Liturgia delle Ore - Letture
Sabato della 3° settimana del tempo ordinario
Vangelo secondo Luca 23
1Tutta l'assemblea si alzò, lo condussero da Pilato2e cominciarono ad accusarlo: "Abbiamo trovato costui che sobillava il nostro popolo, impediva di dare tributi a Cesare e affermava di essere il Cristo re".3Pilato lo interrogò: "Sei tu il re dei Giudei?". Ed egli rispose: "Tu lo dici".4Pilato disse ai sommi sacerdoti e alla folla: "Non trovo nessuna colpa in quest'uomo".5Ma essi insistevano: "Costui solleva il popolo, insegnando per tutta la Giudea, dopo aver cominciato dalla Galilea fino a qui".
6Udito ciò, Pilato domandò se era Galileo7e, saputo che apparteneva alla giurisdizione di Erode, lo mandò da Erode che in quei giorni si trovava anch'egli a Gerusalemme.
8Vedendo Gesù, Erode si rallegrò molto, perché da molto tempo desiderava vederlo per averne sentito parlare e sperava di vedere qualche miracolo fatto da lui.9Lo interrogò con molte domande, ma Gesù non gli rispose nulla.10C'erano là anche i sommi sacerdoti e gli scribi, e lo accusavano con insistenza.11Allora Erode, con i suoi soldati, lo insultò e lo schernì, poi lo rivestì di una splendida veste e lo rimandò a Pilato.12In quel giorno Erode e Pilato diventarono amici; prima infatti c'era stata inimicizia tra loro.
13Pilato, riuniti i sommi sacerdoti, le autorità e il popolo,14disse: "Mi avete portato quest'uomo come sobillatore del popolo; ecco, l'ho esaminato davanti a voi, ma non ho trovato in lui nessuna colpa di quelle di cui lo accusate;15e neanche Erode, infatti ce l'ha rimandato. Ecco, egli non ha fatto nulla che meriti la morte.16Perciò, dopo averlo severamente castigato, lo rilascerò".17.18Ma essi si misero a gridare tutti insieme: "A morte costui! Dacci libero Barabba!".19Questi era stato messo in carcere per una sommossa scoppiata in città e per omicidio.
20Pilato parlò loro di nuovo, volendo rilasciare Gesù.21Ma essi urlavano: "Crocifiggilo, crocifiggilo!".22Ed egli, per la terza volta, disse loro: "Ma che male ha fatto costui? Non ho trovato nulla in lui che meriti la morte. Lo castigherò severamente e poi lo rilascerò".23Essi però insistevano a gran voce, chiedendo che venisse crocifisso; e le loro grida crescevano.24Pilato allora decise che la loro richiesta fosse eseguita.25Rilasciò colui che era stato messo in carcere per sommossa e omicidio e che essi richiedevano, e abbandonò Gesù alla loro volontà.
26Mentre lo conducevano via, presero un certo Simone di Cirène che veniva dalla campagna e gli misero addosso la croce da portare dietro a Gesù.27Lo seguiva una gran folla di popolo e di donne che si battevano il petto e facevano lamenti su di lui.28Ma Gesù, voltandosi verso le donne, disse: "Figlie di Gerusalemme, non piangete su di me, ma piangete su voi stesse e sui vostri figli.29Ecco, verranno giorni nei quali si dirà: Beate le sterili e i grembi che non hanno generato e le mammelle che non hanno allattato.
30Allora cominceranno a 'dire ai monti':
'Cadete su di noi!
e ai colli:
Copriteci!'
31Perché se trattano così il legno verde, che avverrà del legno secco?".
32Venivano condotti insieme con lui anche due malfattori per essere giustiziati.
33Quando giunsero al luogo detto Cranio, là crocifissero lui e i due malfattori, uno a destra e l'altro a sinistra.34Gesù diceva: "Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno".
'Dopo essersi poi divise le sue vesti, le tirarono a sorte'.
35Il popolo stava 'a vedere', i capi invece lo 'schernivano' dicendo: "Ha salvato gli altri, salvi se stesso, se è il Cristo di Dio, il suo eletto".36Anche i soldati lo schernivano, e gli si accostavano per porgergli 'dell'aceto', e dicevano:37"Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso".38C'era anche una scritta, sopra il suo capo: Questi è il re dei Giudei.
39Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: "Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e anche noi!".40Ma l'altro lo rimproverava: "Neanche tu hai timore di Dio e sei dannato alla stessa pena?41Noi giustamente, perché riceviamo il giusto per le nostre azioni, egli invece non ha fatto nulla di male".42E aggiunse: "Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno".43Gli rispose: "In verità ti dico, oggi sarai con me nel paradiso".
44Era verso mezzogiorno, quando il sole si eclissò e si fece buio su tutta la terra fino alle tre del pomeriggio.45Il velo del tempio si squarciò nel mezzo.46Gesù, gridando a gran voce, disse: "Padre, 'nelle tue mani consegno il mio spirito'". Detto questo spirò.
47Visto ciò che era accaduto, il centurione glorificava Dio: "Veramente quest'uomo era giusto".48Anche tutte le folle che erano accorse a questo spettacolo, ripensando a quanto era accaduto, se ne tornavano percuotendosi il petto.49Tutti i suoi conoscenti assistevano da lontano e così le donne che lo avevano seguito fin dalla Galilea, osservando questi avvenimenti.
50C'era un uomo di nome Giuseppe, membro del sinedrio, persona buona e giusta.51Non aveva aderito alla decisione e all'operato degli altri. Egli era di Arimatéa, una città dei Giudei, e aspettava il regno di Dio.52Si presentò a Pilato e chiese il corpo di Gesù.53Lo calò dalla croce, lo avvolse in un lenzuolo e lo depose in una tomba scavata nella roccia, nella quale nessuno era stato ancora deposto.54Era il giorno della parascève e già splendevano le luci del sabato.55Le donne che erano venute con Gesù dalla Galilea seguivano Giuseppe; esse osservarono la tomba e come era stato deposto il corpo di Gesù,56poi tornarono indietro e prepararono aromi e oli profumati. Il giorno di sabato osservarono il riposo secondo il comandamento.
Primo libro dei Re 1
1Il re Davide era vecchio e avanzato negli anni e, sebbene lo coprissero, non riusciva a riscaldarsi.2I suoi ministri gli suggerirono: "Si cerchi per il re nostro signore una vergine giovinetta, che assista il re e lo curi e dorma con lui; così il re nostro signore si riscalderà".3Si cercò in tutto il territorio d'Israele una giovane bella e si trovò Abisag da Sunem e la condussero al re.4La giovane era molto bella; essa curava il re e lo serviva, ma il re non si unì a lei.
5Ma Adonia, figlio di Agghìt, insuperbito, diceva: "Sarò io il re". Si procurò carri, cavalli e cinquanta uomini che lo precedessero.6Il re suo padre, per non affliggerlo, non gli disse mai: "Perché ti comporti in questo modo?". Adonia era molto bello; sua madre l'aveva partorito dopo Assalonne.7Si accordò con Ioab, figlio di Zeruià, e con il sacerdote Ebiatàr, che stavano dalla sua parte.8Invece il sacerdote Zadòk, Benaià figlio di Ioiadà, il profeta Natan, Simei, Rei e il nerbo delle milizie di Davide non si schierarono con Adonia.9Adonia un giorno immolò pecore e buoi e vitelli grassi sulla pietra Zochelet, che è vicina alla fonte di Roghèl. Invitò tutti i suoi fratelli, figli del re, e tutti gli uomini di Giuda al servizio del re.10Ma non invitò il profeta Natan, né Benaià, né i più valorosi soldati e neppure Salomone suo fratello.
11Allora Natan disse a Betsabea, madre di Salomone: "Non hai sentito che Adonia, figlio di Agghìt, si è fatto re e Davide nostro signore non lo sa neppure?12Ebbene, ti do un consiglio, perché tu salvi la tua vita e quella del tuo figlio Salomone.13Va', presentati al re Davide e digli: Re mio signore, non hai forse giurato alla tua schiava che Salomone tuo figlio avrebbe regnato dopo di te, sedendo sul tuo trono? Perché si è fatto re Adonia?14Ecco, mentre tu starai ancora lì a parlare al re, io ti seguirò e confermerò le tue parole".
15Betsabea si presentò nella camera del re, che era molto vecchio, e Abisag la Sunammita lo serviva.16Betsabea si inginocchiò e si prostrò davanti al re, che le domandò: "Che hai?".17Essa gli rispose: "Signore, tu hai giurato alla tua schiava per il Signore tuo Dio che Salomone tuo figlio avrebbe regnato dopo di te, sedendo sul tuo trono.18Ora invece Adonia è divenuto re e tu, re mio signore, non lo sai neppure.19Ha immolato molti buoi, vitelli grassi e pecore, ha invitato tutti i figli del re, il sacerdote Ebiatàr e Ioab capo dell'esercito, ma non ha invitato Salomone tuo servitore.20Re mio signore, gli occhi di tutto Israele sono su di te, perché annunzi loro chi siederà sul trono del re mio signore dopo di lui.21Quando il re mio signore si sarà addormentato con i suoi padri, io e mio figlio Salomone saremo trattati da colpevoli".
22Mentre Betsabea ancora parlava con il re, arrivò il profeta Natan.23Fu annunziato al re: "Ecco c'è il profeta Natan". Questi si presentò al re, davanti al quale si prostrò con la faccia a terra.24Natan disse: "Re mio signore, tu forse hai decretato: Adonia regnerà dopo di me e siederà sul mio trono?25Difatti oggi egli è andato ad immolare molti buoi, vitelli grassi e pecore e ha invitato tutti i figli del re, i capi dell'esercito e il sacerdote Ebiatàr. Costoro mangiano e bevono con lui e gridano: Viva il re Adonia!26Ma non ha invitato me tuo servitore, né il sacerdote Zadòk, né Benaià figlio di Ioiadà, né Salomone tuo servitore.27Proprio il re mio signore ha ordinato ciò? Perché non hai indicato ai tuoi ministri chi siederà sul trono del re mio signore?".
28Il re Davide, presa la parola, disse: "Chiamatemi Betsabea!". Costei si presentò al re e, restando essa alla sua presenza,29il re giurò: "Per la vita del Signore che mi ha liberato da ogni angoscia!30Come ti ho giurato per il Signore, Dio di Israele, che Salomone tuo figlio avrebbe regnato dopo di me, sedendo sul mio trono al mio posto, così farò oggi".31Betsabea si inginocchiò con la faccia a terra, si prostrò davanti al re dicendo: "Viva il mio signore, il re Davide, per sempre!".32Il re Davide fece chiamare il sacerdote Zadòk, il profeta Natan e Benaià figlio di Ioiadà. Costoro si presentarono al re,33che disse loro: "Prendete con voi la guardia del vostro signore: fate montare Salomone sulla mia mula e fatelo scendere a Ghicon.34Ivi il sacerdote Zadòk e il profeta Natan lo ungano re d'Israele. Voi suonerete la tromba e griderete: Viva il re Salomone!35Quindi risalirete dietro a lui, che verrà a sedere sul mio trono e regnerà al mio posto. Poiché io ho designato lui a divenire capo d'Israele e di Giuda".36Benaià figlio di Ioiadà rispose al re: "Così sia! Anche il Signore, Dio del re mio signore, decida allo stesso modo!37Come il Signore ha assistito il re mio signore, così assista Salomone e renda il suo trono più splendido di quello del re Davide mio signore".
38Scesero il sacerdote Zadòk, il profeta Natan e Benaià figlio di Ioiadà, insieme con i Cretei e con i Peletei; fecero montare Salomone sulla mula del re Davide e lo condussero a Ghicon.39Il sacerdote Zadòk prese il corno dell'olio dalla tenda e unse Salomone al suono della tromba. Tutti i presenti gridarono: "Viva il re Salomone!".40Risalirono tutti dietro a lui, suonando i flauti e mostrando una grandissima gioia e i luoghi rimbombavano delle loro acclamazioni.
41Li sentirono Adonia e i suoi invitati, che avevano appena finito di mangiare. Ioab, udito il suono della tromba, chiese: "Che cos'è questo frastuono nella città in tumulto?".42Mentre parlava ecco giungere Giònata figlio del sacerdote Ebiatàr, al quale Adonia disse: "Vieni! Tu sei un valoroso e rechi certo buone notizie!".43"No - rispose Giònata ad Adonia - il re Davide nostro signore ha nominato re Salomone44e ha mandato con lui il sacerdote Zadòk, il profeta Natan e Benaià figlio di Ioiadà, insieme con i Cretei e con i Peletei che l'hanno fatto montare sulla mula del re.45Il sacerdote Zadòk e il profeta Natan l'hanno unto re in Ghicon; quindi sono risaliti esultanti, mentre la città echeggiava di grida. Questo il motivo del frastuono da voi udito.46Anzi Salomone si è già seduto sul trono del regno47e i ministri del re sono andati a felicitarsi con il re Davide dicendo: Il tuo Dio renda il nome di Salomone più celebre del tuo e renda il suo trono più splendido del tuo! Il re si è prostrato sul letto,48poi ha detto: Sia benedetto il Signore, Dio di Israele, perché oggi ha concesso che uno sedesse sul mio trono e i miei occhi lo vedessero".
49Tutti gli invitati di Adonia allora spaventati si alzarono e se ne andarono ognuno per la sua strada.50Adonia, che temeva Salomone, alzatosi andò ad aggrapparsi ai corni dell'altare.51Fu riferito a Salomone: "Sappi che Adonia, avendo paura del re Salomone, ha afferrato i corni dell'altare dicendo: Mi giuri oggi il re Salomone che non farà morire di spada il suo servitore".52Salomone disse: "Se si comporterà da uomo leale, neppure un suo capello cadrà a terra; ma se cadrà in qualche fallo, morirà".53Il re Salomone ordinò che lo facessero scendere dall'altare; quegli andò a prostrarsi davanti al re Salomone, che gli disse: "Vattene a casa!".
Proverbi 10
1Proverbi di Salomone.
Il figlio saggio rende lieto il padre;
il figlio stolto contrista la madre.
2Non giovano i tesori male acquistati,
mentre la giustizia libera dalla morte.
3Il Signore non lascia patir la fame al giusto,
ma delude la cupidigia degli empi.
4La mano pigra fa impoverire,
la mano operosa arricchisce.
5Chi raccoglie d'estate è previdente;
chi dorme al tempo della mietitura si disonora.
6Le benedizioni del Signore sul capo del giusto,
la bocca degli empi nasconde il sopruso.
7La memoria del giusto è in benedizione,
il nome degli empi svanisce.
8L'assennato accetta i comandi,
il linguacciuto va in rovina.
9Chi cammina nell'integrità va sicuro,
chi rende tortuose le sue vie sarà scoperto.
10Chi chiude un occhio causa dolore,
chi riprende a viso aperto procura pace.
11Fonte di vita è la bocca del giusto,
la bocca degli empi nasconde violenza.
12L'odio suscita litigi,
l'amore ricopre ogni colpa.
13Sulle labbra dell'assennato si trova la sapienza,
per la schiena di chi è privo di senno il bastone.
14I saggi fanno tesoro della scienza,
ma la bocca dello stolto è un pericolo imminente.
15I beni del ricco sono la sua roccaforte,
la rovina dei poveri è la loro miseria.
16Il salario del giusto serve per la vita,
il guadagno dell'empio è per i vizi.
17È sulla via della vita chi osserva la disciplina,
chi trascura la correzione si smarrisce.
18Placano l'odio le labbra sincere,
chi diffonde la calunnia è uno stolto.
19Nel molto parlare non manca la colpa,
chi frena le labbra è prudente.
20Argento pregiato è la lingua del giusto,
il cuore degli empi vale ben poco.
21Le labbra del giusto nutriscono molti,
gli stolti muoiono in miseria.
22La benedizione del Signore arricchisce,
non le aggiunge nulla la fatica.
23È un divertimento per lo stolto compiere il male,
come il coltivar la sapienza per l'uomo prudente.
24Al malvagio sopraggiunge il male che teme,
il desiderio dei giusti invece è soddisfatto.
25Al passaggio della bufera l'empio cessa di essere,
ma il giusto resterà saldo per sempre.
26Come l'aceto ai denti e il fumo agli occhi
così è il pigro per chi gli affida una missione.
27Il timore del Signore prolunga i giorni,
ma gli anni dei malvagi sono accorciati.
28L'attesa dei giusti finirà in gioia,
ma la speranza degli empi svanirà.
29La via del Signore è una fortezza per l'uomo retto,
mentre è una rovina per i malfattori.
30Il giusto non vacillerà mai,
ma gli empi non dureranno sulla terra.
31La bocca del giusto esprime la sapienza,
la lingua perversa sarà tagliata.
32Le labbra del giusto stillano benevolenza,
la bocca degli empi perversità.
Salmi 63
1'Salmo. Di Davide, quando dimorava nel deserto di Giuda.'
2O Dio, tu sei il mio Dio, all'aurora ti cerco,
di te ha sete l'anima mia,
a te anela la mia carne,
come terra deserta,
arida, senz'acqua.
3Così nel santuario ti ho cercato,
per contemplare la tua potenza e la tua gloria.
4Poiché la tua grazia vale più della vita,
le mie labbra diranno la tua lode.
5Così ti benedirò finché io viva,
nel tuo nome alzerò le mie mani.
6Mi sazierò come a lauto convito,
e con voci di gioia ti loderà la mia bocca.
7Quando nel mio giaciglio di te mi ricordo
e penso a te nelle veglie notturne,
8a te che sei stato il mio aiuto,
esulto di gioia all'ombra delle tue ali.
9A te si stringe l'anima mia
e la forza della tua destra mi sostiene.
10Ma quelli che attentano alla mia vita
scenderanno nel profondo della terra,
11saranno dati in potere alla spada,
diverranno preda di sciacalli.
12Il re gioirà in Dio,
si glorierà chi giura per lui,
perché ai mentitori verrà chiusa la bocca.
Daniele 7
1Nel primo anno di Baldassàr re di Babilonia, Daniele, mentre era a letto, ebbe un sogno e visioni nella sua mente. Egli scrisse il sogno e ne fece la relazione che dice:
2Io, Daniele, guardavo nella mia visione notturna ed ecco, i quattro venti del cielo si abbattevano impetuosamente sul Mar Mediterraneo3e quattro grandi bestie, differenti l'una dall'altra, salivano dal mare.4La prima era simile ad un leone e aveva ali di aquila. Mentre io stavo guardando, le furono tolte le ali e fu sollevata da terra e fatta stare su due piedi come un uomo e le fu dato un cuore d'uomo.
5Poi ecco una seconda bestia, simile ad un orso, la quale stava alzata da un lato e aveva tre costole in bocca, fra i denti, e le fu detto: "Su, divora molta carne".
6Mentre stavo guardando, eccone un'altra simile a un leopardo, la quale aveva quattro ali d'uccello sul dorso; quella bestia aveva quattro teste e le fu dato il dominio.
7Stavo ancora guardando nelle visioni notturne ed ecco una quarta bestia, spaventosa, terribile, d'una forza eccezionale, con denti di ferro; divorava, stritolava e il rimanente se lo metteva sotto i piedi e lo calpestava: era diversa da tutte le altre bestie precedenti e aveva dieci corna.
8Stavo osservando queste corna, quand'ecco spuntare in mezzo a quelle un altro corno più piccolo, davanti al quale tre delle prime corna furono divelte: vidi che quel corno aveva occhi simili a quelli di un uomo e una bocca che parlava con alterigia.
9Io continuavo a guardare,
quand'ecco furono collocati troni
e un vegliardo si assise.
La sua veste era candida come la neve
e i capelli del suo capo erano candidi come la lana;
il suo trono era come vampe di fuoco
con le ruote come fuoco ardente.
10Un fiume di fuoco scendeva dinanzi a lui,
mille migliaia lo servivano
e diecimila miriadi lo assistevano.
La corte sedette e i libri furono aperti.
11Continuai a guardare a causa delle parole superbe che quel corno proferiva, e vidi che la bestia fu uccisa e il suo corpo distrutto e gettato a bruciare sul fuoco.
12Alle altre bestie fu tolto il potere e fu loro concesso di prolungare la vita fino a un termine stabilito di tempo.
13Guardando ancora nelle visioni notturne,
ecco apparire, sulle nubi del cielo,
uno, simile ad un figlio di uomo;
giunse fino al vegliardo e fu presentato a lui,
14che gli diede potere, gloria e regno;
tutti i popoli, nazioni e lingue lo servivano;
il suo potere è un potere eterno,
che non tramonta mai, e il suo regno è tale
che non sarà mai distrutto.
15Io, Daniele, mi sentii venir meno le forze, tanto le visioni della mia mente mi avevano turbato;16 mi accostai ad uno dei vicini e gli domandai il vero significato di tutte queste cose ed egli me ne diede questa spiegazione:17"Le quattro grandi bestie rappresentano quattro re, che sorgeranno dalla terra;18ma i santi dell'Altissimo riceveranno il regno e lo possederanno per secoli e secoli".
19Volli poi sapere la verità intorno alla quarta bestia, che era diversa da tutte le altre e molto terribile, che aveva denti di ferro e artigli di bronzo e che mangiava e stritolava e il rimanente se lo metteva sotto i piedi e lo calpestava;20intorno alle dieci corna che aveva sulla testa e intorno a quell'ultimo corno che era spuntato e davanti al quale erano cadute tre corna e del perché quel corno aveva occhi e una bocca che parlava con alterigia e appariva maggiore delle altre corna.21Io intanto stavo guardando e quel corno muoveva guerra ai santi e li vinceva,22finché venne il vegliardo e fu resa giustizia ai santi dell'Altissimo e giunse il tempo in cui i santi dovevano possedere il regno.
23Egli dunque mi disse: "La quarta bestia significa che ci sarà sulla terra un quarto regno diverso da tutti gli altri e divorerà tutta la terra, la stritolerà e la calpesterà.
24Le dieci corna significano che dieci re sorgeranno da quel regno e dopo di loro ne seguirà un altro, diverso dai precedenti: abbatterà tre re25e proferirà insulti contro l'Altissimo e distruggerà i santi dell'Altissimo; penserà di mutare i tempi e la legge; i santi gli saranno dati in mano per un tempo, più tempi e la metà di un tempo.26Si terrà poi il giudizio e gli sarà tolto il potere, quindi verrà sterminato e distrutto completamente.27Allora il regno, il potere e la grandezza di tutti i regni che sono sotto il cielo saranno dati al popolo dei santi dell'Altissimo, il cui regno sarà eterno e tutti gli imperi lo serviranno e obbediranno".
28Qui finisce la relazione. Io, Daniele, rimasi molto turbato nei pensieri, il colore del mio volto si cambiò e conservai tutto questo nel cuore.
Apocalisse 2
1All'angelo della Chiesa di Èfeso scrivi:
Così parla Colui che tiene le sette stelle nella sua destra e cammina in mezzo ai sette candelabri d'oro:2Conosco le tue opere, la tua fatica e la tua costanza, per cui non puoi sopportare i cattivi; li hai messi alla prova - quelli che si dicono apostoli e non lo sono - e li hai trovati bugiardi.3Sei costante e hai molto sopportato per il mio nome, senza stancarti.4Ho però da rimproverarti che hai abbandonato il tuo amore di prima.5Ricorda dunque da dove sei caduto, ravvediti e compi le opere di prima. Se non ti ravvederai, verrò da te e rimuoverò il tuo candelabro dal suo posto.6Tuttavia hai questo di buono, che detesti le opere dei Nicolaìti, che anch'io detesto.
7Chi ha orecchi, ascolti ciò che lo Spirito dice alle Chiese: Al vincitore darò da mangiare dell'albero della vita, che sta nel paradiso di Dio.
8All'angelo della Chiesa di Smirne scrivi:
Così parla il Primo e l'Ultimo, che era morto ed è tornato alla vita:9Conosco la tua tribolazione, la tua povertà - tuttavia sei ricco - e la calunnia da parte di quelli che si proclamano Giudei e non lo sono, ma appartengono alla sinagoga di satana.10Non temere ciò che stai per soffrire: ecco, il diavolo sta per gettare alcuni di voi in carcere, per mettervi alla prova e avrete una tribolazione per dieci giorni. Sii fedele fino alla morte e ti darò la corona della vita.
11Chi ha orecchi, ascolti ciò che lo Spirito dice alle Chiese: Il vincitore non sarà colpito dalla seconda morte.
12All'angelo della Chiesa di Pèrgamo scrivi:
Così parla Colui che ha la spada affilata a due tagli:13So che abiti dove satana ha il suo trono; tuttavia tu tieni saldo il mio nome e non hai rinnegato la mia fede neppure al tempo in cui Antìpa, il mio fedele testimone, fu messo a morte nella vostra città, dimora di satana.14Ma ho da rimproverarti alcune cose: hai presso di te seguaci della dottrina di Balaàm, il quale insegnava a Balak a provocare la caduta dei figli d'Israele, spingendoli a mangiare carni immolate agli idoli e ad abbandonarsi alla fornicazione.15Così pure hai di quelli che seguono la dottrina dei Nicolaìti.16Ravvediti dunque; altrimenti verrò presto da te e combatterò contro di loro con la spada della mia bocca.
17Chi ha orecchi, ascolti ciò che lo Spirito dice alle Chiese: Al vincitore darò la manna nascosta e una pietruzza bianca sulla quale sta scritto un nome nuovo, che nessuno conosce all'infuori di chi la riceve.
18All'angelo della Chiesa di Tiàtira scrivi:
Così parla il Figlio di Dio, Colui che ha 'gli occhi' fiammeggianti come 'fuoco e i piedi simili a bronzo splendente'.19Conosco le tue opere, la carità, la fede, il servizio e la costanza e so che le tue ultime opere sono migliori delle prime.20Ma ho da rimproverarti che lasci fare a Iezabèle, la donna che si spaccia per profetessa e insegna e seduce i miei servi inducendoli a darsi alla fornicazione e a mangiare carni immolate agli idoli.21Io le ho dato tempo per ravvedersi, ma essa non si vuol ravvedere dalla sua dissolutezza.22Ebbene, io getterò lei in un letto di dolore e coloro che commettono adulterio con lei in una grande tribolazione, se non si ravvederanno dalle opere che ha loro insegnato.23Colpirò a morte i suoi figli e tutte le Chiese sapranno che io sono Colui che scruta gli affetti e i pensieri degli uomini, e darò a ciascuno di voi secondo le proprie opere.24A voi di Tiàtira invece che non seguite questa dottrina, che non avete conosciuto le profondità di satana - come le chiamano - non imporrò altri pesi;25ma quello che possedete tenetelo saldo fino al mio ritorno.26Al vincitore che persevera sino alla fine nelle mie opere,
darò autorità sopra 'le nazioni;'
27'le pascolerà con bastone di ferro
e le frantumerà come vasi di terracotta',
28con la stessa autorità che a me fu data dal Padre mio e darò a lui la stella del mattino.29Chi ha orecchi, ascolti ciò che lo Spirito dice alle Chiese.
Capitolo XVIII: Gli esempi dei grandi padri santi
Leggilo nella Biblioteca1. Guarda ai luminosi esempi dei grandi santi padri, nei quali rifulse una pietà veramente perfetta e vedrai come sia ben poco, e quasi nulla, quello che facciamo noi. Ahimé!, che cosa è la nostra vita, paragonata alla vita di quei santi? Veramente santi, e amici di Cristo, costoro servirono il Signore nella fame e nella sete; nel freddo, senza avere di che coprirsi; nel faticoso lavoro; nelle veglie e nei digiuni; nelle preghiere e nelle pie meditazioni; spesso nelle ingiurie e nelle persecuzioni. Quante tribolazioni, e quanto gravi, hanno patito gli apostoli, i martiri, i testimoni della fede, le vergini e tutti gli altri che vollero seguire le orme di Cristo; essi infatti, ebbero in odio se stessi in questo mondo, per possedere le loro anime nella vita eterna. Quale vita rigorosa, e piena di rinunce, vissero questi grandi padri nel deserto; quante lunghe e gravi tentazioni ebbero a sopportare; quanto spesso furono tormentati dal diavolo; quante ripetute e fervide preghiere offrirono a Dio; quali dure astinenze seppero sopportare. Come furono grandi l'ardore e il fervore con i quali mirarono al loro progresso spirituale; come fu coraggiosa la battaglia che essi fecero per vincere i loro vizi; come fu piena e retta la loro intenzione, che essi tennero sempre volta a Dio! Lavoravano per tutta la giornata, e la notte la passavano in continua preghiera; ma neppure durante il lavoro veniva mai meno in loro l'orazione interiore. Tutto il loro tempo era impiegato utilmente; e a loro sembrava troppo corta ogni ora dedicata a Dio; ancora, per la grande soavità della contemplazione, dimenticavano persino la necessità di rifocillare il corpo. Rinunciavano a tutte le ricchezze, alle cariche, agli onori, alle amicizie e alle parentele; nulla volevano avere delle cose del mondo; mangiavano appena quanto era necessario alla vita e si lamentavano quando si dovevano sottomettere a necessità materiali.
2. Erano poveri di cose terrene, molto ricchi invece di grazia e di virtù; esteriormente miserabili, ricompensati però interiormente dalla grazia e dalla consolazione divina; lontani dal mondo, ma vicini a Dio, amici intimi di Dio,; si ritenevano un nulla ed erano disprezzati dagli uomini, ma erano preziosi e cari agli occhi di Dio. Stavano in sincera umiltà, vivevano in schietta obbedienza; camminavano in amore e sapienza: per questo progredivano spiritualmente ogni giorno, e ottenevano tanta grazia presso Dio. Essi sono offerti come esempio per tutti coloro che si sono dati alla vita religiosa; essi ci devono indurre all'avanzamento nel bene, più che non ci induca al rilassamento la schiera delle persone poco fervorose.
3. Quanto fu grande l'ardore di questi uomini di Dio, quando diedero inizio alle loro istituzioni. Quale devozione nella preghiera, quale slancio nella vita, quale rigore in esso vigoreggiò; quanto rispetto e quanta docilità sotto la regola del maestro fiorì in tutti loro. Restano ancora certi ruderi abbandonati, ad attestare che furono veramente uomini santi e perfetti, costoro, che con una strenua lotta, schiacciarono il mondo. Oggi, invece, già uno è ritenuto buono se non tradisce la fede; se riesce a sopportare con pazienza quel che gli tocca. Tale è la nostra attuale condizione di negligente tiepidezza, che ben presto cadiamo nel fervore iniziale; pigri e stanchi, già ci viene a noia la vita. Voglia il cielo che in te non si vada spegnendo del tutto l'avanzamento nelle virtù; in te che frequentemente hai avuto sotto gli occhi gli esempi dei santi.
DISCORSO 241 NEI GIORNI DI PASQUA SULLA RISURREZIONE DEI CORPI, CONTRO I PAGANI
Discorsi - Sant'Agostino
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Conoscenza naturale di Dio.
1. Una verità di fede propria dei cristiani è la resurrezione dei morti. Di tale verità, cioè della resurrezione dei morti, Cristo nostro capo ci ha dato in se stesso la prova, fornendo anche alla nostra fede un modello, di modo che le membra debbono sperare per se stesse, ciò ' che in antecedenza è avvenuto nel capo. Ieri vi parlavamo dei sapienti del paganesimo - coloro che vengono chiamati filosofi - e in particolare di coloro che sono stati i più qualificati. Vi sottolineavamo com'essi, scrutando la natura, attraverso le opere del creato sono pervenuti alla conoscenza dell'Artefice. Non avevano ascoltato i Profeti, non avevano ricevuto la Legge divina, ma Dio, pur rimanendo in silenzio, parlava in certo qual modo alla loro mente attraverso le opere che aveva cosparse nel mondo, e la stessa bellezza dell'universo costituiva per loro un richiamo a ricercare l'Artefice delle cose. Non potevano infatti accettare l'ipotesi che il cielo e la terra ci fossero senza uno che li avesse fatti. Di costoro così parla il beato apostolo Paolo: L'ira di Dio - dice - si palesa dal cielo contro ogni empietà. Che significa? Contro ogni empietà? L'ira di Dio si palesa dal cielo non solo contro i Giudei, che ricevettero la legge e si ribellarono all'Autore della legge, ma anche contro ogni empietà del mondo pagano. E affinché nessuno sussumesse: Ma perché questo, dal momento che costoro non hanno ricevuto la legge? prosegue affermando: E contro ogni ingiustizia di coloro che tengono la verità asservita all'iniquità. Provati a ribattere: Ma qual è questa verità? Si tratta infatti di gente che non ha ricevuto la legge né ascoltato i Profeti. Ascolta qual è questa verità. Dice: Poiché quel che di Dio è conoscibile è stato loro manifestato. In che maniera manifestato? Ascolta ancora: Dio l'ha loro manifestato. E se vuoi sapere ancora in qual maniera lo abbia loro manifestato, dal momento che una legge non l'ha loro data, ascolta come: In effetti, a cominciare dalla creazione del mondo, le cose invisibili di lui si comprendono mediante la penetrazione delle cose create. Le cose invisibili di lui, cioè quanto in Dio c'è d'invisibile; a cominciare dalla creazione del mondo, cioè da quando egli formò il mondo; si comprendono mediante la penetrazione delle cose create, cioè: le cose invisibili vengono comprese attraverso la penetrazione delle altre. Non esclusa l'eterna - riferisco ancora le parole dell'Apostolo e le ricollego alle precedenti -, non esclusa l'eterna sua potenza e maestà. Sottintendi: Vengono comprese attraverso tale penetrazione. Affinché non possano avanzare scuse. E perché non lo possono? Perché avendo conosciuto Dio, non l'hanno glorificato come Dio né l'hanno ringraziato 1. Non dice che non hanno conosciuto Dio, ma: Avendolo conosciuto.
Dalle creature e dal composito umano si risale a Dio.
2. Come l'hanno conosciuto? Attraverso le cose create. Interroga la bellezza della terra, del mare, dell'aria rarefatta e dovunque espansa; interroga la bellezza del cielo e l'ordine delle stelle; interroga il sole che col suo splendore illumina il giorno e la luna che con la sua luce attenua l'oscurità della notte che al giorno tien dietro; interroga gli animali che si muovono nell'acqua, che popolano la terra o svolazzano nel cielo: han celata l'anima mentre il corpo è visibile; è visibile ciò che ha bisogno d'esser retto, è invisibile ciò che lo regge. Interroga tutte queste cose. Esse ti risponderanno: Guardaci pure e osserva come siamo belle. La loro bellezza è come un loro inno di lode. Ora, queste creature, così belle ma pur mutevoli, chi le ha fatte se non uno che è bello in modo immutabile? Da ultimo passarono a scrutare l'uomo per poter conoscere, adoperando l'acume della mente, Dio creatore dell'intero universo; e dell'uomo interrogarono (così mi avviavo a dire) il corpo e l'anima. Interrogavano ciò da cui essi stessi risultavano costituiti: il corpo che vedevano e l'anima che non vedevano. Eppure, il loro corpo non l'avrebbero veduto se non in virtù dell'anima. Lo vedevano, sì, con gli occhi, ma colui che guardava attraverso queste finestre stava dentro. E, per finire, osserva come, allontanandosi il padrone che vi abita, la casa crolla; allontanandosi colui che lo teneva in piedi l'uomo cade e, appunto perché cade, lo si chiama cadavere. Nel cadavere gli occhi restano sani, ma per quanto li si apra, non vedono nulla. Restano anche gli orecchi ma è partito chi era in grado di ascoltare. Parimenti è della lingua: resta lo strumento ma se ne è andato il musicista che lo suonava. Ebbene, i filosofi interrogarono questi due elementi, il corpo visibile e l'anima invisibile, e riscontrarono che l'elemento invisibile è più nobile di quello visibile, che cioè l'anima, occulta nell'uomo, è superiore e che il corpo, visibile, è inferiore. Esaminarono questi due elementi, li scrutarono a fondo, discussero sull'uno e sull'altro, e conclusero che quanto compone lo stesso uomo è di natura mutevole. Muta il corpo col succedersi delle età, perché si deteriora, perché ha bisogno di alimenti per ristorarsi, perché viene meno e nella vita e nella morte. Passarono poi a considerare l'anima, che ovviamente riscontrarono superiore e si meravigliarono per il fatto che era invisibile. Tuttavia dovettero concludere che anch'essa è soggetta a mutazioni: ora vuole ora non vuole, ora sa ora non sa, ora ricorda ora dimentica, ora teme ora azzarda, ora avanza verso la sapienza ora si affloscia nella stoltezza. Videro dunque che anche l'anima è mutevole e si spinsero anche al di sopra di lei cercando qualcosa che fosse immutabile.
Stoltezza dell'uomo che adora gli idoli.
3. In tal modo, servendosi delle cose create da Dio, giunsero a conoscere colui che le aveva create. Ma - dice l'Apostolo - non lo glorificarono come Dio né lo ringraziarono. Ma divennero stolti nei loro pensieri e il loro cuore, istupidito, divenne tenebroso. Pur chiamandosi sapienti, divennero insipienti. Attribuendo a sé le cose che avevano ricevuto persero ciò che possedevano. Considerandosi, per così dire, chi sa che cosa, divennero insipienti. E dove arrivarono? Dice: E scambiarono la gloria dell'incorruttibile Dio forgiandosela simile alla figura dell'uomo corruttibile. Si riferisce agli idoli, e, a questo riguardo, era poco dire che si forgiarono idoli somiglianti all'uomo e conformarono l'artefice al risultato del loro lavoro. Era poco questo. E allora che cosa ci aggiunsero? E di uccelli e di quadrupedi e di serpenti 2. Tutti questi animali, muti e privi di ragione, quei grandi sapienti (dico per dire) li presero per loro dèi. Ti rimproveravo perché adoravi il simulacro di un uomo: cosa dovrò farti adesso che ti vedo adorare una statua raffigurante un cane, un serpente, un coccodrillo? Poiché fino a questo punto sono arrivati. Quanto s'erano spinti in alto con le loro ricerche, tanto sono sprofondati in basso allorché sono caduti. Chi infatti precipita da un luogo elevato cola a picco molto più in profondità.
Pazzesche ipotesi sulla sorte dell'anima umana dopo morte.
4. Orbene, costoro - come vi ricordavo ieri - si misero a ricercare sulla sorte dell'uomo nel mondo avvenire, cioè terminata la vita presente. Fecero le loro ricerche da uomini, ma, essendo uomini, come avrebbero potuto conoscere [la verità]? Non avendo la rivelazione divina, non avendo ascoltato i Profeti, non poterono trovarla, e si contentarono di far delle congetture. E quello che essi riuscirono a ipotizzare ve l'ho riferito ieri. Dicono: le anime dei cattivi, uscite [dal corpo], essendo macchiate da colpe, tornano immediatamente in altri corpi; le anime dei sapienti e dei giusti, invece, uscite dal corpo dopo una vita buona se ne volano al cielo. Va' pure avanti! Mi piace, mi piace! Hai trovato loro un posto: spiccano il volo e arrivano in cielo. Ma lì che fanno? Rispondono: Se ne vanno lì e godono il riposo in compagnia degli dèi. Loro sedi sono le stelle. Non avete trovato un posto malvagio per il loro riposo! Lasciatecele almeno per sempre e non scacciatele via! Tuttavia - sono loro che aggiungono questo - dopo un lungo succedersi di tempi esse dimenticano completamente la miseria di una volta e cominciano a desiderare il ritorno nel corpo. Le assale questa voglia e tornano a soffrire e tollerare daccapo le peripezie della vita presente. Tornano a dimenticarsi di Dio o, magari, a bestemmiarlo; tornano a provare il richiamo dei piaceri del corpo e a lottare contro le passioni disordinate. Ma da dove tornano a sobbarcarsi a queste miserie e con che scopo? Dimmelo! Perché fanno così? Perché hanno dimenticato. Se hanno dimenticato tutti i mali dimentichino anche i piaceri carnali! Questo solo, per loro disavventura, ricordano, cioè quello che le ha rovinate... E tornano: ma perché? Perché trovano piacevole abitare in un corpo come prima. Come provano un tal piacere se non perché ricordano che un tempo hanno abitato nel corpo? Togli via ogni ricordo, e forse otterrai che rimane la sapienza. Non rimanga null'altro che possa richiamare indietro.
Continua la polemica sullo stesso tema.
5. Un autore celebre fra loro rimase inorridito quando negli inferi un padre si fece vedere dal suo figlio o, meglio, quando lui stesso fingeva una tale apparizione. Quasi tutti conoscete il fatto; o magari foste in pochi a conoscerlo! Ma, se è vero che pochi lo conoscete dai libri, molti lo sapete attraverso le rappresentazioni teatrali. Enea scese negli inferi e suo padre gli presentò le anime di romani famosi che si sarebbero incarnate. Enea rimase esterrefatto ed esclamò:
O padre, creder debbo che alcune anime eccelse.
da qui se ne vanno in cielo e ai lenti corpi
fanno ancor ritorno?
Voleva dire: è proprio da credersi che vanno in cielo e di nuovo fan ritorno?
Tristi! Un desio sì folle hanno del sole? 3
Il figlio capiva le cose più a fondo di quel che il padre potesse spiegare. Egli disapprovava il desiderio di quelle anime che volevano tornare di nuovo ad abitare nel corpo. Chiama folle quel desiderio e sventurate quelle anime anche se non si vergogna di loro. Ebbene, questo sarebbe il vertice a cui voi, filosofi, siete giunti: supporre che le anime riescano a purificarsi fino a conseguire una purezza somma, ma poi, a causa di questa stessa purezza, dimentichino tutte le esperienze fatte e per tale dimenticanza ritornino alle miserie di quand'erano nel corpo! Ditemi, vi prego: Se tali cose fossero vere non sarebbe meglio ignorarle? Anche se fossero vere, dico, essendo luride, sono senz'altro false, non sarebbe meglio ignorarle? O pretendi forse dirmi: Se non saprai queste cose non sarai un filosofo? Ma perché dovrei saperle? Potrei forse essere adesso migliore di quando sarò in cielo? Se in cielo, quando sarò più saggio e più perfetto, dimenticherò tutte le cose imparate quaggiù e il non saperle sarà per me raggiungere una condizione migliore, lascia che le ignori fin da adesso. Dici che chi abita in cielo dimentica tutto: ebbene, lasciami ignorare tutte queste cose ora che sono sulla terra. Alla fine delle fini dimmi, per favore: Queste anime, quando si trovano nel cielo, sanno o non sanno che dovranno sperimentare di bel nuovo le miserie della vita presente? Scegli quel che preferisci. Se sono al corrente delle miserie così grandi che dovranno subire, al solo pensiero che un giorno dovranno essere in tali miserie, come possono essere beate? Come possono essere beate se manca loro la sicurezza? Prevedo quindi la risposta che sceglierai: mi dirai che sono nell'ignoranza. Celebri dunque l'ignoranza come prerogativa del cielo mentre non tolleri che l'abbia io cittadino della terra; e a me, che sono sulla terra, vuoi insegnare quello che, stando alle tue parole, non conoscerò quando mi troverò in cielo. Dici: Non lo sanno. Se non lo sanno e nemmeno pensano che avranno da tribolare, sono beate perché preda dell'errore. Pensano infatti di non dover subire quei mali che di fatto subiranno: e pensare il falso che cos'è se non commettere un errore? Saranno quindi felici in base a un errore; saranno beate non per l'eternità ma per la falsità... Oh, ci liberi la Verità, affinché possiamo essere veramente beati! Non è infatti priva di senso la parola del Redentore: Se il Figlio vi libererà, allora sarete liberi per davvero 4. Del resto egli aveva anche detto: Se rimarrete nella mia parola, sarete veramente miei discepoli, e conoscerete la verità, e la verità vi renderà liberi 5.
Certe conclusioni dei filosofi sono ridicole.
6. Ascoltate ora un errore più grossolano: un errore che dobbiamo compiangere o, piuttosto, irridere. Tu, sapiente, filosofo (per esempio, Pitagora, Platone, Porfirio o chiunque altro fra loro), quaggiù, in questa terra, cosa intendi raggiungere col tuo filosofare? Risponde: La vita beata. E questa vita beata quando l'avrai? Risponde ancora: Quando avrò consegnato questo corpo alla terra. Adesso dunque si conduce una vita piena di miserie, ma si ha almeno la speranza di una vita beata; lassù, dove si vivrà la vita beata, si starà invece nella speranza di tornare alla vita colma di miserie. Vuol dire che la speranza d'essere infelici ci dona la felicità, mentre la speranza della felicità ci rende infelici. Sbarazziamoci una buona volta di tutte queste fandonie; ridiamone perché son false, proviamone dispiacere perché c'è chi le crede conquiste notevoli. Cose di questo genere sono, miei fratelli, grandi pazzie inventate da grandi dotti. Quant'è meglio per noi mantenerci fedeli alle sublimi, anche se occulte, verità insegnateci dai nostri grandi santi! Dicono i filosofi che le anime purificate tornano [in terra] per amore dei corpi: esenti da colpa, divenute sapienti e pure, le anime tornano nel corpo per amore del corpo. Tale è dunque l'amore conseguito da un'anima che ha raggiunto la purificazione? Un amore di questo genere non è una colossale porcheria?
Secondo Porfirio l'anima deve separarsi dal corpo.
7. Occorre rifuggire da ogni sorta di corpo 6. Così sentenziò e scrisse un grande filosofo del paganesimo, cioè Porfirio. Nato più recentemente, quando il Cristianesimo si era già affermato, fu un acerrimo nemico della religione cristiana; tuttavia, vergognandosi e, almeno parzialmente, costretto dai cristiani a rettificare le insensatezze più enormi, disse che occorre rifuggire da ogni corpo. Disse ogni corpo in quanto ogni corpo sarebbe un legame gravoso per l'anima. Pertanto, se in maniera assoluta ogni corpo, comunque esso sia, è da fuggirsi, non troverai alcun adito per presentarmi elogi in fatto di corpo; non potrai certo farmi accettare le lodi che la nostra fede, aderendo all'insegnamento di Dio, tributa al corpo. In effetti è vero che il corpo come lo abbiamo al presente è così fatto che proprio in esso scontiamo la pena del peccato, ed, essendo corpo corruttibile, appesantisce l'anima 7. Tuttavia è anche vero che il corpo, tale qual è, ha una sua bellezza, un'ordinata disposizione delle membra, la pluralità dei sensi qua e là dislocati, la statura eretta, e tutte le altre doti che stupiscono quanti sanno valutarle a dovere. Oltre a tutto questo, esso sarà del tutto incorruttibile, immortale e dotato di agilità per cui gli sarà facilissimo muoversi. Ma Porfirio ribatte: " È inutile che mi decanti il corpo, qualunque esso sia. L'anima, se vuol essere beata, deve rifuggire da qualsiasi corpo". È quel che dicono i filosofi. Ma sono nell'errore, vaneggiano: e lo dimostro subito, senza protrarre all'infinito la discussione. Dico che l'anima, di cui si tessono gli elogi, deve avere chi le stia soggetto. Sono due realtà fra loro interdipendenti, e quella che si elogia e quella che le è soggetta. Al di sopra di tutti gli esseri c'è Dio, e a lui sono sottoposte tutte le creature. Però, anche riguardo all'anima, se merita una qualche considerazione dinanzi a Dio, deve a sua volta avere qualcosa che le sia sottoposto. Ma non voglio polemizzare ancora su questo argomento; mi limiterò a leggervi passi dei vostri libri. Voi asserite che l'intero mondo fisico, cioè il cielo, la terra, i mari con tutti gli esseri giganteschi che vi sono e così fino agli ultimi elementi incommensurabili, tutto è animato. Tutti questi elementi e l'intero corpo che risulta dal loro insieme, voi dite che è una grande realtà animata, avente cioè una sua propria anima, pur non avendo i sensi del corpo, in quanto al di fuori non c'è nulla che sia oggetto della sensorietà. Questo complesso ha però un intelletto ed è in unione con Dio: e la stessa anima del mondo si chiamerebbe Giove o Ecate, e sarebbe lei come un'anima universale che regge il mondo e lo costituisce come una specie di essere vivente. Dello stesso mondo voi dite che è eterno, che durerà per sempre e non avrà fine. Ma se questo mondo è eterno e rimane senza fine e se, per di più, è un mondo animato, ne segue che l'anima così concepita sarà trattenuta per sempre dentro questo mondo. Perché si dovrebbe - in tal caso - fuggire ogni sorta di corpo? E come facevi a dire: Occorre fuggire ogni sorta di corpo? Io piuttosto direi: Beate quelle anime che possederanno per sempre corpi incorruttibili. Tu, che dici: Occorre fuggire da ogni corpo, devi uccidere il mondo. Tu mi imponi di fuggire lontano dalla mia carne: ebbene, fa' sì che il tuo Giove fugga lontano dal cielo e dalla terra!
Confronto fra Porfirio e Platone.
8. E che dire di quanto abbiamo trovato in Platone, maestro di tutti costoro, in un libro da lui scritto e nel quale tratta di problemi cosmologici? Egli presenta Dio nell'atto di costruire gli dèi, di formare cioè le divinità celesti, tutte le stelle, il sole e la luna. Asserisce quindi che Dio è l'artefice degli dèi celesti e che le stelle hanno un'anima intellettuale, con cui comprendono Dio, e quei corpi visibili che noi osserviamo 8. Per farvi intendere dico così: Questo sole visibile voi non lo vedreste se non fosse un corpo; e questo è vero. Nessuna stella voi vedreste, e nemmeno la luna, se non fossero corpi; e ciò dicendo egli è nella verità. In modo analogo dice anche l'Apostolo: Ci sono corpi celesti e ci sono corpi terrestri. E continua: Altro è lo splendore dei corpi celesti e altro quello dei corpi terrestri. Parlando poi dello splendore dei corpi celesti l'Apostolo prosegue dicendo: Altro è lo splendore del sole, altro quello della luna e altro quello delle stelle, poiché ogni stella è, quanto a splendore, diversa dall'altra. Così sarà nella resurrezione dei morti 9. Notate come ai corpi dei santi è promessa una gloria, e una gloria che in ciascuno si diversifica da quella degli altri perché in ciascuno sono diversi i meriti della carità. Ma loro cosa dicono? Che queste stelle visibili sono, certo, dei corpi ma posseggono ciascuno la propria anima intellettiva, e sono divinità 10. Cominciamo con i corpi. È vero quel che dicono quando li ritengono corpi; ma perché polemizzare sul fatto se abbiano o meno ciascuno la propria anima? Veniamo piuttosto al nocciolo della questione. Platone ci descrive lui stesso Dio che interpella gli dèi che ha creati con l'uso di sostanza corporea e sostanza incorporea e, tra l'altro dice loro così: Avendo voi avuto un'origine, non potete essere immortali ed esenti da dissolvimento. A queste parole essi dovevano già mettersi a tremare. Perché? Perché desideravano l'immortalità e rifuggivano dalla morte. Per escludere un tale timore, proseguendo il discorso dice loro: Non sarete dissolti né ci sarà destino mortale che vi annienti. Nulla infatti prevarrà sulla mia decisione, anzi il legame che da parte mia vi garantisce la perpetuità è più grande di tutti gli altri vincoli da cui siete astretti 11. Ecco, Dio rassicura degli dèi da lui stesso fabbricati: dà loro la sicurezza dell'immortalità, la sicurezza che non dovranno abbandonare i globi del loro corpo. È dunque vero che si deve rifuggire da ogni corpo? A mio avviso, una risposta è già stata data, e voi l'avete compresa. Per quanto potevamo parlarvi, per quanto l'orario in cui è stato tenuto il discorso lo consentiva, per quanto eravate in grado di recepire noi abbiamo loro dato la risposta. Quanto poi a quello che essi dicono - e con un certo acume - sulla resurrezione dei corpi (tanto da pensare che a noi manchino risposte adeguate), è un tema troppo ampio per esporvelo oggi. Avendovi una volta promesso che in questi giorni approfondirò nei suoi vari aspetti il problema della resurrezione della carne, preparate - con l'aiuto del Signore - il cuore e gli orecchi ad ascoltare quel che ancora rimane. Ne parleremo domani.
1 - Rm 1, 18-21.
2 - Rm 1, 21-23.
3 - VERG., Aen 6, 719-721.
4 - Gv 8, 36.
5 - Gv 8, 31-32.
6 - PORPHYR., fragm.(ex De regressu animae sec. AUG. in De Civ. Dei 10, 29, 2; 22, 26).
7 - Cf. Sap 9, 15.
8 - PLATO, Tm 38c-40b.
9 - 1 Cor 15, 40-42.
10 - PLATO, Tm 41b.
11 - PLATO, Tm 41b. Cf. AUG. De Civ. Dei 13, 16; 22, 26; Serm. 242, 5. 7.
Supplica dell'autore a Gesù e Maria
Le glorie di Maria - Sant'Alfonso Maria de Liguori
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Mio amatissimo Redentore e Signore Gesù Cristo, io miserabile tuo servo, sapendo il piacere che ti dà chi cerca di glorificare la tua santissima Madre, che tanto ami e tanto desideri di vedere amata e onorata da tutti, ho pensato di dare alla luce questo mio libro, che parla delle sue glorie. Io non so pertanto a chi meglio raccomandarlo che a te, cui tanto preme la gloria di questa Madre. A te dunque lo dedico e raccomando. Gradisci questo mio piccolo omaggio dell'amore che ho per te e per la tua Madre diletta. Proteggilo facendo piovere su chiunque lo leggerà luci di confidenza e fiamme d'amore verso questa Vergine immacolata, in cui hai posto la speranza e il rsfugio di tutti i redenti. E come mercede di questa mia povera fatica dammi, ti prego, quell'amore verso Maria che ho desiderato con questa mia operetta di vedere acceso in tutti coloro che la leggeranno. A te poi mi rivolgo, o mia dolcissima Signora e Madre mia Maria: tu ben sai che dopo Gesù in te ho posto tutta la speranza della mia eterna salvezza; poiché tutto il mio bene, la mia conversione, la mia vocazione a lasciare il mondo, e tutte le altre grazie che ho ricevuto da Dio, tutte riconosco che mi sono state date per mezzo tuo. Tu già sai che per vederti amata da tutti, come tu meriti, e per renderti ancora qualche segno di gratitudine per tanti benefici che mi hai concesso, ho cercato sempre di predicarti dappertutto, in pubblico e in privato, promovendo in tutti la tua dolce e salutare devozione. Io spero di seguitare a farlo sino all'ultimo respiro di vita che mi resta; ma vedo che per l'età avanzata e per la mia logora salute già si va avvicinando la fine del mio pellegrinaggio e la mia entrata nell'eternità. Ho pensato quindi prima di morire di lasciare al mondo questo mio libro, il quale seguiti per me a predicarti e ad animare anche gli altri a pubblicare le tue glorie e la grande pietà che tu usi con i tuoi devoti. Spero, mia carissima Regina, che questo mio povero dono, benché troppo inferiore a quanto meriti, pure sia gradito al tuo gratissimo cuore, poiché è dono tutto d'amore. Stendi dunque quella tua dolcissima mano, con la quale mi hai liberato dal mondo e dall'inferno, ed accettalo e proteggilo come cosa tua. Ma sappi che di questo mio piccolo omaggio io voglio la ricompensa: che da oggi in poi io ti ami più di prima e che chiunque leggerà questa mia operetta resti infiammato del tuo amore, così che subito aumenti in lui il desiderio di amarti e di vederti amata anche dagli altri e s'impegni perciò con tutto l'affetto a predicare e promuovere per quanto può le tue lodi e la confidenza nella tua potentissima intercessione. Amen. Così spero, così sia.
Amantissimo benché umile servo ALFONSO DE LIGUORI DEL SS. REDENTORE
INTRODUZIONE
Lettore mio caro e fratello in Maria, giacché la devozione che ha spinto me a scrivere e ora spinge te a leggere questo libro ci rende ambedue figli felici di questa buona Madre, se mai udissi qualcuno dire che io potevo fare a meno di questa fatica, poiché vi sono già tanti libri dotti e celebri che trattano di questo soggetto, rispondigli, ti prego, con le parole che l'abate Francone lasciò scritte nella Biblioteca dei Padri: che la lode di Maria è una fonte così ampia, inesauribile, che quanto più si dilata tanto più si riempie, e quanto più si riempie tanto più si dilata. Vale a dire che la beata Vergine è così grande e sublime, che quanto più la si loda tanto più resta da lodarla. Scrive perciò sant'Agostino che non basterebbero a lodarla quanto ella merita tutte le lingue degli uomini, anche se tutte le loro membra si mutassero in lingue. Ho esaminato innumerevoli libri che trattano delle glorie di Maria, grandi e piccoli; ma poiché erano o rari o voluminosi o non secondo il mio intento, ho cercato in questo libro di raccogliere in breve da tutti gli autori che ho potuto avere tra le mani le migliori sentenze spirituali dei padri e dei teologi, alfine di dare la possibilità ai devoti, con poca fatica e spesa, d'infiammarsi con la lettura nell'amore di Maria, e specialmente di offrire materia ai sacerdoti per promuovere con le prediche la devozione verso la divina Madre. Gli amanti mondani sono soliti parlare spesso delle persone amate e lodarle, per vedere così il loro amore lodato e applaudito anche dagli altri. Troppo scarso, allora, si deve supporre che sia l'amore di coloro che si proclamano amanti di Maria, ma poco pensano a parlarne e a farla amare anche dagli altri. Non fanno così quelli che amano veramente quest' amabilissima Signora: essi vorrebbero lodarla dappertutto e vederla amata da tutto il mondo. Perciò ogni volta che possono, o in pubblico o in privato, cercano di accendere nel cuore di tutti le beate fiamme da cui si sentono essi stessi accesi d'amore verso la loro santa Regina. Affinché poi ciascuno si persuada quanto sia importante per il bene proprio e per quello dei popoli il promuovere la devozione a Maria, è utile ascoltare quello che ne dicono i dottori. Dice san Bonaventura che quelli che si dedicano a pubblicare le glorie di Maria sono sicuri del paradiso. E lo conferma Riccardo di san Lorenzo dicendo che onorare questa Regina degli angeli è ottenere la vita eterna: «Onorare Maria è procurarsi il tesoro della vita eterna». Poiché la gratissima Signora, aggiunge, s'impegnerà a onorare nell'altra vita chi in questa s'impegna ad onorarla. E chi non sa la promessa fatta da Maria stessa a coloro che si adoperano a farla conoscere e amare su questa terra? « Coloro che mi lodano avranno la vita eterna » (Eccli [= Sir] 24,31 Volg.), le fa dire la santa Chiesa nella festa della sua Immacolata Concezione. « Esulta - diceva san Bonaventura, che con tanto zelo si dedicò a pubblicare le lodi di Maria - esulta, anima mia, e rallegrati in lei, perché molti beni sono preparati per quelli che la lodano». «E poiché tutte le divine Scritture parlano in lode di Maria, procuriamo sempre, con il cuore e con la lingua, di celebrare questa divina Madre, affinché da lei siamo un giorno condotti al regno dei beati». Sappiamo dalle rivelazioni di santa Brigida che il beato vescovo Emingo era solito iniziare le sue prediche con le lodi di Maria. Un giorno la Vergine stessa apparve alla santa e le parlò così: « Dì a quel prelato, che suole cominciare le prediche con le mie lodi, che io voglio essergli madre e che presenterò l'anima sua a Dio e farà una buona morte». E infatti egli morì come un santo, pregando in una pace celestiale. A un altro religioso domenicano, che terminava le sue prediche parlando di Maria, ella apparve in punto di morte, lo difese dai demoni, lo confortò e portò con sé la sua anima felice. Il devoto Tommaso da Kempis ci mostra Maria che raccomanda al Figlio chi pubblica le sue lodi: « Figlio, abbi pietà dell'anima di questo tuo servo che ti ha amato e mi ha lodato». In quanto poi al profitto del popolo, dice sant'Anselmo che, essendo il grembo sacrosanto di Maria la via per salvare i peccatori, non può non avvenire che al ricordo delle sue glorie i peccatori si convertano e si salvino. E se è vera, come io la ritengo, e come proverò nel capitolo V, par. 1 di questo libro, l'affermazione che tutte le grazie vengono dispensate soltanto per mano di Maria e che tutti quelli che si salvano si salvano solamente per mezzo di questa divina Madre, si può dire come necessaria conseguenza che dal predicare Maria e dalla fiducia nella sua intercessione dipende la salvezza di tutti. E così sappiamo che san Bernardino da Siena santificò l'Italia; san Domenico convertì tante province; san Luigi Beltrando in tutte le sue prediche non tralasciava mai di esortare alla devozione a Maria; e così tanti altri. Leggo che il padre Paolo Segneri iuniore, celebre missionario, in tutte le sue missioni faceva sempre una predica sulla devozione a Maria, e chiamava questa predica la sua preferita. E noi nelle nostre missioni, dove abbiamo per regola obbligatoria di non tralasciare mai la predica sulla Madonna, possiamo attestare in verità che generalmente nessuna predica riesce di tanto profitto e compunzione al popolo, quanto questa sulla misericordia di Maria. Sottolineo: sulla misericordia di Maria. Dice infatti san Bernardo che noi lodiamo, si, la sua umiltà, ammiriamo la sua verginità, ma, dato che siamo poveri peccatori, ci attira e piace di più il sentir parlare della sua misericordia: questa caramente abbracciamo, di questa più spesso ci ricordiamo e questa più spesso invochiamo. Perciò in questo mio libretto, lasciando agli altri autori la descrizione delle restanti qualità di Maria, ho parlato per lo più della sua grande pietà e della sua potente intercessione, avendo raccolto, per quanto ho potuto, nel corso di parecchi anni, tutto quello che i santi padri e gli autori più celebri hanno detto della misericordia e della potenza di Maria. E poiché nella bella preghiera della Salve Regina, approvata dalla Chiesa stessa, che ha ordinato al clero regolare e secolare di recitarla per gran parte dell'anno, si trovano descritte a meraviglia la misericordia e la potenza della santissima Vergine, mi sono proposto in primo luogo di illustrare in capitoli distinti questa devotissima orazione. Inoltre ho creduto di far cosa grata ai devoti di Maria aggiungervi [...] un capitolo sulle virtù di questa divina Madre [...]. Caro lettore, se gradirai, come spero, questa mia operetta, ti prego di raccomandarmi alla santa Vergine, affinché mi dia una grande fiducia nella sua protezione. Questa grazia chiedi per me, e questa anch'io ti prometto di chiedere per te, chiunque tu sia che mi fai questa carità. Beato chi si afferra con l'amore e con la fiducia a queste due ancore di salvezza: Gesù e Maria. Certamente non si perderà. Diciamo dunque di cuore, lettore mio, con il devoto Alfonso Rodriguez: « Gesù e Maria, amori miei dolcissimi, patisca io per voi, muoia io per voi, sia tutto vostro e niente mio». Amiamo Gesù e Maria e facciamoci santi: non possiamo pretendere e sperare fortuna maggiore di questa. Addio. Arrivederci un giorno in paradiso, ai piedi di questa dolcissima Madre e di questo amatissimo Figlio, a lodarli, a ringraziarli ed amarli insieme a faccia a faccia per tutta l'eternità. Amen.
Orazione alla beata Vergine per impetrare la buona morte
O Maria, dolce rifugio dei miseri peccatori, quando l'anima mia dovrà lasciare questo mondo, Madre mia dolcissima, per quel dolore che provasti nell'assistere alla morte del Figlio tuo in croce, assistimi allora con la tua misericordia. Allontana da me i nemici dell'inferno, e vieni allora a prendere l'anima mia a presentarla all'eterno Giudice. Regina mia non mi abbandonare. Tu, dopo Gesù, devi essere il mio conforto in quel terribile momento. Prega il Figlio tuo che mi conceda per la sua bontà di morire abbracciato ai tuoi piedi, e di esalare l'anima mia nelle sue sante piaghe, dicendo: « Gesù e Maria, vi dono il cuore e l'anima mia ».
12-114 Ottobre 8, 1919 Effetti della confidenza.
Luisa Piccarreta (Libro di Cielo)
(1) Continuando il mio solito stato di pene e di privazioni, me la passo con Gesù quasi in silenzio, tutta abbandonata in Lui come una piccola bimba. Onde, il mio dolce Gesù, facendosi vedere nel mio interno mi ha detto:
(2) “Figlia mia, la confidenza in Me è la piccola nube di luce, in cui resta l’anima così coinvolta, da farle scomparire tutti i timori, tutti i dubbi, tutte le debolezze, perché la confidenza in Me non solo le forma questa piccola nube di luce che l’involge tutta, ma la nutre di cibi contrari, che hanno la virtù di dissipare tutti i timori, dubbi e debolezze. Difatti, la confidenza in Me dissipa il timore e nutre l’anima di puro amore, scioglie i dubbi e le dà la certezza, toglie la debolezza e le dà la fortezza, anzi la fa tanto ardita con Me, che si attacca alle mie mammelle e succhia, succhia e si nutre, né altro cibo vuole; e se vede che succhiando non le viene nulla, e ciò lo permetto per eccitarla alla più alta confidenza, lei né si stanca né si stacca dal Mio petto, anzi vi succhia più forte, urta la testa al mio petto, ed Io Me la rido e la faccio fare. Sicché l’anima confidente è il mio sorriso ed il mio divertimento, sicché chi confida in Me mi ama, mi stima, mi crede ricco, potente, immenso; invece, chi sconfida non mi ama davvero, mi disonora, mi crede povero, impotente, piccolo, che affronto alla mia bontà”.