Sotto il Tuo Manto

Martedi, 9 settembre 2025 - San Pietro Claver Sacerdote (Letture di oggi)

Tollera ogni cosa quando si tratta di impedire il peccato. (San Giovanni Bosco)

Liturgia delle Ore - Letture

Mercoledi della 4° settimana del tempo ordinario (Sant'Agata)

Questa sezione contiene delle letture scelte a caso, provenienti dalle varie sezioni del sito (Sacra Bibbia e la sezione Biblioteca Cristiana), mentre l'ultimo tab Apparizioni, contiene messaggi di apparizioni a mistici o loro scritti. Sono presenti testi della Valtorta, Luisa Piccarreta, don Stefano Gobbi e testimonianze di apparizioni mariane riconosciute.

Vangelo secondo Luca 6

1Un giorno di sabato passava attraverso campi di grano e i suoi discepoli coglievano e mangiavano le spighe, sfregandole con le mani.2Alcuni farisei dissero: "Perché fate ciò che non è permesso di sabato?".3Gesù rispose: "Allora non avete mai letto ciò che fece Davide, quando ebbe fame lui e i suoi compagni?4Come entrò nella casa di Dio, prese i pani dell'offerta, ne mangiò e ne diede ai suoi compagni, sebbene non fosse lecito mangiarli se non ai soli sacerdoti?".5E diceva loro: "Il Figlio dell'uomo è signore del sabato".

6Un altro sabato egli entrò nella sinagoga e si mise a insegnare. Ora c'era là un uomo, che aveva la mano destra inaridita.7Gli scribi e i farisei lo osservavano per vedere se lo guariva di sabato, allo scopo di trovare un capo di accusa contro di lui.8Ma Gesù era a conoscenza dei loro pensieri e disse all'uomo che aveva la mano inaridita: "Alzati e mettiti nel mezzo!". L'uomo, alzatosi, si mise nel punto indicato.9Poi Gesù disse loro: "Domando a voi: È lecito in giorno di sabato fare del bene o fare del male, salvare una vita o perderla?".10E volgendo tutt'intorno lo sguardo su di loro, disse all'uomo: "Stendi la mano!". Egli lo fece e la mano guarì.11Ma essi furono pieni di rabbia e discutevano fra di loro su quello che avrebbero potuto fare a Gesù.

12In quei giorni Gesù se ne andò sulla montagna a pregare e passò la notte in orazione.13Quando fu giorno, chiamò a sé i suoi discepoli e ne scelse dodici, ai quali diede il nome di apostoli:14Simone, che chiamò anche Pietro, Andrea suo fratello, Giacomo, Giovanni, Filippo, Bartolomeo,15Matteo, Tommaso, Giacomo d'Alfeo, Simone soprannominato Zelota,16Giuda di Giacomo e Giuda Iscariota, che fu il traditore.

17Disceso con loro, si fermò in un luogo pianeggiante. C'era gran folla di suoi discepoli e gran moltitudine di gente da tutta la Giudea, da Gerusalemme e dal litorale di Tiro e di Sidone,18che erano venuti per ascoltarlo ed esser guariti dalle loro malattie; anche quelli che erano tormentati da spiriti immondi, venivano guariti.19Tutta la folla cercava di toccarlo, perché da lui usciva una forza che sanava tutti.

20Alzati gli occhi verso i suoi discepoli, Gesù diceva:
"Beati voi poveri,
perché vostro è il regno di Dio.
21Beati voi che ora avete fame,
perché sarete saziati.
Beati voi che ora piangete,
perché riderete.
22Beati voi quando gli uomini vi odieranno e quando vi metteranno al bando e v'insulteranno e respingeranno il vostro nome come scellerato, a causa del Figlio dell'uomo.23Rallegratevi in quel giorno ed esultate, perché, ecco, la vostra ricompensa è grande nei cieli. Allo stesso modo infatti facevano i loro padri con i profeti.

24Ma guai a voi, ricchi,
perché avete già la vostra consolazione.
25Guai a voi che ora siete sazi,
perché avrete fame.
Guai a voi che ora ridete,
perché sarete afflitti e piangerete.
26Guai quando tutti gli uomini diranno bene di voi.
Allo stesso modo infatti facevano i loro padri con i falsi profeti.

27Ma a voi che ascoltate, io dico: Amate i vostri nemici, fate del bene a coloro che vi odiano,28benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi maltrattano.29A chi ti percuote sulla guancia, porgi anche l'altra; a chi ti leva il mantello, non rifiutare la tunica.30Da' a chiunque ti chiede; e a chi prende del tuo, non richiederlo.31Ciò che volete gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro.32Se amate quelli che vi amano, che merito ne avrete? Anche i peccatori fanno lo stesso.33E se fate del bene a coloro che vi fanno del bene, che merito ne avrete? Anche i peccatori fanno lo stesso.34E se prestate a coloro da cui sperate ricevere, che merito ne avrete? Anche i peccatori concedono prestiti ai peccatori per riceverne altrettanto.35Amate invece i vostri nemici, fate del bene e prestate senza sperarne nulla, e il vostro premio sarà grande e sarete figli dell'Altissimo; perché egli è benevolo verso gl'ingrati e i malvagi.

36Siate misericordiosi, come è misericordioso il Padre vostro.37Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e vi sarà perdonato;38date e vi sarà dato; una buona misura, pigiata, scossa e traboccante vi sarà versata nel grembo, perché con la misura con cui misurate, sarà misurato a voi in cambio".

39Disse loro anche una parabola: "Può forse un cieco guidare un altro cieco? Non cadranno tutt'e due in una buca?40Il discepolo non è da più del maestro; ma ognuno ben preparato sarà come il suo maestro.41Perché guardi la pagliuzza che è nell'occhio del tuo fratello, e non t'accorgi della trave che è nel tuo?42Come puoi dire al tuo fratello: Permetti che tolga la pagliuzza che è nel tuo occhio, e tu non vedi la trave che è nel tuo? Ipocrita, togli prima la trave dal tuo occhio e allora potrai vederci bene nel togliere la pagliuzza dall'occhio del tuo fratello.
43Non c'è albero buono che faccia frutti cattivi, né albero cattivo che faccia frutti buoni.44Ogni albero infatti si riconosce dal suo frutto: non si raccolgono fichi dalle spine, né si vendemmia uva da un rovo.45L'uomo buono trae fuori il bene dal buon tesoro del suo cuore; l'uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae fuori il male, perché la bocca parla dalla pienezza del cuore.

46Perché mi chiamate: Signore, Signore, e poi non fate ciò che dico?47Chi viene a me e ascolta le mie parole e le mette in pratica, vi mostrerò a chi è simile:48è simile a un uomo che, costruendo una casa, ha scavato molto profondo e ha posto le fondamenta sopra la roccia. Venuta la piena, il fiume irruppe contro quella casa, ma non riuscì a smuoverla perché era costruita bene.49Chi invece ascolta e non mette in pratica, è simile a un uomo che ha costruito una casa sulla terra, senza fondamenta. Il fiume la investì e subito crollò; e la rovina di quella casa fu grande".


Tobia 5

1Allora Tobia rispose al padre: "Quanto mi hai comandato io farò, o padre.2Ma come potrò riprendere la somma, dal momento che lui non conosce me, né io conosco lui? Che segno posso dargli, perché mi riconosca, mi creda e mi consegni il denaro? Inoltre non sono pratico delle strade della Media per andarvi".3Rispose Tobi al figlio: "Mi ha dato un documento autografo e anch'io gli ho consegnato un documento scritto; lo divisi in due parti e ne prendemmo ciascuno una parte; l'altra parte la lasciai presso di lui con il denaro. Sono ora vent'anni da quando ho depositato quella somma. Cercati dunque, o figlio, un uomo di fiducia che ti faccia da guida. Lo pagheremo per tutto il tempo fino al tuo ritorno. Va' dunque da Gabael a ritirare il denaro".
4Uscì Tobia in cerca di uno pratico della strada che lo accompagnasse nella Media. Uscì e si trovò davanti l'angelo Raffaele, non sospettando minimamente che fosse un angelo di Dio.5Gli disse: "Di dove sei, o giovane?". Rispose: "Sono uno dei tuoi fratelli Israeliti, venuto a cercare lavoro". Riprese Tobia: "Conosci la strada per andare nella Media?".6Gli disse: "Certo, parecchie volte sono stato là e conosco bene tutte le strade. Spesso mi recai nella Media e alloggiai presso Gabael, un nostro fratello che abita a Rage di Media. Ci sono due giorni di cammino da Ecbàtana a Rage. Rage è sulle montagne ed Ecbàtana è nella pianura".7E Tobia a lui: "Aspetta, o giovane, che vada ad avvertire mio padre. Ho bisogno che tu venga con me e ti pagherò il tuo salario".8Gli rispose: "Ecco, ti attendo; soltanto non tardare".9Tobia andò ad informare suo padre Tobi dicendogli: "Ecco, ho trovato un uomo tra i nostri fratelli Israeliti". Gli rispose: "Chiamalo, perché io sappia di che famiglia e di che tribù è e se è persona fidata per venire con te, o figlio".10Tobia uscì a chiamarlo: "Quel giovane, mio padre ti chiama". Entrò da lui. Tobi lo salutò per primo e l'altro gli disse: "Possa tu avere molta gioia!". Tobi rispose: "Che gioia posso ancora avere? Sono un uomo cieco; non vedo la luce del cielo; mi trovo nella oscurità come i morti che non contemplano più la luce. Anche se vivo, dimoro con i morti; sento la voce degli uomini, ma non li vedo". Gli rispose: "Fatti coraggio, Dio non tarderà a guarirti, coraggio!". E Tobi: "Mio figlio Tobia vuole andare nella Media. Non potresti accompagnarlo? Io ti pagherò, fratello!". Rispose: "Sì, posso accompagnarlo; conosco tutte le strade. Mi sono recato spesso nella Media. Ho attraversato tutte le sue pianure e i suoi monti e ne conosco tutte le strade".11Tobi a lui: "Fratello, di che famiglia e di che tribù sei? Indicamelo, fratello".12Ed egli: "Che ti serve la famiglia e la tribù? Cerchi una famiglia e una tribù o un mercenario che accompagni tuo figlio nel viaggio?". L'altro gli disse: "Voglio sapere con verità di chi tu sei figlio e il tuo vero nome".13Rispose: "Sono Azaria, figlio di Anania il grande, uno dei tuoi fratelli".14Gli disse allora: "Sii benvenuto e in buona salute, o fratello! Non avertene a male, fratello, se ho voluto sapere la verità sulla tua famiglia. Tu dunque sei mio parente, di bella e buona discendenza! Conoscevo Anania e Natan, i due figli di Semeia il grande. Venivano con me a Gerusalemme e là facevano adorazione insieme con me; non hanno abbandonato la retta via. I tuoi fratelli sono brava gente; tu sei di buona radice: sii benvenuto!".15Continuò: "Ti dò una dramma al giorno, oltre quello che occorre a te e a mio figlio insieme. Fa' dunque il viaggio con mio figlio e poi ti darò ancora di più".16Gli disse: "Farò il viaggio con lui. Non temere; partiremo sani e sani ritorneremo, perché la strada è sicura".17Tobi gli disse: "Sia con te la benedizione, o fratello!". Si rivolse poi al figlio e gli disse: "Figlio, prepara quanto occorre per il viaggio e parti con questo tuo fratello. Dio, che è nei cieli, vi conservi sani fin là e vi restituisca a me sani e salvi; il suo angelo vi accompagni con la sua protezione, o figliuolo!".
18Tobia si preparò per il viaggio e, uscito per mettersi in cammino, baciò il padre e la madre. E Tobi gli disse: "Fa' buon viaggio!".19Allora la madre si mise a piangere e disse a Tobi: "Perché hai voluto che mio figlio partisse? Non è lui il bastone della nostra mano, lui, la guida dei nostri passi? Si lasci perdere il denaro e vada in cambio di nostro figlio.20Quel genere di vita che ci è stato dato dal Signore è abbastanza per noi".21Le disse: "Non stare in pensiero: nostro figlio farà buon viaggio e tornerà in buona salute da noi. I tuoi occhi lo vedranno il giorno in cui tornerà sano e salvo da te.22Non stare in pensiero, non temere per loro, o sorella. Un buon angelo infatti lo accompagnerà, riuscirà bene il suo viaggio e tornerà sano e salvo".23Essa cessò di piangere.


Salmi 4

1'Al maestro del coro. Per strumenti a corda. Salmo. Di Davide.'

2Quando ti invoco, rispondimi, Dio, mia giustizia:
dalle angosce mi hai liberato;
pietà di me, ascolta la mia preghiera.

3Fino a quando, o uomini, sarete duri di cuore?
Perché amate cose vane e cercate la menzogna?
4Sappiate che il Signore fa prodigi per il suo fedele:
il Signore mi ascolta quando lo invoco.

5Tremate e non peccate,
sul vostro giaciglio riflettete e placatevi.
6Offrite sacrifici di giustizia
e confidate nel Signore.

7Molti dicono: "Chi ci farà vedere il bene?".
Risplenda su di noi, Signore, la luce del tuo volto.
8Hai messo più gioia nel mio cuore
di quando abbondano vino e frumento.
9In pace mi corico e subito mi addormento:
tu solo, Signore, al sicuro mi fai riposare.


Salmi 73

1'Salmo. Di Asaf.'

Quanto è buono Dio con i giusti,
con gli uomini dal cuore puro!
2Per poco non inciampavano i miei piedi,
per un nulla vacillavano i miei passi,
3perché ho invidiato i prepotenti,
vedendo la prosperità dei malvagi.

4Non c'è sofferenza per essi,
sano e pasciuto è il loro corpo.
5Non conoscono l'affanno dei mortali
e non sono colpiti come gli altri uomini.

6Dell'orgoglio si fanno una collana
e la violenza è il loro vestito.
7Esce l'iniquità dal loro grasso,
dal loro cuore traboccano pensieri malvagi.
8Scherniscono e parlano con malizia,
minacciano dall'alto con prepotenza.

9Levano la loro bocca fino al cielo
e la loro lingua percorre la terra.
10Perciò seggono in alto,
non li raggiunge la piena delle acque.
11Dicono: "Come può saperlo Dio?
C'è forse conoscenza nell'Altissimo?".
12Ecco, questi sono gli empi:
sempre tranquilli, ammassano ricchezze.
13Invano dunque ho conservato puro il mio cuore
e ho lavato nell'innocenza le mie mani,
14poiché sono colpito tutto il giorno,
e la mia pena si rinnova ogni mattina.

15Se avessi detto: "Parlerò come loro",
avrei tradito la generazione dei tuoi figli.
16Riflettevo per comprendere:
ma fu arduo agli occhi miei,
17finché non entrai nel santuario di Dio
e compresi qual è la loro fine.
18Ecco, li poni in luoghi scivolosi,
li fai precipitare in rovina.

19Come sono distrutti in un istante,
sono finiti, periscono di spavento!
20Come un sogno al risveglio, Signore,
quando sorgi, fai svanire la loro immagine.

21Quando si agitava il mio cuore
e nell'intimo mi tormentavo,
22io ero stolto e non capivo,
davanti a te stavo come una bestia.
23Ma io sono con te sempre:
tu mi hai preso per la mano destra.
24Mi guiderai con il tuo consiglio
e poi mi accoglierai nella tua gloria.

25Chi altri avrò per me in cielo?
Fuori di te nulla bramo sulla terra.
26Vengono meno la mia carne e il mio cuore;
ma la roccia del mio cuore è Dio,
è Dio la mia sorte per sempre.
27Ecco, perirà chi da te si allontana,
tu distruggi chiunque ti è infedele.
28Il mio bene è stare vicino a Dio:
nel Signore Dio ho posto il mio rifugio,
per narrare tutte le tue opere
presso le porte della città di Sion.


Osea 9

1Non darti alla gioia, Israele,
non far festa con gli altri popoli,
perché hai praticato la prostituzione,
abbandonando il tuo Dio,
hai amato il prezzo della prostituzione
su tutte le aie da grano.
2L'aia e il tino non li nutriranno
e il vino nuovo verrà loro a mancare.
3Non potranno restare nella terra del Signore,
ma Èfraim ritornerà in Egitto
e in Assiria mangeranno cibi immondi.
4Non faranno più libazioni di vino al Signore,
i loro sacrifici non gli saranno graditi.
Pane di lutto sarà il loro pane,
coloro che ne mangiano diventano immondi.
Il loro pane sarà tutto per loro,
ma non entrerà nella casa del Signore.
5Che farete nei giorni delle solennità,
nei giorni della festa del Signore?
6Ecco sono sfuggiti alla rovina,
l'Egitto li accoglierà,
Menfi sarà la loro tomba.
I loro tesori d'argento passeranno alle ortiche
e nelle loro tende cresceranno i pruni.

7Sono venuti i giorni del castigo,
sono giunti i giorni del rendiconto,
- Israele lo sappia:
un pazzo è il profeta,
l'uomo ispirato vaneggia -
a causa delle tue molte iniquità,
per la gravità del tuo affronto.
8Sentinella di Èfraim è il profeta con il suo Dio;
ma un laccio gli è teso su tutti i sentieri,
ostilità fin nella casa del suo Dio.
9Sono corrotti fino in fondo,
come ai giorni di Gàbaa:
ma egli si ricorderà della loro iniquità,
farà il conto dei loro peccati.

10Trovai Israele come uva nel deserto,
riguardai i vostri padri
come fichi primaticci al loro inizio;
ma essi appena arrivati a Baal-Peòr
si consacrarono a quell'infamia
e divennero abominevoli
come ciò che essi amavano.
11La gloria di Èfraim volerà via come un uccello,
non più nascite, né gravidanze, né concepimenti.
12Anche se allevano figli,io li eliminerò dagli uomini;
guai a loro, se io li abbandono.
13Èfraim, lo vedo, ha fatto dei figli una preda
su luoghi verdeggianti.
Èfraim tuttavia condurrà i figli al macello.
14Signore, da' loro... Che darai?
Un grembo infecondo e un seno arido!

15Tutta la loro malizia s'è manifestata a Gàlgala,
è là che ho preso a odiarli.
Per i loro misfatti
li scaccerò dalla mia casa,
non avrò più amore per loro;
tutti i loro capi sono ribelli.
16Èfraim è stato percosso,
la loro radice è inaridita,
non daranno più frutto.
Anche se generano, farò perire
i cari frutti del loro grembo.
17Il mio Dio li rigetterà
perché non gli hanno obbedito;
andranno raminghi fra le nazioni.


Apocalisse 2

1All'angelo della Chiesa di Èfeso scrivi:
Così parla Colui che tiene le sette stelle nella sua destra e cammina in mezzo ai sette candelabri d'oro:2Conosco le tue opere, la tua fatica e la tua costanza, per cui non puoi sopportare i cattivi; li hai messi alla prova - quelli che si dicono apostoli e non lo sono - e li hai trovati bugiardi.3Sei costante e hai molto sopportato per il mio nome, senza stancarti.4Ho però da rimproverarti che hai abbandonato il tuo amore di prima.5Ricorda dunque da dove sei caduto, ravvediti e compi le opere di prima. Se non ti ravvederai, verrò da te e rimuoverò il tuo candelabro dal suo posto.6Tuttavia hai questo di buono, che detesti le opere dei Nicolaìti, che anch'io detesto.
7Chi ha orecchi, ascolti ciò che lo Spirito dice alle Chiese: Al vincitore darò da mangiare dell'albero della vita, che sta nel paradiso di Dio.

8All'angelo della Chiesa di Smirne scrivi:
Così parla il Primo e l'Ultimo, che era morto ed è tornato alla vita:9Conosco la tua tribolazione, la tua povertà - tuttavia sei ricco - e la calunnia da parte di quelli che si proclamano Giudei e non lo sono, ma appartengono alla sinagoga di satana.10Non temere ciò che stai per soffrire: ecco, il diavolo sta per gettare alcuni di voi in carcere, per mettervi alla prova e avrete una tribolazione per dieci giorni. Sii fedele fino alla morte e ti darò la corona della vita.
11Chi ha orecchi, ascolti ciò che lo Spirito dice alle Chiese: Il vincitore non sarà colpito dalla seconda morte.

12All'angelo della Chiesa di Pèrgamo scrivi:
Così parla Colui che ha la spada affilata a due tagli:13So che abiti dove satana ha il suo trono; tuttavia tu tieni saldo il mio nome e non hai rinnegato la mia fede neppure al tempo in cui Antìpa, il mio fedele testimone, fu messo a morte nella vostra città, dimora di satana.14Ma ho da rimproverarti alcune cose: hai presso di te seguaci della dottrina di Balaàm, il quale insegnava a Balak a provocare la caduta dei figli d'Israele, spingendoli a mangiare carni immolate agli idoli e ad abbandonarsi alla fornicazione.15Così pure hai di quelli che seguono la dottrina dei Nicolaìti.16Ravvediti dunque; altrimenti verrò presto da te e combatterò contro di loro con la spada della mia bocca.
17Chi ha orecchi, ascolti ciò che lo Spirito dice alle Chiese: Al vincitore darò la manna nascosta e una pietruzza bianca sulla quale sta scritto un nome nuovo, che nessuno conosce all'infuori di chi la riceve.

18All'angelo della Chiesa di Tiàtira scrivi:
Così parla il Figlio di Dio, Colui che ha 'gli occhi' fiammeggianti come 'fuoco e i piedi simili a bronzo splendente'.19Conosco le tue opere, la carità, la fede, il servizio e la costanza e so che le tue ultime opere sono migliori delle prime.20Ma ho da rimproverarti che lasci fare a Iezabèle, la donna che si spaccia per profetessa e insegna e seduce i miei servi inducendoli a darsi alla fornicazione e a mangiare carni immolate agli idoli.21Io le ho dato tempo per ravvedersi, ma essa non si vuol ravvedere dalla sua dissolutezza.22Ebbene, io getterò lei in un letto di dolore e coloro che commettono adulterio con lei in una grande tribolazione, se non si ravvederanno dalle opere che ha loro insegnato.23Colpirò a morte i suoi figli e tutte le Chiese sapranno che io sono Colui che scruta gli affetti e i pensieri degli uomini, e darò a ciascuno di voi secondo le proprie opere.24A voi di Tiàtira invece che non seguite questa dottrina, che non avete conosciuto le profondità di satana - come le chiamano - non imporrò altri pesi;25ma quello che possedete tenetelo saldo fino al mio ritorno.26Al vincitore che persevera sino alla fine nelle mie opere,

darò autorità sopra 'le nazioni;'
27'le pascolerà con bastone di ferro
e le frantumerà come vasi di terracotta',

28con la stessa autorità che a me fu data dal Padre mio e darò a lui la stella del mattino.29Chi ha orecchi, ascolti ciò che lo Spirito dice alle Chiese.


Capitolo XII: La via maestra della Santa Croce

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1. Per molti è questa una parola dura: rinnega te stesso, prendi la tua croce e segui Gesù (Mt 16,24; Lc 9,23). Ma sarà molto più duro sentire, alla fine, questa parola: "allontanatevi da me maledetti, nel fuoco eterno" (Mt 25,41). In verità coloro che ora accolgono volonterosamente la parola della croce non avranno timore di sentire, in quel momento, la condanna eterna. Ci sarà nel cielo questo segno della croce, quando il Signore verrà a giudicare. In quel momento si avvicineranno, con grande fiducia, a Cristo giudice tutti i servi della croce, quelli che in vita si conformarono al Crocefisso. Perché, dunque, hai paura di prendere la croce, che è la via per il regno? Nella croce è la salvezza; nella croce è la vita; nella croce è la difesa dal nemico; nella croce è il dono soprannaturale delle dolcezze del cielo; nella croce sta la forza delle mente e la letizia dello spirito; nella croce si assommano le virtù e si fa perfetta la santità. Soltanto nella croce si ha la salvezza dell'anima e la speranza della vita eterna. Prendi, dunque, la tua croce, e segui Gesù; così entrerai nella vita eterna. Ti ha preceduto lui stesso, portando la sua croce (Gv 19,17) ed è morto in croce per te, affinché anche tu portassi la tua croce, e desiderassi di essere anche tu crocefisso. Infatti, se sarai morto con lui, con lui e come lui vivrai. Se gli sarai stato compagno nella sofferenza, gli sarai compagni anche nella gloria.  

2. Ecco, tutto dipende dalla croce, tutto è definito con la morte. La sola strada che porti alla vita e alla vera pace interiore, è quella della santa croce e della mortificazione quotidiana. Va' pure dove vuoi, cerca quel che ti piace, ma non troverai, di qua o di là, una strada più alta e più sicura della via della santa croce. Predisponi pure ed ordina ogni cosa, secondo il tuo piacimento e il tuo gusto; ma altro non troverai che dover sopportare qualcosa, o di buona o di cattiva voglia troverai cioè sempre la tua croce. Infatti, o sentirai qualche dolore nel corpo o soffrirai nell'anima qualche tribolazione interiore. Talvolta sarà Dio ad abbandonarti, talaltra sarà il prossimo a metterti a dura prova; di più, frequentemente, sarai tu di peso a te stesso. E non potrai trovare conforto e sollievo in alcuno modo; ma dovrai sopportare tutto ciò fino a che a Dio piacerà. Dio, infatti, vuole che tu impari a soffrire tribolazioni senza consolazione, e che ti sottometta interamente a lui, facendoti più umile per mezzo della sofferenza. Nessuno sente così profondamente la passione di Cristo, come colui al quale sia toccato di soffrire cose simili. La croce è, dunque, sempre pronta e ti aspetta dappertutto; dovunque tu corra non puoi sfuggirla, poiché, in qualsiasi luogo tu giunga, porti e trovi sempre te stesso. Volgiti verso l'alto o verso il basso, volgiti fuori o dentro di te, in ogni cosa troverai la croce. In ogni cosa devi saper soffrire, se vuoi avere la pace interiore e meritare il premio eterno.

3. Se porti la croce di buon animo, sarà essa a portarti e a condurti alla meta desiderata, dove ogni patimento avrà quella fine che quaggiù non può aversi in alcun modo. Se invece la croce tu la porti contro voglia, essa ti peserà; aggraverai te stesso, e tuttavia la dovrai portare, Se scansi una croce, ne troverai senza dubbio un'altra, e forse più grave. Credi forse di poter sfuggire a ciò che nessun mortale poté mai evitare? Quale santo stesse mai in questo mondo senza croce e senza tribolazione? Neppure Gesù Cristo, nostro signore, durante la sua vita, passò una sola ora senza il dolere della passione. "Era necessario - diceva - che il Cristo patisse, e risorgesse da morte per entrare nella sua gloria" (Lc 24,26 e 46). E perché mai tu vai cercando una via diversa da questa via maestra, che è quella della santa croce? Tutta la vita di Cristo fu croce e martirio e tu cerchi per te riposo e gioia? Sbagli, sbagli se cerchi qualcosa d'altro, che non sia il patire tribolazioni; perché tutta questa vita mortale è piena di miseria e segnata tutt'intorno da croci. Spesso, quanto più uno sarà salito in alto progredendo spiritualmente, tanto più pesanti saranno le croci che troverà, giacché la sofferenza del suo esilio su questa terra aumenta insieme con l'amore di Dio.  

4. Tuttavia, costui, in mezzo a tante afflizioni, non manca di consolante sollievo, giacché, sopportando la sua croce, sente crescere in sé un frutto grandissimo; mentre si sottopone alla croce volontariamente, tutto il peso della tribolazione si trasforma in sicura fiducia di conforto divino. Quanto più la carne è prostrata da qualche afflizione, tanto più lo spirito si rafforza per la grazia interiore. Anzi, talvolta, per amore di conformarsi alla croce di Cristo, uno si rafforza talmente, nel desiderare tribolazioni e avversità, da non voler essere privato del dolore e dell'afflizione giacché si sente tanto più accetto a Dio quanto più numerosi e gravosi sono i mali che può sopportare Cristo. Non che ciò avvenga per forza umana, ma per la grazia di Cristo; la quale tanto può e tanto fa, nella nostra fragile carne, da farle affrontare ed amare con fervore di spirito ciò che, per natura, essa fugge e abortisce. Non è secondo la natura umana portare e amare la croce, castigare il corpo e ridurlo in schiavitù, fuggire gli onori, sopportare lietamente le ingiurie, disprezzare se stesso e desiderare di essere disprezzato; infine, soffrire avversità e patimenti, senza desiderare, in alcun modo, che le cose vadano bene quaggiù. Se guardi alle tue forze, non potresti far nulla di tutto questo. Ma se poni la tua fiducia in Dio, ti verrà forza dal cielo, e saranno sottomessi al tuo comando il mondo e la carne. E neppure avrai a temere il diavolo nemico, se sarai armato di fede e porterai per insegna la croce di Cristo. Disponiti dunque, da valoroso e fedele servo di Cristo, a portare virilmente la croce del tuo Signore, crocefisso per amor tuo. Preparati a dover sopportare molte avversità e molti inconvenienti, in questa misera vita. Così sarà infatti per te, dovunque tu sia; questo, in realtà, troverai, dovunque tu ti nasconda. Ed è una necessità che le cose stiano così. Non c'è rimedio o scappatoia dalla tribolazione, dal male o dal dolore, fuor di questo, che tu li sopporti. Se vuoi essere amico del Signore ed essergli compagno, bevi avidamente il suo calice. Quanto alle consolazioni, rimettiti a Dio: faccia lui, con queste, come meglio gli piacerà. Ma, da parte tua, disponiti a sopportare le tribolazioni, considerandole come le consolazioni più grandi; giacché "i patimenti di questa nostra vita terrena", anche se tu li dovessi, da solo, sopportare tutti, "non sono nulla a confronto della conquista della gloria futura" (Rm 8,18).  

5. Quando sarai giunto a questo punto, che la sofferenza ti sia dolce e saporosa per amore di Cristo, allora potrai dire di essere a posto, perché avrai trovato un paradiso in terra. Invece, fino a che il patire ti sia gravoso e tu cerchi di fuggirlo, non sarai a posto: ti terrà dietro dappertutto la serie delle tribolazioni. Ma le cose poi andranno subito meglio, e troverai pace, se ti sottoporrai a ciò che è inevitabile, e cioè a patire e a morire. Anche se tu fossi innalzato fino al terzo cielo, come Paolo, non saresti affatto sicuro, con ciò, di non dover sopportare alcuna contrarietà. "Io gli mostrerò - dice Gesù - quante cose egli debba patire per il mio nomo" (At 9,16). Dunque, se vuoi davvero amare il Signore e servirlo per sempre, soltanto il patire ti rimane. E magari tu fossi degno di soffrire qualcosa per il nome di Gesù! Quale grande gloria ne trarresti; quale esultanza ne avrebbero i santi; e quanto edificazione ne riceverebbero tutti! Saper patire è cosa che tutti esaltano a parole; sono pochi però quelli che vogliono patire davvero. Giustamente dovresti preferire di patire un poco per Cristo, dal momento che molti sopportano cose più gravose per il mondo.  

6. Sappi per certo di dover condurre una vita che muore; sappi che si progredisce nella vita in Dio quanto più si muore a se stessi. Nessuno infatti può comprendere le cose del cielo, se non si adatta a sopportare le avversità per Cristo. Nulla è più gradito a Dio, nulla è più utile per te, in questo mondo, che soffrire lietamente per Cristo. E se ti fosse dato di scegliere, dovresti preferire di sopportare le avversità per amore di Cristo, piuttosto che essere allietato da molte consolazioni; giacché saresti più simile a Cristo e più conforme a tutti i santi. Infatti, il nostro merito e il progresso della nostra condizione non consistono nelle frequenti soavi consolazioni, ma piuttosto nelle pesanti difficoltà e nelle tribolazioni da sopportare. Ché, se ci fosse qualcosa di meglio e di più utile per la salvezza degli uomini, Cristo ce lo avrebbe certamente indicato, con la parola e con l'esempio. Invece egli esortò apertamente i discepoli che stavano con lui, e tutti coloro che desideravano mettersi al suo seguito, dicendo: "Se uno vuol venire dietro di me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua" (Mt 16,24; Lc 9,23). Dunque, la conclusione finale, attentamente lette e meditate tutte queste cose, sia questa, "che per entrare nel regno di Dio, occorre passare attraverso molte tribolazioni" (At 14,22).


Discorso 360/B DISCORSO DI SANT'AGOSTINO TENUTO QUANDO I PAGANI COMINCIAVANO A FREQUENTARE LE CHIESE

Discorsi - Sant'Agostino

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La parola di Dio promette e minaccia.

1. La parola di Dio non cessa di esortarci e consolarci con indubbie promesse, unite a salutari minacce; e a noi è vantaggioso amare le une e temere le altre. Quindi come si deve amare Dio quando promette, così lo si deve temere quando minaccia. Nell'uno e nell'altro caso Egli non inganna chi lo ascolta né illude chi gli presta fede. Nessuno quindi dica in cuor suo: " È vero quel che promette, è falso quel che minaccia ", poiché son vere tutt'e due le cose. Ama dunque e temi. Senza dubbio verrà di nuovo colui che è già venuto 1. È venuto per insegnarti la pazienza; verrà per ricompensarla. Quando verrà sarà per coronare quel che ha insegnato nella sua prima venuta; e quel che ha minacciato quando venne lo infliggerà al suo ritorno. Eccovi pertanto due cose: la promessa di Dio, cioè la vita eterna; la minaccia di Dio, cioè la pena eterna. Se non hai ancora imparato ad amare ciò che promette, comincia a temere ciò che minaccia. È scritto infatti: Inizio della sapienza è il timore del Signore 2. L'apostolo Giovanni poi dice: Nella carità non v'è timore perché la carità perfetta esclude il timore 3. Dopo aver udito: Inizio della sapienza è il timore del Signore 4, incominciamo a temere. Ma poiché il timore provoca l'angoscia del cuore, non sarai a lungo nell'angoscia se in te aumenterà e sarà perfetta la carità. Tuttavia non può avere inizio in te questa carità se con il timore non disporrai il cuore ad accogliere il seme. Nata che sia la carità, il timore diminuisce man mano che la carità cresce; e se mentre essa cresce il timore diminuisce, quando essa sarà perfetta il timore verrà eliminato.

Le promesse di Dio sorpassano i pensieri dell’uomo.

2. Quando Dio promette oltrepassa, o carissimi, non solo le mie parole ma anche i pensieri di qualsiasi uomo. Viene infatti presentato anche con queste parole: Ciò che occhio non vide, né orecchio udì, né è penetrato in cuore di uomo, questo ha preparato Dio per coloro che lo amano 5. Se fosse un colore come quello della luce che gli occhi conoscono, non si direbbe: Né occhio vide; se fosse un suono armonioso, come di organo o di qualunque strumento musicale con cui di solito si diletta l'orecchio umano, non si direbbe: Né orecchio udì. E poiché gli uomini possono meditare nella coscienza soltanto i beni che hanno percepito con i sensi, è stato aggiunto: Né è penetrato in cuore di uomo. Tu infatti, o uomo, non puoi concepire nella mente se non quel bene che sei abituato a vedere o a udire o a rappresentarti con il senso adeguato. Tutto ciò che non entra attraverso i sensi del tuo corpo non può essere oggetto del tuo pensiero.

Per vedere la luce inaccessibile occorre occhio puro.

3. Siccome dunque ci è stato detto che andremo in paradiso 6, noi ci rappresentiamo un giardino delizioso. E se ce lo rappresentiamo più grande di quelli che siamo abituati a vedere, non ingrandiamo se non cose del nostro mondo creato. Allo stesso modo se siamo soliti vedere alberi piccoli (per fare un esempio) ce li rappresentiamo grandi; e se di solito vediamo questi o quei pomi o frutti, li immaginiamo più grossi. Se siamo abituati a vedere prati di una certa estensione, col pensiero ce li raffiguriamo immensi, senza confini. In tutti casi comunque ingrandiamo nel pensiero i medesimi oggetti che percepiamo con gli occhi. Inoltre, quando ascoltiamo che Dio abita una luce inaccessibile 7, misuriamo questa luce da quella che percepiamo con la vista e la ampliamo in dimensioni smisurate ingrandendo tuttavia sempre il medesimo oggetto che conoscevamo. Quella luce viceversa è di tutt'altro genere: non è oggetto degli occhi ma dell'intelligenza. Ora, noi diciamo che è da curarsi l'occhio fisico affinchè possa recepire la luce sensibile che rifulge lassù nel cielo e si diffonde dai luminari della notte. Se infatti gli occhi saranno malati o lesi da indebita secrezione interna o colpiti da qualche oggetto proveniente dal di fuori, riceveranno la luce ma sarà per loro una sofferenza, mentre di solito ne erano rinvigoriti. Saranno tormentati da chi in via normale li faceva godere. Lo stesso accade per la luce intelligibile e indefettibile. Per vederla si deve purificare l'occhio del cuore, non quello del corpo. Difatti, come secrezioni infiammatorie provocando disturbi visivi danneggiano l'occhio del corpo, così il peccato danneggia l'occhio spirituale. Anche questo infatti ha la propria fralezza, ha la propria impurità, derivante non dalla polvere ma dal peccato. Come dunque si deve pulire l'occhio corporale perché possa vedere bene la luce sensibile, così si deve nettare l'occhio interiore per vedere quella luce che né occhio vide, né orecchio udì, né penetrò nel cuore di uomo 8.

L’uomo carnale è incapace d’essere illuminato da Dio.

4. Perché mai è penetrata in cuore di uomo? In effetti, è con l'occhio del cuore che la si vede quando si vede. Ma perché mai è penetrata in cuore di uomo? Perché appunto è " di uomo ". Che significa " di uomo "? Coloro che conoscono la Scrittura conoscono e prevengono col pensiero quel che sto per dire. A volte la nostra Scrittura con un significato piuttosto caratteristico chiama " uomini " coloro che ancora ragionano secondo la carne 9. Infatti sono uomini, sono cioè [progenie di] Adamo. Ora voi sapete che Adamo peccò e da quel peccato trae origine la concupiscenza carnale in tutti quelli che nascono per morire. Ogni uomo, dunque, porta con sé la ferita nell'occhio, e questo finchè è uomo, cioè fino a quando v'è in lui quel che è stato rovinato e sconvolto dal primo peccato. Per questo motivo grida supplicando uno dei salmisti, e sospirando e gemendo dice a Dio: Anche la luce dei miei occhi non è con me 10. Fin quando dunque l'uomo ragiona secondo la carne non può rappresentarsi né comprendere con l'intelligenza la luce superna, e per questo è detto: Ciò che occhio non vide, né orecchio udì, né mai è penetrato in cuore di uomo 11. Che significa " di uomo "? Di uno che ragiona secondo la carne. Che significa " di uomo "? Di uno che porta con sé Adamo. Pertanto che cosa voleva l'apostolo Paolo che facessero coloro che essendo uomini ritenevano un disonore essere uomini? Egli diceva loro: Ciascuno di voi dice: io sono di Paolo, io invece di Apollo, io invece di Cefa 12. Si erano distribuiti fra loro i ministri di Dio e avevano creato divisioni nella Chiesa di Cristo, dando inizio al male degli scismi, che successivamente per l'errore degli uomini si radicarono più profondamente. Tali parole dicevano i corinzi, poiché ragionavano secondo la carne e non ponevano in Dio ma nell'uomo la propria speranza 13 e non cantavano col cuore ciò che noi poco fa abbiamo cantato: In te hanno sperato i nostri padri 14.

La fugacità della vita presente ci fa desiderare la vita futura.

5. L'Apostolo dunque, rimproverando coloro che ragionavano in tal modo, dice: Non siete forse uomini e non vi comportate forse in maniera umana? 15 Parimenti in un salmo si dice ponendo le parole in bocca a Dio: Io ho detto: voi siete dèi e tutti figli dell'Altissimo, eppure voi morirete come uomini e cadrete come uno dei potenti 16. Come sapete, colui che viene chiamato l'antico uno dei potenti è il diavolo. Infatti, sebbene fosse angelo, per la sua superbia decadde ed è divenuto diavolo. E come quando decadde invidiò chi rimaneva in piedi, così adesso invidia chi torna [al Padre]. Quanto agli uomini, essi sono divenuti soggetti alla morte affinchè dalla grandissima pena che li affliggeva fossero educati all'umiltà. Colpiti come da un flagello - per così dire - dalla loro mortalità si sarebbero convinti che quaggiù non possono vivere a lungo, e anche se potessero vivere a lungo, non potrebbero vivere per sempre, poiché a un certo punto questa vita deve finire. Per questo motivo, cioè per la fugacità della vita presente, essi si sarebbero umiliati dinanzi a Dio e adoperati per raggiungere la vita futura. È infatti impossibile arrestare una cosa che sfugge e vola via. Nessuno di noi, in questo momento, mentre io sto in piedi e parlo e voi state in piedi ed ascoltate, può arrestare il decorrere dell'età, in modo che i fanciulli non crescano e i giovani non invecchino. Notate che da quando parlo è passato del tempo. E se da quando parlo è passato del tempo e dal passare di un tempo assai lungo dipende che decliniamo verso la vecchiaia, già in questo tempo in cui vi sto parlando siamo un po' tutti diventati più vecchi. Va da sé che tutti questi nostri mutamenti sono percepiti dal pensiero ma non possono essere veduti con gli occhi. Del resto neanche i tuoi capelli si vedono crescere e se tuttavia se non crescessero continuamente, non cercheresti il barbiere passati solo pochi giorni, pur restando vero che non cresce in una sola notte ciò che il barbiere dovrà tagliarti. Come dunque anche in questo momento i capelli crescono senza che sia possibile vederli crescere, così è dell'età: anche in questo momento invecchiamo, sebbene la cosa non sia percepita dagli occhi.

La brevità della vita ci renda umili dinanzi a Dio.

6. Dunque gli uomini amano la vita presente, che non possono trattenere mentre fugge e scorre via col crescere e decrescere dei giorni. Quanto meglio non farebbero ad aggrapparsi a ciò che è saldo: a quella meta a cui, terminata la vita presente, dovranno pervenire. Da notarsi poi che, essendo breve, questa vita è anche incerta. Ammettiamo pure che ogni uomo sia certo di giungere alla vecchiaia; tuttavia anche se a tutti fosse concesso di raggiungere gli estremi limiti della longevità, la vita sarebbe ugualmente da considerarsi breve. Cosa infatti può dirsi lungo se ha un termine? A questo si aggiunge che la morte è compagna di cammino della mortalità e, se essa, per così dire, cammina con te lungo la via, non sai ovviamente quando si impadronirà di te. Poiché dunque la vita è breve e la morte possibile in ogni età, gli uomini dovrebbero umiliarsi davanti a Dio, supplicare il Creatore, confessare e pentirsi dei peccati, mostrare al medico la malattia per essere interiormente guariti e cambiare quell'occhio in modo che sia possibile vedere la luce, che non si vede fino a quando l'occhio interiore dell'uomo è ancora " occhio umano ". Si sveglino dunque quando ascoltano da Dio: Io ho detto: voi siete dèi e tutti figli dell'Altissimo 17. Che significa: Io ho detto? " A questo io invito, questo io voglio fare ". Ascolta il Vangelo: Ha concesso loro di diventare figli di Dio 18. Ecco dunque che io dico: Siete dèi e figli dell'Altissimo tutti, ma voi morirete come uomini; eppure a correggervi non giova neppure la vostra condizione di mortalità. Credendovi più o meno immortali, cadrete come uno dei potenti 19. Voi vi insuperbite come osò insuperbirsi l'angelo; ma se la superbia fece cadere l'angelo, in che condizioni ridurrà l'uomo? Comunque, voi sarete dèi 20. Se non adorerete i falsi dèi, sarete dèi voi stessi. E come lo sarete? Perché tali vi farà colui che vi ha fatti anche uomini. Sì, colui che ci ha fatti uomini vuol farci anche dèi: non dèi da adorarsi al posto suo, ma dèi nei quali egli stesso venga adorato.

La fede umile ci prepara a vedere Dio.

7. Come avevo iniziato a dire, si ha dunque, carissimi, un occhio interiore, che i peccati, le passioni sensuali e i desideri terreni feriscono e stravolgono: e fu per questo che il primo uomo, quando ebbe peccato, si sentì dire: Sei terra e tornerai alla terra 21. Se dunque il superbo ribelle meritò di ascoltare: Sei terra e tornerai alla terra, perché l'umile devoto non dovrebbe ascoltare:" Sei cielo e andrai in cielo "? Con l'umiltà e la devozione infatti l'umile diviene sede di Dio. E quando è divenuto sede di Dio, forse che non è " cielo "? È detto nella Scrittura: Il cielo è la mia sede, la terra lo sgabello dei miei piedi 22. Se dunque il cielo è la sede di Dio, sii cielo e accoglierai Dio. Quando avrai iniziato ad accogliere Dio sarai cielo; e quando egli avrà iniziato ad abitare in te ti purificherà perché tu possa accoglierlo in pienezza, e porterà l'occhio del tuo cuore a una mondezza perfetta, per la quale potrà vedere il volto di Lui, nel quale aveva creduto anche quando non lo vedeva 23. Dunque prima che tu veda credi, affinchè, purificato il cuore mediante la fede, meriti anche di vedere quel che hai creduto. Infatti ti viene promessa una luce che né occhio vide, perché non è colore, né orecchio udì, perché non è suono, né mai è entrata in cuore di uomo 24, perché l'uomo in quanto uomo, cioè carnale, debole e animale, non può rappresentarsi se non gli oggetti che attinge con i sensi. Ora quella luce non è affatto così. L'anima non presuma che giocando, per così dire, di fantasia, possa farsi un'immagine di Dio. Se lo vuol trovare impari prima a non trovarlo.

Le cose visibili non sono Dio.

8. Che significa quel che ho detto: " Impari prima a non trovarlo "? Ecco: quando uno si mette a riflettere su Dio, subito gli si presenterà un qualche oggetto che ha visto. Gli si presenterà, forse, l'amenità della terra: la respinga dalla sua mente! Gli si presenterà l'incanto delle acque; gli si presenterà la calma di un cielo sereno. Respinga tutto questo dal suo pensiero e dica a se stesso: " Non è questo il mio Dio; è un'opera che ha fatto il mio Dio ". Non è questo, ripeto, il mio Dio; è un'opera fatta dal mio Dio. Tu stai pensando a una cosa creata. Cerca piuttosto, o anima mia, colui che l'ha fatta. E anche quando il tuo pensiero giungerà ai corpi celesti, non ti incanti la luce del cielo, nemmeno quella che è la più grande, quella cioè che brilla nel sole. È vero, infatti, che fra i corpi celesti, il massimo fulgore risiede nel sole, che somministra la luce al giorno. Non pensare tuttavia che un simile corpo celeste sia il tuo Dio, anche se ne avrai portato al massimo lo splendore e sarai andato vagando in spazi [interminabili] creati dalla tua fantasia. Non è tuo Dio tutto ciò che viene presentato alla tua mente come risplende ai tuoi occhi. Non è questo il tuo Dio.

L’immagine di Dio impressa nell’anima umana.

9. Passa ora all'anima, che è una realtà invisibile. L'anima non si vede essendo una potenza, certo grande, della natura incorporea. Difatti l'anima non è corpo; è qualcosa d'invisibile, qualcosa di grande. Non la si può vedere, ma dalle opere che compie ammira quel che non vedi. Cosa ti diletta fra le realtà umane e terrene? Osserva intorno a te l'ordine delle cose, la bellezza dei campi coltivati, dei boschi potati, degli alberi da frutto innestati, e tutto ciò che osserviamo e amiamo nei campi. Osserva anche l'ordine della convivenza umana, le strutture degli edifici, la varietà delle arti, la molteplicità delle lingue, le risorse della memoria, la fecondità dell'eloquenza. Sono tutte opere dell'anima. Quante opere dell'anima tu vedi! Eppure l'anima in se stessa non la vedi. Quando dunque un qualche cosa di natura spirituale comincerà a mostrartisi, sarà forse il tuo Dio che cercavi? Hai di fronte qualcosa che non si vede, qualcosa d'incorporeo, qualcosa di spirituale, qualcosa di grande che dà vita alle membra soggette alla morte, che dà consistenza e coesione a quel, diciamo così, fluire in decomposizione proprio del corpo. Ma tutto questo può fare anche l'anima di una bestia. È quindi qualcosa di grande la stessa anima della bestia; anch'essa è qualcosa di invisibile. Ma elèvati all'anima dell'uomo. Considera l'uomo là dove è fatto a immagine di Dio 25. A immagine e somiglianza di Dio egli è stato fatto, non nel corpo, ma nell'intelligenza: in quella facoltà cioè con la quale ordina tutte le operazioni del corpo, in quella facoltà per la quale è superiore alle bestie. Difatti molte bestie ci superano per la robustezza del corpo e l'acutezza dei sensi. E da molte bestie siamo superati nella velocità e in tante altre prestazioni corporee. Per qual motivo dunque siamo superiori alle bestie se non perché pensiamo, se non perché abbiamo la ragione, con cui possiamo anche addomesticare le belve? Invece noi non possiamo essere domati da una belva! Come solo l'uomo è capace di addomesticare le belve, così non c'è nessuno, all'infuori di Dio, che sia in grado di addomesticare l'uomo. Quando dunque sarai riuscito a pensare così, cioè a raffigurarti l'anima umana, libera per di più dai legami corporei, non immaginare che una realtà come l'anima sia Dio. Sembrerebbe in verità che tu sia vicino a Lui; ma è quanto mai grande lo spazio che te ne separa! Sei vicino, tanto che al mondo non c'è creatura che più di te si avvicini a Dio; tuttavia tra la tua intelligenza e Dio, che ha creato la tua intelligenza, c'è una distanza abissale. Non v'è in mezzo uno qualsiasi degli esseri creati o uno spazio: Dio è lontano per la dissomiglianza [di natura]. Ciò che è sulla terra è stato creato, Dio è colui che lo creò: e ciò che è stato creato non si può in alcun modo paragonare con il Creatore. Pur tuttavia una qualche immagine del tuo Dio è nella tua intelligenza.

«Considera che cosa non è Dio, per scoprire che cos’è».

10. Ammettiamo che con il tuo pensiero sia giunto a conoscere la tua intelligenza. Elèvati, se puoi, al di sopra della tua intelligenza! Cercate di comprendere, fratelli, quel che voglio dirvi. Può darsi infatti che anche quando rifletti sulla tua intelligenza, per l'assuefazione dei sensi - che sono carnali - pensi a qualcosa di corporeo, sicchè ti pare che la tua intelligenza sia aria o fuoco o questa luce che brilla ai tuoi occhi. Pensi a qualche cosa di simile quando rifletti sulla tua intelligenza. Non pensare a qualcosa di simile! Non appena ti accorgerai che stai pensando, dì a te stesso: " Ma cosa mai sto pensando ? ". Evidentemente se nella tua mente non ci fosse nessuna luce, non potresti nemmeno pensare. E in effetti tu scorgi una certa luce nel tuo interno, come una certa luce scorgi all'esterno. Il tuo corpo ha per lucerna il tuo occhio 26. Ma se manca la luce, a che giova il tuo occhio, anche se aperto? Hai, sì, integra la tua lucerna, ma per vedere devi essere aiutato da un'altra luce. Così dunque quando pensi. Hai un non so che di simile che può godere della luce interiore, la quale è diversa da quella che vedi con gli occhi. Come un qualcosa di simile rappresentati, se puoi, la tua mente. Se poi non ti è possibile rappresentartela, cosa mai sarà colui che, superiore alla tua intelligenza, incute timore alla tua mente, rivolge ammaestramenti alla tua mente, dà forma alla tua mente? Tu non puoi rappresentarti convenientemente cosa sia quest'Essere che supera l'intelligenza. E come lo potresti se lo vedrai soltanto quando la tua mente sarà del tutto purificata? Dunque, se nemmeno di questo sei capace, non puoi obiettivamente chiamare tuo Dio né la terra né il cielo né l'aria né la luce degli astri e nemmeno il tanto meraviglioso potere o l'essenza della stessa anima razionale. Di fronte a tutto ciò devi dire: " Non è questo il mio Dio ". Non puoi dunque sapere che cosa sia Dio se prima non imparerai a conoscere ciò che non è. Considera prima che cosa non è, per scoprire che cosa è.

«Un’ignoranza esente da errori è migliore di una scienza di nome ma non di fatto».

11. È questo quel che ti dicevo poco fa: impara a non conoscere Dio per meritare di trovarlo. Se impari a non conoscerlo, questa tua ignoranza è preferibile ad una falsa scienza. Infatti un'ignoranza esente da errori è migliore di una scienza di nome ma non di fatto. Tu vorrai dirmi: " Io conosco Dio ", e allora io ti chiedo che cosa sia Dio. Tu cominci a volermelo spiegare; ma già agli inizi ecco che non sai come tu supponga di poter spiegarmi una cosa che non riesci a pensare. Mi comunicherai i tuoi pensieri, quei pensieri che sono entrati nel tuo cuore. Ma considera che sei uomo e che quanto mi dirai è penetrato nel cuore dell'uomo e da lì scaturisce. Ma colui che promette di dare se stesso a godimento di coloro che lo amano, certamente non promette una cosa che occhio abbia visto e orecchio abbia udito e sia pervenuta in cuore di uomo 27. Come allora lo ameranno, pur senza vederlo, se non perché, prima di vederlo, hanno creduto in lui? 28 Cosa promette dunque a coloro che lo amano? Ciò che occhio non vide nè orecchio udì. Ma che forse lo si potrà raggiungere col pensiero? Non t'ingannare! Non è pervenuto in cuore di uomo 29.

La ricerca dell’immutabile.

12. Che fare dunque? Come ti preparerai? Dì: " Voglio vedere il mio Dio ". Di' a lui: " Ti voglio vedere "; dillo a colui che esortava: Chiedete e otterrete, picchiate e vi sarà aperto 30. Mettiti davanti alla sua porta e picchia: picchia con forza. Anche se chiude, egli non respinge: vuole mettere alla prova colui che picchia. Picchia dunque, picchia! Non con la mano del corpo ma con il desiderio del cuore. Dì al Signore tuo Dio ciò che canti nei salmi: Di te ha detto il mio cuore: Ho cercato il tuo volto, il tuo volto ancora cercherò 31. Dì anche quel che leggi in un altro salmo: Una cosa ho chiesto al Signore, questa io cercherò: abitare nella casa del Signore tutti i giorni della mia vita, per contemplare la dolcezza del Signore 32. Desidera contemplarlo e digli: " Ti voglio vedere ". Ma con quale facoltà ti vedrò? Se con gli occhi del corpo, saresti luce sensibile. Anche al presente invece il mio cuore mi avverte che tu, mio Dio, non sei luce sensibile. Che cosa sei dunque? Mi son levato al di sopra di tutte le cose sensibili, sono giunto alla mia mente: neanche essa è il mio Dio. È vero che la mia mente nella sua natura trascende tutti gli esseri corporei, sia della terra che del cielo; ma non è ancora il mio Dio. La mia mente infatti è mutevole, Dio invece è immutabile, e io, quando cerco il mio Dio, cerco un essere immutabile. Da che cosa apprendo che la mia mente è mutevole? Ora ricorda, ora dimentica; ora ragiona, ora sragiona; ora vuole, ora non vuole; ora si adira, ora si placa. Cerco un essere che non muta, quando cerco il mio Dio. Nella Scrittura il mio Dio mi ha parlato in modo che io posso farmi una qualche idea di ciò che credo, ma non posso raggiungere la cosa che vorrei vedere. Cerco un essere che rimane sempre immutabile.

Purificare il cuore per vedere Dio.

13. Ma in che modo lo vedrò? Ti risponde il Vangelo: Beati i puri di cuore perché vedranno Dio 33. Se dunque son beati i puri di cuore, perché vedranno Dio, noi che abbiamo il cuore non puro perché appesantito dal peccato, cosa faremo? Con quale mezzo purificheremo il nostro occhio interiore per vedere il volto del nostro Dio? Con quale mezzo lo purificheremo? Anche questo l'hai nella Scrittura: Purificando con la fede i loro cuori 34. Teniamo dunque presenti queste due esplicite affermazioni: una del Vangelo, l'altra degli Atti degli Apostoli. Quale del Vangelo? Beati i puri di cuore perché essi vedranno Dio 35. Hai guardato dentro di te e hai trovato una certa impurità del cuore. Desiderando di vedere Dio e ascoltando che lo si vede soltanto con il cuore puro, tu acceso dal desiderio di vederlo, cerchi ovviamente di purificare il tuo cuore. Ma come lo purificherai? Volgi l'attenzione a chi dice negli Atti [degli Apostoli]: Purificando con la fede i loro cuori 36. Tieni presenti questi due requisiti: uno in vista della promessa, l'altro nel compiere l'azione. Che cosa in vista della promessa? Beati i puri di cuore perché essi vedranno Dio 37. Che cosa durante l'azione? Purificando con la fede i loro cuori 38. Dunque prima di vedere credi, affinchè, giunto alla visione, possa godere.

Abbiamo bisogno del medico.

14. Non entrino nel tuo cuore pensieri vani. " Ma cos'è quel che dicono i cristiani: Credi, credi? ". È quanto ti dice il medico, il quale ben sa ciò che sta avvenendo nel tuo occhio. Orbene, resisti pure alle mani del medico e di': " Non crederò se tu non mi farai vedere la cosa ". Il medico ti risponderà: " Non c'è modo di fartelo vedere, e questo è proprio quello che io voglio curare in te: la facoltà con cui tu possa vedere ciò che tu già vuoi che io ti presenti alla vista ". Supponi un uomo cieco per annebbiamento della facoltà visiva e supponi che sia tale dal principio della vita, sicchè non conosca affatto ciò che vedono i veggenti. Arriva il medico e gli dice: " Ci sono delle cose che io potrei farti vedere. Ecco infatti che con un certo tuo senso tu conosci d'essere cieco, mentre gli altri sono veggenti; hai infatti bisogno di una guida, mentre essi non ne hanno bisogno. Dunque c'è una differenza fra essi e te: essi vedono qualcosa che tu non vedi e, se la vedessi, ne proveresti grande gioia ". Così suscita in lui il desiderio di vedere quel che non conosce, con l'intento di curarlo e fargli vedere ciò che non vede. Ma quel cieco è tremendamente cocciuto e a dispetto di ogni ragione del buonsenso si ostina a dire al medico: " Non mi lascerò curare se tu non mi mostrerai prima quel che potrò vedere ". Cosa pensi che risponderà il medico? " Perché tu possa vedere qualcosa è necessario che prima io ti curi: non puoi prima vedere e poi essere curato. Tu procedi a rovescio; inverti le parti: lascia che prima ti si faccia quel che non vuoi, affinchè tu possa raggiungere quello che vuoi. Se tu avessi gli occhi ai quali io potessi mostrare quel che ti dico, non avresti bisogno di essere curato ". Può darsi che a questo punto egli risponda: " E che dovrei fare? Curami come vuoi tu ". E il medico: " Userò dei colliri piuttosto pungenti, con i quali verrà eliminata ogni tenebra dal tuo occhio. Con questa loro causticità essi ti procureranno del dolore, ma è necessario che tu sopporti con ogni pazienza il dolore, per te salutare, e non respingi, irrequieto e intollerante del dolore, l'opera delle mie mani. Io so infatti cosa debba fare nei tuoi occhi affinchè diventino occhi quelli che, oggi come oggi, non possono nemmeno essere chiamati occhi. Io so cosa occorre fare; e quindi ti avverto: soffrirai, sì, un qualche fastidio, ma il risultato sarà il ritorno della vista ". Può darsi che il malato, spaventato al pensiero del bruciore dei farmaci che gli apporrà il medico, torni a ripetere daccapo la solita frase di rifiuto: " Io dovrei dunque sopportare tutti quegli acerbi dolori a cui tu mi sottoporrai? Non li accetterò se prima non avrò visto ciò che prometti di farmi vedere ". E l'altro di rimando: " Ma è impossibile! Anzi proprio questo è ciò che io mi propongo di ottenere. Ti prego: làsciati curare! Vedrai: Sarà rimossa la cecità e anche per te risplenderà quella luce che odi nominare dai veggenti ma tu non vedi. Senti infatti parlare di luce, colore, splendore; ascolti questi nomi: sono nomi di determinati oggetti, ma questi oggetti tu non li vedi. Quelli che li vedono sono più fortunati di te. Sopporta quindi quel po' di dolore che sarà compensato da gioie così grandi ". Se si lascerà persuadere, sarà curato e vedrà; se non si piegherà - perché vuol vedere ancor prima di accettare la cura che gli permette di vedere -, dissennato all'inverosimile e nemico della propria salute, abbandonerà il medico.

I puri di cuore vedranno Dio.

15. Ora poni l'attenzione che a recarci la salute è venuto come medico il nostro Signore Gesù Cristo. Ha trovato in noi la cecità del nostro cuore e ha promesso quella luce che occhio non vide, né orecchio udì, né mai è penetrata in cuore di uomo 39. La vedono gli angeli e di essa godono. Come infatti gli uomini sani vedono ciò che non vede il cieco, così gli angeli vedono ciò che non vede l'uomo. Perché l'uomo non lo vede? Perché si ostina ad essere uomo. Cominci una buona volta, quest'uomo, a lasciarsi curare e da uomo passi tra i figli di Dio, perché diede loro il potere di diventare figli di Dio. Diede loro il potere 40 significa che diede loro la facoltà di curarsi, di vedere rimossa la caligine del loro cuore, perché beati i puri di cuore perché vedranno Dio 41. Cerca poi di intendere come anche nel Vangelo sia contenuto quel che si dice in un altro testo: Purificando con la fede i loro cuori 42. Dopo aver detto: il Signore diede loro il potere di diventare figli di Dio, subito aggiunge: coloro che credono nel suo nome 43. Se dunque ha dato potere di diventare figli di Dio a coloro che credono, e solo i figli di Dio potranno vedere quel che non è penetrato in cuore d'uomo, egli purifica il loro cuore con la fede, affinchè possano essere quei puri di cuore che vedranno Dio 44.

Il medico celeste è Cristo.

16. Beati dunque voi, fratelli credenti! Pregate per coloro che non credono, affinchè anch'essi meritino di vedere. Beati voi che credete 45! Non vedete ma credete; non siete ancora sani ma consentite ad essere sotto cura. La vostra [completa] salute è attesa nella speranza, non presente in atto. Rimanete con perseveranza nelle mani del medico; sopportate i suoi precetti come colliri pungenti; tenetevi lontani dai dannosi piaceri del mondo. Non vi seducano le illecite costumanze dei pagani, non la stupidità dei teatri, non la sfrenatezza nel bere, non il veleno di curiosità proibite. Tenetevi lontani da tutti questi disordini 46! Ma a godere di essi voi eravate assuefatti, e quando comincerete ad astenervene vi recherà dolore il richiamo voglioso della consuetudine interrotta. Questi comandamenti in realtà sono i colliri pungenti con cui si guariscono gli occhi. Accettate gli ordini del Medico! Per primo egli ha sopportato tutto ciò che vi impone di sopportare. E in lui non v'era alcunchè da curare, perché in nulla egli era malato. Solo per il compito che si era assunto di guarire il malato, egli sopportò ciò che a costui proponeva. A chi era gonfio e tronfio di superbia volle presentare un calice con bevanda amara: per questo, venendo umile in terra sopportò dalle mani degli uomini, superbi, ogni sorta di umiliazioni.

«L’umiltà di Cristo medicina alla tua superbia».

17. L'umiltà di Cristo è medicina alla tua superbia. Non beffarti di colui dal quale devi essere guarito. Degnati di essere umile dopo che per te Dio si è fatto umile. Ha infatti ritenuto che per guarirti fosse necessaria questa medicina colui che ben conosce di che cosa sei malato e con che cosa devi essere guarito. I medici esperti cercano in tutte le membra del corpo la causa del male per prescrivere le medicine con cui curare i mali che molto difficilmente si sopportano. È questo il motivo per cui molti medici inesperti, curando le cause concomitanti del male e non quelle reali e originarie, per un po' di tempo sembrano aver trovato il rimedio; ma rimanendo, per così dire, la sorgente del male, di nuovo scorre nei ruscelli dei vari disturbi quel che persiste nella loro origine. Ascolta dunque per quale ragione l'uomo è malato, per quale ragione non solo non ha sani gli occhi ma nessuna parte del corpo. Ascolta per quale ragione è malato. Apprendilo dai testi della Scrittura, dove è descritta l'arte del medico. Non ritenere più attendibile colui che ti definisce la malattia in base ai libri di Ippocrate di quanto non lo sia colui che attingendo alla divina Scrittura ti dimostra per qual motivo tu sei interiormente malato. Ascolta dunque la Scrittura che dice: Inizio di ogni peccato è la superbia 47. Ma tu che sei tanto sollecito per la salute del tuo corpo, sei indolente per la salute dell'anima. Se una pagliuzza si introduce nel tuo occhio, non tardi a toglierla; l'iniquità comprime l'occhio del tuo cuore, e tu non corri dal medico. Ma ecco che, non potendo tu correre dal medico, il medico stesso è venuto da te, tu però (cosa molto grave) tu deridi il fatto che egli sia venuto da te e non apprezzi affatto la sua misericordia. Comunque egli è venuto, vuole soccorrere, sa quale rimedio usare. Se Dio è venuto rivestito di umiltà, è perché l'uomo potesse imitarlo. Infatti se fosse rimasto nella sua altezza, come l'avresti imitato? E non imitandolo come avresti potuto essere sanato? Venne quindi umile perché sapeva quale pozione occorreva darti. È un po' amara, certo, ma è salutare. Eppure ecco che tu continui a beffarti di colui che ti offre la bevanda, e dici fra te: " Che sorta di divinità mi tocca avere! Un Dio che nasce, che soffre, che fu coperto di sputi, coronato di spine, appeso ad una croce... ". O anima disgraziata! Vedi l'umiltà del medico e non vedi il gonfiore della tua superbia. Ecco perché dispiace alla tua superbia colui che è umile: perché dispiace al tuo male; perché ti dispiace la medicina che ti somministra il medico.

I patimenti di Cristo, rimedio per l’uomo superbo.

18. Se persisti ancora nei tuoi scherni, vuol dire che sei pazzo. I pazzi giungono, spesse volte, perfino a percuotere i medici; ma questi, se sono misericordiosi, non solo non si adirono con coloro che li percuotono ma seguitano a ricercarne la salute. Talvolta capita che il forsennato sia talmente forte che potrebbe anche uccidere il medico; ma costui con ogni mezzo schiva di essere ucciso dal pazzo perché non potrebbe risorgere e poi guarire quel pazzo. Il nostro Medico invece non ha temuto di essere ucciso da gente dissennata, anzi dalla propria morte ricavò una medicina per guarire i dissennati. Infatti è morto ed è risorto. E qui osserva come egli, vero medico, non si adira contro i furibondi che lo percuotono, ma piuttosto ne ha pietà e attraverso i patimenti che soffre vuol sanare coloro che infieriscono contro di lui. Ascolta il medico mentre pende dalla croce. Volgendo lo sguardo alla moltitudine di quei pazzi inferociti dice: Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno 48. E la sua parola non fu inutile. Difatti, dopo che risuscitò e fu glorificato agli occhi dei suoi discepoli al punto che mostrò loro anche le cicatrici del corpo risorto - e non soltanto si offrì ad essere visto ma anche toccato -, salì al cielo e mandò lo Spirito Santo. Nel nome dell'ucciso, nel nome del crocifisso, cominciarono allora ad avvenire miracoli, e quelli che lo avevano ucciso si pentirono di più in quel tempo che non quando lo videro pendere dalla croce. Si misero infatti a pensare come mai opere così straordinarie potessero avvenire nel nome di colui che ad essi risultava essere stato ucciso per opera loro. Compresero che era vivo colui che essi avevano insultato quando moriva e si sentirono trafiggere il cuore 49, come è scritto negli Atti degli Apostoli. Degli stessi giudei che avevano crocifisso il Signore molti chiesero consiglio agli apostoli, e questo stesso consiglio fu da loro accolto, perché non invano, mentre pendeva dalla croce, Egli aveva detto: Padre, perdonali perché non sanno quello che fanno 50. L'apostolo Pietro disse loro: Pentitevi e ciascuno di voi si faccia battezzare nel nome del nostro Signore Gesù Cristo, e i vostri peccati sono rimessi 51. Così avvenne: furono battezzati e credettero in colui che avevano crocifisso. Ora questo intendevo dirvi, fratelli, quando affermavo che il nostro Medico dalla sua stessa morte ricavò medicine per guarire quei pazzi furiosi.

I credenti formano il corpo di Cristo.

19. In seguito si andò dai popoli pagani: gli apostoli furono inviati ai popoli pagani e trovarono tutto il mondo dedito all'idolatria. Eccoli dunque questi discepoli del medico, nei quali il medico stesso risiedeva, poiché erano diventati cielo e portavano Dio. Cominciarono a predicare colui che era stato crocifisso 52, colui che morì per i nostri peccati e risorse per la nostra giustificazione 53. Poiché la loro parola era confermata da grandi prodigi e miracoli, il mondo intero cominciò a riempirsi [di cristiani], e perché fosse davvero pieno, fin dal principio si cominciò ad uccidere anche i discepoli del Medico come era stato ucciso il Medico stesso. Ma come potevano i discepoli temere di essere uccisi, se nel loro capo vedevano risorto anche il corpo? Come potevano temere per la propria anima immortale, se nel Signore erano già risorti anche nel corpo? Egli infatti ha reso tutti i credenti come un corpo per il Capo, affinchè egli fosse il capo e quelli che credono in lui gli fossero uniti come membra. In realtà, dall'inizio del mondo sino alla fine si è creduto e si crederà in Cristo perché, anche prima che nascesse dalla Vergine Maria, molti hanno creduto che sarebbe venuto, come adesso molti credono in lui già venuto. E tutti son risanati mediante la fede, né vi è altro collirio per la cecità dell'occhio spirituale se non quello di cui è scritto: Purificando con la fede i loro cuori 54. Ha reso quindi tutti i credenti suo corpo, e di questo corpo egli è il capo 55. Ma non sarebbe capo di questo corpo se dal medesimo corpo egli non avesse preso qualcosa. Per qual altro motivo infatti volle rivestirsi della carne che in lui poteva morire? Quanto infatti all'anima umana essa non può morire: e sarebbe potuta morire la divinità del Verbo? Ma dopo di lui sono state uccise migliaia di martiri: seminata, per così dire, dal loro sangue, per tutta la terra è sorta la messe della Chiesa.

La storia della salvezza nelle profezie e nella realizzazione.

20. Dunque, fratelli, migliaia di anni avanti sono stati predetti questi fatti, e, come erano stati predetti, così si sono svolti e avverati. Quelli che leggiamo e ci resta da credere sono pochi, poiché la maggior parte già li leggiamo e li abbiamo sotto gli occhi. In base a quelli che leggiamo e vediamo realizzati non è una grande impresa credere a quei pochi che restano da realizzarsi. Era invece una grande prova per coloro che non vedevano nessuno dei fatti che noi vediamo. Ormai non merita alcuna lode il credere, ma piuttosto merita condanna il non credere. Si dèstino una buona volta e si lascino curare coloro che finora non hanno voluto curarsi! Credano e vedranno. Non siano tanto perversi da venirci a dire: " Che prima io vegga e poi crederò ". Che significa: " Che prima io vegga e poi crederò? ". In effetti, chi vede può forse credere? Crede chi non vede. Altro è credere, altro è vedere. Siccome non vedi, credi, affinchè credendo quel che non vedi possa meritare di vedere quello che credi. Presupposto per meritare la visione è la fede; compenso della fede è la visione. Perché esigi il compenso prima del lavoro? Credi dunque e cammina nella fede: la tua salvezza è oggetto di speranza. Infatti ha cominciato a curarti quell'ottimo medico per il quale nessuna malattia è incurabile. Non temere per le tue colpe passate, che eventualmente hai potuto commettere, anche se sono state gravissime, inaudite. Se le malattie sono grandi, più grande è il Medico. Non preoccuparti quindi dei peccati passati: nel sacramento ti saranno istantaneamente rimessi, e tutti e totalmente ti saranno rimessi. Delle colpe passate non rimarrà nulla di cui tu debba inquietarti e darti pensiero. Sarai tranquillo: non per la tua vigoria ma per la mano del medico. Sii dunque tranquillo nelle sue mani, perché egli guarirà anche le conseguenze del male: guarirà anche la fragilità della nostra condizione mortale da cui, mentre viviamo quaggiù, provengono i peccati minori. Egli guarirà tutto, purificherà tutto; sarà eliminata ogni sorta di cecità. Occorre però che gli sia presentato un occhio del cuore ben disposto, per cui tu, vedendo, sia beato in quanto hai ascoltato con fede la parola: Beati i puri di cuore perché vedranno Dio 56. Fratelli miei, quelli che ancora non credono osservino, osservino quanti fatti Dio ci pone dinanzi agli occhi. Tutti gli eventi che vediamo accadere nel mondo in nome di Cristo sono stati previsti, preannunziati e posti autorevolmente in iscritto. Nelle nostre mani vi sono i libri; davanti ai nostri occhi la realtà dei fatti.

La storia della salvezza alimenta la nostra speranza.

21. E se pensiamo secondo verità, fratelli, l'opera che ha compiuto era più difficile di quella che gli resta da compiere. Che significa: " Ha compiuto l'opera più difficile "? Ha giustificato l'empio 57: da idolatra lo ha reso credente, da ubriacone temperante, da impudico casto, da avaro disposto a donare i suoi beni; e notate che non li dona organizzando cacce circensi, con grande gioia del diavolo, ma facendo elargizioni ai poveri, meritandosi la corona da Cristo e acquistandosi beni imperituri. Era più difficile l'opera che Cristo ha compiuto. Colui che ha reso giusto l'uomo empio non sarà in grado di premiare l'uomo giustificato? State attenti, miei fratelli! Cosa è più difficile a credersi: che un empio venga reso giusto o che un giusto venga mutato in angelo? " Empio " e " giusto " sono fra loro contrari; " giusto " e " angelo " non sono contrari. Non sarà capace di completarti con doni similari colui che ti ha trasformato cambiando situazioni contrarie? Infatti non appena comincerai ad essere giusto comincerai a imitare la vita dell'angelo, mentre quando eri empio eri estraneo al coro degli angeli. Ecco però giungere la fede. Essa ti ha reso giusto e tu, che bestemmiavi Dio, ti umilii dinanzi a Dio; tu che eri volto alla creatura ora desideri il Creatore. Ecco quello che Egli ha donato a te. Egli inoltre ha diffuso nel mondo la sua Chiesa, l'ha propagata come l'aveva promessa. Era stato predetto che gli idoli sarebbero stati massacrati e tolti di mezzo. I nostri padri l'hanno letto ma non l'hanno veduto; noi lo leggiamo e lo vediamo. Sono state annunziate eresie e scismi: anche questo è avvenuto. Quindi non si turbano i cristiani quando vedono sorgere eresie e scismi. Con grande certezza sperano l'avverarsi degli eventi promessi poiché vedono realizzarsi quelli che erano stati preannunziati.

Al presente felicità e infelicità sono insieme.

22. Evitate dunque le scelleraggini delle eresie e degli scismi, evitate le pratiche sacrileghe dei pagani, le insulse consultazioni dei demoni, i culti degli idoli, i sacrilegi delle arti magiche, il ricorso agli astrologi. Evitate queste cose, fratelli. Da esse non avete nulla da sperare. Per la vita futura non hanno mai promesso niente; per la vita presente, ad essere sinceri, vi raccontano menzogne. Ma potrebbe esserci qualcuno che dice: " A me, son certo, l'astrologo ha detto il vero, e a me, ne sono certo, me lo ha detto l'indovino : ho preso quella medicina e mi ha fatto effetto ". Quanto a voi, carissimi, questo solo ritenete per certo (e del resto la cosa può facilmente controllarsi!): la presente felicità o infelicità (che poi non sono né vera felicità né piena infelicità) sono sparse in maniera confusa e le troviamo insieme in tutti gli uomini; e, per quanto riguarda voi, fratelli, che avete creduto, anche se fosse vero che nella presente vita temporale sono felici solamente coloro che ricorrono a tali pratiche, voi per amore della felicità avvenire dovreste disprezzare la felicità presente. Ma ecco vedete voi stessi che indistintamente godono buona salute e quelli che ricorrono a tali pratiche e quelli che non vi ricorrono; che indistintamente muoiono quelli che vi ricorrono e quelli che non vi ricorrono; sono ricchi o poveri indistintamente e quelli che vi ricorrono e quelli che non vi ricorrono; sono onorati e vilipesi indistintamente quelli che vi ricorrono e quelli che non lo fanno. Vedendo dunque come tra gli uomini la felicità e l'infelicità temporale sono mescolate insieme, perché non pensate piuttosto ad evitare l'infelicità eterna, quando vi si dirà: Andate al fuoco eterno 58 e a raggiungere la vera felicità, quando vi si dirà: Ricevete il Regno 59?

Gli idolatri sono al seguito del demonio.

23. " Giunone - dice [il pagano] - assiste le partorienti, Mercurio i cacciatori o le persone di studio, Nettuno i naviganti ". Sono falsità! Se fosse vero, non partorirebbero felicemente le donne che sparlano di Giunone. Ma ci vuol proprio molto, miei fratelli, ad aprire gli occhi per vedere queste cose? O che forse i profeti hanno predetto cose come queste? Interrogate voi stessi; risponda l'intero genere umano! Sarebbero dunque esposti a naufragio tutti coloro che non venerano Nettuno? Subirebbero danno tutti i negozianti che deridono Mercurio? Se tutto questo è falso, noi diremo che gli dèi in nessun modo vi hanno promesso la vita futura e non recano alcun vantaggio per la vita presente. Perché dunque li si adora se non perché distolgano i piedi di quanti vogliono percorrere la via del Signore 60, sicchè non tendano alla vita immortale né si ripromettano un po' di riposo dopo gli stenti e le difficoltà della vita presente? È il diavolo che insieme ai suoi angeli si solleva contro di voi e si presenta come se vi fosse amico per ridurvi in schiavitù. Preferite rimanere nella libertà! È più grande colui che vi ha redenti di colui che vi assalta. E poi tutti coloro che dànno il consenso al diavolo saranno con lui condannati, mentre tutti coloro che avranno creduto a Cristo, non saranno condannati con il diavolo. Son cose che avverranno, ma voi dalle cose già avvenute traete le conseguenze per quelle che restano da compiersi.

L’umiltà di Cristo ha conquistato il mondo.

24. Fu predetto che i cristiani avrebbero dovuto subire persecuzioni da parte dei re della terra, ed esse son già avvenute: è stata compiuta una strage di martiri. Gli autori delle stragi pensavano che a forza di ucciderli avrebbero sterminato i cristiani; invece la Chiesa è cresciuta mediante il loro sangue. I persecutori sono stati vinti, i perseguitati hanno riportato vittoria. Anche questo era stato predetto. Nella sacra Scrittura leggiamo che avrebbero sottomesso il collo al giogo di Cristo gli stessi re 61, dai quali in un primo tempo sembrava dovesse venire una persecuzione della Chiesa da cui occorreva mettersi al riparo. Ma è avvenuto questo, fratelli: la croce di Cristo è ora sulla fronte dei re; i re adorano colui che i giudei schernirono. Era stato però detto: Dio ha scelto ciò che in questo mondo è debole per confondere i forti, ha scelto ciò che in questo mondo è ignobile e ciò che non è, come se fosse, per ridurre a nulla ciò che è 62. Il Signore nostro Gesù Cristo pertanto è venuto per la salvezza non solo dei poveri ma anche dei ricchi, non solo dei plebei ma anche dei re. Non volle tuttavia scegliere come suoi primi discepoli i re, i ricchi, i nobili, i dotti, ma scelse i poveri, gli illetterati, i plebei, i pescatori, in cui sarebbe rifulsa di più la sua grazia. Venne infatti a darci la bevanda dell'umiltà e a guarire la superbia. E se per primo avesse chiamato un re, il re avrebbe detto che era stato eletto per la sua dignità; se per primo avesse chiamato un dotto, il dotto avrebbe detto che era stato eletto per la sua cultura. Ma i cristiani, che venivano chiamati all'umiltà, dovevano essere chiamati mediante persone umili. Perciò Cristo non ha conquistato il pescatore mediante l'imperatore, ma l'imperatore mediante il pescatore.

A Cristo crocifisso accorre il genere umano.

25. Ora vengono a Roma i re. È straordinario, fratelli, come ogni cosa si sia realizzata. Quando lo si annunziava, quando lo si scriveva, nulla di tutto questo era avvenuto. È sorprendente. Osservate, e riflettete e rallegratevi. Siano bramosi di conoscere queste cose coloro che non vorrebbero interessarsene. Di queste cose noi vogliamo che si interessino. Abbandonino le sciagurate inezie delle vane curiosità e siano una buona volta desiderosi di apprendere la sacra Scrittura. Troveranno che i grandi fatti che ora vedono sono stati predetti molto tempo prima. Essi infatti rimangono sbalorditi vedendo che nel nome di un Crocifisso accorre e si aduna il genere umano, dai re agli straccioni coperti di cenci. Non è stata esclusa nessuna età, nessuna categoria di persone, nessuna cultura. Infatti non è che hanno creduto gli ignoranti e non hanno creduto i dotti, o che hanno creduto i plebei e non i nobili, o che hanno creduto le donne e non gli uomini, o che hanno creduto i fanciulli e non gli anziani, o che hanno creduto gli schiavi e non i liberi. Ogni età è stata chiamata alla salvezza e ogni età è già venuta: son venuti i dignitari, i ricchi, i facoltosi tra gli uomini. Che vogliano entrare veramente tutti! Solo in pochi sono ormai rimasti fuori e seguitano a contendere. Si dèstino finalmente! Quanto meno al rimbombo che si leva dal mondo intero. Perché tutto il mondo grida.

I re chinano la fronte dinanzi ai pescatori.


26. Come avevo iniziato a dire, vengono a Roma i re. Ora a Roma vi sono i templi degli imperatori, i quali nel loro orgoglio pretesero dagli uomini onori divini; e, poichè ne avevano il potere (dato che erano sovrani assoluti), più che meritarli li estorsero. Ma un pescatore come avrebbe potuto estorcere simili onori? Comunque a Roma c'è la tomba del pescatore e c'è il tempio dell'imperatore. Pietro è sepolto in una tomba. Adriano in un tempio: il tempio di Adriano, il sepolcro di Pietro. Ecco ora venire un generale vittorioso; osserviamo dove si diriga, dove scelga di piegare i ginocchi: se nel tempio dell'imperatore o sul sepolcro del pescatore. Deposto il diadema, si batte il petto là dov'è il corpo del pescatore: ne riconosce i meriti, lo crede insignito di corona, per la sua mediazione desidera di giungere a Dio e avverte e ottiene di essere aiutato dalle preghiere di lui. Ecco le meraviglie compiute da quell'uomo confitto in croce e deriso mentre era sulla croce. Ecco in qual maniera si è assoggettato i popoli: non con la crudeltà della spada ma con il patibolo, oggetto di scherni. Bevano dunque gli uomini superbi alla coppa dell'umiltà, dopo che Cristo si è umiliato; si degnino di essere umili. Riconoscano una buona volta quale sia la loro medicina. Vengano e credano.

Il cristiano testimoni la fede con la vita.

27. Esortateli, fratelli, non solo a parole ma anche con le vostre opere; e anche noi li esortiamo a non rimandare ancora. Forse alcuni già ci pensano e dicono: " Domani mi farò cristiano ". Se è bene domani è bene anche oggi. In realtà, per diventare cristiano non devi chiedere il giorno all'astrologo. Ogni giorno è stato fatto da Dio, e per te è buono quel giorno nel quale compi il bene. Se dunque è bene credere in Cristo, affinchè sia purificato il tuo cuore mediante la fede 63, e guarire il tuo occhio che dovrà vedere una luce tanto fulgida, perché rimandare? Perché seguita a risuonare tra gli uomini il gracchiare del corvo? " Crà, crà " (domani, domani) grida il corvo che, fatto uscire dall'arca, non vi tornò, mentre invece vi tornò la colomba 64. Il corvo ti dice " domani ", la colomba geme ogni giorno. Non sia dunque in te la voce di chi rimanda al domani ma il gemito di chi confessa [il Signore]. Tutti coloro che si sono stancati di ascoltare vogliano essere indulgenti con i bramosi di sapere; coloro poi che vorrebbero ancora sentire, perdonino quelli che sono stanchi, tanto più che anche il tempo ci costringe a chiudere il discorso. Osserviamo infatti in voi un gran desiderio, in Cristo, per cui potreste ascoltare ancora altre cose, ma il tempo non possiamo fermarlo. Per tutti coloro che sono presenti e non hanno ancora creduto ecco noi siamo a disposizione, ecco c'è la Chiesa. Se vogliono, abbraccino la fede. Se preferiscono rimandare (ipotesi che, a quanto io penso, non dovrebbero più ritenere), lascino il posto a coloro che vogliono celebrare i divini misteri.

E dopo che i pagani furono usciti:

Vivere la parola di Dio.

28. Fratelli, già ieri ve l'abbiamo detto e adesso ve lo ripetiamo, come del resto sempre vi scongiuriamo. Vivendo bene guadagnate coloro che ancora non hanno creduto, perché non succeda che anche voi abbiate creduto invano. Vi scongiuriamo: come è gradita al vostro orecchio la parola di Dio, così vi piaccia esprimerla nei vostri costumi. Non sia quindi soltanto nell'orecchio ma anche nel cuore, non soltanto nel cuore ma anche nella vita, affinchè siate la famiglia di Dio, degna [di lui] e accetta ai suoi occhi in ogni sorta di opere buone 65. Fratelli, sono assolutamente convinto che, se voi vivrete in maniera degna di Dio, ben presto nessuno di quelli che ancora sono lontani dalla fede seguiterà a rimanere nell'incredulità.

 


1 - Cf. 2, 3 (Eb 10, 37).

2 - Sal 110, 10 (Sir 1, 16).

3 - 1 Gv 4, 18.

4 - Sal 110, 10 (Sir 1, 16).

5 - 1 Cor 2, 9.

6 - Cf. Lc 23, 43.

7 - 1 Tm 6, 16.

8 - 1 Cor 2, 9.

9 - Cf. Rm 8, 5.

10 - Sal 37, 11.

11 - 1 Cor 2, 9.

12 - 1 Cor 1, 12 (3, 4).

13 - Cf. Sal 77, 7; Ger 17, 5.

14 - Sal 21, 5.

15 - 1 Cor 3, 3.

16 - Sal 81, 6-7.

17 - Sal 81, 6.

18 - Gv 1, 12.

19 - Sal 81, 6-7.

20 - Cf. Gn 3, 5.

21 - Gn 3, 19.

22 - Is 66, 1.

23 - Cf. 1 Pt 1, 8.

24 - 1 Cor 2, 9.

25 - Cf. Gn 1, 27 (Sir 17, 1).

26 - Cf. Mt 6, 22 (Lc 11, 34).

27 - Cf. 1 Cor 2, 9.

28 - Cf. 1 Pt 1, 8.

29 - 1 Cor 2, 9.

30 - Mt 7, 7 (Lc 11, 9).

31 - Sal 26, 8.

32 - Sal 26, 4.

33 - Mt 5, 8.

34 - At 15, 9.

35 - Mt 5, 8.

36 - At 15, 9.

37 - Mt 5, 8.

38 - At 15, 9.

39 - 1 Cor 2, 9.

40 - Gv 1, 12.

41 - Mt 5, 8.

42 - At 15, 9.

43 - Gv 1, 12.

44 - Cf. 1 Cor 2, 9; At 15, 9; Mt 5, 8.

45 - Cf. Gv 20, 29.

46 - Cf. 1 Th 5, 22 (?).

47 - Sir 10, 15.

48 - Lc 23, 34.

49 - At 2, 37.

50 - Lc 23, 34.

51 - At 2, 38.

52 - Cf. 1 Cor 1, 23.

53 - Rm 4, 25.

54 - At 15, 9.

55 - Cf. Col 1, 18.

56 - Mt 5, 8.

57 - Cf. Rm 4, 5.

58 - Mt 25, 41.

59 - Mt 25, 34.

60 - Cf. Sal 19, 9.

61 - Cf. Sal 71, 10-11; 104, 14-15; 109, 1 e 5; ecc.

62 - 1 Cor 1, 27-28.

63 - Cf. At 15, 9.

64 - Cf. Gn 8, 6-12.

65 - Cf. 2 Tm 2, 21 (3, 17; Tt 3, 1).


21 - La nascita fortunata di Maria santissima, signora nostra

La mistica Città di Dio - Libro primo - Suor Maria d'Agreda

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325. Giunse il giorno, lieto per il mondo, del felicissimo parto di sant'Anna e della nascita di colei che veniva alla luce santificata e consacrata per diventare Madre di Dio. Questo parto avvenne l'ottavo giorno del mese di settembre, compiuti nove mesi interi dalla concezione della santissima anima della nostra Regina e signora. Fu preavvertita sua madre Anna da una illuminazione interiore, nella quale il Signore le diede l'avviso che si avvicinava l'ora del parto. Così, piena della gioia dello Spirito divino, era tutta presa ad ascoltare la sua voce e prostratasi in orazione chiese al Signore che l'assistesse con la sua grazia e la sua protezione, per il buon esito del parto. Subito sentì nel suo seno un movimento, che è naturale quando le creature stanno per venire alla luce. Nello stesso tempo, la bambina Maria, più che fortunata, fu rapita, per provvidenza e virtù divina, in un'estasi altissima, nella quale assorta ed astratta da tutte le operazioni sensitive, venne al mondo senza percepirlo con i sensi, come invece avrebbe potuto se assieme all'uso della ragione, che aveva, li avesse lasciati, per natura, operare in quel momento. Il potere dell'Altissimo, però, dispose in questo modo, affinché la Principessa del cielo non avvertisse il naturale evento del parto.

326. Maria nacque pura, bella e tutta piena di grazie, manifestando con esse che era esente dalla legge e dal tributo del peccato. E benché nella sostanza venne al mondo come gli altri figli di Adamo, tuttavia la sua nascita fu accompagnata da circostanze e grazie particolari, che la resero miracolosa ed ammirabile in tutta la natura, nonché lode eterna per il suo Autore. Questa divina stella mattutina spuntò, dunque, al mondo, intorno alla mezzanotte, cominciando così a dividere la notte dell'antica legge e delle prime tenebre dal giorno nuovo della grazia, che stava già per apparire. Colei che aveva la mente fissa nella Divinità fu così, conformemente agli altri bambini, avvolta in panni e posta ed accomodata in una culla; e venne trattata come una bambina quella che, in sapienza, eccedeva tutti i mortali e gli stessi serafini. Sua madre Anna non consentì che in quel momento fosse toccata da altri, ma lei stessa, con le sue mani, l'avvolse in fasce, senza esserne impedita dal parto, poiché fu libera dal doloroso travaglio cui sono soggette, ordinariamente, tutte le altre madri.

327. Sant'Anna ricevette nelle sue mani colei che, essendo figlia sua, era insieme il maggior tesoro del cielo e della terra; semplice creatura sì, ma inferiore solo a Dio e superiore invece ad ogni cosa creata. Con fervore e con lacrime la offrì alla sua divina Màestà, dicendo nel suo intimo: «Signore d'infinita sapienza e potenza, creatore di tutto ciò che esiste, io vi offro il frutto del mio seno, che ho ricevuto dalla vostra bontà, con eterna riconoscenza per avermelo concesso senza che io potessi meritarlo. Fate della figlia e della madre ciò che piace alla vostra santissima volontà e guardate la nostra piccolezza, dall'alto della vostra sede e grandezza. Siate eternamente benedetto, perché avete arricchito il mondo con una creatura così gradita al vostro beneplacito e perché in lei avete preparato la dimora e il tabernacolo in cui viva il Verbo eterno. Io mi congratulo con i miei santi Padri e Profeti, ed in loro con tutto il genere umano per il pegno sicuro, che ad essi donate, della redenzione. Ma come tratterò io quella che mi date per figlia, non meritando nemmeno di essere sua serva? Come toccherò la vera arca dell'alleanza? Concedetemi, o Signore e mio re, la luce necessaria per conoscere la vostra volontà e per eseguirla con il vostro compiacimento ed al servizio di mia figlia».

328. Il Signore rispose alla santa suggerendole nell'intimo l'ispirazione di trattare la bambina come fa qualsiasi madre, senza dimostrarle all'esterno riverenza, e portandogliela, però, nel suo interno: nel crescerla adempisse, quindi, i doveri di una vera madre, avendone cura con sollecitudine ed amore. Così fece appunto la felice madre ed usando questa facoltà, senza venir meno alla riverenza dovuta, si deliziava con la sua santissima figlia, trattandola ed accarezzandola come fanno le altre madri con le loro figlie, sempre però con la stima e con l'attenzione degne di quel mistero così imperscrutabile e divino che si racchiudeva tra madre e figlia. Gli angeli con tanti altri spiriti celesti venerarono devoti la dolce bambina, tra le braccia di sua madre, e le suonarono delle celesti sinfonie, di cui udì qualcosa sant'Anna; i mille angeli, invece, destinati alla custodia, si presentarono davanti alla gran Regina, per dedicarsi al suo servizio. Fu questa la prima volta che la divina signora li vide in forma corporea con i segni e le vesti, di cui parlerò in un altro capitolo; e la bambina li pregò che lodassero l'Altissimo con lei ed in nome suo.

329. Nel momento in cui nacque la nostra principessa Maria, l'Altissimo inviò l'arcangelo san Gabriele a portare ai santi Padri del limbo questa notizia tanto lieta per loro. Subito il messaggero celeste scese ad illuminare quella profonda caverna, rallegrando i giusti che vi si trovavano. Annunciò loro che già cominciava a spuntare il giorno della felicità eterna e della redenzione del genere umano; giorno tanto desiderato ed aspettato dai santi Padri e preannunziato dai Profeti. Era già nata la Madre del Messia promesso, per cui essi avrebbero ben presto visto la salvezza e la gloria dell'Altissimo. Il santo principe inoltre svelò loro le eccellenti virtù di Maria e tutto ciò che la mano dell'Onnipotente aveva cominciato ad operare in lei, affinché conoscessero meglio il felice principio del mistero, che avrebbe posto fine alla loro prolungata prigionia. Di questa notizia, si rallegrarono in spirito i Padri, i Profeti e gli altri giusti che dimoravano nel limbo; e con nuovi cantici lodarono il Signore per tale beneficio.

330. Tutto ciò che ho riferito successe in breve tempo. Intanto, la nostra Regina, appena vide la luce del sole materiale, conobbe con i sensi i suoi naturali genitori ed altre creature; questo fu il primo passo della sua vita nel mondo. Il braccio onnipotente dell'Altissimo ricominciò così ad operare per lei nuove meraviglie, superiori ad ogni pensiero umano. La prima, oltremodo stupenda, fu d'inviare innumerevoli angeli, affinché sollevassero in anima e corpo, al cielo empireo, l'eletta per madre del Verbo eterno, secondo quello che il Signore disponeva. Ubbidirono i santi principi e, prendendo la bambina Maria dalle braccia di sua madre sant'Anna, si ordinarono con pompa solenne in una festosa processione, portando fra cantici d'incomparabile giubilo la vera arca della nuova alleanza, perché dimorasse per un po' di tempo non nella casa di ObedÈdom, ma nel tempio del sommo Re dei re, dove poi sarebbe dovuta rimanere eternamente. Da questo mondo al supremo cielo fu il secondo passo che Maria santissima fece nella sua vita.

331. Chi potrà degnamente esaltare questo stupendo prodigio della destra dell'Onnipotente? Chi potrà descrivere il gaudio e lo stupore degli spiriti celesti, quando guardavano quella meraviglia così nuova tra le opere dell'Altissimo, e con nuovi cantici la celebravano? In Maria riconobbero e riverirono la loro regina e signora, eletta per madre di colui che doveva essere loro capo, e che era causa della grazia e della gloria che possedevano, poiché egli le aveva loro ottenute con i suoi meriti in previsione del divino consenso. Ma quale lingua o pensiero dei mortali potrebbe entrare nel segreto del cuore di quella tenera bambina, e capire o descrivere che cosa sentì durante lo svolgimento di un privilegio così singolare? Lo lascio pensare a coloro che sono animati da sentimenti di vera pietà cattolica e molto più a quelli cui sarà dato conoscerlo nel Signore; noi invece lo vedremo quando per la sua infinita misericordia giungeremo a goderlo faccia a faccia.

332. La bambina Maria fece il suo ingresso nel cielo empireo per mano degli angeli e prostratasi con amore alla presenza del trono dell'Altissimo, si avverò - secondo il nostro modo d'intendere - ciò che prima era accaduto in figura, quando Betsabea si presentò al figlio Salomone, che dal suo trono giudicava il popolo d'Israele; ed egli alzatosi ricevette sua madre e la colmò di onori dandole il posto di regina al suo fianco. Lo stesso fece, ma con maggiore gloria ed in modo ancor più ammirabile la persona del Verbo eterno con la bambina Maria, che si era eletta per madre. Egli la innalzò sul suo trono e le diede, al suo fianco destro, il titolo di madre sua e di regina di ogni cosa creata, benché tutto ciò si operasse senza che ella conoscesse la propria dignità né il fine di misteri e privilegi così ineffabili; ma per ricevere questi le sue deboli forze furono sostenute dalla potenza divina. Le vennero, infatti, elargite grazie e doni nuovi, con i quali furono rispettivamente elevate le sue capacità esteriori; e riguardo alle facoltà interiori, oltre alla nuova grazia ed alla luce con le quali furono preparate, Dio le elevò in modo adeguato a ciò che le doveva essere rivelato. Inoltre, avendole dato il lume necessario, svelò la sua divinità, manifestandosi a lei in modo chiaro e indicibilmente sublime. Fu questa la prima volta che la bambina Maria vide la santissima Trinità.

333. Della gloria che in questa visione ebbe la bambina Maria, dei nuovi misteri che le furono rivelati e degli effetti che ridondarono nella sua purissima anima, furono solo testimoni l'autore di così inaudito miracolo e gli angeli stupefatti, che in Dio stesso conoscevano già qualcosa di questo mistero. Ritrovandosi la Regina alla destra del Signore che doveva divenire suo figlio e vedendolo faccia a faccia, gli chiese, più felicemente di Betsabea, che donasse l'intatta Sunnamita Abisag, cioè la sua inaccessibile divinità, all'umana natura sua propria sorella, e che adempisse la sua parola scendendo dal cielo sulla terra, celebrando così il matrimonio dell'unione ipostatica nella persona del Verbo, poiché tante volte lo aveva promesso agli uomini per mezzo dei Patriarchi e dei Profeti. Lo pregò anche di affrettare la redenzione del genere umano, attesa da tanti secoli, poiché si moltiplicavano i peccati e la rovina del-le anime. Ascoltò l'Altissimo questa richiesta a lui tanto gradita, e promise a sua Madre, diversamente da Salomone, che subito si sarebbe disobbligato dalle sue promesse e sarebbe venuto nel mondo, incarnandosi per redimerlo.

334. In quel concistoro e tribunale divino della santissima Trinità si decise di dare il nome alla bambina Regina; e siccome nessun nome è legittimo e proprio se non quello che si pone nell'essere immutabile di Dio, dove con equità, peso, misura ed infinita sapienza si dispensano ed ordinano tutte le cose, allora la divina Maestà volle imporglielo da se stessa, nel cielo. Manifestò così agli spiriti angelici che le tre divine Persone avevano decretato e formulato, sin dall'eternità, i dolcissimi nomi di Gesù e di Maria per il figlio e per la madre; e si erano compiaciute in essi, tenendoli scolpiti nella loro mente eterna, e presenti in tutte le cose a cui avevano dato esistenza, poiché proprio per il loro servizio le avevano create. Mentre i santi angeli venivano a conoscenza di questi e di altri misteri, udirono una voce dal trono, che, nella persona del Padre eterno, diceva: «La nostra eletta sarà chiamata Maria e questo nome deve essere meraviglioso e grande; quelli che lo invocheranno con devoto affetto, riceveranno copiosissime grazie; quelli che lo apprezzeranno e pronunceranno con riverenza, saranno consolati e vivificati; tutti ritroveranno in esso il rimedio dei loro mali, i tesori per arricchirsi e la luce che li guidi verso la vita eterna. Questo nome sarà terribile contro l'inferno, schiaccerà il capo al serpente, ed otterrà insigni vittorie sui principi delle tenebre». Ordinò poi il Signore agli spiriti angelici, che annunziassero questo felice nome a sant'Anna, affinché si operasse sulla terra quello che si era stabilito nel cielo. La divina bambina, prostratasi con affetto dinanzi al trono, rese riconoscenti ed umili grazie all'Essere eterno e con ammirabili e dolcissimi cantici ricevette il suo nome. Se si dovessero descrivere i privilegi e le grazie, che le furono concessi, sarebbe necessaria unopera a parte, di più volumi. I santi angeli, nel trono dell'Altissimo, venerarono e riconobbero, di nuovo, Maria santissima come futura madre del Verbo e come loro regina e signora; e ne ossequiarono il nome prostrandosi, ogni volta che lo pronunciava la voce dell'eterno Padre. Particolarmente lo venerarono quelli che lo avevano come stemma sul petto; tutti invece intonarono cantici di lode per misteri così grandi ed insondabili. La neonata Regina, però, continuò ad ignorare la causa di tutto ciò che vedeva, perché non le venne manifestata la sua dignità di madre del Verbo sino al tempo dell'incarnazione. Intanto sempre con giubilo e con riverenza i santi angeli la riportarono sulla terra nelle braccia di sant'Anna, alla quale rimase nascosto quanto era accaduto, nonché l'assenza di sua figlia, poiché in vece sua suppli uno degli angeli custodi, prendendo, per questo scopo, un corpo aereo. Oltre a ciò, per molto tempo, mentre la divina fanciulla dimorava nel cielo empireo, sua madre Anna ebbe un'estasi di altissima contemplazione, in cui, benché ignorasse quel che si operava nella sua bambina, le furono manifestati gli ineffabili misteri della dignità di madre di Dio, per la quale era stata eletta la sua figlia santissima. La prudente donna li conservò nascosti nel suo cuore, tenendoli, però, sempre presenti nella mente, per tutto quello che doveva operare con lei.

335. Otto giorni dopo la nascita della grande Regina, scese dall'alto una moltitudine di angeli béllissimi e maestosi, portanti uno scudo sul quale era scolpito, a caratteri brillanti e risplendenti, il nome di Maria. Manifestandosi tutti alla fortunata sant'Anna le dissero che il nome di sua figlia doveva essere quello che essi portavano sullo scudo, e cioè Maria: nome che le aveva dato la divina Provvidenza, ordinando in tal modo che anche lei e Gioacchino glielo imponessero subito. La santa chiamò il marito e gli fece conoscere la volontà di Dio riguardo al nome della loro figlia ed il fortunatissimo padre lo accolse con giubilo e con devoto affetto. Decisero così di chiamare i parenti ed un sacerdote, e con un sontuoso e solenne banchetto posero il nome di Maria alla loro neonata. Gli angeli celebrarono questa festa cantando una dolcissima melodia, sentita solo dalla madre e dalla figlia che restò così col nome che la santissima Trinità le aveva dato nel cielo il giorno in cui era nata e sulla terra l'ottavo giorno dopo l'evento. Fu scritto poi nel registro comune, quando sua madre andò al tempio per adempiere la legge, come si dirà in seguito. Sino allora il mondo non aveva visto un parto simile a questo né un altro sarebbe potuto accadere in una semplice creatura. Questa fu la nascita più fortunata che la natura poté salutare, poiché portò una bambina la cui vita, già dal primo giorno, non solo fu esente dalla macchia del peccato, ma fu più pura e santa di quella dei supremi serafini. La nascita di Mosè fu celebrata per la bellezza e l'avvenenza del bambino; ma questa non era che apparente e corruttibile. Oh, come è bella la nostra grande bambina! Oh, com'è bella! È tutta bella e soavissima nelle sue delizie, perché possiede tutte le grazie e le bellezze, senza alcun difetto. Fu motivo di sorriso e di letizia, per la casa di Abramo, la nascita di Isacco, il figlio promesso da Dio e concepito da madre sterile; ma tale parto non ebbe una grandezza maggiore di quella originata e trasmessa dalla nostra bambina Regina, per cui fu preordinata tutta quella gioia straordinaria. E se quel parto fu ammirabile e di tanto giubilo per la famiglia del patriarca, perché era prefigura e preparazione della natività della dolcissima Maria, così in questo si devono rallegrare il cielo e la terra, perché nasce colei che viene a restaurare le rovine del cielo e a santificare il mondo. Quando nacque Noè, si consolò suo padre Lamech, perché seppe che Dio attraverso suo figlio avrebbe assicurato la continuità del genere umano, per mezzo dell'arca, e avrebbe accordato di nuovo le benedizioni che gli uomini avevano demeritato per i peccati commessi. Tutto questo, però, avvenne affinché nascesse questa bambina, che doveva essere la vera riparatrice, essendo, ancora una volta, l'arca mistica a contenere il nuovo e vero Noè, attirandolo dal cielo, per riempire di benedizioni tutti gli abitanti della terra. Oh, felice parto! Oh, lieta nascita, che in tutti i secoli passati sei stata il compiacimento della santissima Trinità, il gaudio degli angeli, il refrigerio dei peccatori, l'allegrezza dei giusti e la singolare consolazione dei santi che ti stavano aspettando nel limbo!

336. Oh, preziosa e fulgida margarita, che ti dischiudesti alla luce del sole racchiusa nella grezza conchiglia di questo mondo! Oh, grande bambina! Se alla luce materiale gli occhi terreni ti ravvisano appena, dinanzi a quelli del sovrano e della sua corte superi in dignità e bellezza tutto ciò che non è Dio stesso. Tutte le generazioni ti benedicano; tutte le nazioni riconoscano e lodino la tua grazia e la tua bellezza. La terra sia rischiarata da questa nascita; i mortali si rallegrino perché è nata per loro la corredentrice che colmerà il vuoto causato dalla prima colpa; vuoto in cui da essa sono stati lasciati. Sia benedetta ed esaltata la vostra benignità verso di me che sono polvere e cenere, la più abietta. E se mi date il permesso, o mia Signora, di parlare alla vostra presenza, vi esporrò un dubbio, che mi è affiorato su questo mistero della vostra nascita, riguardo a quello che operò l'Altissimo con voi nell'ora in cui vi pose alla luce materiale del sole.

337. Questo è il dubbio: «Come si potrà intendere che per mano dei santi angeli siete stata portata con il corpo fino al cielo empireo ed alla vista della Divinità? Poiché secondo la dottrina della santa Chiesa e dei santi dottori, il cielo fu chiuso e come interdetto per gli uomini fino a che il vostro santissimo Figlio non lo aprì con la sua vita e la sua morte, entrando in esso come redentore e capo, quando, cioè risorto, vi salì nel giorno della sua ammirabile ascensione, essendo egli il primo per il quale furono aperte quelle porte eterne, che erano state chiuse per il peccato».

 

Risposta ed insegnamento della Regina del cielo

 

338. Carissima figlia mia, è vero che la divina giustizia, per il primo peccato chiuse il cielo ai mortali fino a quando il mio santissimo Figlio non lo aprì, pagando abbondantemente per gli uomini con la sua vita e la sua morte. Fu così conveniente e giusto che il Redentore, che come capo aveva unito a sé le membra redente, entrasse pnma degli altri figli di Adamo nel cielo, aprendolo per loro. E' vero che se Adamo non avesse peccato, non sarebbe stato necessario osservare questo ordine, per poter gli uomini salire al cielo empireo a godere della Divinità, ma vista la caduta del genere umano, la santissima Trinità stabilì quello che ora si sta eseguendo ed adempiendo. Davide cantò questo grande mistero nel salmo ventitreesimo, quando, parlando con gli spiriti del cielo, disse due volte: «Sollevate, porte, i vostri frontali, alzatevi porte antiche, ed entri il re della gloria». E ripeté agli angeli che le porte erano aperte solo per loro, mentre per gli uomini stavano chiuse. E benché quei cortigiani del cielo non ignorassero che il Verbo incarnato aveva già tolto a quelle porte le sbarre e le serrature della colpa - salendo ricco e glorioso con le spoglie della morte e del peccato e presentando nella gloria dei santi Padri del limbo il frutto della passione che portava su di sé - con tutto ciò, i santi angeli vengono qui descritti come meravigliati e stupiti di questa novità straordinaria, domandandosi tra loro: «Chi è questo re della gloria, essendo uomo e della stessa natura di Adamo che perdette per sé e per tutto il genere umano il diritto di salire al cielo?».

339. Al dubbio rispondono loro stessi, dicendo che il re della gloria è il Signore forte e potente, il Signore potente in battaglia, il Signore degli eserciti. Il che è un mostrarsi consapevoli che quell'uomo, venuto dal mondo per aprire le porte eterne, non era solo uomo, né era sottomesso alla legge del peccato, ma era vero uomo e vero Dio e che, forte e potente in battaglia aveva vinto il forte armato che regnava nel mondo, e lo aveva spogliato del suo regno e delle sue armi. Gli angeli lo chiamano il re della gloria, il signore delle virtù, perché le aveva operate come loro Signore, cioè con autorità e senza gli ostacoli del peccato e delle sue conseguenze. E, come signore delle virtù e re della gloria, veniva ora trionfando e ripartendo virtù e gloria ai suoi redenti, per i quali, in quanto uomo, aveva patito ed era morto; in quanto Dio, invece, li sollevava all'eternità della visione beatifica, avendo spezzato le serrature, ossia gli ostacoli posti dal peccato.

340. O anima, questo fu quello che fece il mio diletto figlio, vero Dio e vero uomo, che, come signore d'ogni virtù e grazia, m'innalzò e mi adornò fin dal primo istante della mia immacolata concezione. Quindi non essendo stata colpita dall'obice del primo peccato, non ebbi l'ostacolo, proprio degli altri mortali, ad entrare per le porte eterne del cielo, anzi, riguardo a questo, il potente braccio di mio figlio si comportò con me, come con la signora delle virtù e regina del cielo. Parimenti, dovendolo rivestire, nel suo farsi uomo, della mia carne e del mio sangue, per la sua benignità volle prevenirmi, facendomi simile a lui in purezza e nella esenzione della colpa come anche in altri doni e privilegi divini. Inoltre, poiché non ero schiava della colpa, non esercitavo affatto le virtù come chi è soggetta ad essa, ma come signora delle mie facoltà, senza conflitto interiore e con pieno dominio; simile non tanto ai figli di Adamo quanto al Figlio di Dio che era anche mio figlio.

341. Per questa ragione gli spiriti celesti mi aprirono le porte eterne che reputavano loro, riconoscendo così che il Signore mi aveva creata più pura di tutti i supremi angeli del cielo, anzi loro Regina e signora di tutte le creature. E comprendi, o carissima, che chi fece la legge, poté senza contraddizione dispensare da essa. In questo modo, operò il supremo Signore e legislatore, stendendo verso di me lo scettro della sua clemenza più nobilmente di quanto non fece Assuero verso Ester, affinché non si intendesse che le leggi circa la colpa, comuni agli altri mortali, fossero fatte per me, che dovevo diventare la Madre dell'autore della grazia. E benché io, come semplice creatura non potessi meritare questi benefici, tuttavia la clemenza e la bontà divina si volsero verso di me liberalmente, rimirandomi come umile serva, affinché lodassi eternamente l'autore di tali opere. E voglio che anche tu, o figlia mia, lo esalti e lo benedica per esse.

342. L'insegnamento che ora ti do è questo: avendoti eletta con liberale pietà, come mia discepola e compagna, quando eri ancora povera e abbandonata, cerca con tutte le tue forze di imitarmi in un esercizio che io ho praticato per tutta la mia vita da quando venni al mondo, senza tralasciarlo nemmeno un giorno, per quanti pensieri e tribolazioni avessi. L'esercizio consisteva nel prostrarmi alla presenza dell'Altissimo, ogni giorno allo spuntare della luce, ringraziandolo e lodandolo per il suo essere immutabile, per le sue infinite perfezioni e per avermi creata dal nulla. Inoltre, riconoscendomi sua creatura e sua fattura, lo benedicevo ed adoravo rendendogli onore e magnificenza come si deve al supremo Signore e al creatore mio e di tutto ciò che esiste. Sollevavo così il mio spirito, mettendolo nelle sue mani, e con fiducia e profonda umiltà mi abbandonavo chiedendogli che, in quel giorno e per tutti gli altri della mia vita, disponesse di me secondo il suo volere e che m'insegnasse tutto ciò che gli fosse di maggiore gradimento, per adempierlo. Nell'espletare i diversi impegni quotidiani replicavo più volte questi atti e nell'interno consultavo prima la divina Maestà chiedendole consigli, licenza e benedizione per tutte le mie azioni.

343. Sii molto devota del mio dolcissimo nome. Sappi intanto che sono stati molti i privilegi e le grazie che l'Onnipotente ha legato al mio nome. Nel rendermene conto alla vista di Dio, mi sentii, in modo sommo, tenuta alla riconoscenza e fui presa da una grande sollecitudine di corrispondere, tanto che tutte le volte che mi veniva alla memoria il mio nome, Maria, ed accadeva molto spesso, e tutte le volte che mi sentivo nominare, provavo un incitamento alla gratitudine e al compimento di ardue imprese per il Signore, che me lo aveva dato. Lo stesso nome hai tu. Perciò voglio che questo nome operi in te i medesimi effetti, in modo che tu mi imiti fedelmente in ciò che hai appreso in questo capitolo, senza venirvi meno da oggi in poi, qualunque cosa accadesse. Qualora, per debolezza, tu cadessi nell'indolenza, rientra subito in te stessa e, alla presenza del Signore e a quella mia, riconosci con dolore la tua colpa. Con sollecitudine e costanza in questo santo esercizio, eviterai molte imperfezioni e ti abituerai piano piano a praticare le virtù nel più alto grado, secondo il volere dell'Altissimo. Egli allora non ti negherà la sua grazia divina se ricercherai davvero la sua luce e ciò che è più gradito e desiderato dal tuo cuore e dal mio, cioè di ascoltare e ubbidire con tutta te stessa al tuo sposo e Signore, il quale vuole per te ciò che è più puro, santo e perfetto e una volontà pronta e disposta ad eseguirlo.


17-20 Ottobre 23, 1924 La Divina Volontà operante e dominante nella creatura forma un dolce incanto alle pupille divine, e disarma la Giustizia Divina.

Luisa Piccarreta (Libro di Cielo)

(1) Passo giorni amari per la privazione del mio dolce Gesù. Oh! come rimpiango la sua amabile presenza! Anche il solo ricordo delle sue dolci parole sono ferite al mio povero cuore e dico tra me: “E adesso, dov’è? Dove rivolse i suoi passi? Dove potrei ritrovarlo? Ahi! il tutto è finito, non più lo vedrò! Non ascolterò più la sua voce, non più pregheremo insieme, come è dura la mia sorte, che strazio! Che pena! Ah! Gesù, come ti sei cambiato! Come da me sei fuggito? Ma sebbene lontana, ti mando sulle ali del tuo Volere, dovunque Tu sia, i miei baci, il mio amore, il mio grido di dolore che ti dice: “Vieni, ritorna alla povera esiliata, alla piccola neonata, che non può vivere senza di Te!” Ma mentre ciò dicevo ed altro, il mio amabile Gesù si è mosso nel mio interno, e stendendomi le braccia mi ha stretto forte forte, ed io gli ho detto: “Mia vita, mio Gesù, non ne posso più, aiutami, dammi la forza, non mi lasciare più, portami con Te, me ne voglio venire!” E Gesù, spezzando il mio dire, mi ha detto:

(2) “Figlia mia, non vuoi fare la mia Volontà?”.

(3) Ed io: “Certo che voglio fare la tua Volontà, ma anche in Cielo c’è la tua Volontà, sicché, se finora l’ho fatta in terra, d’ora in poi voglio venire a farla in Cielo, perciò, presto, portami, non mi lasciare più, mi sento che più non posso, abbi pietà di me”.

(4) E Gesù di nuovo: “Figlia mia, tu non sai che cosa è la mia Volontà in terra, si vede che dopo tante mie lezioni non l’hai ben capito. Devi sapere che l’anima che fa vivere la mia Volontà in essa, come prega, come soffre, come opera, come ama, ecc. ecc., forma un dolce incanto alle pupille divine, in modo che racchiude in quell’incanto, coi suoi atti, lo sguardo di Dio, in modo che preso dalla dolcezza di questo incanto, molti castighi che si attirano le creature coi loro gravi peccati, questo incanto ha virtù d’impedire che la mia giustizia si riversi con tutto il suo furore sulla faccia della terra, perché anche la mia giustizia subisce l’incanto della mia Volontà che opera nella creatura. Ti par poco che il Creatore veda nelle creature, vivendo ancora sulla terra, la loro Volontà operante, trionfante, dominante, con quella libertà con cui opera e domina in Cielo? Questo incanto non c’è nel Cielo, perché la mia Volontà nel mio Regno domina come in casa sua, e l’incanto viene formato in Me stesso, non fuori di Me, sicché sono Io, è la mia Volontà che incanta con una forza rapitrice tutti i beati, in modo che le loro pupille sono racchiuse nel mio incanto per bearsi eternamente; sicché non loro mi formano il dolce incanto, ma Io a loro, sicché le mie pupille sono libere, non subiscono nessuno affascinamento. Invece, la mia Volontà vivendo nella creatura che valica l’esilio, è come operante e dominante in casa della creatura, ed è perciò che mi forma l’incanto, mi affascina e fa subire al mio sguardo un’attrattiva tali da rapirmi a fissare le mie pupille su di lei, senza poterle spostare. Ah! tu non sai quanto sia necessario questo incanto in questi tempi, quanti mali verranno! I popoli saranno costretti a mangiarsi l’un l’altro; saranno presi da tale rabbia, da inferocire l’uno contro dell’altro, ma la colpa maggiore è dei capi. Poveri popoli! Hanno per capi veri carnefici, diavoli incarnati che vogliono fare carneficina dei loro fratelli. Se i mali non dovessero essere gravi, il tuo Gesù non ti lasciava come priva di lui; tu temi che sia per altre cose che ti privo di Me, no, no, rassicurati, è la mia giustizia che privandoti di Me vuole sgravarsi sulle creature. Tu però, non uscire mai dalla mia Volontà, affinché il suo dolce incanto possa risparmiare i popoli dai mali peggiori”.