Sotto il Tuo Manto

Martedi, 10 giugno 2025 - Santa Faustina di Cizico (Letture di oggi)

Quale gioia pensare che il buon Dio è giusto, cioè che tiene conto delle nostre debolezze, che conosce perfettamente la fragilità  della nostra natura. (Santa Teresina di Lisieux)

Liturgia delle Ore - Letture

Lunedi della 3° settimana del tempo ordinario

Questa sezione contiene delle letture scelte a caso, provenienti dalle varie sezioni del sito (Sacra Bibbia e la sezione Biblioteca Cristiana), mentre l'ultimo tab Apparizioni, contiene messaggi di apparizioni a mistici o loro scritti. Sono presenti testi della Valtorta, Luisa Piccarreta, don Stefano Gobbi e testimonianze di apparizioni mariane riconosciute.

Vangelo secondo Marco 13

1Mentre usciva dal tempio, un discepolo gli disse: "Maestro, guarda che pietre e che costruzioni!".2Gesù gli rispose: "Vedi queste grandi costruzioni? Non rimarrà qui pietra su pietra, che non sia distrutta".3Mentre era seduto sul monte degli Ulivi, di fronte al tempio, Pietro, Giacomo, Giovanni e Andrea lo interrogavano in disparte:4"Dicci, quando accadrà questo, e quale sarà il segno che tutte queste cose staranno per compiersi?".

5Gesù si mise a dire loro: "Guardate che nessuno v'inganni!6Molti verranno in mio nome, dicendo: "Sono io", e inganneranno molti.7E quando sentirete parlare di guerre, non allarmatevi; bisogna infatti che ciò avvenga, ma non sarà ancora la fine.8Si leverà infatti nazione contro nazione e regno contro regno; vi saranno terremoti sulla terra e vi saranno carestie. Questo sarà il principio dei dolori.
9Ma voi badate a voi stessi! Vi consegneranno ai sinedri, sarete percossi nelle sinagoghe, comparirete davanti a governatori e re a causa mia, per render testimonianza davanti a loro.10Ma prima è necessario che il vangelo sia proclamato a tutte le genti.11E quando vi condurranno via per consegnarvi, non preoccupatevi di ciò che dovrete dire, ma dite ciò che in quell'ora vi sarà dato: poiché non siete voi a parlare, ma lo Spirito Santo.12Il fratello consegnerà a morte il fratello, il padre il figlio e i figli insorgeranno contro i genitori e li metteranno a morte.13Voi sarete odiati da tutti a causa del mio nome, ma chi avrà perseverato sino alla fine sarà salvato.

14Quando vedrete 'l'abominio della desolazione' stare là dove non conviene, chi legge capisca, allora quelli che si trovano nella Giudea fuggano ai monti;15chi si trova sulla terrazza non scenda per entrare a prender qualcosa nella sua casa;16chi è nel campo non torni indietro a prendersi il mantello.17Guai alle donne incinte e a quelle che allatteranno in quei giorni!18Pregate che ciò non accada d'inverno;19perché quei giorni saranno 'una tribolazione, quale non è mai stata dall'inizio della creazione', fatta da Dio, 'fino al presente', né mai vi sarà.20Se il Signore non abbreviasse quei giorni, nessun uomo si salverebbe. Ma a motivo degli eletti che si è scelto ha abbreviato quei giorni.21Allora, dunque, se qualcuno vi dirà: "Ecco, il Cristo è qui, ecco è là", non ci credete;22perché sorgeranno falsi cristi e falsi profeti e faranno segni e portenti per ingannare, se fosse possibile, anche gli eletti.23Voi però state attenti! Io vi ho predetto tutto.

24In quei giorni, dopo quella tribolazione,

'il sole si oscurerà
e la luna non darà più il suo splendore'
25'e gli astri si metteranno a cadere' dal cielo
'e le potenze che sono nei cieli' saranno sconvolte.

26Allora vedranno 'il Figlio dell'uomo venire sulle nub'i con grande potenza e gloria.27Ed egli manderà gli angeli e riunirà i suoi eletti dai quattro venti, dall'estremità della terra fino all'estremità del cielo.

28Dal fico imparate questa parabola: quando già il suo ramo si fa tenero e mette le foglie, voi sapete che l'estate è vicina;29così anche voi, quando vedrete accadere queste cose, sappiate che egli è vicino, alle porte.30In verità vi dico: non passerà questa generazione prima che tutte queste cose siano avvenute.31Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno.32Quanto poi a quel giorno o a quell'ora, nessuno li conosce, neanche gli angeli nel cielo, e neppure il Figlio, ma solo il Padre.

33State attenti, vegliate, perché non sapete quando sarà il momento preciso.34È come uno che è partito per un viaggio dopo aver lasciato la propria casa e dato il potere ai servi, a ciascuno il suo compito, e ha ordinato al portiere di vigilare.35Vigilate dunque, poiché non sapete quando il padrone di casa ritornerà, se alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino,36perché non giunga all'improvviso, trovandovi addormentati.37Quello che dico a voi, lo dico a tutti: Vegliate!".


Secondo libro dei Re 15

1Nell'anno ventisette di Geroboamo re di Israele, divenne re Azaria figlio di Amazia, re di Giuda.2Quando divenne re aveva sedici anni; regnò in Gerusalemme cinquantadue anni. Sua madre era di Gerusalemme e si chiamava Iecolia.3Fece ciò che è retto agli occhi del Signore, secondo quanto fece Amazia sua padre.4Ma non scomparvero le alture. Il popolo ancora sacrificava e offriva incenso sulle alture.5Il Signore colpì con la lebbra il re, che rimase lebbroso fino al giorno della sua morte in una casa appartata. Iotam figlio del re dirigeva la reggia e governava il popolo del paese.
6Le altre gesta di Azaria, tutte le sue azioni, sono descritte nel libro delle Cronache dei re di Giuda.7Azaria si addormentò con i suoi padri e fu sepolto nella città di Davide. Al suo posto divenne re suo figlio Iotam.
8Nell'anno trentotto di Azaria re di Giuda, in Samaria divenne re d'Israele per sei mesi Zaccaria, figlio di Geroboamo.9Fece ciò che è male agli occhi del Signore, come l'avevano fatto i suoi padri; non si allontanò dai peccati che Geroboamo figlio di Nebàt aveva fatto commettere a Israele.10Ma Sallùm figlio di Iabes congiurò contro di lui, lo assalì in Ibleam, lo uccise e regnò al suo posto.
11Le altre gesta di Zaccaria, ecco, sono descritte nel libro delle Cronache dei re di Israele.12Così si avverò la parola che il Signore aveva predetta a Ieu quando disse: "I tuoi figli siederanno sul trono di Israele fino alla quarta generazione". E avvenne proprio così.
13Sallùm figlio di Iabes divenne re nell'anno trentanove di Ozia re di Giuda; regnò un mese in Samaria.14Da Tirza avanzò Menachem figlio di Gadi, entrò in Samaria e sconfisse Sallùm, figlio di Iabes, l'uccise e divenne re al suo posto.
15Le altre gesta di Sallùm e la congiura da lui organizzata, ecco, sono descritte nel libro delle Cronache dei re di Israele.16In quel tempo Menachem, venendo da Tirza, espugnò Tifsach, uccise tutti i suoi abitanti e devastò tutto il suo territorio, perché non gli avevano aperto le porte e fece sventrare tutte le donne incinte.
17Nell'anno trentanove di Azaria re di Giuda, Menachem figlio di Gadi divenne re d'Israele e regnò dieci anni in Samaria.18Fece ciò che è male agli occhi del Signore; non si allontanò dai peccati che Geroboamo figlio di Nebàt aveva fatto commettere a Israele. Durante il suo regno19Pul re d'Assiria invase il paese. Menachem diede a Pul mille talenti d'argento perché l'aiutasse a consolidare la regalità.20Menachem impose una tassa, per quel denaro, su Israele, sulle persone facoltose, sì da poterlo dare al re d'Assiria; da ognuno richiese cinquanta sicli. Così il re d'Assiria se ne andò e non rimase là nel paese.
21Le altre gesta di Menachem e tutte le sue azioni, ecco, sono descritte nel libro delle Cronache dei re di Israele.22Menachem si addormentò con i suoi padri e al suo posto divenne re suo figlio Pekachia.
23Nell'anno cinquanta di Azaria re di Giuda, divenne re Pekachia figlio di Menachem su Israele in Samaria; regnò due anni.24Fece ciò che è male agli occhi del Signore; non si allontanò dai peccati che Geroboamo, figlio di Nebàt, aveva fatto commettere a Israele.25Contro di lui congiurò Pekach figlio di Romelia, suo scudiero. L'uccise in Samaria nella torre della reggia insieme ad Argob e ad Arie e aveva con sé cinquanta uomini di Gàlaad; l'uccise e si proclamò re al suo posto.
26Le altre gesta di Pekachia e tutte le sue azioni, ecco, sono descritte nel libro delle Cronache dei re di Israele.
27Nell'anno cinquanta di Azaria re di Giuda, divenne re Pekach figlio di Romelia su Israele in Samaria; regnò vent'anni.28Fece ciò che è male agli occhi del Signore; non si allontanò dai peccati che Geroboamo figlio di Nebàt aveva fatto commettere a Israele.
29Al tempo di Pekach re di Israele, venne Tiglat-Pilèzer re di Assiria, che occupò Ijjon, Abel-Bet-Maaca, Ianoach, Kedes, Cazor, Gàlaad e la Galilea e tutto il territorio di néftali, deportandone la popolazione in Assiria.30Contro Pekach figlio di Romelia ordì una congiura Osea figlio di Ela, che lo assalì e lo uccise, divenendo re al suo posto, nell'anno venti di Iotam figlio di Ozia.
31Le altre gesta di Pekach e tutte le sue azioni, ecco sono descritte nel libro delle Cronache dei re di Israele.
32Nell'anno secondo di Pekach figlio di Romelia, re di Israele, divenne re Iotam figlio di Ozia, re di Giuda.33Quando divenne re, aveva venticinque anni; regnò sedici anni in Gerusalemme. Sua madre si chiamava Ierusa figlia di Zadòk.34Fece ciò che è retto agli occhi del Signore, imitando in tutto la condotta di Ozia suo padre.35Ma non scomparvero le alture; il popolo ancora sacrificava e offriva incenso sulle alture. Egli costruì la porta superiore del tempio.
36Le altre gesta di Iotam, le sue azioni, sono descritte nel libro delle Cronache dei re di Giuda.
37In quel tempo il Signore cominciò a mandare contro Giuda Rezin re di Aram e Pekach figlio di Romelia.38Iotam si addormentò con i suoi padri, fu sepolto con essi nella città di Davide suo antenato e al suo posto divenne re suo figlio Acaz.


Salmi 109

1'Al maestro del coro. Di Davide. Salmo.'

Dio della mia lode, non tacere,
2poiché contro di me si sono aperte
la bocca dell'empio e dell'uomo di frode;
parlano di me con lingua di menzogna.

3Mi investono con parole di odio,
mi combattono senza motivo.
4In cambio del mio amore mi muovono accuse,
mentre io sono in preghiera.
5Mi rendono male per bene
e odio in cambio di amore.

6Suscita un empio contro di lui
e un accusatore stia alla sua destra.
7Citato in giudizio, risulti colpevole
e il suo appello si risolva in condanna.
8Pochi siano i suoi giorni
e il suo posto l'occupi un altro.
9I suoi figli rimangano orfani
e vedova sua moglie.
10Vadano raminghi i suoi figli, mendicando,
siano espulsi dalle loro case in rovina.

11L'usuraio divori tutti i suoi averi
e gli estranei faccian preda del suo lavoro.
12Nessuno gli usi misericordia,
nessuno abbia pietà dei suoi orfani.
13La sua discendenza sia votata allo sterminio,
nella generazione che segue sia cancellato il suo nome.
14L'iniquità dei suoi padri sia ricordata al Signore,
il peccato di sua madre non sia mai cancellato.
15Siano davanti al Signore sempre
ed egli disperda dalla terra il loro ricordo.

16Perché ha rifiutato di usare misericordia
e ha perseguitato il misero e l'indigente,
per far morire chi è affranto di cuore.
17Ha amato la maledizione: ricada su di lui!
Non ha voluto la benedizione: da lui si allontani!
18Si è avvolto di maledizione come di un mantello:
è penetrata come acqua nel suo intimo
e come olio nelle sue ossa.

19Sia per lui come vestito che lo avvolge,
come cintura che sempre lo cinge.
20Sia questa da parte del Signore
la ricompensa per chi mi accusa,
per chi dice male contro la mia vita.

21Ma tu, Signore Dio,
agisci con me secondo il tuo nome:
salvami, perché buona è la tua grazia.
22Io sono povero e infelice
e il mio cuore è ferito nell'intimo.
23Scompaio come l'ombra che declina,
sono sbattuto come una locusta.
24Le mie ginocchia vacillano per il digiuno,
il mio corpo è scarno e deperisce.
25Sono diventato loro oggetto di scherno,
quando mi vedono scuotono il capo.

26Aiutami, Signore mio Dio,
salvami per il tuo amore.
27Sappiano che qui c'è la tua mano:
tu, Signore, tu hai fatto questo.
28Maledicano essi, ma tu benedicimi;
insorgano quelli e arrossiscano,
ma il tuo servo sia nella gioia.
29Sia coperto di infamia chi mi accusa
e sia avvolto di vergogna come d'un mantello.

30Alta risuoni sulle mie labbra la lode del Signore,
lo esalterò in una grande assemblea;
31poiché si è messo alla destra del povero
per salvare dai giudici la sua vita.


Salmi 22

1'Al maestro del coro. Sull'aria: "Cerva dell'aurora". Salmo. Di Davide.'

2"Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?
Tu sei lontano dalla mia salvezza":
sono le parole del mio lamento.
3Dio mio, invoco di giorno e non rispondi,
grido di notte e non trovo riposo.

4Eppure tu abiti la santa dimora,
tu, lode di Israele.
5In te hanno sperato i nostri padri,
hanno sperato e tu li hai liberati;
6a te gridarono e furono salvati,
sperando in te non rimasero delusi.

7Ma io sono verme, non uomo,
infamia degli uomini, rifiuto del mio popolo.
8Mi scherniscono quelli che mi vedono,
storcono le labbra, scuotono il capo:
9"Si è affidato al Signore, lui lo scampi;
lo liberi, se è suo amico".

10Sei tu che mi hai tratto dal grembo,
mi hai fatto riposare sul petto di mia madre.
11Al mio nascere tu mi hai raccolto,
dal grembo di mia madre sei tu il mio Dio.
12Da me non stare lontano,
poiché l'angoscia è vicina
e nessuno mi aiuta.

13Mi circondano tori numerosi,
mi assediano tori di Basan.
14Spalancano contro di me la loro bocca
come leone che sbrana e ruggisce.
15Come acqua sono versato,
sono slogate tutte le mie ossa.
Il mio cuore è come cera,
si fonde in mezzo alle mie viscere.
16È arido come un coccio il mio palato,
la mia lingua si è incollata alla gola,
su polvere di morte mi hai deposto.

17Un branco di cani mi circonda,
mi assedia una banda di malvagi;
hanno forato le mie mani e i miei piedi,
18posso contare tutte le mie ossa.
Essi mi guardano, mi osservano:
19si dividono le mie vesti,
sul mio vestito gettano la sorte.

20Ma tu, Signore, non stare lontano,
mia forza, accorri in mio aiuto.
21Scampami dalla spada,
dalle unghie del cane la mia vita.
22Salvami dalla bocca del leone
e dalle corna dei bufali.
23Annunzierò il tuo nome ai miei fratelli,
ti loderò in mezzo all'assemblea.

24Lodate il Signore, voi che lo temete,
gli dia gloria la stirpe di Giacobbe,
lo tema tutta la stirpe di Israele;
25perché egli non ha disprezzato
né sdegnato l'afflizione del misero,
non gli ha nascosto il suo volto,
ma, al suo grido d'aiuto, lo ha esaudito.

26Sei tu la mia lode nella grande assemblea,
scioglierò i miei voti davanti ai suoi fedeli.
27I poveri mangeranno e saranno saziati,
loderanno il Signore quanti lo cercano:
"Viva il loro cuore per sempre".
28Ricorderanno e torneranno al Signore
tutti i confini della terra,
si prostreranno davanti a lui
tutte le famiglie dei popoli.
29Poiché il regno è del Signore,
egli domina su tutte le nazioni.
30A lui solo si prostreranno quanti dormono sotto terra,
davanti a lui si curveranno
quanti discendono nella polvere.

E io vivrò per lui,
31lo servirà la mia discendenza.
Si parlerà del Signore alla generazione che viene;
32annunzieranno la sua giustizia;
al popolo che nascerà diranno:
"Ecco l'opera del Signore!".


Geremia 46

1Parola del Signore che fu rivolta al profeta Geremia sulle nazioni.

2Per l'Egitto. Sull'esercito del faraone Necao re d'Egitto, a Càrchemis presso il fiume Eufrate, esercito che Nabucodònosor re di Babilonia vinse nel quarto anno di Ioiakìm figlio di Giosia, re di Giuda.

3Preparate scudo grande e piccolo
e avanzate per la battaglia.
4Attaccate i cavalli,
montate, o cavalieri.
Schieratevi con gli elmi,
lucidate le lance,
indossate le corazze!
5Che vedo?
Sono sbigottito,
retrocedono!
I loro prodi
sono sconfitti,
fuggono a precipizio
senza voltarsi;
il terrore è tutt'intorno.
Parola del Signore.
6Il più agile non scamperà
né il più prode si salverà.
A settentrione, sulla riva dell'Eufrate,
inciampano e cadono.
7Chi è che trabocca come il Nilo,
come un torrente dalle acque turbolente?
8È l'Egitto che trabocca come il Nilo,
come un torrente dalle acque turbolente.
Esso dice: "Salirò, ricoprirò la terra,
distruggerò la città e i suoi abitanti".
9Caricate, cavalli,
avanzate, carri!
Avanti o prodi!
uomini di Etiopia e di Put,
voi che impugnate lo scudo,
e voi di Lud che tendete l'arco.
10Ma quel giorno per il Signore Dio degli eserciti,
è un giorno di vendetta, per vendicarsi dei suoi nemici.
La sua spada divorerà,
si sazierà e si inebrierà del loro sangue;
poiché sarà un sacrificio per il Signore, Dio degli eserciti,
nella terra del settentrione, presso il fiume Eufrate.
11Sali in Gàlaad e prendi il balsamo,
vergine, figlia d'Egitto.
Invano moltiplichi i rimedi,
non c'è guarigione per te.
12Le nazioni hanno saputo del tuo disonore;
del tuo grido di dolore è piena la terra,
poiché il prode inciampa nel prode,
tutti e due cadono insieme.

13Parola che il Signore comunicò al profeta Geremia quando Nabucodònosor re di Babilonia giunse per colpire il paese d'Egitto.

14Annunziatelo in Egitto,
fatelo sapere a Migdòl,
fatelo udire a Menfi e a Tafni;
dite: "Alzati e preparati,
perché la spada divora tutto intorno a te".
15Perché mai Api è fuggito?
Il tuo toro sacro non resiste?
Il Signore lo ha rovesciato.
16Una gran folla vacilla e stramazza,
ognuno dice al vicino:
"Su, torniamo al nostro popolo,
al paese dove siamo nati,
lontano dalla spada micidiale!".
17Chiamate pure il faraone re d'Egitto:
Frastuono, che lascia passare il momento buono.
18Per la mia vita - dice il re
il cui nome è Signore degli eserciti -
uno verrà, simile al Tabor fra le montagne,
come il Carmelo presso il mare.
19Prepàrati il bagaglio per l'esilio,
o gente che abiti l'Egitto,
perché Menfi sarà ridotta a un deserto,
sarà devastata, senza abitanti.
20Giovenca bellissima è l'Egitto,
ma un tafano viene su di lei dal settentrione.
21Anche i suoi mercenari nel paese
sono come vitelli da ingrasso.
Anch'essi infatti han voltate le spalle,
fuggono insieme, non resistono,
poiché il giorno della sventura è giunto su di loro,
il tempo del loro castigo.
22La sua voce è come di serpente che sibila,
poiché essi avanzano con un esercito
e armati di scure vengono contro di lei,
come tagliaboschi.
23Abbattono la sua selva - dice il Signore -
e non si possono contare,
essi sono più delle locuste, sono senza numero.
24Prova vergogna la figlia d'Egitto,
è data in mano a un popolo del settentrione.

25Il Signore degli eserciti, Dio di Israele, dice: "Ecco, punirò Amòn di Tebe, l'Egitto, i suoi dèi e i suoi re, il faraone e coloro che confidano in lui.26Li consegnerò in potere di coloro che attentano alla loro vita, in potere di Nabucodònosor re di Babilonia e in potere dei suoi ministri. Ma dopo esso sarà abitato come in passato". Parola del Signore.

27"Ma tu non temere, Giacobbe mio servo,
non abbatterti, Israele;
poiché ecco, io ti libererò da un paese lontano
e la tua discendenza dal paese del suo esilio.
Giacobbe ritornerà e godrà in pace,
tranquillo e nessuno lo molesterà.
28Tu non temere, Giacobbe mio servo,
- dice il Signore - perché io sono con te.
Annienterò tutte le nazioni
tra le quali ti ho disperso,
ma di te non farò sterminio;
ti castigherò secondo equità,
ma non ti lascerò del tutto impunito".


Prima lettera ai Corinzi 12

1Riguardo ai doni dello Spirito, fratelli, non voglio che restiate nell'ignoranza.2Voi sapete infatti che, quando eravate pagani, vi lasciavate trascinare verso gli idoli muti secondo l'impulso del momento.3Ebbene, io vi dichiaro: come nessuno che parli sotto l'azione dello Spirito di Dio può dire "Gesù è anàtema", così nessuno può dire "Gesù è Signore" se non sotto l'azione dello Spirito Santo.

4Vi sono poi diversità di carismi, ma uno solo è lo Spirito;5vi sono diversità di ministeri, ma uno solo è il Signore;6vi sono diversità di operazioni, ma uno solo è Dio, che opera tutto in tutti.7E a ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per l'utilità comune:8a uno viene concesso dallo Spirito il linguaggio della sapienza; a un altro invece, per mezzo dello stesso Spirito, il linguaggio di scienza;9a uno la fede per mezzo dello stesso Spirito; a un altro il dono di far guarigioni per mezzo dell'unico Spirito;10a uno il potere dei miracoli; a un altro il dono della profezia; a un altro il dono di distinguere gli spiriti; a un altro le varietà delle lingue; a un altro infine l'interpretazione delle lingue.11Ma tutte queste cose è l'unico e il medesimo Spirito che le opera, distribuendole a ciascuno come vuole.

12Come infatti il corpo, pur essendo uno, ha molte membra e tutte le membra, pur essendo molte, sono un corpo solo, così anche Cristo.13E in realtà noi tutti siamo stati battezzati in un solo Spirito per formare un solo corpo, Giudei o Greci, schiavi o liberi; e tutti ci siamo abbeverati a un solo Spirito.14Ora il corpo non risulta di un membro solo, ma di molte membra.15Se il piede dicesse: "Poiché io non sono mano, non appartengo al corpo", non per questo non farebbe più parte del corpo.16E se l'orecchio dicesse: "Poiché io non sono occhio, non appartengo al corpo", non per questo non farebbe più parte del corpo.17Se il corpo fosse tutto occhio, dove sarebbe l'udito? Se fosse tutto udito, dove l'odorato?18Ora, invece, Dio ha disposto le membra in modo distinto nel corpo, come egli ha voluto.19Se poi tutto fosse un membro solo, dove sarebbe il corpo?20Invece molte sono le membra, ma uno solo è il corpo.21Non può l'occhio dire alla mano: "Non ho bisogno di te"; né la testa ai piedi: "Non ho bisogno di voi".22Anzi quelle membra del corpo che sembrano più deboli sono più necessarie;23e quelle parti del corpo che riteniamo meno onorevoli le circondiamo di maggior rispetto, e quelle indecorose sono trattate con maggior decenza,24mentre quelle decenti non ne hanno bisogno. Ma Dio ha composto il corpo, conferendo maggior onore a ciò che ne mancava,25perché non vi fosse disunione nel corpo, ma anzi le varie membra avessero cura le une delle altre.26Quindi se un membro soffre, tutte le membra soffrono insieme; e se un membro è onorato, tutte le membra gioiscono con lui.27Ora voi siete corpo di Cristo e sue membra, ciascuno per la sua parte.
28Alcuni perciò Dio li ha posti nella Chiesa in primo luogo come apostoli, in secondo luogo come profeti, in terzo luogo come maestri; poi vengono i miracoli, poi i doni di far guarigioni, i doni di assistenza, di governare, delle lingue.29Sono forse tutti apostoli? Tutti profeti? Tutti maestri? Tutti operatori di miracoli?30Tutti possiedono doni di far guarigioni? Tutti parlano lingue? Tutti le interpretano?

31Aspirate ai carismi più grandi! E io vi mostrerò una via migliore di tutte.


Capitolo II: La verità si fa sentire dentro di noi senza altisonanti parole

Leggilo nella Biblioteca

1. "Parla, o Signore, il tuo servo ti ascolta" (1 Sam 3,10). "Io sono il tuo servo; dammi luce per apprezzare quello che tu proclami" (Sal 118,125). Disponi il mio cuore alle parole della tua bocca; il tuo dire discenda come rugiada. Dissero una volta a Mosè i figli di Israele: "Parlaci tu, e potremo ascoltarti; non ci parli il Signore, affinché non avvenga che ne moriamo" (Es 20,19). Non così, la mia preghiera, o Signore. Piuttosto, con il profeta Samuele, in umiltà e pienezza di desiderio, io ti chiedo ardentemente: "Parla, o Signore, il tuo servo ti ascolta" (1 Sam 3,10). Non mi parli Mosè o qualche altro profeta; parlami invece tu, Signore Dio, che ispiri e dai luce a tutti i profeti: tu solo, senza di loro, mi puoi ammaestrare pienamente; quelli, invece, senza di te, non gioverebbero a nulla. Possono, è vero, far risuonare parole, ma non danno lo spirito; parlano bene, ma, se tu non intervieni, non accendono il cuore; lasciano degli scritti, ma sei tu che ne mostri il significato; presentano i misteri, ma sei tu che sveli il senso di ciò che sta dietro al simbolo; emettono ordini, ma sei tu che aiuti ad eseguirli; indicano la strada , ma sei tu che aiuti a percorrerla. Essi operano solamente all'esterno, ma tu prepari ed illumini i cuori; essi irrigano superficialmente, ma tu rendi fecondi; essi fanno risuonare delle parole, ma sei tu che aggiungi all'ascolto il potere di comprendere.  

2. Non mi parli dunque Mosè; parlami tu, Signore mio Dio, verità eterna, affinché, se ammonito solo esteriormente e privo di fuoco interiore, io non resti senza vita e non mi isterilisca; affinché non mi sia di condanna la parola udita non tradotta in pratica, conosciuta ma non amata, creduta ma non osservata. "Parla, dunque, o Signore, il tuo servo ti ascolta" (1 Sam 3,10): "tu hai infatti parole di vita eterna" (Gv 6,69). Parlami, affinché scenda un po' di consolazione all'anima mia, e tutta la mia vita sia purificata. E a te sia lode e onore perpetuo.


DISCORSO 280 NEL NATALE DELLE MARTIRI PERPETUA E FELICITA

Discorsi - Sant'Agostino

Leggilo nella Biblioteca


Perpetua e Felicita hanno conseguito il premio di un glorioso martirio.

1. Questa data, quale ricorrenza annuale, ci fa ricordare e, in certo modo, ci pone davanti il giorno in cui le sante serve di Dio Perpetua e Felicita, ornate delle corone del martirio, raggiunsero gloriosamente la felicità eterna, costanti nella fedeltà al nome di Cristo nel combattimento e, nello stesso tempo, assumendo il proprio nome nel premio. Poiché ne veniva data lettura, abbiamo ascoltato come veniva loro infuso coraggio nelle divine rivelazioni e i trionfi della loro passione, abbiamo inteso, contemplato interiormente, onorato con devozione, lodato apertamente tutto il senso delle parole spiegato e commentato da chiarimenti. Tuttavia, anche noi siamo debitori del discorso consueto in una celebrazione tanto sacra; se parlerò in modo inadeguato ai loro meriti, rivelo tuttavia lo slancio del cuore con la gioia per una festa così grande. Che di più nobile di queste donne che gli uomini sono più disposti ad ammirare che ad imitare? Ma questo torna soprattutto a lode di Colui nel quale credettero e nel cui nome, con fedele zelo, mossero sollecite insieme e si rivelarono secondo l'uomo interiore non per il sesso maschile o femminile; al punto che, persino in coloro che fisicamente sono donne, la virtù dello spirito riesce a celare il sesso della carne e si ha ritegno a pensare nelle membra quel che non si è potuto notare nel comportamento. Perciò il dragone fu calpestato da un piede innocente e da un passo di vittoria mentre comparivano scale ascendenti per le quali la beata Perpetua potesse raggiungere Dio. In tal modo il capo dell'antico serpente, che fu abisso per la donna che si lasciava cadere, divenne gradino per quella che si volgeva alle altezze.

La gloria dei martiri.

2. Che più attraente di questo spettacolo? Che più intrepido di questa lotta? Che più glorioso di questa vittoria? Allora, mentre i santi corpi venivano esposti alle fiere, in tutto l'anfiteatro le genti tempestavano urlando e i popoli tramavano a vuoto. Ma Colui che dimora nei cieli si burlava di loro e il Signore li scherniva 1. Al presente e all'opposto, celebrano i meriti dei martiri i discendenti di coloro il cui vociare scomposto era un sacrilego infierire sul corpo dei martiri. Tanta affluenza di persone intenzionate a dar loro la morte non gremì allora la gradinata della crudeltà quanto, ora, è gremita la chiesa dell'amore che desidera celebrarli. Ogni anno la carità contempla con sentimenti religiosi quel che in un giorno solo l'odio fu capace di compiere a profanazione. Anche quelli stettero a contemplare ma con tutt'altre intenzioni. Essi attendevano a completare a furia di grida quel che sfuggiva al morso delle belve. Da parte nostra, però, deploriamo quello che fu l'operato degli empi e siamo presi da venerazione per quanto soffrirono i santi. Essi videro con gli occhi del corpo ciò che con cuore disumano riversavano, noi vediamo con gli occhi del cuore ciò che a loro è stato sottratto perché non lo vedessero. I corpi esanimi dei martiri furono motivo di gioia per quelli i quali, perché morti nello spirito, sono motivo di dolore per noi. Essi, privi del lume della fede, credettero i martiri definitivamente scomparsi e noi, con infallibile certezza, li vediamo in possesso del premio. Alla fine, il loro oltraggio è diventato in noi un esultare di gioia. Anzi, questa, veramente religiosa e perenne: ma quella che fu empia, ora, non esiste più addirittura.

Per quale motivo le ricompense dei martiri sono incomparabili. L'amore di questa vita piena di travagli.

3. Carissimi, noi crediamo che i premi dei martiri siano più eccelsi. E lo crediamo con piena ragione. Ma in nessun modo ci sorprenderà che siano così grandi se siamo attenti a considerare quelle che sono le lotte. Infatti, benché questa vita sia travagliata e destinata a finire, pure è di tanta dolcezza che non potendo gli uomini sfuggire alla morte, fanno molti e gravi sforzi per non affrettarla. Niente si può fare per evitare la morte e si fa tutto ciò che è possibile per differirla. Certamente è penoso per ogni anima trovarsi in angustie; nondimeno anche coloro che dopo questa vita nulla si attendono di bene o di male, si danno da fare a tutti i costi perché non abbia termine con la morte ogni fatica. Che dire di coloro che o suppongono, per errore, falsi e carnali piaceri dopo la morte o, nella retta fede, hanno la speranza di una certa qual pace di indicibile pienezza di tranquillità e beatitudine? Non si danno da fare anche a loro volta e con grande ansietà si preoccupano di evitare una morte prematura? Che vogliono dire infatti tante fatiche per il cibo necessario, tanto bisogno sia di rimedio che di altri servizi, per quanto lo esigono gli ammalati o vengono loro offerti, se non volere evitare di trovarsi subito in punto di morte? Al confronto, quanto è da valutare, nella vita futura, l'immunità da ogni conseguenza foriera di morte se è cosa tanto preziosa in questa vita solo differirla? In realtà, tanto è la non so quale dolcezza di questa vita piena di angustie e tanto l'orrore della morte nella natura di qualsiasi essere vivente che non sono disposti a morire neppure coloro che, attraverso la morte, passano alla vita nella quale non possono morire.

Per amore di Cristo i martiri disprezzarono la morte e i patimenti.

4. I martiri di Cristo, dalla virtù eminente, disprezzano un tale e così grande piacere del vivere e il timore della morte con carità sincera, ferma speranza e fede autentica. Per esse, lasciandosi alle spalle il mondo che lusinga e minaccia, si volgono a ciò che sta loro innanzi. Si elevano al di sopra di queste cose calpestando la testa del serpente dalle multiformi e sottili insinuazioni. In realtà, è vittorioso di tutte le passioni chi assoggetta l'amore di questa vita, i cui satelliti sono tutte le passioni. Chi non è preso dall'amore di questa vita, mentre vive, non si lasci assolutamente impedire dai loro legami. D'altra parte, al timore della morte si uniscono, abitualmente e in qualsiasi modo, i dolori fisici. Infatti, nell'uomo, si avvicendano nel prevalere. Chi è sotto la tortura mentisce per non morire; per evitare la tortura mentisce anche chi è in fin di vita. Non tollerando i tormenti, dichiara il vero per non subire la tortura col mentire a proprio favore. Ma è uno di essi ad avere il sopravvento su qualsiasi dei sensi interiori. Per il nome e la giustizia di Cristo, i suoi martiri furono vittoriosi di entrambi: non temettero né la morte né i patimenti. Vinse in loro Colui che visse in loro; di conseguenza, neppure defunti morirono quelli che non per sé ma per lui erano vissuti. Egli stesso offriva loro gioie spirituali perché non avvertissero i tormenti del corpo che nella misura valida per la prova, non per lo scoraggiamento. Dove si trovava infatti quella donna quando non avvertì di essere nella lotta presso una vacca estremamente inferocita e domandò quando si sarebbe verificato ciò che era già avvenuto? Dov'era? Che altro vedeva, questa, quando non aveva veduto? Di che godeva, questa, quando mancava di sensibilità? Per quale amore dimentica di sé, da quale spettacolo attirata, da quale bevanda inebriata? Eppure era ancora presente nel corpo, in fin di vita, ancora animava le membra, ancora era sotto il peso del corpo corruttibile. Che dire quando le anime dei martiri, sciolte da questi legami dopo le fatiche di un rischioso combattimento, furono accolte e ristorate dagli angeli trionfanti dove non si dice loro: Fate quello che ho comandato, ma: Ricevete quanto ho promesso? Con quale letizia partecipano ora al banchetto spirituale? Chi è capace di far comprendere con un paragone terreno quanto si trovino sicuri nel Signore e quale eccelso onore sia la loro gloria?

La felicità dei martiri non è la stessa prima e dopo la risurrezione.

5. E, in realtà, una tale vita che ora godono i beati martiri, benché non si possa appunto paragonare alle gioie ed ai piaceri di questa vita, consiste in una particella esigua della promessa, anzi, è un compenso della dilazione. Deve ancora venire il giorno della ricompensa, quando, per essere stati restituiti i corpi, sia l'uomo intero a ricevere ciò che merita. Allora le membra di quel ricco, che un tempo si fregiavano della porpora terrena, stiano a bruciare nel fuoco eterno e la carne del povero coperto di piaghe, trasfigurata, emani splendore in mezzo agli angeli; sebbene fin d'ora, quello, nell'inferno, abbia sete di una stilla d'acqua dal dito del povero, e questi trovi riposo con piacere in seno al giusto 2. Come, infatti, è grandissima la differenza tra le gioie o le sventure provate in sogno e quelle proprie di chi è sveglio, così differiscono molto i tormenti o le gioie delle anime separate dal corpo da quelle dei risorti. Non perché l'anima dei defunti s'inganni, come avviene di necessità in chi dorme, ma per il fatto che altro è il riposo delle anime prive di corpo e altra, con i corpi spirituali, la luce e la felicità degli angeli ai quali sarà resa uguale la moltitudine dei fedeli risorti. In essa i gloriosissimi martiri risplenderanno per la luce straordinaria della loro ricompensa e i propri corpi, nei quali patirono umilianti tormenti, sì convertiranno per loro in segni di magnificenza.

Con quali disposizioni di spirito si devono celebrare le solennità dei martiri. I martiri hanno pietà di noi e pregano per noi.

6. Perciò, come facciamo, si celebrino con la massima devozione le solennità dei martiri, in allegria moderata, in adunanza onesta, in riflessione pia, in coraggioso annunzio. Non costituisce una forma di imitazione di poco conto felicitarsi insieme delle virtù dei migliori. Questi grandeggiano, noi siamo piccoli: però il Signore ha benedetto i grandi insieme ai piccoli 3. Prima di noi, quelli, e più in alto di noi. Seguiamoli nella dilezione se siamo incapaci nella pratica, certo in letizia se non in gloria, certo nei desideri se non nei meriti, per la compassione se non nella passione, per vincolo di unione se non in preminenza. Non ci sembri poca cosa essere membra di quel corpo del quale sono membra anche coloro ai quali non ci possiamo paragonare. Per cui, se un solo membro soffre, tutte le membra soffrono con lui; così pure, quando un solo membro viene onorato, tutte le membra godono con lui 4. La gloria al capo, dal quale si provvede sia agli arti superiori che agli arti inferiori. E come quell'Uno ha dato la sua vita per noi così i martiri hanno seguito il suo esempio e hanno dato la loro vita per i fratelli; anche allo scopo di suscitare un'abbondantissima messe di popoli, quasi germogli, irrigarono la terra con il loro sangue. Pertanto anche noi siamo i frutti della loro fatica. Noi li ammiriamo, essi hanno compassione di noi. Noi ci rallegriamo con loro, essi pregano per noi. Stesero a terra, quasi mantelli, i loro corpi mentre il puledro che portava il Signore veniva condotto a Gerusalemme; da parte nostra, come staccando rami dagli alberi, almeno cogliamo dalle Sacre Scritture inni e cantici che innalziamo in festosità corale 5. Tuttavia, noi tutti siamo obbedienti allo stesso Signore, seguiamo lo stesso maestro, siamo al fianco dello stesso principe, uniti e sottoposti allo stesso capo, siamo diretti proprio a Gerusalemme, animati dalla stessa carità e tenendoci stretti a quella medesima unità.

 

 

1 - Cf. Sal 2, 1.4.

2 - Cf. Lc 16, 19-24.

3 - Cf. Sal 113, 13.

4 - 1 Cor 12, 26.

5 - Cf. Mt 21, 7-9.


Il Papa al Colle Don Bosco

I sogni di don Bosco - San Giovanni Bosco

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La trama esile di questo sogno ci avrebbe suggerito di ometterlo, ma la notizia che Giovanni Paolo II ha promesso all’Arcivescovo di Torino e al Rettor Maggiore dei Salesiani che nel 1988, per il centenario della morte di Don Bosco, sarà presente al Colle Don Bosco per le celebrazioni centenarie, ci fa scorgere in questo sogno, molto singolare, quasi un significato profetico.
Ecco il sogno che Don Bosco fece nell’aprile del 1876: «Mi parve di trovarmi al mio paese, e colà vidi giungere il Papa. Io non potevo persuadermi che fosse lui; perciò gli chiesi:
— Come? non avete la carrozza, Padre Santo?
— Sì, sì, ci penserò. La mia carrozza è la fedeltà, la fortezza e la dolcezza.
Ma egli era sfinito e diceva:
— Io sono alla fine.
— No, no, Santo Padre — dissi io —. Fino a tanto che le cose della nostra Congregazione non saranno terminate, non morirà.
Quindi comparve una carrozza, ma senza cavalli. Chi la tirerà? Ecco farsi avanti tre bestie: un cane, una capra e una pecora, che tiravano la carrozza del Papa. Ma, arrivati a un punto quegli animali non la potevano più far muovere e il Papa diventava sempre più sfinito. Io mi pentivo di non averlo invitato a venire a casa mia e di non aver pensato a fargli prendere qualche ristoro. Ma, dicevo fra me, appena saremo giunti alla casa del cappellano di Murialdo, aggiusteremo tutto. Intanto però la vettura rimaneva ferma. Allora alzai una specie di asse, che di dietro toccava terra.
Il Papa, vedendo questo, prese a dire:
— Se foste in Roma e vi vedessero a fare questi lavori, ci sarebbe proprio da ridere.
Mentre stavo così aggiustando, mi svegliai».
«La lingua batte dove il dente duole», dice il proverbio. Don La fede: nostro scudo e nostra vittoria Bosco in quegli anni seguiva con trepidazione il declinare della salute di Pio IX, al quale era affezionatissimo. Pregava e lo pensava giorno e notte. Questo sogno è dell’aprile 1876, due anni prima che Pio IX morisse. L‘anno dopo ne previde in sogno anche la morte. Ecco perché in questo sogno vede il Papa « sfinito » e lo sente dire: «Io sono alla fine».


17-26 Dicembre 24, 1924 La pena della morte fu la prima pena che Gesù soffrì e gli durò tutta la sua Vita. L’Incarnazione non fu altro che un darsi in balia della creatura. La fermezza nell’operare.

Luisa Piccarreta (Libro di Cielo)

(1) I miei giorni sono sempre più dolorosi, sono sotto al duro torchio della dura privazione del mio dolce Gesù, che come ferro micidiale mi sta sopra per uccidermi continuamente; ma mentre arma l’ultimo colpo per farla finita, me lo lascia sospeso sul mio capo ed io aspetto come refrigerio quest’ultimo colpo, per andarmene al mio Gesù, ma invano aspetto! E la povera anima mia, ed anche la mia natura, me le sento consumare e disciogliere. Ahi! i miei grandi peccati non mi fanno meritare di morire! Che pena! Che lunga agonia! Deh! mio Gesù, abbi pietà di me! Tu che solo conosci il mio stato straziante, non mi abbandonare né mi lasciare in balia di me stessa. Ora, mentre mi trovavo in questo stato, mi sono sentita fuori di me stessa, dentro d’una luce purissima, ed in questa luce scorgevo la Regina Mamma ed il piccolo bambino Gesù nel suo seno verginale. Oh! Dio, in che stato doloroso si trovava il mio amabile bambinello! La sua piccola Umanità era immobilizzata, stava coi piedini e manine immobili, senza il più piccolo moto, non c’era spazio né per poter aprire gli occhi, né per poter liberamente respirare, era tanta l’immobilità che sembrava morto, mentre era vivo. Pensavo tra me: “Chi sa quanto soffre il mio Gesù in questo stato, e la diletta Mamma nel vederlo nel suo proprio seno, così immobilizzato l’infante Gesù!” Ora, mentre ciò pensavo, il mio piccolo bambinello, singhiozzando mi ha detto:

(2) “Figlia mia, le pene che soffrii in questo seno verginale della mia Mamma sono incalcolabili a mente umana, ma sai tu quale fu la prima pena che soffrii nel primo atto del mio Concepimento e che mi durò tutta la vita? La pena della morte. La mia Divinità scendeva dal Cielo pienamente felice, intangibile da qualunque pena e da qualsiasi morte. Quando vidi la mia piccola Umanità, per amor delle creature soggetta alla morte ed alle pene, sentii così al vivo la pena della morte, che per pura pena sarei morto davvero se la potenza della mia Divinità non mi avesse sorretto con un prodigio, facendomi sentire la pena della morte e la continuazione della vita, sicché per Me fu sempre morte: sentivo la morte del peccato, la morte del bene nelle creature, ed anche la loro morte naturale. Che duro strazio fu per Me tutta la mia Vita! Io, che contenevo la vita e ne ero il padrone assoluto della stessa vita, dovevo soggettami alla pena della morte. Non vedi tu la mia piccola Umanità immobile e morente nel seno della mia cara Madre? E non la senti tu in te stessa, quanto è dura e straziante la pena di sentirsi morire e non morire? Figlia mia, è il tuo vivere nella mia Volontà che ti fa parte della mia continua morte della mia Umanità”.

(3) Onde me la sono passata quasi tutta la mattina vicino al mio Gesù nel seno della mia Mamma, e lo vedevo che mentre stava in atto di morire, riprendeva vita per abbandonarsi di nuovo a morire. Che pena vedere in quello stato l’infante Gesù...! Dopo di ciò, nella notte stavo pensando all’atto quando il dolce bambinello uscì dal seno materno per nascere in mezzo a noi, la mia povera mente si perdeva in un mistero sì profondo e tutto amore, ed il mio dolce Gesù, muovendosi nel mio interno, ha uscito le sue piccole manine per abbracciarmi e mi ha detto:

(4) “Figlia mia, l’atto del mio nascere fu l’atto più solenne di tutta la Creazione, Cielo e terra sentivano sprofondarsi nella più profonda adorazione alla vista della mia piccola Umanità, che teneva come murata la mia Divinità, sicché nell’atto del mio nascere ci fu un’atto di silenzio e di profonda adorazione e preghiera: Pregò la mia Mamma e restò rapita per la forza del prodigio che da Lei usciva, pregò San Giuseppe, pregarono gli angeli e la Creazione tutta; sentivano la forza dell’amore della mia potenza creatrice rinnovata su di loro, tutti si sentivano onorati e ricevevano il vero onore, ché colui che li aveva creato doveva servirsi di loro per ciò che occorreva alla sua Umanità; si sentì onorato il sole nel dover dare la sua luce e calore al suo Creatore, riconosceva colui che lo aveva creato, il suo vero padrone e gli faceva festa ed onore col dargli la sua luce; si sentì onorata la terra, quando mi sentì giacente in una mangiatoia, si sentì toccata dalle mie tenere membra e tripudiò di gioia con segni prodigiosi; tutta la Creazione vedevano il loro vero Re e padrone in mezzo a loro, e sentendosi onorati, ognuno voleva prestarmi il suo uffizio: L’acqua voleva dissetarmi, gli uccelli coi loro trilli e gorgheggi volevano ricrearmi, il vento voleva carezzarmi, l’aria voleva baciarmi, tutti volevano darmi il loro innocente tributo. Solo l’uomo ingrato, ad onta che tutti sentirono in loro una cosa insolita, una gioia, una forza potente, furono restii, e soffocando tutto non si mossero, e ad onta che li chiamavo con le lacrime, coi gemiti e singhiozzi, non si mossero, eccettuati alcuni pochi pastori. Eppure era per l’uomo che venivo sulla terra! Venivo per darmi a lui, per salvarlo e per riportarmelo nella mia patria celeste. Quindi, ero tutt’occhi per vedere se mi veniva innanzi per ricevere il gran dono della mia Vita Divina ed umana, sicché l’incarnazione non fu altro che un darmi in balia della creatura. Nell’incarnazione mi diedi in balia della mia cara Mamma; nel nascere si aggiunse San Giuseppe, cui feci dono della mia Vita, e siccome le mie opere sono eterne e non soggette a finire, questa Divinità, questo Verbo che scese dal Cielo, non si ritirò più dalla terra, per avere occasione di darmi continuamente a tutte le creature. Finché vissi mi diedi svelatamente, e poi, poche ore prima di morire feci il gran prodigio di lasciarmi Sacramentato, perché chiunque mi volesse potesse ricevere il gran dono della mia Vita; non badai né alle offese che mi avrebbero fatte, né ai rifiuti di non volermi ricevere; dissi tra Me: “Mi sono dato, non voglio più ritirarmi, mi facciano pure quello che vogliano, ma sarò sempre di loro e a loro disposizione. Figlia, questa è la natura del vero amore, l’operare da Dio: La fermezza ed il non ritirarsi a costo di qualunque sacrificio. Questa fermezza nelle mie opere è la mia vittoria e la più grande della mia gloria, ed è questo il segno se la creatura opera per Dio: La fermezza. L’anima non guarda in faccia a nessuno, né alle pene, né a sé stessa, né alla sua stima, né alle creature, ad onta che le costi la propria vita, lei guarda solo Iddio, per cui si è prefissa di operare per amor suo, e si sente vittoriosa di mettere il sacrificio della sua vita per amor suo. Il non essere fermo è della natura umana e dell’operare umanamente, il non essere fermo è l’operare delle passioni e con passione, la mutabilità è debolezza, è viltà, e non è della natura del vero amore, perciò la fermezza dev’essere la guida d’operare per Me. Perciò nelle mie opere non mi cambio mai, siano quel che siano gli eventi, fatta una volta è fatta per sempre”.