essa confida in Dio e, grazie a tale fiducia, giunge là dove Iddio la chiama. Le difficoltà non la spaventano; sono per lei come il pane quotidiano; non la spaventano affatto, né l'intimoriscono, come i colpi di cannone non spaventano il cavaliere che è continuamente sui campi di battaglia.

Essa è ben lungi dallo spaventarsi, però rimane in ascolto per capire da che parte attaccherà il nemico. Per riportare la vittoria non fa nulla alla cieca, ma indaga, riflette profondamente e, non contando su di sé, prega fervorosamente ed attinge consigli da cavalieri esperti e saggi, e comportandosi così, vince quasi sempre. Ci sono degli attacchi nei quali l'anima non ha il tempo né per riflettere, né per chiedere consigli, né per nient'altro. In quei casi bisogna combattere per la vita o per la morte. Qualche volta è bene rifugiarsi nella ferita del Cuore di Gesù, non rispondendo nemmeno una parola: per quell'atto stesso il nemico è già sconfitto. In tempo di pace l'anima si sottopone a sforzi come fa in tempo di battaglia. Deve esercitarsi e molto; diversamente nemmeno parlarne di vittoria. il tempo di pace lo considero come il tempo di preparazione alla vittoria. Deve vigilare continuamente. Vigilanza e ancora una volta vigilanza! L'anima che riflette ottiene molta luce. Un'anima dissipata si mette da sola in pericolo di cadere e non si meravigli se poi cadrà. O Spirito Divino, guida dell'anima: saggio è colui che Tu trasformi. Ma affinché lo Spirito Divino possa agire in un'anima, occorre silenzio e raccoglimento. La preghiera. Con la preghiera l'anima si prepara ad affrontare qualsiasi battaglia. In qualunque condizione si trovi un'anima, deve pregare. Deve pregare l'anima pura e bella, poiché diversamente perderebbe la sua bellezza. Deve pregare l'anima che tende alla purezza, altrimenti non vi giungerà. Deve pregare l'anima che si è appena convertita, diversamente cadrebbe di nuovo. Deve pregare l'anima peccatrice, immersa nei peccati, per poter risorgere. E non c'è anima, che non abbia il dovere di pregare, poiché ogni grazia arriva tramite la preghiera.

Ricordo che la luce l'ho ricevuta in massima parte durante l'adorazione di mezz'ora, che facevo ogni giorno durante tutta la Quaresima, stando distesa a forma di croce davanti al SS.mo Sacramento. In quel tempo conobbi più a fondo me stessa e Iddio, anche se per fare quella preghiera incontrai molti ostacoli, nonostante avessi il permesso dei superiori. L'anima deve sapere che, per pregare e perseverare nella preghiera, deve armarsi di pazienza e superare coraggiosamente le difficoltà esteriori ed interiori. Le difficoltà interiori: lo scoraggiamento, l'aridità, l'indolenza, le tentazioni. Quelle esteriori: il rispetto umano e la necessità di rispettare i momenti destinati alla preghiera. Io stessa ho sperimentato che, se non dicevo le preghiere nel tempo stabilito, dopo non le dicevo più, perché i doveri me l'impedivano; e se pure le dicevo, ciò avveniva con gran fatica, perché il pensiero andava ai doveri da compiere.

Mi è capitata anche questa difficoltà: se l'anima aveva recitato bene le preghiere e ne era uscita con un profondo raccoglimento interiore, gli altri la contrastavano per tale raccoglimento; perciò ci vuole pazienza per perseverare nella preghiera. Più di una volta mi è capitata una cosa di questo genere: quando la mia anima era più profondamente assorta in Dio ed aveva riportato maggior profitto dalla preghiera e la presenza di Dio l'aveva accompagnata durante il giorno e sul lavoro aveva dimostrato più concentrazione, più esattezza e più impegno, proprio allora ho avuto il maggior numero di rimproveri con l'accusa di essere negligente ed indifferente a tutto e questo perché le anime meno raccolte vogliono che anche le altre siano come loro, perché costituiscono per loro un rimprovero continuo. Un'anima nobile e delicata può essere anche la più semplice, ma di sentimenti delicati; una tale anima cerca di vedere Iddio in ogni cosa. Lo trova ovunque, riesce a trovare Iddio anche nelle cose più insignificanti. Tutto per lei ha un significato. Apprezza grandemente tutto. Ringrazia Dio per ogni cosa.

Da ogni cosa ricava profitto e rivolge a Dio ogni lode. Confida in Lui e non s'impressiona quando viene il tempo della prova. Essa sa che Iddio è sempre il migliore dei padri e tiene poco conto delle considerazioni umane. Segue fedelmente anche il più piccolo soffio dello Spirito Santo; gioisce per questo Ospite spirituale e si aggrappa a Lui come un bimbo alla madre. Dove le altre anime s'arrestano e si spaventano, essa va avanti senza paura e senza difficoltà. Quando il Signore stesso vuole stare accanto ad un'anima e guidarla, allontana da lei tutto ciò che c'è all'esterno. Quando mi ammalai e venni trasferita in infermeria, ebbi molti dispiaceri per questo motivo. Eravamo in due ricoverate in infermeria. Da Suor N. andavano in visita le suore; da me non s'affacciava nessuno. Per la verità l'infermeria è una sola, ma ognuna ha la propria cella. Le serate invernali erano lunghe. Suor N. aveva la luce e la cuffia per la radio ed io per mancanza della luce non potevo nemmeno preparare la meditazione. Dopo che erano passate così all'incirca due settimane, una sera mi lamentai col Signore: « Ho molti dispiaceri e non posso nemmeno preparare la meditazione, dato che non ho la luce ». Ed il Signore mi disse che sarebbe venuto Lui ogni sera e mi avrebbe dato i punti per la meditazione dell'indomani. I punti si riferivano sempre alla Sua dolorosa Passione. Mi disse: « Medita la Mia Passione davanti a Pilato ». E così, punto per punto, per un'intera settimana meditai la Sua dolorosa Passione.

Da quel momento una grande gioia entrò nella mia anima e non desiderai più né visite, né luce; mi bastava Gesù per ogni cosa. Per la verità l'interessamento delle Superiore per le ammalate era notevole; tuttavia il Signore dispose in modo tale che mi sentii abbandonata. Egli, il migliore dei Maestri, per poter agire direttamente su un'anima allontana da lei tutto ciò che è creato. Più di una volta fui bersaglio di così numerose vessazioni e sofferenze che la stessa Madre M. mi disse: « Sulla sua strada, sorella, le sofferenze spuntano direttamente da sotto terra ». Mi disse ancora: « Io guardo a lei, sorella, come se fosse crocifissa, ma ho notato che il Signore Gesù in qualche modo c'entra in questo. Sorella, sia fedele al Signore ». Desidero annotare un sogno che feci su Santa Teresa del Bambino Gesù. Ero ancora novizia ed avevo certe difficoltà, che non mi riusciva di risolvere. Erano difficoltà interne collegate con difficoltà esterne. Avevo fatto parecchie novene a vari santi, ma la situazione diveniva sempre più pesante. Le mie sofferenze per questa ragione erano talmente grandi, che non sapevo più come continuare a vivere, ma improvvisamente mi venne l'idea di pregare Santa Teresa del Bambino Gesù. Cominciai la novena a questa santa, poiché prima di entrare in congregazione avevo molta devozione per lei. Adesso l'avevo un po' trascurata, ma trovandomi in questa necessità, di nuovo cominciai a pregarla con grande fervore. Il quinto giorno della novena sogno Santa Teresa, ma come se fosse stata ancora sulla terra. Mi nascose la consapevolezza che era santa e cominciò a dirmi parole di conforto; che non mi rattristassi a motivo di quella questione, ma avessi più fiducia in Dio. Mi disse: « Anch'io ho sofferto molto ».

Ma io non ero molto convinta che lei avesse sofferto molto e le dissi: «A me sembra che tu non soffra per niente ». Ma Santa Teresa rispose assicurandomi che aveva sofferto molto e mi disse: « Sappia, sorella, che fra tre giorni lei risolverà la sua questione nel modo migliore». Dato che io non ero molto propensa a crederle, tutto ad un tratto si fece conoscere come santa. Allora la gioia inondò la mia anima e le dissi: « Tu sei santa? ». Ed essa mi rispose: « SI, sono santa ed abbi fiducia che quella questione la risolverai fra tre giorni ». E io le dissi: « Santa Teresina, dimmi, andrò in paradiso? ». Mi rispose: « Sorella, lei andrà in paradiso ». « E sarò santa? ». Mi rispose: « Sarai santa ». « Ma, Teresina, sarò santa come te, sugli altari? ». Ed essa mi rispose: « Sì, sarai santa come me, ma devi avere molta fiducia in Gesù ». E poi le chiesi se mio padre e mia madre andranno in paradiso, se [frase non ultimata]. Mi rispose: « Ci andranno». E domandai ancora: « E le mie sorelle ed i miei fratelli andranno in paradiso? ». Mi rispose che dovevo pregare molto per loro e non mi diede una risposta precisa. Compresi che avevano bisogno di molte preghiere. Questo è un sogno e come dice un proverbio polacco « Sen mara, a Bég wiara - il sogno è una chimera, mentre Dio è certezza ». Però, come mi aveva detto, il terzo giorno risolsi quella difficile questione con grande facilità.

Per quanto concerne quella questione, si avverò tutto alla lettera come mi aveva detto. Questo è un sogno, ma ha avuto un suo significato. Mi trovavo, una volta, in cucina con suor N. e questa si adirò un poco contro di me e per penitenza mi ordinò di stare seduta su un tavolo, mentre solo lei continuò a darsi molto da fare; riassettò e strofinò ed io me ne stavo seduta sul tavolo. Le altre suore, che andavano e venivano, si stupivano nel vedermi seduta a quel modo. Ognuna diceva la sua. Una disse che ero una fannullona; un'altra, che ero stramba. A quel tempo ero postulante. Altre dicevano: « Che razza di suora sarà mai costei? ». Io però non potevo scendere dal tavolo, perché quella suora m'aveva imposto, sotto obbedienza, di restar seduta fino a che non m'avesse detto di scendere. Dio solo sa quanti atti di mortificazione feci in quell'occasione. Pensavo di prender fuoco per la vergogna. Dio Stesso talvolta così permise per la mia formazione interiore, ma il Signore poi mi ricompensò per quella umiliazione con una grande gioia. Durante la benedizione Lo vidi sotto un aspetto di grande bellezza. Gesù mi guardò amabilmente e disse: « Figlia Mia, non aver paura delle sofferenze. Io sono con te». Una notte ero di turno e soffrivo molto interiormente per il fatto di dover dipingere quell'immagine e non sapevo proprio che decisione prendere, dato che era un continuo volermi far credere che si trattava di un'illusione, mentre un sacerdote aveva detto che forse Iddio voleva essere adorato per mezzo di quella immagine; quindi bisognava darsi da fare per dipingerla.

Ma la mia anima era molto stanca. Quando entrai nella cappellina, avvicinai il capo al tabernacolo, e bussai dissi: « Vedi, Gesù, quante difficoltà ho nel dover dipingere quell'immagine ». E sentii una voce dal tabernacolo: « Figlia Mia, le tue sofferenze non dureranno a lungo ». Un giorno vidi due strade: una strada larga cosparsa di sabbia e di fiori, piena di allegria, di musica e di vari passatempi. La gente andava per quella strada ballando e divertendosi. Giungono alla fine, ma non s'accorgono che è finita. Alla fine di quella strada c'era uno spaventoso precipizio, cioè l'abisso infernale. Quelle anime cadevano alla cieca in quella voragine; man mano che arrivavano, precipitavano dentro. E ce n era un così gran numero, che era impossibile contarle. E vidi un'altra strada, o meglio un sentiero, poiché era stretto e cosparso di spine e di sassi e la gente che andava per quella strada aveva le lacrime agli occhi ed era piena di dolori. Alcuni cadevano sulle pietre, ma si alzavano subito e proseguivano. Ed alla fine della strada c'era uno stupendo giardino pieno di ogni felicità e tutte quelle anime vi entravano. Subito, fin dal primo momento, dimenticavano i loro dolori. Quando ci fu l'adorazione dalle Suore della Famiglia di Maria, di sera con una delle nostre Suore andai a quell'adorazione. Subito, appena entrai nella cappella, la presenza di Dio s'impadronì della mia anima. Pregai così, come in certi momenti, senza dire una parola. Ad un tratto vidi il Signore che mi disse: « Sappi che, se trascuri di dipingere quell'immagine e tutta l'opera della Misericordia, nel giorno del giudizio risponderai di un gran numero di anime ». Dopo queste parole del Signore, una certa apprensione entrò nella mia anima e anche timore. Non riuscivo a tranquillizzarmi da sola. Quelle parole mi risuonavano nelle orecchie. « Si, nel giorno del giudizio universale dovrò rispondere non solo di me stessa, ma anche di altre anime».

Queste parole mi erano penetrate profondamente nel cuore. Quando tornai a casa entrai nel piccolo Gesù, caddi con la faccia a terra davanti al SS.mo Sacramento e dissi al Signore: « Farò tutto quello che è in mio potere, ma Ti prego, Tu rimani sempre con me e dammi la forza di fare la Tua santa volontà, poiché Tu puoi tutto ed io da sola niente ». Da qualche tempo mi capita di sentire nell'anima quando qualcuno prega per me; lo sento immediatamente e a sua volta quando qualche anima mi chiede preghiere, sebbene non me lo dica, io lo sento egualmente nell'anima. Lo sento in questo modo: avverto un'inquietudine, come se qualcuno mi chiamasse; poi quando prego riacquisto la pace. Una volta avevo un gran desiderio di accostarmi alla S. Comunione, ma avevo un certo dubbio e non mi accostai. Per questo motivo soffrii tremendamente. Mi sembrava che il cuore mi si spezzasse dal dolore. Quando mi dedicai ai miei impegni col cuore pieno d'amarezza, Gesù apparve improvvisamente accanto a me e mi disse: « Figlia Mia, non tralasciare la S. Comunione, se non quando sei ben consapevole di essere caduta gravemente. All'infuori di ciò non ti trattenga alcun dubbio dall'unirti a Me nel Mio mistero d'amore. I tuoi piccoli difetti spariranno nel Mio amore, come una pagliuzza gettata in un grande incendio. Sappi questo, che Mi rattristi molto quando ometti di riceverMi nella S. Comutuone ». La sera, quando entrai nella piccola cappellina udii nell'anima queste parole: « Figlia Mia, medita su queste parole. “ed in preda all'angoscia, pregava più a lungo”» (cfr. Lx 22,44).

Quando cominciai a riflettere più a fondo, molta luce penetrò nella mia anima. Compresi di quanta perseveranza nella preghiera abbiamo bisogno e che da tale faticosa preghiera dipende talvolta la nostra salvezza. Quando andai a Kiekrz a sostituire per poco tempo una consorella, un pomeriggio attraversai l'orto e mi fermai sulla riva del lago e rimasi a lungo assorta pensando a questo elemento della natura. Ad un tratto vidi presso di me Gesù, che mi disse amabilmente: « Ho creato tutto questo per te, Mia sposa, e sappi che tutte le bellezze sono nulla in confronto a quello che ti ho preparato nell'eternità». L'anima mia fu inondata da una gioia così grande, che rimasi là fino alla sera e mi sembrò d'esserci rimasta solo un breve momento. Quel giorno l'avevo libero e destinato al ritiro spirituale di un giorno, perciò avevo piena libertà di dedicarmi alla preghiera. Oh! quanto è infinitamente buono Dio; c'insegue con la Sua bontà. Il più delle volte mi capita che il Signore mi concede le grazie più grandi, proprio quando io non me le aspetto affatto. O Ostia santa, Tu sei chiusa per me nel calice d'oro, affinché nel gran deserto dell'esIlio, io transiti pura, immacolata, intatta; me lo conceda la potenza del Tuo amore. O Ostia santa, dimora nell'anima mia, amore purissimo del mio cuore, la Tua luce disperda le tenebre. Tu non rifiuti le grazie ad un cuore umile. O Ostia santa, delizia del paradiso, sebbene nasconda la Tua bellezza e Ti presenti a me in una briciola di pane, la fede forte squarcia questo velo. Il giorno della crociata, il quinto di ogni mese, è capitato il primo venerdì. E il mio giorno, quello in cui debbo stare di guardia davanti a Gesù. In quel giorno ho il compito di riparare per tutti gli insulti e le mancanze di riguardo verso il Signore, di pregare perché in quel giorno non venga commesso alcun sacrilegio. Il mio spirito in quel giorno era infiammato di un amore particolare verso l'Eucaristia. Mi sembrava di essere trasformata in una fiamma.

Quando, per prendere la S. Comunione, mi avvicinai al sacerdote che mi dava Gesù, una seconda Ostia finì su di una mia manica e io non sapevo quale prendere. Essendo io rimasta un attimo sopra pensiero, il sacerdote spazientito fece un movimento con la mano perché la prendessi. Quando presi l'Ostia che mi porgeva, l'altra mi cadde nelle mani. Il sacerdote andò dall'altra parte della balaustra a distribuire la S. Comunione e io tenni Gesù nelle mie mani per tutto quel tempo. Quando il sacerdote si avvicinò di nuovo, gli diedi l'Ostia caduta perché la mettesse nella pisside, dato che in un primo momento, quando avevo preso Gesù, non avevo potuto dirgli che un'altra era caduta, prima d'aver inghiottito. Mentre tenevo l'Ostia nelle mani, sentii un tale impeto d'amore, che per tutto il giorno non potei né mangiare, né riprendere conoscenza. Dall'Ostia sentii queste parole: « Desideravo riposare nelle tue mani, non solo nel tuo cuore » e all'improvviso in quel momento vidi Gesù Bambino. Ma quando si avvicinò il sacerdote, vidi di nuovo l'Ostia. O Maria, Vergine Immacolata, Puro cristallo per il mio cuore, Tu sei la mia forza, o àncora potente, Tu sei lo scudo e la difesa dei deboli cuori. O Maria, Tu sei pura ed impareggiabile, Vergine e Madre insieme. Tu sei bella come il sole, senza alcuna macchia, Nulla è paragonabile all'immagine della Tua anima.

La Tua bellezza ha affascinato il Tre volte Santo, Sceso dal cielo, abbandonando il trono della Sua sede eterna, E prese corpo e sangue dal Tuo cuore, Nascondendosi per nove mesi nel cuore della Vergine. O Madre, o Vergine, nessuno riesce a comprendere che l'immenso Iddio diventa uomo, Solo per amore e per la Sua insondabile Misericordia. Per merito Tuo, o Madre, vivremo con Lui in eterno. O Maria, Vergine Madre e Porta del cielo, Attraverso Te ci è venuta la salvezza, Ogni grazia sgorga per noi dalle Tue mani E solo la Tua fedele imitazione mi farà santa. O Maria, o Vergine, o Giglio più bello, il Tuo Cuore è stato il primo tabernacolo per Gesù sulla terra, Perché la Tua umiltà è stata la più profonda E per questo sei stata innalzata sopra i cori degli angeli e sul santi. O Maria, dolce Madre mia, Affido a Te l'anima, il corpo ed il mio povero cuore. Sii la Guardiana della mia vita E soprattutto nell'ora della morte, nell'ultima battaglia. G.M.G. Gesù confido in Te. Anno 1937, mese I, giorno I. Annotazione per il controllo dell'anima. Esame particolare: unirmi a Cristo misericordioso. Pratica: il silenzio interiore, stretta osservanza del silenzio.

LA COSCIENZA.

Gennaio. Dio e l'anima, silenzio. Vittorie, 41, sconfitte, 4. Giaculatoria: E Gesù taceva! Febbraio. Dio e l'anima, silenzio. Vittorie, 36, sconfitte, 3. Giaculatoria: Gesù confido in Te! Marzo. Dio e l'anima, silenzio. Vittorie, 51, sconfitte, 2. Giaculatoria: Gesù infiamma d'amore il mio cuore. Aprile. Dio e l'anima, silenzio. Vittorie, 61, sconfitte, 4. Giaculatoria: Con Dio posso tutto. Maggio. Dio e l'anima, silenzio. Vittorie, 92, sconfitte, 3. Giaculatoria: Nel suo Nome è la mia forza. Giugno. Dio e l'anima, silenzio. Vittorie, 64, sconfitte, 1. Giaculatoria: Tutto per Gesù! Luglio. Dio e l'anima, silenzio. Vittorie, 62, sconfitte, 8. Giaculatoria: Riposa Gesù nel mio cuore. Agosto. Dio e l'anima, silenzio. Vittorie, 88, sconfitte, 7. Giaculatoria: Gesù Tu sai... Settembre. Dio e l'anima, silenzio. Vittorie, 99, sconfitte, 1. Giaculatoria: Gesù nascondimi nel tuo Cuore. Ottobre. Dio e l'anima, silenzio. Vittorie, 41, sconfitte, 3. Giaculatoria: O Maria, uniscimi a Gesù. Novembre. Dio e l'anima, silenzio. Vittorie, sconfitte, Giaculatoria: Gesù mio, misericordia. Dicembre. Dio e l'anima, silenzio. Vittorie, sconfitte, Giaculatoria: Ti saluto, Ostia viva. G.M.G. Anno 1937

ESERCITAZIONE GENERALE: Per ogni volta che il mio petto respira, per ogni volta che batte il mio cuore, per ogni volta che pulsa il sangue nel mio organismo, per altrettante migliaia di volte desidero esaltare la Tua Misericordia, o Trinità Santissima. Desidero trasformarmi tutta nella Tua Misericordia ed essere il riflesso vivo di Te, o Signore. Che il più grande attributo di Dio, cioè la Sua incommensurabile Misericordia, giunga al mio prossimo attraverso il mio cuore e la mia anima. Aiutami, o Signore, a far si che i miei occhi siano misericordiosi, in modo che io non nutra mai sospetti e non giudichi sulla base di apparenze esteriori, ma sappia scorgere ciò che c'è di bello nell'anima del mio prossimo e gli sia di aiuto. Aiutami a far si che il mio udito sia misericordioso, che mi chini sulle necessità del mio prossimo, che le mie orecchie non siano indifferenti ai dolori ed ai gemiti del mio prossimo. Aiutami, o Signore, a far si che la mia lingua sia misericordiosa e non parli mai sfavorevolmente del prossimo, ma abbia per ognuno una parola di conforto e di perdono. Aiutami, o Signore, a far sì che le mie mani siano misericordiose e piene di buone azioni, in modo che io sappia fare unicamente del bene al prossimo e prenda su di me i lavori più pesanti e più penosi. Aiutami a far sì che i miei piedi siano misericordiosi, in modo che io accorra sempre in aiuto del prossimo, vincendo la mia indolenza e la mia stanchezza. il mio vero riposo sta nella disponibilità verso il prossimo. Aiutami, Signore, a far si che il mio cuore sia misericordioso, in modo che partecipi a tutte le sofferenze del prossimo. A nessuno rifiuterò il mio cuore. Mi comporterò sinceramente anche con coloro di cui so abuseranno della mia bontà, mentre io mi rifugerò nel Misericordiosissimo Cuore di Gesù. Non parlerò delle mie sofferenze. Alberghi in me la Tua Misericordia, o mio Signore. Tu Stesso mi ordini di esercitarmi nei tre gradi della misericordia. Primo: l'opera di misericordia di qualunque genere essa sia. Secondo: la parola misericordiosa; se non potrò con l'azione lo farò con la parola. il terzo grado è la preghiera. Se non potrò dimostrare la mia misericordia né con l'azione, né con la parola, posso sempre farlo con la preghiera. La preghiera l'estenderò anche là, dove non posso giungere fisicamente. O Gesù mio, trasformarmi in Te Stesso poiché Tu puoi fare tutto. [A questo punto nel manoscritto ci sono 4 pagine in bianco: 79-82]

G.M.G.Varsavia, anno 1933 LA PROBAZIONE PRIMA DEI VOTI PERPETUI.

Quando venni a sapere che dovevo partire per la probazione, la gioia esplose nel mio cuore di fronte ad una grazia così inesplicabile, quale è quella dei voti perpetui. Andai davanti al Santissimo Sacramento e quando m immersi nella preghiera di ringraziamento, udii nell'anima queste parole: « Bambina Mia, tu sei la Mia delizia; tu sei il refrigerio del Mio Cuore. Ti concedo tante grazie, quante riesci a reggerne. Ogni volta che vuoi procurarMi una gioia, parla al mondo della Mia grande ed incommensurabile Misericordia ». Alcune settimane prima che mi venisse annunciato che ero stata ammessa alla probazione, un giorno che entrai un momento in cappella, Gesù mi aveva detto: « In questo momento i Superiori annunciano quali Suore debbono pronunciare i voti perpetui. Non tutte otterranno questa grazia, però le escluse ne hanno esse stesse la colpa. Chi non approfitta delle piccole grazie, non ottiene le grandi. Ma a te, bambina Mia, questa grazia è stata concessa ». Un gioioso stupore s'impadronì della mia anima e questo perché alcuni giorni prima una suora mi aveva detto: « Lei, sorella, non sarà ammessa alla terza probazione. Io stessa farò in modo che lei non sia ammessa ai voti ». Non avevo risposto nulla a quella suora, ma la cosa per me era stata molto spiacevole; però cercai, nei limiti del possibile, di tener nascosto il mio dolore. O Gesù, com'è mirabile il Tuo operare! Ora vedo che gli uomini da soli valgono ben poco; infatti alla probazione sono stata ammessa, proprio come mi aveva detto Gesù. Nella preghiera trovo sempre luce e forza per lo spirito, benché talvolta ci siano dei momenti pesanti ed assai incresciosi, tanto che certe volte non si riesce a comprendere come cose di questo genere possano avvenire in un convento.

Per ragioni misteriose Iddio lo permette, ma questo avviene sempre affinché venga messa in risalto la virtù di un'anima o perché la stessa si tempri bene. Per questo ci sono i dispiaceri. Oggi novembre 1932 sono giunta a Varsavia per la terza probazione. Dopo un cordiale saluto con le care Madri, sono entrata un momento nella piccola cappellina. Ad un tratto la presenza di Dio ha investito la mia anima ed ho udito queste parole: « Figlia Mia, desidero che il tuo cuore sia modellato secondo il Mio Cuore misericordioso. Devi essere totalmente imbevuta della Mia Misericordia ». La cara Madre Maestra mi domandò subito se quest'anno avevo fatto gli esercizi spirituali. Le risposi di no. « E perciò lei deve fare prima almeno tre giorni di esercizi spirituali ». Grazie a Dio a Walendòw c'erano gli esercizi di Otto giorni, quindi potei approfittarne. Cominciarono però le difficoltà quando si trattò di andare a quegli esercizi. Una certa persona era molto contraria a questo e già non dovevo partire più. Dopo pranzo andai in cappella per una adorazione di cinque minuti. All'improvviso vidi Gesù che mi disse: « Figlia Mia, ti sto preparando molte grazie, che riceverai durante gli esercizi spirituali che comincerai domani ». Risposi: « Ma, Gesù, gli esercizi sono già cominciati e io non debbo andare ». E mi disse: « Tu preparati, perché domani comincerai gli esercizi spirituali; e in quanto alla tua partenza ci penso Io coi Superiori ». E all'improvviso Gesù scomparve. Cominciai a pensare a come ciò sarebbe avvenuto. Ma dopo un momento abbandonai ogni pensiero su ciò e dedicai quel po' di tempo alla preghiera, chiedendo luce allo Spirito Santo, per conoscere tutta la mia miseria. E dopo un momento uscii dalla cappella per riprendere le mie occupazioni.

Poco dopo la Madre Generale mi fa chiamare e mi dice: « Sorella, oggi stesso lei va a Walendow con Madre Valeria, in modo che già da domani possa cominciare gli esercizi. Si è verificata l'occasione che c'è qui Madre Valeria, quindi partite assieme ». Dopo nemmeno due ore ero già a Walendow. Riflettei un momento dentro di me e dovetti riconoscere che le faccende a questo modo le poteva risolvere soltanto Gesù. Quando mi vide quella persona, che si era così tenacemente opposta al fatto che io facessi gli esercizi spirituali, mostrò il suo stupore e la sua irritazione. Io però, come se niente fosse, la salutai inchinandomi cordialmente ed andai a far visita al Signore, per avere indicazioni su come dovevo comportarmi durante gli esercIzi spirituali. Il mio colloquio col Signore prima dell'inizio degli esercizi. Gesù mi disse che quegli esercizi sarebbero stati un po' diversi dagli altri. « Nel trattare con Me cerca di mantenere una calma profonda. Eliminerò tutte le incertezze a questo riguardo. Io so che ora sei tranquilla, mentre stoparlando con te; ma appena smetterò di parlare, comincerai a tirar fuori i dubbi; ma sappi che rafforzerò talmente la tua anima che, sebbene volessi metterti in agitazione, non sarà in tuo potere. E come prova che sono Io che ti parlo, il secondo giorno degli esercizi andrai a confessarti dal sacerdote, che tiene gli esercizi. Andrai da lui appena terminata la meditazione e gli esporrai i tuoi dubbi, quelli che hai riguardo a Me e Io ti risponderò con la bocca di lui ed allora finiranno i tuoi timori. Durante questi esercizi osserva un silenzio così rigoroso, come se attorno a te non esistesse niente. Parlerai solo con Me e col confessore; alle Superiore chiederai soltanto le penitenze ».

Mi rallegrai tanto perché il Signore Gesù mi aveva dimostrato in tal misura la sua benevolenza e si era abbassato fino a me. Primo giorno degli esercizi. Al mattino cercai di essere la prima a giungere in cappella. Prima della meditazione ebbi ancora un momento di tempo per una preghiera allo Spirito Santo ed alla Madre SS.ma. Pregai ardentemente la Madonna perché mi ottenesse la grazia di essere fedele a queste ispirazioni interiori e perché adempissi fedelmente ogni volontà di Dio. Iniziai questi esercizi con uno strano coraggio. Lotta per mantenere il silenzio. Come capita normalmente, agli esercizi vengono suore da varie case. Una di queste suore, che non avevo visto da parecchio tempo, venne nella mia cella e mi disse che aveva qualche cosa da comunicarmi. Non le risposi niente ed essa si accorse che non volevo rompere il silenzio. Mi rispose: « Non sapevo, sorella, che lei fosse un tipo tanto stravagante », e se ne andò.

Compresi che quella persona non aveva verso di me altro interesse se non l'appagamento del suo curioso amor proprio. O Dio, mantienimi fedele. Il Padre che predicava gli esercizi veniva dall'America. Era venuto in Polonia per poco tempo e le circostanze fecero sì che venisse da noi a predicare gli esercizi. Da quell'uomo emanava la sensazione di una profonda vita interiore. Il suo aspetto rivelava grandezza d'animo; la mortificazione ed il raccoglimento erano le caratteristiche di quel sacerdote. Tuttavia, nonostante le grandi virtù che quel sacerdote possedeva, provavo un'enorme difficoltà a svelargli la mia anima per quel che riguarda le grazie, poiché per quanto riguarda i peccati è sempre facile; ma per le grazie debbo veramente impormi un grande sforzo ed anche così non dico tutto. Tentazioni di satana. Durante la meditazione fui stranamente presa dalla paura che quel sacerdote non mi avrebbe capita e poi che non avrebbe avuto tempo, in modo che io gli potessi esporre tutto. « Ma come gli parlerò di tutto questo? Se si trattasse di Padre Bukowski mi sarebbe più facile, ma questo padre gesuita lo vedo per la prima volta ».

Allora mi venne in mente un consiglio di Padre Bukowski, il quale mi aveva detto che, quando facevo gli esercizi spirituali, dovevo prendere nota anche brevemente dei lumi che il Signore mi inviava e che almeno di quello dovevo rendergli conto, pur brevemente. « O mio Dio, un giorno e mezzo è passato così facilmente per me; ora invece comincia la lotta per la vita e per la morte. Fra mezz'ora ci deve essere la meditazione e poi devo andare a confessarmi. Satana mi spinge a credere che, se i Superiori hanno detto che la mia vita interiore è un'illusione, a che scopo chiedere ancora al confessore e affliggerlo per niente?». « Dopo tutto te l'ha detto M. X. che Gesù non ha rapporti di quel genere con anime così misere. La stessa cosa ti dirà il confessore. A che scopo devi parlare di queste cose? In fin dei conti non sono peccati e Madre X. d'altronde ti ha detto chiaro e tondo che tutti questi contatti con Gesù sono un sogno, un puro isterismo. Perché devi parlarne con questo confessore? Fai meglio se respingi tutto come un'illusione. Guarda quante umiliazioni hai già dovuto subire e quante ne dovrai subire ancora e anche le Suore lo sanno che sei un'isterica ». « O Gesù! » gridai con tutta la forza dell'anima.

Proprio in quel momento il Padre venne per tenere la sua conferenza. Parlò brevemente, come se avesse fretta. Terminata la conferenza, si mise in confessionale. Guardai. Nessuna suora si alzò per andare. Mi staccai decisamente dall'inginocchiatoio e in un attimo mi trovai davanti alla grata. Non ci fu tempo per nessuna riflessione. Invece di parlare al Padre dei dubbi che mi erano stati insinuati in merito ai rapporti con Gesù, cominciai a raccontare tutte le tentazioni che sono descritte sopra. Ma il confessore si rese subito conto di tutta la mia situazione e disse: « Lei non si fida di Gesù, perché con lei si comporta con tanta amabilità. Ma come sarebbe, sorella? Lei deve essere pienamente tranquilla. È Gesù il suo Maestro, sorella, ed i rapporti di familiarità che ha con Gesù non sono un isterismo, né un sogno, né un'illusione. Sappia, sorella, che è sulla buona strada. Sia fedele a queste grazie: non le è permesso sfuggirle. Non è necessario che lei parli di queste grazie interiori con le Superiore, se non per un ordine preciso di Gesù e prenda prima accordi col confessore. Ma se Gesù richiede qualche cosa che è o deve avvenire all'esterno, in tal caso, dopo aver preso accordi col confessore, lei deve fare quello che Gesù chiede, dovesse costarle qualunque prezzo. Ma d'altra parte lei, sorella, deve parlare di tutto col confessore. Non c'è assolutamente un'altra via per lei. Preghi, sorella, per ottenere un direttore spirituale, poiché diversamente sprecherebbe questi grandi doni di Dio. Le ripeto ancora una volta di stare tranquilla; lei è sulla buona strada. Non badare a niente, ma essere sempre fedele al Signore Gesù, nonostante ciò che può dire di lei questo o quello.

Proprio con tali anime misere il Signore Gesù intrattiene rapporti di familiarità e più lei si umilierà e più il Signore Gesù si unirà a lei». Quando mi allontanai dalla grata, una gioia inconcepibile aveva inondato la mia anima, tanto che mi isolai in un posto appartato dell'orto, per nascondermi di fronte alle suore e permettere al mio cuore di sfogarsi liberamente con Dio. La presenza di Dio mi investi da parte a parte e in un attimo tutto il mio nulla s'immerse in Dio e in quell'attimo sentii, cioè distinsi le tre Persone Divine che abitavano in me ed avevo nell'anima una pace così grande, che io stessa mi stupii per il fatto che m'era stato possibile essere inquieta nel passato. Proposito. Fedeltà alle ispirazioni interiori, qualunque cosa possa costarmi. Non far nulla da sola senza un accordo preventivo col confessore. Rinnovazione dei voti. Fin dal primo mattino, da quando mi sono svegliata, il mio spirito è sprofondato interamente in Dio, in un oceano d'amore.

Sentivo che ero completamente immersa in Lui. Durante la S. Messa il mio amore per Lui ha raggiunto una grande intensità. Dopo la rinnovazione dei voti e la S. Comunione ad un tratto ho visto Gesù, che mi ha detto amabilmente: « Figlia Mia, guarda il Mio Cuore misericordioso ». Quando guardai quel Cuore SS.mo uscirono gli stessi raggi che sono nell'immagine, come sangue e acqua e compresi quanto è grande la Misericordia del Signore. E di nuovo Gesù mi disse amabilmente: « Figlia Mia, parla ai Sacerdoti della Mia insondabile Misericordia. Le fiamme della Misericordia Mi bruciano: voglio riversarle sulle anime ma le anime non vogliono credere alla Mia bontà ». All'improvviso Gesù spari. Ma per tutta la giornata il mio spirito fu immerso nella sensibile presenza di Dio, nonostante il chiasso e le conversazioni, che seguono di solito dopo gli esercizi spirituali. La cosa però non mi disturbò affatto. il mio spirito era immerso in Dio, nonostante che all'esterno prendessi parte alle conversazioni è andassi perfino a visitare Derdy. Oggi cominciamo la terza probazione. Ci siamo riunite tutte e tre presso Madre Margherita, poiché le altre Suore la terza probazione l'hanno iniziata nel noviziato. Madre Margherita ha cominciato con una preghiera, ha spiegato in che cosa consiste la terza probazione ed ha ricordato quanto è grande la grazia dei voti perpetui. Tutto ad un tratto diedi in un pianto dirotto. In un momento mi erano apparse davanti agli occhi dell'anima tutte le grazie del Signore e mi ero vista tanto misera ed ingrata di fronte a Dio. Le consorelle cominciarono a rimproverarmi: « Perché s'è messa a piangere a quel modo? ». Ma la Madre Maestra mi difese e disse che non se ne meravigliava. Terminata l'ora, andai davanti al SS.mo Sacramento e, come la più grande miseria e nullità, Lo pregai di aver misericordia e di degnarsi di guarire e purificare la mia povera anima. D'un tratto udii queste parole: « Figlia Mia, tutte le tue miserie sono state bruciate nel fuoco del Mio amore, come una pagliuzza gettata in un immenso incendio. E con questo umiliarti attiri su di te e su altre anime tutto il mare della mia Misericordia ». E risposi: « Gesù, plasma il mio povero cuore secondo il Tuo Divino compiacimento». Per tutto il periodo della probazione il mio compito fu quello di aiutare la Suora responsabile del guardaroba.

Questo compito mi fornì molte occasioni di esercitarmi nelle virtù. Talvolta andai per tre volte di seguito a portare la biancheria a certe Suore e non fu sufficiente per accontentarle. Ma ebbi modo di conoscere anche la grande virtù di alcune Suore, che chiedevano sempre di dar loro I quello che c'era di più scadente nel guardaroba. Ho avuto modo di ammirare il loro spirito di umiltà e mortificazione. Durante l'Avvento si risvegliò nella mia anima un grande desiderio di Dio. Il mio spirito anelava a Dio con tutta la forza del suo essere. In quel tempo il Signore mi elargì molta luce per farmi conoscere i Suoi attributi. Il primo attributo che il Signore mi fece conoscere è la Sua Santità. Tale Santità è così grande, che davanti a Lui tremano tutte le Potenze e le Virtù. I puri spiriti nascondono il volto e si sprofondano in una incessante adorazione. E l'unica espressione della loro adorazione senza limiti è: « Santo... ».

La Santità di Dio è distribuita sulla Chiesa e su ogni suo membro, ma non in uguale misura. Ci sono delle anime completamente divinizzate, ma ci sono anche anime che vivono a malapena. Il secondo attributo che il Signore mi fece conoscere è la Sua Giustizia. La Sua Giustizia è così grande e penetrante che raggiunge fino in fondo l'essenza delle cose e tutto davanti a Lui è nella sua nuda realtà e nulla potrebbe continuare a sussistere. Il terzo attributo è l'Amore e la Misericordia. E compresi che l'Amore e la Misericordia è [sic!] l'attributo più grande. Esso unisce la creatura al Creatore. L'amore più grande e l'abisso della Misericordia li riconosco nell'Incarnazione del Verbo, nella Redenzione da Lui operata. E da ciò compresi che questo attributo è il più grande in Dio. Oggi ho riassettato la camera di una Suora. Nonostante che mi fossi impegnata a riordinarla con la massima cura, quella persona per tutto il tempo che ho impiegato a pulire, mi è venuta appresso e diceva: « Qui c'è un po' di polvere, là c'è una macchiolina sul pavimento ». Ad ogni suo cenno sono passata e ripassata anche dieci volte nello stesso punto, pur di accontentarla. Non è il lavoro che stanca, ma le chiacchiere e le pretese oltre ogni ragionevole misura. E non le è bastato il martirio a cui mi ha sottoposta per tutto il giorno, ma è andata anche a lamentarsi dalla Madre Maestra: « Non le dico, Madre, che sorta di suora è, sbadata, non si sbriga mai! ». Il giorno dopo, senza una parola di spiegazione, andai a fare lo stesso lavoro. Quando mi prese nelle sue spire, pensai fra me: « Gesù, si può essere martiri silenziosi. Le forze vengono a mancare non per il lavoro, ma per questo continuo martirio». Ho capito che certe persone hanno il dono particolare di tormentare le altre. Le tengono sotto pressione a più non posso. Povera quell'anima che capita sotto di loro. Non conta nulla; anche le cose migliori vengono giudicate a rovescio.


4-115 Marzo 6, 1902 Gesù viene spogliato d’ogni principato, d’ogni regime e d’ogni sovranità.

Luisa Piccarreta (Libro di Cielo)

(1) Questa mattina il mio adorabile Gesù nel venire si faceva vedere tutto nudo, cercando come coprirsi nel mio interno dicendomi:

(2) “Figlia mia, mi hanno spogliato d’ogni principato, d’ogni regime, d’ogni sovranità; e per riacquistare questi miei dritti sopra le creature è necessario che spogli loro e quasi li distrugga, ed in questo conosceranno che dove non c’è Dio per principio, per regime e per sovrano, tutto porta alla distruzione di loro stessi, e quindi alla fonte di tutti i mali”.