Sotto il Tuo Manto

Martedi, 9 settembre 2025 - San Pietro Claver Sacerdote (Letture di oggi)

La forza più potente è quella del cambiamento e del rinnovamento. Però molti hanno timore di prendere questa via. Solo le persone umili, piccoli, sono pronte a svuotarsi di sé ed essere un vaso vuoto: loro raggiungeranno alti livelli di spiritualità . Nella nostra società  si tende ad etichettare gli umili come deboli o ingenui. Invece, chi davanti a Dio riconosce la propria nullità  troverà  la via della santità  prima degli altri. Il dono più grande che puoi fare a te stesso è quello di convertirti, cioè uscire dal tuo io per dare spazio a Dio: più dai spazio a Dio, più sarai libero. (Don Nikola Vucic)

Liturgia delle Ore - Letture

Domenica della 4° settimana del tempo ordinario (Presentazione del Signore)

Questa sezione contiene delle letture scelte a caso, provenienti dalle varie sezioni del sito (Sacra Bibbia e la sezione Biblioteca Cristiana), mentre l'ultimo tab Apparizioni, contiene messaggi di apparizioni a mistici o loro scritti. Sono presenti testi della Valtorta, Luisa Piccarreta, don Stefano Gobbi e testimonianze di apparizioni mariane riconosciute.

Vangelo secondo Marco 8

1In quei giorni, essendoci di nuovo molta folla che non aveva da mangiare, chiamò a sé i discepoli e disse loro:2"Sento compassione di questa folla, perché già da tre giorni mi stanno dietro e non hanno da mangiare.3Se li rimando digiuni alle proprie case, verranno meno per via; e alcuni di loro vengono di lontano".4Gli risposero i discepoli: "E come si potrebbe sfamarli di pane qui, in un deserto?".5E domandò loro: "Quanti pani avete?". Gli dissero: "Sette".6Gesù ordinò alla folla di sedersi per terra. Presi allora quei sette pani, rese grazie, li spezzò e li diede ai discepoli perché li distribuissero; ed essi li distribuirono alla folla.7Avevano anche pochi pesciolini; dopo aver pronunziata la benedizione su di essi, disse di distribuire anche quelli.8Così essi mangiarono e si saziarono; e portarono via sette sporte di pezzi avanzati.9Erano circa quattromila. E li congedò.
10Salì poi sulla barca con i suoi discepoli e andò dalle parti di Dalmanùta.

11Allora vennero i farisei e incominciarono a discutere con lui, chiedendogli un segno dal cielo, per metterlo alla prova.12Ma egli, traendo un profondo sospiro, disse: "Perché questa generazione chiede un segno? In verità vi dico: non sarà dato alcun segno a questa generazione".13E lasciatili, risalì sulla barca e si avviò all'altra sponda.

14Ma i discepoli avevano dimenticato di prendere dei pani e non avevano con sé sulla barca che un pane solo.15Allora egli li ammoniva dicendo: "Fate attenzione, guardatevi dal lievito dei farisei e dal lievito di Erode!".16E quelli dicevano fra loro: "Non abbiamo pane".17Ma Gesù, accortosi di questo, disse loro: "Perché discutete che non avete pane? Non intendete e non capite ancora? Avete il cuore indurito?18'Avete occhi e non vedete, avete orecchi e non udite'? E non vi ricordate,19quando ho spezzato i cinque pani per i cinquemila, quante ceste colme di pezzi avete portato via?". Gli dissero: "Dodici".20"E quando ho spezzato i sette pani per i quattromila, quante sporte piene di pezzi avete portato via?". Gli dissero: "Sette".21E disse loro: "Non capite ancora?".

22Giunsero a Betsàida, dove gli condussero un cieco pregandolo di toccarlo.23Allora preso il cieco per mano, lo condusse fuori del villaggio e, dopo avergli messo della saliva sugli occhi, gli impose le mani e gli chiese: "Vedi qualcosa?".24Quegli, alzando gli occhi, disse: "Vedo gli uomini, poiché vedo come degli alberi che camminano".25Allora gli impose di nuovo le mani sugli occhi ed egli ci vide chiaramente e fu sanato e vedeva a distanza ogni cosa.26E lo rimandò a casa dicendo: "Non entrare nemmeno nel villaggio".

27Poi Gesù partì con i suoi discepoli verso i villaggi intorno a Cesarèa di Filippo; e per via interrogava i suoi discepoli dicendo: "Chi dice la gente che io sia?".28Ed essi gli risposero: "Giovanni il Battista, altri poi Elia e altri uno dei profeti".29Ma egli replicò: "E voi chi dite che io sia?". Pietro gli rispose: "Tu sei il Cristo".30E impose loro severamente di non parlare di lui a nessuno.

31E cominciò a insegnar loro che il Figlio dell'uomo doveva molto soffrire, ed essere riprovato dagli anziani, dai sommi sacerdoti e dagli scribi, poi venire ucciso e, dopo tre giorni, risuscitare.32Gesù faceva questo discorso apertamente. Allora Pietro lo prese in disparte, e si mise a rimproverarlo.33Ma egli, voltatosi e guardando i discepoli, rimproverò Pietro e gli disse: "Lungi da me, satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini".

34Convocata la folla insieme ai suoi discepoli, disse loro: "Se qualcuno vuol venire dietro di me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua.35Perché chi vorrà salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del vangelo, la salverà.36Che giova infatti all'uomo guadagnare il mondo intero, se poi perde la propria anima?37E che cosa potrebbe mai dare un uomo in cambio della propria anima?38Chi si vergognerà di me e delle mie parole davanti a questa generazione adultera e peccatrice, anche il Figlio dell'uomo si vergognerà di lui, quando verrà nella gloria del Padre suo con gli angeli santi".


Esodo 37

1Bezaleel fece l'arca di legno di acacia: aveva due cubiti e mezzo di lunghezza, un cubito e mezzo di larghezza, un cubito e mezzo di altezza.2La rivestì d'oro puro, dentro e fuori. Le fece intorno un bordo d'oro.3Fuse per essa quattro anelli d'oro e li fissò ai suoi quattro piedi: due anelli su di un lato e due anelli sull'altro.4Fece stanghe di legno di acacia e le rivestì d'oro.5Introdusse le stanghe negli anelli sui due lati dell'arca per trasportare l'arca.
6Fece il coperchio d'oro puro: aveva due cubiti e mezzo di lunghezza e un cubito e mezzo di larghezza.7Fece due cherubini d'oro: li fece lavorati a martello sulle due estremità del coperchio:8un cherubino ad una estremità e un cherubino all'altra estremità. Fece i cherubini tutti di un pezzo con il coperchio, alle sue due estremità.9I cherubini avevano le due ali stese di sopra, proteggendo con le ali il coperchio; erano rivolti l'uno verso l'altro e le facce dei cherubini erano rivolte verso il coperchio.
10Fece la tavola di legno di acacia: aveva due cubiti di lunghezza, un cubito di larghezza, un cubito e mezzo di altezza.11La rivestì d'oro puro e le fece intorno un bordo d'oro.12Le fece attorno una cornice di un palmo e un bordo d'oro per la cornice.13Fuse per essa quattro anelli d'oro e li fissò ai quattro angoli che costituivano i suoi quattro piedi.14Gli anelli erano fissati alla cornice e servivano per inserire le stanghe destinate a trasportare la tavola.15Fece le stanghe di legno di acacia e le rivestì d'oro.16Fece anche gli accessori della tavola: piatti, coppe, anfore e tazze per le libazioni; li fece di oro puro.
17Fece il candelabro d'oro puro; lo fece lavorato a martello, il suo fusto e i suoi bracci; i suoi calici, i suoi bulbi e le sue corolle facevano corpo con esso.18Sei bracci uscivano dai suoi lati: tre bracci del candelabro da un lato e tre bracci del candelabro dall'altro.19Vi erano su un braccio tre calici in forma di fiore di mandorlo, con bulbo e corolla; anche sull'altro braccio tre calici in forma di fiore di mandorlo, con bulbo e corolla. Così era per i sei bracci che uscivano dal candelabro.20Il fusto del candelabro aveva quattro calici in forma di fiore di mandorlo, con i loro bulbi e le loro corolle:21un bulbo sotto due bracci che si dipartivano da esso, e un bulbo sotto i due altri bracci che si dipartivano da esso, e un bulbo sotto i due altri bracci che si dipartivano da esso; così per tutti i sei bracci che uscivano dal candelabro.22I bulbi e i relativi bracci facevano corpo con esso: il tutto era formato da una sola massa d'oro puro lavorata a martello.23Fece le sue sette lampade, i suoi smoccolatoi e i suoi portacenere d'oro puro.24Impiegò un talento d'oro puro per esso e per tutti i suoi accessori.
25Fece l'altare per bruciare l'incenso, di legno di acacia; aveva un cubito di lunghezza e un cubito di larghezza, era cioè quadrato; aveva due cubiti di altezza e i suoi corni erano di un sol pezzo.
26Rivestì d'oro puro il suo piano, i suoi lati, i suoi corni e gli fece intorno un orlo d'oro.27Fece anche due anelli d'oro sotto l'orlo, sui due fianchi, cioè sui due lati opposti; servivano per inserire le stanghe destinate a trasportarlo.28Fece le stanghe di legno di acacia e le rivestì d'oro.
29Preparò l'olio dell'unzione sacra e il profumo aromatico da bruciare, puro, secondo l'arte del profumiere.


Salmi 119

1Alleluia.

Alef. Beato l'uomo di integra condotta,
che cammina nella legge del Signore.
2Beato chi è fedele ai suoi insegnamenti
e lo cerca con tutto il cuore.

3Non commette ingiustizie,
cammina per le sue vie.
4Tu hai dato i tuoi precetti
perché siano osservati fedelmente.

5Siano diritte le mie vie,
nel custodire i tuoi decreti.
6Allora non dovrò arrossire
se avrò obbedito ai tuoi comandi.
7Ti loderò con cuore sincero
quando avrò appreso le tue giuste sentenze.
8Voglio osservare i tuoi decreti:
non abbandonarmi mai.

9Bet. Come potrà un giovane tenere pura la sua via?
Custodendo le tue parole.
10Con tutto il cuore ti cerco:
non farmi deviare dai tuoi precetti.
11Conservo nel cuore le tue parole
per non offenderti con il peccato.
12Benedetto sei tu, Signore;
mostrami il tuo volere.
13Con le mie labbra ho enumerato
tutti i giudizi della tua bocca.
14Nel seguire i tuoi ordini è la mia gioia
più che in ogni altro bene.
15Voglio meditare i tuoi comandamenti,
considerare le tue vie.
16Nella tua volontà è la mia gioia;
mai dimenticherò la tua parola.

17Ghimel. Sii buono con il tuo servo e avrò vita,
custodirò la tua parola.
18Aprimi gli occhi perché io veda
le meraviglie della tua legge.
19Io sono straniero sulla terra,
non nascondermi i tuoi comandi.
20Io mi consumo nel desiderio
dei tuoi precetti in ogni tempo.
21Tu minacci gli orgogliosi;
maledetto chi devìa dai tuoi decreti.
22Allontana da me vergogna e disprezzo,
perché ho osservato le tue leggi.
23Siedono i potenti, mi calunniano,
ma il tuo servo medita i tuoi decreti.
24Anche i tuoi ordini sono la mia gioia,
miei consiglieri i tuoi precetti.

25Dalet. Io sono prostrato nella polvere;
dammi vita secondo la tua parola.
26Ti ho manifestato le mie vie e mi hai risposto;
insegnami i tuoi voleri.
27Fammi conoscere la via dei tuoi precetti
e mediterò i tuoi prodigi.
28Io piango nella tristezza;
sollevami secondo la tua promessa.
29Tieni lontana da me la via della menzogna,
fammi dono della tua legge.
30Ho scelto la via della giustizia,
mi sono proposto i tuoi giudizi.
31Ho aderito ai tuoi insegnamenti, Signore,
che io non resti confuso.
32Corro per la via dei tuoi comandamenti,
perché hai dilatato il mio cuore.

33He. Indicami, Signore, la via dei tuoi decreti
e la seguirò sino alla fine.
34Dammi intelligenza, perché io osservi la tua legge
e la custodisca con tutto il cuore.
35Dirigimi sul sentiero dei tuoi comandi,
perché in esso è la mia gioia.
36Piega il mio cuore verso i tuoi insegnamenti
e non verso la sete del guadagno.
37Distogli i miei occhi dalle cose vane,
fammi vivere sulla tua via.
38Con il tuo servo sii fedele alla parola
che hai data, perché ti si tema.
39Allontana l'insulto che mi sgomenta,
poiché i tuoi giudizi sono buoni.
40Ecco, desidero i tuoi comandamenti;
per la tua giustizia fammi vivere.

41Vau. Venga a me, Signore, la tua grazia,
la tua salvezza secondo la tua promessa;
42a chi mi insulta darò una risposta,
perché ho fiducia nella tua parola.
43Non togliere mai dalla mia bocca la parola vera,
perché confido nei tuoi giudizi.
44Custodirò la tua legge per sempre,
nei secoli, in eterno.
45Sarò sicuro nel mio cammino,
perché ho ricercato i tuoi voleri.
46Davanti ai re parlerò della tua alleanza
senza temere la vergogna.
47Gioirò per i tuoi comandi
che ho amati.
48Alzerò le mani ai tuoi precetti che amo,
mediterò le tue leggi.

49Zain. Ricorda la promessa fatta al tuo servo,
con la quale mi hai dato speranza.
50Questo mi consola nella miseria:
la tua parola mi fa vivere.
51I superbi mi insultano aspramente,
ma non devìo dalla tua legge.
52Ricordo i tuoi giudizi di un tempo, Signore,
e ne sono consolato.
53M'ha preso lo sdegno contro gli empi
che abbandonano la tua legge.
54Sono canti per me i tuoi precetti,
nella terra del mio pellegrinaggio.
55Ricordo il tuo nome lungo la notte
e osservo la tua legge, Signore.
56Tutto questo mi accade
perché ho custodito i tuoi precetti.

57Het. La mia sorte, ho detto, Signore,
è custodire le tue parole.
58Con tutto il cuore ti ho supplicato,
fammi grazia secondo la tua promessa.
59Ho scrutato le mie vie,
ho rivolto i miei passi verso i tuoi comandamenti.
60Sono pronto e non voglio tardare
a custodire i tuoi decreti.
61I lacci degli empi mi hanno avvinto,
ma non ho dimenticato la tua legge.
62Nel cuore della notte mi alzo a renderti lode
per i tuoi giusti decreti.
63Sono amico di coloro che ti sono fedeli
e osservano i tuoi precetti.
64Del tuo amore, Signore, è piena la terra;
insegnami il tuo volere.

65Tet. Hai fatto il bene al tuo servo, Signore,
secondo la tua parola.
66Insegnami il senno e la saggezza,
perché ho fiducia nei tuoi comandamenti.
67Prima di essere umiliato andavo errando,
ma ora osservo la tua parola.
68Tu sei buono e fai il bene,
insegnami i tuoi decreti.
69Mi hanno calunniato gli insolenti,
ma io con tutto il cuore osservo i tuoi precetti.
70Torpido come il grasso è il loro cuore,
ma io mi diletto della tua legge.
71Bene per me se sono stato umiliato,
perché impari ad obbedirti.
72La legge della tua bocca mi è preziosa
più di mille pezzi d'oro e d'argento.

73Iod. Le tue mani mi hanno fatto e plasmato;
fammi capire e imparerò i tuoi comandi.
74I tuoi fedeli al vedermi avranno gioia,
perché ho sperato nella tua parola.
75Signore, so che giusti sono i tuoi giudizi
e con ragione mi hai umiliato.
76Mi consoli la tua grazia,
secondo la tua promessa al tuo servo.
77Venga su di me la tua misericordia e avrò vita,
poiché la tua legge è la mia gioia.
78Siano confusi i superbi che a torto mi opprimono;
io mediterò la tua legge.
79Si volgano a me i tuoi fedeli
e quelli che conoscono i tuoi insegnamenti.
80Sia il mio cuore integro nei tuoi precetti,
perché non resti confuso.

81Caf. Mi consumo nell'attesa della tua salvezza,
spero nella tua parola.
82Si consumano i miei occhi dietro la tua promessa,
mentre dico: "Quando mi darai conforto?".
83Io sono come un otre esposto al fumo,
ma non dimentico i tuoi insegnamenti.
84Quanti saranno i giorni del tuo servo?
Quando farai giustizia dei miei persecutori?

85Mi hanno scavato fosse gli insolenti
che non seguono la tua legge.
86Verità sono tutti i tuoi comandi;
a torto mi perseguitano: vieni in mio aiuto.
87Per poco non mi hanno bandito dalla terra,
ma io non ho abbandonato i tuoi precetti.
88Secondo il tuo amore fammi vivere
e osserverò le parole della tua bocca.

89Lamed. La tua parola, Signore,
è stabile come il cielo.
90La tua fedeltà dura per ogni generazione;
hai fondato la terra ed essa è salda.
91Per tuo decreto tutto sussiste fino ad oggi,
perché ogni cosa è al tuo servizio.
92Se la tua legge non fosse la mia gioia,
sarei perito nella mia miseria.
93Mai dimenticherò i tuoi precetti:
per essi mi fai vivere.
94Io sono tuo: salvami,
perché ho cercato il tuo volere.
95Gli empi mi insidiano per rovinarmi,
ma io medito i tuoi insegnamenti.
96Di ogni cosa perfetta ho visto il limite,
ma la tua legge non ha confini.

97Mem. Quanto amo la tua legge, Signore;
tutto il giorno la vado meditando.
98Il tuo precetto mi fa più saggio dei miei nemici,
perché sempre mi accompagna.
99Sono più saggio di tutti i miei maestri,
perché medito i tuoi insegnamenti.
100Ho più senno degli anziani,
perché osservo i tuoi precetti.
101Tengo lontano i miei passi da ogni via di male,
per custodire la tua parola.
102Non mi allontano dai tuoi giudizi,
perché sei tu ad istruirmi.
103Quanto sono dolci al mio palato le tue parole:
più del miele per la mia bocca.
104Dai tuoi decreti ricevo intelligenza,
per questo odio ogni via di menzogna.

105Nun. Lampada per i miei passi è la tua parola,
luce sul mio cammino.
106Ho giurato, e lo confermo,
di custodire i tuoi precetti di giustizia.
107Sono stanco di soffrire, Signore,
dammi vita secondo la tua parola.
108Signore, gradisci le offerte delle mie labbra,
insegnami i tuoi giudizi.
109La mia vita è sempre in pericolo,
ma non dimentico la tua legge.
110Gli empi mi hanno teso i loro lacci,
ma non ho deviato dai tuoi precetti.
111Mia eredità per sempre sono i tuoi insegnamenti,
sono essi la gioia del mio cuore.
112Ho piegato il mio cuore ai tuoi comandamenti,
in essi è la mia ricompensa per sempre.

113Samech. Detesto gli animi incostanti,
io amo la tua legge.
114Tu sei mio rifugio e mio scudo,
spero nella tua parola.
115Allontanatevi da me o malvagi,
osserverò i precetti del mio Dio.
116Sostienimi secondo la tua parola e avrò vita,
non deludermi nella mia speranza.
117Sii tu il mio aiuto e sarò salvo,
gioirò sempre nei tuoi precetti.
118Tu disprezzi chi abbandona i tuoi decreti,
perché la sua astuzia è fallace.
119Consideri scorie tutti gli empi della terra,
perciò amo i tuoi insegnamenti.
120Tu fai fremere di spavento la mia carne,
io temo i tuoi giudizi.

121Ain. Ho agito secondo diritto e giustizia;
non abbandonarmi ai miei oppressori.
122Assicura il bene al tuo servo;
non mi opprimano i superbi.
123I miei occhi si consumano nell'attesa della tua salvezza
e della tua parola di giustizia.
124Agisci con il tuo servo secondo il tuo amore
e insegnami i tuoi comandamenti.

125Io sono tuo servo, fammi comprendere
e conoscerò i tuoi insegnamenti.
126È tempo che tu agisca, Signore;
hanno violato la tua legge.
127Perciò amo i tuoi comandamenti
più dell'oro, più dell'oro fino.
128Per questo tengo cari i tuoi precetti
e odio ogni via di menzogna.

129Pe. Meravigliosa è la tua alleanza,
per questo le sono fedele.
130La tua parola nel rivelarsi illumina,
dona saggezza ai semplici.
131Apro anelante la bocca,
perché desidero i tuoi comandamenti.
132Volgiti a me e abbi misericordia,
tu che sei giusto per chi ama il tuo nome.
133Rendi saldi i miei passi secondo la tua parola
e su di me non prevalga il male.
134Salvami dall'oppressione dell'uomo
e obbedirò ai tuoi precetti.
135Fa' risplendere il volto sul tuo servo
e insegnami i tuoi comandamenti.
136Fiumi di lacrime mi scendono dagli occhi,
perché non osservano la tua legge.

137Sade. Tu sei giusto, Signore,
e retto nei tuoi giudizi.
138Con giustizia hai ordinato le tue leggi
e con fedeltà grande.
139Mi divora lo zelo della tua casa,
perché i miei nemici dimenticano le tue parole.
140Purissima è la tua parola,
il tuo servo la predilige.
141Io sono piccolo e disprezzato,
ma non trascuro i tuoi precetti.
142La tua giustizia è giustizia eterna
e verità è la tua legge.
143Angoscia e affanno mi hanno colto,
ma i tuoi comandi sono la mia gioia.
144Giusti sono i tuoi insegnamenti per sempre,
fammi comprendere e avrò la vita.

145Kof. T'invoco con tutto il cuore, Signore, rispondimi;
custodirò i tuoi precetti.
146Io ti chiamo, salvami,
e seguirò i tuoi insegnamenti.
147Precedo l'aurora e grido aiuto,
spero sulla tua parola.
148I miei occhi prevengono le veglie
per meditare sulle tue promesse.
149Ascolta la mia voce, secondo la tua grazia;
Signore, fammi vivere secondo il tuo giudizio.
150A tradimento mi assediano i miei persecutori,
sono lontani dalla tua legge.
151Ma tu, Signore, sei vicino,
tutti i tuoi precetti sono veri.
152Da tempo conosco le tue testimonianze
che hai stabilite per sempre.

153Res. Vedi la mia miseria, salvami,
perché non ho dimenticato la tua legge.
154Difendi la mia causa, riscattami,
secondo la tua parola fammi vivere.
155Lontano dagli empi è la salvezza,
perché non cercano il tuo volere.
156Le tue misericordie sono grandi, Signore,
secondo i tuoi giudizi fammi vivere.
157Sono molti i persecutori che mi assalgono,
ma io non abbandono le tue leggi.
158Ho visto i ribelli e ne ho provato ribrezzo,
perché non custodiscono la tua parola.
159Vedi che io amo i tuoi precetti,
Signore, secondo la tua grazia dammi vita.
160La verità è principio della tua parola,
resta per sempre ogni sentenza della tua giustizia.

161Sin. I potenti mi perseguitano senza motivo,
ma il mio cuore teme le tue parole.
162Io gioisco per la tua promessa,
come uno che trova grande tesoro.
163Odio il falso e lo detesto,
amo la tua legge.
164Sette volte al giorno io ti lodo
per le sentenze della tua giustizia.
165Grande pace per chi ama la tua legge,
nel suo cammino non trova inciampo.
166Aspetto da te la salvezza, Signore,
e obbedisco ai tuoi comandi.
167Io custodisco i tuoi insegnamenti
e li amo sopra ogni cosa.
168Osservo i tuoi decreti e i tuoi insegnamenti:
davanti a te sono tutte le mie vie.

169Tau. Giunga il mio grido fino a te, Signore,
fammi comprendere secondo la tua parola.
170Venga al tuo volto la mia supplica,
salvami secondo la tua promessa.
171Scaturisca dalle mie labbra la tua lode,
poiché mi insegni i tuoi voleri.
172La mia lingua canti le tue parole,
perché sono giusti tutti i tuoi comandamenti.
173Mi venga in aiuto la tua mano,
poiché ho scelto i tuoi precetti.
174Desidero la tua salvezza, Signore,
e la tua legge è tutta la mia gioia.
175Possa io vivere e darti lode,
mi aiutino i tuoi giudizi.
176Come pecora smarrita vado errando;
cerca il tuo servo,
perché non ho dimenticato i tuoi comandamenti.


Salmi 119

1Alleluia.

Alef. Beato l'uomo di integra condotta,
che cammina nella legge del Signore.
2Beato chi è fedele ai suoi insegnamenti
e lo cerca con tutto il cuore.

3Non commette ingiustizie,
cammina per le sue vie.
4Tu hai dato i tuoi precetti
perché siano osservati fedelmente.

5Siano diritte le mie vie,
nel custodire i tuoi decreti.
6Allora non dovrò arrossire
se avrò obbedito ai tuoi comandi.
7Ti loderò con cuore sincero
quando avrò appreso le tue giuste sentenze.
8Voglio osservare i tuoi decreti:
non abbandonarmi mai.

9Bet. Come potrà un giovane tenere pura la sua via?
Custodendo le tue parole.
10Con tutto il cuore ti cerco:
non farmi deviare dai tuoi precetti.
11Conservo nel cuore le tue parole
per non offenderti con il peccato.
12Benedetto sei tu, Signore;
mostrami il tuo volere.
13Con le mie labbra ho enumerato
tutti i giudizi della tua bocca.
14Nel seguire i tuoi ordini è la mia gioia
più che in ogni altro bene.
15Voglio meditare i tuoi comandamenti,
considerare le tue vie.
16Nella tua volontà è la mia gioia;
mai dimenticherò la tua parola.

17Ghimel. Sii buono con il tuo servo e avrò vita,
custodirò la tua parola.
18Aprimi gli occhi perché io veda
le meraviglie della tua legge.
19Io sono straniero sulla terra,
non nascondermi i tuoi comandi.
20Io mi consumo nel desiderio
dei tuoi precetti in ogni tempo.
21Tu minacci gli orgogliosi;
maledetto chi devìa dai tuoi decreti.
22Allontana da me vergogna e disprezzo,
perché ho osservato le tue leggi.
23Siedono i potenti, mi calunniano,
ma il tuo servo medita i tuoi decreti.
24Anche i tuoi ordini sono la mia gioia,
miei consiglieri i tuoi precetti.

25Dalet. Io sono prostrato nella polvere;
dammi vita secondo la tua parola.
26Ti ho manifestato le mie vie e mi hai risposto;
insegnami i tuoi voleri.
27Fammi conoscere la via dei tuoi precetti
e mediterò i tuoi prodigi.
28Io piango nella tristezza;
sollevami secondo la tua promessa.
29Tieni lontana da me la via della menzogna,
fammi dono della tua legge.
30Ho scelto la via della giustizia,
mi sono proposto i tuoi giudizi.
31Ho aderito ai tuoi insegnamenti, Signore,
che io non resti confuso.
32Corro per la via dei tuoi comandamenti,
perché hai dilatato il mio cuore.

33He. Indicami, Signore, la via dei tuoi decreti
e la seguirò sino alla fine.
34Dammi intelligenza, perché io osservi la tua legge
e la custodisca con tutto il cuore.
35Dirigimi sul sentiero dei tuoi comandi,
perché in esso è la mia gioia.
36Piega il mio cuore verso i tuoi insegnamenti
e non verso la sete del guadagno.
37Distogli i miei occhi dalle cose vane,
fammi vivere sulla tua via.
38Con il tuo servo sii fedele alla parola
che hai data, perché ti si tema.
39Allontana l'insulto che mi sgomenta,
poiché i tuoi giudizi sono buoni.
40Ecco, desidero i tuoi comandamenti;
per la tua giustizia fammi vivere.

41Vau. Venga a me, Signore, la tua grazia,
la tua salvezza secondo la tua promessa;
42a chi mi insulta darò una risposta,
perché ho fiducia nella tua parola.
43Non togliere mai dalla mia bocca la parola vera,
perché confido nei tuoi giudizi.
44Custodirò la tua legge per sempre,
nei secoli, in eterno.
45Sarò sicuro nel mio cammino,
perché ho ricercato i tuoi voleri.
46Davanti ai re parlerò della tua alleanza
senza temere la vergogna.
47Gioirò per i tuoi comandi
che ho amati.
48Alzerò le mani ai tuoi precetti che amo,
mediterò le tue leggi.

49Zain. Ricorda la promessa fatta al tuo servo,
con la quale mi hai dato speranza.
50Questo mi consola nella miseria:
la tua parola mi fa vivere.
51I superbi mi insultano aspramente,
ma non devìo dalla tua legge.
52Ricordo i tuoi giudizi di un tempo, Signore,
e ne sono consolato.
53M'ha preso lo sdegno contro gli empi
che abbandonano la tua legge.
54Sono canti per me i tuoi precetti,
nella terra del mio pellegrinaggio.
55Ricordo il tuo nome lungo la notte
e osservo la tua legge, Signore.
56Tutto questo mi accade
perché ho custodito i tuoi precetti.

57Het. La mia sorte, ho detto, Signore,
è custodire le tue parole.
58Con tutto il cuore ti ho supplicato,
fammi grazia secondo la tua promessa.
59Ho scrutato le mie vie,
ho rivolto i miei passi verso i tuoi comandamenti.
60Sono pronto e non voglio tardare
a custodire i tuoi decreti.
61I lacci degli empi mi hanno avvinto,
ma non ho dimenticato la tua legge.
62Nel cuore della notte mi alzo a renderti lode
per i tuoi giusti decreti.
63Sono amico di coloro che ti sono fedeli
e osservano i tuoi precetti.
64Del tuo amore, Signore, è piena la terra;
insegnami il tuo volere.

65Tet. Hai fatto il bene al tuo servo, Signore,
secondo la tua parola.
66Insegnami il senno e la saggezza,
perché ho fiducia nei tuoi comandamenti.
67Prima di essere umiliato andavo errando,
ma ora osservo la tua parola.
68Tu sei buono e fai il bene,
insegnami i tuoi decreti.
69Mi hanno calunniato gli insolenti,
ma io con tutto il cuore osservo i tuoi precetti.
70Torpido come il grasso è il loro cuore,
ma io mi diletto della tua legge.
71Bene per me se sono stato umiliato,
perché impari ad obbedirti.
72La legge della tua bocca mi è preziosa
più di mille pezzi d'oro e d'argento.

73Iod. Le tue mani mi hanno fatto e plasmato;
fammi capire e imparerò i tuoi comandi.
74I tuoi fedeli al vedermi avranno gioia,
perché ho sperato nella tua parola.
75Signore, so che giusti sono i tuoi giudizi
e con ragione mi hai umiliato.
76Mi consoli la tua grazia,
secondo la tua promessa al tuo servo.
77Venga su di me la tua misericordia e avrò vita,
poiché la tua legge è la mia gioia.
78Siano confusi i superbi che a torto mi opprimono;
io mediterò la tua legge.
79Si volgano a me i tuoi fedeli
e quelli che conoscono i tuoi insegnamenti.
80Sia il mio cuore integro nei tuoi precetti,
perché non resti confuso.

81Caf. Mi consumo nell'attesa della tua salvezza,
spero nella tua parola.
82Si consumano i miei occhi dietro la tua promessa,
mentre dico: "Quando mi darai conforto?".
83Io sono come un otre esposto al fumo,
ma non dimentico i tuoi insegnamenti.
84Quanti saranno i giorni del tuo servo?
Quando farai giustizia dei miei persecutori?

85Mi hanno scavato fosse gli insolenti
che non seguono la tua legge.
86Verità sono tutti i tuoi comandi;
a torto mi perseguitano: vieni in mio aiuto.
87Per poco non mi hanno bandito dalla terra,
ma io non ho abbandonato i tuoi precetti.
88Secondo il tuo amore fammi vivere
e osserverò le parole della tua bocca.

89Lamed. La tua parola, Signore,
è stabile come il cielo.
90La tua fedeltà dura per ogni generazione;
hai fondato la terra ed essa è salda.
91Per tuo decreto tutto sussiste fino ad oggi,
perché ogni cosa è al tuo servizio.
92Se la tua legge non fosse la mia gioia,
sarei perito nella mia miseria.
93Mai dimenticherò i tuoi precetti:
per essi mi fai vivere.
94Io sono tuo: salvami,
perché ho cercato il tuo volere.
95Gli empi mi insidiano per rovinarmi,
ma io medito i tuoi insegnamenti.
96Di ogni cosa perfetta ho visto il limite,
ma la tua legge non ha confini.

97Mem. Quanto amo la tua legge, Signore;
tutto il giorno la vado meditando.
98Il tuo precetto mi fa più saggio dei miei nemici,
perché sempre mi accompagna.
99Sono più saggio di tutti i miei maestri,
perché medito i tuoi insegnamenti.
100Ho più senno degli anziani,
perché osservo i tuoi precetti.
101Tengo lontano i miei passi da ogni via di male,
per custodire la tua parola.
102Non mi allontano dai tuoi giudizi,
perché sei tu ad istruirmi.
103Quanto sono dolci al mio palato le tue parole:
più del miele per la mia bocca.
104Dai tuoi decreti ricevo intelligenza,
per questo odio ogni via di menzogna.

105Nun. Lampada per i miei passi è la tua parola,
luce sul mio cammino.
106Ho giurato, e lo confermo,
di custodire i tuoi precetti di giustizia.
107Sono stanco di soffrire, Signore,
dammi vita secondo la tua parola.
108Signore, gradisci le offerte delle mie labbra,
insegnami i tuoi giudizi.
109La mia vita è sempre in pericolo,
ma non dimentico la tua legge.
110Gli empi mi hanno teso i loro lacci,
ma non ho deviato dai tuoi precetti.
111Mia eredità per sempre sono i tuoi insegnamenti,
sono essi la gioia del mio cuore.
112Ho piegato il mio cuore ai tuoi comandamenti,
in essi è la mia ricompensa per sempre.

113Samech. Detesto gli animi incostanti,
io amo la tua legge.
114Tu sei mio rifugio e mio scudo,
spero nella tua parola.
115Allontanatevi da me o malvagi,
osserverò i precetti del mio Dio.
116Sostienimi secondo la tua parola e avrò vita,
non deludermi nella mia speranza.
117Sii tu il mio aiuto e sarò salvo,
gioirò sempre nei tuoi precetti.
118Tu disprezzi chi abbandona i tuoi decreti,
perché la sua astuzia è fallace.
119Consideri scorie tutti gli empi della terra,
perciò amo i tuoi insegnamenti.
120Tu fai fremere di spavento la mia carne,
io temo i tuoi giudizi.

121Ain. Ho agito secondo diritto e giustizia;
non abbandonarmi ai miei oppressori.
122Assicura il bene al tuo servo;
non mi opprimano i superbi.
123I miei occhi si consumano nell'attesa della tua salvezza
e della tua parola di giustizia.
124Agisci con il tuo servo secondo il tuo amore
e insegnami i tuoi comandamenti.

125Io sono tuo servo, fammi comprendere
e conoscerò i tuoi insegnamenti.
126È tempo che tu agisca, Signore;
hanno violato la tua legge.
127Perciò amo i tuoi comandamenti
più dell'oro, più dell'oro fino.
128Per questo tengo cari i tuoi precetti
e odio ogni via di menzogna.

129Pe. Meravigliosa è la tua alleanza,
per questo le sono fedele.
130La tua parola nel rivelarsi illumina,
dona saggezza ai semplici.
131Apro anelante la bocca,
perché desidero i tuoi comandamenti.
132Volgiti a me e abbi misericordia,
tu che sei giusto per chi ama il tuo nome.
133Rendi saldi i miei passi secondo la tua parola
e su di me non prevalga il male.
134Salvami dall'oppressione dell'uomo
e obbedirò ai tuoi precetti.
135Fa' risplendere il volto sul tuo servo
e insegnami i tuoi comandamenti.
136Fiumi di lacrime mi scendono dagli occhi,
perché non osservano la tua legge.

137Sade. Tu sei giusto, Signore,
e retto nei tuoi giudizi.
138Con giustizia hai ordinato le tue leggi
e con fedeltà grande.
139Mi divora lo zelo della tua casa,
perché i miei nemici dimenticano le tue parole.
140Purissima è la tua parola,
il tuo servo la predilige.
141Io sono piccolo e disprezzato,
ma non trascuro i tuoi precetti.
142La tua giustizia è giustizia eterna
e verità è la tua legge.
143Angoscia e affanno mi hanno colto,
ma i tuoi comandi sono la mia gioia.
144Giusti sono i tuoi insegnamenti per sempre,
fammi comprendere e avrò la vita.

145Kof. T'invoco con tutto il cuore, Signore, rispondimi;
custodirò i tuoi precetti.
146Io ti chiamo, salvami,
e seguirò i tuoi insegnamenti.
147Precedo l'aurora e grido aiuto,
spero sulla tua parola.
148I miei occhi prevengono le veglie
per meditare sulle tue promesse.
149Ascolta la mia voce, secondo la tua grazia;
Signore, fammi vivere secondo il tuo giudizio.
150A tradimento mi assediano i miei persecutori,
sono lontani dalla tua legge.
151Ma tu, Signore, sei vicino,
tutti i tuoi precetti sono veri.
152Da tempo conosco le tue testimonianze
che hai stabilite per sempre.

153Res. Vedi la mia miseria, salvami,
perché non ho dimenticato la tua legge.
154Difendi la mia causa, riscattami,
secondo la tua parola fammi vivere.
155Lontano dagli empi è la salvezza,
perché non cercano il tuo volere.
156Le tue misericordie sono grandi, Signore,
secondo i tuoi giudizi fammi vivere.
157Sono molti i persecutori che mi assalgono,
ma io non abbandono le tue leggi.
158Ho visto i ribelli e ne ho provato ribrezzo,
perché non custodiscono la tua parola.
159Vedi che io amo i tuoi precetti,
Signore, secondo la tua grazia dammi vita.
160La verità è principio della tua parola,
resta per sempre ogni sentenza della tua giustizia.

161Sin. I potenti mi perseguitano senza motivo,
ma il mio cuore teme le tue parole.
162Io gioisco per la tua promessa,
come uno che trova grande tesoro.
163Odio il falso e lo detesto,
amo la tua legge.
164Sette volte al giorno io ti lodo
per le sentenze della tua giustizia.
165Grande pace per chi ama la tua legge,
nel suo cammino non trova inciampo.
166Aspetto da te la salvezza, Signore,
e obbedisco ai tuoi comandi.
167Io custodisco i tuoi insegnamenti
e li amo sopra ogni cosa.
168Osservo i tuoi decreti e i tuoi insegnamenti:
davanti a te sono tutte le mie vie.

169Tau. Giunga il mio grido fino a te, Signore,
fammi comprendere secondo la tua parola.
170Venga al tuo volto la mia supplica,
salvami secondo la tua promessa.
171Scaturisca dalle mie labbra la tua lode,
poiché mi insegni i tuoi voleri.
172La mia lingua canti le tue parole,
perché sono giusti tutti i tuoi comandamenti.
173Mi venga in aiuto la tua mano,
poiché ho scelto i tuoi precetti.
174Desidero la tua salvezza, Signore,
e la tua legge è tutta la mia gioia.
175Possa io vivere e darti lode,
mi aiutino i tuoi giudizi.
176Come pecora smarrita vado errando;
cerca il tuo servo,
perché non ho dimenticato i tuoi comandamenti.


Isaia 19

1Oracolo sull'Egitto.

Ecco, il Signore cavalca una nube leggera
ed entra in Egitto.
Crollano gli idoli d'Egitto davanti a lui
e agli Egiziani vien meno il cuore nel petto.
2Aizzerò gli Egiziani contro gli Egiziani:
combatterà fratello contro fratello,
uomo contro uomo,
città contro città, regno contro regno.
3Gli Egiziani perderanno il senno
e io distruggerò il loro consiglio;
per questo ricorreranno agli idoli e ai maghi,
ai negromanti e agli indovini.
4Ma io metterò gli Egiziani
in mano a un duro padrone, un re crudele li dominerà.
Oracolo del Signore, Dio degli eserciti.
5Si prosciugheranno le acque del mare,
il fiume si inaridirà e seccherà.
6I suoi canali diventeranno putridi,
diminuiranno e seccheranno i torrenti dell'Egitto,
canne e giunchi ingialliranno.
7I giunchi sulle rive e alla foce del Nilo
e tutti i seminati del Nilo
seccheranno, saranno dispersi dal vento, non saranno più.
8I pescatori si lamenteranno, gemeranno
quanti gettano l'amo nel Nilo,
quanti stendono le reti sull'acqua saranno desolati.
9Saranno delusi i lavoratori del lino,
le cardatrici e i tessitori impallidiranno;
10i tessitori saranno avviliti,
tutti i salariati saranno costernati.
11Quanto sono stolti i principi di Tanis!
I più saggi consiglieri del faraone sono uno stupido consiglio.
Come osate dire al faraone:
"Sono figlio di saggi, figlio di re antichi"?
12Dove sono, dunque, i tuoi saggi?
Ti rivelino e manifestino
quanto ha deciso il Signore degli eserciti
a proposito dell'Egitto.
13Stolti sono i principi di Tanis;
si ingannano i principi di Menfi.
Hanno fatto traviare l'Egitto
i capi delle sue tribù.
14Il Signore ha mandato in mezzo a loro
uno spirito di smarrimento;
essi fanno smarrire l'Egitto in ogni impresa,
come barcolla un ubriaco nel vomito.
15Non riuscirà all'Egitto qualunque opera faccia:
il capo o la coda, la palma o il giunco.

16In quel giorno gli Egiziani diventeranno come femmine, tremeranno e temeranno all'agitarsi della mano che il Signore degli eserciti agiterà contro di loro.17Il paese di Giuda sarà il terrore degli Egiziani; quando se ne parlerà, ne avranno spavento, a causa del proposito che il Signore degli eserciti ha formulato sopra di esso.
18In quel giorno ci saranno cinque città nell'Egitto che parleranno la lingua di Canaan e giureranno per il Signore degli eserciti; una di esse si chiamerà Città del sole.19In quel giorno ci sarà un altare dedicato al Signore in mezzo al paese d'Egitto e una stele in onore del Signore presso la sua frontiera:20sarà un segno e una testimonianza per il Signore degli eserciti nel paese d'Egitto. Quando, di fronte agli avversari, invocheranno il Signore, allora egli manderà loro un salvatore che li difenderà e li libererà.21Il Signore si rivelerà agli Egiziani e gli Egiziani riconosceranno in quel giorno il Signore, lo serviranno con sacrifici e offerte, faranno voti al Signore e li adempiranno.22Il Signore percuoterà ancora gli Egiziani ma, una volta colpiti, li risanerà. Essi faranno ritorno al Signore ed egli si placherà e li risanerà.
23In quel giorno ci sarà una strada dall'Egitto verso l'Assiria; l'Assiro andrà in Egitto e l'Egiziano in Assiria; gli Egiziani serviranno il Signore insieme con gli Assiri.24In quel giorno Israele sarà il terzo con l'Egitto e l'Assiria, una benedizione in mezzo alla terra.25Li benedirà il Signore degli eserciti: "Benedetto sia l'Egiziano mio popolo, l'Assiro opera delle mie mani e Israele mia eredità".


Lettera a Tito 3

1Ricorda loro di esser sottomessi ai magistrati e alle autorità, di obbedire, di essere pronti per ogni opera buona;2di non parlar male di nessuno, di evitare le contese, di esser mansueti, mostrando ogni dolcezza verso tutti gli uomini.3Anche noi un tempo eravamo insensati, disobbedienti, traviati, schiavi di ogni sorta di passioni e di piaceri, vivendo nella malvagità e nell'invidia, degni di odio e odiandoci a vicenda.4Quando però si sono manifestati la bontà di Dio, salvatore nostro, e il suo amore per gli uomini,5egli ci ha salvati non in virtù di opere di giustizia da noi compiute, ma per sua misericordia mediante un lavacro di rigenerazione e di rinnovamento nello Spirito Santo,6effuso da lui su di noi abbondantemente per mezzo di Gesù Cristo, salvatore nostro,7perché giustificati dalla sua grazia diventassimo eredi, secondo la speranza, della vita eterna.

8Questa parola è degna di fede e perciò voglio che tu insista in queste cose, perché coloro che credono in Dio si sforzino di essere i primi nelle opere buone. Ciò è bello e utile per gli uomini.9Guàrdati invece dalle questioni sciocche, dalle genealogie, dalle questioni e dalle contese intorno alla legge, perché sono cose inutili e vane.10Dopo una o due ammonizioni sta' lontano da chi è fazioso,11ben sapendo che è gente ormai fuori strada e che continua a peccare condannandosi da se stessa.

12Quando ti avrò mandato Àrtema o Tìchico, cerca di venire subito da me a Nicòpoli, perché ho deciso di passare l'inverno colà.13Provvedi con cura al viaggio di Zena, il giureconsulto, e di Apollo, che non manchi loro nulla.14Imparino così anche i nostri a distinguersi nelle opere di bene riguardo ai bisogni urgenti, per non vivere una vita inutile.
15Ti salutano tutti coloro che sono con me. Saluta quelli che ci amano nella fede.
La grazia sia con tutti voi!


Capitolo VIII: L’offerta di Cristo sulla croce e la donazione di noi stessi

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Parola del Diletto

Con le braccia stese sulla croce, tutto nudo il corpo, io offersi liberamente me stesso a Dio Padre, per i tuoi peccati, cosicché nulla fosse in me che non si trasformasse in sacrificio, per placare Iddio. Allo stesso modo anche tu devi offrire a me volontariamente te stesso, con tutte le tue forze e con tutto il tuo slancio, dal più profondo del cuore, in oblazione pura e santa. Che cosa posso io desiderare da te più di questo, che tu cerchi di offrirti a me interamente? Qualunque cosa tu mi dia, fuor che te stesso, l'ho per un nulla, perché io non cerco il tuo dono, ma te. Come non ti basterebbe avere tutto, all'infuori di me, così neppure a me potrebbe piacere qualunque cosa tu mi dessi, senza l'offerta di te. Offriti a me; da te stesso totalmente a Dio: così l'oblazione sarà gradita. Ecco, io mi offersi tutto al Padre, per te; diedi persino tutto il mio corpo e il mio sangue in cibo, perché io potessi essere tutto tuo e perché tu fossi sempre con me. Se tu, invece, resterai chiuso in te, senza offrire volontariamente te stesso secondo la mia volontà, l'offerta non sarebbe piena e la nostra unione non sarebbe perfetta. Perché, se vuoi giungere alla vera libertà e avere la mia grazia, ogni tuo atto deve essere preceduto dalla piena offerta di te stesso nelle mani di Dio. Proprio per questo sono così pochi coloro che raggiungono la luce e l'interiore libertà, perché non sanno rinnegare totalmente se stessi. Immutabili sono le mie parole: se uno non avrà rinunciato a "tutto, non potrà essere mio discepolo" (Lc 14,33). Tu, dunque, se vuoi essere mio discepolo, offriti a me con tutto il cuore.


Omelia 106: La conoscenza è legata alla fede.

Commento al Vangelo di San Giovanni - Sant'Agostino d'Ippona

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1. Commenteremo ora, con l'aiuto del Signore, queste parole che fanno parte della sua orazione: Ho manifestato il tuo nome agli uomini che mi hai dato traendoli dal mondo (Gv 17, 6). Se queste parole si riferiscono solamente ai discepoli con i quali aveva cenato e ai quali, prima di cominciare la sua orazione, aveva detto tante cose, sembra non abbiano relazione con quella manifestazione di gloria - o glorificazione, come altri traducono - con cui il Figlio fa risplendere la gloria, o glorifica il Padre. Quanta e quale gloria era infatti l'essersi manifestato a dodici anzi undici mortali? Se invece con le parole: Ho manifestato il tuo nome agli uomini che mi hai dato traendoli dal mondo, ha voluto intendere tutti, anche quelli che in futuro avrebbero creduto in lui, tutti gli appartenenti a quella grande Chiesa che si sarebbe raccolta da tutte le genti, e della quale nel salmo si canta: Ti canterò in una grande assemblea (Sal 34, 18), allora sì che si realizza questa glorificazione con cui il Figlio glorificò il Padre, facendo conoscere il suo nome a tutte le genti e a tante generazioni umane. E il senso di queste parole: Ho manifestato il tuo nome agli uomini che mi hai dato traendoli dal mondo, corrisponde al senso di quell'altra: Io ti ho glorificato sulla terra (Gv 17, 4) e nella quale, come in questa, usa il passato al posto del futuro, perché egli sa che ciò dovrà necessariamente avvenire essendo predestinato; perciò dice d'aver già compiuto quanto, senza alcun dubbio, avrebbe compiuto in avvenire.

2. Ma è più verosimile che egli dica queste parole: Ho manifestato il tuo nome agli uomini che mi hai dato traendoli dal mondo, riferendosi a coloro che erano già suoi discepoli, non a tutti quelli che avrebbero creduto in lui, come risulta dalle parole che seguono. Infatti, detto questo, egli aggiunge: Erano tuoi, e me li hai dati, e hanno custodito la tua parola. Essi, ora, sanno che tutto ciò che mi hai dato viene da te, perché le parole che mi hai date le ho date a loro; ed essi le hanno ricevute e hanno riconosciuto davvero che sono uscito da te, e hanno creduto che tu mi hai mandato (Gv 17, 6-8). Benché anche queste parole si sarebbero potute applicare a tutti i futuri fedeli, come già realizzate nella speranza, pur essendo ancora future; tuttavia quello che segue ancor più ci induce a ritenere che queste cose si riferivano solamente ai discepoli che aveva allora. Dice infatti: Quando ero con loro, io stesso li conservavo nel nome tuo; quelli che mi hai dati li ho custoditi; e nessuno di loro è perito, tranne il figlio della perdizione, affinché la Scrittura si adempisse (Gv 17, 12). Allude a Giuda, che lo tradì, l'unico dei dodici Apostoli che si è perduto. Poi continua: Ma ora io vengo a te (Gv 17, 13). Quindi è chiaro che dicendo: Quando ero con loro, io stesso li conservavo nel tuo nome egli parla della sua presenza fisica, come se già con tale presenza non fosse più insieme con loro. In questo modo, dicendo: Ora io vengo a te, annuncia imminente la sua ascensione: è sul punto di ascendere alla destra del Padre, donde verrà a giudicare i vivi e i morti nuovamente con la sua presenza corporale, in base alle norme della fede e della sana dottrina. Con la presenza spirituale, infatti, sarebbe rimasto con loro dopo la sua ascensione e con tutta la Chiesa in questo mondo fino alla consumazione dei secoli (cf. Mt 28, 20). Perciò in queste parole: Quando ero con loro, io stesso li conservavo nel tuo nome, non possono essere compresi se non quei credenti che aveva già cominciato a conservare con la sua presenza corporale e che, privati fra poco di questa, avrebbe continuato a conservare, insieme al Padre, con la sua presenza spirituale. Aggiunge però anche gli altri suoi seguaci, dicendo: Non prego per questi soltanto, ma anche per coloro che crederanno in me per mezzo della loro parola (Gv 17, 20); dove più chiaramente appare che quando prima aveva detto: Ho manifestato il tuo nome agli uomini che mi hai dato, non parlava di tutti gli uomini che avrebbero creduto, ma soltanto di quelli che erano là ad ascoltarlo.

[La gloria del Padre estesa a tutti gli uomini.]

3. E così, dall'inizio della sua orazione, quando levati gli occhi al cielo, disse: Padre, è venuta l'ora; glorifica il tuo Figlio affinché tuo Figlio glorifichi te, fino a quando poco dopo disse: e adesso glorificami tu, Padre, presso di te, con la gloria che, prima che il mondo fosse, avevo presso di te (Gv 17, 1-5), intendeva parlare di tutti i suoi fedeli, nei quali glorifica il Padre facendolo ad essi conoscere. Infatti quando dice: affinché il Figlio glorifichi te, indica subito in che modo ciò dovrà avvenire, aggiungendo: siccome gli hai dato potere sopra ogni carne, affinché dia la vita eterna a tutti coloro che gli hai dato. Questa è la vita eterna: che conoscano te, il solo vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo (Gv 17, 2-3). Infatti non può il Padre venire glorificato mediante la conoscenza che di lui potranno avere gli uomini, se non si conosce anche colui per mezzo del quale egli viene glorificato, per mezzo del quale cioè viene conosciuto dai popoli. Questa è la glorificazione del Padre, realizzata non solo in quegli Apostoli, ma in tutti gli uomini, che sono membra del corpo il cui Capo è Cristo. E non si possono certo restringere ai soli Apostoli le parole: siccome gli hai dato potere sopra ogni carne, affinché dia la vita eterna a tutti coloro che gli hai dato. Esse si estendono a tutti coloro ai quali viene concessa la vita eterna per aver creduto in lui.

4. Vediamo ora cosa dice dei suoi discepoli che erano là ad ascoltarlo: Ho manifestato il tuo nome agli uomini che mi hai dato. Vuol dire allora che, pur essendo Giudei, non conoscevano il nome di Dio? Ma non si trova forse nei salmi questo versetto: Iddio è conosciuto in Giudea, grande è il suo nome in Israele (Sal 75, 2)? Ho manifestato, quindi, il tuo nome a questi qui che mi hai dato traendoli dal mondo, e che mi ascoltano mentre dico questo; ma non ho manifestato loro quel tuo nome con cui sei chiamato Dio, bensì quello con cui sei invocato "Padre mio". E questo nome non poteva essere manifestato agli uomini se non fosse stato lo stesso Figlio a manifestarlo. Infatti, in quanto è chiamato Dio di tutte le creature, questo nome non ha potuto rimanere del tutto ignorato neppure alle genti, anche prima che credessero in Cristo. Tale infatti è l'evidenza della vera divinità, che essa non può rimanere del tutto nascosta alla creatura razionale che sia ormai capace di ragionare. Fatta eccezione di pochi, nei quali la natura è troppo depravata, tutto il genere umano riconosce Dio come autore di questo mondo. E così, come creatore di questo mondo che si offre al nostro sguardo in cielo e sulla terra, Dio era noto a tutte le genti, anche prima che abbracciassero la fede di Cristo. In quanto poi unico Dio degno di culto, da non mescolarsi sacrilegamente col culto di false divinità, Iddio era conosciuto in Giudea. Ma in quanto Padre di Cristo, per mezzo del quale toglie i peccati del mondo, questo suo nome, prima sconosciuto a tutti, lo stesso Cristo lo ha manifestato adesso a coloro che il Padre gli ha dato traendoli dal mondo. Ma in che senso lo ha manifestato, se ancora non è venuta l'ora di cui aveva parlato prima dicendo: Viene l'ora in cui non vi parlerò più in parabole, ma vi intratterrò apertamente sul Padre mio (Gv 16, 25)? Si può considerare manifestazione un discorso in parabole? Perché allora dice: vi intratterrò apertamente, se non perché in parabole non è apertamente? Si dice apertamente una cosa quando non la si nasconde con parabole, ma si manifesta con parole. In che senso allora aveva già manifestato quanto ancora non ha detto apertamente? Bisogna dunque ammettere che ha usato il passato al posto del futuro, come in quella frase: Tutto ciò che ho udito dal Padre mio l'ho fatto conoscere a voi (Gv 15, 15). Era una cosa che non aveva ancora fatta, ma ne parlava come se già avesse fatto ciò la cui realizzazione sapeva che era stata immutabilmente prestabilita.

5. Che significa: quelli che mi hai dati traendoli dal mondo? Era stato detto di loro che non erano del mondo: effetto, in essi, non della generazione ma della rigenerazione. E che significa ciò che segue: Erano tuoi, e me li hai dati? C'è stato forse un tempo in cui erano del Padre ma non dell'unigenito suo Figlio, e c'è stato un tempo in cui il Padre ha avuto qualcosa che il Figlio non avesse? No di certo. C'è stato però un tempo in cui come Dio il Figlio aveva qualcosa che come uomo ancora non aveva; sì, perché come uomo non era ancora nato da sua madre, quando già, insieme al Padre, possedeva ogni cosa. Perciò dicendo: Erano tuoi, non pone una separazione tra Dio Padre e Dio Figlio, dato che il Padre non ha mai avuto nulla che non avesse anche il Figlio; ma vuole attribuire, come è solito fare, tutto il suo potere a colui dal quale egli stesso procede. Infatti, da chi ha l'essere ha anche il potere; ed ha posseduto sempre una cosa e l'altra insieme, perché mai c'è stato un momento in cui era e non avesse il potere. Perciò il Padre ha sempre condiviso tutto il suo potere col Figlio, perché colui che non è mai stato senza potere, non è mai stato senza il Padre, né mai il Padre è stato senza il Figlio. E come il Padre eterno è onnipotente, così il Figlio coeterno è onnipotente; e se è onnipotente, è anche onnitenente. Sarebbe appunto questa la traduzione letterale, se volessimo rendere con proprietà il greco , che i latini non avrebbero tradotto "onnipotente" invece che "onnitenente", se i due termini non fossero sinonimi. Che cosa dunque ha potuto avere l'eterno onnitenente che nel medesimo tempo non avesse il coeterno onnitenente? Dicendo poi: e me li hai dati, dimostra che egli come uomo ha ottenuto di poterli avere; egli infatti che sempre è stato onnipotente, non sempre è stato uomo. Perciò, mentre sembra attribuire al Padre il fatto di averli ottenuti (in quanto tutto ciò che esiste è dal Padre dal quale anch'egli proviene), tuttavia egli stesso se li è dati. Cioè, Cristo, in quanto Dio insieme al Padre, ha dato gli uomini a Cristo in quanto uomo e non uguale in ciò al Padre. Insomma, colui che ora dice: Erano tuoi, e me li hai dati, precedentemente aveva detto ai discepoli: Io vi ho scelti dal mondo (Gv 15, 19). Si calpesti qui, e scompaia ogni pensiero grossolano. Il Figlio dice che il Padre gli ha dato, traendoli dal mondo, quegli stessi uomini ai quali altrove dice: Io vi ho scelti dal mondo. Come uomo il Figlio ha ricevuto dal Padre, che li ha tratti dal mondo, quegli stessi uomini che come Dio il Figlio scelse dal mondo assieme al Padre; il Padre infatti non li avrebbe potuti dare al Figlio, se non li avesse scelti. Così come il Figlio non si separa dal Padre quando dice: Io vi ho scelti dal mondo, perché li scelse insieme al Padre, così neppure si separa dal Padre dicendo: Erano tuoi, in quanto essi erano ugualmente del Figlio. Adesso, tuttavia, come uomo il medesimo Figlio riceve quelli che non erano suoi, nello stesso modo in cui come Dio ha ricevuto la forma di servo, che non era sua.

6. Continua dicendo: E hanno custodito la tua parola. Essi, ora, hanno conosciuto che tutto ciò che mi hai dato viene da te; cioè essi sanno che io vengo da te. Il Padre infatti gli ha dato tutto, quando lo ha generato perché avesse tutto. Perché le parole che mi hai date le ho date a loro, ed essi le hanno ricevute; cioè le hanno comprese e ritenute. La parola, infatti, si riceve quando con l'intelligenza se ne penetra il significato. E hanno veramente conosciuto che sono uscito da te, e hanno creduto che tu mi hai mandato. Anche qui bisogna sottintendere l'avverbio veramente. Aggiungendo infatti: e hanno creduto, il Signore spiega le parole precedenti, e cioè: hanno veramente conosciuto. Essi hanno veramente creduto ciò che hanno veramente conosciuto; e così l'affermazione: sono uscito da te corrisponde a quell'altra: tu mi hai mandato. E per evitare che, basandosi sulla sua frase: hanno veramente conosciuto, qualcuno pensi che questa conoscenza sia già per visione e non per fede, spiegandola aggiunge: e hanno creduto, sottintendendo veramente; e così ci rendiamo conto che hanno veramente conosciuto è lo stesso che hanno veramente creduto. Non però in quel modo che aveva indicato poco prima dicendo: Adesso credete? Ecco, viene l'ora, anzi è venuta, in cui vi disperderete, ciascuno per conto suo, e mi lascerete solo (Gv 16, 31-32). Ora, egli dice, essi hanno creduto veramente, cioè come si deve credere: in modo inconcusso, sicuro, stabile, forte; in modo da non fuggirsene più ciascuno per conto suo, lasciando Cristo solo. I discepoli non erano ancora arrivati ad essere come Cristo li definisce usando il verbo al passato, come se già lo fossero; ma predice quali saranno quando avranno ricevuto lo Spirito Santo, il quale, secondo la sua stessa promessa, insegnerà loro ogni cosa. Come poté dire il Signore che avevano osservato le sue parole, prima di ricevere lo Spirito Santo, quasi che l'avessero fatto per davvero, quando il primo fra loro per tre volte rinnegò il Maestro (cf. Mt 26, 69-74), pur dopo aver ascoltato dalla sua bocca cosa doveva attendersi chi lo avesse rinnegato davanti agli uomini (cf. Mt 10, 33)? Egli dunque diede a loro, secondo la sua espressione, le parole che il Padre gli aveva date; ma soltanto quando le accolsero non più esteriormente mediante le orecchie del corpo, ma spiritualmente nei loro cuori, allora veramente le accolsero perché veramente le conobbero. E le hanno veramente conosciute perché hanno veramente creduto.

7. Ma con quali parole potrà l'uomo spiegare in che modo il Padre ha dato al Figlio quelle parole? Certo, il problema mi sembra più semplice, se si crede che le ha ricevute dal Padre in quanto è il Figlio dell'uomo. E anche così, chi potrà spiegare come e quando le ha apprese dopo esser nato dalla Vergine, se è inspiegabile la sua medesima generazione nel seno della Vergine? Se poi si ritiene che abbia ricevuto queste parole dal Padre in quanto è generato dal Padre e coeterno al Padre, si escluda allora ogni idea di tempo, che ci porterebbe a pensare che egli sia esistito prima di averle, e per averle abbia dovuto riceverle. Infatti tutto ciò che Dio Padre ha dato a Dio Figlio, glielo ha dato generandolo. Il Padre, così come gli ha dato l'essere, gli ha dato quelle parole, senza delle quali il Figlio non sarebbe. Infatti, come poteva in altro modo dare le parole al Verbo, nel quale in modo ineffabile il Padre ha detto tutto? Il seguito bisognerà rimandarlo ad altro discorso.


Vita di San Policarpo

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Prefazione

 

            S. Policarpo illustrò la Chiesa di G. C. sulla fine del primo secolo e sul principio del secondo, ed è annoverato fra i Padri che si chiamano Apostolici. Egli è da osservare che nella Chiesa cattolica si onorano col titolo di Padri quegli scrittori i quali vissero nei tempi antichi, si segnalarono per santità di vita, e scrissero libri per difendere o anche solo per ispiegare le dottrine cattoliche. Si chiamano poi Padri Apostolici quelli, i quali ebbero per maestri o gli Apostoli stessi o i loro primi discepoli. Ora S. Policarpo è riverito siccome uno {III [99]} de' Padri Apostolici, perchè egli diede in luce varii scritti in favore delle verità della fede, e fu un modello di virtù ed ebbe per maestro S. Giovanni l'Evangelista. Dopo gli Apostoli egli tiene uno dei primi posti nella gerarchia dei vescovi e dei martiri. È vero che Dell'esporre le azioni dei Papi abbiamo più volte avuto occasione di parlare di questo luminare della Chiesa; tuttavia ci sembrò conveniente che di lui si parlasse più appositamente: che anzi giustizia voleva, che, per quanto era in noi, procacciassimo di rendere ai meriti di questo gran martire tutto l'onore che si deve, ravvivando la divozione dei fedeli verso di un santo il quale e colle sue fatiche episcopali e collo spargimento del suo sangue tanto fece per quella Chiesa di cui siamo figli. {IV [100]}

 

 

Capo I. Memorie antichissime che si hanno di S. Policarpo.

 

            S. Policarpo fu così celebre nella Chiesa, che si hanno di lui memorie antichissime. Non appena questo santo vescovo ebbe finita la sua carriera episcopale col morire per Gesù Cristo, che la chiesa di Smirne, di cui egli era stato pastore per tanti anni, scrisse una lettera a tutte le altre chiese, nella quale descrive minutamente il suo martirio. Questa lettera essendo giunta sino a noi, noi la riprodurremo alla fine, ove parleremo del martirio di questo santo vescovo. S. Girolamo nel suo Catalogo degli scrittori ecclesiastici (cap. 47), ci dà un breve ragguaglio delle gesta, degli scritti, del martirio del nostro santo. E prima di S. Girolamo, S. Policarpo era stato lodato diffusamente e dal suo discepolo S. Ireneo nella lettera a Fiorino, e da Eusebio di Cesarea nella sua storia ecclesiastica (anno VII dell'impero di Marco Aurelio) e dalla Cronaca di Alessandria d'Egitto. Un certo Pionio {5 [101]} poi fa così zelante dell'onore di S. Policarpo, che ne scrisse in lingua greca la vita, la quale giunse sino a noi.

            Questo Pionio, a quel che pare, visse poco dopo il Concilio Niceno, epperò nella prima parte del secolo quarto. Ma benchè tra esso e il nostro santo siavi la distanza di oltre a 150 anni, pure egli attinse da fonti sicure quanto ci lasciò scritto di lui. Imperocchè in fine egli dichiara, che tutte le cose narrate di San Policarpo, egli le ricavò dal libro di un certo Socrate di Corinto, il quale Socrate assicura di averle estratte dagli scritti di un certo Cajo. Questi le aveva imparate da S. Ireneo, che era stato, (come lo vediemo a suo tempo) discepolo di San Policarpo, conciossiachè esso Cajo avesse conversato con S. Ireneo.

            Pionio soggiugne, che S. Policarpo stesso gli era apparso e gli aveva rivelato, essere sua intenzione, che la sua vita scritta da Socrate, e che era caduta in dimenticanza, fosse richiamata in memoria; e che Pionio dalle cose rivelategli in quell' apparizione, potè esaminare la verità di quanto Socrate aveva scritto. {6 [102]}

            Possiamo quindi ragionevolmente dedurne, che ogni cosa scritta da Pionio intorno a S. Policarpo è vera: conciossiachè egli la trovò scritta da Socrate, e la imparò da S. Policarpo stesso per rivelazione (vedi i Bollandisti al mese di gennaio, tomo n).

 

 

Capo II. Primi anni di S. Policarpo.

 

            Smirne, città della Ionia nell'Asia minore, e situata sul mare mediterraneo, era a quei tempi rinomatissima per bellezze e per commercio. Essa aveva avuto la sorte invidiabile di ricevere assai di buon' ora la luce del Vangelo o dagli Apostoli stessi o da alcuno dei loro discepoli mandato da essi medesimi a predicarvi la fede. Pionio dice, che l'apostolo S. Paolo dopo essere stato nella Galazia, essendo venuto nell'Asia minore, si fermò qualche tempo a Smirne prima di ritornare a Gerusalemme, e che mentre stette a Smirne prese albergo presso a un certo Stratea, già discepolo di San Paolo in Pamfilia. Egli era figliuolo di Eunice, la cui {7 [103]} madre era quella Loide, che l'apostolo commenda nella sua prima lettera a Timoteo (cap. 5), quindi ne viene in conseguenza che questo Stratea era fratello di Timoteo. Ora a quei tempi essendo vescovo di Smirne un certo Bucolo, in quella città viveva una donna assai pia, timorata di Dio, e dedita ad opere buone, per nome Callista. Una notte essa videsi apparire innanzi un angelo mandato a lei da Dio, che le disse: «levati su, Callista, e va alla porta che conduce verso Efeso; là vedrai due uomini venirti incontro, conducendo per mano un figliuolino, per nome Policarpo. Domanda se questi sia da vendere[1], e udito che si, pagane il prezzo, e menalo con te a casa; sappi che esso è nato nell'Oriente.» Ciò udito, Callista tutta piena di gioia immantinenti si alzò, e venuta là ove l'angelo avevale indicato, trovò ogni cosa appuntino come erale stato detto. Avendo poi sborsato il prezzo che le fu chiesto, tutta lieta si condusse {8 [104]} a casa Policarpo. E siccome questi mostrava una grande inclinazione alla pietà, ed era docile assai e modesto, così ella gli prese amore di madre: ed avendo dovuto assentarsi da casa per qualche tempo, lo fece amministratore generale e dispensiere d'ogni suo avere.

            Policarpo, come è l'uso di tutti i cristiani veramente pii, sentivasi in cuore una viva compassione dei poveri, e cercava di alleviarne le miserie. Quindi è. che quando usciva di casa, vedove, orfani e poveri d' ogni specie s'accostavano a lui, e lo pregavano di soccorrerli. Ed egli lasciandosi vincere dalla pietà, loro distribuiva olio, vino, pane e danaro, confidando che la sua padrona non lo avrebbe a male, veggendo che essa era di cuore assai pio e inclinato al bene. Ma avendo continuato a largheggiare in queste elemosine senza porvi alcun limite, avvenne che tutte le provvigioni ben tosto furono esauste, e non ne rimase più nulla nelle celle. Frattanto Callista ritornò: ed ecco uno dei servi pieno di livore nell'animo avvicinarsi a lei, e avvertirla, che Policarpo, in cui essa aveva messo cotanta fiducia, aveva dato fondo ad ogni {9 [105]} cosa. Le quali infauste notizie commossero si fattamente Callista e accesero tale sdegno nell' animo di lei, che pensando non fosse Policarpo avesse sprecato tutte le sue ampie provvigioni in stravizzi e bagordi, appena entrata in casa, lo chiamò, e fattesi dare le chiavi entrò nelle celle a farne diligente esame. Ma quale non fu il suo stupore, quando le vide ripiene come le aveva lasciate alla sua partenza? Allora lo sdegno concepito contro il suo giovane servo convertissi in collera sfrenata contro chi glielo aveva denunziato siccome scialacquatore, ed essa stava per punirvelo severamente; ma Policarpo si intromise in favore del suo accusatore, dichiarando, che realmente egli aveva distribuito ai poveri la roba di lei, ma che Iddio aveva mandato il suo angelo e per mezzo di lui avevale restituito ogni cosa. Callista in udire ciò, rimase piena di maraviglia, e imparando vie più a stimare Policarpo, lo adottò per figliuolo, e morendo gli lasciò in eredità tutto il suo avere. {10 [106]}

 

 

Capo III.Progressi di S. Policarpo nella virtù e nella scienza.

 

            Dopo la morte di Callista, Policarpo rimasto pienamente libero di se stesso, diedesi vie maggiormente a Dio. Il gran pensiero dell'eterna vita gli stava sempre fisso nella mente; e non cessava mai dal riflettere, che noi siamo fatti per l'eternità, e che siamo quaggiù solo per qualche tempo, e come pellegrini, mentre la nostra patria è la Gerusalemme celeste. Quindi egli spendeva ogni dì lunghe ore nella meditazione delle S. Scritture, e faceva molta orazione, e donava ai poveri quanto più poteva, convertendo in loro soccorso non solo i suoi averi, ma anche il frutto della sua industria. Anzi per potere essere liberale verso dei poveri egli scarseggiava verso di se stesso; poichè si contentava di cibo semplice assai, e nelle vesti mirava solo a ripararsi dal freddo, aborrendo da ogni vanità.

            Quantunque giovane, aveva nell' aspetto la serietà di un uomo maturo, e {11 [107]} nel camminare era grave, e come di persona avanzata in età, e il cuore aveva pienamente libero da ogni affetto alle cose terrestri. Era così modesto, che se alcuno fissava in lui gli occhi, la sua verecondia ne pativa: e si guardava attentamente da coloro che erano vani e ciarlieri; che se non li poteva schivare, procurava di parlare solo quanto bastava alle regole della prudenza, e poi taceva. Ma dalla gente malvagia tenevasi lontano come da cani rabbiosi. Che se conosceva taluno, dalle cui parole od azioni sperasse trarre profitto, allora egli lo frequentava e procurava di imitarne i buoni esempi.

            Era cosi caritatevole, che quando fuori di città incontrava poveri, specialmente vecchi, che portavano legna al mercato, egli sentendo compassione della loro fatica, loro dimandava se speravano di vendere quella legna appena che fossero entrati in città. E avutone per risposta che spesso non riusciva loro di venderla prima della sera, egli la comperava, e pagatone il prezzo, faceva portare quella legna alle vedove che abitavano presso alle porte della città.

            Come poi giunse all' età virile, fecesi {12 [108]} ad amare la virtù con ardore più intenso. Imperocchè decise di rimanere celibe e consacrarsi a Dio colla castità perfetta, onde potere liberamente servirlo e amarlo con tutto il suo cuore.

 

 

Capo IV. È promosso al sacro ordine del Diaconato e del Sacerdozio.

 

            A quei tempi era vescovo di Smirne un certo Bucolo, il quale accortosi della pietà, della modestia e purità e altre belle doti di Policarpo, e veduto come esso desiderasse ardentemente d'istruirsi nelle scienze sacre, gli prese un amore singolare e lo guardava come suo figlio. Anche Policarpo amava il suo vescovo con amore di figlio, e lo teneva in conto di padre, recandosi spesso a udirne le prediche, e a riceverne le lezioni, e procurando di portargli ogni riverenza che potesse[2]. Bucolo pertanto animato da {13 [109]} vivissimo desiderio di provvedere alla Chiesa dei sacerdoti pieni di zelo, pose gli occhi su Policarpo; e pensò che i fedeli e la causa di Dio ne guadagnerebbero assai ove Policarpo assumesse sopra di sè 1' esercizio del santo ministero. Epperò chiamatolo a sè, alla presenza dei cattolici, che tutti di comune accordo diedero la loro approvazione, gli conferì l'ordine sacro del Diaconato.

            L'uffizio dei diaconi a quei tempi era assai {14 [110]} più importante, che non è al presente. Imperocchè essi dovevano aiutare il vescovo nell'amministrazione della diocesi e nella cura spirituale e anche temporale del gregge. Era loro dovere l'istruire non solo i fedeli, ma anche gli idolatri, che mostravano inclinazione a farsi cristiani: epperò era necessario che conoscessero a fondo tutte le dottrine del S. Vangelo, e sapessero esporle bene e con frutto di chi li ascoltava. Era pure loro dovere lo assistere alla celebrazione dei santi misteri, lo invigilare che nei luoghi sacri ogni cosa procedesse con ordine, lo amministrare il santo Battesimo, il portare il SS. Viatico agli infermi, visitare i cristiani che erano in carcere per causa della fede, e loro procurare tutti i soccorsi spirituali e corporali che loro occorrevano. Era infine obbligo dei diaconi il ricevere le oblazioni dei fedeli, e con queste sovvenire alle necessità dei poveri, specialmente quando erano ammalati, e sovrattutto aiutare le vedove e gli orfani. Egli è chiaro che il diacono allora non poteva riuscire bene nel suo santo ministero, senza, essere una persona gradita a tutti: ed è per questo che i vescovi usavano allora chiedere {15 [111]} una buona testimonianza dei fedeli prima di promnovere alcuno a un uffizio sì delicato. Egli è chiaro altresì, che a compiere tutti gli obblighi di un tale ministero si richiedevano persone fornite di gran zelo, gran carità, gran prudenza e pietà, e soprattutto ben fondate nella santa castità, acciocchè potessero star saldi in mezzo a tutti i pericoli fra i quali dovevano trovarsi. Ora da ciò si può intendere quale grande stima Bucolo e tutti i cattolici di Smirne facessero delle virtù di Policarpo, eleggendolo a un uffizio sì importante. Ma non è da stupire che ed il vescovo e i fedeli concorressero in questa scelta, mentre Pionio ci dice, che Iddio stesso aveva fatto palese la santità di Policarpo coll'operare prodigi a intercessione di lui, e concedergli la grazia di risanare molti infermi e cacciare lo spirito infernale da molti indemoniati.

            Fatto diacono, confermò pienamente colla sua santa condotta le speranze concepite da lui; e mostrandosi pieno dello stesso spirito, di cui era stato ripieno il diacono S. Stefano, con gran libertà confatava i Giudei, i Gentili e gli Eretici, e arrendendoci alla persuasione del suo {16 [112]} vescovo, benchè per modestia vi sentisse gran ripugnanza, fecesi pure a predicare i santi misteri agli stessi cattolici. Ad essi esponeva le cose sì chiaramente, che i suoi uditori attestavano che loro pareva di vedere cogli occhi propri, non che udire, quanto il santo diacono loro predicava.

            Il sacerdozio a que' tempi si conferiva solo a un'età già avanzata, acciocchè coloro che ne venivano insigniti potessero avere la maturità e prudenza necessaria, ed è per questo che i sacerdoti erano chiamati preti, parola che significa persone attempate.[3] Bucolo faceva tanta stima di Policarpo, che avrebbe voluto ordinarlo sacerdote molti anni prima, se le leggi della Chiesa non gliel' avessero proibito: ma subitochè questi arrivò all'età fissata, che a quei tempi era verso i 30 anni, e i capelli, che già incominciavano a imbianchire erano prova, ch'esso era uomo maturo, Bucolo si fece premura di promuovere il suo caro discepolo alla dignità altissima e sovrumana di sacerdote di Gesù Cristo. Tutti i fedeli di Smirne applaudivano {17 [113]} alla intenzione del loro pastore; e tutti ardentemente desideravano di vedere il loro diletto Policarpo adorno del carattere sacerdotale. V'era però un solo, che si opponeva, e che contrastava al desiderio comune; e questi era Policarpo, che quanto più era realmente degno di quell'onore, altrettanto se ne riputava indegno. Egli tremava al pensiero, che Iddio potesse punirlo, ove senza le disposizioni richieste egli osasse avanzarsi a tanta dignità. Ma una visione celeste venne a confortarlo, e a renderlo persuaso essere volere di Dio, che esso cedesse alle esortazioni dei buoni, e si lasciasse ordinare sacerdote.

            Poichè Policarpo si vide sollevato a tanto onore, si accese di zelo vie più fervente, e si pose a predicare Gesù Cristo con tanta efficacia, che molti idolatri illuminati dalle sue istruzioni, aprirono gli occhi della mente, e abbracciarono la fede cristiana.

 

 

Capo V. È fatto Vescovo di Smirne, suo zelo nell'episcopato.

 

            Frattanto Bucolo. breve tempo appresso, dopo aver lungamente governato la chiesa {18 [114]} di Smirne, fu chiamato a ricevere il premio delle sue fatiche: ma prima che passasse da questa all'altra vita, il Signore lo consolò col rivelargli che Policarpo gli succederebbe nella carica. La qual còsa recò tanta gioia al buon vecchio, che quando era sul morire, si prese la mano di Policarpo, e se la pose sul petto e poi sul volto, per mostrargli com'egli trasmettesse a lui il potere di fare tuttociò ch'egli aveva fatto colle facoltà dell' anima e del corpo per la gloria di Dio. Quei che erano presenti alla morte del loro pastore già cominciavano a tenere tra loro ragionamenti sull'eleggergli per successore Policarpo, benchè questi non vi pensasse per nulla, come quegli, la cui mente era del continuo assorbita dalle cose eterne. Ma venuta l' ora di rendere gli ultimi uffizii al vescovo defunto, e portatone il cadavere al cimitero della Basilica detta Efesiaca, tutti concordemente fecero istanza a Policarpo che celebrasse la messa in suffragio dell'anima del loro pastore; il che era un dirgli che volevano lui per successore. Vennero poscia i vescovi delle città vicine per fare la elezione; o insieme coi vescovi venne molta gente da varie {19 [115]} parti, perocchè molti conoscevano già Policarpo, molti desideravano di vedere un personaggio, di cui udivano magnificarsi i meriti; e tutti si aspettavano di vederlo promosso alla dignità vescovile. I vescovi si radunarono nel luogo ove la elezione doveva farsi, e coi vescovi erano tutti i preti e diaconi di Smirne insieme con gran numero di fedeli. Dicesi che uno splendore insolito venisse dal cielo, e agli occhi degli astanti rendesse Policarpo radiante d'una luce sovrumana, e il mostrasse come ammantato di ricca porpora, con una bianchissima colomba sovra il capo. Si fece orazione, si lessero le Sante Scritture, e si tenne un sermone. I vescovi e gli altri ecclesiastici quivi presenti, non poterono a meno di approvare tale elezione, veggendo che la volontà di Dio erasi manifestata in modo cosi sensibile; epperò di comune consenso, Policarpo, che probabilmente aveva poco più di 30 anni, fu chiamato ad essere vescovo di Smirne. Non è a dire le lagrime che sparse Policarpo quando si vide innalzato a un posto che è formidabile agli stessi angeli: ma benchè egli tremasse al pensiero di un {20 [116]} carico sì pesante, pure dovette sottoporvi le spalle e lasciare che ì vescovi presenti lo consacrassero, imponendogli le mani.

            S. Girolamo, la cronaca delle chiese d'Alessandria in Egitto, Usuardo nel suo martirologio, ed altri ci dicono che Policarpo fu ordinato vescovo di Smirne da s. Giovanni l'evangelista. Bisogna perciò conchiudere che, o s. Giovanni mandò l'ordine di eleggere Policarpo, o egli stesso intervenne a quella adunanza, od approvò la elezione fatta dai vescovi. È cosa chiara, che siccome s. Giovanni aveva cura speciale delle chiese dell' Asia, così finchè egli visse, nessuno fu ordinato vescovo di alcune di quelle chiese senza che egli in qualche modo concorresse a quell' ordinazione o almeno vi desse il suo consenso.

            Appena fu consacrato, incominciò ad esercitare il suo uffizio col predicare al popolo che era accorso alla sua elezione, e nella predica, dopo avere parlato della difficoltà estrema che incontrasi nel compiere esattamente gli obblighi di vescovo, si raccomandò caldamente alle preghiere di tutti, ed esortò i sacerdoti e diaconi della sua diocesi ad aiutarlo col loro zelo nel grave incarico. Nè Pionio, nè altri, non {21 [117]} ci lasciarono scritto minutamente le molte cose che Policarpo deve avere fatto pel bene delle anime, mentre che esso fu vescovo; nulladimeno egli è chiaro, che un uomo cosi zelante, cosi pio e casto, cosi umile e modesto, e che aveva adempito gli obblighi di diacono e sacerdote con tanta edificazione e tanta soddisfazione di tutti i fedeli, non poteva a meno di essere tutto fervore per la conversione degli idolatri e dei peccatori. Infatti Pionio ci dice, che esso visitava tutte le chiese della sua diocesi, a fine di provvedere, che il culto divino si esercitasse ovunque in regola e si amministrassero i sacramenti. Stabilì varii diaconi, dando loro la cura delle chiese, e tra gli altri ordinò diacono un certo Camerio, il quale gli succedette poi nel vescovato dopo un certo Papizio; e a questo Camerio egli affidò la cura delle chiese della campagna. Il santo vescovo predicava spesso e sempre con una eloquenza da apostolo, e si adoperava col massimo calore, perchè si mantenesse viva la fede, e si osservassero i dì festivi, e si abbonisse il peccato.

            Iddio accresceva la efficacia della predicazione del santo vescovo col dono dei {22 [118]} miracoli, tra i quali si annovera specialmente, l'avere fermato un incendio che minacciava di recare guasti orribili; di avere fatto venire la pioggia in tempo di siccità, e di avere fatto cessare la inondazione delle acque ed ottenuta la serenità del cielo.

            E non è a stupire che Iddio si degnasse di onorare lo zelo e la santità di questo gran vescovo col dargli il potere di operare cose al dissopra delle forze della natura, dacchè Esso, quando mandò gli apostoli a predicare il vangelo agli idolatri, aveva detto loro: guarite gli infermi, risuscitate i morti, mondate i lebbrosi, cacciate i demoni[4].

            Mentre era vescovo, ebbe la consolazione di dare ospitalità al suo caro condiscepolo s. Ignazio, vescovo di Antiochia, quando questi essendo tratto a Roma, per essere esposto alle fiere, ebbe da soffermarsi a Smirne. E chi può imaginare il trasporto d'affetto di questi due santi vescovi e martiri, quando si abbracciarono a vicenda?

            Tra le altre cure che s. Policarpo si {23 [119]} prese sommamente a cuore, una si fu quella di allevarsi dei discepoli pieni di zelo, scienza e virtù, i quali propagassero l'evangelo, convertendo idolatri e confutando gli eretici. E si dà per certo, che Policarpo mandò varii de' suoi discepoli nelle Gallie (che sono la Francia attuale), i quali tutti dopo avere predicato in quei paesi idolatri la fede cristiana, terminarono il loro apostolato col martirio. Fra questi discepoli di s Policarpo, il più illustre fu s. Ireneo, vescovo di Lione. Questo Santo ci narra, che il suo maestro fece un viaggio a Roma per ristabilire la pace della Chiesa, la quale era alquanto turbata da ciò, che non tutti andavano d'accordo sul giorno in cui dovevasi celebrare la solennità della Pasqua: mentre altri la celebravano il giorno 14 della luna di marzo, in qualunque dì della settimana esso potesse cadere, e altri la celebravano la domenica seguente, secondo la pratica introdotta da s. Pietro ed osservata costantemente a Roma. S. Policarpo, a cui nulla stava più a cuore che la pace, la buona armonia e la carità, fece dal canto suo quanto potè per impedire, che i fedeli fossero divisi tra di loro, e onde riuscirvi, {24 [120]} determinò di abboccarsi col Sommo Pontefice, s. Aniceto, epperò di intraprendere il viaggio di Roma. A quei tempi simile viaggio era assai lungo e faticoso per tutti, ma lo era assai più per Policarpo, che allora già toccava oltre i 90 anni dell'età sua. Arrivato a Roma si portò dal Vicario di Gesù Cristo, e trattò con lui lungamente sul giorno, che i cristiani avevano da celebrare la Pasqua: e quantunque la questione per allora non potesse ricevere lo scioglimento che poi ricevette nell' anno 325, quando il Concilio di Nicea decretò che la Pasqua aveva da essere solennizzata da tutti la prima domenica dopo il plenilunio di marzo; tuttavia s. Policarpo ottenne da papa Aniceto, che non venissero scomunicati quei che osservavano una pratica diversa; e che per questo punto di disciplina ecclesiastica, la Chiesa non avesse ad essere turbata da scismi.

            S. Policarpo, mentre si prendeva cura di questo affare, non cessava di esercitare il suo zelo nella conversione degli eretici, epperò s. Ireneo ci assicura, che durante il suo soggiorno in Roma, esso convertì molta gente che si erano lasciati ingannare dagli eretici Marcione e Valentino, {25 [121]} i quali insegnavano non esservi un Dio solo, ma molti dei. Il suo attaccamento alla fede cattolica, e il suo orrore per gli eretici era tale, che un dì mentre era in Roma l'eretico Mansione, essendosi avvicinato al santo vescovo, e avendo osato domandargli: «Mi conosci tu, e sai tu chi io sono?» S. Policarpo immantinenti risposegli: «si, ti conosco, e bene assai, imperocchè io so che tu sei il primogenito di Satanasso».

            Questo era uno dei punti essenzialissimi, sui quali s. Policarpo era pieno di attività e di fuoco, cioè il procurare che i cattolici conservassero la fede illibata, e per conseguenza stessero lontani dagli eretici. Per questo egli continuamente si adoperava per inspirare un grande orrore all' eresia, e soleva raccontare, che l'apostolo s. Giovanni, un dì trovandosi ad Efeso, ed essendo entrato in un bagno, vi trovò là l'eretico Cerinto. Tale incontro lo colpì di tal timore, che immantinenti uscì, affermando, che siccome là entro era Cerinto, nemico della verità, così vi correva gran pericolo che l'edifizio crollasse in un istante e cadesse a terra.

            Non contento di propagare e difendere {26 [122]} la fede cristiana colla parola, si adoperò di propagarla e difenderla cogli scritti: e per questo scrisse molte lettere sia a persone private, sia alle chiese dell'Asia e di altri luoghi, in cui espose i dogmi della fede, con grande erudizione e forza. Peccato che di tutti i suoi scritti non ci rimane che una lettera ai cristiani di Filippi, detta da s. Girolamo utile assai.

            Non è senza probabilità, che quando l'apostolo ed evangelista s. Giovanni scrisse il libro dell'Apocalisse, s. Policarpo fosse vescovo di Smirne: epperò egli è a questo santo vescovo che dovrebbe riferirsi il magnifico elogio, che Gesù Cristo stesso fa di lui in questo libro, al capo secondo, ove così comanda a s. Giovanni: «E all'angelo[5] della chiesa di Smirne scrivi: queste cose dice Quegli che è il Primo e l'Ultimo, era morto ed ora è vivo; io conosco la tua tribolazione, e la tua povertà; ma tu sei ricco: e tu sei bestemmiato da coloro che chiamano se stessi giudei[6], ma non lo {27 [123]} sono, sibbene essi sono la sinagoga di Satanasso. Non temere alcuna delle cose che avrai da soffrire. Ecco che il diavolo getterà alcuni di voi in prigione, acciocchè voi siate provati; e voi avrete tribolazione per dieci giorni. Sii fedele sino alla morte, ed io ti darò la corona della vita». Dalle quali parole del nostro Redentore vedesi chiaro come s. Policarpo menava vita povera assai, mentre era ricco di meriti, ed era come nel crogiuolo della tribolazione, per parte degli idolatri e degli eretici, che lo perseguitavano a morte. Ma egli era fermo nel servizio di Dio, e pronto a tutto patire, e a morire mille volte piuttosto che tradire la fede, o mancare al suo dovere. Quindi è che rincuorato da questa raccomandazione del suo divin Salvatore, terminò la sua carriera mortale con un glorioso martìrio. Imperocchè Marco Aurelio, imperatore dei Romani, avendo emanate leggi di sangue contro i cristiani, e specialmente contro i loro sacerdoti e vescovi, gli idolatri e Giudei di Smirne ne presero occasione per chiedere la morte di s. Policarpo al proconsole, e ottenere che esso fosse consegnato alle fiamme; in questa maniera procurarono il martirio di molti seguaci di G. C. {28 [124]}

            I fedeli di Smirne, come dicemmo sul principio, scrissero una lettera a quei di Filadelfia, e ai cristiani di tutto il mondo, nella quale descrivono minutamente la santa morte del loro pastore: la quale lettera è così bella e cosi edificante, che noi crediamo di far cosa gradita ai nostri lettori col riprodurla quasi per intero.

 

 

Capo VI. Martirio di s. Policarpo, quale è descritto nella lettera dei fedeli di Smirne.

 

            «La chiesa di Dio, che abita a Smirne, alla chiesa di Dio che è a Filadelfia, e a tutte le parrocchie di qualunque luogo della Chiesa santa e cattolica: si moltiplichi la pace e carita da Dio Padre e da Gesù Cristo Signor nostro.

            O Fratelli, vi abbiamo scritto intorno a coloro che subirono il martirio, e riguardo al beato Policarpo, il quale in certo modo, con la sua confessione; pose il sigillo alla persecuzione, e la estinse.

            ... Chi è che non ammiri la generosita dell'anima sua, la sua costanza, la {29 [125]} sua carita verso Dio? Altri furono battuti si crudelmente da spietati colpi di sferza, che si poteva vedere l'interna struttura delle vene, delle arterie e della carne: ma essi sopportarono questo supplizio si fortemente, che gli astanti stessi ne sentivano compassione. Altri giunsero a tale costanza, che nè una parola nè un gemito uscì loro di bocca: e tutti questi martiri di Cristo, generosi oltre modo, ci mostrarono che, mentre la loro carne si trovava fra i tormenti, le loro anime in certo modo erano lontane; o piuttosto Cristo era presente e conversava con loro; ed essi obbedendo alla grazia divina, disprezzavano le torture di questo mondo, e col patire di un'ora, si riscattavano dai tormenti eterni. Il fuoco era per essi quasi un ristoro della crudele carnificina che avevano subito: imperocche la sola cosa che essi avevano in mente, era di schivare l'eterno incendio che non si spegne mai; e cogli occhi della mente già vedevano i beni che sono riservati a chi persevera. Beni, che nè occhio vide, nè orecchio udì, nè possono essere intesi dalla mente dell uomo: ma Iddio li aveva fatti loro {30 [126]} capire, come se essi fossero stati angeli e non uomini. Similmente, condannati ad essere esposti alle bestie feroci, essi sostennero dolori acerbissimi; e furono pure esposti alle spade, e sottoposti ad altri crudeli supplizi, acciocchè, se fosse stato possibile, il tiranno, colla lunghezza delle pene, li potesse costrignere a rinnegare la fede».

            «Satanasso pose in opera molti artifizii contro di essi: ma dobbiamo ringraziare Iddio che non potè prevalere contro alcuno di loro. Un certo Germanico, d'animo generosissimo, combattendo da valoroso contro le bestie feroci, colla sua costanza infuse coraggio in chi era di cuor pusillanime. Imperocchè il Proconsole volendo persuaderlo a rinnegare la fede con suggerirgli che sentisse compassione della sua età, egli stesso con dei colpi provocò una bestia feroce contro di sè per liberarsi più presto da questo mondo empio ed ingiusto. E fu allora che tutta a moltitudine ammirando la pia e religiosa magnanimità dei cristiani, gridò ad alta voce: distruggi gli empi, si cerchi di Policarpo.» {31 [127]}

            «Ma un certo cristiano per nome Quinto, che era venato di fresco dalla Frigia, vedute le fiere si sentì venir meno il coraggio; e questi di sua spontanea volontà aveva esposto se stesso ed altri al martirio: e il Proconsole esortandolo con molte ragioni, lo indusse a giurare per gli Dei, e a loro offrire sacrificio.»

            «Perlochè noi non lodiamo coloro che si offrono da loro stessi al martirio; conciossiachè questo non sia conforme all'insegnamento del Vangelo.»

            «Come l'ammirabile Policarpo udì queste cose, non si turbò punto di cuore, e sulle prime voleva rimanersi nella città. Molti però lo persuasero di allontanarsi; ed egli si ritirò in una casa di campagna non lungi dalla città, ove fermossi con pochi, e dì e notte non fece altro che pregare per le chiese di tutto il mondo, come era il suo costume. Or mentre attendeva all'orazione, tre giorni prima ch' ei fosse catturato, fu rapito in estasi, e gli parve di vedere il suo capezzale in fiamme: e voltosi agli astanti, disse, in tuono di profeta: io ho da essere abbruciato vivo. Aspettandosi coloro, che lo cercavano, {32 [128]} Policarpo passò ad un' altra casuccia; e subito si presentarono coloro che ne indagavano i pàssi; e non trovandolo, si impadronirono di due giovanetti, dei quali uno costrettovi dai tormenti scopri il luogo ove era Policarpo. Adunque avendo seco quel giovanetto, nel dì della Parasceve[7], all'ora di pranzo, i persecutori uscirono insieme con cavalieri muniti delle armi consuete, affrettandosi come se avessero da catturare un ladro. E sul far della notte arrivati ad una certa casetta, il trovarono nascosto nel soppalco superiore. Per certo egli avrebbe ancor potuto fuggirsene in altro luogo; ma non volle e disse: facciasi la volontà di Dio.

            Adunque udito ch'essi erano venuti, discese di suo spontaneo volere, e loro parlò, mentre tutti erano maravigliati della sua età e costanza; e che essi avessero usate tante cautele per catturare un vecchio. Immantinenti comandò che loro si apprestasse da mangiare e da bere quanto loro piacesse, pregandoli a concedergli una sola ora da pregare {33 [129]} in libertà. E quegli acconsentendo, esso pieno della grazia di Dio, pregò sì a lungo, che appena in due ore pote metter fine all'orazione. Coloro che erano presenti ne facevano le maraviglie, e varii di loro sentivansi pentiti d'essere venuti a prendere un vecchio cosi pio. Com'ebbe finita la preghiera. ... ed ebbe raccomandata tutta la chiesa cattolica sparsa per tutto l'universo, ed essendo venuta l'ora di partire, il posero sopra di un asino, e s' incamminarono  verso la città il dì del sabbato.»

            «Ma un Irenareo soprannominato Erode, e Nicete di lui padre gli vennero incontro dentro un carro, e presolo in mezzo a loro, si sforzavano di indurlo a fare a loro modo, dicendogli: che male vi ha mai a dire, signor Cesare, e poi offrire un sacrifìcio, e cosi salvare te stesso? Egli sulle prime non diede loro risposta, ma essi instando vie più, disse: non sarò io mai per fare quello che mi suggerite. Allora quegli delusi nella speranza che avevano di tirarlo nel loro partito, prorompono in insulti contro di lui, e lo gettano giù del carro con tal violenza, che cadendo si offese una {34 [130]} gamba e zoppicava non poco. Tuttavia per niente commosso, e come se non avesse ricevuto alcun incomodo continuò il suo viaggio verso l'anfiteatro, sforzandosi di camminare a passo spedito.

            Nell'anfiteatro vi era un grandissimo tumulto, sicchè non era possibile udire alcuna cosa. Or mentre Policarpo vi entrava, una voce udissi dal cielo: Policarpo, sta forte, combatti da valoroso: e nessuno poteva vedere quello, da cui veniva quella voce; ma la voce stessa fu udita da molti de' nostri che erano presenti. Del resto grande era il tumultuare della moltitudine per aver udito che Policarpo era stato preso. Il Proconsole, fattoselo venire innanzi, lo interroga, se esso sia Policarpo: e questi avendo risposto che si, il Proconsole lo esorta a rinnegare Cristo, dicendogli: rispetta la tua età, giura per la fortuna di Cesare, pentiti, di: distruggi gli empi, ed altre simili cose secondo il costume di costoro. Ma Policarpo con volto grave e tranquillo, fissando lo sguardo su tutta la moltitudine degli empi gentili, che erano nell'anfiteatro, stese {35 [131]} la mano verso di loro, e con gemiti alzando gli occhi al cielo, disse: disperdi gli empi. Il Proconsole poi facendo istanza, e dicendogli: giura, ed io ti lascierò andar libero, insulta a Cristo; Policarpo rispose: sono ottantasei anni che servo a lui, e non mi recò mai danno alcuno. E come potrei io bestemmiare il mio re che mi ha salvato? Il proconsole continuando a stimolarlo con dire: giura per la fortuna di Cesare; esso rispose: mi guardi Iddio dal giurare, come tu dici, per la fortuna di Cesare. Tu fingi di ignorare chi io mi sia; ascolta, che io parlerò con libertà. Io sono cristiano: e se ti aggrada: intendere la ragione della fede cristiana, dammi tempo a ciò, e ascoltami. Il Proconsole ripigliò: va ad insegnare la tua religione al popolo. Policarpo soggiunse: io stimo che si convenga di esporne la ragione a te; imperocchè ci fu insegnato che noi dovessimo stare soggetti a' magistrati e alle podestà stabilite da Dio nelle cose oneste; e loro rendere obbedienza in ciò che non rechi danno alcuno alla salvezza dell'anima nostra: ma io non stimo questa moltitudine degna che le si renda ragione {36 [132]} della nostra fede. Il Proconsole disse: io ho delle fiere e loro ti esporrò, se tu non cangi parere. Falle venir fuori, rispose Policarpo, imperocchè si deve ricusare quel pentimento che da ciò che è meglio ci conduce a ciò che è peggio. E il Proconsole: dacchè tu non fai caso delle fiere, se non mostri pentimento, ti farò consumare dal fuoco. Al che Policarpo replicò: tu minacci a me un fuoco, che arde solo per un'ora, e si spegne ben presto; imperocchè tu ignori i supplizii dell' altro mondo, e il fuoco di eterna condanna, che là sta apparecchiato agli empi.»

            «Policarpo dicendo queste ed altre cose simili, si riempì di fiducia e di gaudio, e tanta era la grazia che gli compariva sul volto, che non solo non si perdeva d'animo, nè si turbava per le cose che gli erano state dette; ma per contro lo stesso Proconsole ne era maravigliato.»

            «Questi nullàdimeno mandò un banditore in mezzo all' anfiteatro e comandogli di gridare ad alla voce per tre volte: Policarpo ha confessato d'essere cristiano. La qualcosa avendo quegli proclamato, {37 [133]} tutta la turba de' gentili e giùdei, che abitavano a Smirne; con impeto di animo sfrenato presero a gridare con quanta voce avevano in gola: questi è il maestro di empietà, questi e il padre dei cristiani, questi è lo sterminatore de' nostri dei, il quale allontanò molti dai sacrificii e dalla venerazione degli dei. Dicendo queste cose, facevano schiamazzi, e pregavano Filippo governatore dell'Asia, che mandasse un leone contro di Policarpo; ma Filippo rispose che ciò non gli era permesso, perchè i giuochi delle fiere erano già terminati. Allora tutto il popolo domandava con alte grida, che Policarpo fosse abbruciato vivo ... e appena ciò detto, tutti dalle officine e dai bagni si diedero a portar fuori legna e sermenta per farne una catasta: e coloro che in cio mostravano più calore ed attività erano secondo il solito i Giudei. Quando il rogo fu costrutto egli svestendosi da se stesso, deposto il cingolo, si adoperava a sciogliersi i calzari, il che egli non aveva mai fatto per lo innanzi perchè tutti i fedeli andavano a gara chi di loro il primo toccasse quel sacro corpo. {38 [134]} Imperocchè egli prima del martirio aveva operato cose preclare e sante; e in tutta la sua condotta aveva imitato Iddio.

            Immantinenti si adoprano gli instrumenti per quel supplizio: ma quando il vollero configgere con chiodi, lasciate ciò per ora, egli disse, imperocchè chi mi diede grazia da sopportare il fuoco, mi concederà pure di rimanere immobile nel fuoco senza alcun bisogno che io sia tenuto con chiodi. Quelli poi, benchè non lo conficcassero con chiodi, pure lo legarono con catene. Adunque avendo le mani legate dietro il dorso, quasi egli fosse qualche insigne montone scelto tra un numeroso gregge, per essere offerto in olocausto accettevole, alzati gli occhi al cielo, pregò cosi: Signore Iddio onnipotente, Padre del tuo diletto e benedetto figlio Gesù Cristo, per mezzo di cui noi abbiamo ricevuto la cognizione di te, Dio degli angeli e delle podestà, e di tutte le creature, e d'ogni classe di giùsti, i quali vivono nel tuo cospetto; io ti benedico, perchè in questo giorno e in questa ora tu mi fai degno di avere parte nel numero de' tuoi martiri, nel calice di Cristo, nella risurrezione della {39 [135]} vita eterna; del corpo e dell'anima, nell' incorruzione dello Spirito Santo; tra i quali martiri fa che noi siamo oggi ricevuti al tuo cospetto quel ostia pingue ed accettevole, siccome tu, Dio pero, e scevro d' ogni menzogna, hai disposto, hai predetto e adempito. Laonde per tutte queste cose io ti lodo, benedico e glorifico insieme coll'eterno e celeste tuo figlio Gesù Cristo, col quale insieme collo Spirito Santo sia a te gloria ora e per tutti i secoli. Amen.

            «Avendo dello amen, e terminata la preghiera, i littori ai quali spettava la cura di costrurre la catasta, vi appiccarono il fuoco. Venendo poi fuori una fiamma altissima, noi vedemmo un gran miracolo, noi, ai quali fu concesso e i quali siamo riservati a narrare a tutti gli altri fedeli le cose avvenute. Imperocchè il fuoco prendendo come la forma di una volta, o quasi fosse la vela di una nave gonfiata dal vento, circondava tutto all' intorno il corpo del martire, ed esso stava in mezzo, non già come carne abbruciata, ma come pane colto, oppure oro ed argento purificato nel camino coll'ardorè {40 [136]} del fuoco. E noi sentivamo tanta fragranza di odore soavissimo come se fosse venuto da incènso od altri preziosi aromi. Finalmente gli empi vedendo che il corpo di lui non poteva essere consumato dal fuoco, taluno ordinò, che il costruttore della catasta si avvicinasse di più, e vi conficcasse la sua spada. Ciò essendo stato eseguito, videsi una colomba a volare, e uscirne fuori tanta abbondanza di sangue, che spense il fuoco, e il popolo si maravigliò, che vi fosse tanta differenza tra gli infedeli e gli eletti, al numero dei quali venne aggregato l'ammirabile martire Policarpo. A' nostri tempi egli fu vescovo della Chiesa cattolica a Smirne, e anche dottore apostolico e profetico. Imperocchè quanto usciva dalla bocca di lui, o era già stato adempito o certo doveva adempirsi.

            Ma quell'invidioso, maligno e scellerato avversario, sempre nemico della classe dei giusti, vedendo l'illustre

martirio di lui, che da' suoi primi anni aveva menata una vita irreprensibile, e lui già rimunerato colla corona dell'immortalità, e in possessione d'una palma {41 [137]} certa e durevole, si adoperò con ogni premura e sollecitudine perchè, noi non ne togliessimo le reliquie, benchè molti avessero questa intenzione per rendersi in qualche modo partecipi della sacra corona di lui. Imperocchè suggerì a Nicete padre di Erode e fratello di Alces, di pregare il prefetto di non concederne loro il corpo, acciocchè non forse, egli diceva, abbandonando il crocifìsso, lui prendano ad adorare. E queste cose disse egli, mentre i Giudei davano simili avvisi, e con calore facevano simili istanze, i quali avevano pure guardato il corpo, quando noi volemmo trarlo dal fuoco: non sapendo, che noi non possiamo giammai essere indotti ad abbandonare Cristo, il quale patì per la salute di coloro che si salvano in tutto il mondo, il giusto per gli iniqui, o che onoriamo alcun altro: poichè noi adoriamo lui che è il figlio di Dio: ma i martiri, che sono come i discepoli ed imitatori del Signore, noi li amiamo giustamente a cagione della eccellente loro carita verso il proprio Re e maestro, dei quali voglia Dio che noi possiamo essere e condiscepoli e partecipi.» {42 [138]}

            «Adunque il centurione, veduta l'ostinazione de Giudei, pose il corpo in mezzo al fuoco, e l'abbruciò. Cosicchè noi raccogliendo poi le ossa di lui siccome oggetti più preziosi delle gemme, le riponemmo in luogo conveniente, dove, quando ciò potrà farsi, Iddio ci concederà di raunarci, e celebrare il dì del martirio di lui con gaudio ed esultanza a memoria di coloro che terminarono la, loro battaglia, e ad eccitamento dei posteri, e per preparare lo spirito a cose simili.

            Tutti raccontano queste cose del beato Policarpo che insieme cogli altri dodici, che vennero da Filadelfia, subì il martirio.

            Voi certamente ci richiedeste di scrivervi a lungo le cose che accaddero: ma noi per ora ve le abbiamo indicate solo per sommi capi, mandandovi questa lettera per mezzo del nostro fratello Marco. Quando poi l'avrete letta, mandatela anche ai fratelli lontani, acciocchè essi pure diano gloria al Signore, il quale tra' suoi servi fece una simile scelta, e che colla sua grazia e col suo dono può introdurre tutti noi nel suo eterno regno per mezzo del suo unigenito Gesù {43 [139]} Cristo, a cui sia gloria, onore, imperio, maestà per tutti i secoli. Amen.

            Salutate tutti i santi: tutti quelli che sono con noi vi salutano: anche Evaristo il quale scrive la lettera, e tutta la sua famiglia.»

            Egli pare assai verisimile che il martirio di s Policarpo accadesse il 26 marzo, nel dì del sabato santo, nell'anno 169 dell'era cristiana, essendo il santo vescovo in eta di anni 102.

 

 

Capo VII. Osservazioni a farsi sulle cose sopraddette.

 

            La prima osservazione è, che dobbiamo sentire un vivissimo attaccamento alla fede cattolica, e riguardare questa fede come il tesoro più prezioso, conciossiachè senza di essa non siavi la salute eterna e per conservarci gelosamente questo tesoro, noi dobbiamo stare lontani dagli eretici, perchè venendo in contatto con essi, noi correremmo pericolo di perdere un tesoro di tanto valore. Anche s. Giovanni benchè fosse l'apostolo della carità, pure aveva gli eretici in tanto orrore, che non volle {44 [140]} rimanersi nel bagno in cui era entrato, subitochè seppe che dentro vi era l'eretico Cerinto, e s. Policaipo disse all'eretico Marcione, che esso conosceva in lui il primogenito di Satanasso.

            La seconda osservazione a farsi, è che nessuno deve mai presumere di fare cose grandi senza che Iddio ve lo chiami; altrimenti si espone al pericolo di offendere gravemente Iddio invece di onorarlo. Epperò quei cristiani, i quali da se stessi vollero esporsi al martirio, presumendo di essere più coraggiosi che non erano; non stetterò saldi in mezzo ai tormenti, e rinnegarono la fede.

            La terza osservazione è che non è lecito di procurare a noi stessi la morte senza averne licenza da Dio: epperò quel certo Germanico il quale provocò la fiera contro di se stesso, perchè lo sbranasse, bisogna dire che avesse avuto qualche lume particolare del Cielo per fare ciò, altrimenti la Chiesa non lo onorerebbe siccome martire.

            La quarta osservazione e, quanto grande fosse la premura dei fedeli di quei tempi nel raccogliere le reliquie dei martiri, e riporle in luogo conveniente: e quale riverenza {45 [141]} portassero a queste reliquie. La qual cosa dimostra quanto giustamente la Chiesa anche a dì nostri continui ad inculcare lo stesso rispetto; e quanto siano da lodare quei cristiani i quali fanno stima delle sacre reliquie.

            La quinta osservazione è, che fino da quei tempi, cioè dal principio del cristianesimo i fedeli usavano festeggiare il dì anniversario della morte dei santi, come un giorno di trionfo, e in tal giorno si radunavano intorno alle loro reliquie, e facevano memoria di essi, eccitandosi vicendevolmente ad imitare le virtù. Il che dimostra quanto rettamente la Chiesa continui a onorare i santi e a celebrarne le feste.

            L'ultima osservazione è che tutti coloro i quali vogliono seguitare Gesù Cristo furono sempre calunniati e perseguitati dal mondo, e che se vogliono salvare l'anima, non bisogna temere il mondo, sibbene guardarci da esso, perchè non ci corrompa col suo veleno; e procurare di imitare i santi, praticando le loro virtù, e domandando a Dio la grazia di perseverare sino alla fine nell'osservanza de' suoi precetti a costo di qualunque sacrifizio. {46 [142]}


27 giugno 1943

Madre Pierina Micheli

Eccoci di ritorno a Roma. Questa mattina si ascoltò la S. Messa prestissimo alla tomba di S. Francesco, si rinnovarono i propositi di bene e col cuore pieno di Gesù si intraprese il viaggio Ora coraggio e generosità.