Liturgia delle Ore - Letture
Sabato della 2° settimana del tempo ordinario (Conversione di San Paolo)
Vangelo secondo Luca 12
1Nel frattempo, radunatesi migliaia di persone che si calpestavano a vicenda, Gesù cominciò a dire anzitutto ai discepoli: "Guardatevi dal lievito dei farisei, che è l'ipocrisia.2Non c'è nulla di nascosto che non sarà svelato, né di segreto che non sarà conosciuto.3Pertanto ciò che avrete detto nelle tenebre, sarà udito in piena luce; e ciò che avrete detto all'orecchio nelle stanze più interne, sarà annunziato sui tetti.
4A voi miei amici, dico: Non temete coloro che uccidono il corpo e dopo non possono far più nulla.5Vi mostrerò invece chi dovete temere: temete Colui che, dopo aver ucciso, ha il potere di gettare nella Geenna. Sì, ve lo dico, temete Costui.6Cinque passeri non si vendono forse per due soldi? Eppure nemmeno uno di essi è dimenticato davanti a Dio.7Anche i capelli del vostro capo sono tutti contati. Non temete, voi valete più di molti passeri.
8Inoltre vi dico: Chiunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anche il Figlio dell'uomo lo riconoscerà davanti agli angeli di Dio;9ma chi mi rinnegherà davanti agli uomini sarà rinnegato davanti agli angeli di Dio.
10Chiunque parlerà contro il Figlio dell'uomo gli sarà perdonato, ma chi bestemmierà lo Spirito Santo non gli sarà perdonato.
11Quando vi condurranno davanti alle sinagoghe, ai magistrati e alle autorità, non preoccupatevi come discolparvi o che cosa dire;12perché lo Spirito Santo vi insegnerà in quel momento ciò che bisogna dire".
13Uno della folla gli disse: "Maestro, di' a mio fratello che divida con me l'eredità".14Ma egli rispose: "O uomo, chi mi ha costituito giudice o mediatore sopra di voi?".15E disse loro: "Guardatevi e tenetevi lontano da ogni cupidigia, perché anche se uno è nell'abbondanza la sua vita non dipende dai suoi beni".16Disse poi una parabola: "La campagna di un uomo ricco aveva dato un buon raccolto.17Egli ragionava tra sé: Che farò, poiché non ho dove riporre i miei raccolti?18E disse: Farò così: demolirò i miei magazzini e ne costruirò di più grandi e vi raccoglierò tutto il grano e i miei beni.19Poi dirò a me stesso: Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; riposati, mangia, bevi e datti alla gioia.20Ma Dio gli disse: Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato di chi sarà?21Così è di chi accumula tesori per sé, e non arricchisce davanti a Dio".
22Poi disse ai discepoli: "Per questo io vi dico: Non datevi pensiero per la vostra vita, di quello che mangerete; né per il vostro corpo, come lo vestirete.23La vita vale più del cibo e il corpo più del vestito.24Guardate i corvi: non seminano e non mietono, non hanno ripostiglio né granaio, e Dio li nutre. Quanto più degli uccelli voi valete!25Chi di voi, per quanto si affanni, può aggiungere un'ora sola alla sua vita?26Se dunque non avete potere neanche per la più piccola cosa, perché vi affannate del resto?27Guardate i gigli, come crescono: non filano, non tessono: eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro.28Se dunque Dio veste così l'erba del campo, che oggi c'è e domani si getta nel forno, quanto più voi, gente di poca fede?29Non cercate perciò che cosa mangerete e berrete, e non state con l'animo in ansia:30di tutte queste cose si preoccupa la gente del mondo; ma il Padre vostro sa che ne avete bisogno.31Cercate piuttosto il regno di Dio, e queste cose vi saranno date in aggiunta.
32Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto di darvi il suo regno.
33Vendete ciò che avete e datelo in elemosina; fatevi borse che non invecchiano, un tesoro inesauribile nei cieli, dove i ladri non arrivano e la tignola non consuma.34Perché dove è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore.
35Siate pronti, con la cintura ai fianchi e le lucerne accese;36siate simili a coloro che aspettano il padrone quando torna dalle nozze, per aprirgli subito, appena arriva e bussa.37Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli; in verità vi dico, si cingerà le sue vesti, li farà mettere a tavola e passerà a servirli.38E se, giungendo nel mezzo della notte o prima dell'alba, li troverà così, beati loro!39Sappiate bene questo: se il padrone di casa sapesse a che ora viene il ladro, non si lascerebbe scassinare la casa.40Anche voi tenetevi pronti, perché il Figlio dell'uomo verrà nell'ora che non pensate".
41Allora Pietro disse: "Signore, questa parabola la dici per noi o anche per tutti?".42Il Signore rispose: "Qual è dunque l'amministratore fedele e saggio, che il Signore porrà a capo della sua servitù, per distribuire a tempo debito la razione di cibo?43Beato quel servo che il padrone, arrivando, troverà al suo lavoro.44In verità vi dico, lo metterà a capo di tutti i suoi averi.45Ma se quel servo dicesse in cuor suo: Il padrone tarda a venire, e cominciasse a percuotere i servi e le serve, a mangiare, a bere e a ubriacarsi,46il padrone di quel servo arriverà nel giorno in cui meno se l'aspetta e in un'ora che non sa, e lo punirà con rigore assegnandogli il posto fra gli infedeli.47Il servo che, conoscendo la volontà del padrone, non avrà disposto o agito secondo la sua volontà, riceverà molte percosse;48quello invece che, non conoscendola, avrà fatto cose meritevoli di percosse, ne riceverà poche. A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto; a chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più.
49Sono venuto a portare il fuoco sulla terra; e come vorrei che fosse già acceso!50C'è un battesimo che devo ricevere; e come sono angosciato, finché non sia compiuto!
51Pensate che io sia venuto a portare la pace sulla terra? No, vi dico, ma la divisione.52D'ora innanzi in una casa di cinque persone53si divideranno tre contro due e due contro tre;
padre contro figlio e 'figlio contro padre',
madre contro figlia e 'figlia contro madre',
suocera contro nuora e 'nuora contro suocera'".
54Diceva ancora alle folle: "Quando vedete una nuvola salire da ponente, subito dite: Viene la pioggia, e così accade.55E quando soffia lo scirocco, dite: Ci sarà caldo, e così accade.56Ipocriti! Sapete giudicare l'aspetto della terra e del cielo, come mai questo tempo non sapete giudicarlo?57E perché non giudicate da voi stessi ciò che è giusto?58Quando vai con il tuo avversario davanti al magistrato, lungo la strada procura di accordarti con lui, perché non ti trascini davanti al giudice e il giudice ti consegni all'esecutore e questi ti getti in prigione.59Ti assicuro, non ne uscirai finché non avrai pagato fino all'ultimo spicciolo".
Giosuè 10
1Quando Adoni-Zedek, re di Gerusalemme, venne a sapere che Giosuè aveva preso Ai e l'aveva votata allo sterminio, e che, come aveva fatto a Gèrico e al suo re, aveva fatto ad Ai e al suo re e che gli abitanti di Gàbaon avevano fatto pace con gli Israeliti e si trovavano ormai in mezzo a loro,2ebbe grande paura, perché Gàbaon, una delle città regali, era più grande di Ai e tutti i suoi uomini erano valorosi.3Allora Adoni-Zedek, re di Gerusalemme, mandò a dire a Oam, re di Ebron, a Piream, re di Iarmut, a Iafia, re di Lachis e a Debir, re di Eglon:4"Venite da me, aiutatemi e assaltiamo Gàbaon, perché ha fatto pace con Giosuè e con gli Israeliti".5Quelli si unirono e i cinque re amorrei, il re di Gerusalemme, il re di Ebron, il re di Iarmut, il re di Lachis ed il re di Eglon, vennero con tutte le loro truppe, si accamparono contro Gàbaon e le diedero battaglia.
6Allora gli uomini di Gàbaon mandarono a dire a Giosuè, all'accampamento di Gàlgala: "Non privare del tuo aiuto i tuoi servi. Vieni presto da noi; salvaci e aiutaci, perché si sono alleati contro di noi tutti i re degli Amorrei, che abitano sulle montagne".
7Giosuè partì da Gàlgala con tutta la gente di guerra e tutti i prodi guerrieri.8Allora il Signore disse a Giosuè: "Non aver paura di loro, perché li metto in tuo potere; nessuno di loro resisterà davanti a te".
9Giosuè piombò su di loro d'improvviso: tutta la notte aveva marciato, partendo da Gàlgala.
10Il Signore mise lo scompiglio in mezzo a loro dinanzi ad Israele, che inflisse loro in Gàbaon una grande disfatta, li inseguì verso la salita di Bet-Coron e li batté fino ad Azeka e fino a Makkeda.11Mentre essi fuggivano dinanzi ad Israele ed erano alla discesa di Bet-Coron, il Signore lanciò dal cielo su di essi come grosse pietre fino ad Azeka e molti morirono. Coloro che morirono per le pietre della grandine furono più di quanti ne uccidessero gli Israeliti con la spada.12Allora, quando il Signore mise gli Amorrei nelle mani degli Israeliti, Giosuè disse al Signore sotto gli occhi di Israele:
"Sole, fèrmati in Gàbaon
e tu, luna, sulla valle di Aialon".
13Si fermò il sole
e la luna rimase immobile
finché il popolo non si vendicò dei nemici.
Non è forse scritto nel libro del Giusto: "Stette fermo il sole in mezzo al cielo e non si affrettò a calare quasi un giorno intero.14Non ci fu giorno come quello, né prima né dopo, perché aveva ascoltato il Signore la voce d'un uomo, perché il Signore combatteva per Israele"?
15Poi Giosuè con tutto Israele ritornò all'accampamento di Gàlgala.
16Quei cinque re erano fuggiti e si erano nascosti nella grotta in Makkeda.17Fu portata a Giosuè la notizia: "Sono stati trovati i cinque re, nascosti nella grotta in Makkeda".18Disse loro Giosuè: "Rotolate grosse pietre contro l'entrata della grotta e fate restare presso di essa uomini per sorvegliarli.19Voi però non fermatevi, inseguite i vostri nemici, attaccateli nella retroguardia e non permettete loro di entrare nelle loro città, perché il Signore Dio vostro li mette nelle vostre mani".20Quando Giosuè e gli Israeliti ebbero terminato di infliggere loro una strage enorme così da finirli, e i superstiti furono loro sfuggiti ed entrati nelle fortezze,21ritornò tutto il popolo all'accampamento presso Giosuè, in Makkeda, in pace. Nessuno mosse più la lingua contro gli Israeliti.
22Disse allora Giosuè: "Aprite l'ingresso della grotta e fatemi uscire dalla grotta quei cinque re".23Così fecero e condussero a lui fuori dalla grotta quei cinque re, il re di Gerusalemme, il re di Ebron, il re di Iarmut, il re di Lachis e il re di Eglon.24Quando quei cinque re furono fatti uscire dinanzi a Giosuè, egli convocò tutti gli Israeliti e disse ai capi dei guerrieri che avevano marciato con lui: "Accostatevi e ponete i vostri piedi sul collo di questi re!". Quelli s'accostarono e posero i piedi sul loro collo.25Disse loro Giosuè: "Non temete e non spaventatevi! Siate forti e coraggiosi, perché così farà il Signore a tutti i nemici, contro cui dovrete combattere".26Dopo di ciò, Giosuè li colpì e li uccise e li fece impiccare a cinque alberi, ai quali rimasero appesi fino alla sera.27All'ora del tramonto, per ordine di Giosuè, li calarono dagli alberi, li gettarono nella grotta dove si erano nascosti e posero grosse pietre all'ingresso della grotta: vi sono fino ad oggi.
28Giosuè in quel giorno si impadronì di Makkeda, la passò a fil di spada con il suo re, votò allo sterminio loro e ogni essere vivente che era in essa, non lasciò un superstite e trattò il re di Makkeda come aveva trattato il re di Gèrico.
29Giosuè poi, e con lui Israele, passò da Makkeda a Libna e mosse guerra contro Libna.30Il Signore mise anch'essa e il suo re in potere di Israele, che la passò a fil di spada con ogni essere vivente che era in essa; non vi lasciò alcun superstite e trattò il suo re come aveva trattato il re di Gèrico.
31Poi Giosuè, e con lui tutto Israele, passò da Libna a Lachis e si accampò contro di essa e le mosse guerra.32Il Signore mise Lachis in potere di Israele, che la prese il secondo giorno e la passò a fil di spada con ogni essere vivente che era in essa, come aveva fatto a Libna.33Allora, per venire in aiuto a Lachis, era partito Oam, re di Ghezer, e Giosuè batté lui e il suo popolo, fino a non lasciargli alcun superstite.
34Poi Giosuè, e con lui tutto Israele, passò da Lachis ad Eglon, si accamparono contro di essa e le mossero guerra.35In quel giorno la presero e la passarono a fil di spada e votarono allo sterminio, in quel giorno, ogni essere vivente che era in essa, come aveva fatto a Lachis.36Giosuè poi, e con lui tutto Israele, salì da Eglon ad Ebron e le mossero guerra.37La presero e la passarono a fil di spada con il suo re, tutti i suoi villaggi e ogni essere vivente che era in essa; non lasciò alcun superstite; come aveva fatto ad Eglon, la votò allo sterminio con ogni essere vivente che era in essa.
38Poi Giosuè, e con lui tutto Israele, si rivolse a Debir e le mosse guerra.39La prese con il suo re e tutti i suoi villaggi; li passarono a fil di spada e votarono allo sterminio ogni essere vivente che era in essa; non lasciò alcun superstite. Trattò Debir e il suo re come aveva trattato Ebron e come aveva trattato Libna e il suo re.
40Così Giosuè batté tutto il paese: le montagne, il Negheb, il bassopiano, le pendici e tutti i loro re. Non lasciò alcun superstite e votò allo sterminio ogni essere che respira, come aveva comandato il Signore, Dio di Israele.41Giosuè li colpì da Kades-Barnea fino a Gaza e tutto il paese di Gosen fino a Gàbaon.42Giosuè prese tutti questi re e il loro paese in una sola volta, perché il Signore, Dio di Israele, combatteva per Israele.43Poi Giosuè con tutto Israele tornò all'accampamento di Gàlgala.
Siracide 16
1Non desiderare una moltitudine di figli buoni a nulla,
non gioire per figli empi.
2Se aumentano di numero non gioire,
se sono privi del timore del Signore.
3Non confidare su una loro vita lunga
e non fondarti sul loro numero,
poiché è preferibile uno a mille
e morir senza figli che averne degli empi.
4La città potrà ripopolarsi per opera di un solo
assennato,
mentre la stirpe degli iniqui sarà distrutta.
5Il mio occhio ha visto molte simili cose;
il mio orecchio ne ha sentite ancora più gravi.
6Nell'assemblea dei peccatori un fuoco si accende,
contro un popolo ribelle è divampata l'ira.
7Dio non perdonò agli antichi giganti,
che si erano ribellati per la loro forza.
8Non risparmiò i concittadini di Lot,
che egli aveva in orrore per la loro superbia.
9Non ebbe pietà di nazioni di perdizione,
che si erano esaltate per i loro peccati.
10Così trattò i seicentomila uomini
che sono periti per l'ostinazione del loro cuore.
11Ci fosse un solo uomo di dura cervice,
sarebbe strano se restasse impunito,
12poiché misericordia e ira sono in Dio,
potente quando perdona e quando riversa l'ira.
13Tanto grande la sua misericordia,
quanto grande la sua severità;
egli giudicherà l'uomo secondo le sue opere.
14Non sfuggirà il peccatore con la sua rapina,
ma neppure la pazienza del pio sarà delusa.
15Egli farà posto a tutta la sua generosità;
ciascuno sarà trattato secondo le sue opere.
16Non dire: "Mi terrò celato al Signore!
Chi penserà a me lassù?
17Non sarò riconosciuto fra un popolo numeroso,
chi sarò io in mezzo a una creazione senza numero?".
18Ecco il cielo e il cielo dei cieli,
l'abisso e la terra sussultano quando egli appare.
19Anche i monti e le fondamenta della terra
si scuotono di spavento quando egli li guarda.
20Ma nessuno riflette su queste cose;
al suo modo di agire chi ci bada?
21Anche la bufera che nessuno contempla,
e la maggior parte delle sue opere, sono nel mistero.
22"Chi a Dio annunzierà le opere di giustizia?
Ovvero chi le attende? L'alleanza infatti è lontana".
23Tali cose pensa chi ha il cuore perverso;
lo stolto, appunto errando, pensa sciocchezze.
24Ascoltami, figlio, e impara la scienza;
e sii attento nel tuo cuore alle mie parole.
25Manifesterò con esattezza la mia dottrina;
con cura annunzierò la scienza.
26Nella creazione del Signore le sue opere sono fin
dal principio,
e dalla loro origine ne separò le parti.
27Egli ordinò per l'eternità le sue opere,
ne stabilì l'attività per le generazioni future.
Non hanno fame né si stancano,
eppure non interrompono il loro lavoro.
28Nessuna di loro urta la sua vicina,
mai disubbidiranno ad un suo comando.
29Dopo ciò il Signore riguardò sulla terra
e la riempì dei suoi doni.
30Ne ricoprì la superficie con ogni genere di viventi
e ad essa faranno ritorno.
Salmi 10
1'Al maestro del coro. In sordina. Salmo. Di Davide.'
2Loderò il Signore con tutto il cuore
e annunzierò tutte le tue meraviglie.
3Gioisco in te ed esulto,
canto inni al tuo nome, o Altissimo.
4Mentre i miei nemici retrocedono,
davanti a te inciampano e periscono,
5perché hai sostenuto il mio diritto e la mia causa;
siedi in trono giudice giusto.
6Hai minacciato le nazioni, hai sterminato l'empio,
il loro nome hai cancellato in eterno, per sempre.
7Per sempre sono abbattute le fortezze del nemico,
è scomparso il ricordo delle città che hai distrutte.
8Ma il Signore sta assiso in eterno;
erige per il giudizio il suo trono:
9giudicherà il mondo con giustizia,
con rettitudine deciderà le cause dei popoli.
10Il Signore sarà un riparo per l'oppresso,
in tempo di angoscia un rifugio sicuro.
11Confidino in te quanti conoscono il tuo nome,
perché non abbandoni chi ti cerca, Signore.
12Cantate inni al Signore, che abita in Sion,
narrate tra i popoli le sue opere.
13Vindice del sangue, egli ricorda,
non dimentica il grido degli afflitti.
14Abbi pietà di me, Signore,
vedi la mia miseria, opera dei miei nemici,
tu che mi strappi dalle soglie della morte,
15perché possa annunziare le tue lodi,
esultare per la tua salvezza
alle porte della città di Sion.
16Sprofondano i popoli nella fossa che hanno scavata,
nella rete che hanno teso si impiglia il loro piede.
17Il Signore si è manifestato, ha fatto giustizia;
l'empio è caduto nella rete, opera delle sue mani.
18Tornino gli empi negli inferi,
tutti i popoli che dimenticano Dio.
19Perché il povero non sarà dimenticato,
la speranza degli afflitti non resterà delusa.
20Sorgi, Signore, non prevalga l'uomo:
davanti a te siano giudicate le genti.
21Riempile di spavento, Signore,
sappiano le genti che sono mortali.
22Perché, Signore, stai lontano,
nel tempo dell'angoscia ti nascondi?
23Il misero soccombe all'orgoglio dell'empio
e cade nelle insidie tramate.
24L'empio si vanta delle sue brame,
l'avaro maledice, disprezza Dio.
25L'empio insolente disprezza il Signore:
"Dio non se ne cura: Dio non esiste";
questo è il suo pensiero.
26Le sue imprese riescono sempre.
Son troppo in alto per lui i tuoi giudizi:
disprezza tutti i suoi avversari.
27Egli pensa: "Non sarò mai scosso,
vivrò sempre senza sventure".
28Di spergiuri, di frodi e d'inganni ha piena la bocca,
sotto la sua lingua sono iniquità e sopruso.
29Sta in agguato dietro le siepi,
dai nascondigli uccide l'innocente.
30I suoi occhi spiano l'infelice,
sta in agguato nell'ombra come un leone nel covo.
Sta in agguato per ghermire il misero,
ghermisce il misero attirandolo nella rete.
31Infierisce di colpo sull'oppresso,
cadono gl'infelici sotto la sua violenza.
32Egli pensa: "Dio dimentica,
nasconde il volto, non vede più nulla".
33Sorgi, Signore, alza la tua mano,
non dimenticare i miseri.
34Perché l'empio disprezza Dio
e pensa: "Non ne chiederà conto"?
35Eppure tu vedi l'affanno e il dolore,
tutto tu guardi e prendi nelle tue mani.
A te si abbandona il misero,
dell'orfano tu sei il sostegno.
Spezza il braccio dell'empio e del malvagio;
36Punisci il suo peccato e più non lo trovi.
37Il Signore è re in eterno, per sempre:
dalla sua terra sono scomparse le genti.
38Tu accogli, Signore, il desiderio dei miseri,
rafforzi i loro cuori, porgi l'orecchio
39per far giustizia all'orfano e all'oppresso;
e non incuta più terrore l'uomo fatto di terra.
Geremia 14
1Parola che il Signore rivolse a Geremia in occasione della siccità:
2Giuda è in lutto,
le sue città languiscono,
sono a terra nello squallore;
il gemito di Gerusalemme sale al cielo.
3I ricchi mandano i loro servi in cerca d'acqua;
essi si recano ai pozzi,
ma non ve la trovano
e tornano con i recipienti vuoti.
Sono delusi e confusi e si coprono il capo.
4Per il terreno screpolato,
perché non cade pioggia nel paese,
gli agricoltori sono delusi e confusi
e si coprono il capo.
5La cerva partorisce nei campi e abbandona il parto,
perché non c'è erba.
6Gli ònagri si fermano sui luoghi elevati
e aspirano l'aria come sciacalli;
i loro occhi languiscono,
perché non si trovano erbaggi.
7"Se le nostre iniquità testimoniano contro di noi,
Signore, agisci per il tuo nome!
Certo, sono molte le nostre infedeltà,
abbiamo peccato contro di te.
8O speranza di Israele,
suo salvatore al tempo della sventura,
perché vuoi essere come un forestiero nel paese
e come un viandante che si ferma solo una notte?
9Perché vuoi essere come un uomo sbigottito,
come un forte incapace di aiutare?
Eppure tu sei in mezzo a noi, Signore,
e noi siamo chiamati con il tuo nome,
non abbandonarci!".
10Così dice il Signore di questo popolo: "Piace loro andare vagando, non fermano i loro passi". Per questo il Signore non li gradisce. Ora egli ricorda la loro iniquità e punisce i loro peccati.
11Il Signore mi ha detto: "Non intercedere a favore di questo popolo, per il suo benessere.12Anche se digiuneranno, non ascolterò la loro supplica; se offriranno olocausti e sacrifici, non li gradirò; ma li distruggerò con la spada, la fame e la peste".13Allora ho soggiunto: "Ahimè, Signore Dio, dicono i profeti: Non vedrete la spada, non soffrirete la fame, ma vi concederò una pace perfetta in questo luogo".14Il Signore mi ha detto: "I profeti hanno predetto menzogne in mio nome; io non li ho inviati, non ho dato ordini né ho loro parlato. Vi annunziano visioni false, oracoli vani e suggestioni della loro mente".15Perciò così dice il Signore: "I profeti che predicono in mio nome, senza che io li abbia inviati, e affermano: Spada e fame non ci saranno in questo paese, questi profeti finiranno di spada e di fame.16Gli uomini ai quali essi predicono saranno gettati per le strade di Gerusalemme in seguito alla fame e alla spada e nessuno seppellirà loro, le loro donne, i loro figli e le loro figlie. Io rovescerò su di essi la loro malvagità".
17Tu riferirai questa parola:
"I miei occhi grondano lacrime
notte e giorno, senza cessare,
perché da grande calamità
è stata colpita la figlia del mio popolo,
da una ferita mortale.
18Se esco in aperta campagna,
ecco i trafitti di spada;
se percorro la città,
ecco gli orrori della fame.
Anche il profeta e il sacerdote
si aggirano per il paese e non sanno che cosa fare.
19Hai forse rigettato completamente Giuda,
oppure ti sei disgustato di Sion?
Perché ci hai colpito, e non c'è rimedio per noi?
Aspettavamo la pace, ma non c'è alcun bene,
l'ora della salvezza ed ecco il terrore!
20Riconosciamo, Signore, la nostra iniquità,
l'iniquità dei nostri padri: abbiamo peccato contro di te.
21Ma per il tuo nome non abbandonarci,
non render spregevole il trono della tua gloria.
Ricordati! Non rompere la tua alleanza con noi.
22Forse fra i vani idoli delle nazioni c'è chi fa
piovere?
O forse i cieli mandan rovesci da sé?
Non sei piuttosto tu, Signore nostro Dio?
In te abbiamo fiducia,
perché tu hai fatto tutte queste cose".
Prima lettera ai Corinzi 14
1Ricercate la carità. Aspirate pure anche ai doni dello Spirito, soprattutto alla profezia.2Chi infatti parla con il dono delle lingue non parla agli uomini, ma a Dio, giacché nessuno comprende, mentre egli dice per ispirazione cose misteriose.3Chi profetizza, invece, parla agli uomini per loro edificazione, esortazione e conforto.4Chi parla con il dono delle lingue edifica se stesso, chi profetizza edifica l'assemblea.5Vorrei vedervi tutti parlare con il dono delle lingue, ma preferisco che abbiate il dono della profezia; in realtà è più grande colui che profetizza di colui che parla con il dono delle lingue, a meno che egli anche non interpreti, perché l'assemblea ne riceva edificazione.
6E ora, fratelli, supponiamo che io venga da voi parlando con il dono delle lingue; in che cosa potrei esservi utile, se non vi parlassi in rivelazione o in scienza o in profezia o in dottrina?7È quanto accade per gli oggetti inanimati che emettono un suono, come il flauto o la cetra; se non si distinguono con chiarezza i suoni, come si potrà distinguere ciò che si suona col flauto da ciò che si suona con la cetra?8E se la tromba emette un suono confuso, chi si preparerà al combattimento?9Così anche voi, se non pronunziate parole chiare con la lingua, come si potrà comprendere ciò che andate dicendo? Parlerete al vento!10Nel mondo vi sono chissà quante varietà di lingue e nulla è senza un proprio linguaggio;11ma se io non conosco il valore del suono, sono come uno straniero per colui che mi parla, e chi mi parla sarà uno straniero per me.
12Quindi anche voi, poiché desiderate i doni dello Spirito, cercate di averne in abbondanza, per l'edificazione della comunità.13Perciò chi parla con il dono delle lingue, preghi di poterle interpretare.14Quando infatti prego con il dono delle lingue, il mio spirito prega, ma la mia intelligenza rimane senza frutto.15Che fare dunque? Pregherò con lo spirito, ma pregherò anche con l'intelligenza; canterò con lo spirito, ma canterò anche con l'intelligenza.16Altrimenti se tu benedici soltanto con lo spirito, colui che assiste come non iniziato come potrebbe dire l'Amen al tuo ringraziamento, dal momento che non capisce quello che dici?17Tu puoi fare un bel ringraziamento, ma l'altro non viene edificato.18Grazie a Dio, io parlo con il dono delle lingue molto più di tutti voi;19ma in assemblea preferisco dire cinque parole con la mia intelligenza per istruire anche gli altri, piuttosto che diecimila parole con il dono delle lingue.
20Fratelli, non comportatevi da bambini nei giudizi; siate come bambini quanto a malizia, ma uomini maturi quanto ai giudizi.21Sta scritto nella Legge:
'Parlerò a questo popolo in altre lingue
e con labbra di stranieri,
ma neanche' così mi 'ascolteranno',
dice il Signore.22Quindi le lingue non sono un segno per i credenti ma per i non credenti, mentre la profezia non è per i non credenti ma per i credenti.23Se, per esempio, quando si raduna tutta la comunità, tutti parlassero con il dono delle lingue e sopraggiungessero dei non iniziati o non credenti, non direbbero forse che siete pazzi?24Se invece tutti profetassero e sopraggiungesse qualche non credente o un non iniziato, verrebbe convinto del suo errore da tutti, giudicato da tutti;25sarebbero manifestati i segreti del suo cuore, e così prostrandosi a terra adorerebbe Dio, proclamando che veramente Dio è fra voi.
26Che fare dunque, fratelli? Quando vi radunate ognuno può avere un salmo, un insegnamento, una rivelazione, un discorso in lingue, il dono di interpretarle. Ma tutto si faccia per l'edificazione.27Quando si parla con il dono delle lingue, siano in due o al massimo in tre a parlare, e per ordine; uno poi faccia da interprete.28Se non vi è chi interpreta, ciascuno di essi taccia nell'assemblea e parli solo a se stesso e a Dio.29I profeti parlino in due o tre e gli altri giudichino.30Se uno di quelli che sono seduti riceve una rivelazione, il primo taccia:31tutti infatti potete profetare, uno alla volta, perché tutti possano imparare ed essere esortati.32Ma le ispirazioni dei profeti devono essere sottomesse ai profeti,33perché Dio non è un Dio di disordine, ma di pace.
34Come in tutte le comunità dei fedeli, le donne nelle assemblee tacciano perché non è loro permesso parlare; stiano invece sottomesse, come dice anche la legge.35Se vogliono imparare qualche cosa, interroghino a casa i loro mariti, perché è sconveniente per una donna parlare in assemblea.
36Forse la parola di Dio è partita da voi? O è giunta soltanto a voi?37Chi ritiene di essere profeta o dotato di doni dello Spirito, deve riconoscere che quanto scrivo è comando del Signore;38se qualcuno non lo riconosce, neppure lui è riconosciuto.39Dunque, fratelli miei, aspirate alla profezia e, quanto al parlare con il dono delle lingue, non impeditelo.40Ma tutto avvenga decorosamente e con ordine.
Capitolo XVIII: Gli esempi dei grandi padri santi
Leggilo nella Biblioteca1. Guarda ai luminosi esempi dei grandi santi padri, nei quali rifulse una pietà veramente perfetta e vedrai come sia ben poco, e quasi nulla, quello che facciamo noi. Ahimé!, che cosa è la nostra vita, paragonata alla vita di quei santi? Veramente santi, e amici di Cristo, costoro servirono il Signore nella fame e nella sete; nel freddo, senza avere di che coprirsi; nel faticoso lavoro; nelle veglie e nei digiuni; nelle preghiere e nelle pie meditazioni; spesso nelle ingiurie e nelle persecuzioni. Quante tribolazioni, e quanto gravi, hanno patito gli apostoli, i martiri, i testimoni della fede, le vergini e tutti gli altri che vollero seguire le orme di Cristo; essi infatti, ebbero in odio se stessi in questo mondo, per possedere le loro anime nella vita eterna. Quale vita rigorosa, e piena di rinunce, vissero questi grandi padri nel deserto; quante lunghe e gravi tentazioni ebbero a sopportare; quanto spesso furono tormentati dal diavolo; quante ripetute e fervide preghiere offrirono a Dio; quali dure astinenze seppero sopportare. Come furono grandi l'ardore e il fervore con i quali mirarono al loro progresso spirituale; come fu coraggiosa la battaglia che essi fecero per vincere i loro vizi; come fu piena e retta la loro intenzione, che essi tennero sempre volta a Dio! Lavoravano per tutta la giornata, e la notte la passavano in continua preghiera; ma neppure durante il lavoro veniva mai meno in loro l'orazione interiore. Tutto il loro tempo era impiegato utilmente; e a loro sembrava troppo corta ogni ora dedicata a Dio; ancora, per la grande soavità della contemplazione, dimenticavano persino la necessità di rifocillare il corpo. Rinunciavano a tutte le ricchezze, alle cariche, agli onori, alle amicizie e alle parentele; nulla volevano avere delle cose del mondo; mangiavano appena quanto era necessario alla vita e si lamentavano quando si dovevano sottomettere a necessità materiali.
2. Erano poveri di cose terrene, molto ricchi invece di grazia e di virtù; esteriormente miserabili, ricompensati però interiormente dalla grazia e dalla consolazione divina; lontani dal mondo, ma vicini a Dio, amici intimi di Dio,; si ritenevano un nulla ed erano disprezzati dagli uomini, ma erano preziosi e cari agli occhi di Dio. Stavano in sincera umiltà, vivevano in schietta obbedienza; camminavano in amore e sapienza: per questo progredivano spiritualmente ogni giorno, e ottenevano tanta grazia presso Dio. Essi sono offerti come esempio per tutti coloro che si sono dati alla vita religiosa; essi ci devono indurre all'avanzamento nel bene, più che non ci induca al rilassamento la schiera delle persone poco fervorose.
3. Quanto fu grande l'ardore di questi uomini di Dio, quando diedero inizio alle loro istituzioni. Quale devozione nella preghiera, quale slancio nella vita, quale rigore in esso vigoreggiò; quanto rispetto e quanta docilità sotto la regola del maestro fiorì in tutti loro. Restano ancora certi ruderi abbandonati, ad attestare che furono veramente uomini santi e perfetti, costoro, che con una strenua lotta, schiacciarono il mondo. Oggi, invece, già uno è ritenuto buono se non tradisce la fede; se riesce a sopportare con pazienza quel che gli tocca. Tale è la nostra attuale condizione di negligente tiepidezza, che ben presto cadiamo nel fervore iniziale; pigri e stanchi, già ci viene a noia la vita. Voglia il cielo che in te non si vada spegnendo del tutto l'avanzamento nelle virtù; in te che frequentemente hai avuto sotto gli occhi gli esempi dei santi.
Contro Fausto Manicheo - Libro ventesimo
Contro Fausto manicheo - Sant'Agostino di Ippona
Leggilo nella BibliotecaIntroduzione del tema: il culto degli astri.
1. FAUSTO. Perché adorate il sole, se non perché siete pagani e scisma dei Gentili, più che una setta? Perciò non sarebbe fuori luogo indagare anche questo argomento, affinché possiamo più chiaramente vedere chi di noi debba essere chiamato con questo nome. E certo se ora ti racconterò la mia fede, semplicemente, come fra amici, forse ti sembrerà che io inventi ciò per giustificarmi o che - lungi da me - abbia pudore del culto delle luci divine. Ma tu prendila come vuoi: tuttavia, non mi pentirò di aver parlato, anche solo nell'interesse di alcuni, i quali avranno conoscenza fino a questo punto che la nostra religione non ha nulla in comune con quella dei Gentili.
Le " dimore " della trinità manichea.
2. Dunque noi adoriamo un'unica e medesima divinità sotto il triplice nome di Dio Padre onnipotente, Cristo suo Figlio e Spirito Santo; ma crediamo anche che il Padre dimori nella luce somma e principale, che Paolo in altro modo chiama " inaccessibile " 1. Il Figlio, invece, crediamo che risieda in questa seconda e visibile luce. Poiché egli è di per sé duplice, come lo riconosce l'Apostolo, dicendo che Cristo è potenza di Dio e sapienza di Dio 2; crediamo che la sua potenza abiti nel sole e la sua sapienza nella luna; ed ammettiamo anche che la sede e l'alloggio dello Spirito Santo, che è la terza maestà, sia tutto questo perimetro dell'atmosfera; che dal suo potere e dalla sua effusione spirituale la terra, che pure lo concepisce, generi il Gesù che patisce, vita e salvezza degli uomini, che pende da ogni pianta. Perciò è uguale la sacralità che noi attribuiamo a tutte le cose e voi, similmente, al pane ed al vino, sebbene odiate così violentemente gli autori di quelle dottrine. Questa è la nostra fede, che sentirai esporre se riterrai di dover indagare altre volte; sebbene, per il momento, non sia meno convincente l'argomento che se tu o un altro qualsiasi fosse interrogato su dove creda che abiti il proprio Dio, non dubiterà di rispondere: " nella luce ". Da tale risposta questo mio culto è confermato con una testimonianza pressoché universale.
Perché i Manichei non sono scisma dei Gentili.
3. Ma ora veniamo al motivo per cui ci hai definito non setta, ma scisma dei Gentili. Scisma, se non sbaglio, vuol dire che chi ha le stesse opinioni e pratica lo stesso rito degli altri, si compiace di una separazione solitaria dall'assemblea. Setta, invece, si ha quando chi ha opinioni molto diverse dagli altri ha istituito anche per sé un culto divino con un altro rito, molto differente. Se è così, anzitutto la mia opinione ed il mio culto sono molto diverse da quelli dei pagani. In seguito vedremo i tuoi. I pagani pongono come dogma che tutte le cose buone e cattive, squallide e splendide, perpetue e caduche, mutevoli e stabili, corporee e divine abbiano un unico principio. Io mi oppongo con forza a questo, poiché ammetto che Dio sia il principio di tutte le cose buone, mentre Hyle di quelle contrarie (così, infatti, il nostro teologo chiama il principio o natura del male). Parimenti i pagani ritengono che si debba venerare Dio con altari, templi, simulacri, vittime ed incenso. Anche in questo vado in una direzione molto diversa dalla loro, perché ritengo me stesso, se solo ne sia degno, ragionevole tempio di Dio; considero Cristo suo Figlio vivo simulacro della viva maestà; pongo come altare una mente imbevuta di buona formazione culturale; gli onori divini e i sacrifici solo nelle preghiere e in quelle pure e semplici. Come posso essere, pertanto, scisma dei pagani?
I Cristiani ed i Giudei, al contrario, sono scisma dei Gentili.
4. Solo in questo potresti chiamarmi scisma dei Giudei, poiché venero Dio onnipotente, cosa che ogni Giudeo si attribuisce audacemente, senza considerare la diversità dei riti con la quale io ed i Giudei veneriamo l'Onnipotente (se però i Giudei venerano l'Onnipotente). Ma nel frattempo consideriamo l'opinione che ha indotto in errore i pagani circa il culto del sole ed i Giudei circa l'Onnipotente. Non potresti chiamarmi, però, neppure scisma vostro, è vero, sebbene io veneri ed onori Cristo, poiché lo faccio con un altro rito ed un'altra fede rispetto a voi. In uno scisma, poi, o non deve mutare niente rispetto a ciò da cui si origina o non molto; come, per esempio, voi che separandovi dai Gentili dapprima avete divelto con voi l'opinione dell'unico principio, cioè credete che tutto sia da Dio. Avete mutato, poi, i loro sacrifici in agapi, gli idoli in martiri, che venerate con preghiere simili. Placate le ombre dei defunti con vino e con cibi, celebrate le stesse solennità dei Gentili, come le calende ed i solstizi. Del modo di vivere certo non avete mutato nulla. Di certo siete uno scisma, poiché non avete niente di diverso dalla matrice originaria se non quanto concerne il riunirsi. Ed anche i vostri predecessori Giudei, separatisi pure loro dai Gentili, rinunciarono solo alle raffigurazioni scolpite; invece i templi, i sacrifici, gli altari, i sacerdozi e tutti gli uffici sacri li usarono allo stesso modo e con molta più superstizione dei Gentili. Riguardo all'opinione dell'unico principio, poi, neppure loro si differenziano dai pagani: perciò risulta che voi ed i Giudei siete scisma dei Gentili. Pur mantenendo la loro fede ed i loro riti, sebbene quasi immutati, ritenete di essere setta solo perché vi riunite separatamente. Invece se cerchi le sette non saranno che due, cioè quella dei Gentili e la nostra, che ci accorgiamo essere molto diversa dalla loro. A loro volta sono così opposti a noi come lo sono verità e menzogna, giorno e notte, povertà ed abbondanza, salute e malattia. Voi, invece, non siete né la setta dell'errore né della verità, ma soltanto scisma; e neppure della verità ma dell'errore.
I Manichei sono peggiori dei pagani che, almeno, venerano realtà esistenti.
5. AGOSTINO. O flagello ignorante ed astuta vanità! Come ti difendi dal fatto che se qualcuno ti fa un'obiezione non sa con chi ha a che fare? Infatti non diciamo che voi siete pagani o scisma dei pagani, ma che avete con loro uno certa somiglianza, per il fatto che venerate molti dèi. In verità voi siete molto peggio di loro, perché quelli venerano realtà esistenti, anche se non devono essere venerate come dèi perché sono idoli, ma non servono per la salvezza. E chi venera una pianta, non certo col coltivarla ma con l'adorarla, non venera qualcosa che non esiste, ma qualcosa che non deve essere venerato così. Anche gli stessi demoni, per cui l'Apostolo dice: I sacrifici dei pagani sono fatti a demoni, non a Dio 3, certamente esistono; dice che immolano a quelli con cui non vuole che abbiamo a che fare. Inoltre senza dubbio il cielo e la terra, il mare e l'aria, il sole e la luna e gli altri corpi celesti, tutti questi si manifestano davanti agli occhi e sono a disposizione dei sensi. Quando i pagani li venerano come dèi o come parti di un unico grande dio (infatti alcuni di loro identificano l'universo con la suprema divinità) venerano realtà che esistono. Quando discutiamo con loro perché non le venerino non gli diciamo che non esistono, ma che non dovrebbero essere venerate; e li invitiamo a venerare il Creatore di tutte queste cose, il Dio invisibile: solo partecipando di lui l'uomo può diventare felice (nessuno mette in dubbio che tutti lo vogliano). Ma poiché alcuni di loro venerano una creatura invisibile ed incorporea, cioè l'anima e la mente umana; e poiché la partecipazione di una siffatta creatura non rende l'uomo beato, si deve venerare quel Dio non solo invisibile ma anche immutabile, cioè Dio vero: perché egli solo deve essere venerato, godendo del quale soltanto diventa beato il suo adoratore e senza il quale ogni mente è misera, di qualunque altra cosa goda. Voi, invece, poiché venerate cose che non esistono affatto, ma sono plasmate dalla vanità delle vostre favole fallaci, sareste stati più vicini alla vera pietà e religione se almeno foste stati pagani o del tipo di quelli che venerano dei corpi, anche se non dovrebbero, ma tuttavia veri. Di conseguenza direi più esattamente che non venerate codesto sole, attorno alla cui rotazione gira la vostra preghiera.
L'immagine manichea del sole come nave.
6. Infatti così false e così assurde sono le affermazioni che tirate in ballo intorno al sole che se potesse vendicarsi delle ingiurie, già ardereste vivi per le sue fiamme. Anzitutto dite che in un certo senso è una nave: così non solo, come si dice, errate completamente; ma rimanete anche malamente a galla. In secondo luogo, anche se agli occhi di tutti splende rotondo e quella sua forma è perfetta in rapporto alla posizione all'interno dello schieramento dei corpi celesti, voi lo considerate un triangolo, cioè attraverso una finestra del cielo triangolare irradierebbe sul mondo e la terra questa luce. Così accade che vi piegate e chinate il capo verso questo sole, ma non adorate quello visibile nella tanto luminosa rotondità, ma una non so qual nave sfavillante e splendente attraverso un'apertura triangolare, e che voi immaginate conficcata in cielo. Il costruttore non l'avrebbe certamente fatta, se come si compra il legname con cui si connettono le tavole delle navi, così si comprassero anche le parole con le quali si inventano le favole degli eretici. Ma pure, con una certa tolleranza si ride o si piange di queste cose nei vostri confronti. È intollerabilmente empio, invece, il vostro affermare che proprio da quella nave si mettono in vista belle giovinette e giovinetti, per i cui bellissimi corpi ardano di passione i prìncipi e le principesse delle tenebre, rispettivamente per le femmine e per i maschi. Così le membra del vostro dio, nell'ardente libidine e nella bramosa concupiscenza, si sciolgono dalle membra di quelli come da ceppi orribili e spregevoli. Ed a questi vostri panni oltremodo osceni tentate di cucire l'ineffabile Trinità, perché dite che il Padre abita in una certa luce segreta; la potenza del Figlio, invece, nel sole; la Sapienza nella luna; lo Spirito Santo, invece, nell'atmosfera!
Critica alla " luce segreta ", presunta " dimora " del Padre. Attributi dell'unico, vero Creatore.
7. In questa vostra invenzione costituita da tre, o meglio da quattro parti, che cosa dovrei dirvi sulla segreta luce del Padre se non che non siete capaci di pensare la luce diversa da come siete abituati a vederla? Infatti guardando questa luce visibile e notissima ad ogni essere fatto di carne (uomini, bestie, vermi), siete soliti ingrandire enormemente l'immagine mentale concepita partendo da quella e dite che sia la luce in cui il Padre dimora con gli abitanti del suo regno. In che modo, infatti, avete distinto la luce con la quale vediamo da quella con cui comprendiamo, dal momento che credete che comprendere la verità equivale soltanto a pensare forme corporee, sia finite che infinite in alcune parti, senza sapere che quelli sono vuoti fantasmi? Pertanto, pur essendoci molta differenza tra l'atto di pensiero con il quale concepisco la vostra regione di luce che non esiste affatto e l'atto di pensiero con cui immagino Alessandria che non ho mai visto ma che esiste; ed ancora: pur essendoci molta differenza tra questo atto di pensiero con cui immagino Alessandria a me sconosciuta e quello con cui immagino Cartagine, che conosco, c'è una distanza incomparabile tra questo atto di pensiero con cui mi rappresento cose materiali reali e note e l'atto di pensiero con cui immagino la giustizia, la castità, la fede, la verità, la carità, la bontà e qualsiasi altra cosa di tal natura. Dite, se siete in grado, che luce sia questo atto di pensiero con cui tutte le cose che non vi si identificano si distinguono tra di loro e si concepisce con indubbia chiarezza quanta distanza le separi da esso. E tuttavia anche questa luce non è quella che si identifica con Dio: questa, infatti, è creata, egli è il Creatore; questa è fatta, egli è colui che la fece; questa è mutevole, perché vuole ciò che non voleva e sa ciò che non sapeva, e ricorda ciò che era dimenticato; Dio, invece, persiste nell'immutabile volontà, verità, eternità. Da lui deriva l'inizio della nostra esistenza, il principio della conoscenza, la legge dell'amore. Da lui, per tutti gli esseri animati, razionali ed irrazionali, deriva la natura con cui vivono, la vitalità per cui percepiscono, l'impulso che li muove alla ricerca; da lui deriva anche a tutti i corpi l'estensione che li fa sussistere, l'ordine che li rende belli, il peso che conferisce ordine. Pertanto quella luce, l'inseparabile Trinità, è l'unico Dio, la sostanza del quale, di per sé incorporea, spirituale, immutabile, voi, senza attribuire alcuna corporeità, dividete e ponete in luoghi separati. Neppure assegnate tre luoghi alla Trinità, ma quattro: uno al Padre, la luce inaccessibile, che non comprendete affatto; due al Figlio, cioè il sole e la luna; ancora uno allo Spirito Santo, cioè tutto questo cerchio dell'atmosfera. Dell'inaccessibile luce del Padre, dunque, poiché per chi ha la vera fede non sono separati da lui il Figlio e lo Spirito Santo, posso parlare, entro questi limiti, solo al momento.
Critica al sole, "dimora " della potenza del Figlio, alla luna, " dimora " della Sapienza.
8. Perché, poi, piacque alla vostra vanità di porre nel sole la potenza del Figlio e nella luna la sapienza? Dal momento che, infatti, il Figlio rimane immutabilmente nel Padre, come può la sua sapienza essere separata dalla sua potenza, tanto da essere questa nel sole, quella nella luna? Non possono se non le cose materiali essere divise e distribuite in luoghi di tal genere. Se lo sapessi non tesseresti tante favole con una fantasia stolta e malata. Ma in quella stessa falsità e fallacia quanto a sproposito ed erroneamente dite che la sede della sapienza splende meno della sede della potenza! Alla potenza appartiene l'operare e il produrre, alla sapienza, invece, insegnare e mostrare; perciò se il calore fosse superiore nel sole e la luce, invece, nella luna, in un modo o nell'altro queste invenzioni avrebbero potuto trovare una nebulosa verosimiglianza, dovendosi ingannare gli uomini e gli animali, i quali credono che non esista nulla che non abbiano concepito come materiale. La violenta attività del calore, infatti, serve a muovere, per cui si potrebbe attribuire alla potenza; il chiaro fulgore della luce, invece, serve per mostrare, quindi si potrebbe attribuirlo alla sapienza. Ma se la luce, nel sole, è di gran lunga maggiore, in che modo in esso sarebbe la potenza, mentre nella luna, che risplende tanto di meno, sarebbe la sapienza? O sacrilega assurdità! Perché unico è Cristo, potenza di Dio e sapienza di Dio 4, mentre lo Spirito Santo non è Cristo. Come separare Cristo da se stesso, non essendo separato da lui lo Spirito Santo? L'atmosfera, che la vostra invenzione ha assegnato allo Spirito Santo come sede, dite che pervade tutta la creazione. Quindi il sole e la luna, percorrendo i loro giri, sono sempre con essa. Ma la luna si allontana dal sole ed al sole di nuovo si avvicina; così, secondo la vostra testimonianza, o piuttosto i vostri inganni, per metà dell'orbita la sapienza si allontana dalla potenza, e per l'altra metà di nuovo ritorna ad essa; e quando è piena, allora la sapienza è lontana dalla potenza. Allora queste due luci sono staccate l'una dall'altra per uno spazio così ampio che quando il sole cala ad occidente la luna sorge dall'oriente. Per cui, dato che sono deboli tutte quelle cose che sono abbandonate dalla potenza, la sapienza tanto è più debole quanto più è piena la luna. Se poi, come è vero, la sapienza di Dio ha sempre la stessa potenza e la potenza di Dio ha sempre la stessa sapienza, perché le distinguete così da farle risiedere in luoghi separati e a distanza, dichiarandole proprio sedi di una medesima sostanza, dato che gli uomini, dalla mente assurda e cieca, non si staccano da una fantasia materiale e sono talmente privi di potenza e di sapienza che non potete né essere molto sapienti né sapientemente potenti? Così, però, o stoltezza detestabile ed esecrabile, Cristo è diviso tra il sole e la luna; abita qui con la potenza, lì con la sapienza; in entrambi imperfetto e incompleto; non sapiente nel sole né molto potente nella luna, non prepara in entrambi i luoghi bei giovinetti che devono essere desiderati dalle principesse delle tenebre e le giovinette dai prìncipi? Queste cose leggete, credete, insegnate! Vivete di questa fede e di questa dottrina! E vi meravigliate se siete guardati con orrore?
Le creature inventate e venerate dai Manichei. Le invenzioni favolose dei pagani.
9. Ma se nei confronti di questi corpi luminosi tanto evidenti e notissimi sbagliate a tal punto da adorare non quel che sono ma quel che v'immaginate in modo del tutto irragionevole, che dire delle altre vostre invenzioni? Infatti chi è quell'essere risplendente che sorregge il mondo e chi è Atlante che lo aiuta a sostenerlo? Queste ed innumerevoli altre creature che sono frutto del vostro delirare non esistono affatto, eppure le venerate. Per questo diciamo che siete peggiori dei pagani, simili a loro soltanto per il fatto che venerate molti dèi; in realtà diversi in un aspetto peggiore, perché loro venerano come dèi realtà esistenti (ma dèi non sono); voi, invece, venerate quelli che non sono né dèi né qualcos'altro, perché non sono nulla. Hanno certamente anche i pagani alcune invenzioni favolose, ma sanno che sono invenzioni; ed asseriscono che sono state inventate dai poeti per dilettare o cercano di spiegarle come rappresentazioni della natura delle cose o degli usi degli uomini. Come Vulcano zoppo, perché il movimento del fuoco terreno è così; e la Fortuna cieca perché non si sa da dove sopraggiungano gli avvenimenti che sono detti fortuiti; e i tre Fati che filano la lana sulla conocchia, sul fuso e con le dita, perché ci sono tre tempi: il passato, che è già stato filato ed è avvolto sul fuso; il presente, che sta passando tra le dita del filatore; il futuro, nella lana che è ancora avvolta sulla conocchia, che ancora deve passare attraverso le dita del filatore sul fuso, come attraverso il presente verso il passato; e Venere moglie di Vulcano - perché il calore naturalmente associa a sé il piacere - e adultera di Marte, perché il piacere non è proprio dei guerrieri; e Cupido, un giovinetto alato e che scaglia frecce, perché l'amore irrazionale ed instabile ferisce i cuori degli infelici; e molte altre invenzioni di questo tipo. Questo di loro deridiamo: il fatto che adorino queste invenzioni anche dopo averle spiegate così, mentre più scusabile sarebbe (sebbene condannabile) che adorassero ciò di cui non si comprende il significato. Proprio mediante quelle spiegazioni si dimostra che non venerano quel Dio partecipando del quale soltanto la mente diventa felice, ma una creatura costituita da lui. Né venerano le sole virtù della creatura - come Minerva, il cui mito che sia nata dalla testa di Giove viene interpretato ai fini della saggezza, che è propria della ragione, cui anche Platone assegnò come sede la testa -, ma anche i vizi, come abbiamo detto di Cupido. Perciò uno dei loro poeti tragici dice: A fare di amore un dio, assecondando il vizio, fu la turpe passione 5. Infatti i Romani consacrarono dei simulacri ai vizi corporali, come al Pallore e alla Febbre. Per tralasciare il fatto che gli adoratori di questi simulacri hanno una devozione tale, nei confronti delle immagini corporee, che temono come divinità quelle stesse forme erette in luoghi onorevoli, alle quali vedono essere espresso tanto ossequio. Le spiegazioni con cui vengono difesi questi oggetti muti, sordi, ciechi e privi di vita si criticano più degnamente; tuttavia anche questi, in qualche modo, esistono, sebbene, come già dissi, non servano per la salvezza né per qualche altro scopo, e ciò che essi rappresentano si trova nella realtà. Voi, invece, non mostrate con pitture o sculture o spiegazioni il vostro primo uomo che lotta coi cinque elementi; e lo spirito potente che costruisce il mondo dai corpi prigionieri della stirpe delle tenebre o piuttosto dalle membra vinte e sottomesse del vostro dio; e quello risplendente, che tiene in mano i resti delle stesse membra del vostro dio e che piange la cattura, la schiavitù e la contaminazione di tutte le altre; ed Atlante il gigante, che con lui porta il carico sulle sue spalle, affinché quello, stanco, non lo lanci lontano tutto, e così la vostra invenzione non possa giungere alla copertura del globo finale come in un sipario teatrale. Non rappresentate altre innumerevoli e simili sciocchezze e assurdità, né in pittura, né in scultura, né con spiegazioni; eppure vi credete e le venerate sebbene non esistano affatto ed in più insultate i cristiani, che purificano le menti pie con una fede non finta, come se fossero degli avventati creduloni. Per non prendere in considerazione molte prove con le quali si può mostrare che non esistono affatto - perché trattare della creazione del mondo più precisamente e in maniera più elevata non mi sarebbe difficile, ma di certo sarebbe troppo lungo - dico questo: se queste cose sono reali la sostanza di Dio dovrebbe essere soggetta al cambiamento, alla corruzione, alla contaminazione. Credere questo, però, è del tutto sacrilego e folle. Perciò tutte quelle cose sono vane, false, irreali. Pertanto voi siete proprio peggiori dei pagani conosciuti dalla gente ora e nei tempi antichi e che ancora si vergognano di quanto rimane: loro venerano cose che non sono dèi, voi, invece, cose che non esistono.
Somiglianze e differenze che avvicinano e allontanano le diverse fedi.
10. Pertanto, se ritenete di essere in possesso della verità perché vi differenziate molto dall'errore dei pagani, e noi, invece, secondo voi siamo in errore perché forse più distanti da voi che dai pagani, si dica allora che un morto è sano per il fatto che non è più malato; e si biasimi chi è sano perché è più vicino ad un malato che ad un morto. Oppure, se in gran parte i pagani devono essere considerati non come dei malati ma come dei morti, si apprezzi nel sepolcro la cenere informe, perché non possiede più la forma di un cadavere; e si biasimino le membra vive, perché sono più simili ad un cadavere che alla cenere. Così costoro ritengono che anche noi siamo da biasimare, perché dicono che siamo più simili al cadavere dei pagani che alla cenere dei Manichei. Tuttavia si è soliti classificare ogni cosa, per distinguerla, ora in un modo ora in un altro in base a molteplici differenze, di modo che ciò che era da questa parte, a causa di altre differenze si trova da un'altra dove non era prima. Come accade, per esempio, se qualcuno distingue ogni animale in volatile e non: in virtù di questa diversità i quadrupedi sono più simili agli uomini che agli uccelli; entrambi, infatti, non sono capaci di volare. Ed ancora: se qualcuno li classifica secondo un'altra differenza - l'essere alcuni razionali o irrazionali - allora i quadrupedi sono più simili agli uccelli che agli uomini; entrambi, infatti, sono privi di ragione. Fausto non pensò a questo quando disse: " Allora se cerchi le sette ne troverai non più di due, cioè quella dei Gentili e la nostra, che, ci rendiamo conto, è molto diversa dalla loro ". Naturalmente perché aveva detto che i Gentili erano distanti al massimo dai Manichei per il fatto che affermano che tutto deriva da un unico principio - cosa che i Manichei negano introducendo il principio della stirpe delle tenebre -. Considerando questa differenza, certo, in gran parte i pagani sono d'accordo con noi. Ma Fausto non considera che, parimenti, se qualcuno distingue tra quanti, legati ad una religione, preferiscono venerare un unico Dio o molti dèi, sulla base di questa differenza anche i pagani sono molto lontani da noi; costoro sono classificati con i pagani e noi, invece, con i Giudei. Quindi, secondo questa differenza, anche in questo modo si possono ritenere due sole le sètte. A questo punto potreste dire, per esempio, che presentate molti vostri dèi fatti di una sola sostanza, come se i pagani non lo affermassero per molti loro dèi, anche se attribuiscono loro differenti funzioni ed occupazioni e poteri; così anche presso di voi uno espugna la stirpe delle tenebre, un altro costruisce il mondo con quella prigioniera, un altro dall'alto lo tiene sospeso, un altro lo tiene da sotto, un altro fa girare le ruote dei fuochi, dei venti e delle acque nella parte più bassa, un altro nel suo giro in cielo coi suoi raggi raccoglie le membra dei vostro dio anche dalle cloache. E chi potrebbe contare tutte le occupazioni incredibili dei vostri dèi, non rese evidenti da alcuna realtà né rappresentate con qualche enigma? Inoltre se uno classificasse tutti gli uomini, dicendo che alcuni credono che Dio si occupi delle faccende umane ed altri non lo credono affatto, nel primo gruppo i pagani ed i Giudei sono d'accordo con noi, e anche voi e tutti gli eretici che in qualche modo vengono chiamati cristiani; nell'altro gruppo, invece, si trovano gli epicurei e gli altri che eventualmente hanno avuto la stessa opinione. Questa è forse una piccola differenza? Perché, dunque, non si proclama che due sole sono le sètte anche secondo questa differenza, e che siete in una di esse insieme a noi? O in questa distinzione oserete dissentire da noi, che predichiamo che Dio si occupa delle faccende umane, e stare dalla parte degli Epicurei che negano ciò? Qui, senza dubbio, ripudiandoli, correte dalla nostra parte. Così, in base ad una o ad un'altra differenza, ci si trova ora qui ora là, da una parte uniti, in un'altra separati, alternativamente tutti con noi e noi con tutti, ed ancora nessuno di loro con noi né noi con alcuni di loro. Se Fausto lo concepisse non direbbe così chiaramente delle assurdità.
Follia manichea sulla concezione e la nascita di Gesù, contrariamente alla verità.
11. Che dire, poi, di queste parole di Fausto: " Dalla potenza dello Spirito e dalla effusione spirituale la terra, che pure concepiva, generò il mortale Gesù, che è la vita e la salvezza degli uomini, pendente da ogni albero "? Pazzo! Per non discutere per il momento di questo vostro parlare a vanvera: può forse la terra concepire il mortale Gesù dallo Spirito Santo e non averlo potuto fare la vergine Maria? Confronta, se hai il coraggio, il grembo verginale santificato da una castità tanto grande con ogni luogo della terra, dove crescono alberi ed erbe. Davvero inorridisci davanti a quella donna, o fingi di rabbrividire davanti ad un utero dedicato alla castità e non inorridisci davanti al fatto che Gesù sia generato da acque di fogna nei giardini attorno ad ogni città? Infatti quale umore, a volontà, non produce e nutre innumerevoli germogli? Predicate che così è nato il Gesù mortale e proclamate che è indegno crederlo nato da una vergine! Se ritenete la carne immonda, perché non vi sembra più immondo ciò che la stessa natura della carne elimina dalla mistura di sostanze della sua buona condizione fisica? Forse la carne è immonda e lo sterco che è espulso dalla carne è mondo? Non badate dunque, non vedete che i campi diventano rigogliosi grazie allo sterco, usato per renderli più fertili e produttivi? Evidentemente la vostra follia arriva fino a questo punto: dallo Spirito Santo, che secondo voi rifiutò la carne di Maria, la terra concepirebbe con maggiore abbondanza e rigoglio quanto più accuratamente sarebbe ingrassata con le lordure e le sporcizie della carne! Forse per difendere questo dite che lo Spirito Santo ha potere ovunque con la sua presenza incontaminabile? Vi si risponda: perché, allora, non anche nel grembo di una vergine? Ma per non parlare più del concepimento rivolgete ora l'attenzione proprio alla nascita. Affermate che la terra, concependo dallo Spirito Santo, genera Gesù che patisce, che tuttavia così contaminato pende da ogni albero nei frutti, cosicché è ulteriormente contaminato dalle carni degli innumerevoli animali che se ne nutrono, tranne quella sola parte cui la vostra fame abbia provveduto. Pertanto noi crediamo col cuore e professiamo con le labbra Cristo Figlio di Dio, Verbo di Dio, vestito di carne senza possibilità di contaminazione; perché quella sostanza che non può essere contaminata da nessuna cosa non può esserlo dalla carne. Voi, invece, secondo la vostra invenzione, dite che mentre ancora pende sull'albero Gesù è già contaminato, prima di entrare nella carne di ciascun animale che se ne nutre. Se non è contaminato, perché lo purificate mangiandolo? Inoltre, affermando che tutti gli alberi sono la sua croce (per cui Fausto proclama " pendente da ogni albero "), perché non cogliete anche voi i frutti - come quel Giuseppe d'Arimatea, compiendo un'opera buona, depose dalla croce il vero Gesù, per seppellirlo 6 - per seppellire nel vostro ventre Gesù, deposto e non più appeso ad una pianta? In altri termini, da cosa deriva la pietà di deporre Cristo nel sepolcro e viceversa l'empietà di deporlo dall'albero? Forse, perché risuoni anche riferito a voi ciò che l'Apostolo cita dal profeta: La loro gola è un sepolcro aperto 7, aspettate con la bocca aperta chi seppellisca Cristo nelle vostre fauci come ottima sepoltura? Infine, diteci quanti cristi proclamate che ci siano. Uno non è forse quello che la terra concepisce dallo Spirito Santo e genera mentre patisce, non solo sospeso da ogni albero, ma che giace anche sull'erba; e un altro quello che i Giudei crocifissero sotto Ponzio Pilato; ed il terzo diviso tra il sole e la luna? O è unico e sempre lo stesso quello legato in una parte di sé negli alberi, in un'altra libero e che aiuta se medesimo legato e prigioniero? Che se è così, quello che ammettete patì sotto Ponzio Pilato, raccontando che fu senza carne, non dico come, in tale condizione, abbia potuto subire la morte, ma chiedo a chi abbia lasciato quelle navi per patire, scendendo da lì, sofferenze tali che non potrebbero verificarsi senza un corpo. Una presenza spirituale senza dubbio non potrebbe in nessun modo sopportare quelle sofferenze; una presenza corporea, poi, non potrebbe essere contemporaneamente nel sole, nella luna e in croce. Analogamente, se non ebbe un corpo, non fu crocifisso; se invece lo ebbe, chiedo da dove lo ebbe, dal momento che affermate che tutti i corpi provengono dalla stirpe delle tenebre, sebbene non abbiate potuto mai pensare una sostanza divina se non materiale. Di conseguenza siete costretti o a dire che fu crocifisso senza il corpo (non si potrebbe dire nulla di più assurdo); o che sembrò crocifisso in apparenza piuttosto che nella realtà (ed ancora, che cosa sarebbe peggiore di questa empietà?); o che non tutti i corpi vengono dalla stirpe delle tenebre, ma che la sostanza divina ha anche un corpo, che però non è immortale, ma può essere crocifisso ed ucciso (cosa che non è meno insensata); o che Cristo ebbe un corpo mortale dalla stirpe delle tenebre, e così voi che temete di credere la vergine Maria madre del suo corpo non temete che lo sia la stirpe delle tenebre. Infine, stando all'affermazione di Fausto (staccata da quella vostra lunghissima invenzione e sintetizzata con la massima brevità possibile: " La terra, concependo dallo Spirito Santo, genera Gesù che patisce, che è la vita e la salvezza degli uomini, pendente da ogni albero "), perché quel Salvatore, pendendo, corrisponde a ciò che pende e nascendo non corrisponde a ciò che nasce? Se poi affermate che Gesù è sugli alberi, e che Gesù fu crocifisso sotto Ponzio Pilato, e che Gesù è diviso tra il sole e la luna, giacché tutto questo deriva da un'unica e medesima sostanza, perché non includete sotto questo nome le altre migliaia vostre divinità? Perché, infatti, non potrebbe essere Gesù anche quel " Risplendente ", e quell'Atlante e quel Re d'onore e quello spirito potente e quel primo uomo e qualunque altro proclamate con nomi diversi e diverse funzioni?
Confusione dei Manichei sul numero e sui nomi delle divinità.
12. Infine, perché lo Spirito Santo è considerato la terza persona, trovandosi tra innumerevoli? O in altri termini perché non potrebbe essere anche Gesù stesso? E a che cosa mira la fallace tessitura delle parole negli scritti di Fausto, dove tentando, per così dire, di essere in accordo coi veri cristiani, rispetto ai quali si trova ad una distanza troppo ampia, dice: " Noi adoriamo la medesima ed unica divinità sotto il triplice nome di Dio Padre onnipotente e di Cristo suo Figlio e dello Spirito Santo "? Perché, infatti, sotto un triplice e non, piuttosto, sotto molteplici non soltanto nomi ma anche realtà, se quanti sono i nomi tante sono le persone? Perché non è come nelle armi che una sola cosa ha tre nomi (ensis, mucro, gladius); come chiamate un'unica cosa luna, nave minore, illuminatrice notturna e con qualunque altro vocabolo. Non potete chiamare il primo uomo egualmente spirito potente, il " Risplendente " e grandissimo Atlante; ma uno è lui; un altro e un altro ancora sono questo e quello e nessuno di costoro siete soliti chiamare Cristo. In altri termini, come può esistere un'unica divinità se diverse sono le opere? O perché non potrebbe essere tutta un solo Cristo, se a causa di un'unica sostanza Cristo è sugli alberi, Cristo è nella persecuzione dei Giudei, Cristo è nel sole e nella luna? Senza dubbio le vostre fantasie hanno perduto ogni via; senza dubbio nient'altro sono se non visioni di pazzi.
Il valore cristiano e manicheo del pane e del vino.
13. Perché poi Fausto ritenga che le nostre religioni siano uguali per quanto riguarda il pane ed il calice non lo so, dal momento che per i Manichei gustare il vino non è religione, ma sacrilegio. Nell'uva, infatti, riconoscono il loro dio, non vogliono riconoscerne la presenza nella botte, come se l'essere pigiato e rinchiuso li offendesse in qualcosa. Il nostro pane e il nostro vino, poi, non sono qualsiasi (perché Cristo è legato nelle spighe e nei tralci, come vaneggiano quelli), ma con una specifica consacrazione diventano - non nascono - mistici per noi. Quindi, ciò che non diviene così, benché sia pane e vino, è alimento per ristorarsi, non sacramento di religione: eccetto il fatto che benediciamo e rendiamo grazie al Signore in ogni suo dono, non solo spirituale, ma anche corporeo. Secondo la vostra invenzione, invece, Cristo vi viene imbandito legato in tutti i cibi; inoltre dev'essere legato alle vostre viscere e sciolto dai rutti. Infatti quando mangiate vi ristorate per l'indebolimento del vostro dio e quando digerite vi indebolite per il suo ristabilimento. Quando infatti vi rende sazi, il vostro rinvigorimento lo soffoca. Ciò potrebbe senza dubbio essere attribuito alla misericordia, dal momento che soffre per voi in voi, se non vi lasciasse di nuovo vuoti per fuggire una volta liberato da voi. Come paragonare, dunque, il nostro pane ed il nostro vino e chiamare uguale religione un errore tanto lontano dalla verità, dimostrandoti più stolto di alcuni che credono che noi veneriamo Cerere e Libero a causa del pane e del vino? Perciò ho ritenuto di dover ricordare questo: perché vi accorgiate da quale falsità venga anche quella vostra idea secondo cui a causa del sabato ritenete che i nostri padri si siano consacrati a Saturno. Come infatti siamo molto lontani dagli dèi pagani Cerere e Libero, sebbene nel nostro rito comprendiamo il sacramento del pane e del vino - che avete lodato così da volere essere uguali a noi in esso - così i nostri padri furono lontani dalle catene di Saturno, sebbene abbiano osservato il riposo del sabato secondo il tempo della profezia.
Natura dell'hyle secondo i Greci e secondo l'erronea dottrina manichea.
14. Ma perché non avete detto anche riguardo all'Hyle, che ricorre in parecchi libri dei pagani, di avere una religione uguale a quella dei Pagani? Avete voluto persino che la vostra religione venisse riconosciuta ineguale e molto differente proprio per il fatto che con questo nome il vostro teologo chiami il principio e la natura del male. Ma in ciò si scopre la vostra grande ignoranza: poiché non sapete cosa sia l'Hyle, e con questo vocabolo che si riferisce ad una realtà che ignorate completamente, aspirate anche ad essere esaltati come dottori. Infatti i Greci, quando discutono della natura, definiscono Hyle una certa materia della realtà che non ha forma proprio in alcun modo, ma è capace di assumere tutte le forme corporee; essa, comunque, si riconosce nella mutevolezza dei corpi, poiché non può per se stessa essere percepita né coi sensi né con l'intelletto. Ma alcuni Gentili sbagliano in questo: la congiungono a Dio come coeterna, come se questa non derivi da lui, sebbene da lui sia formata. Che questa cosa sia estranea alla verità, lo insegna la verità stessa. Ecco, tuttavia, a quali pagani si trova che siete consimili riguardo a questa stessa Hyle: dite anche voi che essa ha un suo principio, e che non viene da Dio. E in questo dicevate di essere dissimili, senza sapere che dite. Nel fatto, poi, che questa Hyle non abbia alcuna forma propria e che non possa essere formata se non da Dio, convengono con quella nostra verità; dissentono, invece, dalla vostra falsità: voi, non sapendo cosa sia l'Hyle, cioè cosa sia la materia delle cose, dite che essa è la stirpe delle tenebre, in cui collocate non solo innumerevoli forme corporee distinte in 5 specie, ma anche una mente formatrice di questi corpi. E - cosa che sa più di ignoranza o piuttosto di insensatezza - chiamate Hyle piuttosto la stessa mente, la quale dite che non è formata, ma forma. E certo, se lì ci fosse una certa mente che forma ed elementi corporei che fossero formati, quegli elementi dovrebbero essere chiamati Hyle, cioè materia formata dalla medesima mente; la quale mente volete che sia principio del male. Se diceste questo non sbagliereste molto in ciò che è Hyle, se non che anche gli stessi elementi, pur dovendo assumere altre forme, poiché già sono elementi e si distinguono in proprie specie, non sarebbero tuttavia Hyle, perché essa è del tutto informe. Tuttavia sarebbe tollerabile la vostra ignoranza poiché direste Hyle quella che sarebbe formata, non quella che formerebbe; tuttavia anche così sareste ritenuti falsi e sacrileghi, poiché, non sapendo che ogni genere di elementi, il numero delle forme e l'ordine dei pesi non possono venire se non dal Padre e dal Figlio e dallo Spirito Santo, attribuite un così grande bene al principio del male. Ora, ignorando cosa sia l'Hyle e cosa sia il male, davvero potessi persuadervi affinché vi tratteniate dal sedurre quelli che sono più ignoranti!
Non può chiamarsi " tempio di Dio " un corpo fabbricato da una mente maligna.
15. Inoltre chi non riderebbe del fatto che volete essere migliori dei pagani perché loro credono di dover venerare dio con gli altari, coi templi, con le statue, con le vittime e con l'incenso, mentre voi non fate niente di tutto ciò? Come se, in verità, non sarebbe meglio costruire un altare ed offrire una vittima ad una pietra, che in qualche modo esiste, piuttosto che adorare ciò che non esiste affatto, con delle fantasie durante un delirio! Ma tu, che hai detto di essere tempio razionale di Dio, come lo spiegherai? Ti piacerebbe che Dio avesse un tempio di cui una parte fosse fabbricata dal diavolo? Forse non siete voi che dite che tutte le vostre membra e tutto il corpo sono state fabbricate da una mente maligna, che chiamate Hyle, e che una parte di quella mente fabbricatrice abita lì insieme ad una parte del dio vostro? Se essa è tenuta lì, come dite, incatenata e chiusa, avresti dovuto chiamarti tempio di dio o carcere di dio? Salvo che, per caso, tu non chiami tempio di dio la tua anima, che ti proviene dalla terra della luce. Ma quella siete soliti chiamarla parte di dio, o membro di dio, non tempio di dio. Resta dunque che non ti saresti chiamato tempio di dio se non per via del corpo, che secondo te ha fabbricato il diavolo. Ecco come bestemmiate il tempio di Dio: non solo dite che non è santo, ma dite anche che è un congegno del diavolo e l'ergastolo di Dio. Ma d'altra parte l'Apostolo dice: santo è il tempio di Dio che siete voi 8. E perché tu non creda che si riferisca soltanto all'anima ciò che è stato detto, ascolta più distintamente: o non sapete, dice, che il vostro corpo è tempio dello Spirito Santo che è in voi e avete da Dio? 9. Voi invece chiamate la fabbrica dei demoni tempio di dio e lì collocate, come dice Fausto, " Cristo Figlio di Dio, immagine vivente della vivente maestà ". Il vostro Cristo fantastico potrebbe perfettamente abitare in tale tempio di sacrilega falsità. Senza dubbio quello può essere chiamato " immagine " non perché ha una somiglianza, ma perché è frutto della vostra immaginazione.
La mente dei Manichei come altare di demoni bugiardi.
16. E così hai fatto della tua mente un altare, ma guarda di chi! Si vede, infatti, dalle tue stesse arti e discipline delle quali hai detto che è imbevuta. Quelle arti e discipline vietano di porgere il pane al mendicante, cosicché ardete sul vostro altare con il sacrificio della crudeltà; distruggendo il Signore un altare simile, cita dalla Legge di quale profumo si compiaccia Dio, dicendo: voglio l'amore e non il sacrificio 10. Osservate, poi, quando il Signore abbia usato queste parole: quando, cioè, passava attraverso un campo ed i suoi discepoli, avendo fame, colsero le spighe. Dite che questo è omicidio, secondo la dottrina della quale è imbevuta la vostra mente, altare, certo, non di Dio, ma di demoni bugiardi. La vostra maligna coscienza 11, bollata a fuoco dalle loro dottrine, è cauterizzata, poiché chiama omicidio quanto la verità chiama innocenza. Così, infatti, disse ai Giudei, quando colpì e distrusse anche voi, nati successivamente: Se aveste compreso cosa significa: Misericordia io voglio e non sacrificio, non avreste condannato individui senza colpa 12.
Nessun senso hanno le preghiere, la pietà, l'invocazione del perdono dei Manichei al loro dio.
17. Che preghiere semplici e pure potreste fare come onori divini e sacrifici, se avete nozioni tanto indegne e turpi riguardo alla stessa natura e sostanza divina, che non solo non vi propiziate Dio vero coi vostri sacrifici, ma immolate il dio vostro nei sacrifici dei pagani? Infatti ritenete che sia legato con vincoli non solo negli alberi e nelle erbe o nelle membra umane, ma anche nelle carni degli animali, che lo contaminano e lo profanano. Inoltre la vostra stessa anima quale dio dovrebbe lodare, gridando che essa stessa, particella sua, è tenuta prigioniera nella stirpe delle tenebre? Cos'altro fa se non biasimare dio, attestando che non ha potuto prendersi cura di se stesso contro i suoi nemici in altro modo se non con una tale corruzione delle sue parti e con una prigionia tanto turpe? Di conseguenza anche le vostre preghiere rivolte al vostro dio non avrebbero potuto essere piene di devozione, ma piene di odio. Per quale peccato fate appello alla sua pietà, così da gemere in questa pena ora per lui, che non avete abbandonato peccando per vostra volontà, ma siete stati dati da lui ai suoi nemici affinché si procurasse pace per il suo regno? Non come si è soliti consegnare gli ostaggi che devono essere custoditi con riguardo; né come un pastore tende una trappola per catturare una bestia e suole mettere un suo animale in quella trappola per la cattura, non un suo membro; e per lo più in modo che la bestia sia catturata prima che l'animale venga ferito. Voi, invece, membra di dio, siete stati dati ai nemici, capaci non di tener lontana dal vostro dio la loro ferocia ma solo di essere contaminati dalla loro impurità, senza avere un peccato vostro, ma corrotti dal veleno dei nemici. Per cui non potete dire nelle vostre preghiere: per la gloria del tuo nome, salvaci, Signore; e perdona i nostri peccati per amore del tuo nome 13; ma dite: " Liberaci con la tua arte, poiché come ora tu piangi tranquillo nel tuo regno, noi qui siamo oppressi, dilaniati, contaminati ". Questa voce suona accusa, non preghiera. Né potete dire quel che ha insegnato il maestro di verità: Rimetti i nostri debiti, come li rimettiamo ai nostri debitori 14. Perché chi sono i debitori vostri, che hanno peccato contro di voi? Se si tratta della stirpe delle tenebre, rimettete forse i debiti a quella che, completamente estirpata, rinchiudete nel carcere eterno? E quali debiti, poi, può egli rimettervi, dal momento che ha peccato contro di voi quando vi ha mandato in questa condizione, piuttosto che voi contro di lui, avendo obbedito a chi vi mandava? Altrimenti, se egli non peccò (poiché fece ciò per necessità), la vostra necessità, dal momento che giacete a terra, stesi in battaglia, è maggiore rispetto alla sua, prima che combatteste. Infatti voi, ormai, soffrite un misto di male; egli non soffriva niente di simile, sopportando tuttavia la necessità di mandare voi. Perciò o egli deve piuttosto a voi che gli rimettiate il debito, o se non lui a voi, a maggior ragione nemmeno voi a lui. Dunque dove sono i vostri sacrifici, le semplici e pure preghiere vostre, essendo fallaci ed impure bestemmie?
I falsi sacrifici dei Manichei; il vero sacrificio di Cristo e la celebrazione della sua memoria.
18. E tuttavia voglio che mi diciate com'è che chiamate tutte queste cose, lodate presso di voi, con i nomi di tempio, altare, sacrificio. Se, infatti, queste cose vere non sono destinate al vero Dio, perché sono dichiarate lodevoli nell'ambito della vera religione? Se invece al vero Dio si deve a buon diritto un vero sacrificio, per cui si parla giustamente anche di divini onori, gli altri che sono detti sacrifici si compiono a somiglianza di un certo vero sacrificio. Questi, però, in parte sono imitazioni di dèi falsi e ingannatori, cioè dei demòni, che esigono con superbia onori divini per sé da coloro che hanno ingannato, come sono o erano tutti quelli nei templi e negli idoli dei Gentili; in parte sono predizioni dell'unico verissimo sacrificio venturo, che era necessario si offrisse per i peccati di tutti i credenti, come era stato prescritto dal volere di Dio agli antichi padri nostri; vi era anche quella mistica unzione in cui si prefigurava Cristo, per cui anche lo stesso nome deriva da crisma. Pertanto il vero sacrificio, che si deve all'unico vero Dio e con il quale solo Cristo ha soddisfatto il suo altare, i demoni lo chiedono con arroganza per se stessi, imitando quelli delle vittime di animali. Per cui dice l'Apostolo: i sacrifici dei pagani sono fatti a demoni, non a Dio 15, accusando non ciò che si offriva, ma il fatto che era offerto a quelli. Gli Ebrei, poi, nelle vittime di animali che offrivano a Dio in molti e vari modi, come era degno di una celebrazione tanto importante, profetizzavano la vittima futura, che Cristo offrì. Per cui, ormai, i cristiani celebrano la memoria del medesimo sacrificio consumato con la sacrosanta oblazione e partecipazione del corpo e del sangue di Cristo. I Manichei, invece, non sapendo cosa sia da condannare nei sacrifici dei Gentili e da riconoscere nei sacrifici degli Ebrei e da mantenere ed osservare nel sacrificio dei Cristiani, offrono la loro sacra falsità al diavolo, che li ha ingannati, allontanandosi dalla fede, dirigendosi verso gli spiriti seduttori e le dottrine dei demoni bugiardi ed ipocriti.
In confronto con i Gentili, i Manichei sono menzogneri e peggiori.
19. Impari, dunque, Fausto, o piuttosto quelli che si dilettano con i suoi scritti, che la dottrina di un unico principio non ci viene dai Gentili, ma che i Gentili sono scivolati fino ai falsi dèi non al punto da abbandonare la dottrina dell'unico vero dio, da cui deriva qualunque natura! Infatti i loro sapienti - poiché, come dice l'Apostolo, dalla creazione del mondo in poi, le sue perfezioni invisibili possono essere contemplate con l'intelletto nelle opere da lui compiute, come la sua eterna potenza e divinità - sono dunque inescusabili, perché, pur conoscendo Dio, non gli hanno dato gloria né gli hanno reso grazie come a Dio, ma hanno vaneggiato nei loro ragionamenti e si è ottenebrata la loro mente ottusa. Mentre si dichiaravano sapienti, sono diventati stolti e hanno cambiato la gloria dell'incorruttibile Dio con l'immagine e la figura dell'uomo corruttibile, di uccelli, di quadrupedi, di rettili 16. Queste sono, infatti, le immagini dei Gentili, nell'interpretare le quali non hanno via d'uscita se non in direzione di una creatura che Dio ha costituito; cosicché anche nella stessa interpretazione delle immagini, riguardo a cui erano soliti vantarsi ed inorgoglirsi come i più esperti di esse, accade in loro questo che poco dopo dice l'Apostolo: hanno venerato ed adorato la creatura al posto del Creatore, che è benedetto nei secoli 17. Voi, invece, anche in quello che vi differenzia da loro siete menzogneri, e in ciò che vi rende simili siete peggiori. Non credete, infatti, insieme a loro, nell'unico principio, che loro credono vero; cosicché credete che la sostanza dell'unico Dio sia espugnabile e corruttibile: è un'empia menzogna! Nell'adorare moltissimi dèi, poi, la dottrina dei demoni bugiardi ha persuaso loro a venerare molti idoli, voi a venerare molti fantasmi.
L'erronea astensione da alcuni cibi.
20. Noi non cambiamo i loro sacrifici in banchetti, ma abbiamo compreso il sacrificio che poco prima ho ricordato, quando il Signore dice: Misericordia io voglio, non sacrificio. Infatti i nostri banchetti nutrono i poveri con i frutti e con la carne. La creatura di Dio, infatti, si nutre della creatura di Dio che è appropriata per il nutrimento dell'uomo. Voi, invece, siete stati convinti dai demoni bugiardi (non per governare la carne, ma per esercitare la bestemmia) ad astenervi da alcuni cibi che Dio ha creato per essere mangiati con rendimento di grazie dai fedeli e da quanti conoscono la verità. Infatti tutto ciò che è stato creato da Dio è buono e nulla è da scartarsi, quando lo si prende con rendimento di grazie 18. Ingrati verso il Creatore e ricambiando i suoi larghi benefici con sacrileghe offese, poiché per lo più nei banchetti anche la carne è data ai poveri, paragonate la misericordia dei Cristiani ai sacrifici dei pagani. Anche su questo punto siete simili a parecchi di loro. Voi, infatti, considerate un sacrilegio uccidere gli animali perché pensate che l'anima degli uomini rifluisca in loro. Questa idea si trova nei libri di alcuni filosofi Gentili, sebbene si affermi che quelli successivi abbiano pensato altrimenti. Ma in questo sbagliate ancor più gravemente: perché quelli ebbero paura di uccidere un loro prossimo in un animale; voi, invece, il dio vostro, le cui membra ritenete essere anche le anime degli animali.
Il culto e il sacrificio a Dio sulle reliquie dei martiri. Differenza tra Ebrei e Pagani riguardo ai sacrifici e alla verginità.
21. Il fatto che anche in seguito Fausto ci offenda - poiché onoriamo la memoria dei martiri - dicendo che così noi abbiamo mutato idoli, non mi spinge tanto a rispondere a questa calunnia quanto a mostrare come lo stesso Fausto, con la preoccupazione di calunniarci, abbia voluto allontanarsi dalle invenzioni dello stesso Manicheo, e sia caduto non so come incautamente nella popolare e poetica opinione dei pagani, dalla quale desiderava apparire del tutto estraneo. Infatti, avendo detto che noi abbiamo mutato gli idoli in martiri, dice: " Li venerate con simili voti; placate le ombre dei defunti con vino e banchetti ". Sono dunque " ombre " dei defunti? Non abbiamo mai ascoltato questo nei vostri sermoni, né mai letto nei libri; anzi, siete soliti contraddire tali opinioni, asserendo che le anime dei morti, malvagie o non perfettamente purificate, passano attraverso dei cambiamenti o soffrono alcune pene piuttosto gravi; quelle buone, invece, sono fatte salire su delle navi e, navigando in cielo, passano da qui a quella regione della luce per la quale, combattendo, erano morte. Così nessuna anima sarebbe trattenuta vicino al sepolcro del suo corpo. Allora da che derivano le " ombre " dei defunti? Quale sarebbe la loro sostanza? Dove sarebbero? Ma Fausto, per la smania di parlar male ha dimenticato cosa dovrebbe professare; o forse, sonnecchiando, ha dettato sognando le ombre e non si è svegliato neppure quando ha letto le sue parole. Il popolo cristiano, invece, onora con religiosa solennità le reliquie dei martiri, sia per stimolarne l'imitazione, sia per essere associato ai loro meriti ed ottenere aiuto dalle loro preghiere. Di conseguenza, però, costruiamo altari non a ciascun martire, ma al Dio dei martiri, sebbene sulle reliquie dei martiri. Infatti quale sacerdote, accostandosi all'altare nei luoghi dei corpi dei santi ha mai detto: " offriamo a te, Pietro! " o: " a te, Paolo! " o: " a te, Cipriano! ". Ciò che si offre si offre a Dio, che ha coronato i martiri, presso le reliquie di coloro che ha coronato. Così dal richiamo di quegli stessi luoghi può scaturire un amore maggiore, per accrescere la carità sia nei confronti di quelli che possiamo imitare, sia nei confronti di colui con il cui aiuto possiamo farlo. Veneriamo dunque i martiri coltivando quell'amore e quel senso di unione con il quale anche in questa vita sono venerati i santi uomini di Dio, il cui cuore avvertiamo che è pronto a patire ugualmente in difesa della verità evangelica. Ma la devozione è tanto maggiore per quelli quanto più siamo sicuri, dopo la vittoria delle loro battaglie; con una lode più fiduciosa li celebriamo, oramai vittoriosi in una vita più felice di quando combattevano ancora in questa. Ma non veneriamo né insegniamo a venerare se non l'unico Dio con quel culto che in greco si dice e in latino non si può dire con una sola parola, perché si tratta di una certa sottomissione dovuta propriamente alla divinità. Riguardando poi questo culto l'offerta del sacrificio (per cui si definisce " idolatria " quella di chi offre questo anche agli idoli), non offriamo affatto qualcosa di simile, né comandiamo di offrirla ad alcun martire o ad alcuna anima santa o ad alcun angelo; e chiunque scivola in questo errore è ripreso con la sana dottrina, perché o sia corretto o se ne guardi. Anche gli stessi santi o uomini o angeli non vogliono che sia offerto loro ciò che sanno essere dovuto al solo Dio. Questo si vide in Paolo e Barnaba, quando i Licaoni, scossi dai miracoli che erano stati compiuti per mezzo di loro, vollero sacrificare a loro come a dèi: stracciati i loro vestiti, rivelando e persuadendo che non erano dèi, vietarono che si compissero per loro quei sacrifici 19. Si vide anche negli angeli, come leggiamo nell'Apocalisse: un angelo proibì che venisse adorato e disse al suo adoratore: Io sono servo come te e i tuoi fratelli 20. Sicuramente gli spiriti superbi esigono queste cose, il diavolo e i suoi angeli, come vediamo in tutti i templi e i riti dei Gentili. La somiglianza con loro si è manifestata anche in alcuni uomini superbi, come è stato tramandato riguardo ad alcuni re di Babilonia. Per cui il santo Daniele sopportò gli accusatori e i persecutori poiché, promulgato l'editto del re secondo cui niente si doveva chiedere ad alcun dio, se non al re soltanto, fu sorpreso a pregare e ad adorare il suo Dio, cioè l'unico e vero Dio 21. Quelli che poi si ubriacano nelle memorie dei martiri, come potremmo approvarli quando, anche se lo facessero nelle loro case, li condanna la sana dottrina? Ma una cosa è ciò che insegniamo, altro quel che sopportiamo, altro ciò che ci si ordina di insegnare, altro ciò che ci si raccomanda di correggere e finché non emendiamo siamo costretti a tollerare. Una cosa è la disciplina dei cristiani, un'altra è la lussuria degli ubriaconi o l'errore dei deboli. Nondimeno anche in questo caso c'è una grandissima differenza tra la colpa degli ubriaconi e quella dei sacrileghi. Senza dubbio è un peccato di gran lunga minore ritornare ebbro dai banchetti in onore dei martiri che sacrificare, anche digiuno, ai martiri. Ho detto sacrificare ai martiri, non sacrificare a Dio sulle reliquie dei martiri, cosa che facciamo spessissimo, soltanto con quel rito con il quale, nella rivelazione del Nuovo Testamento, egli ha prescritto che a lui si sacrificasse; questo appartiene a quel culto che viene detto latrìa e si deve all'unico Dio. Ma cosa dovrei fare, e quando dimostrerò alla cecità tanto grande di questi eretici quanta forza abbia ciò che si canta nei Salmi: Chi offre il sacrificio di lode, questi mi onora, a chi cammina per la via retta, mostrerò la salvezza di Dio 22? La carne e il sangue di questo sacrificio, prima della venuta di Cristo, erano preannunziati per mezzo della somiglianza delle vittime; nella passione di Cristo erano dati per mezzo della verità stessa; dopo l'ascensione di Cristo erano celebrati per mezzo del sacramento della memoria; e per questo tra i sacrifici dei Pagani e degli Ebrei c'è tanta differenza quanta ce n'è tra un'imitazione falsa e la prefigurazione che preannuncia. Come poi non si deve disprezzare o denunciare la verginità delle donne consacrate a Dio perché anche le Vestali furono vergini; così non si devono criticare i sacrifici dei Padri, perché ci sono anche i sacrifici dei Gentili. Come c'è molta differenza tra quelle verginità, sebbene non consista in nient'altro se non a chi si offre il voto ed è reso, così tra i sacrifici dei pagani e degli Ebrei c'è molta differenza per il fatto stesso che riguarda soltanto colui al quale sono immolati ed offerti: quelli alla superba empietà dei demoni, che rivendicano proprio ciò per sé, per essere considerati dèi, perché il sacrificio è un onore divino; gli altri, invece, all'unico vero Dio, perché a lui si offrisse qualcosa di simile che prometteva la verità del sacrificio, a lui cui doveva essere offerta la verità stessa, resa nella passione del corpo e del sangue di Cristo.
I Giudei e le loro offerte unicamente al vero Dio.
22. E non è vero, come disse Fausto, che i nostri antenati Giudei, separati dai Gentili, mantenendo il tempio e i sacrifici e gli altari e i sacerdozi, rinunciarono soltanto alle sculture, cioè agli idoli: infatti anche senza le sculture degli idoli avrebbero potuto sacrificare, come alcuni fecero, agli alberi e ai monti, infine anche al sole e alla luna e alle altre stelle. Se l'avessero fatto con quella devozione chiamata latrìa, servendo la creatura piuttosto che il Creatore, e per questo peccando non poco di empia superstizione, nondimeno si sarebbero presentati i demoni per approfittarne e ricevere da loro i sacrifici che avessero offerto così. Perché quei superbi ed empi spiriti non si nutrono di odore né di fumo, come alcuni falsamente suppongono, ma degli errori degli uomini; si dilettano non ristorando il corpo ma godendo malevolmente quando ingannano in ogni modo o quando, con arrogante presunzione che deriva da una falsa maestà, si vantano di ricevere onori divini. Pertanto i nostri padri non rinunciarono solo alle statue dei Gentili; ma non sacrificando alla terra, né ad alcuna cosa terrena, né al mare, né al cielo, né alla schiera del cielo, offrirono le vittime all'unico Dio, creatore di tutto, che volle queste offerte promettendo, per mezzo della loro somiglianza, la vittima vera, con la quale ci ha riconciliati a sé in Cristo Gesù Signore nostro con la remissione dei peccati. Paolo si rivolge ai fedeli, resi corpo di quel capo, dicendo: Vi esorto dunque, fratelli, per la misericordia di Dio, ad offrire i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio 23. Ma i Manichei dicono che i corpi umani sono opera della stirpe delle tenebre, e carceri nelle quali è rinchiuso dio, prigioniero; allora Fausto predica una dottrina molto diversa da quella di Paolo. Ma poiché se qualcuno vi predica un Vangelo diverso da quello che avete ricevuto sia anàtema 24, Cristo dice la verità in Paolo; Manicheo sia anàtema in Fausto.
Condizioni necessarie per essere cristiani: fede, speranza, carità.
23. Fausto, senza sapere cosa dice, afferma anche che non abbiamo mutato nessuna delle usanze dei Gentili. Poiché, infatti, il giusto vivrà mediante la fede 25 e il fine di questo richiamo è la carità che sgorga da un cuore puro, da una buona coscienza e da una fede sincera 26; e poiché rimangono per formare la vita dei fedeli queste tre cose: fede, speranza e carità 27, come può essere che abbia usanze uguali ad un altro chi non ha uguali con lui queste tre cose? Infatti chi crede diversamente, spera diversamente, ama diversamente, deve per forza vivere diversamente. E se l'uso di alcune cose sembra simile fra noi e i pagani, come quello del cibo, delle bevande, delle case, dei vestiti, dei bagni; e, per chi dei nostri conduce una vita da sposato, se sembra simile l'esperienza di prendere moglie e di tenerla, mettere al mondo i figli, nutrirli, nominarli eredi, molto diversamente, però, usa di queste cose chi ne rapporta l'impiego ad un altro fine; e diversamente chi per queste rende grazie a Dio, verso il quale non ha una fede distorta e falsa. Perché come nel vostro errore, pur mangiando lo stesso pane degli altri uomini e vivendo degli stessi frutti e dell'acqua delle stesse fonti, e vestendovi di uguali tessuti di lana e di lino, tuttavia non conducete per questo una vita uguale, non perché mangiate o bevete o vi vestite diversamente, ma perché pensate e credete diversamente e rapportate tutte queste cose ad un altro fine, cioè al fine del vostro errore e della vostra menzogna; allo stesso modo noi, sia in queste che in altre cose, che ugualmente adottiamo, viviamo in maniera diversa dai Gentili, perché non le rapportiamo al medesimo fine, ma al fine del valido precetto divino, alla carità che sgorga da un cuore puro, da una buona coscienza e da una fede sincera. Deviando da questo, alcuni sono stati dirottati verso vane chiacchiere. Su queste senza dubbio avete il primato, non badando, non considerando che, nel possedere e nel compiere le medesime cose, ciò vale a tal punto una vita diversa (se è diversa la fede), che i vostri uditori, pur avendo mogli e generando figli (seppur malvolentieri), e ammassando e custodendo patrimoni per loro, nutrendosi di carne, bevendo vino, lavandosi, mietendo, vendemmiando, negoziando, ricoprendo cariche pubbliche, li includete fra voi, non fra i Gentili, sebbene le loro azioni sembrino più vicine ai Gentili che a voi. Infatti, sebbene le azioni di alcuni Gentili si avvicinino più a voi che ad alcuni vostri uditori - alcuni, in effetti, nei loro sacri sacrilegi si astengono dalle carni, dal vino e dal rapporto sessuale - computate i vostri uditori, che usano di tutte queste cose (in ciò diversi da voi) nel gregge di Manicheo, piuttosto che costoro, che fanno quel che fate voi. E dite che è vostra la donna che ha creduto in Manicheo, anche se partorisce, piuttosto che una Sibilla, che neppure si sposa. Ma anche molti cristiani sono chiamati cattolici, eppure sono adulteri, ladri, avari, ubriaconi e quant'altro è contrario alla sana dottrina! Però tra voi, nel vostro numero così esiguo e quasi nullo, molti non sono forse così? Ed alcuni tra i pagani non sono così? Per questa ragione dite che i pagani che non sono così sono migliori di voi? Nonostante ciò, per la sacrilega falsità della vostra setta, anche quelli tra voi che non sono così sono peggiori di questi pagani. Di conseguenza è evidente che non si sminuisce una sana dottrina, che è la sola cattolica, per il fatto che molti vogliono essere registrati col suo nome e non vogliono essere sanati per mezzo suo. Si deve infatti riconoscere quel piccolo numero, che il Signore soprattutto raccomanda in mezzo all'enorme e innumerevole moltitudine diffusa in tutto il mondo 28: quel piccolo numero, però, dei santi e dei credenti, che spesso deve essere valorizzato, è detto piccolo numero come il grano nel paragone con il mucchio della pula. Da sé, però, forma proprio una così grande massa di frumento che supera per l'incomparabile quantità tutti i buoni ed i cattivi vostri, che la verità respinge in egual modo. Ecco, non siamo scisma dei Gentili, dai quali moltissimo differiamo, in meglio; ma neppure voi lo siete, perché differite moltissimo da loro, in peggio.
Note:
1 - Cf. 1 Tm 6, 16.
2 - Cf. 1 Cor 1, 24.
3 - 1 Cor 10, 20.
4 - 1 Cor 1, 24.
5 - SENECA, in Hippol. At. 1, scen. 2, vers. 194 s.
6 - Cf. Gv 19, 38.
7 - Sal 5, 11; Rm 3, 13.
8 - 1 Cor 3, 17.
9 - 1 Cor 6, 19.
10 - Os 6, 6.
11 - _Cf. 1 Tm 4, 2.
12 - Mt 12, 7.
13 - Sal 78, 9.
14 - Mt 6, 12.
15 - 1 Cor 10, 20.
16 - Rm 1, 20-23.
17 - Rm 1, 25.
18 - Rm 1, 20-23.
19 - Cf. At 14, 7-17.
20 - Ap 19, 10; 22, 8-9.
21 - Cf. Dn 6.
22 - Sal 49, 23.
23 - Cf. Rm 1, 17.
24 - Cf. 1 Tm 1, 5.
25 - Cf. 1 Cor 13, 13.
26 - Cf. Mt 20, 16.
27 - Cf. 1 Cor 13, 13.
28 - Cf. Mt 20, 16.
19 - Alcune conversazioni di Maria santissima con i suoi angeli
La mistica Città di Dio - Libro terzo - Suor Maria d'Agreda
Leggilo nella Biblioteca243. Maria santissima era così piena di sapienza e di grazia ed aveva una capacità tale che non poteva lasciare inutilizzato alcun tempo, luogo od occasione, senza valersene per praticare il bene con la maggiore perfezione; agiva in ogni momento ed in ogni stagione come poteva e come era conveniente, operando sempre ciò che vi è di più santo e di più eccellente nella virtù. Siccome, poi, in terra era dovunque pellegrina avendo posto la sua abitazione in cielo, ed anzi ella stessa era il cielo glorioso ed il tempio vivo dove abitava Dio stesso, portava sempre con sé l'oratorio ed il sacrario e non faceva differenza in questo tra la propria casa e quella di Elisabetta sua cugina, né alcun altro luogo, tempo o impegno le dava impedimento. A tutto era superiore e non smetteva di essere intenta all'amore che vedeva e sentiva in sé; in mezzo a tutto questo, la prudentissima Signora nei momenti opportuni conversava con le creature di ciò che richiedeva l'occasione, accordando ad ogni cosa il tempo conveniente. Ora, poiché la sua conversazione più continua in questi tre mesi in cui si trattenne a casa di Zaccaria fu con santa Elisabetta e con gli angeli santi della sua custodia, dirò in questo capitolo qualcosa su ciò di cui parlava con loro ed altre cose che le capitarono con la medesima santa.
244. Quando si trovava libera e sola, la nostra umilissima Principessa passava molto tempo assorta ed elevata nelle contemplazioni e visioni divine. Alcune volte in esse ed altre fuori di esse, conversava con i suoi angeli santi circa i misteri del suo cuore ardente di amore. Un giorno, dopo l'arrivo a casa di Zaccaria, parlò loro dicendo: «Spiriti celesti e compagni miei, messaggeri dell'Altissimo e portatori della sua luce divina, venite e confortate il mio cuore incatenato e ferito dal suo divino amore, perché si affligge per la propria limitatezza, vedendo che non può corrispondere con le opere a ciò di cui si riconosce in dovere ed a ciò cui si estendono i suoi desideri. Venite, principi sovrani, lodate con me l'ammirabile nome del Signore ed esaltiamolo insieme per i suoi santissimi pensieri e per le sue opere. Aiutate questo povero vermiciattolo a benedire il suo Creatore, che pietoso si è degnato di guardare a questa piccolezza. Parliamo delle meraviglie del mio sposo, della bellezza del mio Signore, del mio figlio amantissimo. Si sfoghi questo cuore, trovando in voi con chi manifestare i suoi intimi sospiri, con voi dico, amici e compagni miei, che conoscete il mio segreto ed il tesoro che l'Altissimo ha depositato nello spazio angusto di questo vaso fragile e limitato. Grandi ed ammirabili sono questi misteri divini; sebbene li contempli con dolci sentimenti, la loro sovrana grandezza mi annienta, la loro profondità mi sommerge e la stessa efficacia del mio amore mi fa svenire ed allo stesso tempo mi rinnova. Mai il mio ardente cuore è pago, né trova completo riposo, perché il mio desiderio eccede le mie opere e ciò che devo eccede il mio desiderio. Mi lamento di me stessa, perché non opero ciò che desidero né desidero quanto devo e sempre mi vedo superata e scarsa nel contraccambio. Serafini celesti, ascoltate le mie ansie amorose: io sono malata d'amore. Scopritemi i vostri cuori, dove riverbera la bellezza del mio Signore, affinché gli splendori della sua luce e i segni della sua bellezza mi sostengano in vita, poiché vengo meno per suo amore».
245. «Madre del nostro Creatore e signora nostra - risposero gli angeli santi - voi godete con possesso vero l'onnipotente e sommo Bene; poiché lo tenete con laccio così stretto che siete sua vera sposa e madre, lo possedete e lo godete eternamente. Siete sposa e madre del Dio d'amore; se in voi si trova la causa unica e la fonte della vita, nessuno potrà vivere con essa come voi, Regina e signora nostra. Ma non vogliate nel vostro amore tanto infiammato trovare riposo, poiché la condizione e lo stato di viatrice non permette ora che i vostri sentimenti giungano al loro fine, né che essi cessino di acquistare nuovi aumenti di grazia e di meriti. I vostri obblighi eccedono senza comparazione quelli di tutte le nazioni, ma devono sempre divenire maggiori. Mai il vostro amore, per quanto infiammato, potrà essere adeguato all'oggetto, perché questo è eterno ed infinito nelle perfezioni, cosicché resterete sempre felicemente vinta dalla sua grandezza, poiché nessuno lo può comprendere e solo egli stesso si comprende e si ama quanto deve essere amato. Voi, o Signora, troverete sempre in lui da desiderare di più e più amare; questo appartiene alla sua grandezza ed alla nostra gloria».
246. Con tali colloqui si accendeva sempre più il fuoco dell'amore divino nel cuore di Maria santissima, perché in lei si adempì legittimamente il precetto del Signore che nel suo santuario sull'altare ardesse continuamente il fuoco dell'olocausto e che il sacerdote lo ravvivasse affinché fosse sempre acceso. In Maria santissima stavano insieme il santuario, l'altare ed il sommo e nuovo sacerdote Cristo nostro Signore, che confermava questo divino incendio e l'accresceva ogni giorno offrendo nuova materia di favori, benefici ed influssi della sua divinità. L'eccelsa Signora offriva da parte sua le proprie continue azioni, sul cui incomparabile valore cadevano i nuovi doni del Signore, che aumentavano la sua santità e grazia. Dopo che ella fu entrata nel mondo, si accese il fuoco del suo amore per Dio, per non estinguersi più su quell'altare. Tanto perpetuo fu e sarà il fuoco di questo vivo santuario!
247. Altre volte parlava con gli angeli santi, i quali le si manifestavano in forma umana, come in diversi luoghi ho detto; la conversazione più continua riguardava i misteri del Verbo incarnato. In questo era tanto profonda, parlando delle Scritture e dei Profeti, che apportava meraviglia agli stessi angeli. Una volta, parlando con loro di questi venerabili misteri, disse: «Signori miei, servi ed amici dell'Altissimo, il mio cuore è contristato e penetrato da dardi dolorosi, considerando ciò che del mio Figlio santissimo dicono le sante Scritture, ciò che ne hanno scritto Isaia e Geremia e gli acerbissimi dolori e tormenti che lo attendono. Salomone dice che lo condanneranno ad un bruttissimo genere di morte ed i Profeti parlano sempre con espressioni molto forti e dure della sua passione e morte. Purtroppo, tutto questo dovrà avverarsi in lui! Oh, se fosse volontà di sua Altezza che vivessi allora per offrirmi io stessa per morire per l'autore della mia vita! Quanto si affligge il mio spirito, se medito queste verità infallibili e penso che dal mio grembo il mio bene e mio Signore deve uscire per patire! Oh, se si potesse trovare chi lo custodisca e lo difenda dai suoi nemici! Ditemi, principi sovrani, con quali opere o con quali mezzi potrò ottenere dall'eterno Padre che si rivolga contro di me il rigore della sua giustizia e resti libero l'innocente mio Figlio che non ha colpa? Conosco bene che per soddisfare Dio infinito, offeso dagli uomini, ci vogliono le opere di un Dio incarnato; ma è pur vero che, con la prima opera che ha fatto, il mio Figlio santissimo ha già meritato più di quello che il genere umano poté perdere con i suoi peccati. Se questo è sufficiente, ditemi: sarà possibile che muoia io stessa per evitare la morte ed i tormenti di lui? Egli non si offenderà dei miei umili desideri, né si sdegnerà per le mie angosce. Ma che dico? Dove mi portano la pena e l'affetto, mentre in tutto voglio che si adempia la volontà divina, alla quale vivo abbandonata?».
248. Maria santissima teneva questi ed altri simili colloqui con i suoi angeli santi, specialmente durante la sua gravidanza. Quei divini spiriti rispondevano a tutte le sue ansietà con grande rispetto; la confortavano e la consolavano, rinnovandole la memoria dei misteri che ella già conosceva e mostrandole le ragioni per cui era opportuno che Cristo nostro Signore morisse per il riscatto del genere umano, per vincere il demonio e privarlo della sua tirannia, come anche per la gloria dell'eterno Padre e per la propria esaltazione. Furono tanti e così profondi i misteri di cui questa grande Regina parlava con i suoi angeli santi che il linguaggio umano non li può riférire, né la nostra capacità in questa vita può concepire cose così alte. Nel Signore vedremo quello che adesso non penetriamo. Frattanto, dal poco che io ne ho detto la nostra pietà può passare alla considerazione di altre cose maggiori.
249. Anche santa Elisabetta era molto capace ed illuminata nell'intendere le divine Scritture e lo divenne molto più dopo la visitazione. Così, la nostra Regina conversava con lei circa quei misteri divini che la santa conosceva e comprendeva, venendo sempre più informata ed ammaestrata dall'insegnamento di Maria santissima, per la cui intercessione ricevette grandi benefici e doni del cielo. Molte volte si stupiva nel vedere ed ascoltare la profonda sapienza della Madre di Dio e di nuovo tornava a benedirla dicendole: «Signora mia e madre del mio Signore, siate benedetta fra tutte le donne e tutte le nazioni magnifichino la vostra dignità e la conoscano. Siete più che fortunata per il tesoro ricchissimo che portate nel vostro grembo verginale e già vi faccio umili ed affettuose congratulazioni per il gaudio che proverà il vostro spirito quando stringerete il sole di giustizia tra le vostre braccia e lo alimenterete al vostro seno verginale. Ricordatevi allora della vostra serva, Signora mia, ed offritemi al vostro Figlio santissimo e mio vero Dio incarnato, affinché accetti il mio cuore in sacrificio. Oh, se potessi allora meritare di servirvi ed assistervi! Se, però, non merito di conseguire questa sorte, abbia almeno quella che voi portiate sempre il mio cuore nel vostro petto, perché non senza motivo io temo che mi si dovrà spezzare, quando mi separerò da voi». Santa Elisabetta, stando in compagnia di Maria santissima, prorompeva in altre dolcissime manifestazioni di tenero amore; la prudentissima Signora la consolava, rinnovava e vivificava con i suoi divini ed efficaci discorsi. Intercalava questi atti elevati con umili mansioni, servendo non solo sua cugina Elisabetta, ma anche le serve della sua casa. Quando si presentava l'occasione scopava la casa della sua parente, e sempre l'oratorio dove ordinariamente dimorava; insieme alle serve lavava i piatti ed operava altre cose di profonda umiltà. Non deve parere strano che io descriva nei particolari queste azioni così piccole, perché la grandezza della nostra Regina le ingrandisce per nostro insegnamento, affinché alla loro vista si abbassi la nostra superbia e venga meno la nostra scortesia. Quando, però, santa Elisabetta veniva a conoscere gli umili servizi di Maria santissima, se ne affliggeva e cercava di impedirli, per cui l'umilissima Signora si nascondeva quanto era possibile dalla cugina.
250. O Regina e signora dei cieli e della terra, rifugio ed avvocata nostra, benché siate maestra di ogni santità e perfezione, meravigliandomi della vostra umiltà, Madre mia, ardisco chiedervi: come, sapendo che portavate nel vostro grembo verginale l'Unigenito del Padre e volendo comportarvi in tutto come conveniva alla Madre di lui, la vostra grandezza si umiliava ad opere tanto basse, quali spazzare ed altre simili? A parere nostro, per la riverenza dovuta al vostro Figlio santissimo, potevate tralasciarle senza mancare al vostro desiderio. Bramerei sapere, Signora, come si regolava in questo la vostra Maestà.
Risposta ed insegnamento della Regina del cielo
251. Figlia mia, per rispondere alla tua domanda, oltre a quello che hai scritto nel capitolo precedente, devi considerare attentamente che nessuna occupazione esteriore in materia di virtù, per umile che sia, può impedire, se si ordina bene, il dare culto, riverenza e lode al Creatore di tutte le cose. Queste virtù, infatti, non si escludono a vicenda; anzi, sono tutte compatibili nella creatura, e ancor più lo furono in me che ebbi sempre presente il sommo Bene, senza perderlo di vista in un modo o in un altro. Così, io lo adoravo e rispettavo in tutte le azioni, indirizzandole sempre alla sua maggiore gloria. Il Signore, che fece ed ordinò tutte le cose, non ne disprezza alcuna, né lo offende ciò che è infimo. L'anima che realmente lo ama non rifiuta nessuna di queste umili occupazioni alla sua divina presenza, perché in esse lo cerca e lo trova come principio e fine di tutto. Poiché, inoltre, la creatura terrena non può vivere senza queste azioni umili e senza altre che sono inseparabili dalla debolezza della condizione umana e dalla conservazione della natura, è necessario intendere bene questo insegnamento per sapersi regolare in esse. Se la natura, infatti, impegnata in queste azioni ed in questi bisogni, non attendesse insieme al suo Creatore, lascerebbe molti e lunghi intervalli ilei meriti e nell'esercizio delle virtù interiori; tutto ciò è mancanza e difetto biasimevole e poco considerato dagli uomini.
252. Su tale insegnamento devi regolare le tue azioni, di qualunque genere siano, per non perdere il tempo, che mai si riacquista; così, mangiando, lavorando, riposando, dormendo e vegliando, insomma in qualsiasi momento, luogo ed occupazione, adora, riverisci e contempla il tuo Signore grande ed onnipotente, che tutto riempie e fa sussistere. Voglio anche che tu intenda bene come ciò che maggiormente mi muoveva e spingeva a tutti gli atti di umiltà era la considerazione che il mio Figlio santissimo veniva umile per insegnare con le parole e con l'esempio questa virtù al mondo e per scacciare da esso la vanità e la superbia degli uomini, sradicando questo cattivo seme che Lucifero aveva seminato tra i mortali con il primo peccato. Sua divina Maestà mi diede così eminente conoscenza del compiacimento che egli ha di questa virtù che, per fare solamente un atto di quelli che hai riferito, come scopare o baciare i piedi ad un poverello, avrei sofferto i maggiori tormenti del mondo. Non potresti trovare parole per descrivere questo mio desiderio, né per dimostrare quanta sia l'eccellenza e la nobiltà dell'umiltà. Nel Signore intenderai ciò che non puoi manifestare con le parole.
253. Perciò, scrivi questo insegnamento nel tuo cuore ed osservalo come regola della tua vita. Esercitati sempre in tutto ciò che la vanità umana disprezza e disdegnala come esecrabile agli occhi dell'Altissimo. Il tuo contegno deve essere umile; intimamente, però, i tuoi pensieri siano sempre nobilissimi e la tua vita sia nei cieli e con gli spiriti angelici . Intrattieniti e conversa con loro, che ti daranno nuova luce sulla Divinità e sui misteri di Cristo mio figlio santissimo. Con le creature, poi, le tue conversazioni siano tali che da esse tu esca sempre più infervorata; e tu, a tua volta, risveglia e muovi gli altri all'umiltà ed all'amore per Dio. Nel tuo intimo prendi l'ultimo posto fra tutte le creature e, quando giunga l'occasione ed il tempo di esercitare qualche atto di umiltà, fa' di trovarti pronta. Sappi che non giungerai ad essere signora delle tue passioni, se prima non ti sarai riconosciuta come la più piccola, debole ed inutile tra le creature.
31 maggio 1953
Maria Valtorta
«Sono la Madre della Divina Grazia e la Mediatrice di tutte le grazie e ti dico:
"Raccogli non solo i petali del giglio, che seccherai e conserverai come sempre, ma anche i pistilli che ricordano i chiodi, le spine, i martelli, la lancia usati nella Passione e Crocifissione del Figlio mio, mio Dio e vostro Redentore e Dio, e anche quello centrale, che ricorda la spugna imbevuta di fiele e aceto, data, per nuovo tormento, al Divino Suppliziato Morente, e con esso l'ovario: scrigno di purezze liliali future, come lo fu il mio seno, mentre il calice liliale è simbolo dell'eucaristico calice. Raccolti che tu li abbia, ponili nel fazzoletto di lino che ti dissi di preparare e premili in esso perché quel lino si imbeva del loro succo. Comunicheranno a quel lino potere di miracolo e di balsamo a tutti i dolori fisici e anche morali. E conserva poi tutto e ripeti, sinché vivrai tu e il giglio, ogni anno quest'operazione".
Ti dico anche che è volere del Figlio mio: Gesù Misericordioso, che tu vada a votare anche questa volta. Non temere. Porta teco il fazzoletto e quante più reliquie puoi, e nulla ti accadrà di male, mentre invece il tuo sacrificio porterà un gran bene alla tua Patria di cui Io sono Regina e Protettrice.
Il lino del fazzoletto potrà in futuro servire a te e ad altri, bisognosi di grazie fisiche, morali e spirituali. Sarà linimento ai dolori e fonte di grazie perché Io l'ho benedetto e segnato, e perché il giglio celeste, il cui profumo ricorda il balsamo che Maria di Magdala sparse in più volte sulla Persona del Verbo Incarnato, lo ha, del suo soprannaturale potere, infuso».