Liturgia delle Ore - Letture
Martedi della 3° settimana del tempo ordinario
Vangelo secondo Matteo 13
1Quel giorno Gesù uscì di casa e si sedette in riva al mare.2Si cominciò a raccogliere attorno a lui tanta folla che dovette salire su una barca e là porsi a sedere, mentre tutta la folla rimaneva sulla spiaggia.
3Egli parlò loro di molte cose in parabole.
E disse: "Ecco, il seminatore uscì a seminare.4E mentre seminava una parte del seme cadde sulla strada e vennero gli uccelli e la divorarono.5Un'altra parte cadde in luogo sassoso, dove non c'era molta terra; subito germogliò, perché il terreno non era profondo.6Ma, spuntato il sole, restò bruciata e non avendo radici si seccò.7Un'altra parte cadde sulle spine e le spine crebbero e la soffocarono.8Un'altra parte cadde sulla terra buona e diede frutto, dove il cento, dove il sessanta, dove il trenta.9Chi ha orecchi intenda".
10Gli si avvicinarono allora i discepoli e gli dissero: "Perché parli loro in parabole?".
11Egli rispose: "Perché a voi è dato di conoscere i misteri del regno dei cieli, ma a loro non è dato.12Così a chi ha sarà dato e sarà nell'abbondanza; e a chi non ha sarà tolto anche quello che ha.13Per questo parlo loro in parabole: perché pur vedendo non vedono, e pur udendo non odono e non comprendono.14E così si adempie per loro la profezia di Isaia che dice:
'Voi udrete, ma non comprenderete,
guarderete, ma non vedrete.'
15'Perché il cuore di questo popolo
si è indurito, son diventati duri di orecchi,
e hanno chiuso gli occhi,
per non vedere con gli occhi,
non sentire con gli orecchi
e non intendere con il cuore e convertirsi,
e io li risani.'
16Ma beati i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché sentono.17In verità vi dico: molti profeti e giusti hanno desiderato vedere ciò che voi vedete, e non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, e non l'udirono!
18Voi dunque intendete la parabola del seminatore:19tutte le volte che uno ascolta la parola del regno e non la comprende, viene il maligno e ruba ciò che è stato seminato nel suo cuore: questo è il seme seminato lungo la strada.20Quello che è stato seminato nel terreno sassoso è l'uomo che ascolta la parola e subito l'accoglie con gioia,21ma non ha radice in sé ed è incostante, sicché appena giunge una tribolazione o persecuzione a causa della parola, egli ne resta scandalizzato.22Quello seminato tra le spine è colui che ascolta la parola, ma la preoccupazione del mondo e l'inganno della ricchezza soffocano la parola ed essa non da' frutto.23Quello seminato nella terra buona è colui che ascolta la parola e la comprende; questi da' frutto e produce ora il cento, ora il sessanta, ora il trenta".
24Un'altra parabola espose loro così: "Il regno dei cieli si può paragonare a un uomo che ha seminato del buon seme nel suo campo.25Ma mentre tutti dormivano venne il suo nemico, seminò zizzania in mezzo al grano e se ne andò.26Quando poi la messe fiorì e fece frutto, ecco apparve anche la zizzania.27Allora i servi andarono dal padrone di casa e gli dissero: Padrone, non hai seminato del buon seme nel tuo campo? Da dove viene dunque la zizzania?28Ed egli rispose loro: Un nemico ha fatto questo. E i servi gli dissero: Vuoi dunque che andiamo a raccoglierla?29No, rispose, perché non succeda che, cogliendo la zizzania, con essa sradichiate anche il grano.30Lasciate che l'una e l'altro crescano insieme fino alla mietitura e al momento della mietitura dirò ai mietitori: Cogliete prima la zizzania e legatela in fastelli per bruciarla; il grano invece riponetelo nel mio granaio".
31Un'altra parabola espose loro: "Il regno dei cieli si può paragonare a un granellino di senapa, che un uomo prende e semina nel suo campo.32Esso è il più piccolo di tutti i semi ma, una volta cresciuto, è più grande degli altri legumi e diventa un albero, tanto che vengono gli uccelli del cielo e si annidano fra i suoi rami".
33Un'altra parabola disse loro: "Il regno dei cieli si può paragonare al lievito, che una donna ha preso e impastato con tre misure di farina perché tutta si fermenti".
34Tutte queste cose Gesù disse alla folla in parabole e non parlava ad essa se non in parabole,35perché si adempisse ciò che era stato detto dal profeta:
'Aprirò la mia bocca in parabole,'
proclamerò cose nascoste fin dalla fondazione del mondo.
36Poi Gesù lasciò la folla ed entrò in casa; i suoi discepoli gli si accostarono per dirgli: "Spiegaci la parabola della zizzania nel campo".37Ed egli rispose: "Colui che semina il buon seme è il Figlio dell'uomo.38Il campo è il mondo. Il seme buono sono i figli del regno; la zizzania sono i figli del maligno,39e il nemico che l'ha seminata è il diavolo. La mietitura rappresenta la fine del mondo, e i mietitori sono gli angeli.40Come dunque si raccoglie la zizzania e si brucia nel fuoco, così avverrà alla fine del mondo.41Il Figlio dell'uomo manderà i suoi angeli, i quali raccoglieranno dal suo regno tutti gli scandali e tutti gli operatori di iniquità42e li getteranno nella fornace ardente dove sarà pianto e stridore di denti.43Allora i giusti splenderanno come il sole nel regno del Padre loro. Chi ha orecchi, intenda!
44Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto in un campo; un uomo lo trova e lo nasconde di nuovo, poi va, pieno di gioia, e vende tutti i suoi averi e compra quel campo.
45Il regno dei cieli è simile a un mercante che va in cerca di perle preziose;46trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra.
47Il regno dei cieli è simile anche a una rete gettata nel mare, che raccoglie ogni genere di pesci.48Quando è piena, i pescatori la tirano a riva e poi, sedutisi, raccolgono i pesci buoni nei canestri e buttano via i cattivi.49Così sarà alla fine del mondo. Verranno gli angeli e separeranno i cattivi dai buoni50e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti.
51Avete capito tutte queste cose?". Gli risposero: "Sì".52Ed egli disse loro: "Per questo ogni scriba divenuto discepolo del regno dei cieli è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche".
53Terminate queste parabole, Gesù partì di là54e venuto nella sua patria insegnava nella loro sinagoga e la gente rimaneva stupita e diceva: "Da dove mai viene a costui questa sapienza e questi miracoli?55Non è egli forse il figlio del carpentiere? Sua madre non si chiama Maria e i suoi fratelli Giacomo, Giuseppe, Simone e Giuda?56E le sue sorelle non sono tutte fra noi? Da dove gli vengono dunque tutte queste cose?".57E si scandalizzavano per causa sua. Ma Gesù disse loro: "Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria e in casa sua".58E non fece molti miracoli a causa della loro incredulità.
Primo libro delle Cronache 9
1Tutti gli Israeliti furono registrati per genealogie e iscritti nel libro dei re di Israele e di Giuda; per le loro colpe furono deportati in Babilonia.2I primi abitanti che si erano ristabiliti nelle loro proprietà, nelle loro città, erano Israeliti, sacerdoti, leviti e oblati.
3In Gerusalemme abitavano figli di Giuda, di Beniamino, di Èfraim e di Manàsse.4Figli di Giuda: Utai, figlio di Ammiud, figlio di Omri, figlio di Imri, figlio di Bani dei figli di Perez, figlio di Giuda.5Dei Siloniti: Asaia il primogenito e i suoi figli.6Dei figli di Zerach: Ieuèl e seicentonovanta suoi fratelli.
7Dei figli di Beniamino: Sallu figlio di Mesullàm, figlio di Odavia, figlio di Assenua,8Ibnia, figlio di Ierocam, Ela, figlio di Uzzi, figlio di Micri, e Mesullàm, figlio di Sefatia, figlio di Reuel, figlio di Ibnia.9I loro fratelli, secondo le loro genealogie, erano novecentocinquantasei; tutti costoro erano capi delle loro famiglie.
10Dei sacerdoti: Iedaia, Ioarib, Iachin11e Azaria, figlio di Chelkia, figlio di Mesullàm, figlio di Zadòk, figlio di Meraiòt, figlio di Achitùb, capo del tempio,12Adaia, figlio di Ierocam, figlio di Pascur, figlio di Malchia, e Maasai, figlio di Adièl, figlio di Iaczèra, figlio di Mesullàm, figlio di Mesillemìt, figlio di Immer.13I loro fratelli, capi dei loro casati, erano millesettecentosessanta, uomini abili in ogni lavoro per il servizio del tempio.
14Dei Leviti: Semaia, figlio di Cassub, figlio di Azrikam, figlio di Casabià dei figli di Merari,15Bakbakar, Cheresh, Galal, Mattania, figlio di Mica, figlio di Zikri, figlio di Asaf,16Abdia, figlio di Semaia, figlio di Galal, figlio di Idutun, e Berechia, figlio di Asa, figlio di Elkana, che abitava nei villaggi dei Netofatiti.
17Dei portieri: Sallùm, Akkub, Talmon, Achiman e i loro fratelli. Sallùm era il capo18e sta fino ad oggi alla porta del re a oriente. Costoro erano i portieri degli accampamenti dei figli di Levi:19Sallùm figlio di Kore, figlio di Ebiasàf, figlio di Korach, e i suoi fratelli, i Korachiti, della casa di suo padre, attendevano al servizio liturgico; erano custodi della soglia della tenda; i loro padri custodivano l'ingresso nell'accampamento del Signore.20Pincas, figlio di Eleàzaro, prima era loro capo - il Signore sia con lui! -.21Zaccaria, figlio di Meselemia, custodiva la porta della tenda del convegno.22Tutti costoro, scelti come custodi della soglia, erano duecentododici; erano iscritti nelle genealogie nei loro villaggi. Li avevano stabiliti nell'ufficio per la loro fedeltà Davide e il veggente Samuele.23Essi e i loro figli avevano la responsabilità delle porte nel tempio, cioè nella casa della tenda.24C'erano portieri ai quattro lati: oriente, occidente, settentrione e meridione.25I loro fratelli, che abitavano nei loro villaggi, talvolta dovevano andare con loro per sette giorni.26Poiché erano sempre in funzione, quei quattro capiportieri - essi erano leviti - controllavano le stanze e i tesori del tempio.27Alloggiavano intorno al tempio, perché a loro incombeva la sua custodia e la sua apertura ogni mattina.28Di essi alcuni controllavano gli arredi liturgici, che contavano quando li portavano dentro e quando li riportavano fuori.29Alcuni erano incaricati degli arredi, di tutti gli oggetti del santuario, della farina, del vino, dell'olio e degli aromi.30Alcuni figli dei sacerdoti preparavano le sostanze aromatiche per i profumi.
31Il levita Mattatia, primogenito di Sallùm il Korachita, per la sua fedeltà era incaricato di ciò che si preparava nei tegami.32Tra i figli dei Keatiti, alcuni loro fratelli badavano ai pani dell'offerta da disporre ogni sabato.
33Questi erano i cantori, capi di casati levitici; liberi da altri compiti, abitavano nelle stanze del tempio, perché giorno e notte erano in attività.34Questi erano i capi delle famiglie levitiche secondo le loro genealogie; essi abitavano in Gerusalemme.
35In Gàbaon abitavano il padre di Gàbaon, Ieiel, la cui moglie si chiamava Maaca.36Suo figlio primogenito era Abdon, quindi Zur, Kis, Baal, Ner, Nadàb,37Ghedor, Achio, Zaccaria e Miklòt.38Miklòt generò Simeàm. Anch'essi abitavano in Gerusalemme con i fratelli, di fronte a loro.39Ner generò Kis; Kis generò Saul; Saul generò Giònata, Malchisùa, Abinadàb e Is-Bàal.40Figlio di Giònata: Merib-Bàal; Merib-Bàal generò Mica.41Figli di Mica: Piton, Melek e Tacrea.42Acaz generò Iaara; Iaara generò Alèmet, Azmàvet e Zimrì; Zimrì generò Moza.43Moza generò Binea, di cui fu figlio Refaia, di cui fu figlio Eleasa, di cui fu figlio Azel.44Azel ebbe sei figli, che si chiamavano Azrikam, Bocru, Ismaele, Searia, Abdia e Canan; questi erano figli di Azel.
Salmi 105
1Alleluia.
Lodate il Signore e invocate il suo nome,
proclamate tra i popoli le sue opere.
2Cantate a lui canti di gioia,
meditate tutti i suoi prodigi.
3Gloriatevi del suo santo nome:
gioisca il cuore di chi cerca il Signore.
4Cercate il Signore e la sua potenza,
cercate sempre il suo volto.
5Ricordate le meraviglie che ha compiute,
i suoi prodigi e i giudizi della sua bocca:
6voi stirpe di Abramo, suo servo,
figli di Giacobbe, suo eletto.
7È lui il Signore, nostro Dio,
su tutta la terra i suoi giudizi.
8Ricorda sempre la sua alleanza:
parola data per mille generazioni,
9l'alleanza stretta con Abramo
e il suo giuramento ad Isacco.
10La stabilì per Giacobbe come legge,
come alleanza eterna per Israele:
11"Ti darò il paese di Cànaan
come eredità a voi toccata in sorte".
12Quando erano in piccolo numero,
pochi e forestieri in quella terra,
13e passavano di paese in paese,
da un regno ad un altro popolo,
14non permise che alcuno li opprimesse
e castigò i re per causa loro:
15"Non toccate i miei consacrati,
non fate alcun male ai miei profeti".
16Chiamò la fame sopra quella terra
e distrusse ogni riserva di pane.
17Davanti a loro mandò un uomo,
Giuseppe, venduto come schiavo.
18Gli strinsero i piedi con ceppi,
il ferro gli serrò la gola,
19finché si avverò la sua predizione
e la parola del Signore gli rese giustizia.
20Il re mandò a scioglierlo,
il capo dei popoli lo fece liberare;
21lo pose signore della sua casa,
capo di tutti i suoi averi,
22per istruire i capi secondo il suo giudizio
e insegnare la saggezza agli anziani.
23E Israele venne in Egitto,
Giacobbe visse nel paese di Cam come straniero.
24Ma Dio rese assai fecondo il suo popolo,
lo rese più forte dei suoi nemici.
25Mutò il loro cuore
e odiarono il suo popolo,
contro i suoi servi agirono con inganno
26Mandò Mosè suo servo
e Aronne che si era scelto.
27Compì per mezzo loro i segni promessi
e nel paese di Cam i suoi prodigi.
28Mandò le tenebre e si fece buio,
ma resistettero alle sue parole.
29Cambiò le loro acque in sangue
e fece morire i pesci.
30Il loro paese brulicò di rane
fino alle stanze dei loro sovrani.
31Diede un ordine e le mosche vennero a sciami
e le zanzare in tutto il loro paese.
32Invece delle piogge mandò loro la grandine,
vampe di fuoco sul loro paese.
33Colpì le loro vigne e i loro fichi,
schiantò gli alberi della loro terra.
34Diede un ordine e vennero le locuste
e bruchi senza numero;
35divorarono tutta l'erba del paese
e distrussero il frutto del loro suolo.
36Colpì nel loro paese ogni primogenito,
tutte le primizie del loro vigore.
37Fece uscire il suo popolo con argento e oro,
fra le tribù non c'era alcun infermo.
38L'Egitto si rallegrò della loro partenza
perché su di essi era piombato il terrore.
39Distese una nube per proteggerli
e un fuoco per illuminarli di notte.
40Alla loro domanda fece scendere le quaglie
e li saziò con il pane del cielo.
41Spaccò una rupe e ne sgorgarono acque,
scorrevano come fiumi nel deserto,
42perché ricordò la sua parola santa
data ad Abramo suo servo.
43Fece uscire il suo popolo con esultanza,
i suoi eletti con canti di gioia.
44Diede loro le terre dei popoli,
ereditarono la fatica delle genti,
45perché custodissero i suoi decreti
e obbedissero alle sue leggi.
Alleluia.
Salmi 91
1Tu che abiti al riparo dell'Altissimo
e dimori all'ombra dell'Onnipotente,
2di' al Signore: "Mio rifugio e mia fortezza,
mio Dio, in cui confido".
3Egli ti libererà dal laccio del cacciatore,
dalla peste che distrugge.
4Ti coprirà con le sue penne
sotto le sue ali troverai rifugio.
5La sua fedeltà ti sarà scudo e corazza;
non temerai i terrori della notte
né la freccia che vola di giorno,
6la peste che vaga nelle tenebre,
lo sterminio che devasta a mezzogiorno.
7Mille cadranno al tuo fianco
e diecimila alla tua destra;
ma nulla ti potrà colpire.
8Solo che tu guardi, con i tuoi occhi
vedrai il castigo degli empi.
9Poiché tuo rifugio è il Signore
e hai fatto dell'Altissimo la tua dimora,
10non ti potrà colpire la sventura,
nessun colpo cadrà sulla tua tenda.
11Egli darà ordine ai suoi angeli
di custodirti in tutti i tuoi passi.
12Sulle loro mani ti porteranno
perché non inciampi nella pietra il tuo piede.
13Camminerai su aspidi e vipere,
schiaccerai leoni e draghi.
14Lo salverò, perché a me si è affidato;
lo esalterò, perché ha conosciuto il mio nome.
15Mi invocherà e gli darò risposta;
presso di lui sarò nella sventura,
lo salverò e lo renderò glorioso.
16Lo sazierò di lunghi giorni
e gli mostrerò la mia salvezza.
Ezechiele 22
1Mi fu rivolta questa parola del Signore:2"Tu, figlio dell'uomo, forse non giudicherai, non giudicherai tu la città sanguinaria? Mostrale tutti i suoi abomini.3Tu riferirai: Dice il Signore Dio: O città che sparge il sangue in mezzo a se stessa, perché giunga il suo tempo, e fabbrica a suo danno idoli con cui contaminarsi!4Per il sangue che hai sparso, ti sei resa colpevole e ti sei contaminata con gli idoli che hai fabbricato: hai affrettato il tuo giorno, sei giunta al termine dei tuoi anni. Ti renderò perciò l'obbrobrio dei popoli e lo scherno di tutta la terra.5I vicini e i lontani si faran beffe di te o città infamata e piena di disordini.6Ecco in te i prìncipi d'Israele, ognuno secondo il suo potere, intenti a spargere sangue.7In te si disprezza il padre e la madre, in te si maltratta il forestiero, in te si opprime l'orfano e la vedova.8Hai disprezzato i miei santuari, hai profanato i miei sabati.9Vi sono in te calunniatori che versano il sangue. C'è in te chi banchetta sui monti e chi commette scelleratezze.10In te si hanno rapporti col proprio padre, in te si giace con la donna in stato di mestruazione.11Uno reca oltraggio alla donna del prossimo, l'altro contamina con incesto la nuora, altri viola la sorella, figlia del padre.12In te si ricevono doni per spargere il sangue, tu presti a interesse e a usura, spogli con la violenza il tuo prossimo e di me ti dimentichi. Oracolo del Signore Dio.
13Ecco, io batto le mani per le frodi che hai commesse e per il sangue che è versato in mezzo a te.14Reggerà il tuo cuore e saranno forti le mani per i giorni che io ti preparo? Io, il Signore, l'ho detto e lo farò;15ti disperderò fra le nazioni e ti disseminerò in paesi stranieri; ti purificherò della tua immondezza,16poi ti riprenderò in eredità davanti alle nazioni e tu saprai che io sono il Signore".
17Mi fu rivolta questa parola del Signore:18"Figlio dell'uomo, gli Israeliti si son cambiati in scoria per me; sono tutti rame, stagno, ferro e piombo dentro un crogiuolo: sono scoria di argento.19Perciò così dice il Signore: Poiché vi siete tutti cambiati in scoria, io vi radunerò dentro Gerusalemme.20Come si mette insieme argento, rame, ferro, piombo, stagno dentro un crogiuolo e si soffia nel fuoco per fonderli, così io, con ira e con sdegno, vi metterò tutti insieme e vi farò fondere;21vi radunerò, contro di voi soffierò nel fuoco del mio sdegno e vi fonderò in mezzo alla città.22Come si fonde l'argento nel crogiuolo, così sarete fusi in mezzo ad essa: saprete che io, il Signore, ho riversato il mio sdegno contro di voi".
23Mi fu rivolta questa parola del Signore:24"Figlio dell'uomo, di' a Gerusalemme: Tu sei una terra non purificata, non lavata da pioggia in un giorno di tempesta.25Dentro di essa i suoi prìncipi, come un leone ruggente che sbrana la preda, divorano la gente, s'impadroniscono di tesori e ricchezze, moltiplicano le vedove in mezzo ad essa.26I suoi sacerdoti violano la mia legge, profanano le cose sante. Non fanno distinzione fra il sacro e il profano, non insegnano a distinguere fra puro e impuro, non osservano i miei sabati e io sono disonorato in mezzo a loro.27I suoi capi in mezzo ad essa sono come lupi che dilaniano la preda, versano il sangue, fanno perire la gente per turpi guadagni.28I suoi profeti hanno come intonacato tutti questi delitti con false visioni e oracoli fallaci e vanno dicendo: Così parla il Signore Dio, mentre invece il Signore non ha parlato.29Gli abitanti della campagna commettono violenze e si danno alla rapina, calpestano il povero e il bisognoso, maltrattano il forestiero, contro ogni diritto.30Io ho cercato fra loro un uomo che costruisse un muro e si ergesse sulla breccia di fronte a me, per difendere il paese perché io non lo devastassi, ma non l'ho trovato.31Io rovescerò su di essi il mio sdegno: li consumerò con il fuoco della mia collera: la loro condotta farò ricadere sulle loro teste". Oracolo del Signore Dio.
Lettera di Giacomo 5
1E ora a voi, ricchi: piangete e gridate per le sciagure che vi sovrastano!2Le vostre ricchezze sono imputridite,3le vostre vesti sono state divorate dalle tarme; il vostro oro e il vostro argento sono consumati dalla ruggine, la loro ruggine si leverà a testimonianza contro di voi e divorerà le vostre carni come un fuoco. Avete accumulato tesori per gli ultimi giorni!4Ecco, il salario da voi defraudato ai lavoratori che hanno mietuto le vostre terre grida; e le proteste dei mietitori sono giunte alle orecchie del Signore degli eserciti.5Avete gozzovigliato sulla terra e vi siete saziati di piaceri, vi siete ingrassati per il giorno della strage.6Avete condannato e ucciso il giusto ed egli non può opporre resistenza.
7Siate dunque pazienti, fratelli, fino alla venuta del Signore. Guardate l'agricoltore: egli aspetta pazientemente il prezioso frutto della terra finché abbia ricevuto le piogge d'autunno e le piogge di primavera.8Siate pazienti anche voi, rinfrancate i vostri cuori, perché la venuta del Signore è vicina.9Non lamentatevi, fratelli, gli uni degli altri, per non essere giudicati; ecco, il giudice è alle porte.10Prendete, o fratelli, a modello di sopportazione e di pazienza i profeti che parlano nel nome del Signore.11Ecco, noi chiamiamo beati quelli che hanno sopportato con pazienza. Avete udito parlare della pazienza di Giobbe e conoscete la sorte finale che gli riserbò il Signore, perché 'il Signore è ricco di misericordia e di compassione'.
12Soprattutto, fratelli miei, non giurate, né per il cielo, né per la terra, né per qualsiasi altra cosa; ma il vostro "sì" sia sì, e il vostro "no" no, per non incorrere nella condanna.
13Chi tra voi è nel dolore, preghi; chi è nella gioia salmeggi.14Chi è malato, chiami a sé i presbiteri della Chiesa e preghino su di lui, dopo averlo unto con olio, nel nome del Signore.15E la preghiera fatta con fede salverà il malato: il Signore lo rialzerà e se ha commesso peccati, gli saranno perdonati.16Confessate perciò i vostri peccati gli uni agli altri e pregate gli uni per gli altri per essere guariti. Molto vale la preghiera del giusto fatta con insistenza.17Elia era un uomo della nostra stessa natura: pregò intensamente che non piovesse e non piovve sulla terra per tre anni e sei mesi.18Poi pregò di nuovo e il cielo diede la pioggia e la terra produsse il suo frutto.19Fratelli miei, se uno di voi si allontana dalla verità e un altro ve lo riconduce,20costui sappia che chi riconduce un peccatore dalla sua via di errore, salverà la sua anima dalla morte e coprirà una moltitudine di peccati.
Capitolo XXVIII: Contro le linguacce denigratrici
Leggilo nella BibliotecaO figlio, non sopportare di mal animo se certuni danno un cattivo giudizio su di te e dicono, nei tuoi confronti, parole che non ascolti con piacere. Il tuo giudizio su te stesso deve essere ancora più grave; devi credere che non ci sia nessuno più debole di te. Se terrai conto massimamente dell'interiorità, non darai molto peso a parole che volano; giacché, nei momenti avversi, è prudenza, e non piccola, starsene in silenzio, volgendo l'animo a me, senza lasciarsi turbare dal giudizio della gente. La tua pace non riposi nella parola degli uomini. Che questi ti abbiano giudicato bene o male, non per ciò sei diverso.
Dove sta la vera pace, dove sta la vera gloria? Non forse in me? Godrà di grande pace chi non desidera di piacere agli uomini, né teme di spiacere ad essi. E' appunto da un tale desiderio, contrario al volere di Dio, e da un tale vano timore, che nascono tutti i turbamenti del cuore e tutte le deviazioni degli affetti.
Omelia 21: E gli mostrerà opere maggiori di queste, affinché ne siate meravigliati.
Commento al Vangelo di San Giovanni - Sant'Agostino d'Ippona
Leggilo nella Biblioteca[Si cresce amando.]
1. Ieri, secondo che il Signore si è degnato concederci e come ci è stato possibile, abbiamo spiegato, e, nella misura delle nostre capacità, abbiamo capito che le opere del Padre e del Figlio sono inseparabili; e che il Padre non fa una cosa e il Figlio un'altra, ma fa tutto per mezzo del Figlio che è il suo Verbo e del quale sta scritto: Tutte le cose sono state fatte per mezzo di lui, e senza di lui niente è stato fatto (Gv 1, 3). Esaminiamo oggi le parole che seguono, invocando e sperando la misericordia del Signore per giungere, se egli lo ritiene opportuno, a comprendere la verità; e se ciò non sarà possibile, ci sia almeno concesso di non cadere nell'errore. E' meglio infatti non sapere che sbagliare: certamente, però, è meglio sapere che ignorare. Perciò, prima di tutto dobbiamo fare ogni sforzo per capire; se ci riusciremo, ringrazieremo Dio; ma se per ora non riusciremo a pervenire alla verità, ci sia almeno concesso di non cadere in errore. Dobbiamo infatti tener presente chi siamo noi e di che cosa ci occupiamo. Siamo uomini che ci portiamo dietro il peso della carne nel cammino di questa vita, e che, sebbene rinati dal seme della parola di Dio, tuttavia siamo stati rinnovati in Cristo in modo tale da non essere ancora del tutto spogliati di Adamo. Infatti appare chiaro e manifesto che quanto c'è in noi di mortale e di corruttibile che appesantisce l'anima (cf. Sap 9, 15), proviene da Adamo; e quanto c'è in noi di spirituale che eleva l'anima, è dono e misericordia di Dio, il quale inviò il suo unico Figlio affinché partecipasse con noi alla nostra morte e ci conducesse alla sua immortalità. Cristo ci è stato dato come maestro, per insegnarci a non peccare; come intercessore se, dopo aver peccato, ci pentiamo e ci convertiamo; come avvocato, se ci ripromettiamo dal Signore qualcosa di buono; come datore di beni insieme al Padre, perché Padre e Figlio sono un solo Dio. Egli diceva tutte queste cose agli uomini come uomo; occulto come Dio e visibile come uomo, per fare dèi quelli che evidentemente erano uomini; lui che da Figlio di Dio diventò figlio dell'uomo per far diventare figli di Dio i figli degli uomini. Dalle sue stesse parole apprendiamo che a questo scopo egli utilizzò le risorse della sua sapienza. Parla come piccolo a coloro che sono piccoli, egli che è piccolo e insieme grande; noi invece siamo piccoli, e grandi solo in lui. Egli parla come una mamma che cura e allatta i piccoli, facendoli crescere a forza di amore.
2. Prima aveva detto: Il Figlio da sé non può far nulla, ma solamente ciò che vede fare dal Padre. Ci siamo resi conto che il Padre non fa delle opere a parte, affinché il Figlio le veda e a sua volta faccia ciò che ha visto fare dal Padre suo. Queste parole: Il Figlio da sé non può far nulla, ma soltanto ciò che vede fare dal Padre, significano che il Figlio è tutto del Padre e che tutta la sua essenza e potenza derivano da colui che lo ha generato. Ha poi aggiunto che egli fa le stesse cose che fa il Padre e le fa nello stesso modo; affinché non si pensi che il Padre fa delle opere e il Figlio delle altre, ma che, in virtù della medesima potenza, il Figlio fa le medesime cose che fa il Padre, giacché il Padre opera per mezzo del Figlio. Prosegue quindi dicendo ciò che oggi abbiamo sentito leggere: Il Padre, infatti, ama il Figlio e gli mostra tutto ciò che egli fa (Gv 5, 19-20). Di nuovo il pensiero umano si disorienta. Il Padre mostra al Figlio ciò che egli fa; quindi, dirà qualcuno, il Padre compie qualche opera separatamente, affinché il Figlio possa vedere ciò che egli fa. Di nuovo si affaccia al pensiero umano l'immagine di due artigiani: un artigiano che insegna la sua arte al figlio, e gli mostra ciò che fa affinché a sua volta quello faccia altrettanto: gli mostra tutto ciò che egli fa. Mentre allora il Padre opera, il Figlio se ne sta inoperoso per vedere quello che fa il Padre? E' certo che tutto è stato fatto per mezzo di lui, e niente è stato fatto senza di lui. Vediamo perciò in che senso il Padre mostra al Figlio ciò che fa, pur rimanendo vero che il Padre non fa nulla se non per mezzo del Figlio. Che cosa ha fatto il Padre? Il mondo. Dopo aver fatto il mondo, il Padre lo ha mostrato al Figlio, affinché a sua volta facesse qualcosa di simile? Ci si mostri dunque il mondo fatto dal Figlio. In verità tutte le cose sono state fatte per mezzo di lui, e senza di lui niente è stato fatto; e anche il mondo è stato fatto per mezzo di lui (Gv 1, 3 10). Ora, se il mondo è stato fatto per mezzo di lui, e tutto per mezzo di lui è stato fatto e niente il Padre fa senza di lui, dove mostra il Padre al Figlio ciò che fa se non nel Figlio stesso per mezzo del quale opera? Quale è infatti questo luogo dove viene mostrata al Figlio l'opera del Padre, come se questi operasse fuori del Figlio, il quale stia lì a guardare la mano del Padre per vedere come fa? Dov'è quell'inseparabile Trinità? Dov'è il Verbo, del quale si dice che è la potenza e la sapienza di Dio (1 Cor 1, 24)? Dov'è quanto la Scrittura dice della sapienza: è lo splendore della luce eterna (Sap 7, 26)? Dov'è quanto di essa altrove è scritto: essa estende la sua potenza da un'estremità all'altra del mondo, e tutto dispone con soavità (Sap 8, 1)? Se il Padre fa una cosa, la fa per mezzo del Figlio. Se la fa per mezzo della sua sapienza e della sua potenza, non gli fa vedere niente fuori di lui, ma è in lui stesso che gli mostra ciò che fa.
3. Cosa vede il Padre, o piuttosto, cosa vede il Figlio nel Padre in modo da operare anche lui? Potrei anche dirlo, ma prima dammi uno che possa capire; o potrei pensarlo, senza riuscire a dirlo; o forse neppure pensarlo. E' infatti di tanto superiore a noi quella divinità, di quanto Dio è superiore agli uomini, l'Immortale ai mortali, l'Eterno a coloro che sono temporali. Ci soccorra egli stesso con la sua ispirazione e con il suo dono, si degni in qualche modo di irrorarci da quella fonte di vita e di ristorare la nostra sete, affinché non ci inaridiamo in questo deserto. Chiamiamolo Signore quegli stesso che abbiamo imparato a chiamare Padre. Egli stesso ha autorizzato questa nostra audacia; però dobbiamo vivere in modo tale da non meritarci il rimprovero: Se sono Padre, dov'è l'onore che mi è dovuto? Se sono Signore, dov'è il rispetto che mi è dovuto? (Ml 1, 6). Diciamogli dunque: Padre nostro! Ma a chi diciamo: Padre nostro? Al Padre di Cristo. E colui che dice Padre nostro al Padre di Cristo, cosa dice a Cristo, se non Fratello nostro? Non è certo Padre nostro così come è Padre di Cristo, in quanto mai Cristo ci ha associati a sé in modo da non fare alcuna distinzione tra lui e noi. Egli è il Figlio uguale al Padre e a lui coeterno; noi invece siamo stati creati per mezzo del Figlio, adottati per mezzo dell'Unigenito. Per questo, mai si è sentito sulla bocca di nostro Signore Gesù Cristo, quando parlava con i discepoli, chiamare "Padre nostro" il Padre suo, il sommo Iddio, ma sempre: "Padre mio", oppure "Padre vostro". Non disse mai: "Padre nostro"; al punto che una volta usò queste due espressioni distinte: Vado al Dio mio e Dio vostro. Perché non disse Dio nostro? Aggiunse: al Padre mio e Padre vostro (Gv 20, 17); ma non disse: Padre nostro. Unì le due espressioni facendo risaltare la distinzione; distinzione che non è separazione. Vuole che noi siamo una cosa sola in lui, ma afferma che lui è una sola cosa con il Padre.
4. Per quanto dunque riusciamo ad intendere e per quanto riusciamo a vedere, ancorché diventassimo uguali agli angeli, non potremo mai vedere come vede il Figlio. Noi, infatti, anche quando non vediamo, siamo qualcosa. E che altro siamo, quando non vediamo, se non uomini che non vedono? Siamo tuttavia almeno uomini che non vedono; e per vedere ci rivolgiamo a colui che vogliamo vedere; e si realizza in noi una visione che non esisteva quando tuttavia noi esistevamo. Esiste infatti l'uomo che non vede; e questo medesimo uomo, quando vede, si chiama uomo che vede. Nell'uomo, quindi, il vedere non si identifica con l'essere uomo; poiché se il vedere coincidesse con l'essere uomo, non ci sarebbe mai in nessun momento un uomo che non vede. E siccome esiste l'uomo che non vede e che vuol vedere ciò che non vede, questo uomo è un soggetto che cerca ed è un soggetto che si volta per vedere. E quando si è ben voltato e comincia a vedere, è un uomo che vede, lui che prima era un uomo che non vedeva. Il vedere, quindi, è qualcosa che viene e che va: viene quando l'uomo si volta verso un oggetto, se ne va quando egli ne distoglie lo sguardo. Si può forse dire questo del Figlio? Assolutamente no. Non ci fu mai un tempo in cui il Figlio non vedesse, e che poi abbia cominciato a vedere; anzi, vedere il Padre è lo stesso per lui che essere Figlio. Noi, infatti, volgendoci al peccato, perdiamo la luce, e, convertendoci a Dio, riceviamo la luce. Una cosa è la luce che ci illumina, e altra cosa noi che veniamo illuminati. La luce che ci illumina, non si allontana da sé né perde il suo splendore, appunto perché è luce. Il Padre dunque mostra al Figlio ciò che fa, nel senso che il Figlio vede tutto nel Padre, e il Figlio è tutto nel Padre. Vedendo, il Figlio è nato, e, nascendo, vede. Non che un tempo non fosse nato e poi sia nato, come non ci fu un tempo in cui non vedesse e poi abbia visto; ma in lui vedere è lo stesso che essere, essere immutabile, esistere senza inizio e senza fine. Non s'intenda dunque in senso materiale che il Padre sta seduto, compie un'opera e la mostra al Figlio, e il Figlio vede quello che fa il Padre e a sua volta fa altrettanto in altro luogo o con altra materia. Tutte le cose - infatti - sono state fatte per mezzo di lui, e niente senza di lui è stato fatto. Il Figlio è il Verbo del Padre; niente Dio ha detto che non abbia detto nel Figlio. Dicendo, infatti, nel Figlio ciò che avrebbe fatto per mezzo del Figlio, generò il Figlio stesso per mezzo del quale avrebbe fatto tutte le cose.
5. E gli mostrerà opere maggiori di queste, affinché ne siate meravigliati (Gv 5, 20). Nuovo motivo di turbamento. Chi potrà, infatti, convenientemente investigare un così misterioso segreto? Ma colui che già si è degnato parlarci, egli stesso ce lo rivelerà. Non ci avrebbe parlato, se non perché intendessimo la sua parola. Essendosi degnato di parlarci, ha suscitato in noi il desiderio di ascoltare; vorrà forse lasciare insoddisfatto il desiderio d'intendere la sua parola, quel desiderio che egli stesso ha suscitato in noi? Abbiamo detto, come abbiamo potuto, che il Figlio non conosce nel tempo e che il conoscere e il vedere del Figlio non si distinguono dal Figlio stesso, ma che il Figlio è questa stessa visione, e che è la conoscenza e la sapienza del Padre; e abbiamo detto che questa sapienza e questa visione eterne esistono ab aeterno e sono coeterne a colui dal quale procedono; e che non esiste qui alcuna variazione di tempo, né nasce qualcosa che prima non c'era né perisce quello che c'era. Abbiamo cercato di dire tutto questo. Ed allora che valore ha qui il tempo, dato che il Signore dice: gli mostrerà opere maggiori di queste? Il senso di "mostrerà" è che dovrà mostrargliele; "mostrò" è una cosa, "mostrerà" un'altra; "mostrò" si riferisce al passato, "mostrerà" si riferisce al futuro. Che cosa stiamo dicendo, fratelli? Ecco colui che dicevamo essere coeterno al Padre, che non è soggetto ad alcuna variazione di tempo, ad alcun movimento di spazio, ad alcuna successione di momenti o di luoghi; che sempre permane al cospetto del Padre vedendolo, e dalla visione del Padre attinge la sua esistenza; ebbene egli ci parla nuovamente in termini di tempo: gli mostrerà - dice - opere maggiori di queste. Vuole dunque il Padre mostrare qualcosa al Figlio che il Figlio ancora non conosce? E allora? Come si deve intendere questa frase? Osserva come il Signore nostro Gesù Cristo che era lassù in cielo, adesso si trova quaggiù in terra. Quando era lassù? Quando ha detto: Tutto ciò che il Padre fa, lo fa anche il Figlio e nel medesimo modo. Perché ora quaggiù? Gli mostrerà opere maggiori di queste. O Signore Gesù Cristo nostro Salvatore, Verbo di Dio per mezzo del quale sono state fatte tutte le cose; che cosa ti deve mostrare il Padre che tu ancora non sappia? C'è qualcosa del Padre che ti è nascosto? Che cosa ci può essere per te di nascosto nel Padre, dal momento che non ti è nascosto il Padre? quali opere maggiori ti deve mostrare? o di quali opere sono maggiori quelle che deve mostrarti? Infatti avendo parlato di opere maggiori di queste, dobbiamo renderci conto rispetto a quali opere sono maggiori.
6. Riportiamoci alla circostanza da cui ebbe origine questo discorso. Fu quando guarì quell'uomo che era ammalato da trentotto anni e gli comandò, dopo averlo guarito, che prendesse il suo lettuccio e se ne andasse a casa. A causa di questo i Giudei, con i quali stava parlando, montarono su tutte le furie. Egli stava dicendo parole di cui non rivelava il significato, che insinuava solo a chi era in condizione di capire, mentre lo celava a chi era adirato. L'indignazione dei Giudei, provocata dalla guarigione che il Signore aveva operato di sabato, fu l'occasione di questo discorso. Ascoltando dunque questo discorso, si tenga conto della circostanza in cui fu pronunciato, richiamandoci a quell'infermo da trentotto anni che fu istantaneamente guarito fra lo stupore e l'indignazione dei Giudei. Essi erano più intenti a cercare nel sabato le tenebre che la luce del miracolo. Rivolgendosi a costoro che erano in preda all'ira, il Signore disse: Gli mostrerà opere maggiori di queste. Maggiori di queste! Di quali? Voi avete visto guarire un uomo che era ammalato da trentotto anni; ebbene, il Padre mostrerà al Figlio opere maggiori di queste. Quali sono le opere maggiori di queste? Il Signore prosegue, e dice: Come, infatti, il Padre risuscita i morti e li fa vivere, così anche il Figlio fa vivere chi vuole. Decisamente queste opere sono maggiori. E' molto più importante difatti la risurrezione di un morto che la guarigione di un infermo: questa è una delle opere "maggiori". Ma quando il Padre mostrerà queste opere al Figlio? Ora il Figlio non le conosce? Ma allora, colui che parlava, non sapeva risuscitare i morti? Colui per mezzo del quale tutte le cose sono state fatte, doveva forse ancora imparare a risuscitare i morti? Colui che ci fece vivere quando non esistevamo, aveva ancora da imparare a risuscitarci? Che cosa vuol dire, dunque, con queste parole?
[Cristo impara.]
7. Il Figlio di Dio è disceso fino a noi, e colui che prima parlava come Dio, ha cominciato a parlare come uomo. Ed è proprio uomo colui che è Dio, perché Dio si è fatto uomo. Si è fatto ciò che non era, continuando ad essere ciò che era. Si è unito l'uomo a Dio, così da essere uomo colui che era Dio; non però nel senso che diventato uomo non fosse più Dio. Ascoltiamo dunque, anche come fratello, colui che ascoltavamo come Creatore: come Creatore perché è il Verbo che era in principio, come fratello perché è nato da Maria Vergine; come Creatore che esisteva prima di Abramo, prima di Adamo, prima della terra, prima del cielo, prima di tutte le cose corporali e spirituali; come fratello perché viene dal seme di Abramo, dalla tribù di Giuda, da una vergine d'Israele. Sapendo dunque che colui che ci parla è Dio ed è uomo, distinguiamo le parole di Dio e le parole dell'uomo; talvolta, infatti, ci dice cose che si riferiscono alla sua maestà, tal'altra cose che si riferiscono al suo stato di umiltà. Egli è l'altissimo, e si è fatto umile per innalzare noi che siamo umili. Che cosa ha detto dunque? Il Padre mi mostrerà opere maggiori di queste, affinché ne siate meravigliati (Gv 5, 20). Quindi è a noi che le mostrerà, queste opere maggiori, non a lui. E' perché il Padre le mostrerà a noi che egli dice: affinché ne siate meravigliati. Ha spiegato che cosa voleva dire con la frase: Il Padre mi mostrerà ... Perché non ha detto: il Padre mostrerà a voi, ma ha detto: mostrerà al Figlio? Perché noi pure siamo membra del Figlio; e come membra impariamo: e anche lui, in qualche modo, impara attraverso le sue membra. In che senso si può dire che impara in noi? Nello stesso modo che soffre in noi. Come possiamo provare che soffre in noi? Lo possiamo provare con quella voce che si udì dal cielo: Saulo, Saulo, perché mi perseguiti? (At 9, 4). Non è forse lui che verrà come giudice alla fine del mondo e, collocando i giusti alla sua destra e gli iniqui alla sua sinistra, dirà: Venite, benedetti del Padre mio, prendete possesso del regno: perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare? E alla domanda: Signore, quando ti abbiamo veduto affamato?, risponderà: Ogni volta che l'avete fatto al più piccolo dei miei fratelli, lo avete fatto a me (Mt 25, 34 ss.). E adesso siamo noi che ci rivolgiamo a colui che ha detto queste cose, e gli chiediamo: O Signore, quando mai tu dovrai imparare, tu che insegni ogni cosa? Egli subito ci risponde conforme alla nostra fede: Ogni volta che il più piccolo dei miei fratelli impara, anch'io imparo.
8. Rallegriamoci, dunque, e rendiamo grazie a Dio: non soltanto siamo diventati cristiani, ma siamo diventati Cristo stesso. Capite, fratelli? vi rendete conto della grazia che Dio ha profuso su di noi? Stupite, gioite: siamo diventati Cristo! Se Cristo è il capo e noi le membra, l'uomo totale è lui e noi. E' questo che dice l'Apostolo: Così non saremo più dei bambini, sballottati e portati qua e là da ogni vento di dottrina. Prima aveva detto: Finché perveniamo tutti all'unità della fede e della piena conoscenza del Figlio di Dio, a formare l'uomo maturo, al livello di statura che attua la pienezza del Cristo (Ef 4, 14 13). Pienezza di Cristo sono dunque il capo e le membra. Cosa vuol dire il capo e le membra? Il Cristo e la Chiesa. Arrogarci tale prerogativa sarebbe da parte nostra folle orgoglio, se Cristo medesimo non si fosse degnato farci questa promessa tramite lo stesso Apostolo: Voi siete il corpo di Cristo e, ciascuno per la sua parte, membra di lui (1 Cor 12, 27).
9. Quando dunque il Padre insegna qualcosa alle membra di Cristo, è a Cristo che insegna. E' meraviglioso e perfino incredibile, ma è così: a Cristo viene mostrato ciò che Cristo sapeva, e per mezzo di Cristo stesso. Cosa meravigliosa e grande! Ma è la Scrittura che lo dice. Oseremo smentire la parola di Dio, o non cercheremo piuttosto di penetrarne il senso e rendere grazie all'autore di tanto dono? Che cosa voglio dire affermando che viene insegnato a Cristo per mezzo di Cristo? Che viene insegnato alle membra per mezzo del Capo. Ecco, puoi vederlo in te stesso: mettiamo che vuoi afferrare qualcosa con gli occhi chiusi; la mano non sa dove dirigersi, eppure la mano è un tuo membro, perché non è separata dal tuo corpo. Apri gli occhi, e la mano vedrà dove dirigersi, il membro potrà seguire la direzione indicatagli dalla testa. Ora se questo si verifica in te: che il tuo corpo guida il tuo corpo, e per mezzo del tuo corpo viene mostrato qualcosa al tuo corpo, perché ti meravigli se dico che viene mostrato al Cristo per mezzo di Cristo? Il capo mostra perché le membra vedano; il capo insegna e le membra imparano; tuttavia il Capo e le membra sono un sol uomo. Egli non ha voluto separarsi da noi, ma si è degnato amalgamarsi a noi fino a fondersi con noi. Era molto lontano da noi. Ci può essere, infatti, una distanza maggiore di quella che esiste fra la creatura e il Creatore, fra Dio e l'uomo, fra la giustizia e l'iniquità, fra l'eternità e la creatura mortale? Ecco come era lontano il Verbo, che era in principio Dio presso Dio, per mezzo del quale sono state fatte tutte le cose. In che modo, dunque, si è avvicinato al punto da essere ciò che noi siamo, e da essere noi in lui? Il Verbo si è fatto carne e abitò fra noi (Gv 1, 14).
[La preghiera di Cristo.]
10. E' questo ciò che vuole mostrarci. E' questo ciò che mostrò ai suoi discepoli, che lo videro nella carne. Che cosa dunque? Come il Padre risuscita i morti e li fa vivere, così anche il Figlio fa vivere chi vuole (Gv 5, 21). Alcuni il Padre e altri il Figlio, forse? No, perché è certo che tutto è stato fatto per mezzo di lui. Cosa vogliamo dire con questo, fratelli miei? Cristo risuscitò Lazzaro; quale morto risuscitò il Padre, perché Cristo vedesse come doveva fare a risuscitare Lazzaro? O forse quando Cristo risuscitò Lazzaro, non fu anche il Padre a risuscitarlo, ma il Figlio solo senza il Padre? Leggete quella pagina del Vangelo, e vedrete che il Figlio invoca il Padre per la risurrezione di Lazzaro (Gv 11, 41-44). Come uomo invoca il Padre, come Dio opera insieme col Padre. Quindi Lazzaro che risuscitò, fu risuscitato dal Padre e dal Figlio, e per dono e grazia dello Spirito Santo. L'intera Trinità realizzò quell'opera meravigliosa. Non si deve perciò intendere questa frase: come il Padre risuscita i morti e li fa vivere, così anche il Figlio fa vivere chi vuole, nel senso che alcuni vengono risuscitati e vivificati dal Padre, altri dal Figlio, ma quanti il Padre risuscita e fa vivere, questi medesimi anche il Figlio risuscita e fa vivere; perché tutte le cose sono state fatte per mezzo di lui, e niente senza di lui è stato fatto. E per far vedere che egli possedeva, sebbene datagli dal Padre, pari potestà, per questo aggiunse: così anche il Figlio fa vivere chi vuole, dimostrando così la sua volontà. E affinché nessuno dicesse: il Padre risuscita i morti per mezzo del Figlio, ma il Padre in virtù della sua potestà mentre il Figlio per potestà altrui, come un ministro o un angelo che compia qualche opera; volle precisare la sua potestà dicendo: così anche il Figlio fa vivere chi vuole. Il Padre non vuole una cosa e il Figlio un'altra, ma, come unica è la loro sostanza, così unica è la loro volontà.
11. E chi sono questi morti che il Padre e il Figlio fanno rivivere? Son forse quelli di cui abbiamo parlato: Lazzaro, il figlio della vedova (cf. Lc 7, 14-15), la figlia del capo della sinagoga (cf. Lc 8, 54-55)? Già conosciamo infatti queste risurrezioni operate da Cristo Signore. Ma qui il Signore ci vuole insinuare un'altra cosa, e precisamente la risurrezione dei morti che tutti aspettiamo, non quella conseguita da alcuni affinché credessero tutti gli altri. Lazzaro risuscitò, ma poi dovette nuovamente morire; noi invece risorgeremo per vivere eternamente. Questa risurrezione chi la compie, il Padre o il Figlio? Per essere precisi, il Padre nel Figlio; è quindi opera del Figlio, e del Padre nel Figlio. Che prova abbiamo che egli parla di questa risurrezione? Avendo detto: come il Padre risuscita i morti e li fa vivere, così anche il Figlio fa vivere chi vuole. Affinché non pensassimo a quella risurrezione dei morti che compie come miracolo e non per la vita eterna, prosegue dicendo: poiché il Padre non giudica nessuno, ma ha rimesso al Figlio ogni giudizio (Gv 5, 21-22). Che vuol dire questo? Stava parlando della risurrezione dei morti e diceva che come il Padre risuscita i morti e li fa vivere, così anche il Figlio fa vivere chi vuole; perché immediatamente si riferisce, quasi come prova, al giudizio, dicendo: poiché il Padre non giudica nessuno, ma ha rimesso al Figlio ogni giudizio, se non perché intende parlare di quella risurrezione dei morti che avrà luogo nel giudizio?
[I rivoli e la fonte.]
12. Poiché il Padre non giudica nessuno, ma ha rimesso al Figlio ogni giudizio (Gv 5, 20). Dianzi, quando diceva: il Padre ama il Figlio e gli mostra tutto ciò che egli fa, credevamo che il Padre facesse qualcosa che il Figlio non fa. Come se il Padre operasse e il Figlio stesse a vedere. Così infatti voleva suggerire alla nostra mente un modo d'intendere grossolano, come se il Padre facesse qualcosa che il Figlio non fa, e il Figlio stesse lì a vedere l'opera che il Padre gli mostra; quindi come se il Padre facesse qualcosa che il Figlio non fa. Adesso, invece, vediamo che il Figlio fa qualcosa che il Padre non fa. Vedete come il Signore ci scuote e ci agita dal profondo dell'anima! Ci porta di qua e di là senza tregua, impedendoci di acquietarci nella sapienza della carne. Ci tiene sospesi e in tensione per purificare la nostra anima; purificandola vuole prepararla ad accogliere la verità, per poterla così colmare di essa. Dove vogliono portarci queste parole? cosa diceva prima il Signore, e cosa dice ora? Prima diceva che il Padre mostra al Figlio quello che fa; e mi sembrava di vedere il Padre che agisce e il Figlio che sta a guardare; adesso invece vedo il Figlio agire e il Padre senza far niente: il Padre infatti non giudica nessuno, ma ha rimesso al Figlio ogni giudizio. Vuol dire che quando il Figlio si metterà a giudicare, il Padre starà a guardare senza giudicare? Che significano queste parole? come bisogna intenderle? Signore, che cosa vuoi dire? Tu sei il Verbo di Dio, e io non sono altro che un uomo. Tu dici che il Padre non giudica nessuno, ma ha rimesso al Figlio ogni giudizio? Altrove leggo che tu dici: Io non giudico nessuno; c'è chi indaga e giudica (Gv 8, 15 50); di chi parli quando dici che c'è chi indaga e giudica, se non del Padre? E' lui che esamina le ingiurie rivolte a te, è lui che giudica e condanna. In che senso vien detto qui che il Padre non giudica nessuno ma ha rimesso al Figlio ogni giudizio? Interroghiamo anche Pietro e ascoltiamo quello che egli dice nella sua epistola: Cristo patì per noi, lasciandoci l'esempio, affinché ne seguiamo le orme. Lui che peccato non fece e nella cui bocca non fu trovato inganno; lui che oltraggiato non restituiva l'oltraggio, maltrattato non minacciava ma si rimetteva a colui che giudica con giustizia (1 Pt 2, 21-23). Come può allora essere vero che il Padre non giudica nessuno, ma ha rimesso al Figlio ogni giudizio? Siamo colti da turbamento, un turbamento che ci fa sudare, ma sudando ci purifichiamo. Facciamo ogni sforzo, con l'aiuto della grazia di Dio, per penetrare le profondità misteriose di queste parole. Forse siamo temerari a voler discutere e scrutare le parole di Dio. Ma perché sono state dette, se non perché le conoscessimo? perché sono risuonate alle nostre orecchie, se non perché le ascoltassimo? perché le abbiamo ascoltate, se non per intenderle? Ci sostenga dunque il Signore, e, secondo la sua misericordia, ci conceda d'intenderle in qualche modo; che se ancora non ci è dato di bere alla fonte, ci sia almeno consentito di bere ai rivoli. Vedi, Giovanni stesso è come un rivolo sgorgato per noi, che dall'alto ha fatto arrivare fino a noi il Verbo: lo ha abbassato e quasi sotterrato, affinché non ci spaventassimo della sua altezza, ma ci accostassimo a Colui che si è umiliato per noi.
13. Senza dubbio l'espressione: Il Padre non giudica nessuno, ma ha rimesso al Figlio ogni giudizio contiene, se badiamo bene, un significato vero e vigoroso. Questa espressione significa che agli uomini nel giudizio non si mostrerà se non il Figlio. Il Padre non si vedrà, il Figlio sì. In che forma il Figlio sarà visibile? Nella forma in cui è asceso al cielo. Nella forma di Dio è occulto come il Padre, mentre nella forma di servo si è reso visibile. Il Padre - dunque - non giudica nessuno, ma ha rimesso al Figlio ogni giudizio; s'intende ogni giudizio in forma visibile. In questo giudizio in forma visibile giudicherà il Figlio, perché è lui che apparirà a coloro che dovranno essere giudicati. La Scrittura ci dice assai chiaramente che egli comparirà in modo visibile. Quaranta giorni dopo la sua risurrezione ascese al cielo alla vista dei suoi discepoli (At 1, 3 9); e un angelo disse loro: Uomini di Galilea, perché state guardando in cielo? Questo Gesù che, tolto a voi, è stato elevato al cielo, verrà nello stesso modo in cui l'avete veduto salire al cielo (At 1, 11). Come lo videro salire? Con la medesima carne che essi avevano toccato e palpato, in cui avevano perfino verificato, toccandole, le ferite; in quel corpo con cui per quaranta giorni era andato avanti e indietro assieme a loro, manifestandosi a loro realmente, non illusoriamente come un fantasma, un'ombra, uno spirito, ma, come egli stesso dichiarò, senza alcun inganno: Palpatemi e costatate: uno spirito non ha carne ed ossa, come vedete che ho io (Lc 24, 39). Senza dubbio quel corpo non soggetto alla morte né a invecchiamento, merita di abitare fin d'ora in cielo. L'età della giovinezza, alla quale Cristo giunse crescendo dall'infanzia, non conosce declino verso la vecchiaia, permane eternamente nella maturità raggiunta al momento della sua ascensione, e così apparirà a coloro ai quali volle fosse predicata la sua parola prima della sua venuta. Verrà dunque nella forma di uomo; la vedranno anche gli empi, la vedranno quelli che saranno alla sua destra e la vedranno anche i separati alla sua sinistra, così come sta scritto: Vedranno colui che hanno trafitto (Zc 12, 10; Gv 19, 37). Se vedranno colui che hanno trafitto, vuol dire che vedranno il corpo stesso che hanno trafitto con la lancia: la lancia non può trafiggere il Verbo. Gli empi potranno vedere solo ciò che hanno potuto ferire. Non potranno vedere Dio nascosto nel corpo. Potranno vederlo, dopo il giudizio, coloro che saranno, alla sua destra. Questo è dunque il senso delle parole: Il Padre non giudica nessuno ma ha rimesso al Figlio ogni giudizio: il Figlio verrà per il giudizio in modo visibile, e soltanto lui si presenterà agli uomini nel corpo umano, e dirà a quelli che saranno a destra: Venite, benedetti del Padre mio, a ricevere il regno, e a quelli che saranno alla sua sinistra: Andate al fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli (Mt 25, 34 41).
[Non tutti potranno vedere Dio.]
14. Ecco, apparirà la forma di uomo ai buoni e ai cattivi, ai giusti e agli iniqui, ai fedeli e agli infedeli, a quelli che saranno nella gioia e a quelli che saranno nel pianto, a quelli che saranno pieni di confidenza e a quelli che saranno pieni di confusione: apparirà agli occhi di tutti. Una volta vista quella forma nel giudizio, e una volta compiuto il giudizio, secondo quanto è stato detto: che il Padre non giudica nessuno ma ha rimesso al Figlio ogni giudizio, perché il Figlio apparirà nel giudizio in quella medesima forma che prese da noi; che cosa avverrà poi? quando si potrà vedere la forma di Dio che tutti i fedeli sospirano? quando si potrà vedere quel Verbo che era in principio, Dio presso Dio, per mezzo del quale sono state fatte tutte le cose? quando si potrà vedere quella forma di Dio della quale l'Apostolo dice: Lui di natura divina, non tenne per sé gelosamente l'essere pari a Dio (Fil 2, 6)? Eccelsa è quella natura nella quale si riconosce l'uguaglianza del Padre e del Figlio: è ineffabile, incomprensibile, soprattutto a noi che siamo tanto piccoli. Quando si potrà vedere? Ecco, a destra ci sono i giusti e a sinistra gli iniqui; tutti ugualmente vedono l'uomo, vedono il Figlio dell'uomo, vedono colui che fu trafitto, che fu crocifisso, che fu umiliato; vedono colui che è nato dalla Vergine, vedono l'agnello della tribù di Giuda; ma il Verbo, Dio presso Dio, quando lo vedranno? Egli sarà presente anche allora, ma sarà visibile soltanto la forma di servo. Apparirà la forma di servo ai servi, e sarà riservata la forma di Dio ai figli. I servi, dunque, diventino figli; quelli che sono alla destra vadano a prendere possesso dell'eredità eterna promessa loro da tempo, e nella quale i martiri credettero senza vederla e per la cui promessa non esitarono a versare il loro sangue. Vadano e vedranno. E quando vi andranno, cosa vedranno? Lo dica il Signore stesso: Andranno quelli al fuoco eterno, i giusti invece alla vita eterna (Mt 25, 46).
[L'amore non sarà deluso.]
15. Ecco, ha nominato la vita eterna. Forse ci ha detto questo perché là vedremo e conosceremo il Padre e il Figlio? Che senso avrebbe vivere in eterno, se non dovessimo vedere il Padre e il Figlio? Ascolta un altro passo in cui il Signore nomina la vita eterna e spiega che cosa è la vita eterna (cf. Gv 17, 3). Non temere, non t'inganno. Non invano ho fatto questa promessa ai miei amici: Chi ha i miei comandamenti e li osserva: ecco chi mi ama; e colui che mi ama sarà amato dal Padre mio, e anch'io lo amerò e mi manifesterò a lui (Gv 14, 21). Rispondiamo al Signore e diciamogli: Signore Dio nostro, è una così grande cosa se ti manifesterai a noi? e che? non ti sei manifestato anche ai Giudei? non ti hanno visto anche quelli che ti hanno crocifisso? ti manifesterai nel giudizio, quando staremo alla tua destra: forse che allora non ti vedranno anche quelli che staranno alla tua sinistra? che significa che ti manifesterai a noi? forse che adesso, mentre ci parli, non ti vediamo? Il Signore risponde: Io mi manifesterò nella forma di Dio, adesso vedete soltanto la forma di servo. Non ti defrauderò, o uomo fedele! credi e vedrai. Tu mi ami e non mi vedi: sarà proprio l'amore che ti porterà a vedere. Ama e persevera nell'amore; non defrauderò il tuo amore; io che ho mondato il tuo cuore. A che scopo infatti ho mondato il tuo cuore, se non perché tu potessi vedere Dio? Infatti beati i mondi di cuore, perché vedranno Dio (Mt 5, 8). Ma questo - ribatte il servo quasi discutendo con il Signore -, questo non l'hai spiegato quando hai detto: I giusti andranno alla vita eterna. Tu non hai detto: Andranno a vedermi nella forma di Dio e andranno a vedere il Padre, al quale io sono uguale. Tieni conto di quello che altrove ha detto: Questa è la vita eterna: che conoscano te, il solo vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo (Gv 17, 3).
16. Ebbene, dopo il giudizio, che il Padre ha rimesso totalmente al Figlio, non giudicando lui nessuno, che cosa accadrà? Come è il seguito? Affinché tutti onorino il Figlio come onorano il Padre. I Giudei onoravano il Padre, ma disprezzavano il Figlio. Il Figlio infatti veniva considerato come servo e il Padre veniva onorato come Dio. Il Figlio si presenterà come uguale al Padre affinché tutti onorino il Figlio come onorano il Padre ... Questo è quanto noi ora crediamo. Non ci venga a dire il Giudeo: io onoro il Padre, ma il Figlio che c'entra? Ecco la risposta: Chi non onora il Figlio, non onora il Padre (Gv 5, 23). Sei un mentitore: insultando il Figlio, rechi ingiuria al Padre. Il Padre ha mandato il Figlio e tu disprezzi il suo inviato. Come puoi dire che onori colui che lo ha inviato, se bestemmi l'inviato?
17. Ecco, dirà qualcuno, il Figlio è l'inviato; quindi il Padre che lo ha inviato, è più grande. Guardati da ogni interpretazione grossolana. L'uomo vecchio ti suggerisce immagini vecchie, ma tu devi riconoscere la novità che c'è nell'uomo nuovo. Egli che è nuovo per te, ma che è più antico del mondo, che è perpetuo ed eterno, ti richiami all'intelligenza spirituale. Il Figlio è forse inferiore perché si dice che è stato inviato? Si parla di "missione", non di "separazione". Nelle cose umane, rispondi, è questo che si vede: chi manda è superiore a chi viene mandato. Ma le cose umane ingannano l'uomo, le cose divine, invece, lo purificano. Non badare alle cose umane, dove chi manda appare superiore a chi viene mandato. Quantunque le stesse cose umane ti smentiscano: così, ad esempio, quando uno cerca moglie e non può farlo da sé, manda un amico a lui superiore a chiederla. E ci sono molti altri casi in cui si sceglie uno che è superiore per inviarlo ad un altro che è inferiore. Perché trovi tanta difficoltà nel fatto che uno manda e l'altro è mandato? Il sole invia i suoi raggi e non se ne separa; la luna invia il suo splendore senza compiere alcuna separazione; e lo stesso succede con la luce che una lampada diffonde. In queste cose vedo un invio senza separazione. Ora, se cerchi degli esempi nelle cose umane, o eretica vanità (benché, come ho detto, le stesse cose umane in molti casi forniscano argomenti convincenti contro di te), tuttavia considera la grande differenza che esiste tra le cose divine e quelle umane dalle quali cerchi esempi per quelle divine. L'uomo che manda non va, rimane fermo; va colui che è mandato. Colui che manda si muove forse insieme a colui che è mandato? Ma il Padre che manda il Figlio, non si separa dal Figlio. Ascolta quello che dice lo stesso Signore: Ecco, viene l'ora in cui vi disperderete ciascuno per conto suo e mi lascerete solo; ma io non sono solo, perché il Padre è con me (Gv 16, 32). Come ha potuto mandare quello con il quale è venuto? come ha potuto mandare quello dal quale non si è allontanato? Altrove dice: Il Padre, il quale dimora in me, compie le sue opere (Gv 14, 10). Ecco, il Padre è presente in lui e in lui opera. Colui che invia non si è allontanato dall'inviato, perché l'inviato e colui che lo invia sono una medesima cosa.
26 - I demoni tengono un conciliabolo nell'inferno contro Maria santissima.
La mistica Città di Dio - Libro terzo - Suor Maria d'Agreda
Leggilo nella Biblioteca322. Come ho già detto nel capitolo undicesimo, nell'istante in cui si compì l'ineffabile mistero dell'incarnazione, Lucifero e tutto l'inferno sperimentarono la virtù del braccio onnipotente dell'Altissimo, il quale li precipitò nel più profondo delle caverne infernali. Là dimorarono ridotti all'impotenza per alcuni giorni, sino a che lo stesso Signore, nella sua ammirabile provvidenza, concesse loro di sollevarsi da quell'abbattimento, di cui essi ignoravano la causa. Il grande drago dunque si rialzò e si recò nel mondo per girare la terra in lungo e in largo, al fine di indagare se vi fosse qualche novità che potesse essere la causa di ciò che egli e tutti i suoi seguaci avevano sperimentato in se stessi. Il superbo principe delle tenebre non volle affidare tale ricerca solo ai suoi compagni, ma uscì egli medesimo con loro e, percorrendo la sfera terrestre con somma astuzia e malignità, la esplorò e scrutò ripetutamente per scoprire ciò che bramava. Spese in queste ricerche tre mesi e alla fine ritornò all'inferno del tutto ignaro della verità così come ne era uscito, perché tali misteri divini non avvenivano in modo che egli potesse comprenderli. La sua malignità era così tenebrosa che non poteva godere dei loro ammirabili effetti, né per essi avrebbe glorificato e benedetto il loro Creatore, come facciamo noi, per i quali fu compiuta la redenzione.
323. Il nemico di Dio era estremamente confuso ed abbattuto, senza sapere a che cosa dovesse attribuire la sua nuova disavventura. Per discutere il caso convocò tutte le squadre infernali, senza eccettuare alcun demonio. Postosi in alto in quel conciliabolo, fece questo discorso: « Sapete bene, sudditi miei, la sollecitudine grande che, da quando Dio ci precipitò dalla sua casa e distrusse il nostro potere, ho impiegato a vendicarmi, facendo in modo di annientare la sua potenza. Sebbene non possa toccare lui direttamente, quanto agli uomini che egli ama non ho perduto tempo né occasione per sottometterli al mio dominio. Con le mie forze ho popolato il mio regno, e ho tante genti e nazioni che mi seguono e mi ubbidiscono. Ogni giorno, poi, guadagno innumerevoli anime, allontanandole dalla conoscenza di Dio e dall'obbedienza a lui, perché non giungano a godere ciò che noi perdemmo. Anzi, devo condurle in queste pene eterne che noi soffriamo, perché hanno seguito la mia dottrina e le mie orme; su di loro scaricherò l'ira che ho concepito contro il loro Creatore. Quanto ho detto, però, mi sembra poco, e sono sempre sbalordito per la novità che abbiamo sperimentato, perché non ci era ancora capitata cosa simile da quando fummo precipitati dal cielo, né mai tanta forza ci ha oppressi e schiacciati, e riconosco che le vostre forze e le mie si sono molto indebolite. Questo effetto così nuovo e straordinario senza dubbio deriva da nuove cause, e in questa fiacchezza ho un gran timore che il nostro impero venga distrutto».
324. «Questa faccenda richiede una grande attenzione: il mio furore è costante e l'ira della mia vendetta non è placata. Sono uscito, ho girato tutta la terra, ho esaminato accuratamente tutti i suoi abitanti, ma non ho trovato nulla di particolare. Quanto alle donne virtuose e perfette del genere di quella nostra nemica che conoscemmo in cielo, tutte le ho considerate attentamente per incontrarla fra esse, ma non trovo indizi che sia già nata, perché non ne scopro una con le qualità che sembra debba avere colei che deve essere madre del Messia. Una giovane che temevo per le sue grandi virtù e che perseguitai nel tempio, è già maritata, perciò non può essere quella che cerchiamo, perché Isaia ha detto che sarebbe stata vergine. Tuttavia la temo e la detesto, perché è possibile che, essendo tanto virtuosa, stia per nascere da lei la madre del Messia o di qualche grande profeta. Finora non ho potuto assoggettarla in cosa alcuna, e deJla sua vita conosco meno di quella delle altre. Sempre mi ha opposto un'invincibile resistenza e facilmente mi si cancella dalla memoria; quando poi me ne ricordo, non posso avvicinarmi a lei. Non so se questa difficoltà e questa dimenticanza siano misteriose, o dipendano dal disprezzo che nutro per una donnicciola; ma rientrerò in me stesso, perché in due occasioni in questi giorni, mi ha dato ordini e noi non abbiamo potuto resistere alla sua autorità ed alla magnanimità con la quale ci ha tolto il possesso delle persone dalle quali ci ha scacciati. Questa cosa è davvero degna di riflessione, e la donna, solo per quello che ci ha mostrato in queste occasioni, merita il mio sdegno. Perciò sono determinato a perseguitarla e a sottometterla e voglio che voi mi aiutiate in questa impresa con tutte le vostre forze e con ogni malizia, perché colui che più si distinguerà in questa vittoria, riceverà grandi premi dal mio grande potere».
325. Tutta la canaglia infernale, in attento ascolto di Lucifero, lodò e approvò le sue mire e gli disse di non affliggersi per il fatto che a causa di quella donna venissero annullati o diminuiti i suoi trionfi, poiché il suo potere era tanto consolidato e sotto di esso teneva quasi tutto il mondo. Subito si misero a discutere sui mezzi che avrebbero scelto per perseguitare Maria santissima come donna di eccezionale santità e virtù, e non come madre del Verbo incarnato, poiché allora, come ho già detto, i demoni ignoravano il mistero nascosto. Da questo accordo risultò immediatamente, alla Principessa celeste, una lunga contesa con Lucifero e con i suoi ministri di malvagità, nella quale avrebbe dovuto fracassare più volte la testa al drago infernale. Questa fu una decisiva e memorabile battaglia nella vita della grande Signora, ma in seguito, dopo la salita al cielo del suo santissimo Figlio, ne sostenne un'altra maggiore, come riferirò più avanti, assai misteriosa, nella quale era già conosciuta da Lucifero come madre di Dio. San Giovanni ne parla nel capitolo dodicesimo dell'Apocalisse.
326. La provvidenza dell'Altissimo fu ammirabile nella preparazione dei misteri incomparabili dell'incarnazione ed essa è tuttora alla guida della Chiesa cattolica. Senza dubbio a questa forte e soave Provvidenza conveniva nascondere ai demoni molte cose che non è bene che essi penetrino, sia perché sono indegni di conoscere i santi misteri, sia perché in questi nemici si deve manifestare di più il potere divino, affinché ad esso stiano sottomessi. Inoltre, con l'ignoranza da parte loro delle opere di Dio, l'ordine della Chiesa e l'esecuzione di tutti i misteri che egli ha operato in essa hanno un corso più agevole, e così l'ira smisurata del demonio viene meglio tenuta a freno in ciò che sua Maestà non vuole permettergli. Certamente Dio può e potrebbe sempre opprimerlo e trattenerlo, ma egli dispone tutto nel modo più conveniente alla sua bontà infinita. Perciò l'Altissimo nascose a questi nemici la dignità di Maria santissima, il modo miracoloso della sua gravidanza e la sua integrità verginale prima e dopo il parto, cosa che, avendole dato uno sposo, rimaneva ancor più nascosta. Neppure conobbero la divinità di Cristo nostro Signore, con infallibile sicurezza, sino all'ora della sua morte. A quel punto furono loro rivelati molti misteri della redenzione, nei quali si erano ingannati e sbagliati. Se avessero conosciuto ciò prima, avrebbero procurato di impedire la morte di Gesù, come dice l'Apostolo, invece di incitare i Giudei a crocifiggerlo, come diremo a suo tempo. Inoltre, avrebbero preteso di impedire la redenzione, e di manifestare al mondo che Cristo era vero Dio. Perciò, quando san Pietro lo riconobbe e confessò, egli comandò a lui e agli altri Apostoli di non dirlo a nessuno. Anche se per i miracoli che il Salvatore faceva e per i demoni che egli scacciava dai corpi, come riferisce san Luca, essi si insospettivano che egli fosse il Messia e lo chiamavano Figlio di Dio altissimo, sua Maestà non consentiva che lo dicessero. Tuttavia, neppure lo affermavano, per quanto ne fossero certi, perché subito svanivano in loro tali sospetti nel vedere Cristo nostro Signore povero, disprezzato e affaticato, dato che non compresero mai il mistero dell'umiltà del Salvatore. La loro stolta superbia li accecava.
327. Lucifero dunque ignorava che Maria santissima fosse madre di Dio, quando le preparò la suddetta persecuzione. Perciò, anche se questa fu terribile, fu più crudele l'altra che ella patì in seguito, quando egli seppe chi era. Se in questa occasione avesse compreso che ella era la stessa che aveva visto in cielo vestita di sole e che gli avrebbe schiacciato la testa, si sarebbe infuriato e consumato nella sua rabbia, trasformandosi in lampi d'ira. Se soltanto considerandola donna santa e perfetta si sdegnarono tutti così tanto, è certo che, se avessero conosciuto la sua eccellenza, avrebbero posto sottosopra tutta la natura, per quanto avessero potuto, per perseguitarla e toglierle la vita. Se da una parte il drago e la sua masnada ignoravano il mistero nascosto della divina Signora, dall'altra però sperimentavano in lei una virtù così potente e vedevano una santità così singolare, che, agitati e confusi, cercavano di fare congetture, domandandosi a vicenda chi mai potesse essere quella donna, contro la quale essi riconoscevano così deboli le loro forze e se, per caso, fosse quella destinata ad occupare il primo posto fra le creature.
328. Altri rispondevano che non era possibile che quella donna fosse la Madre del Messia che attendevano i fedeli, perché, oltre ad aver marito, entrambi erano molto poveri ed umili, poco apprezzati dal mondo e non si manifestavano con miracoli e prodigi, né si lasciavano stimare né temere dagli uomini. Essendo Lucifero e i suoi seguaci tanto superbi, non sapevano persuadersi che un così estremo disprezzo di se stessa e una così rara umiltà fossero compatibili con la grandezza e dignità di Madre di Dio. Poiché gli era dispiaciuto tanto vedere in se stesso un'eccellenza minore, Lucifero riteneva che chi era onnipotente non avrebbe potuto scegliere per sé una cosa del genere. Alla fine lo ingannarono la sua stessa arroganza e folle superbia, che sono i vizi più tenebrosi per accecare l'intelletto e per corrompere la volontà. Perciò Salomone ha detto che la loro malizia li aveva accecati, perché non potessero comprendere che il Verbo eterno avrebbe scelto proprio tali mezzi per abbattere l'alterigia di questo drago, i cui pensieri erano distanti dai giudizi dell'altissimo Signore più che il cielo dalla terra. Infatti era convinto che Dio sarebbe sceso nel mondo contro di lui con grande spiegamento di forze e strepitosa ostentazione, umiliando con potenza i superbi, i principi e i monarchi che il demonio teneva schiavi dell'orgoglio. Ciò fu evidente in tanti che precedettero la venuta di Cristo nostro Signore, così pieni di superbia e presunzione, che sembravano aver perso il senno e la cognizione di essere mortali e terreni. Lucifero misurava tutto ciò col suo giudizio e pensava che Dio dovesse procedere in questa venuta nel modo in cui egli stesso aveva agito col suo furore contro le opere di nostro Signore.
329. Ma sua Maestà, che è sapienza infinita, operò tutto contrariamente alle supposizioni di Lucifero, perché, per vincerlo, venne non con la sola sua onnipotenza, ma con l'umiltà, la mansuetudine, la povertà e l'ubbidienza, che sono le armi della sua milizia, e non con ostentazione, sfarzo e vanità mondana, che si alimentano con le ricchezze terrene. Entrò nel mondo senza clamore e di nascosto; si scelse una madre povera, venne a disprezzare tutto ciò che il mondo apprezza e ad insegnare la scienza della vita con la parola e con l'esempio. Così il demonio si trovò ingannato e vinto proprio con i mezzi che più l'opprimono e lo tormentano.
330. Lucifero, ignorando tutti questi misteri, per alcuni giorni osservò la condizione naturale di Maria santissima, la sua costituzione, il temperamento, le inclinazioni, la pacatezza delle sue azioni tanto uguali e misurate, dal momento che queste cose non gli venivano nascoste. Vedendo che tutto ciò era così perfetto, che la sua natura era così dolce, che il tutto insieme era un muro invincibile, tornò a consultare i demoni, proponendo loro la difficoltà che sperimentava nel tentare quella donna, poiché questa impresa richiedeva la massima cura. Essi macchinarono allora grandi e diverse tentazioni per attaccarla, aiutandosi gli uni gli altri a questo scopo. Nei seguenti capitoli parlerò del modo in cui realizzarono ciò, del trionfo che la Regina del cielo riportò su tutti questi nemici e delle loro perverse e maligne trame escogitate con iniquità.
Insegnamento che mi diede la Regina del cielo
331. Figlia mia, ti desidero molto cauta ed attenta, perché tu non sia posseduta dall'ignoranza e dalle tenebre, dalle quali comunemente restano accecati i mortali dimenticandosi della loro salvezza eterna, senza considerare il pericolo in cui sono, a causa della incessante persecuzione di cui i demoni li fanno oggetto per rovinarli. Gli uomini dormono, riposano e si trascurano, come se non avessero nemici forti e vigilanti. Questa spaventosa sconsideratezza dipende da due cause. La prima è che gli uomini sono così immersi in ciò che è terreno, animale e sensibile, che avvertono solo le ferite che toccano i loro sensi, mentre tutto ciò che avviene nel loro interno, a loro giudizio non li danneggia. L'altra ragione è che i principi delle tenebre sono invisibili e sfuggono ai sensi e, poiché gli uomini carnali non li toccano, né li vedono o sentono, si dimenticano di temerli, mentre proprio per questo dovrebbero essere più attenti e solleciti, dato che i nemici invisibili sono più astuti e abili nel colpire a tradimento. Perciò il pericolo è tanto più certo, quanto è meno manifesto, e le ferite tanto più mortali, quanto meno sensibili e percettibili.
332. Ascolta, figlia, le verità più importanti per la vita vera ed eterna. Fa' attenzione ai miei consigli, metti in pratica il mio insegnamento e custodisci i miei avvertimenti, perché se li trascuri, non ti parlerò. Considera quello che finora non hai conosciuto circa la natura di questi nemici. Sappi dunque che nessun intelletto, né lingua di uomini o di angeli può esprimere l'ira e la rabbia furiosa che Lucifero e i suoi demoni nutrono per i mortali, per il fatto che sono immagini di Dio e capaci di goderlo eternamente. Solamente lo stesso Signore comprende l'iniquità e la malvagità di quello spirito superbo che si è ribellato al suo santo nome e al suo culto. Se col suo onnipotente braccio non tenesse oppressi questi nemici, essi in un momento distruggerebbero il mondo e, più feroci di leoni famelici, draghi e fiere, farebbero a pezzi tutti gli uomini riducendo in brandelli le loro carni. Ma il pietosissimo Padre delle misericordie frena questa ira e custodisce tra le braccia i suoi figli, perché non cadano vittime del furore di questi lupi infernali.
333. Considera dunque ora, e medita attentamente, per quanto ti è possibile, se vi è un dolore così penoso, come il vedere che tanti uomini sono ottenebrati e dimentichi di tale pericolo e che, alcuni per leggerezza, per futili motivi, per un piacere breve e momentaneo, altri per negligenza ed altri ancora per i loro desideri sregolati, si sottraggono volontariamente alla protezione dell'Altissimo. Essi si mettono nelle mani furenti di nemici così empi e crudeli, i quali non riversano su di loro il furore per un'ora, un giorno, un mese o un anno, ma lo fanno eternamente con indicibili ed inimmaginabili tormenti. Stupisci, figlia mia, e trema, vedendo quanto sia spaventosa la stoltezza dei mortali impenitenti e come i fedeli, che conoscono ciò per fede, abbiano perso il senno, fuorviati ed accecati dal demonio pur in mezzo alla luce che la vera fede cattolica che professano offre loro, al punto di non rendersi conto del pericolo e di non sapersene allontanare!
334. Perché poi tu maggiormente te ne guardi con timore, sappi che questo drago ti sta esaminando e spiando dal momento in cui sei stata creata. Notte e giorno ti si aggira intorno senza riposare, attendendo l'occasione opportuna per avventarsi su di te. Egli osserva le tue naturali inclinazioni ed anche le grazie del Signore, per muoverti guerra con le tue stesse armi. Si consulta con altri demoni sulla tua rovina e promette premi a quelli che più si impegneranno a tal fine. Perciò essi pesano le tue azioni con grande accuratezza, misurano i tuoi passi, e tutti si affannano a lanciarti lacci e a tenderti insidie in qualunque opera ed azione che tu cerchi di fare. Voglio che mediti tutte queste verità nel Signore, in cui conoscerai fin dove arrivano e dopo confrontale con la tua esperienza, così comprenderai, se è assennato dormire fra tanti pericoli. Anche se questa vigilanza deve stare a cuore a tutti, a te deve importare ancor più che a chiunque altro per ragioni speciali, che ora non sto a rivelarti interamente. Sappi comunque, e di ciò non devi dubitare, che ti conviene vivere vigilantissima ed attenta e che ti basta conoscere la tua indole condiscendente e fragile, perché i tuoi nemici se ne approfitteranno.
Ancora medici nel caso
Beata Alexandrina Maria da Costa
« ... Si sta avverando il mio presentimento circa l'esame del dott. Abele Pacheco. Parlai col medico Azevedo ed egli mi disse che è quasi indispensabile, ma che ripensassi la cosa davanti al Signore. Se poi intendessi che non si deve fare non si farebbe. Però il Signore mi ha dato questi sentimenti: "di mettermi nelle mani dei medici come Lui si è consegnato alla morte; solo così il mio sacrificio sarà completo". Che mi dice al riguardo?... » (lettera a p. Pinho, 28-3-1941).
« ... La giornata di oggi non trascorse senza che cadesse su di me un dolore dell'anima e del cuore ben difficile da sopportare. Al calar della notte si scatenò una delle più tremende tempeste. Incominciai a sentire una rivolta e un fortissimo desiderio di impormi perché i medici non vengano per il loro esame per rimanere libera da molte umiliazioni e dispiaceri. Sentivo in me forte resistenza, non volevo consegnarmi al dolore; volevo soffrire tutto come se nulla sentissi. Ed allora cadde su di me tutta la rabbia infernale: ho capito che era opera dell'inferno. I demoni erano rabbiosi, volevano inghiottire tutto il mio corpo. Dopo ero rivoltata soprattutto contro il medico Azevedo; mi pareva di avere contro di lui un odio di morte e che ero io stessa a volerlo mordere per farlo a pezzi e frantumarlo. Che tempesta tremenda! Solo nelle braccia di Gesù e della cara Mammina potevo essere sicura di non offendere il mio Dio. Se il mondo sapesse le insidie del nemico, i lacci che prepara alle anime per farle peccare!... Penso di non avere disgustato il mio Gesù, perché io voglio solo quello che Lui vuole e non mai offenderlo... » (lettera a p. Pinho, 5-4-1941).
« ... Il medico mi ha scritto per dirmi che è andato a Braga ma che non lo ha trovato; però le scriverà per dirle ciò che succede. Ha già parlato col dott. Abele Pacheco il quale è pronto a venire per l'esame. Il medico di malattie nervose non viene e non ha assicurato di venire anche in seguito. Non so ancora il giorno in cui sarò esaminata. Me lo comunicherà? Preghi per me affinché Gesù mi dia forza... » (lettera a p. Pinho, 6-4-1941).
« ... Padre mio, se mi desse il permesso di chiedere a Gesù il paradiso al più presto!... Non è per fuggire il dolore, ma perché la mia sofferenza e la Crocifissione sta diventando troppo conosciuta. Vorrei fuggire il mondo affinché non mi conosca più oltre. Oh la mia crocifissione quanti tormenti mi ha portato! Ho tanta nostalgia del tempo in cui Gesù mi parlava sovente e nessuno sapeva della mia vita se non colui che per diritto doveva sapere... » (lettera a p. Pinho, 25-4-1941).
« ... Verso sera a complemento del mio dolore ho ricevuto dal degnissimo medico Azevedo la notizia che giovedì, primo maggio, sarebbe venuto il dottor Abele Pacheco di Oporto per l'esame. Fu come una lancia che mi trafisse il cuore e lo inchiodasse crudelmente sulla nuda terra. Ed era contro la terra che esso sanguinava di dolore. Venne il lunedì e lo passai nella stessa sofferenza. Volevo sfogarmi per buttar fuori i timori e la vergogna che mi tormentavano. Mi ricordai che era una buona occasione per consolare e riparare il mio Gesù soffrendo in silenzio con Lui; Gli ho offerto il sacrificio in silenzio e gli ho promesso di non parlare. Mi è costato molto ma con Gesù ho vinto... Ho preparato con cura e gioia l'altarino di Mammina... Le ho scritto una lettera e la posi ai suoi piedi per il primo giorno del suo mese. Confido che mi farà quanto le ho chiesto...
Venne il giovedì; fu molto triste: attendevo i medici. Che tormento! Dicevo tra me: "Primo maggio come sei penoso! Cosa avverrà ancora prima della fine?".
Nella comunione ho offerto il sacrificio che dovevo affrontare; e l'offersi per quelle anime che vanno dai medici col fine di peccare e di offendere Gesù. Ho implorato la forza del Cielo; ho chiesto luce e amore allo Spirito Santo, il soccorso della Santissima Trinità, di Gesù sacramentato, della cara Mammina, di san Giuseppe, santa Teresina, santa Gemma ecc. Venne l'ora e fui esaminata. Mi costarono molto i dolori del corpo ma anche quelli dell'anima. Che umiliazione! Appena i medici se ne andarono volevo piangere; a stento nascosi le lagrime. Dissi a Gesù che non piangevo affinché anche Lui non piangesse per i peccati del mondo. Alzai lo sguardo verso la cara Mammina e le dissi: - Sono pronta ad altro sacrificio... Dillo a Gesù per me. Fa' che io soffra! Fa' che io ami! Voglio morire di amore. - Ebbi per tutto il giorno il corpo e l'anima in un mare di dolore!... » (lettera a p. Pinho, 2-5-1941).
Fui avvisata dal dott. Azevedo che sarebbe stato meglio ritornare a Oporto per consultare il dott. Gomes de Araujo. Pregai per un mese per sapere se questa era la volontà di Dio. Più chiedevo luce e più aumentavano le tenebre e più profondo diveniva il dolore dell'anima perché non sapevo cosa fare. Finalmente il Signore mi disse che voleva che io partissi. « ... Peccato che il mondo non conosca l'amore che Gesù porta alle anime! Lo vedremmo più amato e meno offeso. Finalmente Gesù mi ha illuminata. Andremo ad Oporto. È volontà sua per aumentare la mia sofferenza. Sarà anche per sua maggior gloria. Lui lo sa. Ho sofferto nel chiedergli luce e non averla. Ma ora la mia agonia è ancora maggiore. Ho tanta vergogna, tanta paura. Mio Dio, sia per tuo amore!... » (lettera al dott. Azevedo, 3-7-1941).
« ... Mi trovo in una notte oscura e senza una goccia di rugiada. Non v'è balsamo per il dolore della mia anima. Vedo di lontano i colpi che feriranno il mio cuore. Stento a respirare per il peso delle umiliazioni. All'idea delle sofferenze che mi porterà il mio viaggio ad Oporto, dico fra me: - Vado al giudizio. - ... Oppressa e annientata da questo dolore, penso: - E' per Gesù, per le anime! - E allora tutto il mio essere si trasforma in un solo pensiero: - Dio in tutto e al di sopra di tutto. -
Trascorrerei tutta la mia vita a pensare solo a Dio. Tutto passa, Dio solo rimane. Il pensiero di Dio abbraccia cielo e terra. Mi sprofondo in Lui. Posso amarlo e pensarlo tutta l'eternità. Questo pensiero mi solleva; soltanto così addolcisco il mio dolore e posso sorridere al quadro triste e doloroso che mi si presenta. Fingo di esser in una grande gioia per il mio viaggio a Oporto, per rallegrare i miei, affinché non comprendano il dolore del mio cuore... » (lettera a p. Pinho, 14-7-1941).