Liturgia delle Ore - Letture
Mercoledi della 3° settimana del tempo ordinario
Vangelo secondo Giovanni 14
1"Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me.2Nella casa del Padre mio vi sono molti posti. Se no, ve l'avrei detto. Io vado a prepararvi un posto;3quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, ritornerò e vi prenderò con me, perché siate anche voi dove sono io.4E del luogo dove io vado, voi conoscete la via".
5Gli disse Tommaso: "Signore, non sappiamo dove vai e come possiamo conoscere la via?".6Gli disse Gesù: "Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me.7Se conoscete me, conoscerete anche il Padre: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto".8Gli disse Filippo: "Signore, mostraci il Padre e ci basta".9Gli rispose Gesù: "Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me ha visto il Padre. Come puoi dire: Mostraci il Padre?10Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me; ma il Padre che è con me compie le sue opere.11Credetemi: io sono nel Padre e il Padre è in me; se non altro, credetelo per le opere stesse.
12In verità, in verità vi dico: anche chi crede in me, compirà le opere che io compio e ne farà di più grandi, perché io vado al Padre.13Qualunque cosa chiederete nel nome mio, la farò, perché il Padre sia glorificato nel Figlio.14Se mi chiederete qualche cosa nel mio nome, io la farò.
15Se mi amate, osserverete i miei comandamenti.16Io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Consolatore perché rimanga con voi per sempre,17lo Spirito di verità che il mondo non può ricevere, perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete, perché egli dimora presso di voi e sarà in voi.18Non vi lascerò orfani, ritornerò da voi.19Ancora un poco e il mondo non mi vedrà più; voi invece mi vedrete, perché io vivo e voi vivrete.20In quel giorno voi saprete che io sono nel Padre e voi in me e io in voi.21Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi mi ama. Chi mi ama sarà amato dal Padre mio e anch'io lo amerò e mi manifesterò a lui".
22Gli disse Giuda, non l'Iscariota: "Signore, come è accaduto che devi manifestarti a noi e non al mondo?".23Gli rispose Gesù: "Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui.24Chi non mi ama non osserva le mie parole; la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato.
25Queste cose vi ho detto quando ero ancora tra voi.26Ma il Consolatore, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, egli v'insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto.27Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore.28Avete udito che vi ho detto: Vado e tornerò a voi; se mi amaste, vi rallegrereste che io vado dal Padre, perché il Padre è più grande di me.29Ve l'ho detto adesso, prima che avvenga, perché quando avverrà, voi crediate.30Non parlerò più a lungo con voi, perché viene il principe del mondo; egli non ha nessun potere su di me,31ma bisogna che il mondo sappia che io amo il Padre e faccio quello che il Padre mi ha comandato. Alzatevi, andiamo via di qui".
Numeri 26
1Il Signore disse a Mosè e ad Eleazaro, figlio del sacerdote Aronne:2"Fate il censimento di tutta la comunità degli Israeliti, dall'età di vent'anni in su, secondo i loro casati paterni, di quanti in Israele possono andare in guerra".3Mosè e il sacerdote Eleazaro dissero loro nelle steppe di Moab presso il Giordano di fronte a Gèrico:4"Si faccia il censimento dall'età di vent'anni in su, come il Signore aveva ordinato a Mosè e agli Israeliti, quando uscirono dal paese d'Egitto".
5Ruben primogenito d'Israele. Figli di Ruben: Enoch, da cui discende la famiglia degli Enochiti; Pallu, da cui discende la famiglia dei Palluiti;6Chezron, da cui discende la famiglia degli Chezroniti; Carmi, da cui discende la famiglia dei Carmiti.7Tali sono le famiglie dei Rubeniti: quelli che furono registrati erano quarantatremilasettecentotrenta.8Figli di Pallu: Eliab.9Figli di Eliab: Nemuel, Datan e Abiram. Questi sono quel Datan e quell'Abiram, membri del consiglio, che si ribellarono contro Mosè e contro Aronne con la gente di Core, quando questa si era ribellata contro il Signore;10la terra spalancò la bocca e li inghiottì insieme con Core, quando quella gente perì e il fuoco divorò duecentocinquanta uomini, che servirono d'esempio.11Ma i figli di Core non perirono.
12Figli di Simeone secondo le loro famiglie. Da Nemuel discende la famiglia dei Nemueliti; da Iamin la famiglia degli Iaminiti; da Iachin la famiglia degli Iachiniti; da Zocar la famiglia dei Zocariti;13da Saul la famiglia dei Sauliti.14Tali sono le famiglie dei Simeoniti. Ne furono registrati ventiduemiladuecento.
15Figli di Gad secondo le loro famiglie. Da Sefon discende la famiglia dei Sefoniti; da Agghi la famiglia degli Agghiti; da Suni la famiglia dei Suniti;16da Ozni la famiglia degli Ozniti; da Eri la famiglia degli Eriti;17da Arod la famiglia degli Aroditi; da Areli la famiglia degli Areliti.18Tali sono le famiglie dei figli di Gad. Ne furono registrati quarantamilacinquecento.
19Figli di Giuda: Er e Onan; ma Er e Onan morirono nel paese di Canaan.20Ecco i figli di Giuda secondo le loro famiglie: da Sela discende la famiglia degli Selaniti; da Perez la famiglia dei Pereziti; da Zerach la famiglia degli Zerachiti.21I figli di Perez furono: Chezron da cui discende la famiglia dei Chezroniti; Amul da cui discende la famiglia degli Amuliti.22Tali sono le famiglie di Giuda. Ne furono registrati settantaseimilacinquecento.
23Figli di Issacar secondo le loro famiglie: da Tola discende la famiglia dei Tolaiti; da Puva la famiglia dei Puviti;24da Iasub la famiglia degli Iasubiti; da Simron la famiglia dei Simroniti.25Tali sono le famiglie di Issacar. Ne furono registrati sessantaquattromilatrecento.
26Figli di Zàbulon secondo le loro famiglie: da Sered discende la famiglia dei Serediti; da Elon la famiglia degli Eloniti; da Iacleel la famiglia degli Iacleeliti.27Tali sono le famiglie degli Zabuloniti. Ne furono registrati sessantamilacinquecento.
28Figli di Giuseppe secondo le loro famiglie: Manàsse ed Efraim.29Figli di Manàsse: da Machir discende la famiglia dei Machiriti. Machir generò Gàlaad. Da Gàlaad discende la famiglia dei Galaaditi.30Questi sono i figli di Gàlaad: Iezer da cui discende la famiglia degli Iezeriti; Elek da cui discende la famiglia degli Eleciti;31Asriel da cui discende la famiglia degli Asrieliti; Sichem da cui discende la famiglia dei Sichemiti;32Semida da cui discende la famiglia dei Semiditi; Efer da cui discende la famiglia degli Eferiti.33Ora Zelofcad, figlio di Efer, non ebbe maschi ma soltanto figlie e le figlie di Zelofcad si chiamarono Macla, Noa, Ogla, Milca e Tirza.34Tali sono le famiglie di Manàsse: gli uomini registrati furono cinquantaduemilasettecento.
35Questi sono i figli di Efraim secondo le loro famiglie: da Sutelach discende la famiglia dei Sutelachiti; da Beker la famiglia dei Bekeriti; da Tacan la famiglia dei Tacaniti.36Questi sono i figli di Sutelach: da Erano è discesa la famiglia degli Eraniti.37Tali sono le famiglie dei figli di Efraim. Ne furono registrati trentaduemilacinquecento. Questi sono i figli di Giuseppe secondo le loro famiglie.
38Figli di Beniamino secondo le loro famiglie: da Bela discende la famiglia dei Belaiti; da Asbel la famiglia degli Asbeliti; da Airam la famiglia degli Airamiti;39da Sufam la famiglia degli Sufamiti;40da Ufam la famiglia degli Ufamiti. I figli di Bela furono Ard e Naaman; da Ard discende la famiglia degli Arditi; da Naaman discende la famiglia dei Naamiti.41Tali sono i figli di Beniamino secondo le loro famiglie. Gli uomini registrati furono quarantacinquemilaseicento.
42Questi sono i figli di Dan secondo le loro famiglie: da Suam discende la famiglia dei Suamiti. Sono queste le famiglie di Dan secondo le loro famiglie.43Totale per le famiglie dei Suamiti: ne furono registrati sessantaquattromilaquattrocento.
44Figli di Aser secondo le loro famiglie: da Imna discende la famiglia degli Imniti; da Isvi la famiglia degli Isviti; da Beria la famiglia dei Beriiti.45Dai figli di Beria discendono: da Eber la famiglia degli Eberiti; da Malchiel la famiglia dei Malchieliti.46La figlia di Aser si chiamava Sera.47Tali sono le famiglie dei figli di Aser. Ne furono registrati cinquantatremilaquattrocento.
48Figli di Nèftali secondo le loro famiglie: da Iacseel discende la famiglia degli Iacseeliti; da Guni la famiglia dei Guniti;49da Ieser la famiglia degli Ieseriti; da Sillem la famiglia dei Sillemiti.50Tali sono le famiglie di Nèftali secondo le loro famiglie. Gli uomini registrati furono quarantacinquemilaquattrocento.
51Questi sono gli Israeliti che furono registrati: seicentounmilasettecentotrenta.
52Il Signore disse a Mosè:53"Il paese sarà diviso tra di essi, per essere la loro proprietà, secondo il numero delle persone.54A quelli che sono in maggior numero darai in possesso una porzione maggiore; a quelli che sono in minor numero darai una porzione minore; si darà a ciascuno la sua porzione secondo il censimento.55Ma la ripartizione del paese sarà gettata a sorte; essi riceveranno la rispettiva proprietà secondo i nomi delle loro tribù paterne.56La ripartizione delle proprietà sarà gettata a sorte per tutte le tribù grandi o piccole".
57Questi sono i leviti dei quali si fece il censimento secondo le loro famiglie: da Gherson discende la famiglia dei Ghersoniti; da Keat la famiglia dei Keatiti; da Merari la famiglia dei Merariti.
58Queste sono le famiglie di Levi: la famiglia dei Libniti, la famiglia degli Ebroniti, la famiglia dei Macliti, la famiglia dei Musiti, la famiglia dei Coriti. Keat generò Amram.59La moglie di Amram si chiamava Iochebed, figlia di Levi, che nacque a Levi in Egitto; essa partorì ad Amram Aronne, Mosè e Maria loro sorella.60Ad Aronne nacquero Nadab e Abiu, Eleazaro e Itamar.61Ora Nadab e Abiu morirono quando presentarono al Signore un fuoco profano.62Gli uomini registrati furono ventitremila: tutti maschi, dall'età di un mese in su. Non furono compresi nel censimento degli Israeliti perché non fu data loro alcuna proprietà tra gli Israeliti.
63Questi sono i registrati da Mosè e dal sacerdote Eleazaro, i quali fecero il censimento degli Israeliti nelle steppe di Moab presso il Giordano di Gèrico.64Fra questi non vi era alcuno di quegli Israeliti dei quali Mosè e il sacerdote Aronne avevano fatto il censimento nel deserto del Sinai,65perché il Signore aveva detto di loro: "Dovranno morire nel deserto!". E non ne rimase neppure uno, eccetto Caleb figlio di Iefunne, e Giosuè figlio di Nun.
Siracide 28
1Chi si vendica avrà la vendetta dal Signore
ed egli terrà sempre presenti i suoi peccati.
2Perdona l'offesa al tuo prossimo
e allora per la tua preghiera ti saranno rimessi i peccati.
3Se qualcuno conserva la collera verso un altro uomo,
come oserà chiedere la guarigione al Signore?
4Egli non ha misericordia per l'uomo suo simile,
e osa pregare per i suoi peccati?
5Egli, che è soltanto carne, conserva rancore;
chi perdonerà i suoi peccati?
6Ricòrdati della tua fine e smetti di odiare,
ricòrdati della corruzione e della morte
e resta fedele ai comandamenti.
7Ricòrdati dei comandamenti
e non aver rancore verso il prossimo,
dell'alleanza con l'Altissimo
e non far conto dell'offesa subìta.
8Astieniti dalle risse e sarai lontano dal peccato,
perché un uomo passionale attizza una rissa.
9Un uomo peccatore semina discordia tra gli amici
e tra persone pacifiche diffonde calunnie.
10Secondo la materia del fuoco, esso s'infiamma,
una rissa divampa secondo la sua violenza;
il furore di un uomo è proporzionato alla sua forza,
la sua ira cresce in base alla sua ricchezza.
11Una lite concitata accende il fuoco,
una rissa violenta fa versare sangue.
12Se soffi su una scintilla, si accende;
se vi sputi sopra, si spegne;
eppure ambedue le cose escono dalla tua bocca.
13Maledici il delatore e l'uomo di doppia lingua,
perché fa perire molti che vivono in pace.
14Una lingua malèdica ha sconvolto molti,
li ha scacciati di nazione in nazione;
ha demolito forti città e ha rovinato casati potenti.
15Una lingua malèdica ha fatto ripudiare donne
eccellenti,
privandole del frutto delle loro fatiche.
16Chi le presta attenzione non trova pace,
dalla sua dimora scompare la serenità.
17Un colpo di frusta produce lividure,
ma un colpo di lingua rompe le ossa.
18Molti sono caduti a fil di spada,
ma non quanti sono periti per colpa della lingua.
19Beato chi se ne guarda,
chi non è esposto al suo furore,
chi non ha trascinato il suo giogo
e non è stato legato con le sue catene.
20Il suo giogo è un giogo di ferro;
le sue catene catene di bronzo.
21Spaventosa è la morte che procura,
in confronto è preferibile la tomba.
22Essa non ha potere sugli uomini pii,
questi non bruceranno alla sua fiamma.
23Quanti abbandonano il Signore in essa cadranno,
fra costoro divamperà senza spegnersi.
Si avventerà contro di loro come un leone
e come una pantera ne farà scempio.
24Ecco, recingi pure la tua proprietà con siepe spinosa,
lega in un sacchetto l'argento e l'oro,
25ma controlla anche le tue parole pesandole
e chiudi con porte e catenaccio la bocca.
26Sta' attento a non sbagliare a causa della lingua,
perché tu non cada davanti a chi ti insidia.
Salmi 18
1'Al maestro del coro. Di Davide, servo del Signore, che rivolse al Signore le parole di questo canto, quando il Signore lo liberò dal potere di tutti i suoi nemici,2 e dalla mano di Saul. Disse dunque:'
Ti amo, Signore, mia forza,
3Signore, mia roccia, mia fortezza, mio liberatore;
mio Dio, mia rupe, in cui trovo riparo;
mio scudo e baluardo, mia potente salvezza.
4Invoco il Signore, degno di lode,
e sarò salvato dai miei nemici.
5Mi circondavano flutti di morte,
mi travolgevano torrenti impetuosi;
6già mi avvolgevano i lacci degli inferi,
già mi stringevano agguati mortali.
7Nel mio affanno invocai il Signore,
nell'angoscia gridai al mio Dio:
dal suo tempio ascoltò la mia voce,
al suo orecchio pervenne il mio grido.
8La terra tremò e si scosse;
vacillarono le fondamenta dei monti,
si scossero perché egli era sdegnato.
9Dalle sue narici saliva fumo,
dalla sua bocca un fuoco divorante;
da lui sprizzavano carboni ardenti.
10Abbassò i cieli e discese,
fosca caligine sotto i suoi piedi.
11Cavalcava un cherubino e volava,
si librava sulle ali del vento.
12Si avvolgeva di tenebre come di velo,
acque oscure e dense nubi lo coprivano.
13Davanti al suo fulgore si dissipavano le nubi
con grandine e carboni ardenti.
14Il Signore tuonò dal cielo,
l'Altissimo fece udire la sua voce:
grandine e carboni ardenti.
15Scagliò saette e li disperse,
fulminò con folgori e li sconfisse.
16Allora apparve il fondo del mare,
si scoprirono le fondamenta del mondo,
per la tua minaccia, Signore,
per lo spirare del tuo furore.
17Stese la mano dall'alto e mi prese,
mi sollevò dalle grandi acque,
18mi liberò da nemici potenti,
da coloro che mi odiavano
ed eran più forti di me.
19Mi assalirono nel giorno di sventura,
ma il Signore fu mio sostegno;
20mi portò al largo,
mi liberò perché mi vuol bene.
21Il Signore mi tratta secondo la mia giustizia,
mi ripaga secondo l'innocenza delle mie mani;
22perché ho custodito le vie del Signore,
non ho abbandonato empiamente il mio Dio.
23I suoi giudizi mi stanno tutti davanti,
non ho respinto da me la sua legge;
24ma integro sono stato con lui
e mi sono guardato dalla colpa.
25Il Signore mi rende secondo la mia giustizia,
secondo l'innocenza delle mie mani davanti ai suoi occhi.
26Con l'uomo buono tu sei buono
con l'uomo integro tu sei integro,
27con l'uomo puro tu sei puro,
con il perverso tu sei astuto.
28Perché tu salvi il popolo degli umili,
ma abbassi gli occhi dei superbi.
29Tu, Signore, sei luce alla mia lampada;
il mio Dio rischiara le mie tenebre.
30Con te mi lancerò contro le schiere,
con il mio Dio scavalcherò le mura.
31La via di Dio è diritta,
la parola del Signore è provata al fuoco;
egli è scudo per chi in lui si rifugia.
32Infatti, chi è Dio, se non il Signore?
O chi è rupe, se non il nostro Dio?
33Il Dio che mi ha cinto di vigore
e ha reso integro il mio cammino;
34mi ha dato agilità come di cerve,
sulle alture mi ha fatto stare saldo;
35ha addestrato le mie mani alla battaglia,
le mie braccia a tender l'arco di bronzo.
36Tu mi hai dato il tuo scudo di salvezza,
la tua destra mi ha sostenuto,
la tua bontà mi ha fatto crescere.
37Hai spianato la via ai miei passi,
i miei piedi non hanno vacillato.
38Ho inseguito i miei nemici e li ho raggiunti,
non sono tornato senza averli annientati.
39Li ho colpiti e non si sono rialzati,
sono caduti sotto i miei piedi.
40Tu mi hai cinto di forza per la guerra,
hai piegato sotto di me gli avversari.
41Dei nemici mi hai mostrato le spalle,
hai disperso quanti mi odiavano.
42Hanno gridato e nessuno li ha salvati,
al Signore, ma non ha risposto.
43Come polvere al vento li ho dispersi,
calpestati come fango delle strade.
44Mi hai scampato dal popolo in rivolta,
mi hai posto a capo delle nazioni.
Un popolo che non conoscevo mi ha servito;
45all'udirmi, subito mi obbedivano,
stranieri cercavano il mio favore,
46impallidivano uomini stranieri
e uscivano tremanti dai loro nascondigli.
47Viva il Signore e benedetta la mia rupe,
sia esaltato il Dio della mia salvezza.
48Dio, tu mi accordi la rivincita
e sottometti i popoli al mio giogo,
49mi scampi dai nemici furenti,
dei miei avversari mi fai trionfare
e mi liberi dall'uomo violento.
50Per questo, Signore, ti loderò tra i popoli
e canterò inni di gioia al tuo nome.
51Egli concede al suo re grandi vittorie,
si mostra fedele al suo consacrato,
a Davide e alla sua discendenza per sempre.
Isaia 57
1Perisce il giusto, nessuno ci bada.
I pii sono tolti di mezzo, nessuno ci fa caso.
Il giusto è tolto di mezzo a causa del male.
2Egli entra nella pace,
riposa sul suo giaciglio
chi cammina per la via diritta.
3Ora, venite qui, voi,
figli della maliarda,
progenie di un adultero e di una prostituta.
4Su chi intendete divertirvi?
Contro chi allargate la bocca
e tirate fuori la lingua?
Forse voi non siete figli del peccato,
prole bastarda?
5Voi, che spasimate fra i terebinti,
sotto ogni albero verde,
che sacrificate bambini nelle valli,
tra i crepacci delle rocce.
6Tra le pietre levigate del torrente è la parte che ti spetta:
esse sono la porzione che ti è toccata.
Anche ad esse hai offerto libazioni,
hai portato offerte sacrificali.
E di questo dovrei forse consolarmi?
7Su un monte imponente ed elevato
hai posto il tuo giaciglio;
anche là sei salita per fare sacrifici.
8Dietro la porta e gli stipiti
hai posto il tuo emblema.
Lontano da me hai scoperto il tuo giaciglio,
vi sei salita, lo hai allargato;
hai patteggiato con coloro
con i quali amavi trescare;
guardavi la mano.
9Ti sei presentata al re con olio,
hai moltiplicato i tuoi profumi;
hai inviato lontano i tuoi messaggeri,
ti sei abbassata fino agli inferi.
10Ti sei stancata in tante tue vie,
ma non hai detto: "È inutile".
Hai trovato come ravvivare la mano;
per questo non ti senti esausta.
11Chi hai temuto? Di chi hai avuto paura
per farti infedele?
E di me non ti ricordi,
non ti curi?
Non sono io che uso pazienza e chiudo un occhio?
Ma tu non hai timore di me.
12Io divulgherò la tua giustizia
e le tue opere, che non ti saranno di vantaggio.
13Alle tue grida ti salvino i tuoi guadagni.
Tutti se li porterà via il vento, un soffio se li prenderà.
Chi invece confida in me possederà la terra,
erediterà il mio santo monte.
14Si dirà: "Spianate, spianate, preparate la via,
rimuovete gli ostacoli sulla via del mio popolo".
15Poiché così parla l'Alto e l'Eccelso,
che ha una sede eterna e il cui nome è santo:
In un luogo eccelso e santo io dimoro,
ma sono anche con gli oppressi e gli umiliati,
per ravvivare lo spirito degli umili
e rianimare il cuore degli oppressi.
16Poiché io non voglio discutere sempre
né per sempre essere adirato;
altrimenti davanti a me verrebbe meno
lo spirito e l'alito vitale che ho creato.
17Per l'iniquità dei suoi guadagni mi sono adirato,
l'ho percosso, mi sono nascosto e sdegnato;
eppure egli, voltandosi,
se n'è andato per le strade del suo cuore.
18Ho visto le sue vie,
ma voglio sanarlo, guidarlo e offrirgli consolazioni.
E ai suoi afflitti
19io pongo sulle labbra: "Pace,
pace ai lontani e ai vicini",
dice il Signore, "io li guarirò".
20Gli empi sono come un mare agitato
che non può calmarsi
e le cui acque portan su melma e fango.
21Non v'è pace per gli empi, dice il mio Dio.
Atti degli Apostoli 20
1Appena cessato il tumulto, Paolo mandò a chiamare i discepoli e, dopo averli incoraggiati, li salutò e si mise in viaggio per la Macedonia.2Dopo aver attraversato quelle regioni, esortando con molti discorsi i fedeli, arrivò in Grecia.
3Trascorsi tre mesi, poiché ci fu un complotto dei Giudei contro di lui, mentre si apprestava a salpare per la Siria, decise di far ritorno attraverso la Macedonia.4Lo accompagnarono Sòpatro di Berèa, figlio di Pirro, Aristarco e Secondo di Tessalonica, Gaio di Derbe e Timòteo, e gli asiatici Tìchico e Tròfimo.5Questi però, partiti prima di noi ci attendevano a Tròade;6noi invece salpammo da Filippi dopo i giorni degli Azzimi e li raggiungemmo in capo a cinque giorni a Tròade dove ci trattenemmo una settimana.
7Il primo giorno della settimana ci eravamo riuniti a spezzare il pane e Paolo conversava con loro; e poiché doveva partire il giorno dopo, prolungò la conversazione fino a mezzanotte.8C'era un buon numero di lampade nella stanza al piano superiore, dove eravamo riuniti;9un ragazzo chiamato Èutico, che stava seduto sulla finestra, fu preso da un sonno profondo mentre Paolo continuava a conversare e, sopraffatto dal sonno, cadde dal terzo piano e venne raccolto morto.10Paolo allora scese giù, si gettò su di lui, lo abbracciò e disse: "Non vi turbate; è ancora in vita!".11Poi risalì, spezzò il pane e ne mangiò e dopo aver parlato ancora molto fino all'alba, partì.12Intanto avevano ricondotto il ragazzo vivo, e si sentirono molto consolati.
13Noi poi, che eravamo partiti per nave, facemmo vela per Asso, dove dovevamo prendere a bordo Paolo; così infatti egli aveva deciso, intendendo di fare il viaggio a piedi.14Quando ci ebbe raggiunti ad Asso, lo prendemmo con noi e arrivammo a Mitilène.15Salpati da qui il giorno dopo, ci trovammo di fronte a Chio; l'indomani toccammo Samo e il giorno dopo giungemmo a Milèto.16Paolo aveva deciso di passare al largo di Èfeso per evitare di subire ritardi nella provincia d'Asia: gli premeva di essere a Gerusalemme, se possibile, per il giorno della Pentecoste.
17Da Milèto mandò a chiamare subito ad Èfeso gli anziani della Chiesa.18Quando essi giunsero disse loro: "Voi sapete come mi sono comportato con voi fin dal primo giorno in cui arrivai in Asia e per tutto questo tempo:19ho servito il Signore con tutta umiltà, tra le lacrime e tra le prove che mi hanno procurato le insidie dei Giudei.20Sapete come non mi sono mai sottratto a ciò che poteva essere utile, al fine di predicare a voi e di istruirvi in pubblico e nelle vostre case,21scongiurando Giudei e Greci di convertirsi a Dio e di credere nel Signore nostro Gesù.22Ed ecco ora, avvinto dallo Spirito, io vado a Gerusalemme senza sapere ciò che là mi accadrà.23So soltanto che lo Spirito Santo in ogni città mi attesta che mi attendono catene e tribolazioni.24Non ritengo tuttavia la mia vita meritevole di nulla, purché conduca a termine la mia corsa e il servizio che mi fu affidato dal Signore Gesù, di rendere testimonianza al messaggio della grazia di Dio.
25Ecco, ora so che non vedrete più il mio volto, voi tutti tra i quali sono passato annunziando il regno di Dio.26Per questo dichiaro solennemente oggi davanti a voi che io sono senza colpa riguardo a coloro che si perdessero,27perché non mi sono sottratto al compito di annunziarvi tutta la volontà di Dio.28Vegliate su voi stessi e su tutto il gregge, in mezzo al quale lo Spirito Santo vi ha posti come vescovi a pascere la Chiesa di Dio, che egli si è acquistata con il suo sangue.29Io so che dopo la mia partenza entreranno fra voi lupi rapaci, che non risparmieranno il gregge;30perfino di mezzo a voi sorgeranno alcuni a insegnare dottrine perverse per attirare discepoli dietro di sé.31Per questo vigilate, ricordando che per tre anni, notte e giorno, io non ho cessato di esortare fra le lacrime ciascuno di voi.
32Ed ora vi affido al Signore e alla parola della sua grazia che ha il potere di edificare e di concedere l'eredità con tutti i santificati.33Non ho desiderato né argento, né oro, né la veste di nessuno.34Voi sapete che alle necessità mie e di quelli che erano con me hanno provveduto queste mie mani.35In tutte le maniere vi ho dimostrato che lavorando così si devono soccorrere i deboli, ricordandoci delle parole del Signore Gesù, che disse: Vi è più gioia nel dare che nel ricevere!".
36Detto questo, si inginocchiò con tutti loro e pregò.37Tutti scoppiarono in un gran pianto e gettandosi al collo di Paolo lo baciavano,38addolorati soprattutto perché aveva detto che non avrebbero più rivisto il suo volto. E lo accompagnarono fino alla nave.
Capitolo XXXI: Abbandonare ogni creatura, per poter trovare Dio
Leggilo nella Biblioteca1. O Signore, davvero mi occorre una grazia sempre più grande, se debbo giungere là dove nessuno né alcuna cosa creata mi potrà essere di impaccio; infatti, finché una qualsiasi cosa mi trattenga, non potrò liberamente volare a te. E liberamente volare a te, era appunto, l'ardente desiderio di colui che esclamava: "Chi mi darà ali come di colomba, e volerò, e avrò pace?" (Sal 54,7).
Quale pace più grande di quella di un occhio puro? Quale libertà più grande di quella di chi non desidera nulla di terreno? Occorre dunque passare oltre ad ogni creatura; occorre tralasciare pienamente se stesso, uscire spiritualmente da sé; occorre capire che tu, che hai fatto tutte le cose, non hai nulla in comune con le creature.
Chi non è libero da ogni creatura, non potrà attendere liberamente a ciò che è divino. Proprio per questo sono ben pochi coloro che sanno giungere alla contemplazione, perché pochi riescono a separarsi appieno dalle cose create, destinate a perire.
Per giungere a ciò, si richiede una grazia grande, che innalzi l'anima e la rapisca più in alto di se medesima. Ché, se uno non è elevato nello spirito e libero da ogni creatura; se non è totalmente unito a Dio, tutto quello che sa e anche tutto quello che possiede non ha grande peso. Sarà sempre piccolo e giacerà a terra colui che apprezza qualcosa che non sia il solo, unico, immenso ed eterno bene. In verità ogni cosa, che non sia Dio, è un nulla, e come un nulla va considerata.
Ben differenti sono la virtù della sapienza, propria dell'uomo illuminato e devoto, e la scienza, propria dell'erudito e dotto uomo di studio. Giacché la sapienza che emana da Dio, e fluisce dall'alto in noi, è di gran lunga più sublime di quella che faticosamente si acquista con il nostro intelletto.
2. Troviamo non poche persone che desiderano la contemplazione, ma poi non si preoccupano di mettere in pratica ciò che si richiede per la contemplazione stessa; e il grande ostacolo consiste in questo, che ci si accontenta degli indizi esterni e di ciò che cade sotto i sensi, possedendo ben poco della perfetta mortificazione.
Non so come sia, da quale spirito siamo mossi, a quale meta tendiamo, noi che sembriamo aver fama di spirituali: ci diamo tanta pena e ci preoccupiamo tanto di queste cose che passano e non hanno valore alcuno, mentre a stento riusciamo, qualche rara volta, a pensare al nostre essere interiore, in totale raccoglimento. Un raccoglimento breve, purtroppo; dopo del quale ben presto ci buttiamo alle cose esteriori, senza più sottoporre il nostro agire a un vaglio severo.
Dove siano posti e ristagnino i nostri affetti, noi non badiamo; e non ci disgusta che tutto sia corrotto. Invece il grande diluvio avvenne perché "ciascuno aveva corrotto la sua vita" (Gn 6,12).
Quando, dunque, la nostra interna inclinazione è profondamente guastata, necessariamente si guasta anche la conseguente azione esterna, rivelatrice di scarsa forza interiore. E' dal cuore puro che discendono frutti di vita virtuosa.
Si indaga quanto uno abbia fatto, ma non si indaga attentamente con quanta virtù egli abbia agito. Si guarda se uno sia stato uomo forte e ricco e nobile; se sia stato abile e valente scrittore, cantante eccellente o bravo lavoratore; ma si tace, da parte di molti, su quanto egli sia stato povero in spirito e paziente e mite e devoto, e quanta spiritualità interiore egli abbia avuto.
La natura bada alle cose esterne dell'uomo; la grazia si rivolge alle cose interiori. Quella frequentemente si inganna, questa si affida a Dio per non essere ingannata.
LETTERA 2: Agostino esprime a Zenobio la brama d'intrattenersi con lui anche di persona e di terminare la questione che avevano cominciato a discutere.
Lettere - Sant'Agostino
Leggilo nella BibliotecaScritta nello stesso tempo (386-7).
Agostino esprime a Zenobio la brama d'intrattenersi con lui anche di persona e di terminare la questione che avevano cominciato a discutere.
AGOSTINO A ZENOBIO
1. Siamo fra noi perfettamente d'accordo, come io penso, che tutte le cose che la nostra percezione fisica può attingere, non possono neppure per un istante rimanere nello stesso stato, ma passano, spariscono e non hanno nulla di attuale: cioè, per parlare chiaro, non hanno vera esistenza. Per questo la vera divina filosofia esorta a frenare e a sopire l'amore per esse, che è quanto mai funesto e fonte di moltissime pene; affinché l'anima, anche durante il tempo in cui guida questo corpo, con tutto il suo essere tenda e ardentemente aneli verso ciò che persiste sempre nel medesimo stato e non piace per una bellezza peregrina. Stando così le cose, e sebbene la mia mente ti veda in se stessa reale e schietto, come ti si può amare senza alcuna inquietudine, tuttavia confessiamo che quando ti diparti da noi fisicamente e sei in luoghi lontani, cerchiamo di incontrarti e di vederti e perciò lo desideriamo finché è possibile. Questo difetto, se ben ti conosco, senza dubbio non ti dispiace in noi, e, pur desiderando ogni bene per le persone a te più care ed intime, hai paura che esse ne siano guarite. Se poi tu hai una tale forza d'animo da poter riconoscere questa trappola e ridere di coloro che vi sono incappati, sei davvero grande e diverso. Io, per parte mia, desidero essere rimpianto nella misura in cui rimpiango un assente. Tuttavia faccio attenzione, per quanto posso, e mi sforzo di non amare nulla che possa essere lungi da me mio malgrado. Insieme con questo dovere io ti ricordo anche, qualunque sia la tua disposizione in proposito, che bisogna concludere la discussione iniziata con te, se abbiamo cura di noi stessi. Infatti non permetterei in nessun modo che si concludesse con Alipio, anche s'egli lo volesse. Ma non lo vuole, giacché l'educazione non gli permette ora d'adoprarsi meco per intrattenerti con noi col maggior numero possibile di lettere, dato che cerchi di evitarlo per non so quale necessità.
5 - Alcune conversazioni di Maria santissima e di san Giuseppe.
La mistica Città di Dio - Libro quarto - Suor Maria d'Agreda
Leggilo nella Biblioteca420. San Giuseppe dopo l'istruzione e il comando dell'Altissimo diede spazio alla divina Principessa nelle umili occupazioni; tutti e due ebbero occasione di offrire a Dio il grato sacrificio della loro volontà: Maria santissima esercitando sempre la più profonda umiltà ed obbedienza verso il suo sposo ed operando tutti gli atti di queste virtù con eroica perfezione, senza tralasciare nulla e san Giuseppe, d'altra parte, ubbidendo all'Altissimo con la prudente e santa umiliazione che gli veniva dal vedersi assistito e servito da colei che riconosceva per signora sua e di tutte le creature, e per Madre dello stesso Dio e creatore. In questo modo il prudente santo compensava l'umiltà, che non poteva esercitare, con altri atti servili ceduti alla sua sposa: questo l'umiliava ancora di più ed era per lui uno stimolo ad annientarsi nella stima di se stesso. E con tale timore contemplava Maria santissima, ed in lei il Signore che portava nel suo seno verginale, dove egli lo adorava tributandogli magnificenza e gloria. Alcune volte, come premio della sua santità e riverenza, gli si manifestava il bambino divino incarnato, in un modo straordinario; ed egli lo adorava nel seno della sua purissima Madre, come attraverso un cristallo tersissimo. La Regina trattava e conferiva ora più familiarmente con il glorioso santo intorno ai misteri dell'incarnazione, perché non temeva più di conversare con lui sulle cose divine, essendo egli già illuminato ed informato sui sublimi misteri dell'unione ipostatica delle due nature, divina ed umana, nel grembo verginale della sua sposa.
421. Quanto alle conversazioni ed ai ragionamenti celesti, che facevano Maria santissima ed il beato san Giuseppe, nessuna lingua umana è capace di esprimerli. Riferirò qualcosa nei capitoli seguenti, come sarò in grado di fare. Ma chi potrà dichiarare gli effetti che produceva nel dolcissimo e devoto cuore di questo santo, il vedersi non solo sposo di colei che era vera Madre del suo creatore, ma ancor più servito da lei, come se fosse stata un'umile serva, quando invece la stimava, in santità e dignità, superiore a tutti gli eccelsi serafini e solo a Dio inferiore? E se la divina destra arricchì con tante benedizioni la casa e la persona di Obed-Èdom, per aver ospitato alcuni mesi l'arca figurativa dell'antica alleanza', quali benedizioni non dovette dare a san Giuseppe, a cui aveva affidato la vera Arca e lo stesso legislatore che in lei stava racchiuso? Di certo fu incomparabile la sorte e la felicità di questo santo! E non solo perché nella sua casa teneva l'arca, viva e vera, della nuova alleanza, l'altare, il sacrificio e il tempio, giacché tutto gli fu consegnato; ma ancor più perché custodì tutto ciò degnamente come servo fedele e prudente. E venne preposto dallo stesso Signore sopra la sua famiglia, affinché avesse cura di tutto in tempo opportuno'. Tutte le nazioni e le generazioni dunque lo riconoscano e benedicano, e cantino le sue lodi; poiché l'Altissimo non operò con nessun altro popolo' ciò che fece con san Giuseppe. Io indegno e povero vermiciattolo alla luce di siffatti e grandi misteri, esalto e magnifico il Signore Iddio, riconoscendolo come santo, giusto, misericordioso, saggio ed ammirabile nella disposizione di tutte le sue straordinarie opere.
422. L'umile casa di Giuseppe era ripartita in tre stanze, nelle quali si svolgeva la vita ordinaria dei due sposi; e questo spazio era sufficiente per loro, perché non avevano servitori. In una stanza dormiva san Giuseppe; nell'altra egli lavorava e vi teneva gli strumenti del mestiere di falegname; e nella terza, dove c'era una predella fatta a mano da san Giuseppe, abitualmente s'intratteneva e dormiva la Regina del cielo. E da quando si sposarono e vennero ad abitare in questa casa, mantennero questo modo di vivere. Il santo sposo, prima di conoscere la dignità della sua sposa e signora, rarissime volte andava a visitarla perché, mentre ella se ne stava in ritiro, egli s'impegnava nei suoi lavori. E così non entrava nella sua stanza, se non perché mosso dalla necessità di chiederle consiglio. Dacché, però, fu informato della causa della sua felicità, cioè del mistero in lei nascosto, il santo uomo si mostrò più attento e sollecito verso di lei; e per sua consolazione si recò più spesso nella stanza della sovrana Signora per visitarla e sapere se avesse qualcosa da ordinargli. Ma lo faceva sempre con estrema umiltà e timore riverenziale; e prima di parlare spiava in silenzio se la divina Regina si trovasse affaccendata in qualche occupazione. Molte volte la vedeva in estasi, sollevata da terra, avvolta da una luce che emanava un grande splendore; altre volte la vedeva invece accompagnata dai suoi santi angeli e con loro intrattenuta in divini colloqui; ed altre volte ancora la trovava prostrata in terra a forma di croce, mentre discorreva col Signore. Di tutte queste grazie fu partecipe lo sposo Giuseppe. Quando però la celeste Signora si trovava in questo stato e in siffatte occupazioni, egli non ardiva fare altro che ammirarla con profonda riverenza; e aveva la gioia, talvolta, di sentire la soavissima armonia dei concerti celesti, che gli angeli facevano alla loro regina, e di percepire una fragranza dolcissima che lo confortava e lo riempiva di giubilo e di allegrezza spirituale.
423. Vivevano soli nella loro casa, perché come ho già riferito non tenevano alcun servo, e non solo per la loro profonda umiltà, ma anche perché sembrò loro conveniente così, affinché non vi fossero testimoni delle grandi e visibili meraviglie che succedevano fra di loro, né estranei potessero prendervi parte. E per questo la Principessa del cielo non usciva di casa, se non per l'urgentissima causa di servire Dio e beneficare il prossimo; giacché se altra cosa le era necessaria, vi accudiva quella fortunata donna, sua vicina che, come dissi sopra, servi san Giuseppe mentre Maria santissima dimorò nella casa di Zaccaria. E questa per tali servizi ricevette una ricompensa così grande che non solamente lei fu santa e perfetta, ma anche tutta la sua famiglia fu resa felice dalla protezione della Regina e signora del mondo. Inoltre, proprio perché vicina di casa, Maria santissima l'assistette e la curò nelle sue infermità; e infine colmò di celesti benedizioni lei e tutti i suoi familiari.
424. Mai san Giuseppe vide dormire la divina sposa, né seppe per esperienza se dormiva, benché il santo la supplicasse di riposarsi un po', soprattutto nel tempo della sua santa gravidanza. Il riposo della Principessa era sopra la predella, come ho già riferito, fatta a mano dallo stesso san Giuseppe; ed in essa ella teneva due coperte, con le quali s'avvolgeva per prendere un po' di santo sonno. La sua sottoveste era una tonaca o camicia di tela di bombace, più morbida del panno comune. Questa tonaca, però, mai se la cambiò, da quando uscì dal tempio, né questa si logorò, né si sporcò, né la vide alcuno, né san Giuseppe seppe se la portava. La veste esterna era di colore cenere, come ho riferito sopra; Maria santissima soleva qualche volta cambiarla insieme alle cuffie, non perché tali vesti fossero sporche, ma perché, essendo esposte agli occhi di tutti, conveniva evitare che la gente parlasse riguardo al vederla vestita sempre allo stesso modo. Nessuna cosa, infatti, di quelle che portava sopra il suo purissimo e verginale corpo si insudiciò o si macchiò, perché ella non sudava né lamentava altri disagi di cui soffrono i corpi dei figli di Adamo soggetti al peccato. Era in tutto purissima ed i lavori delle sue mani erano estremamente ordinati e puliti; con la stessa perfezione e pulizia si prendeva cura del vestiario di san Giuseppe e di tutto ciò che gli era necessario. Il suo cibo era poco e parco, e ogni giorno lo prendeva con lo stesso santo; non toccò mai carne, benché egli ne mangiasse ed ella gliela preparasse. Il suo pasto consisteva in frutta, pesce, ed ordinariamente pane ed erbe cotte; ma di tutto prendeva, con peso e misura, solamente quello, che richiedevano il sostentamento vitale ed il calore naturale, senza che avanzasse o si alterasse alcuna cosa. Lo stesso modo osservava nel bere, sebbene dagli atti fervorosi traspariva qualche ardore fuor del naturale. Quest'ordine nel cibo, quanto alla quantità, fu da lei sempre seguito; ma quanto alla qualità, per vari motivi che spiegherò in seguito, subì un cambiamento.
425. Maria purissima fu in tutto perfetta, senza che le mancasse alcuna grazia; possedeva con pienezza tutte le doti, sia naturali che soprannaturali. Ma mi mancano le parole per descrivere tale ricchezza, infatti mai mi soddisfano, constatando che non riescono ad esprimere ciò che conosco e, tanto più, ciò che un oggetto così sublime contiene in se stesso. Ho sempre timore della mia insufficienza e mi lamento dei limitati termini e delle scarse parole. Temo infatti di ardire, più di quanto non sia lecito, nel portare avanti ciò che eccede le mie forze; ma l'ubbidienza me lo fa fare, e - non so con qual soave violenza - anima la mia timidezza e mi impedisce di ritirarmi dall'impresa, come invece mi consiglierebbe l'attenta riflessione sulla grandezza dell'opera e la povertà del mio discorrere. Per l'ubbidienza opero e per essa mi vengono elargiti tanti beni: si farà innanzi per discolparmi.
Insegnamento che mi diede la Regina del cielo
426. Figlia mia, nella scuola dell'umiltà ti voglio studiosa e diligente, come ti insegnerà tutto il corso della mia vita; questo deve essere il primo e l'ultimo dei tuoi pensieri, se vuoi prepararti ai dolci amplessi del Signore, ed assicurarti i suoi favori godendo dei tesori della luce nascosta ai superbi. Infatti senza la solida garanzia dell'umiltà non si possono affidare tali ricchezze a nessuna creatura. Tutte le tue preoccupazioni voglio che consistano nell'umiliarti sempre di più nel concetto e nella stima di te stessa. Pensa come agisci e agisci come pensi di te. Insegnamento e motivo di umiliazione deve essere per te e per tutte le anime, che tengono il Signore per Padre e sposo, il vedere che la presunzione e la superbia hanno più potere sopra i figli della sapienza mondana', che non l'umiltà e la vera conoscenza di sé sopra i figli della luce. Considera gli sforzi, la sollecitudine e la vigilanza infaticabile degli uomini alteri ed arroganti. Guarda quanto si danno da fare per valere nel mondo: le loro pretese mai soddisfatte, benché vane! Guarda come operano conforme a ciò che falsamente presumono di se stessi; come presumono ciò che non sono; e mentre non sono quelli che si credono, appunto perché non lo sono, operano come se lo fossero, per acquistare quei beni terreni di cui non sono meritevoli. Sarà dunque motivo di vergogna per gli eletti che l'inganno abbia più potere sopra i figli della perdizione di quanto la verità in essi; e che siano pochi di numero nel mondo coloro che vogliono gareggiare nel servizio di Dio, loro creatore, rispetto a quelli che servono la vanità: tutti sono i chiamati e pochi gli eletti.
427. Cerca dunque, figlia mia, di guadagnare questa scienza e con essa la palma sopra i figli delle tenebre; ed in opposizione alla loro superbia considera ciò che io feci per vincerla nel mondo con l'esercizio dell'umiltà. In questo il Signore ed io ti vogliamo molto saggia e dotta. Non perdere mai l'occasione di fare opere umili, né permettere che alcuno te lo impedisca; e se ti mancheranno le occasioni per umiliarti o non le avrai tanto frequenti, vanne in cerca e chiedi a Dio che te le conceda, perché sua Maestà gradisce e desidera vedere questa sollecitudine. E solamente per questo suo compiacimento dovresti essere in ciò molto attiva e sollecita, come figlia e sposa sua, poiché a tal fine anche l'ambizione umana t'insegnerà a non essere negligente. Considera infatti l'ansia che afferra una donna nella sua casa per aumentare e migliorare la sua roba, non perdendo alcuna occasione per guadagnarne altra: niente le pare molto e se perde qualcosa, pur piccola che sia, il suo cuore va dietro ad essa9. Se l'avidità mondana insegna tanto, non è giusto che la sapienza del cielo debba essere ritenuta più sterile, a causa della negligenza di chi la riceve. E così voglio che non si trovi in te trascuratezza né alcuna dimenticanza in questa cosa che tanto ti interessa; e che non perda occasione, in cui umiliarti e lavorare per la gloria del Signore: affinché quale figlia fedelissima e sposa trovi grazia agli occhi del Signore e ai miei, come il tuo cuore desidera.
Espiazioni per il Santissimo Sacramento
Beata Anna Katharina Emmerick
Il 9 giugno “il Pellegrino” così
informava: “Sebbene la trovassi in un pallore mortale e non
potesse trovare tranquillità per i disturbi, non respingeva
nessuno. Mi disse che i suoi patimenti erano legati a quelli di Gesù,
e perciò essa doveva darsi tre giorni di riposo con il suo
corpo, come Gesù nel sepolcro. Non sa se è giunta al
termine dei suoi giorni. Il medico voleva frizionarla con lo spirito;
il padre confessore, nonostante si aspettasse la sua morte, protestò
e non se ne fece niente. Il confessore vedendo che la malata riceveva
ancora molte visioni considerò che la fine non fosse così
prossima. Alla fine il confessore avrebbe voluto darle forza per
mezzo del suo dito consacrato; a questo pensiero, quasi come se lo
avesse recepito, la pia suora alzò il capo e lo girò
verso di lui.
In quest’abbandono le vennero in soccorso santa Chiara da
Montefalco, Giuliana di Liegi e Antonio da Padova. La prima le
apparve e le disse; «Tu hai ben coltivato il giardino del
Santissimo Sacramento, e il tuo lavoro è adesso adempiuto.
Adesso però sei molto strapazzata e ti devo portare un
ristoro.» «Poi vidi la Santa, avvolta di luce, scendere e
venire da me con un boccone triangolare, poi sparì, io mangiai
quel boccone con grande sollievo, eppure sono certa che più
volte l’avevo già fatto ordinariamente, aveva un sapore
molto dolce e mi fu di grande ristoro. La vita mi fu di nuovo
regalata; sono certa che ho ricevuto questo solo per grazia di Dio.
Adesso vivo ancora e posso continuare ad amare il mio Salvatore e con
Lui soffrire, ringraziarlo e glorificarlo! Vidi anche le otto aiuole
che avevo coltivato nel giardino di santa Chiara in questi otto
giorni, cosa che senza la grazia di Dio sarebbe stata del tutto
impossibile. L’albero dei fichi significava la ricerca del
conforto e la debole arrendevolezza.
Spesso avevo da fare con la vite del giardino, mi ero legata alla
stessa con le braccia aperte come in croce. Scorsi anche il motivo
per cui avevo lavorato negli otto giorni e quali colpe dovevo
suffragare. Vidi questo simbolicamente ed in relazione ad una
processione del Santissimo Sacramento, in occasione di una festa
ecclesiastica, nella quale i beati celebravano i tesori delle grazie
che erano stati guadagnati dalla Chiesa in quest’anno, per
mezzo della devozione al Santissimo Sacramento.
Queste grazie
erano esposte nella forma di preziosi vasi della Chiesa, pietre
preziose, perle, fiori, uva, frutta. La processione veniva guidata da
bambini orfani, a questi seguivano suore degli ordini religiosi
particolarmente devoti al Santissimo Sacramento. Tutti portavano sul
loro abito il simbolo del Santissimo Sacramento. Giuliana di Liegi
guidava tutti; vidi anche Norberto, con i religiosi del suo Ordine ‘,
e in modo numeroso anche altri ordini religiosi e sacerdoti. Il tutto
era avvolto in un’indescrivibile delizia e dolcezza;
l’avvenimento era racchiuso in un insieme armonioso.
Si presentò poi una chiara immagine sulla carenza e la
trascuratezza dell’Ufficio divino e il modo di celebrarlo sulla
terra. Mi è difficile e impossibile dire come tante visioni in
questo senso si intreccino tra di loro. Vedo pure, tra l’altro,
la dissipazione dei preti nei confronti delle azioni sante, e
innanzitutto il loro atteggiamento nella celebrazione della santa
Messa. In questo contesto mi venne data la visione di un prete che
nella veste sacerdotale della Messa usciva dalla sacrestia ma non per
recarsi sull’altare, bensì per correre fuori dalla
chiesa e andare in un’osteria. Altre volte in un giardino, da
un cacciatore, da una signorina, in compagnia. Lo vedo poi nei suoi
pensieri, si trova in uno stato pietoso e dannoso per sé e gli
altri.
Quando tra questi preti ci è data la possibilità di
riconoscere un uomo consacrato a Dio sull’altare, allora
veramente c’è da commuoversi. Io vidi, in molte
comunità, molta polvere e fango essere spazzate via dai sacri
oggetti di Cristo, e tutto ritornare lucente e nuovo».