Sotto il Tuo Manto

Martedi, 9 settembre 2025 - San Pietro Claver Sacerdote (Letture di oggi)

Sono in sanatorio. Oggi fui presa da dolori di tanta violenza, che mi dovetti immediatamente coricare. Per tre ore, non feci altro che contorcermi. Rigettavo qualunque cosa avessi preso. In qualche momento, gli spasimi mi tolsero perfino la coscienza. I medici non furono in grado di diagnosticare quel fenomeno. Né iniezioni, né medicine mi portavano il minimo sollievo e io stessa non riuscivo a capire la natura delle mie sofferenze. Dissi al medico che non avevo mai provato in vita mia dolori simili; egli dichiarò di ignorare la loro provenienza. Di che cosa si tratti lo capii soltanto dopo che il Signore stesso mi spiegò che mi mandava quelle sofferenze, affinché facessi una riparazione a Dio per i bambini uccisi nel grembo delle loro madri. Quando penso che dovrò forse soffrire ancora quei dolori, rabbrividisco. Ma accetterò qualunque cosa piacerà  a Dio di mandarmi, purché, con tali sofferenze, possa impedire che almeno una di quelle innocenti creature venga assassinata. (Santa Faustina Kowalska)

Liturgia delle Ore - Letture

Venerdi della 2° settimana del tempo ordinario (San Francesco di Sales)

Questa sezione contiene delle letture scelte a caso, provenienti dalle varie sezioni del sito (Sacra Bibbia e la sezione Biblioteca Cristiana), mentre l'ultimo tab Apparizioni, contiene messaggi di apparizioni a mistici o loro scritti. Sono presenti testi della Valtorta, Luisa Piccarreta, don Stefano Gobbi e testimonianze di apparizioni mariane riconosciute.

Vangelo secondo Matteo 25

1Il regno dei cieli è simile a dieci vergini che, prese le loro lampade, uscirono incontro allo sposo.2Cinque di esse erano stolte e cinque sagge;3le stolte presero le lampade, ma non presero con sé olio;4le sagge invece, insieme alle lampade, presero anche dell'olio in piccoli vasi.5Poiché lo sposo tardava, si assopirono tutte e dormirono.6A mezzanotte si levò un grido: Ecco lo sposo, andategli incontro!7Allora tutte quelle vergini si destarono e prepararono le loro lampade.8E le stolte dissero alle sagge: Dateci del vostro olio, perché le nostre lampade si spengono.9Ma le sagge risposero: No, che non abbia a mancare per noi e per voi; andate piuttosto dai venditori e compratevene.10Ora, mentre quelle andavano per comprare l'olio, arrivò lo sposo e le vergini che erano pronte entrarono con lui alle nozze, e la porta fu chiusa.11Più tardi arrivarono anche le altre vergini e incominciarono a dire: Signore, signore, aprici!12Ma egli rispose: In verità vi dico: non vi conosco.13Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l'ora.

14Avverrà come di un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni.15A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, a ciascuno secondo la sua capacità, e partì.16Colui che aveva ricevuto cinque talenti, andò subito a impiegarli e ne guadagnò altri cinque.17Così anche quello che ne aveva ricevuti due, ne guadagnò altri due.18Colui invece che aveva ricevuto un solo talento, andò a fare una buca nel terreno e vi nascose il denaro del suo padrone.19Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò, e volle regolare i conti con loro.20Colui che aveva ricevuto cinque talenti, ne presentò altri cinque, dicendo: Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque.21Bene, servo buono e fedele, gli disse il suo padrone, sei stato fedele nel poco, ti darò autorità su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone.22Presentatosi poi colui che aveva ricevuto due talenti, disse: Signore, mi hai consegnato due talenti; vedi, ne ho guadagnati altri due.23Bene, servo buono e fedele, gli rispose il padrone, sei stato fedele nel poco, ti darò autorità su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone.24Venuto infine colui che aveva ricevuto un solo talento, disse: Signore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso;25per paura andai a nascondere il tuo talento sotterra; ecco qui il tuo.26Il padrone gli rispose: Servo malvagio e infingardo, sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso;27avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l'interesse.28Toglietegli dunque il talento, e datelo a chi ha i dieci talenti.29Perché a chiunque ha sarà dato e sarà nell'abbondanza; ma a chi non ha sarà tolto anche quello che ha.30E il servo fannullone gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti.

31Quando il Figlio dell'uomo verrà nella sua gloria con tutti i suoi angeli, si siederà sul trono della sua gloria.32E saranno riunite davanti a lui tutte le genti, ed egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dai capri,33e porrà le pecore alla sua destra e i capri alla sinistra.34Allora il re dirà a quelli che stanno alla sua destra: Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo.35Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato,36nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi.37Allora i giusti gli risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo veduto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, assetato e ti abbiamo dato da bere?38Quando ti abbiamo visto forestiero e ti abbiamo ospitato, o nudo e ti abbiamo vestito?39E quando ti abbiamo visto ammalato o in carcere e siamo venuti a visitarti?40Rispondendo, il re dirà loro: In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me.41Poi dirà a quelli alla sua sinistra: Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli.42Perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare; ho avuto sete e non mi avete dato da bere;43ero forestiero e non mi avete ospitato, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato.44Anch'essi allora risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo visto affamato o assetato o forestiero o nudo o malato o in carcere e non ti abbiamo assistito?45Ma egli risponderà: In verità vi dico: ogni volta che non avete fatto queste cose a uno di questi miei fratelli più piccoli, non l'avete fatto a me.46E se ne andranno, questi al supplizio eterno, e i giusti alla vita eterna".


Secondo libro di Samuele 18

1Davide passò in rassegna la sua gente e costituì capi di migliaia e capi di centinaia per comandarla.2Divise la gente in tre corpi: un terzo sotto il comando di Ioab, un terzo sotto il comando di Abisài figlio di Zeruià, fratello di Ioab, e un terzo sotto il comando di Ittài di Gat. Poi il re disse al popolo: "Voglio uscire anch'io con voi!".3Ma il popolo rispose: "Tu non devi uscire, perché se noi fossimo messi in fuga, non si farebbe alcun caso di noi; quand'anche perisse la metà di noi, non se ne farebbe alcun caso, ma tu conti per diecimila di noi; è meglio che ti tenga pronto a darci aiuto dalla città".4Il re rispose loro: "Farò quello che vi sembra bene". Il re si fermò al fianco della porta, mentre tutto l'esercito usciva a schiere di cento e di mille uomini.5Il re ordinò a Ioab, ad Abisài e ad Ittài: "Trattatemi con riguardo il giovane Assalonne!". E tutto il popolo udì quanto il re ordinò a tutti i capi nei riguardi di Assalonne.
6L'esercito uscì in campo contro Israele e la battaglia ebbe luogo nella foresta di Èfraim.7La gente d'Israele fu in quel luogo sconfitta dai servi di Davide; la strage fu grande: in quel giorno caddero ventimila uomini.8La battaglia si estese su tutta la contrada e la foresta divorò in quel giorno molta più gente di quanta non ne avesse divorato la spada.
9Ora Assalonne s'imbatté nei servi di Davide. Assalonne cavalcava il mulo; il mulo entrò sotto i rami di un grande terebinto e la testa di Assalonne rimase impigliata nel terebinto e così egli restò sospeso fra cielo e terra; mentre il mulo che era sotto di lui passava oltre.10Un uomo lo vide e venne a riferire a Ioab: "Ho visto Assalonne appeso a un terebinto".11Ioab rispose all'uomo che gli portava la notizia: "Dunque, l'hai visto? E perché non l'hai tu, sul posto, steso al suolo? Io non avrei mancato di darti dieci sicli d'argento e una cintura".12Ma quell'uomo disse a Ioab: "Quand'anche mi fossero messi in mano mille sicli d'argento, io non stenderei la mano sul figlio del re; perché con i nostri orecchi abbiamo udito l'ordine che il re ha dato a te, ad Abisài e a Ittài: Salvatemi il giovane Assalonne!13Se io avessi commesso di mia testa una perfidia, poiché nulla rimane nascosto al re, tu stesso saresti sorto contro di me".14Allora Ioab disse: "Io non voglio perdere così il tempo con te". Prese in mano tre dardi e li immerse nel cuore di Assalonne, che era ancora vivo nel folto del terebinto.15Poi dieci giovani scudieri di Ioab circondarono Assalonne, lo colpirono e lo finirono.
16Allora Ioab suonò la tromba e il popolo cessò di inseguire Israele, perché Ioab aveva trattenuto il popolo.17Poi presero Assalonne, lo gettarono in una grande fossa nella foresta ed elevarono sopra di lui un enorme mucchio di pietre. Tutto Israele era fuggito ciascuno nella sua tenda.18Ora Assalonne mentre era in vita, si era eretta la stele che è nella Valle del re; perché diceva: "Io non ho un figlio che conservi il ricordo del mio nome"; chiamò quella stele con il suo nome e la si chiamò di Assalonne fino ad oggi.
19Achimaaz figlio di Zadòk disse a Ioab: "Correrò a portare al re la notizia che il Signore gli ha fatto giustizia contro i suoi nemici".20Ioab gli rispose: "Oggi tu non sarai l'uomo della buona notizia, la porterai un altro giorno; non porterai oggi la bella notizia perché il figlio del re è morto".21Poi Ioab disse all'Etiope: "Va' e riferisci al re quello che hai visto". L'Etiope si prostrò a Ioab e corse via.22Achimaaz, figlio di Zadòk, disse di nuovo a Ioab: "Qualunque cosa avvenga, lasciami correre dietro all'Etiope". Ioab gli disse: "Ma perché correre, figlio mio? La buona notizia non ti porterà nulla di buono".23E l'altro: "Qualunque cosa avvenga, voglio correre". Ioab gli disse: "Corri!". Allora Achimaaz prese la corsa per la strada della valle e oltrepassò l'Etiope.24Davide stava seduto fra le due porte; la sentinella salì sul tetto della porta dal lato del muro; alzò gli occhi, guardò ed ecco un uomo correre tutto solo.25La sentinella gridò e avvertì il re. Il re disse: "Se è solo, porta una buona notizia". Quegli andava avvicinandosi sempre più.26Poi la sentinella vide un altro uomo che correva e gridò al guardiano: "Ecco un altro uomo correre tutto solo!". E il re: "Anche questo porta una buona notizia".27La sentinella disse: "Il modo di correre del primo mi pare quello di Achimaaz, figlio di Zadòk". E il re disse: "È un uomo dabbene: viene certo per una lieta notizia!".28Achimaaz gridò al re: "Pace!". Prostratosi dinanzi al re con la faccia a terra, disse: "Benedetto sia il Signore tuo Dio che ha messo in tuo potere gli uomini che avevano alzato le mani contro il re mio signore!".29Il re disse: "Il giovane Assalonne sta bene?". Achimaàz rispose: "Quando Ioab mandava il servo del re e me tuo servo, io vidi un gran tumulto, ma non so di che cosa si trattasse".30Il re gli disse: "Mettiti là, da parte". Quegli si mise da parte e aspettò.31Ed ecco arrivare l'Etiope che disse: "Buone notizie per il re mio signore! Il Signore ti ha reso oggi giustizia, liberandoti dalle mani di quanti erano insorti contro di te".32Il re disse all'Etiope: "Il giovane Assalonne sta bene?". L'Etiope rispose: "Diventino come quel giovane i nemici del re mio signore e quanti insorgono contro di te per farti il male!".


Salmi 118

1Alleluia.

Celebrate il Signore, perché è buono;
perché eterna è la sua misericordia.

2Dica Israele che egli è buono:
eterna è la sua misericordia.
3Lo dica la casa di Aronne:
eterna è la sua misericordia.
4Lo dica chi teme Dio:
eterna è la sua misericordia.

5Nell'angoscia ho gridato al Signore,
mi ha risposto, il Signore, e mi ha tratto in salvo.
6Il Signore è con me, non ho timore;
che cosa può farmi l'uomo?
7Il Signore è con me, è mio aiuto,
sfiderò i miei nemici.

8È meglio rifugiarsi nel Signore
che confidare nell'uomo.
9È meglio rifugiarsi nel Signore
che confidare nei potenti.

10Tutti i popoli mi hanno circondato,
ma nel nome del Signore li ho sconfitti.
11Mi hanno circondato, mi hanno accerchiato,
ma nel nome del Signore li ho sconfitti.
12Mi hanno circondato come api,
come fuoco che divampa tra le spine,
ma nel nome del Signore li ho sconfitti.
13Mi avevano spinto con forza per farmi cadere,
ma il Signore è stato mio aiuto.

14Mia forza e mio canto è il Signore,
egli è stato la mia salvezza.
15Grida di giubilo e di vittoria,
nelle tende dei giusti:
la destra del Signore ha fatto meraviglie,
16la destra del Signore si è innalzata,
la destra del Signore ha fatto meraviglie.
17Non morirò, resterò in vita
e annunzierò le opere del Signore.

18Il Signore mi ha provato duramente,
ma non mi ha consegnato alla morte.

19Apritemi le porte della giustizia:
voglio entrarvi e rendere grazie al Signore.
20 È questa la porta del Signore,
per essa entrano i giusti.

21Ti rendo grazie, perché mi hai esaudito,
perché sei stato la mia salvezza.
22La pietra scartata dai costruttori
è divenuta testata d'angolo;
23ecco l'opera del Signore:
una meraviglia ai nostri occhi.
24Questo è il giorno fatto dal Signore:
rallegriamoci ed esultiamo in esso.

25Dona, Signore, la tua salvezza,
dona, Signore, la vittoria!
26Benedetto colui che viene nel nome del Signore.
Vi benediciamo dalla casa del Signore;
27Dio, il Signore è nostra luce.
Ordinate il corteo con rami frondosi
fino ai lati dell'altare.

28Sei tu il mio Dio e ti rendo grazie,
sei il mio Dio e ti esalto.
29Celebrate il Signore, perché è buono:
perché eterna è la sua misericordia.


Salmi 34

1'Di Davide, quando si finse pazzo in presenza di Abimelech e, da lui scacciato, se ne andò.'

2Alef. Benedirò il Signore in ogni tempo,
sulla mia bocca sempre la sua lode.
3Bet. Io mi glorio nel Signore,
ascoltino gli umili e si rallegrino.
4Ghimel. Celebrate con me il Signore,
esaltiamo insieme il suo nome.

5Dalet. Ho cercato il Signore e mi ha risposto
e da ogni timore mi ha liberato.
6He. Guardate a lui e sarete raggianti,
non saranno confusi i vostri volti.
7Zain. Questo povero grida e il Signore lo ascolta,
lo libera da tutte le sue angosce.
8Het. L'angelo del Signore si accampa
attorno a quelli che lo temono e li salva.

9Tet. Gustate e vedete quanto è buono il Signore;
beato l'uomo che in lui si rifugia.
10Iod. Temete il Signore, suoi santi,
nulla manca a coloro che lo temono.
11Caf. I ricchi impoveriscono e hanno fame,
ma chi cerca il Signore non manca di nulla.

12Lamed. Venite, figli, ascoltatemi;
v'insegnerò il timore del Signore.
13Mem. C'è qualcuno che desidera la vita
e brama lunghi giorni per gustare il bene?

14Nun. Preserva la lingua dal male,
le labbra da parole bugiarde.
15Samech. Sta' lontano dal male e fa' il bene,
cerca la pace e perseguila.

16Ain. Gli occhi del Signore sui giusti,
i suoi orecchi al loro grido di aiuto.
17Pe. Il volto del Signore contro i malfattori,
per cancellarne dalla terra il ricordo.

18Sade. Gridano e il Signore li ascolta,
li salva da tutte le loro angosce.
19Kof. Il Signore è vicino a chi ha il cuore ferito,
egli salva gli spiriti affranti.

20Res. Molte sono le sventure del giusto,
ma lo libera da tutte il Signore.
21Sin. Preserva tutte le sue ossa,
neppure uno sarà spezzato.

22Tau. La malizia uccide l'empio
e chi odia il giusto sarà punito.
23Il Signore riscatta la vita dei suoi servi,
chi in lui si rifugia non sarà condannato.


Baruc 3

1Signore onnipotente, Dio d'Israele, un'anima angosciata, uno spirito tormentato grida verso di te.2Ascolta, Signore, abbi pietà, perché abbiamo peccato contro di te.3Tu domini sempre, noi continuamente periamo.4Signore onnipotente, Dio d'Israele, ascolta dunque la supplica dei morti d'Israele, dei figli di coloro che hanno peccato contro di te: essi non hanno ascoltato la voce del Signore loro Dio e a noi si sono attaccati questi mali.5Non ricordare l'iniquità dei nostri padri, ma ricordati ora della tua potenza e del tuo nome,6poiché tu sei il Signore nostro Dio e noi ti loderemo, Signore.7Per questo tu hai riempito i nostri cuori del tuo timore perché invocassimo il tuo nome. Noi ti lodiamo ora nell'esilio, poiché abbiamo allontanato dal cuore tutta l'iniquità dei nostri padri, i quali hanno peccato contro di te.8Ecco, siamo ancor oggi esiliati e dispersi, oggetto di obbrobrio, di maledizione e di condanna per tutte le iniquità dei nostri padri, che si sono ribellati al Signore nostro Dio.

9Ascolta, Israele, i comandamenti della vita,
porgi l'orecchio per intender la prudenza.
10Perché, Israele, perché ti trovi in terra nemica
e invecchi in terra straniera?
11Perché ti contamini con i cadaveri
e sei annoverato fra coloro che scendono negli inferi?
12Tu hai abbandonato la fonte della sapienza!
13Se tu avessi camminato nei sentieri di Dio,
saresti vissuto sempre in pace.
14Impara dov'è la prudenza,
dov'è la forza, dov'è l'intelligenza,
per comprendere anche dov'è la longevità e la vita,
dov'è la luce degli occhi e la pace.
15Ma chi ha scoperto la sua dimora,
chi è penetrato nei suoi forzieri?
16Dove sono i capi delle nazioni,
quelli che dominano le belve che sono sulla terra?
17Coloro che si divertono con gli uccelli del cielo,
quelli che ammassano argento e oro,
in cui confidano gli uomini,
e non pongono fine ai loro possessi?
18Coloro che lavorano l'argento e lo cesellano
senza rivelare il segreto dei loro lavori?
19Sono scomparsi, sono scesi negli inferi
e altri hanno preso il loro posto.
20Nuove generazioni hanno visto la luce
e sono venute ad abitare il paese,
ma non hanno conosciuto la via della sapienza,
21non hanno appreso i suoi sentieri;
neppure i loro figli l'hanno raggiunta,
anzi, si sono allontanati dalla sua via.
22Non se n'è sentito parlare in Canaan,
non si è vista in Teman.
23I figli di Agar, che cercano sapienza terrena,
i mercanti di Merra e di Teman,
i narratori di favole, i ricercatori dell'intelligenza
non hanno conosciuto la via della sapienza,
non si son ricordati dei suoi sentieri.
24Israele, quanto è grande la casa di Dio,
quanto è vasto il luogo del suo dominio!
25È grande e non ha fine,
è alto e non ha misura!
26Là nacquero i famosi giganti dei tempi antichi,
alti di statura, esperti nella guerra;
27ma Dio non scelse costoro
e non diede loro la via della sapienza:
28perirono perché non ebbero saggezza,
perirono per la loro insipienza.
29Chi è salito al cielo per prenderla
e farla scendere dalle nubi?
30Chi ha attraversato il mare e l'ha trovata
e l'ha comprata a prezzo d'oro puro?
31Nessuno conosce la sua via,
nessuno pensa al suo sentiero.
32Ma colui che sa tutto, la conosce
e l'ha scrutata con l'intelligenza.
È lui che nel volger dei tempi ha stabilito la terra
e l'ha riempita d'animali;
33lui che invia la luce ed essa va,
che la richiama ed essa obbedisce con tremore.
34Le stelle brillano dalle loro vedette
e gioiscono;
35egli le chiama e rispondono: "Eccoci!"
e brillano di gioia per colui che le ha create.
36Egli è il nostro Dio
e nessun altro può essergli paragonato.
37Egli ha scrutato tutta la via della sapienza
e ne ha fatto dono a Giacobbe suo servo,
a Israele suo diletto.
38Per questo è apparsa sulla terra
e ha vissuto fra gli uomini.


Prima lettera di Pietro 4

1Poiché dunque Cristo soffrì nella carne, anche voi armatevi degli stessi sentimenti; chi ha sofferto nel suo corpo ha rotto definitivamente col peccato,2per non servire più alle passioni umane ma alla volontà di Dio, nel tempo che gli rimane in questa vita mortale.3Basta col tempo trascorso nel soddisfare le passioni del paganesimo, vivendo nelle dissolutezze, nelle passioni, nelle crapule, nei bagordi, nelle ubriachezze e nel culto illecito degli idoli.4Per questo trovano strano che voi non corriate insieme con loro verso questo torrente di perdizione e vi oltraggiano.5Ma renderanno conto a colui che è pronto a giudicare i vivi e i morti;6infatti è stata annunziata la buona novella anche ai morti, perché pur avendo subìto, perdendo la vita del corpo, la condanna comune a tutti gli uomini, vivano secondo Dio nello spirito.

7La fine di tutte le cose è vicina. Siate dunque moderati e sobri, per dedicarvi alla preghiera.8Soprattutto conservate tra voi una grande carità, perché la carità copre una moltitudine di peccati.9Praticate l'ospitalità gli uni verso gli altri, senza mormorare.10Ciascuno viva secondo la grazia ricevuta, mettendola a servizio degli altri, come buoni amministratori di una multiforme grazia di Dio.11Chi parla, lo faccia come con parole di Dio; chi esercita un ufficio, lo compia con l'energia ricevuta da Dio, perché in tutto venga glorificato Dio per mezzo di Gesù Cristo, al quale appartiene la gloria e la potenza nei secoli dei secoli. Amen!

12Carissimi, non siate sorpresi per l'incendio di persecuzione che si è acceso in mezzo a voi per provarvi, come se vi accadesse qualcosa di strano.13Ma nella misura in cui partecipate alle sofferenze di Cristo, rallegratevi perché anche nella rivelazione della sua gloria possiate rallegrarvi ed esultare.14Beati voi, se venite insultati per il nome di Cristo, perché lo Spirito della gloria e lo Spirito di Dio riposa su di voi.15Nessuno di voi abbia a soffrire come omicida o ladro o malfattore o delatore.16Ma se uno soffre come cristiano, non ne arrossisca; glorifichi anzi Dio per questo nome.
17È giunto infatti il momento in cui inizia il giudizio dalla casa di Dio; e se inizia da noi, quale sarà la fine di coloro che rifiutano di credere al vangelo di Dio?

18E se 'il giusto a stento si salverà,
che ne sarà dell'empio e del peccatore'?

19Perciò anche quelli che soffrono secondo il volere di Dio, si mettano nelle mani del loro Creatore fedele e continuino a fare il bene.


Capitolo V: Grandezza del Sacramento e condizione del sacerdote

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Parola del Diletto

1. Anche se tu avessi la purezza degli angeli e la santità di San Giovanni Battista, non saresti degno di ricevere o anche solo di toccare questo sacramento. Non dipende infatti dai meriti degli uomini che si consacri e si tocchi il sacramento di Cristo, e ci si nutra del pane degli angeli. Grande è l'ufficio, grande la dignità dei sacerdoti, ai quali è dato quello che non è concesso agli angeli; giacché soltanto i sacerdoti, ordinati regolarmente nella Chiesa, hanno il potere di celebrare e di consacrare il corpo di Cristo. Il sacerdote, invero, è servo di Dio: si vale della parola di Dio, per comando e istituzione di Dio. Nel sacramento, attore primo, invisibilmente operante, è Dio, al quale è sottoposta ogni cosa, secondo il suo volere, in obbedienza al suo comando. In questo sublime sacramento, devi dunque credere più a Dio onnipotente che ai tuoi sensi o ad alcun segno visibile; a questa realtà, istituita da Dio, ti devi accostare con reverenza e con timore. "Rifletti su te stesso" e considera di chi sei stato fatto ministro, con l'imposizione delle mani da parte del vescovo (1Tm 4,16.14). Ecco, sei stato fatto sacerdote e consacrato per celebrare. Vedi, dunque, di offrire il sacrificio a Dio con fede, con devozione, e al tempo conveniente; vedi di offrire te stesso, irreprensibile. Non si è fatto più leggero il tuo carico; anzi sei ormai legato da un più stretto vincolo di disciplina e sei tenuto a una maggiore perfezione di santità.

2. Il sacerdote deve essere ornato di ogni virtù e offrire agli altri l'esempio di una vita santa; abituale suo rapporto non sia con la gente volgare secondo modi consueti a questo mondo, ma con gli angeli in cielo o con la gente santa, in terra. Il sacerdote, rivestito delle sacre vesti, fa le veci di Cristo, supplichevolmente e umilmente pregando Iddio per sé e per tutto il popolo. Egli porta, davanti e dietro, il segno della croce del Signore, perché abbia costante ricordo della passione di Cristo; davanti, sulla casula, porta la croce, perché guardi attentamente a quelle che sono le orme di Cristo, e abbia cura di seguirla con fervore; dietro è pure segnato dalla croce, perché sappia sopportare con dolcezza ogni contrarietà che gli venga da altri. Porta davanti la croce, perché pianga i propri peccati; e la porta anche dietro, perché pianga compassionevolmente anche i peccati commessi da altri, e sappia di essere stato posto tra Dio e il peccatore, non lasciandosi illanguidire nella preghiera e nell'offerta, fin che non sia fatto degno di ottenere grazia e misericordia. Con la celebrazione, il sacerdote rende onore a Dio, fa lieti gli angeli, dà motivo di edificazione ai fedeli, aiuta i vivi, appresta pace ai defunti e fa di se stesso il dispensatore di tutti i benefici divini.


L'unicità del battesimo contro Petiliano

Sant'Agostino - Sant'Agostino

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Agostino si sente obbligato a confutare chi erra lontano dalla verità.

1. 1. Siamo continuamente obbligati, fratello Costantino, a fornire risposte ad interlocutori che la pensano in maniera differente da noi ed errano allontanandosi dalla regola della verità. 1, anche su questioni che abbiamo già rivisitato fra un sermone e l'altro. Credo comunque che sia utile farlo, sia per la loro scarsa capacità di comprensione, per cui fraintendono ciò che leggono quando è espresso in modo diverso, sia per il proliferare di scritti polemici: un documento raro è consultato solo dagli studiosi, invece quando si tratta di una massa di documenti, uno o l'altro cade facilmente in mano anche ai meno interessati. Ora, il Discorso sull'unico battesimo, scritto da coloro che reiterano il battesimo + che ti è stato offerto da non so quale presbitero donatista e tu mi hai consegnato durante un nostro soggiorno in campagna, pregandomi vivamente di darvi una risposta + , benché sia ridondante di parole altisonanti e offensivo per gli attacchi calunniosi, guarda con quale facilità lo confuto con l'aiuto del Signore!
Perché si dibatte in pubblico una cosa segreta.

1. 2. Lì si trova una prima insinuazione: " che si dibatte in pubblico una cosa segreta ". Tacciano, allora, quelli che pensano che questo non si deve fare! Se poi sostengono di essere costretti a parlare per rispondere a coloro che li contestano, allora è anche nostro dovere rispondere, non solo a quelli che la pensano diversamente, ma anche a quelli che si comportano in modo contrario al nostro. Si deve denunciare pubblicamente ciò che nuoce occultamente, poiché anche in pubblico si prende la sua difesa, quando si consiglia ciò che, se attuato, causerebbe occultamente un danno. Infatti, chi mai battezza qualcuno alla presenza di profani? E tuttavia nessun profano ignora che i cristiani ricevono il battesimo: egli ne sente parlare apertamente; ma, se diventa credente, lo dovrà ricevere in segreto.
È di Cristo l'unica consacrazione dell'uomo che si effettua nel battesimo.

2. 3. Vediamo, dunque, ciò che dicono costoro sulla reiterazione del battesimo: gente che si fa scrupolo di parlarne apertamente, mentre ci si dovrebbe augurare che temessero di ammetterlo apertamente. Dice costui: " Si domanda dov'è il vero battesimo "; poi aggiunge: " .Esso è talmente mio, quest'unico battesimo dato da me, che neppure gli stessi sacrileghi lo reiterano. ". Noi gli rispondiamo: Non è sacrilego colui che non osa reiterare l'unico battesimo, non perché è tuo, ma perché è di Cristo. In realtà, è di Cristo l'unica consacrazione dell'uomo che si effettua nel battesimo, tua invece è la reiterazione dell'unico battesimo. Io rettifico in te ciò che è tuo, riconosco ciò che è di Cristo. È giusto infatti che, quando disapproviamo le malefatte degli uomini, approviamo però in essi tutti i doni di Dio che vi scopriamo. Dico di più: è giusto che anche nell'uomo sacrilego io non violi il sacramento, quando mi si rivela autentico, per evitare così di emendare il sacrilego compiendo su di lui un sacrilegio.
Mentre curiamo i vizi umani, stiamo attenti a non condannare i rimedi di Dio.

3. 4. In effetti, costoro sono cattivi benché il battesimo sia buono, così come sono cattivi i Giudei benché la legge sia buona 2. Pertanto, come i Giudei saranno giudicati in base a questa stessa legge, che neppure con la loro malizia riuscirono a render cattiva, così anche costoro saranno giudicati dallo stesso battesimo, che è rimasto un bene fra le mani di cattivi. Così, quando un Giudeo si presenta a noi per diventare cristiano, noi non distruggiamo affatto i beni di Dio in lui, ma i suoi propri mali. Ad esempio, noi correggiamo l'errore di non credere che Cristo è già venuto, è nato, ha sofferto ed è risuscitato; poi, sulle rovine della sua incredulità, costruiamo la fede che fa credere a queste verità; al tempo stesso lo dissuadiamo anche dall'errore di aderire alle evanescenze dei riti antichi, dimostrandogli che è già arrivato il tempo predetto dai Profeti, in cui essi sarebbero stati aboliti e trasformati. Ma, se crede che si deve dare culto all'unico Dio, creatore del cielo e della terra, se detesta tutti gli idoli e i riti sacrileghi dei pagani, se attende il giudizio futuro, spera nella vita eterna e non dubita della risurrezione della carne, noi lo lodiamo, lo approviamo, lo riconosciamo, e attestiamo che si deve credere come lui credeva, si deve osservare ciò che lui osservava. Altrettanto, quando uno scismatico o un eretico ritorna fra noi per diventare cattolico, noi ci adoperiamo per eliminare lo scisma e l'eresia, facendo opera di dissuasione e di demolizione; se, però, constatiamo in lui la presenza dei sacramenti cristiani e di qualsiasi verità in cui crede, ce ne guardiamo bene dal fargli violenza e dal reiterare ciò che sappiamo dev'essere conferito una sola volta, perché non accada che, mentre curiamo i vizi umani, condanniamo i rimedi di Dio o, cercando di risanare ciò che non è ferito, feriamo l'uomo ferito, precisamente là dove è sano. Perciò, se incontro un eretico che è in disaccordo con noi su una verità della fede cristiana e cattolica, o addirittura sulla stessa unità della Trinità, e tuttavia è stato battezzato secondo la regola del Vangelo e della Chiesa, correggo l'intelligenza dell'uomo, ma non violo il sacramento di Dio. Intendo parlare tanto dei Giudei quanto degli scismatici o eretici che errano in qualsiasi modo a riguardo del nome di Cristo.
Anche gli idolatri posseggono elementi di verità.

4. 5. Per quanto concerne direttamente i pagani e gli adoratori degli idoli, certamente ben lontani da noi per una somma di divergenze, l'Apostolo ci dà quest'unica regola: correggere anche in essi ciò che è depravato, in modo tale da approvare ciò che vi può essere eventualmente di giusto. Egli infatti condannava gli idolatri e, circostanza aggravante, non solo gli adoratori ma anche gli stessi inventori degli idoli, quando dice: Essi, pur conoscendo Dio, non gli hanno dato gloria né gli hanno reso grazie come a Dio, ma hanno vaneggiato nei loro ragionamenti e si è ottenebrato il loro cuore ostinato. Mentre si dichiaravano sapienti, sono diventati stolti e hanno cambiato la gloria dell'incorruttibile Dio con l'immagine e la figura dell'uomo corruttibile, di uccelli, di quadrupedi e di rettili 3. Tali furono, lo sappiamo bene, gli idoli degli Egizi, presso i quali ci consta che fu istituita un'idolatria dalle mille forme e, di gran lunga, la più ignominiosa. Eppure, ha forse affermato che essi non conoscevano Dio, o non l'ha piuttosto confermato quando dice: Essi, pur conoscendo Dio, non gli hanno dato gloria come a Dio? Se dunque avesse tentato di rifiutare e distruggere in quanto menzognera questa cognizione, per averla riscontrata fra i sacrileghi, non sarebbe forse + e non sia mai + un nemico della verità? Pertanto, ciò che essi hanno contraffatto nella loro menzogna + e [Paolo] dice a questo riguardo: Costoro hanno cambiato la gloria di Dio con l'immagine e la figura dell'uomo corruttibile, poiché si raffigurarono un Dio che non esiste, e lo fecero conoscere agli uomini non come essi lo avevano conosciuto; e poco dopo dice di costoro: Essi hanno cambiato la verità di Dio con la menzogna e hanno venerato e adorato la creatura al posto del Creatore, che è benedetto nei secoli 4. In effetti, la verità della creatura proviene da Dio, ma essa non è Dio; costoro invece l'hanno trasformata in menzogna, adorando come divinità il sole, la luna e tutti i corpi celesti e terrestri + dunque, ciò che essi hanno trasformato nella loro menzogna, egli lo denuncia, lo ripudia, lo abbatte; invece ciò che essi hanno accolto di vero nel loro insegnamento, benché mescolato e confuso con mille falsità, lo approva, lo attesta, lo afferma. Tant'è vero che lui ha introdotto il testo citato, dicendo: In realtà l'ira di Dio si rivela dal cielo contro ogni empietà e ingiustizia di uomini che soffocano la verità nell'ingiustizia 5; con ciò non nega in loro una qualche verità, anche se è soffocata nell'iniquità.
L'Apostolo non distrugge, ma conferma quanto ha trovato ad Atene.

4. 6. Anche negli Atti degli Apostoli, mentre istruiva gli Ateniesi intorno all'unico e vero Dio nel quale viviamo, ci muoviamo ed esistiamo, subito aggiunse: Come alcuni dei vostri hanno detto 6. Questo dato, dunque, che in Dio abbiamo la vita e il movimento e l'essere, appartiene a quel residuo di verità che perfino quegli empi adoratori di idoli imprigionano nella loro iniquità: essi che, pur conoscendo Dio, non lo hanno glorificato come Dio. Come ben si vede, questa verità, di cui constatiamo la presenza presso gli empi e gli idolatri, l'Apostolo non la distrugge ma la conferma, e la utilizza come argomento per istruire coloro che ignoravano queste cose. Seguendo tale regola apostolica, il vescovo Cipriano, dissertando sull'unico vero Dio contro gli adoratori di molti falsi idoli, cita copiose testimonianze, desunte dai libri di coloro che essi considerano i loro sommi luminari 7, a proposito della suddetta verità che essi soffocano nella iniquità. Ma è ancor più sorprendente ciò che ha fatto l'Apostolo: visitando i loro templi, scoprì un altare, fra quelli dedicati ai demoni, che recava l'iscrizione: Al Dio ignoto 8. Egli non negò la cosa, né la confutò per demolirla, ma piuttosto la confermò, traendone lo spunto più appropriato per iniziare il suo discorso, quando disse: Quello che voi adorate senza conoscere, io ve lo annunzio 9.
Anche noi intendiamo seguire la regola apostolica.

5. 7. Pertanto, anche noi intendiamo seguire questa regola apostolica, che i nostri Padri ci hanno tramandato: se troviamo qualcosa di giusto anche nei malvagi, cerchiamo di emendare la loro perversità senza violare minimamente ciò che in essi è retto, affinché nello stesso individuo siano corretti i suoi errori a partire dalle verità in cui crede, senza che la confutazione degli errori distrugga anche queste verità. Ai tempi degli Apostoli quelli che dicevano: Io sono di Paolo, io invece sono di Apollo, e io di Cefa 10, pur non affidandosi al nome degli empi, ma dei santi, creavano empi scismi: questo era il loro specifico e detestabile vizio. Sapevano che per loro Cristo era stato crocifisso ed essi erano stati battezzati nel suo nome: questo non era certo frutto del loro errore, ma un dono ricevuto da Dio. Tale verità di Dio essi di fatto la soffocavano nell'empietà dei loro scismi. Facendo sua questa verità, il beatissimo Paolo non la distrugge distruggendo quei vizi; al contrario, consolidando quella, dimostra che si dovevano emendare questi. Forse Paolo è stato crocifisso per voi + dice + o è nel nome di Paolo che siete stati battezzati? 11 In tal modo la verità di Dio che essi possedevano li avrebbe fatti arrossire della loro falsità che mettevano in atto. Dunque, come si dice a un Giudeo: " Conserva la fede nella risurrezione dei morti, come già facevi, ma credi che Cristo è già risorto dai morti, cosa che non credevi ancora, perché la verità di Dio sulla risurrezione dei morti tu la soffochi nella tua iniquità, in quanto non credi che Cristo sia risorto "; e come si dice all'adoratore degli idoli: " Conserva l'idea che un unico vero Dio ha creato il mondo, come già pensavi, ma non credere che siano dèi i tronchi e le pietre e tutte le particelle di questo universo che tu adoravi, poiché la verità di Dio, in virtù della quale credi che il mondo sia stato creato da lui, tu la soffochi nella tua iniquità, per la quale vuoi essere un adoratore di falsi dèi "; altrettanto si dica all'eretico, che non ha alterato minimamente con il suo errore i sacramenti cristiani, così come sono trasmessi nella Chiesa cattolica: " Conserva il battesimo cristiano, conferito nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, come già facevi, ma riconosci che la Chiesa di Cristo, quella che tu maledicevi con voce sacrilega, si diffonde per tutto il mondo, come è stato appunto predetto dai profeti: la verità di Dio sull'unicità del battesimo la soffochi nell'iniquità della tua divisione. Correggi l'iniquità della finzione eretica, perché non ti conduca alla dannazione, e non inorgoglirti della verità del sacramento cristiano, che è lì per giudicarti ". Quanto a me, Dio mi guardi dal detestare la tua iniquità al punto di rinnegare la verità di Cristo, che trovo in te per la tua condanna! Lungi da me correggerti in modo tale da distruggere ciò che mi permette di correggerti! Dovrei forse distruggere la verità che incontro nell'anima degli eretici, quando l'Apostolo non distrusse la verità che trovò incisa sulla pietra dei pagani? 12.
L'unico Dio vale più dell'unico battesimo.

5. 8. L'unico Dio vale più dell'unico battesimo + infatti il battesimo non è dio, ma tuttavia è qualcosa di grande perché è sacramento di Dio + eppure lo stesso unico Dio era adorato anche al di fuori della Chiesa da coloro che non lo conoscevano. Così pure l'unico battesimo, anche al di fuori della Chiesa è conferito da coloro che lo ignorano. Chi afferma che non può essere accaduto che l'unico e vero Dio fosse adorato al di fuori della Chiesa da coloro che non lo conoscevano, consideri bene se è in grado di rispondere, non a me, ma all'Apostolo in persona che dichiara: Colui che voi adorate senza conoscere, io ve lo annunzio!. 13.
Agli eretici non giova affatto il battesimo che per ignoranza conferiscono e conservano al di fuori della Chiesa.

6. 8. Quindi, come non giovava assolutamente alla salvezza di coloro che, pur ignorando il vero Dio, lo adoravano, anzi, era causa della loro rovina in quanto, con il culto degli idoli, essi commettevano un'ingiuria sacrilega contro lo stesso vero Dio, così non giova affatto alla salvezza degli eretici il fatto che per ignoranza conferiscano e conservino al di fuori della Chiesa il vero battesimo, anzi, contribuisce piuttosto alla loro condanna, perché soffocano nella sacrilega iniquità dell'errore umano la stessa verità del sacramento divino, non per esserne purificati ma giudicati più severamente. E come l'Apostolo, quando correggeva quegli uomini sacrileghi, riconosceva e non negava il vero Dio, che essi adoravano al di fuori della Chiesa senza conoscerlo, così anche noi, quando correggiamo gli errori degli eretici nella loro sacrilega separazione, dobbiamo fermamente riconoscere e non negare che è vero il battesimo, che essi, nella loro ignoranza, trasmettono al di fuori della Chiesa.
Obiezione sul battesimo di Giovanni.

7. 9. " .Ma. ", essi dicono, " .Paolo, giunto ad Efeso, ordinò di battezzare nel nome di Cristo alcuni individui che dicevano di aver ricevuto il battesimo di Giovanni. 14 ". Se qualcuno, basandosi su questo esempio, pensa che si debbano battezzare gli scismatici e gli eretici, abbia il coraggio di sostenere, se ne è capace, che Giovanni fu un eretico o uno scismatico! Se è un'empietà sostenere ciò, allora ne consegue senz'altro che a quegli uomini veniva dato certamente ciò che mancava, non disapprovato ciò che già era in loro, sia che avessero mentito dicendo di avere ricevuto il battesimo di Giovanni, come pensano alcuni, sia che il battesimo di Giovanni non fosse il battesimo di Cristo, anche se lui militava per Cristo, come del resto i sacramenti antichi della Legge giocavano, per così dire, un ruolo precorritore e prefigurativo. Ma essi insistono: " Se dopo Giovanni, l'amico dello Sposo. 15, è stato conferito il battesimo, quanto più si deve battezzare dopo un eretico! ". Potrebbe dire un altro, come mosso da una altrettanto legittima indignazione: " .Se è stato conferito il battesimo dopo Giovanni, che non beveva una goccia di vino, quanto più giustamente si deve battezzare dopo un ubriacone! ". Ebbene, lo facciano costoro, se sono capaci! Battezzino dopo i loro ubriaconi, se gli Apostoli hanno battezzato dopo il sobrio Giovanni. Che cosa rispondono al riguardo, se non che essi non battezzano dopo costoro, perché quelli che sono stati battezzati da loro non hanno ricevuto il battesimo di costoro, bensì quello di Cristo? Ammettano allora che è stato conferito il battesimo dopo Giovanni, o perché costoro non avevano alcun battesimo o non avevano ancora il battesimo di Cristo.
I Donatisti riportano testi evangelici che piuttosto sono un valido sostegno alla nostra causa.

7. 10. Questa obiezione, in verità, il nostro interlocutore, cui stiamo rispondendo, l'ha rivolta piuttosto a se stesso e non l'ha risolta. Dice infatti: " .Forse qualcuno dirà: Ma coloro che Paolo ha battezzato per la seconda volta, erano stati purificati con il battesimo di Giovanni, non con quello di Gesù Cristo. Da ciò ne deduco che non conviene ribattezzare coloro che risultano essere stati battezzati da traditori, però nel nome di Cristo. ". Ecco l'obiezione che egli si è posta, ed ora ascolta bene come abbia tentato invano di risolverla. Egli dice: " .A tale questione il Signore ha risposto nei seguenti termini: Chi non raccoglie con me, disperde 16; e ancora: Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli. Molti infatti mi diranno in quel giorno: Signore, Signore, non abbiamo noi profetato nel tuo nome e cacciato demoni nel tuo nome e compiuto molti miracoli nel tuo nome? Io però dichiarerò loro: Non vi conosco; allontanatevi da me, operatori di iniquità 17. È certo dunque che essi hanno mandato in rovina il loro falso lavoro, avendo osato agire sia pure nel nome di Gesù Cristo, ma sacrilegamente. Ne consegue che, volenti o nolenti, con i loro sacramenti sacrileghi i traditori offendono ancor più Cristo. Se essi hanno l'ardire di affermare: Noi abbiamo profetato nel tuo nome, si sentiranno dire da lui come gli altri: Andate via da me, operatori di iniquità; non vi conosco. E glielo dirà con pieno diritto, poiché è evidente che per gli indegni battezzare, scacciare i demoni e compiere altri portenti sono opere non dissimili. ". Vedi quante belle cose ha detto, ma non ha potuto minimamente risolvere l'obiezione che si era proposta! Non solo non l'ha risolta, ma ha pure richiamato alla nostra mente argomentazioni di cui dovremo servirci per confutare costoro. Questi testi evangelici in effetti non sono di alcun aiuto alla sua tesi, ma piuttosto sono un valido sostegno alla nostra causa.
Paolo sottolineò la distinzione fra il battesimo di Giovanni e quello di Cristo.

7. 11. Si trattava del battesimo di Giovanni 18. Ora, se l'Apostolo battezzò alcuni già battezzati da lui, non diede certo loro, per la seconda volta, il battesimo di Giovanni che già avevano, ma piuttosto ordinò di dare loro il battesimo nel nome di Cristo che non avevano. Ciò facendo, non distrusse né l'uno né l'altro, ma sottolineò la distinzione di entrambi. Lo ha notato bene anche colui contro il quale noi stiamo discutendo. Egli, nei panni del contraddittore, si è costruito questa obiezione come se l'avesse raccolta dagli avversari: " anche coloro che chiamano traditori, amministrano e ricevono il battesimo di Cristo, non quello di Giovanni, e pertanto dopo di loro non è opportuno né invalidare né ripetere il battesimo". Ora, egli sostiene che su tale questione ha risposto Cristo con queste parole: Chi non raccoglie con me, disperde 19, come se Cristo avesse detto: anche se si troverà qualcosa di vero e di mio in quelli che non raccolgono con me, sia negato, esorcizzato, distrutto. Costui dichiara anche che a certuni, i quali dicono: Signore, Signore, non abbiamo noi profetato nel tuo nome e cacciato demoni nel tuo nome e compiuto molti miracoli nel tuo nome? [Cristo] risponderà loro: Non vi conosco; allontanatevi da me, voi operatori di iniquità 20. Ma ha forse detto anche qui: " A causa della vostra iniquità, rinnegherò anche la mia verità che voi soffocate nella vostra iniquità "? Egli in effetti non accoglierà nel suo regno tutti coloro nei quali troverà una qualche verità, ma coloro in cui troverà la carità in accordo con la verità: se mancherà quella, sarà presente l'iniquità. Tuttavia non è giusto negare la verità racchiusa in questa iniquità; si deve piuttosto condannare l'iniquità senza distruggere la verità. A tal riguardo dice l'Apostolo: E se conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza, se avessi il dono della profezia e possedessi la pienezza della fede così da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sono nulla 21. Ha detto che lui è nulla se non possiede la carità, non se gli mancano i misteri, la scienza, la profezia e la fede. Queste cose effettivamente sono grandi, anche se chi le possiede senza la carità è nulla e detiene la loro verità nella sua iniquità. Ecco ciò che anche noi diciamo a questi eretici: " .Noi non distruggiamo la verità del battesimo, che voi soffocate nella vostra iniquità; ma quando vi correggiamo, è questa che noi intendiamo distruggere e abbattere, mentre riconosciamo e manteniamo intatta quella. ". Come ben si vede, questa nutrita serie di testi evangelici non serve affatto a costui.
Noi non possiamo negare, né disapprovare e distruggere le verità possedute dagli eretici; invece condanniamo o, per quanto possibile, correggiamo la loro iniquità.

7. 12. Sottolinea piuttosto come essi siano un ottimo supporto per suffragare la nostra tesi. Ecco, ascolta attentamente le sue stesse parole: " È fuor di dubbio che essi hanno mandato in rovina il loro falso lavoro, poiché hanno osato agire da sacrileghi, benché nel nome di Gesù Cristo. ". Nulla di più vero! Coloro che hanno osato agire sacrilegamente nel nome di Gesù Cristo, hanno distrutto il loro falso lavoro. Ma, forse, per questo il nome di Gesù Cristo diventerà sacrilego, anche se individui sacrileghi se ne servono per compiere qualcosa? Chi oserà mai affermare una cosa simile, sia pure un perfetto demente? Si troverà qualche pagano ai nostri giorni che oserà affermare questo?. Ecco perché lo stesso Gesù Cristo, pur avendo affermato con assoluta verità: Colui che non raccoglie con me, disperde 22, quando i suoi discepoli gli annunciarono di aver trovato un tale che scacciava i demoni nel suo nome e di averlo rimproverato perché non seguiva il Signore con loro, rispose: Non glielo proibite, perché non c'è nessuno che faccia miracoli nel mio nome e possa parlare male di me 23. Quest'uomo avrà certamente avuto la sua parte di iniquità personale, perché non raccoglieva con il Signore e non seguiva con i discepoli il pastore nell'unità del suo gregge; in questa sua iniquità egli imprigionava una verità non sua, poiché era nel nome di Gesù Cristo che scacciava i demoni e di lui non parlava male. Pertanto, il Signore condanna l'iniquità di quest'uomo con quelle parole: Colui che non raccoglie con me, disperde, però non nega né rifiuta la sua verità presente in lui, quando dice: Non glielo proibite, perché non c'è nessuno che faccia miracoli nel mio nome e possa parlare male di me. Imitando questo esempio del Signore, anche noi, nella misura delle nostre forze, non possiamo negare, né osiamo disapprovare e distruggere la verità del battesimo, né qualsiasi altra verità posseduta dagli eretici; invece la loro iniquità, per la quale certamente non raccolgono con Cristo ma disperdono, a buon diritto la rifiutiamo e, senza violare la verità che si trova in essi, la condanniamo o, per quanto è possibile, la correggiamo.
Non si può tollerare colui che chiama sacrileghi i sacramenti di Cristo, anche se li possiedono i traditori.

8. 13. Cerchi dunque costui di individuare bene l'errore, che gli ha fatto soggiungere subito dopo: " .Lo vogliano o no, con i loro sacramenti sacrileghi i traditori offendono ancor più Cristo. " 24. È un altro atteggiamento temerario, certo, ma comunque tollerabile, quello di dare del traditore ad alcuni senza provarlo. Ma chi può tollerare che egli chiami sacrileghi i sacramenti di Cristo, anche se li possiedono i traditori, come insinua a torto, e questi [sacramenti] sono celebrati secondo il rito evangelico, cioè nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo? Perché, allora, non dice che non è più un sacramento di Cristo quello che è amministrato da individui sacrileghi? E perché non dice che non esiste neppure il nome di Cristo se viene pronunciato dai sacrileghi? Ma questo non si è proprio azzardato ad affermarlo. Infatti dice: " .È indubbio pertanto che abbiano mandato in rovina il loro falso lavoro, perché hanno agito sacrilegamente, benché nel nome di Gesù Cristo. Benché. " + soggiunge + " .nel nome di Gesù Cristo. ". Ha forse sostenuto che non è il nome di Gesù Cristo? Dunque, come ai sacrileghi non giova affatto agire nel nome di Gesù Cristo, così non giova a nulla agli eretici battezzare o essere battezzati nel battesimo di Gesù Cristo. Ma tuttavia, come quello è il nome di Gesù Cristo, così anche questo è il battesimo di Gesù Cristo: l'uno e l'altro deve essere riconosciuto e approvato, non negato e distrutto, per evitare di recare ingiuria a doni così preziosi di Dio, proprio mentre si vuol correggere la vita degli uomini sacrileghi, che fanno cattivo uso di questi stessi doni.
La verità cattolica è contraria a quanto affermano i Donatisti.

8. 14. Egli applica ai sacrileghi, che battezzano al di fuori della Chiesa, scacciano i demoni o compiono prodigi nel nome di Gesù Cristo, le parole che dirà il Signore: Allontanatevi da me, voi operatori di iniquità 25. Noi invece diciamo, anzi, la verità stessa dichiara che il Signore dirà questo a tutti, anche a quei pesci cattivi che nuotano nelle reti dell'unità insieme ai buoni fino alla riva 26. Che altro dirà loro, dopo aver raccolto i pesci buoni nei cesti e separato quelli cattivi per essere buttati via, se non: Allontanatevi da me, voi operatori di iniquità? Però, non per questo distruggiamo in loro i sacramenti di Cristo, dal momento che riconosciamo nelle medesime reti dell'unità sia quelli che danno, sia quelli che ricevono il battesimo. Personalmente, sono convinto che anche costoro non siano talmente impudenti che osino affermare che il Signore non dirà alla moltitudine di malvagi e scellerati del loro partito, corrotti e inquinati da scandali e da crimini ben noti a tutti, cioè agli avari e ai sequestratori, agli spietati usurai e ai sanguinari circoncellioni: Allontanatevi da me, voi operatori di iniquità! Tuttavia essi sanno, vedono, sostengono che un gran numero di costoro battezzano e molti sono battezzati da loro: nonostante ciò, essi non violano il sacramento di Cristo in quelle persone, anche quelli che vedono con disgusto i loro crimini. E così, lungi dall'aver detto qualcosa di antitetico alle nostre tesi, quando ha esibito questi testi evangelici, egli ci ha rinfrescato la memoria su quanto dovremmo dire per controbatterli!
Il sacramento del battesimo può essere presso gli eretici, ma non per il loro bene.

9. 15. Perciò, quando poco dopo dichiara con aria di trionfo: "Ho risolto in poche parole la questione. " 27, egli l'ha veramente risolta, ma a nostro favore, poiché affermando che anche gli indegni battezzano, scacciano i demoni e compiono altri prodigi con identiche motivazioni, e quando diranno: Nel tuo nome abbiamo fatto questo, Cristo dirà: Non vi conosco; allontanatevi da me, operatori di iniquità 28, ha messo in luce queste due verità correlative: anche coloro che sono separati dalla Chiesa battezzano con il battesimo di Gesù Cristo e scacciano i demoni nel nome di Gesù Cristo, ma né l'uno né l'altro fatto li conduce alla vita eterna o li salva dall'eterno supplizio. Supponiamo, allora, che torni alla Chiesa un individuo, dal quale furono cacciati i demoni per mezzo di colui che i discepoli videro scacciare i demoni nel nome di Gesù Cristo 29, ma non apparteneva al gregge di Gesù Cristo: nessuno si sognerebbe di negare il prodigio avvenuto in lui ad opera di quel tale, ma gli aggiungerebbe soltanto ciò che gli mancava. La stessa cosa accadrebbe a chi torna alla Chiesa dopo essere stato consacrato dal battesimo di Cristo, amministrato al di fuori della Chiesa dagli eretici o scismatici: non si deve negare il sacramento della verità di cui è impregnato, ma piuttosto si deve aggiungere il pio amore dell'unità, dalla quale è stato separato, e senza la quale questo sacramento potrebbe certamente essere in lui, ma non potrebbe essere per il suo bene. Questo facciamo noi, questo abbiamo ricevuto per tradizione dai nostri Padri, questo nella Chiesa cattolica, diffusa nel mondo intero, difendiamo contro tutte le tenebrosità dell'errore. Ma, a questo punto, perché dobbiamo continuare a discutere sulla questione, quando proprio lui ce l'ha sbrogliata alla lesta, rammentando i testi evangelici, che certamente, se non volesse andare a caccia di cavilli, gli consentirebbero di condannare il proprio errore e di riconoscere la vera dottrina del battesimo?
Noi incriminiamo l'iniquità dei Donatisti, ma riconosciamo e approviamo senza riserve la verità del battesimo.

9. 16. Che bisogno c'è, dunque, di ritessere una per una le sue parole, dal momento che egli è convinto di discorrere con arguzia e di presentare con ricchezza di eloquio la sua tesi, in base alla quale presso di loro sussiste il vero battesimo, che però noi riconosciamo e non neghiamo?. In effetti, chiunque consideri un dato certo e inconcusso quanto prescrive la regola verissima e inviolabile della verità, secondo la quale in ogni uomo, non solo si deve respingere o emendare ciò che è falso e vizioso, ma si deve anche riconoscere e accettare ciò che è vero e giusto, ha già compreso sia ciò che noi rifiutiamo dell'eresia dei Donatisti sia ciò che non dobbiamo assolutamente violare. Ora, poiché essi soffocano nell'iniquità del loro scisma la verità del battesimo, noi incriminiamo la loro iniquità, ma riconosciamo e approviamo senza riserve la verità del battesimo.
Chi sostiene l'invalidità del battesimo dato dagli eretici, è come se negasse lo stesso Cristo perché riconosciuto dai demoni.

10. 17. Chi sostiene infatti che il battesimo di Cristo, quando con esso battezzano gli eretici, va invalidato, deve conseguentemente affermare che si deve negare lo stesso Cristo, quando i demoni lo confessano 30. In questo è stato lodato Pietro quando disse: Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente 31, mentre i demoni sono stati espulsi, pur dicendo la stessa cosa: Noi sappiamo chi sei tu: il Figlio di Dio 32. Dunque, questa confessione fu proficua per Pietro, per i demoni fu dannosa; in entrambi i casi tuttavia non era falsa, bensì vera: non si doveva rinnegare ma riconoscere, non si doveva riprovare ma approvare. Così è della verità del battesimo: quella confessione è data dai Cattolici, che si comportano con rettitudine, come fu proclamata da Pietro; la medesima confessione è data dagli eretici, che si comportano da perversi, come fu proclamata dai demoni. Aiuta gli uni, condanna gli altri; ma, in ambedue i casi, la si deve approvare con il riconoscimento, in nessun caso la si deve violare con la negazione. Per questo anche l'apostolo Giacomo, quando redarguiva alcuni, perché affermavano che la vera fede è sufficiente all'uomo e non la congiungevano con le opere della carità, li confuta attraverso questa comparazione con i demoni: non dovevano credere di appartenere a Dio per il solo fatto di credere nel vero Dio, senza preoccuparsi di unire alla fede le opere buone: Tu credi + dice + che c'è un solo Dio? Fai bene; anche i demoni lo credono e tremano 33. Dunque, egli mette sullo stesso piano dei demoni coloro che di Dio hanno la vera fede, ma vivono malamente; però la medesima verità, che i demoni cioè credono nel vero Dio, non la distrugge negandola, malgrado l'odio che i demoni hanno contro di lui. Perciò, quando il nostro interlocutore con cui discutiamo ha osservato che l'Apostolo dice: Un solo Dio, una sola fede, un solo battesimo 34, ecco che noi abbiamo scoperto che lo stesso Dio è adorato al di fuori della Chiesa anche da coloro che lo ignorano, che la stessa verità in un solo Dio è proclamata al di fuori della Chiesa non solo da alcuni uomini, ma persino dai demoni, e l'una e l'altra verità è confermata, non negata, dagli Apostoli 35. Perché, allora, non confermiamo anche l'unico battesimo, anziché negarlo, quando lo riscontriamo in coloro che si trovano al di fuori della Chiesa? In tal modo, noi non rendiamo cattivo ciò che è buono a causa di ciò che in essi è perverso; ma, partendo da ciò che in essi è retto, correggiamo anche ciò che in essi è depravato.
Anche noi seguiamo la regola apostolica per quanto concerne l'autenticità del battesimo.

11. 18. Che significa, allora, questa sua affermazione: " .Il vero battesimo è là ove è la vera fede. "?. Si può dare benissimo il caso, che alcuni abbiano il vero battesimo, ma non la vera fede; come può accadere che possiedano il vero Vangelo, ma non comprendendolo bene abbiano una falsa credenza su Dio. Ebbene, per questa falsità della loro fede, penseremo forse che anche il Vangelo, che pur posseggono nella forma autentica, debba essere rigettato o emendato?. Non credo che quegli abitanti di Corinto, che l'Apostolo redarguisce perché si erano dissolti nelle sètte, avessero una vera fede quando gli dicevano: Io sono di Paolo 36. Questo infatti era falso. Però avevano il vero battesimo; perciò, basandosi su questa verità, per correggere questa falsità si sentono domandare da lui: Forse Paolo è stato crocifisso per voi, o è nel nome di Paolo che siete stati battezzati? 37 Fra costoro c'erano anche alcuni che non credevano nella resurrezione dei morti, e su questo punto certamente non professavano, né avevano la vera fede. Ora, partendo dalla verità che credevano, cioè la resurrezione di Cristo, nel quale erano stati battezzati, l'Apostolo si adopera per curare anche ciò che in essi non vi era di sano nella fede, dicendo: Se i morti non risorgono, neanche Cristo è risuscitato 38. Poiché credevano che Cristo era risorto, e su questo punto la loro fede era genuina, egli voleva guarirli anche dalla persuasione così funesta ed erronea che i morti non risorgono. Per questo, come neppure loro trovano nelle sante Scritture canoniche casi di eretici, che venivano battezzati per la seconda volta quando entravano nella Chiesa cattolica, così neppure noi troviamo che costoro erano stati ammessi con lo stesso battesimo, che avevano ricevuto nell'eresia. Su questo punto, almeno, la loro posizione si può equiparare alla nostra: né la loro prassi, che li porta a ribattezzare gli eretici o quelli che considerano tali, né la nostra prassi, che è di ammettere il battesimo di Cristo anche quando è stato amministrato dagli eretici, è confermata espressamente da alcun esempio dei tempi apostolici. Comunque noi constatiamo che gli Apostoli, se scoprivano qualche verità in coloro che si trovavano nell'errore o nell'empietà di qualche sacrilegio, confermavano, piuttosto che negare, ciò che in essi trovavano di vero, senza per questo assolverli dall'errore o dall'empietà, anzi, correggendoli o condannandoli. Noi seguiamo la stessa regola anche per quanto concerne l'autenticità del battesimo: laddove riscontriamo che essa è conservata e salvaguardata così come si conserva e si salvaguarda nella Chiesa cattolica, noi non la neghiamo né la distruggiamo. Ma, fatta salva questa verità, ciò che in ciascun individuo è vizioso, depravato e falso, noi lo curiamo, correggiamo ed emendiamo [per quanto è possibile]; se invece non è possibile, lo evitiamo dopo averlo riprovato e condannato.
La loro iniquità, causa della sacrilega separazione dalla Chiesa di Cristo.

11. 19. Pertanto, quando li accogliamo, non intendiamo far nostra la loro iniquità, causa della loro sacrilega separazione dalla Chiesa di Cristo, che li fa persistere nelle loro accuse calunniose e oltraggiose contro la cristianità, alla quale Dio offre testimonianze così cospicue attraverso la Legge, i Profeti, il Vangelo, i Salmi e gli Apostoli. E neppure intendiamo accogliere il loro errore, in base al quale rifiutano di riconoscere il battesimo di Cristo, custodito anche presso gli eretici secondo la regola ecclesiastica, osano distruggerlo e non esitano a reiterarlo. Di più: non solo laici, ma anche chierici + e non chierici qualsiasi, ma sacerdoti e vescovi + , pur essendo stati battezzati in quelle Chiese che gli Apostoli hanno fondato con la loro fatica, se riescono a sedurli in un modo o nell'altro per farli passare dalla loro parte, li fanno catecumeni ! Questi loro comportamenti esecrabili noi non li accetteremo mai e poi mai, per cui, se non li correggono, non potranno rientrare fra noi.
Precauzioni della Chiesa prima di ammettere allo stato clericale apostati convertiti.

12. 20. E, a questo proposito, non manchiamo di fare una distinzione: coloro che hanno abbandonato la Chiesa cattolica dopo esserne stati fedeli, devono subire una penitenza di maggiore umiliazione rispetto a coloro che non ne hanno mai fatto parte. Essi non dovranno essere ammessi allo stato clericale [nei casi seguenti]: se sono stati ribattezzati dagli eretici, se sono ritornati fra loro dopo essere stati ammessi una prima volta fra noi, sia che appartenessero ai loro chierici sia ai laici. I nostri, poi, qualora ignorassero questa regola e malauguratamente li chiamassero ad assumere lo stato clericale nella Chiesa cattolica o permettessero loro di restarvi, benché censurati con fraterna autorità dai [vescovi] più zelanti, non per questo pensino di poter conferire loro le dignità ecclesiastiche senza aver le prove, o almeno la fondata speranza, che costoro si siano emendati da quei mali. Ecco dunque una calunnia gratuita, lanciata contro la Chiesa cattolica da coloro che con empio crimine si separano dalla sua unità. Mi servirò piuttosto delle parole dell'Apostolo: L'ira di Dio si rivela dal cielo contro ogni empietà e ogni ingiustizia di uomini che soffocano la verità nell'ingiustizia 39. Questa collera, salvo emendamenti, sorprenderà anche coloro che soffocano nell'ingiustizia del loro scisma sacrilego la verità del battesimo cristiano.
La smetta una buona volta di strumentalizzare un episodio fuori questione, al fine di creare illusioni su false rassomiglianze!

13. 21. Invece la Chiesa cattolica, che, in base alle profezie, si espande fra tutte le nazioni con una prodigiosa fecondità, non libera nessuno dall'ingiustizia, in modo da distruggere in lui, non la sua propria verità, ma la verità del suo Signore. Perché dunque costui esclama con una certa arroganza e audacia: " Io ho battezzato senza alcun timore colui che tu, sacrilego, hai inquinato; l'ho battezzato, dico; ho fatto ciò che fece l'apostolo Paolo "?. Legga allora il testo che riferisce questo gesto dell'apostolo Paolo. Se vuole riferirsi all'episodio accaduto ad Efeso 40, abbia il coraggio di sostenere che Giovanni, un sacrilego, li inquinò! Se poi non ha tanto ardire, poiché sarebbe un gesto clamoroso di empietà, la smetta una buona volta di strumentalizzare un episodio, del tutto estraneo alla questione, al fine di creare illusioni su false rassomiglianze!
I casi di Agrippino, di Cipriano, di Pietro. Errori detestabili.

13. 22. Egli adduce anche il caso del vescovo di Cartagine, Agrippino, del glorioso martire Cipriano e dei settanta predecessori di Cipriano, i quali seguirono questa prassi e la mandarono in vigore. O errore veramente esecrabile di uomini, che credono sia degno di lode imitare determinate azioni erronee, compiute da uomini illustri, dalle cui virtù sono ben lontani! Anche per questo motivo, infatti, alcuni vogliono mettersi sullo stesso piano di Pietro, se hanno rinnegato Cristo; se poi hanno obbligato persino i pagani a compiere i riti giudaici, ci tengono a farsi chiamare suoi fratelli. Tali comportamenti furono riprovevoli in quest'uomo così illustre, ma la grazia apostolica rifulse talmente in lui da cancellarli del tutto, per cui sostengo che non si può, non dico preferire, ma neppure uguagliare o paragonare con lui qualunque cristiano del nostro tempo, sia pure un vescovo, che non ha mai rinnegato Cristo né costretto i pagani a compiere riti giudaici 41. Stesso caso per il gloriosissimo martire Cipriano. Se è vero che non voleva riconoscere il battesimo di Cristo, conferito dagli eretici o scismatici, poiché sentiva profonda avversione per coloro che con tanto dolore vedeva separati dall'unità cattolica, che amava immensamente, è altrettanto vero che, in seguito, si acquistò meriti così eminenti, da giungere fino al trionfo del martirio, e lo splendore della carità in cui eccelleva, dissolse quest'ombra, affinché il suo ricco virgulto diventasse ancor più fecondo di frutti: se doveva essere ancora purificato in qualche misura, in mancanza d'altro, lo sarebbe stato certamente sotto l'ultimo colpo di spada della passione suprema. Neppure noi, che pur riconosciamo la verità del battesimo, e non la neghiamo, benché conferito nell'iniquità degli eretici, siamo per questo migliori di Cipriano, come non siamo migliori di Pietro per il solo fatto che non forziamo i pagani a giudaizzarsi. La stessa cosa risponderei a proposito di Agrippino e degli altri vescovi, che sono considerati gli organizzatori di quei concili : essi, pur essendo di idee così discrepanti, con coloro che avevano un'opinione diversa su tale questione mantennero l'unità, nella quale la carità copre una moltitudine di peccati 42. Poiché camminavano così nella verità della Chiesa, alla quale erano pervenuti, Dio poteva rivelare ad essi, secondo la parola dell'Apostolo 43, anche il punto su cui non pensavano in modo ortodosso. Sorgeva allora, in effetti, una questione nuova: come dovevano essere accolti gli eretici. Più di un fratello, acceso da santo e legittimo zelo contro i guasti dell'eresia, fu talmente turbato da questa novità, da credere che fosse necessario riprovare in essi anche ciò che, pur nel loro male, conservavano di buono. Ecco in due parole il mio pensiero al riguardo: battezzare una seconda volta gli eretici, fatto che viene loro attribuito, fu allora frutto di un errore umano; ma battezzare per la seconda volta i Cattolici, come tuttora fanno costoro, è sempre e comunque frutto di presunzione diabolica.
I due vescovi delle Chiese in assoluto più eminenti, cioè quella di Roma e quella di Cartagine: Stefano e Cipriano, ambedue ben fondati nell'unità cattolica.

14. 23. Voglio però che costui mi risolva una difficoltà. Quando ha elencato con ordine la serie dei vescovi della Chiesa di Roma, ha citato anche Stefano fra quelli che hanno esercitato l'episcopato in modo irreprensibile: e lo riconosce. Ora, Stefano non solo non ribattezzava gli eretici, ma giudicava anche degni di scomunica quelli che lo facevano o ordinavano di farlo, come testimoniano le lettere di altri vescovi e di Cipriano stesso 44. Nonostante ciò, Cipriano restò con lui nella pace dell'unità. Che cosa risponderanno su questo punto? Spremano pure le loro meningi il più possibile, e vedano se sono in grado di rispondere! Ecco: nella stessa epoca vivevano due personaggi, per non parlare di altri, che avevano opinioni differenti; essi erano due vescovi delle Chiese in assoluto più eminenti, cioè quella di Roma e quella di Cartagine: Stefano e Cipriano, ambedue ben fondati nell'unità cattolica. Uno dei due, Stefano, era convinto che non si dovesse mai reiterare il battesimo e si indignava contro coloro che agivano così; Cipriano, al contrario, era convinto che fosse opportuno battezzare nella Chiesa cattolica coloro che erano stati battezzati nell'eresia o nello scisma, come se essi non avessero il battesimo di Cristo. Molti concordavano con il primo, altri con il secondo; ma gli uni e gli altri erano solidali con loro nell'unità. Se è vero, dunque, sostenere ciò che essi dicono + ed è sulla base di questo principio che essi tentano di rivendicare il diritto o giustificare la causa del loro scisma + e cioè che " .nell'unica comunione dei sacramenti i cattivi inquinano i buoni, perciò si deve evitare il contagio dei malvagi con la separazione fisica, affinché non periscano tutti insieme. ", si deve ammettere allora che dall'epoca di Stefano e di Cipriano la Chiesa andò perduta e non restava più nulla per coloro che venivano dopo di loro, ivi compreso lo stesso Donato, dalla quale sarebbe nato spiritualmente. Se essi giudicano che questa ipotesi sia infamante, e lo è realmente, come mai la Chiesa ha continuato ad esistere da allora in poi e fino all'epoca di Ceciliano, di Maggiorino o di Donato, e non hanno potuto farla perire per inquinamento tutti coloro che furono ammessi nel suo grembo senza battesimo e, sempre secondo costoro, sotto il peso di tutti i loro peccati e crimini? Né Cipriano, né i fautori della sua teoria sul battesimo hanno mai interrotto ogni rapporto di comunione con costoro, poiché ritenevano che nell'unità e nella comunione dei sacramenti di Cristo i peccati degli altri non potessero contaminarli. Ecco come la Chiesa poté continuare a vivere in seguito: essa cresceva e si espandeva per tutta la terra, secondo quanto era stato predetto di lei, e i crimini altrui dei traditori o malfattori di ogni risma non potevano assolutamente inquinarla, come nell'unica aia il frumento non può essere contaminato dalla paglia fino al tempo della vagliatura 45, come nell'unica rete 46 i pesci cattivi non possono rovinare i pesci buoni, nuotando insieme fino al momento di giungere a riva.
I Donatisti hanno inventato l'arte mirabolante di distinguere crimine da crimine.

14. 24. Non ci fu dunque altra ragione, se non una rabbia forsennata che, con il pretesto di evitare la comunione dei malvagi, li spinse a separarsi dall'unità di Cristo, che si estende nell'universo intero. Costoro non avranno per caso inventato l'arte mirabolante di distinguere crimine da crimine? Ispirandosi alle regole del discernimento, derivate non tanto dalle Scritture ma dal loro cuore, vanno dicendo che nell'unità della comunione dei sacramenti si sopporta ogni sorta di crimini altrui senza esserne contaminati; invece, nel caso del crimine di tradizione, tutti coloro che saranno in comunione di sacramenti con i traditori saranno inquinati. Ma, su questo punto, è ormai inutile trascinare la polemica, tanto più che essi osano parlarne ben di rado. Evidentemente anch'essi se ne vergognano, perché si rendono conto di parlare a vanvera e, quando ne parlano, non tentano di fondare le argomentazioni su qualche testimonianza divina. Preferiscono, invece, quando imputano agli uni i peccati degli altri per giustificare l'empietà del loro scisma, avere spesso in bocca i seguenti testi: Se vedi un ladro, corri con lui 47, e: Non farti complice dei peccati altrui 48, e: Fuori, uscite di là e non toccate niente d'impuro 49, e: Chi abbia toccato un immondo sarà immondo 50, e: Un po' di lievito fa fermentare tutta la massa 51, ed altri testi simili. In essi non si fa alcuna distinzione specifica fra il crimine di tradizione e gli altri crimini, viene invece escluso ogni tipo di complicità con il peccato. Ora, se Cipriano avesse interpretato questi testi o precetti divini alla stregua di costoro, si sarebbe automaticamente separato da Stefano e non avrebbe perseverato con lui nella comunione dell'unità cattolica. In effetti, se volessimo dar credito all'opinione che sostengono costoro riguardo al battesimo, [Stefano] ammettendo nella Chiesa gli eretici e gli scismatici, i quali non hanno il battesimo, sempre secondo la loro opinione, avrebbe comunicato con i peccati altrui, in quanto i peccati di quelli che non erano stati ancora lavati con il vero battesimo, restavano senza dubbio in loro. Dunque, Cipriano avrebbe dovuto separarsi dalla comunione con lui per non camminare in compagnia di un ladro, per non comunicare con i peccati altrui, per non essere contaminato da un impuro, per non inquinarsi contattando un individuo contaminato, per non essere corrotto dal fermento altrui. Ora, poiché lui non si è comportato così, ma ha perseverato con essi nell'unità, ne consegue logicamente che l'intera massa della stessa unità fu corrotta e la Chiesa non ha più potuto continuare ad esistere per dare alla luce in seguito i loro santi: Maggiorino e Donato 52! Naturalmente, non osando in alcun modo affermare una cosa simile, devono per forza concludere che i buoni hanno convissuto con i cattivi nella comunione dei sacramenti cristiani senza subire alcuna contaminazione e che la Chiesa di Cristo ha durato fino ai tempi di Ceciliano, non senza annoverare alcuni malfattori, come se fosse già [mèsse] riposta nel granaio 53, pur mescolata ancora con la paglia come se si trovasse sull'aia. In tal modo essa ha potuto sopravvivere anche in seguito, come del resto al presente, finché nell'ultimo giorno del giudizio sarà mondata col ventilabro.
Nella Chiesa i buoni né diventano una cosa sola con i malvagi, né si separano dall'unità.

15. 25. Che cosa si propone, dunque, questa loro incontenibile frenesia di separarsi dall'unità del corpo di Cristo, che, come si legge nei Profeti e si vede già in atto, si estende nell'universo intero e a tutte le nazioni? Qui è proprio il caso di dire con la parola della Scrittura: Il figlio cattivo si vanta di essere giusto, ma non si lava per la sua partenza 54; cioè, egli non presenta né scuse, né motivazioni, né giustificazioni per aver avuto l'ardire, nel suo furore scismatico, di abbandonare la casa di Dio 55 per volgersi alla peste dell'eresia. Se costui fosse stato veramente giusto, come lo era l'apostolo Paolo con i falsi fratelli, sui quali egli geme nelle sue Epistole 56, e come lo era Cipriano con coloro che considerava ancora carichi dei loro peccati passati perché privi del battesimo, pur sapendo che erano stati ammessi nella Chiesa da Stefano, sarebbe restato nella Chiesa di Cristo senz'essere minimamente contaminato nella sua persona, vivendo a fianco di coloro che sapeva o riteneva ingiusti, e non avrebbe abbandonato i buoni a causa dei cattivi, ma avrebbe piuttosto tollerato i cattivi a motivo dei buoni, [comportandosi] come il grano che tollera, per il peso della carità, di essere triturato con la pula, non come la polvere lievissima che, ancor prima della vagliatura, s'invola al primo refolo di brezza. In tal modo, costui avrebbe perseverato nell'unità cattolica insieme agli iniqui, che le reti devono necessariamente contenere fino a riva 57, senza per questo esporsi a camminare in compagnia di un ladro o essere coinvolto nei peccati altrui o contrarre le impurità di un essere immondo o imbrattarsi al contatto dell'impuro o essere corrotto dal fermento cattivo di chiunque 58. Tutto questo non può accadere senza dare il proprio consenso al peccato, di cui il serpente si servì, complice la donna, per sedurre il primo uomo perfino nello stato di felicità del paradiso 59, non quindi a causa della comunione dei sacramenti, nella quale l'impuro Giuda non poté contaminare i discepoli puri 60. Dai malvagi, poi, con i quali condividono i sacramenti di Dio, i buoni, pur essendo ancora sull'aia e non nel granaio, sono ben lontani e distinti, non tanto per la separazione dei corpi quanto per la difformità dei costumi: vivendo in maniera diversa, non entrando a far parte di conventicole estranee. In tal modo, né diventano una cosa sola con i malvagi, né si separano dall'unità della Chiesa.
Noi non sosteniamo la causa del tale o del talaltro, ma la causa della Chiesa.

15. 26. Perché, dunque, devono presentarci a tinte fosche il crimine commesso da fantomatici traditori, dei quali nonostante tutto mai sono riusciti a provare la colpevolezza? Se però li difendessimo dalle loro calunnie, faremmo la figura di voler sostenere soltanto la causa del tale o del tal'altro, non la causa della Chiesa. In breve, chiunque fosse il traditore, senza distinzione di persone o di paese d'origine, e non solo il peccato dei traditori, ma anche di coloro che costringevano a consegnare le Scritture, e di tutti i malfattori, criminali e sacrileghi, nessuno escluso, Stefano secondo loro li ammetteva nella Chiesa perché, se non avevano il battesimo, tutti i peccati e i misfatti che avevano commessi, per quanto orribili, restavano in loro per condannarli senza alcuna remissione di colpa. Ecco chi ammetteva Stefano, ecco con chi viveva Cipriano nell'unità cattolica! E tuttavia la Chiesa non crollò, ma riuscì a sopravvivere. Pertanto i peccati altrui non inquinano chiunque vive nella sua unità. Invano il figlio malvagio si affrettò ad uscire dalla famiglia di suo padre, invano egli si dice giusto: la sua partenza non lo rende puro 61. Forse obietteranno: coloro che Stefano ammetteva così, erano purificati in forza della loro partecipazione all'unità, poiché la carità copre una moltitudine di peccati 62. Magari lo dicessero! È quanto infatti sosteniamo anche noi, quando li sollecitiamo o li imploriamo di far ritorno all'unità. A questo punto, però, non ci sarebbe più fra noi disputa alcuna sul battesimo. Se infatti coloro che sono stati battezzati nell'eresia o nello scisma, quando ritornano alla Chiesa sono purificati dalla stessa carità dell'unità, allora veramente non c'è più alcun motivo per ribattezzarli.
Calunnie donatiste contro i vescovi di Roma.

16. 27. Vedi, dunque, quante cose costui ha detto a nostro favore in questo Discorso, al quale mi hai pregato di rispondere. C'è ancora bisogno di confutare le sue accuse, lanciate contro i vescovi della Chiesa di Roma con incredibili calunnie? Marcellino e i suoi presbiteri: Milziade, Marcello e Silvestro, si vedono incolpare da lui di aver consegnato i Libri sacri e offerto l'incenso!. Ma, con ciò, li ha forse confutati, o ci sono prove che documentano la loro colpevolezza? Egli afferma che furono scellerati e sacrileghi, io ribatto che erano innocenti. Perché affaticarmi a difendere la mia tesi, dal momento che lui non ha neppure tentato di provare debolmente la sua accusa?. Se c'è una qualche parvenza di umanità nelle questioni umane, sono convinto che noi potremmo essere ripresi a maggior ragione se, di fronte ad una denuncia contro individui sconosciuti, lanciata da avversari che non si preoccupano di dimostrare la colpevolezza di costoro con un minimo di prove, li credessimo colpevoli anziché innocenti; poiché, ammesso pure che sia vero il contrario, è certamente per un dovere di umanità che un uomo non pensa male nei confronti di un altro uomo senza alcun fondamento, e non presta fede facilmente a chiunque lancia accuse senza il sostegno di testimoni o di prove, e si presenta in veste di calunniatore ingiurioso piuttosto che di accusatore coscienzioso.
Sono a disposizione gli atti proconsolari: chi vuole, li prenda pure e li legga!

16. 28. Ma c'è di più; ed è che Milziade, a quel tempo vescovo della Chiesa di Roma, il quale presiedeva il tribunale per ordine dell'imperatore Costantino, al quale gli accusatori del vescovo di Cartagine, Ceciliano, avevano deferito tutta la questione attraverso il proconsole Anulino, proclamò innocente lo stesso Ceciliano. Ebbene, quando i loro antenati, contestarono davanti al citato imperatore questo processo con spudorata pervicacia, perché non era stato esaminato né chiarito in modo approfondito e corretto, non accennarono minimamente al reato di tradizione o di offerta dell'incenso sul conto di Milziade! Certo, non avrebbero dovuto neppure appellarsi al suo tribunale, ma piuttosto suggerire preliminarmente all'imperatore o insistere per fargli suggerire che essi non potevano accettare che la loro causa fosse trattata davanti a uno che aveva consegnato i Libri santi e si era macchiato con i sacrifici agli idoli. Essi né avevano dato in precedenza una simile interpretazione dei fatti, né si sono sognati di lanciare questa accusa dopo che fu pronunziato il verdetto contro di loro e a favore di Ceciliano, non fosse altro per il livore causato dalla loro sconfitta. Perché dunque adesso, dopo tanto tempo, imbastiscono calunnie inconsistenti per offuscare la fama della stessa Chiesa di Roma, denigrando il comportamento del giudice Milziade, che si pronunziò per l'innocenza di Ceciliano, quando non sono mai riusciti, attraverso un qualsiasi loro procedimento giudiziario, a far condannare alcuno, né a far sostituire qualcuno dei loro nel ruolo di condannato? Contro di essa, prima inviarono allo sparuto gruppetto di loro adepti africani alcuni amministratori, fatti venire da lontano e di nascosto, di cui costui non si vergogna di fare il nome 63, in attesa di dare in qualche modo a questa povera gente ingannata vescovi propri. Tant'è vero che, dopo l'assoluzione di Ceciliano, essi denunziarono all'imperatore il vescovo d'Aphthungi, Felice: era lui il traditore, arcinoto a tutti; quindi Ceciliano, in quanto ordinato da un traditore, non avrebbe potuto essere vescovo. Per il momento Costantino non si rifiutò di dar corso alla loro accusa, benché fosse al corrente della loro malafede nell'incriminare Ceciliano di fatti mai commessi, perciò ordinò di trattare la causa di Felice. Essa fu istruita in Africa da Aeliano proconsole: anche Felice fu dichiarato innocente. Sono a disposizione gli atti proconsolari: chi vuole, li prenda pure e li legga! Questa sentenza non solo costituisce la prova culminante dell'innocenza di Ceciliano e la conferma della nettissima assoluzione dello stesso Felice, nonché l'esplicita condanna delle loro calunnie, che nel loro concilio lo avevano definito: fonte di tutti i mali, ma induce anche a pensare che la vita integerrima di Milziade non era stata minimamente intaccata dalle loro accuse. Ci sarà mai qualcuno così insensato da credere che, coloro i quali non perdonarono a Felice di aver consacrato Ceciliano, avrebbero potuto perdonare Milziade di averlo assolto, se la vita di questo vescovo, pur non essendo compromessa da alcuna offesa all'integrità della sua coscienza, non fosse stata oscurata da una qualsiasi fama ostile? O, forse, la montatura sulla sentenza del foro di Aphthungi poteva diventare la base delle loro accuse, mentre l'accertamento dei fatti, compiuto nel Campidoglio di Roma, sarebbe passato sotto silenzio?
Le accuse donatiste contro Mensurio ed altri sono infondate.

16. 29. Quanto a Mensurio, che cosa posso rispondere? Durante il suo periodo e fino al giorno della sua morte, il popolo dell'unità non conobbe alcuna scissione: proprio le lettere di Secondo di Tigisi, nelle quali si asserisce che fosse ripreso, confermano il carattere pacifico delle loro relazioni episcopali e la loro ininterrotta unione con il collegio episcopale. D'altronde, volendo manifestare ciò che pensava anche della Chiesa di Cirta e ingiuriando i vescovi cattolici di questa città con ogni sorta di insulti, quale risultato ottenne oltraggiando personaggi eminenti in santità, nostri contemporanei e ottimamente conosciuti da noi, se non mostrarci chiaramente che cosa dobbiamo pensare anche delle persone sconosciute che lui insulta alla stessa maniera? Per cui, come sono stati manichei Profuturo, deceduto pochi anni fa, e il tuttora vivente Fortunato, che gli è succeduto nell'episcopato, così sono stati traditori questi individui assolutamente sconosciuti, vissuti tanto tempo prima di noi, che costoro non cessano di accusare, e di cui oggi noi sappiamo con certezza che la loro vita fu irreprensibile, quanto alle accuse di cui sono fatti oggetto.
Essere calunniati con la Chiesa è attestato di gloria.

16. 30. Certamente non è una magra consolazione né una gloria da poco per ciascuno di noi essere incriminati dai nemici della Chiesa insieme alla Chiesa stessa; tuttavia la difesa della Chiesa non poggia sulla difesa di quegli uomini, che essi nominatamente perseguono con le loro false accuse. Insomma, che importa sapere chi furono Marcellino, Marcello, Silvestro, Milziade, Mensurio, Ceciliano e gli altri, bersagliati con ogni tipo di calunnia da parte dei Donatisti, perché in qualche modo dovevano giustificare il loro scisma? Costoro non pregiudicano minimamente la Chiesa cattolica, diffusa nel mondo intero!. La loro innocenza non diventa affatto la nostra corona, né la loro colpevolezza la nostra condanna. Se furono buoni, la battitura sull'aia cattolica li ha purificati come il grano; se furono cattivi, la battitura sull'aia cattolica li ha triturati come la paglia. Su quest'aia possono essere sia i buoni che i cattivi, al di fuori di quest'aia non possono essere i buoni. Chiunque viene separato da questa unità dal vento della superbia, in quanto è soltanto paglia, perché mai se la deve prendere con l'aia del Signore a causa della paglia che vi è mescolata?
I Donatisti sono stati a loro volta traditori e i più implacabili giustizieri dei presunti traditori.

17. 31. Anche noi diciamo, e non solo diciamo, ma lo comproviamo attraverso documenti scritti, sia ecclesiastici che civili, che Secondo di Tigisi, colui che a loro dire avrebbe riunito il concilio che condannò Ceciliano, accordò la pace ad alcuni traditori, rei confessi, per non provocare uno scisma, poiché lui stesso si vide accusare da Purpurio di Limata di aver consegnato le Scritture; diciamo anche che Vittore di Rusicada, Donato di Calama, Donato di Mascula, Marino di Acque Tibilitane e Silvano di Cirta sono stati a loro volta traditori e i più implacabili giustizieri dei presunti traditori. Questo lo proviamo sulla scorta degli atti ufficiali della Chiesa, della municipalità e del tribunale. Ma non per questo i membri del partito di Donato sono tutti traditori, in quanto aderenti a quel partito; come pure non sarebbe innocente il partito di Donato, se costoro risultassero estranei al reato di tradizione. A noi conviene piuttosto ascoltare la santa Scrittura, anziché calunniare qualcuno per i peccati commessi da altri o temere una simile calunnia da parte di chiunque. In effetti: Morirà l'anima che pecca 64, e: Ciascuno porterà il proprio fardello 65, e: Chi mangia e beve indegnamente, mangia e beve la propria condanna 66, non quella d'altri. Si lascino crescere ambedue fino alla mietitura, per evitare che, raccogliendo prima del tempo la zizzania, non si sradichi insieme il grano buono 67; così come brucano insieme nei pascoli migliori i capri e gli agnelli, finché il Pastore infallibile non li separerà 68; come anche le reti dell'unità si riempiono di pesci finché non si tirano a riva, dove sarà fatta la selezione 69. Invece costoro, con il loro perverso e falso modo di pensare, pregiudicano se stessi, perché hanno la presunzione di essersi separati giustamente dalla comunione della Chiesa universale a causa dei peccati altrui: opinione assurda e folle, che li obbliga ad imputare i peccati di alcuni di loro a tutti. Se essi giudicano questo una cosa giusta, sono colpevoli in blocco di ogni misfatto commesso e constatato in flagranza da uno qualsiasi di loro; se invece essi lo riconoscono ingiusto, come di fatto lo è, allora sono tutti colpevoli della più iniqua separazione.
Conclusione della disputa.

18. 32. Ma, poiché in questo Discorso si tratta piuttosto dell'unico battesimo, concludiamo la nostra discussione dal punto in cui è iniziata: come nella medesima unità dell'aia del Signore né si devono lodare i cattivi a causa dei buoni, né si devono abbandonare i buoni a causa dei cattivi, così in un medesimo individuo né per la misura di onestà che è in lui si deve accettare la sua disonestà, né per la misura di disonestà che è in lui si deve negare la sua onestà, poiché, anche nell'iniquità dei Giudei si trova la verità della resurrezione dei morti, anche nell'iniquità dei pagani si incontra la verità di un solo Dio che ha creato il mondo, anche nella iniquità di coloro che, non raccogliendo con Cristo, disperdono 70, si trova la verità che fa loro scacciare nel nome di lui lo spirito immondo, e nell'iniquità dei templi degli idolatri è stata riscontrata la verità che faceva loro adorare il Dio ignoto 71, come pure nell'iniquità dei demoni è stata riscontrata la verità che ha fatto loro confessare Cristo 72. Allo stesso modo, anche nell'iniquità degli eretici non si deve negare l'eventuale presenza della verità, nella quale essi conservano il sacramento del battesimo.

 

 

1 - Cf. Fil 3, 15.

2 - Cf. Rm 7, 12.

3 - Rm 1, 21-23.

4 - Rm 1, 25.

5 - Rm 1, 18.

6 - At 17, 28.

7 - Cf. Cipriano, Quod idola dii non sint.

8 - At 17, 23.

9 - Ibidem.

10 - 1 Cor 1, 12.

11 - 1 Cor 1, 13.

12 - Cf. At 17, 23.

13 - At 17, 23.

14 - Cf. At 19, 1-5.

15 - Cf. Gv 3, 29.

16 - Mt 12, 30.

17 - Mt 7, 21-23.

18 - Cf. supra, 7, 9.

19 - Mt 12, 30.

20 - Mt 7, 22-23.

21 - 1 Cor 13, 2.

22 - Mt 12, 30.

23 - Mc 9, 38.

24 - Vedi supra, 7, 10.

25 - Mt 7, 23.

26 - Cf. Mt 13, 47-48.

27 - Vedi supra, 7, 10.

28 - Mt 7, 23.

29 - Cf. Mc 9, 39.

30 - Cf. Mc 1, 24; Gc 2, 19.

31 - Mt 16, 16.

32 - Mc 1, 24.

33 - Gc 2, 19.

34 - Ef 4, 5.

35 - Cf. At 17, 23.

36 - 1 Cor 1, 12.

37 - 1 Cor 1, 13.

38 - 1 Cor 15, 16.

39 - Rm 1, 18.

40 - Cf. At 19, 1-5.

41 - Cf. Gal 2, 14.

42 - 1 Pt 4, 8.

43 - Cf. Fil 3, 15.

44 - Cipriano, Epp. 70; 71; 72; 73; 74.

45 - Cf. Mt 3, 12.

46 - Cf. Mt 13, 48.

47 - Sal 49, 18.

48 - 1 Tm 5, 22.

49 - Is 52, 11.

50 - Lv 22, 4-6.

51 - 1 Cor 5, 6.

52 - Vedi supra, 14, 23.

53 - Cf. Mt 3, 12.

54 - Prv 24, sec. LXX.

55 - Cf. 2 Tm 2, 20.

56 - Cf. 2 Tm 2, 17-20.

57 - Cf. Mt 13, 48.

58 - Vedi supra, 14, 24.

59 - Cf. Gn 3, 1-7.

60 - Cf. Lc 22, 19-21.

61 - Prv 30, 12.

62 - 1 Pt 4, 8.

63 - Vedi supra, 14, 23.

64 - Ez 18, 4.

65 - Gal 6, 5.

66 - 1 Cor 11, 29.

67 - Cf. Mt 13, 29-30.

68 - Cf. Mt 25, 32-33.

69 - Cf. Mt 13, 47-48.

70 - Cf. Mt 12, 30.

71 - Cf. At 17, 23.

72 - Cf. Mc 1, 24; Gc 2, 19.


Il castello interiore: seste mansioni

Il castello interiore - Santa Teresa d'Avila

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Capitolo 1

Quanto più grandi sono le grazie che il Signore comincia a compartire, tanto più gravi sono i travagli che ne vengono - Si parla di alcuni di essi, e si dice come li sopporti chi è entrato in questa mansione - Utile per le anime che soffrono pene interiori

1 - Con l'aiuto dello Spirito Santo, veniamo ora a parlare delle seste mansioni, nelle quali l'anima, già ferita dall''amore dello Sposo, cerca con maggior cura di starsene in solitudine, sfuggendo, per quanto il suo stato glielo permette, tutto ciò che la potrebbe distrarre. La vista dello Sposo l' ha così colpita, che ora ogni suo desiderio è di tornare a goderlo. Qui veramente non si vede nulla per dover usare la parola vista, neppure con l'immaginazione; ma se l'adopero è per il paragone che ho adottato.

L'anima, dunque, è fermamente decisa di non prendere altro sposo. Ma lo sposo, invece di guardare all'ardore con cui ella desidera che si celebri il fidanzamento, vuole che i suoi desideri si rendano più intensi, e che quel bene, superiore a ogni bene, le costi almeno qualche cosa.

È vero che di fronte a un tanto bene vi è ben poco che valga; ma vi devo pur dire, figliuole, che non meno grandi sono anche le prove che d'ora innanzi le succedono, tanto che per sopportarle ha bisogno di quei pegni di cui si vede favorita.

Oh, mio Dio!... Quali pene interiori ed esteriori deve mai ella soffrire prima di entrare nella settima mansione!...

2 - In verità, quando vi penso temo che, prevedendole, sia assai difficile che la nostra debolezza si risolva a sopportarle, neppure con la prospettiva di una infinità di vantaggi, a meno che non si sia già arrivati alla settima mansione, dove non si ha più paura di nulla e dove l'anima è decisamente risoluta a sopportare qualsiasi cosa per amore di Dio. La ragione è che allora è quasi sempre in intima unione col Signore, da cui le deriva ogni forza.

Credo utile descrivervi alcune pene che qui si soffrono, e che io conosco assai bene. Certo che non tutte le anime sono condotte per questa strada. Tuttavia, quelle che Dio favorisce di tali cose di cielo, sia pure ad intervalli, è mio parere che, in un modo o in un altro, debbano andar soggette alle sofferenze della terra.

Non era mia intenzione fermarmi su di ciò; ma poi ho pensato che la cognizione di ciò che soffrono le anime, a cui Dio comparte tali grazie, può essere di conforto a chi si trova in dette angustie, nelle quali sembra veramente che tutto sia perduto. Nel parlarne non seguirò l'ordine con cui si succedono, ma come mi si presenteranno alla mente.

3 - Voglio cominciare dalle più piccole, che sono le mormorazioni, tanto delle persone con cui si hanno rapporti, come di quelle con cui non se ne hanno, e di cui non si avrebbe mai pensato che potessero occuparsi delle cose nostre.

Dicono: « Vuol far la santa! Fa di tutto per ingannare il mondo e screditare gli altri, che sono assai migliori di lei, benché senza tante cerimonie! ». Si noti intanto che ella non fa proprio cerimonie, ma cerca solo di osservare esattamente ciò che esige il suo stato. Tuttavia, quelli che riteneva per amici si allontanano da lei, e facendosi suoi nemici l'assalgono con i morsi più dolorosi e più sensibili: « Quell'anima è un'illusa! È in inganno evidente! Sono artifizi del demonio! Le avverrà come a quella e a quell'altra che andarono perdute! Dà motivo di screditare la virtù! Inganna i confessori!...

E andranno a dirlo agli stessi confessori, citando l'esempio di coloro che per quella, via si sono perduti. E mille altri scherni e dicerie.

4 - Io so di una persona che, al punto a cui le cose eran giunte, temeva di non poter più trovare chi volesse confessarla. Non mi fermo a raccontare i particolari, perché troppo numerosi.

Il peggio è che questa guerra non termina tanto presto, ma dura tutta la vita, perché gli uni raccomandano agli altri di stare in guardia e di non trattare con tali anime.

Mi direte che vi sono anche di quelli che ne parlano bene.

Si, figliole, ma come pochi di fronte al gran numero dei denigratori! Del resto, per quell'anima le lodi non sono che un motivo di tormento, perché, essendosi veduta poco prima in grandi peccati e molto povera, riconosce che se ora ha qualche bene, questo non è suo, ma di Dio che gliel' ha dato, per cui la stima degli uomini le si fa intollerabile: almeno da principio, poi la pena diminuisce, e ciò per più motivi.

Primo, perché l'esperienza la persuade che gli uomini tono tanto pronti a dir bene che a dir male, per cui non fa più conto di una cosa che dell'altra.

Secondo, perché Dio le fa maggiormente conoscere non essere in lei alcun bene che non provenga da Lui, e perciò non fa che ringraziarlo, dimenticando la parte che ella vi ebbe, quasi sia di altri.

Terzo, perché vedendo alcune anime far progressi nel conoscere le grazie di cui ella è favorita, pensa che il Signore voglia ad esse giovare mediante la stima di cui quelle la circondano senza suo merito.

Quarto, perché occupandosi dell'onore e della gloria di Dio più che di se stessa, si sente libera dal timore, comune ai principianti, che quelle lodi le siano di danno, come lo furono ad alcune persone di sua conoscenza. Pur di ottenere che per suo mezzo Dio sia lodato una volta sola di più, non si cura neppure di cadere nel disonore: avvenga quel che vuole avvenire.

5 - Queste ed altre ragioni attenuano la gran pena che le lodi le producono. Tuttavia, ne sente sempre qualche cosa, a meno che non vi presti attenzione. Ma incomparabilmente più grave di tutti è il tormento di vedersi pubblicamente ritenuti per buoni senza alcuna ragione.

Quando un'anima arriva a non curarsene, molto meno si curerà delle critiche: queste anzi la ricreeranno come una musica soave. E ciò è verissimo, perché i frutti di quel cammino fanno l'anima più forte: lei stessa lo riconosce e vede che chi la perseguita non lo fa con offesa di Dio, ma solo perché così Egli permette allo scopo di farle ricavare maggiori beni.

E siccome vede che è così, circonda quelle persone di una tenerezza tutta particolare, le riguarda come le sue amiche più sincere, perché le procurano maggiori vantaggi che non coloro che dicon bene di lei.

6 - Oltre a ciò il Signore suole inviare infermità molto gravi.

Questa prova supera la precedente, soprattutto quando i dolori sono acuti: credo infatti che fra le prove esteriori non ve ne sia alcuna sulla terra che eguagli il tormento di gravissimi dolori. Intendo dolori molto forti: degli altri, ne vengano quanti vogliono.

Dolori siffatti mettono sossopra l'interiore e l'esteriore: l'anima si altera, non sa più cosa fare, tanto che pur di sottrarsi a quel tormento, accetterebbe di buona voglia qualunque rapido martirio.

Bisogna però dire che il dolore non dura sempre nella sua più alta intensità, perché Dio non dà più di quello che si può sopportare, e prima di tutto infonde pazienza. Ma in via ordinaria manda sofferenze molto gravi e malattie di ogni specie.

7 - Conosco una persona che da quando cominciò ricevere la grazia di cui ho parlato, vale a dire da quarant'anni a questa parte, può affermare di non aver mai avuto un sol giorno senza dolori e senza soffrire in diverse altre maniere, tanto per mancanza di salute corporale che per altri travagli molto gravi.

È vero che era stata molto cattiva, e perciò di fronte all'inferno che aveva meritato, stimava tutto poca cosa. Forse chi non ha tanto offeso il Signore sarà condotto per altre vie, ma io preferisco sempre quella della croce, se non altro per imitare nostro Signore Gesù Cristo. Lo farei anche se non vi fosse alcun altro vantaggio: a maggior ragione nel vederne un sì gran numero.

8 - Che dire poi delle pene interiori? Se si potessero ben descrivere, come parrebbero leggere le esteriori! Ma chi può descriverle nella maniera in cui si sentono?

Cominciano col tormento d'incontrarci con un confessore così pauroso e poco sperimentato che non trova nulla di sicuro. Vedendo cose straordinarie, teme di tutto, dubita di tutto e condanna tutto come opera del demonio o effetto di melanconia, specialmente se nell'anima così favorita viene a scorgere qualche imperfezione, quasi che le persone a cui Dio fa tali grazie, debbano essere angeli, cosa assolutamente impossibile finché siamo in questo corpo.

Ciò del resto non mi meraviglia. Ai nostri giorni la melanconia ha invaso il mondo: si è tanto diffusa, e il demonio se ne serve per tanti mali, che i confessori han ragione di temere e di guardarsene attentamente.

Ma la povera anima che, essendo agitata dai medesimi timori, ricorre al confessore come a un giudice e si vede da lui condannata, cade in preda ad angosce e a inquietudini così vive da non essere comprese se non da chi le ha provate.

Altro supplizio di tali anime - specialmente se sono state imperfette - è di pensare che Dio permetta tale inganno in castigo dei loro peccati. È vero che quando ricevono tali grazie ne sono affatto sicure, e nemmeno possono dubitare che non siano dallo spirito di Dio; ma siccome quei favori passano rapidamente, mentre il ricordo dei peccati persevera, il loro tormento non tarda molto a ricominciare, specialmente se vedono in sé dei difetti, che non mancano mai. Godono un po' di pace quando il confessore le rassicura; ma se egli le impaurisce, la loro pena diviene insopportabile, specialmente se sono in una di quelle aridità in cui pare che non si abbia mai avuto, né si avrà mai alcun pensiero di Dio, udendo parlare del quale sembra che si accenni a una persona che si è sentita nominare molto tempo addietro.

9 - Ma questo è ancora nulla. Guai se oltre a ciò l'anima si lascia vincere dal timore di non sapersi manifestare e di ingannare i confessori! Allora non le giova a nulla neppure se, esaminandosi attentamente, non scorge in sé nemmeno un primo moto che tenga loro nascosto. L'intelletto è così al buio che non è più capace di vedere la verità, crede a tutte le rappresentazioni della fantasia, che allora è padrona, e a tutte le insinuazioni del demonio a cui Dio deve certo permettere di porre l'anima alla prova, sino a farle intendere di essere da Lui rigettata.

Sono tanti gli assalti da cui è combattuta, ed ha un'angoscia interiore così tormentosa e intollerabile, che io non so ad altro paragonarla che alle pene dell'inferno. In tanta tempesta, ogni consolazione è proscritta; e se ne cerca qualcuna dal confessore, le vien da pensare che tutti i demoni si colleghino con lui per tormentarla di più.

Un confessore che dirigeva un'anima sottoposta a questo supplizio le aveva detto, dopo che la prova era passata, che quando vi andasse soggetta, glielo facesse sapere, perché quell'angoscia, risultando da tante cose, gli pareva molto pericolosa.

Ma siccome il male peggiorava dovette persuadersi che neppur lui vi poteva nulla. Se quell'anima prendeva un libro in volgare, le accadeva di non capirvi niente, come se non conoscesse neppur l'alfabeto, benché sapesse leggere benissimo: la sua intelligenza ne era affatto incapace.

10 - Per questa tempesta non vi è rimedio di sorta: bisogna aspettare la misericordia di Dio, il quale, con una sola parola o con qualunque fortuito avvenimento, toglie immediatamente ogni angoscia quando meno si pensa.

Allora l'anima si sente inondata di gioia, e così piena di sole da sembrarle di non essere mai stata fra le tenebre. È come un soldato uscito vittorioso da una tremenda battaglia, e ringrazia il Signore che ha combattuto per lei, ottenendole di vincere.

Da parte sua è persuasissima di non aver affatto combattuto, perché le armi con cui poteva difendersi le sembravano tutte fra le mani dei nemici. E così conosce la sua grande miseria e il poco che noi possiamo, quando Dio ci abbandona.

11 - Le pare che per intendere questa verità non abbia più bisogno di riflettere, perché l'esperienza avuta e la totale impotenza in cui si è trovata le hanno fatto conoscere il nulla del nostro essere e la bassezza della nostra miseria.

Durante quella tempesta non ha offeso e non avrebbe offeso il Signore per alcuna cosa al mondo: perciò è in grazia, ma ella non lo sente. Anzi, le pare di non avere in sé neppure una scintilla di amor di Dio, né di averne mai avuto, sogno le buone opere compiute, e fantasia le grazie da Dio ricevute. Non vede altro che i suoi peccati, e questi con chiarezza.

12 - Oh, Gesù! ... Che spettacolo veder un'anima così abbandonata, a cui giovano a nulla tutte le consolazioni della terra! Sorelle, se vi succede di trovarvi in questo stato, non crediate che i ricchi e quelli che godono libertà siano in grado di aver rimedio più di voi. No, no.

A quel modo che tutti i piaceri del mondo, posti innanzi ai condannati a morte, non solo non li confortano, ma accrescono il loro tormento, così qui, perché si tratta di una pena che vien dall'alto e non può esser guarita da alcuna cosa al mondo. Dio vuole che conosciamo la sua sovranità e la nostra miseria, essendo ciò importantissimo per quello che ha da venire.

13 - Che deve fare la povera anima se quel suo stato si prolunga per vari giorni? Se prega, è come se non pregasse (in riguardo, dico, ad averne consolazione) perché non solo non penetra il senso della preghiera, ma non sa neppure cosa dice, nonostante preghi vocalmente.

Per l'orazione mentale, meno che meno: le sue potenze non vi sono disposte. Di maggiore pregiudizio le è pure la solitudine: e, ciò nonostante, non può soffrire la compagnia, né sentire alcuno che le parli senza sperimentarne un nuovo e particolare tormento.

E così, malgrado ogni suo sforzo in contrario, non può a meno di mostrare all'esterno una certa noia e malumore che è impossibile non vedere. Sa dire ciò che prova? No.

Si tratta di cose indicibili, di pene ed angustie spirituali che non si sanno nominare. Il miglior rimedio, non già per farle scomparire - che non ve n'è - ma solo per poterle alquanto sopportare, è di occuparsi in opere di carità o in altre cose esteriori, fiduciosi nella misericordia di Dio che non manca mai a chi in Lui confida. Sia Egli sempre benedetto! Amen.

14 - Quanto alle sofferenze esteriori causate dal demonio, non credo utile parlarne, perché devono essere molto rare e non tanto penose. Per quanto facciano, credo che i demoni non arrivino mai a inabilitare le potenze e a turbare l'anima nel modo che ho detto, rimane sempre la ragione per pensare che non possono andare più in là di quanto il Signore permette; e finché rimane la ragione, ogni pena è leggera di fronte a quello che ho detto.

15 - Parleremo di altre pene interiori trattando dei diversi modi di orazione e dei favori che Dio accorda in queste mansioni.

Molte di esse superano in intensità le precedenti, come appare dallo stato in cui lasciano il corpo. Tuttavia non meritano il nome di pene, e non è giusto che così si chiamino: sono elettissime grazie di Dio, riconosciute come tali anche dall'anima che le soffre, tanto da giudicarle superiori a ogni suo merito.

La più grande di queste pene sopraggiunge all'ingresso della settima mansione, ed è accompagnata da molte altre. Parlerò soltanto di alcune, perché di tutte è impossibile, come è impossibile dichiararne la natura.

Hanno un'origine molto più alta delle precedenti; e se di quelle che sono di ordine più basso io non ho saputo dire che questo, meno ancora ne saprò dire della altre. Si degni Iddio, per i meriti di suo Figlio, di prestarmi in tutto il suo aiuto! Amen.


Capitolo 2

Diversi modi con i quali Iddio eccita l'anima - Si tratta di favori molto grandi e preziosi, nei quali, a quanto sembra, non vi è nulla da temere

1 - Sembra che abbiamo dimenticato la nostra piccola colomba, ma non è così perché le prove di cui ho parlato sono appunto quelle che la impennano a un volo più alto. Cominciamo ora a vedere come lo Sposo si comporta con lei.

Prima di darsi a lei totalmente, la fa sospirare a lungo, usando certi mezzi molto delicati che la stessa anima non comprende, e che io non penso di saper spiegare se non per farmi intendere da chi ne ha l'esperienza. Si tratta di certi impulsi che procedono dal profondo dell'anima, così delicati e sottili da non aver paragoni neppure per darne un'idea.

2 - Differiscono molto da quei sentimenti che possiamo procurare da noi stessi, come pure da quei gusti spirituali di cui abbiamo parlato. Spesso, quando meno si pensa e neppure si è occupati di Dio, Sua Maestà scuote l'anima come per un colpo di tuono o a guisa di cometa che passi rapidamente.

Non si sente alcun rumore, ma l'anima intende che Dio l' ha chiamata, e lo intende così bene che alle volte, specialmente sul principio, trema ed esce in lamenti, benché nulla le dolga.

Sente di essere stata ferita, ma non sa da chi, né in che modo. Però riconosce che è una ferita preziosa e non vorrebbe guarirne.

Si lamenta con lo Sposo con esterne parole di amore, senza potersi frenare, perché conosce che Egli è presente e che ciò nonostante non vuol manifestarsi onde non lo goda. Intensissima è la pena che ne sente, ma deliziosa e soave: l'anima non potrebbe sottrarsene, neppure volendolo.

Del resto, non lo vorrebbe nemmeno, perché prova più gioia in questa pena che non nella deliziosa sospensione dell'orazione di quiete, priva di ogni pena.

3 - Sto struggendomi per darvi ad intendere in che consista questa operazione di amore, ma non so come fare. Dire che l'Amato dia chiaramente a conoscere di essere con l'anima, e che ciò nonostante chiami l'anima con un segno così evidente da escludere ogni dubbio, con un fischio così penetrante che essa ode e le è impossibile di non udire, sembra importare contraddizione.

Eppure, pare che lo Sposo, dalla settima mansione ove risiede, faccia sentire la sua voce senza dire parola, e che gli abitanti delle altre mansioni - sensi, immaginazione e potenze - non osino muoversi.

O mio potente Signore, come sono grandi i vostri segreti! Come diverse le cose dello spirito da quanto si può vedere e intendere quaggiù, dove non c'è nulla che possa lumeggiare un fenomeno come questo, che pure è tanto piccolo di fronte ai molti che Voi operate nelle anime!

4 - L'effetto che ne risulta è che l'anima si va struggendo in desideri, pur senza sapere cosa brami, perché vede d'avere Iddio con sé.

Voi mi direte: Ma se l'anima ha questa conoscenza, che altro desidera? Di che si affligge? Che cosa vuole di più?

Non lo so. Ma so che questa pena sembra compenetrarla intimamente, e che quando le vien tolta la saetta da cui è stata ferita, le pare, per il grande amore di cui arde, che con la saetta le strappino pure le viscere.

Ecco ciò che mi vien da pensare. Non potrebbe essere che dal fuoco dell'acceso braciere che è il mio Dio, si fosse spiccata una scintilla e fosse venuta a toccare l'anima facendole sentire l'ardore di quell'incendio? Non potrebbe essere che, essendo una scintilla molto deliziosa ma non tanto forte per consumarla, lasciasse l'anima in balìa della pena prodottale nel toccarla?

Ecco, a mio parere, il miglior paragone che ho potuto trovare.

Si tratta di un dolore delizioso che non è dolore e che non si fa sempre sentire nel medesimo grado. Alle volte dura a lungo e alle volte pochissimo, conforme piace al Signore comunicarlo, non essendo cosa che si possa ottenere con industria umana.

Anche se si prolunga per un buon tratto di tempo, non è mai costante, ma va e viene. Perciò l'anima non finisce mai di abbruciarsi. Anzi, quando sta per accendersi, la scintilla si spegne, ed ella rimane con il desiderio di tornare all'amoroso tormento di cui quella scintilla le è causa.

5 - Qui non si tratta né di un effetto della natura o della melanconia, né di un'illusione prodotta dal demonio o dall'immaginazione: lo si vede assai bene, e se ne può essere sicuri.

E' un movimento che proviene da dove abita Colui che è immutabile, e i cui effetti sono molto diversi da quelli delle altre devozioni, nelle quali il profondo assorbimento causato dal gusto spirituale può appunto ispirare qualche dubbio. Siccome i sensi e le potenze non sono sospesi, vanno considerando ciò che succede, ma senza mettervi ostacolo. Anzi, quanto a quella pena deliziosa, credo che non possano far nulla, né aumentarla né toglierla.

Chi ha ricevuto da Dio questa grazia - e se l' ha ricevuta lo vedrà benissimo leggendo questo scritto - lo ringrazi infinitamente e non abbia paura di essersi ingannato. Tema soltanto di mostrarsene ingrato, e faccia il possibile per meglio servire il Signore e perfezionare la propria vita.

Allora Iddio non cesserà di favorirlo e non si sa dove andrà a finire. Una certa persona che aveva ricevuto questa grazia l'aveva goduta per vario tempo, ne era talmente contenta che con essa si sarebbe ritenuta abbondantemente ripagata anche se avesse servito il Signore per molti anni in mezzo a grandi sofferenze. Sia Egli per sempre benedetto! Amen.

6 - Può essere che mi domandiate perché questo favore sia più sicuro degli altri. Ed eccone le ragioni. Primo, perché credo che il demonio non produca mai una pena così deliziosa come questa. Se può dar delizie e soavità che sembrano spirituali, non è però in suo potere unire alla sofferenza - e a tale sofferenza - tanta gioia e tranquillità di spirito.

La sua potenza non si esplica che al di fuori; e le sue pene, quando le produce, nonché essere deliziose e tranquille, sono torbide e inquiete.

Secondo, perché questo dolce uragano si scatena da una regione nella quale il demonio non può far nulla.

Terzo, per i grandi vantaggi che ne derivano all'anima, i più comuni dei quali sono, fra gli altri, la risoluzione di patire per Iddio, il desiderio di avere molte croci e una determinazione fermissima di fuggire le soddisfazioni e le conversazioni del mondo, e altre cose consimili.

7 - Che non sia effetto d'immaginazione, lo si prova con l'incapacità di riprodurlo, neppure volendolo. È così chiaro, che l'illusione ne è assolutamente impossibile: impossibile, dico, che ci sembri essere quando non è, o si possa solo dubitarne.

Anzi, se si rimane con dubbio - d'esserne o di non esserne stati favoriti - bisogna dire che non sono veri impeti, perché questi si fan sentire così bene, come alle orecchie del corpo una voce molto forte.

E nemmeno si può dubitare che provenga da melanconia, perché questa fabbrica le sue chimere nell'immaginazione, mentre la pena di cui parlo procede dall'interno dell'anima. Ben può essere che m'inganni ma fino a quando persone competenti non mi apporteranno altre ragioni, io sarò sempre di questo parere.

So di un'anima che temeva sempre di essere in inganno: eppure di questa orazione non poté mai dubitare.

8 - Il Signore ha pure altri mezzi per eccitare l'anima. Talvolta, ad esempio, mentre si prega vocalmente, senza alcun pensiero di cose interiori, par di sentire, tutto a un tratto, una certa soave infiammazione, simile a un profumo molto delizioso che ci investa d'improvviso, diffondendosi per tutti í sensi.

Non già che si senta profumo o altra cosa somigliante: se adopero questo paragone, è per far intendere che lo Sposo è presente e che muove l'anima a un dolcissimo desiderio di goderlo, per cui essa rimane disposta a grandi atti e a impiegarsi tutta nel lodarlo.

L'origine di questa grazia - che per l'anima è assai ordinaria - è la medesima della precedente. Tuttavia non vi è nulla che dia pena, neppure i desideri di vedere Iddio. Per alcune ragioni già dette, mi pare che non vi sia da temere nemmeno qui: ma bisogna ricevere questo favore con rendimento di grazie.

 

Capitolo 3

Ancora sul medesimo argomento e dice del modo con cui Dio parla alle anime: nel qual caso non bisogna condursi a seconda dei propri lumi - Alcuni segni per conoscere se vi sia o non vi sia illusione - Capitolo molto utile

1 - Ecco un altro modo con cui Dio suole eccitare le anime. Sembra una grazia superiore alle precedenti; ma siccome può andar soggetta a maggiori pericoli, ne voglio parlare un po' più a lungo.

Si tratta di certe parole che Egli dice all'anima e che possono essere di diverso genere. Alcune sembra che vengano dal di fuori, altre dall'intimo più segreto dell'anima, altre dalla sua parte superiore, ed altre dall'esterno, in modo da udirle con le orecchie del corpo e da sembrare che siano dette con voce articolata.

Qualche volta - spesso, anzi, - possono essere effetto di fantasia, specialmente in persone di debole immaginazione o melanconia: intendo di una melanconia notevole.

2 - Secondo me, di queste due classi di persone, non è il caso di occuparsi, neppure se dicono di vedere, sentire ed intendere; e guardarsi anche dall'inquietarle con dir loro che sono vittime del demonio, ma ascoltarle come persone inferme.

La Priora o il confessore, con cui esse si confidano, raccomandino loro di non annettervi importanza, perché nel servizio di Dio non è questo che vale, e che per tale via il demonio ne ha ingannati parecchi.

Tuttavia, per non affliggerle di più - che già lo sono per il loro umore - aggiungano che così non sarà di loro. Dicendo che si tratta di melanconia, non si finirebbe più: affermerebbero di vedere e di sentire anche con giuramento, perché a loro sembra proprio così.

3 - Bisogna dispensarle dall'orazione e far di tutto per indurle a non curarsi di quel che sentono, perché il demonio, anche se non nuoce a queste anime ammalate, può servirsi di esse per far del male alle altre. Ma si tratti di anime inferme o sane, in queste cose bisogna sempre diffidare, fino a quando non si abbia conosciuto da che spirito provengano.

Perciò da principio è sempre meglio opporsi: se sono cose di Dio, le prove non serviranno che a farle crescere e ingrandire di più. Tuttavia, bisogna guardarsi dall'inquietare e stringere troppo l'anima, perché qui essa non può far altro.

 

4 - Ritornando ora alle locuzioni interiori di cui ho parlato, in qualsiasi modo esse avvengano, possono procedere da Dio, dal demonio o dalla propria immaginazione. Voglio ora dire - se con l'aiuto di Dio vi riuscirò - quali siano i segni per riconoscere la loro origine e quando possono essere pericolose.

Molte sono le persone di orazione che ne vanno favorite, e io vi vorrei persuadere, sorelle, che non vi è alcun male, sia nel prestarvi che nel non prestarvi fede.

Quando riguardano soltanto voi, e sono parole di consolazione, oppure di avviso circa i vostri difetti, qualunque ne sia l'autore - siano pure effetto di fantasia - importa poco. Solo che non abbiate a credere - neppure se vengono da Dio - che per questo siate migliori delle altre.

Forse che Egli non ne ha dette molte anche ai farisei?... L'importante è di trarne profitto. Di quelle che non sono pienamente conformi alla sacra Scrittura, non fatene più conto che se le udiste dal demonio in persona.

Dobbiamo ritenerle per una tentazione contro la fede anche se sono frutto di nostra debole immaginazione, e resistere sino a farle cessare. E cesseranno sicuramente, perché non hanno forza.

5 - Per giudicare se tali parole vengano da Dio, non è buon criterio badare al modo con cui si sentono, se dall'esterno, dall'interno dell'anima o dalla sua parte superiore. Secondo me, i segni più sicuri sono i seguenti.

Il primo e più rassicurante è la sovrana potenza che quelle parole hanno in sé, perché sono insieme parole ed opere.

Mi spiego meglio. Un'anima si trova immersa in quelle pene ed inquietudini interiori di cui ho parlato, arida e con l'intelletto fra le tenebre; ma con una sola di quelle parole, come: Non affliggerti! ella si ritrova nella pace e nella tranquillità, immersa nella luce e affatto libera da quella afflizione da cui credeva di non poter essere alleviata neppure da tutto il mondo e da tutti i dotti insieme uniti, malgrado ogni loro sforzo nel suggerirle ragioni per calmarsi.

È forse afflitta e piena di paura perché il confessore o altre persone le hanno detto che si tratta del demonio; ma a questa sola parola: Sono io, non temere! si riacquieta completamente, rimane piena di consolazione, e le pare che più nessuno le possa far credere altra cosa.

Altre volte invece si trova gravemente preoccupata per alcuni affari importanti che non sa come andranno. Le vien detto di rassicurarsi perché tutto andrà bene, e ne esce più che certa, e pienamente tranquilla. E così si dica di molti altri casi.

6 - Il secondo segno è che l'anima rimane in una grande quiete, in un devoto e pacifico raccoglimento e in una disposizione che la porta a lodare Iddio.

Oh, Signore! ... Se ha tanta forza una parola trasmessa per un vostro paggio, - giacché in questa mansione, a quanto dicono, non siete Voi che parlate, ma un vostro angelo, - che cosa farete Voi quando l'anima vi sarà unita e Voi lo sarete con lei mediante l'amore?

7 - Il terzo segno è che queste parole non escono di mente neppure dopo moltissimo tempo. Alcune poi non si dimenticano mai, ciò che non avviene di quelle che si odono quaggiù; dico di quelle che udiamo dagli uomini, le quali, benché dette da persone gravi e sapienti, tuttavia non s'imprimono come queste, né come queste si credono nel caso che si riportino ad avvenimenti futuri.

Queste infatti lasciano con una certezza assoluta, per cui, anche se sul loro avveramento sorgono dei dubbi, e l'intelletto - trattandosi di cose che paiono impossibili - si rilasci alquanto e vacilli, l'anima perdura in tale sicurezza da non mai dubitarne, nonostante le sembri che tutto vada al contrarío di quanto abbia inteso.

Passeranno pure degli anni, ma ella non cesserà di pensare che Dio le avvererà, ricorrendo anche a dei mezzi che gli uomini nemmeno sospettano, come sempre avviene.

Non lascia però di soffrirne se all'avveramento si frappongono ostacoli. Anzi, siccome le furono rivolte molto tempo addietro, e non sente più gli effetti e la certezza di allora sulla loro origine, l'assalgono dei dubbi, e si domanda se non siano state dal demonio o dalla sua immaginazione.

Però, quando le intende, non solo non ha alcun dubbio, ma per attestarne la verità sarebbe pronta a morire.

Secondo me, queste incertezze devono provenire dal demonio che cerca di angustiare e intimorire l'anima soprattutto se dall'avveramento delle parole intese devono seguire immensi beni agli altri, o si tratta di opere di grande onore e servizio di Dio.

Se poi si frappongono difficoltà, oh, come se ne giova il maligno!

Se non altro per indebolire la fede. E non credere che Dio sia così potente da far cose superiori alla nostra intelligenza, è già un gran danno.

8 - Però, nonostante tutti questi assalti, nonostante che i confessori affermino che sono illusioni, nonostante che un gran numero d'incidenti diano a credere che l'avveramento sia impossibile, rimane sempre - non so dove - una così viva scintilla di certezza che la stessa anima non potrebbe spegnere neppure volendolo, neanche allora che tutte le altre speranze fossero già morte.

Finalmente la parola di Dio si avvera, e l'anima ne rimane così lieta da non voler altro che effondersi in continue lodi al Signore, a ciò mossa più dal vedere adempito quello che Egli le disse, che non dalla stessa opera, malgrado che per lei possa essere di grandissima importanza.

9 - Non so perché l'anima abbia tanto interesse che queste locuzioni si avverino. Non credo però che, mancandone l'avveramento, ella ne abbia tanta pena, perché dopo tutto, non fa che riferire quanto le vien detto.

In simili circostanze una persona si ricordava del profeta Giona quando temeva che Ninive non venisse distrutta. Del resto, siccome si tratta dello spirito di Dio, che è somma verità, è giusto che l'anima gli si mostri fedele, desiderando che non sia sorpreso in menzogna. Perciò grandissima è la sua gioia, quando dopo mille alternative e malgrado ogni difficoltà, assiste all'avveramento di ciò che ha inteso. Preferirebbe sopportare ogni travaglio piuttosto che non si adempissero le parole che indubbiamente ella crede di Dio.

Forse non tutte le anime avranno questa debolezza, se debolezza può chiamarsi. Per conto mio, non la ritengo cattiva, e non oso condannarla.

10 - Quando tali parole provengono dall'immaginazione non hanno alcuno di questi segni, non la certezza, non la pace, non il gaudio interiore, eccetto il caso che si sentano quando l'anima è profondamente assorta nell'orazione di quiete o nel sonno spirituale. So che la cosa è possibile, perché avvenuta a persona di mia conoscenza.

Vi sono anime di temperamento o d'immaginazione così ,deboli - o non so per che altra causa - che una volta immerse in questo profondo raccoglimento, rimangono talmente fuor di sé che dall'esterno non sentono più nulla: i sensi sono tutti assopiti, ed esse somigliano a uno addormentato, per non dire che alle volte dormano per davvero.

In questo stato s'immaginano, quasi sognando, che alcuno parli con loro; vedono delle cose e pensano che siano da Dio, benché in fine non rimangano che con gli effetti di un sogno.

Può anche avvenire ciò che alle volte accade veramente: cioè, che mentre pregano il Signore con grande devozione, sembri loro che Egli risponda in conformità dei desideri che hanno. Tuttavia, chi ha grande esperienza non potrà mai scambiare le parole di Dio con quelle dell'immaginazione.

11 - Il timore più grande è che siano dal demonio. Ma se hanno i segni che ho detto, si può essere sicuri che sono da Dio.

Tuttavia, benché sembri e si sia convinti che vengano da Lui, non bisogna mai esserne così persuasi da fare alcuna cosa - o anche solo pensarla - senza il consiglio di un confessore dotto, prudente e vero servo di Dio, specialmente se tali parole importino cose gravi da dirsi o da farsi, concernenti tanto la stessa anima che altre persone.

Questa è la volontà di Dio, e con questo si osserverà il suo comando, avendoci Egli detto di tenere il confessore il luogo suo. Ecco delle parole sulla cui provenienza non si può, dubitare, e che sono di grande incoraggiamento nelle difficoltà.

Il Signore assisterà il confessore e, volendolo, lo porterà a credere che si tratta del suo spirito. In caso contrario, non si sarà obbligate a nulla. Agire diversamente e condursi secondo il proprio parere mi sembra molto pericoloso. Perciò, sorelle, vi raccomando, da parte di nostro Signore, di non far mai così.

12 - Iddio parla anche in un altro modo, con una azione che mi pare molto evidente: cioè, come appresso dirò, per via di visione intellettuale.

Il fatto si svolge nel più intimo dell'anima: con l'udito dell'anima s'intende il Signore che pronuncia delle parole, ma in un modo così chiaro e segreto da non dovervi temere alcuna ingerenza diabolica, sia per la maniera con cui s'intende, come per gli effetti che ne vengono e che ci permettono di crederlo. Se non altro si ha la sicurezza che ciò non viene dall'immaginazione: sicurezza che con un po' di avvertenza si può sempre avere per le ragioni seguenti.

Primo, per la differenza che v'interviene in fatto di chiarezza, tanto che dalle parole di Dio non si può togliere una sillaba senza che ce n'accorgiamo, ricordandoci perfino se ci furono dette in questa o in quella maniera, benché nell'una e nell'altra si abbia sempre il medesimo senso; mentre le parole dell'immaginazione non sono né chiare, né distinte, ma come mezzo sognate.

13 - Secondo, perché spesso non vi si pensa neppure: vengono all'improvviso, anche in mezzo a una conversazione. Se qualche volta rispondono ai pensieri che passano allora per la mente, oppure a quelli che si ebbero prima, spesso riguardano avvenimenti non mai pensati, né creduti possibili. Perciò l'immaginazione non potrebbe fabbricarle, né ingannare l'anima col farle credere una cosa mai desiderata, voluta o conosciuta.

14 - Terzo, perché nelle locuzioni di Dio l'anima è come una persona che ode, mentre in quelle dell'immaginazione è come una che compone a poco a poco quel che desidera di udire.

15 - Quarto, perché le parole sono molto differenti: con una sola di Dio si comprendono più cose che non sappia comporne l'intelletto in così breve spazio di tempo.

16 - Quinto, perché spesso, mentre si percepiscono, si comprende assai di più di quello che esse significano, benché senza suoni e in un modo che io non so spiegare. Ma di questo modo d'intendere parlerò altrove più a lungo, perché si tratta di una cosa molto sorprendente che serve a far lodare il Signore.

Intorno a questi modi d'intendere, alcune persone hanno avuto dei dubbi, specialmente una che ne ha sofferto moltissimo, e come lei ve ne saranno altre che non finiranno mai di rassicurarsi.

Quella persona ne è stata favorita molte volte, per cui ha potuto esaminare la cosa con maggiore attenzione. Da principio il suo timore più grande era che si trattasse di una sua fantasia.

Se è il demonio che parla, lo si conosce più presto. È vero che le sue astuzie sono molte e che sa trasformarsi anche in angelo di luce; ma ciò soltanto nelle parole, pronunciandole così chiare come quelle dello spirito di verità senza lasciare alcun dubbio.

Tuttavia non potrà simularne gli effetti: non solo non lascerà nella tranquillità e nella luce, ma riempirà di confusione e d'inquietudine. Aggiungo però che se l'anima è umile e nonostante le parole che ode, non agirà che dopo aver preso consiglio, il demonio non le potrà fare gran danno: anzi, non gliene farà affatto.

17 - Se si tratta di grazie e di favori divini, l'anima consideri attentamente se per essi si ritenga migliore. Se non rimane tanto più confusa quanto più amorevoli sono le parole che intende, si persuada che non sono da Dio, essendo assolutamente sicuro che quando vengono da Lui, più il favore è grande e più l'anima si umilia, più ricorda i suoi peccati, più dimentica i suoi interessi, più si applica con memoria e volontà a procurare l'onore di Dio, trascura di più i suoi progressi e più si guarda dall'opporsi al suo volere, rimanendo maggiormente convinta di aver essa meritato, non già quelle grazie, ma l'inferno.

Se i doni e i favori dell'orazione producono questi effetti, l'anima deponga ogni dubbio e confidi nella misericordia di Dio che è fedele, e non permetterà mai al demonio d'ingannarla. Tuttavia, è bene andar sempre con timore.

18 - Chi non è condotto per questa strada, può forse pensare che, per liberarsi da ogni pericolo, sia meglio non ascoltare quanto vien detto; e se le locuzioni sono interiori, distrarsi in modo da non intenderle. Ma ciò è impossibile.

Prescindo dalle parole dell'immaginazione, alle quali ci si può opporre facilmente col non farne caso e col non nutrire desideri troppo forti. Ma quanto alle altre, non v'è rimedio che valga, perché lo spirito che parla arresta ogni pensiero e rende così attenti a quanto dice, da sembrare che sia meno impossibile a una persona di finissimo udito non intendere chi le parli molto forte.

Tuttavia questa persona può sempre divertire l'attenzione e fissare il pensiero e l'intelligenza in altre cose. Ma qui no, perché non vi sono orecchie da chiudere, né possibilità di pensare ad altro fuorché a quanto vien detto.

Può arrestare le nostre potenze e tutto il nostro interiore solo Colui che, pregato da Giosué, ha fermato il sole.

E da ciò l'anima comprende che un Signore assai grande governa il castello: cosa che la compenetra di devozione ed umiltà. No, non vi è alcun mezzo per evitare di ascoltarlo.

Si degni Sua Maestà di dirigere i nostri pensieri a non contentare che Lui, dimenticandoci di noi stessi! Amen!

Piaccia a Dio che mi sia spiegata nel modo che mi sono prefisso, e che sia di qualche utilità a coloro che avranno queste grazie!


Capitolo 4

Iddio sospende l'anima nell'orazione mediante i rapimenti, le estasi e i ratti: insieme di cose che credo formino un tutt'uno - Per ricevere da Dio grandi grazie occorre un coraggio particolare

1 - Che riposo può mai avere la povera farfalletta fra i travagli e le altre cose di cui ho parlato? Tutto contribuisce a farle desiderare il godimento dello Sposo.

Intanto, il Signore che conosce la sua debolezza, la va abilitando con questi e molti altri espedienti, affinché si animi ad unirsi a Lui, prendendolo per suo Sposo.

2 - Voi forse riderete nel sentirmi parlare in questo modo, e vi parrà di udire una sciocchezza, sembrandovi che per far questo non occorra aver del coraggio, poiché a nessuna donna, neppure della più bassa condizione, può mancar animo di sposarsi con un re.

Lo crederei anch'io se si trattasse di un re terreno; ma con il Re del cielo vi dico che ne occorre più di quanto ne pensiate, perché per favori così grandi la nostra natura è molto timida, e vile.

Se il Signore non c'infondesse coraggio, sono persuasa che sarebbe impossibile, nonostante i vantaggi che vi trovassimo.

Osservate ora in che modo il Signore viene a conchiudere questo fidanzamento: favorendo l'anima con dei rapimenti che la fanno uscire dai sensi.

Se l'anima conservasse l'uso dei sensi, credo che nel vedersi vicina a così grande Maestà non le sarebbe possibile rimanere in vita.

Sempre che si tratti di veri rapimenti, e non di certe debolezze a cui noi donne andiamo soggette, ritenendole per estasi e rapimenti. Come ho già detto, vi sono complessioni così deboli che sembrano morire con una semplice orazione di quiete.

Avendo trattato con molte persone spirituali, ho potuto conoscere varie specie di rapimenti, e ve ne voglio parlare. Non so se riuscirò a spiegarmi così bene come ho fatto in un altro scritto, dove ho parlato pure di altre cose che qui avvengono.

Credo per più ragioni che non sia fuor di luogo ripetermi anche qui, se non altro per unire insieme quanto concerne le mansioni.

3 - Una specie di rapimenti è questa. L'anima, pur non essendo in orazione, si sente toccata da una parola di Dio che le viene in mente o che ode. Sembra allora che il Signore, mosso a compassione per averla veduta languire tanto tempo nel desiderio di lui, avvivi nel suo interno la scintilla di cui ho detto e così l'anima, dopo essersi completamente bruciata, risorge a nuova vita a guisa di fenice, con il perdono di tutte le sue colpe, come piamente si può credere, sempre inteso che ne abbia le disposizioni e si serva dei mezzi che la Chiesa insegna.

Così purificata, il Signore la unisce a sé, senza che alcuno ne sappia il modo, eccetto loro due. Anzi, neppur l'anima lo sa.

Benché mantenga l'uso delle sue interne facoltà, non essendo qui come in uno stato di svenimento o parossismo nel quale non si ha percezione di sorta, né interna né esterna, tuttavia non sa dirne nulla.

4 - Per quanto io ne capisca, l'anima non è mai stata così sveglia per le cose di Dio, né con tanta luce e conoscenza di Sua Maestà come in questo caso. Sembrerà impossibile, perché se i sensi e le potenze si trovano così sospesi da dover dire che sono come morti, in che modo si può conoscere che l'anima comprende?

È un segreto che io non capisco, nascosto forse a qualsiasi creatura e noto solo al Creatore, non meno di molte altre cose che avvengono in questo stato, voglio dire in queste due ultime mansioni, le quali del resto, non ammettendo fra loro porta chiusa, si possono unire benissimo: se mi sembra bene dividerle è perché nell'ultima avvengono certi fenomeni che non si sanno conoscere se non entrandovi.

5 - Quando l'anima è in questa sospensione e il Signore crede opportuno di svelarle qualche suo segreto, come certe cose del cielo, o le accorda delle visioni immaginarie, ella lo sa dire benissimo, perché la sua memoria ne rimane così colpita da non potersene più dimenticare.

Ma non così nelle visioni intellettuali, non essendo conveniente che, viventi ancora di questa vita, se ne abbia tale conoscenza da saperne parlare. Tuttavia, siccome in quel tempo ne deve avere di assai sublimi, di molte di esse l'anima può dire qualche cosa dopo aver ripreso l'uso dei sensi.

Può darsi che alcuna non sappia ancora cosa sia visione, specialmente intellettuale. A suo tempo ne dirò qualche cosa, avendomelo comandato chi ne ha il diritto.

Benché vi sembri fuori di luogo, forse per qualche anima può essere utile.

6 - Ma voi mi direte: Se di queste grazie così sublimi non rimane alcun ricordo, che utilità ne ha l'anima nell'esserne favorita?

Ah, figliuole! Ne ha vantaggi così grandi da non saperli abbastanza magnificare. Si tratta di beni che rimangono impressi nella parte più intima dell'anima: non si sanno esprimere, ma non si sanno nemmeno dimenticare.

Ma come ricordarli se non sono accompagnati da alcuna immagine, e le potenze non li intendono? Non lo so. Tuttavia, so che certe verità riguardanti la grandezza di Dio rimangono nell'anima così scolpite, che quand'anche non vi fosse la fede a dirle chi Egli sia, e a imporle di riconoscerlo per suo Dio, l'adorerebbe come tale fin da quel momento, come fece Giacobbe dopo aver veduto la scala.

In quella visione egli dovette intendere molti altri segreti che poi non seppe manifestare, perché se avesse visto soltanto una scala sulla quale scendevano e salivano gli Angeli, e non avesse avuto una maggiore luce interiore, non avrebbe certo inteso così grandi misteri.

Non so se in quello che dico do nel segno: l'ho udito raccontare e nemmeno so se mi ricordo bene.

7 - Neppur Mosé seppe dire tutto quello che vide nel roveto: disse soltanto quello che Dio gli permise. Certo che se il Signore non gli avesse mostrato dei segreti, e con tale certezza da fargli credere e vedere che Egli era Dio, mai Mosè si sarebbe gettato in tanti e così gravi travagli.

Sotto le spine del roveto dovette intendere grandi cose che gli dettero coraggio per tutto quello che poi fece in favore del popolo d'Israele. Perciò, sorelle, dobbiamo guardarci dal voler intendere le cose occulte di Dio e dai cercarne le ragioni.

Come crediamo che Egli è onnipotente, dobbiamo pur credere che vermiciattóli di così poca capacità come noi non possono comprendere le sue grandezze. Lodiamolo molto, affinché si compiaccia di farcene intendere qualcuna.

8 - Vorrei trovare qualche paragone per lumeggiare alquanto quel che dico. Ma credo che non ve ne siano di adatti. Tuttavia, eccone uno.

Voi entrate in una di quelle sale che hanno i re o i gran signori, e che credo si chiamino camerini, dove si conservano innumerevoli cristalli di vario genere, terrecotte e molti altri oggetti, disposti in tal modo che, appena entrati, si vedano subito.

Fui introdotta in una di queste sale in casa della duchessa d'Alba, presso la quale i Superiori mi avevano comandato di fermarmi durante un mio viaggio dietro istanza della medesima.

Appena entrata, rimasi molto sorpresa, e domandandomi a che fosse utile quell'ammasso di cose, vidi che tanta diversità di oggetti poteva servire per lodare il Signore.

Ma ora sono molto contenta di potermene giovare nella presente circostanza. Mi sono trattenuta là dentro per un bel pezzo, ma vi era tanto da vedere che dimenticai subito ogni cosa: non mi rimase memoria di alcun oggetto, come se non li avessi visti, per cui non saprei dire come fossero. Mi ricordo soltanto di averli veduti.

Così qui. L'anima è divenuta una cosa sola con Dio, e si trova nella stanza del cielo empireo che dobbiamo avere nel nostro interno, perché se Dio risiede in noi, è chiaro che di queste mansioni ne abbiamo almeno qualcuna.

Ora, se il Signore non svela all'anima i suoi segreti tutte le volte che essa è in estasi, bastandole soltanto il gran bene di rimanere assorta nel godimento di Lui, talvolta però si compiace sospenderle quel godimento affinché dia una rapida occhiata a quanto vi è nella stanza. E allora ella ritornando in sé, riporta l'impressione delle grandezze vedute, senza che tuttavia ne sappia dire qualche cosa, e senza che la sua natura possa arrivare più in là di quanto il Signore le ha voluto soprannaturalmente far vedere.

9 - Ho detto vedere: dunque, è visione immaginaria? No, io non parlo che di visioni intellettuali, ma siccome sono ignorante, la mia rozzezza non si sa meglio spiegare.

Perciò, se di questa orazione ho detto qualche cosa che va bene, è chiaro che non è venuto da me.

Se in questi rapimenti l'anima non intende alcun segreto, ritengo che non si tratti di veri rapimenti, ma di certe debolezze naturali che sogliono venire alle persone di gracile complessione, come sono le donne, le quali, appena lo spirito supera con un po' di forza il naturale, rimangono così assorte, come mi sembra di aver detto parlando dell'orazione di quiete.

Questi fenomeni non hanno a che fare con i rapimenti, perché in questi, credetemi, Dio rapisce a sé tutta l'anima e le mostra una qualche piccola porzione del regno che le ha acquistato, come a sua sposa e proprietà.

La quale porzione, per piccola che sia, è sempre immensa, come tutto quello che vi è in un Dio così grande. Egli intanto non vuol disturbo di cosa alcuna, non dalle potenze, né dai sensi.

Perciò, ordina che si chiudano le porte di tutte le mansioni, lasciando aperta soltanto quella in cui Egli abita, acciocché l'anima vi possa entrare.

Sia benedetta una così grande misericordia! Con quanta ragione sarà maledetto chi non vorrà giovarsene, perdendo Dio per sempre!

10 - Ah, è un nulla, sorelle, quello che abbiam lasciato! È un nulla quello che facciamo o possiamo fare per un Dio che così si comunica con un verme!

E se un tanto bene possiamo sperarlo fin da questa vita, che facciamo, sorelle, in che ci fermiamo? Che cos'è che ci distrae dal cercare questo Signore, come la sposa per le vie e per le piazze?

Ah, che tutto è illusione nel mondo se non ci aiuta a fare questo! Anche se i suoi piaceri, ricchezze e godimenti durassero per sempre, e fossero tanto numerosi da superare ogni immaginazione, non sarebbero che sterco è schifezza, paragonati ai tesori che si hanno a godere senza fine.

Eppure, nemmeno questi possono reggere al paragone di possedere il Signore di tutti i tesori, del cielo e della terra.

11 - Oh, cecità umana! E. fino a quando, fino a quando terremo gli occhi impiastricciati di terra? Benché fra noi la terra non sembri tale da accecarci del tutto, scorgo però delle pagliuzze e delle piccole pietre che, lasciate aumentare, ci possono essere di danno.

Per amor di Dio, sorelle, serviamoci di questi difetti almeno per approfondire la nostra miseria ed averne miglior vista, come dal fango il cieco nato, guarito dal nostro Sposo.

Vedendoci tanto imperfette, intensifichiamo la preghiera per ottenere che dalle nostre miserie il Signore abbia a ricavare del bene, onde contentarlo in ogni cosa.

12 - Come mi sono dilungata senza accorgermi!... Perdonatemi, sorelle! Giunta a queste grandezze di Dio - intendo dire a parlare di esse - non posso lasciare di lamentarmi nel vedere il bene che per nostra colpa perdiamo.

È vero che Dio l'accorda a chi vuole; ma se noi l'amassimo come Egli ci ama, lo darebbe anche a noi, perché non desidera che di trovar anime a cui dare, senza che le sue ricchezze abbiano per questo a diminuire.

13 - Ritornando ora a quello che dicevo, lo Sposo comanda di chiudere le porte delle mansioni, nonché quelle del castello e del muro di cinta. Infatti, quando il rapimento comincia, cessa il respiro e manca la forza di parlare, nonostante che gli altri sensi si conservino alle volte un po' di più.

Talvolta invece si perde subito ogni senso: il corpo e le mani si raffreddano sino a sembrare di non avere più anima, tanto che alle volte non si sa nemmeno se si respiri.

Ma ciò non dura molto - intendo dire nel medesimo grado - perché, scemando un poco questa grande sospensione, il corpo ritorna alquanto in se stesso e si rianima, ma per tornare a morire e a dar maggior vita all'anima. Però questa estasi così grande non dura molto.

14 - Tuttavia, accade che, finita l'estasi, la volontà rimanga così assorta e l'intelletto tanto astratto da durare in questo stato uno o più giorni senz'essere capaci, a quanto sembra, d'occuparci in altre cose che non muovano la volontà ad amare: per la qual cosa essa è molto sveglia, mentre è intorpidita quanto a determinarsi verso oggetti creati.

15 - Oh, la confusione che prova l'anima nel ritornare in se stessa! Quali ardenti desideri d'impiegarsi nel servizio di Dio in qualunque modo Egli lo desideri! Se dalle precedenti orazioni derivano gli effetti che ho descritto quali ne verranno da una così sublime, come questa?

Si vorrebbero avere mille vite per impiegarle tutte per Iddio, e si desidera che tutte le cose della terra siano altrettante lingue che lo lodino in nome nostro. Vivissimi i desideri di penitenza, benché nell'effettuarli non si soffra molto, per la gran forza dell'amore che impedisce di sentire ciò che si fa.

Perciò l'anima, pensando ai martiri, vede chiaramente che nel sopportare i loro tormenti essi non hanno fatto poi molto, perché con un tal aiuto di Dio diviene facile ogni cosa. E così queste anime si lamentano con Dio quando non hanno nulla da soffrire.

16 - L'anima stima assai di più questa grazia quando la riceve in segreto, perché quando ne è favorita in presenza di qualcuno, la confusione e la gran vergogna che ne sente le fan quasi dimenticare quello che ha goduto, per la pena e l'inquietudine di quello che dirà chi l'ha vista.

Conoscendo la malizia del mondo, teme che quell'effetto venga attribuito a tutt'altra causa, e che si prenda per una occasione di giudizi temerari ciò che dovrebbe servire per lodare il Signore.

Però, questi sentimenti di pena e di vergogna mi pare che denotino una certa mancanza di umiltà. È vero che l'anima non può impedirseli, ma se brama di essere disprezzata, che gliene importa?

Disse il Signore a una persona che soffriva di queste pene: Non affliggerti, perché o daranno lode al mio nome o mormoreranno di te, e in ambedue le cose tu avrai da guadagnare.

E queste parole, come poi seppi, la consolarono e la incoraggiarono molto, per cui ho voluto scriverle qui, a istruzione di coloro che si troveranno nelle sue medesime afflizioni.

Sembra che il Signore voglia far intendere che quell'anima è sua, e che nessuno la deve toccare. Che si attenti al suo corpo, al suo onore, ai suoi beni, ciò sia alla buon'ora, ne verrà gloria al Signore; ma all'anima no. Egli la difenderà contro tutto il mondo e contro tutto l'inferno, sempre inteso che ella non sia così sfacciata da volerlo abbandonare.

17 - Non so se sono riuscita a far un po' comprendere che cosa sia il rapimento, dato che a spiegarlo del tutto è impossibile. Però nel parlarne non si è perduto nulla: si saprà distinguere i veri dai finti, i cui effetti sono molto diversi.

Li chiamo finti non già perché l'anima che ne va soggetta voglia ingannare, ma perché ne rimane ingannata. E siccome i segni e gli effetti non corrispondono alla grandezza del favore, ne resta così infamata che poi non si crede più, e a ragione, neppure a quelle che così il Signore favorisce.

Sia Egli per sempre benedetto e ringraziato! Amen. Amen.

Capitolo 5

Prosegue sul medesimo argomento, e dice che Ilio eleva l'anima anche in altro modo, mediante il volo di spirito - Motivi per i quali occorre aver coraggio - Spiega qualche cosa di quest'altra grazia, esprimendosi in modo piacevole - Capitolo assai utile

1 - Ecco un'altra specie di rapimento che io chiamo volo di spirito: sostanzialmente è un tutt'uno, ma agisce sull'anima in modo assai diverso.

Si sente un movimento di anima così impetuoso da sembrare che lo spirito ci venga rapito, e ciò con tale velocità e così d'improvviso da sentirne, specialmente da principio, non poca paura. Per questo vi ho detto che chi riceve queste grazie ha bisogno non solo di gran coraggio, ma di fede, di fiducia e di pieno abbandono a quello che il Signore vorrà da lui.

Credete che sia di poco sgomento per una persona pienamente in se stessa, sentirsi portar via l'anima, e alle volte anche il corpo, come di alcuni abbiam letto, senza sapere chi li porti, dove e come li porti, giacché quando questo improvviso movimento comincia, non si è ancora sicuri che sia da Dio?

2 - Vi è forse qualche mezzo per resistere? No. Anzi, so da una persona che a voler resistere è peggio.

Siccome l'anima si è rimessa tante volte e tanto sinceramente nelle mani di Dio offrendosi a Lui con risoluta volontà, sembra che Dio le voglia far vedere che ormai non è più padrona di sé, e la rapisce con movimento evidente e impetuoso.

Perciò quella persona aveva stabilito d'imitare la pagliuzza attratta dall'ambra, come forse avrete visto, e abbandonarsi nelle mani di Colui che è tanto potente, vedendo anch'ella che allora il partito più saggio è fare di necessità virtù. Ho detto una paglia, ed è così. Con la stessa facilità con cui un gigante solleva una paglia, il nostro grande e valoroso Gigante rapisce lo spirito.

3 - Il bacino di quella fontana di cui abbiamo parlato - non ricordo bene se nelle Quarte Mansioni - prima si riempiva con soavità e piacevolezza, senza alcun movimento. Ora invece quel gran Dio che ritiene le sorgenti delle acque e non permette al mare di oltrepassare i suoi confini, sembra che ne dischiuda le vene alimentatrici, per cui un'onda potente si solleva con impeto e porta in alto la navicella dell'anima.

E a quel modo che tutti gli sforzi del pilota e di coloro che governano la nave non possono fare che questa si fermi dove vogliono quando le onde la investono con furia, così non può fermarsi dove vuole l'interiore dell'anima, né fare che i sensi e le potenze si sottraggano all'impulso di chi li muove. Del corpo, non se ne fa alcun caso.

4 - Vi confesso, sorelle, che scrivendo queste cose mi sento tutta trasecolare per l'eccelsa potenza che il nostro gran Re e Imperatore mi manifesta. E che sarà per chi ne farà l'esperienza?

Se, come si svela a queste anime, Egli si svelasse ai più perversi del mondo, sono convinta che più nessuno l'offenderebbe, non per amore, per il gran terrore che se n'avrebbe.

Assai ben gravi son quindi gli obblighi di coloro che per vie così sublimi sono stati istruiti a far di tutto per non offendere Iddio!

Voi, sorelle, che ricevete queste o altre simili grazie, vi scongiuro, per amor di Dio, di non mai trascurarvi, badando di non contentarvi soltanto di ricevere. Ricordatevi che chi molto riceve, molto pure ha da rendere.

5 - È questa una verità che dà vive apprensioni, ed occorre che l'anima si armi di gran coraggio. Ma se non è Dio che glielo dà, essa va innanzi con timore, perché, dopo aver considerato ciò che Dio le concede, porta il pensiero su se stessa e vede che di fronte al molto a cui è obbligata, lo serve troppo poco, e anche in quel poco con mancanze, imperfezioni e tiepidezze senza numero.

Se fa qualche opera buona, preferisce e si studia di dimenticarla immediatamente, per non ricordare i difetti con cui l'ha compiuta. Non fa che pensare ai suoi peccati, e siccome non ha con che riparare, si rimette alla misericordia di Dio, supplicandolo per quella bontà e clemenza che Egli ebbe con i peccatori.

6 - Allora Sua Maestà le potrebbe rispondere come a una certa persona, la quale afflitta per questo stesso motivo, considerava innanzi a un crocifisso di non aver mai avuto di che dare, né di che lasciare per Iddio.

Quel crocifisso la consolò, dicendole che Egli le offriva í dolori e i travagli della sua passione, affinché li considerasse come propri e li presentasse a suo Padre.

Ed ella rimase così ricca e così piena di gioia da non dimenticarsene mai più. Ogni qualvolta avvertiva il peso della sua miseria, bastava che se ne ricordasse per subito rianimarsi ed uscirne consolata.

Di queste cose potrei raccontarne varie altre, perché, avendo trattato con molte persone sante e di orazione, ne conosco parecchie; ma non lo faccio affinché non crediate che si tratti di me.

Il fatto riportato mi è parso assai utile per farvi intendere quanto il Signore si compiaccia che noi ci sforziamo di conoscerci, procurando continuamente di mirare e rimirare la nostra miseria e povertà, persuase di non aver nulla che non ci venga da Lui.

Perciò occorre aver coraggio, sia per questo che per le molte altre cose che si presentano quando Dio tiene l'anima in questo stato. Anzi, se vi è umiltà, occorre più coraggio in questo stato che non negli altri. Il Signore ci soccorra per Quegli che è!...

7 - Ritorno a quell'improvvisa elevazione di spirito di cui ho parlato. Avviene in tal modo da far credere che veramente lo spirito si stia separando dal corpo. Benché la persona non muoia, ha però dei momenti in cui ella non sa dire se l'anima si trovi o non si trovi nel corpo.

Si crede trasportata per intero in una regione molto diversa dalla nostra, dove in una luce che non ha paragone con la nostra, le vengono mostrate cose così grandi che da sé non potrebbe immaginare, neppure lavorandovi intorno per tutta la vita.

Perciò avviene che in un solo istante le siano spiegati un'infinità di segreti, dei quali ella non giungerebbe a conoscere la millesima parte, neppure se per ordinarli vi si affaticasse molti anni con l'immaginazione e l'intelletto.

Questa è visione immaginaria, non intellettuale. Con gli occhi dell'anima vi si vede molto meglio che non qui con quelli del corpo, come pure s'intendono varie cose senza l'aiuto delle parole: voglio dire che se si vedono alcuni santi, si riconoscono così bene come se si fossero spesso frequentati.

8 - Alle volte, unitamente alle cose che si vedono con gli occhi dell'anima, se ne presentano altre in visione intellettuale, specialmente angeli in gran numero che accompagnano il loro Dio. Queste e molte altre meraviglie che non è possibile manifestare si presentano per via di una cognizione ammirabile che io non so dichiarare e nella quale non si vede nulla, né con gli occhi del corpo, né con quelli dell'anima. Saprà meglio spiegarsi chi avrà maggiore esperienza e abilità, benché mi sembri assai difficile.

Non so se mentre avvengono queste cose l'anima sia o non sia nel corpo. Non affermerei con giuramento né che l'anima sia nel corpo, né che il corpo sia privo di anima.

9 - Ecco il pensiero che mi è venuto varie volte. Come il sole ha tanta forza da mandare in un istante i suoi raggi sulla terra senza muoversi dal cielo dove si trova, così l'anima - la quale è un tutt'uno con lo spirito, come il sole con i suoi raggi - può essere che per la forza del calore che le viene dal vero Sole di Giustizia si elevi sopra se stessa mediante una qualche sua parte superiore senza abbandonare il suo posto.

Ma io non so quel che dico. La verità è che con la prestezza con cui la palla esce dall'archibugio quando gli è dato fuoco, si leva nell'interno una specie di volo - non so che altra parola adoperare - il quale, benché senza rumore, ha tuttavia, un movimento così evidente che l'illusione non è possibile.

Mentre l'anima è fuori di sé, le vengono mostrate grandi cose, e quando ritorna in sé si ritrova con grandissimi vantaggi. Le cose della terra le appaiono così spregevoli che, di fronte a quelle vedute, le sembrano immondezze.

D'allora in poi non vive quaggiù che con pena, non essendovi nulla che la possa ancora interessare di ciò che prima le soleva essere attraente. Sembra che il Signore le abbia mostrato qualche cosa di quanto valga il paese che l'attende - come coloro che mostrarono i segni della terra promessa nella quale si erano recati per incarico del popolo d'Israele - acciocché, conoscendo in che luogo deve andare a riposarsi, sopporti più tranquillamente le fatiche di questo aspro cammino.

Vi sembrerà che una grazia così istantanea non debba essere di tanti vantaggi; ma ne lascia nell'anima di così grandi, da non poter essere apprezzati se non da coloro che ne sono favoriti.

10 - Da ciò si vede che non è opera del demonio, e meno ancora dell'immaginazione. Effetti così sublimi non possono essere del demonio. No.

La pace, il conforto e il profitto di cui l'anima si sente in possesso non possono venire da lui. E meno ancora queste tre cose che si sentono in grado molto alto: la prima, il conoscimento e la grandezza di Dio, perché, più son le cose che di Lui si vedono, più Egli ci appare magnifico; la seconda, l'umiltà e il conoscimento di noi stessi, nel pensare che un essere così vile abbia osato offendere il Creatore di tante meraviglie e osi ancora guardarlo; la terza, il disprezzo di tutte le cose della terra, eccetto di quelle che siano di aiuto nel servizio di così grande Signore.

11 - Queste le gioie che lo Sposo comincia a regalare alla sposa: gioie di tanto valore che da lei non potranno mai essere sciupate, perché quello che ha veduto le rimane così impresso da esserle impossibile di dimenticarsene fino a quando non ne godrà eternamente. Lei sventurata se dovesse perderle!

Ma lo Sposo che l'ha così favorita può anche concederle di non perderle mai.

12 - Tornando al coraggio che bisogna avere, vi par forse da nulla accorgersi di perdere l'uso dei sensi senza saperne il motivo, sino a sembrare che l'anima si separi realmente dal corpo?

Ma ci vuole il coraggio che può dar solo Colui che dà tutto il resto. Però, voi mi farete osservare che quella paura rimane ben ripagata. È quello che dico anch'io.

Lodi senza fine a Colui che può fare questi doni! E piaccia a Dio che meritiamo di servirlo! Amen.

Capitolo 6

Espone un effetto dell'orazione precedente, e dice in che modo si può conoscere se sia vera o se si tratti d'inganno - Altra grazia che Dio accorda alle anime per impiegarle nelle sue lodi

1 - Con queste grazie così elevate l'anima desidera sì al vivo di godere in pieno Chi gliele fa, che vivere per lei diviene un grande, benché delizioso tormento.

Sospira ardentemente di morire, e con lacrime incessanti supplica il Signore di toglierla da questo esilio, dove tutto l'annoia. Ha un po' di sollievo nel ritirarsi in solitudine, ma la pena non tarda molto a tornare e l'accompagna dovunque, per cui la farfalletta non sa trovar riposo che duri.

Siccome è ripiena d'amore, basta la minima occasione che stimoli il suo fuoco per farle prendere il volo. E ciò spiega perché in questa mansione i rapimenti sono molto frequenti, senza che vi sia modo di evitarli, neppure quando vengono in pubblico. Di qui le persecuzioni e le mormorazioni. E benché l'anima non voglia temere, pure alle volte non può, per il gran numero di coloro che cercano di spaventarla, specialmente confessori.

2 - Mentre da una parte sembra che sia molto sicura, specialmente quando sta sola con Dio, dall'altra non lascia di essere in angustia per la paura che il demonio l'inganni sino a farle offendere il suo Amore. Le chiacchiere della gente non la preoccupano che di poco, a meno che non sia sgridata dal confessore come se ella possa in ciò qualche cosa. Non fa che domandare a tutti preghiere, e supplica incessantemente il Signore di condurla per altra via.

Le hanno detto di far così perché quella è assai pericolosa.

Ma siccome su quella via ha sperimentato molti e grandissimi vantaggi, e non può impedirsi di pensare - secondo quello che legge e sa - che, importando essa l'osservanza dei comandamenti di Dio, è diretta verso il cielo, non le riesce di desiderarne l'uscita, malgrado ogni sua buona volontà, e si rimette nelle mani del Signore.

Causa di pena è pure questa sua impotenza, perché le sembra di non obbedire al confessore, mentre nell'obbedienza e nella premura di non offendere Iddio vede l'unico mezzo per non cadere in inganno. Tuttavia, non commetterebbe un peccato veniale avvertito neppure se la facessero in brani.

Così almeno le sembra e si affligge grandemente nel vedere di non potersi difendere dal commetterne molti senza accorgersi.

3 - Il Signore ispira a quest'anima un così vivo desiderio di non offenderlo, neppure nelle più piccole cose, e di evitare, potendolo, qualunque minima imperfezione, che per questo solo motivo, se altri non ve ne fossero, vorrebbe fuggire gli uomini, e invidia grandemente coloro che vivono e son vissuti nei deserti.

Nel contempo vorrebbe anche cacciarsi in mezzo al mondo, per fare che anche un'anima sola lodasse Iddio di più. Si duole, se è donna, che il suo sesso le sia in ciò d'impedimento, e invidia coloro che possono alzare la voce per dire a tutti chi sia questo gran Dio degli eserciti.

4 - Oh, povera farfalletta, legata con tante catene che non ti permettono di volare come vuoi! Abbiate pietà di lei, o mio Dio, e fate che ella possa soddisfare, almeno in parte, a quanto desidera in vostra gloria ed onore.

Non guardate alla pochezza dei suoi meriti, né alla miseria della sua natura! Non foste Voi sì potente da ordinare al vasto mare di dividersi e al gran Giordano di trattenere le sue acque per lasciar libero il passo ai figliuoli di Israele?

Ma perché avere compassione di lei? Non può ella forse, sostenuta dalla vostra fortezza, soffrir travagli in gran numero? Orbene, poiché ella è a ciò disposta, e tali sono le sue brame, stendete, Signore, il vostro braccio potente, e non trascorra ella la sua vita in mezzo a cose tanto basse.

Risplenda la vostra grandezza in un essere così femminile e dappoco, affinché il mondo, conoscendo che ella da sé non può far nulla, innalzi a Voi le sue lodi. Qualunque cosa le costi, ella non vuole che questo, pronta a dar pure mille vite, se tante ne avesse, pur di ottenere che un'anima sola vi lodasse di più.

Sì, e le riterrebbe per assai bene impiegate. Ma vedendo di non essere degna neppure di patire per Voi la più piccola pena, teme che meno lo sia per la morte.

5 - Non so a che proposito, né per qual motivo ho detto questo: l'ho fatto senza accorgermi. Comunque, questi son gli effetti di quelle estasi e sospensioni, né si può dubitarne.

Non sono desideri passeggeri ma duraturi, e che al presentarsi di una occasione che li metta alla prova, non si dimostrano finti.

Perché dire che sono duraturi, quando l'anima si sente alle volte così codarda e timorosa da sembrarle di non aver animo per nulla, neppure per le cose più lievi?

Se il Signore l'abbandona alla sua natura, dev'essere, secondo me, per un suo maggior bene.

Allora ella conosce che se ebbe coraggio per qualche cosa, questo non le venne che da Dio e lo vede così chiaro da rimanerne annientata, con un conoscimento maggiore della misericordia e della grandezza di Colui che ha voluto manifestare la sua potenza in una creatura tanto vile. Nondimeno, lo stato ordinario dell'anima è quello che abbiamo detto.

6 - In questi grandi desideri di vedere Iddio, occorre che avvertiate una cosa: cioè, che essi alle volte si fanno molto violenti, e allora invece d'aiutarli bisogna reprimerli.

Ciò dico qualora lo possiate, perché in certi casi, di cui parlerò più avanti, non lo si può assolutamente, come voi stesse vedrete. Ma qui qualche volta lo si può, perché la ragione si mantiene in efficienza e può conformarsi alla volontà di Dio, ripetendo le parole di S. Martino?

Bisogna divertire l'attenzione, soprattutto se sono di grande struggimento, perché essendo retaggio di anime molto perfette, può darsi che ci siano suscitati dal demonio per farci credere di esser pur noi di quel numero, mentre è bene andar sempre innanzi con timore. Tuttavia non credo che il maligno possa produrre la pace e il riposo generato nell'anima da questa pena, ma soltanto un movimento di passione, uguale a quello che si sente quando si è afflitti per qualche cosa del mondo.

Chi non ha provato gli uni e gli altri non saprà forse distinguerli, e pensando che quei desideri siano qualche cosa di grande, farà il possibile per aiutarli, con grave pregiudizio della sua salute, perché la pena ne è continua, o almeno molto frequente.

7 - Talvolta questa pena può essere prodotta da debolezza di complessione, specialmente in certe persone sensibili che piangono per ogni cosa, le quali poi si danno mille volte a credere di piangere per Iddio, mentre non è vero.

Quando, per un dato tempo, alla minima parola che si oda di Dio e al più piccolo pensiero di Lui si prorompe in grandi lacrime senza sapersi contenere, può essere che ciò accada per certi umori accumulati intorno al cuore che aiutino più dell'amore di Dio, sino a sembrare di non poter più finire di piangere.

E quelle persone, avendo inteso che le lacrime sono buone, non solo non cercano di reprimerle, ma fanno di tutto per assecondarle, non desiderando altra cosa. Con ciò il demonio si prefigge d'indebolirle affinché si rendano incapaci di fare orazione e di osservare la Regola.

8 - Dato che trovo pericoli dovunque e che vi può essere inganno anche in una cosa tanto eccellente come nelle lacrime, mi sembra che mi vogliate chiedere che cosa si debba fare, o se piuttosto l'ingannata non sia io.

Potrei anche esserlo. Però, sappiate, che se parlo cosa, è perché ho veduto che in alcune persone questo inganno è possibile. Non in me certamente, perché io, non solo non sono tenera di cuore, ma ho un cuore così duro che alle volte ne ho pena.

Tuttavia, quando il fuoco interno è violento, il cuore, benché duro, distilla come un lambicco. Se le lacrime vengono da questa fonte, non potrete non accorgervene, perché in luogo di turbare, confortano, lasciano nella pace, e rare volte fan male.

Del resto, anche se è un'illusione, vi è sempre questo di buono, che il danno è solo per il corpo, non per l'anima, sempre inteso che si abbia umiltà.

Non è male però, quand'anche non vi sia alcun danno, star sempre con timore.

9 - Non dobbiamo pensare di aver fatto tutto perché versiamo molte lacrime. Piuttosto, mettiamo mano a molte opere e a praticare la virtù: queste son le cose che più convengono al caso nostro.

Vengano anche lacrime quando Iddio ce ne favorisca; ma non si faccia nulla per procurarle. Anzi, meno ce ne cureremo, meglio inaffieremo la nostra arida terra, aiutandola più efficacemente a dar frutti con l'acqua che viene dal cielo, paragonata alla quale non ha proprio a che fare quella che troviamo noi a forza di scavare.

Anzi, scaveremo, ci stancheremo, e spesso non troveremo, non dico una sorgente, ma neanche una pozza. Perciò, sorelle, ritengo più utile che ci mettiamo innanzi a Dio, considerando da una parte la sua misericordia e grandezza, e dall'altra la nostra grande miseria.

Egli sa quello che più ci conviene, ed Egli ci dia quello che vuole: acqua o siccità. Così cammineremo tranquille, e il demonio non avrà tanta possibilità di tenderci insidie.

10 - In mezzo a queste cose che sono insieme dolci e penose, il Signore invia talvolta certi moti di giubilo e una certa strana orazione di cui non si sa comprendere la natura. Ma ve ne parlo acciocché nel caso che ne siate favorite, sappiate che è possibile e ne lodiate molto il Signore.

Si tratta, a mio parere, di una grande unione delle potenze, ma alle quali il Signore lascia libertà di godere di quel gaudio, pur senza intendere ciò che godono, né come godono.

E altrettanto è dei sensi. Sembra che parli in arabo, ma è così. L'anima sente una gioia così grande che, non volendo esser sola a goderne, brama di farla conoscere a tutti, affinché l'aiutino a lodare il Signore, scopo di ogni suo movimento.

Oh, che feste e che dimostrazioni farebbe per dimostrate a tutti il suo gaudio! Sembra che si sia ritrovata, e che voglia, come il padre del figliuol prodigo, invitare tutti a far festa, giacché si vede in tal luogo da non poter dubitare, almeno per allora, di doverne essere sicura.

E ciò a ragione, essendo impossibile, a mio avviso, che il demonio produca nel più intimo dell'anima una gioia così grande, accompagnata da tanta pace da muoverla a dar lodi al Signore.

11 - Sotto l'impeto di tanta gioia, è molto se riesce a dissimulare, e non poco penoso a tacere.

In questo stato doveva essere S. Francesco quando, incontratosi con i briganti mentre girava per la campagna gridando, disse che era l'araldo del gran Re. E quanti santi si sono rifugiati nei deserti per potere, come S. Francesco, gridar alto le lodi di Dio!

Io ne conobbi uno, chiamato fra Pietro d' Alcantara, che credo di ritenere per santo, tale essendo stata la sua vita. Anch'egli faceva così; e coloro che l'udivano lo ritenevano per pazzo.

Oh, santa pazzia, sorelle! Oh, se il Signore la concedesse pure a noi! Considerate intanto la grazia che Egli vi ha fatto nell'accogliervi in questo luogo, dove nel caso che vi concedesse tal favore e voi così lo manifestaste, sareste piuttosto incoraggiate, e non già criticate come nel mondo, dove un tal sistema è così, poco in uso da non recar meraviglia se susciti mormorazioni.

12 - Oh, tempi infelici e miserabile vita quella che viviamo! Vivissimo alle volte è il mio gaudio quando, stando tutte unite, vedo le mie sorelle in tanta gioia interiore che ognuna fa quanto più può nel rendere lodi al Signore per trovarsi in monastero: lodi che, come si vede ad evidenza, partono proprio dal cuore.

E io vorrei che le innalzaste di sovente. Se una comincia, le altre la seguono. E in che cosa più bella potreste impiegare le vostre lingue, quando siete insieme, se non nel lodare il Signore, avendo tanti motivi per farlo?

13 - Piaccia a Dio di concederci spesso questa orazione che è molto sicura e profittevole.

Con le nostre forze non la possiamo acquistare, perché soprannaturale. Alle volte può accadere che duri tutto un giorno. Allora l'anima somiglia a uno che abbia molto bevuto, ma non tanto da esser fuori dai sensi; oppure a una persona malinconica che, pur non avendo perduto del tutto il giudizio, abbia l'immaginazione talmente fissa in una cosa, da non esservi alcuno che riesca a distrarla.

Queste comparazioni sono troppo grossolane per fenomeni così elevati, ma il mio ingegno non sa trovarne di migliori.

Tuttavia è così. Il gaudio sommerge l'anima in tal modo che ella va dimentica di sé e di ogni altra cosa, non avverte né indovina a parlare se non di quello che ha rapporto alla sua gioia, voglio dire, delle lodi di Dio.

Figliuole mie, aiutiamo tutte quest'anima! A che scopo vogliamo avere più cervello? Vi è forse al mondo maggior contento di questo? Tutte le creature ci assecondino, per tutti i secoli dei secoli. Amen, amen, amen.

Capitolo 7

Pena che sentono dei propri peccati le anime che ricevono queste grazie - Gravissimo errore in cui si cade, per spirituali che si possa essere, quando non si procura di aver sempre innanzi l'umanità di nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo, la sua passione, la sua Madre gloriosa e i suoi santi - Capitolo molto utile

1 - Vi parrà, sorelle, che le anime a cui Dio si comunica così intimamente, siano ormai sicure di averlo a godere per sempre, e che non abbiano più motivo di temere né di piangere i loro peccati.

Ma è un gravissimo errore. Forse lo potranno credere coloro che a tali grazie non sono arrivati; ma se le hanno provate, e furono vere grazie di Dio, comprenderanno quello che ora dirò. Il dolore dei peccati cresce in proporzione dei favori che Dio elargisce; e ritengo che non cessi se non in quel luogo dove nessuna cosa può dar pena.

2 - Però, il dolore è più o mene pungente, e non si fa sempre sentire nel medesimo modo. L'anima, invece di pensare al castigo che i suoi peccati le hanno meritato, non vede che l'ingratitudine di cui si è resa colpevole verso Colui che ha tutto il diritto di essere servito e a cui ella tanto deve.

Nei favori che gode scopre maggiormente la grandezza di Dio, si spaventa nel riconoscere di essere stata tanto temeraria, piange il suo poco rispetto, ravvisa nella sua audacia una follia inconcepibile, e al pensiero di aver abbandonato una Maestà così grande per cose tanto vili, non finisce più di lamentarsi.

Si ricorda più spesso di questo che non delle grazie ricevute, le quali, benché tanto grandi, come quelle che ho detto e dirò, le sembrano cose che passino di tanto in tanto trasportate da un fiume impetuoso, mentre il ricordo dei suoi peccati le è sempre dinanzi come un letamaio ribollente: ed in ciò è la sua croce.

3 - So di una persona che desiderava di morire, non solo per vedere Iddio, ma anche per sottrarsi alla pena di sentirsi sempre cosa ingrata verso Colui a cui era e doveva essere obbligata.

Le pareva che le sue iniquità non potessero essere equiparate da alcun'altra creatura, non sapendo ella immaginare che qualche altra fosse stata da Dio così sopportata e favorita di tante grazie. Dell'inferno non hanno affatto paura. Raro, benché tormentoso, è pure il timore di perdere Iddio. L'unica loro apprensione è che il Signore ritiri la sua mano, permettendo che l'offendano ed abbiano a ricadere nello stato infelice in cui per qualche tempo si sono vedute. Non si curano né della pena, né della gloria futura; e se desiderano di star poco in purgatorio, è più per non esser lontane da Dio che per i tormenti che vi si patiscono.

4 - Ritengo che non sia mai sicuro per un'anima, anche se molto favorita, dimenticarsi dello stato infelice in cui forse si è un po' veduta, perché questo ricordo aiuta molto, nonostante sia penoso. Può darsi che io pensi così per essere stata tanto cattiva, e che appunto per questo non riesca mai a dimenticarmene.

Così non sarà di chi è stato virtuoso, benché nessuno vada senza difetti finché si vive in questo corpo mortale.

Il pensiero che Dio ha perdonato e dimenticato le nostre colpe, lungi d'alleviarne la pena, l'aumenta di più, mettendo innanzi quell'eccelsa Bontà che non lascia di favorire con le sue grazie chi non ha meritato che l'inferno. Questo pensiero doveva essere il martirio di S. Pietro e della Maddalena, perché, accesi di amore e favoriti di tante grazie come erano, comprendevano meglio la grandezza e la maestà di Dio: grande doveva essere la loro pena, accompagnata da tenerissimi sentimenti.

5 - Vi parrà pure che godendo di queste cose così sublimi, non si debba più fermare la meditazione sui misteri della sacratissima Umanità di nostro Signore Gesù Cristo, ma occuparsi soltanto in amare.

Su questo argomento ho già scritto a lungo in un altro luogo. Alcuni mi han fatto opposizione, e mi hanno detto che non me ne intendo, che diverse sono le vie di Dio e che quando le anime hanno oltrepassati i princìpi, è meglio che si distacchino dalle cose corporee per non esercitarsi che in quelle della divinità.

Tuttavia non mi faranno mai confessare che questo sia un buon cammino. Ben può essere che mi sbagli o che diciamo tutti la stessa cosa, ma io so che per di qui il demonio ha tentato d'ingannarmi; e ne sono rimasta così scottata che penso di ripetere qui ciò che ho detto in altri luoghi, affinché camminiate con molta attenzione e non abbiate a credere - guardate che cosa ardisco dire! - a chi vi afferma il contrario.

Procurerò di farmi intendere meglio che non abbia fatto altrove.

Colui che aveva promesso di trattarne per iscritto, avrebbe fatto bene ad estendersi di più, perché a persone di non troppa intelligenza, un'esposizione sommaria può essere di gran danno.

6 - Certe anime credono di non essere capaci di pensare alla passione: meno ancora lo saranno quanto alla sacratissima Vergine e alla vita dei santi, dalla cui memoria ci deriva tanto aiuto e profitto. Ma io non capisco a che cosa pensino.

Separarsi da ciò che è corporeo per bruciare continuamente di amore è proprio degli spiriti angelici, non di noi che viviamo in corpo mortale. Se abbiamo bisogno di trattare, pensare e accompagnarci con coloro che, pur essendo come noi, compiono per Iddio delle magnifiche imprese, a maggior ragione non dobbiamo separarci dalla sacratissima Umanità di nostro Signore Gesù Cristo, unico nostro bene e rimedio.

Non posso credere che alcuni facciano così. Essi non si devono intendere. Ma intanto fan male a sé e agli altri.

Assicuro, se non altro, che non entreranno mai nelle due ultime mansioni, perché, perduta la guida che è il buon Gesù, non ne troveranno la strada.

Sarà già molto se potranno stare nelle altre con sicurezza. Non dice forse il Signore che Egli è la via? Non afferma ancora che è luce, e che nessuno può andare al Padre se non per Lui? E quest'altre parole: Chi vede me vede il Padre mio?

Diranno che si devono spiegare in altro modo. Io non conosco altre spiegazioni: con questa mi sono sempre trovata assai bene, e la mia anima sente che è vera.

7 - Alcune anime, - molte delle quali han trattato con me - appena elevate alla contemplazione perfetta vogliono l'impossibile: cioè, star sempre in quello stato.

Ma, dopo quella grazia, rimangono in tal modo da non esser più capaci di discorrere come prima sopra i misteri della passione e della vita di Cristo. lo non so quale ne sia la ragione, ma è un fatto che avviene di frequente e che inabilita l'intelletto alla meditazione. Secondo me, la causa deve essere questa. Siccome il lavoro della meditazione è tutto nel cercare il Signore, una volta trovatolo, e abituatisi a cercarlo con le operazioni della volontà, l'anima non vuol più stancarsi nel mettere in moto l'intelletto. Può essere inoltre che la volontà, sentendosi infiammata, non voglia più servirsi dell'intelletto. Potendolo non sarebbe male; ma non si può, specialmente quando non si è ancora arrivati a queste sublimi mansioni, e così non si fa che perdere tempo. Spesso per accendere la volontà si ha bisogno dell'intelletto.

8 - Notate, sorelle, questa cosa che è assai importante e che voglio spiegare più a lungo. Ecco un'anima che vuol tutta impiegarsi in amare: non vorrebbe far altro.

Eppure, nonostante lo voglia, non può, perché se non è morta la volontà, è morto il fuoco di cui suole avvampare, e per farlo ardere è necessario che qualcuno vi soffi sopra.

O che forse si dovrà star lì nell'aridità, aspettando, come il nostro Padre Elia, che discenda il fuoco dal cielo a consumare il sacrificio che l'anima va facendo di sé?

No, certamente: non è bene sperar miracoli. Se qualche volta il Signore si compiace di farli, come abbiamo detto e diremo ancora più innanzi, tuttavia vuole che da parte nostra ci teniamo così bassi da credercene indegni, e che ci aiutiamo da noi stessi in tutti i modi possibili: cosa che in questa vita non bisogna mai tralasciare, per alta che possa essere la nostra orazione.

9 - Di questa diligenza non han bisogno che raramente, o quasi mai, coloro che Dio ha già introdotto nella settima mansione, per la ragione che là dirò, se saprò ricordarmene. Tuttavia, nemmeno essi lasciano di star sempre con Cristo Signor Nostro, sia pure in una maniera tutta ammirabile per esser Egli Dio e Uomo insieme.

Dunque, quando la volontà non arde di quel fuoco di cui ho parlato, né si sente in noi la presenza del Signore, è volere di Dio che ce ne andiamo in cerca, come la sposa dei Cantici.

Domandiamo alle creature, come insegna S. Agostino - credo nelle Meditazioni o nelle Confessioni - da Chi siano fatte, e guardiamoci dallo star là come sciocchi, perdendo il tempo nell'attendere quello che ci è stato dato una volta. Può essere che da principio il Signore non ritorni a favorircene, non solo in un anno, ma neppure in molti. Egli ne conosce il perché, e noi non dobbiamo cercare di saperlo, non essendovene motivo. Conoscendo che lo dobbiamo servire per la via dei comandamenti e dei consigli, camminiamo per essa con somma diligenza, pensando alla vita e alla morte di nostro Signore e al molto che gli dobbiamo: il resto venga quando a Lui piacerà!

10 - Forse risponderanno che su tali argomenti non si sanno fermare; e, da quanto abbiam detto, potranno in parte aver ragione. Tuttavia, sapete che una cosa è discorrere con l'intelletto, e un'altra considerare le verità che la memoria presenta all'intelletto. Forse direte di non capirmi, e può essere che non mi capisca neppur io per sapermi spiegare. Tuttavia farò del mio meglio.

Io chiamo meditazione un discorso fatto con l'intelletto nel modo seguente. Cominciamo col pensare alla grazia che Dio ci ha fatto nel darci il suo unico Figliuolo; poi percorriamo senza fermarci tutti i misteri della sua gloriosa esistenza; oppure cominciamo con l'orazione nell'orto, seguendo con l'intelletto nostro Signore fino alla sua crocifissione; ovvero prendiamo un passo della passione, per esempio la cattura, e percorriamo questo mistero considerando minutamente tutte le circostanze che possono fare impressione, come il tradimento di Giuda, la fuga degli apostoli e tutto il resto.

Questa è un'orazione assai bella e molto meritoria.

11 - Eppure, ripeto, questa è l'orazione che le anime elevate da Dio agli stati soprannaturali e alla contemplazione perfetta dichiarano di non saper fare. Io non ne so il motivo, ma ordinariamente è cosa, ed esse han ragione.

Però, s'ingannano quando affermano di non potersi trattenere in questi misteri, né richiamarseli alla memoria, specialmente quando la Chiesa Cattolica li festeggia, essendo impossibile che un'anima, dopo aver ricevuto da Dio tante grazie, si dimentichi di così preziose manifestazioni di amore, che sono come ardenti scintille, atte ad infiammarla sempre più nella sua carità verso Dio. No, quelle anime non si devono intendere.

Quei misteri si comprendono in un modo più elevato. L'intelletto li rappresenta così al vivo, e la memoria ne rimane così impressionata che la sola vista del Signore prostrato nell'orto con quel sudore spaventoso, basta ad occuparci, non solo per un'ora, ma per molti giorni di seguito.

Con un semplice sguardo si vede chi Egli sia, e quanto enorme la nostra ingratitudine verso un dolore così grande. Accorre subito la volontà, sia pure senza tenerezza, ma col desiderio di rispondere in qualche cosa a tanta grazia e di soffrire un poco per Colui che ha tanto sofferto, ed altri simili desideri molto atti ad occupare la memoria e l'intelletto.

Questo, a mio parere, è il motivo per cui l'anima non può passare innanzi e discorrere a lungo sulla passione, e ciò le fa credere di non sapersi in essa occupare.

12 - Qualora non lo possa veramente, è sempre bene che vi si sforzi, perché so che questo esercizio non impedisce neppure la più alta orazione. No, non ho per buono che si astenga dall'esercitarvisi spesso.

Se il Signore la sospende mentre è così occupata, ciò sia alla buon'ora, perché allora le toglie quello che la occupa anche contro sua voglia. Ma io sono sicura che questa maniera di agire nonché non essere di ostacolo, serve grandemente per ogni sorta di beni. L'ostacolo sarebbe nel far di tutto per continuare a discorrere come ho detto in principio, benché non sia affatto possibile per chi è arrivato più in su. (Forse lo potrebbe anche fare, perché molte sono le vie per le quali Dio conduce le anime).

Comunque, non si condanni chi non può camminare per di qui, né lo si giudichi incapace di godere i grandi beni racchiusi nei misteri del nostro Re Gesù Cristo. Ma nessuno, per spirituale che possa essere, mi saprà persuadere che sia bene rinunciarvi.

13 - Ecco ciò che succede ad alcune anime, tanto sul principio come allora che sono alquanto avanzate.

Appena cominciano a toccare l'orazione di quiete e ad assaporare le delizie e i gusti che il Signore concede, pensano di non dover far altro che continuare a goderne.

Ma, come ho detto in altro luogo, si guardino bene dal lasciarsi troppo assorbire, perché la vita è lunga, ed è così piena di travagli che per sopportarli con perfezione, si ha sempre bisogno di considerare come li han sopportati Cristo, nostro modello, i suoi apostoli e i santi.

È troppo bella la compagnia del buon Gesù per dovercene separare! E altrettanto si dica di quella della sua santissima Madre. Egli ha piacere che qualche volta compatiamo le sue pene, a scapito delle nostre gioie e consolazioni, tanto più che le delizie dell'orazione non sono mai così continue da non lasciar tempo per tutto.

Se alcuna affermasse d'esser sempre nelle medesime condizioni - cioè, di non poter mai fare ciò che dico - riterrei il suo stato per molto dubbio.

Anche voi tenetelo per tale, e cercate di liberarvi da questo inganno, facendo il possibile per distrarvi. Se ciò non basta, parlatene alla Priora acciocché vi metta in uffici di tali preoccupazioni da togliervi subito a quel pericolo, perché se , tale stato si prolunga, vi può essere di grave danno tanto alla testa che alla ragione.

14 - Credo di aver fatto capire quanto convenga, per spirituali che si possa essere, non aver così paura delle cose corporee da sembrarci di danno anche la sacratissima Umanità di Gesù Cristo.

Oppongono quello che Gesù disse ai suoi discepoli: cioè, convenire che Egli se ne andasse.

Ma io non lo posso sopportare. Certo che non disse così alla sua santissima Madre, perché ella era forte nella fede, sapeva che Egli era Dio e Uomo, e benché l'amasse più di tutti, lo faceva in modo così perfetto che la sua presenza le era piuttosto di aiuto. Invece gli apostoli non avevano quella fede così ferma che solo ebbero più tardi, e che ora noi dobbiamo avere. Da parte mia, figliuole, vi dico che questo sistema è pericoloso, e che il demonio potrebbe finire col farci perdere la devozione al santissimo Sacramento.

15 - L'inganno in cui mi pare d'esser anch'io caduta non è arrivato a questo punto: soltanto che non godevo più di pensare a nostro Signore Gesù Cristo per andarmene tutt'assorta nell'attesa di quelle delizie.

Ma vidi chiaramente che il mio cammino non era buono, perché, siccome non potevo sempre goderne, il mio pensiero andava vagando qua e là, e l'anima pareva un uccello che svolazzasse senza trovare ove posarsi.

Perdevo molto tempo, non progredivo in virtù, non mi avanzavo nell'orazione, e non ne capivo la ragione, né giammai l'avrei capita, perché quel mio modo di fare mi sembrava molto sicuro.

Fui illuminata da un buon servo di Dio con cui ebbi a parlare della mia orazione, e allora vidi chiaramente quanto fossi fuor di strada. Presentemente non finisco più di dolermi per non aver compreso che con una perdita così grande non si può guadagnare che assai male. No, ora non voglio più alcun bene, neppure potendolo, se non per mezzo di Colui dal quale tutti ci vennero.

Sia Egli per sempre benedetto! Amen.

Capitolo 8

In che modo Iddio si comunichi all'anima nella visione intellettuale - Alcuni avvisi in proposito - Effetti che questa visione produce quando è vera - Tali grazie si devono tener segrete

1 - È bene ora vedere che, quando Dio lo vuole, noi non possiamo far altro che star sempre con Lui, e ciò vi farà capire più chiaramente la verità di quello che vi ho detto e che quanto più un'anima va innanzi, tanto più continua si fa la sua compagnia col buon Gesù, secondo quello che si apprende dalle diverse maniere con cui Egli si comunica alle anime, mostrando l'amore che ci porta. Ciò avviene mediante alcune visioni e apparizioni molto ammirabili, delle quali, se piacerà a Dio che mi sappia spiegare, vi dirò in breve qualche cosa, affinché non abbiate a spaventarvi qualora ve ne sia data qualcuna: tanto più che queste grazie, anche se non concesse a noi, servono molto a far lodare il Signore, mostrandolo così buono da non sdegnare di comunicarsi in tal modo con una creatura, nonostante tanta sua potenza e maestà.

2 - Ecco ciò che avviene. Mentre l'anima è in tutt'altri pensieri fuorché in quello di avere tali grazie - grazie che non ha mai pensato di meritare - si sente vicino nostro Signor Gesù Cristo, ma senza che lo veda, né con gli occhi del corpo, né con quelli dell'anima. E questa - non ne so il perché - si chiama visione intellettuale.

Una persona che ebbe questa grazia unitamente a molte altre di cui parlerò più avanti, da principio andava molto impressionata perché non capiva cosa fosse, non vedeva nulla e ciò nonostante intendeva così chiaramente essere Cristo quegli che le appariva, da non poterne dubitare: dubitare, dico, che si trattasse di una visione, perché circa la sua provenienza, - se da Dio o no, - era sempre timorosa, benché i grandi effetti di cui rimaneva arricchita la portassero a credere che fosse da Dio.

Ella non solo non aveva mai sentito parlare di visioni intellettuali, ma neppure sapeva se esistessero. Intendeva però chiaramente che Quegli che sentiva presente era il medesimo che altre volte le parlava nella maniera che ho detto, mentre prima non sapeva chi le parlasse, ma solo intendeva le parole.

Questa visione, inoltre, non è come l'immaginaria che passa presto, ma dura molti giorni e alle volte più di un anno.

3 - So ancora che quella persona, standosene con paura, si portò tutt'afflitta dal confessore, che le chiese come sapesse, se non vedeva nulla, che Quegli fosse nostro Signore, e le domandò come era il suo viso.

Ella rispose che non lo sapeva, che non vedeva viso di sorta, e che non sapeva dire di più di quanto aveva detto. Sapeva soltanto che Egli era Colui che le parlava, e che ne era sicura.

Non poteva dubitarne nemmeno se le mettevano indosso delle gravi paure, specialmente quando il Signore le diceva: Non temere, sono io! Queste parole avevano tal forza da toglierle subito ogni dubbio, e da lasciarla in tale compagnia piena di gioia e di coraggio.

Ciò le era di grande aiuto per pensare continuamente al Signore e procurare di non far nulla che l'offendesse, perché le sembrava che la stesse sempre guardando. E ogni qualvolta voleva trattare con Lui, sia nell'orazione che fuori, le pareva che Egli le fosse così vicino da non poter lasciare d'ascoltarla.

Riguardo alle sue parole, ella le udiva non quando voleva, ma improvvisamente, a seconda del bisogno. Sentiva che le camminava al lato destro, ma con nessuno di quei segni sensibili per i quali si può conoscere che una persona ci è vicina, bensì in una maniera più delicata che non si deve saper dire: però con la medesima certezza, anzi maggiore, perché con i sensi si può cadere in inganno, mentre qui è impossibile.

Se fosse effetto di melanconia, non si avrebbero i vantaggi e gli effetti interiori di cui l'anima si sente ripiena. E nemmeno può essere dal demonio, perché l'anima non rimarrebbe così in pace, né con desideri così continui di piacere a Dio, né con disprezzi così sentiti per tutto ciò che non l'avvicini a Lui.

4 - Col tempo la visione di quella persona si andò meglio manifestando, ed ella comprese che non era dal demonio. Tuttavia si sentiva alle volte piena di paura, e alle volte con grandissima confusione per non sapere da dove tal bene le venisse.

Io e quella persona eravamo una stessa cosa, e niente passava nella sua anima che io non conoscessi, per cui posso esserle di buon testimonio. Abbiate quindi per vero quanto di lei vi ho raccontato.

Questa grazia apporta all'anima grande confusione e umiltà.

Sarebbe tutto il contrario se fosse dal demonio. Né vi può aver parte l'industria umana, perché l'operazione di Dio è così evidente che in nessun modo l'anima può pensare che sia un bene di suo acquisto, ma datole unicamente dalla mano di Dio.

Fra le grazie già raccontate ve ne saranno forse di superiori, ma questa apporta all'anima una speciale conoscenza di Dio, dalla cui continua compagnia le deriva un amore tenerissimo verso di Lui, accompagnato dai più vivi desideri d'impiegarsi in suo servizio e da una grande purità di coscienza, perché Colui che ha sempre dinanzi, le fa avvertire ogni cosa.

E' un fatto che, pur sapendo di esser sempre alla presenza di Dio, molte volte trascuriamo di pensarci. Ma qui la cosa è impossibile, perché l'anima è tenuta sveglia da Dio stesso che le sta vicino. Perciò, più frequenti sono pure le grazie di cui abbiamo parlato, perché l'anima è quasi sempre in continui atti d'amore verso Colui che vede o sente vicino.

5 - Insomma, dai vantaggi che lascia si conosce chiaramente che è una grazia assai grande, degna d'immensa stima. L'anima ringrazia il Signore che gliela dà senza suo merito, e non la cambierebbe con alcun tesoro o diletto della terra. Quando Dio crede di privarnela, ella si sente sola, e a nulla giovano i suoi sforzi per riaverla, perché Dio la concede quando vuole, né vi son mezzi per procurarsela.

6 - Alle volte si tratta della presenza di qualche santo, e anche allora se ne ha grande giovamento.

Ma voi mi direte: Se non si vede nulla, come si capisce che è Cristo, la sua gloriosissima Madre o qualche santo?

L'anima non lo sa dire, non comprende come lo capisca e, ciò nonostante, ne è fermissimamente sicura. Pare che la cosa sia più facile quando si tratta di Gesù Cristo che fa sentire la sua voce, ma quando sono santi che non parlano, e sembrano messi là in aiuto e compagnia dell'anima, il fatto è assai più sorprendente.

Vi sono altre cose spirituali che non si sanno spiegare, ma che servono a farci meglio conoscere quanto sia incapace la nostra natura di comprendere le infinite grandezze di Dio, dato che non comprende neppur quelle.

L'anima si contenti di ammirarle, di benedire il Signore e di ringraziarlo vivamente. Siccome non sono grazie che si danno a tutti, essa le deve molto stimare, procurando di servir meglio il Signore, ché appunto per questo gliele dà.

Ne viene intanto che l'anima, lungi dal credersi più degli altri, si persuade d'esser quella fra tutti che meno serve il Signore. Le pare di esservi obbligata più degli altri, e la minima mancanza che commette le trapassa le viscere, non senza grande ragione.

7 - Quella fra voi che Dio condurrà per di qui saprà riconoscere da questi effetti se vi è inganno o fantasia. Quanto al demonio, non credo possibile, se è lui, che la cosa si protragga a lungo, con tanti vantaggi per l'anima e tanta pace interiore.

Non è questo il suo costume. Un essere così malvagio non potrebbe produrre tanto bene neppure volendolo, perché verrebbero certi fumi di propria stima a farci subito pensare di essere migliori degli altri.

Gli dà tanta rabbia che l'anima si mantenga sempre con Dio, continuamente occupata di Lui, che se qualche volta cerca d'ingannarla, non lo fa troppo spesso.

Dio poi è fedele, e non permetterà mai al demonio di aver tanta forza sopra un'anima, la cui unica brama è di piacergli e di sacrificare anche la vita per il suo onore e la sua gloria: anzi, farà in modo che ne esca presto disingannata.

8 - Il mio pensiero è e sarà sempre questo: dal momento che l'anima si sente con questi effetti che sono propri delle grazie di Dio, qualche volta Egli potrà permettere al demonio di tentarla, ma la farà uscire con vantaggio e coprirà il maligno di confusione.

Perciò, figliuole, se alcuna va per questa strada, non si lasci spaventare. Però è bene che camminiate sempre con timore e con grande avvertenza. Guardatevi dal credere che per essere così favorite possiate alquanto trascurarvi: sarebbe segno che le vostre grazie non sono da Dio, né più né meno che se non vi vedeste con gli effetti accennati.

Da principio sarà bene che ne parliate sotto segreto di confessione con qualche persona molto dotta -sono costoro che ci devono illuminare - oppure con una molto spirituale. Però preferite il molto dotto, se la spiritualità dell'altro non è profonda. Meglio ancora: potendolo, consultate l'uno e l'altro. Se vi diranno che è una vostra immaginazione, non preoccupatevene, perché un'immaginazione non fa né bene né male. Piuttosto raccomandatevi a Dio affinché non permetta che cadiate in inganno.

Ne avrete maggior pena se vi diranno che è il demonio. Ma non ve lo dirà certamente uno molto dotto quando veda gli effetti di cui abbiamo parlato. Quand'anche ve lo dicesse, vi assicurerebbe del contrario il Signore che sta con voi, il quale vi riempirebbe di consolazione, e darebbe luce al direttore per potervi meglio comprendere.

9 - Se l'interpellato è uno che, pur praticando l'orazione, non è condotto per questa strada, si spaventerà subito e condannerà ogni cosa. Perciò vi consiglio d'indirizzarvi a un qualche grande teologo, possibilmente molto spirituale.

La Priora lo permetta, anche se in base alla buona vita che mena, vede che quell'anima va bene. È obbligata a permetterlo. E saranno ambedue sicure. Però, dopo essersi consultata, l'anima deve mettersi in pace e guardarsi dal moltiplicare consultazioni, perché il demonio può ispirare timori così eccessivi e irragionevoli da spingere l'anima a non contentarsi di una volta sola.

Ciò avviene specialmente quando il confessore non è di molta esperienza, si fa vedere timoroso, o è lui che induce l'anima a consultarsi. In tal modo vengono a divulgarsi certe cose che sarebbe bene tener segrete. Ecco allora l'anima fra le persecuzioni e le angustie.

Credeva che le sue grazie fossero occulte, e invece le vede divulgate, con un seguito di molte cose spiacevoli tanto per lei che per 1'Ordine, causa la malizia dei tempi.

Perciò è necessario avere molta prudenza, e io la raccomando assai alle Priore.

10 - Non devono esse pensare che una sorella sia migliore delle altre perché è favorita di tali grazie. Il Signore guida ognuna secondo che crede meglio. Se è vero che quei favori, quando sono corrisposti, aiutano a divenire delle grandi serve di Dio, è pur vero che alle volte il Signore non li comparte che alle più deboli.

Perciò non bisogna né approvare né condannare, ma considerare la virtù. Sarà più santa colei che servirà il Signore con maggiore mortificazione, umiltà e purità di coscienza.

Ma siccome quaggiù non si può avere che una sicurezza relativa, bisogna attendere che il vero Giudice dia a ciascuno quello che si merita.

E vedremo allora con sorpresa quanto siano diversi i suoi giudizi dai nostri terreni apprezzamenti.

Sia Egli per sempre benedetto! Amen. .. .


Capitolo 9

In che modo Iddio si comunichi all'anima nella visione immaginaria - Raccomanda istantemente di non desiderare questa via, e ne dice le ragioni - Capitolo assai utile

1 - Veniamo ora alle visioni immaginarie, nelle quali dicono - e dev'essere vero - che il demonio può intromettersi più facilmente che non nelle precedenti.

Ma se vengono da Dio, credo che ci siano più utili, perché più conformi alla nostra natura: eccetto quelle che Dio accorda nell'ultima mansione, alle quali non ve n'è una che possa essere somigliante.

2 - Ecco come nostro Signore si presenta nella visione descritta nel capitolo precedente. Supponiamo di tener chiusa in un astuccio d'oro una pietra preziosa di grandissimo valore e di ammirabili qualità.

Non l'abbiamo mai vista, ma siamo sicuri di averla, e portandola con noi non lasciamo di sperimentarne gli effetti e d'apprezzarne il valore, avendoci essa guariti da certe infermità per le quali è appropriata. Tuttavia non osiamo guardarla, né aprirne l'astuccio.

Anzi, non lo possiamo neppure, perché il modo di aprirlo è noto solo al suo padrone, il quale ce l'ha imprestata perché ce ne gioviamo, ma se ne è tenuta la chiave.

Quando vorrà mostrarci la pietra, aprirà l'astuccio, come sua cosa propria; e quando gli piacerà, se la porterà via, così come suol fare.

3 - Supponiamo ora che di tanto in tanto apra improvvisamente l'astuccio in beneficio di colui a cui l'ha imprestata. Questi ne avrà un ricordo più vivo, e non potrà pensare all'ammirabile splendore di quella pietra senza provarne una gioia particolare. Così qui.

Quando il Signore si compiace di favorire alcuno con maggior affetto, gli mostra svelatamente la sua sacratissima Umanità sotto la forma che vuole, o come era quando viveva sulla terra o come dopo la sua resurrezione, sia pure con tanta rapidità da fare pensare a un lampo.

Tuttavia la sua immagine s'imprime nella mente così al vivo da non poter essere cancellata fino al giorno in cui lo si godrà senza fine.

4 - Ho detto immagine, ma non già nel senso che debba parere una pittura, bensì come un Essere veramente vivo, che alle volte parla con l'anima e le svela dei sublimi segreti. Tuttavia, anche se l'apparizione si protrae per qualche tempo non si può in essa fermare lo sguardo più di quello che lo si possa nel sole, per cui la sua vista ne è sempre rapidissima, nonostante che il suo splendore non offenda gli occhi dell'anima, come lo splendore del sole quelli del corpo.

Parlo degli occhi dell'anima, perché, qui non si percepisce che con essi. Quanto a vedere con gli occhi del corpo non ne so nulla perché la persona suddetta, da cui ho appreso tanti particolari, non ne fu mai favorita: e parlare con esattezza di ciò che non si conosce per esperienza, è assai difficile.

Lo splendore di quell'immagine è come una luce infusa, simile a quella che avrebbe il sole se lo si coprisse di una cosa trasparente, come il diamante; e le sue vesti sembrano di tela d'Olanda. Ma quando il Signore accorda questa grazia l'anima entra quasi sempre nel rapimento, perché uno spettacolo così tremendo dall'umana debolezza non può essere sopportato.

5 - Dico tremendo, in quanto è di una maestà così grande che l'anima ne va piena di spavento, benché sia il più bello e il più dilettevole spettacolo che una persona sappia immaginare, la quale non riuscirebbe a rappresentarselo così, neppure se vi lavorasse intorno mille anni di vita, perché superiore di gran lunga alla capacità della nostra immaginazione e del nostro intelletto.

Qui non vi è bisogno di chiedere come si conosca chi Egli sia. Non occorre che alcuno ce lo dica, perché si dà a conoscere da sé molto bene come Signore del cielo e della terra: contrariamente ai re di questo mondo, i quali, se non sono accompagnati dalla loro corte, o non si dice chi siano, passano spesso inosservati.

6 - Oh, Signore! .... Come vi conoscono poco i cristiani! Che sarà quando verrete a giudicarci, se qui, mentre venite con tanta affabilità per trattare con la vostra sposa, si prova un così vivo terrore a guardarvi? Ah, figliuole! Che sarà mai quando con voce terribile pronunzierà le parole: Via, maledetti dal Padre mio?

7 - Sia questo il pensiero che lasci ora nella nostra mente la grazia di cui parlo, e ci sarà di non poco profitto.

S. Girolamo, benché santo, l'aveva sempre presente. E con esso ci sembrerà poco quello che dovremo soffrire per il rigore della Regola abbracciata. Anche se le sue austerità durassero a lungo, paragonate a quelle dell'eternità non sarebbero che di un istante.

Quanto a me, vi assicuro, benché tanto miserabile, di non aver mai avuto così paura dei tormenti dell'inferno da stimarli anche solo qualche cosa di fronte al terrore dei dannati nel vedere pieni d'ira gli occhi tanto belli, dolci e misericordiosi del Signore.

Mi pare che il mio cuore non li potrebbe sopportare. E tale è sempre stato il mio pensiero. Ah, quanto dovrà più temere chi ha ricevuto questa grazia, se l'emozione che in essa si prova basta da sola per far uscire dai sensi!

Questo dev'essere il motivo per cui l'anima rimane allora sospesa. Ma il Signore soccorre alla debolezza di lei, acciocché si unisca alla sua grandezza in questa divina e tanto sublime comunicazione.

8 - Se l'anima può indugiarsi a lungo nella contemplazione del Signore, credo che non si tratti di visione, ma di una qualche figura formatasi nell'immaginazione in seguito a una considerazione molto intensa: figura che, paragonata a quella di cui parlo, sarà come una cosa morta.

9 - Ecco quanto avviene ad alcune persone. So che è vero perché ne han trattato con me, e non tre o quattro, ma molte.

Costoro, in seguito alla debolezza della loro fantasia o all'attività del loro intelletto o non so per quale altro motivo, s'immergono in tal modo nelle loro immaginazioni da essere sicurissime di vedere tutto quello che pensano.

Ma esse comprenderebbero tosto il loro errore, se avessero avuto una qualche vera visione, perché, non solo non ne risentono alcun effetto, ma siccome sono loro stesse a fabbricare quel che vedono con l'immaginazione, rimangono molto più fredde che se vedessero un'immagine devota.

Perciò non se ne deve far caso. Del resto esce pure di mente molto più presto di un sogno.

10 - Non così nel caso nostro. Mentre l'anima è molto lontana e non pensa neppure di aver da vedere qualche cosa, ecco che d'improvviso le si presenta la visione, la quale mette sossopra le potenze e i sensi con gran timore e turbamento, per poi lasciarli in una pace deliziosa.

A quel modo che quando S. Paolo fu rovesciato per terra avvennero nel cielo alcuni tuoni e movimenti, così in questo nostro mondo interiore. Vi succede come una gran commozione, ma poi subito si fa tutto tranquillo, e l'anima si ritrova in possesso di così grandi verità da non aver più bisogno di alcun maestro, perché la vera Sapienza l'ha liberata dalla sua ignoranza, senza che ella si affaticasse.

Per qualche tempo l'anima conserva una tale certezza della divina provenienza di questa grazia che, per quanto le dicano in contrario, nulla può indurla à temere d'essere stata in inganno.

Ma in seguito, quando il confessore cerca d'intimorirla, Dio permette che ne dubiti, pensando che ciò possa essere in castigo dei suoi peccati. Tuttavia non ne è convinta.

Vi si trova come nelle tentazioni contro la fede: il demonio può inquietarla, ma non per questo lascia ella di credere. Anzi, quanto più il maligno la combatte, tanto più si convince che beni così grandi non le vengono da lui. Egli non può far molto sull'interiore dell'anima: le sue rappresentazioni non sono mai con tanta verità, maestà ed effetti.

11 - Siccome è una cosa che i confessori non possono vedere, e la persona che ne è favorita non sa alle volte spiegarsi, essi han tutti i motivi di temere. Perciò si deve procedere con circospezione e attendere che il tempo ne mostri i frutti, osservando se l'anima ne esca più umile e più fortificata in virtù. Il demonio, se è lui, darà presto dei segni e si lascerà sorprendere in mille falsità.

Il confessore che ha esperienza, ed ha provato queste cose, non tarderà molto ad accorgersi. Dalla relazione che gliene faranno, vedrà prontamente se è l'opera di Dio, dell'immaginazione o del demonio, specialmente se avrà ricevuto dal Signore il dono del discernimento degli spiriti.

Se avrà questa dono e sarà fornito di dottrina, lo conoscerà molto bene anche senza esperienza.

12 - Importa molto, sorelle, che vi comportiate con il confessore con grande verità e schiettezza, non soltanto quanto a manifestargli i vostri peccati, com'è doveroso, ma anche nel dargli conto della vostra orazione.

Altrimenti non vi potrei assicurare né della vostra via, né che sia Dio quegli che v'insegna. Piace molto al Signore che usiamo con i suoi rappresentanti la stessa verità e chiarezza che useremmo con Lui, desiderosi di far loro conoscere tutti i nostri pensieri e soprattutto le nostre opere, anche più piccole.

Se fate così, sbandite ogni timore e mettetevi in pace. Anche se le visioni non fossero da Dio, avendo voi umiltà e buona coscienza, non vi farebbero alcun danno.

Il Signore saprebbe cavar bene dal male, in quanto che, nella persuasione di esser da Dio favorite, fareste di tutto per maggiormente contentarlo, mantenendovi continuamente occupate nella sua immagine: e così avreste un guadagno là dove il demonio pretendeva rovinarvi.

Diceva un gran teologo che se il demonio, bravo pittore com'è, gli rappresentasse un'immagine del Signore molto espressiva, egli invece di averne pena, se ne servirebbe per ravvivarsi in devozione e muovere guerra al maligno con le stesse sue armi.

Per quanto un pittore possa essere malvagio, non per questo si deve disprezzare l'immagine che egli faccia, quando sia di Colui che è il nostro solo Bene.

13 - Inoltre quel teologo biasimava molto coloro che al sopraggiungere di qualche visione consigliano di farle le corna, perché, diceva, dobbiamo onorare l'immagine del nostro Re in qualunque luogo si veda. E trovo che ha ragione.

Anche fra noi, del resto, se una persona ama un'altra e viene a sapere che quest'altra copre d'ingiurie il suo ritratto, non ha certo piacere. A maggior ragione si deve rispettare un crocifisso o un'immagine del nostro Imperatore in qualunque luogo si veda.

Benché io abbia scritto su questo argomento anche in altre parti, mi è piaciuto ripetermi perché ho conosciuto una persona a cui avevano imposto un tal rimedio, ed era molto afflitta. Non so chi possa essere l'autore di un tale espediente non buono ad altro che a tormentare l'anima, la quale, credendo di andar perduta se non ascolta il confessore, si sforza di obbedirgli.

Ma se di questi consigli ne daranno anche a voi, il mio è che non li abbiate a seguire, esprimendo queste ragioni con umiltà.

Per ciò che mi riguarda, le buone ragioni apportatemi da colui che in tale circostanza trattò con me, mi convinsero pienamente.

14 - Un gran vantaggio di questa grazia è che l'anima, pensando al Signore, alla sua vita e alla sua passione, ricorda il suo dolcissimo e bellissimo volto e ne prova vivissima consolazione, a quel modo che anche tra noi si sente più piacere nel pensare ai benefici di una persona conosciuta che non di un'altra mai vista.

Vi dico che è un ricordo soave, di gran conforto e vantaggio. Porta con sé molti altri beni, ma siccome ho già parlato degli effetti che queste cose producono e che avrò a dire anche altrove, non voglio ora che ci stanchiamo, né io né voi.

Vi raccomando solo instantemente che, venendo a conoscere o a udire che Dio accorda ad alcuno queste grazie, non abbiate a pregare né a desiderare che ne favorisca pur voi. Benché ciò vi sembri assai buono e degno di grande stima, tuttavia non conviene, per le ragioni che qui vi dico.

15 - Primo; perché è mancanza di umiltà volere che vi si dia quello che non avete meritato: e credo che chi lo desidera, di umiltà ne abbia ben poca. A quel modo che un povero contadino è lungi dal desiderare di esser re, perché la cosa gli sembra impossibile e non crede di meritarla, così l'umile di fronte a queste grazie.

Le quali, a mio parere, non sono concesse che agli umili, perché il Signore, prima di accordarle, invia sempre un qualche grande sentimento della propria nullità.

Chi ha tali desideri, come può essere persuaso che il Signore gli usi una ben grande misericordia nel non tenerlo già nell'inferno? Secondo, perché è certissimo che con quei desideri, o si è già in inganno o si è in gran pericolo di esserlo. Al demonio basta vedersi aperta la più piccola porta per tenderci mille insidie! ...

Terzo, perché quando il desiderio è veemente, vi entra di mezzo l'immaginazione, e allora la persona si dà a credere di vedere e di sentire ciò che desidera, come avviene a coloro che sognano di notte quello che di giorno han molto pensato e desiderato.

Quarto, perché assai temerario è volermi scegliere da me stessa la via, quando non so distinguere quella che più mi conviene, invece di abbandonarmi a Dio, il quale, conoscendomi, mi condurrebbe per quella che più si addice al caso mio, dandomi modo di compiere in tutto la sua santa volontà.

Quinto, credete forse che siano leggeri i travagli delle anime che così Dio favorisce? No, ma grandissimi e di vario genere. E allora, come sapete di essere capaci di sopportarli?

Sesto, perché può essere che troviate la vostra perdita dove pensavate di guadagnare, come avvenne a Saul per essere re.

16 - Oltre a queste, vi son altre ragioni. Per cui, credetemi, il più sicuro è di non volere se non quello che Dio vuole, il quale ci conosce più di noi e ci ama. Mettiamoci fra le sue mani, affinché compia in noi la sua santa volontà: mantenendoci in essa con animo risoluto, non cadremo mai in errore.

Dovete inoltre avvertire che il fatto di ricevere tali grazie non significa che si abbia pure maggior merito. Anzi, ricevendo di più, si rimane obbligati. Ciò che importa maggiore o minor merito è alla portata di tutti, e Dio non ne priva nessuno. Vi sono molte anime sante che non hanno mai saputo che cosa sia ricevere una di queste grazie; altre invece le ricevono, e non sono sante.

Non dovete poi credere che questi favori siano continui. Anzi, per uno solo di essi che il Signore conceda, si han travagli in gran numero, per cui l'anima, nonché preoccuparsi per sapere se tali grazie le verranno ripetute, non pensa che al modo di meglio corrispondervi.

17 - È vero che devono essere di grande aiuto per avere virtù più perfette; ma le virtù acquistate con le proprie fatiche sono degne di maggior premio. Io conosco una persona, anzi due - una delle quali è uomo - a cui il Signore aveva concesso queste grazie. Eppure esse desideravano così ardentemente di servire Iddio a proprie spese, senza tanti favori, ed avevano una brama così viva di patire per amor suo, che si lamentavano con Lui perché così le favoriva, disposte pure a resistere se avessero potuto.

Parlo solo delle delizie che Dio comparte nella contemplazione, non delle visioni, perché queste sono degne di molta stima, e se ne ricava sempre gran vantaggio.

18 - Secondo me, questi desideri sono soprannaturali e propri di anime altamente innamorate, le quali vorrebbero mostrare a Dio che non lo servono per il salario.

Se si sforzano di servirlo con maggiore attenzione, non è per la gloria che ne avranno in ricompensa, a cui non pensano neppure, ma soltanto per soddisfare all'amore, la cui natura è di sempre operare, in tutte le maniere. L'anima, se lo potesse, escogiterebbe nuovi mezzi per consumarsi in amore. E se la maggior gloria di Dio richiedesse il suo perpetuo annientamento, vi si assoggetterebbe volenteri.

Sia Egli per sempre benedetto che vuol mostrare la sua grandezza nel comunicarsi con sì miserabili creature! Amen.

 

Capitolo 10

Altre grazie e diversa maniera con cui Dio le concede - Gran profitto che se ne ricava

1 - Il Signore si comunica con queste apparizioni in varie circostanze: alle volte quando l'anima è afflitta, altre volte quando le ha da venire qualche grave travaglio, ed altre quando Sua Maestà vuole deliziarsi con lei e favorirla. Ma non è il caso di discendere a tanti particolari, perché mio scopo è di far conoscere, per quanto io me ne intenda, le diverse grazie che su questo cammino si ricevono, affinché sappiate in che consistono, e quali gli effetti che lasciano, senza ingannarci col pensare che ogni immaginazione sia una visione.

Con ciò, inoltre, non vi turberete né cadrete in angustia qualora ne siate favorite, vedendo che, dopo tutto, si tratta di cose possibili. Il demonio guadagna molto e prende molto piacere nel vedere un'anima afflitta ed inquieta, perché sa che tale stato le impedisce d'impiegarsi nell'amare e nel dar lodi al Signore.

Sua Maestà si comunica ancora in altri modi; molto più sublimi e meno pericolosi, nei quali le contraffazioni del demonio non credo siano possibili. Ma siccome si tratta di cose molto occulte, non è troppo facile parlarne, a differenza delle visioni immaginarie che si possono spiegare più facilmente.

2 - Ecco ciò che accade quando Dio lo vuole. L'anima, mentre è in orazione e profondamente in essa assorbita, si sente improvvisamente sospesa, e il Signore le fa intendere grandi segreti, che ella crede di vedere nello stesso Dio.

Ho detto vedere, ma in realtà non vede nulla, perché non si tratta di una visione della sacratissima Umanità e neppure di una visione immaginaria, ma di una molto intellettuale, nella quale s'intende in che modo si vedano in Dio le cose e come Egli le contenga in sé. Benché sia una grazia fugacissima, tuttavia s'imprime nell'anima profondamente, e grandi sono gli effetti che ne vengono.

Anzitutto ci copre di confusione, facendoci meglio vedere la malizia dei nostri peccati, in quanto li commettiamo mentre siamo in Dio: si, dentro di Lui.

Per farmi intendere, voglio vedere se riesco a servirmi di una similitudine. Benché sia così e si tratti di una verità che sentiamo molte volte, tuttavia, o non vi pensiamo o non vogliamo capirla: se la comprendessimo bene, pare che tanta temerità non ci sarebbe possibile.

3 - Supponiamo che Dio sia come una stanza o un palazzo molto grande e bello. Il palazzo, ripeto, è lo stesso Dio. Ora, il peccatore per commettere le sue iniquità può forse uscire dal palazzo?

No. Tutte le abominazioni, le scelleraggini, le disonestà che noi peccatori commettiamo, si consumano tutte in quel palazzo, vale a dire nello stesso Dio. Oh, verità spaventevole e degna di somma riflessione!

Quanto utile per noi che siamo poco istruite e non finiamo mai di persuadercene! Oh, sarebbe affatto impossibile avere ancora una così insensata temerità!

Consideriamo, sorelle, la grande misericordia e la pazienza di Dio che non ci sprofonda sull'istante. Ringraziamolo sentitamente e vergognamoci di essere così sensibili a ciò che dicono o fanno contro di noi.

Non è forse un'inconcepibile nequizia risentirci di una paroletta, detta alle volte in nostra assenza e forse senza cattiva intenzione, mentre vediamo Dio nostro Creatore sopportare che le sue creature gli facciano tante offese fin dentro di Lui?

4 - Oh, miseria umana! Quando, figliuole, imiteremo un poco questo nostro gran Dio? No, non ci avvenga mai di credere che facciamo pur noi qualche cosa perché sopportiamo un'ingiuria! Soffriamo tutto di buona voglia, e amiamo coloro che ci offendono, giacché anche questo gran Dio non ha mai lasciato di amarci, nonostante i nostri molti peccati. Sì, ha ragione di volere che tutti perdonino, qualunque sia l'offesa ricevuta.

Benché questa visione sia tanto rapida, pure vi dico che è un'insigne grazia di Dio, purché l'anima sappia giovarsene, riportandola spesso alla memoria.

5 - Subitamente, e in un modo inesplicabile, succede alle volte che Dio mostri in se stesso una tale verità da eclissare tutta quella che si trova nelle creature, dando chiaramente a conoscere che Egli solo è verità, incapace di mentire.

Allora si comprende ciò che dice David in un salmo: cioè, che ogni uomo è mendace, parole che non si intenderebbero mai così bene, neppure se si sentissero molte volte.

Dio è una verità che non può mancare. Quando Pilato chiese a nostro Signore, durante la passione, che cosa fosse la verità, penso che gli abbia chiesto troppo.

E noi quanto poco la conosciamo questa suprema Verità! Su questo argomento vorrei spiegarmi più a lungo, ma mi è impossibile.

6 - Impariamo da ciò, sorelle, che per conformarci in qualche cosa al nostro Sposo e Dio, occorre che ci studiamo di comportarci sempre con verità.

Non dico soltanto che non si debba mentire: in ciò, grazie a Dio, vi vedo così guardinghe che in queste case non si dice bugia per veruna cosa del mondo; ma che camminiamo nella verità innanzi a Dio e innanzi agli uomini in tutte le circostanze possibili, specialmente col non volere che ci ritengano più di quello che siamo, e con dare a Dio quello che è di Dio, e a noi quello che è nostro nelle opere che facciamo.

Cerchiamo di metterci ovunque nella verità, e non faremo tanta stima di questo mondo che è tutto menzogna e bugia, e che appunto perché tale non può essere durevole.

7 - Mi chiedevo una volta perchè Dio ami tanto l'umiltà, e mi venne in mente, d'improvviso, senza alcuna mia riflessione che ciò dev'essere perché Egli è somma Verità, e che l'umiltà è verità.

È verità indiscutibile che da parte nostra non abbiamo nulla di buono, ma solo miseria e niente.Chi più lo intende, più si fa accetto alla suprema Verità, perché in essa cammina.

Ci conceda Iddio, sorelle, di non mai uscire da questo nostro conoscimento! Amen!

8 - Nostro Signore accorda all'anima queste grazie perché, considerandola ormai come sua vera sposa, già decisa di fare in tutto il suo volere, vuole svelarle qualche sua grandezza e mostrarle in quali cose debba ella assecondarlo.

Non occorre che mi estenda di più. Ho parlato di queste due grazie, perché mi sembrano di grande utilità. In esse non vi è alcun motivo di temere, ma soltanto di lodare il Signore che le dà.

Secondo me, il demonio e l'immaginazione non possono tanto intromettersi, e l'anima ne esce molto consolata.


Capitolo 11

Tratta di certi desideri di godere Iddio, dati all'anima da Dio stesso, così grandi e impetuosi da mettere in pericolo la stessa vita. Vantaggi che l'anima ne ricava

1 - Bastano forse queste grazie perché la colombella o farfalletta - non crediate che me ne sia scordata - si senta soddisfatta e si riposi dove dovrà morire?

No, certamente. Anzi, il suo stato si fa molto più grave, geme e va continuamente fra le lacrime. Benché riceva queste grazie da molti anni, tuttavia, ognuna di esse accresce il suo tormento, perché meglio vi conosce le grandezze del suo Dio.

Ed ella, vedendosi da lui separata e così lontana dal possederlo, sente aumentare i suoi desideri, in proporzione dell'amore che va pur esso aumentando, a misura che più scopre quanto meriti di essere amato quel suo gran Dio e Signore.

E con l'andare degli anni quei desideri vanno a poco a poco aumentando fino a produrre la gran pena di cui ora dirò.

Ho detto anni per conformarmi al modo con cui si sono svolti nella persona accennata, ma so bene che a Dio non si metton limiti. Egli può fare quel che vuole, per noi desidera di far molto, e può in un istante elevare l'anima al più alto grado che qui si dirà.

2 - Accenno, dunque, a quelle ansie, lacrime, sospiri e grandi impeti, di cui ho parlato: cose che sembrano derivare dal nostro amore quando sia molto sentito. Tuttavia, sono come un fuoco che dà fumo, si possono sempre sopportare, sia pure con pena, e non sono neppure da paragonarsi con quello che ora voglio dire.

Mentre l'anima va così ardendo in se stessa, ecco che in seguito a un minimo pensiero o a una parola che senta sulla lentezza della morte, le viene - non si sa da che parte, né in che modo - come un colpo o una saetta di fuoco.

Non dico già che sia una saetta: checché sia, si vede chiaramente che non viene da noi. Dico colpo, ma non lo è; e tuttavia ferisce profondamente.

Mi pare che si faccia sentire, non in quella parte dove si sperimentano i dolori della terra, ma nel più intimo e più profondo dell'anima, dove questo fugacissimo raggio riduce in polvere tutto ciò che trova di questa nostra bassa natura, tanto da esserci impossibile, finché esso continua, di ricordarci ancora di noi.

Immediatamente le potenze si sentono così impacciate da non essere più capaci di nulla, eccetto di quelle cose che possono aumentare il tormento.

3 - Non vorrei che mi credeste esagerata. Anzi, sono assai moderata, perché si tratta di cose che non si sanno esprimere.

I sensi e le potenze vengono rapiti a tutto ciò che non contribuisce a far crescere quello spasimo. E se l'intelletto conserva la sua attività, è solo per comprendere con quanta ragione l'anima debba affliggersi per essere lontana da Dio.

Vi concorre pure il Signore col dare una così viva cognizione di sé da portare la pena a un alta grado d'intensità, per cui la persona che ne soffre finisce col prorompere in alte grida, senza potersi contenere, neppure se molto paziente e abituata a grandi sofferenze, perché i tormenti di cui parlo non si sentono nel corpo ma nel profondo dell'anima.

Allora quella persona comprende quanto più grandi delle pene del corpo siano quelle dell'anima, e pensa che di questa natura debbano pur essere quelle del purgatorio, dove l'assenza del corpo non impedisce all'anima di soffrire assai di più che non qui sulla terra in compagnia del corpo.

4 - Io ho visto una persona in questo stato e ho creduto veramente che fosse per morire. Nessuna meraviglia del resto, perché qui si è appunto in gran pericolo di morte. Per quanto questo fenomeno sia breve, lascia il corpo completamente slogato e con i polsi così deboli come se l'anima stia per rendersi a Dio.

Cessa anche il calore naturale, e l'anima brucia di tal maniera che, con un po' di più, Dio compirebbe le sue brame. Al momento il corpo non sente nulla, né poco né molto. Però le membra si slogano, e per due o tre giorni si hanno grandi dolori, senza neppur la forza di scrivere: credo che il corpo rimanga più debole di prima.

Se al momento il corpo non soffre, dev'essere per l'intensità dello spasimo interiore che impedisce all'anima di far, conto di lui.

È come avere un dolore molto acuto in un membro: anche se ne abbiamo vari altri, questi non si sentono tanto. È un fatto che io ho sperimentato assai bene. Ma nel caso nostro non si sente né poco né molto, né credo che si senta dolore neppure se ci mettano in brani.

5 - Mi direte che ciò è imperfezione, perché quell'anima non si uniforma al volere di Dio, a cui si è tante volte assoggettata.

Fin qui lo poteva fare, e con ciò sopportava la vita. Ma ora non lo può più, perché il suo intelletto non è padrone di sé, né può ad altro pensare fuorché alla ragione che ella ha di ben dolersi.

Perché ancora vivere separata dal suo Bene? Si sente come in una strana solitudine, e non varrebbero a tenerle compagnia, non solo tutte le creature della terra, ma neppure, credo, gli stessi abitanti del ella ama: anzi, le sarebbero di tormento.

Si vede come per aria, senza appoggi sulla terra e senza mezzi per salire al cielo. Arde di sete e non può giungere all'acqua: sete intollerabile, salita ormai a tali estremi da non poter essere saziata che con l'acqua di cui il Signore parlò alla Samaritana. Altra ella non ne vuole, e questa intanto non le viene concessa! ...

6 - Oh, Signore!... In quali angustie stringete mai chi vi ama! Eppure tutto è poco di fronte al molto con cui poi lo favorite. Del resto è giusto che il molto costi molto, massimamente quando serve a purificare l'anima per poi introdurla nella settima mansione, come il purgatorio purifica quelle che devono entrare nel cielo, tanto più che innanzi alla grandezza dello scopo, quel tormento si fa piccolo, come goccia di acqua di fronte al mare, nonostante che in sé sia di un'afflizione così angosciosa da superare, a mio parere, tutte le pene della terra.

Quanto a queste, le teneva da nulla, in paragone, anche la persona di cui parlo, malgrado ne avesse sofferte moltissime, sia corporali che spirituali. Eppure l'anima tiene quella pena in sì gran pregio dal riconoscersene del tutto indegna, e la soffre di gran voglia, disposta pure, se così piace al Signore, di sopportarla per tutta la vita.

Però questo suo sentimento non è tale da esserle di sollievo, per cui in quel caso non morrebbe una volta sola, ma sarebbe in continua agonia: veramente così.

7 - Pensiamo un momento, sorelle, a coloro che sono all'inferno. Non hanno né questa conformità al volere di Dio, né questa gioia e contento interiore, né la speranza che i loro tormenti siano ad essi di vantaggio, ma una continua sofferenza che va sempre più aumentando: dico che va sempre più aumentando quanto alle pene accidentali.

Ora, siccome le sofferenze dell'anima, sono assai più terribili di quelle del corpo; siccome i tormenti che là si soffrono sorpassano di gran lunga quelli di cui abbiamo parlato, con l'aggiunta che dovranno essere eterni, che sarà mai di quelle anime infelici?

E che cosa si può fare e patire, qui in questa vita così breve, che non sia ancora un niente per sottrarsi a quegli orribili ed eterni dolori? No, non è possibile far comprendere quanto siano orribili le sofferenze dell'anima, e quanto diverse da quelle del corpo: bisogna provarle.

Se il Signore ce lo fa comprendere è per darci a conoscere il molto che gli dobbiamo nell'averci chiamate in questo stato, nel quale, per sua misericordia, nutriamo speranza che ci vorrà preservare dall'inferno, perdonandoci tutti í nostri peccati.

8 - Ritorniamo ora al nostro argomento, cioè alla gran pena in cui abbiam lasciato l'anima.

In quel grado d'intensità non dura molto: tutt'al più, tre o quattro ore. Più a lungo non lo credo possibile, tranne che per un miracolo, perché la nostra naturale debolezza non la potrebbe sopportare.

A quella persona accadde una volta che non durasse più di un quarto d'ora, ma ne uscì come fatta a pezzi. Era l'ultimo giorno delle feste di Pasqua. Ella le aveva passate in tale aridità da quasi neppur accorgersi che fosse Pasqua. Ma ecco che durante la ricreazione, - e ciò che dico è vero - al solo udire una parola sul prolungarsi della vita, quella pena l'assalì con tanta violenza da trarla completamente dai sensi.

Immaginate voi se si possa resistere! ... Sarebbe come una persona caduta in un braciere che volesse togliere alla fiamma il potere di bruciarla.

Si tratta di sentimenti che non si sanno dissimulare. Coloro che assistono non possono sapere ciò che passa nell'anima. Però vedono che ella è in pericolo di vita. E se le sono un po' di compagnia, è solo a guisa di ombre. E ombre le sembrano tutte le cose della terra.

9 - È possibile che qualche volta anche voi abbiate a vedervi in questo stato. Non dimenticatevi allora che vi può aver parte la nostra naturale debolezza.

Come avete visto, l'anima si va talmente struggendo, che per uscire dal corpo sembra che non le manchi più nulla.

Può allora avvenire che ne tema per davvero, e che brami un po' di sosta al tormento per non morire. È la nostra naturale debolezza che fa sentire i suoi timori.

Tuttavia il desiderio non cessa, ne è possibile trovare rimedio a tanta pena, finché Dio non lo tolga. Ordinariamente ciò avviene con qualche grande rapimento o visione, in cui il vero Consolatore consola e fortifica l'anima affinché si rassegni a vivere per quanto Egli vorrà.

10 - È uno stato assai penoso, ma l'anima ne esce con grandissimi effetti, senza più la paura delle tribolazioni possibili, in quanto non vi è più nulla dopo quel tormento che possa ancora intimorirla.

Anzi, visti i vantaggi che le sono venuti, amerebbe soffrirlo varie altre volte. Ma la cosa non è in suo potere perché come non ha alcun mezzo per resistere o per sottrarsene quando viene, così non ne ha alcuno per procurarselo.

Avendo constatato che nessuna cosa della terra le può essere allora di conforto, sente per il mondo maggior disprezzo di prima; avendo compreso che solo il Creatore può consolare e saziare la sua anima, esce con maggior distacco dalle creature; e avendo veduto che se Egli può consolare, può anche far soffrire, ne concepisce maggior timore, e si studia più attentamente di non offenderlo.

11 - Secondo me, due sono le cose che in questo cammino spirituale mettono in pericolo di morte: l'una, la pena di cui parliamo, veramente pericolosa e non di poco; l'altra, una gioia o un'ebbrezza molto grande per la quale l'anima si trova in tale estremo da parere che stia veramente per morire: un poco ancora, e uscirebbe dal corpo con sua non piccola fortuna.

Giudicate ora, sorelle, se non ho io ragione di dire che qui occorre aver coraggio, e se nel caso che voi domandiate a Dio queste grazie, non abbia Egli ragione di chiedervi, come già ai figliuoli di Zebedeo, se potete bere il suo calice.

12 - Sono sicura che tutte risponderemmo di sì, e non senza ragione, perché il Signore, quando vede che uno ha bisogno di essere incoraggiato, non lascia di farlo.

Anime siffatte Egli le difende in ogni cosa, e quando sono oggetto di biasimo e di persecuzione, risponde per loro, se non con le parole, con i fatti, come fece con la Maddalena.

E poi, poi... prima che muoiano, le paga di tutto in una volta, come ora vedrete.

Sia Egli per sempre benedetto, e tutte le creature lo lodino! Amen.

 



Rubbio (Vicenza), 1 Gennaio 1990. Festa di Maria Santissima Madre di Dio. Madre del Secondo Avvento.

Don Stefano Gobbi

«Figli prediletti, iniziate questo nuovo anno nella luce immacolata della mia divina Maternità. Sono anche vostra Madre, per volontà di mio figlio Gesù. E, come mamma, voglio prendervi per mano ed accompagnarvi sulla soglia di questo decennio, che voi incominciate proprio in questo giorno. È un decennio molto importante. È un periodo di tempo particolarmente segnato da una forte presenza del Signore fra voi. Nell'ultimo decennio del vostro secolo avranno compimento gli avvenimenti che Io vi ho predetto. Allora è necessario che vi lasciate formare tutti dalla mia azione materna.

- Vi formo nei cuori per portarvi alla conversione e per aprirvi ad una nuova capacità di amore. Così vi guarisco dalla malattia dell'egoismo e dell'aridità.

- Vi formo nelle anime, aiutandovi a coltivare in esse il grande dono della grazia divina, della purezza, della carità. E, come in un celeste giardino, faccio sbocciare i fiori di tutte le virtù, che vi fanno crescere nella santità. Così allontano da voi l'ombra del male, il gelo del peccato, il deserto della impurità.

- Vi formo nei corpi, facendo risplendere in essi la luce dello Spirito che vi abita come in un suo tempio vivente. Così vi conduco sulla strada della purezza, della bellezza, dell'armonia, della gioia, della pace, della comunione con tutto il Paradiso.In questi anni

Io vi preparo, con la mia azione materna, a ricevere il Signore che viene. Ecco perché vi ho domandato la consacrazione al mio Cuore Immacolato. Per formarvi tutti a quella interiore docilità che mi è necessaria, perché Io possa operare in ciascuno di voi, portandovi ad una profonda trasformazione, che vi prepari a ricevere degnamente il Signore.

Sono la Madre del secondo Avvento. Io vi preparo alla sua nuova venuta. Io apro la strada a Gesù che torna a voi nella gloria. Appianate i colli elevati dalla superbia, dall'odio, dalla violenza. Colmate le valli scavate dai vizi, dalle passioni, dalla impurità. Rimuovete l'arida terra del peccato e del rifiuto di Dio. Come Madre dolce e misericordiosa, oggi invito i miei figli, invito tutta l'umanità a preparare la strada al Signore che viene. All'inizio di questo ultimo decennio del vostro secolo, il compito che il Signore mi ha affidato è quello di preparare la sua venuta fra voi. Per questo domando a tutti di tornare al Signore sulla strada della conversione del cuore e della vita, perché questo è ancora il tempo favorevole che il Signore vi ha concesso.

Invito tutti a consacrarsi al mio Cuore Immacolato, affidandovi a Me come bambini, perché vi possa condurre sulla strada della santità, nel gioioso esercizio di tutte le virtù: della fede, della speranza, della carità, della prudenza, della fortezza, della giustizia, della temperanza, del silenzio, della umiltà, della purezza, della misericordia.

Vi formo alla preghiera, che da voi deve sempre essere fatta con Me. Moltiplicate, in ogni parte del mondo, i Cenacoli di preghiera che Io vi ho domandato, come fiaccole accese nella notte, come punti sicuri di riferimento, come rifugi necessari ed attesi. Soprattutto chiedo che si diffondano sempre più i Cenacoli familiari, per offrirvi una dimora sicura, nella grande prova che ormai vi attende. Sono la Madre del secondo Avvento. Lasciatevi dunque formare e preparare da Me, in questi anni, così che possiate essere pronti a ricevere Gesù, che verrà nella gloria ad instaurare fra voi il suo Regno di amore, di santità, di giustizia e di pace».